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Libro V: Oreste Cagnasso, Maurizio Del Conte, Cesare Galli, Flavio Lapertosa, Elisabetta Loffredo, Giorgio Marasà, Gabriele Racugno, Andrea Zoppini Libro VI: Vincenzo Cesaro, Luigi Paolo Comoglio Coordinatori CODICE CIVILE Dvd-Rom Tomo III Artt. 2291 - 2969 Disposizioni di attuazione Appendice a cura di Guido Alpa e Vincenzo Mariconda COMMENTARI IPSOA 130764_001_SACCHI_ART_2291-2350.indd III 130764_001_SACCHI_ART_2291-2350.indd III 21/09/13 9:38 AM 21/09/13 9:38 AM

Conflict of interests of managers

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Libro V: Oreste Cagnasso, Maurizio Del Conte, Cesare Galli, Flavio Lapertosa, Elisabetta Loffredo, Giorgio Marasà, Gabriele Racugno, Andrea ZoppiniLibro VI: Vincenzo Cesaro, Luigi Paolo Comoglio

Coordinatori

CODICECIVILE

Dvd-Rom

Tomo III

Artt. 2291 - 2969

Disposizioni di attuazioneAppendice

a cura diGuido Alpa e Vincenzo Mariconda

COMMENTARI IPSOA

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Codice Civile

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8-21

7-41

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responsabilità limitata. Artt. 2462-2483 c.c., a cura di BIANCHI, Com. Marchetti-Bianchi-Ghezzi-Notari, Milano 2008, 585; (7) CORRIAS, Limitazioni al potere di rappresentanza, Art. 2475 bis. Rappresentanza della società, S.r.l. Commentario, Milano 2011, 600; (8) MANZO, Artt. 2475-2475 ter, AA.VV., La società a responsa-bilità limitata, La riforma del diritto societario, a cura di LO CASCIO, Milano 2003, 163; (9) MORANDI, Art. 2475 bis, Il nuovo diritto delle società, a cura di MAFFEI ALBERTI, Padova 2005, 1951; (10) PARRELLA, Art. 2475 bis, La riforma delle società, Società a responsabilità limitata. Liquidazione. Gruppi. Trasformazione. Fusione. Scissione, a cura di SANDULLI-SANTORO, Torino 2003; (11) PICCIAU, Appunti in tema di amministrazione e rappresentanza, Aa.Vv., La nuova s.r.l., Milano 2003, 225; (12) SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano 2003; (13) ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, t. II, Com. Schlesinger, diretto da BUSNELLI, Milano 2010.

2475-ter. Conflitto di interessi (1)

[1] I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la mede-sima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

[2] Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto deter-minante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall’articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione.

(1) Articolo inserito dall’art. 3, c. 1, d.lg. 17.1.2003 n. 6, che ha sostituito l’intero Capo VII, a decorrere dal 1.1.2004.

Sommario: I. L’interesse sociale - II. Rapporto tra conflitto d’interessi dell’amministratore e interesse sociale - III. Ambito della nozione di conflitto d’interessi dell’amministratore - IV. La disciplina dei contratti “in conflitto” - V. La disciplina delle decisioni “in conflitto” - VI. Rilievi critici alla struttura dell’art. 2475 ter - VII. L’assenza di obblighi preventivi di trasparenza degli interessi in conflitto e di astensione - VIII. Le sanzioni per i contratti con-flittuali - IX. Le sanzioni per le decisioni conflittuali - X. Conclusioni.

I. L’interesse sociale

La nozione di “interesse della società” è notoriamente ardua non solo da definire ma già da individuare, implicando il riferimento ad una entità astratta quale è la persona giuri-dica. In estrema sintesi può dirsi che un primo gruppo di teorie, quelle c.d. contrattualiste, identificano l’interesse della società nell’interesse comune dei soci, che però possono essere i soci attuali, ovvero anche i potenziali investitori in azioni della società, e quindi i soci futuri. Quest’ultima visione, per via dell’alto grado di astrazione dalle persone dei soci che implica, sostanzialmente va a confluire nel secondo gruppo, quello delle teorie

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c.d. istituzionaliste, che comprende le teorie che identificano l’interesse sociale in un interesse superiore e/o ulteriore e/o comunque diverso, rispetto all’interesse comune dei soci, e le teorie che includono nella nozione un fascio di interessi, ovvero gli inte-ressi che fanno capo a una o più categorie di stakeholders diversi dagli azionisti (credi-tori, finanziatori, dipendenti, consumatori, sino alla collettività intera). Rientra a pieno titolo in questo secondo gruppo dunque, per la spiccata propensione dei suoi fautori a includere gli stakeholders diversi dai soci nella nozione di interesse sociale, la nexus of contracts theory. Per una completa sintesi delle diverse tesi in argomento [cfr. JAEGER (18), 13 ss.; e dopo la riforma societaria ID. (19), 800 ss.; COSSU (13), 311 ss.].

II. Rapporto tra conflitto d’interessi dell’amministratore e interesse sociale

Il tema del conflitto d’interessi dell’amministratore evoca il tema dell’interesse sociale perché il conflitto nasce sempre da una divergenza fra interesse dell’amministratore e interesse della società [BONELLI (8), 375]: più precisamente, quando si parla di conflitto d’interessi dell’amministratore l’altro termine di paragone è sempre l’interesse sociale (e cfr. infra, 25). È fuor di dubbio che anche nella s.r.l. vige il dovere, in positivo, per l’amministratore di perseguire l’interesse sociale [SACCHI (33), 620]. E si è, in aggiunta, osservato che mentre i presupposti applicativi dell’art. 2391, in materia di interessi dell’amministratore di s.p.a., possono consistere anche in un fatto diverso dall’incom-patibilità tra l’interesse dell’amministratore e l’interesse sociale in una data operazione, a mente dell’art. 2475 ter rilevano solo gli interessi dell’amministratore che conflig-gono con l’interesse sociale [REGOLI (29), 164]. L’interesse in conflitto con l’interesse sociale, poi, può essere proprio dell’amministratore stesso o pertinente ad un terzo a lui legato da un rapporto giuridicamente rilevante, di natura patrimoniale o non patrimo-niale ma in ogni caso idoneo a influenzare la sua autonomia decisionale [VENTORUZZO (38), 616 ss.]. Potrebbe anche trattarsi, secondo alcuni, di situazioni di fatto purché produttive di effetti giuridici (così, ad esempio, la convivenza more uxorio). Si con-ferma, dunque che la disciplina del conflitto di interessi dell’amministratore è diversa nella s.r.l. rispetto alla s.p.a. perché il conflitto dell’amministratore genera un’esigenza di tutela dell’interesse sociale che è diversa nei diversi tipi societari [CORSO (12), 655].

La disciplina riformata pone il problema di definire in quali casi i contratti conclusi da un amministratore-rappresentante siano in conflitto con la società; per le decisioni con-siliari, invece, l’annullabilità è limitata alla sola ipotesi di danno effettivo al patrimonio sociale, e l’interesse oggetto di tutela risulta circoscritto all’interesse della società alla conservazione del proprio patrimonio. Vincolando l’impugnativa al danno effettivo la norma si distacca dalle altre che il codice dedica al conflitto d’interessi in società di capitali, che richiedono la mera potenzialità del danno: così l’art. 2479 ter, c. 2, per il conflitto del socio di s.r.l.; l’art. 2373 per il conflitto del socio di s.p.a.; l’art. 2391 per il conflitto dell’amministratore di s.p.a. [evidenzia il punto ABRIANI (1), 312]. Relativa-mente all’ambito delle cooperative, ove, come è noto, non esistono norme specifiche in materia di conflitto di interesse degli amministratori, si è osservato che l’art. 2475 ter è applicabile anche alla coop-s.r.l., fermo restando che, in questo caso, la sua applica-zione non può né deve essere di ostacolo all’ampliamento delle ipotesi di invalidità ai

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casi in cui il socio riceva un pregiudizio diretto (ai propri diritti soggettivi) a causa di una decisione degli amministratori [MARANO (23), 436].

La tutela dell’interesse sociale avrebbe, peraltro, potuto suggerire la previsione di obblighi di trasparenza degli interessi degli amministratori anche nelle s.r.l. (cfr. infra, VII, 15, 18).

III. Ambito della nozione di conflitto d’interessi dell’amministratore

È da ricordare che nell’ambito dei contratti e delle decisioni conflittuali rientrano anche gli atti compiuti in violazione dei limiti ai poteri di rappresentanza, di cui all’art. 2475 bis, c. 2. E ciò nella misura in cui l’infrazione del limite si accompagni alla stipula, da parte dell’amministratore munito di potere rappresentativo, di un contratto in conflitto, ovvero qualora l’amministratore in conflitto partecipi ad una decisione che costituisce un atto ultroneo rispetto ai poteri di rappresentanza e l’atto cagioni alla società un danno patrimoniale. Nella nozione di interesse conflittuale rientrano sia gli interessi di tipo patrimoniale che quelli di tipo personale [VENTORUZZO (38), 613 ss.]. Resta da stabilire se la stessa eventualità di raccordo possa ipotizzarsi fra atti in conflitto d’interessi e atti estranei all’oggetto sociale, data la mancata menzione di questi ultimi a proposito delle s.r.l. [criticata da RESCIGNO M. (31), 1499]. In proposito taluni osser-vano che la regola enunciata nell’art. 2475 bis, c. 2, deve ritenersi applicabile anche agli atti compiuti dall’amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione [ABRIANI (1), 309].

IV. La disciplina dei contratti “in conflitto”

L’art. 2475 ter enuncia, al c. 1, la prima fattispecie rilevante: il contratto concluso dagli amministratori muniti di potere di rappresentanza in conflitto d’interessi con la società [un esempio sintomatico di contratto conflittuale è esaminato, se pure soltanto inciden-ter tantum, da T Santa Maria Capua Vetere 4.1.2005, www.ilcaso.it 2005, 163]. Questa distinta menzione del contratto concluso in conflitto d’interessi rappresenta, almeno in apparenza, una novità assoluta a livello sistematico, non essendo presente né entro l’ori-ginaria disciplina archetipica dell’art. 2391 - quest’ultimo direttamente applicabile alle s.r.l. giusto l’esplicito richiamo operato dall’art. 2487, c. 2 - né all’interno della disci-plina in materia di s.p.a. [AMBROSINI (3), 1585]. A ben vedere, peraltro, da un certo punto di vista la nuova disposizione rappresenta un “ritorno all’antico”, giacché proprio il con-tratto fra l’amministratore e la società ha rappresentato il primo esempio di disciplina normativa del conflitto d’interessi dell’amministratore [ALLEGRI (2), 822]. Certamente si tratta di una fedele trasposizione in ambito societario del principio generale conte-nuto nell’art. 1394, di modo che risulta confermata l’applicabilità di quest’ultimo alla rappresentanza organica degli amministratori di società di capitali [POMELLI (27), 1959]. Da ciò consegue che la disposizione in questione, e dunque l’azione di annullamento ex art. 2475 ter, c. 1, sarebbe utilizzabile anche dalla s.p.a. (proprio) in quanto rimedio previsto dalle norme comuni in materia contrattuale [IRRERA (20), 1870]. L’art. 2391 si applica ai contratti conclusi dal consiglio di amministrazione in conflitto di interessi, mentre non può applicarsi al contratto concluso dall’amministratore unico in conflitto,

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mancando in tale ipotesi ogni separazione tra potere deliberativo e potere rappresenta-tivo della volontà sociale. Sarebbe, invece, in tal caso applicabile la disciplina comune sul conflitto di interessi del rappresentante di cui agli artt. 1394 e 1395 [v. C 21.11.2008 n. 27783, cit. da LOFFREDO-RACUGNO (22), 27 ss.], e quindi la disciplina dei contratti in conflitto di cui all’art. 2475 ter c. 1 [PARRELLA (25), 116 s.; VENTORUZZO (38), 632 ss.; ZANARONE (36), 1035]. È sicuramente applicabile l’art. 2475 ter, c. 2, invece, alla deci-sione conflittuale assunta da un amministratore delegato o da un membro del comitato esecutivo rispetto alle decisioni dell’organo delegato stesso (e fermo restando che, in tal caso, tutti gli amministratori, compresi i deleganti, hanno la legittimazione attiva ad impugnare la decisione conflittuale [VENTORUZZO (38), 624 ss.]. Del pari, l’art. 2475 ter, c. 2, dacché parla di “decisioni”, deve ritenersi compatibile anche con le decisioni non collegiali-assembleari (consultazione scritta e consenso dato per iscritto ai sensi dell’art. 2479, c. 3) [DACCÒ (14), 791 ss.], e, seppure con maggiori difficoltà, anche con le decisioni adottate in regime di amministrazione personalistica (disgiuntiva o con-giuntiva) [VENTORUZZO (38), 627 ss., il quale precisa, peraltro, con specifico riferimento al modello di amministrazione disgiuntiva ex art. 2257, la natura totalmente diversa, sia per presupposti che per finalità, del diritto di opposizione dei soci amministratori e della legittimazione all’impugnazione per conflitto di interessi, di modo che ha senso concludere per l’applicabilità dell’art. 2475 ter, c. 2, anche nell’ipotesi di opzione sta-tutaria per il modello di amministrazione disgiuntiva]. Per l’applicabilità dell’art. 2475 ter, c. 2 alle decisioni congiuntive non collegiali anche [ZANARONE (36), 1040; IRRERA (21), 1141]. C’è, poi, chi precisa che anche al caso particolare della decisione congiun-tiva all’unanimità - nel quale la decisione cui partecipi l’amministratore in conflitto risulta, ovviamente, sempre viziata - si applica l’art. 2475 ter, c. 2 [VICARI (39), 616]. Non mancano, però, voci contrarie all’applicabilità dell’art. 2475 ter, c. 2 alle decisioni congiuntive non collegiali [DACCÒ (14), 791 ss., testo e nt. 38].

D‘altra parte, la nuova fattispecie è tale da ricomprendere qualunque ipotesi di con-tratto conflittuale, tanto sinallagmatico quanto associativo [VENTORUZZO (38), 611], o a prestazione unilaterale [VICARI (39), 612], anche se non sia concluso fra l’ammini-stratore (rappresentante) e la società, ed anche se l’amministratore sia portatore di un conflitto per conto terzi piuttosto che in proprio. Riguardo a quest’ultimo profilo, taluni osservano che sarebbe stato opportuno chiarire se nella nozione di “terzo” rientri pure la società esercente un’attività di direzione e coordinamento, secondo il nuovo art. 2497 [AUDIZIONE CONFINDUSTRIA (ALL.) (5), 1635, ma cfr., sul punto, infra, 25, alle conclu-sioni]; altri precisano che la disposizione è applicabile, oltre che ai contratti, anche agli altri atti unilaterali a contenuto patrimoniale posti in essere dagli amministratori [POMELLI (27), 1959; VENTORUZZO (38), ivi].

La norma prevede che i contratti conclusi in conflitto possano essere annullati su domanda della società se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo. Non possono, però, essere impugnati dagli amministratori, come è invece espressamente previsto al c. 2 per le decisioni del consiglio. La norma non brilla per precisione, rife-rendo ellitticamente alla società una legittimazione attiva che, in assenza di altre indica-zioni, è da ritenere spetti all’assemblea, secondo l’art. 2479 bis, ovvero comunque alla

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collettività dei soci, secondo l’art. 2479, quando manchi il procedimento deliberativo assembleare. Se così fosse, quella che si prospetta è un’inedita intrusione dei soci (siano o meno riuniti in assemblea) nell’attività negoziale degli amministratori, forse autoriz-zata dall’incremento del potere di controllo dei soci sull’amministrazione chiaramente enunciato nella relazione illustrativa del decreto (ivi par. 11) ed espressamente sancito dall’art. 2476, c. 2.

Certamente rilevante, nella prospettiva che ci occupa, è la disciplina dei contratti con-clusi dalla s.r.l. unipersonale con il socio unico. L’intrinseca conflittualità della situa-zione è particolarmente evidente là dove l’unico socio sia (anche) amministratore unico della società, così dandosi l’eventualità di altrettante fattispecie di contratti conclusi dal socio amministratore con sé stesso [POMELLI (27), 1961 ss.]. Sulla questione è, evi-dentemente, pertinente un rinvio al commento dell’art. 2478, u.c. e all’obbligo di fare risultare i contratti stipulati tra la società e l’unico socio dal libro delle decisioni degli amministratori [POMELLI (27), 1961 ss.].

V. La disciplina delle decisioni “in conflitto”

Il punto di partenza dell’analisi, ben noto, è che il conflitto di interessi con la società è l’unica ipotesi in cui una delibera del consiglio di amministrazione di s.r.l. può essere impugnata e dunque anche l’unica ipotesi di annullamento di una decisione consiliare in s.r.l. [POMELLI (27), 1965; REGOLI (29), 178; T Lodi 13.9.2009, CG 2010, 781 ss., nt. MACCARRONE, Gli strumenti del socio per il controllo della governance nella società a responsabilità limitata]. Quanto alla fattispecie descritta nel c. 2, la decisione adot-tata con il voto determinante di un amministratore (anche se non munito del potere di rappresentanza, dato che nel c. 2 manca il riferimento a quest’ultimo potere) in con-flitto d’interessi con la società, è annullabile (solo) qualora rechi a quest’ultima un danno patrimoniale. Manca il riferimento alle “operazioni” in conflitto, proprio della norma previgente: il legislatore ha prediletto un riferimento formale ed estrinseco alle decisioni adottate dagli amministratori piuttosto che un riferimento sostanziale al contenuto delle decisioni stesse, ossia appunto alle operazioni. Anche su questo punto il distacco dalla matrice del “vecchio” art. 2391 è vistoso, e a ciò forse hanno contri-buito le critiche che si erano levate, nella disciplina antecedente la riforma societaria, intorno alla nozione di “operazioni”, con riferimento all’art. 2391 come all’art. 2490 bis (contratti con il socio unico). E in effetti taluna dottrina ebbe ad osservare che il termine “operazioni” era privo di qualsivoglia significato giuridico preciso ed univoco, e mutuato dal linguaggio economico, con conseguenti gravi difficoltà interpretative [TASSINARI (37), 727; da ultimo ENRIQUES (15), 200]. Sono legittimati attivi i singoli amministratori assenti, dissenzienti o astenuti, o anche consenzienti se non consapevoli dell’esistenza del conflitto. Riguardo alla legittimazione attiva all’impugnazione in capo all’amministratore assenziente e consapevole del conflitto, invece, le opinioni si divi-dono tra chi la nega, sul presupposto che in capo all’amministratore che fu consenziente e consapevole del conflitto l’impugnazione violerebbe il generale divieto di venire con-tra factum proprium [PERRINO (26), 575], e chi, invece, la ammette, sul presupposto che sarebbe la soluzione più congrua alla tutela dell’interesse sociale, consentendo il

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ravvedimento operoso dell’amministratore in conflitto [BLANDINI (7), 423; ZANARONE (36), 1041]. Non è configurabile una legittimazione all’impugnativa in capo al singolo socio nemmeno nell’ipotesi di lesione diretta dei suoi diritti, e, conseguentemente, non è configurabile un ricorso, ex art. 700 c.p.c., per ottenere la sospensione o la revoca in via cautelare della decisione degli amministratori [esplicitamente in questo senso T Verona 1.9.2004, GM 2006, 124].

La fattispecie apparentemente riproduce, quanto ai presupposti per l’impugnativa, l’archetipo del “vecchio” art. 2391, c. 2 [CORSO (12), 656], non senza talune diffe-renze rilevanti: la decisione può essere impugnata da tutti gli amministratori, non solo dagli assenti e dissenzienti, e sembra richiedere il danno patrimoniale effettivo (attuale), piuttosto che il (mero) pericolo di danno patrimoniale, o danno patrimoniale potenziale (ma su questo punto cfr. anche le considerazioni svolte infra, al par. 13). Oltre a ciò, l’art. 2475 ter prescrive regole di validità (annullabilità del contratto, annul-labilità della delibera, annullabilità degli atti compiuti in esecuzione della delibera) mentre non detta regole di comportamento, come invece l’art. 2391, sia nella vecchia che nell’attuale formulazione [ZANARONE (36), 1024].

Si conferma quale presupposto necessario per l’impugnabilità invece, come nell’origi-nario art. 2391, la “prova di resistenza”, e dunque la necessità che il voto dell’ammi-nistratore in conflitto sia stato determinante per l’approvazione della decisione [v. T Lodi 13.9.2009, CG 2010, 781], con riferimento all’impugnazione di una delibera del consiglio di amministrazione di una s.r.l. assunta con il voto determinante di tre ammi-nistratori in conflitto di interessi]; parimenti è confermata la legittimazione all’impu-gnazione dell’organo di controllo, che però, giusto il disposto del nuovo art. 2477, c. 1, può incarnarsi in un sindaco unico, in un collegio sindacale o in un revisore. Il divario nei presupposti, specie per il profilo dell’irrilevanza del danno potenziale, è stato ritenuto inopportuno [BIANCHI-GHEZZI-MARCHETTI-NOTARI (6), 1537]. In ipotesi di organo di controllo pluripersonale, cioè di collegio sindacale, è da ritenere, peraltro, che il collegio nella sua interezza sia legittimato all’impugnazione, mentre l’impugnativa del singolo sindaco resta confinata all’ipotesi in cui la decisione sia direttamente lesiva di un suo interesse personale [SACCHI (33), 623].

VI. Rilievi critici alla struttura dell’art. 2475 ter

La struttura dell’art. 2475 ter ha già dato luogo a critiche in quanto il campo di appli-cazione dei c. 1 e 2 non risulta univocamente chiaro [AUDIZIONE CONFINDUSTRIA (ALL.) (5), 1634]. In ogni caso, sia per i contratti (c. 1) che per le decisioni (c. 2) elemento costitutivo della fattispecie è l’esistenza di un interesse in conflitto con la società; per i primi, però, la sanzione scatta in ragione della conclusione del contratto [tra gli altri, POMELLI (27), 1960], mentre per le seconde si richiederebbe l’elemento ulteriore della produzione di un danno effettivo al patrimonio sociale [in tal senso T Lodi 13.9.2009, CG 2010, 781 ove il Tribunale respinge la domanda attrice riguardo all’impugnativa di una delibera del c.d.a. assunta con il voto determinante di tre amministratori in conflitto di interessi con la società in quanto la parte attrice non individuava né quantificava

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i danni patrimoniali causati alla società convenuta dalla decisione]. Si è, in partico-lare, osservato che mentre sia l’art. 2391, in materia di interessi degli amministratori di s.p.a., sia l’art. 2379 ter, in materia di delibere assembleari di s.p.a. assunte con il voto determinante del socio in conflitto di interesse, pongono a presupposto dell’impu-gnativa il (solo) pericolo di danno, l’art. 2475 ter, c. 2, nel richiedere il danno effettivo “(…) sembra improvvidamente sovrapporre i presupposti per l’impugnazione della decisione con quelli per l’azione di risarcimento del danno” [FERRARA-CORSI (16), 924]. Taluni propongono, in proposito, un’interpretazione correttiva e ritengono che la lettera della norma non sia, a riguardo, univoca e che meglio sarebbe leggerla nel senso della sufficienza del danno potenziale, che potrebbe, tra l’altro, tradursi in un danno futuro [VENTORUZZO (38), 636 ss.], dacché a leggerla in senso diverso andrebbe frustrata la mis-sione fondamentale dello strumento rappresentato dall’impugnativa dell’atto viziato, cioè l’attitudine dell’impugnativa ad eliminarlo onde evitare danni futuri [AMBROSINI (3), 1583]. Sebbene sia improntata a un condivisibile intento di interpretazione corret-tiva questa interpretazione, in verità, non sembra sostenibile, dato che se il legislatore avesse inteso ancorare l’impugnativa alla mera potenzialità del danno avrebbe usato, come in altri casi, una formula univoca [REGOLI (29), 164]. Si evidenzia, dunque, una lunga distanza rispetto al nuovo art. 2391, ossia alla nuova disciplina del conflitto nelle s.p.a., ove da una parte rileva ogni interesse dell’amministratore, anche se non conflit-tuale, e dall’altra si riscontra un’esplicita precisazione circa la sufficienza del danno potenziale, o pericolo di danno [AUDIZIONE ABI (4), 1607]. Il che conferma, nello speci-fico del conflitto d’interessi, la sottrazione della s.r.l. all’archetipo organizzativo della s.p.a. [GALGANO (17), 475; CAGNASSO (9), 245]. Quanto al concetto di “danno patrimo-niale”, la formula è tale da comprendere, in senso ampio e senza limitazioni ulteriori, il danno al patrimonio in senso stretto (comprensivo, quindi, del danno finanziario) come il danno reddituale, ossia il danno alla dimensione reddituale dell’attività di impresa, anche nei casi in cui l’operazione “incriminata” sia neutra sotto il profilo della conser-vazione dell’integrità del patrimonio sociale [VENTORUZZO (38), 640 ss.].

Permane un tendenziale parallelismo dunque, nella s.r.l., fra rilevanza civilistica degli interessi dei soci (art. 2479 ter, c. 2) e rilevanza civilistica degli interessi degli ammi-nistratori (art. 2475 ter); quel parallelismo che nelle s.p.a. ha lasciato luogo ad una divaricazione, per via del nuovo obbligo di trasparenza di tutti gli interessi degli ammi-nistratori, non più soltanto di quelli in conflitto [su questo punto SALANITRO (34), 47, cfr. anche infra, VII, 15, 18].

VII. L’assenza di obblighi preventivi di trasparenza degli interessi in conflitto e di astensione

Mancano, entro l’art. 2475 ter, diversamente dalla disciplina previgente, obblighi di comunicazione, motivazione e astensione diretti a prevenire abusi da parte degli ammi-nistratori in conflitto [REGOLI (29), 164]. Manca, cioè, qualunque obbligo di disclo-sure degli interessi dei gestori in società, imposto invece dal novellato art. 2391 alle s.p.a.: il legislatore della riforma ha dunque ritenuto, sembra, che la trasparenza di tutti gli interessi rappresenti una misura preventiva dei conflitti solo per le s.p.a. e non per

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le s.r.l. Questa carenza è stata criticata dai commentatori [tra gli altri, RESCIGNO M. (31), 1501], anche se si è tentato di spiegarlo da un lato con i rapporti sempre più stretti che legano soci ed amministratori entro questo tipo societario (par. 11 della rela-zione illustrativa), tali da lasciare presumere una reciproca conoscenza dei rispettivi interessi in società, e con una minore esigenza, conseguentemente, di proteggere i soci da comportamenti opportunistici degli amministratori [REGOLI (29), 166]; dall’altro con l’incremento del controllo dei soci non amministratori sulla gestione sociale sancito dall’art. 2476, c. 2. D’altro canto, è discutibile che si possa ricavare e desumere in via interpretativa l’esistenza di un obbligo generalizzato di disclosure, trattandosi di una materia che è rimessa all’interesse dei soci, con la conseguenza che ad essi è rimessa anche la decisione se introdurre o meno obblighi di comportamento a contenuto speci-fico [contrario, infatti, REGOLI (29), 164, ma sul punto v. anche infra, 16]. Un discorso in parte diverso vale per il divieto di appropriazione di corporate opportunities, che, pur non essendo esplicitamente sanzionato come accade invece per le s.p.a. ai sensi dell’art. 2391, ult. co., può desumersi dal generale obbligo di diligenza professionale gravante anche sugli amministratori di s.r.l. [REGOLI (29), 164].

La mancata previsione di un obbligo di trasparenza degli interessi potrebbe ulteriormente spiegarsi da un lato con la risalente constatazione della normale coincidenza fra soci ed amministratori entro la s.r.l. [PAOLUCCI (24), 292; CAGNASSO-IRRERA (10), 196; RACU-GNO (28), 1065; CAGNASSO (9), 241]; dall’altro con l’indicazione, contenuta nel “Pro-getto Mirone”, che le società a compagine tendenzialmente ristretta, caratterizzate dalla presenza di c.d. “soci-imprenditori” e dall’assenza di un mercato delle partecipazioni, che circolano tra i soci attuali in maniera sostanzialmente esclusiva, non richiederebbero l’imposizione di regole di trasparenza [sul punto cfr. ZANARONE (40), 66; PERRINO (26), 562 ss.]. Si è anche ritenuto che la compenetrazione tra soci e amministratori, e in ogni caso l’assenza di connotati di professionalità negli amministratori, renderebbero privo di senso un sistema di trasparenza obbligatoria sugli interessi conflittuali dei quali essi siano, eventualmente portatori [PERRINO (26), 563 ss.]. Anche ammessa, su un piano di realtà, l’esattezza di queste considerazioni, sembra, peraltro, opinabile che la concreta e reciproca conoscenza degli interessi in gioco sia tale da rendere addirittura inutile la previsione di un obbligo legale-formale di disclosure. Così, pare soluzione interpretativa equilibrata ritenere che l’obbligo di trasparenza sussista comunque, anche nelle s.r.l., quale naturale portato dei doveri di correttezza e buona fede che incombono sugli ammi-nistratori, purché si abbia ben chiaro che nel caso della s.r.l., diversamente che per la s.p.a., la fattispecie rilevante non è la concomitanza di interessi (rilevanti) di amministratore e società bensì (e soltanto) la situazione di conflitto tra gli interessi degli amministratori e l’interesse sociale, e solo sull’amministratore in conflitto, dunque, incombe l’obbligo di informazione [ZANARONE (42), 1025 ss.]. Ne segue, coerentemente, che la violazione di tale dovere di correttezza e buona fede darà vita alla responsabilità dell’amministratore nei confronti della società ai sensi e con gli effetti dell’art. 2476 [ZANARONE (42), 1028], ed eventualmente anche alla sua revoca per giusta causa [SACCHI (33), 621].

È da ricordare, in proposito, che la più assidua partecipazione dei soci all’amministra-zione, come la rilevanza delle persone dei soci all’interno della s.r.l., sono dati normali

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ma non indefettibili: come si è da tempo chiarito a proposito dell’intuitus personae è da escludere che determinate caratteristiche, significative ma non essenziali, possano essere elevate al rango di elementi costitutivi della fattispecie contrattuale (societaria) [diffusamente per le s.p.a. SPADA (36), per le s.r.l. ZANARONE (40), 19].

Si consideri inoltre che nel vecchio sistema, per via dell’applicazione analogica dell’art. 2391 (cfr. supra IV, 6; V, 10), l’amministratore di s.r.l. che fosse in conflitto doveva comunque darne notizia agli altri amministratori ed al collegio sindacale, anche nelle ipotesi di amministrazione plurima disgiunta e congiunta non collegiale, secondo taluni configurabile per statuto anche prima dell’attuale formulazione dell’art. 2475, c. 1 [e su quest’ultimo punto favorevole RIVOLTA (32), 331; ma in senso contrario, fra i molti, SANTINI (35), 215; PAOLUCCI (24), 293]. La riforma, dunque, non solo non ha incrementato ma anzi ha, eliminato quella trasparenza minima che l’originaria disci-plina del codice pur prevedeva.

All’amministratore in conflitto d’interessi non corre l’obbligo di astensione dalla sti-pula di contratti, come dalla partecipazione alle decisioni consiliari o congiuntive (o dalla loro diretta assunzione, nell’ipotesi di amministrazione disgiuntiva prevista nel nuovo art. 2475, c. 3) [RESCIGNO M. (30), 254 ss.]. Mancano, dunque, come si è osser-vato per gli obblighi di trasparenza, sanzioni preventive del conflitto e la responsabi-lità “scatta” solo se il voto sia determinante per l’adozione della delibera.

VIII. Le sanzioni per i contratti conflittuali

Per il contratto “in conflitto” il c. 1 dell’articolo riproduce la formula dell’art. 1394, ivi compresa la condizione per cui il conflitto d’interessi deve essere conosciuto o ricono-scibile dal terzo. Dispone, inoltre, che il contratto può essere annullato dalla società, così implicitamente richiamando anche l’art. 1441, ai sensi del quale l’annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge. Sebbene la norma non dica nulla in ordine al termine per l’esercizio dell’azione di annullamento [come osserva SACCHI (33), 619], il termine di prescrizione è da ritenere sia quello quinquennale, in coerenza con la disciplina generale in tema di annullamento del con-tratto, ex art. 1441, testé richiamata [IRRERA (20), 1870]. L’esplicito riferimento al “con-tratto” conflittuale esclude certamente dall’ambito di applicazione della disposizione in questione il conflitto di interessi nella rappresentanza processuale, peraltro regolato dall’art. 78 c.p.c., là dove impone la nomina di un curatore speciale al rappresentato, e quindi alla società, in ipotesi di conflitto con il rappresentante [ZANARONE (42), 1034].

Nel complesso si riscontra, dunque, un ellittico riferimento alla disciplina civilistica sull’annullamento dei contratti, piuttosto che alla disciplina “speciale” sull’annul-lamento delle delibere assembleari. Del resto, la dottrina e la giurisprudenza antece-dente la riforma per la gran parte si erano convinte che l’art. 1394 fosse pienamente applicabile a tutta l’attività non deliberativa del consiglio di amministrazione di s.p.a., e che, viceversa (solo) il conflitto d’interessi emerso in sede deliberativa dovesse rica-dere nell’ambito applicativo esclusivo dell’art. 2391, c. 3 [per i termini del relativo dibattito cfr. CALANDRA BUONAURA (11), 172]. Lo schema dell’art. 2475 ter sembra, in

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effetti, rispecchiare quella bipartizione, sottraendo allo schema dell’annullamento del contratto (soltanto) l’ipotesi della decisione in conflitto (c. 2). Di conseguenza, prevale nettamente l’opinione secondo la quale gli ambiti di applicazione delle disposizioni contenute nei c. 1 e 2 sarebbero rigorosamente distinti, di modo che risultano soggia-cere alla disciplina contenuta nell’art. 2475 ter, c. 1, solo gli atti posti in essere dagli amministratori unici; dagli amministratori delegati muniti di potere di rappresentanza (se rientranti nell’ambito del potere conferito); dagli amministratori-rappresentanti in regime di amministrazione disgiuntiva; dagli amministratori-rappresentanti privi di poteri gestori (mentre il c. 2 si riferirebbe unicamente agli atti esecutivi di una previa decisione collegiale degli amministratori [POMELLI (27), 1962]. Vi è, tuttavia, chi dubita della correttezza di una interpretazione che “discrimina” identiche situazioni di con-flitto di interesse a seconda della presenza o meno di una decisione collegiale, giuste le vistose differenze, e di presupposti e di disciplina, delle due azioni [IRRERA (20), 1871].

È evidente che l’atto conflittuale è sanzionato in sé e per sé e non soltanto se produca un danno, e difatti l’annullamento può scattare, a discrezione della società, per il solo fatto che il contratto sia stato concluso (c. 1).

IX. Le sanzioni per le decisioni conflittuali

Si è osservato che correttamente l’art. 2475 ter, c. 2, non qualifica l’invalidità delle decisioni degli amministratori né come nullità né come annullabilità, posto che si tratta comunque, come è noto, di una forma di invalidità sui generis [SACCHI (33), 622]. La fattispecie richiama, comunque, integralmente lo schema dell’annullamento di deli-bera assembleare (salve le “deviazioni” segnalate cfr. supra, V, 10-12), ivi compreso il fatto che l’impugnazione deve essere proposta entro novanta giorni (dall’assunzione della decisione o dalla trascrizione della decisione nel libro delle decisioni del consiglio di amministrazione). Si è, peraltro, osservata la debolezza della sanzione, posto che sarebbe sufficiente lasciare decorrere tale termine senza che la decisione sia stata ese-guita (e con il deliberato intento, evidentemente, di eseguirla solo dopo la scadenza del termine) per privare di ogni efficacia il rimedio [POMELLI (27), 1969; ABRIANI (1), 312]. È fatta salva, evidentemente, la possibilità che l’atto costitutivo introduca un regime san-zionatorio più rigoroso [POMELLI (22), 1970]. Naturalmente si deve ritenere che questo schema si applichi anche alle decisioni, essendo l’adozione del procedimento assem-bleare solo eventuale per le s.r.l. [IRRERA (20), 1871]. È oggetto di critica l’assenza, in capo ai soci, della legittimazione attiva all’impugnazione [RESCIGNO M. (31), 1501].

Nell’ipotesi del c. 2 perché la sanzione operi si richiede che il singolo voto dell’ammi-nistratore in conflitto sia risultato determinante nella c.d. “prova di resistenza” della delibera o della decisione (cfr. supra, V, 12) e che la società sia stata effettivamente danneggiata (cfr. anche supra, V, 11).

X. Conclusioni

Non è superfluo sottolineare la natura imperativa, e quindi inderogabile da parte dell’autonomia statutaria, della disciplina contenuta nell’art. 2475 ter, rappresentando

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essa un presidio alla tutela dell’interesse sociale, e all’obbligo, per gli amministra-tori, di perseguirlo [VENTORUZZO (38), 660]. È da ritenere, dunque, che la disciplina in questione sia derogabile solo in senso “migliorativo”, ovvero se lo statuto contem-pli una disciplina più ricca di quella legale, non invece qualora restringa o elimini le tutele previste dall’art. 2475 ter [SACCHI (33), 625]. La prospettiva assunta dal legisla-tore nell’art. 2475 ter, peraltro, è quella di un “intervento successivo sul conflitto di interessi, volto a rimuovere le conseguenze pregiudizievoli della condotta abusiva” [CAGNASSO (9), 237]. Nelle specifiche ipotesi di inadempienza dei doveri amministra-tivi rappresentate dal conflitto d’interessi il legislatore ha preferito, dunque, rimedi di tipo reale (annullamento) a rimedi di tipo risarcitorio. All’inverso, in ogni ipo-tesi di violazione della legge o dell’atto costitutivo da parte dei gestori diversa dal conflitto d’interessi trova luogo unicamente una sanzione di tipo risarcitorio, ai sensi del nuovo art. 2476, c. 1. I rimedi risarcitori prevalevano, del resto, anche nel regime previgente [ma per una concezione più “ampia” dell’impugnabilità delle delibere con-siliari nella disciplina originaria dell’art. 2391 cfr. SANTINI (35), 233]. Si deve, poi, osservare l’assenza dell’esplicita previsione di una responsabilità per danni cagionati dall’amministratore in conflitto, e dell’esplicita previsione di un divieto di concor-renza, sul modello previsto, per le s.p.a., dall’art. 2390. Per il primo aspetto, però, si ritiene in via interpretativa che una responsabilità contrattuale per danni possa essere comunque riconosciuta anche in assenza di una esplicita previsione in tal senso, in quanto espressione di un principio generale, quello della responsabilità dei gestori e del conseguente obbligo risarcitorio [PERRINO (26), 575]. Quanto al divieto di concorrenza, la mancanza di una norma esplicita, come di un rinvio all’art. 2391 in materia di s.p.a., devono essere, invece, intesi come il segno di un volontario distacco dalla matrice del diritto azionario. Resta, unicamente, la possibilità che sia l’atto costitutivo a prevedere e sanzionare esplicitamente l’obbligo di non concorrenza degli amministratori; in man-canza, però il comportamento concorrenziale deve ritenersi, dunque, essere irrilevante [PERRINO (26), 578].Da un punto di vista sistematico deve, poi, concludersi per la non applicabilità dell’art. 2475 ter alle ipotesi di conflitto di interessi dell’amministratore di s.r.l. inserita in un gruppo societario, data l’esistenza di rimedi tipici rispetto alla fattispecie dei con-flitti di interesse generati da rapporti di gruppo, e in particolare di specifici obblighi di motivazione e pubblicitari rispetto alle decisioni influenzate dalla capogruppo (nonché di specifiche ipotesi di diritto di recesso, di modo che l’applicazione dell’art. 2475 ter risulterebbe superflua) [VENTORUZZO (38), 661].

Bibliografia: (1) ABRIANI, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, AA.VV., Diritto delle società (Manuale breve), Milano 2006, 191; (2) ALLEGRI, Amministra-tori e consiglio direttivo, I grandi problemi della società per azioni nelle legisla-zioni vigenti, a cura di ROTONDI, Padova 1976, I, 822; (3) AMBROSINI, Art. 2475 ter. Conflitto di interessi, Com. Niccolini-Stagno D’Alcontres, Napoli 2004, 1584; (4) AUDIZIONE ABI, RS 2002, 1607; (5) AUDIZIONE CONFINDUSTRIA (ALL.), RS 2002, 1635; (6) BIANCHI-GHEZZI-MARCHETTI-NOTARI, Osservazioni dell’Istituto di diritto Angelo Sraffa dell’Università Bocconi di Milano, RS 2002, 1537; (7) BLANDINI, Conflitto di interessi ed interessi degli amministratori di società per azioni: prime riflessioni,

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RDC 2004, I, 423; (8) BONELLI, La responsabilità degli amministratori, Tr. Colombo-Portale, IV, Torino 1991, 375; (9) CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, Tr. Cottino, Padova 2007, 237; (10) CAGNASSO-IRRERA, voce Società a responsabilità limitata, DI IV comm., XIV, Torino 1997, 196; (11) CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, Tr. Colombo-Portale, IV, Torino 1991, 192; (12) CORSO, Il conflitto di interessi degli amministratori di s.r.l. e la collocazione del tipo, Gcomm. 2005, 655; (13) COSSU, Società aperte e interesse sociale, Torino 2006, 311; (14) DACCÒ, L’invalidità delle decisioni degli ammini-stratori nella s.r.l., in Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Torino 2010, 791; (15) ENRIQUES, Il conflitto d’interessi degli amministratori di società per azioni, Milano 2000, 200; (16) FERRARA JR-CORSI, Gli imprenditori e le società, XV ed., Milano 2011, 924; (17) GALGANO, Nuovo diritto societario, Tr. Galgano, XXIX, Padova 2003, 475; (18) JAEGER, L’interesse sociale, Milano 1964; (19) ID., L’inte-resse sociale rivisitato (quarant’anni dopo), Gcomm. 2000, I, 800; (20) IRRERA, La patologia delle delibere consiliari nella riforma del diritto societario, Gcomm. 2004, I, 1141; (21) IRRERA, Art. 2475 ter, Il nuovo diritto societario, Com. Cottino-Bon-fante-Cagnasso-Montalenti, Bologna 2004, 1870; (22) LOFFREDO-RACUGNO, Società a responsabilità limitata, Gcomm. 2011, II, 27; (23) MARANO, L’organo di ammi-nistrazione, in La cooperativa-s.r.l. tra legge e autonomia statutaria, Padova 2007, 436; (24) PAOLUCCI, Le società a responsabilità limitata, Tr. RES., XVII, Torino 1985, 475; (25) PARRELLA, Commento all’art. 2475 ter, Com. Sandulli-Santoro, 3, Torino 2003, 116; (26) PERRINO, Il conflitto d’interessi degli amministratori nella s.r.l., Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, a cura di ABBADESSA-PORTALE, 3, Controlli-Bilancio-Modificazioni dello statuto S.r.l. - Gruppi di società, Torino 2007, 562; (27) POMELLI, Art. 2475 ter. Conflitto di interessi, Il nuovo diritto delle società. Commento sistematico al d.lg. 17.1.2003 n. 6 aggiornato al d.lg. 28.12.2004 n. 310, a cura di MAFFEI ALBERTI, III (Artt. 2452-2497 septies), Padova 2005, 1959; (28) RACUGNO, voce Società a responsabilità limitata, EdD, XLII, Milano 1990, 1065; (29) REGOLI, Il conflitto di interessi - L’invalidità delle decisioni, Tr. Ibba-Marasà, Padova 2012, 164; (30) RESCIGNO, Osservazioni sul pro-getto di riforma del diritto societario in tema di società a responsabilità limitata, La riforma del diritto societario, atti Convegno Courmayeur 27-28.9.2002, Milano 2003, 254; (31) ID., Società a responsabilità limitata, Parere dei componenti del Col-legio dei docenti del Dottorato di ricerca, in Diritto commerciale interno ed interna-zionale, Università Cattolica di Milano, RS 2002, 1499; (32) RIVOLTA, La società a responsabilità limitata, Tr. Cicu-Messineo, XXX, t. 1, Milano 1982, 331; (33) SAC-CHI, Art. 2475 ter. La disciplina, in Com. Portale, Milano 2011, 618; (34) SALANITRO, Gli interessi degli amministratori nelle società di capitali, RS 2003, 47; (35) SANTINI, (sub artt. 2472-2497 bis), Società a responsabilità limitata, Com. S.B., V, Bologna-Roma 1984, 215; (36) SPADA, La tipicità delle società, Milano 1974; (37) TASSINARI, La società a responsabilità limitata con un unico socio, Gcomm. 1994, 272; (38) VENTORUZZO, Art. 2475 ter. Conflitto di interessi, in Società a responsabilità limitata. Artt. 2462-2483 c.c., a cura di BIANCHI, Milano 2008, 611; (39) VICARI, Art. 2475 ter. La fattispecie, Com. Portale, Milano 2011, 610; (40) ZANARONE, Società a responsa-bilità limitata, Tr. Galgano, VIII, Padova 1985, 19; (41) ID., Introduzione alla nuova

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società a responsabilità limitata, RS 2003, 66; (42) ID., Della società a responsabilità limitata. Artt. 2475-2483, Com. Schlesinger, Milano 2011, 1021.

2476. Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci (1)

[1] Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tuttavia la respon-sabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del proprio dissenso.

[2] I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consul-tare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione.

[3] L’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. In tal caso il giudice può subordinare il prov-vedimento alla prestazione di apposita cauzione.

[4] In caso di accoglimento della domanda la società, salvo il suo diritto di regresso nei confronti degli amministratori, rimborsa agli attori le spese di giudizio e quelle da essi sostenute per l’accertamento dei fatti.

[5] Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’azione di responsabi-lità contro gli amministratori può essere oggetto di rinuncia o transazione da parte della società, purché vi consenta una maggioranza dei soci rappresen-tante almeno i due terzi del capitale sociale e purché non si oppongano tanti soci che rappresentano almeno il decimo del capitale sociale.

[6] Le disposizioni dei precedenti commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.

[7] Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

[8] L’approvazione del bilancio da parte dei soci non implica liberazione degli amministratori e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale.

(1) Articolo sostituito dall’art. 3, c. 1, d.lg. 17.1.2003 n. 6, che ha sostituito l’intero Capo VII, a decorrere dal 1.1.2004.

SOMMARIO: I. La norma generale sulla responsabilità degli amministratori - II. Il diritto all’informazione dei soci non amministratori - III. L’esercizio dell’azione sociale di respon-sabilità nei confronti degli amministratori - IV. La responsabilità nei confronti dei creditori sociali - V. La responsabilità del socio.

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