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LA CHIESA E GLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE. SVILUPPI E PROSPETTIVE NEL 25° ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO (1. Considerazioni introduttive 2. La normativa codiciale 3. problemi aperti: nuove frontiere nell’utilizzazione degli strumenti di comunicazione sociale) ANDREA SCASSO 1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Sempre di più gli strumenti di comunicazione sociale costituiscono parte integrante e strumento insostituibile per la instancabile opera di evangelizzazione della Chiesa Cattolica, sul duplice versante della diffusione del Vangelo (l’opera di evangelizzazione in senso stretto) e della attività diplomatica della Santa Sede in funzione di promozione economica e sociale. Molte parole sono state spese sulle nuove possibilità arrecate dai moderni mezzi di comunicazione sociale –primi fra tutti quelli telematici – ma siamo fermamente convinti che le basi e i principi per un loro corretto uso – almeno secondo il Magistero della Chiesa – possa e debba ancora oggi, a distanza ormai di quasi quarantacinque anni da quel lontano 4 dicembre 1963, ricercarsi nel decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica, altissimo punto di arrivo di una lunga serie di pronunciamenti pontifici e, al contempo, pietra miliare per nuovi sviluppi – il primo frutto significativo sarà la costituzione pastorale Communio

La Chiesa e gli strumenti di comunicazione sociale

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LA CHIESA E GLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE SOCIALE.SVILUPPI E PROSPETTIVE NEL 25° ANNIVERSARIO DELLA

PROMULGAZIONE DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO

(1. Considerazioni introduttive 2. La normativa codiciale 3. problemiaperti: nuove frontiere nell’utilizzazione degli strumenti di

comunicazione sociale)

ANDREA SCASSO

1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Sempre di più gli strumenti di comunicazionesociale costituiscono parte integrante e strumentoinsostituibile per la instancabile opera dievangelizzazione della Chiesa Cattolica, sul dupliceversante della diffusione del Vangelo (l’opera dievangelizzazione in senso stretto) e della attivitàdiplomatica della Santa Sede in funzione dipromozione economica e sociale.

Molte parole sono state spese sulle nuovepossibilità arrecate dai moderni mezzi dicomunicazione sociale –primi fra tutti quellitelematici – ma siamo fermamente convinti che le basie i principi per un loro corretto uso – almenosecondo il Magistero della Chiesa – possa e debbaancora oggi, a distanza ormai di quasi quarantacinqueanni da quel lontano 4 dicembre 1963, ricercarsi neldecreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica,altissimo punto di arrivo di una lunga serie dipronunciamenti pontifici e, al contempo, pietramiliare per nuovi sviluppi – il primo fruttosignificativo sarà la costituzione pastorale Communio

et progressio del maggio 1971 – tutti nell’ottica di unrinnovato interesse e plauso della Chiesa per leinnovazioni tecnologiche, a differenza di quanto eraaccaduto precedentemente allorché, comesinteticamente ricorderemo, il Magistero si eralimitato a severe e ripetute condanne per le minacceche tali nuovi strumenti avrebbero potuto arrecareall’umanità. L’ulteriore e importante novità nel mododi concepire l’utilizzazione di tali strumenti siconiuga e si adatta al mutato ruolo della ChiesaCattolica. Non più dunque dottrina e magisteroesercitati esclusivamente in campo teologico, bensì –tramite la Santa Sede – un vero e proprio apparatopolitico e diplomatico in grado di far sentire la suavoce sul piano internazionale sulle questioni che lestanno più a cuore: pace nel mondo, diritti umani,promozione economica dei paesi più deboli, difesadella vita e sensibilizzazione per un retto sviluppodelle tecnologie legate alla bioetica.

La missione evangelizzatrice della Chiesa trovail suo primario fondamento nella Sacra Scrittura. NeiVangeli si legge infatti “Andate per tutto il mondo,predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15),“Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce,e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo suitetti” (Mt 10,27) e, in modo ancor più esplicito,negli Atti degli Apostoli, allorché si dice “misarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea ela Samaria e fino agli estremi confini della terra”(Atti 1,8). Nei primi secoli l’annuncio e lapredicazione della Parola di Dio furonoessenzialmente orali, cui fece ben presto seguitoun’ampia utilizzazione di arti figurative, prime fratutte pittura e scultura, di grande impatto emotivosoprattutto sul popolo, generalmente incolto e privo

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di grosse capacità culturali1. Tale situazione perduròper tutto il medioevo - con significative vocicontrarie dovute al diffondersi del movimentoiconoclasta2 - sino a quando, nel tardo medioevo,l'arte sacra fu denominata ‘ancilla theologiae’ e lefu assegnata la triplice funzione di ‘memoria’3,‘Biblia pauperum’4 ed ‘excitatio’5.

1 Nel IV secolo S. Basilio nelle sue ‘Omelie’ esorta: “Venite in mioaiuto, voi, illustri pittori di grandi gesta. Contemplate con lavostra arte l'immagine perfetta di questo condottiero. Illustratecon i colori della pittura il martire vittorioso che io ho descrittocon poco splendore”. S. Gregorio Nisseno, nel suo ‘Elogio delmartire Teodoro', ammette: “Tutto ciò l'artista lo fa vedere conl'arte dei colori, come in un libro che avesse una lingua. Poiché ildisegno muto sa parlare sui muri ove si distende e rende i piùgrandi servigi”. Nilo d’Ancira nelle sue ‘Lettere’ scrive ancora:“Riempi il santo tempio da una parte e dall'altra di storiedell'Antico e del Nuovo Testamento di mano di un ottimo pittore, dimaniera che coloro che non conoscono le lettere e non possonoleggere le Sacre Scritture, contemplando le pitture acquistinomemoria della virtù di coloro che hanno servito nobilmente il veroDio” (cfr. P. Adorno, L'arte italiana, vol. I, Firenze, 1993, 417-418).2 Questa corrente dottrinale combatté con durezza e intransigenzaestrema ogni uso e abuso di immagini sacre, con effetti spessodeleteri e addirittura controproducenti: furono distrutti capolavoridi valore inestimabile, sostituiti da un'arte profana e mediocre,dandosi ulteriormente inizio a violente persecuzioni contro gliiconofili. Tale atteggiamento, tuttavia, non fece che rafforzare ilculto delle immagini, spingendolo a estremi mai raggiunti prima.Dobbiamo però precisare che la stessa Chiesa, specialmente col IIConcilio di Nicea del 787, prese posizione solo ed unicamente inriferimento alla legittimità della venerazione delle immagini,disinteressandosi dell'ulteriore questione afferente al possibilecontenuto informativo e didattico delle rappresentazioni sacre.3 In questa veste era già stata apprezzata intorno ai secc. VI-VII.Simeone Taumastoreita affermava infatti: “Noi… grazie al ricordosuscitato in noi dal dipinto, vediamo ciò che è invisibile per mezzodel segno visibile e lo lodiamo come presente”. CostantinoChartophylax aggiungeva: “E' Questo (Cristo) dunque che dipingiamosulle tavole in quanto egli ha preso forma ed è diventato uomo, noirappresentiamo la figura divina a ricordo della salvezza operata per

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Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili(fine del 1400) si aprirono nuove immensepossibilità. Il primo documento organico adisciplinare gli strumenti di comunicazione socialepuò essere ritenuto la Costituzione Inter sollicitudines,pubblicata il 4 maggio 1515 da Papa Leone X nel corsodel V Concilio Lateranense, ove si stabilì la censurapreventiva sui libri. In particolare, si prevedevache ogni esemplare di libro o scritto potesse esserdato alle stampe solo se preventivamente esaminato eapprovato, per la Diocesi di Roma dal VicarioGenerale di Sua Santità, per le altre Diocesi daiVescovi competenti. La violazione di taledisposizioni avrebbe comportato la scomunica lataesententiae, un’ammenda di cento ducati, il sequestrodell’opera (che doveva parimenti essere distrutta inun pubblico rogo) e la sospensione per un annodall’attività tipografica. Più di quarant’annidopo, a causa del diffondersi delle eresienell’Occidente cristiano, Papa Paolo IV ordinò, nel

mezzo di Lui”. Infine, S. Giovanni Damasceno osservava: “Ma poichénon tutti sanno leggere e si dedicano alla lettura, i Padriritennero giusto che tali contenuti venissero dipinti in immagini,come le imprese degli eroi affinché esse venissero ricordate” (cfr.H.G. Thummel, Annuncio della parola e immagine nel primo medioevo, inCristianesimo nella storia, vol. XIV, 1993, 511-512 e 520).4 Questa fu ritenuta come la più importante delle funzioni delleimmagini sacre, esaltata da numerosi e autorevoli interventi. SempreS. Giovanni Damasceno ricordava che “Quello che il libro rappresentaper le persone istruite, l’immagine lo fa per gli analfabeti”,mentre S. Gregorio Magno ammoniva: “Per queste ragioni infatti vieneutilizzata la pittura nelle Chiesa, per fare in modo che glianalfabeti possano almeno vedere e leggere sui muri quello che nonriescono a leggere nei libri” (Ibidem, pp. 521 e 526).5 Anche tale funzione era assai degna di rilievo, dal momento che unartista capace e sensibile poteva essere in grado di commuovereprofondamente lo spirito ed influenzare gli animi come mai avrebberopotuto fare le semplici parole.

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1557, la compilazione a cura dei Padri Inquisitori diun ‘Index librorum prohibitorum’, un lungo elenco discritti eretici da distruggere pena la scomunica ealtre sanzioni accessorie. Nel 1564, con laCostituzione Apostolica Dominici gregis di Pio IV,venivano in parte attenuate le rigide disposizionianteriori. Non si assistette poi, per diversi secoli,a ulteriori sostanziali modifiche della disciplinaora ricordata.

Una riforma globale si avrà solo con laCostituzione Apostolica di Leone XIII Officiorum acmunerum del 25 gennaio 1897, che abolì tutta le normesino ad allora vigenti (eccezion fatta per le normecontenute nella Costituzione di Benedetto XIV Sollicita acprovida, del 9 luglio 1753, che aveva riordinato laCongregazione dell’Indice stabilendo altresì norme diorientamento per i censori ecclesiastici). Ilprovvedimento di Leone XIII rimarrà la leggefondamentale in materia, fino all’entrata in vigoredel Codex Iuris Canonici del 19176, che del resto la

6 Il Codice regolava interamente e dettagliatamente la materia delcontrollo ecclesiastico sui libri nel Titolo XXIII del Libro III “Deprevia censura librorum eorumque prohibitione”, che constava di benventidue canoni (1384-1405). Il Titolo si apriva con l’enunciazionedel duplice potere della Chiesa di censura preventiva e repressiva:nel can. 1384 veniva sancito il potere di vietare la pubblicazionedei libri non preventivamente esaminati, nonché il potere diproibire per giusta causa libri da chiunque editi. Nel capitolo I“De previa librorum censura”, e in particolare nei canoni 1385 e1387-1392, erano indicate le pubblicazioni soggette alla censuraecclesiastica preventiva: i libri della Sacra Scrittura, le relativenote e commenti, tutti gli altri scritti che potevano interessare lareligione e l’onestà dei costumi, le immagini sacre accompagnate omeno da preghiere, per la cui pubblicazione si richiedeva che lalicenza fosse rilasciata dall’Ordinario del luogo in cui il libro ole immagini erano stati resi pubblici oppure del luogo del loroautore o dove erano stati stampati. Per la stampa di materialerelativo ai processi di canonizzazione e beatificazione si

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riprodusse in gran parte. Gli anni successivi nonvidero sostanziali innovazioni, limitandosi iprovvedimenti dei Pontefici ad inasprire ledisposizioni in materia di censura, al fine di megliocombattere i pericoli arrecati dal modernismo. Sitratta ancora di una legislazione fondamentalmente distampo repressivo, tesa ad evidenziare i pericoliinsiti nell’utilizzazione dei mezzi di comunicazionesociale piuttosto che ad analizzare e incentivare illoro retto uso a favore dell’evangelizzazione e dellapace fra i popoli. Gli interventi magisteriali coevisi muovono ancora in questa ottica obsoleta,soprattutto nei confronti dei nuovi strumenti di

richiedeva la licenza della S. Congregazione dei Riti, mentre per iDecreti delle Congregazioni romane potevano essere pubblicatiosservando le condizioni stabilite dal Prefetto di ciascunaCongregazione. Norme particolari, inoltre, erano dettate per lepubblicazioni in materia profana da parte di chierici e religiosi,per i quali si esigeva il consenso rispettivamente del proprioOrdinario o del proprio Superiore e Ordinario. Presso ogni Curiaepiscopale vi erano dei Censori, scelti in base all’età, erudizionee prudenza di giudizio. Alla censura repressiva era invece dedicatoil Capitolo II del Titolo XXIII, “De prohibitione librorum”. Il can.1399 elencava le pubblicazioni proibite ipso iure. Il Codice,inoltre, poneva un divieto assoluto e generalizzato rivolto a tuttii fedeli di leggere qualunque testo che potesse cagionare unpericolo prossimo spirituale. Per responsabilizzare il credente eaiutare le autorità competenti nel loro compito, il can. 1397prevedeva come preciso dovere di ogni battezzato, di qualunquecondizione -in particolare ci si riferiva però ai Legati, agliOrdinari ai Rettori delle Università Cattoliche- quello didenunziare all’Ordinario del luogo o alla Sede Apostolica i libriritenuti pericolosi, indicandone se possibile anche la causa; ilnome del denunciante rimaneva segreto. Cautele speciali erano poipreviste a carico dei librai: ai sensi del can. 1404, “Librorumvenditores libros de obscenis ex professo tractantes ne vendant,commodent, retinent; ceteros prohibitos venales ne habeant, nisidebitam licentiam a Sede Apostolica impetraverint, neve cuiquamvendant, nisi prudenter existimare possint ab emptore legittimepeti”.

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diffusione delle idee e del pensiero: cinema, radio etelevisione. Soprattutto con riguardo al cinema, laChiesa non condivise con il pubblico l’entusiasmo findall’inizio dimostrato per questo nuovo mezzo dicomunicazione sociale, assumendo anzi unatteggiamento diametralmente opposto, sforzandosi confervore di mettere in guardia i fedeli, le autorità egli stessi produttori cinematografici sui grossidanni che esso poteva provocare sugli ignarispettatori7. Ben presto quindi la Chiesa cominciò adinvocare sul cinema un controllo più rigido epenetrante rispetto a quello effettuato dalle leggidello Stato, denunciando i difetti che le magliedella legislazione presentavano, fra cui spicca lamancata considerazione della religione come parametrodei censori per permettere o proibire i film e lamancata inclusione di ecclesiastici nei collegi dicensori.

7 Venivano in primo luogo denunciati i danni fisici alle persone cheesso poteva provocare: le malattie ai polmoni – conseguentiall’accumulo di aria corrotta nelle sale -, le infreddature per ilpassaggio dal freddo al caldo e viceversa, l’affaticamento dellavista per il tremolio delle immagini e l’insufficienza della luce,la spossatezza agli occhi e al cervello, oltre a diminuzione diappetito, vomito e insonnia, oltre ai pericoli di incendio a causadelle estrema infiammabilità della pellicola. Ancor più gravi e serii danni morali, soprattutto per i più giovani, in ragione dei temitrattati nelle proiezioni: scene di violenza, e atti libidinosi,descritti con leggerezza e superficialità, che potevano incitavanogli animi e le menti al delitto, o verso torbide passioni,sollecitando i più bassi istinti del pubblico. Anche autorevoliclinici, psicologi e psichiatri, non facevano mistero dellariprovazione nutrita per le sale cinematografiche: l’ambientecompletamente buio, con le immagini che si muovevano velocementesotto gli occhi incantati degli spettatori, avrebbero provocatonell’individuo un vero e proprio stato onirico in grado di annullareogni residuale capacità critica, lasciandolo privo di difesa inbalia delle sensazioni, generalmente perniciose, suscitate dal film.

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Sarà Papa Pio XI, definito a buon diritto ilprimo Papa del cinema e della radio, ad affrontare intoni alquanto decisi e repressivi la questione,principalmente in due Encicliche. Nella prima, laDivini illius Magistri, del 31 dicembre 1929, nonostante irichiami ai pericoli insiti in tali strumenti8, c’èperò un debole tentativo di nobilitarne la natura inbase all’uso che di essi si potrebbe fare el’auspicio del Papa va proprio in tale direzione9.Nell’Enciclica Vigilanti cura, del 29 giugno 1936, i tonisono invece decisamente più pessimistici: nel lodarel’iniziativa dei produttori cinematografici americani(che avevano sottoscritto nel 1931 un codice moraledi autoregolamentazione), il Papa indica le lineedottrinali e operative da percorrere “perché ilcinematografo non sia più scuola di corruzione, ma sitrasformi anzi in prezioso strumento di educazione edelevazione dell’umanità”10. I fedeli vennero invitatia rinnovare ogni anno la solenne promessa diastenersi dal visionare pellicole offensive della

8 Gli spettacoli del cinema, unitamente ai libri “empi e licenziosi”e alle “audizioni radiofoniche”, possono facilmente costituiresecondo il Pontefice un’occasione in più di “naufragio morale ereligioso per la gioventù inesperta” (Pio XI, Lett. Enc. Divini illiusMagistri, 31 dicembre 1929, in AAS 21/1929, 723-762).9 “Questi potentissimi mezzi di divulgazione, possono riuscire, seben governati da sani principi, di grande utilità all’istruzione ededucazione… Sono perciò da lodare e da promuovere tutte quelle opereeducative, le quali, con spirito sinceramente cristiano di zelo perle anime dei giovani, attendono, con appositi libri e pubblicazioniperiodiche, a far noti, segnatamente ai genitori e agli educatori, ipericoli morali e religiosi spesso subdolamente insinuati nei librie negli spettacoli, e si adoperano a diffondere le buone letture e apromuovere spettacoli veramente educativi, creando anche con grandisacrifici dei teatri e cinematografi, nei quali la virtù non solonon abbia nulla da perdere, ma bensì molto da guadagnare” (Ibidem).10 Pio XI, Lett. Enc. Vigilanti cura, 29 giugno 1936, in AAS 28/1936, 249-263, trad. it. in Civ. Catt. III-1936, 96).

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verità e della morale cristiana, sollecitando altresìi Pastori ad attivarsi per rendere effettiva talepromessa. A tal fine, ogni Vescovo doveva istituirenella propria Diocesi un ‘Ufficio permanente direvisione’, col compito di classificare i filmprodotti in varie categorie: ‘leciti per tutti’,‘leciti con riserva’, ‘dannosi o positivamentecattivi’; queste liste dovevano essere oggetto diperiodica pubblicazione in bollettini appositamentepreparati, di facile accesso per chierici e laici,salva la facoltà - a dire il vero subordinata edesigenze di eccezionale gravità e urgenza - per isingoli Pastori di istituire in Diocesi una‘Commissione diocesana di revisione’ al fine diadottare criteri e parametri ancor più severi. Anchenei confronti della radio il Pontefice ebbe in unprimo momento parole di condanna, giacché, pur nonessendo per sua natura in grado di evocare queitorbidi sentimenti che solo le immagini potevanorichiamare, tuttavia entrava direttamentenell'intimità del focolare domestico. Nonostante perògià nella Enciclica Divini illius Magistri si fosserodenunciate le trasmissioni radiofoniche comeun'occasione ulteriore di “naufragio morale ereligioso”, alla fine tali critiche rimasero isolate,forse a causa della buona qualità di talitrasmissioni nel nostro paese - trattandosi per lopiù di intrattenimenti di svago innocui - o, cosaancor più probabile, in ragione del fatto che moltierano i programmi religiosi e istruttivi utili per lastessa Chiesa. Non a caso, la prima stazionecattolica radiofonica in Italia fu la ‘RadioVaticana’, inaugurata il 12 febbraio 1931 alla

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presenza di Guglielmo Marconi11 con un discorso dellostesso Pontefice, cui ben presto ne seguirono altri,tra cui quello del 24 dicembre dell'anno successivo,primo dei radiomessaggi natalizi del Papa. Notevoliostacoli ancora si sovrapponevano alla trasmissionevia radio della Santa Messa12, soprattutto per dueragioni: evitare che i fedeli comodamente eludesseroil precetto festivo e impedire altresì possibilecritiche e vilipendi da parte di ascoltatori noncredenti o ostili alla Chiesa. Solo Pio XII riconobbeil conforto che la trasmissione della Messa potevaarrecare a quanti, malati e sofferenti, fosseroimpossibilitati a partecipare personalmente allaliturgia.

Con Pio XII si perviene a una nuova, grandesensibilità per i nuovi strumenti di comunicazionesociale, cinema, radio e televisione. In un primodocumento13 la televisione veniva definita“meraviglioso mezzo offerto dalla scienza e dallatecnica all'umanità”, anche se non si mancava disottolineare che esso, al pari di ogni strumento,poteva essere “prezioso e pericoloso a un tempo”,ponendo “una nuova serie di problemi delicati eurgenti di ordine morale, di presenza vigile e attivae di organizzazione” , soprattutto con riferimentoalle famiglie, oggetto primario delle preoccupazioni

11 Appellato dal direttore dell'emittente, Gianfranceschi, comel'uomo che “col suo genio seppe concepire questo possente mezzo dicomunicazione tra i popoli” (in Civ. Catt. I-1931, 460).12 Nel corso del pontificato di Pio XI si pronunziarononegativamente, oltre allo stesso Pontefice, prima il Sant'Uffizio(nel 1926), poi la Sacra Congregazione dei riti, dieci anni piùtardi.13 Si tratta della Esortazione I rapidi progressi, del 1 gennaio 1954 (inAAS 46/1957, 18-24).

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del Papa14. Senza soffermarci sugli altri interventipontifici in materia15, è doveroso invece ricordarel'Enciclica Miranda prorsus, dedicata specificamente alcinema, alla radio e alla televisione. Questi nuovi,potenti strumenti vengono definiti “meraviglioseinvenzioni tecniche”, frutti dell'ingegno umano e, alcontempo, doni di Dio, che “servono direttamente omediante un'espressione artistica, alla diffusione diidee, e offrono alle moltitudini, in modo facilmenteassimilabile, immagini, notizie, e insegnamenti,quale nutrimento della mente anche nelle ore di svagoe di riposo”16. Il documento, distinto in quattro14 Scrive infatti: “Davanti alla nostra mente non cessa di esserepresente il quadro doloroso della potenza malefica e sconvolgitricedegli spettacoli cinematografici. Ma come non inorridire al pensieroche, mediante la televisione, possa introdursi fra le stesse paretidomestiche quell'atmosfera avvelenata di materialismo, di fatuità edi edonismo, che troppo sovente si respira in tante salecinematografiche?” (Ibidem).15 Nel 1955 si registrano due discorsi dedicati al film ideale,pronunziati a distanza di quattro mesi l'uno dall'altro, in cui sievidenziano appunto le caratteristiche del buon film in relazioneallo spettatore cui è diretto, al suo contenuto e alla comunità ingenerale. Sul primo punto, si auspicava che esso manifestasserispetto e comprensione verso l'uomo in generale e specificamenteverso chi si trovasse in particolari condizioni o situazioni, chefosse effettivamente in grado di soddisfare i desideri e lelegittime aspettative del pubblico, che fosse d'aiuto al suofruitore per affermare se stesso e per condurlo sulla retta vita.Riguardo al contenuto, si esigeva che fosse di insegnamento o diazione, tale da adeguarsi alle essenziali e primordiali esigenzedell'uomo: verità, bontà e bellezza. Circa la comunità in generale,il Pontefice richiedeva che il film mettesse nella giusta luce lafamiglia, lo Stato e la Chiesa, contribuendo a restituire agliuomini stima, fiducia e rispetto (cfr. Allocuzione Cultoribuscinematographicae artis ex Italiae Romae coadunatis, 21 giugno 1955, in AAS47/1955, 501-516; Allocuzione Cultoribus cinematographicae artis, ob conventuminternationalem Romae coadunatis, 28 ottobre 1955, in AAS 47/1955, 816-829).16 Pio XII, Lett. Enc. Miranda prorsus, 8 settembre 1957, in AAS49/1957, 765-805, trad. it. in Civ. Catt. III-1957).

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parti, si occupa in primo luogo dei motivi diinteressamento della Chiesa in questo settore,menzionando i precedenti interventi magisteriali;successivamente, vengono richiamati i pericoli legatia cinema, radio e televisione, con l'indicazione deirimedi per superarli; ancora, si analizzanoseparatamente i vari strumenti, mettendo in evidenzai problemi specifici di ciascuno di essi; da ultimo,il Pontefice non manca di lanciare un accoratoappello al clero affinché si prodighi nell'affrontaree risolvere le questioni poste. Importante è ilmonito ancora una volta alla intrinseca ambivalenzadi tale strumenti, che costituisce un po' il leit-motif di tutto il Magistero, pre e post conciliare17:il giudizio positivo o negativo non riguarda mai lostrumento in sé, bensì l'uso che se ne fa18. Giovanni17 Si legge infatti: “Questi mezzi tecnici - che sono, si può dire, aportata di mano di ciascuno - esercitano sull'uomo uno straordinariopotere, sia perché lo possono illuminare, nobilitare, arricchire dibellezza, sia perché lo possono trascinare nelle tenebre, portarealla depravazione, mettere alla mercé di sfrenati istinti, secondoche lo spettacolo ponga in evidenza gli elementi dell'uno odell'altro campo” (ibidem).18 Per questo si auspicava caldamente che tali mezzi venisseroutilizzati solo per servire la verità e il bene, per dareun'informazione o un insegnamento moralmente retti e, nel caso dispettacoli a carattere ricreativo, per offrire uno svago sano eadeguato al grado di sviluppo intellettuale, emotivo e morale dellesingole età. Parimenti, veniva ritenuta imprescindibile un'operaattiva dello Stato e della stessa Chiesa: l'autorità civilevigilando sui moderni mezzi di comunicazione, per la tutela degliinteressi politici e della moralità pubblica, la Chiesa per guidareil popolo - tramite i sacri Pastori e gli Uffici nazionali direvisione - al retto uso di questi strumenti. Gli spettatori eranoinvitati a seguire solo film ritenuti onesti dagli organiecclesiastici, scegliendo accuratamente i programmi da seguiresoprattutto quando si trattava dei figli, per ben tutelare la lorosalute morale e intellettuale. Anche i produttori - insieme adattori, registi, distributori e responsabili - erano richiamati alleloro responsabilità: dovevano infatti rifiutarsi per creare o

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XXIII, nonostante non sia intervenuto con rilevanti especifici contributi dottrinali, ha però il merito diaver introdotto i mass media nel Concilio EcumenicoVaticano II, istituendo, nel 196019, un appositoSegretariato incaricato di trattare i vari problemiattinenti ai mezzi di comunicazione sociale.

Dopo il pontificato di Pio IX e le aperture almondo contemporaneo proprie della splendida figura diGiovanni XXIII, la Chiesa era ormai pronta peraffrontare in modo solenne e globale il fenomenodelle nuove frontiere aperte dai moderni strumenti dicomunicazione sociale. Questo fu realizzatocompiutamente in un apposito documento del ConcilioEcumenico Vaticano II, il Decreto Inter mirifica20,dedicato ai vari moderni strumenti, quali la stampa,il cinema, la radio, la televisione ed “aliahuiusmodi”. Il Decreto, pur ispirandosi ai precedentiinterventi pontifici, conferisce ad essiun’importanza ed una portata nuove, sia perché liconsidera e li esamina alla luce di tutta laglobalità delle comunicazioni sociali, sia perché,soprattutto, li colloca in un atto di Magisterostraordinario e solenne, con portata dottrinale,morale e giuridica di gran lunga superiore rispetto aquella del Magistero ordinario.

2. LA NORMATIVA CODICIALE

Il nuovo Codice di Diritto Canonico, sensibileagli insegnamenti e alle direttive del Conciliodiffondere opere dannose per il vasto pubblico.19 Giovanni XXIII, Motu Proprio Superno Dei nutu, 5 giugno 1960, in AAS52/1960.20 Concilio Ecumenico Vaticano II, Decr. Inter mirifica, 4 dicembre 1963,in AAS 56/1964, 145-157, trad. it. in Tutti i documenti del Concilio, Milano,1991, 483-495.

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Ecumenico Vaticano II e dei documenti magisterialisuccessivi21, riserva una notevole attenzione aglistrumenti di comunicazione sociale. Alla materiasono dedicati non solo gli undici canoni del TitoloIV del Libro III “De instrumentis communicationissocialis et in specie de libris” (cann. 822-832), maanche ulteriori sei canoni, cinque dei qualicollocati nel Libro III “De Ecclesiae munere docenti”(cann. 747,761, 772, 779, 804) e uno nel Libro II “Depopulo Dei” (can. 666).

In queste disposizioni si riafferma con forza,come opportunamente rilevato, “il diritto dellaChiesa a disporre, per l’annuncio del Vangelo, dipropri mezzi di comunicazione sociale, e si indicanoalcune possibili loro utilizzazioni soprattutto nelministero della parola divina, nella predicazione perradio e per televisione, nell’istruzionecatechetica”22. Dunque, a differenza del Codice piano-benedettino, che trattava esclusivamente l’aspetto‘negativo’, deleterio degli scritti, l’attuale Codiceevidenzia soprattutto gli aspetti ‘positivi’ e utilidella stampa e degli altri strumenti dicomunicazione.

Il primo canone che menziona gli strumenti dicomunicazione sociale è il can. 66623, in cui, a21 Ricordiamo per esigenze di spazio soltanto i principali, ovverol’Istruzione Pastorale Communio et Progressio, emanata specificamenteper l’applicazione pratica di tutti i principi e le norme date dalConcilio circa gli strumenti della comunicazione sociale epubblicata il 23 maggio 1971 (in AAS 63/1971, 593-656) e i Messaggi delSanto Padre in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, istituitaa partire dal 1967.22 A. Montan, La funzione di insegnare nella Chiesa, in La Normativa del nuovocodice, a cura di E. Cappellini, Brescia, 1983, 157.23 Giova ricordare che questo è l’unico caso, insieme al can. 747, incui il Codice parla impropriamente di “medium communicationissocialis” anziché –secondo la dizione più corretta suggerita dal

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proposito dei membri di istituti di vita consacrata,si stabilisce che “In usu mediorum communicationissocialis servetur necessaria discretio atque viteturquae sunt vocationi propriae nociva et castitatipersonae consecratae periculosa”. Nonostante ad unaprima lettura si possa restare sorpresi di una certavisione ancora ‘pessimistica’ di questi strumenti -sembra infatti che i religiosi possano utilizzaretali mezzi con opportuna prudenza, moderazione esobrietà, solo per informarsi o svagarsi, non ancheper arricchire la propria personalità o accrescere lapersonale vocazione-, tuttavia è stato opportunamenterilevato che “come dimostra l’esperienza, il loro usoindiscreto, oltre a costituire una perdita di tempoprezioso, ha effetti sensibili sulla delicatezza dicoscienza, lo spirito si preghiera e diraccoglimento, l’unione con Dio, e potrebbe anchecostituire una grave minaccia per la castità e per lastessa vocazione di una persona consacrata”24. Inquesta disposizione si percepisce anche un richiamoal Decreto conciliare Optatam totius, relativo allaformazione sacerdotale: “Gli alunni che secondo leleggi sante e salde del proprio rito seguono laveneranda tradizione del celibato sacerdotale (…)siano avvertiti circa i pericoli ai qualiparticolarmente nella società di oggi è esposta laloro castità; aiutandosi con mezzi divini e umaniadatti imparino ad integrare nella loro persona larinunzia al matrimonio in maniera tale che la loro

Concilio Ecumenico Vaticano II- di “instrumentum communicationissocialis”.24 L. Chiappetta, Il codice di diritto canonico. Commento giuridico-pastorale, Napoli, 1988, 764.

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vita e la loro attività non abbiano in alcun modo apatire del celibato”25.

Il can. 747, che apre il Libro III circa lafunzione di insegnare della Chiesa, recita: “§1.Ecclesiae, cui Christus Dominus fidei depositumconcredidit ut ipsa, Spirito Sancto assistente,veritatem revelatam sancte custodiret, intimiuspescrutaretur, fideliter annuntiaret atque exponere,officium est ius nativum, etiam mediiscommunicationis socialis sibi propriis adhibitis, aquilibet humana protestate independens, omnibusgentibus Evangelium praedicandi”. E’ evidente ilriferimento quasi testuale all’Inter mirifica, laddove siafferma il dovere della Chiesa di adempiere almandato di Gesù Cristo e il diritto nativo diutilizzare, a tal fine, anche i moderni mezzi dicomunicazione26.

Di particolare rilievo è il can. 761, l’ultimointroduttivo del Titolo I “De divini verbo

25 Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Optatam totius, 28 ottobre1965, n. 10 (in AAS 58/1966, trad. it. in Tutti i documenti del Concilio,cit., 244-264). Cfr. anche Paolo VI, Lettera Enciclica Sacerdotaliscoelibatus, 24 giugno 1967, n. 73: “La castità non si acquisisce unavolta per sempre, ma è il risultato di una laboriosa conquista e diuna quotidiana affermazione (…) è quindi necessario che il sacerdote(…) consideri con lucidità e serenità la sua condizione di uomoesposto al combattimento spirituale contro le seduzioni della carnein se stesso e nel mondo” (in AAS 59/1967, trad.it. in E.V. vol. II,1186-1257).26 Cfr. Inter mirifica n. 3: “Istituita da Cristo Signore per arrecare lasalvezza a tutti gli uomini, e mossa dalla necessità di diffondereil messaggio evangelico, la Chiesa Cattolica giudica suo doverepredicare l’annuncio della salvezza anche mediante gli strumentidella comunicazione sociale, nonché indirizzare gli uomini al rettouso degli stessi. Perciò rientra nel diritto nativo della Chiesautilizzare e possedere siffatti strumenti nella misura in cui sianonecessari o utili alla formazione cristiana e alla suasollecitazione per la salvezza delle anime”.

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ministerio”, in cui è evidente la volontà dellegislatore di fare in modo che la Parola di Dio sidiffonda ovunque e penetri in tutti gli ambienti e intutte le categorie sociali, per una profondaeducazione alla fede: “Varia media ad doctrinamchristianam annuntiandam adhibeantur quae prestosunt, imprimis praedicatio atque catecheticainstitutio, quae quidam semper principem locumtenent, sed et propositio doctrinae in scholis, inacademiis, conferentiis et coadunationibus omnisgeneris, necnon eiusdem diffusio per declarationespublicas a legitima auctoritate occasione quorundameventuum factas prelo aliisque intrumentiscommunicationis socialis”. E’ palese la dipendenza,quasi letterale, del Decreto conciliare ChristusDominus: “Per la diffusione della dottrina cristiana(i Vescovi) ricorrano ai mezzi che oggi sono adisposizione; e in primo luogo alla predicazione eall’istruzione catechetica, che hanno sempre unacapitale importanza; poi alla esposizione dellastessa dottrina nelle scuole, nelle Università, nelleconferenze, nei convegni di ogni genere; ed infine, apubbliche dichiarazioni, in occasione di qualchespeciale avvenimento, fatte per mezzo della stampa edei vari mezzi di comunicazione sociale, dei quali èopportuno servirsi per annunciare il Vangelo diCristo”27. In questo canone si pone l’accento sulfondamentale ruolo di promotore e coordinatore chespetta al Vescovo: la sua parola, la sua voce, nondevono mai mancare, e devono anzi rappresentare uncostante punto di riferimento per ogni cristiano;questa esigenza è sottolineata espressamente nei

27 Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Christus Dominus, 28 ottobre1965, n. 13 c, in AAS 57/1965, 5-67, trad. it. in Tutti i documenti delConcilio, cit., 1-78.

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successivi cann. 772 e 804, in cui si affronta più davicino la possibilità di una utilizzazione dei ‘massmedia’ nella predicazione e nell’insegnamentoreligioso.

Circa il primo ambito, quello della predicazione,si può dire che si tratta di un aspetto diparticolare importanza, e il suo esercizio tramite imezzi di comunicazione esige un’attenta‘supervisione’ da parte dell’Episcopato, poiché “trai principali doveri dei Vescovi eccelle lapredicazione del Vangelo”28. Afferma in proposito ilcan. 772, collocato nel cap. I “De verbi Deipraedicatione”: “§1. Ad exercitium praedicationisquod attinet, ab omnibus praeterea serventur normaeab Episcopo dioecesano latae. §2. Ad sermonem dedoctrina christiana faciendum via radiophonica auttelevisifica, serventur praescripta ab Episcoporumconferentia statuta”.

La stessa necessità è ribadita nel can. 804, inrelazione questa volta all’insegnamento religioso:“§1. Ecclesiae auctoritati subicitur institutio eteducatio religiosa cattolica quae in quibuslibetscholis impertitur aut variis communicationissocialis instrumentis procuratur; Episcoporumconferentiae est de hoc actionis campo normasgenerales edicere, atque Episcopi dioecesani esteundem ordinare et in eum invigilare. §2. LociOrdinarius sollicitus sit, ut qui ad religionisinstitutionem in scholis, etiam non catholicis,deputentur magistri recta doctrina, vitae christianaetestimonio atque arte paedagogica sint praestantes”.

28 Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Lumen Gentium, 21novembre 1964, n. 25 a, in AAS 57/1965, 5-67, trad. it. in Tutti idocumenti del Concilio, cit., 1-78.

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Non sono soltanto la predicazione el’insegnamento religioso a poter ricevere un validoaiuto dai ‘mass media’; anche la catechesi puòampiamente beneficiare del loro apporto29, comesottolinea il can. 779: “Institutio catecheticatradatur omnibus adhibitis auxiliis, subsidiisdidacticis et communicationis socialis instrumentis,quae efficaciora videantur ut fideles, ratione eorumindoli, facultatibus et aetati necnon vitaecondicionibus aptata, plenius catholicam doctrinamediscere eamque aptius in praxim deducere valeant”.Il canone riecheggia l’Esortazione apostolica Catechesitradendae di Giovanni Paolo II: “Dall’insegnamentoorale degli apostoli e dalle lettere circolanti trale Chiese fino ai mezzi più moderni, la catechesi nonha mai cercato di ricercare le vie e i mezzi piùadatti per svolgere la sua missione (…) Il miopensiero si rivolge spontaneamente alle grandipossibilità che offrono i mezzi di comunicazionesociale di gruppo: televisione, radio, stampa,dischi, nastri registrati, tutto il settore degliaudiovisivi. Gli sforzi compiuti in questi campi sonotali che danno le più grandi speranze. L’esperienzadimostra, ad esempio, la risonanza di un insegnamentoradiofonico o televisivo, che sappia congiungereun’espressione estetica qualificata ad una rigorosafedeltà al Magistero”30.29 Di diverso avviso invece il Baragli, che ritiene le fattispeciecontemplate nei cann. 779 e 884 appartenenti “più che altro aun’ipotesi astratta. Poiché, almeno allo stato presente delle cose,non si vede come essi (i ‘mass media’) possano concorrere ad unasistematica e non generica o occasionale, formazione catechetica eistruzione-educazione religiosa (E. Baragli, I ‘mass media’ nel nuovo codicedi diritto canonico, in Civiltà Cattolica 1983/III, p. 218).30 Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, n.46, in AAS 71/1979, trad. it. delle edizioni paoline, collana‘Magistero’, Milano, 1987.

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Un accenno alla possibilità di utilizzare glistrumenti di comunicazione sociale per inculcarevalori religiosi nei fedeli è contenuto anche nelcan. 1063 – collocato nel Titolo VII del Libro IV “DeEcclesiae munere santificandi”, dedicato alsacramento del matrimonio, relativo all’assistenzache i pastori delle anime devono prestare ai membridella propria comunità affinché “status matrimonialisin spiritu christiano servetur et in perfectioneprogrediatur”: tale scopo può essere raggiunto anche“praedicatione, catechesi minoribus, iuvenibus etadultis aptata, immo usu instrumentorumcommunicationis socialis, quibus christifideles designificatione matrimonii cristiani deque munereconiugum ac parentum christianorum instituantur”.

Tuttavia, l’importanza straordinaria edestremamente attuale degli strumenti di comunicazionesociale emerge nel Titolo interamente dedicato aessi, e soprattutto nel primo canone, il can. 822,che rivolge un’accorata esortazione non solo ai‘pastores Ecclesiae’ ma anche a tutti i ‘christifideles’. Aipastori della Chiesa il canone in commento rammentale loro precise responsabilità: utilizzare talistrumenti nell’esercizio dei ‘tria munera’ - ‘docendi’,‘santificandi’ e ‘regendi’ – e istruire i fedeli perchéprendano coscienza del loro compito di cooperazione edi partecipazione all’opera di evangelizzazione31.Vengono così codificate le direttive contenute neldecreto Inter mirifica e nella istruzione Communio etprogressio. Ancor più innovative sono tuttavia le31 Recita il can. 822: “§1. Ecclesiae pastores, in suo munereexplendo iure Ecclesiae proprio utentes, instrumenta communicationissocialis adhibere satagant. §2. Iisdem pastoribus curae sit fidelesedocere se officio teneri cooperandi ut instrumentorumcommunicationis socialis usus humano christianoque spirituvivificetur”.

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disposizioni contenute nell’ultima parte del canone,che dimostrano come la Chiesa abbia preso coscienzadel fatto che, se ambisce ad avere una autentica esignificativa presenza nell’ambito dellacomunicazione sociale, debba ritenere come essenzialee imprescindibile il ruolo del laicato cattolico, enon soltanto perché gli strumenti di comunicazionesociale si trovano prevalentemente nelle loro mani,ma anche perché proprio i laici hanno il diritto e ildovere, in forza del battesimo e della confermazione,di svolgere attività apostolica e di partecipareall’evangelizzazione del mondo32. Dispone all’uopo ilterzo paragrafo del canone in esame: “Omneschristifideles, ii praesertim qui quoquo modo ineorundem instrumentorum ordinatione aut usu partemhabent, solliciti sint operam adiutricem actionipastorali praestare, ita ut Ecclesia etiam hisinstrumentis munus suum efficaciter exerceat”.

E’ stato merito del Concilio Ecumenico VaticanoII aver riscoperto la condizione e la vocazione deifedeli laici, aprendo contestualmente nuoveprospettive relativamente al loro impegno nellaChiesa e nella società umana: essi non vengono piùconsiderati soggetti passivi rispetto alla gerarchiaecclesiale né semplici delegati di essa, bensì32 Cfr. Cost. dogm. Lumen Gentium, cit., n. 33: “I laici (...) sonochiamati come membri vivi a contribuire con tutte le loro forze (…)all’incremento della Chiesa e alla sua continua ascesa nellasantità. L’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla stessamissione salvifica della Chiesa e a questo apostolato sono tuttidestinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e dellaconfermazione”. Tale principio è codificato anche nel can. 225: “§1.Laici, quippe qui uti omnes christifidelis ad apostolatum a Deo perbaptismum et confirmationem deputentur, generali obligationetenentur et iure gaudent, sive singulis sive in consociationibusconiuncti, allaborandi ut divinum salutis nuntium ab universihominibus ubique terrarum cognoscatur et accipiatur”.

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soggetti attivi e responsabili con la specificamissione di “testimoniare al mondo in cui vivono lapossibilità di una partecipazione integrale allastoria secondo il disegno salvifico di Dio”33.

Il successivo can. 823 pone nuovamente l’accentosul compito dei Vescovi, necessario anche se tra imeno gradevoli, di vigilare sul retto uso di libri eaffini per evitare che la fede e la morale cristianasiano minacciate dalla mala fede, dall’imprudenza oimperizia altrui oppure dal desiderio di essere atutti i costi originali, creativi e falsamente‘progressisti’ in una materia così delicata: “§1. Utveritatum fidei morumque integritas servetur,officium et ius est Ecclesiae pastoribus invigilandi,ne scriptis aut usu instrumentorum communicationissocialis christifidelium fidei aut moribusdetrimentum afferatur; item esigendi, ut quae scriptafidem moresve tangant a christifidelibus emenda suoiudicio subiciantur; necnon reprobandi scripta quaerectae fidei aut bonis moribus noceant. §2. Officiumet ius, de quibus in §1, competunt Episcopis34, tum33 Sinodo dei Vescovi, Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo avent’anni dal Concilio Vaticano II, n. 11. Città del Vaticano, 1987. Piùoltre, a proposito del mondo delle comunicazioni sociali, si legge:“Le accelerate innovazioni, il complesso sviluppo e l’influssocapillare nella formazione della mentalità dominante rendono ilmondo dei ‘mass media’ una nuova frontiera della missioneecclesiale. In particolare, la responsabilità professionale deifedeli laici in questo campo, sia che si eserciti a titolopersonale, sia che operi nella promozione di iniziativeistituzionali cristiane, esige di essere riconosciuta in tutto ilsuo valore e sostenuta con più adeguate risorse materiali,intellettuali e pastorali” (n. 68).34 Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 24 del 18 aprile1985: “E’ demandato alla presidenza della Conferenza EpiscopaleItaliana (…) il compito di provvedere alla vigilanza circa gliscritti e l’uso dei mezzi di comunicazione sociale, di cui al can.823 del Codice di diritto canonico, nei casi in cui si manifesti una

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singulis tum in conciliis particularibus velEpiscoporum conferentiis adunatis quoadchristifideles suae curae commissos, supremae autemEcclesiae auctoritati35 quoad universum Dei populum”.Il canone riprende, pressoché alla lettera - come delresto gli altri cann. del Titolo IV, concernenti lapubblicazione di libri e di altri scritti – ledisposizioni contenute nel decreto Ecclesiae pastorumdella Congregazione per la dottrina della fede36 cheaveva completamente rinnovato la più rigida ed estesadisciplina del CIC/1917 sulla vigilanza dei libri. E’stato opportunamente notato, a questo proposito, allaluce del can. 827 § 3 ove si utilizza il verbo

esigenza di carattere nazionale, fatta sempre salva laresponsabilità dei Vescovi competenti singolarmente o riuniti neiConcili particolari” (in Enchiridion CEI, Decreti, dichiarazioni, documentipastorali per la Chiesa italiana, vol. III, Bologna, 1986, 1317).35 Cfr. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus, 28 giugno 1988, art.51: “Al fine di tutelare la verità della fede e l’integrità deicostumi, (la Congregazione per la dottrina della fede) si impegnafattivamente perché la fede e i costumi non subiscano danno a causadi errori comunque divulgati. Pertanto: 1° ha il dovere di esigereche i libri e gli altri scritti, pubblicati dai fedeli e riguardantila fede e i costumi, siano sottoposti al previo esame della autoritàcompetente; 2° esamina gli scritti e le opinioni che appaionocontrari alla retta fede e pericolosi, e, qualora risultino oppostialla dottrina della Chiesa (…) li riprova tempestivamente”.36 Cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Decr. Ecclesiaepastorum, 19 marzo 1975: “Per conservare e difendere l’integritàdelle verità di fede e dei costumi, ai pastori della Chiesa competeil dovere e il diritto di vigilare affinché la fede e i costumi deifedeli non siano danneggiati da scritti; e perciò di esigere che lapubblicazione di scritti che riguardano la fede e i costumi sianosottoposti alla loro previa approvazione; ad essi compete anche didisapprovare i libri e gli scritti che attaccano la retta fede o ibuoni costumi. Questo ufficio compete ai Vescovi, sia singolarmente,sia adunati in concilii particolari e nelle conferenze episcopali,per quanto riguarda i fedeli affidati alla loro cura, e alla supremaautorità della Chiesa per quanto riguarda tutto il popolo di Dio”(in AAS 67/1975, 281-284, trad. it in E.V. vol. IV, 742-749).

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‘commendatur’, che “tale giudizio o censura previanon è prescritto ex iure communi per tutti gliscritti riguardanti la fede ed i costumi, ma èlasciato alla discrezionalità dei Pastori, chepossono imporla con una particolare legge o decreto(diritto particolare: diocesano, provinciale onazionale)”37.

I canoni successivi si soffermano sullecondizioni e modalità indispensabili per ottenere siala licenza - giudizio su uno scritto che “nonconsidera tanto la bontà o meno del contenuto, quantoil luogo, il modo e l’opportunità di pubblicare”38, eche deve essere richiesto da alcune categorie disoggetti (laici, chierici o religiosi) per lapubblicazione di libri che trattano questioni direligione o di costumi (cann. 827 § 4 e 832), oppuredi collezioni di decreti o di altri atti editi da unaautorità ecclesiastica (can. 828), oppure ancora diarticoli su riviste che solitamente attaccanoapertamente la religione cattolica (can. 831 § 1) –sia l’approvazione – controllo che garantisce chenello scritto non vi sia nulla che possa arrecaredanno alla fede o alla morale, necessario perpubblicare libri della Sacra Scrittura (can. 825 §1), catechismi e libri religiosi destinati ad essereutilizzati nelle scuole come testi basedell’insegnamento (can. 827) – per la stampa di“quibuslibet scriptis divulgationi publicaedestinatis” (can. 824 § 2). L’autorità alla qualevanno richieste la licenza e l’approvazione èl’Ordinario del luogo dell’autore o del luogo in cuiil libro è edito (can. 824), il quale può affidare ilgiudizio a persone di sua fiducia oppure a censori37 L. Chiappetta, cit., 899.38 A.G. Urru, La funzione di insegnare nella Chiesa, Roma, 1989, 119-120.

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inclusi in un elenco redatto dalla ConferenzaEpiscopale39 comprendente persone “scientia, rectadoctrina et prudentia praestantium” (can. 830); ilcensore dovrà redigere per iscritto il suo parere alquale però l’Ordinario non è tenuto a uniformarsi.

Interessanti sono le disposizioni dell’ultimaparte del can. 831 - affine per materia ai cann. 772e 779 – ove si affronta il tema della partecipazionedi chierici e religiosi a programmi religiositrasmessi per radio o per televisione: “§ 2.Episcoporum Conferentiae est normas statuere derequisitis ut clericis atque sodalibus institutorumreligiosorum partem habere liceat in tractandis viaradiophonica aut televisifica quaestionibus, quae addoctrinam catholicam aut mores attineant”.

Un rapido cenno infine merita il can. 1369 -collocato nel Libro VI ‘De sanctionibus in Ecclesia’- che affronta la delicata questione delle pene dairrogare ai bestemmiatori o calunniatori che siservano del potere amplificante dei ‘mass media’:“Qui in publico spectaculo vel concione, vel inscripto publice evulgato, vel aliter instrumentiscommunicationis socialis utens, blasphemiam profert,aut bonos mores graviter laedit, aut in religionemvel Ecclesiam iniurias exprimit vel odiumcontemptumve excitat, iusta poena puniatur”.

3. PROBLEMI APERTI: NUOVE FRONTIERE NELL’UTILIZZAZIONE DEGLI STRUMENTI DICOMUNICAZIONE SOCIALE

39 Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 26, 18 aprile1985: “E’ demandato alla presidenza CEI il compito di redigere, anorma del can. 830 § 1 del Codice di diritto canonico, un elenco, dasottoporre all’approvazione del consiglio episcopale permanente, dicensori che siano a disposizione delle curie diocesane per ilgiudizio sui libri” (in Enchiridion CEI, cit., 1317).

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Da questa breve rassegna dei diversi canoni chetratteggiano la disciplina degli strumenti dicomunicazione sociale nell’attuale Codice di dirittocanonico, si può certamente apprezzare l’attenzionedel Legislatore nell’affrontare alcuni aspettifondamentali concernenti i ‘mass media’40. Tuttavia,non ha mancato di suscitare qualche critica ilsilenzio in ordine ad altri delicati temi sui qualiinvece sarebbe forse stato opportuno qualche cenno:il Baragli, a titolo esemplificativo, lamental’assenza nella attuale normativa di ogni riferimentoagli Uffici nazionali e diocesani, alla Giornatamondiale delle comunicazioni sociali, allatrasmissione della Santa Messa per radio o pertelevisione, nonché al diritto all’informazione41.

Riguardo gli Uffici nazionali e diocesani, unaloro menzione nel C.I.C. sarebbe indubbiamente stataauspicabile, dato che l’utilità di questi organismiera già stata rilevata da Pio XI nella Vigilanti cura,ribadita in sede conciliare dal Decreto Inter mirifica einfine anche dalla Communio et progressio. Analogamentepotrebbe argomentarsi per le Organizzazionicattoliche internazionali, che occupano un postoimportante nel campo delle comunicazioni sociali eche per questo avrebbero meritato menzione nelCodice42. A proposito poi del silenzio circa laGiornata mondiale delle comunicazioni sociali, taledimenticanza è particolarmente rilevante se siconsidera che tale giornata è l’unica ad essere stata

40 Cfr. anche L. Lorusso, Gli strumenti di comunicazione sociale nel dirittoecclesiale. Aspettative, problematiche e realizzazioni alla luce dell'insegnamentomagisteriale, Roma, 1996.41 Cfr. E. Baragli, cit., 220-222. 42 Cfr. A. Ruszkowski, La communication sociale: parent pauvre du Code de droitcanonique, in Studia Canonica 23/1989, 480.

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espressamente voluta da un Concilio Ecumenico, dunqueavrebbe dovuto certamente essere ricordata nelCodice, quanto meno alla stregua della Giornataannuale delle missioni, di cui fa menzione il can.79143. Ancora, sarebbe forse stato opportuno un cennoesplicito, magari collocato nell’ambito del can.1248, alla Santa Messa trasmessa per radio o pertelevisione, come occasione di raccoglimentospirituale, accanto alla preghiera familiare opersonale, nel caso di impossibilità a prendere partepersonalmente alla celebrazione eucaristica, datal’attenzione che il Magistero conciliare epreconciliare ha sempre rivolto a questo problema44.Infine, circa il diritto di informazione, essoavrebbe dovuto essere trattato nel Codice col dovutorilievo, atteso che tale diritto è da temporiconosciuto nelle moderne Carte costituzionalinazionali e Convenzioni internazionali, nonché,43 “In singulis dioecesibus ad cooperationem missionalem fovendam:(...) 3° celebretur dies annualis pro missionibus”.44 Cfr.Pio XII, Lett. Enc. Miranda prorsus, cit., n. 143: “Siamo aconoscenza dell’interesse con cui un vasto pubblico segue letrasmissioni cattoliche alla televisione. E’ ovvio che lapartecipazione per televisione alla Santa Messa – come qualche annofa abbiamo detto in merito alla radio (discorso del 5 maggio 1950alla conferenza internazionale della radiodiffusione ad altefrequenze) – non è la stessa cosa che l’assistenza fisica al DivinSacrificio, richiesta per soddisfare al precetto festivo. Tuttavia icopiosi frutti che provengono per l’incremento della fede e lasantificazione delle anime dalle trasmissioni televisive dellecerimonie liturgiche per quanti non vi potrebbero partecipare, ciinducono ad incoraggiare queste trasmissioni” (trad. it. in Civ. Catt.III-1957, cit., 586-587). Si veda, inoltre, Concilio EcumenicoVaticano II, Cost. Sacrosantum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 20: “Letrasmissioni radiofoniche e televisive di funzioni sacre,specialmente se si tratta della Santa Messa, siano fatte condiscrezione e decoro, sotto la vigilanza di persona competente,destinata a tale ufficio dai vescovi” (in AAS 56/1964, 97-133, trad.it. in Tutti i documenti del Concilio, cit., 97-138).

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ancorché più di recente, nei documenti ufficiali delMagistero ecclesiastico.

Tuttavia, nonostante queste lacune, suscettibiliperaltro di essere colmate anche tramite l’eserciziodel Magistero ordinario, è innegabile come l’attualeCodice riconosca puntualmente le grandi potenzialitàe la sempre maggiore influenza che hanno oggi glistrumenti di comunicazione sociale, riuscendo ainquadrare il fenomeno in una prospettiva decisamenteconsona e adeguata a tempi che stiamo vivendo. Questodovrà naturalmente essere di stimolo a tutti glioperatori pastorali, giacché chi sottovalutassel’importanza degli attuali strumenti di comunicazionesociale, “darebbe prova di essere un seminatore moltodistratto, capace magari di gettare a piene mani ilseme evangelico tra le pietre, mentre lì vicino c’èil buon terreno”45.

Oggi, d’altra parte, assistiamo ad una doppiarivoluzione in ordine all’uso che la Chiesa Cattolicafa dei moderni mezzi di comunicazione sociale. Da unaparte, si nota il ricorso sempre maggiore alle nuovetecnologie, tanto da porre la Chiesa all’avanguardiarispetto a molti degli stessi Stati: basti pensarealla enorme utilizzazione della rete del web, sullaquale non sono mancati due significativi documentidel Magistero46, in cui si lodano grandemente ibenefici e le opportunità che il ‘cyberspazio’ può45 R. Giacomelli, I mass-media strumento di apostolato, in Seminarium 11/1971,127.46 Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e Internet,22 febbraio 2002 (in web:http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/pccs/documents/rc_pc_pccs_doc_20020228_church-internet_it.html); PontificioConsiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica in Internet, 22 febbraio 2002(in web:http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/pccs/documents/ rc_pc_pccs_ doc _20020228_ethics-internet_it.html).

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offrire alla missione della Chiesa. A questoproposito, si è precisato che “Internet (…) permetteaccesso immediato e diretto a importanti fontireligiose e spirituali, a grandi biblioteche, a museie luoghi di culto, a documenti magisteriali, ascritti dei Padri e Dottori della Chiesa e allasaggezza religiosa di secoli. Ha la preziosa capacitàdi superare le distanze e l'isolamento, mettendo lepersone in contatto con i loro simili di buonavolontà, che fanno parte delle comunità virtuali difede per incoraggiarsi e aiutarsi reciprocamente. LaChiesa può prestare un importante servizio aicattolici e ai non cattolici selezionando etrasmettendo dati utili su Internet. Internet èimportante per molte attività e numerosi programmiecclesiali quali l'evangelizzazione, la ri-evangelizzazione, la nuova evangelizzazione e latradizionale opera missionaria ad gentes, la catechesie altri tipi di educazione, notizie e informazioni,l'apologetica, governo, amministrazione e alcuneforme di direzione spirituale e pastorale. Sebbene larealtà virtuale del ciberspazio non possa sostituireuna comunità interpersonale autentica o la realtà deiSacramenti e della Liturgia o l'annuncio diretto eimmediato del Vangelo, può completarli, spingere lepersone a vivere più pienamente la fede e arricchirela vita religiosa dei fruitori. Essa è per la Chiesaanche uno strumento per comunicare con gruppiparticolari come giovani e giovani adulti, anziani epersone costrette a casa, persone che vivono in areeremote, membri di altri organismi religiosi, chealtrimenti non sarebbe possibile raggiungere. Unnumero crescente di Parrocchie, Diocesi,Congregazioni religiose e Istituzioni legate allaChiesa, programmi e organizzazioni di tutti tipi

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utilizzano Internet per questi e altri scopi. Inalcuni luoghi, a livello sia nazionale siacontinentale, sono in corso progetti creativipromossi dalla Chiesa. La Santa Sede è attiva inquest’area da diversi anni e continua a espandere e asviluppare la sua presenza su Internet”47.

In secondo luogo, il massiccio ricorso ai nuovimass-media non risulta più indirizzato solo oprevalentemente ai fini dell'evangelizzazione, quantoper l’intensa attività diplomatica della Santa Sede.Proprio su questo secondo punto vorremmo brevementeappuntare la nostra attenzione, al fine di dar contodi questo fenomeno che potremmo definire 'nuovaallocazione' delle risorse tecnologiche e mediatichedalla Chiesa ‘docens’ pre-conciliare alla Santa Sedeprotagonista instancabile sul piano internazionalesoprattutto in seno alle maggiori OrganizzazioniInternazionali (ONU e UE in testa). E’ di enormeinteresse, al riguardo, l’analisi che un autorevole47 Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet,22 febbraio 2002, nn. 23. Si legge ancora: “Incoraggiamo i gruppilegati alla Chiesa che non hanno ancora compiuto il passo perentrare nel ciberspazio a prendere in considerazione la possibilitàdi farlo al più presto. Raccomandiamo con forza lo scambio di idee einformazioni su Internet fra coloro che hanno esperienza in questocampo e coloro che invece sono principianti (…) La Chiesa deve anchecomprendere e utilizzare Internet come strumento di comunicazioneinterna. Per questo bisogna tener presente la sua natura speciale dimezzo diretto, immediato, interattivo e partecipativo.L’interattività bidirezionale di Internet sta già facendo svanire lavecchia distinzione fra chi comunica e chi riceve la comunicazione,e sta creando una situazione nella quale, almeno potenzialmente,tutti possono fare entrambe le cose. Non si tratta dunque più dellacomunicazione del passato che fluiva in una sola direzione edall'alto verso il basso. Poiché sempre più persone prendonoconfidenza con questo aspetto peculiare di Internet in altrisettori della loro vita, ci si può aspettare che ricorrano aInternet anche a proposito della religione e della Chiesa” (Ibidem,nn. 23-24).

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studioso di storia del cristianesimo conduce permostrare questa evoluzione, al fine di ricostruire ilruolo che la Chiesa esercita oggi in ambitodiplomatico su scala planetaria, ed è a lui cherinviamo per una esaustiva quanto sinteticapanoramica sul punto48.

A noi preme qui sottolineare come, attualmente,gli strumenti di comunicazione sociale agiscano48 Scrive Riccardi: “lo strumento diplomatico vaticano non è che unodei canali di influenza della Santa Sede. Specie dopo la secondaguerra mondiale, anche al di là dei confini del cattolicesimo, siafferma l’autorità morale e carismatica del papa, in particolarequella di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Il papa, puressendo il primo responsabile della ‘politica vaticana’, haun’influenza che va oltre i canali diplomatici. Con un crescendonotevole, soprattutto dagli anni di Pio XII, la figura e la paroladel papa sono un riferimento ulteriore rispetto all’azionediplomatica vaticana. I cattolici guardano all’insegnamentoreligioso, morale, sociale del papa. I vescovi vi fannocostantemente riferimento nel loro magistero. Non si tratta solo diprincipi orientatori, ma anche di modelli e di proposte; èsoprattutto una leadership morale. Le visite dei cattolici a Romadivengono sempre più frequenti. Il rapporto del papa con le massecattoliche si fa più intenso. L’Anno Santo del 1950 si caratterizzaper un’affluenza di pellegrini sconosciuta ad altre occasioni. Laradio (in particolare la Radio Vaticana) e poi la televisionerendono la parola del papa familiare a una più larga cerchia dicattolici. La voce del papa raggiunge i fedeli direttamente e nonsolo attraverso la mediazione dei vescovi e del clero. Tuttavia laleadership del papa non ha un ascolto limitato solamente al mondo deicattolici. Dopo la guerra Pio XII ha coscienza di dover esercitareun magistero di indirizzo nella crisi e nella ricostruzionepostbellica. Il papa incontra i dirigenti politici, ma parla aipopoli e agli uomini. La Chiesa di Roma si sente ‘educatrice dipopoli e di uomini’: svolge questa sua funzione in primo luogoattraverso la parola del papa. Un testo significativo si questacoscienza è un discorso di Pio XII nel 1945 dal titolo emblematico,Potenza e influsso della Chiesa per la verace restaurazione del mondo: ‘La Chiesa (…)– vi si legge – non è un Impero, massime nel senso imperialisticoche si suol dare a questa parola. Essa segna nel suo progresso enella sua espansione un cammino inverso a quello dell’imperialismomoderno. Essa cerca primieramente l’uomo stesso; si studia di

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nell’interesse del nuovo ruolo di indirizzopontificio per la pace e la concordia tra i popoli49.Esprime bene la odierna globalizzazione realizzatasiin questo settore l’Errazuriz, laddove osserva: “Ilprogresso in questo settore, grazie al quale tuttigli abitanti del nostro pianeta sono sempre più incomunicazione tra di loro, è dunque apprezzato dallaChiesa anzitutto quale via singolarmente efficace perla realizzazione della sua universale missioneevangelizzatrice. Inoltre, il mondo dellecomunicazioni si presenta nella sua globalità dinanzialla Chiesa quale aspetto certamente importantissimoformare l’uomo, di modellare e di perfezionare in lui la somiglianzadivina. Il suo lavoro si compie nel fondo del cuore di ognuno. (…)Con uomini così formati la Chiesa prepara alla società umana unabase sulla quale riposare con sicurezza (Pio XII, Discorsi e radiomessaggidi Sua Santità Pio XII, t. VII, Città del Vaticano, 1964, 383-398). Pio XIIesprime, dopo la guerra, un’aspirazione antica della sua Chiesa:parlare agli uomini e ai popoli, al di là degli Stati e dei loroconfini. Un testimone ha scritto sullo stato d’animo del papa dopola fine del conflitto: ‘Escluso effettivamente dallariorganizzazione del mondo, il Papa volle agire direttamente sullacoscienza degli uomini (R. Galeazzi Lisi, Dans l’ombre et dans la lumière dePie XII, Paris, 1960, 100). Non si tratta di una scelta limitata alpontificato pacelliano, ma continua in maniera crescente con i suoisuccessori anche se con metodi e tonalità differenti. Giovanni XXIIIinterpreta l’ansia di pace diffusa nei due blocchi, con una forteconsonanza con la sensibilità comune che aspira a uscire dal climadella guerra fredda. Giovanni Paolo II mostra una particolareattenzione ai popoli. Del resto il papa conosce la ridottalegittimazione popolare dei governi socialisti e trova nei popoli isuoi interlocutori. Il suo apporto principale a livello europeo, conla proposta di un’Europa dagli Urali all’Atlantico, è ildisconoscimento delle frontiere di Jalta per l'affermazione di unageografia diversa delle identità delle nazioni e del continente” (A.Riccardi, L’internazionale vaticana: scopi, strumenti, limiti, in Limes 3/1993, 36-37).49 Cfr. Ottavello, La Santa Sede e il diritto-dovere di ingerenza umanitaria, inLimes 1/1994, 237-244. Si vedano anche gli importanti contributi diJorge Hevia Sierra, La Santa Sede y la injerencia umanitaria, Roma, 1997; Lainjerencia humanitaria en situaciones de crisis, Codoba, 2001.

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nell’animazione cristiana di tutte le legittimerealtà temporali della persona e della società delnostro tempo. Senza dimenticare gli spazipropriamente religiosi nei media – che possiedono unavalenza apostolica e pastorale imprescindibile - ,non va dimenticato che l’evangelizzazione di questosettore – come di ogni altro – non consiste tantonell’aggiungere certi contenuti, quanto nel dare unanuova dimensione – quella cristiana – ad ogniattività umana che abbia a che fare con lecomunicazioni sociali”50.

Questa evoluzione è il frutto di una sempremaggiore consapevolezza da parte della Chiesa inordine al ruolo prezioso che può svolgere perconcorrere al bene dei popoli. Il duplice intento escopo della evangelizzazione da un lato edell'impegno per la pace e per la promozione deidiritti umani dall’altro, tramite il retto uso deglistrumenti di comunicazione sociale può esser coltoin tutta la sua portata nei vari messaggi delPontefice rivolti in occasione della giornatamondiale delle comunicazioni sociali, occasionedivenuta davvero fondamentale per dettare le lineeguida della Santa Sede anche in ambito sociale, oltreche politico, etico e morale. Vorremmo quisinteticamente richiamare però un importantedocumento di Giovanni Paolo II v.m., indirizzatoproprio ai responsabili delle comunicazioni sociali51.In questa Lettera, che detta alcune linee guida nellautilizzazione dei ‘mass media’, il Pontefice sembra50 C.Z. Errazzuriz, Gli strumenti di comunicazione sociale e in specie i libri (cann. 822-832), in La funzione di insegnare nella Chiesa, Milano, 1994, 98.51 Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Il rapido sviluppo, 24 gennaio 2005 (inweb:http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/apost_letters/documents/hf_jp-ii_apl_20050124_il -rapido-sviluppo_it.html).

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quasi sintetizzare l’impronta assunta nel corso delSuo lungo e proficuo Pontificato, ammonendoci‘profeticamente’ sulla strada da seguire perché l’usodi tali mezzi porti molto frutto: “La nostra èun'epoca di comunicazione globale, dove tanti momentidell'esistenza umana si snodano attraverso processimediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi.Mi limito a ricordare la formazione della personalitàe della coscienza, l'interpretazione e lastrutturazione dei legami affettivi, l'articolazionedelle fasi educative e formative, l'elaborazione e ladiffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo dellavita sociale, politica ed economica. In una visioneorganica e corretta dello sviluppo dell'essere umano,i media possono e devono promuovere la giustizia e lasolidarietà, riportando in modo accurato e veritierogli eventi, analizzando compiutamente le situazioni ei problemi, dando voce alle diverse opinioni. Icriteri supremi della verità e della giustizia,nell'esercizio maturo della libertà e dellaresponsabilità, costituiscono l'orizzonte entro cuisi situa un'autentica deontologia nella fruizione deimoderni potenti mezzi di comunicazione sociale”52.

L’esortazione del Santo Padre termina con uninvito, rivolto agli operatori della comunicazione ein special modo a quelli, tra essi, che si chiamanocredenti: “Non abbiate paura delle nuove tecnologie!Esse sono ‘tra le cose meravigliose’ — ‘inter mirifica’ —che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire,usare, far conoscere la verità, anche la verità sullanostra dignità e sul nostro destino di figli suoi,eredi del suo Regno eterno”53.

52 Ibidem, n. 3.53 Ibidem, n. 14.

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