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13 di Giuseppe Mollo agorà del Vallo di Lauro ’avere scoperto, al di sotto di una piccola chiesa seicentesca, lo spazio architettonico di un precedente edificio, risalente alla prima metà del IX secolo, non è, di per sé, fatto che debba stupire, in una realtà, come quella italiana, storicamente complessa e, nel tempo, fortemente stratificata per il succedersi di culture e di apporti. Sorprendenti appaiono invece le caratteristiche formali e la qualità di ciò che è emerso dall’indagine archeologica condotta nella chiesa di Santa Maria Assunta a Pernosano. L’edificio recuperato gode di una serie di prerogative che ne fanno un episodio assai significativo, nella ricostruzione della realtà artistica del periodo longobardo che, così profondamente, caratterizza l’alto medioevo meridionale. Siamo dunque nel pieno di quella civiltà artistica della Campania longobarda che in anni recenti, specialmente attraverso gli scavi condotti nel sito della abbazia di San Vincenzo al Volturno, è venuta rivelando, con sempre maggiore evidenza, il suo vero volto, quello cioè non di un episodio marginale e periferico, bensì di uno dei momenti più alti e significativi della cultura di quel tempo, a livello europeo. In virtù della sua committenza ducale, delle ragioni formali della sua architettura e delle pitture che sono state trovate al suo interno, la chiesa inferiore di Santa Maria Assunta di Pernosano è destinata anch'essa a svolgere, nel tempo, un ruolo di testimonianza altrettanto significativo. Anzitutto per le caratteristiche del suo impianto: si tratta infatti di un vano sostanzialmente quadrato, terminante in tre piccole absidi e scandito al suo interno da due coppie di colonne che, al momento dell'interramento, furono riutilizzate nella chiesa superiore, insieme con i loro capitelli, tutti, colonne e capitelli, pezzi classici di reimpiego, in ossequio al canone, di diretto colloquio con l'antico, che è traccia costante nel medioevo campano. Il pezzo forte della scoperta è rappresentato dalle testimonianze pittoriche presenti sulle pareti superstiti della chiesa. Per quanto si tratti, nella totalità, solo di frammenti di contesti in origine più ampi e soprattutto organicamente meglio compiuti, sul piano delle tematiche iconografiche e organizzative del percorso decorativo, ciò malgrado essi riescono ancora a L Le campagne di scavo 1998-2000* I saggi archeologici nella chiesa di S. Maria Assunta in Pernosano (Pago del Vallo di Lauro, Avellino) Giuseppe Mollo (Nola, 1959), architetto specialista in restauro dei monumenti, Dottore di Ricerca in Storia dell’architettura e della città. Matura le sue espe- rienze, per oltre un ventennio, sui cantieri di restauro e scavo archeologico. Attualmente svolge attività professionale su tematiche inerenti la tutela e la conserva- zione dei centri storici occupan- dosi di metodologie finalizzate al restauro del patrimonio storico- architettonico e in particolare dei criteri di valorizzazione dei siti archeologici. Tra le esperienze più significative annovera: le indagini svolte sul patrimonio storico e archeologico di Napoli e dei Campi Flegrei (1988-1990) e la realizzazione della Carta Archeo- logica Informatizzata dell’antica Puteoli (1993-1994). Consulente della Soprintendenza Archeolo- gica di Pompei, ha redatto, nel 2007, il Progetto di restauro archi- tettonico della domus del Cripto- portico. È membro della Società degli Archeologi Medievisti Ita- liani e del Comitato Italiano dell’ ICOMOS (International Council on Monuments and Sites).

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di Giuseppe Mollo

agoràdel Vallo di Lauro

’avere scoperto, al di sotto di una piccola chiesa seicentesca, lo spazio architettonico di un precedente edificio, risalente alla prima metà del IX secolo, non è, di per sé, fatto che debba stupire, in una

realtà, come quella italiana, storicamente complessa e, nel tempo, fortemente stratificata per il succedersi di culture e di apporti.

Sorprendenti appaiono invece le caratteristiche formali e la qualità di ciò che è emerso dall’indagine archeologica condotta nella chiesa di Santa Maria Assunta a Pernosano. L’edificio recuperato gode di una serie di prerogative che ne fanno un episodio assai significativo, nella ricostruzione della realtà artistica del periodo longobardo che, così profondamente, caratterizza l’alto medioevo meridionale.

Siamo dunque nel pieno di quella civiltà artistica della Campania longobarda che in anni recenti, specialmente attraverso gli scavi condotti nel sito della abbazia di San Vincenzo al Volturno, è venuta rivelando, con sempre maggiore evidenza, il suo vero volto, quello cioè non di un episodio marginale e periferico, bensì di uno dei momenti più alti e significativi della cultura di quel tempo, a livello europeo.

In virtù della sua committenza ducale, delle ragioni formali della sua architettura e delle pitture che sono state trovate al suo interno, la chiesa inferiore di Santa Maria Assunta di Pernosano è destinata anch'essa a svolgere, nel tempo, un ruolo di testimonianza altrettanto significativo. Anzitutto per le caratteristiche del suo impianto: si tratta infatti di un vano sostanzialmente quadrato, terminante in tre piccole absidi e scandito al suo interno da due coppie di colonne che, al momento dell'interramento, furono riutilizzate nella chiesa superiore, insieme con i loro capitelli, tutti, colonne e capitelli, pezzi classici di reimpiego, in ossequio al canone, di diretto colloquio con l'antico, che è traccia costante nel medioevo campano.

Il pezzo forte della scoperta è rappresentato dalle testimonianze pittoriche presenti sulle pareti superstiti della chiesa. Per quanto si tratti, nella totalità, solo di frammenti di contesti in origine più ampi e soprattutto organicamente meglio compiuti, sul piano delle tematiche iconografiche e organizzative del percorso decorativo, ciò malgrado essi riescono ancora a

L

Le campagne di scavo 1998-2000*

I saggi archeologici nella chiesa

di S. Maria Assunta in Pernosano(Pago del Vallo di Lauro, Avellino)

Giuseppe Mollo (Nola, 1959), architetto specialista in restauro dei monumenti, Dottore di Ricerca in Storia dell’architettura e della città. Matura le sue espe- rienze, per oltre un ventennio, sui cantieri di restauro e scavo archeologico. Attualmente svolge attività professionale su tematiche inerenti la tutela e la conserva- zione dei centri storici occupan- dosi di metodologie finalizzate al restauro del patrimonio storico- architettonico e in particolare dei criteri di valorizzazione dei siti archeologici. Tra le esperienze più significative annovera: le indagini svolte sul patrimonio storico e archeologico di Napoli e dei Campi Flegrei (1988-1990) e la realizzazione della Carta Archeo- logica Informatizzata dell’antica Puteoli (1993-1994). Consulente della Soprintendenza Archeolo- gica di Pompei, ha redatto, nel 2007, il Progetto di restauro archi- tettonico della domus del Cripto- portico. È membro della Società degli Archeologi Medievisti Ita- liani e del Comitato Italiano dell’ ICOMOS (International Council on Monuments and Sites).

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fornirci una testimonianza formidabile della raffinatezza e della complessità

dentelli con cornice leggermente aggettante e da un'apertura circolare; ai lati

della cultura pittorica dell'ambiente longobardo. La chiesa longobarda aveva infine un arredo interno di cui non è più

possibile ricomporre il sistema, nella sua effettiva portata, ma di cui si può ancora apprezzare la raffinatezza formale. Per quanto limitati per quantità, i frammenti di pilastrini trovati nel corso dello scavo testimoniano di una qualità esecutiva e di una ragione compositiva perfettamente in linea con le esperienze campane della prima metà del X secolo.

Ancora molti aspetti sono da scoprire, soprattutto sul piano delle funzioni di rappresentanza che quella architettura era chiamata ad assolvere e sulle radici stilistiche degli artisti che hanno operato in essa.

Tuttavia ciò che è emerso dallo scavo, meglio di quanto finora fosse consentito di fare altrove, ad esempio nel complesso delle chiese di palazzo capuane, ci permette di recuperare il senso formale e la complessità culturale di una committenza principesca del pieno dell'età longobarda. Di quel mondo e della sua raffinata civiltà artistica che, in maniera profonda, segna la realtà culturale dell'alto medioevo meridionale, la chiesa di Santa Maria di Pernosano

1è una testimonianza preziosa .

Francesco Gandolfo

Le fonti documentarie La chiesa di Santa Maria Assunta, originariamente detta dei Carpinelli, in

località Pernosano, frazione del comune di Pago del Vallo di Lauro, è situata ai margini del centro abitato, poco distante dalla strada provinciale che da Nola

2porta a Lauro . La chiesa, ad aula unica con corto presbiterio e due cappelle sui rispettivi lati, oggi smembrate, è preceduta da un ampio sagrato; in parte, a

settentrione, vi si addossa la chiesa della Congrega del Rosario. Sul lato meridionale era, invece, ubicata la casa canonica parzialmente crollata e

3successivamente demolita in seguito agli eventi sismici del 1980 .

Essa, come si evince dal cartiglio in stucco sorretto da due angeli posto in chiave all'arco del presbiterio, fu riedificata dal parroco Carmine Rega nel 1923.

La facciata principale del monumento, segnata da fasce orizzontali e finte finestre a intonaco stucco, è caratterizzata da un portone di ingresso in legno di castagno a riquadri, decorati con dischi centrali, sormontato da un'architrave a

*La prima campagna di saggi archeologici è stata effettuata in concomitanza del terzo lotto di lavori di restauro (1998-2000), diretti dall’arch. Sandro de Rosa funzionario della Soprin- tendenza per i Beni Ambientali Architettonici Paesaggistici Storico Artistici e Demoetno- antropologici delle provincie di Salerno e Avellino, coordinati sul campo dal sottoscritto, coadiuvato dalla dott.ssa Antonia Solpietro e dall’arch. Luigi Vitale; i lavori sono sati eseguiti dall’impresa CarBen di Roma, inoltre, non va dimen- ticata l’attiva e concreta parteci- pazione dell’Amministrazione Comunale di Pago del Vallo di Lauro nella figura del Sindaco dott. Michele Casciello.

1Sintesi della prefazione di Francesco Gandolfo al volume Santa Maria Assunta in Pernosano Storia Progetto Restauro a cura di Sandro de Rosa e Giuseppe Mollo, Milano 2009, pp.10-15.

3 Un primo intervento di consolidamento delle murature e il completo rifacimento delle

strutture di copertura fu realiz-

zato nel 1986, dalla Soprin-tendenza ai BAAAS di Salerno e Avellino, sotto la direzione dell’arch. Fernando Serritiello, che vide, tra l’altro, la messa in luce dell’abside centrale e il restauro dei dipinti murali del

velario realizzato dalla restaura- trice Ana Veronica Hartman.

Successivamente, i funzionari della Soprintendenza: dott.ssa Anna Maria Romano e dott. Giuseppe Mollo, tracciavano un primo quadro di riferimento storico ed elencavano tra le opere d arte ancora in situ: “un altare maggiore realizzato in marmo grigio con semplice croce al centro del paliotto sormontato da un tempietto in stucco con una nicchia sempre in stucco, dove un tempo era riposta la statua dell Assunta. Sui lati della navata, quattro altarini

a) lo stato dei luoghi dopo il terremoto del 23 novembre 1980 (foto BAAAS)b) il settore sud occidentale prima degli interventi di restauro e scavo ( foto G. Mollo, novembre 1995)

a) b)

2Per la prima segnalazione del monumento: G. Mollo, A.

Solpietro, Un pregevole esempio di architettura altomedievale nella Valle di Lauro (Avellino): La chiesa di S.Maria Assunta di Pernosano. Indagine preliminare, in S. Gelichi (a cura di), I Congresso di Archeologia Medievale, Pisa 29-31 maggio 1997, Firenze 1997, pp. 322-327.

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una coppia di lesene con capitelli a volute in stile ionico e il frontone con cimasa ionica ed ovoli in stucco con al centro l’apertura per ventilare il sottotetto.

Le due cappelle accanto al presbiterio hanno rivelato, dopo la spicconatura dell’intonaco, il riutilizzo di materiali classici quali colonne e capitelli, che assieme ai frammenti lapidei di età altomedievale avevano suscitato, nella prima metà del Settecento, l’attenzione dell’abate Gianstefano Remondini: “e per dir vero sotto alla presente parrocchiale Chiesa di S. Maria volgarmente dè Carpinelli appellata è un antichissimo tempio, dalle rovine del quale son state tratte fra l'altre le sei colonne di marmo, che riposte veggonsi sugli altari della nuova Chiesa con molte ben intagliate

4lapide parimente di marmo... ”, e ancora: “nella mentovata Parrocchia, che sta in Pernosano, collocate si veggono a tre altari sei marmoree antiche colonne, ed in terra sciolta veggonsi, come … abbiam di sopra accennato, ed appoggiate l'una sovra l'altra in un cantone al muro della Chiesa molte ampie lapide di bianco marmo, e nobilmente intagliate con diversi animali, ed alberi, e varj altri ornamenti: alcune a queste somiglianti ne stanno al di fuori, ed altre ne sono state trasferite in Lauro nel baronale palazzo. L’autore asserisce, tra l’altro, che per la costruzione: “ furon tutti questi marmi cavati da un altro gran tempio, che vi sta sotto, ed ove moltissimi altri ne son rimasti, segni certissimi ch'ivi sia stato qualche antico molto magnifico edifizio, che come abbiam detto, supponiamo esser stato un tempio di Augusto: il quale sebben vi fu rifatto una volta dai Sacerdoti Augustali - spiegando la LXXXVI Iscrizione - pur nella lunghezza degli anni dall'acque, che da i monti scendono ad inondare il suo campo restò finalmente tutto sotto al sollevatole terreno intorno seppellito ove fu discoperto pochi secoli addietro dalla Famiglia Cappellano di Lauro, che all'antica gloria à più volte aggiunta quella di esser fondatrice di nuove Chiese, ed in volendo fabbricar la presente cavò fra le rovine di questo luogo le sei colonne, che estraendole si ruppero, e le

5memorate marmoree lapidi. ”

Le sei colonne, di fatto, mostrano l’adattamento decorativo della fase settecentesca, dipinte alla base di color bistro, in continuità con lo zoccolo perimetrale, mentre i capitelli esibiscono, ancora parzialmente visibile, un colore giallo oro e una banda di rosso sul collarino.

A questa fase, possiamo ricondurre il livello in battuto di lapillo di cui resta traccia in controfacciata sotto i plinti in calcestruzzo che sostengono la

6cantoria e forse, anche se decontestualizzate, i resti di mattonelle maiolicate.La notizia più antica dell’esistenza di una chiesa intitolata a Santa Maria in

località Pernosano risale al giugno 1195, quando il conte di Caserta Guglielmo e il figlio Roberto donano e trasferiscono al monastero dei SS.Severino e Sossio di Napoli il diritto di patronato e ogni altro diritto da essi posseduto su tale chiesa.

4 G. Remondini, Della Nolana Ec c l e s i a s t i c a Sto r i a , ne l l a Stamperia di Giovanni di Simone, Napoli 1747.T.I,

Cap.XII, pp.90-91.

5 Id., op.cit., T.I, Cap. LIX, pp.323-324. L’iscrizione cui fa riferimento è quella ritrovata nella chiesa di San Nicola, nel vicino Casale di Marzano dove: “ un secolo addietro era un antico marmo con la seguente iscrizione, nella quale i primi due versi son di carattere molto maestoso: AVGVSTO SACRVM RESTITVERVNT. LAVRINENSES PECVNIA. SVA. CVLTORES D.D.”.

coevi con le immagini di S. Lucia, la Madonna di Montevergine, San Giuseppe e l’Immacolata. Il soffitto dipinto, mostra al centro l'immagine dell'Assunta e ai quattro lati gli evangelisti con i simboli zomorfici. Sul lato destro del presbiterio si trovava un piccolo pulpito ed al centro dipinto: Cristo che predica alla folla dei fedeli” (Perizia n.1325 del 26 settembre 1991). Le ricognizioni dei luoghi effettuate nel novembre del 1995 per la stesura dei rilievi funzionali al progetto di restauro, documen- tano, tuttavia, un edificio note- volmente degradato e non vi è traccia degli apparati decorativi.

I marmi frammentati sono accatastati nell’ambiente sco- perto attiguo alla sagrestia.

Durante la fase di proget- tazione fu ipotizzata la tipologia triabsidata della chiesa interrata, tipologia confermata dalle indagini eseguite nel 1996 (secondo lotto di lavori, diretti dall’arch. Sandro de Rosa ed eseguito dalla ditta Pouchain - Roma) che r ivelarono la consistenza dell’absidiola destra sul lato sud-est, all’esterno della chiesa attuale anch’essa decorata come le altre con dipinti murali.

6Nel corso degli interventi del 1986, le strutture a sostegno

della cantoria erano state sottofondate con dei plinti e una trave di col legamento in calcestruzzo, la fatiscenza

’del l impianto s t r ut tura le complessivo e il pericolo di crollo imminente ne hanno suggerito la demolizione.

Lo stato dei luoghi prima degli interventi di restauro del 1996 (foto G. Mollo, novembre 1995)

“Hoc est ius patronatus quod habemus in Ecclesia Sancte Marie que est in territorio Lauri in loco ubi dicitur pernosanum, quam construxit dominus quondam Landulfus, filius

7quondam domni Adanulfi principis bone recordationis”.Da tale documento si ricava che la costruzione della chiesa si deve far risalire

a Landolfo I, figlio di Atenolfo, principe di Capua-Benevento, associato al padre dal 901 al 910 e regnante fino al 943. La fonte potrebbe ricoprire un’ importanza straordinaria per la ricostruzione delle vicende artistiche dell’ edificio di culto, anche in relazione a quelle del monastero di San Vincenzo al Volturno e dell’Abbazia di Montecassino. Infatti, nell’881 e 883 i due cenobi furono assaliti e distrutti dai Saraceni. I monaci si rifugiarono a Capua, dove i benedettini di Montecassino vi fondarono il cenobio di S. Benedetto rimanendovi fino al 943. I due monasteri, tuttavia, già prima della distruzione gravitavano, politicamente ed economicamente, su Capua che, con Atenolfo, acquistò sempre maggiore importanza. Nell’899 i principi di Capua si impossessarono di Benevento ed unificarono i due principati. Landolfo, inoltre, riuscì ad estendere il suo potere sui ducati di Napoli, Gaeta ed Amalfi stabilendo una fitta rete di relazioni tra le aree costiere e quelle interne.

Negli anni 1308-1310 la chiesa di S. Maria in Pernosano è ancora citata nell’elenco contabile presentato alla camera apostolica dai collettori diocesani: “In Episcopatu Nolano eiusdem Provinciae; In Lauro Nolane diocesis ... Abbas Iohannes de Anagnia pro ecclesia S.Marie de Promisano (errore di trascrizione del documento, sta per

8Pernosano) que valet unc. IIII solvit tar.IIII”; nelle successive Rationes del 1324 contenenti l'indagine fatta dagli abati Rogerium de Benedicto e Iohannem Infantem canonici nolani risulta che in Lauro: Dompnus Antonius, dominus Henricus, dominus Petrucius, dominus Philippus, dominus Eustasius de Lauro deposuerunt cum sacramento quod iura subscriptarum ecclesiarum valuerunt seu vendita fuerunt pro quantitatibus pecunie subdicstinctis, videlicet: (…) Item iura ecclesie S.Marie ad

9 Promisanum vendita fuerunt pro unc.III tarX . Dai dati si evince che furono venduti

7 Cfr. G. Tescione, Caserta Medievale e i suoi conti e signori.

Lineamenti e ricerche, Marcianise (Ce) 1966, pp.127-128.

a) la cantoria; b) resti del piano pavimentale in battuto di lapillo; c) capitello corinzio, arco trionfale; d) capitello ionico, prima cappella sul lato destro

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8Cfr. Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Campania, a cura di M. Inguanez - L. Mattei - Cerasoli - P. Sella, «Studi e testi 97», Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano

1942, I, fol.294.

a) b)

c) d)

9 Id., op.cit. I, fol. 312.

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i diritti di questa chiesa, ma non si riferisce l’acquirente, che invece ricaviamo dal “Trattato della famiglia Del Cappellano”, un manoscritto redatto nel

101688.

La fonte, che riportiamo integralmente, appare di notevole importanza, essa oltre ad offrirci un’accurata descrizione dell’edifico, data al 1655 la ricostruzione della nuova fabrica:

“La Chiesa di S.ta Ma. de Carpinelli nel Casal di Pernosano, è anco una Chiesa vetustis.ma e vi è opinione che sia stata a' tempo de primi pontefici della Chiesa Santa; in questa Chiesa vi erano tesori di Indulgenze e vi concorreva molta gente dai luoghi convicini; et era tanto la sua antichità che già (il te)rreno cresciuto per tanti secoli, era giunto nella superfi(cie del tetto) che s'andava di piano, e vi si scendeva con molti gra(dini, di detta Chiesa dove) si vedevano colonne e marmi antichissimi; questa Chiesa (poi)ch'è Parrocchiale ancora, per esser così atterrata, per la sua grande humidità fu necessario alzarla con (nuova) fabrica sopra la superficie della terra; col trasferirvi sopra le colonne di marmo, e dubbito non habbino soprapiena di terra l'Antica Catacomba, seppur di detto vacuo non se ne son serviti per sepolture, questo nuovo edificio fu fatto un anno prima della peste dalla beata memoria di D. Paschale Corcione Parroco e nostro Maestro, sacerdote in vero di molta dottrina et integrità di vita, morì a' tempo del contagio, il cui successore D. Giuseppe Caputo hoggi vivente, la ridusse poi a perfettione el ha politamente abbellita: et è stata anco questa Chiesa

11ius patronato della nostra Famiglia”.Ulteriori conferme sul cattivo stato di conservazione dell’edifico e sulla

necessità della sua ricostruzione sono emerse dalle visite pastorali: in particolare quella del 1591: “Fuit per Dominum Episcopum et Visitatorem dictum quod stante umiditate presente ecclesie ob quam non potest conservari Sanctissimum Eucaristie Sacramentum et stante periculo infirmitatem propri Parochi et filianos procuretur nova edificatio ecclesie in predicto loco ... et in eo applicari pro ut applicantur lapides, trabes et alia presentie ecclesie veteris et etiam prezium columnarum marmorarum in dicta

12ecclesia...” e ancora nel 1615 si dovette ricorrere alla vicina chiesa di San Giacomo: “Sanctissumum Eucharistie Sacramentum non conservatur propter incomoditate ecclesie sed adveniente necessitate recurrit ad ecclesie sancti Iacobi congregationis

13Montis Virginis”.L’analisi di alcuni documenti di fine Ottocento ed inizi Novecento

consente, inoltre, di valutare appieno sia lo stato di conservazione dell'edificio religioso che la consistenza dei beni mobili, immobili, i censi e i capitali ad esso spettante. Tra questi si segnala, per l’accuratezza della descrizione, lo Stato Materiale ed Economico redatto dal curato Angelo Crisci e altri nell'agosto 1857 : “Essa è di figura rettangolare ed è lunga palmi 36 dalla porta d'ingresso fino al primo gradino dell'altare maggiore da questa poi fino al muro sottostante circa palmi 14. Larga 27. ed alta 29. La suddetta chiesa è a soffitto di legno castagno con alcuni ornamenti e rivestita di semplice intonaco egualmente che lo spazio che si comprende in corrispondenza dell'altare maggiore e del muro alle sue spalle. Il pavimento è del cosi detto lapillo consolidato. La covertura è in cattivo stato. Per disposizione di S. Ecc. Rev.ma Monsignor D. Giuseppe Vescovo Formisano oralmente comunicatami nel di 10 novembre 1856 non si fanno più funzioni in detta chiesa a cagione del suo pessimo stato e della ruina che minaccia: pende

14all'uopo un progetto di riparazione”. A due secoli dalla ricostruzione, la parrocchia di S. Maria dei Carpinelli di Pernosano ripropone analoghe preoccupazioni per la sua conservazione.

Nel 1914 vengono effettuate opere di consolidamento alle murature, ma l’esiguità di risorse economiche non consente il ristoro delle competenze all’impresa, per tale motivo il parroco don Salvatore Chiaravalle, dopo aver contratto appalto per la restaurazione della Parrocchia con l’imprenditore di Moschiano Francesco De Angelis richiede all’Economato Generale di Napoli

1 0 Il manoscritto è stato trascritto e pubblicato nel volume sovvenzionato dall’ Amministrazione provinciale di

Avellino G. Del Cappellano, Trattato della Famiglia del Cappellano

(manoscritto del 1668), Atripalda (Av) 2008, p.267.

12ASDN, Visita pastorale di Mons. Fabrizio Gallo, 1591, f.

206v.

13ASDN, Visita pastorale di Mons. Giovan Battista Langel-

lotto, 1615, f. 318r.

14 ASDN, Cartella Pago del Vallo di Lauro: Stato Materiale ed Economico della vacante Parrocchiale Chiesa di Pago e Pernosano, 3 agosto 1857.

11 Id., op.cit.,p.267, ma f.137 v.

l'autorizzazione “a ricevere dai nuovi fittuarii un'annata anticipata, a ciò con essa si tolga l'interesse del 6% da darsi all'imprenditore sulla somma residua di circa Lire 2000 e col resto che rimane dalle somme anticipate dai coloni possa io mettere termine alla chiesa... Ieri

15appunto l'Ing. Cavallo è stato sopra luogo per prendere le misure pel nuovo progetto...Progetto che non troverà attuazione nell'immediato stante ancora

l'indisponibilità della chiesa di Pernosano, come può evincersi dalla relazione dell'agosto 1917 a firma del sacerdote don Francesco Lupi cui era stato dato formale mandato della Curia nolana per la reclamata, istituenda Parrocchia di Pago del Vallo di Lauro, al tempo dipendente da quella di Pernosano.

Al fine di trovare accoglienza la domanda viene esaminata sia sotto il profilo delle esigenze di tipo spirituale che delle rendite generate. “La Chiesa parrocchiale dal titolo di S. Maria Assunta ho trovata in totale riparazione, tanto esigendo il suo stato di deplorevole abbandono, in cui per tanti anni era stata tenuta. Vi è annessa una discreta Canonica composta di parecchi vani, terranei e soprani, in condizioni buone e abitabili, e vi si accede dalla strada provinciale Nola Lauro, traversando un annesso giardino piantato a

16nocelle con piante da frutta, o dal lato sinistro della chiesa medesima.

Alla relazione è anche allegato uno schizzo “topografico” con la seguente annotazione:

La pianta topografica allegata fa rilevare praticamente la posizione topografica delle due parrocchie, Pago e Pernosano, ed il loro limite determinato dalla Masseria Piedimonte appartenente a Pernosano e dal torrente Cellariello Piedimonte che dalla strada Provinciale Nola Lauro, dividendo il territorio delle due Parrocchie, sale fin sotto i monti del Comune di Pago e Pernosano da cui ha origine.

Con chiarezza, invece, il parroco don Carmine Rega espone in una lettera -

inviata il 5 settembre 1921 - le difficoltà finanziarie all'allora amministratore apostolico della Diocesi di Nola Mons. Gregorio Grassi arcivescovo di Salerno, chiedendo l'autorizzazione alla vendita di un suolo edificatorio, al fine d' impegnare il ricavato per la riedificazione della chiesa.

“ La chiesa Parrocchiale di Pago e Pernosano, di cui sono parroco, trovasi da diversi anni chiusa al culto perché quasi completamente distrutta. Finora non ho potuto continuare i lavori iniziati appena prima delle guerra dal defunto parroco, per mancanza di mezzi, occorrendo la

17non lieve somma di circa Lire 35.000.”Lavori che non riuscirà a completare prima del 1923, benché, come si ricava

in una lettera del 1927 indirizzata, in questa circostanza, al Vescovo di Nola Mons. Egisto Domenico Melchiori, le spese per la ricostruzione della chiesa, non solo sono aumentate a 42.000 lire, ma come appare chiaro, nella nota in calce: “la chiesa è sprovvista di organo, di arredi sacri e di altre indispensabili decorazioni e che due stanze della canonica sono in pessime condizioni, anzi due pavimenti minacciano

18perfino di crollare e per restaurarle vi occorre la non lieve somma di lire 1600.”

Nel 1998, in occasione del terzo lotto di restauro della Chiesa di S. Maria Assunta si è dato avvio ad un'indagine caratterizzata dall'analisi delle fonti

15ASDN, Cartella Pago del Vallo di Lauro: Lettera del par -

roco don Salvatore Chiaravalle al Vicario, Pago del Vallo di Lauro , 19 aprile 1916.

16ASDN, Cartella Pago del Vallo di Lauro: Relazione del Sac. Francesco Lupi: Chiesa Parrocchiale di Pernosano, dal titolo “S. M. Assunta” Chiesa di S. M.di Costantinopoli in Pago, capoluogo di Pernosano,

coadiutoria, instituenda Parroc-chia, Nola, (s.g.) agosto 1917. La controversia troverà una sua definitiva esecuzione solo nel maggio del 1926 a seguito dell’emanazione di un decreto della Sacra Congregazione del Concilio. A tal proposito si veda anche il carteggio sullo smem- bramento delle parrocchie di Pago e Pernosano.

17ASDN, Cartella Pago del

Vallo di Lauro: Lettera del parroco don Carmine Rega a Mons. Gregorio Grassi, Pago del Vallo di Lauro, 5 settembre 1921.

18ASDN, Cartella Pago del Vallo di Lauro: Lettera del parroco don Carmine Rega a Mons. Egisto Domenico Melchiori, s.d ma 1927.

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Il disegno conservato presso l’archivio diocesano

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scritte, delle evidenze archeologiche e dallo studio degli elevati, finalizzata alla ricostruzione delle vicende evolutive del monumento. Il confronto tra le fonti scritte e le evidenze materiali ci ha confortato nell'ubicazione del primitivo impianto ecclesiale, l'indagine archeologica che ha portato alla luce depositi estremamente complessi, con un arco cronologico compreso tra la metà del X secolo e l'età contemporanea ha rivelato un'area fortemente trasformata a causa del susseguirsi sia di eventi naturali che antropici.

Il sitoLa conformazione geomorfologica del sito, che oggi appare come una zona pianeggiante, in prossimità

della collina denominata Pestella, doveva essere, al momento dell'impianto della chiesa altomedievale, ad un livello che le indagini sinora effettuate sembrano collocare ad una profondità media di circa 4,40 m. dall'attuale piano di campagna. Gli affioramenti di prodotti piroclastici dell' eruzione del 472 d.C., rilevati alla profondità di circa 5,90 m. sia nel saggio alle spalle dell'absidiola destra che nel cavo per fondare il plinto di sostegno al pilastro di acciaio del nuovo solaio della chiesa, testimoniano l'esistenza di un livello compatto, inclinato in direzione da SE-NW, con interposto un paleosuolo sottoposto a parziale regolarizzazione.

La chiesa altomedievaleLa pianta della chiesa altomedievale è nota nelle sue linee fondamentali: si tratta di una pianta basilicale a

tre navate divisa da due colonne ciascuna e tre absidi sul fondo, preceduta da un protiro (con colonne ancora in situ) in asse con l'abside centrale.

La chiesa ha orientamento nord/ovest-sud/est, ha una pianta regolare, originale nel suo schema progettuale, fortemente condizionato dalla forma quadrata di circa 11,40 m di lato. Le strutture verticali, conservate lungo il loro perimetro per un'altezza di circa 4,00 m - a meno della parete destra mantenutasi per tratti, per un'altezza massima di circa 1,70 m - sono costituite da muratura in blocchi squadrati di tufo, di

Il cartiglio sorretto da due angeli in chiave d'arco al presbiterio

Periodo I (prima metà del X secolo): primi dati documentali sulla costruzione della chiesa altomedievale.

dimensioni contenute entro i 24 x 40 cm, posti in opera a filari regolari con l'alternanza dei giunti verticali con malta dello spessore di circa 2,5 cm.

L'antica chiesa, posta a circa 4,40 metri di profondità rispetto la quota di campagna attuale, si presenta distinta in tre navate, ognuna delle quali si conclude con un'abside.

La navata destra, che si conserva parzialmente, è rimasta all'esterno del muro di fondazione della chiesa superiore; le altre due navate, per circa la metà, sul lato verso le absidi, sono state invece occupate da due ambienti ipogei destinati a sepoltura.

Le pareti di fondo e di controfacciata presentano, ognuna, due pilastri che individuano la navata centrale. Le absidi, in muratura di tufo, sono coperte da una calotta emisferica e archivolto realizzato con conci di tufo e mattoni.

Completavano le strutture verticali sei colonne, oggi collocate alle pareti laterali della chiesa superiore e in corrispondenza dell'arco trionfale. Su di esse e sui pilastri giravano gli archi, costituite anch'esse da conci di tufo alternati a tre mattoni.

Lo spartito compositivo e, quindi, il numero delle colonne è stato stabilito grazie all'osservazione dei tagli visibili sul livello di calpestio. Esso e costituito da uno strato di malta comune dello spessore medio di 1,5 cm, allettato su un vespaio di brecce di calcare misto a tufo; per una lunghezza di ml 3,40 circa, è integro da tagli a partire dal pilastro sinistro di controfacciata. La dimensione ha permesso di identificare l'intercolunnio compatibile sia con le tracce della curvatura dell'arco poggiante sul pilastro destro in controfacciata, sia con gli spessori delle murature ed i diametri delle colonne.

Le pareti interne conservano superfici affrescate; in particolare le due absidi laterali per tutta la superficie, quella centrale solo nella parte inferiore per un'altezza di circa 1,50 m.

Del bema, antistante l'abside centrale, sono presenti solo alcune tracce costituite da due gradini laterali, in prossimità della navata sinistra; la loro altezza, intorno ai 20 cm, segnala che il pavimento originario era posto ad una quota media inferiore di circa 40 - 45 cm rispetto a quella attuale. Alla chiesa ipogea si accede attraverso una scala che si inoltra con due gradini all'interno della navata. Le due colonne in granito segnavano, probabilmente, le dimensioni del protiro originario, successivamente trasformato in rampa d'accesso alla chiesa ormai interrata.

Le uniche tracce visibili del sistema di copertura sono quelle sull'abside destra, la quale era coperta con tegole piane e coppi, quest'ultima più bassa, all'intradosso, di circa mezzo metro rispetto a quella di sinistra, inoltre, sotto la copertura si conservano i resti di una cornice costituita da un filare di mattoni a

19dente di sega, motivo ricorrente nell'architettura dell'XI secolo.In considerazione degli spessori murari si è ipotizzata una copertura a tetto

a due falde su capriate, per la navata centrale, ed a falda unica con puntone semplice sulle navate laterali. L'apparato decorativo della chiesa si presenta piuttosto articolato: tutte le pareti sono ricoperte da affreschi a soggetto figurato oppure a motivo geometrico, non uniformemente conservati, sia a causa della presenza di umidità del luogo, sia per via dello strato di intonaco che vi è stato sovrapposto in fasi successive. Tuttora leggibili appaiono rispet- tivamente quelli situati in controfacciata, a sinistra dell'ingresso che rappre- sentano scene della vita dei martiri Cecilia e Valeriano, quelli sul muro perimetrale a nord della navata laterale, dove sono i resti di una Presentazione al tempio, quelli dell'abside centrale con un particolare motivo a cerchi intrecciati e infine, quelli dell'absidiola sinistra, raffiguranti la teoria dei santi vescovi locali: Paolino, Felice e Massimo.

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19 In questo elemento architet-tonico si riconosce, piuttosto, l’originale volontà di realizzare un’architettura aulica, degna degli ordini architettonici antichi. Le cornici a denti di sega, che troveranno ampia diffusione nella decorazione dei campanili laziali, erano già diffuse negli edifici sacri di Ravenna del V e VI secolo, è qui attentamente usata, offrendo una superficie chiaroscurale perfettamente armonizzata con il paramento murario in tufo grigio.

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La chiesa superioreLa nuova parrocchiale di Santa Maria dei Carpinelli è ad aula unica, fonda parzialmente sul perimetro

murario della antica parrocchiale, è coperta a tetto, con ingresso ad ovest e conclusa ad est dall'arco trionfale

Periodo II (XI-XV secolo): progressivo interramento dell'area, tompagnature alle strutture del protiro,costruzione di una scala di accesso alla chiesa.

Periodi III - IIIa (seconda metà del XVI prima metà XVII secolo): progressivo abbandono della chiesa,interramento; costruzione di due ambienti ipogei per sepolture e del nuovo edificio sopra di essi,

destinazione a scopo funerario della navata laterale destra e dell'area prospiciente.

Periodo IV (XVIII - XX secolo): costruzione della casa canonica sull'area adibita a cimitero,tompagnatura degli archi delle prime cappelle, realizzazione della cantoria, obliterazione delle colonne.

che la separa dal presbiterio coperto da volta a botte e rialzato da un unico gradino. Il paramento murario realizzato nella seconda metà del Seicento per una estensione - sul lato sud-occidentale - di 9.80 m, per un'altezza di circa 13 m evidenzia una struttura costituita con pietre irregolari di calcare, allettate con abbondante malta in giunti di circa 5 cm, posti a ricorsi orizzontali, su cui si rileva, inoltre, una progressione costruttiva, con relativa stasi del cantiere - per assestamento e regolarizzazione - ogni 80 cm di altezza.

La dimensione dell'aula è di 11,85 x 7,50 m per un'altezza al controsoffitto di circa 8,50 m; il presbiterio misura 2,85 x 5,65 m circa, per un'altezza massima di circa 7,50 m. L'aula è oggi caratterizzata da due cappelle per lato e da due nicchie vicine l'ingresso.

L'illuminazione naturale è affidata ai finestroni posti sulla trabeazione - tre per lato - dei quali il primo sulla sinistra chiuso dalla fabbrica del presbiterio della vicina congrega del Rosario, e da due oculi posti sia in facciata che sulla parete di fondo del presbiterio, dietro l'edicola che sovrasta l'altare e sulla cui parete sono ancora in parte visibili le tracce di un arco murato.

Edificata nella prima metà del XVII secolo, la chiesa ha subito radicali interventi nel XIX e XX secolo ed in particolare con opere che hanno profondamente modificato la chiesa di Santa Maria de' Carpinelli, descritta dal Remondini nella prima metà del Settecento.

Modifiche che sono testimoniate dai primi lavori di consolidamento alle murature, nel 1914, probabile o fors'anche conseguenza dei danni provocati dall'eruzione vesuviana del 1906, cui possiamo associare anche la variazione della quota d'imposta originaria del pavimento di lapillo consolidato, aumentata di circa 70 centimetri, causa l'innalzamento del piano di campagna circostante, così come conferma l'obliterazione dei gradini - costituiti da elementi lapidei di spoglio - riutilizzati nella ricostruzione. Problema che si è riproposto di continuo, come suggerisce la piccola rampa prospiciente l'ingresso, realizzata in conglomerato cementizio, nel quale è riportata la data del 1938.

A partire dal 1922 sono documentati lavori di trasformazione di un certo impegno economico. Il parroco Carmine Rega completò i lavori, iniziati dal suo predecessore, nel 1923: per necessità di adeguamento sismico la cantoria fu ricostruita con strutture in cemento armato (utilizzando vecchie traversine di binari) e decorata con motivi liberty - così come l'altare maggiore - che fu riprogettato per l'adattamento ai nuovi gusti estetici, e appoggiato al muro di fondo obliterando l'antico passaggio alla sagrestia, mentre le prime cappelle laterali, furono tompagnate e sostituite da due nicchie ricavate nello spessore murario. Il nuovo apparato di stucchi, pertanto, nascose definitivamente gli elementi lapidei di spoglio che decoravano l'arco trionfale e le due cappelle ai suoi lati.

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Periodo V a (XX secolo): stato dei luoghi (1995) - il cantiere di restauro,sulla sinistra la chiesa della confraternita del SS. Rosario e ambienti annessi.

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Una riflessione sulle strategie d'intervento.Le finalità che l'indagine archeologica si è prefissata sono molteplici, e tuttavia non è stato possibile

rispondere a tutte le domande di natura storica che abbiamo posto al terreno analizzato. Anzi, nuovi e più interessanti quesiti si sono sovrapposti a quelli iniziali. In ordine allo stato dei luoghi è stata compiuta una strategia di saggi di piccole e medie dimensioni per sondare la potenzialità stratigrafica del sito.

Il sistema ha trovato un suo utile impiego all'interno del lotto edificato, specie laddove le strutture di epoche posteriori (muri di fondazione della casa canonica, una cisterna, strutture murarie addossate sul fronte della chiesa) - da conservare - hanno impedito l'apertura di vaste aree di scavo. In questo caso, è stato approntato un insieme programmato di saggi stratigrafici che hanno permesso all' indagine, se pur fortemente limitata, di fornire - almeno per gli strati postmedievali - una efficace documentazione storica dei luoghi.

In quest'opera di ricostruzione che, per manufatti di età relativamente recente, può essere supportata e agevolata dai documenti scritti, il contributo dell'archeologia degli elevati è risultato determinante. Applicando, infatti, l'analisi stratigrafica al manufatto architettonico, è stato possibile, a fronte delle ipotesi iniziali, confermare alcuni aspetti e rivederne altri.

Grazie al rilievo delle strutture e all'esame delle tecniche costruttive dei due edifici è stato altresì possibile individuare i probabili modelli architettonici che ne hanno regolato la formazione. L'interpretazione e analisi del deposito archeologico ha poi fornito interessanti dati sulla evoluzione e trasformazione del sito.

Da un lato, quindi, sono stati documentati accuratamente gli aspetti delle murature (materiali impiegati, tecniche di lavorazione, etc.); dall'altro, sono state individuate le relazioni - strutturali e non - esistenti tra le varie componenti dei due edifici.

Le finalità preposte si sono concretizzate con la realizzazione di due modelli architettonici in scala 1:50 il primo per illustrare l'ipotesi ricostruttiva della chiesa altomedievale; il secondo - uno spaccato assonometrico dello stato dei luoghi - dove sono state anche evidenziate le aree indagate e quelle non scavate.

I saggi archeologiciNell'impostare lo scavo stratigrafico, ci si è trovati a dover scegliere tra diverse strategie d'intervento; la

forma, le dimensioni e l'ubicazione dei vari saggi sono state determinate, come abbiamo già detto, in prima istanza, dalla natura dei luoghi, tra l'altro già fortemente alterati da sterri (rimozione di detriti e strutture della casa canonica) e da trincee arbitrarie (scavate in prossimità dell'ingresso e lungo la parete occidentale della chiesa).

In particolare, laddove era situata la casa canonica ( Ambienti I-II settori NW-SW) costruita in appoggio alla chiesa di Santa Maria Assunta - a causa di sopraggiunte necessità di tipo statico per l'assenza di contrasti alla parete destra della chiesa - il saggio è stato realizzato con risparmi di terreno, pur riconoscendo che in tali risparmi sono celate ulteriori ed apprezzabili informazioni stratigrafiche.

Le strutture di fondazione della casa canonica - superficiali, ad archi dritti - assieme al confine del lotto, hanno delimitato il saggio del settore occidentale; quest'area ha costituito, nel dopo terremoto, un comodo spazio per lo scarico di detriti e immondizia.

Campionatura dei paramenti murari:a) tompagnatura del protiro, b) muro perimetrale della chiesa seicentesca, c) abside destra chiesa altomedievale.

a) b) c)

Durante le fasi iniziali dello scavo, dopo aver osservato la stratigrafia, visibile 20

in una trincea scavata parallelamente alla parete occidentale della chiesa, - si è deciso di utilizzare un piccolo mezzo meccanico, al fine di rendere più agevole l'individuazione del piano d'uso della cantina sottoposta alla predetta abitazione.

Gli altri settori, indagati stratigraficamente, sono stati rispettivamente: l'ambiente IV nel settore NW, un vano di modeste dimensioni posto a destra dell'ingresso alla cantina, che ha restituito un livello d'uso, in parte demolito durante la rimozione delle macerie; l'ambiente III nel settore SW, indagato solo parzialmente (pulizia superficiale e messa in luce del muro in pietra calcarea a confine del lotto) e il settore SE, alle spalle del presbiterio, un saggio di scavo di piccole dimensioni, che ha esaminato, esclusivamente, lo stato di conservazione delle strutture di fondazione dell'edificio, limitato, dunque, sia in estensione che in quota alle necessità del cantiere di restauro.

Il settore di NW, aperto frontalmente alla chiesa, è stato, invece oggetto di maggiore attenzione al fine di individuare l' ingresso originario della chiesa altomedievale. L'indagine si è concentrata sul protiro, demolito nella parte strutturale di copertura a volta, e progressivamente rinterrato con materiale di risulta: calcina, pietrame calcareo e tufaceo, avanzi di muro con intonaci dipinti. Gli strati più significativi hanno restituito materiali di spoglio di età romana e altomedievale: un blocco di calcare locale con fregio a metope e triglifi e un frammento di pilastrino di epoca altomedievale decorato con tralci di vite. I blocchi erano riutilizzati entrambi come soglia all'ingresso della chiesa seicentesca. Contestualmente alla rimozione degli strati, è affiorata la muratura di tompagno che ostruiva l'ingresso antico, con sovrapporta affrescato.

L'area del protiro presenta almeno tre fasi costruttive: la fase originaria, caratterizzata dal piccolo portico sorretto da due colonne di granito, parzialmente emerse, di cui si intravede il collarino. Una seconda fase relativa

21alla realizzazione delle strutture di tompagno realizzate per lo più con pietrame di tufo e materiale di spoglio di età romana - come una piccola ara inglobata nella struttura muraria il contestuale prolungamento verso l'esterno dei muri perimetrali, al fine di recuperare spazio per la realizzazione di una scala in muratura, necessaria, per superare il dislivello formatosi a seguito del continuo interramento (depositi alluvionali post eruttivi) dell'area - terza fase.

21Le pareti di tompagno sono dipinte con scene della passione

di Cristo. Una datazione appros- simata basata, al momento, esclu-

sivamente su confronti stilisti ci porta a datare queste pitture ad un periodo compreso tra il XV e XVI secolo. Sulla zoccolatura sono da segnalare alcuni graffiti, di complessa interpretazione.

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20Il deposito era costituito da uno strato omogeneo, partico-

larmente voluminoso, di sfab- bricina e rifiuti contemporanei.

Il saggio di scavo nell’area nord occidentale, le strutture del protiro ed ambienti contigui(foto G. Mollo, novembre 1999)

25

Fondamentale importanza ha rivestito l'indagine compiuta all'interno della chiesa moderna, che ha consentito di raggiungere il livello di calpestio della chiesa altomedievale alla quota di meno - 4.40 m su cui sono evidenti i segni di

22abbandono, di modifiche e adattamenti.

In controfacciata, una fossa realizzata per l'intera larghezza della navata sinistra ed estesa all'interno per circa 2,40 m con presenza in superficie di resti ossei umani predispone per un possibile ossuario; il taglio di una trincea per consentire la movimentazione e la rimozione di una delle colonne in marmo da trasferire nella nuova fabbrica e, infine, nella navata centrale, l' impronta

23evidente di una botola (1,00 x 1,00 m) di accesso ad un ambiente interrato.

Anche le pareti hanno fornito indicazioni interessanti: quella della chiesa altomedievale, in controfacciata, conserva lacerti di affresco con scene agiografiche di Cecilia e Valeriano e sul pilastro corrispondente il volto di un

24santo, incredibilmente scampati ai rifacimenti di intonaco, su quella

settentrionale si è invece palesato l'arco di un vano di passaggio tompagnato con pietrame calcareo.

22 Lo scavo, realizzato per raggiungere il piano di calpestio della chiesa altomedievale - in uso sino alla prima metà del XVII secolo - è stato ostacolato dall’accumulo di pietrame calcareo di medie dimensioni,

notevolmente costipato, di conseguenza è stato difficoltoso seguire le interfacce degli strati del rinterro, se si esclude la fase di utilizzo come sepoltura, posta immediatamente al di sotto del livello del pavimento in battuto.

Per procedere al consolida-mento dell’estradosso delle volte delle cripte, quest’area era già stata parzialmente messa in luce nel 1986, per un profondità di circa 1,50m, in tale circostan- za furono rimossi in sequenza sia il livello pavimentale contem- poraneo che il cosiddetto livello di lapillo consolidato della chiesa, posto a quota - 0.70m, di cui restava traccia sotto la cantoria.

23Sia l’ossuario che la cripta non sono stati oggetto di indagine.

24 Le superfici delle pareti sono intonacate con una spessa malta grossolana di colore grigio - su cui è tracciata a carboncino una linea livello - inoltre, per una larghezza di circa 80cm, ad intervalli regolari, sono ancora visibili le appresature realizzate con una sorta di gradina, per la realizzazione di un nuovo strato di intonaco.

Pianta di strato, da notare i tagli sulla superficie pavimentale della chiesa (dis. Arch. L. Vitale dicembre 1998)

a) il muro di fondazione della casa canonica (US 132 - US 135)b) le strutture della cisterna (US 125) c) l’emiciclo esterno dell'abside destra (US 114)

a) b)

c)

Gli ambienti ipogei Si tratta di due ampi ambienti rettangolari voltati a botte e separati da un

muro portante (lunghezza media 4,67 m, larghezza media 3,53 m, altezza in chiave 3,50 m), che occupano le navate centrale e sinistra della chiesa di Santa Maria dè Carpinelli, i cui livelli pavimentali risultano essere stati sfondati per recuperare spazio per le sepolture. All'intradosso delle volte resta traccia in negativo dei panconcelli utilizzati per la costruzione. In entrambe vi è la presenza di ossa, in parte rimosse durante i lavori di consolidamento delle strutture. Oltre ad essere adibiti ad ossuari, tracce di chiodi e legno sono stati rinvenuti nella cripta sinistra, il che lascia presumere un utilizzo come sepoltura primaria. Le ossa e le bare vi venivano introdotte da due aperture ricavate nel pavimento, chiuse da lastre in pietra; quella a destra riutilizzava un

25pluteo frammentario di calcare decorato con una fitta maglia di rosette.

d) e)

d) il vano tompagnato sulla parete orientale della chiesa altomedievale (US 218)e) la parete di controfacciata dipinta (US209 - US 203)

f) il muro trasversale degli ipogei (US227)

25 L’andamento regolare e ripetitivo del suo ornato ricorda i decori marmorei del VI secolo presenti nella non lontana Cimitile, come un pluteo dall’ornato a pelte distribuite su più righe sovrapposte. Del corredo decorativo della chiesa altomedievale fanno parte anche altri elementi lapidei: frammenti di pilastrini decorati a volute, elementi floreali e tralci di vite.

26

27

Gli eventi naturaliParticolare attenzione, rivestono nel nostro sito, gli eventi associati alle

eruzioni: da quella cosiddetta di Pollena del 505 d.C., a quella del 1631, fino al 1906; diverse per intensità, ma tutte caratterizzate da più fasi eruttive e in particolare dalla deposizione di materiale piroclastico nel settore orientale delle pianura campana.

26L'evento sub-pliniano detto di Pollena avvenuto nella tarda antichità costituisce, anche per l'apporto significativo di fonti scritte contemporanee - sia sull'evento stesso, che sul recupero dell'area devastata - il livello di base su cui fonda l'episodio architettonico in questione.

Dalla mappa delle isopache, dei depositi da fall e delle alluvioni conseguenti all'eruzione, il territorio del vallo di Lauro appare interessato da spessori che

27variano tra i 30 e i 60 cm.Nel caso di Pernosano la sequenza piroclastica costituita dai prodotti

alluvionali è stata rilevata, in particolare, alla quota di - 5.90 m dal piano di campagna, al di sotto dell'absidiola destra della chiesa altomedievale. L'intera sequenza è notevolmente cementata e la struttura dello strato suggerisce un'

28origine per compattazione dei depositi saturi d'acqua.

Per quel che concerne l'eruzione del 1631(16-18 dicembre) recenti studi sono giunti alla conclusione che quest' ultima ebbe un meccanismo e una fenomenologia eruttiva particolare. L'analisi sedimentologica sui prodotti eruttati, l'indagine sui meccanismi eruttivi e una puntuale analisi storica delle fonti ha, infatti, portato a conclusioni di grande importanza., nell'eruzione del 1631 non furono emesse colate di lava, ma unicamente prodotti da caduta,

29colate piroclastiche e colate di fango.

I livelli di questa eruzione sono visibili, in particolare, sulla sezione di scavo, lasciata a vista, di fronte al protiro. La sequenza di caduta è stata rilevata alla quota di - 1.50 m dal piano di campagna, nel punto più elevato, per portarsi ad una quota di - 2.30 m nella parte centrale per poi risalire, assumendo un singolare andamento a conca. Lo strato si presenta costituito da prodotti piroclastici, spesso 10-15 cm., costituito a sua volta da 2 strati piano-paralleli,

Il muro di tompagno all’abside sinistra prima della riapertura parziale del varco, in primo piano il pilastrocon lacerto di affresco in corrispondenza del presbiterio della chiesa altomedievale,

a sinistra gli affreschi dei Santi Vescovi dipinti nell'abside (foto G. Mollo, novembre 1995)

26La datazione dell’eruzione è ancora dubbia. Infatti potreb- be essere avvenuta nel 472 d.C. secondo la notizia riportata nel Chronicon di Marcellino o, più probabilmente, nel 505 d. C. secondo le testimonianze del Paschale Campanum. G. Colucci Pescatori, Osservazioni su Abel- linum tardo antica e sull'eruzione del

472 d.C., In Tremblements de terre, éruptions volcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique,

Centre Jean Bèrard, Napoli, pp.121-141.

27La formazione consiste in una sequenza di livelli a lapillo coriaceo con abbondanti cristalli e litici, alternati a livelli cineritici da pyroclastic surge. Risultati preliminari di ricerche in atto sulla correlazione areale delle varie facies indicano che nell’area nolana l’unità basale è costituita da un numero varia- bile di livelli grossolani com- preso tra 4 e 8, intercalati da altrettanti livelli cineritici. I livelli a lapilli sono molto meno selezionati rispetto a quelli delle sezioni di riferimento, ed è presente un’abbondante frazio- ne cineritica intergranulare che conferisce una moderata coesione al deposito. Cfr. C.A.Livadie-G.Mastrolorenzo-G.Vecchio, Eruzioni pliniane del Somma Vesuvio e siti archeologici dell'area nolana, in Archeologia e Vulcanologia in Campania, Napoli,1998, pp.39-86.

28L’ipotesi di una successione di eventi alluvionali di grande estensione in rapida sequenza è confermata dalla corrisponden- za nel numero delle alternanze di livelli grossolani e fini, in siti distanti diversi chilometri, non- ché dall’assenza di rimaneggia- menti dei singoli strati alluvio- nali.

29 Si veda sull'argomento R. Santacroce, Somma-Vesuvius, in

Quadern i de La Ricerca Scientifica del CNR, n.114,

Roma, 1987; A. Nazzaro, L'eruzione del 1631 ed il collasso del Vesuvio in base alle analisi delle fonti coeve, in Rendiconto Società

prevalentemente di lapillo in matrice cineritica alternata a livelli cineritico-sabbiosi. Questo livello copre uno spesso strato di terreno (circa 1.90 m) con sepolture (individuate, ma non indagate) emerse nelle fasi di asportazione dello strato di terreno dal cavo di fondazione del muro di contenimento, a nord-ovest della chiesa. Si presume che il tipo di deposizione rilevato alla quota di - 1,63 e dello spessore di circa 8-10 cm - sia dovuto all'erosione superficiale della copertura piroclastica della vicina e acclive collina di Pestella, nella fase finale dell'eruzione costituita da fitte piogge e temporali con i conseguenti flussi di

30pomici rimaneggiate. Nell'eruzione dell’aprile 1906 (31 maggio-5 giugno) i prodotti piroclastici

caddero in direzione Est Nord Est, interessando prevalentemente gli abitati di Ottaviano, Somma e San Giuseppe Vesuviano, ma provocarono notevoli danni anche nell’agro nolano. Altri fenomeni concorsero ad aggravare i danni causati alla caduta di lapillo, in particolare le alluvioni di fango e cenere. Le fonti riferiscono che Lauro ebbe una superficie coperta dalla cenere pari a 3200 ettari

31e danni per una somma che ammontava a 1,6 milioni di lire.Lo strato di questo fango cineritico, in parte defluito anche all'interno del

cantinato, si evidenzia nella stratigrafia del sagrato alla profondità di circa 1.33 m per uno spessore di 10-15 cm.

30 Narra il Giuliani che le ceneri coprirono “le montagne di Lauro, Montevergine, d'Avella, di Visciano, della Rocca, d'Arienzo e d'Arpaia”.

L'acqua copiosissima, inondò tutto il piano di Palma, radendo al suolo quasi del tutto “da questa parte tre bei Casali della Città di Nola, Sirico, Santelmo e Saviano, come quella che dà monti di Visciano, del Gaudo, di Montevergine e d'Avella, per quel Casale della stessa Avella, che di Baiano ha il nome, ne menò intieramente via dall'altra Resigliano e Vignola, cò la metà di Cicciano”. Cfr. G. Giuliani, Trattato del Monte Vesuvio e de' suoi incendi, Napoli, 1632. Danni provocati dall'incendio del Monte Vesuvio nel territorio lauretano sono anche riportati in un Decreto del 1632 (Archivio del Consiglio Collaterale vol. 84 fo l .62t ) in F. Scandone, Documenti per la storia dei comuni dell'Irpinia, III Lauro e i casali, a cura di B. Figliuolo e P. G. Recu- pido, Comunità Montana del Vallo di Lauro e Baianese - Am- ministrazioni civiche di Lauro e del Vallo, Napoli 1983, p. 104.

Particolare della stratigrafia rilevata frontalmente al protiroDa osservare le unità stratigrafiche: US 253: livello dell’eruzione del 1631;

US 249: deposito alluvionale post eruzione; US 247: livello di cenere e bruciato connessoalla bonifica dell’area successiva all’epidemia di peste del 1656-1658.

28

Italiana di Mineralogia e petrologia, Vol. 43,1989; F. Marciano-A.Casale, Vesuvio 1631 L’eruzione alla luce di nuovi documenti, Napoli,1994.

31Cfr. A. Nazzaro, Il Vesuvio, Storia eruttiva e teorie vulcanologiche,

Napoli 1997, p.203.Tra le eruzioni che hanno

interessato la nostra area, si segnala anche quella dell'agosto del 1779, che pure dovette produrre conseguenze sul nostro sito. Nella descrizione del De Bottis la colonna eruttiva fu spinta da forti venti in quota verso est, che “seco trasportarono il fumo, la cenere, la rena, e le pomici che versava il monte, nelle contrarie parti; e le suddette materie caddero, benchè non in gran copia, in Ottaiano, in Palma, in Lauro, in Nola, in Avella, in Mugnano, in Monteforte, in Avellino, e in altri luoghi più lontani.” Cfr. G. De Bottis, Istoria di vari incendii del Monte Vesuvio, Napoli 1786, pp. 227-228.

29

L’area cimiterialePer quel che concerne lo scavo dell'area cimiteriale situata a SW che utilizza

l'area di sedime della navata destra e le aree prospicienti, non è stato possibile eseguire, sia per l'eseguità dei tempi che delle risorse uno vero e proprio scavo antropologico pertanto si è fatto il possibile per poter raccogliere il maggior numero di informazioni sui resti scheletrici rinvenuti all'interno dell'area cimiteriale. Le sepolture sono state documentate con l'ausilio di fotografie e di rilievi anche se non è stato possibile conservare in loco i resti scheletrici, trasferiti successivamente nel locale cimitero.

Prima di smontare i resti, per ogni sepoltura è stata realizzata una scheda, in cui si è semplificata la descrizione dei resti scheletrici e nella quale è stata descritta la posizione complessiva del corpo, l'orientamento e quindi, seguendo l'ordine anatomico, le ossa presenti al momento del rinvenimento, rilevando per quanto possibile quali e quante connessioni si erano mantenute, quali i limiti della fossa (dove evidente), al fine di relazionare i resti scheletrici tra loro e con le altre sepolture, cosa non facile per il continuo sovrapporsi delle

32sepolture stesse e per l'impossibilità di effettuare uno scavo in estensione. Si tratta, per lo più, di sepolture multiple, pertanto con una maggiore difficoltà di interpretazione, rispetto alle sepolture individuali. La determinazione del sesso è stata effettuata, quando possibile, basandosi sui caratteri del coxale e

33del cranio.La difficoltà maggiore ha riguardato la determinazione dei tempi di

deposizione dei diversi individui, che è apparsa compiersi in più fasi distinte:

32 L’alta frequentazione dell’ area ad uso cimiteriale, unita alla mancanza di strutture tombali in muratura, ha determinato una difficile situazione di scavo e di recupero del materiale scheletri- co. Numerosi sono risultati, infatti, i tagli, le asportazioni di sepolture o di parti di esse, e la presenza di ossa sparse nel terreno o all’interno di altre

fosse.

L’area cimiteriale, pianta di strato (dis. Arch. L. Vitale dicembre 1998)

33 J.E.Buikstra, D.H. Ubelaker, Standards for data collection from

human skeletal remains, Archeo-,

logical Survey Research Series44, Fayetteville, 1994.

a) Le sepolture maschili (A-H)b) l’area di scavo: affioramenti di deposizioni rimaneggiate sotto il piano

di calpestio del livello cantinato della casa canonica.

a) b)

ordinate e regolari all'interno del perimetro corrispondente all'area di sedime della navata destra e per lo più disar ticolate e sovrapposte quelle immediatamente al di fuori di quest'area. Sono stati rinvenuti in totale i resti scheletrici di 24 individui di cui solo la metà risulta ben rappresentato, tutti sepolti in piena terra. E' stato possibile determinare il sesso di 12 individui (9 maschi, 3 femmine) con un rapporto maschi/femmine di 3 che non rispecchia, a nostro parere, la reale situazione biologica. I resti scheletrici di 2 individui (Ind. AA-AB) sono stati rinvenuti all'interno della chiesa. Gli altri resti scheletrici sono stati rinvenuti all'esterno, con orientamenti diversi, al di sotto del livello cantinato della casa canonica. In particolare, nel saggio di scavo della navata destra in controfacciata è stata individuata una fossa con sepolture multiple, mentre nelle altre aree si sono in successione, evidenziate, sia sepolture affiancate, che una sepoltura singola (Ind. V), in prossimità dell'absidiola destra, deposta in senso longitudinale sul livello pavimentale della chiesa, tutte le altre sepolture sono state realizzate in fosse comuni o in

fosse scavate per necessità. Singolare la deposizione di un individuo (Ind. D=M) deposto con la schiena sul piano della fossa e gli arti inferiori poggiati sul bordo della stessa.

Le sepolture, tutte in deposizione primaria, hanno subito rimaneggiamenti posteriori dovuti all'azione antropica, alcune parti scheletriche risultano, di fatto, spostate o rimosse; in particolare si è potuto verificare che lo spostamento delle parti scheletriche è stato causato dall'esigenza di far posto alla deposizione di un secondo o più individui, con la conseguente riduzione degli scheletri. In un caso (Ind. H), invece, la presenza di una fossa sub circolare provocata dalla benna di un escavatore ha intaccato pesantemente la sepoltura, tranciata di netto al livello del bacino.

Si è orientati a datare questa fase cimiteriale a partire dalla seconda metà del XVII secolo. Depongono a favore di questa cronologia il limite dettato dalla costruzione del muro della chiesa seicentesca (US100), e l'utilizzo per sepolture del livello d'uso della chiesa antica appena dopo la sua ricostruzione (Ind.V), diversamente, lo sfondamento - per la realizzazione di fosse comuni - del livello pavimentale di entrambe le navate laterali in controfacciata, depone per una fase che precede l'abbandono dell'edificio religioso, che in questa fase, in maniera dubitativa, possiamo collocare tra la fine del XVI e gli inizi del XVII

secolo; tuttavia i reperti provenienti dall'inumazione dell'individuo (Ind.O=Q), rispettivamente un braccialetto in rame e un bottone a fuso in osso confermano la continuità d'uso dell'area cimiteriale, al più tardi, fino alla

34seconda metà del XVIII secolo.

L'estensione effettiva del cimitero è ancora tutta da verificare, anche se molti indizi, tra cui il rinvenimento di ossuari nell'area prospiciente il protiro, lasciano intuire un'occupazione funeraria per lo meno di tutta la fascia circostante l'edificio religioso e forse anche oltre, almeno a partire dal XIV secolo (dato provvisorio desunto dall' associazione con reperti ceramici). Se questa fosse effettivamente la cronologia di queste sepolture, potremmo pensare allo sfruttamento dell'area per seppellire cadaveri lontano dall'abitato di Pernosano, molto prima che venisse utilizzata l'area cimiteriale associata alla ricostruzione del nuovo edificio religioso.

Le modalità di deposizione dei corpi individuati nell'area cimiteriale SW, in particolare al di fuori della navata destra, e nell'ossuario di controfacciata, lascia aperta l'ipotesi di essere al cospetto di persone decedute a seguito di epidemie.

L'ager nolanus non era nuovo alle epidemie di peste, la prima del 1594 e la successiva dell'estate del 1600 sono documentate nel De morbo epidemiali del

34 Da notizie fornitemi verbal- mente dal parroco don France-

sco Addeo (†) risultano che a Pernosano vi erano due chiese per le sepolture: la chiesa della Confraternita, per i confratelli di

Pernosano, Pago e Sopravia,

fino al 1877 (anno di costruzio-

ne del cimitero); la chiesa parroc-chiale, per i non confratelli.

L’ultima sepoltura è datata 8 agosto 1869, un bambino di due

anni.

30

31

35medico Giovan Battista Cavallari. Ancora prima, dunque, del contagio del

361656-58, i cui danni demografici sono ampiamente documentati. A confortare tale interpretazione, il livello costituito da uno strato di calce e bruciato (US 254) osservabile nella colonna stratigrafica lasciata a vista di fronte al protiro, e quello appena sotto il piano di calpestio in terra battuta della cantina della casa canonica (US 154).

E' ipotizzabile che l'impianto del cimitero per le vittime della peste, abbia modificato sostanzialmente la stratigrafia in quest'area: non si rinvengono gli strati dell'eruzione del 1631, vengono scavate numerose fosse per ricevere i cadaveri senza un preciso orientamento che incidono in profondità, in alcuni casi per oltre un metro. Subito dopo l'epidemia, il piano è nuovamente livellato, bonificato, per essere definitivamente occupato dalla casa canonica, la cui

37presenza è già testimoniata nel 1829.

Il caso particolare della sepoltura pronaDurante la campagna di scavo del 1998, è stato messo in luce lo scheletro di

un uomo giovane, deposto prono (Ind. AA) - negli strati di riempimento - durante la fase di costruzione della chiesa seicentesca. All'epoca non eravamo in grado di valutare appieno le modalità di questo tipo di deposizione, ma alla

38luce di recenti studi è stato possibile formulare confronti e alcune ipotesi.

Nel nostro caso la volontarietà del tipo di sepoltura emerge chiaramente dall'analisi dalla posizione dello scheletro: la faccia è rivolta al suolo, le braccia sono parallele al corpo e le tibie sono incrociate al livello dei piedi (presumibilmente legati). In base alla persistenza delle articolazioni cosiddette labili si tratta sicuramente di una sepoltura primaria.

39Le attestazioni di questo rito in Italia risalgono all'età del Bronzo, all'età del

40Ferro e all'epoca romana, ma sono documentate anche in Francia, in 41Inghilterra e in Grecia.

Dall'analisi delle varie attestazioni si può ipotizzare che si tratta di un rito riservato a certi “morti particolari”, che durante la loro vita o in punto di morte erano stati segnati da un evento che li distingueva negativamente dal resto della popolazione. Questa diversità doveva persistere, anche dopo la morte, nella sepoltura. Le cause, che potevano portare alla scelta di deporre un cadavere bocconi, potevano essere di varia natura. Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che si potesse trattare di pratiche necrofobiche, volte cioè a neutralizzare il cosiddetto “ritorno” del defunto.

Ad esempio, i morti di morte violenta potevano interagire con i vivi per vendicarsi del torto subito. Anche la paura nei confronti di certi 'vivi' (epilettici, psicopatici, streghe o stregoni) era la spinta che determinava la scelta di deporli proni una volta “morti”.

3 5 C f r . M . C . C a m p o n e , “L’epidemia che vesso Nola e la Campania tutta” di Giovan Battista Cavallari, «KΛANION/CLA-NIUS» 5-6, 1996, pp.32-36.

36“Espone l’università di Lau- ro, con quelle dei casali, che «per causa del passato contagio è rimasta distrutta e desolata, es- sendone morti circa la metà dei cittadini». Con la Prammatica del 14 marzo 1658 s’era dispo- sto che si disgravasse alle terre contagiate la quarta parte dei Terzi dei fiscali di agosto e otto- bre 1657, e di quelli di agosto 1658. Si ordina al Percettore di obbedire a tali ordini generali”. (Archivio del Consiglio Collate- rale Partium Collat. vol. 517 fol. 40) in F. Scandone, op.cit., p. 114.

Sull’argomento si veda S. De Renzi, Napoli nell’anno 1656, Na- poli 1867, pp.338-349. In parti- colare i dati che riportano la pestilenza in Avellino e Princi- pato Ultra rilevati nell’opera di Giuseppe Zigarelli, Storia della cattedra di Avellino e dei suoi pastori, Napoli 1856.

37ASDN, Visita Pastorale di Mons. Gennaro Pasca, risposte ai quesiti del Parroco D. Vincenzo Nappi, 5 agosto 1829,

f.242H.

3 8 Cfr. A.Vitiello,“Pieve di Pava”, primi dati antropologici e

paleopatologici (XI-XII secolo), l ’ a r t i co lo r i f e r i sce de l l e campagne di scavo del 2004-2005, ed è disponibile su:

Paleopatologia. i t , http://www.paleopatologia.it/articoli/aticolo.recordID=158.

39 L. Salzani, La Necropoli dell’Età del Bronzo di Olmo di

Nogara (Verona), Verona 2005; C. Corrain, M.Capitanio, L.Fasani,

Un inumato in posizione bocconi nella necropoli Enea di Franzine Nuove di

Villabartolomea (Verona), «Qua-derni di Antropologia ed Etno-

logia», 4,1967,pp. 145-148.

40 S. Sublimi Saponetti, V.Scattarella, Probabili pratiche necrofobiche intombe della prima Età del ferro (IX-VII sec. a.C.) a Capo Colonna (Trani, Bari), Atti del XV

Particolare delle deposizioni degli individui M e N e A e H

Un altro modo per spiegare le sepolture prone è quello di farle rientrare nella ritualità delle esecuzioni. Le persone giudicate colpevoli di qualche misfatto, erano punite in vita con l’esecuzione e nella morte con la deposizione bocconi, ritenuta una forma finale di disprezzo.

Numerosi casi di esecuzione e di successiva sepoltura prona sono stati riscontrati nella fase più recente del sito inglese di Sutton Hoo, in Inghilterra,

42datata dall’VIII all’XI secolo.In alternativa si poteva usare la stessa deposizione prona come punizione

mortale, seppellendo vivo il condannato. Una tale pratica è stata ipotizzata nel caso della donna trovata sepolta prona con un masso sul dorso, nel cimitero

43Anglo-Sassone di Sewerby, nelloYorkshire.

42 M. Carver, Execution burials of the eighth to eleventh centuries, in M.Carver, Sutton Hoo: A seventh-century princely burial ground and its

context, London 2005.

43 S.M. Hirst, An Anglo-Saxon inhumation cemetery at Sewerby east Yorkshire, York University Archaeological Publications 4,

York 1985.

32

Congresso di Antropologia (Chieti, 28-30 settembre 2003), Chieti 2003, pp. 479-488.

41 A. Tsaliki, Vampires beyond legend: a bioarchaeological approach,

Proceedings of XIIIth Euro- pean Meeting of the Paleopa-

thology Association, Chieti 2000, pp. 295-300.

La sepoltura (V) individuata sul piano pavimentale della chiesa

La sepoltura prona (AA) rilevata all’interno degli strati di riempimento della chiesa seicentesca

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NdA: Il contributo riprende la stesura originaria della r e l a z i o n e c u r a t a p e r i l

Convegno: I cantieri dellaconoscenza: valorizzare per conservare. La Chiesa di Santa

Maria Assunta in Perno- sano, aggiornamento sui lavori di restauro, che si tenne alla Certosa di San Giacomo di Lauro il 15 dicembre 2000.

Mi sono premurato di rive- dere le inesattezze o almeno quelle di cui mi sono avveduto e ho inserito le citazioni che avevo omesso. Nuovi sono, invece, il paragrafo sulla sepoltura prona e i riferimenti alle fonti della prima metà dell’Ottocento e del secolo scorso, conservate presso l’Archivio Storico Diocesano di Nola (ASDN). Ho desiderato, inoltre, far precedere il saggio da una sintesi tratta dalla prefazione che il professore Francesco Gandolfo ha scritto per il volu- me su S. Maria Assunta, pubbli- cato di recente, a cui va, ancora una volta, la mia gratitudine.

Grazie infine all’avvocato Pasquale Colucci per l’incorag- giamento e per aver voluto ospi- tare questo contributo nella rivi- sta da lui diretta.

Premessa al materiale archeologico Nel corso dei sondaggi è stato rinvenuto un consistente quantitativo di

materiale archeologico comprendente marmi, intonaci e in particolare molti frammenti ceramici.

L'elevato numero di questi ultimi rapportato all'ampiezza dei saggi e al loro numero, rivela le enormi potenzialità conoscitive insite nel deposito stratigrafico rappresentato dall'area in questione. Il quadro cronologico che offre la ceramica rinvenuta è a largo spettro: da quella medievale (nelle sue produzioni policrome o di uso comune) a quella postmedievale e moderna (porcellana e a smalto).

Frammenti di fondo a disco pertinenti a forma aperta decorata con motivo zoomorfo. Colore verde ramina e bruno manganese su smalto stannifero grigio.

Protomaiolica (XIII-XIV secolo)

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