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Karl Philipp Schwarzenberg, un ambasciatore austriaco a Parigi

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Quaderni del Dottorato Storia d’Europa

L’imperatore dei francesi e

l’Europa napoleonica

a cura di Giovanna Motta

Edizioni Nuova Cultura

Quaderni del dottorato Storia d’Europa Direzione scientifica Antonello Folco Biagini Giovanna Motta Copyright © 2014 Edizioni Nuova Cultura – Roma ISBN: 9788868122836 DOI: 10.4458/2836 Giornata di studio – L’imperatore dei francesi e l’Europa napoleonica – svolta dal dottorato in Storia d’Europa Roma, 24 maggio 2013. Editing e composizione grafica: Antonello Battaglia Copertina: Francesca Minnocci È vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale, realizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.

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INDICE

POLITICA E FAMIGLIA NELLA VITA DI NAPOLEONE Un’alleanza matrimoniale nel destino dell’imperatore dei francesi di Giovanna Motta 9 Napoleone e Joséphine, mai sposi di Antonello Battaglia 45

Napoleone legislatore. Qualche spunto per una riflessione sul Code Civil e la sua disciplina della proprietà di Andrea Giannotti 57

Organizzazione di una struttura familiare. I Napoleonidi e il loro ruolo nell’Europa dell’Impero di Alessandro Vagnini 75

I viaggi di Maria Luisa nell’Europa del nord di Elena Dumitru 89

Karl Philipp Schwarzenberg, un ambasciatore austriaco a Parigi di Roberto Sciarrone 99

La regina Luise di Prussia e l’incontro con il “diavolo” di Martina Bitunjac 115 L’ingrato Bernadotte e la sua ascesa al trono svedese di Giuseppe Motta 127

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LA FRANCIA AL DI FUORI DELLA FRANCIA La politica estera nella Francia napoleonica di Antonello Folco Biagini 143

Napoleone e i britannici. Dalla campagna d’Italia al mito dell’eroe romantico di Caterina Bassetti 153 Storici russi e storici sovietici a confronto. La campagna del 1812 e il mito di Napoleone di Elena Dundovich 169 La politica adriatica e le Provincie Illiriche di Alberto Becherelli 185 L’Oriente ottomano e la politica napoleonica di Fabio L. Grassi 195 Il presidente e l’imperatore. La Francia napoleonica e l’America di Thomas Jefferson di Daniel Pommier Vincelli 211 La Grande Armée nel cinema di Raffaele Rivieccio 221 Elenco DOI 235

POLITICA E FAMIGLIA

NELLA VITA DI NAPOLEONE

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KARL PHILIPP SCHWARZENBERG. UN AMBASCIATORE AUSTRIACO A PARIGI

Roberto Sciarrone

Karl Philipp Schwarzenberg, figlio del principe Johann Schwarzenberg e della contessa Maria Eleonora di Öttingen-Wallerstein, nasce a Vienna il 15 aprile 1771. Il quadro storico che fa da sfondo alle vicende del protagonista vede preminente l’irrompere degli eventi del 1789, del tutto imprevisti e dagli effetti travolgenti. Prima del 1789, in effetti, la rivoluzione poteva solo essere ipotizzata e, infatti, nel ventennio precedente, diversi scrittori e uomini politici avevano pensato a un possibile sbocco eversivo come conseguenza del malcontento popolare che già emergeva in episodiche manifestazioni di rivolta. Il cambiamento del termine lessicale offre con immediatezza la portata degli eventi e della loro percezione da parte dei contemporanei, poiché il termine “rivoluzione”, ispirandosi al percorso orbitale degli astri, indicava il “ritorno” a una perduta condizione originaria, anziché a un mutamento radicale, mentre invece, nel 1789, assumeva il significato di totale trasformazione dell’intero assetto politico e sociale. Da quel momento, si formò un modello di azione rivoluzionaria che ispirò i gruppi politici europei degli anni Novanta del Settecento condizionando il secolo successivo. Questi i principali eventi politici europei quando Schwarzenberg entra nella cavalleria austriaca, all’età di diciassette anni (1788), e combatte contro l’Impero ottomano (1789), agli ordini dei feldmarescialli austriaci Franz von Lacy ed Ernst von Laudon nell’ambito della guerra russo-turca (1787-1791), scoppiata a causa dell’annessione della Crimea alla Russia. Costretta a riconoscere il crescente potere della Prussia, a seguito della Guerra dei Sette anni (1756-63) e della guerra di Successione bavarese (1778-79), l’Austria, uscita penalizzata dalla prima spartizione della Polonia (1772), si impegna in un nuovo conflitto espansionistico ai danni dell’Impero ottomano. L’imperatore asburgico Giuseppe II, in accordo con la zarina Caterina II, muove numerose azioni offensive ai danni delle truppe del sultano senza ottenere alcun risultato significativo. Il conflitto si chiude grazie all’intervento di altre potenze

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europee: la Svezia di Gustavo III attacca la Russia costringendo Caterina a spostare le sue truppe dalla Crimea per difendere Mosca, mentre la Prussia di Federico Guglielmo convince il nuovo imperatore Leopoldo II a far decadere l’alleanza con i russi. Il coevo scoppio della Rivoluzione francese e le mire espansionistiche della Russia persuadono gli Asburgo della necessità di pacificare il loro confine orientale per concentrarsi sulla scena politica europea. Ritornata in possesso di Belgrado, grazie al feldmaresciallo Gideon Ernst von Laudon (1789), l’Austria firma la pace di Sistova con Istanbul (1791) e riconsegna la città agli Ottomani mantenendo una striscia di territorio bosniaco. Nel corso di tali conflitti, il giovane Schwarzenberg si distingue per le sue doti militari e il coraggio dimostrato in battaglia guadagnando il grado di “maggiore” nel 1792 a soli ventuno anni. Intanto in Francia il sovrapporsi della questione economica alla crisi politica e religiosa aumenta i contrasti sociali, resi ancor più duri dalla svalutazione degli assegnati (infra, Motta). L’imposizione al clero del giuramento di fedeltà alla rivoluzione (27 novembre 1790) divide non solo gli ecclesiastici ma anche le comunità e in questo clima il tentativo di fuga del re Luigi XVI, in contatto con le corti straniere, rappresenta un ulteriore fattore di destabilizzazione che contribuisce ad accentuare la crisi. La famiglia reale lascia di nascosto il palazzo delle Tuileries (20-21 giugno 1791) nella notte, ma viene riconosciuta a Varennes e costretta a rientrare a Parigi sotto scorta. Nel frattempo si consuma la frattura tra monarchici costituzionali, opposizione democratica e popolare, il 3 settembre viene poi votata la Costituzione che verrà accettata da Luigi XVI dieci giorni dopo. Il 27 agosto l’imperatore d’Austria, il re di Prussia e l’elettore di Sassonia annunciano a Pillnitz che la situazione del re di Francia era di «comune interesse per tutti i sovrani d’Europa». In Francia battaglioni di volontari vengono reclutati in tutto il Paese e la Marsigliese, composta dall’ufficiale del genio Rouget de Lisle per l’armata del Nord, diventa il loro inno. La mobilitazione militare si lega sempre più alla richiesta di abolire la monarchia, il 10 agosto viene assalito il palazzo delle Tuileries, mentre presso l’Hotel de Ville si organizza una nuova municipalità (la Comune insurrezionale), l’Assemblea legislativa vota infine la deposizione e l’arresto del re e la creazione di un Consiglio esecutivo provvisorio. A

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imprimere un’ulteriore svolta radicale è il senso di smarrimento provocato dall’avanzata dell’esercito prussiano che, nella seconda metà di agosto, conquista Longwy e Verdun, puntando decisamente su Parigi, mentre si aggravano le difficoltà di rifornimento e il carovita attanaglia la popolazione. In questo clima si collocano le misure di rigore assunte dall’Assemblea legislativa e dalla Comune di Parigi: istituzione di un Tribunale straordinario, legge dei sospetti, espulsione dei preti refrattari, sequestro dei beni degli emigrati da mettere in vendita in piccoli lotti, soppressione degli ultimi residui feudali e requisizione dei grani. A ciò si aggiunse la nota esplosione di violenza che tra il 2 e il 6 settembre porta folle di sanculotti ad assalire le carceri e ad assassinare migliaia di detenuti sospettati di trame controrivoluzionarie. Il 20 settembre, l’armata francese riesce a bloccare l’avanzata austro-prussiana a Valmy e lo stesso giorno si riunisce la nuova rappresentanza nazionale: la Convenzione, incaricata di redigere una nuova costituzione. Il giorno dopo la monarchia viene formalmente abolita e nasce la Francia repubblicana. L’evento è di tale portata da condurre all’adozione di un nuovo calendario (festeggiato l’anno successivo, il 24 ottobre del 1793). Il 7 novembre, dopo numerose discussioni, si stabilisce che debba essere la Convenzione a giudicare Luigi XVI, quindi il processo - iniziato l’11 dicembre e concluso il 5 gennaio del 1793 - lo dichiara colpevole e lo condanna a morte (verrà ghigliottinato il 21 gennaio). La Convenzione assicura «fratellanza e soccorso» ai popoli in lotta per la libertà, dunque dalla difesa della rivoluzione si passa alla sua espansione. Le frontiere naturali della Francia sul Reno e sulle Alpi diventano l’obiettivo primario che sembra raggiunto con l’occupazione della riva sinistra del Reno, del Belgio, della Savoia e di Nizza. Il primo febbraio, la Convenzione dichiara guerra all’Inghilterra e all’Olanda, poi in marzo alla Spagna. Schwarzenberg, nel corso delle campagne francesi del 1793 presta servizio nell’armata comandata dal Principe Federico Giosia di Sassonia-Coburgo-Saalfeld prendendo parte quindi alla Prima coalizione, alleanza tra i principali Stati europei e italiani (Gran Bretagna, Austria, Russia, Spagna, Prussia, Olanda, Portogallo, Regno di Napoli, Regno di Sardegna) contro la Francia repubblicana. La Prima coalizione nasce principalmente per rispondere all’offensiva francese

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nella Savoia e nel Belgio e per la preoccupazione che l’esecuzione di Luigi XVI suscita nelle monarchie europee. Quest’alleanza non riesce però a fermare la Francia repubblicana che, grazie alle brillanti vittorie del generale Napoleone Bonaparte, durante la campagna d’Italia (1796), firma il Trattato di Campoformio (1797) che stabilisce la pace con l’Austria, cui viene ceduta la Repubblica di Venezia. Quanto a Schwarzenberg, si distingue nel 1794 durante la battaglia di Cateau-Cambrésis, dove al comando del suo reggimento imprime una svolta decisiva al conflitto riuscendo, assieme agli alleati britannici, ad aprire un varco fra le armate francesi e ad averne la meglio (muoiono circa tremila nemici e vengono catturati trentadue cannoni). Grazie a queste importanti dimostrazioni di tattica e abilità bellica, viene insignito con la croce dell’Ordine militare di Maria Teresa, massima decorazione austriaca al valor militare. Tra il 1793 e il 1797, sono molte le circostanze che, nate in Francia, riescono a influenzare gli altri paesi europei, come per esempio l’arrivo dei reclutatori inviati da Parigi per la coscrizione di 300mila uomini - decisa il 24 febbraio 1793 dalla Convenzione – che provoca agitazioni molto forti nella regione della Vandea. Centinaia di contadini invadono le città di Machecoul e Cholet massacrando i patrioti e le guardie nazionali. I rivoltosi, che si ispirano al principio della legittimità monarchica e intendono rivendicare l’ortodossia cattolica, danno inizio a una guerra sanguinosa tra le armate repubblicane e l’Armata cattolica reale, in cui le bande contadine vengono inquadrate sotto la guida di nobili, di sacerdoti e di capi popolari. Quello del Direttorio è il periodo della massima espansione della rivoluzione in Europa, grazie sia alla forza raggiunta dagli eserciti francesi, con la leva di massa, sia alle attività insurrezionali dei patrioti stranieri. Nei primi mesi del 1795 si concludono la pace con la Prussia, che riconosce l’occupazione francese della riva sinistra del Reno; con le Provincie Unite, trasformate in Repubblica Batava; con la Spagna che cede la parte occidentale di Santo Domingo. Era il primo riconoscimento della Repubblica francese sul piano internazionale, rimanevano in guerra l’Inghilterra, l’Austria, il Regno di Sardegna e quello di Napoli. In Italia, le trionfanti vittorie di Napoleone Bonaparte portano alla creazione di nuove repubbliche sorelle. Concluso con il re di Sardegna,

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Vittorio Amedeo III, l’armistizio di Cherasco dopo le grandi vittorie sugli austriaci, Bonaparte entra trionfalmente a Milano il 15 maggio 1796 e lo stesso giorno, con il Trattato di Parigi, il re di Sardegna riconosce la cessione di Nizza e della Savoia. In seguito, Bonaparte occupa le Legazioni pontificie di Bologna e Ferrara e le Romagne e il 27 dicembre i deputati delle due città, con Modena e Reggio, proclamano la Repubblica cispadana che adotta come vessillo il tricolore bianco, rosso e verde. Il 18 aprile 1797, l’Austria riconosce alla Francia l’annessione del Belgio e l’occupazione della Lombardia, un mese dopo è la volta della Repubblica cisalpina che comprende parte della cispadana, poi interamente aggregata alla prima il 27 luglio. Il Trattato di Campoformio sancisce la pace con l’Austria che riconosce la Repubblica cisalpina ottenendo in cambio Venezia, l’Istria e la Dalmazia. Nel corso delle battaglie combattute, Schwarzenberg prende parte agli scontri di Amberg e Würzburg e nel 1796 viene elevato al grado di maggiore generale, quindi promosso luogotenente feldmaresciallo nel 1799. Le sue abilità militari lo portano a ottenere altri successi durante la battaglia di Hohenlinden nel dicembre 1800 nell’ambito della Seconda coalizione antifrancese (1799-1802) formata da Austria, Gran Bretagna, Russia, Impero ottomano e Regno di Napoli. La nuova alleanza antirivoluzionaria volta a strappare alla Francia le sue conquiste continentali trae la sua origine dalla spedizione d’Egitto. Bonaparte, battuti alle Piramidi i mamelucchi (luglio 1798) è a sua volta sconfitto nella battaglia navale di Abukir dall’ammiraglio Nelson, il sultano, titolare dell’alta sovranità sull’Egitto dichiara guerra alla Francia seguito dallo zar di Russia Paolo I che entra nel conflitto. L’accordo di Sieyès e il colpo di Stato del 9 novembre 1799 pongono fine al Direttorio. Questa data rappresenta una cesura di grande rilievo nella storia della rivoluzione e delle sue conseguenze: pur nella salvaguardia delle conquiste ottenute per alcuni aspetti si riannoda un filo interrotto della storia francese, recuperando e accentuando alcune esperienze modernizzatrici del dispotismo illuminato, per altri aspetti, invece, si inaugura una forma politica inedita di potere personale che confluirà nel primo grande episodio di dittatura moderna. La battaglia di Hohenlinden si colloca dunque in questo periodo e vede le truppe austro-bavaresi, al comando dell’arciduca Giovanni d’Asburgo Lorena,

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affrontare l’armata francese nel Reno al comando del generale Jean Victor Marie Moreau. La vittoria delle truppe napoleoniche è netta, la sconfitta è così cocente che l’esercito austriaco si disgrega completamente e l’imperatore è perciò costretto a firmare l’armistizio di Steyr il giorno di Natale dell’anno 1800. Questa vittoria, con quella di Bonaparte a Marengo, pone fine alle battaglie della Seconda coalizione, due mesi dopo l’Austria firma il Trattato di Lunéville e accetta il controllo francese sulla valle del Reno e la creazione degli Stati satelliti della Repubblica Batava in Olanda e della Repubblica cisalpina in Italia. L’esito della battaglia non oscura l’immagine di Schwarzenberg, il quale con prontezza riesce a proteggere l’ala destra delle armate austriache evitandone la distruzione. In quell’occasione riceve gli onori dell’Arciduca Carlo d’Austria e ottiene il comando della retroguardia. La pace di Lunéville, firmata da Giuseppe Bonaparte e dal conte Johann von Cobenzl, pone fine alla guerra e confermato il Trattato di Campoformio. La Francia ottiene i territori della riva sinistra del Reno, il Piemonte e la Liguria e vengono sottoposti alla sua protezione e controllo la Repubblica cisalpina e il Regno d’Etruria. L’Austria acquisisce il territorio dell’antica Repubblica di Venezia sino all’Adige, mentre i principi tedeschi, danneggiati dall’annessione alla Francia delle terre a sinistra del Reno avrebbero dovuto essere compensati con i territori alla sua destra. Il nuovo organismo politico che sostituisce il Direttorio è un Consolato provvisorio di tre membri (Sieyès, Ducos e Bonaparte), incaricato di redigere una nuova Costituzione (25 dicembre 1799) che istituisce la carica di Primo console, conferita a Napoleone. Il successo politico-militare e la pacificazione esterna, che consolidano il suo prestigio, portano al concordato con il nuovo pontefice Pio VII (16 luglio 1801) che riconosce la Repubblica francese. L’anno successivo, Bonaparte, dal Senato, è proclamato Primo console a vita (2 agosto 1802) e da questo momento segna la sua svolta autoritaria che porta al senatoconsulto del 18 maggio 1804, quando - prendendo a pretesto un tentativo di congiura in cui confluivano l’opposizione realista con quella repubblicana - viene approvata una nuova carta costituzionale che assegna il governo della Repubblica a un imperatore dei francesi. Attraverso la riorganizzazione amministrativa, giudiziaria e scolastica si formano in Francia numerosi gruppi dirigenti, provenienti dalla

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borghesia, che aumentano l’adesione al regime rafforzandone le basi sociali.

Nel 1803, l’Inghilterra riprende le ostilità contro la Francia e Francesco II, per garantire agli Asburgo il titolo imperiale, proclama l’Impero ereditario d’Austria (agosto 1804) diventando Francesco I d’Austria. Il piano offensivo di Napoleone prevede quindi di impegnare la flotta inglese nel Mar dei Caraibi grazie anche all’alleanza con la Spagna, ma l’azione non riesce e la flotta franco-spagnola viene distrutta a Trafalgar, presso Cadice, da quella inglese comandata dall’ammiraglio Horatio Nelson che muore durante lo scontro (21 ottobre 1805). L’Inghilterra quindi, assoluta padrona dei mari, lancia la Terza coalizione antifrancese formata anche da Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli. Nel corso della battaglia di Elchingen (1805) Schwarzenberg ottiene il comando di una divisione agli ordini del feldmaresciallo Karl von Leiberich, durante la manovra di aggiramento di Ulm in vista della conquista di Vienna da parte dei francesi. La città bavarese vede fronteggiarsi 16mila austriaci al comando del conte Johann von Riesch e 17mila francesi ordinati dal maresciallo Michel Ney, nel corso dello scontro il feldmaresciallo von Leiberich è costretto alla resa presso Ulm, solo il granduca Ferdinando, il conte Hohenzollern-Hechingen e il principe Schwarzenberg con i rispettivi reparti di cavalleria riescono a sfuggire alla cattura. Inoltre l’esercito francese recupera gran parte dell’artiglieria destinata al feldmaresciallo austriaco. Dopo la vittoria di Ulm e l’entrata di Napoleone a Vienna, e quella di Austerlitz (dicembre 1805) sugli austro-russi, l’Austria chiede la pace che viene concessa a dure condizioni: il Trattato di Presburgo infatti le impone, oltre a un ingente indennizzo di guerra, la cessione del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia al Regno d’Italia (fondato nel marzo 1805) di cui lo stesso Napoleone si era nominato re. Segue nel marzo 1806 la conquista del Regno di Napoli assegnato a Giuseppe, fratello maggiore di Bonaparte. Nonostante le sconfitte subite, Schwarzenberg si distingue nuovamente in battaglia e durante il 1805 riceve la decorazione di Commendatore dell’Ordine Militare di Maria Teresa. La guerra riprende (Quarta coalizione) con l’intervento della Prussia accanto a Russia, Inghilterra e Svezia, anche stavolta però l’armata francese sconfigge gli eserciti prussiani a Jena e Auerstadt

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(ottobre 1806) e Napoleone entra a Berlino smembrando così lo Stato prussiano. Con la pace di Tilsit (25 giugno 1807), Bonaparte riconosce la potenza russa imbastendo l’ipotesi di un’alleanza con essa, volta a spartirsi il continente, l’unica vera avversaria che rimane è solo l’Inghilterra. Intanto nel 1808, in vista di un nuovo conflitto con la Francia, l’Austria decide di inviare un ambasciatore speciale in Russia: Schwarzenberg, che rappresentava una personalità gradita dalla corte di San Pietroburgo. La Spagna, nel frattempo, cade in mano francese, viene proclamato re Giuseppe Napoleone mentre il cognato Gioacchino Murat sale sul trono di Napoli. Le truppe francesi invadono i territori papali che vengono annessi all’Impero francese, con la conseguente scomunica da parte di Pio VII. Lo spirito di rivalsa antifrancese è forte anche in Austria che infatti entra, con l’Inghilterra, nella Quinta coalizione (1809). Schwarzenberg riesce a tornare in tempo dalla Russia per prendere parte alla battaglia di Wagram (luglio 1809) nella quale vengono coinvolti oltre trecentomila soldati tra i due schieramenti contrapposti. A costo di gravi perdite, la Grande Armée ottiene la vittoria e l’esercito austriaco è costretto a ritirarsi verso la Moravia. La pace di Schönbrunn vede l’Austria costretta a riconoscere Giuseppe Bonaparte quale legittimo sovrano di Spagna, inoltre perde una parte della Galizia a favore del Granducato di Varsavia, mentre la Carinzia e la Carniola, con i porti di Trieste e Fiume, sono unite alla Dalmazia e all’Istria per formare le Provincie Illiriche. Dopo la dura sconfitta di Wagram, Schwarzenberg viene promosso generale di cavalleria e pochi mesi dopo è invitato a Parigi per negoziare il matrimonio tra Napoleone e l’arciduchessa Maria Luisa d’Austria, figlia dell’imperatore austriaco Francesco I (infra, Motta). Risultato sorprendente della vittoria napoleonica è la rapida alleanza stipulata con l’Austria dal nuovo cancelliere Metternich, che favorisce l’accordo matrimoniale per rafforzare il suo paese, mentre da parte sua Bonaparte è disponibile per legittimare il suo trono legandosi alla più antica dinastia europea. Per l’occasione, il primo aprile del 1810 il principe Schwarzenberg organizza un ballo che sfortunatamente si conclude tragicamente con la morte di alcuni invitati, inclusa sua cognata, a causa di un incendio.

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Nei confronti di Schwarzenberg, Napoleone mostra sempre grande stima, nel dicembre del 1811 stabilisce con lui un accordo in base al quale Schwarzenberg si impegna a organizzare un contingente - formato da truppe austriache che sarebbe stato aggregato alla Francia - che nel marzo dell’anno successivo “entra” nel trattato di alleanza franco-austriaca in cui grande peso assumeva il matrimonio dell’imperatore dei francesi con Maria Luisa d’Asburgo. Questo accordo lo avrebbe allontanato dalla rivoluzione assimilando il suo Impero al dispotismo dell’Antico Regime e avrebbe influito negativamente sui suoi rapporti con lo zar Alessandro I contro il quale avrebbe mosso il suo esercito che lo avrebbe portato alla disfatta. Schwarzenberg controlla 34mila combattenti austriaci, ma la nuova Grande Armèe comprende almeno una dozzina di nazionalità che prestano servizio per costrizione e senza alcuno spirito patriottico. Va detto che la maggior parte di questi contingenti combatte con valore durante la campagna, tuttavia il controllo e la disciplina di così tanti uomini armati costituisce un grande problema e per di più in quache caso rimanevano non pochi dubbi sulla lealtà di alcune divisioni, specialmente quelle olandesi, spagnole e prussiane. Anche nei reparti francesi, specie in fanteria, la proporzione dei coscritti di leva privi di esperienza militare è decisamente superiore a quella che si riscontra nelle armate precedenti, quanto alla cavalleria, si dimostra efficiente sul campo di battaglia ma impotente nel corso della campagna quando si ritrova a fronteggiare il durissimo inverno russo. Il 24 giugno 1812 Napoleone varcò il fiume Niemen, contando su una rapida vittoria militare, tuttavia la tattica scelta dai russi di non impegnarsi in uno scontro diretto ma ritirarsi davanti all’invasore, facendo terra bruciata alle proprie spalle, spossa le truppe francesi. Dopo la vittoria a Borodino (settembre) l’esercito napoleonico riesce comunque a entrare a Mosca, da qui, dopo avere atteso invano una richiesta di negoziato da parte dello zar, Bonaparte dà a metà ottobre l’ordine di ritirata che si rivela catastrofica sia per le condizioni materiali degli uomini sia per le continue rappresaglie delle truppe russe e dei cosacchi. Ogni qual volta preparava un piano offensivo, Napoleone era solito elaborare complesse strategie prestando grande attenzione alle condizioni ambientali e alle conoscenze sull’esercito rivale, dopo aver

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minuziosamente considerato le eventuali alternative. In questo caso decide di ammassare la Grande Armèe intorno a Kovno - in Lituania - dopo una rapida avanzata dalle zone di raduno lungo la Vistola, in preparazione della marcia che l’avrebbe condotto a Vilna che intendeva occupare prima che le truppe dello zar potessero rendersi conto della sua strategia. Per mascherare i movimenti offensivi, cerca quindi di far credere al nemico che avrebbe sferrato un attacco deciso verso Mosca lungo la via della Volinia, cioè attraverso le fertili regioni che si estendevano a sud delle paludi del Pripet. La preparazione di questa diversione sarebbe stata affidata a Schwarzenberg e ai suoi trentamila uomini uniti al VII corpo del generale Reyner, che insieme avrebbero iniziato la loro avanzata da Lublino. Napoleone credeva che potesse servire ad attrarre i russi verso sud mentre il grosso dell’esercito francese avrebbe rapidamente occupato Vilna e preparato una distruttiva manovra aggirante sulla destra per annientare le forze russe. Una volta riunite, le formazioni francesi avrebbero potuto offendere le spalle e il fianco destro dei russi, quindi l’azione avrebbe portato a una loro resa. L’imperatore riponeva molta fiducia nel suo piano e massima stima nelle abilità strategico-militari di Schwarzenberg, tuttavia sottovaluta due fattori importanti, il tempo e le caratteristiche specifiche del territorio. Il 26 maggio del 1812 le unità di Schwarzenberg muovono verso il Niemen, proteggendo l’avanzata sul fianco meridionale, come tutte le altre divisioni della Grande Armèe anche quelle austriache iniziano a patire la stanchezza per le lunghe marce. In novembre, la lunga ritirata portò l’armata napoleonica a rifugiarsi intorno a Smolensk, Schwarzenberg è incaricato di difendere i rifornimenti siti a Minsk, circa due milioni di razioni, che però cadono in mano ai russi suscitando le ire di Bonaparte che, adirato, accusa gli austriaci di tradimento. L’esito poco soddisfacente dei combattimenti e la continua ritirata dei russi impongono a Napoleone nuove decisioni, il 6 dicembre la temperatura scende a -30°C, le truppe si dividono completamente e circa ventimila soldati muoiono per il freddo e le sofferenze lungo la strada tra Smorgon’ e Vilna. Schwarzenberg, nel tracollo generale, si ritira con il generale Reynier e altri 35mila soldati, la campagna di Russia era finita e la Grande Armèe era ormai distrutta. Alla fine di

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gennaio del 1813, Schwarzenberg ritira le sue truppe dal fronte scoprendo il fianco destro dello schieramento francese e attestandosi nella cittadina polacca di Pulusk. Nel 1813, allorché l’Austria riprende nuovamente un atteggiamento ostile contro la Francia, Schwarzenberg - ormai feldmaresciallo di grande esperienza - viene nominato comandante in capo delle armate alleate di Boemia. Dopo la débâcle russa, la macchina militare più potente d’Europa era andata distrutta, le perdite francesi ammontano a circa mezzo milione di uomini tra morti e prigionieri (Chandler, 2002), le potenze europee scorgono quindi la possibilità di sconfiggere definitivamente l’imperatore dei francesi e formano una nuova alleanza (Sesta coalizione) guidata dallo zar Alessandro formata da Russia, Prussia, Austria e Inghilterra. Nel frattempo, il sentimento antifrancese propagatasi in tutta Europa va dimostrando la fragilità del sistema napoleonico e l’efficacia di quello spirito nazionale e di libertà che proprio le armate francesi avevano esportato. Nel corso del 1813, i francesi sono costretti a lasciare la Spagna - il movimento di liberazione aveva trovato nuova linfa, grazie anche all’apporto inglese gli insorti e avevano convocato a Cadice le Cortes generales per approvare una Costituzione di tipo liberale (marzo 1812) – dove fa ritorno Ferdinando VII di Borbone (anche in Sicilia) pressato dagli inglesi che lo costringono a concedere una Costituzione. Sono chiari segnali che mostrano la debolezza della Francia sul piano politico, anche se la fine del grande Impero è causata dalle sconfitte militari. Il 12 agosto 1813 l’Austria dichiara guerra alla Francia e Schwarzenberg, radunata l’armata di Boemia forte di 230mila soldati nelle vicinanze dell’alto Elba, coadiuva l’azione offensiva degli alleati che preferiscono non affrontare Napoleone in una grande battaglia campale ma stancarlo con ripetuti attacchi. L’armata di Boemia avrebbe dovuto rappresentare la più importante forza alleata, ma a Schwarzenberg, manca il carisma del comandante supremo non incarna l’uomo ideale per quell’impresa, soprattutto agli occhi dello zar Alessandro (Chandler, 2002). Il 17 agosto l’alto comando decide di lanciare un’offensiva su Lipsia, la notizia del successo di Wellington a Vitoria in Spagna (21 giugno 1813) serve a sollevare il morale delle truppe antifrancesi, mentre Napoleone adotta una strategia difensiva portandosi verso la capitale sassone e le

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fortezze di Magdeburgo, Wittenberg, Torgau, oltre alle posizioni avanzate di Bautzen e Görlitz che sarebbero servite da points d’appoui. Dresda, con i suoi grandi depositi e istallazioni militari rappresentava il perno centrale dell’intero sistema, ma la decisione di mandarvi quasi tutta l’armata a Napoleone costa la campagna. Il 27 agosto si erano fronteggiati circa 120mila francesi contro i 170mila uomini della coalizione e malgrado l’imperatore avesse riportato alcune vittorie, le sconfitte dei suoi ufficiali pesano sull’esito del conflitto. L’armata di Boemia agli ordini del principe Schwarzenberg, fiaccata dopo la sconfitta subita a Kulm, non riesce a dare un valido contributo in seno alle forze alleate, ma lo scontro di Lipsia, conosciuto anche come “battaglia delle nazioni” (16-19 ottobre 1813), determina la disfatta francese nella campagna di Germania. L’assalto finale delle truppe della Sesta coalizione viene organizzato dal generale austriaco su cinque colonne separate, alla fine dei quattro giorni di combattimenti si contano circa 110mila tra morti e feriti gravi. L’imperatore austriaco Francesco I è propenso a firmare la pace con i francesi, mentre lo zar Alessandro I e Federico Guglielmo III di Prussia sono determinati a invadere la Francia e marciare su Parigi. La fase finale della campagna del 1814 dura dal 20 marzo alla prima settimana di aprile, Napoleone si trova di fronte Schwarzenberg non più come alleato ma come nemico e comunque riesce ad avere la meglio. È una effimera vittoria, infatti con un’abile mossa il generale austriaco completa lo spiegamento di più di 80mila uomini opportunamente in un vasto raggio che attraversa i villaggi di Premierfait, Voué e Chaudrey (Chandler, 2002). Il massiccio schieramento rimane nascosto agli avamposti francesi, schierati sugli opposti pendii, che nel frattempo vengono potenziati dall’arrivo di alcune unità della Guardia Imperiale - due formazioni di cavalleria e una divisione del VII corpo, accompagnata dal generale Nicolas Oudinot - Schwarzenberg ritarda l’attacco permettendo all’imperatore francese di mantenere un ruolo da protagonista. La battaglia è cruenta e divampa nei pressi di Arcis, i francesi perdono circa tremila uomini. Napoleone pensa ancora di poter vincere quando già la sua strategia è stata scoperta dagli alleati che, nel frattempo, hanno catturato un corriere imperiale con una lettera non cifrata di Napoleone

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all’imperatrice nella quale affermava di voler puntare sulla Marna per spingere gli eserciti nemici più lontano da Parigi. Il comando supremo dei paesi della coalizione, pertanto, si riunisce con urgenza a Pougy. Vengono intensificate le comunicazioni con la Germania, attraverso l’Olanda e gli eserciti alleati riuniti si schierano su una posizione adatta a un nuovo attacco definitivo. Lo zar, sorpreso dall’esito positivo degli eventi, il 24 marzo impone a Schwarzenberg di approfittarne esigendo un’immediata avanzata di entrambi gli eserciti (180mila uomini) lungo la Marna verso Parigi. Per nascondersi all’esercito imperiale, il generale Ferdinand von Wintzingerode continua la marcia a est verso St. Dizier, con un contingente di 10mila (cavalieri e fanteria leggera), fingendo di uniformarsi alle aspettative di Napoleone e dirigendosi verso est per proteggere i collegamenti con il Reno. Napoleone, dopo aver trascorso quattro giorni a St. Dizier, punta su St. Mihiel piuttosto che su Vitry, Joinville o Bar-sur-Aube (Chandler, 2002). La capitale francese non subiva un’invasione da 400 anni. Austriaci, prussiani e russi si riuniscono attorno a Schwarzenberg, sono circa 100mila uomini, contro i 20mila che difendevano Parigi agli ordini del maresciallo Auguste Marmont e altri 30mila uomini della Guardia Imperiale. La discesa in campo dello zar e del re di Prussia accende l’entusiasmo delle truppe. Le armate della coalizione raggiungono le mura di Parigi il 29 marzo 1814 e il giorno seguente viene sferrato l’attacco. I prussiani, guidati dal generale Blücher, attaccano la parte nord della città e spostano le posizioni francesi attorno ad Aubervilliers, le truppe del Württemberg si posizionano a Saint-Maur nel quadrante sud-occidentale, i russi provano a guidare nuovamente l’attacco ma in parte vengono frenati dalla Guardia Imperiale sin quando non sono aiutati dai prussiani che giungono poco dopo a rafforzare l’azione offensiva. Le unità dello zar arrivano a Montmartre - dove si trova il quartier generale di Giuseppe Bonaparte - e conquistano la posizione, Marmont, a capo dell’esercito francese, avvia dei contatti diplomatici con gli ufficiali della coalizione per raggiungere un accordo segreto (verrà considerato per questo un traditore da Bonaparte). Il 31 marzo, due giorni dopo lo scoppio delle ostilità, Talleyrand in maniera simbolica, offre le chiavi della città allo zar e le

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truppe della coalizione fanno il loro ingresso a Parigi con Alessandro in testa, seguito dal re di Prussia e dal feldmaresciallo Schwarzenberg. Napoleone vive quel momento come un oltraggio al suo valore e alla Francia, ma dopo la sua destituzione proclamata dal Senato di Parigi e la formazione di un governo provvisorio presieduto da Tayllerand, è costretto alla resa (4 aprile 1814) e incarica i marescialli di Francia Ney e Macdonald e il generale de Caulaincourt a trattare la sua abdicazione in favore del figlio, il re di Roma Napoleone Giuseppe che aveva avuto da Maria Luisa d’Asburgo (infra, Motta). Ma gli alleati non accettano condizioni, così dopo lunghe trattative, riesce a ottenere per sé solo il titolo di sovrano dell’isola d’Elba con una rendita annuale da parte del governo francese e per la moglie il ducato di Parma con diritto di successione per il figlio. Napoleone, a Fontainebleau, deve firmare l’accordo (6 aprile) ma senza molta convinzione e si lamenta di essere stato considerato come “un ostacolo al ristabilimento della pace in Europa”, ma in ogni caso si dice disposto a sacrificarsi per il bene del paese. Sono molti i momenti in cui, nelle vicende napoleoniche, il destino di Schwarzenberg si intreccia con avvenimenti di grande rilievo. I fatti che seguono appartengono alla storia della Francia e dell’Europa nel volgere del primo Ottocento che vede di nuovo sul trono un sovrano appartenente a una dinastia, Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, che concede una Costituzione ma con un sistema elettorale a suffragio ristretto. In un certa misura si torna al passato pre-rivoluzione, la Restaurazione riconsegna il potere alle monarchie assolute, il Congresso di Vienna voluto dalle grandi potenze non solo ripropone gli antichi confini di Russia, Austria, Prussia e Gran Bretagna ma, soprattutto, cancella le idee della Rivoluzione diffuse da Napoleone imprimendo una svolta alla storia (e alla cultura) europea che si avvale del movimento reazionario per annullare le conquiste liberali. Questa inversione di tendenza non durerà a lungo, già nel primo trentennio dell’Ottocento i primi moti rivoluzionari preludono alla nuova realtà del Risorgimento.

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Nota bibliografica É.M. de Saint-Hilaire, Histoire populaire de Napoleon et de la Grande Armée, Paris, 1843; D.G. Chandler, I marescialli di Napoleone, Milano, 1989; R. Asprey, The Rise of Napoleon Bonaparte, New York, 2000; N. Nicolson, Napoleone in Russia, Milano, 2001; D.G. Chandler, Le campagne di Napoleone, Milano, 2002; A. Frediani, Le grandi battaglie di Napoleone, Roma, 2002; A. Dumas, Napoleone, Roma, 2004; P. Haythornthwaite, Le grandi battaglie napoleoniche, London, 2005; A. Pillepich, Napoleone e gli italiani, Bologna, 2005; P. Dwyer, Napoleone: The path to power 1769-1799, London, 2008; S. Woolf, Napoleone e la conquista dell’Europa, Bari, 2008; G. Lefebvre, Napoleone, Bari, 2009; G. Motta, Nell’Europa dell’età moderna, Memoria collettiva e ricerca storica, Firenze, 2013.

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