10
151 M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique... UDC: 73.046.032(32) M. Gianandrea 73.046.032(37)04/14 Sapienza Universit di Roma Original scientific paper Facolt di Lettere e Filosofia Manuscript received: 15. 01. 2010. Dipartimento di Storia dell'Arte Revised manuscript accepted: 20. 04. 2010. Piazzale Aldo Moro 5, I-00185 Roma Italia Creazioni ˆ lÕantique. I Vassalletto e il fascino della sfinge egizia nel Medioevo romano Manuela Gianandrea Lo studio indaga un particolare aspetto della produzione dei marmorari romani nel corso del XIII secolo, ovvero la realizzazione di una serie di leoni e sfingi ispirati ai canoni iconografici dell’Egitto faraonico e tolemaico, affrontando in tal modo anche lo straordinario rapporto tra questi artisti e le vestigia dell’antichit�. Attraverso una capillare analisi delle fonti si sono individuati alcuni precisi esempi di sfinge visibili ai marmorari del Medioevo romano, mostrando come costoro scelsero, al contrario di quanto avveniva nel resto d’Italia e d’Europa, di seguire esclusivamente il modello egizio, divenuto dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e la conquista romana dell’Egitto anche un simbolo della Roma imperiale. Infine, con una serie di confronti e nuove attribuzioni, si � riconosciuto alla bottega dei Vassalletto e, in particolare, al figlio di Pietro, il cosiddetto Vassalletto III, un ruolo di primo piano nella rielaborazione di questi modelli egizi e, pi� in generale, nell’evoluzione del rapporto con le antichit� classiche nel senso di una maggiore consapevolezza. La storia artistica di Roma, almeno per ci che concerne il periodo medievale, sembra caratterizzarsi nella storio- grafia tradizionale per una serie continua e costante di rinascenze, tutte nel segno del recupero dellantico 1 . Gi per la seconda met del IV secolo, da poco colpito dallirruento ingresso nellarte ufficiale del linguaggio dei rilievi costan- tiniani dellarco, si parla di una rinascenza teodosiana; a questa fanno seguito, quasi senza soluzione di continuit, la dibattuta renovatio di epoca carolingia, il renouveau palochrtienne del XII secolo, la rinascita delle arti del pieno Duecento 2 . In realt, a Roma, gran teatro del passato, il recupero dellantico in ambito artistico deve essere inteso come un fenomeno connaturato allambiente e alla cultura locale; croce e delizia dellarte di Roma, lantico ne diventa insomma la sua straordinaria ricchezza e, al tempo stesso, un suo limite, con la persistente volont di far rivivere la Roma antica o, forse pi correttamente, lidea o lutopia che di Roma si aveva e si voleva allora avere 3 . Protagonisti indiscussi di questo straordinario rapporto tra le vestigia antiche, la mitica gloria del passato e lUrbe fu- rono i marmorari romani, comunemente noti dal XIX secolo con il nome di Cosmati, che del rinnovamento dei secoli XII e XIII furono gli artefici materiali 4 . Rinnovamentoquesto, come ha ben sottolineato Claussen 5 , il termine adatto per indicare lapproccio ai monumenti antichi dei marmorari romani che, diversamente dagli artisti del Rinascimento, erano convinti di vivere e operare in continuit con la Roma del passato e non di doverla in un certo senso recuperare e far rinascere. I Cosmati si sentono gli eredi diretti delle glorie di Roma, privi di qualsiasi coscienza di distacco tra loro e la cultura antica. Proprio nel corso del XIII secolo, in una delle tante reno- vationes che Roma conobbe, vengono presi a modello sfingi e leoni, egizi o egittizzanti, da parte dei marmorari locali che, oramai consci del loro status di magistri doctissimi romani, sostituiscono luso di spolia con nuove creazioni lantique. Lesito di questa particolare produzione una serie di leoni e sfingi egittizzanti a guardia di recinti presbiteriali, chiostri e sepolcri, come si vede in San Giovanni in Laterano (fig. 1), nelle chiese romane di San Lorenzo fuori le mura (fig. Fig. 1. Roma, San Giovanni in Laterano, chiostro, sfinge

Creazioni à l'antique. I Vassalletto e il fascino della sfinge egizia nel Medioevo romano

Embed Size (px)

Citation preview

151M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique...

UDC: 73.046.032(32) M. Gianandrea 73.046.032(37)04/14 Sapienza Universit di RomaOriginal scientific paper Facolt di Lettere e FilosofiaManuscript received: 15. 01. 2010. Dipartimento di Storia dell'ArteRevised manuscript accepted: 20. 04. 2010. Piazzale Aldo Moro 5, I-00185 Roma Italia

Creazioni ˆ lÕantique. I Vassalletto e il fascino della sfinge egizia nel Medioevo romano

Manuela Gianandrea

Lo studio indaga un particolare aspetto della produzione dei marmorari romani nel corso del XIII secolo, ovvero la realizzazione di una serie di leoni e sfingi ispirati ai canoni iconografici dell’Egitto faraonico e tolemaico, affrontando in tal modo anche lo straordinario rapporto tra questi artisti e le vestigia dell’antichit�. Attraverso una capillare analisi delle fonti si sono individuati alcuni precisi esempi di sfinge visibili ai marmorari del Medioevo romano, mostrando come costoro scelsero, al contrario di quanto avveniva nel resto d’Italia e d’Europa, di seguire esclusivamente il modello egizio, divenuto dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e la conquista romana dell’Egitto anche un simbolo della Roma imperiale. Infine, con una serie di confronti e nuove attribuzioni, si � riconosciuto alla bottega dei Vassalletto e, in particolare, al figlio di Pietro, il cosiddetto Vassalletto III, un ruolo di primo piano nella rielaborazione di questi modelli egizi e, pi� in generale, nell’evoluzione del rapporto con le antichit� classiche nel senso di una maggiore consapevolezza.

La storia artistica di Roma, almeno per ci che concerne il periodo medievale, sembra caratterizzarsi nella storio-grafia tradizionale per una serie continua e costante di rinascenze, tutte nel segno del recupero dellantico1. Gi per la seconda met del IV secolo, da poco colpito dallirruento ingresso nellarte ufficiale del linguaggio dei rilievi costan-tiniani dellarco, si parla di una rinascenza teodosiana; a questa fanno seguito, quasi senza soluzione di continuit, la dibattuta renovatio di epoca carolingia, il renouveau palochrtienne del XII secolo, la rinascita delle arti del pieno Duecento2.

In realt, a Roma, gran teatro del passato, il recupero dellantico in ambito artistico deve essere inteso come un fenomeno connaturato allambiente e alla cultura locale; croce e delizia dellarte di Roma, lantico ne diventa insomma la sua straordinaria ricchezza e, al tempo stesso, un suo limite, con la persistente volont di far rivivere la Roma antica o, forse pi correttamente, lidea o lutopia che di Roma si aveva e si voleva allora avere3.

Protagonisti indiscussi di questo straordinario rapporto tra le vestigia antiche, la mitica gloria del passato e lUrbe fu-rono i marmorari romani, comunemente noti dal XIX secolo con il nome di Cosmati, che del rinnovamento dei secoli XII e XIII furono gli artefici materiali4. Rinnovamentoquesto, come ha ben sottolineato Claussen5, il termine adatto per indicare lapproccio ai monumenti antichi dei marmorari romani che, diversamente dagli artisti del Rinascimento, erano convinti di vivere e operare in continuit con la Roma del passato e non di doverla in un certo senso recuperare e far rinascere. I Cosmati si sentono gli eredi diretti delle glorie di Roma, privi di qualsiasi coscienza di distacco tra loro e la cultura antica.

Proprio nel corso del XIII secolo, in una delle tante reno-vationes che Roma conobbe, vengono presi a modello sfingi e leoni, egizi o egittizzanti, da parte dei marmorari locali che, oramai consci del loro status di magistri doctissimi romani, sostituiscono luso di spolia con nuove creazioni lantique. Lesito di questa particolare produzione una serie di leoni e sfingi egittizzanti a guardia di recinti presbiteriali, chiostri

e sepolcri, come si vede in San Giovanni in Laterano (fig. 1), nelle chiese romane di San Lorenzo fuori le mura (fig.

Fig. 1. Roma, San Giovanni in Laterano, chiostro, sfinge

152

2), di SantAntonio Abate (fig. 3), dei Santi Apostoli (fig. 4), nella cattedrale di Anagni (figg. 5 6), in quelle di Civita Castellana (fig. 7) e Ferentino (figg. 8-9), nella collegiata di Lanuvio e nel museo di Viterbo (fig. 10). Se per quanto riguarda i leoni, i modelli sono stati felicemente identificati in una coppia di felini, rinvenuti presso Santo Stefano del Cacco e oggi ai piedi della scalinata del Campidoglio, e nei due leoni, detti di re Nektanebo (fig. 11), attualmente ai Musei Vaticani ma prima attestati davanti al Pantheon6, uno studio altrettanto attento non stato finora portato avanti per le pi curiose sfingi. Ad una prima analisi ap-pare senza dubbio pi arduo determinare un modello cos preciso per le sfingi dei marmorari medievali. Tuttavia ci che sembra interessante sottolineare la ripresa diretta nel

solo ambiente romano degli esemplari egiziani: le sfingi, che ad abundantiam vengono riprodotte nelle chiese romaniche dItalia e dEuropa, guardano, infatti, ora al prototipo greco, con il corpo sempre alato, ora alla sfinge caldeo-babilonese, alata, a volte barbuta, talora con zampe taurine7.

A Roma trionfa, invece, in modo quasi esclusivo il mo-dello, egiziano, faraonico, privo di ali, ieratico, con il nemes

Fig. 2. Roma, San Lorenzo fuori le mura, leone egittizzante Fig. 3. Roma, Sant’Antonio Abate, sfinge

Fig. 4. Roma, SS. Apostoli, atrio, leone egittizzante

Fig. 5. Anagni, Cattedrale, base del candelabro, sfingi

153M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique...

Fig. 6. Anagni, Cattedrale, leone egittizzante

Fig. 7. Civita Castellana, Cattedrale, sfinge

Fig. 8. Ferentino, Cattedrale, leone egittizzanteFig. 9. Ferentino, Cattedrale, sfinge

154

sul capo e in posizione semisdraiata (fig. 12), segno evidente della conoscenza diretta di esemplari originali8. Dopo la battaglia di Azio infatti, con la quale Augusto nel 31 a.C. annette lEgitto allImpero romano, si assiste da un punto di vista culturale a una straordinaria ondata di egittomania9. Le pareti delle domus dellaristocrazia romana si ricoprono di affreschi a soggetto egizio, mentre nel cuore della citt vengono innalzati obelischi, importati direttamente da Ales-sandria, Eliopoli e Tebe10. La cultura millenaria dellEgitto seduce Roma e limperatore si ricopre della sacralit del faraone, tanto che solo in questo modo si riesce a spiegare lesistenza di statue di Nerone, Domiziano e Antinoo in vesti faraoniche. Saranno poi proprio alcuni di questi imperatori a erigere o restaurare i grandi santuari egizi di Iside e Serapide a Roma, arricchendoli di sculture provenienti dallEgitto. Limponente sfinge di Amasis (XXVI dinastia), oggi ai Musei Capitolini, abbelliva in origine lIseo Campense, cos come la sfinge attualmente al Museo Barracco (XVIII dinastia)11. Forse dallo stesso santuario in Campo Marzio, se non dal controverso Iseo Capitolino, provengono le sfingi egiziane di Nfrits (fig. 12) e Akoris (XXIX dinastia), ora al Louvre ma documentate nel 1513 da Andrea Fulvio sul Campidoglio12. Il fascino dellEgitto e delle sue sculture spinge i committenti

verso una continua richiesta di pezzi egizi che ha come im-mediata conseguenza una produzione di opere egittizzanti, ossia ispirate ai canoni iconografici e stilistici dellEgitto faraonico e tolemaico, tra cui ovviamente numerose sfingi13.

cos che Roma si popola di immagini dellenigmatica creatura dellEgitto, destinata a sancire uneredit ideologica tra la citt degli imperatori e la terra dei faraoni, a creare quasi una nuova Alessandria sulle sponde del Tevere. Solo nella Roma imperiale, erede diretta della cultura e della sa-pienza millenaria egiziana, si concentra e si pu concentrare la presenza della sfinge egizia, divenuta oramai il simbolo dellEgitto stesso, come attestano le numerose statue del Nilo sostenuto da una sfinge o la nota Tazza Farnese.

Che nellUrbe medievale fossero ancora presenti e visibili queste sfingi egiziane o egittizzanti lo si pu supporre in prima analisi dalla lettura degli inventari cinquecenteschi delle collezioni delle famiglie romane, che amavano avere sfingi egizie nelle loro raccolte, come il dictat della moda allora imponeva14. Ad esempio, nella collezione del cardinale Rodolfo Pio da Carpi, Ulisse Aldovrandi vede alla met del Cinquecento circa una Sphingesulla scala15; anche nel giardino dei Cesi lo stesso Aldovrandi annovera due Sphinges Aegyptaeex marmore nigro16. Pure il cardinale Ippolito dEste non fu esente dal fascino della terra dei faraoni, tanto che nellinventario del 1568 risulta presente nella sua famosa vigna una sfinge di granito di levante17. Dal momento che queste raccolte erano formate in buona parte da materiale di provenienza locale, si pu supporre che alcune sfingi fossero gi visibili nel Medioevo nei territori poi divenuti propriet dei nobili collezionisti romani, visto soprattutto che i Pio da Carpi, i Cesi e gli Este avevano i loro possedimenti sul Quirinale e in Campo Marzio, aree che nellantichit ospitavano i pi importanti complessi cultuali egizi di Roma: lIseo campense e il Serapeo del Quirinale18. Pare giusto evidenziare come i resti di questi due santuari fossero in epoca medievale ancora visibili e in parte anche ben riconoscibili. Lautore dei Mirabilia Urbis Romae, composti nella prima met del XII secolo, vede In Celio Monteduo templa Hisidis et Serapis e sul ciglio del colle Quirinale il tempio di Giove e Diana, da identificarsi con il Serapeo fatto l erigere con probabilit da Adriano e poi restaurato nel III secolo d.C. da Caracalla19. Il fatto che questultimo complesso fosse usato come cava di marmo nel Medioevo e che comunque le sue strutture fossero ancora ben individuabili nel Cinquecento, quando Palladio le disegna, lascia pensare che il suo apparato decorativo, sfingi comprese, potesse essere, quindi, presente e visibile nel corso del periodo medievale20. Proprio tra le vestigia dellantico Quirinale, lautore dei Mirabilia vede il tempio di Saturno e Bacco ubi nunc iacent simulacra eorum21. Le

Fig. 10. Viterbo, Museo Civico, sfinge

Fig. 11. Citt� del Vaticano, Museo Gregoriano Egizio, leone egiziodi Nektanebo

Fig. 12. Paris, Musée du Louvre, sfinge egizia di Néfèrités dall’Iseo Campense

155M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique...

statue in questione sono in realt le due notissime divinit fluviali, oggi ai lati della fontana del Palazzo Senatorio in Campidoglio, ma un tempo decoro delle terme di Costan-tino a Montecavallo. Le sculture, datate al II secolo d.C., raffiguravano in origine il Nilo e il Tigri, poi trasformato con laggiunta della lupa e di altri attributi nel fiume di Roma, il Tevere22.

La statua del Nilo (fig. 13), caratterizzata invece sin dallorigine dalla sfinge, si ispira per le fattezze di questul-tima ai numerosi modelli e prototipi egiziani che popolavano la Roma imperiale. Pur nel fraintendimento iconografico, la fama delle due sculture nel Medioevo era tale che anche Magister Gregorius nelle Meraviglie di Roma, dopo aver descritto i noti Dioscuri, dedica la sua attenzione alle divinit fluviali, sebbene vi riconosca Salomone e Bacco23. Ai fini del nostro studio, la notoriet della statua del Nilo nel Medioevo romano determina la possibilit di individuare anche per le sfingi almeno un modello antico, egittizzante anche se non egizio, visibile con assoluta certezza dai marmorari romani, che proprio dal XII secolo iniziano la loro straor-dinaria ascesa professionale. Un confronto tra la sfinge romana e quella medievale tradisce immediatamente sia nellimpostazione generale della figura sia nei particolari la ripresa del modello o di prototipi similari.

Sempre sul Campidoglio, nel 1513 sono notate da Andrea Fulvio, ai lati della rampa del Palazzo Senatorio, due sfingi, ora al Museo del Louvre, mentre unaltra coppia in granito rosso attestata da van Heemskerck e da Pierre Belon du Mans nel Giardino del Belvedere in Vaticano alla met circa del XVI secolo24. Lo stesso van Heemskerck documenta in verit molte altre sfingi nella Roma del Cinquecento, di cui una nella raccolta antiquaria della famiglia Galli25. Che la presenza di sfingi a Roma eccezion fatta per quella che accompagna la statua del Nilo sia attestata solo a partire dal principio del XVI secolo non deve necessariamente far pensare che esse siano riemerse e tornate alla luce solo in quel periodo, ma che solo da quel momento sia sorto nella cultura romana un interesse per lEgitto anche di tipo ar-cheologico e non solo intellettualistico come in precedenza26.

Per questo lipotesi di alcuni studiosi27, che gli artisti medievali potessero non aver avuto modelli disponibili di sfingi da copiare, cade inesorabilmente sotto i colpi della specularit tra i prototipi egizi e le sculture medievali, e dellatteggiamento dei marmorari romani di ripresa cos-ciente e personale dei modelli antichi, simbolo della gloria dellUrbe.

Inoltre la conoscenza diretta di modelli egiziani o romani e dei loro contesti dorigine potrebbe spiegare anche la

funzione della sfinge nellarte del Medioevo romano, dove, al contrario di quanto spesso accade nel bestiario roma-nico, diviene, tanto quanto il leone, una sorta di guardiano divino, proprio come nellantico Egitto28.

Le sfingi medievali trovano, infatti, posto in via pratica-mente esclusiva allingresso delle chiese, dei chiostri e dei recinti presbiteriali o del basso coro, con uninequivocabile funzione di maestosa sorveglianza. assai probabile che questo incarico le derivi dal ruolo ricoperto nei luoghi sacri egizi, nonch dallassimilazione con i leoni, che nella tradi-zione faraonica si trovavano agli ingressi dei templi, tanto strettamente connessi alle porte, al punto che due figure di leoni accovacciati servono anche a indicare le porte stesse29. In fondo questo ruolo del leone e, quindi, della sfinge ad esso associata come vigilante si ritrova ampiamente nei testi letterari e nei bestiari del Medioevo. Sia il Physiologus che Isidoro di Siviglia mettono, infatti, in evidenza come Quando il leone dorme, i suoi occhi vigilano30. Ancor pi esplicito, soprattutto in relazione alla nostra analisi, sembra essere Philippe de Than quando sostiene che Il leone quando vuole cacciare e vuole mangiare una preda con la sua coda in verittraccia un cerchio per terravi lascia unapertura che funga da passaggio alle bestie che desidera...E la sua natura tale che non esister mai bestia alcuna che possa superare quel limite, n oltrepassarloLa coda, per natura, simboleggia la sacra Scrittura, oppure la giustizia che sta sopra di noi; per il cerchio intendiamo il paradisoe la breccia il passaggio che ci preparato se facciamo bene e stiamo lontani dal male; e noi significhiamo le bestie31. Leoni e sfingi, pertanto, sono a ragion veduta posti dai marmorari romani a guardia di luoghi sacri, come gli ingressi delle chiese, dei chiostri e dei recinti presbiteriali o del basso coro.

Come ultimo punto, vorrei fare una riflessione sulla posizione occupata dalla famiglia dei Vassalletto in seno alla questione del complesso rapporto tra i marmorari romani e le antichit che caratterizzavano la storia e il volto dellUrbe. Dei circa tredici esemplari tra leoni e sfingi di ispirazione egizia realizzati a Roma nel Medioevo ben quattro sono con sicurezza attribuibili ai Vassalletto: il leone attualmente nel portico dei Santi Apostoli a Roma, siglato sul basamento da un Bassallectus e datato al 122032 (fig. 4); la sfinge del chiostro di San Giovanni in Laterano (fig. 1), che si ritiene convenzionalmente iniziato verso il 1215 da Vassalletto padre e terminato intorno al 1235 dal figlio33; il leone egittizzante e la sfinge della perduta schola cantorum della Collegiata di Lanuvio, alle porte di Roma, attribuibile grazie a una iscrizione a un Vassalletto, attivo intorno al 1240 per larcipresbitero Giovanni Saraceno34; infine la coppia di sfingi a sostegno del cero pasquale della cattedrale di Ana-gni (fig. 5), firmato da Vassaleto e assegnato da chi scrive alla campagna di abbellimento conclusasi entro il 125035. La realizzazione dellarredo liturgico di Anagni, iniziata tra il 1224 e il 1227 con la messa in opera del pavimento da parte di Cosma, deve essere proseguita vista la posizione di prestigio occupata dalla cittadina durante il pontificato di Gregorio IX, anagnino di nascita, e lelezione nel 1237 a vescovo di Pandolfo, gi cappellano e uomo di fiducia dello stesso papa con lesecuzione degli amboni, delle recinzioni e del candelabro36. Come suggerisce lo storico anagnino Zap-pasodi, il vescovo Pandolfo aveva promosso alcuni interventi architettonici nella navata e lesecuzione delle transenne del coro e degli amboni, lasciandone memoria in unepigrafe sul terzo pilastro destro della nave che recita: PANDULF EPVS FIERI FECIT HOC OPUS ANO DNI MCCL37. Unimportante conferma giunge proprio da una disposizione testamentaria

Fig. 13. Roma, Campidoglio, Statua del fiume Nilo

156

dello stesso vescovo, che nel 1255 chiede di essere seppellito in loco ubi est predula in qua cotidie leguntur lectiones38, ossia presso lambone, dandoci conferma dellesecuzione della struttura liturgica gi a quella data. A questa campa-gna di lavori, in atto quindi tra gli anni trenta e quaranta del Duecento, si pu ascrivere anche il leone egittizzante, attualmente a lato della cattedra (fig. 6). I due felini, da sempre connessi alla data del 1262 del trono episcopale, non erano invece in origine a esso pertinenti: non solo perch questultimo frutto di un rimontaggio novecentesco, ma anche perch Barbier de Montault nel 1858 segnala la presenza erratica dei due felini, usati come supporto per unacquasantiera, e lassenza del seggio vescovile nella catte-drale39. Ci ha permesso a Gandolfo di ipotizzare che i leoni anagnini appartenessero in origine a una recinzione liturgica e di attribuirli, con il sostegno unanime della critica, a una bottega vassallettiana per ragioni stilistiche40. Al Magister Bassalectus che firma, nel secondo quarto del Duecento, le lastre della chiesa romana di San Saba andrebbero, infatti, assegnate, per assoluta specularit, quelle della basilica di San Lorenzo fuori le mura41, a cui spettavano in origine i due leoni, di cui uno egittizzante, oggi inseriti nei bancali42 (fig. 2). Luguaglianza tra questi e i felini anagnini confermerebbe lattribuzione di questi ultimi a un Vassalletto, la cui attivit nella cattedrale di Anagni pu, pertanto, essere inserita nella campagna decorativa del secondo quarto del Duecento, in cui viene realizzato anche il candelabro sorretto dalle due sfingi. A questo punto per la palesa identit con il felino egittizzante anagnino (fig. 6) deve essere attribuito allo stesso Vassalletto anche il leone di ispirazione egizia della cattedrale di Ferentino (fig. 8), posto in origine a guardia del basso coro, assieme alla sfinge che si vede oggi murata allingresso della sagrestia.

Questultima (fig. 9) nella spiccata somiglianza formale ed espressiva con la sfinge del chiostro lateranense (fig. 1) sembra sancire la paternit vassallettiana della perduta recinzione di Ferentino. Larredo liturgico ferentinate, iniziato tra il 1203 e il 1222 sotto il vescovo Alberto che, secondo il settecentesco Liber cum serie episcoporum, fece a proprie spese il Pavimento di marmo della chiesa Cattedrale, dovette essere portato a termine intorno al 1240, quando Drudo de Trivio realizza il ciborio su commissione di Giovanni da Ferentino, arcidiacono di Norwich43. Nella documentazione a noi nota non c traccia della presenza vassallettiana a Ferentino, ma lattivit della bottega nella

vicina Anagni nel medesimo periodo, il fatto che Drudo e un Vassalletto siano documentati al lavoro in tandem a Lanuvio nel 1240 e, infine, limpressionante somiglianza tra lo zoo ferentinate e quello riconducibile ai Vassalletto sembrano confermarne lintervento nella cattedrale di Ferentino. Riflettendo sulla contemporaneit di questi in-terventi chiostro lateranense e arredi di San Lorenzo fuori le mura, Anagni, Ferentino e Lanuvio , da circoscriversi tutti al secondo quarto del Duecento, sembra evidenziarsi, in questo preciso momento, nella bottega dei Vassalletto unulteriore maturazione nel rapporto con lantico, non pi rivolto al mero riutilizzo di spolia, ma quasi in aperta competizione con la scultura della Roma imperiale. Non casuale che sempre ai Vassalleto sia oramai unanimemente riconosciuta la paternit del famoso capitello di San Lorenzo al Verano con la rana e la lucertola, scambiato da un esperto quale Winckelmann addirittura per unopera originale degli artisti greci Sauro e Batraco44, e che sempre a un Vassal-letto rimonti la propriet di unantica statua di Esculapio sotto cui lartista aveva posto la propria firma45. Questa nuova coscienza della propria arte in continuit e, forse, in superamento di quella antica emerge per i Vassalletto in particolare dal nostro bestiario egittizzante, che dichiara nelloriginalit della scelta del modello e nella precisione della sua ripresa un cosciente e voluto confronto diretto con le opere dellantichit. Il felino dei SS. Apostoli (fig. 4), firmato da Bassallectus, ricalca totalmente e senza ombra di dubbio i cosiddetti leoni di Nektanebo (fig. 11), ora in Va-ticano ma un tempo dinanzi al Pantheon. Questi dovevano trovarsi nella collocazione immortalata dal celebre disegno di van Heemskerck almeno sin dal XII secolo, come attesta in modo inequivocabile Magister Gregorius46. Tuttavia fino allavvento del Vassalletto e, con lui, di un approccio pi consapevole allantico, nessuno scultore aveva osato spin-gersi cos oltre nella ricerca e nella ripresa di prototipi del passato, volgendo la propria attenzione anche verso modelli pi singolari, come quelli egiziani.

Fig. 15. Roma, San Giovanni in Laterano, chiostro, rilievo dei pennacchi del lato ovest

Fig. 14. San Paolo fuori le mura, candelabro di Pietro Vassalletto e Nicola d’Angelo, sfingi

157M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique...

Ma a quale membro della famiglia pu essere riconos-ciuto questo ruolo? Io credo debba trattarsi del figlio di Pietro, noto anche come Vassalletto III. a lui che gli studiosi attribuiscono la realizzazione dei lati sud e ovest, nonch il completamento, del chiostro lateranense, lasciando al padre Pietro, con cui cepit opus, i restanti bracci claus-trali47. La diversit tra i felini posti a guardia dei vari lati, la differenza formale tra la sfinge del candelabro paolino di Pietro48 e quella del chiostro (figg. 1-14) e, di contro, la similitudine tra questultima e le sculture dei pennacchi di mano di Vassalletto III (figg. 1-15) sembrerebbero confermare questa suddivisione dei lavori, facendo ipotizzare, quindi, il figlio di Pietro attivo in autonomia allincirca dagli anni venti del Duecento. Posto a capo della fiorente bottega di famiglia, interviene negli arredi liturgici di San Lorenzo al Verano, Anagni, Ferentino e Lanuvio, tutti databili, come gi precedentemente ricordato, tra gli anni venti e cinquanta. Un confronto tra i leoni di queste chiese, rivelando una palese identit di mano, conferma lattribuzione delle opere al nostro Vassalletto III.

questo artista, dunque, a introdurre nel repertorio della bottega nuovi e suggestivi modelli, ispirati allarte egiziana,

come i leoni egittizzanti dei SS. Apostoli, di San Lorenzo, di Anagni, di Ferentino e di Lanuvio. Ed sempre a lui che va il merito di essersi spinto oltre, includendo nel repertorio anche limmagine della sfinge, che nel lato sud del chiostro lateranense, messo in opera proprio da Vassalletto III, trova la sua prima attestazione in forme totalmente egizie, cos diverse da quelle che Pietro aveva utilizzato pochi anni prima nel candelabro di San Paolo. Da quella del Laterano derivano, infatti, le varie sfingi inserite negli arredi di Feren-tino, Lanuvio e Anagni, nonch quella di Civita Castellana, attribuibile a Drudo de Trivio che con Vassalletto III aveva collaborato sia a Ferentino che a Lanuvio.

Vassalletto III, al di l delle sue intuizioni, resta comunque un testimone di quello straordinario rapporto instauratosi nel Medioevo tra Roma e gli artisti che vi lavoravano, tra le gloriose opere darte del passato e la volont di questi di farle rivivere. O, forse, pi correttamente di riceverle in eredit, di continuare a farle vivere, data la profonda assimilazione dei modelli classici e laudace ripresa dei prototipi antichi fatta da artisti come Vassalletto III, che dovrebbero a questo punto spingerci a parlare non pi di rinascenza dellantico, ma di continuit dellantico a Roma nel Medioevo.

1 In generale sul tema si veda E. PANOFSky, Renaissance and Renascences in Western Art, Stockholm, 1960; A. ESCH, Spolien. Zur Wiederverwendung antiker Baustcke und Skulpturen im mittelalterlichen Italien, in Archiv fr kulturgeschichte 51, 1969, pp. 1-64; M. GREENHALGH, Ipsa ruina docet: luso dellantico nel Medioevo, in Memoria dellantico nellarte italiana I. Luso del classico, S. SETTIS (a cura di), Torino, 1984, pp. 115-167; S. SETTIS, Continuit, distanza, conoscenza. Tre usi dellantico, in Memoria dellantico nellarte italiana III. Dalla tradizione allarcheologia, S. SETTIS (a cura di), Torino, 1986, pp. 373-486. Vari saggi nel volume Roma antica nel Medioevo: mito, rappresentazioni, sopravvivenze nella Respublica Christiana dei secoli IX-XIII, Atti della XIV Settimana Internazionale di Studio (Mendola, 24 28 agosto 1998), Milano, 2001. Si vuole evidenziare come in questottica organizzato il fondamentale volume sulla storia artistica medievale di Roma di R. kRAUTHEIMER, Rome. Profile of a city, 312 1308, Princeton, 1980.2 di Richard krautheimer la tesi dellesistenza di un segmento romano del revival carolingio, espressa con argomentazioni in The Carolingian Revival of Early Christian Architecture, in The Art Bulletin XXIV, 1942, pp. 1-38, e poi ribadita in R. kRAUTHERIMER, Rome. Profile... op. cit., cap. V. Una posizione pi cauta, che vede nella Roma di IX secolo una coesistenza di orientamenti divergenti e unintrinseca continuit col passato, tenuta da V. PACE, La felix culpa di Richard krautheimer: Roma, Santa Prassede e la Rinascenza Carolingia, in Ecclesiae Urbis, Atti del Congresso internazionale di Studi sulle chiese di Roma (IV-IX secolo) (Roma, 4-10 settembre 2000), F. GUIDOBALDI, A. GUIGLIA (a cura di), Citt del Vaticano, 2002, I, pp. 65 72. Riguardo alla rinascenza paleocristiana del XII secolo, la creazione di un vero e proprio mito storiografico si deve a H. TOUBERT, Le renouveau palochrtien Rome au dbut du XII e sicle, in Cahiers archologiques 20, 1970, pp. 99-154, ampiamente sostenuta da E. kITZINGER, The Gregorian reform and the visual arts: a problem of method, in Transactions of the Royal Historical Society, V, 22. 1972, pp. 87-102. Un approccio critico che rivaluta le attitudini antiquariali proprie del contesto romano stato pi di recente sostenuto dalla critica e, in particolare, da F. GANDOLFO, La pittura romana tra XI e XII secolo e lAntico, in Roma, centro ideale della cultura dellAntico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma, 1417-1527, Atti del convegno internazionale di studi su Umanesimo e Rinascimento (Roma, 25 30 novembre 1985), S. DANESI SQUARZINA (a cura di), Milano, 1989, pp. 21-32, e V. PACE, La Riforma e i suoi programmi figurativi: il caso romano, fra realt storica e mito storiografico, in Roma e la riforma gregoriana. Tradizioni e innovazioni artistiche (XI XII secolo), Actes du colloqui (Lausanne, 10 11 dicembre 2004), S. ROMANO, J. ENCkELL JULLIARD (a cura di), Roma, 2007, pp. 49-59. Per unintelligente sintesi critica del problema si rimanda anche allintervento di Xavier Barral i Altet in questo stesso volume. Sulla Roma di fine XIII secolo e lantico si veda Roma nel Duecento: larte nella citt dei papi da Innocenzo III a Bonifacio VIII, A. M. ROMANINI (a cura di), Torino, 1991.3 Su questo tema centrale si legga P. C. CLAUSSEN, Marmi antichi nel medioevo romano: larte dei Cosmati, in Marmi antichi, G. BORGHINI (a cura di), Roma, 1989, pp. 65-80; V. PACE, Nihil innovetur nisi quod traditum est: sulla scultura del Medioevo a Roma, in Studien zur Geschichte der europischen Skulptur im 12./13. Jahrhundert, H. VON BECk, K. HENGEVOSS-DRkOP (a cura di), Frankfurt a. M, 1994, pp. 587-603; P. C. CLAUSSEN, Marmo e splendore. Architettura, arredi liturgici, spoliae, in Arte e iconografia a Roma. Da Costantino a Cola di Rienzo, M. ANDALORO, S. ROMANO (a cura di), Roma, 2000, pp. 193-225.4 Si rimanda a P.C. CLAUSSEN, Magistri doctissimi Romani. Die rmischen Marmorknstler des Mittelalters (Corpus Cosmatorum I), Stuttgart-Wiesbaden, 1987.5 P.C. CLAUSSEN, Marmo e splendore... op. cit., pp. 193-194.6 K. NOEHLES, Die kunst der Cosmaten und die Idee der Renovatio Romae, in Festschrift Werner Hager, Recklinghausen, 1966, pp. 17-37, in part. p. 24, 35; P. MONTORSI, Su alcuni leoni di Vassalletto che derivano da un modello egiziano, in Roma anno 1300, Atti della IV settimana di studi di storia dellarte medievale dellUniversit di Roma La Sapienza, A. M. ROMANINI (a cura di), Roma, 1983, pp. 655-674; M. GIANANDREA, LEgitto dei faraoni nella Roma dei papi. Riflessioni sullEgitto nella cultura medievale tra storia, religione e mito, in La lupa e la sfinge. Roma e lEgitto dalla storia al mito, Catalogo della mostra (Roma, 11 luglio-9 novembre 2008), E. LO SARDO (cura di), Milano 2008, pp. 132-142.7 D. JALABERT, De lart oriental antique lart roman. Recherches sur la faune et la flore romanes. I: le sphinx, in Bulletin monumental 94, 1935, pp. 71-104; L. REAU, Iconographie de lart chrtien, t. I. Introduction Gnrale, Paris, 1955, p. 120.8 M. GIANANDREA, LEgitto dei faraoni nella Roma... op. cit., pp. 132-142.9 A. ROULLET, The Egyptian and Egyptianizing Monuments of Imperial Rome, Leiden, 1972; LEgitto dal mito allEgittologia, S. DONADONI, S. CURTO, A. M. DONADONI ROVERI (a cura di), Milano, 1990; A. ROCCATI, LEgitto e lItalia al tempo dellimpero romano: modi e problemi di un confronto culturale, in LEgitto in Italia dallantichit al Medioevo, Atti del III Congresso Internazionale Italo-egiziano (Roma-Pompei, 13 19 novembre 1995), N.

158

BONACASA, M. C. NARO, E. C. PORTALE, A. TULLIO (a cura di), Roma, 1998, pp. 491-496; G. CAPRIOTTI VITTOZZI, LEgitto a Roma, Roma. 2006; F. COARELLI, Roma e Alessandria, in La lupa e la sfinge.... op. cit., pp. 37-47.10 M. DE VOS, LEgittomania in pitture e mosaici romano-campani della prima et imperiale, Roma, 1980; S. BAkHOUM, Les thmes gyptisants de latelier de Rome dAuguste Caracalla, in LEgitto in Italia... op. cit., pp. 207-216; sul reimpiego degli obelisco nel tessuto urbano della Roma imperiale si veda E. M. CIAMPINI, Gli obelischi iscritti di Roma, Roma, 2004; C. RUO REDDA, Gli obelischi in Occidente, in Egittomania. Limmaginario dellantico Egitto e lOccidente, C. RUO REDDA (a cura di), pp. 51-64. 11 Si veda A. ROULLET, The Egyptian... op. cit., n. 279, fig. 291 e n. 228, fig. 290.12 A. FULVIO, Antiquaria Urbis, Romae, 1513, p. 39; A. ROULLET, The Egyptian... op. cit., nn. 284-285, figg. 293-301.13 Ibidem 14 O. LOLLIO BARBERI, G. PAROLA, M. P. TOTI, Le antichit egiziane di Roma imperiale, Roma, 1995.15 Ibidem, pp. 96-97.16 U. ALDOVRANDI, Delle statue antiche che per tutta Roma in diversi luoghi et case si veggono, in L. MAURO, Le antichit di Roma. Brevissimamente raccolte da chiunque ne ha scritto, o antico o moderno, Venezia, 1556, p. 128; O. LOLLIO BARBERI, G. PAROLA, M. P. TOTI, Le antichit egiziane... op. cit., pp. 100-101.17 Ibidem, pp. 93-95.18 Sulle problematiche relative ai due pi importanti santuari egizi di Roma si rinvia a F. COARELLI, I monumenti dei culti orientali in Roma. Questioni topografiche e cronologiche, in La soteriologia dei culti orientali nellImpero Romano, Atti del Colloquio internazionale su la soteriologia dei culti orientali nell impero romano, Roma, 24 28 Settembre 1979, Etudes prliminaires aux religions orientales dans lempire romain XCII, U. BIANCHI, M. J. VERMA-SEREN (a cura di), 1982, pp. 53-67; S. ENSOLI, I santuari isiaci a Roma e i contesti non cultuali: religione pubblica, devozioni private e impiego ideologico del culto, in Iside. Il mito, il mistero, la magia, Catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 22 febbraio-1 giugno 1997), E. ARSLAN (a cura di), Milano, 1997, pp. 306-321; R. TAyLOR, Hadrians Serapeum in Rome, in American Journal of Archaeology 108, 2004, pp. 123-166; V. GASPARINI, Iside a Roma e nel Lazio, in La lupa e la sfinge... op. cit., pp. 100-109.19 I Mirabilia Urbis Romae, M. ACCAME, E. DELLORO (a cura di), Roma, 2004, pp. 168-169.20 O. LOLLIO BARBERI, G. PAROLA, M. P. TOTI, Le antichit egiziane... op. cit., pp. 79-90.21 I Mirabilia Urbis Romae... op. cit., p. 172.22 A. BEDON, Il Campidoglio. Storia di un monumento civile nella Roma papale, Milano, 2008, p. 3623 C. NARDELLA, Il fascino di Roma nel Medioevo. Le meraviglie di Roma di maestro Gregorio, Roma, 1997, p. 159.24 A. FULVIO, Antiquaria... op. cit., p. 39; C. HLSEN, C. EGGER, Die rmischen Skizzenbcher von Marten van Heemskerck im kniglichen kupfers-tichkabinett zu Berlin, I, Berlin, 1913 1916, f. 23r; P. BELON DU MANS, Les Obseruationes de plusieurs singularitez et chose memorables, trouuees en Grece, Asie, Iudee, Egypte, Arabie, et autres pays estranges, redigees en trois liures, [s.l.] 1553, c. XLVI; A. ROULLET, The Egyptian... op. cit., nn. 284-287, figg. 293-295, 299-301, 305-306.25 C. HLSEN, C. EGGER, Die rmischen Skizzenbcher... op. cit., I, f. 72r; A. ROULLET, The Egyptian... op. cit., n. 296, fig. 310.26 Su questo tema si legga P. CASTELLI, I geroglifici e il mito dellEgitto nel Rinascimento, Firenze, 1979; B. PALMA VENETUCCI, Oggetti egizi nei taccuini di disegni rinascimentali, in LEgitto in Italia... op. cit., pp. 177-192; C. STRINATI, LEgitto come luogo dellarte, in La lupa e la sfinge... op. cit., pp. 63-69.27 G. CAPRIOTTI VITTOZZI, Note sullinterpretatio dellEgitto nel Medioevo. Leoni e sfingi nella Roma medievale, in Imagines et iura personarum: luomo nellEgitto antico, Atti del IX Convegno internazionale di egittologia e papirologia per i novanta anni di Sergio Donadoni (Palermo, 10-13 novembre 2004), P. Mina (a cura di), Palermo, 2006, pp. 43-59.28 U. SCHWEITZER, Lwe und Sphinx in Alten gypten, Hamburg, 1948. 29 Ibidem; G. CAPRIOTTI VITTOZZI, Note sullinterpretatio... op. cit., pp. 48-49. 30 Physiologus I, p. 13 ed Etymologiae XII, II, 5, cfr. rispettivamente in Bestiari medievali, L. MORINI (a cura di), Torino, 1996, p. 13 e Isidoro di Siviglia, Etimologie, A. VALASTRO CANALE (a cura di), II, Torino, 2004.31 Il Bestiaire di Philippe de Than, vv. 93-120 in Bestiari medievali... op. cit., pp. 117-119.32 P. C. CLAUSSEN, Die kirchen der Stadt Rom im Mittelalter 1050-1300: A-F, (Corpus Cosmatorum, II 1), Stuttgart, 2002, pp. 116-119. 33 F. POMARICI, Medioevo. Architettura, in San Giovanni in Laterano, C. PIETRANGELI (a cura di), Firenze, 1990, pp. 61-72; P. C. CLAUSSEN, Die kirchen der Stadt Rom im Mittelalter 1050 1300: S. Giovanni in Laterano, (Corpus Cosmatorum, II 2), Stuttgart, 2008, pp. 258-296. In particolare sui leoni e sulle sfingi presenti nel chiostro si vedano le pp. 297-302 del medesimo volume. 34 M. GIANANDREA, La scena del sacro. Larredo liturgico nel basso Lazio tra XI e XIV secolo, Roma, 2006, pp. 145-146.35 Ibidem, p. 129.36 Ibidem, pp. 125-133.37 P. ZAPPASODI, Anagni attraverso i secoli, Veroli, 1907, p. 309. 38 S. SIBILIA, Guida storico-artistica della Cattedrale di Anagni, Anagni, 1936, p. 61.39 X. BARBIER DE MONTAULT, La cathdrale dAnagni, Paris, 1858, pp. 28-31. Il trono, come raccontano gli storici anagnini P. ZAPPASODI, Anagni... op. cit., p. 348, e S. SIBILIA, Guida... op. cit., p. 58, venne trasferito dalla cattedrale alla chiesa di SantAndrea, dove lo vide De Magistris e dove rimase fino al 1890, cfr. A. DE MAGISTRIS, Istoria della citt di Anagni, Roma, 1749, p. 68. 40 F. GANDOLFO, La cattedra papale in et federiciana, in Federico II e larte del Duecento Italiano, Atti della III Settimana di studi di Storia dellarte medievale (Roma 1979), A. M. ROMANINI (a cura di), Galatina, 1980, I, p. 361, n. 59. 41 Laccostamento dei plutei di San Saba e di San Lorenzo, che risale a G. GIOVANNONI, Opere dei Vassalletti marmorari romani, in LArte 11, 1908, pp. 262-283, stato confermato anche da P. STyGER, La schola cantorum di San Saba, in Studi Romani 2, 1914, pp. 224-228, da P. C. CLAUSSEN, Magistri... op. cit., pp. 138-142, e da I. VOSS, Studien zu den ionischen kapitellen von S. Lorenzo Fuori le Mura, in Rmische Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana 26, 1990, p. 84.42 Sulla complessa vicenda degli arredi di San Lorenzo si legga G. GIOVANNI, Opere... op. cit., pp. 262-283; F. GANDOLFO, La cattedra... op. cit., pp. 359-362; P. C. CLAUSSEN, Magistri... op. cit., pp. 138-144; D. MONDINI, S. Lorenzo fuori le mura in Rom. Der Bau und seine liturgische Ausstattung im 13. Jahrhundert, in Georges-Bloch-Jahrbuch des kunstgeschichtlichen Seminars der Universitt Zrich 2, 1995, pp. 12-30; E. BASSAN, s.v. Vassalletto, in Enciclopedia dellArte Medievale, vol. XI, Roma, 2000, pp. 510-514; M. GIANANDREA, La scena... op. cit., pp. 126-127.43 Sullarredo liturgico di Ferentino si sono espressi B. Contardi, Il pavimento, in Storia dellarte e territorio: Ferentino, Milano, 1980, pp. 101-104; A. TOMEI, La Cattedrale, larredo cosmatesco, in Storia della cita 5. 1980 15/16, Storia dellarte e territorio, ivi, pp. 105-108; M. GIANANDREA, La scena... op. cit., pp. 111-117.

159M. Gianandrea: Creazioni ź l’antique...

Djela A l’Antique. Obitelj VassallettO i čarOlija egipatske sfinge u sreDnjOVjekOVnOme rimuSAŽEtAk

44 I. VOSS, Studien... op. cit., pp. 61-63. 45 R. LANCIANI, Storie degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichit, vol. I, Roma, 1902, p. 13; P. FEDELE, Sul commercio delle antichit in Roma nel XII secolo, in Archivio della Societ Romana di Storia Patria XXXII, 1909, fasc. 3-4, pp. 465-470. 46 Non condivisibile lopinione di P. MONTORSI, Su alcuni... op. cit., p. 657, che i leoni di Nektanebo non fossero gi nel XII secolo davanti al Pantheon, data la spiccata corrispondenza tra la descrizione di Magister Gregorius, che parla di vasa alia mirando de marmore porfirico et leones et cetera signa, e il noto disegno di van Heemskerck.47 G. GIOVANNONI, Opere dei Vassalletti... op. cit., pp. 262-283; A. M. DACHILLE, La scultura, in Roma nel Duecento... op. cit., pp. 171-177; P. C. CLAUS-SEN, S. Giovanni in Laterano... op. cit., pp. 258-296. 48 Sul candelabro si veda E. BASSAN, Il candelabro di S. Paolo fuori le mura: note sulla scultura a Roma tra XII e XIII secolo, in Storia dellarte 45, 1982, pp. 117-131, che attribuisce, tuttavia, a Pietro i felini del chiostro, e P. C. CLAUSSEN, Magistri doctissimi... op. cit., pp. 108-109.

U Rimu, velikome teatru prolosti, gdje se preuzimanje antike s estetskoga gledita moe smatrati prirodnim fe-nomenom vezanim uz okruje lokalne kulture, u prvoj se polovici XIII. stoljea, meu brojnim renesansama u gradu, pojavila i jedna posebno znaajna ponovno oivljavanje staroegipatske umjetnosti. Tako lokalni majstori, ve poznati po svom statusu magistri doctissimi romani preuzi-maju modele sfingi i lavova, staroegipatske ili egiptizirane, zamjenjujui upotrebu spolia novim djelima lantique. Rezultat te produkcije bila je serija egipatizirajuih lavova i sfingi kao uvara oltarnih ograda, klaustara i grobova, kao to je vidljivo u crkvi Sv. Ivana Lateranskog, u katedrali u Anagniu, zatim u katedralama u Civita Castellana i Feren-tinu, u kanonikoj crkvi u Lanuviu i u muzeju u Viterbu. to se lavova tie, modeli su sretno pronaeni u paru maaka pronaenih blizu crkve Santo Stefano del Cacco i danas smjetenih u podnoju stubita kapitola, te u dva lava, zvana lavovi kralja Nektanebe, danas u Vatikanu, dok su se prije nalazili ispred Panteona. Jednako temeljito istraivanje jo uvijek nije provedeno to se tie zagonetnih sfingi.

U radu je, dakle, prvi cilj utvrditi prisutnost staroegi-patskih ili rimskih sfingi na podruju grada Rima, posebice tijekom srednjega vijeka. Analizom izvora od vodia po Rimu, kao to je Mirabilia, do opisa i crtea grada izmeu XIV. i XVI. stoljea, pa preko kataloga plemenitakih zbirki s poetka XVI. st. moglo se sa sigurnou ustvrditi da su umjetnici rimskoga srednjeg vijeka imali mogunost vidjeti, poevi od XII. stoljea, najmanje jednu antiku sfingu. Radi se o udovinoj figuri u pratnji kipa rijeke Nil, danas na trgu kapitola, a neko meu ostacima hrama Serapeo na kvirinalu, gdje ga je u XII. stoljeu s velikim divljenjem opisao autor vodia Mirabilia Urbis Romae. Ovaj je rad bio usmjeren na pronalaenje tono odreenoga ikonogrfskog modela sfinge kakvog nam pokazuju srednjovjekovni pri-mjeri. Vrijedno je zapravo naglasiti direktno preuzimanje sta-roegipatskih uzora samo na rimskome teritoriju: sfinge, koje se ad abundantiam reproduciraju u romanikim crkvama Italije i Europe, ponekad imaju grke uzore i uvijek su krilate, ponekad se ugledaju na kaldejsko-babilonske uzore, krilate i katkad bradate, ponekad s bikovskim nogama. U Rimu je, naprotiv, vladao iskljuivo staroegipatski faraonski model, bez krila, dostojanstven, s nemesom na glavi u poluleeem poloaju, to je jasan dokaz direktnog poznavanja originalnih egipatskih ili egiptiziranih sfingi. Nakon bitke kod Akcija kojom je August 31. g. pr. kr. pripojio Egipat Rimskome

carstvu, s kulturolokoga je gledita dolo do pravoga vala egiptomanije. Zidovi rimskih aristokratskih domusa prekri-vaju se freskama egipatskoga sadraja, a u srcu grada podiu se obelisci, doneseni direktno iz Aleksandrije, Heliopolisa i Tebe. Tisuljetna egipatska kultura zavela je Rim i car se prekriva svetou faraona, u tolikoj mjeri da moemo razumjeti postojanje kipova Nerona, Domicijana i Antinoja u faraonskoj odjei. kasnije su upravo neki od tih careva dali sazidati ili restaurirati velika egipatska svetita Izide i Sarapisa u Rimu, obogaujui ih skulpturama koje potjeu iz Egipta. Impresivna Amasisova sfinga (XXVI dinastija), danas u kapitolskome muzeju, izvorno je uljepavala Iseo Campense, isto kao i sfinga koja se danas nalazi u Museo Barracco (XVIII dinastija). Moda s istoga svetita na Campo Marzio, ako ne i sa Iseo Capitolino, potjeu egipatske sfinge Neferites (sl. 12) i Akoris (XXIX dinastija), danas u Louvreu, a koje je 1513. g. Andrea Fulvio dokumentirao na kapitolu. Opinjenost Egiptom i njegovom skulpturom potie stalne narudbe egipatskih komada to je kao neposrednu poslje-dicu imalo produkciju egiptiziranih djela, inspiriranih iko-nografskim i stilskim kanonima faraonskoga i ptolomejskog Egipta, od kojih su najbrojnije bile sfinge.

I tako su se po Rimu rairile slike zagonetnih stvorenja Egipta, potvrujui ideoloko nasljee izmeu carskoga grada i zemlje faraona, gotovo stvarajui novu Aleksan-driju na obalama Tibera. Samo se u imperijalnome Rimu, direktnome nasljedniku tisuljetne egipatske kulture i zna-nosti, koncentriraju i mogu koncentrirati egipatske sfinge, simboli samoga Egipta, kako dokazuju mnoge skulpture Nila noene sfingama ili poznata Tazza Farnese.

Takva razmiljanja mogu objasniti i funkciju sfinge u srednjovjekovnoj rimskoj umjetnosti gdje, suprotno estim sluajevima u romanikome bestiariju, nije simbol luksuza, nego postaje, kao i lavovi, neka vrsta boanskoga uvara, kao i u starome Egiptu.

Zadnja promiljanja bave se poloajem obitelji Vassalletto u okviru sloenoga odnosa izmeu rimskih klesara mramora i starina koji je obiljeio povijest i izgled grada Rima. Izmeu tridesetak primjera lavova i sfingi staroegipatske inspiracije napravljenima u Rimu tijekom srednjega vijeka, barem se etiri mogu sa sigurnou atribuirati obitelji Vassalletto: lav koji se danas nalazi u portiku crkve Santi Apostoli u Rimu, na ijem je postolju uklesan potpis Bassallectus i godina 1220.; sfinga u klaustru crkve San Givanni in Laterano, koju je oko 1215. g. zapoeo otac Vassalletto, a oko 1235.

160

g. zavrio njegov sin; zatim egiptizirani lav i izgubljena sfinga sa scholae cantorum kanonike crkve u Lanuviu, na vratima Rima, koje, zahvaljujui natpisu moemo pripisati jednome Vassalletttu aktivnom oko 1240. g. za vrijeme nadsveenika Giovvania Saracena; i na kraju par sfingi koje su pridravale veliku uskrnju svijeu katedrale u Anagni, s potpisom Vassaleto koji ga datira u period preureivanja oko 1250. godine.

Usporedbom ivotinja iz liturgijske opreme Anagne i Ferentina datiranih potpisom na prijelaz prve u drugu etvrtinu XIII. stoljea i atribuiranim radionici obitelji Vas-salletto, i ostale egiptizirane produkcije u Rimu uvia se da je upravo ta obitelj klesara temeljna veza s klasinom sta-rinom, gotovo nova poetna toka u razumijevanju uloge rimskih klesara kao nastavljaa slavne prolosti Rima. No, koji je lan obitelji nositelj te uloge? Vjerujem da se radi o Pietrovom sinu, znanom kao Vassalletto III. Njemu strunjaci atribuiraju realizaciju june i zapadne strane, kao i zavretak lateranskoga klaustra, ostavljajui ocu Pietru ostala krila klaustra. Raznolikost meu makama uvarima na razliitim stranama klaustra, formalna razlika izmeu sfinge Pietro-vog kandelabra Sv. Pavla i one iz klaustra, i s druge strane

slinost ove potonje sa skulpturama Vassalletta III. ini se potvruju podjelu posla, datirajui samostalno djelovanje Pietrovog sina u dvadesete godine XIII. stoljea. Postavi voditelj obiteljske radionice, sudjelovao je u radovima na liturgijskoj opremi San Lorenza u Veranu, Anagni, Ferentinu i Lanuviu, koji se svi mogu datirati izmeu dvadesetih i pedesetih godina. Usporedba lavova iz tih crkava otkriva oiti rukopis i potvruje njigovu atribuciju Vassallettu III.

Upravo je taj umjetnik u repertoar radionice uveo nove modele, inspirirane egipatskom umjetnou, kao to su egiptizirani lavovi iz SS. Apostoli i San Lorenza, zatim iz Anagna, Ferentina i Lanuvia. I upravo je njegova zasluga uvoenje motiva sfinge, koju je u juno krilo lateranskoga klaustra postavio kao prvo svjedoenje potpuno egipatskih formi, tako razliitih od onih koje je Pietro samo par godina ranije koristio za kandelabar Sv. Pavla. Od te lateranske sfinge potjeu i one kasnije iz Ferentina, Lanuvia i Anagne, kao i ona iz Civita Castellana koja se pripisuje majstoru imenom Drudo de Trivio koji je s Vassallettom III. suraivao kako u Ferentinu tako i u Lanuviu.

Prevela: Ivana karli

Hortus Artium Mediev. Vol. 16 151-160 M. Gianandrea CreAzioni A L’AntIquE...