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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di Laurea Magistrale in Archeologia e Culture del Mondo Antico CASA DI GIULIETTA, METAMORFOSI DI UNA DIMORA STORICA: REALE E IDEALE SI UNISCONO NEL PRESENTE Tesi di laurea in Museologia Archeologica Relatore: Prof. Maria Teresa Guaitoli Correlatore: Prof. Riccardo Helg Correlatore: Dott.ssa Erika Vecchietti Presentata da: Francesca Fontanili II sessione Anno Accademico 2014-2015

Casa di Giulietta, metamorfosi di una dimora storica: reale e ideale si uniscono nel presente

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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA

SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI

Corso di Laurea Magistrale in

Archeologia e Culture del Mondo Antico

CASA DI GIULIETTA,

METAMORFOSI DI UNA DIMORA STORICA:

REALE E IDEALE SI UNISCONO NEL PRESENTE

Tesi di laurea in

Museologia Archeologica

Relatore: Prof. Maria Teresa Guaitoli

Correlatore: Prof. Riccardo Helg

Correlatore: Dott.ssa Erika Vecchietti

Presentata da: Francesca Fontanili

II sessione

Anno Accademico 2014-2015

1

Ai bambini del museo,

a chi ha sempre creduto in me e,

in particolar modo, ai miei genitori.

2

Indice:

Premessa……………………………………………………………………………..4

Introduzione……………………………………………………………….……..…..7

Cap. I: EVOLUZIONE E STORIA DI UN EDIFICIO

I,1: Relazione spazio e mito: storia di un edificio dai molteplici volti………….….11

I,2: Dall‟età veneta al primo Novecento: lo stallo del Cappello…………..………..13

I,3: Antonio Avena e i restauri del „900………………………………….………...16

I,4: Immagini a confronto, trasformazione dello stabile………………….…....…...27

I,5: La statua di Nereo Costantini:………………………………………...………..28

I,6: Reale e Ideale: Cnosso e Casa di Giulietta, due realtà al confine fra vero e

vagheggiato…………………………………………………………………………29

Cap. II: LE FONTI LETTERARIE:

II,1: Fonti relative alla storia ed evoluzione dell‟aspetto della cosiddetta casa di

Giulietta…………………………………………………………………………….34

II,2: Le fonti relative alla vicenda di Romeo e Giulietta……………………….…..38

II,3: Letteratura, onomastica e storia: la terzina di Dante ………………….....……40

II,4: Relazione sulla storia di Giulietta e Romeo di Gianfranco Betteloni…………43

Cap. III: MUSEI E NUOVE TECNOLOGIE PER LA COMUNICAZIONE

III,1: Ruolo delle istituzioni culturali nella società: obbiettivi e dinamiche…...…...50

III,2: Beni Culturali e nuove tecnologie: comunicazione al passo con i tempi …….52

III,3: Tecnologie per mobile phone …………………………….…………….…….56

Cap. VI: TRE IDEE DI PERCORSO: M-learning, un percorso a portata di device

IV,1: Premessa ai tre percorsi………………………………..………….……….….62

IV,2: Verso la creazione del primo percorso didattico…………..……………….…63

IV,3: Vedere, ascoltare, imparare e apprezzare: didattica attraverso la fonte

archeologica……………………………………………………………………........68

IV,4: Finalità ed utilità del “gioco-laboratorio” unito alla didattica……………..….70

IV,5: Primo percorso: C‟era una volta…………………………………..…………..73

IV,5.1: Quaderno didattico………………………………………………….…….....83

3

IV,6: M-learning applicato al percorso……………………………………………..96

IV,7: Secondo percorso: ricerca storica di un originale perduto…………………..122

IV,8 : Terzo percorso: un giorno a Verona………………………………………..145

CONCLUSIONI……………………………………………………………….….150

RINGRAZIAMENTI……………………………………………………………...151

BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………….158

4

Premessa:

Le idee più originali vengono sempre nei momenti meno aspettati. Mi trovavo in visita

presso Casa di Giulietta, era maggio e avevo da poco terminato un laboratorio sulla

ricostruzione degli affreschi pompeiani. Guardandomi attorno mi sono chiesta “chissà

come sarebbe questa casa se gli intonaci che vedo fossero completi!” la mia

immaginazione aveva già cominciato galoppare.

Dopo attente ricerche scoprii che gli intonaci presenti presso Casa di Giulietta

erano frutto di restauri avvenuti nel primo Novecento ad opera di Antonio Avena, al

tempo direttore dei Musei Civici. Pensai a quante persone ogni giorno visitano quel

luogo e magari non si rendono conto che ciò che gli si presenta sotto gli occhi non è

originale, ma bensì si tratta di un grande falso storico nato per riadattare un luogo ad un‟

idea mitica, ricercata già dagli anni del Romanticismo. È pur vero che l‟alone che

circonda l‟edificio crea un‟atmosfera quasi magica, ci si sente parte del racconto

shakespeariano, ma cosa c‟è ancora di autentico in quella meta tanto visitata?

Quest‟ultima è stata la domanda che ha mosso la mia curiositas e tutta la ricerca.

Ho cercato di trovare tute le informazioni possibili per capire la vera storia di Casa di

Giulietta, volevo capire cosa ci fosse di reale oltre l‟ideale e l‟evoluzione nel tempo di

tale edificio ormai da tutti identificato come casa di un personaggio mai esistito.

In un secondo momento ho pensato di condividere la mia ricerca tramite l‟uso

delle nuove tecnologie applicate ai beni culturali, al fine di rendere più consapevole e

accorto il pubblico in visita a Verona che coglie l‟occasione per visitare il “balcone di

Giulietta”. Mi sono chiesta quale fosse il modo migliore per suscitare interesse in coloro

che passano per Via Cappello e, considerato il fatto che ormai le nostre vite sono legate

all‟uso di smartphone, tablet e PDA, perché non creare un‟applicazione o comunque un

sito che fosse agevolmente fruibile in modo semplice e intuitivo da tutti? Perché non

servirsi proprio di quel device che abitualmente portiamo con noi e consultiamo più e

più volte durante la giornata?

Infine, l‟idea di porre alcuni percorsi didattici è stata motivata dal mio iter

universitario, in cui ho dedicato ampio spazio allo studio della percezione dei bambini

al museo e della didattica museale. L‟idea è quella di rendere noto come l‟incrocio di

più dati possa portare ad una conoscenza totalizzante di un argomento e come sia

possibile tramite più fonti arrivare a conoscere qualcosa che fa parte del nostro

quotidiano, superando così anche la dicotomia fra ideale e reale.

5

Introduzione:

Il lavoro di tesi magistrale qui proposto, sviluppato intorno allo studio dell‟edificio noto

come Casa di Giulietta, verrà suddiviso in tre parti fondamentali:

La prima parte vedrà un lavoro incentrato su diverse tipologie di fonti, in

particolar modo si tratterà di fonti a livello di dati d‟archivio, storia, letteratura e

fotografia. Fra le fonti che si potranno utilizzare, vanno annoverate, inoltre, le immagini

cartografiche - come la mappa dell‟Almagià, la pianta del Ceroni del 1780 e i prospetti

per il foyer del teatro Nuovo – e le lettere che le Soprintendenze si scambiarono prima e

dopo i lavori di restauro effettuati sull‟edificio ormai noto come Casa di Giulietta. Per

quanto concerne i dati d‟archivio, sarà interessante visionare i diversi passaggi di

proprietà che vedono come protagonista lo stallo di Via Cappello 23, il quale nel corso

dei secoli ha visto numerosi cambiamenti a livello sia di proprietà, sia di funzionalità.

In secondo luogo, dopo aver delineato il contesto storico nel quale si deve

collocare l‟edificio, si potrà procedere con un‟analisi dei dati consegnatici dalla

letteratura. Infatti, la letteratura ci offre un ampio insieme di dati relativi a due temi

importanti: la storia ed evoluzione dell‟aspetto della cosiddetta casa di Giulietta e la

letteratura che si cela dietro il mito di Romeo e Giulietta. Diversi autori – da Dante,

Heinrich Heine a Dickens - trattano nei propri testi della mitica e mitizzata Casa di

Giulietta, meta di cuori e menti del più vivo romanticismo europeo, ricercata e descritta

con grande sensibilità e dovizia di dettagli. Il tema letterario non si limiterà a queste

prime fonti, ma si focalizzerà anche sull‟evoluzione letteraria del mito, a partire dal

mondo latino per poi giungere alla più moderna e nota versione shakespeariana.

Infine, sarà utile servirsi del nutrito repertorio fotografico, antecedente ai lavori

di restauro, per poter cogliere quali siano state le modifiche apportate alla casa nel lasso

di tempo che va dal 1936 al 1942.

La seconda parte dell‟elaborato si focalizzerà sull‟impiego delle nuove

tecnologie applicate ai beni culturali. Dopo un rapido excursus sull‟impatto della

tecnologia nella trasmissione del sapere e dopo diversi esempi notevoli, grazie all‟aiuto

della società BraDypUS sarà possibile creare un sito web/App fruibile su tablet, PDA e

smartphone, in grado di rendere facilmente accessibili le nozioni presentate nella prima

parte del lavoro. L‟applicazione sarà utile sia per una consultazione prima di recarsi al

sito, sia durante la visita, sia dopo aver passato il proprio tempo in via Cappello 23.

6

Nella terza sezione, in connessione con ciò che è stato precedentemente

enunciato, sarà esposta una parte nella quale si tenterà di progettare tre diverse tipologie

di percorso museale adatte ai bambini in visita con la scuola, agli studenti liceali e al

turista medio. L‟applicazione prevedrà una schermata iniziale nella quale sarà

selezionabile il percorso a seconda del target che ne farà uso, scegliendo fra le tre

categorie sopra enunciate.

Per quanto concerne il primo percorso, sarà possibile creare un‟applicazione/sito

utilizzabile dai docenti per preparare gli studenti alla visita e per seguire il percorso

durante la giornata presso Casa di Giulietta. Le nozioni e la bibliografia, che verranno

dispensate sui devices degli insegnanti, saranno poi utili anche per un lavoro di

approfondimento in classe, accompagnato dal quaderno didattico cartaceo consegnato

durante la visita agli studenti. Infatti, sull‟esempio dei Musei Civici di Reggio Emilia,

si potrebbe utilizzare una metodologia di percorso che si serva dell‟uso di una piccola

dispensa - o quaderno didattico - suddivisa per macro argomenti ed esercizi, che

riepiloghino l‟esposizione svolta dalle guide museali. Tale strumento potrebbe essere

utile sia per il lavoro durante la mattinata al museo, sia per un secondo momento di

ripasso a scuola, creando così una sorta di “partenariato”1 Scuola-Museo.

Per il secondo percorso, invece, si progetterà un itinerario mirato alla comprensione dei

restauri apportati allo stabile nei primi anni del Novecento ad opera di Antonio Avena,

al tempo Direttore dei Civici Musei. Il target museale a cui verrà proposto tale percorso

potrebbe essere dato da una classe di un Liceo Classico con indirizzo beni culturali.

Partendo dal presupposto che ogni studente sia dotato di uno smartphone/PDA si creerà

una mappatura dell‟edificio, si porranno tag all‟esterno e all‟interno della Casa e della

casa torre. Le informazioni derivanti da tali punti definiti consentiranno agli studenti di

seguire in modo accorto l‟itinerario e di ottenere sul proprio device informazioni utili

per compiere ulteriori approfondimenti per un ipotetico lavoro post visita.

Per il terzo percorso, infine, si proporrà un itinerario adatto al target del turista medio in

visita a Verona. Si proporrà una mappatura del contesto a cui verranno apposti diversi

tag che restituiranno informazioni relative ai restauri e alle fonti letterarie legate al mito

di Romeo e Giulietta. Le informazioni saranno semplificate per non appesantire troppo

il visitatore in vacanza, che troverà comunque un buono stimolo alla ricerca e

all‟approfondimento dei temi grazie alla bibliografia inserita.

1 Terminologia usata da Mascheroni (Mascheroni, 2002, pp. 52-64)

7

Servirsi di tali metodologie porta ad una conoscenza totalizzante legata al principio

dell‟edutainment, ovvero, imparare divertendosi. Oltre a questo, è fondamentale

ricordare che i percorsi museali e le nuove tecnologie applicate ai beni culturali sono

ottimi mezzi per valorizzare e di conseguenza mirare alla tutela del patrimonio

culturale.

Inoltre, il lavoro sarà mirato a sottolineare il confine che esiste fra reale e ideale,

fra ciò che la storia e i dati ci consegnano e ciò che la mente umana ha saputo creare

intorno ad un mito ormai ben radicato nella storia e nel quotidiano.

Punto fondamentale del lavoro sarà cogliere quanto l‟utilizzo di fonti e dati

d‟archivio abbiano un ruolo primario nella creazione di applicazioni e percorsi didattici

in grado di rendere i visitatori consapevoli del patrimonio culturale di cui stanno

fruendo. Senza la storia non ci può essere futuro e senza fonti anche le nuove tecnologie

si troverebbero penalizzate, il connubio fra antico e moderno risulta essere un‟arma

vincente nella trasmissione di conoscenze, stimolando un tipo di apprendimento definito

da Antinucci come “senso-motorio” grazie al quale apprendere è un piacere e pare

essere veramente la cosa più semplice e naturale possibile (Antinucci, 2001, p.10).

Queste sono le premesse alla ricerca che si andrà a delineare nei prossimi

capitoli. In generale si auspica che dalla ricerca possano emergere dati in grado di

ampliare le conoscenze riguardo un argomento noto maggiormente per le sue

caratteristiche ideali, ma spesso poco conosciuto per quanto riguarda la sua evoluzione a

livello funzionale e storico.

8

Cap. I: EVOLUZIONE E STORIA DI UN EDIFICIO

I, 1: Relazione spazio e mito: storia di un edificio dai molteplici volti

Come spesso ci insegna la storia, spazi e idee si fondono e plasmano la propria esistenza

concretizzandola in luoghi precisi da noi individuati e riconosciuti. (Rykwert, 1983)

Questo è proprio ciò che è accaduto con un edificio ben noto situato, non a caso, lungo

il cardo maximus della città di Verona, in una zona vicina alle dimore scaligere: quello

noto come “la casa di Giulietta”.

Lungo via Cappello, al numero 23, sorge un‟antica casatorre, la quale ha

suscitato sin dalle prime fasi dell‟Ottocento un grande fascino sulle menti romantiche

del tempo. L‟edificio ha una storia molto lunga alle spalle, infatti, sorge intorno al XIII

secolo.

L‟alta torre, che sembra presentarsi come unitaria, in realtà è composta da due parti,

costruite in tempi diversi, affiancate e parzialmente uniformate da un parametro murario

in cotto. La parte più antica è situata verso Nord, in direzione di Piazza delle Erbe e

parrebbe risalire al 12002 o potrebbe essere anteriore, per via della tessitura muraria a

fasce alternate di pietra calcarea e mattoni visibili nella zona inferiore e a causa delle

finestre murate nella parte superiore. (Zumiani, 2003, pp. 204-205)

Il secondo corpo risalirebbe, invece, alla prima metà del „300, quando si verificò una

sistemazione significativa dello stallo.

Il corpo più antico verosimilmente potrebbe essere una delle numerose torri

documentate in età comunale, situate nell‟area compresa fra il Ponte Navi, il Ponte

Nuovo e Piazza Erbe, zona molto rilevante per il controllo del mercato cittadino. Queste

torri appartenevano alla famiglia dei Conti Sanbonifacio, avversi alla fazione dei

Monticoli (o Montecchi)3. (Varanini, 1988, pp. 200 ss.)

Addossato al lato meridionale della torre, si può individuare chiaramente un

altro corpo di fabbrica caratterizzato da una tessitura muraria a fasce di pietra alternate a

fasce in mattoni, tipicamente adottata nella Verona del XII-XIII secolo; la costruzione

2 Come asserisce Arslan (Vecchiato et alii, 2001,p.136), diversamente da Zumiani, l‟assegnazione della

casa torre agli inizi del Trecento sembrerebbe coerente con i pochi elementi desumibili dalla

documentazione fotografica dove si nota l‟uso dei laterizi per la formazione delle murature. 3 Nome che rievoca già il mito Shakespeariano e trova fondamento anche in una famosa terzina dantesca

collocata in Purgatorio VI, 106. “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti/Monaldi e Filippeschi, uom sanza

cura: color già tristi, e questi con sospetti!”.

9

doveva trovarsi dunque nell‟angolo formato da Via Cappello e Via Stella. Gino Sandri

nel 1931 la identificò come Domus Abitationis Abbatissa e allega al suo testo un

disegno sul quale è appunto riportato tale nome (Sandri, 1931, p. IV). Prima del XIV

secolo, tale zona confinava con l‟area di pertinenza del Convento di San Salvar in Corte

Regia, che doveva trovarsi nell‟angolo fra via Nizza e il lungadige Rubele. La contrada,

che aveva preso il nome da tale convento, si trovava a ridosso di via Cappello e

confinava a nord con Santa Maria Antica, ad est era limitata dall‟Adige e incontrava ad

ovest la contrada di San Tomio e a sud San Sebastiano; diversi documenti citati da

Sandri precisano ulteriormente l‟estensione nel secolo XIV. I documenti presi in

considerazione, in particolare, sono due, il primo risale al 1266 (ASVr, S.Cristoforo, n.

38, 1266 febb. 15 ind. IX) e lascia intendere che la contrada giungesse sino all‟attuale

Piazza Erbe4; il secondo è del 1351 e cita l‟hospitium a Cappello, ovvero l‟odierna Casa

di Giulietta, (ASVr, S.Michele, 1904, 21 nov. 1351)5 collocandolo al confine con una

casa situata presso la contrada di San Salvar. A seguito degli interventi operati da

Cansignorio nel 1364, la contrada deve aver subito un ridimensionamento che l‟ha

portata a contrarsi verso oriente, in quanto privata di un‟ampia porzione posta ad

occidente verso l‟attuale Piazza Viviani. Con la realizzazione, o forse solo

ampliamento, del broilum magnum scaligero vennero acquisiti ampi spazi che, grazie

alla costruzione di un alto e forte muro, saranno preclusi all‟uso pubblico. (Dalla Corte,

pp. 334-335)

Per comprendere l‟andamento di tale recinto murario e le modifiche apportate

all‟assetto urbano, Zumiani si serve della nota Carta dell‟Almagià, risalente al 1439-

1440, tramite la cui analisi è possibile comprendere come i lavori del 1364 abbiano

profondamente modificato l‟aspetto urbano compreso fra Piazza Indipendenza, Piazza

Viviani, via Nizza e via Cappello. (Zumiani, 2003, pp. 205-207)

Tale carta risulta molto importante in quanto tende a rappresentare insula per insula,

configurandosi quasi come un rilievo topografico. La precisione nel riportare i dettagli

deriva dal fatto che essa venne prodotta per ottenere una documentazione pratica6.

4 “In Verona. In placamaiori. In guaita Sancti Salvatoris. In domo sive super ponticellum domus

dominiPauli a domo merlata”. (ASVr, S.Cristoforo, n. 38, 1266 febb. 15 ind. IX). 5 “unam peciam terre casalivam, muratam, copatam et solaratam cum duabus curtivis, iacentem in

Verona in ora Sancti Salvarii, cui coheret ab una parte Homobonusde Mambrotis, de alia heredes q.

domini Antonii a Cappello et ibi hospitium a cappello mediante quodam ingressu”. 6 Come ricorda Mazzi (Mazzi 1978, p.537, n.4) la carta è di poco precedente il 1460, anno in cui venne

emesso il decreto del Consiglio dei Dieci, il quale ordinava ai Rettori della Serenissima i rilievi dei

territori loro sottoposti.

10

La carta è conservata presso l‟Archivio di Stato di Venezia, ove venne rintracciata

dall‟Almagià nel 1923. Si tratta di un disegno a penna su pergamena con colorazioni ad

acquerello - con il punto di vista sud-ovest - grazie al quale vengono ben definite la

visione del centro urbano veronese e le maglie viarie territoriali; infatti, oltre alle vie

principali – per le quali una tabella riporta la distanza fra Verona e i vari nuclei – sono

rese anche le arterie secondarie. (Mazzi, 1978, 533-542)

Particolare della pianta di Verona nota come Carta dell‟Almagià, 1439-1440 (ASVe);

Via Cappello viene indicata in rosso;

In azzurro viene indicato il probabile andamento dell‟alto e forte muro;

In rosa chiaro viene indicata la zona in cui sorgeva il Palazzo di Cangrande.

L‟Hospitium a Cappello era già stato documentato prima dei lavori del 1364 e pare

fosse separato dal broilum proprio per mezzo di tale muro.

Il disegnatore della Carta dell‟Almagià rende nei minimi dettagli gli edifici e, in

corrispondenza dello stallo di Via Cappello, si può notare un‟alta torre avente il volto

d‟ingresso spostato sulla destra, proprio come nella realtà, che immette in un cortile

11

circondato da casette a schiera, che sono presenti lungo anche il muro scaligero, dal

quale dovevano presumibilmente essere separate da un introlo o da un viottolo.

Il fatto che il disegnatore non riporti alcun edificio perpendicolare alla torre in

corrispondenza dell‟attuale casa di Giulietta, suggerirebbe il fatto che l‟hospitium a

Cappello, documentato nel 1351, all‟epoca dovesse essere identificato o nella

costruzione individuabile a chiusura dell‟isolato di via Stella, oppure potrebbe essere

che l‟area a ridosso del muro e le case poste in vicinanza ad esso avessero il ruolo di

hospitia. (Zumiani 2003, p 207)

I, 2: Dall‟età veneta al primo Novecento: lo stallo del Cappello

In base ai dati anagrafici presi in esame, relativamente alla contrada di San Tomio, la

famiglia Cappello risulta ancora presente all‟inizio della dominazione veneziana e si

documenta il loro ruolo di speciarii, ovvero speziali o farmacisti. Infatti, a causa della

crisi del settore alberghiero verificatasi intorno alla metà del Quattrocento, alcune parti

del complesso furono convertite a botteghe e tale impiego rimarrà anche nei secoli

successivi. (Zumiani 2003, p. 208)

Per quanto concerne la proprietà della casa, è noto che da metà Quattrocento la

famiglia Cappello conservò la proprietà pur mettendo in affitto sia lo stallo sia le

botteghe.

Dall‟analisi di un atto d‟archivio del 16817 (ASVr, Ant. Est. Provv., reg.46, c. 245v) si

evince che la proprietà della casa, nel corso del tempo ha subito diversi passaggi e che

fra il 1666 e il 1667 la famiglia di Carlo Rizzardi entrò in possesso di due parti del

complesso: la prima, acquisita da Moscardo Cappello, costituita da “sei stanze esistenti

nel torrazzo del Cappello in Verona” e “lo stallo con fienili sopra”8 (Zumiani, 1991, pp.

154-155); la seconda doveva essere presumibilmente la parte localizzata al primo piano

della torre che da su via Cappello, di proprietà della famiglia Quarti, di cui però non si è

reperito l‟atto notarile di acquisto. La famiglia Rizzardi manterrà il possesso del

complesso sino al 1837. Nel 1905 venne messo all‟asta il fabbricato prospettante il

cortile e, infine, sotto le pressioni dell‟opinione pubblica, il Comune di Verona, in data

8 luglio si aggiudicherà all‟asta – “quattordicimilacinquecento lire fu l‟offerta, che non

7 ASVr, Ant. Est. Provv., reg.46, c. 245v., si evince che “Carlo Rizzardi di anni 63 denuncia una casa

con stallo detto del “Cappello”, una parte acquistata nel 1666 dal sig. Mario Quarti e una parte del

1667 dal sig. Moscardo Cappello” 8 ASVr, Arch. Not. Distrett., b5212, Atti Ferro Vincenzo, fasc. 23, a. 1667, maggio 24

12

fu in alcun modo migliorata nel successivo ardere e consumarsi di tre candele di cera,

della stessa durata di un minuto circa ciascuna, accesa una in seguito l‟estinzione

dell‟altra” - l‟intero immobile sulla destra del cortile e parte del terzo e quarto piano del

torrazzo. A seguito di tale acquisto verranno negli anni apportate numerose modifiche al

complesso9.

Per mezzo di una pianta dello stallo del Cappello redatta da Pietro Ceroni in data

27 settembre 178010

e proveniente da una collezione privata è possibile definire come

dovesse essere l‟impianto dell‟edificio in tale data e desumere a quali famiglie

appartenessero i diversi ambienti. Inoltre, mettendo in atto un confronto fra tale

riproduzione e l‟assetto attuale, si è in grado di comprendere quanto i restauri apportati

nel Novecento abbiano modificato l‟aspetto e la struttura sia interna sia esterna dello

stabile.

Pianta dello stallo del Cappello redatta da Pietro Ceroni, pubblico perito nel giorno 27 settembre 1780

(collezione privata)

I nomi delle famiglie a cui appartengono gli spazi della casa sono: Dandolo, Ferrari,

Furlati e Rizzardi.

Alle prime due famiglie appartiene l‟area nord occidentale a ridosso della “strada

comune che dalla Piazza va alla Stella” – l‟attuale via Cappello -, in cui vi era l‟unico

accesso ai grandi vani che venivano utilizzati dalla famiglia come pistoria, ovvero,

panifici. L‟ambiente era illuminato grazie ad una finestra posta sul fronte interno, che

dava sul cortile.

9 Vedi infra.

10 Sulla pianta è ancora possibile leggere la seguente nota: “Disegno rilevato in misure e firmato da me

…, che mostra la vera pianta dello stallo con fienili e case del Nobil Sig. Conte Antonio Rizzardi come

pure le case e Stalle di ragion Furlati con altri confini, il tutto posto in questa città di Verona in contrada

di San Tommaso Apostolo: in fede Pietro Ceroni pubblico perito ingegnere” e l‟unità di misura in “piedi

di Verona”

13

Proseguendo verso est in corrispondenza della “strada introl dei Crosoni” si vede

chiaramente che l‟ambiente era stato suddiviso in più vani adibiti a “stallette” di

proprietà dei Furlati, di cui una era dotata di “greppie nuove”. In corrispondenza di

questi vani, sul fronte affacciato sul cortile sono messi ben in evidenza un pozzo ed una

scala esterna. Procedendo oltre si può individuare “l‟ingresso Furlati” che porta alla

“stalla” passando per una “corticella” e si giunge così ad un porticato adibito a stalla e

contenente un vano scala ancora visibile in una foto risalente ai primi del Novecento11

,

scattata prima dei lavori effettuati per la creazione del foyer del teatro Nuovo, che

conduce ai piani superiori. Nell‟angolo sud-est si trova la dimora detta “casa Furlati” e

da lì avanzando verso ovest si riscontra un ambiente rettangolare appartenente alla

famiglia Rizzardi, definito “stallo antico con fienili sopra del Nobil Signor Conte

Antonio Rizzardi” con un ingresso centrale e ai lati di quest‟ultimo, infisse nella parete

esterna – quella rivolta alla corte comune - vi erano le greppie per gli animali,

contrassegnate dalla lettera B12

, disposte simmetricamente; oltre ad esse vi erano due

finestre, che si aprivano al pian terreno. Al suo interno sono riportati due pilastri

centrali, disposti in asse, a sostegno del soffitto. Questo locale era diviso da

un‟“androna comune” tramite una parete senza aperture. Lo stallo era unito al

“torrazzo” da un vano in cui vi erano delle scale che portavano ai piani della torre

stessa, in più vi era un‟apertura che consentiva un accesso diretto ad un vano di

proprietà dei Dandolo.

In definitiva il complesso subì passaggi di proprietà e modificò la sua

funzionalità nel tempo, passando dall‟essere un hospitium - ovvero una sorta di albergo

per i forestieri – al divenire una struttura atta alla vendita – pistoria della famiglia

Dandolo e Ferrari - e al ricovero degli animali. Tuttavia, dal confronto fra la carta del

1780 e le fotografie dei primi del Novecento è possibile affermare che gli edifici di via

Cappello 23 non subirono modifiche per quanto riguarda l‟articolazione planimetrica;

sarà poi il periodo successivo a donare ad essi un nuovo volto e una nuova funzione.

I, 3: Antonio Avena e i restauri del „900

11

Fotografia risalente al 1930 che restituisce il lato del cortile della casa, distrutto nel 1930 durante i

lavori per il foyer del teatro Nuovo. 12

Sulla pianta si può chiaramente leggere nella legenda: “B. greppie antiche dello Stallo Rizzardi

esistenti in corte et infisse nel muro del detto stallo”.

14

Verona in due particolari momenti, ovvero, uscita dall‟egemonia di Venezia e Unità

d‟Italia del 1861, trova il modo per creare una propria univoca identità nella figura del

mito romantico di Giulietta. (Forti, 2002, pp. 275-285)

Il periodo post unitario influenza grandemente tutte le regioni italiane, che cercano

tramite l‟architettura di creare una “facciata comune” (Balestracci, 2015, pp. 7-14), una

costruzione culturale che sia la medesima per tutti, al fine di rendere omogenea l‟intera

penisola, ricollegandosi ad un periodo storico visto come di grande splendore e potere,

ovvero l‟età comunale13

.

Si scelse il momento storico più alto per l‟Italia con l‟intento di uniformare un contesto

multiforme, legandolo sotto un segno di comune appartenenza.

Si aderisce quindi ad un modello e si segue un‟idea, che in ogni regione italiana mostra

il suo grande sforzo di composizione nel restauro architettonico.

Come sottolinea Balestracci, infatti, il medioevo è un “costruttore di contemporaneità”

negli anni post unitari, fa da collante e rende più uniforme la visione frammentaria

dell‟Italia, seguendo i canoni del cosiddetto neomedievalismo. Si tratta di un recupero

del passato atto ad agire sul volto presente della città, una “ricostruzione pacifica e

paziente” come avrebbe detto Rubbiani.

Fra „800 e „900, infatti, i grandi studi delle Deputazioni di Storia Patria operano nella

ricostruzione della storia di un territorio attingendo a più fonti.

Il recupero è messo in atto per agire sul volto della città e portare ad un‟identità

comunemente condivisa e condivisibile, puntando su un fattore unanimemente

riconosciuto come aggregante e di rilevanza per la comunità.

Nel contesto veronese, a tale proposito, agì Antonio Avena, che nel 1920

divenne direttore dei Civici Musei.

Antonio Avena, specialmente negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale, fu

dedito alla ricerca, identificazione e creazione a Verona dei luoghi shakespeariani,

ritenendo “un atto di doveroso omaggio alla leggenda che prese a cornice la nostra

città e la nostra storia è un tributo d‟onore che si deve al massimo poeta inglese che la

immortalò nel dramma e rese celebre Verona nel mondo”. (Vecchiato, 2002, p.114)

In particolar modo, per quanto riguarda l‟edificio cosiddetto casa di Giulietta, è

noto che già dal 1914 il complesso era stato dichiarato di interesse monumentale e nel

1928 il podestà di Verona aveva avanzato la proposta di ristrutturazione del fabbricato

alla Soprintendenza, ma l‟idea venne respinta dal marchese Alessandro Da Lisca, il

13

Il cosiddetto uso aggregante della memoria storica dichiarato da Levra. (Levra, 1992, p. VII)

15

quale rispose che riteneva che lo stabile potesse essere restaurato ed “abbellito” ma che

ciò sarebbe dovuto avvenire con il massimo rispetto delle norme del restauro, senza

creare un falso Duecentesco: “abbellita in modo semplicissimo, senza la velleità di

creare un falso Duecento, con elementi di archi che non si trovano a Verona”

(Vecchiato, 2001, p.437)

In seguito, nel 1936 il Comune tentò nuovamente di operare sul complesso

assicurando che il fine sarebbe stato volto al puro consolidamento strutturale e che non

si sarebbe alterato “menomamente le linee architettoniche”, così il Ministro

dell‟Educazione Nazionale approvò, concorde con la Soprintendenza, un intervento

sullo “stabile designato, di recente, come abitazione di Giulietta…” e precisamente

sull‟ala tra via Cappello e il cortile poiché “il lato verso il cortile, privo di elementi

artistici e l‟arco interno dell‟androne erano solcati da numerose fenditure che

destavano qualche preoccupazione per la stabilità delle parti di quell‟edificio”14

.

Nel 1939 l‟Ufficio Tecnico Comunale decreta un‟estensione dei lavori prevedeva il

rifacimento del lato est del cortile di proprietà comunale. Come riporta Grimoldi, il

capitolato d‟appalto aveva previsto “lo sventramento con nuovi intonaci, solai,

architravi di porte e finestre in calcestruzzo armato ma per serramento si scelgono

invetriate d‟abete legate a piombo”. Il 5 giugno dell‟anno seguente si decise di

estendere i lavori alla vera e propria casa di Giulietta, in quanto “presenta nei muri

trasversali interni numerose fenditure che tendono ad accentuarsi come è indicato da

alcune biffe di segnalazione”. Inizialmente l‟importo dell‟appalto era stato fissato a

33500 lire, ma durante l‟assenza del Soprintendente Niccoli, in data 8 agosto 1940, si

estesero i lavori e il 3 maggio 1942 si deliberò in sanatoria un importo aggiuntivo di lire

102375,20 poiché: “trovandosi la suddetta casa in condizioni d‟instabilità statiche ed

igieniche tanto da renderla inutilizzabile, si resero necessari una serie di lavori

aggiuntivi…e come conseguenza di riordino e decorazione dell‟antica Casa di

Giulietta…”. (Grimoldi, 1994, p.182)

A seguito della vicenda il risentimento del soprintendente fu manifestato in una lettera

al podestà: “Devo lamentare, pur tenendo conto degli interessi turistici, alcuni lavori:

grande uso di decorazioni parietali e di soffitti ad imitazione dell‟antico, collocazione

di elementi architettonici che più o meno imitano le forme antiche, peggio ancora

elementi originali di antichi edifici arbitrariamente inseriti in una struttura – pure

antica – che non è quella per cui essi erano stati creati (allude il soprintendente

14

ACBBAA IV 1934-1940, cart. 352.

16

soprattutto al famoso balcone, reperto trecentesco proveniente dalla case demolite nel

1883, già conservato a Castelvecchio). Tutto l‟affastellamento di forme originali,

imitate ma fuori posto, che si nota nella casa potrà piacere al turista incolto, ma certo

non sarà di gradimento per quei visitatori che amano le vestigia genuine”. (Vecchiato,

2002, p. 115)

La trasformazione fu radicale e l‟edificio da “miserabile albergaccio” divenne

una dimora neogotica in mattoni a vista dal grande potere evocativo, una vera e propria

quinta scenografica medioevale, storicamente falsa ma coerente con il mito e con la

leggenda.15

Emerge dall‟analisi che il lavoro compiuto da Antonio Avena fece si che

l‟edificio risultasse un falso storico, coerente con l‟ideale medievale, ma pur sempre una

creazione ex-novo.

Effettivamente le preoccupazioni esplicitate dal Da Lisca16

risultarono fondate e

il risultato dei lavori di consolidamento, in realtà, portarono alla creazione di una

struttura molto scenografica, quasi una quinta teatrale, atta a far rivivere nei fruitori un

mito lontano nel tempo. Si tratta dunque di un effetto ricercato, una vis recostruendi atta

a rievocare e organizzare sia lo spazio, sia la mente del visitatore e come ci ricorda

Marchi, dopo l‟intervento su porta Nuova, un <<…Analogo effetto scenografico, non

più di prospettiva, ma di vere e proprie quinte teatrali, Avena conseguì con

l‟“invenzione” della casa di Giulietta e con la sistemazione della tomba dei due infelici

amanti. Si trattava di dare una plausibile veste lapidea a una leggenda… Il lavoro,

condotto negli anni 1935-1940, costituiva uno stabile traguardo nella storia del revival

della romantica tradizione locale... >> (Marchi, 2002, p. 40)

I criteri noti e definiti nella Carta del Restauro di Atene nel 193117

vennero così

accantonati in favore della messa in opera e realizzazione di un edificio molto lontano

dal suo aspetto d‟origine. (Grimoldi, 1994, pp. 121-193)

I, 4: Immagini a confronto, trasformazione dello stabile

Grazie all‟ausilio di un nutrito repertorio fotografico risalente ai primi anni del

„900, è possibile presupporre e delineare quali restauri e modifiche siano state apportare

al complesso di via Cappello 23.

15

Cfr. infra capitolo relativo alla letteratura. Citazione derivante da un testo di C. Dickens, 1846. 16

“abbellita in modo semplicissimo, senza la velleità di creare un falso Duecento, con elementi di archi

che non si trovano a Verona” (Vecchiato, 2001, p.437) 17

http://www.sbapge.liguria.beniculturali.it/index.php?it/175/carta-del-restauro-di-atene-1931

17

La fotografia, infatti, nel momento in cui si decida di compiere un restauro o

studiare i cambiamenti apportati all‟urbanistica e alle architetture, torna molto utile. Il

confronto derivante dal possesso di documenti fotografici che ritraggano la situazione

d‟origine, fa si che nell‟eventualità del restauro di un elemento architettonico, si possa

avere un punto di partenza in grado di stabilire come si presentasse in principio ciò su

cui si vorrebbe intervenire e avere, inoltre, una linea guida da seguire o da cui

discostarsi. La fotografia ha la “funzione di testimone inconfutabile dell‟esistente” e

molto spesso, grazie proprio a questi documenti si può lavorare per confronto e

discernere le fasi, i progressi e i mutamenti subiti nel tempo dalla realtà presa in esame.

Ma questo strumento, come sottolinea d‟Alessandro, non è utile solo in caso di restauro,

ma anzi, interviene con la sua portata anche nella testimonianza dell‟evoluzione storica,

trasformazioni subite a seguito di rifacimenti successivi, danni derivati da

bombardamenti di guerra, crolli o demolizioni, fino alla semplice e quotidiana inferenza

degli agenti atmosferici, inquinamento contemporaneo compreso. (d‟Alessandro, 2002,

pp. 77-81)

In questo paragrafo verranno utilizzate diverse foto scattate intorno agli anni ‟30

del novecento, le quali ritraggono le varie parti del complesso in una fase appena

precedente il restauro aveniano avvenuto nel periodo di tempo che va dal 1937-1940.

Esterno, la casatorre:

Dalle foto di inizio „900 si può evincere che i lavori effettuati sul torrazzo, che si

affaccia lungo Via Cappello, si limitarono ad un semplice riordino del parametro

murario in laterizio.

Le ghiere dal profilo a toro erano state classificate da Arslan come risalenti al principio

del Trecento e questo rendeva molto difficile l‟intento di modificarne l‟assetto

(Vecchiato, 2001, p.135).

18

Cortile interno, facciata esterna, lato nord:

La facciata interna posta a nord, attualmente adibita a punto vendita, presenta un

rifacimento considerevole.

Infatti, l‟edificio deve essere stato totalmente rifatto, le porte presenti nella parte posta a

nord ovest sono coerenti con le aperture che si possono vedere nelle foto d‟archivio del

primo Novecento. Si può notare come le prime due porte siano state mantenute e come

la finestra adiacente sia diventata una ulteriore porta. Lo stabile è stato messo in

sicurezza e l‟alzato risulta essere stato elevato in altezza fino a raggiungere la medesima

quota del torrazzo.

19

Per quanto riguarda la parte posta a nord est è evidente come i lavori per il foyer del

Teatro Nuovo debbano aver influito sia sull‟altezza dell‟edificio, sia sulle aperture che

sono attualmente date da quattro archi tramite i quali si può accedere ai negozi di

souvenir e libri dedicati alla vicenda degli sfortunati amanti.

La foto qui riportata è stata per lungo tempo erroneamente ritenuta raffigurante la

facciata sud, ovvero, quella relativa alla vera e propria “casa di Giulietta”.

Lato est, fronte:

A seguito degli interventi per la creazione delle uscite di sicurezza del teatro Nuovo è

possibile capire in che modo debbano aver agito le maestranze del tempo.

Grazie al confronto fra la carta del 1870 del Ceroni, il progetto di Guglielmi, le

fotografie antecedenti il 1930 e le attuali, è evidente come il lato est sia stato

radicalmente modificato.

Il cortile è stato ridimensionato in quanto il pozzo, che era presente sul lato nord, venne

eliminato e la facciata ad est risulta chiaramente ricostruita eliminando parte della

distanza fra essa stessa e la casa di Giulietta, il che è visibile nel dettaglio dello spazio

che intercorre fra la parete modificata e l‟ultima finestra al primo piano della casa.

Il fronte si presenta come una sorta di cortina medioevale sormontata da una merlatura,

emblema del periodo che si voleva rievocare.

20

Progetto dell‟ingegner Guglielmo Guglielmi, di trasformazione del prospetto del lato est del complesso di

via Cappello 23, al fine di ricavare le uscite del teatro Nuovo (Archivio della Soprintendenza per i Beni

Architettonici e per il Paesaggio di Verona.

Lato sud, facciata esterna:

Le modifiche più consistenti vennero apportate in corrispondenza del lato sud del

cortile, ovvero, alla vera e propria “Casa di Giulietta”.

Mettendo a confronto le due fotografie riportate, le differenze sono numerose.

In primis, al piano terra, ad ogni apertura vennero create finestre con elementi di

spoglio. Invece, al portone d‟ingresso, privato dei gradini, venne sostituito un accesso

ad arco acuto e strombato.

Per ogni piano si può vedere che in corrispondenza delle aperture antiche sono state

poste finestre di diversa fattura. Al primo piano, venne eliminato il balcone che correva

lungo tutta la lunghezza della facciata e al suo posto comparve il famigerato verone – il

quale proveniva da Castelvecchio e prova ne è una foto che ritrae Vittorio Emanuele III

all‟inaugurazione del Museo di Castelvecchio nel 1926 - e, in più, vennero inserite

finestre trilobate tardo quattrocentesche, con la tipica cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna.

Il secondo piano rimase pressoché intatto.

Lato est come appare oggi Lato est del complesso prima dei lavori

per il foyer del teatro Nuovo

21

Interno:

Tra gli anni „96 e ‟97 del Novecento si può assistere ad un riallestimento degli spazi

interni che vide il recupero di arredi d‟epoca - indicativamente del periodo compreso fra

XVI e XVII secolo - e la collocazione di opere pittoriche, fra cui affreschi staccati di

ambito veronese di epoca tardomedievale o rinascimentale e dipinti ottocenteschi

riguardanti la vicenda di Giulietta e Romeo.

Entrando nella vera e propria “casa di Giulietta” - dove attualmente è stato posto

un punto vendita - sono stati collocati due affreschi realizzati da pittori del XIV secolo,

legati alla cerchia di Altichiero da Zevio, noto pittore Trecentesco, raffiguranti una

Madonna in trono col Bambino e un Volto Santo staccati nel 1875 e provenienti dalla

sede del palazzo del Tribunale di Verona.

Casa di Giulietta 1930 Casa di Giulietta dopo i restauri di Avena

Dettaglio del balcone, prima di essere assemblato

per la Casa di Via Cappello 23

22

Accedendo al primo piano tramite una scala lignea si possono osservare i

pregiati arredi in stile rinascimentale e le opere pittoriche ispirate alla tragedia amorosa,

realizzate da Angelo Dall‟Oca Bianca, il quale propone La morte di Giulietta e Romeo

assieme a un Piazza Erbe. Altro dipinto presente è Giulietta e Romeo dell‟emiliano

Gaetano Chierici (1838-1904, circa).

Procedendo la visita si può raggiungere il secondo piano, dove vi sono affreschi

cinquecenteschi con Candelabre di fiori e frutta di Bernardino India (1528-1590),

staccati dalla facciata del Palazzo di Fiorio della Seta presso Ponte Nuovo nel 1891 al

momento della demolizione dell‟edificio stesso.

Sono presenti inoltre due affreschi molto importanti in quanto attribuiti, non senza

riserve, a Paolo Caliari18

, detto il Veronese. I due affreschi hanno come oggetto una

Donna al balcone – il quale faceva parte di un ciclo con Storie di Alessandro Magno

distrutto nell‟ultima guerra - e un Ritratto di signora, sono entrambi riferibili alla metà

del Cinquecento e vennero staccati da palazzo Contarini-Borella nella contrada di San

Marco nel 1876. Proprio nella sala principale i può individuare l‟unico residuo di pittura

originale consistente in un frammento di bordatura a “finto vaio”, riproducente quindi i

festoni di pelli d‟ermellino che erano indice di grande ricchezza nelle dimore dei più

abbienti. (Villari, 2011, p.12-13).

Tramite un passaggio coperto si giunge ai tre piani che si affacciano su Via

Cappello e proprio qui, come parete laterale sinistra dell‟ambiente, è possibile

individuare un muro duecentesco in pietra e mattoni che, originariamente doveva essere

esterno, secondo la prassi costruttiva locale dell‟epoca. Verso l‟estremità superiore del

muro è visibile un affresco rappresentante una Trinità e santi poggiato su una mensola,

il che avvalorerebbe l‟idea che tale muro si trovasse in origine posto all‟esterno.

Nell‟ambiente intermedio è visibile un affresco con Madonna in trono, risalente

all‟età medievale – a cavallo fra Duecento e Trecento - e attribuito a Maestro Cicogna,

che proviene dal Palazzo del Mercato Vecchio e staccato nel 1895.

Durante i restauri degli anni trenta del Novecento vennero ripristinate le decorazioni

murali prendendo spunto dai motivi geometrici e ornamentali tipicamente scaligeri, i

quali sono ben presenti presso la cosiddetta “Reggia” del Museo di Castelvecchio e

nell‟ala medievale di Palazzo Forti. Vi sono, inoltre, metope con testine

quattrocentesche dipinte nel soffitto ligneo, il quale venne reimpiegato nel

riallestimento voluto da Antonio Avena.

18

Infatti, la stesura del colore e la qualità del disegno sembrano riferibili ad una mano diversa.

23

Nelle ultime due sale che si trovano all‟ultimo piano dell‟ala che guarda su Via

Cappello sono raccolte diverse vetrine contenenti ceramiche di epoca medievale e del

primo Rinascimento veronese – o di provenienza veronese – con brocche, piatti e

boccali e dieci formelle decorative in terracotta – appartenenti ad un gruppo di

quarantotto formelle, già esposto a Palazzo Pompei, prima sede delle collezioni civiche

dal 1857- della seconda metà del XV secolo.

24

L‟esposizione delle ceramiche è studiata nei minimi dettagli. Le vetrine sono

ampie e luminose. Le didascalie risultano chiare e precise, viene indicata la provenienza

e l‟età delle forme ceramiche esposte.

Nelle seguenti foto si possono notare le formelle sopraccitate, i motivi sono

molto eleganti ed evocativi.

25

26

27

Altri lavori di consolidamento e restauro sono stati effettuati durante la direzione

dei Musei Civici di Licisco Magagnato nel 1973, i quali hanno previsto il rifacimento

di strutture interne e, più nello specifico, i lavori sono stati rivolti alla pavimentazione e

alla scala che porta al secondo piano.

I, 5: La statua di Nereo Costantini:

“Ma io posso darti di più: io farò innalzare a tua figlia una statua d'oro puro, affinché

nessuna immagine, finché duri il nome di Verona, sia tenuta in così alto pregio, come

quella della leale e fedele Giulietta”.

Atto IV, scena III

Dopo i restauri e le modifiche apportate dall‟intervento aveniano, l‟interesse per

l‟eroina shakespeariana si acuì nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso.

Giulietta ha sempre rappresentato per i cittadini un emblema di giovinezza, bellezza,

grazia e forza, i suoi attributi sono gli stessi che vengono accostati a Madonna Verona,

ovvero leale e fedele. Inoltre, il fatto di essere collocata nel periodo storico scaligero

rimembra alla cittadinanza il potere e uno dei momenti storici più alti vissuti dalla città

stessa, facendo così vivere un mito in cui la città si riconosce ed è riconosciuta.

Per commemorare tale personaggio, nel 1972 venne posta nel cortile della casa

una statua creata da Nereo Costantini in bronzo dorato, la quale fa rivivere in concreto

le parole rivolte dal padre di Romeo al suo nemico Capuleti nell‟atto IV scena III della

tragedia shakespeariana, dove si promette di erigere una statua in onore della “leale e

fedele Giulietta”.

La statua è in posa stante, il che fa riecheggiare un modulo tipico dell‟arte

romana al quale si reca un atteggiamento quasi confidenziale e un‟espressività gentile

28

del volto, che riporta alle fattezze tipiche delle madonne e dame dell‟età cortese

(Zumiani, 2002, p.217).

La Giulietta bronzea non è soltanto un‟effigie, ma rappresenta il concretizzarsi

di un mito, di un ideale che permea la storia di una città. I valori incarnati da tale opera

rimembrano a chi visita la città e la dimora un senso di giovinezza ed eroismo, un mito

sempreverde che ha salde radici nella storia e che rivive quotidianamente, risvegliando

nei passanti un senso di grande devozione all‟amore incondizionato, che si erge sopra

qualsivoglia controversia, calata in un contesto storico di lotte fra famiglie, avvenute nel

momento di massimo splendore di una città definita nel cartiglio tenuto fra le mani della

statua che sormonta la fontana di Piazza Erbe: “Est iusti latrix urbs haec laudis

amatrix”.

I, 6: Reale e Ideale: Cnosso e Casa di Giulietta, due realtà al confine fra vero e

vagheggiato

Situazione analoga è quella che vede come protagonista il palazzo di Cnosso, il quale fu

soggetto a restauri nel 1900, dopo la scoperta archeologica del sito stesso ad opera di

Arthur Evans, il quale ha ricreato l‟immagine del palazzo, che risulta essere il prodotto

in cemento armato delle idee dell‟archeologo.

Gli affreschi così colorati e i muri che i turisti possono rimirare sono frutto del restauro

progettato da Evans che: “… non si accontentò di riportare alla luce una civiltà di cui

nessuno prima di lui aveva sospettato l‟esistenza, ma volle darle una fin troppo solida

consistenza con una parziale ma pesante ricostruzione che trasformò il mito in

cemento”(Melotti, 2008, p.12). Infatti, per i non specialisti le tracce presenti nel terreno

non hanno un grande significato e questo è dovuto alla difficoltà nella lettura, ma con

l‟intervento di Evans lo scopo di rendere leggibile il sito venne raggiunto al caro prezzo

dell‟ostentazione di qualcosa di meramente inventato ma comprensibile. Appunto per

questo si può dire che Evans “ più che scoprire Cnosso, lo inventò. L‟immagine che se

ne è sedimentata non è infatti quella del sito “autentico”, grigio e frammentario, ma

quella, imponente e colorata creata da lui”. (Melotti, 2008, p.13) Tale operazione fa si

che l‟antico e il moderno si fondano in un tutt‟uno inscindibile che porta il visitatore a

percepire il fascino dell‟antico e della rovina misto ad una lettura facilitata dal falso, in

più, “l‟estetica della rovina ricorda al fruitore che si trova in un‟area archeologica, ma

ciò lo induce a ritenere autentico tutto quanto vi vede, ricostruzioni comprese. Il

29

risultato è un sito misto, in cui vero e falso convivono in un rapporto simbiotico che

comporta una valorizzazione reciproca. La ricostruzione moderna aiuta a comprendere

la rovina anticae questa rende autorevoli le nuove strutture, che, in un altro contesto

apparirebbero immediatamente come dei falsi non meritevoli di fruizione estetica.

Invece a Cnosso il turista perlopiù ignora le strutture autentiche e si entusiasma per i

falsi, che guarda e fotografa con ammirazione e consuma emozionalmente. Sono le

ricostruzioni a creare la sensazione di autenticità del sito”. (Melotti, 2008, pp. 11-13)

A tal proposito risulta analoga la fruizione che avviene presso Casa di Giulietta,

dove i restauri apportati nei primi del Novecento hanno ricreato dal nulla un mito, una

sorta di aura sacrale, che consegna ad uno stallo in rovina la dignità di dimora di una

giovinetta mitica e mitizzata prendente vita nell‟immaginario dei visitatori. Infatti,

creando lo scenario dotato di balcone, è molto semplice per il turista rimembrare i passi

di shakespeariana memoria ed emozionarsi pensando al mito in sé. Similmente

contemplando gli affreschi ricreati sulla falsariga di quelli presenti a Castelvecchio non

si può non restare colpiti dagli ambienti che riportano in vita un‟atmosfera ormai

lontana nel tempo.

Nonostante per entrambi i casi i restauri siano stati compiuti partorendo scenari

non del tutto coerenti con le tracce presenti, ed essendo i due contesti assimilabili a falsi

storici, l‟alone mitico fa sì che chiunque si trovi in visita si senta coinvolto

emozionalmente con il luogo visitato. Infatti, come ricorda Marxiano Melotti “il passato

per essere davvero compreso va ricostruito. Esiste solo ciò che si vede” e in una cultura

visuale come la nostra sembra non ci siano parole più veritiere per descrivere l‟animo

con cui spesso vengono fruiti i beni a nostra disposizione. (Melotti, 2008, p.40) La

ricerca di un codice di impatto immediato, che guidi attraverso ciò che la storia ci

consegna, è importante per il turismo, che si serve della fruizione visiva. Percepire il

bene culturale con un codice a noi famigliare risulta fondamentale per la comprensione

di ciò che stiamo visionando, ma allo stesso tempo bisogna pur sempre chiedersi fino a

che punto si sta interferendo con la sostanza di ciò su cui si interviene. I restauri

apportati in entrambi i contesti e in molte altre situazioni mettono sempre in contrasto

due piani: il reale e l‟ideale. In determinati momenti storici il restauro ha permesso di

cambiare e modificare radicalmente l‟essenza stessa dei monumenti, ma tutto ciò al fine

di rendere la fruizione agevolata e favorendo così il piano ideale e mitico stimolando

l‟esperienza personale, che proietta i turisti in un‟atmosfera tendente al fantastico e al

vagheggiato.

30

Cap. II: LE FONTI LETTERARIE:

Questa parte di studio si dividerà in due sezioni nelle quali si analizzeranno le fonti

letterarie relative alla storia dell‟edificio “casa di Giulietta” e al mito degli sventurati

amanti, trattato da più autori.

Nel primo paragrafo si sottolineerà l‟importanza che ha avuto la localizzazione

di “casa di Giulietta” come elemento reale all‟interno di una eredità letteraria, che ha

segnato profondamente il pellegrinaggio letterario del 1800 in Italia19

.

Infatti, diversi autori, conoscendo la vicenda di Romeo e Giulietta cercarono di

individuare i luoghi della tragedia presso Verona. Le case dei due amanti e la tomba

della giovinetta divennero luoghi privilegiati di visita da parte di personaggi illustri,

legati al tema tragico e sempre alla ricerca di una fruizione del reale che potesse far

rivivere il mito romantico.

Nel secondo paragrafo verrà analizzato il tema letterario relativo alla vicenda di

Romeo e Giulietta, nato come intreccio amoroso già ai tempi di Ovidio e sviluppatosi

nel corso dei secoli come grande della letteratura sia in ambito italiano, sia in

ambito inglese. Infatti, differentemente da ciò che comunemente la maggior parte delle

persone crede, il tema raccontato nella tragedia shakespeariana, ha alla base una lunga

tradizione fatta di precedenti italiani, riscontrabili nel contesto della novellistica ed

evolutesi poi in diverse forme letterarie.

Nel terzo paragrafo, partendo dalla famosa terzina dantesca: “Vieni a veder

Montecchi e Cappelletti/Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: color già tristi, e

questi con sospetti!” (Purgatorio, VI, 106) si svolgerà un excursus sulla storia,

l‟onomastica e la verosimiglianza dei fatti narrati in relazione al contesto storico dell‟età

comunale veronese.

Infine, nel quarto paragrafo ci si servirà di un testo dei primi del Novecento del

secolo scorso, dove si citano le diverse fonti letterarie, che raccontano l‟intreccio

amoroso dei due protagonisti. Queste fonti non sono solo quelle citate nel secondo e

terzo paragrafo, ma anche altre presenti nel panorama veronese locale. In più, nel testo,

emerge un confronto fra la vicenda di Giulietta e quella di Francesca da Rimini; le due

19

Ricordando un‟intuizione di Melotti, relativa al pellegrinaggio del mito, nel 1870 H. Schliemann

identificò il sito di Troia, che era da sempre stato ritenuto una mera invenzione letteraria. Il legame fra la

letteratura e la ricerca di prove nel reale, che oltrepassino l‟ideale e il sogno, sono molto frequenti nella

storia e questo è ciò che pare essere accaduto nel momento in cui si è arrivati ad identificare i luoghi della

tragedia shakespeariana. (Melotti, 2008, pp.172-173).

31

eroine vengono messe a confronto ed emerge con forza la superiorità della giovane

Capuleti.

II, 1: Fonti relative alla storia ed evoluzione dell‟aspetto della cosiddetta casa di

Giulietta

Nel corso del XIX secolo aveva preso il via una sorta di “pellegrinaggio” verso luoghi

precisi della città di Verona, identificati come elementi reali della tragedia

shakespeariana.

Molti turisti provenienti da tutta Europa si spostarono alla ricerca di tali luoghi e

lasciarono per iscritto la loro esperienza.

Fra gli autori più eminenti trova posto John Ruskin, il quale nel 1884 soggiornò per

dieci giorni a Verona, ne rimase colpito e tornatovi più volte in seguito, ricordò nella

sua prosa il legame presente fra i “resti di pietra” e il mito della capitale scaligera nel

Veneto letterario di Shakespeare. I testi da lui redatti offrono un buon punto di partenza

e suscitano l‟interesse dei lettori verso le città di Venezia e Verona, in particolar modo

in The Stones of Venice, pubblicato nel 1851, i richiami a Verona sono numerosi e nella

traduzione in italiano del 1910 si esplicita che il saggio è rivolto a “coloro che visitano

Venezia e Verona” (Grimoldi, 1994, p.121)

Sempre nel corso dell‟Ottocento, la nomea della presunta dimora dell‟eroina

shakespeariana aveva attirato a sé personaggi illustri come Antoine Claude Valéry, che

in Voyages Historiques et Littéraires en Italie, pendant les années 1826-28 (cap XVII,

pp. 89-91, gallica.bnf.fr ) tratta il tema elogiando i luoghi della tragedia e sottolineando

il felice connubio di menti che hanno lasciato il proprio segno in quel di Verona, da

Dante - probabilmente uno dei primi ad accennare ad una rivalità fra “Montecchi e

Cappelletti” – a Shakespeare.

Il testo si apre con un verso di catulliana memoria applicato ad amori ben meno nobili –

“flos veronensium depereunt iuvenum” – ma che trova un‟eco in un verso di

Shakespeare, che recita nell‟atto I, scena 3: “Verona‟s summer hath not such a flower”.

Similmente, la citazione seguente, un verso di M. Emile Deschamps, esponente della

scuola romantica, parafrasa le frasi precedenti, dicendo che: “C‟est la plus belle fleur du

printemps de Verone”, riferendosi sempre all‟amore visto come bocciolo sempreverde,

come principio e bellezza di ogni cosa. L‟autore ci parla di un giardino che nel passato

32

era stato adibito a cimitero e nel quale parrebbe giacere la tomba della sposa di Romeo,

divenuta fulcro di un turismo quasi eccessivo.

Personalità illustri visitarono tale luogo, come M.me De Stael20

, la quale venne

rassicurata da un antiquario di Verona sulla plausibilità del luogo di sepoltura della

giovane eroina shakespeariana. Allo stesso modo, numerosi furono gli esempi di

personalità importanti che si fermarono a porgere un saluto davanti alla tomba di

Giulietta e l‟episodio dell‟Arciduchessa di Parma, che si fece fare un colliér e un

bracciale con alcuni frammenti del sarcofago, desta curiosità.

Analogamente, ricordando quello che Marxiano Melotti sostiene (Melotti 2008, pp. 91-

119) si può istituire un parallelo fra il turismo come veniva inteso al tempo del

Romanticismo e il nostro più peculiare interesse per le rovine, l‟antico e la cultura vista

come “altra” dalla nostra, ma pur sempre a fondamento della nostra identità.

Entrando più nello specifico si può notare come ciò che conduce i fruitori a visitare un

luogo sia molto spesso legato a temi forti come la morte, l‟amore e il quotidiano nel

passato. Effettivamente mettendo a paragone il soggetto di questo lavoro, ovvero Casa

di Giulietta e un altro sito molto noto, Pompei, emerge chiaramente che siano proprio

questi temi a condurre i visitatori alla fruizione dei due luoghi.

Infatti, ciò che induce interesse nella fruizione dell‟edificio scaligero è proprio la

curiosità di visitare un luogo quotidiano (una casa) agevolmente visibile anche solo

passeggiando per Via Cappello, con alle spalle una storia declamata in opere letterarie,

molto sentita per quanto riguarda il tema dell‟amor omnia vincit, e ricordata tristemente

per la morte in giovane età dei protagonisti (e il fatto che sia stata “identificata” la

tomba di Giulietta porta ad intensificare il legame con la tragedia, superando il confine

fra ideale e reale), che suscitano pàthos ed empatia verso un mondo proiettabile in ogni

epoca. In parallelo, Pompei risulta essere un sito consegnato intatto grazie alla

sventurata eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e visitandolo si può ancora intuirne la

quotidianità: i quartieri e le strade hanno conservato l‟aspetto con il quale si

presentavano alla vita secoli fa e inoltre il tema della quotidianità si lega a quello della

morte, grazie ai calchi ricavati con la tecnica ideata da Giuseppe Fiorelli, tramite la

quale vennero immortalati come in una fotografia gli istanti finali della vita dei cittadini

pompeiani scomparsi nella catastrofe del 79 d.C.21

(C. Renfrew e P. Bahn, 2002 ,p.14).

20

M.me de Stael scriverà di tale luogo in Corinne et l‟Italie 21

“Nel 1864 Giuseppe Fiorelli mise a punto un efficace sistema per trattare le cavità nello strato di cenere

all‟interno delle quali venivano rinvenuti gli scheletri degli esseri umani e degli animali sepolti Nel 1864

“Giuseppe Fiorelli mise a punto un efficace sistema per trattare le cavità nello strato di cenere

all‟interno delle quali venivano rinvenuti gli scheletri degli esseri umani e degli animali sepolti

33

In più emerge con forza il tema dell‟amore, diverso da quello ostentato nella vicenda di

Giulietta e Romeo, ma che suscita interesse nei visitatori, i quali scelgono di includere

nel proprio itinerario la visione degli affreschi erotici conservati in uno dei quartieri

pompeiani, restando colpiti dalla iconografia e dalla quotidianità dei propri avi, che

hanno lasciato una testimonianza del proprio passaggio nelle iscrizioni graffite sugli

stipiti delle porte delle case in cui avvenivano gli incontri amorosi. (Melotti, 2008,

pp.151-154)

Nel 1828 il poeta tedesco Heinrich Heine descrisse la dimora di via Cappello 23

come “casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito al

di sopra la porta interna. E oggidì - prosegue amaramente - una sordida bettola per i

vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è

appeso come insegna”.

Infatti, proprio al di sopra della volta d‟ingresso, prospicente il cortile centrale, è ancora

possibile vedere tale cappello che richiama l‟onomastica della famiglia proprietaria

della casa, i Dal Cappello, i quali furono noti speziali. Nella sua parabola evolutiva, lo

stabile subì modifiche a livello sia strutturale, sia funzionale e al tempo di Heine era

vista come un albergo di infimo ordine. Descrivendo il suo soggiorno a Verona, disse,

infatti: “A pochi passi, c‟è una casa che un cappello in pietra sopra il portale interno ha

fatto ritenere casa Capuleti, e ch‟è divenuta una sudicia taverna da carrettieri e

fiaccherai, con un cappello bucherellato di latta rossa per insegna. Non lontano, in una

chiesa, si mostra la cappella dove, secondo la leggenda, l‟infelice coppia di amanti fu

unita…”. Nonostante ciò, l‟atmosfera mitica cui era soggetta la dimora, portò l‟autore a

concludere dicendo: “Luoghi come questi, un poeta li visita sempre volentieri, anche se

è il primo a ridere della credulità del suo cuore”. (Heine, Reisebilder, 1828, pp. 88-89)

Qualche anno più tardi, nel 1846, lo scrittore inglese Charles Dickens visitò i

luoghi shakespeariani e scrisse nelle sue Pictures from Italy le impressioni che la

dimora della famiglia Capuleti gli suscitarono. Al suo arrivo, la casa gli apparve come

un "miserabile albergaccio, dove barrocciai chiassosi e carrette infangate disputano il

possesso del cortile, ad un branco di oche tutte sporche di fango; e sulla soglia della

porta ansava un cagnaccio con un muso orribile, che senza dubbio se fosse stato sciolto

avrebbe afferrato Romeo per i polpacci, prima che questi riuscisse a scavalcare il

muro”.

dall‟eruzione. Egli provò semplicemente a riempire le cavità con gesso liquido; la cenere solidificatasi

intorno alla cavità agiva come uno stampo e il gesso assumeva esattamente la forma del corpo

scomparso.” (C. Renfrew e P. Bahn, 2002 ,p.14)

34

La vista dell‟edificio lasciava molto a desiderare dunque, ma nonostante

l‟aspetto così desolante, esisteva ancora un elemento che riportava alla mente il ricordo

degli avvenimenti narrati da Shakespeare, "il cappello, l'antico stemma della famiglia,

esisteva ancora scolpito sulla pietra al di sopra dell'ingresso del cortile. Le oche, le

carrette, i barrocciai ed il cane, a dire il vero, stonavano alquanto con la storia dei due

amanti, e certo sarebbe stato meglio trovar la casa vuota e girar per le stanze

disabitate, ma il cappello era una gran consolazione".

In definitiva, Verona e i luoghi shakespeariani hanno suscitato il proprio fascino

su un vasto pubblico colto. Non vi furono solo autori italiani ad apprezzare i paesaggi e

i luoghi della tragedia, ma anche e soprattutto un nutrito gruppo di scrittori europei, che

hanno lasciato il proprio contributo e le proprie impressioni relativamente ad un tema

quasi mitico. Sono molto importanti questi resoconti ed annotazioni di viaggio in quanto

ci restituiscono informazioni sulla funzionalità di una dimora che nei secoli è passata

dall‟essere una semplice casatorre a divenire una sorta di albergo e poi negli anni il suo

ruolo cambiò ulteriormente trasformandosi in stallo.

Nonostante il suo decadimento e, ad un certo punto, squallore, l‟alone leggendario

persistette e determinati aspetti della casa, come il cappello di pietra scolpito sulla volta

d‟ingresso, sul lato interno, lasciarono spazio alla fantasia e al ricordo romantico del

tempo che fu.

Infatti, come ricorda Melotti portando ad esempio il caso dei Buddha di Bamyan:

“Queste forme del turismo del nulla possono sembrare paradossali. Ma in realtà fanno

intrinsecamente parte del turismo archeologico, che per sua specifica naturaprevede la

visita a ciò che non c‟è più…Per citare un caso estremo, dei semplici buchi nel terreno

possono essere tutto quanto resta di un villaggio palafitticolo. Tutti questi segni, se

percepiti come tracce del passato, acquisiscono però un senso e possono suscitare

interesse e diventare oggetto di turismo a ciò si aggiunga la persistenza di una vera e

propria estetica dei “resti”, di derivazione romantica, che tende ad associare, antichità

e bellezza”. (Melotti, 2008, pp.118-119)

Allo stesso modo lo stallo Dal Cappello rievoca sensazioni di Sehnsuht, anelito verso

qualcosa di indefinito, ricerca interminabile contro ogni limite spirituale e materiale,

nostalgia verso un tempo vagheggiato e ricercato oltre la misura del finito.

35

II, 2: Le fonti relative alla vicenda di Romeo e Giulietta

Per quanto concerne la storia vera e propria di Romeo e Giulietta, la letteratura offre un

ampio panorama di precedenti alla stesura della tragedia notoriamente shakespeariana.

La leggenda dei due sventurati amanti ha come basi storiche e letterarie alcuni testi

risalenti al primo Cinquecento italiano e, se si vuol considerare l‟opera di Masuccio

Salernitano, addirittura di fine Quattrocento.

Il primo autore preso in considerazione è proprio Masuccio Salernitano, il quale

nel XXXIII racconto incluso nel Novelliere, pubblicato nel 1476, narra la sfortunata

vicenda di due amanti senesi: Mariotto Mignanelli e Giannozza Saraceni.

Si tratta della storia di due giovani amanti di buona famiglia, il cui amore nasce e porta i

due a vedersi nascostamente dalle famiglie. Allo stesso modo il matrimonio avviene in

segreto e grazie all‟aiuto di un frate, il quale interverrà anche nell‟elemento della morte

apparente della giovane per via di un filtro prodigioso, assunto per evitare il matrimonio

impostole dalla famiglia, proprio quando Mariotto si era trovato costretto ad allontanarsi

da Siena e dirigersi ad Alessandria d‟Egitto a causa della morte di un uomo durante una

rissa, da lui stesso provocata. La storia termina con la morte prima di Mariotto, che per

il mancato recapito di una missiva non viene informato dei piani della sposa e tornato a

Siena viene riconosciuto e decapitato. Poi, infine, la novella termina con la morte di

Giannozza, che si ritira in monastero e morirà di consunzione.

Proprio come nella tragedia shakespeariana vediamo l‟amore di due giovani contrastato

dagli eventi, l‟intervento di un frate - sia per il matrimonio, sia per aiutare la giovine a

sfuggire ad un matrimonio combinato - , il tema del viaggio – Mariotto che da Siena

fugge fino ad Alessandria d‟Egitto, per scampare alla condanna - , il mancato recapito

della missiva che avrebbe dovuto spiegare a Mariotto gli eventi come realmente stavano

e, infine, la morte dei due amanti – che muoiono in modo diverso da Romeo e Giulietta.

Per quanto riguarda il secondo autore preso in esame, Luigi Da Porto, sappiamo

che egli dopo essersi ritirato a vita privata, si dedicò alla scrittura e che una delle

novelle più note che la tradizione ci consegna prende il nome di: "Historia

novellatamente ritrovata di due nobili amanti con la loro pietosa morte intervenuta già

al tempo di Bartolomeo della Scala", data alla stampa postuma nel 1531, ma

probabilmente scritta già nel 152422

. La novella, che Da Porto ci dice essergli stata

riferita da un certo Pellegrino da Verona, presenta moltissimi caratteri vicini alla

22

come testimonia una lettera ricevuta dal cardinale Pietro Bembo, datata al 9 giugno di quell‟anno, in

risposta alla redazione manoscritta che in precedenza il Da Porto gli avrebbe inviato.

36

vicenda che successivamente verrà narrata da Shakespeare, discosta solo la morte della

protagonista che pone fine alla sua esistenza trattenendo il respiro e non pugnalandosi.

Da questo momento la vicenda continuò ad essere oggetto di rielaborazioni e, in

particolar modo, due autori ne utilizzarono l‟intreccio rinnovandone la forma.

In primo luogo, Matteo Bandello (1485-1561) riprese la novella del Da Porto e fece

risalire la sua prima narrazione orale del dramma al 1532, quando si trovava al servizio

di Cesare Fregoso. L‟autore si stabilì a Verona proprio nell‟anno della morte del Da

Porto e già nel 1536-1537 aveva abbozzato il racconto servendosi della novella

precedentemente citata, ma solo nel 1554 si avrà un‟edizione definitiva del testo, il

quale troverà posto nei suoi Quattro libri delle Novelle editi a Lucca da Vincenzo

Bustrago.

Un‟ulteriore versione delle vicende dei due amanti si avrà in un poemetto

anonimo, attribuito a Gherardo Boldieri (1497-1571) dal titolo L‟infelice amore de i due

fedelissimi amanti Giulia e Romeo scritto in ottava rima da Clizia nobile veronese ad

Ardeo suo, edito a Venezia da Gabriele Giolito de‟ Ferrari nel 1553 e dedicato a Vittoria

Farnese della Rovere duchessa di Urbino. L‟episodio di Romeo e Giulia risulta

marginale in quanto viene inserito nella vicenda principale, ovvero, la storia dell‟amore

contrastato fra Clizia e Ardeo, dove la giovane, dopo quattordici anni di impedimenti

medita il suicidio e proprio in quel momento narra la storia di Romeo e Giulia come

fatto esemplare.

Ma non bisogna scordarsi dell‟influsso dei grandi classici, infatti, anche nel

mondo latino esiste un precedente che adotta nella propria narrazione l‟elemento

dell‟amore ostacolato e della morte apparente, si tratta del Piramo e Tisbe contenuto

nelle Metamorfosi di Ovidio, opera in esametri del III secolo d.C.. Proprio come nella

storia di Romeo e Giulietta i due giovani si innamorano ma vengono ostacolati dalle

famiglia, riescono a parlarsi solo tramite una fessura in un muro – elemento associabile

al balcone – cercano di incontrarsi in segreto ma, a causa di un malinteso Piramo si

suicida credendo morta Tisbe – tema della morte apparente - che alla vista dell‟amato

riverso a terra ai piedi di un gelso decide di uccidersi a sua volta.

Fuori dal contesto italiano, vediamo che ebbe molta fortuna la novella di

Bandello, che venne tradotta in francese da Pierre Boisteau nel 1559 ed è contenuta in

Histoires tragiques extraites de Oeuvres de Bandel.

Nella sua traduzione Boisteau altera alcuni elementi: Romeo ha un dialogo con la donna

da lui amata prima di conoscere Giulietta; Giulietta accetta di sposare il conte di

37

Lodrone; apparizione del fantasma di Tebaldo nella cripta; Giulietta muore pugnalata e

non per aver trattenuto il respiro; processo finale alla nutrice, a Pietro il servo di Romeo,

a Frate Lorenzo e allo speziale.

Nel 1562, anche Arthur Brooke tradusse la novella prendendo il via dalla versione già

tradotta da Boisteau e intitolandola The tragicall historye of Romeus and Juliette.

Brooke nella sua trasposizione ampliò la figura della nutrice, aggiungendo più scene

comico-volgari e infine, Marcuccio cambia nome e diventa Mercuzio.

A seguito del suo lavoro, William Painter nel 1567 in Palace of Pleasure e lo spagnolo

Felix Lope de Vega nel 1590 in Los Castelvinos y Monteses – con una sorpredente

variante nel lieto fine - si dedicheranno alla trattazione dell‟argomento.

Successivamente, sembra che fra gli anni 1594-1595 Shakespeare, il

drammaturgo inglese, avesse composto la versione più nota ai nostri giorni del Romeo e

Giulietta, messa in scena per la prima volta alla presenza della regina Elisabetta

nell‟inverno dell‟anno 1595-1596 e pubblicata poi nel 1597.

Nel 1599 egli dette alle stampe una seconda edizione emendata e corretta, pubblicata

con il titolo: "La eccellentissima e lamentevole tragedia di Romeo e Giulietta

nuovamente corretta accresciuta ed emendata, come è stata spesse volte recitata in

pubblico dai servi dell'onorevolissimo lord Ciambellano", da questa fu successivamente

tratta la versione definitiva del 1623. (Villari, 2011, p. 8).

Pare che egli avesse attinto a sua volta dalla versione di Brooke, viste le grandi

somiglianze con la narrazione di quest‟ultimo. Infatti, Shakespeare non visitò mai di

persona l‟Italia – nonostante vi siano tesi discordanti 23

- e la derivazione da Brooke pare

provata da elementi quali la descrizione di alcuni personaggi come la nutrice, il frate

Lorenzo e Mercuzio che nella versione del Da Porto, invece, sono solo accennati. Ma

non sarebbe tutto, vi sono elementi che parrebbero esser stati tratti dall‟Adriana di Luigi

Groto (1541-1585) del 1578, ove sarebbe presente il particolare dell‟usignolo che

annuncia agli amanti il sorgere del nuovo giorno (Pesci, 1999, pp. 9-13).

Le fonti relative alla storia dei due infelici amanti ha dunque segnato gran parte

della letteratura a partire dal Cinquecento in poi, trovando un precursore nel mondo

latino. Il fatto che il tema abbia avuto così tanto successo nel corso dei secoli fa

comprendere quanto sia stata rilevante l‟identificazione dei luoghi della tragedia

notoriamente shakespeariana. Il fatto di poter collocare nello spazio un tema che è

sopravvissuto nel tempo, suscitando numerose rielaborazioni letterarie e l‟ammirazione

23

Vedi ad esempio: M. Iuvara, Shakespeare era italiano, Ispica, 2002

38

dei lettori, porta a superare la barriera di ideale e reale, concretizzando nel contingente

ciò che per secoli è stato visto come un mito sempreverde che afferma nella propria

essenza i caratteri dell‟amor vincit omnia e della grandezza dell‟età Scaligera in Italia.

II, 3: Letteratura, onomastica e storia: la terzina di Dante

Una fonte che per molto tempo destò l‟interesse della critica è data da una terzina

dantesca contenuta nella Divina Commedia, Purgatorio, canto VI, 106, la quale recita:

“Vieni a veder Montecchi e Cappelletti/Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura: color

già tristi, e questi con sospetti!”.

A partire da quest‟ultima fonte24

gli studiosi si interrogarono riguardo la fondatezza del

dramma e dell‟esistenza vera e propria delle due famiglie rivali nell‟opera di

Shakespeare25

.

Infatti, Monaldi e Filippeschi erano state due famiglie realmente esistenti e

avverse nella città di Orvieto e ciò porterebbe a pensare ad un‟analogia per quanto

concerne le famiglie dei Montecchi e Cappelletti in Verona.

Lo storico Girolamo Dalla Corte nella sua opera dell‟Istoria di Verona, scritta

intorno al 1550 e pubblicata nel 1592, narrò il susseguirsi degli avvenimenti basandosi

sul presupposto della effettiva esistenza delle due famiglie e tutto ciò alimentò le

successive disanime ottocentesche relative alla fondatezza del dramma narrato da più

autori.

In realtà nella Verona del Duecento non sono attestati i cognomi

Capuleti/Cappelletti, però, ciononostante la critica si è soffermata sul fatto che, proprio

nella residenza attualmente nota come “casa di Giulietta”, abitasse sin dal XIII secolo la

famiglia Dal Cappello, cognome che in sé contiene una forte assonanza con i

precedenti. Questi ultimi giunsero a Verona dal bergamasco, o forse da Venezia dove la

famiglia possedeva il grande palazzo, ancora esistente, rappresentato in un celebre

dipinto di Gentile Bellini, il Miracolo della croce al ponte di San Lorenzo, attualmente

conservato alle Gallerie dell‟Accademia (Zumiani, 1996, p.7).

25

Le pubblicazioni di G. Brognoligo, C. Chiarini e altri studiosi negavano fermamente la verità storica di

Giulietta. (Betteloni, 1934, p.3)

39

Gentile Bellini, Miracolo della croce al ponte di San Lorenzo

In più, la famiglia Dal Cappello era legata alla fazione dei Conti di Sambonifacio,

realmente avversi alla famiglia dei Monticoli, altro nome che rievoca fortemente il

cognome di Romeo Montecchi. Come sottolinea poi Varanini nel testo Torri e Casetorri

nella Verona di età comunale: assetto urbano e classe dirigente, la famiglia Monticoli

pare essere documentata già dal XII secolo ed aver avuto un ruolo molto importante

nella lotta contro i Sambonifacio. (Varanini, 1988, pp. 200-246)

Tale famiglia aveva origini mercantili e si era posta a capo di un partito già sul finire

del XII secolo e dal principio del Duecento aveva legato con la famiglia capitaneale (di

alta feudalità) dei Turrisendi, notoriamente avversi alla fazione dei Sambonifacio, ai

quali davano manforte i marchesi d‟Este.

In questo periodo, il panorama urbanistico appare ricco di torri in quanto esse,

insieme alle strutture fortificate, erano molto utilizzate a scopo di controllo, difesa e per

testimoniare il prestigio delle famiglie. A prova di ciò, è testimoniato che Ezzelino da

Romano, al principio della propria tirannia, fece distruggere numerose torri dei suoi

avversari. Tali edifici, in particolar modo, quelli posti nella zona orientale e di proprietà

dei seguaci dei Conti di Sambonifacio, famiglia che dominava a Verona e avversa

all‟imperatore (Zumiani, 1996, pp. 6-7).

Fra il 1207 e il 1213, la famiglia dei Monticoli/Montecchi venne esiliata da

Verona, in quanto i Sambonifacio, in una prima fase avevano avuto la meglio su di loro.

Ma, con l‟arrivo di Ezzelino III da Romano – tiranno posto da Dante nell‟Inferno fra i

violenti immersi nel sangue bollente di Flegetonte -, presente a Verona già dal 1220, le

contese si riaccesero in quanto egli richiamò dall‟esilio la famiglia dei Montecchi,

40

assegnando loro un ruolo nei suoi organi governativi. Da qui vennero a loro volta

espulsi i Sambonifacio che mantennero comunque aperte le ostilità con i Montecchi per

tutto il Duecento e, grazie alla coalizione con i marchesi d‟Este e il papato, furono in

grado di cacciare da Padova Ezzelino intorno al 1256 e lo sconfissero definitivamente

nel 1259. Rientrarono per un breve periodo in città, ma già nel 1269 ne furono espulsi

definitivamente.

È questo l‟arco cronologico in cui sarebbe plausibile collocare la vicenda di

Romeo e Giulietta, in quanto gli scontri tra famiglie appaiono più accesi nella prima

parte del Duecento. Tuttavia nei testi che narrano l‟idillio dei due amanti si ritrova una

figura che richiamerebbe Bartolomeo I della Scala (1301-1304), personaggio successivo

alla fase più aspra delle contese fra famiglie, grande riconciliatore delle parti.

L‟onomastica e le contese fra famiglie contribuiscono a rendere la vicenda

verosimile ma non del tutto verificabile in quanto le attestazioni non consentono

un‟unica versione dei fatti. (Pesci, 1999, pp. 6-7)

II, 4: Relazione sulla storia di Giulietta e Romeo di Gianfranco Betteloni

Il testo si apre con un‟avvertenza, scritta da Gianfranco Betteloni, nella quale vengono

esplicitati i motivi per cui si intende riportare una ristampa delle prose e della novella

poetica dialettale di Vittorio Betteloni sulla leggenda di Giulietta e Romeo.

In primo luogo, ciò che ha fatto sì che l‟autore riportasse tali testi - uno tratto dal

volumetto Zulieta e Romeo di Druker del 1906, un altro dal giornale “Arena” del 20

maggio 1906 e, infine, una novella scritta da Vittorio Betteloni stesso e rimaneggiata dal

figlio – fu la proposta di creare un museo shakespeariano a Verona.

L‟autore, inoltre, con tali brani vuole commemorare l‟operato del padre, Vittorio

Betteloni, che ricorda un poemetto popolare in ottave dialettali “della gentile istoria di

Giulietta se ne innamorò e scrisse pagine di prosa appassionata celebrandone la

bellezza”. Tali pagine sono molto utili in quanto consentono di conoscere gli

antecedenti che fecero sii che nei primi del „900 il Comune acquistasse la casa di

Giulietta.

In secondo luogo, il volumetto preso in esame, venne motivato anche

dall‟indagine che l‟autore condusse a livello popolare cercando di comprendere quanto

la tragedia nelle sue forme primigenie fosse nota e si rese conto di come, “da quando

non si recita più Shakespeare, la leggenda si allontana nelle nebulose dell‟ignoranza

41

perché il Da Porto, il Bandello e Shakespeare non li leggono che i letterati”. Infatti,

l‟unico libro ad esser letto a livello popolare è il “goffo romanzo di Regnault de Warin,

il cosiddetto „Libro di Giulietta‟, che si trova in vendita sui carrettini”. (Betteloni, 1934,

p.7)

Nella prima parte si svolge un excursus sui precedenti letterari della tragedia

sottolineando l‟importanza degli studi di Gioacchino Brognoligo intorno alla genesi

della pietosa storia.

Al secondo paragrafo di questa prima parte viene preso in esame un testo di Vincenzo

Morello, L‟energia letteraria, donde si conduce un lungo studio sulla Francesca da

Rimini di Gabriele D‟Annunzio, che viene vista come sintesi figurativa dei caratteri

propri del popolo italiano, visto come popolo amatore per eccellenza.26

Nelle parole di

Betteloni emerge con forza la grandezza della figura di Giulietta contrapposta a quella

di Francesca da Rimini, che per quanto sia storicamente accertabile, non trasmette lo

stesso pathos della triste vicenda di Giulietta, che appare come una sorta di eroina, una

grande donna che ha sfidato tutti, da sola in nome dell‟amore, diversamente da

Francesca che viene vista semplicemente come un normale fatto di cronaca.

Nel terzo paragrafo si evince che la leggenda di Giulietta e Romeo supera di gran lunga

quella di Francesca, in quanto ivi “tutto è bello in essa, puro, gentile, appassionato ed

eroico”. Inoltre, tale leggenda suscita grande interesse sia a livello popolare sia a livello

extra regionale. Infatti, quando nel 1905 il giornale l‟Arena pubblicò la notizia della

vendita della fantomatica casa di Giulietta, lo scandalo provocò polemiche addirittura

oltre confine, il giornale Figaro di Parigi pubblicò una caricatura di Giulietta e un gran

giornale di Roma stampò la notizia che, nel caso in cui il Municipio di Verona non

avesse comprato lo stallo, sarebbe stata la regina Margherita stessa ad acquistarlo.

Il paragrafo termina mettendo in evidenza quanto l‟erudizione ostentata dal professor

Brognoligo – per il quale non aveva veramente valore spender denaro per l‟acquisto

della casa di una giovinetta mai esistita - sia lontana dal concetto di “culto delle patrie

memorie fatto di solo sentimento”27

.

26

“Ogni popolo ha la leggenda che merita; cioè, che meglio corrisponde al suo temperamento, al suo

carattere, al suo sentimento. Tutti gli elementi poetici e letterari della razza sono condensati nel tipo

della leggenda, che diviene così sintesi figurativa perfetta della razza medesima. Il popolo italiano, il

popolo amatore per eccellenza, ebbe nella violenta storia d‟amore e di vendetta di Francesca, di Paolo e

di Cianciotto, la sintesi figurativa perfetta de‟ suoi sentimenti più caratteristici, delle sue passioni più

profonde” (Betteloni, 1934, p. 11) 27

“L‟erudizione è fatta di studi, di ricerche, di ragionamento; culto delle patrie memorie fatto di solo

sentimento. L‟una abita la regione dell‟intelletto, l‟altro quella del cuore; l‟una ci sta nel capo, l‟altro

nel seno…” (Betteloni, 1934, pp.22-23)

42

L‟alone creato dalla leggenda dei due amanti, per quanto fittizio, porta il popolo

veronese a un sentimento di forte affezione verso ciò che riesce, con più o meno

fantasia, a legare al mito stesso.

Viene in più dedicata una sezione ad uno scritto di Betteloni padre, datato al

giorno 20 maggio 1906, in cui si tratta intorno all‟oggetto “casa di Giulietta”, che

proprio in quegli anni era stato deciso di restaurare.

Per sottolineare quanto la tragedia fosse motivo di grande affezione e interesse

prolungato fino ai suoi stessi anni, l‟autore parla di due testi: il primo è “Giulietta e

Romeo, storia d‟amore” di Regnault di Warin edito da Salani di Firenze; il secondo è un

testo in cui vengono raccolte due novelle, la prima di Luigi Da Porto e la seconda di

Matteo Bandello, in più, vi è contenuta anche una versione della trageda di Shakespeare,

nuovamente tradotta da Cino Chiarini, il tutto edito da Sansoni, editore sempre di

Firenze. Sulla versione del tema fatta dal Chiarini, Betteloni si sofferma lungamente,

ponendo molta attenzione alla sua prefazione che aveva destato in lui un certo interesse.

Betteloni prosegue rivelando ai lettori il fatto che, l‟egregio conservatore degli

antichi archivi veronesi, in base ai suoi studi, poteva affermare in tutta certezza, che lo

stabile conosciuto come “casa di Giulietta” fosse in realtà appartenuto ad uno speziale

che si chiamava Dal Cappello e non Capuleti.

In base al fatto che la casa non doveva essere di proprietà dei Capuleti, Betteloni

conclude il suo articolo sostenendo la necessità di modificare l‟epigrafe posta sul

portone della casa, in quanto dichiarante il falso.

L‟epigrafe in questione recitava:

Queste furono le case dei Capuleti/donde uscì la Giulietta/per cui/tanto piansero i cuori

gentili/e i poeti cantarono.

Betteloni propone invece di porre un‟iscrizione che reciti:

In questa casa/ narra la tradizione popolare/che abitasse Giulietta/le cui amorose e

dolorose avventure/suggerendo/al più grande tragico moderno/un dramma

immortale/mossero a pietà/l‟intero mondo civile.

Modificando l‟epigrafe in tale modo non si distrugge la leggenda e si salva il vero per

quanto concerne la casa.

Nella parte finale del volumetto viene riportato il racconto del cantastorie

veronese in ottave dialettali dove viene ripresa la tragedia con qualche piccola variante.

Il testo di Betteloni è un testo notevole, in quanto affronta il tema della tragedia

sotto un profilo del tutto nuovo, teso a dimostrare quanto il confine fra vero e ideale sia

43

presente nelle narrazioni popolari e quanto il sentimento, che può legare un pubblico di

lettori ad un racconto, li porti molto spesso ad ignorare il vero e a dare la precedenza al

sentimento forte che viene trasmesso dal mito stesso.

I dati riportati da Betteloni sono un‟ottima sintesi a livello letterario. Essi consentono ai

lettori di cogliere il background letterario che ha consentito la fortuna del tema.

La parte finale contenente il racconto in ottave dialettali è interessante in quanto

consegna un esempio letterario tramandatosi nel tempo fino ai primi del Novecento in

un dialetto veneto molto vicino a quello delle origini. È una grande testimonianza a

livello letterario di quanto la leggenda si sia radicata nel tessuto popolare attraverso i

secoli.

Cap. III: MUSEI E NUOVE TECNOLOGIE PER LA COMUNICAZIONE

III, 1: Ruolo delle istituzioni culturali nella società: obbiettivi e dinamiche

Nel corso del tempo le istituzioni culturali, in primis il contesto museale, hanno svolto

diversi compiti nell‟ambito della fruizione del patrimonio culturale da essi custodito.

Ogni istituzione culturale e museale deve cercare di porre l‟accento sullo studio,

l‟esposizione e la conservazione delle proprie collezioni (Antinucci 2009, p.V) e non solo,

è basilare il tema dell‟apprendimento, che - vista la molteplicità di ambiti atti trasmettere i

propri contenuti- è stato definito apprendimento culturale.

A questo proposito, per tali ambienti risulta essenziale comprendere come rendere gli

oggetti parlanti e comunicanti all‟interno di una struttura, che fondamentalmente crea una

sorta di distanza dal contesto a cui questi apparterrebbero in origine.

Infatti, non tutti gli oggetti custoditi all‟interno dei musei sono stati creati per finire in tale

ambito e si trovano per l‟appunto decontestualizzati dal proprio ambiente d‟origine.

Pertanto, è necessario eliminare quella “sottrazione di fatticità” e ordinare la mente del

pubblico, rendendo chiara la conoscenza dei codici presenti e armonica la sintesi fra

passato e presente, la quale si esprime nella scelta di estraniare un oggetto dal suo contesto

originario per renderlo visibile in un contesto attuale che può essere un museo o, come nel

nostro caso, un edificio storico, che è di per sé un contenitore in cui sono presenti

rifacimenti e modifiche che segnano le sue fasi di crescita ed evoluzione nel tempo

(Benjamin 1996).

44

Come sottolinea Greenblatt28

, ogni oggetto possiede una sorta di aura, una risonanza che fa

si che l‟oggetto possa trasmettere un messaggio al fruitore e allo stesso tempo suscitarne la

meraviglia29

, in quanto: “Il più grande valore che il museo può avere...indipendentemente

dal suo contenuto, è quello di stimolare e, ciò che più conta, affascinare l‟immaginazione;

risvegliare la curiosità in modo tale da spinger(e) a penetrare sempre più a fondo il senso

degli oggetti esposti; fornire l‟occasione di ammirare, ciascuno secondo i suoi tempi e

ritmi, cose che vanno oltre la loro portata; e, soprattutto, comunicare un senso di

venerazione per le meraviglie del mondo. Perché in un mondo che non fosse pieno di

meraviglia, non varrebbe la pena di crescere e abitare”. (Bettelheim 1990, p. 169). Come

sottolinea anche Pinna in un suo saggio: “Il valore delle collezioni deriverebbe dal fatto

che esse rappresentano mondi inesistenti nel momento e nel luogo in cui esse sono

ammirate e hanno la capacità di mettere in comunicazione il mondo reale, che ha un suo

spazio e un suo tempo, con il mondo da cui provengono o che rappresentano, che ha uno

spazio e un tempo diverso ed è perciò invisibile nel mondo reale”. (Lugli, Pinna,

Vercelloni, 2004, p. 162)

Resta inoltre importante ricordarsi che il fruitore museale ha un suo sistema di

codici, conoscenze e interessi che influisce molto nel processo comunicativo e discernitivo

messo in atto durante le visite, questo rende il compito dell‟istituzione molto delicato e

mirato a suscitare, oltre alla meraviglia, anche la curiositas. (Jalla 2006, pp. 9-18 e p. 23)

Come sostiene J.Bruner, “Fin quando sarà possibile fare affidamento su questa importante

motivazione umana, che si presenta come la più efficace e più sicura di tutte, sembra ovvio

che la nostra istruzione artificiale possa essere resa meno artificiale, dal punto di vista

delle motivazioni, impostandola in un primo tempo su forme più superficiali della curiosità

e dell‟attenzione e, successivamente, portando la curiosità a una espressione più sottile e

più attiva”. (Bruner 1967, p. 182)

È di vitale importanza cercare di stimolare il cosiddetto dubbio metodico, ovvero, quel

desiderio di sapere e di fare domande in modo intelligente, il voler sapere di più, il

28

Peter Greenblatt in un suo noto saggio intitolato Risonanza e meraviglia (Greenblatt 1995, p. 24)

individua quelli che definisce “due distinti modelli per l‟esposizione di opere d‟arte” che chiama

risonanza e meraviglia, intendendo per risonanza “il potere di cui è dotato l‟oggetto esposto di varcare i

propri limiti formali per assumere una dimensione più ampia, evocando in chi lo guardi le forze culturali

complesse e dinamiche da cui è emerso e di cui l‟osservatore può considerarlo un campione

rappresentativo” e considerando la meraviglia “il potere che ha l‟oggetto esposto di arrestare

l‟osservatore sui propri passi, comunicandogli un senso di unicità che lo afferra suscitando in lui

un‟attenzione intensa”.

45

cercare di avere più risposte su un argomento che, a seconda di come viene esposto, può

incuriosire e suscitare interesse.30

Fare l’esperienza di contesti culturali formali ed informali -in particolar modo di

musei-, consente di mettere in atto il processo di apprendimento, il quale dovrebbe

portare al desiderio di conoscere sempre di più. Ciò è in linea con la formulazione

data dall’inglese Campaign for Learning, dove, infatti, si evince che

“L’apprendimento è un processo di confronto attivo con l’esperienza È ciò che le

persone fanno quando vogliono trovare un senso al mondo in cui vivono. Questo

processo può comportare un miglioramento delle abilità, della conoscenza, della

comprensione, un approfondimento dei valori o della capacità di riflettere. Un

apprendimento efficace condurrà a un cambiamento, a uno sviluppo, e al desiderio di

apprendere sempre di più”.31

Come ricorda anche Spallazzo in un suo saggio: “Proprio nella relazione tra

fruitore e bene è possibile individuare un tratto comune delle esperienze di

apprendimento culturale, che avvengono necessariamente attraverso il contatto diretto o

mediato con il bene stesso: il modello di apprendimento che si configura è quindi di tipo

esperienziale, genera cioè conoscenza a partire dall‟elaborazione dell‟esperienza”

(Spallazzo 2013, p. 175), tramite questo approccio alla realtà si possono decisamente

ampliare le proprie conoscenze ed è proprio questa la giusta sintesi fra le definizioni di

apprendimento museale enunciate da due studiosi del campo: Lord ed Hooper-

Greenhill. Secondo il primo, tale apprendimento è da vedersi come un’esperienza di

tipo trasformativo ed emozionale, acquisibile in ambiti informali fruiti

volontariamente, atti a sviluppare nuove capacità, nuovi valori, nuove attitudini ed

interessi (Lord 2007). Similmente Hooper-Greenhill definisce l‟apprendimento

museale come un‟attività che coinvolge attivamente il corpo e che viene influenzata

dalla natura, dal ritmo e dalla portata del movimento. Si tratta di un processo sempre

volontario, ma dagli esiti imprevedibili e potenzialmente soggetto a diversi risultati

(Hooper-Greenhill 2007, p. 6).

30

Infatti, più che raccogliere le domande, il contesto in sé e per sé deve saperle provocare, suscitare,

promuovere. Occorre tenere presente che la curiosità può essere, non solo recepita, ma anche suscitata. In

merito confronta: Petter 1971; cfr anche Hodkin 1978.

31 “Learning is a process of active engagement with experience. It is what people do when they want to

make sense of the world. It may involve an increase in skills, knowledge or understanding, a deepening of

values or the capacity to reflect. Effective learning will lead to change, developement and a desire to

learn more ”. Campaign for Learning, www.campaign-for-learning.org.uk.

46

È importante enunciare il fatto che è proprio nel contesto museale che si può usufruire

del contatto diretto con i reperti e –in particolar modo nel nostro caso- con edifici storici

adibiti a museo i quali nel loro complesso dimostrano di avere una loro storia a sé stante

e tutto ciò favorisce la partecipazione del visitatore, che viene coinvolto in una vera e

propria didattica attiva. (Corti 2004, pp. 535-546)

Poter stabilire un contatto visivo, come sostiene anche L. Malaguzzi32

(Malaguzzi 1987,

p. 13), con i reperti conservati in museo o con le parti di un edificio storico reso

contenitore culturale ed essere guidati sia da educatori museali sia da strumenti preposti

alla fruizione del contesto in analisi (pannelli museali, audioguide, PDA, applicazioni

per smartphone…), è una grande opportunità per i visitatori, che possono così

avvicinarsi al passato e apprezzare ciò che l‟antichità ha riconsegnato, abbattendo la

barriera del tempo e della formalità33

delle istituzioni scolastiche. (Frohberg, pp. 1-12)

Il vedere con i propri occhi è fondamentale nella memorizzazione, infatti, un oggetto

visto rimane sicuramente più impresso di una qualsiasi altra cosa che venga spiegata

senza supporto visivo. Appunto per questo motivo l‟avvicinarsi con metodo,

accostandosi al reperto durante la visita, fa si che i fruitori possano imprimere i concetti

legati a ciò che stanno osservando, innescando quei processi cognitivi che «convertono

le evanescenti tracce visive – o acustiche o tattili - in tracce che si “conservino” a

lungo nella memoria». (Bartoli 2003, pp. 38-39)

Per quanto concerne l‟obbiettivo dell‟educazione museale -come sostiene la dott.sa

Anna Casalino, riferendosi alla tesi del dott. Bollea (Bollea 1985, pp. 7-8) -

l‟educazione dei visitatori deve essere « in stretto riferimento alla sua radice latina:

educare nel senso complesso di allevare, alimentare, far crescere, curare, porre le basi

per “guidare senza soffocare”». Questo senso di “alimentare” e “far crescere” ben si

applica all‟intento della didattica e dell‟educazione museale, in quanto essa mira alla

trasmissione del sapere al fine di portare ad una crescita non solo delle conoscenze, ma

anche mentale, aprendo il campo cognitivo - percettivo a nuove esperienze.

(Casalino 2002, p. 16)

32

“l‟occhio (la mente, la pedagogia, l‟educazione del bambino) cominciasse a vedere, a ragionare e a

rinnovarsi, tanto più quanto quanto più gli riusciva di saltare il muro” (Malaguzzi 1987, p. 13)

33

Per distinzione fra ambiente formale ed informale vedere: Frohberg 2006, pp. 1-12.

47

Come si specificherà meglio nei paragrafi seguenti, l‟avvento delle nuove tecnologie

applicate ai beni culturali è stato molto utile per sviluppare un concetto molto caro alla

tradizione dell‟educazione museale, ovvero, l‟edutainment34

, restando al passo coi tempi.

La parola edutainment, nasce dall‟unione delle parole “educational” ed “entertainment” e

potrebbe quindi tradursi con “educare-divertendo”, ricordando quanto l‟intrattenimento

strutturato possa consentire ai concetti di radicarsi più facilmente e favorire la crescita

delle basi conoscitive.

Attualmente, il museo visto come “macchina complessa di comunicazione” (Pasinato

2002, p. 76), oltre alle tradizionali strategie di ludus strutturato consistenti in attività,

laboratori e percorsi con docenti museali, ha acconsentito l‟ingresso di tecnologie digitali

legate al concetto di realtà virtuale e supporti digitali atti a agevolare l‟apprendimento

senza appesantire il processo conoscitivo. (Levy, 1999, p.51)

Il mondo dell‟apprendimento, favorito da tali tecnologie, ha visto in contemporanea anche

lo sviluppo prima dell‟e-learning - dove è necessario servirsi di un PC per l‟apprendimento

a distanza (quindi on-line) - e successivamente del mobile learning (quindi on-site ma

anche on-line) (Kukulska-Hulme et alii 2009,pp. 13-35; O‟Malley et alii 2003), in cui ci si

deve servire di devices portatili (PDA, smartphone…) (Hawkey 2004; Hein 1998), i quali

favorirebbero l‟apprendimento di tipo situato, ovvero, quel tipo di apprendimento dove il

discente, coinvolto in un processo dinamico, ha un ruolo attivo nell‟interazione con gli altri

membri e con la situazione circostante (learning by doing).

Infatti, il visitatore non è un mero contenitore vuoto da riempire, ma un soggetto

interagente in grado di scegliere il proprio percorso e accrescere le proprie conoscenze

stabilendo come procedere durante la visita e suggerendo a sua volta con un determinato

feedback – desumibile grazie a diverse strategie di riprova dell‟efficacia del percorso o

lasciando spazio ai commenti e suggerimenti del visitatore stesso - come migliorare le

strategie di progettazione degli allestimenti e della programmazione degli strumenti adibiti

a supporto per la fruizione.

L‟uso di determinate tecnologie di ultima generazione35

fa si che la visita diventi

un‟occasione di svago strutturato in cui, tramite strumenti più o meno noti, si viene guidati

34

Edutainment, coniato da Bob Heyman. L'espressione è nata dalla fusione delle parole educational

(educativo) ed entertainment (divertimento). Si potrebbe tradurre divertimento educativo.

35

Fra i vari esempi citabili ricordiamo: il Brighton Fishing Musum che in collaborazione con

l‟Università di Brighton ha ideato un gioco interattivo, basato su sistemi touch screen, che prevede la

ricerca di informazioni nel museo stesso per avanzare nel gioco, tale esperienza si basa proprio sul

concetto di game-based learning; altro esempio interessante può essere il City Treasure progettato

dall‟Università della Svizzera Italiana che trascende l‟ambito museale e si allarga a livello urbano. Le

48

nella visita e si stimola un approccio alla cultura che incide sul tipo d‟apprendimento

senso-motorio (Antinucci 2009, p. 139 ss; Bertuglia, Magnaghi 1999, p. 161 ss. ) , mirando

a portare chi si accosta alla fruizione museale ad un lifelong learning.

È fondamentale cercare di incrementare le conoscenze di fondo dei visitatori rendendoli

protagonisti partecipi di una ricerca affascinante che, sfruttando la curiosità e , in questo

caso strumenti digitali interattivi, la trasformi in cauta e profonda indagine. In particolare

la metodologia dell‟intrattenimento applicata al patrimonio culturale permette un diverso

approccio al sapere trasformandolo in un momento di conquista, di divertimento, di

avventura (Corradini 2008, p. 142).

Oltre agli obbiettivi di comunicazione, studio, conservazione e trasmissione di

conoscenze che le istituzioni culturali si prefissano, scopi altrettanto importanti consistono

nella valorizzazione e tutela del patrimonio (Casalino 2002, p. 153) e dei Beni Culturali.

Per parlare di tutela e valorizzazione, è essenziale tener presente che nell‟osservare in un

contesto attuale il passato, che si trova alla base del nostro presente, si arriva a

comprendere la vera preziosità di ciò che il museo custodisce, ovvero, il legame con il

passato, ma anche il fatto che certi oggetti siano appartenuti a uomini come noi vissuti in

un tempo ormai lontano. Si viene decisamente sensibilizzati al patrimonio culturale,

cogliendo aspetti che vanno oltre un primo livello di lettura.

Per poter amare e rispettare questo patrimonio, infatti, bisogna conoscerlo e riconoscerlo:

imparando a “vedere” ciò che ci circonda e di cui si fa esperienza tutti i giorni in quanto

cittadini che vivono, lavorano, studiano in grandi città o paesi più piccoli (Cassanelli ,

1999, pp170-177).

Questo concetto ben si applica alla fruizione dell‟edificio noto come Casa di Giulietta, in

quanto è possibile far esperienza di tale elemento tutti i giorni aprendo la mente verso un

passato che appartiene a tutti noi.

“In generale, l‟educazione al patrimonio è basata su un approccio di tipo interdisciplinare

che utilizza un ampio spettro di modalità comunicative e d‟espressione; permette una

migliore conoscenza del patrimonio culturale e dei suoi aspetti multi e interdisciplinari e,

attraverso questo, favorisce una più ampia consapevolezza della necessità di tutelarlo”; di

qui emergono due dati importanti, che risultano ormai acquisiti nel nostro paese almeno a

scolaresche in gita, fornite di mappe e cellulare, tramite l‟uso di sms progrediscono nel gioco e acquistano

punti in base alle risposte dei partecipanti; ulteriore esempio è Frequency 15509 , un gioco di ruolo in

realtà aumentata sviluppato dalla Waag Society, indirizzato ai ragazzi in età scolare per ottimizzare la

conoscenza della storia medievale della città di Amsterdam. Gli studenti in veste di pellegrini si muovono

per la città attuale e risolvono piccoli enigmi rispondendo a domande sulla storia della città nel 1500, con

il fine di recuperare una reliquia preziosa. I giocatori vengono così coinvolti in un‟esperienza immersiva e

totalizzante.

49

livello istituzionale, ovvero che in primis, l‟educazione al patrimonio ha pari dignità

rispetto alla tutela e alla salvaguardia dello stesso. In secondo luogo poi, è necessario

superare la storica distinzione tra museo e territorio, essendo museo e territorio due istanze,

differenti momenti della stessa attività: il museo, sede dell‟apprendimento al patrimonio, il

territorio luogo della responsabilità civile e della sperimentazione didattica. (Casalino

2002, p. 154)

Nell‟avvicinarsi alle fonti non si colgono solo delle nozioni importanti dal punto di vista

didattico, ma si impara a conoscere realtà lontane secoli, a volte millenni e si elimina la

distanza che corre fra “noi” e “loro”, quella distanza che i libri di testo cercano di colmare

raccontando a parole i fatti e gli eventi notevoli.

III, 2: Beni Culturali e nuove tecnologie: comunicazione al passo con i tempi

Nel corso del tempo la comunicazione museale si è sempre più evoluta, cercando di

migliorare il più possibile le proprie capacità di trasmissione di informazioni e

sperimentando la miglior soluzione per lasciare che i visitatori possano scegliere il proprio

percorso e possano a loro volta diventare utenti attivi e non più meri contenitori vuoti da

riempire con gli argomenti ritenuti più importanti, ma non sempre i più interessanti per il

fruitore stesso.

A livello visivo l‟evoluzione ha portato i musei ad optare per diverse scelte, che negli

ultimi decenni vertono in particolar modo sulle realtà virtuali e tecnologie digitali in grado

di stupire sempre di più chi si accosta alle esposizioni presentate.

In principio però le tecniche maggiormente in voga per la fruizione on-site erano

costituite da cartellini posti ad altezza standard accanto alle opere (questi non dovevano

superare un determinato numero di caratteri e allo stesso tempo dovevano essere in grado

di fornire dati utili per una prima comprensione dell‟opera/manufatto/ecofatto esposto),

associati a pannelli esplicativi - i quali potevano contenere o una parte testuale che entrasse

ancor più nello specifico per fornire informazioni più dettagliate sull‟opera, oppure

potevano essere dotati oltre che di una parte testuale anche di una parte iconografica

(disegni o fotografie che ricollegassero l‟oggetto all‟ambiente a cui doveva appartenere in

origine, cercando così di compensare alla “sottrazione di fatticità” (Benjamin 1996) che il

contesto museale crea) - e dépliant cartacei consegnati all‟ingresso del museo prima del

tour. Tali sistemi erano atti a guidare in maniera immediata il fruitore imponendo alla

visita un determinato ordine (cronologico, alfabetico, monografico, narrativo, contestuale,

50

contrastivo ecc..). Con lo sviluppo delle tecnologie multimediali, in ausilio a tali elementi,

sono subentrati dispositivi televisivi (per la proiezione di VHS) e più recentemente si è

scelto di utilizzare anche i PDA (acronimo di Personal Digital Assistant) e le realtà

virtuali, le quali sono fruibili tramite supporti indossabili in grado di potenziare la visita

con una realtà aumentata (Wearable Museum).

A questo proposito vi sono numerosi esempi tratti dall‟esperienza italiana quali: “Nefertari:

luce d‟Egitto”. Antinucci, in Musei virtuali come non fare innovazione tecnologica

(Antinucci 2007, pp. 3-12) riporta come nel ‟94 tale visita virtuale, presso Palazzo Ruspoli

a Roma, sia stata molto utile per stimolare l‟apprendimento senso motorio dei visitatori.

Un‟esperienza totalizzante grazie alla quale gli utenti poterono visitare la tomba della

regina, muoversi liberamente e vedere come doveva essere tale luogo in origine, senza

rischiare di danneggiarne la struttura reale e questo avvenne indossando un paio di

“occhiali speciali”.

Fra gli esempi più recenti, vi sono numerose applicazioni di realtà aumentata

presentate alla mostra “Archeovirtual” allestita presso Museo Archeologico di Paestum in

occasione della XVII Borsa mediterranea del turismo archeologico36

, diretta da Ugo

Picarelli. Il contesto preso in esame è la Villa di Livia la quale viene esplorata con diversi

approcci: “Oculus Rift”, per esempio, è un casco che, associato ad un joypad, consente di

muoversi e soffermarsi sui dettagli musivi dei pavimenti e sulle decorazioni dei soffitti;

oppure, “Villa di Livia Reloaded”, un‟applicazione che permette di visitare la dimora

unendo realtà virtuale immersiva e cinema interattivo. È possibile muoversi, spostarsi

verso ogni direzione e infine ci si ritrova al cospetto della domina e di Augusto che

raccontano dettagli della vita quotidiana romana; con «Ar-tifact», invece, inquadrato un

piccolo frammento con il proprio tablet o il proprio smartphone l‟applicazione lo integra

delle parti mancanti e riporta tutta una serie di informazioni aggiuntive, quali modelli

tridimensionali, testi e commenti audio. Queste applicazioni e altri progetti sono stati resi

possibili grazie a V-Must, una rete d‟eccellenza a cui partecipano 13 paesi europei,

coordinata dal Cnr italiano attraverso l‟Itabc, Istituto per le tecnologie applicate ai beni

culturali.

Come ultimo esempio, molto interessante, vi è il progetto REGIUM@Lepidi-

Project2200 curato da Maurizio Forte, docente della Duke University. Tramite l‟uso di un

casco ad immersione totale di ultimissima generazione si può effettuare una navigazione

virtuale nella Reggio Emilia di 2000 anni fa. Inoltre, l‟utilizzo di un software Z-Space

36

Articolo di M. Assalto, La Stampa, 4/11/2014.

51

permette, grazie ad una bacchetta e ad occhiali 3D, di prendere virtualmente gli oggetti

catalogati e digitalizzati e visionarli minuziosamente, ruotandoli e avvicinandoli a seconda

delle esigenze dell‟utente.

Per quanto concerne invece la fruizione a livello uditivo, la storia fa risalire al 1952

la prima audioguida della storia, utilizzata allo Stedeljik Museum di Amsterdam: le tracce

audio erano in quattro lingue e i visitatori ne potevano usufruire tramite un sistema via

radio, il problema fondamentale però era dato dal fatto che, chi ascoltava l‟audioguida

doveva per forza muoversi in base alle indicazioni ricevute, limitando così la libertà di

scelta su come muoversi all‟interno dell‟exhibit e penalizzando il tempo di sosta davanti

all‟opera/oggetto in esposizione.

Successivamente l‟introduzione del Sony Walkman consentirà ai visitatori una gestione più

autonoma dei tempi di fruizione, benché essa sia risultata ancora vincolata ad un percorso

con fermate definite. Nel 1993 presso il Louvre, invece, verrà impiegato il primo

dispositivo digitale, che lascerà libertà ai visitatori di scegliere il percorso e il passo di

visita.

Dal 1995 in poi vennero studiate ed impiegate nuove soluzioni, le più note sono: podcast e

vodcast37

. Questi ultimi hanno portato un‟ulteriore innovazione nel settore lasciando ai

visitatori la possibilità di impiegare il proprio riproduttore musicale personale, sul quale

scaricare e ascoltare contributi audio e video.

In continuità con l‟evoluzione brevemente descritta, si pongono le nuove tecnologie

a “portata di mano”, ovvero i telefoni Smartphone e tablet, i quali aggiungono alle

precedenti soluzioni la possibilità di connettersi al Web tramite connessione wireless o 3G,

grazie alla quale è possibile scaricare contenuti ed App in tempo reale, creando un

connubio fra la fruizione On-Line e On-site.

Questi strumenti sintetizzano le funzioni visive e uditive in un unico supporto tecnologico

rendendo la fruizione – a seconda dell‟applicazione impiegata – sia a livello visivo

(immagini, video, testi in digitalizzati, ecc…) sia a livello uditivo (video con audio, testi

parlati, soundtrack a seconda dell‟ambiente in cui ci si trova ecc…) ottimale ed inoltre si

lascia ampio spazio di scelta e autonomia ai visitatori, che possono decidere quale percorso

scegliere, quanto tempo fruire di un‟opera e se effettuare ricerche (tramite l‟inserimento di

37

Podcast: unione di iPod e broadcasting e identifica contribuiti audio liberamente scaricabili dagli utenti

via web; Vodcast: sono la versione video dei podcast e il nome è dato dall‟unione fra video on demand e

broadcasting.

Mostra sull‟arte dell‟Ottocento al Museo Civico di Bassano del Grappa (VI),1

52

links e grazie alla costante connessione via web) per ampliare le proprie conoscenze

relativamente agli ambiti di interesse personale.

Infatti, come ci ricorda Antinucci queste sono: “Tecnologie che se opportunamente

guidate nella loro applicazione, offrono straordinarie possibilità di potenziamento dei

modi di svolgere tutti i compiti tradizionali dell‟istituzione museale, cioè: esibizione,

conservazione, studio…” (Antinucci 1997, p. 121)

III, 3: Tecnologie per mobile phone

L‟evoluzione tecnologica, specialmente negli ultimi decenni, ha segnato in maniera

decisiva il nostro quotidiano.

Uno degli strumenti che maggiormente utilizziamo durante la giornata è il cellulare, che

nei dispositivi di ultima generazione vede un prodotto dalle molteplici funzioni.

Questo oggetto così famigliare è in grado di diventare un grande alleato della cultura e

della divulgazione di informazioni in ambito artistico e museale.

Come ci dimostrano numerosi esempi questo piccolo oggetto così duttile e maneggevole

favorisce sia la visita in ambienti culturali sia l‟apprendimento in movimento (Kukulska-

Hume et alii 2009, pp. 6-9).

Fra i vari esempi citabili ricordiamo: il Brighton Fishing Musum che, in collaborazione con

l‟Università di Brighton, ha ideato un gioco interattivo, basato su sistemi touch screen.

Questo prevede la ricerca di informazioni nel museo stesso per avanzare nel gioco, tale

esperienza si fonda proprio sul concetto di game-based learning; altro esempio interessante

può essere il City Treasure progettato dall‟Università della Svizzera Italiana, che trascende

l‟ambito museale e si allarga a livello urbano. Le scolaresche in gita, fornite di mappe e

cellulare, tramite l‟uso di sms progrediscono nel gioco e acquistano punti in base alle

risposte dei partecipanti; ulteriore esempio è Frequency 15509 , un gioco di ruolo in realtà

aumentata sviluppato dalla Waag Society, indirizzato ai ragazzi in età scolare per

ottimizzare la conoscenza della storia medievale della città di Amsterdam. Gli studenti in

veste di pellegrini si muovono per la città attuale e risolvono piccoli enigmi rispondendo a

domande sulla storia della città nel 1500, con il fine di recuperare una reliquia preziosa. I

giocatori vengono così coinvolti in un‟esperienza immersiva e totalizzante.

Diversi studi hanno analizzato l‟impatto del cosiddetto mobile learning nel processo di

coming to know, che avviene in movimento anytime and anywhere, potenziando non solo

ciò che offre una giornata al museo nel reale, ma favorendo anche il processo conoscitivo

53

in più ambiti diversificati. Come ricorda Hawkey, infatti:“In the digital age, learning can

and must become a daylong and lifelong experience. National education initiatives should

aim to improve learning opportunities not only schools, but also in homes, community

centers, museums, and workplaces.” (Hawkey, 2004)

Entrando più nello specifico, come ben esplica Spallazzo: “Le applicazioni tecnologiche in

campo museale sono inoltre favorite dalla larga diffusione odierna delle tecnologie ICT –

Information & Communication Technology (Web, Multimedia, RFID, GPS, Bluetooth) -

che si muovono verso l‟integrazione nella UCT - Universal Convergence Technology - su

supporti portatili e molto diffusi come PDA e Smartphone…Le tecnologie che sono alla

base di queste applicazioni sono conosciute con il termine di sensing location, tecnologie

in grado di posizionare il visitatore all‟interno dell‟area espositiva, avvalendosi di supporti

di uso comune come PDA e Smartphone”(Spallazzo et alii 2013, p. 2).

Fra le soluzioni applicabili nel contesto museale è bene ricordare il sistema RFID (radio

frequency identification) (Solima 2008 pp. 1-4), il quale tramite l‟uso di “etichette

intelligenti” dette tag o trasponder fa sì che sul proprio smartphone possano convergere

informazioni grazie ad un sistema di dialogo fra il device (receiver o transceiver) e i tag

posti in punti precisi del percorso.

Durante l‟esposizione, la prossimità (proximity based interaction) dell‟utente in possesso

di palmare/smartphone ad un oggetto dotato di tag consentirà un dialogo fra il device e

l‟elemento a cui ci si trova vicini, il quale fornirà informazioni in modo del tutto

automatizzato, traendo i concetti già presenti nella memoria del dispositivo, oppure,

utilizzando la connessione wireless al server del museo, il quale veicolerà i contenuti

richiesti dal fruitore.

Solo per citare alcuni esempi la Soprintendenza per i beni archeologici di Ostia si è

servita del sistema RFID per sviluppare il progetto RILEVArcheo, una soluzione di

ricognizione inventariale che permette di conoscere l‟esatta consistenza ed ubicazione dei

reperti del patrimonio di un museo e/o deposito. Ogni “etichetta intelligente” contiene

numerose informazioni (numero di inventario, provenienza, ecc…) che possono essere

ottenute così con semplicità e ad un costo non elevato “il sistema software della soluzione

RILEVArcheo funziona mediante il riconoscimento di macro e microaree (sedi, depositi,

stanze, scaffali, ecc…), codificate da tag; la piattaforma, strutturata a più livelli, consente

la creazione di una “gerarchia ambientale”, che permette di identificare tutti gli oggetti in

base alla loro allocazione fisica e di monitorarne agevolmente tutte le movimentazioni nel

tempo all‟interno dell‟azienda/ente” (Benes, 2007, p. 302).

54

Un altro esempio molto interessante è “Il museo si racconta”, progetto nato in

collaborazione con quattro musei dell‟Università di Padova appartenenti all‟area scientifica

(museo di Mineralogia, quello di Geologia e Paleontologia, quello di Storia della Fisica e

l‟Ortobotanico), il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Universit{ di

Padova, CREI Ven s.c.a.r.l. e il Parco Scientifico e Tecnologico Galileo. Per realizzare la

loro idea è stato impiegato un sistema di dialogo con RFID per fornire guide

multimediali di ultima generazione, dotate di più contenuti (audio e video) che sono

raccolti in una memoria permanente (aggiornabile nel tempo) con i dati relativi agli

oggetti dotati di microchip (Fornasiero et alii 2008).

Evoluzione del sistema appena definito è l‟uso dei beacons (alla lettera “fari”) che

sono a tutti gli effetti dei “localizzatori” in grado di segnalare la propria presenza ad un

device (smartphone o tablet) che si trovi nelle sue vicinanze (da pochi centimetri fino ad

oltre 70 metri), utilizzando il protocollo BLE 4.0 (Bluetooth Low Energy), una tecnologia

che trasmette informazioni wireless con un consumo minimo. I beacons più noti sono

prodotti dalla Apple (infatti il nome vero e proprio è: “iBeacons”) e funzionano con il

sistema operativo Apple iOS, ma è anche possibile l‟uso di dispositivi Android.

Utilizzare questo tipo di applicazione per smartphone risulta molto utile al fine di

incrementare l‟apprendimento di tipo immersivo.

Per quanto riguarda il panorama italiano, uno dei primi musei38

ad aver impiegato

tale innovazione sono i Musei Civici di Palazzo Farnese a Piacenza (Foggetti 2014). La

tecnologia beacons realizzata da UltraViolet (start-up piacentina fondata da M. Boeri)

consente al visitatore del Museo di ricevere informazioni testuali, contenuti audio/video e

animazioni 3d semplicemente entrando nel raggio d'azione di un beacon, posizionato in

prossimità di uno dei vari punti d‟interesse del museo stesso. Il visitatore deve solo

installare l‟App “Musei di Palazzo Farnese” (che utilizza la piattaforma

tecnologica IMApp) scaricabile tramite ad un QR code posizionato all‟ingresso del museo,

azionare il Bluetooth, mettersi gli auricolari (forniti in caso di necessità dal museo) e

iniziare la visita.

Ulteriore step è l‟integrazione dei beacons con un social network, facebook, tramite

l‟invenzione dei cosiddetti place tips grazie ai quali la comunicazione avviene non più solo

fra museo e visitatore, ma fra museo e possibile visitatore che si trova nelle vicinanza. In

questo modo chi si trova nei paraggi del museo ed utilizza il servizio “Place Tips” riceverà

38

Prima di Piacenza anche il MUSE di Trento ha utilizzato una tecnologia Beacons.

55

una notifica sul proprio profilo Facebook, visualizzando le recensioni/suggerimenti degli

amici, le foto e i video inerenti al Museo ed altri contenuti geolocalizzati.

L‟uso di questi dispositivi oltre a permettere di assimilare molte nozioni consente

di poter analizzare le preferenze di fruizione degli utenti registrando il percorso seguito

dai fruitori, le preferenze di sosta e i contenuti più cliccati. Così facendo è possibile

ottenere un feedback grazie al quale poter fare statistiche relativamente agli interessi del

pubblico, studiare strategie nuove e nel caso migliorare gli allestimenti presenti.

L‟impiego di tali tecnologie così all‟avanguardia coadiuva inoltre uno degli aspetti

più delicati nella ricerca di una strutturazione degli ambienti museali in grado di rendere la

fruizione agevole per i visitatori diversamente abili.

Gli studi di Mcdermott e Varenne (Mcdermott, Varenne 1995, pp. 324-348) dimostrano

quanto la disabilità possa essere percepita come un problema nel momento in cui sia la

società a farla vivere come tale.

In altri termini, se la società, vista come contenitore di cultura e codici, fosse in grado di

eliminare il preconcetto di disabilità vista come mancanza, consentirebbe al vivere

quotidiano di declinarsi in modo naturale.

Qualora l‟ambiente sociale si adeguasse alle difficoltà di chi lo abita allora la disabilità

risulterebbe la normalità.

In questo è molto utile l‟utilizzo delle nuove tecnologie in quanto esse possono favorire

con immagini, realtà potenziate e scritte in sovrimpressione coloro i quali non possano

ascoltare le audioguide.

Realtà virtuali e schermi sui quali si possano effettuare degli ingrandimenti possono

facilitare la lettura di testi o la fruizione di immagini per utenti ipovedenti, che altrimenti

potrebbero avere difficoltà nel leggere i cartellini affiancati alle opere o notare dettagli

infinitesimali appartenenti agli elementi in esposizione.

L‟uso di PDA o smartphone possono favorire la lettura di pannelli posti ad altezza

standard per coloro che non possano deambulare senza ausilio di carrozzelle, avere a

portata di mano strumenti così maneggevoli e dall‟ottima definizione migliora la visita.

Ma allo stesso tempo, tutto ciò che è stato elencato potenzia l‟apprendimento di ogni

utente.

Lo studio di strumenti che semplificano la visita risulterebbe utile per tutti, senza

distinzione alcuna, il fine di valorizzare e trasmettere le conoscenze a coloro che vivono il

museo anche solo per un giorno verrebbe così rispettato e incrementato.

56

L‟utilizzo di queste strategie ribalta il modo di percepire il museo stesso che “…spesso

frequentato con atteggiamenti di fretta, sufficienza e insofferenza […]”(Trombini 2003, p.

9) dimostra che “La barriera psicologica principale […], è sicuramente costituita dalle

rappresentazioni mentali che riceviamo ed elaboriamo nel corso della vita sul concetto

stesso di Museo. Già di per sé la parola evoca qualcosa di vecchio, di passato e lontano.

Certamente rimanda anche a valori di rarità, preziosità e potere, ma per lo più ci conduce

ad una realtà che parla di morte, di vecchiaia e disintegrazione”.

Cap. IV: TRE IDEE DI PERCORSO: M-learning, un percorso a portata di device

IV, 1: Premessa ai tre percorsi

Come premessa ai tre percorsi qui proposti risulta d‟uopo riportare sistematicamente

quale sia il percorso normalmente proposto ai turisti in visita a Casa di Giulietta.

Si è proceduto segnalando come si sviluppa il percorso, dall‟ingresso sino all‟uscita,

ponendo molta attenzione alla suddivisione fra zona esterna, zona interna, piani

dell‟edificio e contenuto delle stanze attraversate.

Esterno:

Parte fruibile senza biglietto.

L‟ingresso, situato presso via Cappello 23, è dato dall‟alta casa torre la cui facciata

esterna possiede diverse caratteristiche.

- La facciata si presenta costruita in due tempi, la parte a nord pare essere la più

antica - parrebbe risalire al 1200 - e quella a sud la più recente. Ciò si può desumere

dalla tessitura muraria a fasce alternate di pietra calcarea e mattoni visibili nella zona

inferiore e per via di alcune finestre murate nella parte superiore. (Zumiani, 2003, pp.

204-205)

- Nella parte a sud del torrazzo si può facilmente identificare l‟inizio di un nuovo

edificio, il quale presumibilmente doveva estendersi fino all‟angolo formato

dall‟incrocio di via Cappello e via Stella

Per accedere al cortile di Casa di Giulietta è necessario attraversare un ampio vòlto.

Attraversato il vòlto è possibile notare in alto, in corrispondenza del concio lapideo

centrale dell‟arco di volta, lo stemma raffigurante il cappello.

57

La casa torre si sviluppa in altezza su quattro piani, sono evidenti i lavori di messa in

sicurezza e restauro anche di questa parte. Inoltre, nella parte che, secondo la pianta

dello stallo fatta da Ceroni nel 1780, doveva essere adibita a pistoria, ora è stato aperto

un negozio di souvenir, sopra il cui ingresso è possibile notare quella che – come

confermerebbe suddetta carta- doveva essere una finestra interna atta a portar luce al

panificio.

Il cortile è stato molto ridimensionato nel corso dei restauri del Novecento e, in

particolar modo, durante i lavori per la creazione del foyer del teatro Nuovo. Questo

fatto è chiaramente desumibile grazie ad un confronto fra le foto del 1930 antecedenti ai

lavori e la conformazione attuale. Il cortile a nord vede un grande rifacimento degli

edifici e anch‟esso è comprensibile grazie al confronto con le foto precedenti i lavori di

restauro del Novecento. L‟edificio addossato alla casa torre è stato alzato di due piani e

le tre aperture presenti alla base sono coerenti con quelle del 1930, benché la terza sia

stata leggermente estesa in altezza, passando dall‟essere una finestra a diventare un

terzo accesso. Il lato a nord del cortile continua con la creazione di quattro archi di

eguale dimensione oltre i quali sono stati inseriti altri negozi di souvenir.

Il lato posto ad est è stato grandemente modificato durante i lavori per la creazione

del foyer del teatro Nuovo. È presente un prospetto disegnato dall‟ingegner Guglielmo

Guglielmi il quale mostra come sarebbero stati svolti i lavori di rifacimento. Dal

confronto fra le foto del 1930 e la forma attuale è possibile capire quanto siano stati

incisivi i lavori. Sempre su questo lato è stata posta una statua in bronzo dorato di Nereo

Costantini del 1972 raffigurante l‟effige di Giulietta.

Il lato a sud del cortile, ovvero la facciata esterna della “vera e propria” Casa di

Giulietta, è stato oggetto di numerose modifiche. I lavori di restauro ad opera di

Antonio Avena sono stati considerevoli. Quello che attualmente vediamo è molto

diverso da ciò che si presentava agli occhi dei turisti dell‟Ottocento, dal confronto con

le foto d‟epoca è chiaramente distinguibile il cambiamento apportato.

L‟edificio che si trova sul lato a sud si sviluppa su tre piani:

Piano terra:

- È presente una finestra bifora, creata con elementi di spolio, in corrispondenza

della quale in precedenza vi era un‟unica finestra

58

- Al posto dell‟antico ingresso dotato di gradini è stato sostituito un portone

neogotico ad arco acuto e strombato

- La finestra seguente, procedendo in direzione ovest verso il vòlto, è coerente con

quella antica ed è stata anch‟essa creata con elementi di spolio

- L‟apertura che nella foto d‟epoca è successiva, è stata chiusa e al suo posto è

stato creato una sorta di rosone a destra del quale è stata posto un ingresso, dotato di

gradini, avente un‟apertura a lunetta in cima

- Proseguendo verso ovest vi sono due aperture poste l‟una sopra all‟altra con

funzione di finestre

Primo piano:

Eliminato il balcone che - come si può vedere nelle foto d‟epoca - correva lungo tutta la

lunghezza della facciata, venne posto il famigerato verone e, in più, vennero inserite

finestre trilobate tardo quattrocentesche, con la tipica cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna.

- finestra trilobata tardo quattrocentesca, con cornice a cordonatura, banda piatta e

modanatura normanna

- balcone, proveniente da Castelvecchio - prova ne è una foto che ritrae Vittorio

Emanuele III all‟inaugurazione del Museo di Castelvecchio nel 1926- inserito per

ricordare gli incontri fra Romeo e Giulietta

- due finestre trilobate tardo quattrocentesche, con cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna

- una finestra trilobata tardo quattrocentesca, con cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna

- una finestrella quadrangolare

- una finestrella quadrangolare

Secondo piano:

- due finestre vicine quadrangolari

- due finestre vicine quadrangolari

- un passaggio coperto ligneo (con due porte finestre)

59

Interno:

Piano terra:

- vi sono due affreschi: Madonna con il bambino in trono, risalente al XV39

e Il

volto Santo del XIV40

- soffitto a cassettoni con stelle

- pilastro centrale

Procedendo verso est ci si trovano davanti tre gradini, che portano verso le rampe

che conducono al primo piano. In questo settore è possibile vedere un busto raffigurante

l‟effige di Shakespeare e nell‟angolo a sinistra comincia a presentarsi un leggìo che

sostiene un supporto ligneo avente da un lato l‟inizio della tragedia shakespeariana e

dall‟altro l‟immagine del film “Romeo and Juliette” di George Cukor. A destra rispetto

al leggìo vi sono altre due rampe di scale che conducono al primo piano.

Primo piano:

Il primo piano presenta cinque aperture (compreso il balcone) sul lato a nord; il lato a

sud presenta una finestra; ad ovest sono presenti due rampe di scale, la prima viene

utilizzata per il percorso di visita e la seconda per tornare indietro una volta terminato il

percorso.

Questa sala ospita sia opere permanenti sia mostre temporanee41

.

La sala è suddivisibile in due parti: nel lato ad est è presente il famoso balcone e la

struttura architettonica ricorda molto il dipinto di Gaetano Chierici.

Secondo piano:

Servendosi della prima rampa si accede al secondo piano ove sono presenti due

affreschi importanti, attribuiti a Paolo Caliari: Donna al balcone e Ritratto di signora,

entrambi vennero staccati da palazzo Contarini-Borella nella contrada di San Marco nel

1876.

39 Inv. 294-1B0545 40 Inv. 545°. Affresco staccato nel 1875 dalla sede del palazzo del Tribunale, in piazza dei Signori, attribuito ad un pittore veronese della metà del XIV della cerchia di Altichiero da Zevio 41 Angelo Dall’Oca Bianca, il quale propone La morte di Giulietta e Romeo assieme a un Piazza Erbe. Altro dipinto presente è Giulietta e Romeo dell’emiliano Gaetano Chierici (1838-1904, circa)

60

Inoltre sulle pareti nord e sud vi sono quattro affreschi cinquecenteschi con Candelabre

di fiori e frutta di Bernardino India (1528-1590), staccati dalla facciata del Palazzo della

Seta presso Ponte Nuovo nel 1891 al momento della demolizione dell‟edificio stesso –

due per lato. Le finestre sono quattro per il lato nord e quattro per il lato sud.

Sul leggìo ora si può leggere Atto I, scena V di Romeo e Giulietta.

Casa torre, secondo piano:

Tramite una porta finestra si accede ad un passaggio coperto, che conduce sino alla

prima stanza della casa torre. Scendendo di due gradini si può osservare la stanza, che

contiene il letto e i vestiti di scena del film Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli. Nella

stanza vi è un leggìo ligneo sul quale è riportato l‟atto III scena II-V. Inoltre, sempre in

questa stanza è possibile vedere sulla parete verso nord un affresco rappresentante una

Madonna con Bambino di un pittore veronese della cerchia di Antonio Badile. Sulla

parete ovest sono presenti due finestre, sulla parete opposta vi è una sola finestra. Sul

lato sud vi è una sorta di mensola con un affresco rappresentante una Trinità e santi

poggiato su una mensola, sotto al quale si trovano due finestre.

Terzo piano:

Procedendo oltre l‟affresco con la Trinità e santi, si può salire una rampa di scale che

porta al terzo piano. Su questo sono presenti quattro sedie – due per il lato ovest e due

per il lato est - ad opera di Mario Ceroli, Sedia dell‟Opera Mobili nella Valle (1965).

Il lato nord presenta due accessi che conducono a due stanze diverse:

- la prima contiene al suo interno un caminetto e sulle pareti vi sono delle nicchie,

una delle quali ospita un‟anfora.

- La seconda contiene il cosiddetto scrittoio di Giulietta, ovvero una postazione

ideata da Pucci De Rossi grazie alla quale è possibile inviare messaggi e lettere a

Giulietta. In questa sala è presente un affresco attribuito a Maestro Cicogna, che

proviene dal Palazzo del Mercato Vecchio e staccato nel 1895. Verso la parete ovest vi

sono due finestre che danno direttamente su via Cappello e sulla parete posta verso sud

vi sono due nicchiette di cui una pentagonale e l‟altra mistilinea.

61

Quarto piano:

Salendo due rampe di scale si giunge al quarto piano, dove vi sono due sale contenenti

dieci formelle in terracotta e ceramiche di diversa forma e tipologia. Sul leggìo ligneo è

inoltre possibile leggere l‟Atto V, scena I.

Sala uno:

Nella prima sala sono presenti dieci formelle ceramiche appartenenti ad un gruppo di

quarantotto formelle della seconda metà del XV secolo e una vetrina suddivisa in tre

scaffali contenenti nel primo scaffale due bacini, nel secondo una coppa e tre scodelle -

terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di XV secolo - e nel terzo tre scodelle -

terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di metà XVI secolo.

Le pareti presentano tre nicchie di forma pentagonale ed una dalle linee miste.

Sala due:

Nell‟ultima sala, nella quale il leggìo ligneo riporta l‟atto V, scena III, sono allestite tre

vetrine contenenti ceramiche.

- La prima vetrina è a quattro scaffali nel primo dei quali vi sono tre boccali - in

terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di inizi XVII – nel secondo una scodella,

un vaso contenitore ed un boccale - in terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di

fine XVI – nel terzo un bacino e due scodelle - in terracotta ingobbiata graffita dipinta

invetriata di XVII – e nell‟ultimo un piatto - in terracotta ingobbiata dipinta monocroma

XVI-XVII

- La seconda vetrina è a tre scaffali, sul primo vi sono due scodelle ed un boccale

- in ceramica graffita del XV- , sul secondo due scodelle in ceramica graffita del XV e

sull‟ultimo due scodelle - in ceramica graffita del XV- e un versatoio - in ceramica

graffita con protome animale della prima metà del XVI.

- La terza vetrina è doppia a tre scaffali.

La vetrina a sinistra sul primo scaffale contiene un piatto – in maiolica berrettina di fine

XVI - e una scodellina in maiolica berrettina di metà XVII. Il secondo scaffale conseva

un piattello – in maiolica berrettina di fine XVI. Il terzo una scodella – in maiolica

62

prima metà XVII - una coppetta blansata – in maiolica di fine XVI- e una scodella – in

maiolica “alla turchesca della prima metà del XVII.

La vetrina a destra sul primo scaffale contiene un boccale – in maiolica di fine XVI- e

un piatto –in maiolica di fine XVI. Sul secondo vi sono tre boccali – in maiolica di fine

XVI. Sul terzo è conservato un piattello – in maiolica di fine XVI – un piattello – in

maiolica decorata in “stile compendiario” di metà XVI – ed una scodellina blansata – in

maiolica del XVI.

Sul lato ovest della sala vi è una finestra con vista su via Cappello, ad est vi sono due

finestre e a sud una finestra dalla quale si può vedere Verona dall‟alto, le mura della

cinta scaligera e Castel San Pietro. Il soffitto è stellato. Sui lati delle pareti vi sono

cinque nicchiette pentagonali ed una rettangolare.

Per tornare indietro sarà necessario scendere per la rampa che porta fino al passaggio

coperto e di lì accedere alla seconda rampa di scale porta più verso ovest rispetto alla

porta finestra usata per il tragitto iniziale. Si scende dunque per una scala a chiocciola

che riporta al primo piano e di lì si può ripercorrere il percorso fatto in partenza per poi

uscire e ritrovarsi nel cortile.

Il sito/applicazione è organizzato in modo tale da consentire la scelta del

percorso desiderato, selezionando inizialmente il target che ne vorrà usufruire.

Da qui si svilupperà il percorso suddiviso in più o meno punti - a seconda della

selezione iniziale - e contenente informazioni distribuite tramite un sistema di tag posti

in punti precisi della mappa di Casa di Giulietta, visualizzabile sul proprio dispositivo.

L‟applicazione funziona in modo semplice sia sul device sia sul proprio computer –

come similmente accade per applicazioni come Runtastic o Instagram, dove l‟utente

può scaricare l‟applicazione tramite lo store del proprio smartphone e, allo stesso

tempo, controllare i dati con il computer connettendosi al sito.

IV, 2: Verso la creazione del primo percorso didattico

Grazie alla ricerca effettuata nella prima parte dell‟elaborato di tesi è stato possibile

pensare di ideare un percorso didattico che associ ad una parte strettamente educativa una

più “ludica”, in grado di consentire l‟apprendimento utilizzando il momento del “gioco-

laboratorio” come strumento di formazione. Questo tipo di metodologia didattica prende

63

il nome di edutainment, 42

un termine che nasce dall‟unione delle parole “educational” ed

“entertainment” e che quindi potrebbe tradursi con “educare-divertendo”, ricordando

quanto il gioco strutturato possa consentire ai concetti di radicarsi più facilmente e possa

favorire la crescita delle basi conoscitive.

Servendosi sia dell‟edificio Casa di Giulietta sia dei reperti ed oggetti in esso

contenuti, durante le visite itineranti è possibile invitare al sapere gli studenti, offrendo un

contatto diretto con la storia. Effettivamente, l‟ostacolo rappresentato dal manuale di

storia può essere superato grazie alle visite e percorsi che vedono coinvolti l‟istituzione

scolastica e il museo, luogo privilegiato in cui svolgere le lezioni. Come sostiene il dott.

Mascherone, una volta creato un connubio fra il Museo e l‟istituzione scolastica, si deve

creare una sorta di “partenariato” dove scuola e museo mettano in comunione le proprie

conoscenze e competenze per portare i bambini ad un apprendimento totalizzante.

(Mascheroni, 2002, pp. 52-64) Il lavoro svolto in museo deve essere ripreso e

approfondito anche in un secondo momento, in modo tale da rendere complementari le

nozioni trasmesse in entrambi i contesti.

Questo tema, trattato nel primo percorso, si focalizzerà sulla creazione di un

ipotetico percorso interessante al fine di comprendere come avvenga il discernimento dei

bambini e come si possano inserire le teorie della percezione in quello che è il processo

cognitivo messo in atto a partire dalla visione diretta dei materiali.

Conoscere la storia abbinando ad una parte di spiegazione una più “ludica”,

consente ai bambini di imparare concetti basilari divertendosi e di accedere ad una

conoscenza più profonda e completa43

, sfruttando un‟opportunità, che unicamente si può

cogliere facendo lezione all‟interno di un Museo, ovvero, il poter vedere con i propri

occhi quegli oggetti appartenuti ed usati anticamente da uomini e donne nella loro

quotidianità.

Nel caso specifico, l‟edificio Casa di Giulietta offre ai suoi fruitori un contenitore

museale a sua volta molto eloquente, il quale da la possibilità a chi vi si reca in visita di

conoscere l‟evoluzione storica di una casa che nel corso dei secoli ha cambiato aspetto e

42 Il termine Edutainment, che nasce, infatti, dalla fusione delle parole educational (educativo) ed entertainment (divertimento), indica una forma di intrattenimento che ha il duplice scopo di educare e di divertire. Il copyright di questo termine è opera di due grandi personaggi del XX secolo: Marshal McLuhan, sociologo della comunicazione, e Bob Heyman, documentarista per la National Geographic Society. Entrambi, negli anni ’60, proposero l’edutainment come forma di comunicazione che utilizza il gioco con scopi didattici. In particolare, Marshal McLuhan affermò: “Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento e educazione forse non sanno che l'educazione deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo”. Cfr. sito http://www.kappaerre.org ; www.uniboconi.it;

64

funzionalità più volte. In più, l‟edificio al suo interno consta di diverse sale in cui sono

presenti opere pittoriche rilevanti, abiti e strumenti di scena utilizzati per la

cinematografia zeffirelliana e, infine, un‟ala dedicata alla raccolta ed esposizione di

ceramiche di pregio.

IV, 3: Vedere, ascoltare, imparare e apprezzare: didattica attraverso la fonte

archeologica44

“La didattica (dal greco

conoscenze. La didattica al contrario della divulgazione45

, non realizza un abbassamento

del livello conoscitivo d‟insieme. Essa è il livello primario della comunicazione

archeologica, ma senza “banalizzare”, mira a facilitare l‟apprendimento rivolgendosi

alla collettività e al pubblico”. (Vertecchi, 1997, p. V)

Per quanto concerne l‟ambito archeologico, il Museo – in questo caso la Casa

Musealizzata - rappresenta il luogo privilegiato in cui fare didattica. Infatti, è proprio nel

contesto museale che si può usufruire del contatto diretto con i reperti e favorire la

partecipazione del visitatore, che viene coinvolto in una vera e propria didattica attiva.

(Corti, 2004, pp. 535-546)

Poter stabilire un contatto visivo, come sostiene anche L. Malaguzzi, con i reperti

conservati in museo ed essere guidati passo passo dagli educatori, è una grande

opportunità per gli studenti, che possono così avvicinarsi al passato e apprezzare ciò che

l‟antichità ha riconsegnato, abbattendo la barriera del tempo e del “bianco e nero” dei

libri di testo. (Malaguzzi, 1987, p. 13) Il vedere con i propri occhi è fondamentale nella

memorizzazione, infatti, un oggetto visto rimane sicuramente più impresso di una

qualsiasi altra cosa che venga spiegata senza supporto visivo. Appunto per questo motivo

l‟avvicinarsi con metodo, accostandosi al reperto durante la spiegazione, fa si che gli

studenti possano imprimere i concetti legati a ciò che stanno osservando, innescando quei

44

Infatti, come sostiene la dott.sa Anna Trombini gli oggetti devono raccontarci qualcosa, parlare di se, e

per farlo hanno bisogno di essere veicolati da una spiegazione: “Uno dei compiti principali della didattica

museale è, quindi, quello di ristabilire il dialogo, la comunicazione fra questi oggetti (sicuramente non

nati per essere custoditi nei musei) e il pubblico che deve essere messo in condizione di ricostruire il

contesto originario di tali reperti. Solo così possiamo pensare di trasformare il loro silenzio,

l‟incompletezza e il mistero in curiosità, interpretazione e scoperta. Le strategie didattiche cercano di

colmare i vuoti e i silenzi, di offrire risposte a chi non sa darle”. (Trombini, 2003, p. 9). 45 Infatti, la percezione del museo è un viaggio individuale e la didattica se vuole distinguersi dalla divulgazione deve tener conto di tali differenze (Bartoli, 1997)

65

processi cognitivi che «convertono le evanescenti tracce visive – o acustiche o tattili - in

tracce che si “conservino” a lungo nella memoria». (Bartoli, 2003, pp. 38-39)46

La didattica effettuata presso i musei solitamente privilegia l‟utilizzo di immagini,

grafici e schemi semplici che siano in grado di fissarsi nella memoria, poiché l‟utilizzo di

frecce, colori forti e immagini di buon impatto grafico, consentono una più rapida e

semplice focalizzazione e conseguente memorizzazione dei concetti notevoli espressi47

.

Uno dei motivi che, su scala nazionale ed internazionale, spinge molte scuole a

creare un contatto con i musei e usufruire dei percorsi è proprio quello di rendere più

piacevole, “leggero” e originale l‟approccio alla materia storica che sui manuali, spesso,

rischia di apparire allo studente come un noioso e grigio insieme di date ed eventi,

consentendo il connubio fra spiegazione e testimonianza archeologica, visibile nell‟hic et

nunc, si permette un contatto diretto e non mediato, con la storia.

Ciò che apparteneva al passato rivive sotto una luce attuale, si supera il limite posto dal

libro di testo e si “fa” una storia viva, avvicinandosi ai codici mentali del passato riletti in

chiave moderna. Impostare il percorso finalizzandolo alla comunicazione ed esposizione

sistematica di tali codici o canoni della società fa cogliere appieno la cultura delle diverse

epoche. (J.Bruner, 2002, p.17) I materiali museali, infatti, non sono stati creati per finire

al museo e si trovano pertanto decontestualizzati dal proprio ambiente d‟origine. Pertanto

l‟operatore museale deve eliminare quella “sottrazione di fatticità” e con uno sforzo

maieutico ordinare la mente del pubblico rendendo chiara la conoscenza dei codici

presenti e armonica la sintesi fra passato e presente, che si esprime nella scelta di

46

« La percezione consente, è vero, di realizzare operazioni conoscitive di varia natura nell‟hic et nunc,

mediante l‟assunzione di informazioni dalla realtà, o meglio dalla relazione fra sé e la realtà. Come pure

consente, nei casi più felici, di stimolare le personali motivazioni alla scoperta ed alla creazioni. Ma, più

semplicemente e nella quasi totalità dei casi apre la via al ricordo, innescando quei processi che portano

alla registrazione e rielaborazione delle immagini percepite; e convertono le evanescenti tracce visive - o

acustiche o tattili – in tracce che si “conservino” a lungo nella memoria; E a dar forza ad una tale

operazione cooperano […] sia i materiali illustrativi di accompagnamento, i quali mediante l‟offerta di

esperienze percettive collaterali, favoriscono la comprensione e contribuiscono a consolidare, anche in

questo modo, lo strutturarsi del ricordo». (G. Bartoli, 2003, pp.38-39). 47 Analogamente, un altro metodo molto efficace per far sedimentare più rapidamente i concetti agli studenti, è dato dall’utilizzo di diapositive e power point che possono precedere o seguire l’esposizione degli educatori. Infatti, associare l’immagine a ciò che si sta spiegando fa si che i bambini siano portati ad ascoltare e a legare la spiegazione al ricordo dell’immagine. “Più semplicemente e nella quasi totalità dei casi, la percezione apre la via al ricordo, innescando quei processi che portano alla registrazione e rielaborazione delle immagini percepite; e che convertono le evanescenti tracce visive o acustiche o tattili – in tracce che “si conservino” a lungo nella memoria. E a dar forza a una tale operazione cooperano sia le qualità di singolarità e di nobiltà solitamente attribuite al luogo in cui gli oggetti vengono collocati, sia i materiali illustrativi di accompagnamento; i quali, mediante l'offerta di esperienze percettive collaterali, danno parola e significato agli oggetti esposti, favorendone la comprensione e contribuendo a consolidare, anche in questo modo, lo strutturarsi del ricordo”. (G.Bartoli, S.Mastandrea, 2010, p.3)

66

estraniare un oggetto dal suo contesto originario per renderlo visibile in un contesto

attuale, cioè il Museo. (W. Benjamin, 1996)

Il Museo riesce ad affiancarsi alla scuola fornendo supporto e completezza di

informazioni, consentendo una comprensione diversa da quella che può avvenire

all‟interno dell‟istituzione scolastica. Le lezioni che vi si svolgono sono uno strumento

privilegiato di trasmissione di conoscenze, mediante il quale si può imparare “toccando

con mano” e osservare in un contesto attuale il passato che si trova alla base del nostro

presente. (H.Gardner, 2002, pp. 211-212)

In questo modo gli studenti sanno dare molto più valore a ciò che esso contiene,

poiché arrivano a conoscere la vera preziosità di ciò che si trova nelle diverse sezioni,

ovvero, il legame con il passato, ma anche il fatto che certi oggetti siano appartenuti a

uomini come noi vissuti in un tempo ormai lontano. Comprendere ciò porta ad una

grande sensibilizzazione al patrimonio culturale e da qui si possono cogliere aspetti che

vanno oltre un primo livello di lettura. Per poter amare e rispettare questo patrimonio,

infatti, bisogna conoscerlo e riconoscerlo: imparando a “vedere” ciò che ci circonda e di

cui si fa esperienza tutti i giorni in quanto cittadini che vivono, lavorano, studiano in

grandi città o paesi più piccoli. (cfr. L.Cassanelli, 1999, pp.170-177)48

Prendere parte a questo genere di percorsi didattici consente di fare lezione con un

criterio diverso, ma senza svilire il contenuto dei saperi e garantendo ai bambini la

possibilità di avvicinarsi a materie scolastiche, alle volte complesse, divertendosi e

suscitando la loro curiositas.49

Fare l‟esperienza del museo, consente di mettere in atto il processo di apprendimento, il

quale deve portare al desiderio di conoscere sempre di più, questo è in linea con la

formulazione data dall‟inglese Campaign for Learning, dove, infatti, si evince che

“L‟apprendimento è un processo di confronto attivo con l‟esperienza. È ciò che le

persone fanno quando vogliono trovare un senso al mondo in cui vivono. Questo

processo può comportare un miglioramento delle abilità, della conoscenza, della

comprensione, un approfondimento dei valori o della capacità di riflettere. Un

apprendimento efficace condurrà a un cambiamento, a uno sviluppo, e al desiderio di

apprendere sempre di più”. (Campaign for Learning, www.campaign-for-

learning.org.uk )

48 Per maggiore completezza di informazioni vedi infra al capitolo III. 49

È di vitale importanza cercare di stimolare nei bambini il cosiddetto dubbio metodico, ovvero, quel

desiderio di sapere e di fare domande in modo intelligente, il voler sapere di più, il cercare di avere più

risposte su un argomento che, a seconda di come viene esposto, può incuriosire e suscitare interesse.

67

Proprio per questo, ricordando il principio dello strumentalismo, enunciato da J.Bruner,

per cui “l‟educazione , per quanto possa sembrare o professi di essere fine a se stessa o

superflua, fornisce abilità, modi di pensare, di sentire e di parlare”, l‟educazione

produce sempre un meccanismo di causa-effetto, per cui a seconda delle esperienze e

degli stimoli indotti, vi sarà una determinata risposta del bambino, in quanto essa produce

sempre effetti e fornisce nuovi strumenti. (J.Bruner, 2002, pp.38-39)

Infatti, la didattica dell‟archeologia fa si che lo studente giunga ad una elaborazione

estremamente scientifica dei dati, che porta alla conclusiva comprensione delle nozioni.

A tal fine si può affermare che “[…] una didattica dell‟archeologia sia anche un mezzo

per avvicinare i ragazzi all‟osservazione scientifica della realtà e alla sistematicità. […]

il metodo archeologico è uno strumento formativo cognitivo […] nella formazione di

un‟attitudine all‟osservazione, alla riflessione ed alla elaborazione concettuale”.

(S.Santoro Bianchi, C.Amedei, 1999, pp.16-23)

Gli itinerari didattici comportano che l‟educatore durante l‟esposizione degli

argomenti in programma, sappia guidare per il museo facendo emergere i particolari e i

dettagli, vagliando e selezionando le innumerevoli informazioni da enunciare.

Secondo quanto dice B.Vertecchi, si devono tenere sempre presenti le fasi della didattica per metterla in pratica nel modo migliore relativamente all’ambito museale. Egli intende l’intero percorso educativo come procedura (Vertecchi, 1996, p.74) e strategia di facilitazione dell’apprendimento e ne delinea il suo sviluppo in tre momenti chiave:

fase preliminare , in cui si individuano le principali caratteristiche del pubblico

coinvolto nell‟esperienza (esigenze, motivazioni e modalità di apprendimento) e lo si

predispone all‟esperienza;

fase centrale, in cui si trasmettono le conoscenze specifiche sull‟argomento scelto;

fase conclusiva, in cui si verifica l‟acquisizione della conoscenza trasmessa e si

predispongono eventuali strategie di compensazione per far raggiungere a tutti il

medesimo traguardo formativo.

Questo sarebbe lo schema a cui si dovrebbero ispirare tutti i percorsi e i progetti in

ambito di “didattica/educazione museale”50

, tendendo a fornire le basi conoscitive per

arrivare ad avere un riscontro positivo nella risposta delle classi in visita. In più, per

comprendere se il percorso è stato efficace risulta di grande importanza che l‟educatore

50 Non esiste, infatti, una definizione incontrovertibile della materia. Solo in Italia si parla di didattica museale e in tutto il resto d’Europa si parla di educazione museale. Durante il Simposio Europeo Learning in European Museums. Trends, Experiences, perspectives organizzato a Parigi nel giugno 2003 dal Museé du Louvre ed Euroedult si è discusso il problema della necessità di una definizione comune della didattica museale.

68

museale ponga delle domande, infatti, si può dire che “tuttavia quello dell‟apprendimento

non è un processo isolato che ha luogo soltanto nell‟interazione fra discente e il

materiale; anzi, molto spesso ha luogo anche esso attraverso conversazioni, domande e

risposte, dialogo” ed è questo il momento in cui ci si rende conto dell‟efficacia della

spiegazione e dell‟intero processo educativo e comunicativo (Heine, 1998).

IV, 4: Finalità ed utilità del “gioco-laboratorio” unito alla didattica:

“Se ascolto, dimentico, se vedo, ricordo, se faccio, capisco” questa antico proverbio

cinese potrebbe sintetizzare l‟intento di chi propone laboratori e attività didattiche presso

i musei. Infatti, non bastano il senso della vista e dell‟udito, ma serve anche il senso del

tatto, e tramite i laboratori si può arrivare ad una commistione di tutti i sensi, atta a

garantire che i concetti possano dirsi assodati e carpiti.

L‟importante nella strutturazione degli exhibits è il partire sempre dalla dimensione-

bambino, per capirne le esigenze, interpretarne le aspettative e comprendere sotto quale

forma sia più utile presentargli le attività, mettendo in campo educatori abili nel

trasmettere le conoscenze e allo stesso tempo pronti a lasciarli esprimere liberamente.

(Rinaldi, 2002, p.2)

È fondamentale poi cercare di incrementare le conoscenze di fondo dei bambini

rendendoli protagonisti di una ricerca affascinante che, sfruttando la curiosità, la

trasformi in cauta e profonda indagine. In particolare la metodologia del gioco applicata

al patrimonio culturale permette un diverso approccio al sapere trasformandolo in

edutainment, un momento di conquista, di divertimento, di avventura.

Come avviene presso i Musei Civici di Reggio Emilia, uno dei metodi

utilizzabili nello svolgimento di un percorso a base archeologica potrebbe essere, anche

per il contesto Casa di Giulietta, la creazione di un quaderno didattico, il quale si

porrebbe a supporto della lezione che ha luogo presso il Museo e, in un secondo

momento, per il ripasso a scuola. Entrando nel dettaglio, prendendo ad esempio

l‟esperienza citata dei Musei Civici di Reggio Emilia, dove è previsto l‟uso di quaderni

didattici e dispense per determinati laboratori - tre dei quali: “Le pietre raccontano”,

“Vivere all‟antica ” e “Se io fossi un bambino romano…” sono legati alle lezioni su

Regium Lepidi e sui materiali provenienti dalle necropoli annesse – si potrebbe pensare

di ideare una sorta di raccolta di esercizi che agevoli la visita al contesto veronese

69

musealizzato, prendendo come spunto alcuni laboratori inseriti nel progetto Museo per

la Scuola.

Brevemente, questi quaderni si presentano sotto forme diverse a seconda del

laboratorio preso in considerazione:

Nel primo percorso, “Le pietre raccontano”, si tratta di un vero e proprio album di

famiglia nel quale i bambini devono posizionare negli appositi spazi le immagini della

loro ipotetica famiglia romana, tratte dalle stele presenti in Museo.

La prima fase del percorso, volta alla scoperta del Portico dei Marmi, consente agli

studenti di prendere confidenza con le varie stele e con i personaggi su di esse

rappresentati, mentre la seconda fase, laboratoriale, servirà a far cogliere ulteriormente i

nomi e le storie dei personaggi presentati in precedenza.

Nel secondo percorso, “Vivere all‟antica”, per la parte laboratoriale ci si serve di un

quaderno didattico al cui interno sono stati raccolti quiz, indovinelli ed esercitazioni di

media-alta difficoltà, suddivisi per argomento. Questo quaderno, diversamente dal

precedente, viene utilizzato durante tutta la mattina in museo e serve ad intervallare i

momenti di spiegazione con momenti più “ludici”. Infatti, terminata una prima sessione

di spiegazione i bambini possono rilassarsi, ma allo stesso tempo mettono in pratica le

conoscenze appena acquisite cercando di completare gli esercizi proposti nel quaderno.

Nel terzo percorso, “Se io fossi un bambino romano…”, i bambini hanno a disposizione

una dispensa sulla quale sono state riportate alcune favole di Fedro parzialmente tradotte.

Accostando l‟italiano al latino, i bambini possono provare a completare la traduzione e

così facendo, si cerca di suscitarne l‟intuito e far loro capire che la nostra lingua

quotidiana deriva da quella lontana del mondo dei romani, il latino.

Questo approccio laboratoriale consente ai rudimenti esposti durante la prima parte

della mattinata di sedimentare e nel contempo gli studenti si divertono e creano qualcosa

che potranno conservare come ricordo della visita guidata e di ciò che è stato loro

spiegato, legando così l‟apporto cognitivo all‟apporto emotivo51

. Inoltre, nel caso dei

quaderni didattici, ciò che rimane del laboratorio è anche un valido strumento per

ripassare i punti fondamentali trattati in museo e in più esso vale anche come supporto

per gli insegnanti, che se ne possono servire per lavorare in classe approfondendo alcuni

degli argomenti in esso presenti. Infatti, spesso studiare la storia può risultare difficoltoso,

51

Secondo le teorie della percezione questi due tipi di apporti sono insiti nell‟uomo e associabili in uno

studio sugli utenti museali e il loro modo di fruire dell‟offerta museale. L‟apporto cognitivo è legato

all‟assimilazione intellettuale di un‟informazione, quello emotivo fa leva sui ricordi, sentimenti ed

esperienze passate. ( P. Desantis, 2003, pp. 45-50)

70

in quanto il libro di testo può sembrare un ostacolo insormontabile fatto di date ed eventi

scritti nero su bianco. Ma, associando alla trasmissione di conoscenze una parte più

leggera, i bambini che si apprestano a scoprire la storia possono avvicinarvisi in modo più

semplice e divertente, senza svilire i contenuti didattici e questo è molto importante per

invitarli al sapere e avvicinarli ad una materia dalle mille sfaccettature.

Per creare tali percorsi è essenziale che l‟educatore capisca quale sia il tipo di linguaggio

e metodo espositivo più adatto per far arrivare a tutti i fruitori i concetti che si vogliono

trasmettere, deve essere, come dice J.Bruner, una sorta di “mediatore, “primus inter

parens” in grado di farsi ascoltare dagli studenti. Riuscire ad instaurare una buona

comunicazione con i bambini, usando un linguaggio non complesso ma immediato, fa si

che anche le nozioni più difficili possano giungere al ricevente in modo chiaro, preciso e

fruttuoso (Bruner, 2000, p.12).

Intuire quale sia il codice espressivo migliore, è alla base di ogni percorso, in quanto, solo

riuscendo a comprendere ciò, si può pensare di impostare una comunicazione basata

sull‟ascolto volontario, che stimoli e crei una risposta positiva da parte dei bambini, il

cosiddetto feedback o messaggio di ritorno.

IV, 5 : Primo percorso: C‟era una volta…

I punti focali da tenere presenti, in quello che potrebbe essere un progetto attuabile nel

contesto musealizzato di Casa di Giulietta, sono i seguenti:

TITOLO: “C‟era una volta”

DESTINATARI: Scuole primarie di primo livello e scuole secondarie di 1° grado

OBBIETTIVI DEL PERCORSO: conoscere in maniera più profonda un mito che nel

corso dei secoli è diventato emblema della città di Verona

STRUMENTI UTILIZZATI: quaderno didattico e device (per le insegnanti)

SVOLGIMENTO DEL PERCORSO: gli educatori alternano una parte strettamente

didattica ad una parte più ludica, guidando i bambini attraverso il museo e suddividendo

il percorso per macro argomenti. Al termine di ogni spiegazione i bambini devono

compilare il quaderno didattico nel quale sono stati inseriti giochi e indovinelli inerenti

all‟argomento appena esposto.

71

Essenzialmente le fasi di elaborazione del quaderno si possono suddividere in quattro

momenti:

Individuazione dei macro argomenti

Consultazione di testi

Progettazione degli esercizi

Assemblaggio del quaderno didattico

Entrando nel dettaglio, il primo punto, relativo all‟individuazione dei macro argomenti,

consiste in una ricerca di quelli che potrebbero essere temi interessanti da trattare durante

una lezione al museo e adatti ad essere ripresi in un secondo momento in classe con i

docenti. In linea con il titolo utilizzato, i temi principali devono essere relativi alla vita

quotidiana al tempo degli scaligeri.

Quindi si può concentrare l‟attenzione su queste tre aree d‟indagine:

Storia

Letteratura del mito

Restauro di un edificio polifunzionale nei secoli.

Una volta focalizzati gli argomenti, si può passare alla ricerca di testi adatti al progetto e,

dopo una fase di consultazione dei testi, si dà il via alla creazione di esercizi e giochi in

grado di stimolare la curiosità e la memoria dei ragazzi. Il progetto prevede l‟utilizzo del

quaderno didattico come momento di “intervallo-laboratorio” fra la spiegazione di un

macro-argomento e l‟altra. Gli esercizi devono essere inerenti al tema appena esposto

dall‟educatore archeologo durante la visita guidata alla casa e alle sale contenenti reperti

ed oggetti, in modo tale che i bambini possano rilassarsi fra una spiegazione e l‟altra, ma

anche fissare i concetti appena espressi e sedimentare così le varie nozioni.

Nella fase di elaborazione degli esercizi, è molto importante tenere conto che i giochi da

proporre non devono essere meri strumenti di intrattenimento, ma devono stimolare i

bambini e condurli alla conoscenza della storia e della letteratura legata al mito di Romeo

e Giulietta. Per questo motivo è necessario cercare di strutturare gli esercizi in modo

intelligente ed accorto, al fine di consentire la trasmissione delle conoscenze da un

mittente A ad un destinatario B, il quale a sua volta, dopo aver completato gli esercizi

produce il cosiddetto feedback, grazie al quale gli educatori del museo possono rendersi

conto dell‟efficacia della propria esposizione o, in caso di risposta negativa, comprendere

su quali punti sia indispensabile insistere e, nel caso, modificare l‟impostazione

comunicativa.

72

L‟ultima parte del lavoro è data dall‟assemblaggio dei quaderni didattici, i quali,

oltre a presentare esercizi e giochi, sono completati da una breve parte introduttiva, dove

vengono ripresi i punti chiave dell‟esposizione.

Il quaderno, infine, viene strutturato in più capitoli qui di seguito presentati:

STORIA:

Il capitolo considera diversi aspetti, quello storico relativo alla città e all‟edificio in sé.

Nella spiegazione si potrà trattare della società comunale e della vita veronese di tutti i

giorni. Gli studenti potranno capire quali fossero i mestieri e le cariche pubbliche presenti

nel passato e grazie alla spiegazione potranno svolgere l‟esercizio indicato sul quaderno

didattico. Oltre ad aver seguito la spiegazione, che sarà mirata a sottolineare alcuni aspetti

particolari e a definire con termini specifici le diverse parti che componevano

l‟abbigliamento e gli accessori precipui della fanciulla e del giovine al tempo della

tragedia, gli studenti potranno avere un riscontro visivo grazie ai manichini vestiti con i

costumi di scena usati nel film di Zeffirelli e conservati in una delle sale principali della

dimora. Il capitolo prevede poi che, dalla spiegazione relativa alle ceramiche conservate

in una delle ale finali della casa, sia possibile completare uno degli esercizi proposti.

LETTERATURA:

Nel capitolo relativo alla letteratura si troverà una rapida rassegna della tradizione

letteraria che sta alla base della nota tragedia shakespeariana. A partire dalla novella di

Luigi da Porto si passerà ad analizzare tutti i precedenti letterari più importanti, in modo

tale che i bambini, a fine capitolo, siano in gradi di completare gli esercizi proposti.

RESTAURO:

Per quanto concerne il capitolo relativo al restauro, verranno spiegati agli studenti le

modifiche apportate all‟edificio Casa di Giulietta e si cercherà di far comprendere le

evoluzioni al livello funzionale e strutturale avvenute nel corso dei secoli. Il capitolo

verterà in particolar modo sui restauri effettuati nei primi anni del „900 da Antonio

Avena. Il capitolo si chiuderà con un esercizio in cui gli studenti dovranno cercare di

identificare le differenze fra il “prima” e il “dopo” tramite l‟ausilio di alcune fotografie

storiche che mostrano come doveva essere l‟edificio prima dell‟intervento aveniano.

Il gioco, purché costruttivo, è alla base della crescita mentale dei bambini e se

strutturato a dovere, può diventare veicolo di conoscenze e apertura mentale al sapere,

proprio come avviene nel caso dei quaderni didattici utilizzati nei laboratori, che possono

73

risultare utili anche per i docenti che vogliano approfondire a scuola ciò che è stato svolto

in Museo, suscitando così negli alunni la voglia di far crescere le proprie conoscenze.

Questi capitoletti sono stati tutti elaborati associando un‟introduzione per ogni area di

esercizio affinché risulti più semplice fissare gli argomenti e anche gli insegnanti possano

trovare nel quaderno un valido strumento per il lavoro in classe dopo la visita al museo.

Infatti, la mattina al museo non deve essere un momento isolato di lavoro, ma lo studio e

l‟approfondimento di determinati argomenti è essenziale che continui anche in ambito

scolastico, perché il lavoro del museo possa essere un inizio e uno stimolo per favorire

l‟acquisizione di conoscenze di materia storica.

IV, 5. 1: Quaderno didattico

74

C’ERA UNA VOLTA…

ALUNNO/A:

SCUOLA:

ANNO SCOLASTICO:

75

LA STORIA:

Oggi è una giornata importante, ti stai apprestando a scoprire uno dei luoghi più mitici e famosi della città di Verona, un posto da molti cercato e

declamato in diversi scritti, stiamo parlando proprio dell‟edificio che si trova in Via Cappello n°23: CASA DI GIULIETTA.

Sicuramente la tua guida ti avrà già raccontato delle meraviglie della città di Verona, che alle sue spalle ha una storia millenaria.

Infatti, le prime tracce risalgono all‟epoca preistorica, fra i tanti reperti trovati dagli archeologi fa capolino addirittura l‟osso di un cranio del

Paleolitico Inferiore (circa mezzo milione di anni fa).

Non si sa bene quando né da chi venne fondata la città, ci sono incertezze anche sull‟origine del nome; infatti, per alcuni studiosi Verona prenderebbe

il suo nome da Vera, nome di un‟antica famiglia etrusca, oppure, se vogliamo cercare un‟origine fra i termini latini, per altri studiosi la parola ver, che

significa primavera, potrebbe essere un buon suggerimento.

Molte, invece, sono le testimonianze di epoca romana, avrai notato anche tu, girando per la città, come ancora oggi sia possibile vedere i

segni del passaggio dei romani nella città. I monumenti hanno resistito al tempo e se ti capitasse di vedere una pianta della città ti renderesti conto

della presenza di un reticolo di strade perpendicolari tra loro, infatti, cardine e decumano (in latino sarebbe: cardus maximus e decumanus maximus)

sono ancora visibili tutt‟oggi e sono traccia evidente del passaggio di questi nostri predecessori.

Anche dopo la caduta dell‟impero romano Verona mantenne la sua importanza, infatti, verso la fine del V secolo d.C. Teodorico e gli

Otrogoti occuparono la città e il re degli Ostrogoti fissò la sua dimora nei pressi dell‟antico teatro romano.

Nel 568 d.C. venne poi conquistata dai Longobardi di re Alboino e successivamente, nel 774, il potere passerà nelle mani dei Franchi di Carlo

Magno per poi diventare nel 962 feudo imperiale sotto il Sacro Romano Impero.

Fra i secoli XII e XIV prende il via l‟età comunale e scaligera ed è proprio questo il periodo fondamentale a cui si lega la storia dell‟edificio

che stai visitando. Nel 1136 nacque il Comune di Verona, come superamento della sottomissione feudale. Nel 1164 sorse la Lega Lombarda la quale

prese parte alla battaglia di Legnano del 1176, dove riportò la vittoria sull‟esercito dell‟imperatore Federico Barbarossa, il quale dovette riconoscere

l‟autonomia ai comuni italiani.

Poco più tardi, nel 1230, Ezzelino da Romano divenne unico signore di Verona ed impose la propria egemonia alla fine della quale vediamo fare la

sua comparsa la signoria scaligera, iniziata nel 1262 quando Mastino della Scala venne eletto capitano del popolo. Ma il massimo splendore sotto

questa signoria si presentò con la figura di Cangrande I (1311), che estese i possedimenti scaligeri sino a Vicenza, Feltre, Belluno, Padova e Treviso.

Cangrande II e Cansignorio, suoi successori, risulteranno molto importanti per le opere costruttive edificate in città. Il dominio di questa signoria

ebbe fine nel 1387 quando Galeazzo Visconti, signore di Milano, riuscì a scacciare da Castelvecchio Antonio della Scala. Arrivato a questo punto,

dopo tutte queste nozioni storiche, sei finalmente pronto per esplorare e conoscere cosa si cela dietro il vòlto di Via Cappello n°23.

76

LA CASA:

Dopo aver attraversato il vòlto d‟accesso e aver attraversato un breve corridoio, ti ritroverai nel cortile della cosiddetta Casa di Giulietta, nel quale

potrai subito scorgere una statua raffigurante la protagonista della famosa tragedia di William Shakespeare. La statua, dalle fattezze tipiche delle

madonne e dame del XII secolo, è in bronzo dorato ed è stata creata da uno scultore veronese, Nereo Costantini, nel 1972. Forse non lo sai, ma una

statua identica a questa si trova a Monaco, città gemellata con Verona.

La Casa di Giulietta risale all‟epoca medievale ed ha una storia molto lunga alle spalle, infatti, sorge intorno al XIII secolo. Sicuramente

avrai notato l‟alta torre, che sormonta Via Cappello, che sembra presentarsi come unitaria, ma in realtà è composta da due parti, costruite in tempi

diversi. La parte più antica è situata verso Nord, in direzione di Piazza delle Erbe e parrebbe risalire al 1200 e la seconda risalirebbe, invece, alla

prima metà del „300, quando si verificò una sistemazione significativa dell‟edificio che oggi si presenta come Casa di Giulietta.

Devi sapere che nel corso dei secoli la Casa che stai visitando ha subito numerosi cambiamenti di funzione, infatti, era nata come hospitium a

Cappello, come ci ricorda un documento dell‟anno 1351.

In seguito, durante la dominazione veneziana, l‟edificio da hospitium divenne uno stallo e a causa della crisi del settore alberghiero,

verificatasi intorno alla metà del Quattrocento, alcune parti del complesso furono convertite a botteghe e tale impiego rimarrà anche nei secoli

successivi. Infatti, la famiglia Cappello alla quale doveva appartenere la Casa e che prende il nome dallo stemma di un cappello posto sul vòlto

d‟accesso, pare fosse una famiglia di speziali, ovvero, farmacisti.

Per quanto concerne la proprietà della casa, è noto che da metà Quattrocento la famiglia Cappello conservò la proprietà pur mettendo in

affitto sia lo stallo sia le botteghe.

Da metà Quattrocento la casa subì moltissimi passaggi di proprietà, fintanto che nel 1905 venne messa all‟asta e diventò di proprietà del Comune di

Verona per quattordicimila e cinquecento lire.

Fra il 1936 e il 1942 verranno infine fatti numerosi e fantasiosi restauri che consegneranno all‟edificio l‟aspetto che ora puoi ammirare , verrà anche

aggiunto alla facciata il celebre balcone, luogo di incontri e dialoghi fra Romeo e Giulietta.

77

ESERCIZIO 1: segna con una crocetta la risposta esatta:

1) Ricordi a che epoca risalgono i primi reperti individuati nell‟area veronese?

Paleolitico Inferiore

Età Romana

Cretaceo

2) Ricordi come si chiamavano le strade romane da cui prendeva il via la centuriazione urbana?

Cardine e Decumano (Cardo; Decumanus)

Via maggiore e Via minore

Cardine Massimo e Decumano Massimo (Cardo Maximus; Decumanus Maximus)

3) Ricordi quale famiglia, al tempo delle signorie, prese il controllo di Verona?

Este

Della Scala

Capuleti

4) Ricordi quando venne costruita Casa di Giulietta?

Medioevo

Età romana

1936

5) Ricordi il mestiere che faceva la famiglia Da Cappello?

Speziali

Sarti

Macellari

78

ESERCIZIO 2: collega il mestiere alla spiegazione corretta tramite delle frecce

Chalzol cura i malati Tentori prepara il pane Panattieri vende oggetti preziosi in oro e argento Armaroli produce e ripara scarpe Macellari è un venditore di vini Speziali lavorava le pelli, le conciava e le preparava alla tintura Vinari crea vestiti Orafi vende la carne Sarti produce le armi

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LA LETTERATURA:

Ormai sei un esperto/a della storia di Verona, ma conosci anche la tragedia da cui trae ispirazione la creazione della casa che visitando?

Ma partiamo con ordine, sicuramente avrai sentito parlare di un certo William Shakespeare, uno scrittore inglese del „500. Proprio lui scrisse della

triste vicenda dei due giovani amanti, la sua è la più famosa versione del dramma, ma non fu né l‟unico né primo a raccontarci di Romeo e Giulietta.

Infatti, la storia ha come basi storiche e letterarie alcuni testi risalenti al primo Cinquecento italiano; uno dei primi autori da prendere in

considerazione si chiama Masuccio Salernitano, che nel XXXIII racconto contenuto nel Novelliere, pubblicato nel 1476, narra la vicenda di due

amanti senesi: Mariotto Mignanelli e Giannozza Saraceni. Questa è la storia di due giovani amanti di buona famiglia, il cui amore li porta a vedersi di

nascosto. Il loro matrimonio avviene in segreto, grazie all‟aiuto di un frate, che consegnerà un filtro prodigioso alla sposa per fingersi morta e

scampare da un matrimonio che le era stato imposto in assenza di Mariotto, che nel mentre era stato costretto ad allontanarsi da Siena a causa della

morte di un uomo durante una rissa, da lui stesso provocata. La storia termina con la morte prima di Mariotto, che per il mancato recapito di una

lettera, non sa i piani della sposa e tornato a Siena viene riconosciuto e decapitato. Infine, la novella termina con la morte di Giannozza, che si ritira in

monastero e morirà di consunzione.

Dopo quella di Masuccio, la più nota versione del dramma è quella di Luigi da Porto, uno scrittore vicentino del „500 che racconta di aver

appreso della vicenda come di un fatto vero, dalla voce di un soldato veronese. Il racconto presenta moltissimi caratteri vicini alla vicenda che

successivamente verrà narrata da Shakespeare, discosta solo la morte della protagonista che pone fine alla sua esistenza trattenendo il respiro e non

pugnalandosi.

Oltre a queste versioni, in seguito, ve ne saranno numerose altre, come quella di Matteo Bandello o di Gherardo Boldieri, in più anche

all‟estero il tema sarà molto apprezzato, oltre a Shakespeare esiste addirittura una versione spagnola della vicenda, la quale presenta un inaspettato

lieto fine.

Ma non bisogna scordarsi dell‟influsso dei grandi classici, infatti, anche nel mondo latino esiste un precedente che adotta nella propria

narrazione l‟elemento dell‟amore ostacolato e della morte apparente, si tratta del Piramo e Tisbe contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio, un‟opera del

III secolo d.C.. Proprio come nella storia di Romeo e Giulietta i due giovani si innamorano ma vengono ostacolati dalle famiglie, riescono a parlarsi

solo tramite una fessura in un muro, cercano di incontrarsi in segreto ma, a causa di un malinteso Piramo si suicida credendo morta Tisbe, la quale

alla vista dell‟amato riverso a terra ai piedi di un gelso decide di uccidersi a sua volta.

Infine, sembra che fra gli anni 1594-1595 Shakespeare, il drammaturgo inglese, avesse composto la versione più nota ai nostri giorni del Romeo e

Giulietta, messa in scena per la prima volta alla presenza della regina Elisabetta I nell‟inverno dell‟anno 1595-1596 e pubblicata poi nel 1597.

80

ESERCIZIO 1: metti in ordine le sequenze del racconto

a) Frate Lorenzo sposa Romeo e Giulietta

b) Giulietta deve sposare il conte Paride

c) Romeo incontra per la prima volta Giulietta ad una festa

d) Giulietta e Romeo si incontrano al balcone

e) Romeo e Giulietta si uccidono

f) Romeo viene esiliato a Mantova

g) Romeo viene coinvolto in una rissa e uccide il fratello di Giulietta

h) Giulietta beve il filtro magico per fingersi morta

ESERCIZIO 2: in base alla tragedia di Shakespeare, sapresti dire chi era un Montecchi e chi era un Capuleti?

Colloca i personaggi nella colonna esatta, ma fai attenzione, alcuni personaggi non fanno parte né dell‟una, né dell‟altra famiglia:

Romeo, Giulietta, Paride, Tebaldo, Escalo, Mercuzio, Rosalina, Nutrice, frate Lorenzo, madonna Capuleti.

MONTECCHI CAPULETI

81

RESTAURO:

Adesso che conosci anche la letteratura che si cela dietro al mito di Romeo e Giulietta possiamo passare ad un argomento più complicato: il restauro.

Ma prima di tutto, conosci il significato della parola “restauro”?

Il restauro è un‟operazione tecnica fatta per sistemare al meglio i particolari compromessi o deteriorati di un'opera d'arte o di oggetti considerati

artistici o di pregio, per assicurarne la conservazione nel tempo.

Detto questo, il momento in cui principalmente vennero fatti i restauri fu il „900, quando alla direzione dei Musei Civici figurava Antonio Avena.

Nell‟arco di tempo che va dal 1936 sino al 1942 l‟aspetto della casa mutò considerevolmente, vennero create nuove finestre molto elaborate venne

modificato il portone d‟ingresso e venne aggiunto alla “scena” il ben conosciuto balcone, luogo del romantico incontro fra Romeo e la sua amata.

Ma le modifiche non vennero apportate solo all‟esterno, ma anche all‟interno della casa, che venne affrescata seguendo l‟esempio dei motivi e decori

già presenti in altri palazzi molto famosi del veronese.

Tutto ciò venne fatto per ricreare una sorta di scenografia e atmosfera mitica, ogni cosa venne curata nel dettaglio per far rivivere la storia dei due

giovani e portarne per sempre ricordo.

ESERCIZIO 1: domande aperte

a) Che cos‟è il restauro?

………………………………………………………………………………..…………………………………………………………………………

……..………………………………………………………………………………..……………………………………………………………………

…………..………………………………………………………………………………..…………………………………

b) Ricordi quando sono stati fatti i restauri e da chi?

………………………………………………………………………………..…………………………………………………………………

82

ESERCIZIO 2: trova le differenze fra le foto del prima e del dopo

83

84

Cap. IV.6 : M-learning applicato al percorso

Vengono qui schematizzati i contenuti del sito/App.

L‟elenco numerato indica i tag previsti per il percorso, le lettere i contenuti

visualizzabili ed i trattini i sottocontenuti ulteriormente ricercabili.

1) (facciata d‟ingresso)

Vi trovate in una delle strade principali della Verona romana, ovvero il cardo maximus.

Ma via Cappello n. 23 non è importante solo per questa ragione, ma anche per il fatto

che proprio qui si può visitare l‟edificio ormai noto come Casa di Giulietta.

Tale edificio ha alle sue spalle una lunga storia segnata da cambiamenti a livello

funzionale e formale. Infatti, se provate a guardare con attenzione la facciata della casa

torre davanti alla quale vi trovate, potrete notare come il tessuto murario a fasce

alternate di pietra calcarea e mattoni non sia uniforme e come alcune finestre nella parte

superiore siano state murate modificandone l‟aspetto.

Prestando ulteriore attenzione sarà possibile comprendere che la facciata non deve

essere sorta in una sola fase, ma bensì - secondo vari studi – deve esser stata costruita in

due momenti uno successivo all‟altro. Pertanto, la parte verso nord risulta esser sorta

intorno al 1200 e la parte più a sud in una fase più recente.

a)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

85

2) (stemma scolpito sull‟arco di volta)

Dopo aver oltrepassato il vòlto d‟accesso, girandosi e guardando in alto è possibile

scorgere lo stemma della famiglia Cappello, scolpito sull‟arco di volta. La famiglia

Cappello risulta ancora presente all‟inizio della dominazione veneziana - relativamente

alla contrada di San Tomio - e si documenta il loro ruolo di speciarii, ovvero speziali o

farmacisti.

Nel 1828 il poeta tedesco Heinrich Heine descrisse la dimora che state osservando.

a)

b) “casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito al

di sopra la porta interna. E oggidì - prosegue amaramente - una sordida bettola per i

vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è

appeso come insegna”.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

3) (parete ovest)

La casa torre si sviluppa in altezza su quattro piani, sono evidenti i lavori di messa in

sicurezza e restauro anche di questa parte. Inoltre, nell‟area che, secondo la pianta dello

stallo fatta da Ceroni nel 1780, doveva essere adibita a pistoria, ora è stato aperto un

negozio di souvenir, sopra il cui ingresso è possibile notare quella che – come

confermerebbe suddetta carta- doveva essere una finestra interna atta a portar luce al

panificio.

86

a)

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

4) (lato nord, prima e dopo)

Il lato nord del cortile è stato oggetto di un grande rifacimento degli edifici e ciò è

comprensibile grazie al confronto con le foto precedenti i lavori di restauro del

Novecento. L‟edificio addossato alla casa torre è stato alzato di due piani e le tre

aperture presenti alla base sono coerenti con quelle del 1930, benché la terza sia stata

leggermente estesa in altezza, passando dall‟essere una finestra a diventare un terzo

accesso. Questo lato continua con la creazione di quattro archi di uguale dimensione

oltre i quali sono stati posti negozi di souvenir.

87

a)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

5) (lato est, lavori foyer del teatro Nuovo)

A causa degli interventi per la creazione delle uscite di sicurezza del teatro Nuovo è

stato modificato anche il lato ad est del cortile.

Tramite il confronto fra la carta del 1870 del Ceroni, il progetto di Guglielmi e le

fotografie antecedenti il 1930, è possibile il confronto fra il prima e il dopo.

Il cortile è stato ridimensionato in quanto il pozzo, che era presente sul lato nord, venne

rimosso e la facciata ad est risulta chiaramente ricostruita eliminando parte della

distanza fra essa stessa e la casa di Giulietta.

Il fronte si presenta come una sorta di cortina medioevale sormontata da una merlatura,

emblema del periodo che si voleva rievocare.

88

a)

b)

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

89

6) (una statua per Giulietta, Nereo Costantini)

Per commemorare il personaggio di Giulietta, nel 1972 venne posta nel cortile della

casa una statua creata da Nereo Costantini in bronzo dorato, la quale fa rivivere in

concreto le parole rivolte dal padre di Romeo al suo nemico Capuleti nell‟atto IV scena

III della tragedia shakespeariana, dove si promette di erigere una statua in onore della

“leale e fedele Giulietta”.

a)

b) La statua è in posa stante, il che fa riecheggiare un modulo tipico dell‟arte

romana al quale si reca un atteggiamento quasi confidenziale e un‟espressività gentile

del volto, che riporta alle fattezze tipiche delle madonne e dame dell‟età cortese

c) “Ma io posso darti di più: io farò innalzare a tua figlia una statua d'oro puro,

affinché nessuna immagine, finché duri il nome di Verona, sia tenuta in così alto

pregio, come quella della leale e fedele Giulietta”.

(Atto IV, scena III)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

7) (lato sud del cortile, casa di Giulietta, facciata esterna)

Vi trovate davanti all‟ingresso della famosa Casa di Giulietta. Sulla facciata esterna si

può notare un‟epigrafe contenente uno dei versi più noti della tragedia di Shakespeare.

Dal confronto con le foto d‟epoca è chiaramente distinguibile il cambiamento apportato

anche al lato sud durante i lavori messi in atto da Antonio Avena.

90

La facciata esterna della casa si sviluppa su tre piani.

Elemento molto importante è il famoso balcone che sostituì - come si può vedere nelle

foto d‟epoca - il precedente che correva lungo tutta la lunghezza della facciata.

Il balcone, proveniente da Castelvecchio – come si può vedere in una foto che ritrae

Vittorio Emanuele III all‟inaugurazione del Museo di Castelvecchio nel 1926 – venne

inserito per ricordare gli incontri fra Romeo e Giulietta

a)

b) “Ma quale luce apre l‟ombra da quel balcone? Ecco l‟oriente e Giulietta è il

sole oh è la mia donna, è il mio amore!” atto II, scena II

c)

91

d)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

8) (piano terra)

Varcata la soglia della Casa vi troverete davanti ad un‟effige raffigurante il mezzobusto

di William Shakespeare, scrittore inglese del „500, uno degli autori più noti ad aver

trattato il dramma dei due sventurati amanti veronesi. Sembra che fra gli anni 1594-

1595 Shakespeare, il drammaturgo inglese, avesse composto la versione più nota ai

nostri giorni del Romeo e Giulietta, messa in scena per la prima volta alla presenza della

regina Elisabetta I nell‟inverno dell‟anno 1595-1596 e pubblicata poi nel 1597.

Ma il suo dramma ha basi storiche e letterarie in alcuni testi risalenti al primo

Cinquecento italiano:

- Masuccio Salernitano

- Luigi Da Porto

- Matteo Bandello e Gherardo Boldieri

- Il mondo latino

a)

b) Uno dei primi autori da prendere in considerazione è Masuccio Salernitano, che

nel XXXIII racconto contenuto nel Novelliere, pubblicato nel 1476, narra la vicenda di

due amanti senesi: Mariotto Mignanelli e Giannozza Saraceni. Questa è la storia di due

92

giovani amanti di buona famiglia, il cui amore li porta a vedersi di nascosto. Il loro

matrimonio avviene in segreto, grazie all‟aiuto di un frate, che consegnerà un filtro

prodigioso alla sposa per fingersi morta e scampare da un matrimonio che le era stato

imposto in assenza di Mariotto, che nel mentre era stato costretto ad allontanarsi da

Siena a causa della morte di un uomo durante una rissa, da lui stesso provocata. La

storia termina con la morte prima di Mariotto, che per il mancato recapito di una lettera,

non sa i piani della sposa e tornato a Siena viene riconosciuto e decapitato. Infine, la

novella termina con la morte di Giannozza, che si ritira in monastero e morirà di

consunzione.

c) Dopo quella di Masuccio, la più nota versione del dramma è quella di Luigi da

Porto, uno scrittore vicentino del „500 che racconta di aver appreso della vicenda come

di un fatto vero, dalla voce di un soldato veronese. Il racconto presenta moltissimi

caratteri vicini alla vicenda che successivamente verrà narrata da Shakespeare, discosta

solo la morte della protagonista che pone fine alla sua esistenza trattenendo il respiro e

non pugnalandosi.

d) Oltre a queste versioni, in seguito, ve ne saranno numerose altre, come quella di

Matteo Bandello o di Gherardo Boldieri, in più anche all‟estero il tema sarà molto

apprezzato, oltre a Shakespeare esiste addirittura una versione spagnola della vicenda, la

quale presenta un inaspettato lieto fine.

e) Anche nel mondo latino esiste un precedente che adotta nella propria narrazione

l‟elemento dell‟amore ostacolato e della morte apparente, si tratta del Piramo e Tisbe

contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio, un‟opera del III secolo d.C.. Proprio come nella

storia di Romeo e Giulietta i due giovani si innamorano ma vengono ostacolati dalle

famiglie, riescono a parlarsi solo tramite una fessura in un muro, cercano di incontrarsi

in segreto ma, a causa di un malinteso Piramo si suicida credendo morta Tisbe, la quale

alla vista dell‟amato riverso a terra ai piedi di un gelso decide di uccidersi a sua volta.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

9) (primo piano – dipinti di Chierici e Dall‟Oca Bianca)

Accedendo al primo piano tramite una scala lignea si possono osservare i pregiati arredi

in stile rinascimentale e le opere pittoriche ispirate alla tragedia amorosa, realizzate da

Angelo Dall‟Oca Bianca, il quale propone La morte di Giulietta e Romeo assieme a un

Piazza Erbe.

93

Altro dipinto presente è Giulietta e Romeo dell‟emiliano Gaetano Chierici (1838-1904,

circa). Lo sfondo rappresentato ricorda molto la struttura del piano che state visitando.

a)

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

10) (secondo piano – due affreschi)

Procedendo la visita si raggiunge il secondo piano, dove vi sono quattro affreschi

cinquecenteschi con Candelabre di fiori e frutta di Bernardino India (1528-1590) -

staccati dalla facciata del Palazzo di Fiorio della Seta presso Ponte Nuovo nel 1891 al

momento della demolizione dell‟edificio stesso.

Sono presenti, inoltre, due affreschi molto importanti in quanto attribuiti a Paolo

Caliari, detto il Veronese. I due affreschi hanno come oggetto una Donna al balcone –

il quale faceva parte di un ciclo con Storie di Alessandro Magno distrutto nell‟ultima

guerra - e un Ritratto di signora, sono entrambi riferibili alla metà del Cinquecento e

vennero staccati da palazzo Contarini-Borella nella contrada di San Marco nel 1876.

Proprio nella sala principale i può individuare l‟unico residuo di pittura originale

consistente in un frammento di bordura a “finto vaio”, riproducente quindi i festoni di

pelli d‟ermellino che erano indice di grande ricchezza nelle dimore dei più abbienti.

94

a)

b)

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

11) (casa torre – piano secondo - vestiti Zeffirelli)

Dopo aver attraversato un passaggio coperto si accede al secondo piano della casa torre.

In quest‟area sono presenti i costumi di scena adottati per il film Romeo e Giulietta di

Franco Zeffirelli del 1968. I costumi di scena esemplificano come dovevano essere gli

abiti indossati al tempo dei due protagonisti del dramma shakespeariano.

a)

95

b)

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

12) (terzo piano - scrittoio e affresco)

Sala adibita a scrittoio di Giulietta, ovvero una postazione ideata da Pucci De Rossi

grazie alla quale è possibile inviare messaggi e lettere a Giulietta.

In questa sala è presente un affresco attribuito a Maestro Cicogna, che proviene dal

Palazzo del Mercato Vecchio e staccato nel 1895.

a) Dal 2003 è presente un tavolo telematico voluto dalla direttrice dei Musei

cittadini Paola Marini e disegnato da Pucci De Rossi. Questa installazione appare come

una sorta di macchina medievale dotata di computer e monitor, atti a raccogliere e

archiviare messaggi che i fruitori museali possono inviare a “Giulietta”. Inoltre tale

strumento è utile per far si che i visitatori possano accedere ad una banca dati

contenente diverse testimonianze culturali relative alla storia di Giulietta e Romeo.

96

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

13) (piano quarto - sale ceramiche)

Salendo due rampe di scale si giunge al quarto piano, dove vi sono due sale contenenti

dieci formelle in terracotta e ceramiche di diversa forma e tipologia disposte in due sale.

- sala uno

- sala due

a)

b) Nella prima sala sono presenti dieci formelle ceramiche appartenenti ad un

gruppo di quarantotto formelle della seconda metà del XV secolo e una vetrina

suddivisa in tre scaffali

c) Nell‟ultima sala, nella quale il leggìo ligneo riporta l‟atto V, scena III, sono

allestite tre vetrine contenenti ceramiche.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

97

IV, 7: Secondo percorso: ricerca storica di un originale perduto

I punti focali da tenere presenti, in quello che potrebbe essere un progetto attuabile nel

contesto musealizzato di Casa di Giulietta, sono i seguenti:

TITOLO: Casa di Giulietta: alla ricerca storica di un originale perduto

DESTINATARI: studenti di scuola superiore (liceo classico, sezione beni culturali)

OBBIETTIVI DEL PERCORSO: far luce su un falso storico del „900 e sulla sua storia,

servendosi di fonti di diverso carattere

STRUMENTI UTILIZZATI: device (smartphone o tablet)

SVOLGIMENTO: un educatore museale condurrà gli studenti attraverso la casa

spiegando i punti su cui focalizzare l‟attenzione. La guida seguirà il percorso prefissato

tramite l‟utilizzo del sito/app presente sui devices dei ragazzi, che potranno ricevere

informazioni in tempo reale su ciò che stanno osservando e visionare dei link che

rimandino ad informazioni sempre più specifiche. A seconda del grado di interesse gli

studenti potranno scegliere quali link aprire e quali informazioni ricevere. Sono, infatti,

stati in precedenza scelti e taggati su una mappa virtuale alcuni punti di interesse, che

andranno a creare un itinerario da seguire, grazie al quale ciò che concerne gli argomenti

enunciati durante l‟uscita didattica sarà più dettagliato. Tale applicazione/sito può essere

usato sia prima della visita – in modo da pianificare e capire cosa aspettarsi dal contesto-

sia durante – per avere un quadro sempre più chiaro di ciò che si sta guardando- sia dopo

–in modo tale da fissare gli argomenti esplicati durante la lezione.

Anche per il secondo percorso i tag individuati verranno suddivisi per punti all‟esterno e

punti all‟interno dell‟edificio. Per quanto riguarda i punti all‟interno vi sarà una ulteriore

suddivisione per piani e, infine, per stanze.

Vengono qui schematizzati i contenuti del sito/App.

L‟elenco numerato indica i tag previsti per il percorso, le lettere i contenuti

visualizzabili ed i trattini i sottocontenuti ulteriormente ricercabili.

1) (Facciata d‟ingresso)

Vi trovate in una delle strade principali della Verona romana, ovvero il cardo maximus.

Ma via Cappello n. 23 non è importante solo per questa ragione, ma anche per il fatto

che proprio qui si può visitare l‟edificio ormai noto come Casa di Giulietta.

98

Tale edificio ha alle sue spalle una lunga storia segnata da cambiamenti a livello

funzionale e formale. Infatti, se provate a guardare con attenzione la facciata della casa

torre davanti alla quale vi trovate, potrete notare come il tessuto murario a fasce

alternate di pietra calcarea e mattoni non sia uniforme e come alcune finestre nella parte

superiore siano state murate modificandone l‟aspetto.

Prestando ulteriore attenzione sarà possibile comprendere che la facciata non deve

essere sorta in una sola fase, ma bensì - secondo vari studi – deve esser stata costruita in

due momenti uno successivo all‟altro. Pertanto, la parte verso nord risulta esser sorta

intorno al 1200 e la parte più a sud in una fase più recente.

In alto, sul portone della casa, si può scorgere un‟epigrafe che recita:

Queste furono le case dei Capuleti/donde uscì la Giulietta/per cui/tanto piansero i cuori

gentili/e i poeti cantarono.

Vittorio Betteloni, in uno scritto datato al giorno 20 maggio 1906, in cui si tratta intorno

all‟oggetto “casa di Giulietta”, che proprio in quegli anni era stato deciso di restaurare,

propone invece di porre un‟iscrizione che reciti:

In questa casa/ narra la tradizione popolare/che abitasse Giulietta/le cui amorose e

dolorose avventure/suggerendo/al più grande tragico moderno/un dramma

immortale/mossero a pietà/l‟intero mondo civile.

Modificando l‟epigrafe in tale modo non si distrugge la leggenda e si salva il vero per

quanto concerne la casa.

a)

b) - D. Zumiani, Giulietta e Verona: spazi e immagini del mito, in Marini P. et alii,

Medioevo ideale e Medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del

primo Novecento, 2003

- M. Vecchiato et alii, Suggestioni del passato. Immagini di Verona

scaligera [Manifesto]: mostra e catalogo a cura di M. Vecchiato, 2001

99

c)

d) V. Betteloni, La storia di Giulietta e Romeo. Con una avvertenza sul Museo

shakesperiano di Gianfranco Betteloni, Verona, 1934.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

2) (Stemma scolpito sull‟arco di volta)

Dopo aver oltrepassato il vòlto d‟accesso, girandosi e guardando in alto è possibile

scorgere lo stemma della famiglia Cappello, scolpito sull‟arco di volta. La famiglia

Cappello risulta ancora presente all‟inizio della dominazione veneziana - relativamente

alla contrada di San Tomio - e si documenta il loro ruolo di speciarii, ovvero speziali o

farmacisti.

Nel 1828 il poeta tedesco Heinrich Heine descrisse la dimora che state osservando.

a)

b) Per quanto concerne la proprietà della casa, è noto che da metà Quattrocento la

famiglia Cappello conservò la proprietà pur mettendo in affitto sia lo stallo sia le

botteghe. Dall‟analisi di un atto d‟archivio del 1681 si evince che la proprietà della casa,

nel corso del tempo ha subito diversi passaggi e che fra il 1666 e il 1667 la famiglia di

Carlo Rizzardi entrò in possesso di due parti del complesso: la prima, acquisita da

Moscardo Cappello, costituita da “sei stanze esistenti nel torrazzo del Cappello in

Verona” e “lo stallo con fienili sopra”; la seconda doveva essere presumibilmente la

parte localizzata al primo piano della torre che da su via Cappello, di proprietà della

famiglia Quarti, di cui però non si è reperito l‟atto notarile di acquisto. La famiglia

Rizzardi manterrà il possesso del complesso sino al 1837.

100

b1) D. Zumiani, Giulietta e Verona: spazi e immagini del mito, in Marini P. et alii,

Medioevo ideale e Medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del

primo Novecento, 2003

b2) ASVr, Ant. Est. Provv., reg.46, c. 245v., si evince che “Carlo Rizzardi di anni 63

denuncia una casa con stallo detto del “Cappello”, una parte acquistata nel 1666 dal

sig. Mario Quarti e una parte del 1667 dal sig. Moscardo Cappello”

c) “casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito

al di sopra la porta interna. E oggidì - prosegue amaramente - una sordida bettola per i

vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è

appeso come insegna”. H. Heine, Reisebilder, 1931, pp.88-89

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

3) (parete ovest)

La casa torre si sviluppa in altezza su quattro piani, sono evidenti i lavori di messa in

sicurezza e restauro anche di questa parte. Inoltre, nell‟area che, secondo la pianta dello

stallo fatta da Ceroni nel 1780, doveva essere adibita a pistoria, ora è stato aperto un

negozio di souvenir, sopra il cui ingresso è possibile notare quella che – come

confermerebbe suddetta carta - doveva essere una finestra interna atta a portar luce al

panificio.

a)

Pianta dello stallo del Cappello redatta da Pietro Ceroni, pubblico perito nel giorno 27

settembre 1780 (collezione privata)

101

a1) I nomi delle famiglie a cui appartengono gli spazi della casa sono: Dandolo, Ferrari,

Furlati e Rizzardi.

Alle prime due famiglie appartiene l‟area nord occidentale a ridosso della “strada

comune che dalla Piazza va alla Stella” – l‟attuale via Cappello -, in cui vi era l‟unico

accesso ai grandi vani che venivano utilizzati dalla famiglia come pistoria, ovvero,

panifici. L‟ambiente era illuminato grazie ad una finestra posta sul fronte interno, che

dava sul cortile.

Proseguendo verso est in corrispondenza della “strada introl dei Crosoni” si vede

chiaramente che l‟ambiente era stato suddiviso in più vani adibiti a “stallette” di

proprietà dei Furlati, di cui una era dotata di “greppie nuove”. In corrispondenza di

questi vani, sul fronte affacciato sul cortile sono messi ben in evidenza un pozzo ed una

scala esterna. Procedendo oltre si può individuare “l‟ingresso Furlati” che porta alla

“stalla” passando per una “corticella” e si giunge così ad un porticato adibito a stalla e

contenente un vano scala ancora visibile in una foto risalente ai primi del Novecento52

,

scattata prima dei lavori effettuati per la creazione del foyer del teatro Nuovo, che

conduce ai piani superiori. Nell‟angolo sud-est si trova la dimora detta “casa Furlati” e

da lì avanzando verso ovest si riscontra un ambiente rettangolare appartenente alla

famiglia Rizzardi, definito “stallo antico con fienili sopra del Nobil Signor Conte

Antonio Rizzardi” con un ingresso centrale e ai lati di quest‟ultimo, infisse nella parete

esterna – quella rivolta alla corte comune - vi erano le greppie per gli animali,

contrassegnate dalla lettera B53

, disposte simmetricamente; oltre ad esse vi erano due

finestre, che si aprivano al pian terreno. Al suo interno sono riportati due pilastri

centrali, disposti in asse, a sostegno del soffitto. Questo locale era diviso da

un‟“androna comune” tramite una parete senza aperture. Lo stallo era unito al

“torrazzo” da un vano in cui vi erano delle scale che portavano ai piani della torre

stessa, in più vi era un‟apertura che consentiva un accesso diretto ad un vano di

proprietà dei Dandolo.

52

Fotografia risalente al 1930 che restituisce il lato del cortile della casa, distrutto nel 1930 durante i

lavori per il foyer del teatro Nuovo. 53

Sulla pianta si può chiaramente leggere nella legenda: “B. greppie antiche dello Stallo Rizzardi

esistenti in corte et infisse nel muro del detto stallo”.

102

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

4) (lato nord)

Il lato nord del cortile è stato oggetto di un grande rifacimento degli edifici e ciò è

comprensibile grazie al confronto con le foto precedenti i lavori di restauro del

Novecento. L‟edificio addossato alla casa torre è stato alzato di due piani e le tre

aperture presenti alla base sono coerenti con quelle del 1930, benché la terza sia stata

leggermente estesa in altezza, passando dall‟essere una finestra a diventare un terzo

accesso. Questo lato continua con la creazione di quattro archi di uguale dimensione

oltre i quali sono stati posti negozi di souvenir.

a)

b) A. Grimoldi, Restauri a Verona: cultura e pubblico 1866-1940, in L'architettura

a Verona dal periodo napoleonico all'età contemporanea, a cura di P. Brugnoli - A.

Sandrini, Verona 1994, pp. 121-193.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

103

5) (lato est, lavori foyer del teatro Nuovo)

A causa degli interventi per la creazione delle uscite di sicurezza del teatro Nuovo è

stato modificato anche il lato ad est del cortile.

Tramite il confronto fra la carta del 1870 del Ceroni, il progetto di Guglielmi e le

fotografie antecedenti il 1930, è possibile il confronto fra il prima e il dopo. Il cortile è

stato ridimensionato in quanto il pozzo, che era presente sul lato nord, venne rimosso e

la facciata ad est risulta chiaramente ricostruita eliminando parte della distanza fra essa

stessa e la casa di Giulietta. Il fronte si presenta come una sorta di cortina medioevale

sormontata da una merlatura, emblema del periodo che si voleva rievocare.

a)

b)

c) M. Vecchiato et alii, Suggestioni del passato. Immagini di Verona

scaligera [Manifesto]: mostra e catalogo a cura di M. Vecchiato, 2001

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

104

6) (una statua per Giulietta, Nereo Costantini)

Per commemorare il personaggio di Giulietta, nel 1972 venne posta nel cortile della

casa una statua creata da Nereo Costantini in bronzo dorato, la quale fa rivivere in

concreto le parole rivolte dal padre di Romeo al suo nemico Capuleti nell‟atto IV scena

III della tragedia shakespeariana, dove si promette di erigere una statua in onore della

“leale e fedele Giulietta”.

La statua è in posa stante, il che fa riecheggiare un modulo tipico dell‟arte romana al

quale si reca un atteggiamento quasi confidenziale e un‟espressività gentile del volto,

che riporta alle fattezze tipiche delle madonne e dame dell‟età cortese

a)

b) “Ma io posso darti di più: io farò innalzare a tua figlia una statua d'oro puro,

affinché nessuna immagine, finché duri il nome di Verona, sia tenuta in così alto

pregio, come quella della leale e fedele Giulietta”.

(Atto IV, scena III)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

7) (lato sud del cortile, casa di Giulietta, facciata esterna)

Dal confronto con le foto d‟epoca è chiaramente distinguibile il cambiamento apportato

anche al lato sud durante i lavori messi in atto da Antonio Avena.

La facciata esterna della casa si sviluppa su tre piani.

105

a)

b) Antonio Avena, specialmente negli anni precedenti il secondo conflitto

mondiale, fu dedito alla ricerca, identificazione e creazione a Verona dei luoghi

shakespeariani, ritenendo “un atto di doveroso omaggio alla leggenda che prese a

cornice la nostra città e la nostra storia è un tributo d‟onore che si deve al massimo

poeta inglese che la immortalò nel dramma e rese celebre Verona nel mondo”. In

particolar modo, per quanto riguarda l‟edificio cosiddetto casa di Giulietta, è noto che

già dal 1914 il complesso era stato dichiarato di interesse monumentale e nel 1928 il

podestà di Verona aveva avanzato la proposta di ristrutturazione del fabbricato alla

Soprintendenza, ma l‟idea venne respinta dal marchese Alessandro Da Lisca, il quale

rispose che riteneva che lo stabile potesse essere restaurato ed “abbellito” ma che ciò

sarebbe dovuto avvenire con il massimo rispetto delle norme del restauro, senza creare

un falso Duecentesco: “abbellita in modo semplicissimo, senza la velleità di creare un

falso Duecento, con elementi di archi che non si trovano a Verona”.

In seguito, nel 1936 il Comune tentò nuovamente di operare sul complesso

assicurando che il fine sarebbe stato volto al puro consolidamento strutturale e che non

si sarebbe alterato “menomamente le linee architettoniche”, così il Ministro

dell‟Educazione Nazionale approvò, concorde con la Soprintendenza, un intervento

sullo “stabile designato, di recente, come abitazione di Giulietta…” e precisamente

sull‟ala tra via Cappello e il cortile poiché “il lato verso il cortile, privo di elementi

artistici e l‟arco interno dell‟androne erano solcati da numerose fenditure che

destavano qualche preoccupazione per la stabilità delle parti di quell‟edificio”.

Nel 1939 l‟Ufficio Tecnico Comunale decreta un‟estensione dei lavori prevedeva il

rifacimento del lato est del cortile di proprietà comunale.

106

Il capitolato d‟appalto aveva previsto “lo sventramento con nuovi intonaci, solai,

architravi di porte e finestre in calcestruzzo armato ma per serramento si scelgono

invetriate d‟abete legate a piombo”.

Il 5 giugno dell‟anno seguente si decise di estendere i lavori alla vera e propria casa di

Giulietta, in quanto “presenta nei muri trasversali interni numerose fenditure che

tendono ad accentuarsi come è indicato da alcune biffe di segnalazione”. Inizialmente

l‟importo dell‟appalto era stato fissato a 33500 lire, ma durante l‟assenza del

Soprintendente Niccoli, in data 8 agosto 1940, si estesero i lavori e il 3 maggio 1942 si

deliberò in sanatoria un importo aggiuntivo di lire 102375,20 poiché: “trovandosi la

suddetta casa in condizioni d‟instabilità statiche ed igieniche tanto da renderla

inutilizzabile, si resero necessari una serie di lavori aggiuntivi…e come conseguenza di

riordino e decorazione dell‟antica Casa di Giulietta…”.

8) Piano terra: (cliccando sull‟immagine compare la definizione)

a) È presente una finestra bifora, creata con elementi di spolio, in corrispondenza

della quale in precedenza vi era un‟unica finestra

b) Al posto dell‟antico ingresso dotato di gradini è stato sostituito un portone

neogotico ad arco acuto e strombato

107

c) La finestra seguente, procedendo in direzione ovest verso il vòlto, è coerente con

quella antica ed è stata anch‟essa creata con elementi di spolio

d) L‟apertura che nella foto d‟epoca è successiva, è stata chiusa e al suo posto è

stato creato una sorta di rosone a destra del quale è stata posto un ingresso, dotato di

gradini, avente un‟apertura a lunetta in cima

e) Proseguendo verso ovest vi sono due aperture poste l‟una sopra all‟altra con

funzione di finestre

9) Primo piano:

Eliminato il balcone che - come si può vedere nelle foto d‟epoca - correva lungo tutta la

lunghezza della facciata, venne posto il famigerato verone e, in più, vennero inserite

finestre trilobate tardo quattrocentesche, con la tipica cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna.

108

a) finestra trilobata tardo quattrocentesca, con cornice a cordonatura, banda piatta e

modanatura normanna

b) balcone, proveniente da Castelvecchio - prova ne è una foto che ritrae Vittorio

Emanuele III all‟inaugurazione del Museo di Castelvecchio nel 1926- inserito per

ricordare gli incontri fra Romeo e Giulietta

c) due finestre trilobate tardo quattrocentesche, con cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna

d) una finestra trilobata tardo quattrocentesca, con cornice a cordonatura, banda

piatta e modanatura normanna

109

e) una finestrella quadrangolare

f) una finestrella quadrangolare

10) Secondo piano:

a) due finestre vicine quadrangolari

b) due finestre vicine quadrangolari

c) un passaggio coperto ligneo (con due porte finestre)

(Le fotografie rimandano a didascalie)

11) (piano terra)

Varcata la soglia della Casa vi troverete in un ambiente adibito a bookshop. Potrete però

notare sulle pareti sud ed ovest due affreschi.

Voltando a sinistra, prima di salire le scale, vi è un‟effige raffigurante il mezzobusto di

William Shakespeare, scrittore inglese del „500, uno degli autori più noti ad aver trattato

il dramma dei due sventurati amanti veronesi. Sembra che fra gli anni 1594-1595

Shakespeare, il drammaturgo inglese, avesse composto la versione più nota ai nostri

giorni del Romeo e Giulietta, messa in scena per la prima volta alla presenza della

regina Elisabetta I nell‟inverno dell‟anno 1595-1596 e pubblicata poi nel 1597.

Ma il suo dramma ha basi storiche e letterarie in alcuni testi risalenti al primo

Cinquecento italiano:

- Masuccio Salernitano

- Luigi Da Porto

- Matteo Bandello e Gherardo Boldieri

- Il mondo latino

110

a)

Madonna con il bambino in trono, pittore veronese del XV secolo.

Pittura murale staccata.

Inv. 294-1B0545

b)

Il volto santo, pittore veronese del XIV

Affresco staccato nel 1875 dai Palazzi del Tribunale, in piazza dei Signori, attribuito ad

un pittore della metà del XIV secolo della cerchia di Altichiero da Zevio.

Civici Musei d‟Arte e Monumenti. Inv. 545 ac

c)

111

d) Uno dei primi autori da prendere in considerazione è Masuccio Salernitano, che

nel XXXIII racconto contenuto nel Novelliere, pubblicato nel 1476, narra la vicenda di

due amanti senesi: Mariotto Mignanelli e Giannozza Saraceni. Questa è la storia di due

giovani amanti di buona famiglia, il cui amore li porta a vedersi di nascosto. Il loro

matrimonio avviene in segreto, grazie all‟aiuto di un frate, che consegnerà un filtro

prodigioso alla sposa per fingersi morta e scampare da un matrimonio che le era stato

imposto in assenza di Mariotto, che nel mentre era stato costretto ad allontanarsi da

Siena a causa della morte di un uomo durante una rissa, da lui stesso provocata. La

storia termina con la morte prima di Mariotto, che per il mancato recapito di una lettera,

non sa i piani della sposa e tornato a Siena viene riconosciuto e decapitato. Infine, la

novella termina con la morte di Giannozza, che si ritira in monastero e morirà di

consunzione.

e) Dopo quella di Masuccio, la più nota versione del dramma è quella di Luigi da

Porto, uno scrittore vicentino del „500, che racconta di aver appreso della vicenda come

di un fatto vero, dalla voce di un soldato veronese, un certo Pellegrino da Verona. Si sa

che l‟autore dopo essersi ritirato a vita privata, si dedicò alla scrittura della novella, che

la tradizione ci consegna e che prende il nome di: "Historia novellatamente ritrovata di

due nobili amanti con la loro pietosa morte intervenuta già al tempo di Bartolomeo

della Scala", data alla stampa postuma nel 1531, ma probabilmente scritta già nel 1524.

Il racconto presenta moltissimi caratteri vicini alla vicenda che successivamente verrà

narrata da Shakespeare, discosta solo la morte della protagonista che pone fine alla sua

esistenza trattenendo il respiro e non pugnalandosi.

Oltre a queste versioni, in seguito, ve ne saranno numerose altre, come quella di Matteo

Bandello (1485-1561). Egli riprese la novella del Da Porto e fece risalire la sua prima

narrazione orale del dramma al 1532, quando si trovava al servizio di Cesare Fregoso.

L‟autore si stabilì a Verona proprio nell‟anno della morte del Da Porto e già nel 1536-

1537 aveva abbozzato il racconto servendosi della novella precedentemente citata, ma

solo nel 1554 si avrà un‟edizione definitiva del testo, il quale troverà posto nei suoi

Quattro libri delle Novelle editi a Lucca da Vincenzo Bustrago.

Un‟ulteriore versione delle vicende dei due amanti si avrà in un poemetto anonimo,

attribuito a Gherardo Boldieri (1497-1571) dal titolo L‟infelice amore de i due

fedelissimi amanti Giulia e Romeo scritto in ottava rima da Clizia nobile veronese ad

Ardeo suo, edito a Venezia da Gabriele Giolito de‟ Ferrari nel 1553 e dedicato a Vittoria

Farnese della Rovere duchessa di Urbino. L‟episodio di Romeo e Giulia risulta

112

marginale in quanto viene inserito nella vicenda principale, ovvero, la storia dell‟amore

contrastato fra Clizia e Ardeo, dove la giovane, dopo quattordici anni di impedimenti

medita il suicidio e proprio in quel momento narra la storia di Romeo e Giulia come

fatto esemplare.

f) Anche nel mondo latino esiste un precedente che adotta nella propria narrazione

l‟elemento dell‟amore ostacolato e della morte apparente, si tratta del Piramo e Tisbe

contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio, un‟opera del III secolo d.C.. Proprio come nella

storia di Romeo e Giulietta i due giovani si innamorano ma vengono ostacolati dalle

famiglie, riescono a parlarsi solo tramite una fessura in un muro, cercano di incontrarsi

in segreto ma, a causa di un malinteso Piramo si suicida credendo morta Tisbe, la quale

alla vista dell‟amato riverso a terra ai piedi di un gelso decide di uccidersi a sua volta.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

12) (primo piano – dipinti di Chierici e Dall‟Oca Bianca)

Accedendo al primo piano tramite una scala lignea si possono osservare i pregiati arredi

in stile rinascimentale e le opere pittoriche ispirate alla tragedia amorosa, realizzate da

Angelo Dall‟Oca Bianca, il quale propone La morte di Giulietta e Romeo assieme a un

Piazza Erbe.

Altro dipinto presente è Giulietta e Romeo dell‟emiliano Gaetano Chierici (1838-1904,

circa). Lo sfondo rappresentato ricorda molto la struttura del primo piano della Casa.

a)

113

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

13) (secondo piano – sala principale)

Procedendo la visita si raggiunge il secondo piano, dove vi sono quattro affreschi

cinquecenteschi con Candelabre di fiori e frutta di Bernardino India (1528-1590) -

staccati dalla facciata del Palazzo di Fiorio della Seta presso Ponte Nuovo nel 1891 al

momento della demolizione dell‟edificio stesso.

Sono presenti, inoltre, due affreschi molto importanti in quanto attribuiti a Paolo

Caliari, detto il Veronese. I due affreschi hanno come oggetto una Donna al balcone –

il quale faceva parte di un ciclo con Storie di Alessandro Magno distrutto nell‟ultima

guerra - e un Ritratto di signora, sono entrambi riferibili alla metà del Cinquecento e

vennero staccati da palazzo Contarini-Borella nella contrada di San Marco nel 1876.

Proprio nella sala principale i può individuare l‟unico residuo di pittura originale

consistente in un frammento di bordura a “finto vaio”, riproducente quindi i festoni di

pelli d‟ermellino che erano indice di grande ricchezza nelle dimore dei più abbienti.

a)

b)

114

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

14) (casa torre – piano secondo - vestiti Zeffirelli)

Dopo aver attraversato un passaggio coperto si accede al secondo piano della casa torre.

Numerosi sono gli inserimenti di elementi tratti da altri edifici, come il muro di conci

alternati di pietra e mattoni. Originariamente tale muro doveva essere esterno, secondo

la prassi costruttiva locale dell‟epoca. Verso l‟estremità superiore del muro è visibile un

affresco rappresentante una Trinità e santi poggiato su una mensola, il che

avvalorerebbe l‟idea che tale muro si trovasse in origine posto all‟esterno.

In quest‟area sono presenti i costumi di scena adottati per il film Romeo e Giulietta di

Franco Zeffirelli del 1968. I costumi di scena esemplificano come dovevano essere gli

abiti indossati al tempo dei due protagonisti del dramma shakespeariano. È dal 2002 che

si può notare tale allestimento legato al celebre film del 1968. Il tutto è stato predisposto

dalla Direzione dei Civici Musei e curato dall‟architetto Alberto Erseghe.

Verso destra è inoltre possibile vedere un dipinto del XV secolo, attribuito ad un pittore

veronese della cerchia di Antonio Badile e raffigurante una Madonna con Bambino.

La decorazione murale a motivi geometrici e ornamentali prende a ispirazione i modelli

di età scaligera, però è stata inserita ex novo negli anni trenta del Novecento.

a)

115

b)

c)

d)

e)

116

f)

g)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

14) (terzo piano - scrittoio e affresco)

Salendo al terzo piano si trovano due sale.

La prima è una stanza sulle cui pareti sono presenti numerosi motivi decorativi

geometrici legati ai modelli scaligeri. Nella seconda sala vi è una sorta di scrittoio: si

tratta della postazione ideata da Pucci De Rossi grazie alla quale è possibile inviare

messaggi e lettere a Giulietta.

In questa sala è presente un affresco attribuito a Maestro Cicogna, che proviene dal

Palazzo del Mercato Vecchio e staccato nel 1895.

117

a)

b) Dal 2003 è presente un tavolo telematico voluto dalla direttrice dei Musei

cittadini Paola Marini e disegnato da Pucci De Rossi. Questa installazione appare come

una sorta di macchina medievale dotata di computer e monitor, atti a raccogliere e

archiviare messaggi che i fruitori museali possono inviare a “Giulietta”. Inoltre tale

strumento è utile per far si che i visitatori possano accedere ad una banca dati

contenente diverse testimonianze culturali relative alla storia di Giulietta e Romeo.

-

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

15) (piano quarto - sale ceramiche)

Salendo due rampe di scale si giunge al quarto piano, dove vi sono due sale contenenti

dieci formelle in terracotta e ceramiche di diversa forma e tipologia disposte in due sale.

118

- sala uno

- sala due

d) Nella prima sala sono presenti dieci formelle ceramiche appartenenti ad un

gruppo di quarantotto formelle della seconda metà del XV secolo e una vetrina

suddivisa in tre scaffali contenenti nel primo scaffale due bacini, nel secondo una coppa

e tre scodelle - terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di XV secolo - e nel terzo

tre scodelle - terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di metà XVI secolo. Le

pareti presentano tre nicchie di forma pentagonale ed una dalle linee miste.

-

-

-

-

119

e) Nella seconda sala, nella quale il leggìo ligneo riporta l‟atto V, scena III, sono

allestite tre vetrine contenenti ceramiche.

La prima vetrina è a quattro scaffali, nel primo dei quali vi sono tre boccali - in

terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di inizi XVII – nel secondo una scodella,

un vaso contenitore ed un boccale - in terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di

fine XVI – nel terzo un bacino e due scodelle - in terracotta ingobbiata graffita dipinta

invetriata di XVII – e nell‟ultimo un piatto - in terracotta ingobbiata dipinta monocroma

XVI-XVII

-

-

-

-

La seconda vetrina è a tre scaffali, sul primo vi sono due scodelle ed un boccale - in

ceramica graffita del XV- , sul secondo due scodelle in ceramica graffita del XV e

sull‟ultimo due scodelle - in ceramica graffita del XV- e un versatoio - in ceramica

graffita con protome animale della prima metà del XVI.

120

-

-

-

La terza vetrina è doppia a tre scaffali.

La vetrina a sinistra sul primo scaffale contiene un piatto – in maiolica berrettina di fine

XVI - e una scodellina in maiolica berrettina di metà XVII. Il secondo scaffale conserva

un piattello – in maiolica berrettina di fine XVI. Iluna scodella – in maiolica prima metà

XVII - una coppetta blansata – in maiolica di fine XVI- e una scodella – in maiolica

“alla turchesca della prima metà del XVII.

-

-

121

-

La vetrina a destra sul primo scaffale contiene un boccale – in maiolica di fine XVI- e

un piatto –in maiolica di fine XVI. Sul secondo vi sono tre boccali – in maiolica di fine

XVI. Sul terzo è conservato un primo piattello – in maiolica di fine XVI – un secondo

piattello – in maiolica decorata in “stile compendiario” di metà XVI – ed una scodellina

blansata – in maiolica del XVI.

-

-

-

Sul lato ovest della sala vi è una finestra con vista su via Cappello, ad est vi sono due

finestre e a sud una dalla quale si può vedere Verona dall‟alto, le mura della cinta

scaligera e Castel San Pietro. Il soffitto è stellato. Sui lati delle pareti vi sono cinque

nicchiette pentagonali ed una rettangolare.

-

122

-

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

16) Per tornare indietro sarà necessario scendere per la rampa che porta fino al

passaggio coperto e di lì accedere alla seconda rampa di scale porta più verso ovest

rispetto alla porta finestra usata per il tragitto iniziale. Si scende dunque per una scala a

chiocciola che riporta al primo piano e di lì si può ripercorrere il percorso fatto in

partenza per poi uscire e ritrovarsi nel cortile.

IV, 8 : Terzo percorso: un giorno a Verona

I punti focali da tenere presenti, in quello che potrebbe essere un progetto attuabile nel

contesto musealizzato di Casa di Giulietta, sono i seguenti:

TITOLO: In fair Verona…

DESTINATARI: turisti in visita a Verona

OBBIETTIVI DEL PERCORSO: percorso organizzato in modo tale da comunicare

determinate informazioni agli utenti, senza sovraccaricarli con un peso eccessivo di

nozioni. Il percorso è mirato a suscitare l‟interesse dei visitatori ai quali viene proposto

un percorso da seguire e vengono suggeriti link con bibliografia e ampliamenti degli

argomenti introdotti dai tag.

STRUMENTI UTILIZZATI: devices portatili (smartphone, tablet e PDA)

SVOLGIMENTO: contemporaneamente con lo svolgimento naturale del percorso, i

visitatori possono sfruttare il proprio smartphone per controllare i punti su cui focalizzare

la propria attenzione. Sono, infatti, stati in precedenza scelti e taggati su una mappa

virtuale alcuni punti di interesse, che andranno a creare un itinerario da seguire, grazie al

quale farsi un‟idea più precisa di ciò che si sta visionando. Tale applicazione/sito può

essere usato sia prima della visita – in modo da pianificare e capire cosa aspettarsi dal

123

contesto- sia durante – per avere un quadro sempre più chiaro di ciò che si sta guardando-

sia dopo –in modo tale da fissare gli argomenti enunciati durante la mattinata.

Come per i precedenti percorsi, anche il terzo percorso prevede che i tag individuati

vengano suddivisi per punti all‟esterno e punti all‟interno dell‟edificio. Per quanto

riguarda i punti all‟interno vi sarà un‟ulteriore suddivisione per piani e, infine, per stanze.

Vengono qui schematizzati i contenuti del sito/App.

L‟elenco numerato indica i tag previsti per il percorso, le lettere i contenuti

visualizzabili ed i trattini i sottocontenuti ulteriormente ricercabili.

Vengono qui schematizzati i contenuti del sito/App.

L‟elenco numerato indica i tag previsti per il percorso, le lettere i contenuti

visualizzabili ed i trattini i sottocontenuti ulteriormente ricercabili.

1) (Facciata d‟ingresso)

Vi trovate in una delle strade principali della Verona romana, ovvero il cardo maximus.

Ma via Cappello n. 23 non è importante solo per questa ragione, ma anche per il fatto

che proprio qui si può visitare l‟edificio ormai noto come Casa di Giulietta.

Tale edificio ha alle sue spalle una lunga storia segnata da cambiamenti a livello

funzionale e formale. Infatti, se provate a guardare con attenzione la facciata della casa

torre davanti alla quale vi trovate, potrete notare come il tessuto murario a fasce

alternate di pietra calcarea e mattoni non sia uniforme e come alcune finestre nella parte

superiore siano state murate modificandone l‟aspetto.

Prestando ulteriore attenzione sarà possibile comprendere che la facciata non deve

essere sorta in una sola fase, ma bensì - secondo vari studi – deve esser stata costruita in

due momenti uno successivo all‟altro. Pertanto, la parte verso nord risulta esser sorta

intorno al 1200 e la parte più a sud in una fase più recente.

In alto, sul portone della casa, si può scorgere un‟epigrafe che recita:

Queste furono le case dei Capuleti/donde uscì la Giulietta/per cui/tanto piansero i cuori

gentili/e i poeti cantarono.

Vittorio Betteloni, in uno scritto datato al giorno 20 maggio 1906, in cui si tratta intorno

all‟oggetto “Casa di Giulietta”, che proprio in quegli anni era stato deciso di restaurare,

propone invece di porre un‟iscrizione che reciti:

124

In questa casa/ narra la tradizione popolare/che abitasse Giulietta/le cui amorose e

dolorose avventure/suggerendo/al più grande tragico moderno/un dramma

immortale/mossero a pietà/l‟intero mondo civile.

Modificando l‟epigrafe in tale modo non si distrugge la leggenda e si salva il vero per

quanto concerne la casa.

a)

b) - D. Zumiani, Giulietta e Verona: spazi e immagini del mito, in Marini P. et alii,

Medioevo ideale e Medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del

primo Novecento, 2003

- M. Vecchiato et alii, Suggestioni del passato. Immagini di Verona

scaligera [Manifesto]: mostra e catalogo a cura di M. Vecchiato, 2001

c)

d) V. Betteloni, La storia di Giulietta e Romeo. Con una avvertenza sul Museo

shakesperiano di Gianfranco Betteloni, Verona, 1934.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

2) (Stemma scolpito sull‟arco di volta)

Dopo aver oltrepassato il vòlto d‟accesso, girandosi e guardando in alto è possibile

scorgere lo stemma della famiglia Cappello, scolpito sull‟arco di volta. La famiglia

Cappello risulta ancora presente all‟inizio della dominazione veneziana e si documenta

il loro ruolo di speciarii, ovvero farmacisti.

125

Nel 1828 il poeta tedesco Heinrich Heine descrisse la dimora che state osservando.

a)

b) Per quanto concerne la proprietà della casa, è noto che da metà Quattrocento la

famiglia Cappello conservò la proprietà pur mettendo in affitto sia lo stallo sia le

botteghe. Dall‟analisi di un atto d‟archivio del 1681 si evince che la proprietà della casa,

nel corso del tempo ha subito diversi passaggi e che fra il 1666 e il 1667 la famiglia di

Carlo Rizzardi entrò in possesso di due parti del complesso. La famiglia Rizzardi

manterrà il possesso del complesso sino al 1837.

b1) D. Zumiani, Giulietta e Verona: spazi e immagini del mito, in Marini P. et alii,

Medioevo ideale e Medioevo reale nella cultura urbana. Antonio Avena e la Verona del

primo Novecento, 2003

b2) ASVr, Ant. Est. Provv., reg.46, c. 245v., si evince che “Carlo Rizzardi di anni 63

denuncia una casa con stallo detto del “Cappello”, una parte acquistata nel 1666 dal

sig. Mario Quarti e una parte del 1667 dal sig. Moscardo Cappello”

c) “casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito

al di sopra la porta interna. E oggidì - prosegue amaramente - una sordida bettola per i

vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è

appeso come insegna”. H. Heine, Reisebilder, 1931, pp.88-89

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

3) (parete ovest)

La casa torre si sviluppa in altezza su quattro piani, sono evidenti i lavori di messa in

sicurezza e restauro anche di questa parte. Inoltre, nell‟area che, secondo la pianta dello

stallo fatta da Ceroni nel 1780, doveva essere adibita a pistoria, ora è stato aperto un

negozio di souvenir, sopra il cui ingresso è possibile notare quella che – come

confermerebbe suddetta carta - doveva essere una finestra interna atta a portar luce al

panificio.

126

a) Potrebbe trattarsi di una delle numerose torri documentate in età comunale,

situate nell‟area compresa fra il Ponte Navi, il Ponte Nuovo e Piazza Erbe, zona molto

rilevante per il controllo del mercato cittadino. Queste torri appartenevano alla famiglia

dei Conti Sanbonifacio, avversi alla fazione dei Monticoli (o Montecchi)

a1) Anche Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, citò il nome della famiglia

Montecchi: “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti/Monaldi e Filippeschi, uom sanza

cura: color già tristi, e questi con sospetti!” (Purgatorio, VI, 106)

a2) G.M. Varanini, Torri e casetorri a Verona in età comunale: assetto urbano e classe

dirigente, in Paesaggi urbani dell'Italia padana nei secoli VIII–XIV,Bologna,1988

b)

Pianta dello stallo del Cappello redatta da Pietro Ceroni, pubblico perito nel giorno 27

settembre 1780 (collezione privata)

b1) I nomi delle famiglie a cui appartengono gli spazi della casa sono: Dandolo,

Ferrari, Furlati e Rizzardi.

Alle prime due famiglie appartiene l‟area nord occidentale a ridosso della “strada

comune che dalla Piazza va alla Stella” – l‟attuale via Cappello -, in cui vi era l‟unico

accesso ai grandi vani che venivano utilizzati dalla famiglia come pistoria, ovvero,

panifici. L‟ambiente era illuminato grazie ad una finestra posta sul fronte interno, che

dava sul cortile.

Proseguendo verso est in corrispondenza della “strada introl dei Crosoni” si vede

chiaramente che l‟ambiente era stato suddiviso in più vani adibiti a “stallette” di

proprietà dei Furlati, di cui una era dotata di “greppie nuove”. In corrispondenza di

questi vani, sul fronte affacciato sul cortile sono messi ben in evidenza un pozzo ed una

scala esterna. Procedendo oltre si può individuare “l‟ingresso Furlati” che porta alla

“stalla” passando per una “corticella” e si giunge così ad un porticato adibito a stalla e

127

contenente un vano scala ancora visibile in una foto risalente ai primi del Novecento,

scattata prima dei lavori effettuati per la creazione del foyer del teatro Nuovo, che

conduce ai piani superiori. Nell‟angolo sud-est si trova la dimora detta “casa Furlati” e

da lì avanzando verso ovest si riscontra un ambiente rettangolare appartenente alla

famiglia Rizzardi, definito “stallo antico con fienili sopra del Nobil Signor Conte

Antonio Rizzardi” con un ingresso centrale e ai lati di quest‟ultimo, infisse nella parete

esterna – quella rivolta alla corte comune - vi erano le greppie per gli animali,

contrassegnate dalla lettera B, disposte simmetricamente; oltre ad esse vi erano due

finestre, che si aprivano al pian terreno. Al suo interno sono riportati due pilastri

centrali, disposti in asse, a sostegno del soffitto. Questo locale era diviso da

un‟“androna comune” tramite una parete senza aperture. Lo stallo era unito al

“torrazzo” da un vano in cui vi erano delle scale che portavano ai piani della torre

stessa, in più vi era un‟apertura che consentiva un accesso diretto ad un vano di

proprietà dei Dandolo.

c)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

4) (lato nord)

Il lato nord del cortile è stato oggetto di un grande rifacimento degli edifici e ciò è

comprensibile grazie al confronto con le foto precedenti i lavori di restauro del

Novecento. L‟edificio addossato alla casa torre è stato alzato di due piani e le tre

aperture presenti alla base sono coerenti con quelle del 1930, benché la terza sia stata

leggermente estesa in altezza, passando dall‟essere una finestra a diventare un terzo

128

accesso. Questo lato continua con la creazione di quattro archi di uguale dimensione

oltre i quali sono stati posti negozi di souvenir.

a)

b) A. Grimoldi, Restauri a Verona: cultura e pubblico 1866-1940, in L'architettura

a Verona dal periodo napoleonico all'età contemporanea, a cura di P. Brugnoli - A.

Sandrini, Verona 1994, pp. 121-193.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

5) (lato est, lavori foyer del teatro Nuovo)

A causa degli interventi per la creazione delle uscite di sicurezza del teatro Nuovo è

stato modificato anche il lato ad est del cortile.

Tramite il confronto fra la carta del 1870 del Ceroni, il progetto di Guglielmi e le

fotografie antecedenti il 1930, è possibile il confronto fra il prima e il dopo.

Il cortile è stato ridimensionato in quanto il pozzo, che era presente sul lato nord, venne

rimosso e la facciata ad est risulta chiaramente ricostruita eliminando parte della

distanza fra essa stessa e la casa di Giulietta.

Il fronte si presenta come una sorta di cortina medioevale sormontata da una merlatura,

emblema del periodo che si voleva rievocare.

129

a)

b)

c) M. Vecchiato et alii, Suggestioni del passato. Immagini di Verona

scaligera [Manifesto]: mostra e catalogo a cura di M. Vecchiato, 2001

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

6) (una statua per Giulietta, Nereo Costantini)

Per commemorare il personaggio di Giulietta, nel 1972 venne posta nel cortile della

casa una statua creata da Nereo Costantini in bronzo dorato, la quale fa rivivere in

concreto le parole rivolte dal padre di Romeo al suo nemico Capuleti nell‟atto IV scena

III della tragedia shakespeariana, dove si promette di erigere una statua in onore della

“leale e fedele Giulietta”.

130

La statua è in posa stante, il che fa riecheggiare un modulo tipico dell‟arte romana al

quale si reca un atteggiamento quasi confidenziale e un‟espressività gentile del volto,

che riporta alle fattezze tipiche delle madonne e dame dell‟età cortese

a)

b) “Ma io posso darti di più: io farò innalzare a tua figlia una statua d'oro puro,

affinché nessuna immagine, finché duri il nome di Verona, sia tenuta in così alto

pregio, come quella della leale e fedele Giulietta”.

(Atto IV, scena III)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

7) (lato sud del cortile, casa di Giulietta, facciata esterna)

Vi trovate davanti all‟ingresso della famosa Casa di Giulietta. Sulla facciata esterna si

può notare un‟epigrafe contenente uno dei versi più noti della tragedia di Shakespeare.

Dal confronto con le foto d‟epoca è chiaramente distinguibile il cambiamento apportato

anche al lato sud durante i lavori messi in atto da Antonio Avena.

La facciata esterna della casa si sviluppa su tre piani.

Elemento molto importante è il famoso balcone che sostituì - come si può vedere nelle

foto d‟epoca - il precedente che correva lungo tutta la lunghezza della facciata.

Il balcone, proveniente da Castelvecchio – come si può vedere in una foto che ritrae

Vittorio Emanuele III all‟inaugurazione del Museo di Castelvecchio nel 1926 – venne

inserito per ricordare gli incontri fra Romeo e Giulietta

131

a)

b) “Ma quale luce apre l‟ombra da quel balcone? Ecco l‟oriente e Giulietta è il

sole oh è la mia donna, è il mio amore!” atto II, scena II

c)

d) Antonio Avena, specialmente negli anni precedenti il secondo conflitto

mondiale, fu dedito alla ricerca, identificazione e creazione a Verona dei luoghi

shakespeariani, ritenendo “un atto di doveroso omaggio alla leggenda che prese a

cornice la nostra città e la nostra storia è un tributo d‟onore che si deve al massimo

poeta inglese che la immortalò nel dramma e rese celebre Verona nel mondo”. In

particolar modo, per quanto riguarda l‟edificio cosiddetto casa di Giulietta, è noto che

già dal 1914 il complesso era stato dichiarato di interesse monumentale e nel 1928 il

podestà di Verona aveva avanzato la proposta di ristrutturazione del fabbricato alla

Soprintendenza, ma l‟idea venne respinta dal marchese Alessandro Da Lisca. In

seguito, nel 1936 il Comune tentò nuovamente di operare sul complesso assicurando

che il fine sarebbe stato volto al puro consolidamento strutturale e che non si sarebbe

alterato “menomamente le linee architettoniche”, così il Ministro dell‟Educazione

Nazionale approvò, concorde con la Soprintendenza, un intervento sullo “stabile

designato, di recente, come abitazione di Giulietta…” e precisamente sull‟ala tra via

Cappello e il cortile poiché “il lato verso il cortile, privo di elementi artistici e l‟arco

132

interno dell‟androne erano solcati da numerose fenditure che destavano qualche

preoccupazione per la stabilità delle parti di quell‟edificio”.

Nel 1939 l‟Ufficio Tecnico Comunale decreta un‟estensione dei lavori prevedeva il

rifacimento del lato est del cortile di proprietà comunale.

Il 5 giugno dell‟anno seguente si decise di estendere i lavori alla vera e propria casa di

Giulietta, in quanto “presenta nei muri trasversali interni numerose fenditure che

tendono ad accentuarsi come è indicato da alcune biffe di segnalazione”. Inizialmente

l‟importo dell‟appalto era stato fissato a 33500 lire, ma durante l‟assenza del

Soprintendente Niccoli, in data 8 agosto 1940, si estesero i lavori e il 3 maggio 1942 si

deliberò in sanatoria un importo aggiuntivo di lire 102375,20 poiché: “trovandosi la

suddetta casa in condizioni d‟instabilità statiche ed igieniche tanto da renderla

inutilizzabile, si resero necessari una serie di lavori aggiuntivi…e come conseguenza di

riordino e decorazione dell‟antica Casa di Giulietta…”.

e)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

8) (piano terra)

Varcata la soglia della Casa vi troverete in un ambiente adibito a bookshop. Potrete però

notare sulle pareti sud ed ovest due affreschi.

Voltando a sinistra, prima di salire le scale, vi è un‟effige raffigurante il mezzobusto di

William Shakespeare, scrittore inglese del „500, uno degli autori più noti ad aver trattato

il dramma dei due sventurati amanti veronesi. Sembra che fra gli anni 1594-1595

Shakespeare, il drammaturgo inglese, avesse composto la versione più nota ai nostri

133

giorni del Romeo e Giulietta, messa in scena per la prima volta alla presenza della

regina Elisabetta I nell‟inverno dell‟anno 1595-1596 e pubblicata poi nel 1597.

Ma il suo dramma ha basi storiche e letterarie in alcuni testi risalenti al primo

Cinquecento italiano:

- Masuccio Salernitano

- Luigi Da Porto

- Matteo Bandello e Gherardo Boldieri

- Il mondo latino

a)

Madonna con il bambino in trono, pittore veronese del XV secolo.

Pittura murale staccata.

Inv. 294-1B0545

b)

Il volto santo, pittore veronese del XIV

Affresco staccato nel 1875 dai Palazzi del Tribunale, in piazza dei Signori, attribuito ad

un pittore della metà del XIV secolo della cerchia di Altichiero da Zevio.

134

Civici Musei d‟Arte e Monumenti. Inv. 545 ac

c)

d) Uno dei primi autori da prendere in considerazione è Masuccio Salernitano, che

nel XXXIII racconto contenuto nel Novelliere, pubblicato nel 1476, narra la vicenda di

due amanti senesi: Mariotto Mignanelli e Giannozza Saraceni. Questa è la storia di due

giovani amanti di buona famiglia, il cui amore li porta a vedersi di nascosto. Il loro

matrimonio avviene in segreto, grazie all‟aiuto di un frate, che consegnerà un filtro

prodigioso alla sposa per fingersi morta e scampare da un matrimonio che le era stato

imposto in assenza di Mariotto, che nel mentre era stato costretto ad allontanarsi da

Siena a causa della morte di un uomo durante una rissa, da lui stesso provocata. La

storia termina con la morte prima di Mariotto, che per il mancato recapito di una lettera,

non sa i piani della sposa e tornato a Siena viene riconosciuto e decapitato. Infine, la

novella termina con la morte di Giannozza, che si ritira in monastero e morirà di

consunzione.

e) Dopo quella di Masuccio, la più nota versione del dramma è quella di Luigi da

Porto, uno scrittore vicentino del „500, che racconta di aver appreso della vicenda come

di un fatto vero, dalla voce di un soldato veronese, un certo Pellegrino da Verona. Si sa

che l‟autore dopo essersi ritirato a vita privata, si dedicò alla scrittura della novella, che

la tradizione ci consegna e che prende il nome di: "Historia novellatamente ritrovata di

due nobili amanti con la loro pietosa morte intervenuta già al tempo di Bartolomeo

della Scala", data alla stampa postuma nel 1531, ma probabilmente scritta già nel 1524.

Il racconto presenta moltissimi caratteri vicini alla vicenda che successivamente verrà

narrata da Shakespeare, discosta solo la morte della protagonista che pone fine alla sua

esistenza trattenendo il respiro e non pugnalandosi.

Oltre a queste versioni, in seguito, ve ne saranno numerose altre, come quella di Matteo

Bandello (1485-1561). Egli riprese la novella del Da Porto e fece risalire la sua prima

narrazione orale del dramma al 1532, quando si trovava al servizio di Cesare Fregoso.

L‟autore si stabilì a Verona proprio nell‟anno della morte del Da Porto e già nel 1536-

135

1537 aveva abbozzato il racconto servendosi della novella precedentemente citata, ma

solo nel 1554 si avrà un‟edizione definitiva del testo, il quale troverà posto nei suoi

Quattro libri delle Novelle editi a Lucca da Vincenzo Bustrago.

Un‟ulteriore versione delle vicende dei due amanti si avrà in un poemetto anonimo,

attribuito a Gherardo Boldieri (1497-1571) dal titolo L‟infelice amore de i due

fedelissimi amanti Giulia e Romeo scritto in ottava rima da Clizia nobile veronese ad

Ardeo suo, edito a Venezia da Gabriele Giolito de‟ Ferrari nel 1553 e dedicato a Vittoria

Farnese della Rovere duchessa di Urbino. L‟episodio di Romeo e Giulia risulta

marginale in quanto viene inserito nella vicenda principale, ovvero, la storia dell‟amore

contrastato fra Clizia e Ardeo, dove la giovane, dopo quattordici anni di impedimenti

medita il suicidio e proprio in quel momento narra la storia di Romeo e Giulia come

fatto esemplare.

f) Anche nel mondo latino esiste un precedente che adotta nella propria narrazione

l‟elemento dell‟amore ostacolato e della morte apparente, si tratta del Piramo e Tisbe

contenuto nelle Metamorfosi di Ovidio, un‟opera del III secolo d.C.. Proprio come nella

storia di Romeo e Giulietta i due giovani si innamorano ma vengono ostacolati dalle

famiglie, riescono a parlarsi solo tramite una fessura in un muro, cercano di incontrarsi

in segreto ma, a causa di un malinteso Piramo si suicida credendo morta Tisbe, la quale

alla vista dell‟amato riverso a terra ai piedi di un gelso decide di uccidersi a sua volta.

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

8) (primo piano – dipinti di Chierici e Dall‟Oca Bianca)

Accedendo al primo piano tramite una scala lignea si possono osservare i pregiati arredi

in stile rinascimentale e le opere pittoriche ispirate alla tragedia amorosa, realizzate da

Angelo Dall‟Oca Bianca, il quale propone La morte di Giulietta e Romeo assieme a un

Piazza Erbe.

Altro dipinto presente è Giulietta e Romeo dell‟emiliano Gaetano Chierici (1838-1904,

circa). Lo sfondo rappresentato ricorda molto la struttura del primo piano della Casa.

Su questo piano vengo allestite, inoltre, mostre temporanee su diversi temi.

136

a)

b)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

9) (secondo piano – sala principale)

Procedendo la visita si raggiunge il secondo piano, dove vi sono quattro affreschi

cinquecenteschi con Candelabre di fiori e frutta di Bernardino India (1528-1590) -

staccati dalla facciata del Palazzo di Fiorio della Seta presso Ponte Nuovo nel 1891 al

momento della demolizione dell‟edificio stesso.

Sono presenti, inoltre, due affreschi molto importanti in quanto attribuiti a Paolo

Caliari, detto il Veronese. I due affreschi hanno come oggetto una Donna al balcone –

il quale faceva parte di un ciclo con Storie di Alessandro Magno distrutto nell‟ultima

guerra - e un Ritratto di signora, sono entrambi riferibili alla metà del Cinquecento e

vennero staccati da palazzo Contarini-Borella nella contrada di San Marco nel 1876.

Proprio nella sala principale i può individuare l‟unico residuo di pittura originale

consistente in un frammento di bordura a “finto vaio”, riproducente quindi i festoni di

pelli d‟ermellino che erano indice di grande ricchezza nelle dimore dei più abbienti.

137

c)

d)

e)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

10) (casa torre – piano secondo - vestiti Zeffirelli)

Dopo aver attraversato un passaggio coperto si accede al secondo piano della casa torre.

Numerosi sono gli inserimenti di elementi tratti da altri edifici, come il muro di conci

alternati di pietra e mattoni. Originariamente tale muro doveva essere esterno, secondo

la prassi costruttiva locale dell‟epoca. Verso l‟estremità superiore del muro è visibile un

affresco rappresentante una Trinità e santi poggiato su una mensola, il che

avvalorerebbe l‟idea che tale muro si trovasse in origine posto all‟esterno.

In quest‟area sono presenti i costumi di scena adottati per il film Romeo e Giulietta di

Franco Zeffirelli del 1968. I costumi di scena esemplificano come dovevano essere gli

abiti indossati al tempo dei due protagonisti del dramma shakespeariano. È dal 2002 che

si può notare tale allestimento legato al celebre film del 1968. Il tutto è stato predisposto

dalla Direzione dei Civici Musei e curato dall‟architetto Alberto Erseghe.

Verso destra è inoltre possibile vedere un dipinto del XV secolo, attribuito ad un pittore

veronese della cerchia di Antonio Badile e raffigurante una Madonna con Bambino.

138

La decorazione murale a motivi geometrici e ornamentali prende a ispirazione i modelli

di età scaligera, però è stata inserita ex novo negli anni trenta del Novecento.

a)

b)

c)

d)

139

e)

f)

g)

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

11) (terzo piano - scrittoio e affresco)

Salendo al terzo piano si trovano due sale.

La prima è una stanza sulle cui pareti sono presenti numerosi motivi decorativi

geometrici legati ai modelli scaligeri. Nella seconda sala vi è una sorta di scrittoio: si

140

tratta della postazione ideata da Pucci De Rossi grazie alla quale è possibile inviare

messaggi e lettere a Giulietta.

In questa sala è presente un affresco attribuito a Maestro Cicogna, che proviene dal

Palazzo del Mercato Vecchio e staccato nel 1895.

a)

b) Dal 2003 è presente un tavolo telematico voluto dalla direttrice dei Musei

cittadini Paola Marini e disegnato da Pucci De Rossi. Questa installazione appare come

una sorta di macchina medievale dotata di computer e monitor, atti a raccogliere e

archiviare messaggi che i fruitori museali possono inviare a “Giulietta”. Inoltre tale

strumento è utile per far si che i visitatori possano accedere ad una banca dati

contenente diverse testimonianze culturali relative alla storia di Giulietta e Romeo.

-

c)

141

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

12) (piano quarto - sale ceramiche)

Salendo due rampe di scale si giunge al quarto piano, dove vi sono due sale contenenti

dieci formelle in terracotta e ceramiche di diversa forma e tipologia disposte in due sale.

- sala uno

- sala due

d) Nella prima sala sono presenti dieci formelle ceramiche appartenenti ad un

gruppo di quarantotto formelle della seconda metà del XV secolo e una vetrina

suddivisa in tre scaffali contenenti nel primo scaffale due bacini, nel secondo una coppa

e tre scodelle - terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di XV secolo - e nel terzo

tre scodelle - terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di metà XVI secolo. Le

pareti presentano tre nicchie di forma pentagonale ed una dalle linee miste.

-

-

-

142

-

e) Nella seconda sala, nella quale il leggìo ligneo riporta l‟atto V, scena III, sono

allestite tre vetrine contenenti ceramiche.

La prima vetrina è a quattro scaffali, nel primo dei quali vi sono tre boccali - in

terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di inizi XVII – nel secondo una scodella,

un vaso contenitore ed un boccale - in terracotta ingobbiata graffita dipinta invetriata di

fine XVI – nel terzo un bacino e due scodelle - in terracotta ingobbiata graffita dipinta

invetriata di XVII – e nell‟ultimo un piatto - in terracotta ingobbiata dipinta monocroma

XVI-XVII

-

-

-

143

-

La seconda vetrina è a tre scaffali, sul primo vi sono due scodelle ed un boccale - in

ceramica graffita del XV- , sul secondo due scodelle in ceramica graffita del XV e

sull‟ultimo due scodelle - in ceramica graffita del XV- e un versatoio - in ceramica

graffita con protome animale della prima metà del XVI.

-

-

-

La terza vetrina è doppia a tre scaffali.

La vetrina a sinistra sul primo scaffale contiene un piatto – in maiolica berrettina di fine

XVI - e una scodellina in maiolica berrettina di metà XVII. Il secondo scaffale conserva

un piattello – in maiolica berrettina di fine XVI. Iluna scodella – in maiolica prima metà

XVII - una coppetta blansata – in maiolica di fine XVI- e una scodella – in maiolica

“alla turchesca della prima metà del XVII.

144

-

-

-

La vetrina a destra sul primo scaffale contiene un boccale – in maiolica di fine XVI- e

un piatto –in maiolica di fine XVI. Sul secondo vi sono tre boccali – in maiolica di fine

XVI. Sul terzo è conservato un primo piattello – in maiolica di fine XVI – un secondo

piattello – in maiolica decorata in “stile compendiario” di metà XVI – ed una scodellina

blansata – in maiolica del XVI.

-

-

145

-

Sul lato ovest della sala vi è una finestra con vista su via Cappello, ad est vi sono due

finestre e a sud una dalla quale si può vedere Verona dall‟alto, le mura della cinta

scaligera e Castel San Pietro. Il soffitto è stellato. Sui lati delle pareti vi sono cinque

nicchiette pentagonali ed una rettangolare.

-

-

(Le parole sottolineate rimandano a fotografie e bibliografia)

16) Per tornare indietro sarà necessario scendere per la rampa che porta fino al

passaggio coperto e di lì accedere alla seconda rampa di scale porta più verso ovest

rispetto alla porta finestra usata per il tragitto iniziale. Si scende dunque per una scala a

chiocciola che riporta al primo piano e di lì si può ripercorrere il percorso fatto in

partenza per poi uscire e ritrovarsi nel cortile.

146

Conclusioni:

L‟elaborato di ricerca qui proposto, relativo al contesto Casa di Giulietta a Verona, è

stato suddiviso in tre sezioni fondamentali.

La prima è data dall‟ausilio di numerose fonti, le quali hanno costituito il nucleo della

ricerca, e hanno definito quello che è stato lo sviluppo dei capitoli seguenti. Le fonti

vagliate sono state essenzialmente di carattere storico, letterario e fotografico.

L‟analisi degli studi condotti dalla dott.ssa Zumiani sono stati fondamentali per questa

prima sezione e hanno fatto luce sulle modifiche apportate allo stabile, sull‟evoluzione a

livello funzionale, i passaggi di proprietà succedutisi nel tempo e l‟esame cartografico,

in parallelo all‟uso di dati d‟archivio, ha dato il via a nuove possibili interpretazioni

sull‟origine dell‟edificio stesso. Grazie a questi strumenti è stato possibile effettuare una

ricerca volta alla conoscenza profonda di alcuni aspetti meno noti relativi all‟edificio

conosciuto come Casa di Giulietta. La ricerca ha cercato di superare l‟aspetto ideale del

contesto, tendendo al reale, ovvero, oltrepassare la dicotomia che per secoli ha

caratterizzato Verona e l‟edificio di Via Cappello 23. Grazie ai dati d‟archivio, alla

cartografia e alle fotografie d‟epoca, il confronto e la connessione dei dati hanno portato

ad una conoscenza più completa del contesto e soprattutto di una pagina storica

riguardante il restauro avvenuto nei primi anni del Novecento, volto ad adeguare

l‟aspetto dell‟edificio ad un‟idea profondamente radicata nel pubblico, che sin

dall‟Ottocento aveva identificato proprio in quell‟edificio la Casa di Giulietta. In

aggiunta, grazie alle fonti letterarie, è stato possibile creare una panoramica relativa sia

alla storia del mito in sé – elemento che ha contribuito nel tempo al fiorire del turismo –

sia all‟attribuzione della nomea di Casa di Giulietta ad un edificio che nell‟Ottocento

veniva descritto da Charles Dickens come “miserabile albergaccio”.

Nella seconda parte si è cercato di mettere in risalto quanto l‟uso delle nuove

tecnologie applicate ai beni culturali sia stato essenziale nella comunicazione e

trasmissione del sapere. Dopo aver posto l‟accento su alcuni particolari esempi più e

meno recenti, il capitolo si è soffermato su quanto l‟impatto di strumenti attuali quali

PDA, smartphone e tablet, possa essere funzionale nella ricerca di nuovi metodi di

trasmissione del sapere e comunicazione del patrimonio culturale. Infatti, nell‟era del

digitale il processo di coming to know avviene anytime ed anywhere grazie all‟impiego

di devices di uso comune quali sono gli smartphones, che oramai fanno parte del nostro

quotidiano. Proprio gli smartphones sono strumenti che conosciamo bene, con cui

147

abbiamo confidenza e che - se saggiamente impiegati - possono rendere efficace il

cosiddetto mobile learning, ovvero, quel tipo di apprendimento che si verifica in

maniera rapida e che soddisfa la nostra sete di informazioni, sfruttando una connessione

internet, che in tempi quasi istantanei provvede a colmare le proprie lacune. Inoltre,

grazie al contributo della società BraDypUS è stato possibile creare un sito web/app

agevolmente fruibile non solo sui devices portatili sopraccitati, ma anche via compter. Il

sito-applicazione prevede che vengano individuati determinati punti di riferimento – tag

- all‟interno ed esterno della Casa posti su una mappa virtuale. Da questi punti è

possibile far partire delle pagine con informazioni accessibili sul proprio device. Ci si

potrà avvalere di tali informazioni in contemporanea con la spiegazione, che sarà

effettuata dall‟educatore museale o dalla guida.

Inizialmente è necessario selezionare il tipo di percorso in base al target di cui si fa

parte, scegliendo fra i tre qui presi in esame. Da qui si svilupperà il percorso suddiviso

in più o meno punti - a seconda della selezione iniziale. L‟applicazione – come già

sottolineato - funziona in modo semplice sia sul device sia sul proprio computer54

.

In linea con quanto espresso nella precedente sezione, nell‟ultima parte, sono stati

esplicati i contenuti proposti per i tre diversi percorsi didattici da presentare ai tre tipi di

utenze diverse.

Il primo è stato dedicato alle scuole primarie di primo livello e secondarie di

primo grado, il secondo finalizzato ad un ipotetico Liceo Classico con sezione beni

culturali e infine, il terzo è stato pensato per il turista in vacanza.

Il primo di questi itinerari didattici, prendendo ad esempio il percorso “Vivere

all‟antica” ideato dai Musei Civici di Reggio Emilia, si serve anche di un quaderno

didattico da consegnare agli studenti all‟inizio del percorso, questo strumento servirà per

intervallare momenti di spiegazione a momenti di ludus strutturato. Le insegnanti, invece,

servendosi del proprio smartphone o tablet, potranno seguire in modo preciso l‟itinerario

prestabilito, osservando sul proprio device i dati suggeriti dal programma, nel quale sono

stati fissati determinati punti su cui verrà incentrato il percorso stesso. Quindi man mano

che la visita itinerante proseguirà, gli studenti svolgeranno gli esercizi somministrati e nel

mentre le insegnanti potranno a loro volta osservare on-line e on-site l‟evolversi della

visita guidata e trovare spunti bibliografici per un secondo lavoro in classe. Il quaderno

prende il nome di “C‟era una volta…” e al suo interno si concentra su tre macro aree

54

come similmente accade per applicazioni come Runtastic o Instagram, dove l‟utente può scaricare

l‟applicazione tramite lo store del proprio smartphone e, allo stesso tempo, controllare i dati con il

computer connettendosi al sito anytime ed anywhere.

148

principali: la storia, la letteratura del mito e il restauro dell‟edificio. Alle pagine in cui

vengono riepilogati gli argomenti esposti durante la visita, si alternano le pagine

contenenti gli esercizi/giochi didattici incentrati su tali temi. L‟intento è quello di mettere

in pratica i principi dell‟edutainment e rendere il momento della visita presso Casa di

Giulietta non solo un‟occasione fortemente didattica, ma anche un‟opportunità per

rendere più semplice l‟apprendimento sfruttando gli esercizi raccolti nel quaderno, i quali

riprendono i macro temi esposti durante la mattinata presso il museo. Tale strumento

potrà essere un utile ausilio non solo per la didattica presso il contesto in esame, ma

anche successivamente per gli approfondimenti effettuabili a scuola. Con questi due

percorsi si crea così il presupposto per una comunicazione più stretta fra la Scuola e il

Museo, che si ritrovano a lavorare in “partenariato” al fine di rendere l‟apprendimento

degli studenti il più totalizzante possibile.

Per il secondo percorso si è progettato un itinerario mirato alla comprensione dei

restauri apportati allo stabile nei primi anni del Novecento ad opera di Antonio Avena,

al tempo Direttore dei Civici Musei. Il target museale al quale proporre tale percorso

potrebbe essere una classe di un liceo classico con indirizzo beni culturali. Partendo dal

presupposto che ogni studente sia dotato di uno smartphone/PDA si è ideata una

mappatura dell‟edificio a cui si sono posti diversi tag all‟esterno e all‟interno della Casa

e della casa torre. Le informazioni derivanti da tali punti definiti consentiranno agli

studenti di seguire in modo accorto l‟itinerario e ottenere sul proprio device

informazioni utili per compiere ulteriori approfondimenti per un ipotetico lavoro post

visita.

Per il terzo percorso, infine, si è pensato ad un itinerario adatto al target del

turista medio in visita a Verona. Si è nuovamente proposta una mappatura del contesto a

cui sono stato apposti diversi tag, che potranno restituire informazioni inerenti ai

restauri e alle fonti letterarie legate al mito di Romeo e Giulietta. Le informazioni sono

state semplificate per non appesantire troppo il visitatore in vacanza, che troverà

comunque un buono stimolo alla ricerca e all‟approfondimento dei temi grazie alla

bibliografia inserita.

Il fatto di poter accedere a questo genere di percorsi e l‟utilizzo delle nuove

tecnologie consente di render il pubblico più consapevole del patrimonio culturale di cui

si fa esperienza tutti i giorni in quanto cittadini (Cassanelli, 1999, pp.170-177)55

. Il

legame con il passato persiste nel presente e ciò porta a comprendere l‟importanza sia

55 Per maggiore completezza di informazioni vedi infra al capitolo III.

149

della tutela sia della valorizzazione del patrimonio stesso. Come sottolinea poi Casalino

l‟ideazione di percorsi, siti web e applicazioni rientra in quella che si può definire come

educazione al patrimonio, ci ricorda infatti che “l‟educazione al patrimonio è basata su

un approccio di tipo interdisciplinare che utilizza un ampio spettro di modalità

comunicative e d‟espressione; permette una migliore conoscenza del patrimonio

culturale e dei suoi aspetti multi e interdisciplinari e, attraverso questo, favorisce una

più ampia consapevolezza della necessità di tutelarlo”. (Casalino 2002, p. 154)

Il lavoro proposto, inoltre, è stato volto a sottolineare il confine esistente fra

reale e ideale, fra ciò che la storia e i dati ci consegnano e ciò che la mente umana ha

saputo creare intorno ad un mito ormai ben radicato nella storia e nel quotidiano.

Questo, per l‟appunto, è un limite sottilmente definito e nel tempo l‟idea di identificare i

luoghi della tragedia più notoriamente shakespeariana è risultata una necessità motivata

sia dallo spirito romantico tipicamente ottocentesco, sia più recentemente ricercato nei

primi decenni del Novecento al fine di trovare una figura – Giulietta in questo caso – in

grado di incarnare la bellezza, la giovinezza e la grandezza della Verona scaligera nel

suo periodo di maggior lustro. Tutto ciò mettendo da parte il reale, creando un falso

storico clamoroso, che nel suo essere così estremizzato, fa si che il pubblico sia

fortemente ammaliato, rapito dal fascino dell‟immaginifico. A tale punto, non conta più

il fatto che Giulietta Capuleti non sia mai esistita, ma che al suo posto in quella casa vi

fosse vissuto uno speziale di nome Dal Cappello, ma conta di più l‟aspettativa, quella

ricerca di qualcosa di vagheggiato che come scrisse Heine fa sì che “Luoghi come

questi, un poeta li visita sempre volentieri, anche se è il primo a ridere della credulità

del suo cuore”. (Heine, Reisebilder, 1828, pp. 88-89)

Infine, è necessario riconoscere come senza la storia non ci possa essere futuro

e, senza fonti, anche le nuove tecnologie si troverebbero penalizzate, il connubio fra

antico e moderno risulta essere fondamentale nella trasmissione di conoscenze,

stimolando quel tipo di apprendimento che viene definito da Antinucci come “senso-

motorio”, grazie al quale apprendere è un piacere e pare essere veramente la cosa più

semplice e naturale possibile (Antinucci, 2001, p.10). Grazie all‟apporto delle nuove

tecnologie applicate a questo particolare contesto, si arriva ad utilizzare un codice

diverso da quello adoperato di norma, infatti, si prediligono le immagini e si cerca di

facilitare l‟apprendimento utilizzando una grafica d‟impatto che possa rendere

immediata la comprensione dei temi trattati. L‟impiego dei devices di uso comune

facilita ulteriormente la trasmissione di informazioni, che giungono al fruitore in modo

150

molto semplice e rapido, consentendogli di cogliere non solo i dettagli che possano

interessargli di più, ma anche di crearsi un proprio percorso personalizzato –

rintracciabile in base ai link selezionati – in cui è possibile cercare ulteriori informazioni

relative al tema selezionato, accedendo a link che conducono a pagine e ad una più

nutrita bibliografia. In più, grazie alla tracciabilità degli accessi sarà possibile

comprendere cosa interessi di più o di meno gli utenti e da qui lavorare per migliorare

ulteriormente la strategia comunicativa e favorire l'apprendimento. L‟indagine è stata

svolta in modo tale da consentire ad un pubblico variegato di fruitori di accedere ad una

conoscenza più articolata di un tema che di solito viene trattato incentrandosi

particolarmente solo sull‟aspetto ideale.

La ricerca del reale qui compiuta è volta ad un target che non si limiti

all‟osservazione del primo livello di lettura proposto, ma che abbia interesse nella

profonda conoscenza di ciò di cui si può fare esperienza, soffermandosi più lungamente

su aspetti non sempre considerati appieno. La storia, la letteratura, la cartografia, gli

scambi di lettere e le fotografie d‟epoca sono temi che, se incrociati a dovere, ampliano

grandemente la prospettiva di chi osserva. Infine, associando a tali fonti la tecnologia -

che ormai è parte del nostro vivere - si veicola ancor più direttamente la consapevolezza

e conoscenza del nostro passato che, con le parole di Tucidide può dirsi “κτῆμα ἐς

αἰεί”. (Tucidide, libro I, 22, 4)

151

Ringraziamenti:

Desidero ringraziare sentitamente i docenti che hanno reso possibile la realizzazione di

questo mio elaborato, dandomi preziosi consigli e concedendomi il loro tempo per le

doverose correzioni. In primis ringrazio di cuore la professoressa Maria Teresa

Guaitoli, mia relatrice, poi la dott.ssa Erika Vecchietti e il dott. Riccardo Helg miei

correlatori, i quali si sono prodigati per rendere il mio lavoro scientifico e utile alla

fruizione di terzi.

Ringrazio con tutta me stessa gli amici che mi sono stati accanto durante tutto questo

percorso, credendo fermamente nelle mie capacità e nella mia forza di volontà. Credo

sia soprattutto grazie a loro se, nonostante tutte le difficoltà, non mi sono mai abbattuta

e ho sempre cercato di dare il massimo.

Ringraziamenti speciali vanno all‟architetto Sara Piccinini, che mi ha introdotta al

mondo di autocad, a Erika e Matilde che mi hanno seguita nella mia impresa veronese,

a Ginevra che mi ha addirittura riproposto il monologo al balcone sul “vero” balcone

di Giulietta e a tutta la “bellagggente” che anche oggi ha tifato per me.

Ringrazio la mia famiglia che mi ha sempre sostenuta offrendomi l‟appoggio

necessario, supportandomi e sopportandomi e un grande grazie va anche al mio papà

con cui ho scattato le 302 foto presso via Cappello 23 e che ha avuto la pazienza di

sopportare tre ore mirate alla ricerca dei dettagli e della foto perfetta.

Ma sicuramente il ringraziamento più grande va alla mia mamma, che in questi ultimi

sette anni non mi ha mai lasciata, infondendomi il coraggio e la costanza necessarie

per affrontare il mio iter in salita, spero che da lassù oggi possa essere fiera di me.

Frency

152

IO HO UN EROE…

Io ho un eroe...

ha grandi mani, mani callose, mani da lavoratore, mani di chi ha vissuto una vita di

fatiche...

mani forti, ma allo stesso tempo gentili...mani che sollevavano una bimbetta vispa e curiosa

del mondo che aveva attorno, facendole fare l'altalena e portandola sempre più in alto.

Io ho un eroe...

ha occhi scuri profondissimi...in cui si specchiano ricordi, emozioni, anni passati fra gioie,

dolori, privazioni e sforzi...

sono occhi talvolta severi e impenetrabili, pieni di pensieri e ideali..occhi talvolta tristi, ma

occhi di chi è sempre pronto a ripartire credendo nei suoi perchè.

Io ho un eroe...

ha un cuore grande come l'oceano, il cuore di chi crede che "al mondo non si è mai troppo

buoni", il cuore di chi è capace di perdonare, capace di affrontare la vita anche quando la

vita non è quella che vorrebbe...un cuore che sfida il tempo e il dolore, un cuore che sa

amare e donarsi.

Io ho un eroe...

che mi ha insegnato che nella vita..

chi sbaglia paga,

lamentarsi è da perdenti,

alzarsi è l'unica strada,

continuare a credere nei propri sogni è essenziale,

dare spontaneamente è tutto ciò che conta,

l'amicizia è un dono,

sorridere alla vita è la miglior via da intraprendere...

Io ho un eroe...

non gli dico mai quanto gli voglio bene, ma penso in cuor mio, sia davvero il miglior uomo

sulla terra,

lui è l'insegnamento a cui non rinuncio e tengo stretto a me nel punto più recondito della

mia anima,

lui è semplicemente il mio eroe.

Pensavo a queste parole ieri sera..sei il mio eroe...anche se non mangi le verdure...sei il

mio eroe...che anche quando è stanco, non si scorda di portarmi a casa il gelato per

ricaricare le batterie prima di studiare... =)

FRANCY

153

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