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SALERNO EDITRICE ROMA FILOLOGIA CRITICA FILOLOGIA CRITICA & & rivista quadrimestrale pubblicata sotto gli auspici del centro pio rajna direzione: bruno basile, renzo bragantini, roberto fedi, enrico malato (dir. resp.), matteo palumbo ANNO XL fascicolo ii-iii maggio-dicembre 2015 Anno xl, fascicolo ii-iii maggio-dicembre 2015 Per Mario Martelli ISSN 0391-2493 ISBN 978-88-6973-195-2

Il pittore e l'ape. Ariosto e Caro nel pensiero linguistico di Vincenzo Monti, in \"Filologia e critica\", 2-3, 2015, pp. 346-377

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SALERNO EDITRICE

ROMA

FILOLOGIACRITICA

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RIT

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&

rivista quadrimestrale pubblicata sotto gli auspici del centro pio rajna

direzione: bruno basile, renzo bragantini, roberto fedi, enrico malato (dir. resp.), matteo palumbo

ANNO XL

fascicolo ii-iiimaggio-dicembre 2015

Anno xl, fascicolo ii-iii

maggio-dicem

bre 2015

Per Mario Martelli

ISSN 0391-2493 ISBN 978-88-6973-195-2

FILOLOGIACRITICA

FILOLOGIACRITICA& &

Anno xl, fascicolo ii-iiimaggio-dicembre 2015

SOMMARIO

Enrico Malato, Per Mario Martelli . . . . . . . . . . . . . . 169

Francesco Bausi, Martelli filologo . . . . . . . . . . . . . . . 174Daniela Delcorno Branca, Il Poliziano di Martelli . . . . . . . 198Elisabetta Guerrieri, Mario Martelli e ‘Il filtro degli anni Sessanta’ . . 210Paolo Orvieto, Martelli, De Sanctis e la storiografia antiumanistica dell’Ot-

tocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219

Enrico Malato, La memoria di Dante . . . . . . . . . . . . . 238Stefano Carrai, Esercizio di restauro su un sonetto di Boccaccio . . . . . 257Bruno Basile, Inserti autobiografici nei ‘Commentarii in Asinum Aureum’

di Filippo Beroaldo il Vecchio . . . . . . . . . . . . . . . . . 261Simona Mercuri, Genesi, storia e tradizione del ‘Tadeus vel de locis persianis’

di Bartolomeo Fonzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 269Franco Tomasi, Marco Mantova Benavides commentatore di Petrarca . . 279Paola Ventrone, Il doppio prologo della ‘Mandragola’ e la scena di città . . 300Ester Pietrobon, « Come unita in un sol corpo »: la sezione lirica del salterio

di Giulio Cesare Pascali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 317Claudia Bonsi, Il pittore e l’ape: Ariosto e Caro nel pensiero linguistico di

Vincenzo Monti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 346Gianni A. Papini, Carducci, le ragioni del grande artiere . . . . . . . . 378Giovanni Barberi Squarotti, Pascoli 1910-1911: Risorgimento neoclassico 385Giovanni Bardazzi, Lettura di ‘Portami il girasole’ (Montale, ‘Ossi di sep-

pia’) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407Arnaldo Bruni, ‘A e’ mi paéṣ’: la poesia dialettale di Giuseppe Bellosi . . 428Roberto Fedi, La nostalgia prima della nostalgia . . . . . . . . . . 444

I nd i c i ana l i t i c i d e l l e anna t e xxxv i -xl ( 20 1 1 - 20 1 5 ), a cura di Giorgio Leonardi (Indice degli Autori, Indice dei libri recensiti o schedati, Indice dei manoscritti citati, Indice analitico generale) . . . . . . . . . 453

Indi ce de l l ’ annata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 479

Rivista quadrimestrale pubblicata sotto gli auspici del Centro Pio Rajna

Direzione: Bruno Basile, Renzo Bragantini, Roberto Fedi, Enrico Mala-to, Matteo Palumbo.

Consiglio di Direzione: Guido Arbizzoni, Guido Baldassarri, Arnaldo Bruni, Claudio Gigante, Andrea Mazzucchi, María de las Nieves Mu-ñiz Muñiz, Manlio Pastore Stocchi, Emilio Russo.

Direttore responsabile: Enrico Malato.Redazione: Massimiliano Malavasi, Thea Rimini.

Direzione e Redazione: Via della Nocetta 75, 00164 Roma.Amministrazione presso la SALERNO EDITRICE S.r.l., Via Valadier

52, 00193 Roma - Tel. 06-3608.201 (r.a.); fax 06-3223.132.

Abbonamenti 2016: Italia (privati) 75,00; Italia (enti) 84,00; Estero UE 110,00; Estero extra UE 120,00.

Abbonamento annuo sostenitore: 120,00. - Annate arretrate: 72,00. - Non si vendono fascicoli separati delle annate arretrate.

I versamenti in c.c.p. vanno effettuati sul c/o n. 63722003 intestato a: SALERNO EDITRICE S.r.l., Via Valadier 52, 00193 Roma, indicando la cau sale.

Non si dà corso agli abbonamenti se non dopo che le quote siano state effet-tivamente accreditate alla Casa editrice.

Reclami per eventuali disguidi di singoli fascicoli dovranno essere inoltrati alla Casa editrice entro quindici giorni dal ricevimento del numero successivo. Una secon-da copia del fascicolo smarrito è inviata solo dietro pagamento anti cipato delle spese di spedizione per raccomandata.

Agli abbonati di filologia e critica verrà concesso lo sconto del 20% negli acquisti diretti di tutte le pubblicazioni della Salerno Editrice S.r.l.

Si collabora solo per invito. I manoscritti non richiesti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

Associato all’USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Tutti i diritti riservatiAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 16065 del 13 ottobre 1975

L’annata viene stampata con un contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Impaginazione: Graphic Olisterno, Portici (Napoli)Stampa: Bertoncello Artigrafiche, Cittadella (Padova)

La rivista adotta le seguenti sigle per abbreviazione: DBI = Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, 1960-; F.eC. = « Filologia e Critica »; G.S.L.I. = « Giornale Storico della Lettera-tura Italiana »; L.I. = « Lettere Italiane »; L.N. = « Lingua Nostra »; M.R. = « Medioevo Romanzo »; R.L.I. = « La Rassegna della Letteratura Italiana »; R.S.D. = « Rivista di Studi Danteschi »; S.F.I. = « Studi di Filologia Italiana »; S.L.I. = « Studi Linguistici Italiani »; S.P.C.T. = « Studi e Problemi di Critica Testuale ».

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IL PITTORE E L’APE: ARIOSTO E cARO nEL PEnSIERO LInGuISTIcO dI VIncEnzO MOnTI*

1. Il laboratorio del lessicografo

Il 20 luglio 1813 Vincenzo Monti scriveva al marchese Gian Giacomo Trivulzio affermando di aver dato fine alla propria « appendice sopra la Cru-sca », che per certo gli « uscirà in due grossi volumi: tanti e sí gravi sono gli errori che d’ogni parte mi saltano fuori nel Santo Evangelio della nostra lin-gua ».1 I « due grossi volumi » costituiscono almeno una parte delle osserva-zioni linguistiche che Monti affida ai quattro “zibaldoni” finora noti: un la-boratorio lessicografico all’interno del quale il poeta elabora gran parte del-le riflessioni che confluiranno in uno dei testi di argomento linguistico piú interessanti e fecondi del primo Ottocento, la Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca.2

Nel 1811 si era conclusa la ristampa del Vocabolario della Crusca (la cosid-detta “Crusca veronese”)3 curata dal padre Antonio Cesari, purista di stretta osservanza, zeppa di arcaismi trecenteschi, di riboboli fiorentini e di errori contro i quali Monti si scaglierà privatamente, riempiendo di postille i viva-

* In questo lavoro vengono illustrati alcuni aspetti della tesi di dottorato in corso presso l’Università « La Sapienza » di Roma sulla Proposta di Monti alla luce degli zibaldoni inediti. Ho anticipato i primi risultati della ricerca in Come lavorava Monti. Il laboratorio degli zibaldoni, in I cantieri dell’italianistica. Ricerca, didattica e organizzazione agli inizi del xxI secolo. Atti del xvii Con-gresso dell’Associazione degli Italianisti, Roma, 18-21 settembre 2013, a cura di B. Alfonzetti, G. Baldassarri, F. Tomasi, Roma, Adi, 2014, disponibile on line nella sezione del sito dell’as-sociazione dedicata agli atti congressuali (http://www.italianisti.it/Atti-di-Congresso). Le cita-zioni dai manoscritti montiani sono riportate secondo l’ultima lezione ricostruibile dal testo. Eventuali integrazioni sono date tra parentesi uncinate, mentre le parti cassate, quando faccia conto di rilevarle, sono racchiuse entro parentesi uncinate rovesciate. Per quanto riguarda la grafia, sono state rispettate le convenzioni dell’autore; le sottolineature sono rese con il corsi-vo. Ringrazio Paola Italia per le preziose indicazioni.

1. La lettera è edita in Epistolario di Vincenzo Monti, raccolto e annotato da A. Bertoldi, Fi-renze, Le Monnier, 1928-1931, 6 voll., n. 1721, iv pp. 129-30.

2. Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca, Milano, dall’Imperial Re-gia Stamperia, 1817-1824 (3 volumi, a loro volta divisi in due parti); Appendice alla ‘Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca’, [Milano], presso Antonio Fortunato Stella, 1826 (da ora in poi risp. Proposta e Appendice).

3. Vocabolario degli Accademici della Crusca oltre le giunte fatteci finora, cresciuto d’assai migliaja di voci e modi de’ Classici, le piú trovate da Veronesi, Verona, dalla Stamperia di Dionigi Ramanzini, 1806, 7 voll.

ariosto e caro nel pensiero linguistico di vincenzo monti

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gni della propria copia,4 e pubblicamente, dalle colonne della rivista « Il Po-ligrafo »:

Di simili strafalcioni, come quello ch’è notato nel Dialogo, nella Crusca di Firenze, è grandissimo numero. Il dizionario ristampato a Verona, grazie al Cielo, gli ha co-piati tutti con ammirabile fedeltà, e ve n’ha aggiunto moltissimi altri de’ suoi. Piena dimostrazione di ciò si darà, come speriamo, da una compagnia di persone studiose, e della buona lingua amantissime, le quali onorando e rispettando nei debiti modi il grande Vocabolario, ne conoscono nondimeno, e ne hanno diligentemente cercati i difetti e gli errori.5

Con queste parole Luigi Lamberti – o Monti stesso – adombrava, in una nota di commento al Capro, il Frullone della Crusca e Giambattista Gelli, primo dei tre dialoghi antipuristi pubblicati dal poeta tra il ’13 e il ’14,6 gli intenti di riforma del vocabolario da parte di un selezionato gruppo di intellettuali

4. Si possono leggere in V. Monti, Postille alla Crusca “veronese”, a cura di M.M. Lombardi, Firenze, Accademia della Crusca, 2005. La copia montiana è conservata alla Biblioteca Ario-stea di Ferrara, Sala Rari, Cl. I 508.

5. La citazione è tratta da Il Capro, il Frullone della Crusca e Giambattista Gelli, pubblicato in « Il Poligrafo. Giornale letterario », a. iii 1813, fasc. 24 pp. 377-83, fasc. 25 pp. 392-96, fasc. 27 pp. 426-28, ora in A. Dardi, Gli scritti di Vincenzo Monti sulla lingua italiana, Firenze, Olschki, 1990, pp. 99-120, a p. 108. Lo “strafalcione” sarebbe quello in cui sarebbe incorsa la Crusca nel la in-terpretazione di « becchi » come esemplari maschi di capra in Inf., xxi 138-39: « Gridando: ven- ga il cavalier sovrano, / Che recherà la tasca con tre becchi »: Monti, sbagliando, sosteneva che si trattasse dei tre rostri d’uccello raffigurati nello stemma di Giovanni Bujamonte, fino alla ritrattazione in Appendice, pp. 274-75. Si veda Dardi, Gli scritti di Vincenzo Monti, cit., pp. 107-8 n. 68.

6. Oltre al Capro, il dialogo cosiddetto dei “tre numeri” e quello del « Dottor Quaranzei, e il Compare Trenta-prusor-uno », usciti anonimi sul periodico milanese tra il ’13 e il ’14 (ora in Dardi, Gli scritti, cit., pp. 121-70), cui si deve aggiungere il piú tardo Matteo giornalista, Taddeo suo compare, Pasquale servitore e Ser Magrino pedante, pubblicato in due tranches (e con l’annuncio di una terza, non realizzata) in « Biblioteca italiana », a. i 1816, to. ii pp. 340-61, to. iii pp. 86-112 e 248-76, quindi in Opere di Vincenzo Monti, 6 voll., Milano, Giovanni Resnati e Giuseppe Ber-nardoni di Gio., v. Prose varie, 1841, pp. 534-88. La paternità montiana della nota è sostenuta da Dardi, Gli scritti, cit., p. 108: a differenza delle altre note, scritte da Luigi Lamberti, questa ha insospettito lo studioso in quanto sembra collidere con l’atteggiamento verso la Crusca “vero-nese” mostrato da Lamberti stesso poco prima (nota (d), p. 105) nel definirla « diligentissima », benché, a mio parere, sia da postulare una valenza antifrastica dell’attributo; significativamen-te, l’aggettivo sarà mutato in « arciscorrettissima » nella riedizione del dialogo all’interno della Proposta, i/2 p. 100. Su Lamberti, direttore della Braidense di Milano, vd. M. Vitale, Luigi Lam­berti lessicografo e la lessicografia italiana sette-ottocentesca, in Tra linguistica storica e linguistica generale. Scritti in onore di Tristano Bolelli, a cura di R. Ambrosini, Pisa, Pacini, 1985, pp. 349-85, poi in Id., La veneranda favella, Napoli, Morano, 1988, pp. 445-85.

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mi lanesi legato all’establishment napoleonico.7 Lo sbilanciamento della quar - ta impressione della Crusca e delle giunte veronesi a favore del polo lingui-stico e politico toscano contribuí infatti a far sentire, anche nelle alte sfere del Regno Italico, la necessità di agire sul patrimonio lessicografico naziona-le in direzione attualizzante e compiutamente italiana. L’impulso decisivo venne impresso dal Ministro dell’interno, il conte Luigi Vaccari, che il 23 aprile 1813 regalava all’Istituto nazionale italiano di scienze, lettere ed arti di-ciannove manoscritti inediti ed un volume a stampa degli scritti lessicogra-fi ci di Giovan Pietro Bergantini.8 Il 21 maggio ebbero quindi formalmente inizio le attività della commissione dell’Istituto, incaricata dal governo di va-lorizzare i lessici bergantiniani e di lavorare ad un nuovo vocabolario.9 La « compagnia di persone studiose, e della buona lingua amantissime » non fu invero molto produttiva, tanto che, a rivolgimenti epocali avvenuti, il 21 ot-tobre 1815 il neo-governatore generale austriaco Francesco Giuseppe Sau-rau sollecitò l’Istituto a fornire un quadro del progresso dei lavori.10 Nell’im-pellenza di dare alle autorità una prova tangibile dell’alacrità della commis-sione, in una minuta del 3 novembre 1815, probabile accompagnatoria della montiana Appendice di considerazioni da sottoporsi all’approvazione del Governo,11 vengono menzionati « quattro volumi » di osservazioni di mano del poeta, evidente riferimento almeno ad una parte degli zibaldoni montiani, e delle

7. Di diverso avviso Dardi, per il quale Monti in questa nota fa riferimento a una forma dell’opera che lo studioso indica come UrProposta, della quale i dialoghi del « Poligrafo » non sarebbero che un acconto. Cfr. il dossier sull’iter elaborativo e redazionale della Proposta in Dar­di, Gli scritti, cit., pp. 205-29, in partic. p. 210 e n. 16.

8. Cfr. M. Vitale, L’Istituto nazionale italiano di scienze, lettere ed arti, l’Accademia della Crusca e la questione del Vocabolario, in La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana. Atti del Congres-so internazionale del iv Centenario dell’Accademia della Crusca, 29 settembre-2 ottobre 1983, Firenze, Accademia della Crusca, 1985, pp. 289-325, poi in Id., La veneranda favella, cit., pp. 487-563.

9. Composta, oltre che dal presidente Giovanni Paradisi e dai segretari Michele Araldi e Francesco Carlini, da Barnaba Oriani, Alessandro Volta, Bassiano Carminati, Giuseppe Mo-rosi per la classe di scienze, e da Monti, Lamberti, Luigi Rossi e Giuseppe Bossi per la classe di lettere; a questi andarono ad aggiungersi Scipione Breislak, Pietro Moscati, Vincenzo Bru-nacci, Angelo Giovanni Cesaris, Giovan Battista Palletta, nominati nella seduta straordinaria del 17 marzo 1814, convocata in seguito ad un’altra importante donazione, quella della copia della “Crusca veronese” annotata da Luigi Lamberti, che era nel frattempo mancato. Cfr. Vitale, L’Istituto, cit., pp. 291-93.

10. Ivi, p. 294.11. Ora in Dardi, Gli scritti, cit., pp. 171-84. Il documento va letto come integrazione e com-

plemento del piano ragionato per l’allestimento del vocabolario a firma di Stratico, inviato il 31 ottobre e conservato nell’archivio dell’Istituto. Cfr. Vitale, L’Istituto, cit., p. 294.

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« voci tratte dall’Ariosto ».12 A ben guardare, l’Istituto inserí strumentalmen-te nell’alveo delle proprie attività il nutrito manipolo di notazioni montiane, da cui trasse vantaggio assumendolo « quale “schermo” di un’attività corale sempre annunziata ma nei fatti disattesa, e comunque neppure preliminar-mente organizzata ».13

In seguito al rifiuto da parte dell’Accademia della Crusca a collaborare in vista del comune obiettivo di riformare il vocabolario,14 e alla mancata ero-gazione di ulteriori fondi governativi a sostegno dell’impresa,15 l’Istituto si risolse cosí a preannunciare, il 20 marzo 1817, la pubblicazione del primo vo-lume della Proposta, accantonando il progetto del dizionario, « quasi che l’e-secuzione fosse stata abbandonata e la Proposta, per la quale sarebbe stato con-cesso al Monti un sussidio dall’inizio alla fine della pubblicazione, costituis-se una sorta di comoda giustificazione della colpevolezza di non aver sa puto dar seguito concreto alle intenzioni ripetutamente manifestate ».16

In realtà, la personale riflessione di Monti a margine della Crusca si era avviata molto tempo prima e in autonomia rispetto allo stimolo occasionale rappresentato dalla commissione per il vocabolario. Nella lettera al conte von Saurau del 21 maggio 1817, Monti sostenne di essersi impegnato « per due anni continui » nello studio della lingua,17 indicando implicitamente il biennio 1815-’17 come periodo di maggior fervore lavorativo e legando cosí i propri sforzi a quelli dell’Istituto, nella speranza di ottenere un beneficio economico per la stampa del proprio lavoro;18 molto probabilmente, i due anni di maggiore impegno furono invece il ’12 e il ’13, come si può dedurre incrociando questo documento con la lettera dell’estate 1813 al Trivulzio ci-tata in apertura.19

Le osservazioni montiane ai singoli lemmi del vocabolario costituiscono solo una parte dell’eterogeneo e polifonico materiale che andrà a comporre

12. Pubblicata ivi, pp. 294-95 n. 27.13. Monti, Postille, cit., p. xxiii.14. Vitale, L’Istituto, cit., p. 296. Secondo la lettura di Vitale, il diniego, « interpretato come

un rifiuto insolente della cooperazione offerta da altri dotti non toscani, divenne di lí a poco un formidabile pretesto di polemica contro la Crusca e le idee che essa rappresentava nelle mani del Monti, già tutto impegnato nella Proposta » (ivi, p. 319).

15. Ivi, p. 296.16. Ivi, p. 297.17. Epistolario, cit., n. 1980, iv pp. 387-88, a p. 387.18. Monti, Postille, cit., pp. xxiv-xxvi.19. Come già rilevato da Dardi, Gli scritti, cit., p. 214, e da Maria Maddalena Lombardi, che

mette in evidenza proprio questa missiva, in Monti, Postille, cit., p. vii.

claudia bonsi

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la Proposta, e cioè l’Esame di alcune voci, suddiviso nei vari volumi:20 l’avantesto di questa escussione minuta della Crusca è rappresentato da una serie di an-notazioni nate a margine dell’inesausto sforzo di compulsazione di lessici e testi d’autore, testimonianza di un interesse non occasionale per la lingua letteraria e per la sua sistematizzazione lessicografica già emerso in alcuni spunti presenti nelle lezioni pavesi.21 Tali annotazioni, opportunamente sol-lecitate, restituiscono il pensiero linguistico montiano nella sua complessità, con le sue false piste o i sentieri che preferí non percorrere fino in fondo.

Per favorire la comprensione dei riferimenti ai manoscritti e del passag-gio transtestuale dal laboratorio privato dello scrittore alla stampa, sarà utile fornire una descrizione sommaria degli stessi, ponendo in evidenza le sezio-ni di cui andremo a discutere in seguito:22

– ms. Parm. 917 (Parma, Biblioteca Palatina): è formato da tre fascicoli numerati archivisticamente per carte da 1 a 104. Contiene estratti di varia natura,23 tra cui si segnala una sorta di indice generale del cantiere lessicografico montiano (da qui in avanti Elenco, cc. 23r-43v);

– Piccolo zibaldone (ms. Parm. 918, Parma, Biblioteca Palatina): è numerato dall’au-tore per pagine da 1 a 180 e definito nelle postille alla “Crusca veronese” « il nostro secondo Zibaldone », « il piccolo Zibaldone », « le nostre Osservazioni al Furioso », « le mie note all’Ariosto ». Contiene spogli di diversa provenienza, tra cui voci e lo-cuzioni estratte dall’Apologia contro Ludovico Castelvetro del Caro (pp. 41-42), dalle Let­tere del Caro e da altri (pp. 55-68), spogli canto per canto dell’Orlando Furioso (pp. 5-30, 45-54, 75-134, da qui in avanti Spogli ariosteschi) con relativo indice (pp. 135-45);

20. Rimando alla tabella pubblicata nell’Appendice a questo contributo per un’illustrazio-ne del contenuto della Proposta.

21. Spunti discussi in Dardi, Gli scritti, cit., pp. 10-17.22. Vd. le descrizioni ivi, pp. 215-17 nn. 34-35, integrate da Lombardi in Monti, Postille, cit.,

pp. xxvii-xxviii nn. 82 e 84. Questo paragrafo, insieme alla successiva riflessione a margine dell’Elenco del ms. Parm. 917 (vd. infra), riprende sinteticamente alcune considerazioni sulla stesura dei manoscritti e sul loro valore di serbatoio lessicografico per la Proposta svolte in Bonsi, Come lavorava Monti, cit., cui si rimanda anche per una descrizione piú ampia dei ma-teriali.

23. Alcune sezioni del manoscritto sono già state pubblicate, come i saggi di traduzione da Shakespeare (cc. 7r-8v), editi in A. Bruni, Per la fortuna di Shakespeare in Italia: l’ ‘Aristodemo’ e una traduzione inedita del Monti, in S.F.I., a. liii 1995, pp. 223-48, alle pp. 242-48; una serie di citazioni bibliche e un saggio di traduzione e di trascrizione di Les martyrs ou Le triomphe de la réligion chrétienne di Chateaubriand (cc. 17r-21r), editi in L. Frassineti, Appendice ii. Monti cultore del meraviglioso cristiano, in Id., Vincenzo Monti. I testi, i documenti, la storia, Pisa, Ets, 2009, pp. 237-44; il « Vocabolario de’ morti » (cc. 69r-103v), ovvero una lista di arcaismi inclusi nella Crusca scrit-to tra agosto e ottobre 1813, primo esito della lettura della Crusca “veronese” e anteriore alla postillatura della stessa: cfr. Monti, Postille, cit., p. x (edito ivi, pp. 677-713).

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– Scartafaccio [S] (ms. Parm. 1059, Parma, Biblioteca Palatina): è formato da 231 pagine con numerazione d’autore e richiamato nelle postille alla “Crusca veronese” come « Scartafaccio », « Zibaldone », « gran Zibaldone » e indicato con la sigla S nell’E­lenco. Contiene voci ordinate alfabeticamente, con esempi tratti prevalentemente dall’Ariosto (pp. 1-90), dall’Eneide del Caro (pp. 91-138, indicato altrove nel mano-scritto come lo « Scart. del Caro »), spogli da vari autori (pp. 139-227), tra cui il Caro traduttore degli Amori pastorali di Dafni e Chloe di Longo Sofista, delle Epistole di Se-neca (pp. 207-9) e della Rettorica di Aristotele (p. 226);

– Quaderno ferrarese [A] (ms. Cl. I 504, Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea): è numerato dall’autore per pagine da 2 a 80 e indicato con la sigla A nell’Elenco. Con-tiene spogli da vari autori, tra cui Caro traduttore dell’Eneide, degli Amori pastorali di Dafni e Chloe (pp. 67-75) e della Rettorica (pp. 75-78).

La copia della Crusca che ha sullo scrittoio è inizialmente la cosiddetta “se-conda veneta”, cioè l’edizione Pitteri accresciuta delle giunte napoletane;24 Monti avrà infatti a disposizione la ristampa veronese della quarta impres-sione solo a partire dall’agosto del 1813.25

Per quanto concerne la cronologia relativa, è evidente che una parte del-le annotazioni dello Scartafaccio è già stata scritta quando vengono stesi l’Elen­co e gli Spogli ariosteschi, essendo citato da entrambi con la numerazione defi-nitiva (successiva, cioè, all’assemblaggio d’autore); l’Elenco rimanda anche al Quaderno ferrarese, la cui stesura è quindi precedente. I rinvii dall’uno all’altro manoscritto, le stratificazioni compositive individuabili sulla base dei cambi di ductus e di penna, i rimandi dalle postille agli zibaldoni e viceversa, con-fermano l’ipotesi di Dardi di una « redazione incrociata » dei testimoni fra loro, e fra i testimoni e la postillatura della “veronese”:26 l’insieme di questi materiali manoscritti funziona da deposito dinamico dal quale Monti trae la maggior parte delle osservazioni comprese nell’Esame, a seguito o meno di una rielaborazione formale o contenutistica.27

Non tutte le riflessioni e le note affidate agli zibaldoni verranno tuttavia

24. Vocabolario degli Accademici della Crusca. Edizione seconda Veneta accresciuta di molte voci raccol­te dagli Autori approvati dalla stessa Accademia, Venezia, appresso Francesco Pitteri, 1763, 5 voll., in cui confluiscono le giunte della cosiddetta “Crusca napoletana”, curata da Pasquale Tommasi e pubblicata per i tipi di Ponzelli tra il 1746 e il 1748. Cfr. M. Sessa, La Crusca e le Crusche. Il Vo­cabolario e la lessicografia italiana del Sette-Ottocento, Firenze, Accademia della Crusca, 1991, pp. 42-43.

25. Lettera di Antonio Fortunato Stella a Monti del 7 agosto 1813, in Epistolario, cit., n. 1726, iv p. 133.

26. Dardi, Gli scritti, cit., p. 217.27. « Le postille […] documentano la maggior parte delle osservazioni edite nella Proposta,

accanto a una grande quantità di osservazioni escluse […] »; inoltre, « la maggior parte delle

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352

travasate nell’Esame: piú della metà delle voci dello Scartafaccio e del Quader­no ferrarese, cui l’Elenco rimanda esplicitamente, è destinata a rimanere lette-ra morta, in primo luogo perché s’imporrà la necessità di operare una sele-zione, data l’ingentissima mole che la Proposta stava acquisendo, in secondo luogo per ragioni interne che mutano da voce a voce, alcune delle quali sa-ranno chiarite andando a vedere nel dettaglio esempi di voci ariostesche e cariane.

L’Elenco è un buono scandaglio per valutare la volontà montiana di arric-chimento del canone. Le auctoritates spogliate sono indicate da Monti stesso in apertura (c. 23r):

Elencodi Voci che si desiderano nel Vocabolario della Crusca

e di altre che si porgono con nuovo significato e nuova dizione.

Nomidegli Autori da cui si traggono.

Dante. Casa. FortiguerraPetrarca. Varchi. MetastasioBoccaccio. Pulci. *VaranoFazio degli Uberti. Castiglioni. *Selvaggio PorporaFranco Sacchetti. *Molza. *Parini.Novelle antiche. Firenzuola. *Pompei.Rime antiche pubblicate dall’Allacci. Caro.Altre inedite del 300. *Tasso Bernardo.Pandolfini. Tasso Torquato.Passavanti. GuariniG. Villani. *AnguillaraVite de’ SS. Padri. SegniGiusto de’ Conti. Chiabrera. ecc.Poliziano. –Lorenzo de’ Medici. ModerniAriosto. –Sannazzaro. MenziniAlamanni. SalviniRucellai. *SpolveriniBembo. Berni. Marchetti

I nomi segnati coll’asterismo non sono ancora classici davanti alla Crusca, ma il sono

osservazioni a voci non postillate negli ultimi due tomi [della Proposta] è tratta da annotazioni presenti negli “zibaldoni” parmensi » (Monti, Postille, cit., pp. xxxiv-xxxv).

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davanti all’opinione de’ Dotti; e le parole, e le locuzioni che n’abbiam tolte non te-mono la scomunica.

Si può rilevare innanzitutto la preponderanza di autori appartenenti al ca-none cinquecentesco,28 ma anche di altri ai margini dello stesso, come Ber-nardo Tasso, Francesco Maria Molza e Giovanni Andrea dell’Anguillara e, fra i “moderni”, Alfonso Varano, Giovan Battista Spolverini e Cornelio Ben-tivoglio (Selvaggio Porpora). Nelle discussioni in merito a ogni singola vo-ce, sia negli zibaldoni sia nel testo a stampa, Monti costruisce genealogie poetiche sulla base di trame intertestuali tra un’opera e l’altra, tra un autore e l’altro, tanto piú pregnanti in quanto informate ad un ideale classicistico, e quindi emulativo, della creazione letteraria, mettendo capo in generale a giudizi linguistici e stilistici saturi di letterarietà. Gli autori piú rappresenta-ti sono, nell’ordine, Ariosto, con piú di cinquecento loci discussi o citati, Ca-ro, con piú di duecento, e Tasso:29 una scelta non esente da una certa parti-gianeria filoferrarese e, piú genericamente, antitoscana, che lo porta ad ac-cordare la propria preferenza a scrittori periferici rispetto al centro d’irra-diazione linguistica della penisola, rappresentato, naturalmente, da Firenze. Monti, nel « Manifesto d’Associazione » del 1817, progettava di strutturare la pars construens lessicografica, da collocare nella seconda parte del secondo vo-lume, proprio a partire da questi tre scrittori:

2°. Aggiunta di nuove voci raccolte negli scrittori classici d’ogni età; massimamen-te nell’Ariosto, nel Tasso, e nel Caro. Queste voci saranno corredate di esempj e di Note che ne giustifichino il buon uso, il valore, e la derivazione: nessuna verrà pre-sa dal fango della favella: o non verrà citata che per essere giuridicamente condan-nata.30

28. Una lista di voci della Proposta in cui si discutono passi di autori del « canone linguistico cinquecentesco rinnovato da edizioni pubblicate recentemente nei Classici Italiani » (Ala-manni, Rucellai, Bembo, Casa, Caro, Machiavelli, Poliziano, Sannazzaro) in P. Italia, Monti e Leopardi: La ‘Proposta’, le ‘Annotazioni’ e l’ ‘Apologia’ di Annibal Caro, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, a cura di G. Barbarisi, i. [Atti delle celebrazioni montiane, febbraio-maggio 2004], Milano, Cisalpino, 2005, 2 voll., ii pp. 831-57, a p. 837 n. 22. Sull’influenza esercitata dal “Cin-quecento di Monti” su Leopardi si veda A. Bruni, Dall’allievo al maestro avverso: Leopardi e il Cinquecento di Monti, in Leopardi e il ’500. Atti del Convegno di Siena, 26-28 novembre 2009, a cura di P. Italia, pref. di S. Carrai, Pisa, Pacini, 2010, pp. 205-18.

29. Sulla presenza del Tasso nella Proposta si veda M.M. Lombardi, La polemica antitassiana della Crusca nella ‘Proposta’ di Vincenzo Monti, in Sul Tasso. Studi di filologia e letteratura italiana offer­ti a Luigi Poma, a cura di F. Gavazzeni, Roma-Padova, Antenore, 2003, pp. 321-50.

30. Dardi, Gli scritti, cit., p. 212 n. 28.

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L’Esame, oltre ad additare gli errori della Crusca, discute gli esempi d’au-tore trattando nodi concettuali che ritornano da un volume all’altro. In par-ticolare, alcuni dei temi ricorrenti si addensano attorno a due degli autori piú cari: Ludovico Ariosto e Annibal Caro.

2. Ludovico Ariosto: il « buon pittore »

Indicare l’Ariosto come autore di riferimento per Vincenzo Monti è ri-badire quella che è un’ovvietà per gli studiosi del poeta.31 Non sembra tut-tavia inutile inseguire brevemente, nella produzione privata e pubblica del-l’alfonsinese, alcune delle spie della lunga fedeltà ariostesca. Nel resoconto della sua prima lettura pubblica davanti all’Arcadia romana, Monti riferisce lo stupore degli astanti nel prestare ascolto alla Visione d’Ezechiello, stupore pro-vocato dalla novità formale del componimento rispetto alle « ere sie di Par-naso » cui erano avvezzi: « chi dicea che io aveva levata a Dante la ruggine (quan-tunque siano assai poche le terzine di Dante che io leggo), chi voleva che io non avessi mai letto altro che l’Ariosto […] ».32 Ecco che il giovane poeta ri-vendica, per interposta persona, il proprio privilegiato rapporto di lettura con l’autore del Furioso, significativamente accostato alla frequentazione della Com media dantesca, presentata, non senza una punta di sprezzatura, ancora come occasionale.

Il debito verso l’Ariosto, « primo inappellabile maestro d’italiana elegan-za », dal cui magistero, e non da quello dantesco, dipendono la « gravità » e la « purità » del proprio dettato, viene esplicitato nella Ragione delle note posta in calce alla Bassvilliana,33 e ribadito nelle Note di autocommento, in cui convo-ca piú volte il poeta a certificazione della bontà delle proprie scelte lingui-stiche e stilistiche, spesso mediante perifrasi identificative, in un crescendo empatico con l’autore prediletto: Ariosto, definito di volta in volta « padre dell’eleganza » (Note al canto primo, v. 27), « divino Ferrarese » (Note al canto secondo, v. 42), « mio Messer Lodovico […] la di cui Chimica traeva l’oro da tutto » (v. 64), « elegantissimo Proteo Ferrarese » (v. 93),34 viene spesso citato insieme a Dante o ad ulteriore sostegno di un uso autorizzato dalla tradizio-

31. Un quadro sintetico in W. Moretti, Monti a Ferrara, in Vincenzo Monti nella cultura italia­na, cit., i/i pp. 147-55, partic. pp. 144-52.

32. Lettera a Clementino Vannetti del 26 gennaio 1779, in Epistolario, cit., n. 45, i pp. 58-62, a p. 60.

33. V. Monti, In morte di Ugo Bassville. Cantica, testo critico e commento a cura di S. Bozzi, Milano-Udine, Mimesis, 2013, p. 137.

34. Ivi, pp. 144, 166, 176, 180.

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ne letteraria latina.35 La frequente associazione del nome di Ariosto a quello di Dante pone in rilievo la prima e piú importante funzione che Monti at-tribuisce alla lingua poetica ariostesca, cioè quella di aver recuperato e rivi-talizzato dall’interno il vocabolario dantesco, anticipando di fatto la propria poesia:

di Dante non trasportarono essi [scil. Boccaccio e Petrarca] nel loro stile che le paro-le piú delicate e le formole piú gentili, restando neglette le piú grandiose e magnifi-che, le quali, per la lunga dimenticanza in che furono abbandonate, perdettero col tempo l’onestà del colore e la forza dell’espressione. Non vi fu che l’Ariosto che molte ne risvegliò e tolse dall’abbjezione dopo due secoli di abbandono, e a molte di piú avrebbe egli restituita la cittadinanza di cui erano state ingiustamente spoglia-te, se il Petrarca, divenuto arbitro ed oracolo della lingua poetica, non avesse già messo un freno agl’ingegni che gli succedettero.36

Ariosto, « a guisa di buon pittore », creò dunque un nuovo stile « raddolcendo il fiero stile » di Dante « colla mollezza e la grazia » di Petrarca e di Boccaccio, e « trasse con maraviglioso giudizio dalla lingua latina e dalla propria fantasia nuovi modi bellissimi di favella »:37 in questo passaggio dell’Appendice al trat­tato Monti, nell’attribuire all’Ariosto il merito di aver rivalutato l’esperienza stilistica dantesca e di aver attinto al latino per formare la propria lingua, sem-bra quasi parlare di sé e del proprio classicismo.

La lezione dell’Ariosto viene assimilata da Monti anche attraverso lo spo-glio sistematico del Furioso, documentato dagli Spogli ariosteschi del Piccolo Zi­baldone, portati a termine probabilmente prima del 5 luglio 1815, data dell’a-dunanza in cui si notifica la loro realizzazione:38 benché non risulti chiaro

35. È singolare, come fa notare L. Danzi, La rima nella ‘Bassvilliana’, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, cit., ii. Monti nella Roma di Pio VI, 2006, pp. 353-67, a p. 358, che, « pur con le pre-messe poste dalla Ragione delle note, […] la presenza dei due, Dante e Ariosto, nettamente mag-gioritaria rispetto a quella dei colleghi volgari, non basti a riscattare il ruolo subordinato in cui la tradizione volgare era confinata rispetto a quella classica ». Sul binomio Dante-Ariosto vd. anche D. Tongiorgi, All’ombra di Bassville, in Id., Nelle grinfie della storia. Letteratura e letterati tra Sette e Ottocento, Pisa, Ets, 2003, pp. 99-115, in partic. p. 114.

36. V. Monti, Lezione nona. Dante, in Id., Lezioni di eloquenza e prolusioni accademiche, intr. e commento di D. Tongiorgi, testi e note critiche di L. Frassineti, Bologna, Clueb, 2002, pp. 211-28, a p. 220. La ricostruzione storico-linguistica diventa un suggerimento operativo in una lettera all’amico Cesare Arici del 9 maggio 1809, edita in Epistolario, cit., n. 1292, iii pp. 264-65, in cui gli raccomanda di non lasciare gli allievi « col solo Dante », ma di insegnare loro « a tem-perar l’acerbità e fierezza dello stile dantesco colla dolcezza del Petrarca, colla fluidità dell’A-riosto, e colla nobiltà del Tasso ».

37. Proposta, i/1 pp. 231-32; Dardi, Gli scritti, cit., pp. 308-9.38. Come si desume dal verbale redatto da Luigi Rossi. Cfr. Vitale, L’Istituto, cit., p. 294.

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dal verbale se si tratti di un lavoro davvero compiuto o della notizia di un’o-perazione ancora in fieri, strategicamente presentata come conclusa in rispo-sta alla pressante richiesta del Saurau, sembra tuttavia un terminus ante quem da proporre con un ragionevole margine di certezza. Su un totale di 681 voci spogliate, di cui 42 cassate ma leggibili, 203 non sono state riversate in volume, mentre le restanti 478 hanno trovato posto nella Proposta e nell’Ap­pendice, spesso fortemente rielaborate: questo vaglio attento e capillare del Furioso rappresenta quindi il serbatoio principale, oltre alle voci disseminate nello Scartafaccio, al quale Monti attinge per arricchire l’Esame con citazioni dal capolavoro ariostesco, tanto piú necessarie quanto piú l’Ariosto era stato trascurato dai compilatori della Crusca. È questo un motivo polemico che Monti introduce sin da subito, nella lettera dedicatoria al Trivulzio (da qui in avanti Dedicatoria), manifesto del pensiero linguistico montiano, e che ri-prenderà in piú battute nel corso dell’opera:

E dove facean difetto gli antichi supplirono co’ moderni: tra’ quali per la parte degli stranieri non fu sortito l’onore di esser posto nella rubrica de’ Classici che ai soli Bembo ed Ariosto: all’uno per dimostrazione di gratitudine perché tolse a difende-re il volgar Fiorentino: all’altro per non cadere in un contraddetto dopo le tante censure abbajate contra del Tasso. Ma quest’onore non fu senza grandissime restri-zioni: perciocchè il Senato compilatore, in quanto al Bembo, giudicò classiche sola-mente alcune poche sue ottave; e in quanto all’Ariosto, il solo Furioso e le Satire, escluse le Commedie e le Rime.39

In una nota a margine di una citazione dalla Satira seconda,40 aggiunta al dialogo del Capro in occasione della sua riproposizione in volume, l’autore chiarisce le presunte ragioni di questa parsimonia, che vanno rintracciate nel-l’alterità geografica e linguistica di Ariosto rispetto alla Toscana:

Il Frullone ha stacciato con piú diligenza gli enigmi del barbiere Burchiello, che le Satire dell’Ariosto. Ma v’è il suo perchè: l’Ariosto non è toscano. E non si dovea de-rogare al canone fondamentale del Vocabolario della Crusca fin dalla prima sua ori-gine stabilito: Da alcuni scrittori che forestieri piuttosto ci sembrano che nostrali abbiamo ca­vate sol quelle voci, giudicate da noi belle, significanti e dell’uso nostro, non curando del­l’altre, le quali anzi straniere che Fiorentine potrebbon dar piú confusion che bellezza a questa favella (Prefaz. alla pr. ediz.) Il che vuol dire due cose: l’una che degli scrittori non toscani non si servono che per disperazione; l’altra che

39. Proposta, i/1 p. xxx; Dardi, Gli scritti, cit., p. 255. 40. Sat., ii 43-45: « Or sa che la differenza è dalla carne / Di capro e di cinghial che pasca al

monte / Da quel che l’Elisea soglia mandarne » (L. Ariosto, Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954, p. 513).

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intendimento loro si è, non di dare all’Italia il Vocabolario Italiano, ma il Fiorentino, appropriando alla sola Firenze il volgare illustre, comune a tutta l’Italia […].41

Ancora, nel dialogo I poeti dei primi secoli della lingua italiana, posto in aper-tura della seconda parte del terzo volume, è Ariosto a prendere direttamen-te la parola, accusando il Frullone di averlo usato strumentalmente come « caval di battaglia » nella sua « matta guerra contro il Tasso », terminata la quale la lingua del Furioso « comparve subito lorda di brutte pecche », tanto che, nell’adunanza del 20 settembre 1568, si stabilí di spogliare la produzione ariostesca « con discretezza nell’elezione delle voci ».42 L’ingresso del-l’Ariosto nel canone cruscante viene quindi interpretato da Monti come una operazione funzionale alla polemica antitassiana, animata a suo tempo dal Salviati:43 una volta venuta meno l’urgenza della stessa, gli Accademici avreb-bero fatto un passo indietro rispetto a questo segnale di apertura, stabilendo sí di spogliare piú ampiamente la produzione ariostesca, ma « con discretez-za ». Ariosto e Tasso occorrono nuovamente insieme nell’Appendice al tratta­to perticariano, dove Monti decreta la superiorità dell’autore del Furioso sul Tasso in virtú della maggiore ampiezza di una tastiera stilistica che ha dispo-sizione « tutti e tre i campi dello stile, l’infimo, il medio, il sublime: mentre il Tasso non corse, né potea correre che l’eroico ».44

La capacità di gestire diversi registri, facendo reagire la tradizione latina con quella volgare, è ribadita efficacemente in questa osservazione tratta da-gli Spogli (p. 98):

Turbidare usato latinamente in vece di Torbidare, lo stesso che Intorbidare [Orl. Fur., xxvii] st. 101. Tremò Parigi, e turbidossi Senna All’alta voce, a quell’orribil grido. Osserva come l’Ariosto, allorchè abbandona il suo stile lieto e festivo, e passa nel grave, sem-pre suole ajutarsi di parole o latine, o che ne abbiano l’andamento e la ortografia, le

41. Proposta, i/2 pp. 103-4; Dardi, Gli scritti, cit., p. 110 n. 86.42. Proposta, iii/2 pp. 163-64. Il verbale dell’adunanza citata si legge in Atti dell’Imp. e reale

Accademia della Crusca, Firenze, dalla Stamperia Piatti, 1819, to. i pp. lxxvi-lxvii, a p. lxxvi. Monti torna sul tema nella chiusa dell’Osservazione in Dialogo ed Aggiunta. Frullone e Proposta alla voce Scarso (Proposta, iii/2 pp. 258-61), per il resto scritta dal collaboratore Maggi, per il quale vd. infra, n. 70 (cfr. lettera a Giovanni Antonio Maggi del 4 giugno 1823, in Epistolario, cit., n. 2569, v p. 508).

43. A partire da Degli Accademici della Crusca difesa dell’ ‘Orlando furioso’ contra ’l dialogo ‘Dell’epica poesia’ di Camillo Pellegrino: Stacciata prima, in Firenze, per Domenico Manzani, 1584, risposta al filotassiano Il Carrafa overo della Poesia Epica. Dialogo, in Rime di D. Benedetto dell’Uva, Giovanbatti­sta Attendolo e Camillo Pellegrino. Con un breve discorso dell’Epica Poesia, Firenze, Sermartelli, 1584. Per un consuntivo aggiornato della querelle vd. Lombardi, La polemica antitassiana, cit., pp. 321-23.

44. Proposta, i/1 p. 233; Dardi, Gli scritti, cit., p. 309.

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quali destramente mescolate colle volgari acquistano alla favella piú dignità, e la rendono piú magnifica e peregrina.

Questo è infatti un tema cardine della Proposta, cui Monti associa nella qua-si totalità dei casi un esempio ariostesco, in una strenua difesa dell’impiego dei latinismi come strategia d’arricchimento della lingua poetica:45 valga per tutti l’osservazione alla voce Labere,46 in cui i latinismi, purché non « troppo sfacciati ed impertinenti »,47 sono raccomandati, specialmente in posizione rilevata:

Per bisogno di rima i nostri poeti usurparono spesse volte dai verbi latini alcune uscite particolari, le quali destramente innestate non solo non contrastano alla gen-tile natura del nostro idioma, ma non di raro vi splendono come gemme. Perciocchè i latinismi ben collocati acquistano alla locuzione piú gravità ed aria piú peregrina: il che dai maestri dell’arte lodasi sommamente. Meraviglioso in ciò fu l’Ariosto.

Ma il latinismo può essere felicemente adoperato anche fuori del « pa-tibolo della rima »,48 sempre che soddisfi il requisito minimo di non dar luo-go ad opacità semantiche.49 La valorizzazione della lingua italiana tramite il ricorso alla lingua latina è uno dei meriti che Ariosto rivendica inoltre a se stesso nel già citato dialogo I poeti dei primi secoli della lingua italiana, avendo « con misurato giudizio trapiantato sovente nel nostro parlare i bei modi di Virgilio e di Tullio »: nobilitazione che riduce sulla lingua « la dominazione del volgo, a cui l’aria latina troppo sottile cagiona mal di petto e vertigini ».50 Monti stabilisce cosí implicitamente un legame diretto tra la propria poetica di stampo neoclassicistico e il classicismo di Ariosto,51 il cui primato nella scala gerarchica delle auctoritates montiane è certificato una volta per tutte da una nota metatestuale alla voce Verno, vergata nello Scartafaccio (p. 128) e re-lativa all’ordine con cui presentare gli esempi illustrativi, la quale permette di illuminare la ratio sottesa a tante delle osservazioni accolte a stampa: « Si

45. Tema già ben delineato all’altezza della Bassvilliana, quando nella Ragione delle note il poeta si scaglia contro « coloro che torcono il naso alla vista d’un latinismo e si dimenticano che la lingua italiana, siccome figlia ed erede della latina, ha tutto il diritto a giovarsi della materna suppellettile » (Monti, In morte di Ugo Bassville, cit., p. 137).

46. Proposta, iii/1 p. 4.47. Ivi, nella nota a piè di pagina.48. Appendice, p. 230, alla giunta Inconto.49. Proposta, iii/2 pp. 364-66, alla v. Tema; Dardi, Gli scritti, cit., pp. 522-23.50. Proposta, iii/2 p. 167.51. Come già aveva fatto nella Ragione delle note e nelle Note alla Bassvilliana. Vd. sopra.

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pongano prima gli esempj dell’Ariosto poi questi si convalidino con gli al-tri ».

Interessanti anche le frequenti riflessioni filologiche sul testo ariostesco, di cui le postille alla “Crusca veronese” e gli zibaldoni conservano traccia. Alla voce Galla, Monti annota: « Sull’origine di questo modo di dire [scil. ‘stare a galla’] v. le Note del Barotti al Furioso c. 18. st. 24. »;52 è la prima cita-zione, tra le postille inedite, del commento dell’erudito settecentesco Gian-nandrea Barotti,53 il « dottissimo ferrarese »,54 fonte cui il poeta fa ricorso mol-to frequentemente nei manoscritti e che è citato esplicitamente anche in piú luoghi della Proposta, quasi sempre a sostegno della propria argomentazione. È proprio da Barotti che Monti dipende per la valutazione della correttezza testuale di varie edizioni del Furioso, come mostra la postilla alla voce Intorto: « Esempio di poeta. Ar. Fur. 21. 1. Nè fune intorto crederò che stringa ec. Le edi-zioni che leggono intorno sono corrotte. Vedi la nota del Barotti », la quale re-cita (to. ii p. 248): « intorto: Cosí le prime stampe, e le posteriori, che le han-no imitate. Quelle de’ Valgrisi, che ho vedute, del Rovilio, del Franceschi e dell’Orlandini, secondo il gusto di chi le assistè, e depravò, leggono intor­no, senz’alcun garbo ».55 In particolare, lo stigma di Monti si appunta sulla valgrisina curata da Girolamo Ruscelli,56 come si vede bene da questa voce depositata nello Scartafaccio (p. 1), nella quale ancora una volta si sottolinea la sensibilità ariostesca per il latinismo in funzione elativa:

52. Monti, Postille, cit., p. 185 e n. 102.53. Delle Opere in versi e in prosa, italiane e latine di Lodovico Ariosto nobile ferrarese con dichiarazio­

ni divise in sei tomi. Seconda edizione riordinata accresciuta e corretta, Venezia, Pitteri, 1766. Monti stesso raccomanda a Bodoni il 21 dicembre 1793 di rifarsi al commento del Barotti per l’edizio-ne ariostesca in preparazione presso il tipografo parmigiano. Cfr. Epistolario, cit., n. 418, i pp. 398-99, a p. 399: « In quanto all’Ariosto, non vi potete diriger meglio che all’abate Barotti ».

54. Viene definito cosí in Scartafaccio, p. 48, alla v. Pilota.55. Monti, Postille, cit., p. 235 e n. 198.56. Orlando furioso di m. Lodovico Ariosto, tutto ricorretto, et di nuove figure adornato. Al quale sono

di nuovo aggiuntele Annotationi, gli avvertimenti, & le dichiarationi, di Girolamo Ruscelli, la vita dell’au­tore, descritta dal signor Giovan Battista Pigna, gli scontri de’ luoghi mutati dall’autore doppo la sua prima impressione, la dichiaratione di tutte le favole, il vocabolario di tutte le parole oscure, et altre cose utili & ne­cessarie, in Venetia, appresso Vincenzo Valgrisi, nella bottega d’Erasmo, 1556. Sul testo di que-st’edizione, si veda da ultimo S. Telve, Ruscelli e Dolce curatori editoriali dell’ ‘Orlando furioso’: la stabilizzazione linguistica di un modello poetico, in Girolamo Ruscelli: dall’accademia alla corte alla tipo­grafia. Atti del Convegno internazionale di Viterbo, 6-8 ottobre 2011, a cura di P. Marini e P. Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2012, 2 voll., i pp. 227-55, in partic. p. 233: « Per il suo Furioso valgrisino del ’56 Ruscelli si fondò, com’è noto, sulla giolitina del 1552 curata dal Dolce, naturalmente distaccandosene in piú luoghi; ma è facile ipotizzare che Ruscelli abbia cono-sciuto e forse anche tenuto presente la riedizione del Dolce nel 1555 ».

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+ Absente v. l. Ma quando da Medor si vede absente Gli pare aver lasciato indietro il core. Fur. C. 19. st. 4.

Absente scrisse l’Ariosto, e cosí cantano le prime edizioni fatte sotto i suoi occhi. Il pedante suo norcino Ruscelli corruppe poscia questa lezione, e sostituí assente. Ma chiunque abbiasi fior di senno e di gusto lascerà assente alla prosa, e riterrà sempre absente per la grave poesia. La bellezza dello stile poetico dipende spesso da un mi-nimo che, trascurato il quale la poesia diventa prosa. E la Crusca che sopra un esem-pio appunto dell’Ariosto ha conceduto l’onore del Vocabolario ad absenzia, come ha poi ella potuto escludere il derivativo absente, termine piú gentile?57

Un riferimento diretto al « norcino » Ruscelli si trova anche nella giunta Truculento (« add. v. l. Crudele. Ar. 23. 54. Poichè lasciato avea ne la procella del truculento mar la nave rotta. Cosí la vera lezione. Il Ruscelli sostituí turbolento, e la guastò scioccamente »),58 riferimento che nel testo a stampa è sfumato in un piú generico, e “barottiano”, « depravatori dell’Ariosto ».59 Ancora, in una nota, poi cassata, alla voce « Voce (posta assolutamente) per fama »,60 Monti ri-leva un supposto errore di Barotti sulla scorta del Ruscelli, la cui esistenza sa -rà con tutta evidenza smentita da un successivo controllo sull’edizione del 1766:61

Non gli può alcun resistere, ed ha voceChe l’uom gli cerca invan la vita torre. Fur. C. 15. st. 65.

Scioccam.te il Ruscelli giudicò questa fosse scorrezione di stampa e che l’Ariosto scrivesse è voce. L’Ariosto prese evidentem.te questa forma di dire dall’Alighieri. Che se il Conte etc. [Inf., xxxiii 85] il qual passo se fosse stato dal Barotti avvertito, non avrebbe quel drittissimo uomo approvata la sentenza di quel pedante.

Una delle mende piú gravi da attribuire ai compilatori della Crusca è quin di, in questa prospettiva di estrema attenzione al testo, la fiducia accor-data all’edizione ruscelliana del Furioso, la cui inattendibilità filologica pre-

57. La voce è preceduta da una crocetta, segno diacritico che, nella prassi montiana, indica la volontà di non travasare la riflessione in volume, benché sia una modalità di esclusione molto meno decisa della biffatura e della cassatura.

58. Monti, Postille, cit., p. 674.59. Proposta, iii/2 p. 400, alla v. Truce.60. Scartafaccio, p. 69.61. Delle Opere in versi e in prosa, cit., to. ii p. 19, e commento a p. 31: « et ha voce: Ha fama, ha

credito. Stimò il Ruscelli, che questa fosse una scorrezione di Stampa mantenuta in tutte le edizioni del Furioso, e che l’Ariosto scrivesse; et è voce. Ma non gli sovvenne, che Dante usò cotal modo di dire nell’Inf. c. 33. v. 85 ». Da notare come anzi Barotti si appoggi allo stesso ver-so dantesco proposto da Monti.

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giudica la corretta interpretazione di questa o quella voce, e determina, di conseguenza, la promozione a lemma di lezioni erronee; nell’osservazione alla voce A filo, Monti si rivolge esplicitamente agli accademici in merito al la questione:

E non dispiaccia ai valenti Accademici della Crusca, a cui vo superbo di potermi dire Socio onorario, che rispettosamente e per solo zelo del meglio mi ardisca di consigliarli a non fidarsi intorno al Furioso, dell’edizione del Valgrisio 1603, a cui principalmente appigliaronsi i passati Compilatori: edizione fatta su quella del pe-dante Ruscelli, presuntuoso depravatore di quel poema, e per ciò tutta sozza di cangiamenti e di storpj e di guasti a puro capriccio. Il religioso rispetto che deesi ave-re alla volontà dei defunti comanda che non si segua altra edizione che quella del 32, alla cui correzione lo stesso Ariosto assistette, e tanto sudò che vi mise al fine la vi-ta.62

Alcune delle voci degli Spogli rilevano inoltre errori dei compilatori vero-nesi, stralciati nella stampa in ossequio al tacito proposito di distaccarsi pro-gressivamente dall’obiettivo polemico cesariano (tolto poi ritornarvi con nuova veemenza nel Guazzabuglio delle Giunte veronesi, all’interno del l’Ap­pendice).63 Alla voce Parere, Monti si profonde in una critica durissima alla metodologia che informa la “veronese” in tema di morfologia verbale, poi in parte temperata dalla cassatura (Spogli, p. 101):

Parere coll’uscita del perfetto in Parse in luogo di Parve. [Orl. Fur., xxvii] st. 138. E l’una casta piú dell’altre parse Venia perchè piú accorta era a celarse. Il Bembo nel Trattato della Volgar lingua l. 3. c. 55. dice « Escono di questa regola Godei, Capei, Potei, e Vidi e Providi, che ha nondimeno Provedetti nelle prose; e Parvi che Parsi medesimamente nel verso ha »‹.› Il Cinonio pure ne porta esempj e di verso e di prosa. Nulladimeno questa terminazione da tutti i sani grammatici è condannata. Detestabile poi si è

62. Proposta, i/2 pp. 20-22; ritorna sul medesimo concetto alla v. Rinforzo (ivi, iii/2 p. 214: « E cosí [scil. « risforzi », in riferimento a Orl. Fur., xxxix 55 4] leggono l’ed. del 1516 con quella del 32 dall’autore medesimo riveduta, ed alcune altre delle piú antiche. Ma i guastatori del Furio-so nelle edizioni seguite dagli Accademici alterarono la vera lezione del poeta […] ») e alla v. Riposto (ivi, p. 218: « L’Ariosto e il Caro, sí fini intenditori delle bellezze di nostra lingua, in vece di Riposto amarno spesso di dire con ragione tutta latina Reposto […]. Ariosto, Fur. 4. 25. Come reposto Lupo alla macchia il capriolo attende. E altrove piú volte nell’edizione del 32 dall’au-tore medesimo riveduta, guasta poi e storpiata in tanti luoghi dal pedante Ruscelli, e cosí storpia, ciò ch’è peggio, seguita dagli Accademici »).

63. Monti, Postille, cit., p. xi. Tuttavia, dal momento che nelle Bellezze della ‘Commedia’ di Dante Alighieri, il Cesari tornerà ad attaccare alcuni luoghi della Proposta, il Monti risponderà puntualmente e offrirà a sua volta al lettore il Guazzabuglio delle giunte veronesi (vd. Appendice, p. 283).

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quella di parno in vece di Pajono, che il Lombardi nel Vocabolario Veronese ci regala per buona (v. Parere) citandone parecchi esempj, il quinto de’ quali (Molti che cavalier di Cristo parno) è litterale ripetizione del terzo. E ciò sia argomento del senno con che il Lombardi compilava le sue Giunte, e il Cesari le pubblicava. ›Nè voglio tacere che la immensa farragine delle uscite de’ verbi che in quello strano e pericolosissimo Vocabolario trovasi rammassata con tanta cura, è tutta quisquiglia, tutto sozzume, tutta abbominazione, senza che mai il compilatore ne usi la carità di avvertire che quelle sgangherate e ridicole voci son tutti vagiti della favella tutti vocaboli da non usarsi che a casa del diavolo per fare conversazione col Thegghiajo e Pier delle Vi-gne.‹

Il dialogo con il « Proteo ferrarese » non prescinde dunque mai dal con-fronto, anche aspro, con la Crusca, sia essa la “seconda veneta” o quel « Vo-cabolario dell’Adige » che fa cosí poco conto dell’Ariosto, « mentre tanto ne fa del secentista Segneri e del Menzini » (ivi, p. 98), configurandosi come una triangolazione tra il testo, che deve essere filologicamente accurato, e due punti di vista quasi sempre divergenti.

3. Annibal Caro: l’« ape di tutti i bei fiori di lingua »

Meno indagato rispetto a quello con Ariosto, il rapporto con il Caro è al pari fondamentale nella costruzione della coscienza linguistica di Monti: infatti la produzione del civitanovese, la cui conoscenza da parte del poeta non era circoscritta alla sola Eneide, come si mostrerà portando l’attenzione sugli spogli della Rettorica e degli Amori pastorali, è oggetto, negli stessi anni della pubblicazione della Proposta, di un preciso disegno di rivalutazione in funzione anticruscante.

Nel 1816 uscí per Sonzogno un’edizione curata da Monti dell’« incom-parabile traduzione » dell’Eneide del Caro,64 che Giordani descriveva al Leo-pardi come « corretta diligentemente » e « purgata di moltissimi errori che si erano mantenuti villanamente in tutte l’edizioni »;65 tre anni dopo vide la luce l’elegante edizione romana del poema virgiliano in due volumi in folio, recensita entusiasticamente sulle colonne del « Giornale Arcadico » da Giu-

64. L’ ‘Eneide’ di Virgilio tradotta dal Commendatore Annibal Caro, Milano, Sonzogno, 1816, di cui si conserva una copia in Trivulziana con correzioni inedite di Monti (Triv. G 715). La de-finizione del Caro in Proposta, i/2, alla v. Morire, p. 148.

65. Lettera di Pietro Giordani a Leopardi del 1° novembre 1817, in G. Leopardi, Epistolario, a cura di F. Brioschi e P. Landi, Torino, Bollati Boringhieri, 1998, 2 voll., n. 99, i pp. 151-54, a p. 151.

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lio Perticari, il quale, lodandone l’affidabilità testuale, arrivò ad affermare che

chi vorrà per l’avvenire curare le ristampe del Caro, dovrà seguire la Romana edi-zione: e questa dovrà citarsi da chi ampliando il nostro vocabolario noterà finalmen-te l’Eneide tra l’opere di colui, onde l’Accademia della Crusca ha notato l’epistole famigliari, e l’altre cose ch’egli scrisse da scherzo [scil. i Mattaccini].66

Qui Perticari, che nel trattato Degli scrittori del Trecento e de’ loro imitatori aveva già avuto parole profondamente elogiative per il dettato del Caro,67 ripren-de quasi testualmente l’attacco montiano, contenuto nella Dedicatoria, all’e-siguità e alla natura del corpus cariano preso in considerazione dalla Crusca, comprendente solo le Lettere familiari e i Mattaccini in ragione della loro “to-scaneria”; scelta che non può che dispiacere a Monti, tutto impegnato, al con-trario, a trasformare « la riflessione sulla lingua in “questione di nazionalità”, secondo l’avvertenza di Carlo Tenca »: 68

Niuno adunque si maravigli se dal Catalogo delle Opere classiche si sbandirono principalmente quelle che piú abbondavano di merce non fiorentina. Si sbandirono (e il bando con ira di tutta la dotta Italia è ancor vivo) le belle e tante versioni dal Latino e dal Greco d’Annibal Caro: e perchè? Perchè copiosissime di scelti vocabo-li peregrini che sfatavano quelli del volgo. Si sbandí la sua Apologia contro il Castel-vetro: e perchè? Perchè in quello scritto ei difende la facoltà di creare (sotto le rego-le del giudizio) nuove parole, e consiglia con Aristotele l’accettazione delle stranie-re, purchè siano pratiche del paese; e non solamente le parole, ma le figure ancora del dire. Si fece grazia ai suoi Mattaccini: e perchè? Perchè in quelli l’autore fe’ con-tinuo scialacquo di riboboli e toscanerie. Si fece grazia alle sue lettere familiari, ma non alle scritte a nome del Card. Farnese: e perchè? Perchè in quelle, cercando d’es-ser festivo, si accostò al volgar fiorentino, tutto piacevole; ed in queste si attenne al volgare illustre italiano, tutto severo, siccome uomo che assume il parlare e il carat-

66. L’ ‘Eneide’ di Virgilio recata in versi italiani da Annibal Caro, Roma, nella stamperia De Romanis, 1819. La recensione di Perticari in « Giornale Arcadico », Quaderno xii, dicembre 1819, ora in Opere del conte Giulio Perticari, Bologna, presso Giuseppe Veroli librajo (Lugo, dai tipi di Vincenzo Melandri), 1822-1823, 3 voll., iii. Opuscoli del conte Giulio Perticari, pp. 497-507, a p. 499.

67. Proposta, i/1 pp. 191-92: « Nè autore alcuno de’ piú antichissimi presenterà tanti modi pellegrini e tanti fiori di stile insieme raccolti, quanti il solo Caro in que’ suoi versi, in que’ suoi volgarizzamenti, in ogni cosa sempre cosí polito e gentile, che può dire di lui quello ch’Elio Stilone diceva di Plauto: che nella sua favella parlerebbero le muse, se venisse loro il talento di favellare italiano ».

68. Bruni, Dall’allievo al maestro avverso, cit., p. 214. La citazione è tratta da C. Tenca, Scritti linguistici, a cura di A. Stella, Milano, Ricciardi, 1974, p. 5.

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tere di principesco eminentissimo personaggio. Di modo che stando al parer della Crusca, bisogna necessariamente concludere che Annibal Caro è autor classico quan-do scrive confidenzialmente e senza pensarvi, ma non classico quando vi mette tut -to lo studio.69

Proprio l’Apologia, lo scritto in cui Caro « difende la facoltà di creare (sotto le regole del giudizio) nuove parole, e consiglia con Aristotele l’accettazione delle straniere », venne pubblicata nel 1820 dalla Società dei Classici Italiani per le cure di un « alter ego » di Monti, Giovanni Antonio Maggi,70 precedu-ta da una lunga prefazione, sempre a firma di Maggi, che attualizza il pam­phlet cariano ponendosi in linea con l’apertura del pensiero linguistico mon-tiano al campo dei barbarismi e corroborando il concetto espresso da Monti nella Dedicatoria:

Chi volle entrare addentro nel segreto di quegli Accademici che compilarono il Catalogo de’ testi di lingua, credette di scorgere il motivo della esclusione di quest’o-pera, nell’avere essa il Caro, malgrado delle lodi della Toscana che piú volte vi de-canta, commesso il delitto di sostenere la libertà che ogni scrittore possiede di crea-re nuove voci comandate dalla necessità e consigliate dal buon giudizio, e di acco-glierne ben anche all’uopo di forestiere. Quegli uomini preveggenti e zelatori del patrio linguaggio, siccome quelli che Fiorentini erano la maggior parte, temevano, coll’imprimere il suggello di classico sopra quel libro, di non pronunciare essi stes-si la propria condanna, e che il dispotismo della lingua da loro vagheggiato non ne

69. Proposta, i/1 pp. xxxv-xxxvi; Dardi, Gli scritti, cit., pp. 259-60. Questo giudizio che, come fa giustamente notare Dardi, è debitore del magistero cesarottiano (« perchè d’Annibal Caro non si trascelgono che i Mattaccini, e le lettere, omettendo la rettorica d’Aristotele, e l’Eneide, e quel ch’è piú l’Apologia, opera squisitissima per grazia di stile, non meno che per sensatezza di critica? »: cfr. M. Cesarotti, Saggi sulla filosofia delle lingue e del gusto, iv x, in Opere dell’abate Melchior Cesarotti Padovano, Pisa, dalla Tipografia della Società lett., i 1800, cit. in Dar­di, Gli scritti, cit., p. 260 n. 75), ritorna piú volte nei vari volumi. Cfr. Proposta, i/2 pp. 73-75, alla v. Attorneggiato; ivi, iii/2 p. 310, alla v. Solitudine. Il riferimento all’auctoritas aristotelica per la questione dell’« uso delle parole straniere » è già nella Ragione delle note della Bassvilliana (In morte di Ugo Bassville, cit., pp. 137-38).

70. Monti si avvarrà della collaborazione di Maggi per portare a termine la Proposta: cfr. Proposta, iii/2 pp. 3-4. Su Maggi si vedano A. Cadioli, Un “alter ego” nascosto di Vincenzo Monti. Giovanni Antonio Maggi, in « Fatto cigno immortal ». Studi e studiosi di Vincenzo Monti fra Otto e No­vecento. Atti del Colloquio montiano, Lecce-Acaya di Vernole, 6-7 ottobre 2011, a cura di A. Colombo e A. Romano, Manziana, Vecchiarelli, 2012, pp. 17-34, spec. le pp. 21-23; G. Biancar­di, La figura del revisore editoriale: Giovanni Antonio Maggi, intervento tenuto l’8 maggio 2014 in occasione del Dies Academicus dell’Accademia Ambrosiana di Milano, pubblicato in Milano nell’età della Restaurazione (1814-1848): cultura letteraria e studi linguistici e filologici, a cura di A. Ca­dioli e W. Spaggiari, con la collab. di S. Baragetti, Milano-Roma, Bibl. Ambrosiana-Bulzo-ni, 2015, pp. 155-69.

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soffrisse detrimento, o venisse a crollare da’ fondamenti. Comunque altri voglia pen-sare di tale opinione, le dottrine del Caro nel fatto della favella chiaramente ne mo-strano che fino nel secolo decimosesto era conosciuta la necessità di uscire una vol ta anche dal Trecento e dalla Toscana per avere lingua e gramatica; e che allora ezian-dio gli scrittori piú grandi non ricusavano il freno, ma sdegnavano le pastoie, nè vo-levano distruggere la natura del proprio idioma, che non potesse, come gli altri, cre-scere e scemare.71

Su piú fronti dunque, lungo un asse ideale Milano-Roma, si lavorava ad una riproposizione dell’autore marchigiano in chiave antifiorentina, o, per-lomeno, anticruscante, sulla base sia della convinzione di dover allargare la rosa testuale cariana selezionata dalla Crusca, sia di una rilettura critica del-l’Apologia che metteva in primo piano l’invito « a uscire una volta anche dal Trecento e dalla Toscana per avere lingua e gramatica »,72 tendenza già attri-buita al Caro nell’Appendice al trattato (1817):

Ma tornando a coloro che diedero opera a farsi uno stile di tutta loro ragione, quel-l’ape di tutti i bei fiori di lingua, Annibal Caro, si rimase egli forse a raccogliere sola-mente gli antichi? Non già. Dotato di squisitissimo gusto il Caro su lo stelo di quel-li ne suscitò mille altri d’altro colore e di odore purissimo e soavissimo. La Flora To-scana, non si sa bene il perchè, gli ha allontanati dal suo verziere. Poco male. Basta che freschi, cari ed eterni e’ siano la delizia dell’Italiana.73

D’altra parte, tra l’Apologia del Caro e la Dedicatoria al Trivulzio è già stata individuato da Paola Italia un rapporto di dipendenza teorica sul tema del-l’immissione di materiale linguistico allotrio che si spinge fino alla « puntua-le coincidenza lessicale ».74 Allo stesso modo, questo passaggio della Rimena­ta del Buratto, in cui si riconosce la possibilità di riutilizzare il « conio » delle « parole antiche » quando siano nobili, e non volgari, impiegate nella poesia,

71. Apologia del Comm. Annibal Caro contra Lodovico Castelvetro, Milano, dalla Società Tipo-grafica de’ Classici Italiani, 1820, pp. vi-viii. Monti, nell’Appendice alla lettera L., sostiene che « se mai vi fu scritto in cui il Caro ponesse tutta correzione di lingua, fu questo [scil. l’Apologia] di materia tutta grammaticale, e in risposta ad un avversario cosí sottile e difficile come il Castel-vetro ». Cfr. Proposta, iii/1 p. 64; Dardi, Gli scritti, cit., p. 469.

72. Sulla struttura teorica dell’Apologia si veda F. Chiusaroli, Considerazioni sulla lingua nel­l’ ‘Apologia degli Academici di Banchi di Roma contra messer Lodovico Castelvetro’ del Caro, in Annibal Caro a cinquecento anni dalla nascita. Atti del Convegno di Macerata, 16-17 giugno 2007, a cura di D. Poli, L. Melosi, A. Bianchi, Macerata, Eum, 2009, pp. 455-72, in cui la studiosa segue « lo svolgersi, nell’Apologia, di un’idea di lingua come somma delle diverse competenze e varietà, riconosciute, combinate, coinvolte, immagine degna del “Cinquecento plurale” » (la citaz. è a p. 468).

73. Proposta, i/1 p. 233; Dardi, Gli scritti, cit., pp. 309-10.74. Italia, Monti e Leopardi, cit., p. 838.

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e non nella prosa, viene ricalcato da Monti laddove illustra l’opzione stilisti-ca come percorsa dal Caro stesso:

Dànno le parole antiche degnità agli scritti. Sí bene; ma quali antiche? Quelle che non son viete né rancide né tarlate, che non son cavate dal profondo buio dell’anti-chità, che non son ricerche per gli cantucci delle spazzature, che son parlate dai Me-dici e dai Lorenzi, e non dai Baronci e dai Ferondi; quelle che, ad uso di buone me-daglie, sono di buon conio, che si conoscono un subito e che tengono dell’antichità la vernice e non la ruggine. E a quali scritti dànno questa degnità? Ai poemi, e non al -le prose, o a queste di rado. E quando la dànno? Allora che le composizioni ricerca-no ornamento e vaghezza.75

Risensare. v. a. […] Non parve già voce antica al Caro che ischivator diligente di tutti i rancidumi del trecento l’usò non pertanto assai bene, e le tolse ogni ruggine, se pur l’avea. En. 3. 510. Disvenne e cadde; e dopo molto a pena Risensando mirommi, e cosí disse ecc.76

Entrando nel laboratorio degli zibaldoni, è possibile fornire qualche dato supplementare sullo scaffale cariano della biblioteca del poeta che non può essere interamente desunto dalla lettura della Proposta: il Quaderno ferrarese, infatti, contiene gli spogli completi degli Amori pastorali di Dafni e Chloe (pp. 67-75)77 e della Rettorica di Aristotele (pp. 75-78).

Nel primo caso si tratta di una serie di parole seguite dal contesto di oc-correnza,78 talora spiegate o commentate, o per contestare la Crusca, come

75. A. Caro, Apologia degli Academici di Banchi di Roma contra messer Lodovico Castelvetro, in Id., Opere, a cura di S. Jacomuzzi, Torino, Utet, 1974, 2 voll., ii pp. 83-328, alle pp. 210-11. Il corsivo è mio.

76. Proposta, iii/2 p. 221. Il corsivo nel testo dell’osservazione è mio. Una notazione simile anche in Scartafaccio, p. 138, nella giunta A suo potere: « il Caro che negli scrittori del Trecento sceglieva il fiore e lasciava la ruggine […] ».

77. L’edizione di riferimento per Monti è la milanese Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista tradotti in italiano dal commendator Annibal Caro col supplimento tradotto da Sebastiano Ciampi e da Alessandro Verri, Milano, dalla Società Tipografica de’ Classici Italiani, 1812.

78. Pascione (cassata), Recreamento, Frontaletto, Brachine, Imbroccato, Turcassetto, Festoncino, Stop­piaro, Cavaticcio, Pagliccio, Tarpagnuolo, Malignuzzo, Bagnetto, Ciccioso, Carnato, Sciamintini, Allup­parsi (poi in Appendice, p. 152), Torniare, Pizza, Boscarecciamente, Disarmentare, Montagnuolo, Inser­tare, Scarpone (poi in Proposta, iii/2 pp. 257-58), Tascoccia, Canuti, Gavina, Maricino, Padrecciuolo, Guancito, Petrata, Incioccamento, Capitana (cassata), Tabarretto, Sopravvenire (poi in Proposta, iii/2 pp. 313-14), Inceratura, Bacchea, Femminiero, Rapporto, Consertato, Ruspo, Ragnuola (poi in Proposta, iii/2 p. 162, alla v. Ragna), Arreticato, Borea, Catollo, Trescamento, Bacchevole, Terzanella, Martino, Lattoso, Rinsolcare (poi in Proposta, iii/2 p. 207, alla v. Rigiacere), Radicone (poi in Proposta, iii/2 p. 160, alla v. Radice), Maggese (poi in Proposta, iii/1 p. 72), Bava, Crocchia, Rimprontare (poi in Propo­sta, iii/2 p. 207, alla v. Rigiacere), Amminuire, Acconciatamente (cassata), Pollicino, Faccendevole, Ca­

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nel primo esempio (Quaderno ferrarese, p. 72), o rinviando all’Eneide, come nel secondo (ivi):

Maggese. (Contro l’esempio della Crusca il Caro mette sempre questo vocabolo al genere femminino) starai qualch’opera a rinsolcare la mia maggese etc.79

Catollo. Empiutogli la tasca di pane, e di buon catolli di carne. (Ne fa uso anche nell’Eneide).80

I termini annotati da Monti danno conto della singolare espressività di questo romanzo erotico d’ambientazione pastorale: nomi alterati (come Ma­lignuzzo, Leccetto, Pancione, Merenduola), verbi derivati (Zampeggiare), forma-zioni parasintetiche (Disarmentare, Allupparsi). La necessità di attingere alla riserva lessicale degli Amori è resa esplicita nella Proposta, alla voce Pancia:

Il Caro mi suggerisce l’accrescitivo Pancione, e io credo che farò bene a registrarlo fra le buone e ben derivate parole. Farà bene anche la Crusca se si degnerà d’accettarlo nel suo Vocabolario, perchè mi figuro che di qualcune di sí fatte pance sia benedi-zione anche in Firenze. E loderemo tutti il senno dell’Accademia se pentita una volta del poco conto tenuto finora di Annibal Caro farà raccolta delle tante grazie di lingua che in tutte le opere di quel leggiadro scrittore ad ogni passo s’incontrano, massimamente negli Amori Pastorali: dai quali, l. 4. è tratto appunto l’esempio che recitiamo. Quando il pancione, ch’era ubbriaco, ad un sol guizzo che fece il giovinetto, si trovò per terra rovescio.81

Al di là della dichiarazione d’intenti, non sono molte le « grazie di lingua » degli Amori che trovano cittadinanza nella Proposta,82 forse anche in ragione

ravella, Adiratetto, Insertare, Bacca, Leccetto, Cestola, Boricco, Zampeggiare, Pancione (poi in Proposta, iii/2 pp. 13-14, alla v. Pancia), Carfagno, Merenduola, Guardacapre (poi in Proposta, ii/1 p. 213, alla v. Guardamacchie), Nistolino, Trajetto, Smozzatura, Traffelone, Coscialetto, Alla contadinesca. Non so-no comprese nell’Elenco, oltre a quelle cassate, le voci Recreamento, Stoppiaro, Pizza, Padrecciuo lo, Alla contadinesca.

79. La citazione è dal Ragionamento terzo, xix 8 (A. Caro, Amori pastorali, a cura di E. Ga­ravelli, Manziana, Vecchiarelli, 2002, p. 194).

80. La citazione è dal Ragionamento terzo, xi 2 (ivi, p. 182).81. Proposta, iii/2 pp. 13-14. La citazione è dal Ragionamento quarto, xii 2 (Caro, Amori

pastorali, cit., p. 223).82. Oltre a quelle citate sopra alla n. 78, esempi dagli Amori pastorali si trovano alle voci

Gregge e Greggia (Proposta, ii/1 p. 208 n.), Mettere una canzonetta sopra istrumento da suono (Proposta, iii/1 p. 127, alla v. Mettere cervello), Mortalità (ivi, p. 150), Pigliar l’alto (Proposta, iii/2 p. 66, alla v. Pigliare), Porgere (ivi, p. 90), Procurare (ivi, p. 129, alla v. Proccurare), Riavere (ivi, p. 193), Salire (ivi, p. 246), Sconfitta (ivi, p. 274), Sfogato (p. 297), Soprastare (ivi, p. 313), Starsi ad alcuno (ivi, p. 335, alla v. Stare), Tener somiglianza (ivi, p. 368, alla v. Tenere), Venire in bellezza (ivi, p. 424, alla v. Venire), Voce (ivi, p. 452), alle giunte Acconsentire (Appendice, p. 145), Attingere (ivi, p. 164), Avere (ivi), Cen­

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della loro appartenenza a un registro popolare e affettivo che mal si adattava all’idea montiana di una lingua nazionale illustre, oltre che per le solite ra-gioni logistiche.

Sorte simile tocca anche alle voci tratte dal volgarizzamento del trattato aristotelico, per lo piú non accolte a stampa:83 Monti si avvale del « privato esercizio »84 traduttorio del Caro per creare un piccolo prontuario di termini retorici. Pone cosí in evidenza mancanze della Crusca, seguendo il « filo ariadneo » dell’analogia85 (Quaderno ferrarese, pp. 77-78):

Analitica sust. (parte della Dialettica l’arte che insegna di risalire dagli effetti alla ca-gione) Perchè abbiamo già veduto nell’Analitica || che nessun segno fa sillogismo.Nella Crusca manca medesimam.te il vocabolo analisi, e l’addiettivo analitico.

Annota tecnicismi che tuttavia non troveranno spazio nella Proposta (ivi, p. 78):

Antinarrazione (termine retorico, parte dell’orazione) Onde che facendosi oltre a que-ste altre divisioni, come si fanno, facendo la scuola di Teodoro, altro verrebbe ad es-sere la narrazione, altro l’antinarrazione, ed altro la sopranarrazione.

Costumato (termine retorico per indicare che il discorso deve ritenere il costume delle persone e dei luoghi) Bisogna ancora che la narrazione sia costumata; e costu-mata la faremo se ci saranno note quelle cose che danno notizia del costume.

Ma è senz’altro alla traduzione dell’Eneide che spetta l’attenzione mag-giore, sia nei manoscritti che nella Proposta. In particolare, allo Scartafaccio

nare (ivi, p. 173), Giurare (ivi, p. 222), Immacchiarsi (ivi, p. 225), Incespitare (ivi, p. 228), quasi tutti attinti dallo Scartafaccio (pp. 208-9).

83. Determinatore, Metodica (anche in Monti, Postille, cit., p. 344), Persuasivo, Analisi, Analitico, Analitica, Tecmirio, Esquisito, Naturale, Simo (poi in Proposta, iii/2 p. 301), Desortazione, Vendizione (poi ivi, p. 422), Pancratista (poi ivi, p. 14, alla v. Pancreas), Pentatlo (citato alla medesima voce), Ecceduto, Astragali, Avvocato (cassata), Disautorizzare, Acquetamento, Riservatamente (poi in Propo­sta, iii/2 p. 222, alla v. « Riserbo e Riservo »), Misurato, Confutativo, Analitica, Topico, Ottonario, Se­nario, Squassaforche, Citaredo, Antinarrazione, Costumato, Saldo (poi in Proposta, iii/2 p. 244). A que-ste vanno aggiunte Malattiuzza (Scartafaccio, p. 226, e Monti, Postille, cit., p. 302), Buscante e Pro­caccino (Scartafaccio, p. 226, poi in Proposta, iii/2 p. 127, alla v. Procacciante), Dissipido (Scartafaccio, p. 226, poi in Appendice, p. 199). Non sono comprese nell’Elenco, oltre a quella cassata, le voci Ana ­lisi, Analitico, Analitica, Tecmirio, Ecceduto, Disautorizzare, Misurato. Esempi dalla Rettorica si tro vano alla v. Sdegnoso (Proposta, iii/2 p. 279).

84. E. Garavelli, Annibal Caro, ‘Venite a l’ombra de’ gran gigli d’oro’, in Filologia e storia letteraria. Studi per Roberto Tissoni, a cura di C. Caruso e W. Spaggiari, Roma, Edizioni di Storia e Let-teratura, 2008, pp. 207-22, a p. 215.

85. Monti, Appendice di considerazioni, cit., p. 181.

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sono affidati interessanti rilievi stilistici sulle modalità traduttive del Caro; per esempio, alla voce Cultro (p. 95), la competizione tra il testo di partenza e quello d’arrivo è vinta dal secondo in ragione dell’appartenenza del termi-ne « cultro » al campo semantico della religione, attivato dalle parole circo-stanti:

+ Cultro (voce latina) Voi sacri altari, e voi cultri nefandi Per testimonj invoco. l. 2. v. 263.86

Il cultro presso gli antichi essendo particolarmente destinato a ferire le vittime par-mi che il Caro di latina facendo italiana questa parola abbia conservato all’espressio-ne e al sentimento piú dignità che fatto non avrebbe per avventura servendosi della voce coltello, il quale sta meglio nella cucina che su gli altari, meglio nelle mani del-l’uomo facinoroso che in quelle del sacerdote.

Parmi ancora che per la ragione detta di sopra (cioè che il cultro adoperavasi par-ticolarmente pe’ sacrifici) (*) il Caro nel valersi a bello studio di questo termine sia stato piú esatto dello stesso Virgilio che si vale del vocabolo ensis, arme piú propria del soldato che d’un sacro ministro.

(*) Abbiamo in Plauto un passo che ce l’attesta. Neque potest clam me esse si qui sacrificant: semper petunt aquam hinc aut ignem aut cultrum. Rud. 1. 2. 45. Chiedono cioè l’acqua, il foco, il coltello per uccidere la vittima. Quindi Orazio nella Satira nona del primo libro; fugit improbus ac me Sub cultro linguis: mi lascia (spiegano gl’interpreti) nel rischio d’essere iugu-lato come un agnello: modo di dire proverbiale preso dalla vittima già condotta sotto il coltello del sacerdote.

La voce verrà infine scartata forse perché percepita come latinismo troppo smaccato, per di piú distante a livello fonico e diafasico dall’« ensis » del l’ori-ginale; d’altra parte, Monti esplicita in piú luoghi il punto di forza del volga-rizzamento virgiliano, consistente, all’opposto, in un rispetto delle « vaghez-ze di stile »,87 dei « vezzi di lingua »,88 in altre parole, della tessitura retori ca del

86. La citazione corretta è L’ ‘Eneide’ di Virgilio, cit., ii 263-65, p. 45: « Voi sacri altari, e voi cultri nefandi, / Cui fuggendo anco adoro, a quel ch’io dico / Per testimonj invoco ».

87. Scartafaccio, p. 109, alla v. Marte (rielaborata poi in Proposta, iii/1 p. 106, alla v. Martignone): « Marte (per metonimia), zuffa, combattimento, battaglia | Mentre cosí ne’ campi si combatte | con egual marte. l. 7. v. 831. V. l. 2. v. 714. | E in queste vaghezze di stile il Caro sa essere fedele al suo testo. Atque ea per campos aequo dum marte geruntur. v. 540 ».

88. Proposta, iii/2 p. 186, alla v. « Repètere […] Ripetere »: « Ripetere per Richiamare alla memoria, Riandar col pensiero. […] Caro, En. l. i. 46. Ripetendone i semi e le cagioni, Se ne sentia nel cor profonda­mente ecc. E l. 3. 176. Allora il padre Anchise Da lunge i tempi ripetendo e i casi Dei nostri antichi eroi ecc. […] Virgilio, a cui il Caro, in questi vezzi di lingua è sempre fedele, ne fa uso frequentemente,

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testo di partenza, che rappresenta il vero elemento di “fedeltà” della « bella ed infedele » traduzione cariana.89

A chiudere il cerchio, alla voce Gobbo (Scartafaccio, p. 103), il legame che vie-ne stabilito fra un passo del Caro e uno dell’Ariosto consente a Monti di svol-gere una penetrante riflessione estetica:

Gobbo in senso figurato, per curvo

D’Atlante … il cui mento il cui dorsoÈ per nevi e per gel canuto e gobbo. En. 4. v. 382.90

Per l’alta poesia gobbo non è leggiadra parola. Nondimeno pel suggetto a cui l’applicaz.e ad un gigante, cioè trasformato in un monte, e pel senso lontano da ogni grave affetto in cui la lascia negligentemente cadere, e pel senso translato ch’esso le dà, io vi trovo una certa franchezza un certo brio ariostesco, che me la fa parere non brutta e molto espressiva. Qual parola piú infame e piú sconcia di manigoldo? E pure l’Ariosto ne fece una gemma in quei versi appassionati

Poichè d’innumerabil battitureSi vide il manigoldo amor satollo. C. 23. st. 121.

Spesse volte un fiore negletto della campagna rende caro un bel volto piú91 che un fiore dilicato di giardino, e non di rado il bello d’una espressione è un non so che, che si sente ma non si può nè spiegare nè deffinire.

Caro mostra un « certo brio ariostesco » che entusiasma Monti: i due au-tori finalmente allo specchio, con l’uno che si rivela filtro per la ricezione e l’interpretazione dell’altro.

4. Un altro Cinquecento per l’Ottocento

Come si è cercato di illustrare, Monti contrasta punto per punto « quel Frullone che fece solenne decreto di andar riservato nello spoglio dell’Ario-sto, che non ammise il Tasso che dopo infiniti contrasti, e che escluse dai te -sti di lingua la maggior parte delle opere di Annibal Caro »,92 costruendo pa-

e con questo tropo medesimo Cicerone diede principio a’ suoi libri dell’Oratore: Cogitanti mihi, et memoria vetera repetenti ecc. ».

89. Lettera a Francesco Torti del 10 dicembre 1793, in Epistolario, cit., n. 417, i p. 398.90. La citazione completa è L’ ‘Eneide’ di Virgilio, cit., iv 378-82, p. 119: « D’Atlante, la cui testa

irta di pini, / Di nubi involta a piogge a’ venti a’ nembi / È sempre esposta; il cui mento, il cui dorso / E per gel canuto e gobbo / È da fiumi rigato […] ».

91. Ho emendato il « piu » del manoscritto.92. Proposta, iii/2 pp. 88-89, alla v. Porcino.

ariosto e caro nel pensiero linguistico di vincenzo monti

371

zientemente quella « rete cognitiva » che Bruni ha indicato come la struttura profonda dell’opera,93 e consegnando al proprio secolo un Cinquecento che ha come suoi campioni Ariosto, il quale era riuscito a rivitalizzare il dettato dantesco e a innestare nell’epica padana il lascito lessicale della latinità, sen-za snaturare l’una e l’altro, con « aurea semplicità »;94 e Annibal Caro, riletto e rifunzionalizzato come teorico di una lingua che superasse i confini di Fi-renze sia sull’asse diatopico che su quello diacronico, e vero classico non so -lo in virtú delle « vaghezze di stile » della traduzione dell’Eneide, ma anche di quelle minori degli Amori pastorali e della Rettorica, portatrici di una lingua con-creta e precisa, lontana dagli arcaismi lemmatizzati dai puristi.

Ai moniti di allargamento del canone in senso classicistico, a partire so-prattutto dagli ampi spogli di opere cinquecentesche, non sarà sorda la stes-sa Accademia della Crusca,95 tanto da accogliere, tra i citati della quinta im-pressione, anche l’Erbolato e le Lettere di Ariosto,96 l’Apologia, le Dicerie, la Ret­torica, il resto delle Lettere oltre alle Famigliari, gli Amori, le Rime, i Sonetti, gli Straccioni e i volgarizzamenti delle due orazioni di san Gregorio Nazianzeno e del primo sermone di san Cipriano sopra l’elemosina del Caro.97

La Proposta può essere letta quindi davvero come un’operazione di « lin-guistica militante », giusta la definizione di Dardi,98 che, oltre ad aver aperto e “nutrito” la prima stagione della lessicografia ottocentesca,99 non manche-

93. Bruni, Dall’allievo al maestro avverso, cit., p. 214: « A mettere velocemente in fila i nomi di spicco nella Proposta si ottiene una rete cognitiva che delimita un panorama compiuto e che privilegia il Cinquecento ».

94. Proposta, ii/1 p. 145, alla v. Fregio; ma la nozione dell’« aurea ariostesca semplicità » si trovava già in Proposta, i/2 p. 20, alla v. A filo.

95. M. Fanfani, L’Accademia della Crusca dopo la ‘Proposta’, in Vincenzo Monti nella cultura italia­na, cit., i/ii pp. 659-82, a p. 679: « in effetti la Proposta divenne subito una sorta di pozzo da cui i cruscanti attinsero a piene mani materiali e suggerimenti per il loro lavoro, tanto che a un certo punto, durante la compilazione della quinta impressione, l’opera fu fatta spogliare d’uf-ficio per poter essere meglio sfruttata da tutti i compilatori ».

96. Tavola delle abbreviature degli autori e dei testi da’ quali sono tratti gli esempi citati nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, Firenze, M. Cellini e C., 1862, p. 9.

97. Ivi, pp. 39-40.98. Dardi, Gli scritti, cit., p. 29.99. Integrarono le voci di Crusca con le correzioni e le giunte montiane innanzitutto Fran-

cesco Cardinali, Paolo Costa e Francesco Orioli, compilatori del cosiddetto “Dizionario di Bologna” (Dizionario della lingua italiana, Bologna, Fratelli Masi, 1819-1826, 7 voll.), che il Mon-ti stesso avrebbe fatto in tempo a postillare. Cfr. A. Stella, Sui crinali montiani. Postille al ‘Dizio­nario bolognese’, in Discorsi di lingua e letteratura italiana per Teresa Poggi Salani, a cura di A. Nesi e N. Maraschio, Pisa, Pacini, 2008, pp. 363-90. Anche il Dizionario patavino cosiddetto “della Minerva” (Dizionario della lingua italiana, Padova, nella Tipografia della Minerva, 1827-1830, 7 voll.), di Luigi Carrer e Fortunato Federici, avrebbe recepito le innovazioni della Proposta.

claudia bonsi

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rà di stimolare attivamente la riflessione e la pratica linguistica di lettori at-tenti come Leopardi e Manzoni.100

Claudia Bonsi

APPEndIcE

Per agevolare il riferimento alle varie sezioni della Proposta e dell’Appendice, si fornisce nella tabella di seguito un prospetto del contenuto dei volumi della princeps, condotto su un esemplare conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (253 9 B 1-7):

Volume i Parte 1 (1817)Pagine Contenuto Autore/i

[i] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | volume primo. | MILANO | dall’imp. re­gia stamperia | 1817.

[iii]-lix Al Signor Marchese D. Gian Giacomo Trivulzio. Vincenzo Monti[1]-198 Degli scrittori del Trecento e de’ loro imitatori. Libri due

del Conte Giulio Perticari.Giulio Perticari

[199]-203 Al Signor Conte Giulio Perticari. Vincenzo Monti[205]-6 Al Signor Bartolomeo Borghesi. Vincenzo Monti207-39 Appendice al trattato. Vincenzo Monti[240] [Errata corrige]

Volume i Parte 2 (1818)[1] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­

GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | Vol. i. Par. ii. | MILANO | dall’imp. regia stamperia | 1818.

100. Per il rapporto tra Leopardi e Monti lessicografo vd. almeno M.M. Lombardi, « Di­struggere gli errori »: la ‘Proposta’ del Monti, in Gli strumenti di Leopardi: repertori, dizionari, periodici. Atti del Convegno di Pavia, 17-18 dicembre 1998, a cura di M.M.L., Alessandria, Edizioni del-l’Orso, 2000, pp. 125-43; L. Anania, Le idee linguistiche di Giacomo Leopardi: Leopardi e il dizionario, in « Filologia antica e moderna », n. 21 2001, pp. 71-98, e D. Vanden Berghe, Le ‘Annotazioni’ alle ‘Canzoni’ di Leopardi e la ‘Proposta’ di Monti, in R.L.I., vol. cvii 2003, pp. 65-77. Per la ricezione della Proposta da parte di Manzoni, si veda A. Bruni, Manzoni lettore della ‘Proposta’ montiana in un postillato della Biblioteca Nazionale Braidense, in Studi di filologia e critica offerti dagli allievi a Lan­franco Caretti, Roma, Salerno Editrice, 1985, pp. 523-57.

ariosto e caro nel pensiero linguistico di vincenzo monti

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[i]-xvi Dialogo. L’Autore ed il Libro. Vincenzo Monti[1]-280 Esame di alcune voci. [A-E]

[All’interno: Osservazione ridotta a Dialogo. Un Lombardo e il gran Frullone della Crusca (27-32, s.v. Aggrinzare); Osservazione ridotta a Dialogo. Un Pe­dagogo e un Fanciullo (61-63, s.v. Arzillo); Dialogo. Il Capro, il Frullone e Giambattista Gelli (95-112, s.v. Becco); Dialogo. Dionigi il giovine, tiranno di Siracusa; Erode Antipa, tetrarca di Galilea, e Fazio degli Uberti (116-23, s.v. Benna); Osservazione. Al Sig. March. Antaldo degli Antaldi Pesarese (123-27, s.v. Bere); Os­servazione ridotta a Lettera. Al signor Marchese D. Ja­copo Trivulzio (178-82, s.v. Conserva); Frammento di Dialogo tra V. M. e il suo amico P. G. (221; s.vv. De­striere e Destriero); V. Monti a P. Giordani (245-48, lettera re lativa alle voci Effemeride, Endica, Epide­mia); P. Giordani a V. Monti (249-66); V. Monti a P. Giordani (267-68); Dialogo. Bastiano de Rossi, detto Lo Inferigno, ed Egidio Forcellini (272-76)]

Vincenzo Monti; Pietro Giordani

281 [Introduzione alla lettera di Giuseppe Grassi] Vincenzo Monti282-85 G. Grassi a V. Monti. Giuseppe Grassi[286] [Errata corrige]

Volume ii Parte 1 (1819)[i] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­

GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | Vol. ii. Par. i. | MILANO | dall’imp. regia stamperia | 1819.

[iii]-xxx Prefazione. Vincenzo Monti[1]-52 Parallelo del Vocabolario della Crusca con quello della

lingua inglese compilato da Samuele Johnson e quello dell’Accademia spagnuola ne’ loro principi costitutivi. Lavoro inviatoci dalla cortesia del celebre vocabolarista e filologo G. G.

Giuseppe Grassi

[53]-267 Esame di alcune voci. [F-I][All’interno: Dialogo. Il verbo Fare, il verbo Dare e l’ab. Alberti de Villanuova compilatore del Dizionario Universale Italiano (68-81, s.v. Fare); Osservazione ri­dotta a dialogo. L’Autore e il Frullone (124-27, s.v. Fiso­folo); inserto dialogico tra l’autore e il lettore (156-57, s.v. Gaglioffo); Osservazione ridotta a Dialogo.

Vincenzo Monti

claudia bonsi

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Un Francese ed un Italiano (190-99, s.v. Golpe); dia-logo tra A. (Autore) e F. (Frullone) (241-44, s.vv. Infanzia, 240, e Infatuato, 242)]

[268]-69 Appendice. Vincenzo Monti

269-72 G. Gherardini a V. Monti. Giovanni Gherardini

[273]-89 V. Lancetti a V. Monti. Vincenzo Lancetti

[290]-303 Della grecità del Frullone. Anonimo, da ricondurre a Amedeo Peyron

[304]-19 Dell’erudizione orientale del Frullone. Anonimo, da ricondurre a Amedeo Peyron

[320] [Errata corrige]

Volume ii Parte 2 (1820)[i] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­

GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | Vol. ii. Par. ii. | MILANO | dall’imp. regia stamperia | 1820.

[iii-vi] A Barnaba Oriani. Vincenzo Monti[1]-447 Dell’amor patrio di Dante e del suo libro intorno il vol­

gare eloquio. Apologia composta dal conte Giulio Perti­cari.

Giulio Perticari

Volume iii Parte 1 (1821)[i] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­

GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | Vol. iii. Par. i. | MILANO | dall’imp. regia stamperia | 1821.

[iii]-xvi Dialogo. Il Frullone e la Proposta. Vincenzo Monti

[1]-215 Esame di alcune voci. [L-O][All’interno: Appendice all’esame della lettera L. […] Al Signor Marchese Gian Giacomo Trivulzio, lettera già apparsa nel « Giornale Arcadico di scienze, let-tere ed arti », to. ix 1821, pp. 206-19 (57-69, s.v. « Lei, Lui e Loro »); riflessioni già apparse ivi, to. x 1821, pp. 59-71, con il titolo Considerazioni sopra alcuni versi del Dittamondo (73-84, s.v. Maggiordomo)]

Vincenzo Monti

[216] Avviso al lettore. Vincenzo Monti

ariosto e caro nel pensiero linguistico di vincenzo monti

375

[217]-302 Due errata corrige sopra un testo classico del buon secolo della lingua.[Ristampa dell’opuscolo omonimo (Milano, dal-la Società Tipografica de’ Classici Italiani, 1820). All’interno: Ad Urbano Lampredi (219-27); stron-catura dell’edizione curata da Luigi Rigoli del Vol­garizzamento delle Pistole d’Ovidio, Firenze, Angio-lo Garinei, 1819 (229-302)]

Vincenzo Monti

[303] [Errata corrige]

Volume iii Parte 2 (1824)[i] PROPOSTA | di alcune | CORREZIONI ED AG­

GIUNTE | al | VOCABOLARIO DELLA CRU­SCA. | Vol. iii. Par. ii. | MILANO | dall’imp. re­gia stamperia | 1824.

Vincenzo Monti101

[iii]-xii All’I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti Vincenzo Monti[i]-clxxviii

I poeti dei primi secoli della lingua italiana. Dialogo in cinque pause.

Vincenzo Monti

[clxxix]-cxcviii

Appendice i. [Errata corrige delle Rime di M.r Angelo Poliziano, con illustrazioni dell’abate Vincenzo Nannucci e di Luigi Ciampolini, Firenze, Nic-colò Carli, 1814, to. ii]

Giovanni Antonio Maggi

[cxcix]-cc

Appendice ii. [Trascrizione delle postille del Perti-cari a margine dei sonetti di Folgore da San Gi-mignano editi nei Poeti del primo secolo della lingua italiana in due volumi raccolti, Firenze, s.t., 1816]

Giulio Perticari

[cci]-ccviii

Appendice iii. [Stroncatura degli Opuscoli morali di Plutarco volgarizzati da Marcello Adriani il Giovine, Firenze, dalla stamperia Piatti, 1820, to. iii, con Errata corrige]

Vincenzo Mon- ti [?]

ccix-ccxlix

Appendice iv. [Errata corrige dell’edizione I sei libri del Dittamondo di Fazio Degli Uberti, Venezia, Fran-cesco Andreola, 1820]

Vincenzo Monti; Giulio Perticari, Giovanni Antonio Maggi

[1] Continuazione dell’esame critico al vocabolario e di al­cune aggiunte al medesimo.

[3-4] Al Signor Gio. Antonio Maggi. Vincenzo Monti

101. La dedicatoria fu rivista da una triade composta da Giovanni Antonio Maggi, Felice Bellotti e Angelo Giovanni Cesaris. Cfr. Epistolario, cit., vi pp. 23-24 nn. 2633-34 (due lettere di Vincenzo Monti a Felice Bellotti del maggio-giugno 1824), e p. 27 n. 2637 (lettera di Felice Bellotti a Vincenzo Monti dell’11 giugno 1824).

claudia bonsi

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[5]-461 Esame di alcune voci. [P-Z][All’interno: Osservazione in dialogo. La Proposta e il Frullone (60-62, s.v. Piantadoso); Dialogo. I vocabo­li Pileggio, Puleggio, Poleggio, la Critica e Francesco da Buti (68-76, s.v. Pileggio); Parenesi del verbo Esistere a’ suoi figliuoli… (110-15, s.v. Preesistere); Osservazio­ne in Dialogo ed Aggiunta. Frullone e Proposta (258-61, s.v. Scarso)]

Vincenzo Monti; Giovanni Antonio Maggi

[462] [Errata corrige]

Appendice (1826)[i] APPENDICE | alla | PROPOSTA | di alcune |

CORREZIONI ED AGGIUNTE | AL VOCABO-LARIO DELLA CRUSCA | […] | MILANO | DALL’I. R. STAMPERIA | MDCCCXXVI.

[ii] Presso Ant. Fort. Stella e Figli.[iii]-vi Al Signor Antonio Fortunato Stella. Virginio Soncini [vii]-viii Al Leggitore. Antonio Fortunato

Stellaix-xvi [Tavole varie: Voci accennate nell’Indice generale della

Proposta col Vedi Aggiunte, e che non si trovano nelle Aggiunte; Voci poste nelle Aggiunte e che non si trovano accennate nell’Indice generale della Proposta (ix-xii); Voci accennate nell’indice generale della Proposta col Ve-di Abbagli ossia Errori e che non si trovano negli Erro­ri; Voci poste negli Errori e che non si trovano nell’Indice generale della Proposta (xiii); Serie alfabetica delle Os­servazioni sopra alcune Giunte veronesi al Vocabolario della Crusca (xiii­xiv); Serie alfabetica del Guaz­zabuglio delle Giunte veronesi (xiv­xv); Serie alfabetica degli Errori (xv); Spiegazione delle abbreviature (xvi)]

Virginio Soncini

[1]-141 Indice delle voci e cose trattate nella Proposta coll’indica­zione ancor di ciò che contiensi nelle nuove Aggiunte e nuove Correzioni inserite nel presente volume.

Virginio Soncini

[143]-240 Nuove Aggiunte e nuove Correzioni dalla lettera A al­la lettera I dello stesso autore della Proposta col resto dello spoglio ariostesco delle medesime lettere.

Vincenzo Monti

[241]-67 Indice delle persone, delle opere e delle città nominate nella Proposta.

Virginio Soncini [?]

[269]-93 Indice degli Errori. [All’interno: osservazioni di Fe-lice Bellotti (290-93)]

Vincenzo Monti; Felice Bellotti

ariosto e caro nel pensiero linguistico di vincenzo monti

377

293-325 Osservazioni sopra alcune Giunte veronesi al Vocabo­lario della Crusca.

Vincenzo Monti

325-40 Guazzabuglio delle Giunte veronesi. Vincenzo Monti341-55 Primo articolo estratto dalla Biblioteca Italiana, tomo

xxxvii, p. 337 e seguenti. [Ripubblicazione dell’ar-ticolo di Paride Zajotti, in « Biblioteca italiana », a. x 1825, to. xxxvii pp. 337-51]

Paride Zajotti

356-89 Secondo articolo estratto dalla Biblioteca Italiana, to­mo xli, p. 303 e seguenti, ora accresciuto. [Siglato in calce « P. Z. ». Ripubblicazione dell’articolo di Paride Zajotti, in « Biblioteca italiana », a. xi 1826, to. xli pp. 303-34]

Paride Zajotti

391-92 Tavola di ciò che si contiene nel presente volume. Virginio Soncini [?]

C.B.

Il contributo misura l’incidenza delle letture ariostesche e cariane sulla riflessione linguistica e sulla pratica lessicografica del Monti autore della Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca (1817-1826). In particolare, le annotazioni affidate agli zibaldoni inediti del poeta – vasto magazzino che comprende spogli di opere specifiche e osservazioni lessicografiche, stilistiche e letterarie a partire dalla discussione di singoli lemmi – consentono di precisare, in parallelo con la lettura della Proposta, l’ampiezza di raggio delle indagini condotte da Monti all’interno di questi due universi stilistici, dentro e fuori dal canone cinquecentesco suggerito dalla Crusca.

The paper analyses the influence of Ariosto and Caro on the linguistic thought and the lexico­graphic practice of Vincenzo Monti as author of the Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca (1817-1826). In particular, the annotations held in his unpublished notebooks – a vast repository containing the scrutiny of specific works, as well as lexicographic, stylistic and literary considerations on single words – allow to outline, contextually with the reading of the Proposta, the breadth of Monti’s inquiries within these two stylistic contexts, in- and outside the canon promoted by the Crusca.