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Studi sulla Campania nell’Antichità
OEBALUS
Scienze e LettereROMA
5
2010
OEBALUS Associazione Culturale
OEBALUSStudi sulla Campania nell'Antichità
5, 2010
Pubblicazione annuale. Registrazione del Tribunale di Napoli, n. 68 del 22 settembre 2006.
DIRETTORE RESPONSABILE
Felice Senatore
COMITATO DI REDAZIONE
Marco Amitrano - Maurizio Bugno - Domenico Camardo - Eduardo Federico Alessandro Pagliara - Mario Russo - Eliodoro Savino - Gianluca Soricelli
COMITATO SCIENTIFICO
Claude Albore Livadie - Rosalba Antonini - Dominique Briquel - Giuseppe Camodeca Renata Cantilena - Luca Cerchiai - Michael Crawford - Francesco De Angelis -
Natalie de Haan - Jens-Arne Dickmann - Massimo PoettoHenrik Mouritsen - Fabrizio Pesando - Felix Pirson - Paolo Poccetti - Carlo Rescigno
Giovanna Rocca - Timo Sironen - Gianluca Tagliamonte
OEBALUS - Associazione Culturale e Casa EditriceVia S. Costanzo, 8 - 80073 Capri (NA)
Grafica e impaginazione: Felice Senatore
© 2011 SCIENZE E LETTERE DAL 1919 S.r.l. UNIPERSONALE già Bardi Editore, Via Piave, 7 - 00187 Roma - Tel. 064817656 - Fax 0648912574.www.scienzeelettere.com - emai: [email protected]
ISSN 1970-6421ISBN 978-88-88620-95-4
INDICE
CARLO DE SIMONE, Etrusco arcaico (Caere[?], VII sec. a.C.) Numasia(na) prenestino Numasio-: chiuso ormai un annoso dibattito
CARLO RESCIGNO, Tre gorgoni campane
FRANCESCO NAPOLITANO, Alcune note sulla ricezione e acquisizione di manufat-ti italici a nell’Orientalizzante medio e recente
CHRISTIANE NOWAK, I balsamari nel rituale funerario degli insediamenti campani
ENRICO ANGELO STANCO, Alife sannitica: nuove acquisizioni storico-topografiche (in appendice: relazione Dall’Osso del 18.06.1907)
MICHAEL H. CRAWFORD, The provenance of Vetter 19
FABRIZIO RUFFO, L’insula sud-occidentale del cosiddetto ‘impianto urbano’ di Stabiae. Nuovi dati dalla recente campagna di scavo (2009)
HEIKKI SOLIN, Nuove iscrizioni di Capua II
SIMONE DI MAURO, Un gruppo di anfore a fondo piatto da Alife
LUIGI DI COSMO, Alife (CE). Ceramiche medievali dall’area del mausoleo romano di Piazza XIX Ottobre
Recensioni: F. Russo, Pitagorismo e Spartanità. Elementi politico-culturali tra Taranto, Roma ed i Sanniti alla fine del IV sec. a.C. (AMEDEO VISCONTI) - C. Ebanista, M. Rotili (edd.), La Campania fra tarda antichità e alto medioevo. Ricerche di archeologia del territorio (ANNA SMERAGLIUOLO PERROTTA) - T.D. Stek, Cult Places and Cultural Changes in Republican Italy. A Contestual Approach to Religious Aspects of Rural Society after the Roman Conquest (DARIO PANARITI) - G. Boccadamo, A. Illibato (edd.), Domenico Mallardo. Studi e testimonianze (MARIA AMODIO) - E. Triantafillis, Le iscrizioni italiche dal 1979. Testi, retrospettiva, prospettive (LOREDANA CAPPELLETTI)
Abstracts
~
Kymē
53
7p.
111
83
143
173
177
241
289
301
325
367
Christiane Nowak
I balsamari nel rituale funerario 1degli insediamenti campani
INTRODUZIONE
2In Grecia i balsamari rappresentano, fin dall’età micenea, una componente
stabile dei corredi funerari. In effetti, la stessa epica omerica non lascia adito a
dubbi circa il fatto che cospargere la salma di olii balsamici costituisse un momento
imprescindibile del geras thanatÜn, l’insieme dei segni di rispetto dovuti al 3
defunto .
Di contro, non se ne riscontra traccia nei riti funerari documentati per la prima 4
Età del Ferro negli insediamenti campani . È solo con la fase orientalizzante, ossia
dall’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C., e con la nuova apertura nei confronti delle
influenze culturali provenienti dal Mediterraneo orientale, che i balsamari fanno
per la prima volta la loro comparsa anche tra i corredi nelle necropoli 5
dell’entroterra campano, sotto forma di aryballoi italo-geometrici , protocorinzi o, 6
ancora, corinzi . Terminate le importazioni corinzie intorno alla metà del VI sec.
a.C., dopo una breve fase di transizione a cavallo del V sec., come contenitori per
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutata nella redazione di questo contributo, discutendo con me le tesi presentate o collaborando alla traduzione in italiano: Anna Anguissola, Andrea Babbi, Annarita Doronzio, Kristine Iara, Patric Kreuz, Richard Neudecker, Sabine Patzke, Marina Sclafani und Ellen Thiermann. In particolare, la mia gratitudine va ad Anna Anguissola, per aver curato la revisione formale del testo, nonché ad Ellen Thiermann, per la proficua discussione e per avermi messo gentilmente a disposizione il materiale ancora non pubblicato di Capua.
1 Il presente contributo è basato su osservazioni formulate nella mia tesi di dottorato e sul tema “Processi di trasformazione nelle usanze funerarie delle colonie greche in Italia meridionale” (Università di Colonia, 2010).
2 Di seguito s’intende, per balsamari, quelle forme vascolari che condividono i caratteri morfologici di un collo molto stretto e un corpo più ampio, dalla linea ora allungata, ora globulare. Esulano, invece, dalla materia del presente contributo altri recipienti di norma rubricati in questa stessa categoria - quali, ad esempio, pissidi o exaleiptra - adatti alla conservazione di unguenti dalla consistenza più solida.
3 Hom. Od. XXIV 189 ss. 4 Cfr. per esempio D’Agostino - Gastaldi 1988; De Natale 1992; Cuozzo 2003; Johannowsky 1983.5 Cuozzo 2003, p. 59, fig. 3.6 Johannowsky 1983, tav. 17 b, 18 a, 19 a, 28, a bis, d.
unguenti presero ad essere importate soprattutto lekythoi attiche. In aggiunta si
trovano, seppure in numero notevolmente più modesto, alabastra in alabastro o
imitazioni fittili, così come aryballoi in cuoio, dei quali si conservano le
imboccature metalliche. Fino al pieno V sec., nella pratica funeraria campana i 7
balsamari sono testimoniati in prevalenza come beni d’importazione .
Una sintesi delle ricerche finora dedicate a questa classe di materiali rivela come
il loro significato potenziale negli usi funerari di ciascun insediamento debba
indagarsi, entro una varietà di piani semantici, sulla base del contesto individuale.
In combinazione con strigili, i balsamari vengono a simboleggiare la sfera 8
agonistica e l’ambito della palestra , mentre insieme a specchi e oggetti ornamentali 9
alludono piuttosto al mondo femminile e alla cura del corpo . Un aspetto ulteriore è
legato all’adempimento delle prescrizioni rituali - dall’aspersione di olio sul corpo 10
del defunto, alla cura regolare della tomba . Ne consegue, dunque, come ai singoli
recipienti non debba, di necessità, attribuirsi una funzione univoca e specifica nella
pratica funeraria, quanto piuttosto un significato di per sé polivalente e variabile a
seconda del contesto.
Questo contributo intende chiarire in qual misura le diverse forme di balsamari 11
fossero strumentali a comunicare differenti valori e significati . Per affrontare
questo interrogativo è necessario, da un lato, uno spoglio delle fonti letterarie
antiche, dall’altro uno studio delle dinamiche associative dei materiali nella sfera
concreta dei contesti funerari. La tradizione scritta permette infatti di cogliere
alcune sfumature nell’uso di aryballoi, alabastra e lekythoi nella vita quotidiana,
autorizzando quindi determinate inferenze anche per quanto riguarda la sfera
funeraria. L’analisi archeologica, invece, si concentra sui case studies delle
necropoli negli insediamenti campani di Pontecagnano, Capua e Poseidonia, dove
7 Solo con estrema prudenza può adottarsi il nome di lekythoi, come proposto da Johannowsky (1983, tomba 281 tav. XII) per alcune produzioni locali dell’Età del Ferro, di recipienti con collo allungato e pancia globulare. Rimane infatti da chiarire in quale misura si trattasse effettivamente di contenitori dell’olio e non, piuttosto, di semplici bottiglie. Tra gli impasti di tradizione locale, come anche nel bucchero campano e nella ceramica campana a figure nere, non s’individua alcun pendant degno di nota ai veri e propri balsamari. Le uniche eccezioni sono rappresentate dagli aryballoi etrusco-corinzi prodotti a Pontecagnano (Cerchiai 1990) e da tre forme di aryballos di produzione locale, a bucchero e acroma, ascrivibili all’orizzonte cronologico del VI sec. (Cuozzo - D’Andrea 1991, tipi 24 A , 48 A , 41 A).
8 Sull’ideologia della palestra: Lippolis 1990; Id. 1997, p. 12. In Kurtz - Boardman 1985, p. 246 si rammenta come l’attrezzatura di base per la palestra consistesse in uno strigile e in una fiaschetta per l’olio.
9 Per esempio: Cipriani 1989, p. 79; Cerchiai 1982, p. 291.10 Lambrugo 2005, p. 87; Schauenburg 1972, pp. 282, 288 ritiene che l’alabastron (quantomeno
quello fittile) fosse assurto, in Magna Grecia, allo stesso ruolo svolto ad Atene dalla lekythos, con un riferimento generale alla sfera funeraria e, in particolare, all’estrema dimora di una donna.
11 Per gli alabastra: Elia - Cavallo 2002; Cavallo 2004.
CHRISTIANE NOWAK112
lo stato attuale delle pubblicazioni permette di vagliare con cura l’uso di questi
recipienti in prospettiva diacronica e sincronica. Sulla base delle configurazioni
d’uso tipiche per uno dei due sessi o per una certa fascia d’età, così come in virtù
della topografia dei corredi nella tomba, è possibile individuare alcuni modelli in
grado di fornire chiavi di lettura concrete circa la semantica di questi vasi.
Al fine di valutare l’impatto delle importazioni attiche - come le lekythoi - in
Campania, gli usi funerari di Atene costituiscono un punto di riferimento decisivo.
In concomitanza con l’affermarsi della lekythos nel rito funerario ateniese lungo il
VI e V sec. e con il ruolo centrale che tale forma vascolare venne allora ad
assumere, si constata infatti un drastico mutamento nell’ideologia che permeava la
pratica funeraria in quella città. Nelle pagine che seguono, si affronterà anche il
nodo rappresentato dalla possibile comunicazione in Campania, contestuale
all’entrata in uso del recipiente, anche della componente ideologica relativa al rito
funerario ateniese. Questo problema verrà discusso in apertura della sezione
archeologica del saggio, così da stabilire una trama di confronti diretti con il
significato della lekythos attica e delle altre forme vascolari analoghe.
LE FONTI LETTERARIE: TERMINOLOGIA - MORFOLOGIA
Sulla base delle loro caratteristiche morfologiche comuni - rappresentate da un
collo molto stretto e da un corpo a bulbo - lekythoi, alabastra e aryballoi sono
raggruppati entro la categoria generale dei recipienti per olio e unguenti, ossia dei
balsamari. Per quanto una tale nomenclatura, al servizio della sistematizzazione
scientifica, sia stata desunta dalle fonti letterarie antiche, queste ultime non
rivelano affatto la consistenza univoca che la terminologia archeologica lascerebbe
supporre.
Il termine lékythos trovava impiego, nella letteratura antica, per qualsiasi 12
recipiente dotato di un collo stretto . I testi si mantengono straordinariamente
parchi d’informazioni a proposito del vaso con questo nome, limitandosi a fornire
notizie alquanto generiche sul suo aspetto. Così, Teofrasto descrive la lekythos con 13
l’aggettivo stroggúlos - rotonda, panciuta e tozza , mentre altri passi, che
riferiscono come la lekythos venisse trasportata fissandola al polso e come negli
spazi interni si usasse appenderla al muro, ne attestano implicitamente la 14
maneggevolezza .
12 Angermeier 1936, p. 7. 13 Theoph. charakt. XXI 15.14 Athen. X 451 d.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 113
15 16Per quanto riguarda i materiali delle lekythoi, sono citati oro , argento e
17cuoio . All’argilla non si fa esplicita menzione, benché l’esistenza di lekythoi fittili
si possa dedurre sulla base di un nutrito insieme di fonti che narrano dei rituali 18
funerari e del ruolo svoltovi da questi vasi . Del pari, la collocazione delle lekythoi
presso la tomba contiene un indizio ulteriore circa la loro forma, poiché
evidentemente dovevano possedere un piede che ne garantisse la stabilità. In queste
descrizioni, dunque, può riconoscersi con un alto grado di verosimiglianza quello
stesso tipo che anche nella letteratura specialistica è generalmente definito come
lekythos. È pur vero, tuttavia, che la terminologia antica non dispiegava la stessa
precisione tassonomica delle classificazioni moderne e, di conseguenza, in senso
archeologico non deve intendersi con lekythos una precisa forma vascolare, quanto 19
piuttosto una sorta di termine generico per “contenitore da olio” .
Tra le tipologie di balsamari si annoverano, nelle classificazioni degli
archeologi, anche gli aryballoi. Questo vocabolo compare molto raramente nelle
fonti letterarie classiche di V sec. Ad esempio, in un verso dei Cavalieri di
Aristofane, Atena è visualizzata nell’atto di versare ambrosia sul Demo attico da un 20
aryballos . L’unica descrizione davvero precisa è fornita da Ateneo, nel ‘catalogo’
dei vasi che compone l’undicesimo libro dei suoi Deipnosofisti: una tazza dal corpo 21
ampio, con il collo molto più stretto . Qualora si prendano invece in esame le
occorrenze tardoantiche del termine, balza agli occhi come non se ne faccia mai
menzione insieme ad altri contenitori per unguenti. Polluce lo annovera tra gli
attingitoi impiegati per le abluzioni e del resto già Aristofane, come s’è visto, citava
l’ambrosia quale suo contenuto. Alla luce di questi indizi, gli studiosi hanno 22
dubitato del fatto che si trattasse effettivamente di un recipiente da olio .
I vasi che il lessico degli archeologi definisce aryballoi sarebbero stati, al
contrario, chiamati lekythoi dai loro contemporanei, come risulta dai graffiti che 23
talora si leggono sulle loro pareti . Con ogni evidenza, la moderna nomenclatura
scientifica non corrisponde ai concetti antichi, ma è ragionevole supporre che,
nell’uso linguistico dell’epoca, gli aryballoi non fossero affatto vasi per la
15 Hom. Od. VI 79; Athen. XV 129 a.16 Athen. X 451 d.17 Athen. XIII 584 s.; Plut. Sull. 124, 3.18 Aristoph. Eccl. 996 ss.; scholion ad Arisopht. Eccl. 538. 19 Così anche Mauermayer 1985, pp. 60 ss.20 Aristoph. Equ. 1094. Cfr. Mauermayer 1985, p. 62. 21 Athen. XI 783 s.22 Mauermayer 1985, p. 63.23 Mauermayer 1985, pp. 63 ss. adduce ad esempio 4 iscrizioni, attribuibili per lo più ai proprietari,
che consistentemente descrivono come lekythos un vaso in cui la moderna tassonomia scientifica riconoscerebbe la forma di un aryballos.
CHRISTIANE NOWAK114
conservazione di unguenti. Al contrario, nel caso della forma vascolare denominata
lekythos, le iscrizioni non lasciano adito a dubbi circa il fatto che il suo contenuto 24
abituale consistesse di olio balsamico . Sulla base di tali conclusioni, nelle pagine
che seguono si utilizza il termine aryballos soltanto per descrivere una specifica
forma vascolare, così com’è codificata nel linguaggio della comunicazione
scientifica. In questa sede, poi, non si affronta nello specifico il corpus delle fonti
che ne illuminano il contesto funzionale nella sfera quotidiana.
Come terzo tipo di balsamario, nei contesti funerari fanno la loro comparsa gli 25
alabastra . Questi sono attestati con una certa frequenza nelle fonti antiche e,
diversamente dagli altri vasi per unguenti, è possibile trarne un’immagine
sfaccettata del loro uso e fisionomia. Si deduce che le loro principali caratteristiche
morfologiche fossero la mancanza di una presa, la base arrotondata che ne 26
impediva l’appoggio autonomo, il corpo longilineo e allungato, a goccia , e infine
la levigatezza della superficie. Quanto al materiale, a più riprese è indicata la pietra 27
e solo fonti più tarde nominano anche vetro e, talora, oro , mentre non si
menzionano imitazioni fittili. Bisogna dunque ammettere che nella definizione di
alabastron convergesse una simbiosi di forma e materiale e che, dunque, con
questo nome le fonti si riferissero di norma a vasi in pietra. La categoria degli
alabastra fittili, prodotti tanto da botteghe attiche quanto da officine ioniche come
imitazione di quelli in pietra, conobbe una breve esistenza di soli 200 anni, al 28
contrario dei suoi modelli, la cui origine risale all’Egitto del Regno Medio .
L’adozione di questa forma vascolare nella regione egea deve collocarsi intorno al
VII sec., epoca cui si datano alcuni contesti di rinvenimento per alabastra in
alabastro a Rodi e a Cipro, pertinenti a corredi funerari. In un momento molto
vicino, in queste necropoli furono introdotte anche le loro trasposizioni in 29
terracotta . Del pari, in Italia, le necropoli etrusche hanno restituito imitazioni in 30
bucchero di alabastra in terracotta samii o rodii . Per quanto riguarda l’area
campana, tuttavia, di alabastra in bucchero non si conoscono a tutt’oggi
attestazioni.
24 Come materia del contenuto, le iscrizioni indicano cuprum = rame e ruta (contro i malesseri femminili).
25 La più recente pubblicazione dedicata alla produzione attica di alabastri fittili è Luchtenberg 2003. Di particolare rilievo, a proposito delle fonti letterarie e delle testimonianze iconografiche per questa forma vascolare, è il lavoro di Mauermayer 1985.
26 Plin. N.h. IX, 113. 27 Mauermayer 1985, pp. 51, 55.28 Mauermayer 1985, p. 51; Luchtenberg 2003.29 Mauermayer 1985, p. 13. 30 Mauermayer 1985, p. 13, n. 78.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 115
SIGNIFICATO E FUNZIONE NELLA VITA QUOTIDIANA
In virtù delle considerazioni testé formulate a proposito del termine aryballos,
l’analisi della funzione e dell’uso di questi recipienti nella vita quotidiana è
circoscritta a lekythoi e alabastra.
Per quanto riguarda la lekythos, le fonti letterarie documentano il suo uso nel 31
contesto funerario, senza tuttavia fornire dettagli più precisi in merito . Nel
complesso, si apprende che gli ateniesi avevano maturato la consuetudine di
collocare questi recipienti in corrispondenza della tomba, ossia di versarne il 32
contenuto d’olio sopra il sÂma del defunto . Altri passi menzionano le lekythoi 33 34
come utensili da viaggio , bottiglie per cosmetici a base di balsami profumati , 35 36
oggetti di uso domestico o ancora adoperati nel ginnasio . È già stato a più riprese
sottolineato come dietro tutti questi testi non debba, per forza, ravvisarsi la forma
canonica della lekythos qual è codificata dal linguaggio scientifico. Soprattutto,
come strumento da viaggio doveva essere privilegiato un vaso in materiale leggero 37
e meno prezioso, probabilmente in cuoio, come accennano altre fonti scritte . La
lekythos di terracotta, così com’è nota in contesto funerario nella sua forma dipinta,
deve aver rivestito solo un ruolo secondario nella vita quotidiana. È ormai un dato
acquisito, infatti, che le lekythoi a fondo bianco adempissero una funzione
precipuamente legata al culto dei defunti; quanto a quelle a figure rosse e a figure
nere, al contrario, parrebbe necessaria una ricerca più approfondita circa gli insiemi
di rinvenimenti in santuari e insediamenti. Nel primo di questi ultimi contesti, le
lekythoi sono ampiamente conosciute e diffuse, mentre nell’altro, allo stato attuale
degli studi, risultano assai meno documentate. Secondo quanto indicano sia i già
citati graffiti sugli aryballoi, sia le testimonianze letterarie, il loro contenuto
doveva in genere consistere di elaion, semplice olio d’oliva, ma talora vi erano 38
conservati olii più pregiati, unguenti e profumi, cui si allude con la voce mýron .
Di contro, per quanto riguarda gli alabastra, nelle fonti letterarie sono ben 39
codificati quattro precisi contesti d’uso . Le fonti greche, soprattutto, citano un
31 Uno spoglio delle fonti è fornito in Mauermayer 1985, p. 59.32 Arist. Eccl. 538.; Plat. Hipp. min. 368 c.33 Plat. Hipp. min. 368 c; Aristoph. Frag. 207 (= Kock CAF I 443 Fr. 207).34 Aristoph. Frag. 205 (= Kock CAF I 443 Fr. 205) lekythos myrera; Aristoph. Av. 1589.35 Aristoph. Plut. 810.36 Demosth. Timokr. 736, 7. 37 Athen. XIII 584 ss.; Plut. Sull. 124, 3.38 Secondo Mauermayer, tuttavia, la maggior parte delle fonti collegano la definizione di lekythos
a un contenuto di semplice olio (elaion) e solo più raramente al myron.39 Angermeier 1936; Mauermayer 1985, pp. 43- 49.
CHRISTIANE NOWAK116
vaso con questo nome in frequente connessione con sovrani orientali o ellenistici,
nella fattispecie come dono per gli ospiti o suppellettile da simposio in lussuosi
ambienti di corte. Così, Erodoto riferisce che Cambise avrebbe inviato al re degli 40
Etiopi, insieme a moltri altri doni preziosi, anche un alabastron . Quanto al
secondo impiego, in contesti simposiali, questi vasi sembrerebbero essere stati
adoperati ancora come doni per i convitati oppure a mo’ di obolo per la 41
partecipazione al banchetto . Due ulteriori sfere tematiche cui gli alabastra
sembrano appartenere sono l’ambito del bagno e della cura del corpo, e il mondo di 42
Afrodite .
Le fonti scritte lasciano trasparire con chiarezza una specifica determinazione
sociale dell’uso, poiché questo tipo di recipiente non compare in alcun caso come
oggetto d’impiego comune per persone di umile rango o per i ceti popolari del V e 43
IV sec. . Quest’osservazione rende ancor più significativo il legame esclusivo
dell’alabastron con il myron, l’olio profumato più costoso e squisito, e mai, invece,
con il semplice olio d’oliva. Sulla base delle testimonianze letterarie, dunque,
all’alabastron deve attribuirsi il carattere di bene di prestigio, circostanza che lo
distingue nettamente dalla lekythos, ben attestata anche in contesti ordinari e
domestici.
Un’altra, immediata, differenza è costituita dall’assenza, nelle fonti letterarie,
di un qualsivoglia legame tra la forma vascolare dell’alabastron e l’insieme dei riti
funerari. Questo dato, tuttavia, subisce un singolare capovolgimento allorché si 44
prenda in considerazione il repertorio iconografico della ceramica attica . Lì
l’alabastron risulta onnipresente nella messa in scena della pratica funeraria e
sembra ricoprirvi una funzione dominante.
Nel complesso, entro il ricco corpus dell’iconografia attica, gli alabastra fanno
la loro apparizione in quelle stesse sfere tematiche in cui risultano ben attestati
anche nella coeva produzione letteraria (ossia la sfera femminile, il bagno e la cura
del corpo, il mondo di Afrodite), ma anche a proposito di commercio dell’olio,
matrimonio, scene erotiche e culto dei morti. Di contro, l’associazione topica con il
potere dei dinasti orientali non parrebbe accolta nel repertorio iconografico.
Per quanto riguarda il culto dei morti, l’alabastron sembra esser stato 45
raffigurato in pressoché tutti i momenti delle onoranze funebri : compare in scene
di prothesis ed ekphora, nella processione funebre e tra gli ornamenti della tomba, o
40 Hdt. III 20.41 RE IV 2 (1931) col. 1092, s.v. sumbolh.v42 Mauermayer 1985, p. 48.43 Mauermayer 1985, p. 45.44 Mauermayer 1985, p. 109.45 Mauermeyer 1985, pp. 66-108.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 117
ancora è utilizzato nell’ungere la salma e persino la lapide - pratica che deve
intendersi come segno della cura del sepolcro. In alcune immagini, l’alabastron è
semplicemente collocato in corrispondenza della tomba. Il peculiare contrasto tra
le frequenti testimonianze figurative di alabastra in contesto funerario e il silenzio,
a questo stesso proposito, nelle fonti letterarie, potrebbe d’altronde essere
imputabile a un problema terminologico. Non è infatti escluso che l’uso dei
vocaboli alabstron e lekythos, da un determinato momento cronologico, non fosse
altrettanto specifico delle moderne categorie tassonomiche, ma che tra le lekythoi
fossero rubricati anche gli alabastra.
Una discrepanza di segno analogo tra testi e immagini si riscontra anche per
quanto riguarda l’assegnazione del recipiente, come attributo in certo modo tipico,
all’uno o all’altro sesso. Nelle fonti letterarie, infatti, non si osserva alcuna
specificità nell’uso relativamente ai ruoli di genere, in netto contrasto con i
documenti figurativi. Mauermayer ha rilevato come, nella tradizione iconografica
dell’alabastron fittile attico, esista una precisa e codificata attribuzione di genere,
poiché sembra far la sua comparsa esclusivamente in scene con una protagonista 46
femminile . Persino in due scene di palestra - situazione dove di norma figurano
solo personaggi maschili e il cui tipico recipiente per l’olio, nella tradizione
iconografica ateniese, è consistentemente identificabile con un aryballos - gli
alabastra compaiono proprio in concomitanza con l’inconsueta presenza di una 47
donna . Ovviamente, questa specificità, ricavata dal corpus della pittura vascolare
attica, non deve generalizzarsi al di fuori di quest’ambito, ma va ritenuta valida per
il solo contesto ateniese.
Questo rigido legame di genere per i balsamari, del quale si riconosce traccia
nella tradizione iconografica, trova forse una spiegazione e una chiave di lettura nel
giudizio fortemente svalutativo delle fonti attiche nei confronti degli olii 48
profumati . I testi concordano infatti sull’inopportunità, per gli uomini, di
profumarsi con il myron, considerandolo un segno biasimevole di rammollimento,
dando voce a una diffusa avversione che ebbe come risultato, addirittura, la
proibizione dei profumi e l’espulsione dalle città di quanti ne favorissero la 49
diffusione . È lecito immaginare che quest’ostilità contro gli olii profumati,
sostanze per le quali le fonti sono molto chiare nel presentare l’alabastron di
46 Mauermayer 1985, pp. 109-113.47 Alabastron a figure nere, Basilea, collezione privata. Vedi Mauermayer 1985, tav. 104, 1-2.48 Schmidt 1924; Mauermayer 1985, pp. 45-46.49 Xen. symp. 2, 3 s. fa pronunciare a Socrate un discorso estremamente polemico a proposito degli
olii profumati e del loro utilizzo. Ateneo riferisce del divieto di commercio dei profumi varata da Licurgo e Solone (Athen. XIII 612 a, XV 687 ss.), così come dell’espulsione dal territorio di Sparta di chi ne favorisse la diffusione (Athen. XV 686 ss., 687 a; Sol. nat. quaest. IV 13, 8).
CHRISTIANE NOWAK118
alabastro come il recipiente più adatto, sia dipesa in larga misura dalla loro
considerazione alla stregua di tipiche componenti dello stile di vita orientale.
Com’è noto, in oriente era consuetudine che non solo le donne, ma anche gli uomini
cospargessero il proprio corpo di essenze profumate. Questo costume fece il suo
ingresso anche nell’Atene del VI e V sec.: si racconta che gli ateniesi avessero preso
ad utilizzare con entusiasmo olii profumati e, sperimentata la novità, non fossero 50
assolutamente disposti a rinunciarvi . Il giudizio forzatamente negativo che prese
ad essere formulato nel V sec. traeva forse la sua origine dalla situazione
conflittuale tra greci e persiani - questi ultimi assurti a ipostasi dell’oriente nella sua
interezza. Non è escluso, pertanto, che la scomparsa dell’alabastron dalle
immagini di uomini rifletta proprio questo stato di cose.
ANALISI ARCHEOLOGICA: I BALSAMARI NEI CONTESTI FUNERARI
Atene
La presenza di balsamari nelle tombe ateniesi è attestata sin dalla fase cosiddetta 51
sub-micenea . In queste pagine, tuttavia, l’ambito d’interesse è circoscritto al lasso
di tempo compreso tra il periodo orientalizzante a quello classico (V sec.), ossia lo
stesso su cui verte, di seguito, il raffronto con l’ambito campano.
Balsamari sono presenti sia nel corredo che nelle c.d. Opferrinnen del
Ceramico, in relazione a ceramica da banchetto orientalizzante atta a rappresentare
gli ideali aristocratici della società ateniese, con la messa in scena di uno stile di vita
lussuoso - quell’habronsyne e tryphe cui fanno frequente riferimento le fonti 52
letterarie .
Dal VII al primo quarto del VI sec., i balsamari vengono importati
prevalentemente da Corinto nella forma di aryballoi. Caratteristica principale
dell’utilizzo di tale classe ceramica è, in questo periodo, il suo uso sporadico nei 53
contesti tombali, in associazione con un ricco corredo ceramico (fig. 1). Si tratta
quindi di un prodotto esclusivo la cui funzione, come del resto dimostrano le fonti 54
sopra citate e le iscrizioni sugli stessi aryballoi , doveva essere quella di
conservare preziosi olii profumati.
50 Athen. XV 691 c. 51 Cfr. Kurtz-Boardman 1985, p. 41, fig. 2a (tomba sub-micenea), p. 71 fig. 10 a-I (tomba micenea).52 Sul banchetto e sull’idoelogia del simposio in Grecia: Kistler 1999; Houby-Nielsen 1995.53 Houby-Nielsen 1995, p. 165 Tab. 14.54 Vedi nt. 23.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 119
Dall’inizio del VI sec. sono attestati nuovi tipi di balsamari quali lekythoi, 55
lydia e alabastra. Una delle più antiche lekythoi attiche è stata rinvenuta in una 56
tomba del Ceramico databile al primo quarto del VI sec. . Queste prime lekythoi 57
offrono confronti formali piuttosto stringenti con quelle samie . Houby-Nielsen ha
sottolineato come la comparsa della lekythos abbia comportato anche
l’introduzione di tutta una serie di innovazioni nel rito funerario, tra cui si annovera
l’entrata in uso di altre tipologie di balsamari, quali lydia e alabastra, così come il
passaggio dall’incinerazione all’inumazione. Le salme presero ad essere inumate 58
in tombe a fossa, le cui pareti erano rivestite di legno .
La combinazione nel corredo di lekythoi e lydia in queste tombe ricorre, nello
stesso periodo, in contesti funerari ionici. In base alle notizie delle fonti relative
all’utilizzo di queste due forme vascolari, è possibile inoltre stabilire - almeno per
la regione dell’Asia Minore - che vi fossero potenzialmente contenuti due tipi di 59
profumi . Del resto, è noto il loro legame con lo stile di vita ‘ionico’ e con quella
Athene, tombe con aryballoi
0
5
10
15
20
25
4 62 18 9 48 329 363 449
tombe
Qu
an
tità
varie
crateri
pyxides
potori
vasi da versare
piatti da mangiare
aryballoi
Fig. 1. Atene, Ceramico. Tombe con aryballoi, VII sec. a. C. Sull’asse delle ascisse sono indicati i numeri delle tombe. Dati da: Houby-Nielsen 1985, Tab. 14; Kerameikos VII, 2.
55 Balsamari di produzione orientale dalla forma molto aperta, simili a pissidi, di ampia diffusione negli insediamenti ionici.
56 Kübler 1959, p. 69, Tav. 103, “Grab L Brandgrab 580/570”.57 Cfr. de la Genière 1984, pp. 91-98.58 Houby-Nielsen 1995, p. 166, tav. 15.59 Per un repertorio di fonti si rimanda a de la Genière 1984, p. 94.
CHRISTIANE NOWAK120
cultura del corpo che esso sottintende, concetti per i quali gli antichi coniarono il 60
termine tryphe . L’introduzione della lekythos viene dunque posta in relazione con
altri elementi ionico-orientali come tumuli funerari e klinai, che sarebbero del pari
da intendersi come indicatori della cooptazione dell’ideale della tryphé nel rituale 61
funerario attico nel periodo 550-535 a.C. . In particolare, il tumulo G e il tumulo
sud del Ceramico sarebbero lo specchio di un tale vocabolario di riferimenti al 62
lussuoso stile di vita orientale . A una stessa tendenza erano improntati gli 63
atteggiamenti riscontrabili in altri settori della coeva vita culturale attica .
Un’analisi diacronica degli aspetti funzionali delle lekythoi permette di notare
un netto cambiamento nelle strategie del loro impiego intorno all’inizio del V sec.,
con ovvie conseguenze anche nella sfera semantica che le riguarda. Le prime
lekythoi attiche dell’inizio del VI sec., introdotte insieme ai lydia nel rituale
funerario, restavano legate, dal punto di vista funzionale, alla tradizione degli
aryballoi corinzi oppure dei lydia e delle lekythoi utilizzate in Ionia e destinate a
contenere costosi olii profumati ed essenze. Il loro significato è pienamente
comprensibile in relazione ad oggetti di lusso, quali le serie dei vasi da mescita,
potori e libatori, che testimoniano l’affermarsi di una cultura del banchetto e del 64
simposio , associati ad un raffinato stile di vita ‘orientale’.
La situazione parrebbe mutare verso la fine del VI sec., quando la produzione di
lekythoi a spalla separata e lo stabilirsi di questi vasi entro il repertorio della pittura
vascolare attica attestano un cambiamento nel loro utilizzo. In questo periodo, la 65
lekythos attica a figure nere sembra conoscere una straordinaria fortuna : è diffusa
in tutte le classi di età, sesso e condizione sociale, diventando l’offerta funeraria 66
dominante lungo tutto il V sec. . Altre tipologie di balsamari come alabastra, 67 68
exaleiptra e lydia compaiono nelle necropoli del Ceramico solo in misura 69
sporadica e all’interno di determinate finestre cronologiche .
60 Sulle testimonianze letterarie cfr. Nenci 1983, pp. 1019-1020.61 Così anche Houby-Nielsen 1995, p. 166.62 Houby-Nielson 1995, pp. 129-191. 63 Per esempio, nelle raffigurazioni vascolari appare improvvisamente e per un breve periodo di
tempo un elevato numero di scene di banchetto. Anche Ateneo I 18 B riferisce dell’introduzione del banchetto reclinato come causa dello stile di vita suntuoso ateniese.
64 Kistler 1998; Houby-Nielsen 1992.65 Houby-Nielsen 1995, p. 139, tav. 6 A.66 A questo proposito manca, a tutt’oggi, uno studio statistico dei dati; tuttavia, tale affermazione
rispecchia una communis opinio. Cfr. Götte - Kunze - Tanke 1999, 2; Houby-Nielsen 1995, p. 169, tav. 16 mostra la distribuzione per genere degli oggetti di corredo.
67 Per esempio in due tombe di bambino del primo quarto del V sec.: Knigge 1979, tomba 20 e 64.68 Comune nelle tombe della seconda metà del VI sec., non compare più nelle tombe di V sec. 69 Forme come lydia e exaleiptra verranno utilizzate solo nel VI sec. e nel primo quarto del V sec.
Alabastra sono noti sia in argilla che in pietra dalla fine del VI sec. alla seconda metà del V sec.. Per la
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 121
L’assunzione, da parte della lekythos attica, di un nuovo significato come
balsamario è strettamente legata alla sua uscita dal novero dei beni a carattere
elitario, diffondendosi in quasi tutte le sepolture, talora addirittura in molteplici 70
esemplari all’interno di un singolo contesto tombale . Del pari, muta anche la
posizione stessa del vaso all’interno della tomba: mentre gli aryballoi corinzi,
insieme agli altri elementi del corredo, erano collocati per lo più presso i piedi del 71
defunto, le lekythoi sono ora poste accanto alla testa oppure intorno al corpo .
Questi cambiamenti parrebbero sottintendere tanto una modifica nell’ideologia
funeraria, quanto una trasformazione semantica dell’offerta funeraria‚ lekythos.
Il mutamento ideologico deve intendersi in concomitanza con la scomparsa
dell’ideologia simposiale dominante nel VII-VI sec. Sebbene ancora nel V sec. sia
presente, nelle tombe, ceramica potoria come skyphoi e vasi per versare, non è più
necessario leggere in queste tracce un’esplicita “ideologia simposiale”. Vasi potori
e versatoi compaiono in numero estremamente ridotto, in esemplari di mediocre
qualità e, di solito, nelle sole tombe infantili.
Questa maggior parsimonia nelle cerimonie funerarie viene di solito messa in 72
relazione con la promulgazione di leggi suntuarie, intorno alla fine del VI sec. .
Ciò non inficia, tuttavia, la tesi che qui si espone di un cambiamento del significato
della lekythos nelle cerimonie funebri, tanto più che le leggi suntuarie non
riguardavano i corredi delle tombe. A non essere più rappresentate sono solo le c.d.
Opferrinnen, con un contenuto lussuoso relativo più allo spettacolo della messa in
scena che alla reale qualità della ceramica. Nel complesso, il mondo ideale del
simposio possedeva ancora una sua rilevanza politica nell’Atene del V sec. e
avrebbe potuto trovare espressione epitomata nella pratica funeraria. Le ragioni per
cui ciò non è avvenuto vanno cercate nel quadro di un nuovo orientamento
nell’ideologia funeraria ateniese, che deve a sua volta leggersi entro un’evoluzione
nel sistema di valori, di cui restituisce un’immagine quanto mai concreta proprio il
cambiamento nel significato della lekythos attica.
La lekythos, da oggetto di lusso, diviene così un più semplice unguentario, il cui
significato simbolico, al di là delle differenziazioni sociali, va cercato nei rituali
necropoli del tumulo sud del Ceramico vedi Knigge 1976, 58. Alabastra sono noti solo in 5 tombe sia per adulti che per infanti. Altre tombe con alabastra in alabastro: cfr. Götte-Kunze - Tanke 1999: tombe 195, 6; 234, 9.10; 242, 11; 264/247, 9; 261, 1-4; 264, 1. 2; 282, 15.16; 321; 478, 3; 523, 5. Ugualmente sono documentate in questa necropoli la forma Columbus, due alabastra a figure nere ed uno a vernice nera.
70 Questo è visibile soprattutto nelle sepolture di adulti. Tombe di infanti sono nella componente del corredo lievemente differenti. In queste accanto alle lekythoi compare anche ceramica da mensa e potoria: cfr. Knigge 1976, p. 14.
71 Knigge 1976, p. 15.72 Knigge 1976, p. 15; Engels 1998, 31. Di diversa opinione Morris 1992, pp. 128-154 che non
vede necessariamente nelle pratiche funerarie una reazione alle leggi suntuarie.
CHRISTIANE NOWAK122
73legati alla cura del corpo dei defunti . Quella di ungere il cadavere è una pratica che
nei poemi omerici appartiene agli elementi fondamentali del geras thanatÜn e della
‘bella morte’, saldamente attestata già in epoca micenea grazie alla presenza di
balsamari tra gli elementi del corredo. Questo costume, legato alla cura dei morti,
assurge però ad una particolare rilevanza politica solo nel V sec., momento in cui le
lekythoi prendono a simboleggiare le offerte ai defunti presso la tomba. La cura degli
antenati assume un significato del tutto nuovo in virtù del rilievo ad essi accordato 74
all’interno del sistema politico della polis . I diritti di un cittadino ateniese si basano
essenzialmente sull’appartenenza della propria famiglia al demos e, per ottenere il
diritto di cittadinanza, è necessario dimostrare la propria dimora nel territorio attico 75
fino alla terza generazione . Gli antenati, gli avi e i membri della famiglia
rappresentano dunque i cardini del meccanismo sociale, presupposto per un pieno
riconoscimento dei propri diritti e per la partecipazione politica alla vita della città. Il
legame verso la famiglia e gli antenati verrà istituzionalizzato attraverso leggi severe
che riguardano la codifica di moltissime regole attinenti il culto dei morti, il cui 76
mancato rispetto può addirittura tradursi in una citazione a giudizio .
Le lekythoi attiche e i riti funebri a esse collegati rappresentano, quindi,
l’adempimento degli obblighi del cittadino ateniese nei confronti dell’antenato cui
si deve il raggiungimento del proprio status di membro a pieno titolo della
comunità, così come l’acquisizione dei diritti politici.
Poseidonia
Fin dalla fondazione di Poseidonia, i balsamari hanno rappresentato una
caratteristica costante nel rituale funerario della città. Dalla metà del VI sec. gli
aryballoi laconici e corinzi, così come i lydia samii, sono molto diffusi nelle 77 78
tombe . A causa del limitato numero di lavori sull’età arcaica finora pubblicati ,
non è possibile fornire dati statistici precisi. Quasi tutti i pochi contesti noti di VI sec.
contengono balsamari ma, considerate le 332 tombe scavate complessivamente
nella necropoli, non possono essere considerati rappresentativi della situazione e
non consentono, quindi, di avanzare alcuna ipotesi concreta sull’impiego dei
balsamari nell’ambito del rituale funerario poseidoniate del VI sec.
73 Cfr. per esempio Buschor 1925, p. 2 con riferimento alle lekythoi a fondo bianco; Riezler 1914, p. 4; Knigge 1976, p. 15.
74 Bergemann 1997, p. 129.75 Per altra letteratura sull’argomento: Bergemann 1997, p. 129, nt. 75.76 Vedi ad esempio i casi in Lys. 31, 20-23; Lys. 14, 26. 27. 44.77 Pontrandolfo 1988, p. 234.78 La pubblicazione della necropoli poseidoniate di Arcioni è, a detta degli autori M. Cipriani e A.
Pontrandolfo, d’uscita imminente.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 123
CHRISTIANE NOWAK
Per il V sec., invece, grazie alla pubblicazione della necropoli di Santa Venera, è
possibile formulare qualche considerazione più precisa sull’utilizzo dei balsamari
nel rituale funerario. I balsamari comuni in questa fase sono lekythoi, alabastra di
alabastro e aryballoi in materiale deperibile (probabilmente cuoio), dei quali si
sono conservate le sole imboccature metalliche. Insieme formano, con il 59%,
l’elemento dominante nei corredi (fig. 2). Si trovano spesso come unico elemento
di corredo ma possono anche presentarsi in combinazione con contenitori per
liquidi e vasellame per bere, versare e mangiare.
I corredi degli individui di sesso maschile, di età compresa tra i 20 e i 40 anni,
composti da strigili in associazione variabile con lekythoi, alabastra o aryballoi
(ma possono anche essere completati con altre ceramiche), sono stati interpretati 79
finora come simbolo del ‘sobrio costume dell’atleta’ . Invece, per gli uomini oltre i
40 anni, in base ai corredi composti in modo più massiccio da vasellame da mensa e 80
potorio, l’accento è posto in modo specifico sul simposio .
L’interpretazione a oggi comunemente accettata dei corredi, per quanto
riguarda l’aspetto atletico, può subire qualche lieve variazione proprio attraverso
l’analisi dell’uso dei diversi tipi di balsamari a Poseidonia, dov’è possibile
79 Pontrandolfo 1988, p. 228. 80 Cipriani 1989, pp. 79-80.
Poseidonia, Santa Venera V sec.
(133 tombe)
5%
18%
6%
59%
10%2%
potori
contenitori diliquidi
vasi da versare
balsamari
piatti damangiare
varia
Fig. 2. Poseidonia, Santa Venera. Distribuzione percentuale dei tipi funzionali dei vasi. Dati da: Cipriani 1989.
124
riscontrare un uso delle singole forme più specifico rispetto a quanto finora
supposto. Questo discorso riguarda esclusivamente aryballoi e alabastra, poiché le
lekythoi, che costituiscono numericamente la stragrande maggioranza dei
balsamari, appaiono nelle tombe di quasi tutte le classi di età e sesso (figg. 4, 5). Al
contrario, gli alabastra e gli aryballoi in cuoio, la cui presenza è dimostrabile solo
attraverso le imboccature metalliche, parrebbero esser stati attributi caratteristici di
un sesso e di una età (figg. 4, 5, 6).
Le imboccature metalliche, cioè gli aryballoi realizzati in materiale deperibile, si
trovano esclusivamente nelle tombe di defunti di sesso maschile, per tutte le classi di 81
età e sempre in combinazione con strigili (fig. 6) . Una tale costante fa ipotizzare
che l’aryballos conservasse il suo reale significato di attrezzo da palestra anche nel
rituale funerario: in questi termini, il binomio strigile-aryballos sarebbe servito a 82
evocare l’ideale atletico . A dimostrare che si trattava solo di un’allusione simbolica
anziché un riferimento a un’attività realmente esercitata in vita dal defunto ne è l’uso
trasversale all’intera popolazione maschile, per tutte le classi di età.
Le cose stanno diversamente per gli alabastra di alabastro, presenti sia in tombe
maschili che femminili, ma in queste ultime limitati alle fanciulle di età compresa
tra i 13 e i 19 anni. Si è tuttavia rinvenuto un numero considerevole di alabastra
nelle tombe di bambini entro i sei anni, il cui sesso rimane imprecisabile e tra i quali,
81 Cfr. anche Cipriani 1989, p. 82, tav. 5.82 Così anche Cipriani 1989, p. 79. Sull’ideale dell’atletismo: Lippolis 1997, p. 12.
Fig. 3. Poseidonia, Santa Venera. Balsamari. Da: Cipriani 1989, Tab. 5.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 125
Poseidonia, tipi di balsamari nelle tombe femminile
0
2
4
6
8
10
12
fanciulle 6-12
(2 Gräber)
fanciulle 13-19
(11 Gräber)
donne 21-40
(25 Gräber)
donne 41-59 (7
Gräber)
donne 60+ (3
Gräber)
classi di età
qu
an
tità
imboc.aryballoi
alabastra
lekythoi
Fig. 5. Poseidonia, Santa Venera. Distribuzione dei balsamari nelle tombe femminili. Dati da: Cipriani 1989, Tab. 5.
CHRISTIANE NOWAK
Poseidonia, Santa Venera
Tipi di balsamari nelle tombe dei maschi
0
5
10
15
20
25
30
35
40
fanciulli 6-12
(3 tombe)
fanciulli 12-20
(6 tombe)
uomini 21-40
(36 tombe)
uomini/ 40-59
(4 tombe)
uomini 60 +
(4 tombe)
qu
an
tità
strigile
imbocc. aryballoi
alabastra
Fig. 4. Poseidonia, Santa Venera . Distribuzione dei balsamari nelle tombe maschili. Dati da: Cipriani 1989, Tab. 5.
maschili
126
Fig. 6. Poseidonia, Santa Venera. Dati da: Cipriani 1989, Tab. 5.
dunque, possono annoverarsi anche fanciulle. Nelle tombe maschili, la presenza di
alabastra si fa più consistente per gli adulti di età compresa tra i 21 e i 40 anni, ma
non se ne può escludere la presenza nella fascia d’età giovanile e senile (fig. 4). La
diffusione di questi vasi, che non paiono in corrispondenza biunivoca a un certo
sesso o età contraddice di un loro ruolo specifico bensí dimostrano un significato 83
generale di questi vasi nel rituale funerario .
In effetti, anche ad Atene gli alabastra trovavano impiego nelle pratiche
funerarie per entrambi i sessi, diversamente da come era stato elaborato dalla 84
tradizione iconografica . Si ritiene che la mappa della diffusione degli alabastra in 85 86
altre necropoli dell’Italia meridionale (come quelle di Taranto e di Locri ) delinei
un quadro simile. Nel caso degli alabastra, le strategie d’impiego sembrano variare 87
di città in città e, con esse, il piano semantico in cui paiono collocarsi .
Certamente, a Poseidonia è innegabile la frequente presenza degli alabastra in
tombe d’individui di sesso maschile e in associazione con strigili (9 tombe). Spesso
83 Cfr. supra, ntt.8 e 9.84 Per la tradizione iconografica si veda il capitolo precedente. Sull’associazione degli alabastra:
Houby-Nielson 1985, p. 169, tav. 16. 85 Cfr. Lippolis 1997, tavv. 1, 2, 3. Tombe femminili: cat. 65; cat. 100; cat. 103; cat. 104. Tombe
maschili: cat. 45; cat. 81 IV int.; cat. 81 VI int. Tombe di bambini: cat. 53; cat. 83. A Taranto gli alabastra non sono necessariamente associati con gli strigili ma, nelle tombe maschili, possono trovarsi in connessione anche con un anello e tre cup-skyphoi o con quattro anfore attiche.
86 Cavallo 2004; Elia-Cavallo 2002. Come si ricava per le tombe di Locri, è evidente che gli alabastra sono sempre presenti nei contesti tombali, che si distinguono per particolare ricchezza.
87 Anche Elia-Cavallo 2002, pp. 22-23 contraddice la lettura degli alabastra come esclusivo attrezzo da palestra.
Poseidonia, Santa Venera
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
fanciulli 6-12
(3 tombe)
fanciulli 12-20
(6 tombe)
uomini 21-40
(36 tombe)
uomini 40-59
(4 tombe)
uomini 60 +
(4 tombe)
qu
antità
strigile
imbocc. Aryballoi
alabastra
lekythoi
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 127
rappresentano l’unico balsamario documentabile, ma in tre tombe erano associati 88
con balsamari di cuoio . È tuttavia necessario domandarsi se gli aryballoi di cuoio,
dei quali casualmente si sono conservate le sole imboccature metalliche in alcune
tombe, potessero aver conosciuto un uso più ampio, deposti anche in altre tombe
ove non siano oggi più documentabili. In tal caso, l’interpretazione attuale
dell’alabastron quale attrezzo da palestra e simbolo del ‘sobrio costume dell’atleta’
non sarebbe più sostenibile. È del resto possibile che, nonostante la frequente
associazione con gli strigili, gli alabastra non fossero necessariamente legati solo e
direttamente all’attività atletica ma, piuttosto, contribuissero a riassumere, in
un’immagine simbolica e altamente evocativa, uno stile di vita elevato. 89
Quest’interpretazione è stata già avanzata per le tombe di Locri e può essere
forse estesa anche ai casi di Taranto e Atene, come peraltro parrebbe confermare
l’analisi delle fonti scritte relativa all’uso degli alabastra. Una simile lettura non
contraddice il riferimento, insieme agli strigili, alla sfera della palestra, ma lo
integra conducendo a un piano semantico sovraordinato, quello cioè dell’alto
tenore di vita delle élite aristocratiche, in cui l’ideale atletico era stato saldamente
cooptato. Identificando nell’alabastron un attrezzo reale da palestra, in coppia con
lo strigile, sarebbe necessario, nel caso di Poseidonia, supporre una nobilizzazione
estrema dello status dell’atleta.
Proseguendo il confronto con le lekythoi attiche, si osserva un utilizzo
leggermente diverso. Al contrario di quanto accade ad Atene, le lekythoi non
subiscono l’isolamento totale nel rituale funerario. Il piano semantico che interessa
le lekythoi ad Atene, come simbolo dell’ideologia degli antenati, non sembra
potersi estendere a Poseidonia.
Pontecagnano
Come si è già accennato nei paragrafi introduttivi, i balsamari dei centri
campani risalenti all’età del Ferro non sono associati ai rituali funerari. A riprova di
quest’affermazione è l’evidenza di Pontecagnano, dove prevalgono forme 90
vascolari come olle, anforette e profili connessi all’atto potorio e del versare . A
partire dall’ultimo quarto dell’VIII sec., nei contesti tombali sono testimoniati vasi
per unguenti nella forma degli aryballoi conici di tradizione pithecusana e rodio-91
cretese . Aryballoi di foggia corinzia, che comprendono anche la produzione
etrusco-corinzia locale, compaiono a partire dal VII sec. e perdurano fino
88 Cipriani 1989, p. 82, tav. 5.89 Elia-Cavallo 2002, p. 25.90 De Natale 1992; d’Agostino - Gastaldi 1988. 91 Cuozzo 2003, p. 60, nt. 67; per gli esemplari rodio-cretesi cfr. d’Agostino 1968, pp. 87-88.
CHRISTIANE NOWAK128
all’esaurimento della tradizione corinzia nel terzo venticinquennio del VI sec.
Dall’ultimo quarto dello stesso secolo compare un balsamario di foggia locale, la
cosiddetta “Lekythos-aryballica” (tipo 48 A), il cui utilizzo si attarda fino al primo 92
quarto del V sec. . Poco più tardi subentra un altro vaso del tipo “lekythos” (41 A),
che incontra il favore della committenza solo nel V sec., anche se le sue ricorrenze 93
rimangono comunque inferiori rispetto a quelle del suo predecessore .
Sebbene l’importazione di ceramica attica si attesti a Pontecagnano già a partire
dalla seconda metà del VI sec., lekythoi riferibili a quella produzione vengono 94
importate in forma più consistente solo dall’inizio del V sec. . Nella prima fase
dell’importazione, al contrario, prevalgono vasi potori come kylikes e skyphoi.
In un primo momento, la lekythos tende ad accompagnarsi ad un corredo 95
tombale più ricco della norma . La collocazione della lekythos tra le mani dei
defunti o lungo gli arti distingue questo vaso dal resto degli oggetti deposti invece
in prossimità dei piedi. Solo in un numero limitato di deposizioni la lekythos 96
costituisce l’unico elemento del corredo .
Nel corso del secondo quarto del V sec. si assiste a un enorme incremento delle
importazioni attiche e la lekythos, con l’80% delle ricorrenze, diviene la forma più 97
ambita dalla committenza . Come offerta funebre, è presente nel 90% delle tombe
del periodo. Accanto a essa, e con la medesima funzione, sono presenti gli 98
alabastra attici fittili . Alabastra propriamente d’alabastro e frammenti metallici
dell’orlo di aryballoi non sono citati nelle pubblicazioni fino ad oggi disponibili. In
cinquantuno delle sessantuno tombe riferibili al secondo quarto del V sec., lekythoi
e alabastra rappresentano le uniche importazioni e sono per lo più associati a
ceramica locale. Dalla seconda metà del V sec. è però già percepibile una generale
contrazione nelle importazioni attiche. Tuttavia, la lekythos attica rimane anche in
questo orizzonte la forma importata più frequente e, in quindici contesti sepolcrali,
risulta essere l’unico oggetto estraneo alle produzioni locali.
92 Questo tipo è testimoniato anche in altri insediamenti campani come Fratte, Cuma e Poseidonia. 93 Cuozzo-D’Andrea 1991, p. 86. Il tipo 41 A è testimoniato sia nella tomba 1171 sia nella tomba
XXXVIII: cfr. d’Agostino 1968, p. 189 fig. 78, 1. Inoltre si trovano confronti a Capua, per cui cfr. CVA Museo Campano III (IV EG), tav. 6 fig. 13 e a Fratte cfr. Greco 1990, p. 191, fig. 302, 5 e p. 248 fig. 417 c.
94 D’Andrea 1990, p. 223. Risalgono a questa fase 63 esemplari, che rappresentano quasi il 70 percento della ceramica complessivamente analizzata. Di queste 34 sono a figure nere, 19 a vernice nera, 4 con palmette verticali, 4 con palmette orizzontali, 2 a figure rosse. Vedi le tombe edite 1731, 1732, 1923, 1736, 1753, 1923 con lekythoi attiche in: Cuozzo-D’Andrea 1991. In questa fase esistono ancora scarse attestazioni di aryballoi di provenienza corinzia, per cui vedi: Cuozzo 2003, p. 74, nt. 91.
95 D’Andrea 1990, p. 223, nt. 21. 96 D’Andrea 1990, p. 223, nt. 21.97 Delle ricorrenze citate 11 sono a figure nere, 6 a figure rosse, 8 con palmette orizzontali, 22 con
palmette verticali, 1 con decorazione geometrica, 23 a vernice nera.98 D’Andrea 1990, p. 225.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 129
Anche per la lekythos attica è possibile delineare un’evoluzione nelle
dinamiche d’uso. Al principio rappresenta, insieme con gli altri manufatti attici,
l’elemento di prestigio nell’arredo funebre dei gruppi eminenti. Dal secondo quarto
del V sec. l’interesse per le importazioni attiche si concentra sempre di più su questa
foggia che, nella pratica funeraria, si caratterizza per una diffusione non solo
orizzontale (sesso ed età) ma anche verticale (differenti ceti sociali). La lekythos
costituisce un elemento fisso ed autonomo dei corredi funebri di Pontecagnano,
ricorrendo nel 90% delle tombe. Anche nelle fasi in cui nessun balsamario risulta
essere importato, sono comunque deposti nella tomba esemplari riferibili a
produzioni locali. Sulla base dei dati di cui si dispone si può asserire che lekythoi
locali e attiche non compaiono mai contemporaneamente nella stessa tomba (fig.
8). La variante certamente più economica della produzione locale poté far propri gli
elementi distintivi della forma ‘balsamario’, messi a punto attraverso gli esemplari
di importazione. Al di là queste considerazioni, che lasciano scorgere un’ampia
varietà di significati nel rituale funerario, risulta alquanto arduo cogliere il senso
concreto e puntuale dell’balsamario ‘lekythos’ nei riti funerari di Pontecagano.
L’allineamento del rituale funebre di Pontecagnano al ‘modello greco’, ben
documentato nella bibliografia scientifica, non può porsi in relazione esplicita al 99
ricorso a balsamari attici . Con la formula ‘modello greco’ si usa far riferimento a
certe tendenze omologatrici nei criteri di selezione dei manufatti del corredo,
manifestatesi soprattutto attraverso la scomparsa di tombe riferibili a individui
ricchi e socialmente preminenti, vale a dire attraverso la tendenza alla dissoluzione
dei rapporti gerarchici preesistenti. Quest’evoluzione, che si intravede chiaramente
alla luce dell’evidenza archeologica costituita dai corredi tombali, è stata
interpretata come esito di tendenze isonomiche analoghe a quelle che, in forma di
principio politico, s’erano diffuse ad Atene alla fine del VI e V sec. come 100
conseguenza delle riforme clisteniche . Tuttavia, non parrebbe che il valore
semantico che la lekythos possedeva ad Atene, riassumibile nell’enfasi per la cura
della tomba e dei defunti, sia stato trasmesso attraverso l’acquisizione delle
lekythoi attiche.
Per quel che attiene alle offerte funebri, Pontecagnano conservò la propria
associazione con le forme potorie e quelle per il consumo di cibi derivate dal
repertorio locale. Nelle tombe di questa località fino ad ora pubblicate non furono 101
deposte né molte lekythoi né un numero consistente di balsamari (fig. 7) . Anche
la collocazione delle lekythoi sul bacino o tra le mani del defunto non trova
99 D’Andrea 1990, p. 225. 100 D’Andrea 1990, p. 226.101 La tomba 1170, con le sue 3 lekythoi attiche, costituisce un’eccezione.
CHRISTIANE NOWAK130
Fig. 7. Pontecagnano, Tombe del V sec. a. C. con lekythoi attiche e locali. Sull asse delle ordinate sono indicati i numeri delle tombe. Dati da: Cuozzo-D’Andrea 1991.
’
riscontro nei criteri di deposizione riscontrati ad Atene, dove tali vasi giacevano
intorno al corpo e alla testa. In particolare, la sistemazione tra le mani è indizio di
una valorizzazione dell’individualità della persona e costituisce una vistosa
differenza rispetto sia ai balsamari corinzi sia all’utilizzo che di essi si faceva ad
Atene.
Sulla base della collocazione nello spazio tombale, la lekythos è connotata alla
stregua di un possesso personale, più che come offerta rivolta al defunto da parte
dei sopravvissuti. Il significato intrinseco di questo elemento in qualità di
balsamario, dunque, non muove nel senso di una sublimazione simbolica, come
invece si è constatato ad Atene.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 131
102 Vedi Johannowsky 1983, p. 152, tomba 282; Idem, pp. 160 ss. (tomba 514). 103 Otto delle tombe pubblicate da Johannowsky nel 1983 contenevano aryballoi corinzi (tombe
242, 506, 500, 320, 271, 251, 540, 342).104 Johannowsky 1983, p. 167, LX Tomba 320. 105 Vedi Thiermann c.d.s., tomba F 342 (intorno al 540 a.C.); tomba F 1376.2 (540-500 a.C.); tomba
F463 a.3 (600-550 a.C.).
Pontecagnano
lekythoi nelle tombe del V sec.
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5
t. 3969 fine VI sec.
t. 3967 fine VI sec.
t. 1170 I quarto V sec.
t. 1171 I quarto V sec.
t. 1199 I quarto V sec.
t. 3984 I quarto V sec.
t. 3985 I quarto V sec.
t. 4000 I quarto V sec.
t. 4002 I quarto V sec.
t. 3970 I quarto V sec.
t. 3983 II quarto V sec.
t. 3996 II quarto V sec.
t. 5225 II quarto V sec.
t. 5270 II quarto V sec.
t. 5209 II quarto V sec.
t. 5233 II quarto V sec.
lekythoi attici
lekythoi locali
Fig. 8. Pontecagnano. Lekythoi attiche e locali nelle tombe del V sec. Dati da: Cuozzo-D Andrea 1991.’
Capua
A differenza di Pontecagnano, dove nel V sec. la lekythos attica diviene l’oggetto
d’importazione più richiesto, Capua accolse questo vaso in modo più cauto.
Proprio come a Pontecagnano, i balsamari vi fanno la loro prima comparsa nella 102 103
forma degli aryballoi italo-geometrici , corinzi o etrusco-corinzi . Questi
oggetti sembrano destinati prioritariamente alle deposizioni femminili e di
bambini, soprattutto in contesti di particolare ricchezza. La tomba 320, un infante
di famiglia assai abbiente, conteneva oltre ai sei aryballoi nove piccoli vasi descritti
come ‘bombyloi’, la cui funzione dev’essere considerata, parimenti, di 104
balsamario . Tra le offerte funebri del VI sec. si annoverano tre aryballoi di 105
bucchero, che derivano da forme corinzie . Questi corrispondono al tipo 24 A
CHRISTIANE NOWAK
he
132
datato al primo quarto del VI sec. e attestato anche a Pontecagnano, seppure in una
testimonianza isolata, per quanto i manufatti da Capua debbano essere considerati
posteriori. Qui, sia gli aryballoi corinzi, che gli aryballoi di bucchero trovano posto
nello spazio tombale tra gli altri oggetti, per lo più ai piedi del defunto.
Lekythoi attiche compaiono nei contesti tombali a partire dal 490 a.C., dunque
relativamente tardi se si considera che alla metà del VI sec., come anche a
Pontecagnano, risalgono le prime importazioni attiche. A Capua, diversamente da
quanto avviene nel sito salernitano, è la kylix attica e non la lekythos a dominare le 106
importazioni . Nel sito si contano ad oggi solo 16 tombe con lekythoi. I due 107
esemplari più antichi sono rappresentati da produzioni locali . Nelle tombe della
prima metà del V sec. sono attestate esclusivamente lekythoi attiche a figure nere e a
figure rosse. Nell’ultimo quarto del V sec. si assiste, come a Pontecagnano, a un
crollo generale delle importazioni attiche e ai defunti sono offerte lekythoi a vernice
nera e dal profilo panciuto di produzione campana.
Similmente a quanto accade a Pontecagnano, dopo la fine delle importazioni di
balsamari corinzi si riconosce una breve fase di transizione durante la quale, sulla
base al momento di sue soli contesti (tombe F 714, F 760), sembrano preferirsi
contenitori a foggia di lekythos prodotti in situ. Fino a questo momento, i criteri di
utilizzazione dei balsamari rimangono in linea di massima gli stessi. Solo con
l’avvio delle importazioni attiche possono essere identificati, nelle singole
comunità, precisi meccanismi di selezione, che rivelano puntuali preferenze
nell’adozione di determinati costumi. A Pontecagnano la scelta cade sulla lekythos
attica, a Capua sulla kylix.
Per quanto riguarda le dinamiche di associazione della lekythos attica a Capua,
non è possibile identificare né tratti specifici né modelli nel suo uso, similmente a
quanto osservato per Pontecagnano. Questa forma ricorre tanto in tombe con
corredo molto ricco, quanto in altre più modeste (fig. 9). Come a Pontecagnano, la
lekythos è di norma associata a un vaso per bere o per mangiare. Solo in due
deposizioni costituisce l’unico elemento di corredo. A Capua, come anche a
Pontecagnano e a Poseidonia, la lekythos è separata dalle altre offerte funebri e
collocata sul torace, sul bacino o accanto al corpo, posizioni che inducono a 108
supporre una collocazione originaria tra le mani . Questa particolarità rappresenta
tanto una differenza nell’utilizzo rispetto ai balsamari corinzi, che non si isolano
ma si confondono piuttosto con gli altri oggetti del corredo, quanto con la
tradizione prevalente ad Atene.106 Vedi Thiermann c.d.s., p. 242, fig. 16.107 Tomba F 714 e F 760 vd. Thiermann 2009, pp. 279, 281. l tipo locale di lekythos dalla tomba 714
si incontra anche nelle sepolture di Pontecagnano.108 Thiermann c.d.s., p. 109.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 133
Fig
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CHRISTIANE NOWAK134
A differenza di Pontecagnano, a Capua non si può dunque osservare
un’evoluzione verso una foggia autonoma e indipendente, destinata ai rituali
funebri. Pertanto, non è possibile individuare alcun valore preminente associato
alle lekythoi attiche. Il peculiare criterio con cui erano collocate ne riflette certo una
specifica funzione o percezione, che nel senso più ampio può appartenere alla sfera
semantica della cura del corpo e della bellezza. Anche per Capua è preferibile,
pertanto, escludere l’ipotesi di una trasmissione del modello ideologico da Atene,
come sembrano indicare la collocazione del vaso nello spazio tombale e la sua
sporadica presenza nei corredi.
CONCLUSIONI
Un esame puntuale dei tipi di balsamari nel rito funerario ateniese e in quello di
una selezione d’insediamenti campani permette di comprendere il loro valore e uso
secondo una nuova prospettiva, cogliendone le differenze.
Per il caso di Atene, un’analisi diacronica del significato della lekythos nella
pratica funeraria consente di cogliere un mutamento nella semantica di questa
forma vascolare: da oggetto di lusso associato all’ambito della tryphé, infatti,
viene a costituire un semplice contenitore d’olio, legato al culto dei morti. Sul
piano dell’ideologia funeraria, si constata uno slittamento da una ‘ideologia
dell’habronsyne’ lungo il VII e VI sec., che si esprimeva nell’esibizione di un
ricco corredo simposiale e altri articoli di lusso, alla ‘ideologia degli antenati’ del
V sec.
Quest’evoluzione simbolica si riflette nell’uso della lekythos attica come
balsamario. La differenza determinante nell’impiego delle lekythoi attiche, in
contrasto con i balsamari in precedenza abituali, consiste nella loro diffusione
trasversale alle diverse classi sociali e, dunque, in una concreta ‘de-elitarizzazione’.
Il compimento dei riti prescritti prevedeva, in epoca classica, oltre al trattamento
della salma con olii, anche una regolare cura della tomba. La nuova preminenza
accordata al culto dei morti trova nello straordinario uso della lekythos attica un
compendio simbolico per l’intero rituale funerario.
Per gli insediamenti indigeni della Campania si è chiarito come, attraverso la
cooptazione della lekythos attica nei riti funerari, non fosse stato mutuato,
contemporaneamente, anche il significato che a questa forma vascolare si tributava
nel rituale ateniese. Ciò non deve suscitare meraviglia quando si consideri la stretta
relazione tra il vaso medesimo e la coeva evoluzione socio-politica di Atene. Per
quanto nel rito funebre di Pontecagnano la lekythos attica sia attestata con
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 135
Fig. 9a. Capua, necropoli Fornaci. Tomba F 714, 520/500. Lekythos di produzione locale (foto di Ellen Thiermann, vd. anche Thiermann c.d.s.).
Fig. 9b. Capua, necropoli Fornaci. Tomba F 855, 500/475. Lekythos attica (foto di Ellen Thiermann, vd. anche Thiermann c.d.s.).
CHRISTIANE NOWAK136
straordinaria frequenza, il fulcro semantico non coincide mai con quanto
documentato ad Atene. A Capua, le lekythoi attiche furono importate in un numero
considerevolmente ridotto, tanto da escludere la possibilità di rintracciarvi un
valore semantico di portata sociale. Anche nella colonia greca di Poseidonia
compare regolarmente, accanto alle lekythoi, vasellame potorio e per servire il
cibo: ancora una volta, il balsamario attico rimane una componente accessoria
nell’allestimento della tomba.
Come si è osservato a più riprese, negli insediamenti indigeni della Campania
dominavano preferenze diverse per quanto riguarda le forme vascolari
d’importazione. A Pontecagnano la predilezione era accordata alle lekythoi attiche;
a Capua, invece, esse costituivano una vera eccezione. L’ipotesi iniziale di questo
saggio consisteva nella possibilità di chiarire una tale disparità nello spettro delle
importazioni proprio sulla base dei rituali funerari dominanti.
Una tale lettura, per quanto riguarda i balsamari, non persuade più, poiché dalla
fase orientalizzante si osserva una simile evoluzione nell’impiego di recipienti per
olii o profumi, che viene ad arrestarsi in concomitanza con l’inizio delle
importazioni di vasellame attico. A tal proposito, sembra che la maturazione delle
diverse preferenze nella scelta delle importazioni attiche negli insediamenti
indigeni non debba ricondursi a una consolidata funzione rituale. È legittimo
domandarsi se, alla radice di una particolare predilezione, non vi siano piuttosto
delle dinamiche commerciali, laddove il mercato stesso determinava una selettività
nei rifornimenti. Sembra ragionevole immaginare, infatti, che nei rispettivi territori
giungesse solo - o prevalentemente - una selezione di vasi operata all’origine dai
mercanti. Di conseguenza, si fa cruciale tutta una serie d’interrogativi circa i
meccanismi di comunicazione e le rotte commerciali per la ceramica corinzia e
attica, che richiederebbero studi più approfonditi.
Un ulteriore aspetto della presente ricerca è legato al tentativo di comprendere
se i diversi significati dei balsamari (lekythos, alabastron, aryballos) attestati nelle
fonti letterarie conservassero analogo rilievo anche nel rito funerario. Il tema è stato
approfondito attraverso l’esempio della colonia greca di Poseidonia, l’unico tra gli
insediamenti in esame dove si siano rintracciati aryballoi in materiale deperibile,
dei quali si sono conservate le sole imboccature metalliche, nonché alabastra in
alabastro.
In questo quadro s’inscrivono anche i rinvenimenti di strigili, che nel V sec. non
risultano attestati né a Pontecagnano, né a Capua. Una tale, manifesta discrepanza
nell’uso di balsamari insieme a strigili mostra in maniera paradigmatica lo stretto
nesso tra l’‘ideologia funeraria’ e il sistema di valori condiviso dalla comunità cui si
riferiscono le sepolture.
I BALSAMARI NEL RITUALE FUNERARIO DEGLI INSEDIAMENTI CAMPANI 137
Il fatto che imboccature metalliche siano stati rinvenute, in combinazione con
strigili, nella sola Poseidonia, rivela come, a quest’altezza cronologica e in
quest’area geografica, l’ideale atletico possedesse la propria ragion d’essere e la
propria rilevanza socio-politica solo in una polis. È bene rammentare come nello
sviluppo della polis greca in età classica anche l’educazione e l’istruzione del
cittadino fosse venuta ad assumere una nuova rilevanza. Tali aspetti furono mutuati
nella sfera dei compiti collettivi, separandoli dal reame della vita famigliare, una
tendenza visibile nel processo d’istituzionalizzazione delle strutture educative, che
in età classica si fece particolarmente marcato. Così come l’uso della lekythos attica
va letto, per Atene, sulla base del peculiare contesto socio-politico contingente,
così, nel V sec., anche quello di strigili e aryballoi deve rubricarsi tra i simboli di un
preciso orizzonte di valori, con l’allusione alla palestra e al mondo degli atleti.
Quest’aspetto poteva trovare piena accoglienza e rivestire un’importanza
istituzionale solo in una polis greca dell’Italia meridionale.
L’interpretazione finora prevalente per gli alabastra, che del pari, almeno nei
contesti analizzati in questa sede, conobbero una certa diffusione solo a Poseidonia
e in frequente unione con strigili, deve essere corretta alla luce del loro uso
trasversale ai generi e all’età. Pertanto, è improbabile che in essi fosse espresso, in
maniera obbligatoria e rigidamente codificata, un rimando fisso al ruolo dei
balsamari nell’attività della palestra. Piuttosto, ritengo che il significato di questi
vasi possa rintracciarsi nell’evocazione, ben più sfumata, di uno stile di vita
lussuoso, in virtù sia della loro combinazione con altri balsamari (aryballoi in
cuoio) sia del loro valore, manifesto tanto nella rarità degli oggetti medesimi, 109
quanto nelle fonti scritte .
109 Così anche Elia-Cavallo 2002, pp. 23-25.
CHRISTIANE NOWAK138
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