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FONDI E LA COMMITTENZA CAETANI NEL RINASCIMENTO Atti a cura di Alessandra Acconci DE LUCA EDITORI D’ARTE SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICO ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DEL LAZIO

Antoniazzo Romano e la committenza Caetani a Fondi e a Capua, Atti del Convegno (a cura di A. Acconci),"Fondi e la committenza Caetani nel Rinascimento, Fondi, Palazzo Caetani, 24

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FONDI

E LA COMMITTENZA CAETANI

NEL RINASCIMENTO

Atti a cura diAlessandra Acconci

DE LUCA EDITORI D’ARTE

SOPRINTENDENZA PER I BENI STORICO ARTISTICI ED ETNOANTROPOLOGICI DEL LAZIO

Presentazioni

7 PER LA MOSTRA, IL CONVEGNO E GLI ATTI DI

“FONDI E LA COMMITTENZA CAETANI

NEL RINASCIMENTO”Anna Imponente

9 Salvatore De Meo

11 CRISTOFORO SCACCO NELLE NOSTRE CHIESE

Fabio Bernardo D’Onorio

13 Bruno Marucci

15 INTRODUZIONE

Alessandro Zuccari

19 ONORATO II CAETANI, COLLEZIONISTA UMANISTA

E MECENATE

Alessandro Zuccari

27 ANTONIAZZO E LE ETÀ DI ONORATO.NOTE A MARGINE DEL RESTAURO DEL SAN SEBASTIANO

DI ANTONIAZZO ROMANO

NELLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE ANTICA DI ROMA

Daniele Ferrara

33 TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLA CITTÀ DI FONDI

Franco Rossi

43 ALLE ORIGINI DELLA COMMITTENZA CAETANI:GLI AFFRESCHI RIEMERSI IN SAN FRANCESCO A FONDI

Alessandra Acconci

57 FONDI, CHIESA DI SAN PIETRO,BUSTO-RELIQUIARIO DI S. ONORATO E RELIQUIARIO DI

S. MAURO

Benedetta Montevecchi

65 IL CORO LIGNEO QUATTROCENTESCO DELLA CHIESA

DI SANTA MARIA IN PIAZZA A FONDI.UN ARTISTA “DE ALEMANIA” NELLA TERRA

DI ONORATO II CAETANI

Dora Catalano

73 ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANI

A FONDI E A CAPUA

Anna Cavallaro

85 CRISTOFORO SCACCO ALLA CORTE CAETANI

DI FONDI

Stefano Petrocchi

99 CAETANI, ARTE E ARTISTI NEL QUATTROCENTO IN

TERRA DI LAVORO:SCAVI DOCUMENTALI SU ANTONIAZZO ROMANO

E CRISTOFORO SCACCOGiovanni Pesiri

111 UNA RECENTE SCOPERTA:IL SOFFITTO LIGNEO SCOLPITO DEL PALAZZO CAETANI

DI FONDI

Fabio Betti

123 LA SCULTURA A FONDI ALL’EPOCA DI ONORATO IICAETANI

Daniela Feudo

137 LA CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE A CISTERNA

E L’ATTIVITÀ DI GIROLAMO E TULLIO SICIOLANTE:FRAMMENTI INEDITI E NUOVI DATI

Libera Marta Pennacchi

147 INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI

SOMMARIO

In ambito pittorico la committenza di Onorato II Caetanisi colloca negli ultimi decenni del Quattrocento, al terminedel conflitto angioino-aragonese che aveva impegnato il si-gnore di Fondi distogliendolo dal suo impegno di mecena-te. Agli interventi su scala urbana e di tipo architettonico 1,segue un’intensa committenza di dipinti destinati prevalen-temente all’arredo degli edifici sacri, e rivolta ai più affer-mati artisti dell’area centro-meridionale come AntoniazzoRomano, Cristoforo Scacco e Riccardo Quartararo, soprav-vissuta oggi solo in parte.Antonio di Benedetto Aquili detto Antoniazzo Romano è ilprimo pittore in ordine di tempo al quale si rivolge Onora-to. Artista accreditato della Roma del Quattrocento, è co-lui che al signore di Fondi poteva offrire garanzie di unapittura di altissima qualità, aggiornata sulle novità rinasci-mentali ma anche legata ancora agli splendori dell’arte me-dievale nella profusione degli ori e nella bellezza iconica deipersonaggi sacri, dalle intense espressioni devozionali. Quel-lo per il Caetani è il primo impegno del pittore romano perla committenza signorile laziale, al quale seguirà nel 1490l’ampio lavoro prestato con la collaborazione della bottegaa Gentil Virginio Orsini per la decorazione del castello diBracciano. Si tratterà allora di un dipinto di carattere nar-rativo destinato a esaltare l’Orsini in momenti significativi

1 Il palazzo baronale, il castello, gli edifici religiosi di San Domenico, diSan Francesco e di Santa Maria della Piazza, cfr. Fondi e la signoria deiCaetani (Il Quattrocento a Roma e nel Lazio, 2), catalogo della mostra acura di F. Negri Arnoldi, A. Pacia, S. Vasco Rocca, Fondi 1981, Roma1981, pp. 27-68.2 D. Ferrara, Antoniazzo e le età di Onorato, in D. Ferrara, P. Michelet-ti, V. Santodonato, Lavori in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Anticaa Roma. Novità e restauri su Antoniazzo Romano, in «Kermes», XXII(2009), 75, pp. 35-39. Per la trattazione dell’opera si rimanda al saggiodi D. Ferrara nel presente volume.3 In passato il trittico ha subito modifiche e trasferimenti all’interno dellachiesa di San Pietro dal momento che nella visita pastorale del 1599 risultamenzionato sulla parete di fondo del coro e provvisto di due sportelli conle immagini dei santi Onorato e Mauro (vd. Sacra visitatio totius Fundanaedioecesis ab ill.mo et r.mo episcopo Joanne Bap.ta Comparini peracta, anno

della sua vita di uomo politico, mentre al signore di FondiAntoniazzo fornirà opere celebrative della sua pietà religiosa,in linea con i temi più consueti della sua produzione pitto-rica: il trittico con la Madonna e il Bambino e i santi Pietroe Paolo e il committente Onorato II Caetani (fig. 1) che co-stituisce l’argomento di questo contributo, e il San Seba-stiano e due devoti, recentemente riconosciuto di commit-tenza Caetani da Daniele Ferrara 2.Il trittico è uno dei pochi dipinti su tavola di AntoniazzoRomano che si trova ancora nel suo luogo di origine, la chie-sa di San Pietro a Fondi; oggi lo si ammira nella cappelladella Croce, luogo votato alle memorie di famiglia, a latodel monumento sepolcrale del padre Cristoforo che Ono-rato volle erigere subito dopo la sua morte, nel 1441 3. Alcentro su fondo oro la Madonna siede su un cuscino di vel-luto scuro sopra una semplice panca disposta in prospetti-va; il Bambino benedicente e con il globo nella mano sini-stra è in piedi sopra le ginocchia della Madre che con la ma-no destra solleva un velo di fronte a lui. Ai piedi della Ver-gine è inginocchiato Onorato II Caetani, mentre nei latera-li sono raffigurati i santi Pietro e Paolo a figura intera pog-gianti su un finto piano marmoreo. Il dipinto presenta il for-mato rettangolare della pala d’altare di tipo rinascimentale,ma mantiene ancora l’isolamento delle figure entro riquadri

ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANIA FONDI E A CAPUA

Anna Cavallaro

Sapienza Università di Roma

1599, a cura di D. Lo Sordo, C. Macaro, G. Pesiri, Marina di Minturno1982, p. 11); è ricordato sull’altare maggiore all’inizio del XVII secolo inuna relazione inviata all’abate Costantino Caetani da un anonimo corri-spondente contenuta nella miscellanea De Familia Caietana (Roma, Bi-blioteca Universitaria Alessandrina, ms. 104, f. 117r), (comunicazione diGiovanni Pesiri al Convegno di Fondi, si veda ora nel presente volume,Caetani, arte e artisti nel Quattrocento in Terra di Lavoro: scavi documen-tali su Antoniazzo Romano e Cristoforo Scacco). Non mi sembra ci sianoelementi certi per stabilire quale fosse la collocazione originaria del tritti-co all’interno della chiesa, se la cappella della Croce o l’altare maggioredella chiesa. Tuttavia, accettando la testimonianza della visita pastorale del1599 che ricorda la tavola dotata di due sportelli laterali con le effigi deisanti Onorato e Mauro, è da pensare che si trattasse di una grande mac-china d’altare, forse provvista anche di trabeazione e di predella, come èstato ipotizzato nel corso del restauro del 1983 (si veda oltre, nota 6).

definiti da lesene lignee dorate e intagliate con motivi ve-getali di gusto classicheggiante 4.Sul gradino del trono si legge la firma del pittore a caratte-ri dorati in capitale umanistica: ANTONATIUS ROMANUSPINXIT 5. Qui per la prima volta il pittore adotta la formavolgarizzata del suo nome di battesimo Antonio, firmando-si con l’appellativo latino di Antonatius Romanus, che ri-

4 Delle quattro lesene lignee originali, le due laterali sono andate perdu-te quando l’opera fu rubata nel 1977 (e poi recuperata nel 1981), men-tre al centro soltanto quella di destra è originale, essendo stata l’altra ri-fatta su calco alla fine dell’Ottocento. La perdita delle due lesene late-rali non consente oggi di stabilire l’eventuale esistenza di cerniere allequali potevano essere attaccati i due sportelli laterali, ricordati nella vi-sita pastorale del 1599, vd. supra.5 La firma è stata segnalata nel 1860 dal tedesco Wihelm Schulz nel-l’ambito della rassegna delle opere della chiesa di San Pietro a Fondi in-serita nella sua imponente opera sull’arte medievale nel meridione d’Ita-

marrà d’ora in poi la sua più usuale denominazione in di-pinti e documenti. L’iscrizione a caratteri dorati su fondonero che si svolge alla base dei tre riquadri è stata rimessain luce nel corso del restauro del 1983 6 sotto una ridipin-tura tarda e in essa, pur lacunosa nella parte finale, si sot-tolinea la devozione mariana del conte Onorato II Caetanid’Aragona signore di Fondi, il quale aggiunge ai suoi titoli

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lia, cfr. H.W. Schulz, Die Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unte-ritalien, II, Dresda 1860, p. 133. Il trittico è di nuovo brevemente citatoda G. Conte Colino, Storia di Fondi, Napoli 1901, rist. anastatica Gaeta1979, p. 175.6 Sala dei Restauri. I due trittici di Fondi, catalogo della mostra delle ope-re restaurate dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma,Roma 1984, pp. 3-4. Nel corso del restauro si ipotizzò anche la presen-za in origine di una predella e di una trabeazione a coronamento del trit-tico al di sopra delle lesene in base ad una traccia continua impressa sulbordo superiore dei tre riquadri.

Fig. 1. Antoniazzo Romano, Madonna con il Bambino e i santi Pietro e Paolo e il committente Onorato II Caetani, tempera su tavola. Fondi, chiesa diSan Pietro, cappella della Croce.

l’importante privilegio della nomina di logoteta e protono-tario del Regno di Sicilia ottenuto dalla casata aragonese 7.Il trittico segna un aggiornamento della pittura antoniazze-sca verso le novità rinascimentali della prospettiva, della ri-trattistica e di un inedito espressionismo dei personaggi sa-cri. La Vergine (fig. 2) si colloca sul fondo oro con la so-

lennità delle antiche icone, ma la sua figura riempie lo spa-zio in modo tridimensionale e si impone per la qualità qua-si scultorea della linea di contorno che accentua i tratti delviso con effetti di eleganza, riconducibili alla conoscenza del-la pittura di Domenico Ghirlandaio 8, presente a Roma trail 1475 e il 1476 per la decorazione della sala Latina della

ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANI A FONDI E A CAPUA 75

7 L’iscrizione veniva così riportata da A. Rava nella sua relazione del re-stauro: HONORATUS CAETANUS SECUNDU[S] DE ARAGONIA FUNDORUMCOMES REGNI SICILIE LOGOTHETA ET PROTHONOTARIU CC ADHONOREM DEI (VIR)GIN(IS) MATRIS PIISSIME FIERI FECIT […], vd. Saladei Restauri cit., p. 4; diversamente R. Cannatà proponeva di integrare laparte finale nel modo seguente: HONORATUS CAETANU(S) SECUNDUS/ DEARAGONIA FUNDORUM COMES REGNI/ S(ICI)LIE LOGOTHETA ETPROTHONO/TARIU(S) AD HONOREM DEI/ (ET) (VIR)GIN(IS) MATRISPIISSIME HOC FIERI FECIT […] S […]MM(?)A(?)R(?)I(?)[…], Ibidem, p. 3. Acompletamento della parte finale dell’iscrizione vi è oggi l’importante te-stimonianza rintracciata da Giovanni Pesiri nel De Familia Caietana (vd.

nota 3) che fornisce la trascrizione dell’ultima parte contenente il mese el’anno di realizzazione del dipinto, maggio 1476, così edita dallo studioso:HONORATUSGAETANUS SEGUNDU[S] DE ARAGONIA FUNDORUMCOMESREGNI S[IC]ILIE LOGOTHETA ET PROTHONOTARIU[S] C(OLLATERALIS)C(ONSILIARIUS) AD HONOREM DEI [EIUS]Q[UE] MATRIS PIISSIME HOCFIERI FECIT [OPU]S [A(NNO) D(OMINI) MCCCCLXXVI] M(ENSE) MADI[IIND(ICTIONE) X]. Si veda anche nota 27.8 F. Negri Arnoldi, Maturità di Antoniazzo, in «Commentari», XVI (1965),pp. 225-227. Insieme ai nuovi caratteri ghirlandaieschi lo studioso ricono-sceva nel trittico fondano le influenze dell’Angelico, di Benozzo Gozzoli edi Piero della Francesca riproposte in un sistema di classica monumentalità.

Fig. 2. Antoniazzo Romano, Trittico Caetani, riquadrocentrale con la Madonna con il Bambino e il commit-tente Onorato II Caetani. Fondi, chiesa di San Pietro.

Fig. 3. Giovanni Boccati, Madonna con il Bambino tra angeli e putti,tempera su tavola trasportata su tela, 1460 circa. Ajaccio, Musée Fesch.

Biblioteca Vaticana 9.Dall’incontro con ilfiorentino, peraltronon documentato, ilpittore romano trassei caratteri di plastici-tà e linearismo chesegnano la fase matu-ra della sua produ-zione, tra il 1475 e il1480, prima della co-noscenza di Melozzoda Forlì.Particolarmente raffi-nato è il motivo delvelo trasparente cheavvolge il corpo nudodel Bambino solleva-to dalla mano dellaMadre con un’ele-ganza da arabesco.La critica si è inter-rogata sull’origine del gesto compiuto dalla Vergine e lo haunanimemente ricondotto ad un modello fiorentino ideatodal Beato Angelico nella Madonna con il Bambino e santidella Pinacoteca Vaticana 10. Tuttavia il confronto non risultaconvincente dal momento che nel dipinto del frate dome-nicano la mano della Vergine è rappresentata mentre sfiorail velo trasparente che copre il Bambino, e non mentre losolleva. Questa differenza induce a cercare la provenienzadel motivo – anticipato da Antoniazzo nella Madonna del-la Consolazione e poi messo a punto nel trittico fondano –

9 Domenico Ghirlandaio e il fratello Davide lavorano nella sala Latina del-la Biblioteca Vaticana (ora Floreria Apostolica) nei mesi di novembre edicembre 1475 e nel maggio 1476, sull’attività svolta vd. G. Cornini, “Dho-minico Thomasii fiorentino pro pictura bibliothecae quam inchoavit”: ilcontributo di Domenico e Davide Ghirlandaio nella Biblioteca di Sisto IV,in Sisto IV. Le Arti a Roma nel Primo Rinascimento, a cura di F. Benzi,Atti del Convegno Internazionale di Studi, Roma 2000, pp. 225-248.10 M. Letizia Casanova in Arte a Gaeta. Dipinti dal XII al XVIII secolo,a cura di M.L. Casanova, Catalogo della mostra (Gaeta, agosto-ottobre1976), Firenze 1976, p. 54 e S. Vasco Rocca, La pittura, in Fondi e la si-gnoria dei Caetani cit., p. 74 – a questa studiosa si deve una sintesi del-le problematiche sulla pittura a Fondi in occasione della mostra tenuta-si nel 1981 alla quale questo Convegno si ricollega in una prospettiva diaggiornamento. Cfr. anche A. Paolucci, Antoniazzo Romano. Catalogocompleto dei dipinti, Firenze 1992, p. 56 per l’origine fiorentina del mo-tivo del velo.11 «Recordor quod feci depingi cappilla in Araceli, et tenui magistrumJoannem de Cammerino in domo quatuor mensibus et ultra cum uno pue-ro et uno equo; dedi sibi quilibet mense duc. sex, habuit quando reces-

in altri ambiti pittori-ci. A questo proposi-to colpisce l’identicasomiglianza del gestodella Vergine del di-pinto antoniazzescocon quello espressonella Madonna con ilBambino in trono traangeli e putti del ca-merinese GiovanniBoccati (Ajaccio,Museo Fesch) (fig. 3).La consonanza con ilpittore marchigiano èsorprendente, al pun-to che i gesti com-piuti dalla Vergine inentrambi i dipinti ri-sultano quasi sovrap-ponibili: la mano de-stra della Vergine con

il palmo aperto rivolto verso lo spettatore solleva con il pol-lice e l’indice un lembo di velo trasparente di fronte al cor-po nudo del Bambino, mentre le altre tre dita appaiono lie-vemente flesse a disegnare un elegante arabesco. Tale sor-prendente identità non è casuale, dal momento che un sog-giorno di Boccati a Roma è attestato per via documentariaper decorare la cappella della famiglia della Valle in SantaMaria in Aracoeli, in un’epoca che si può ipotizzare entrogli anni Settanta del XV secolo 11. In aggiunta a questo do-cumento, dall’archivio di famiglia risulta che anche Anto-

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sit ducatos XXIIII. Item exposui in quatuor libris de azuro duc. duode-cim item in aliis coloribus et in auro», ASV, Archivio della Valle-del Bu-falo, vol. 131, f. 96. Il documento fa parte di una raccolta contenente no-tizie di amministrazione patrimoniale di Lelio della Valle dal 1440 al 1476e informa che per dipingere la cappella della famiglia della Valle in San-ta Maria in Aracoeli “Joannem de Cammerino” è ospitato in casa di Le-lio per quattro mesi con un garzone e un cavallo, ed è pagato sei ducatial mese. Sembrerebbe certa l’identificazione con il pittore marchigianoGiovanni Boccati, che nelle sue opere si firma solitamente come Gio-vanni da Camerino, mentre l’epiteto Boccati con il quale la moderna sto-riografia è solito chiamarlo indica invece l’appartenenza territoriale aduna contrada di Camerino. Questa importante attestazione documenta-ria sfuggita finora all’attenzione degli studi sul pittore marchigiano, è sta-ta pubblicata da B. Gatta, Dal casale al libro: i della Valle, in Scrittura,biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento, a cura di M. Miglio, «At-ti del II seminario. Roma, 6-8 maggio 1982», Città del Vaticano 1983, p.635, nota 25, il quale osservava «se l’artista in questione è identificabilecon Giovanni Boccati da Camerino, questa notizia ne segnala l’attività aRoma in un periodo oscuro della sua vita», e di nuovo segnalata da M.C.

Fig. 4. Seguace di Antoniazzo Romano,Madonna con il Bambino, tempera sutavola. Rotterdam, Museo Boymans-vanBeuningen.

Fig. 5. Seguace di Antoniazzo Romano,Madonna con il Bambino, dipinto muralestaccato. Roma, Palazzo del Commendatoredi Santo Spirito, I piano.

niazzo fu impegnato da Lelio della Valle nella decorazionedella stessa cappella in Aracoeli, anche in questo caso in unadata non definita 12. Di conseguenza la perfetta sovrappo-nibilità dei due gesti in Boccati e in Antoniazzo non può es-sere considerata una semplice casualità se vista alla luce deidocumenti che testimoniano la partecipazione dei due pit-tori alla decorazione della cappella romana, anche se non sisa se essi operarono insieme, presumibilmente con un con-tratto di società, o se si avvicendarono nel lavoro in tempidiversi. Si è indotti a pensare a un’influenza di GiovanniBoccati sul più giovane pittore romano e ad un’assimilazioneda parte di quest’ultimo di un gesto ideato dal marchigia-no nel suo repertorio iconografico 13 e forse presente anchein uno dei dipinti della perduta cappella all’Aracoeli.Di fatto sarà poi Antoniazzo a fare da cassa di risonanza at-traverso il trittico di Fondi al gesto ideato dal Boccati, poi-ché il motivo godrà di vasta fortuna nella pittura dell’Italiacentrale della seconda metà del XV secolo contando ripre-se anche in aree geografiche e culturali diverse da quella ro-mana: lo stesso gesto della Madonna di Fondi si ritrova indipinti e affreschi della cerchia antoniazzesca, come il trit-tico con laMadonna e il Bambino e i santi Pietro e Paolo da-tato 1485 (Firenze, Museo di San Marco) di committenzaumbra, e nella sua derivazione, la tavoletta del Museo Boy-mans di Rotterdam, che presenta la Vergine a mezza figurasu uno sfondo di paesaggio (fig. 4). Entrambi questi dipin-ti sono riferibili a pittori di formazione umbra che ripren-dono iconografie antoniazzesche. L’intero gruppo della Ma-donna con il Bambino del trittico di Fondi è ripetuto in undipinto murale staccato conservato nel palazzo del Com-mendatore di Santo Spirito a Roma 14 (fig. 5), di un segua-ce del pittore romano che riprende in forme più essenzialiil modello fondano inserendolo in una monumentale archi-tettura dipinta che denuncia una datazione avanzata versogli anni Novanta del XV secolo.

La ripetizione delle più fortunate invenzioni antoniazzeschesi collega al diffuso fenomeno della copia di modelli ideatidai maestri nell’ambito delle botteghe per rispondere alle nu-merose richieste di immagini di culto da parte del pubblicoromano e laziale. I modelli più fortunati venivano ripetuti indipinti di dimensioni, tecnica e destinazione anche diverse,dal dipinto murale, alla pala d’altare, al piccolo quadrettoda camera racchiuso in cornici a edicola. Le derivazioni deltrittico fondano in luoghi e tecniche diverse attestano la po-polarità dell’immagine e sono un esempio del lavoro di unacollaudata bottega guidata da un maestro con capacità or-ganizzative e imprenditoriali in grado di coordinare al suointerno pittori anche di diverse culture e provenienze.

Il ritratto

Nel trittico risulta evidente la volontà del Caetani di affida-re alle opere da lui commissionate un messaggio di promo-zione della propria immagine e del potere conquistato, at-traverso la presenza del suo ritratto (fig. 6): Onorato vi ap-pare in ginocchio ai piedi della Vergine, vestito con la “zi-marra” degli alti dignitari laici, un lungo soprabito di vellu-to nero guarnito di pelliccia, la catena d’oro e la berretta ba-ronale infilata sulle mani giunte in preghiera, segni ad un tem-po del potere feudale e di quello religioso e, come si è visto,viene celebrato nell’iscrizione in capitale umanistica che cor-re nella parte inferiore dei pannelli laterali nella sua veste difedele vassallo degli Aragonesi di Napoli, con i quali nel 1466aveva ottenuto il privilegio di partire le proprie insegne.La volontà di siglare con la propria immagine le opere d’ar-te commissionate nel suo feudo accompagnerà il signore diFondi nel corso della sua attività di mecenate, come ha mes-so in luce Sandra Vasco Rocca nel 1981 15: un altro suo ri-tratto si vede nella lunetta del portale della chiesa di Santa

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Paoluzzi, La famiglia della Valle e l’origine della collezione di antichità,in Collezioni di antichità a Roma tra ’400 e ’500, a cura di A. Cavallaro,Roma 2007, p. 157. La cappella della Valle in Aracoeli era dedicata a SanPaolo, ed è andata distrutta alla fine del Cinquecento, senza che si siaconservata alcuna testimonianza sulla sua decorazione quattrocentesca.La datazione presunta dell’intervento del Boccati nella cappella va dal1455, anno di costruzione della cappella, al 1476, anno di morte di Le-lio della Valle, vd. Ibidem, p. 157.12 «Pagò Lelio p(er) el co(m)mune ad Antonazzo che dipi(n)se la cap-pella duc(a)ti quaranta e mezzo» in ASV, Archivio della Valle-del Bufalo,vol. 99, n. 12, f. 700r; il documento fa parte del registro contabile di Le-lio della Valle conservato in trascrizione settecentesca presso l’ArchivioSegreto Vaticano ed è databile ante 1476, anno di morte di Lelio dellaValle. È stato trascritto da J.E. Heideman, The Cinquecento chapel deco-rations in Santa Maria in Aracoeli in Rome, Amsterdam 1982, p. 85, no-

ta 6 (senza la numerazione del foglio) e segnalato da Paoluzzi, La fami-glia della Valle cit., p. 157. Ringrazio Valentina Causapruna per il con-trollo e la corretta trascrizione del documento.13 Oltre che nella Madonna di Ajaccio, databile al 1460 circa, il motivoera stato anticipato da Boccati anche nell’Adorazione dei Magi di Hel-sinky, databile tra il 1440 e il 1445, si veda M. Minardi, Giovanni di Pier-matteo Boccati, in Pittori a Camerino nel Quattrocento, a cura di A. DeMarchi, Milano 2002, pp. 206, 245-246.14 A. Cavallaro, I dipinti quattrocenteschi dell’Ospedale di Santa Maria del-la Consolazione nel palazzo del Commendatore di Santo Spirito, in L’anticoospedale di Santo Spirito dall’istituzione papale alla sanità del terzo mil-lennio, a cura di L. Cardilli, Atti del Convegno Internazionale di Studi(Roma, 15-17 maggio 2001), in «Il Veltro», 1-4, XLVI (2002), pp. 9-11.15 S. Vasco Rocca, La committenza Caetani, in Fondi e la signoria dei Cae-tani cit., p. 23.

Fig. 7. Andrea Bregno e Mino da Fiesole, Ritratto di Girolamo Riario, particolare delmonumento funebre di Pietro Riario, post 1474. Roma, chiesa dei Santi Apostoli.

Fig. 6. Antoniazzo Romano, Trittico Caetani, particolare conil ritratto di Onorato Caetani. Fondi, chiesa di San Pietro.

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che nel 1927 lo definiva enfaticamente «uno dei più grandiritrattisti del secolo» 16, rammaricandosi di non poter ap-prezzare ancora, semmai furono esistiti, suoi ritratti isolati.È proprio con l’effige del Caetani che il ritratto di profilodiventerà consueto nella produzione del pittore romano, peresempio nellaMadonna con il Bambino e un committente delMuseo of Fine Arts di Houston databile tra il 1475 e il 1476,tavoletta da camera per il culto privato con il ritratto a ma-ni giunte del donatore, un ignoto prelato della curia romana.All’evoluzione rinascimentale della ritrattistica di Anto-niazzo dovette concorrere la presenza di Piero della Fran-cesca a Roma attivo nel 1459 per Pio II in Vaticano; anchela precisione nella resa materica dell’abbigliamento del Cae-tani, dal velluto del mantello ai bordi di pelliccia delle ma-niche e del collo, denuncia un’apertura verso la tradizionefiamminga forse mediata dal pittore di Borgo.Ma è soprattutto dal contatto con la scultura della secondametà del secolo che Antoniazzo potè trarre i suoi nuovi mo-delli. Il rapporto con la scultura a Roma, già accennato insede critica 17, segna un altro momento di aggiornamento in

Saggi e ricerche 1925-28, Firenze 1967, p. 253.17 Negri Arnoldi,Maturità cit., p. 226, Cannatà in Sala dei restauri cit., p. 3.

Maria Assunta che il Caetani aveva riedificato sul luogo diun preesistente edificio sacro. L’imponente gruppo dellaMa-donna con il Bambino è adorato da Onorato II rappresentatoin ginocchio con grande efficacia ritrattistica nel pieno delsuo potere ad un anno dalla morte, avvenuta nel 1491, men-tre sulla sinistra la figura a tutto tondo di s. Caterina d’Ales-sandria è un chiaro omaggio del conte alla giovane e ama-tissima moglie Caterina Pignatelli.Nel trittico il signore di Fondi è rappresentato di profilocon lo sguardo fisso di fronte a sé in un tentativo di idea-lizzazione secondo la tradizione ritrattistica italiana; la suaimmagine segna una svolta in direzione rinascimentale del-la ritrattistica antoniazzesca, specie se la si confronta con ilcommittente rappresentato ai piedi della giovanile Madon-na di Rieti del 1464, una figura ancora simile ai donatoriprivi di peso e di fisionomie personali raffigurati nei dipin-ti e nei mosaici della Roma trecentesca. L’efficacia del ri-tratto del signore di Fondi dà la misura della straordinariaabilità ritrattistica di Antoniazzo nell’effigiare devoti e do-natori, più volte elogiata dalla critica ad iniziare dal Longhi

16 R. Longhi, In favore di Antoniazzo Romano, in «Vita Artistica», II(1927), n. 11-12, pp. 226-233, ed. in Opere complete di Roberto Longhi.

direzione rinascimentale della pittura antoniazzesca e siunisce nel trittico ad un’inedita attenzione alle nuove pro-poste dello scultore Andrea Bregno, con il quale è docu-mentato negli anni Ottanta un rapporto di collaborazionecon Antoniazzo e la sua bottega per la decorazione dei mo-numenti funerari 18. Il ritratto del signore di Fondi segue so-luzioni della scultura bregnesca e può essere confrontato conla figura di Girolamo Riario inginocchiato, a destra, con laberretta infilata sulle mani in atteggiamento di omaggio al-la Vergine nel monumento funerario di Pietro Riario ai San-ti Apostoli databile dopo il 1474 (fig. 7) 19. Il rapporto conla scultura si individua anche nelle figure dei laterali: qui isanti Pietro e Paolo risaltano sul fondo oro con saldezza di

volumi e severità di espressioni del tutto nuove, mentre lefisionomie barbute e gli ampi panneggi concorrono a ren-derli simili ad antichi filosofi. La svolta per queste nuove fi-gure dalla tipologia classica avvenne ancora una volta at-traverso il contatto con il Bregno: il confronto tra il san Pao-lo (fig. 8) e il medesimo santo scolpito nella tomba di Lu-dovico d’Albret a Santa Maria in Aracoeli (1465 ca.) (fig. 9)mostra evidenti affinità nella maniera caratteristica di chiu-dere i mantelli e nella disposizione delle braccia che reggo-no gli attributi. Ma sono soprattutto le espressioni severeda antichi filosofi che accomunano i santi dipinti dall’Aquilialle sculture del Bregno, espressioni che l’artista lombardopotè studiare sugli esemplari antichi della sua collezione 20.

ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANI A FONDI E A CAPUA 79

18 Sui rapporti Bregno-Antoniazzo e sull’uso delle tombe dipinte nel Quat-trocento si veda A. Cavallaro, “Pro ornanda et pingenda sepoltura”: re-lazioni e scambi tra la scultura bregnesca e la pittura romana del secondoQuattrocento, in Andrea Bregno. Il senso della forma nella cultura artisti-ca del Rinascimento, a cura di C. Crescentini, C. Strinati, Firenze 2008,pp. 378-379.19 Per le relazioni dell’Aquili con la scultura a Roma si veda da ultimoG. De Simone, Melozzo e Roma, in Melozzo da Forlì. L’umana bellezzatra Piero della Francesca e Raffaello, a cura di D. Benati, M. Natale, A.Paolucci, Catalogo della Mostra (Forlì, Musei San Domenico, 29 gen-naio-12 giugno 2011), Cinisello Balsamo 2011, pp. 45-46 che individua

nel fiorentino Mino da Fiesole, presente nell’urbe nella seconda metàdel XV secolo, un altro importante referente per la ritrattistica di An-toniazzo.20 Sulla collezione del Bregno si veda S. Maddalo, “Andrea scarpellino”antiquario: lo studio dell’antico nella bottega di Andrea Bregno, in Ro-ma, centro ideale della cultura dell’antico nei secoli XV e XVI. Da Mar-tino V al Sacco di Roma (1417-1527), a cura di S. Danesi Squarzina, At-ti del Convegno Internazionale di Studi (Roma, novembre 1985), Ro-ma 1989, pp. 229-236, F. Rausa, Un nuovo disegno con marmi antichidella collezione di Andrea Bregno, in «Xenia Antiqua», VI (1997), pp.153-158.

Fig. 8. Antoniazzo Romano, TritticoCaetani, particolare del san Paolo.Fondi, chiesa di San Pietro.

Fig. 9. Andrea Bregno, I santi Pietro e Paolo, particolare del monumento funebre del cardinale Ludovicod’Albret, 1465 circa. Roma, chiesa di Santa Maria in Aracoeli.

La datazione

La datazione del trittico Caetani è stata in passato avanza-ta fino all’ultimo decennio del XV secolo 21, prima di anco-rarsi a metà dell’ottavo decennio, come ha precisato per pri-mo Francesco Negri Arnoldi che ha collocato il dipinto trail 1475, anno dell’arrivo del Ghirlandaio a Roma, e il 1479,anno nel quale Onorato II iniziò la ricostruzione della chie-sa di San Francesco, distogliendo la sua attenzione dall’an-tica cappella gentilizia in San Pietro 22. Letizia Casanova nelcatalogo della mostra Arte a Gaeta del 1976 23 indicava co-me probabile data di esecuzione il 1476, anno della nomi-na di Pietro Caetani, fratello di Onorato, a vescovo di Fon-di da parte di Sisto IV, avanzando l’ipotesi di una commis-sione voluta per celebrare la potente famiglia Caetani di Fon-di. Tuttavia, come notaDaniele Ferrara 24, PietroCaetani non compare neldipinto, né è menzionatonell’iscrizione. Lo studio-so ha di recente propostodi anticipare la cronologiadel trittico Caetani di cir-ca un decennio collocan-dolo tra il 1467 e il 1470in relazione al privilegiodi appartenenza alla casad’Aragona ricevuto daOnorato nel 1466 e in ba-se ai tratti fisionomici chelo rappresenterebbero inetà matura, verso i cin-quant’anni, accettandocome sua data di nascitail 1414 25. A favore dellatradizionale datazione deltrittico Caetani tra il 1475

21 Dopo un generico riferimento ad una datazione intorno al 1490 da par-te di G. Fogolari, Cristoforo Scacco pittore, in «Le Gallerie Nazionali Ita-liane», V (1902), pp. 188-189 che istituiva un confronto tra i santi deltrittico fondano e quelli della tavola Barberini (1487) e della tavola diCapua, l’opera è stata per lungo tempo soltanto elencata tra le opere delpittore romano, vd. B. Berenson, The central italian painters of theRenaissance, London-New York 1909, p. 134, J. Crowe - G.B. Cavalca-selle, A history of painting in Italy: Umbria, Florence and Siena from thesecond to the fifteenth century, V, London 1914, p. 208, B. Berenson, Ita-lian Pictures of the Renaissance: a list of the principal artists and their worksand Index of places, Oxford 1932, p. 23, R. Marle van, The Developmentof the Italian School of Painting, XV, The Hague 1934, p. 268, B.Berenson, Italian Pictures of the Renaissance: a list of the principal artists

e il 1476 si è espresso da ultimo Gerardo De Simone 26 sul-la base di ragionevoli considerazioni stilistiche, alle quali sipossono aggiungere i confronti con dipinti dell’Aquili da-tabili negli anni 1475-1480, come la Madonna con il Bam-bino e il committente di Houston, la Madonna con il Bam-bino di Perugia e la Natività di Civita Castellana caratteriz-zati dalla medesima eleganza e incisività del segno di con-torno di derivazione fiorentina. Vanno inoltre considerati ilegami sottolineati in questa sede del trittico Caetani conesemplari della scultura bregnesca a Roma che implicanouna cronologia avanzata negli anni Settanta.La datazione del trittico desumibile dall’esame stilisticotrova recente conferma nella relazione di primo Seicento sul-le opere d’arte commissionate da Onorato II a Fondi rin-tracciata da Giovanni Pesiri nel De Familia Caietana, nella

quale è riportata l’iscri-zione dipinta alla base deiriquadri – allora comple-tamente leggibile, oggi la-cunosa nelle ultime lette-re – dove nella parte fi-nale compariva la data delmaggio 1476 27.Un utile ante quem alladatazione del trittico pro-viene dalla Madonna esanti in collezione Vitettia Roma datata 1478 nel-l’iscrizione sul gradinodel trono: MCCCCLXXVIIIDEPICTA FUIT (fig. 10).Pubblicato dal Faldi nel1970 con l’attribuzione adun anonimo seguace diLorenzo da Viterbo de-nominato Maestro di Cor-chiano 28, il dipinto è sta-

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and their works with an Index of places. Central italian and north italianschools, III, London 1968, p. 15. Più di recente si veda E. Vaudo, Fondie il suo territorio, Novara 1991, pp. 196-197; M. Santantonio, Onorato IICaetani e il trittico di Antoniazzo Romano, Fondi 1992, pp. 49-52.22 Negri Arnoldi, Maturità cit., pp. 225-227.23 Arte a Gaeta cit., p. 54.24 Ferrara, Antoniazzo e le età di Onorato cit., p. 35.25 Ibidem, pp. 35-37.26 G. De Simone scheda n. 38 in Melozzo da Forlì cit., pp. 195-196.27 Si veda la nota 7 e Pesiri, Caetani, arte e artisti nel Quattrocento cit.,nel volume.28 I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970, pp. 31-32 riferi-sce la tavola Vitetti al periodo maturo dell’ignoto maestro viterbese,

Fig. 10. Seguace di Antoniazzo Romano, Madonna con il Bambino e i santiGiovanni Evangelista, Maria Maddalena (?), Pietro, Paolo e Domenico, temperasu tavola, datata 1478. Roma, collezione Vitetti.

to più di recente ricondotto ad un seguace dell’Aquili 29 emostra con evidenza una derivazione dal trittico di Fondi.Il pittore della tavola Vitetti ha utilizzato i modelli dei san-ti effigiati nei laterali del trittico di Fondi disponibili nellabottega romana dell’Aquili, introducendo a sua volta alcu-ne varianti personali: ha utilizzato il cartone del san Paoloper la figura di san Pietro – al quale ha assegnato i suoi at-tributi – e inoltre ha ribaltato le teste dei due santi rispettoall’originale. La data 1478 segnata sulla tavola Vitetti puòessere una conferma della realizzazione del trittico da par-te del pittore nel 1476 nella sua bottega romana dove rima-sero i cartoni che furono presto utilizzati da un suo colla-boratore, e dove potè anche dipingere lo straordinario ri-tratto del committente che oggi possiamo ammirare, o ri-traendolo dal vero o sulla base di una sua effige fornita perl’occorrenza.Il trittico Caetani avrà un ruolo importante per la diffu-sione della cultura antoniazzesca nel Lazio meridionale.Nella stessa cittadina di Fondi un’eco immediata si ebbenell’opera di Cristoforo Scacco e di Riccardo Quartararo,entrambi attivi per Onorato II negli anni successivi all’ar-rivo del dipinto di Antoniazzo. A suscitare l’interesse del-lo Scacco fu in particolare l’originale soluzione del velo tra-sparente sollevato dalla Vergine di fronte al Bambino chel’Aquili aveva realizzato nel trittico fondano in forme digrande raffinatezza: il pittore lo ripropone nel riquadrocentrale del trittico di Itri, non lontano da Fondi, con laMadonna e il Bambino tra i santi Francesco e Giovanni Bat-tista, oggi a Napoli nei depositi di Capodimonte. Mal’omaggio al maestro romano è in tutto il gruppo centra-le, con l’adesione alla ripresa moderna della tradizione ico-nica, e soprattutto nella particolare amabilità dello sguar-do 30. Riccardo Quartararo, pittore siciliano attivo alla cor-te aragonese di Napoli nell’ultimo decennio del XV seco-lo, è un altro attento diffusore della pittura antoniazzescanella regione pontina: il pittore conserva memoria del trit-tico di Antoniazzo nella composta atmosfera iconica chesi coglie nel gruppo sacro della Vergine con il Bambino

nel grande trittico con la Madonna con il Bambino e i santiStefano e Agata, Girolamo penitente e Girolamo che legge,oggi al Museo Diocesano di Gaeta, dipinto tra il 1491 e il1492 su commissione forse di un esponente della famigliaCaetani 31. Anche nel piccolo trittico della collezione San-tocanale a Palermo, dipinto nel 1491 per un committentedi Fondi, Tuccio di Gioffredo 32, si esibisce il motivo del

ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANI A FONDI E A CAPUA 81

quando ebbe modo di «recepire non pochi tratti antoniazzeschi» rispet-to agli affreschi di Corchiano di dieci anni anteriori. Sull’importanza del-la pala Vitetti per la datazione del trittico fondano, si veda A. Cavallaro,Antoniazzo Romano e gli antoniazzeschi. Una generazione di pittori nellaRoma del Quattrocento, Udine 1992, pp. 61-62, pp. 185-186 n. 8 e S. Tu-midei, Melozzo da Forlì: fortuna, vicende, incontri di un artista prospetti-co, in Melozzo da Forlì. La sua città e il suo tempo, a cura di M. Foschi eL. Prati, Catalogo della mostra (Forlì, 1994-1995), Milano 1994, p. 42.29 S. Santolini,Una nuova figura di artista umbro della fine del Quattrocento:Pancrazio Jacovetti da Calvi, in «Storia dell’Arte», LXXXIII (1995), p. 54.30 S. Petrocchi, Cristoforo Scacco, gli ultimi splendori della conteaCaetani di Fondi, in La pittura del Quattrocento nei feudi Caetani,

a cura di A. Cavallaro, S. Petrocchi, Roma 2013, p. 478.31 Per l’influenza dell’Antoniazzo di Fondi sull’opera del Quartararo siveda M. Andaloro, Riccardo Quartararo dalla Sicilia a Napoli, in «Annuariodell’Istituto di Storia dell’Arte, Facoltà di Lettere dell’Università di Roma»,(1974-1975, 1975-1976), pp. 117-118, che evidenzia le riprese nel tritticodi Piedimonte Matese, Vasco Rocca, La pittura cit., pp. 78-80, Petrocchi,Cristoforo Scacco cit., p. 484. Per l’ipotesi di una committenza del cardi-nale Giordano Caetani si rimanda al contributo di G. Pesiri nel volume.32 Sul complesso problema della firma del trittico Santocanale più volteritenuta del pittore, ma invece da riferirsi al committente, si veda F. Na-varro in La Pittura in Italia. Il Quattrocento, a cura di F. Zeri, II, Mila-no 1987, p. 761.

Fig. 11. Ignoto pittore laziale, Madonna con il Bambino, dipinto murale,seconda metà del XV secolo. Itri, chiesa di San Michele Arcangelo,controfacciata.

velo a conferma del successo di questa formula figurativapresso la committenza locale. Infine a Itri un ignoto pit-tore locale della seconda metà del XV secolo copia il grup-po centrale del trittico antoniazzesco nella Madonna conil Bambino dipinta con segno ancora goticheggiante inun’ampia nicchia sulla controfacciata della chiesa di SanMichele Arcangelo 33 (fig. 11) a conferma della fortuna del-la formula antoniazzesca nella regione pontina anche pres-so le botteghe pittoriche locali.

La committenza di Giordano Caetani a Capua

Negli anni successivi Antoniazzo sarà di nuovo impegnatoper la committenza Caetani dipingendo per il cardinaleGiordano Caetani, fratello di Onorato II, la Madonna conil Bambino e i santi Stefano e Lucia (fig. 12) oggi nel MuseoDiocesano, ma in origine collocata nella cappella di SantaLucia che l’alto prelato si fece costruire nella cattedrale diCapua 34. Nel sacello è ancora conservato il monumento fu-nerario che il Caetani fece erigere per sé nel 1496 poco pri-ma di morire, dettando egli stesso l’iscrizione:

33 Petrocchi, Cristoforo Scacco cit., p. 225.34 A testimoniare la collocazione della tavola di Antoniazzo nella cappelladi Giordano Caetani è per primo F. Granata, Storia sacra della chiesa me-tropolitana di Capua, Napoli 1766, rist. anastatica Sala Bolognese 1988,p. 66: «la prima [delle cappelle laterali della parte sinistra dell’altare mag-giore] è sotto il titolo di Santa Lucia che unitamente con la BeatissimaVergine viene rappresentata nel quadro dell’altare di antichissima, ed ec-cellente pittura. Questa stessa cappella […] un tempo addietro apparte-neva all’illustre famiglia dei Caetani […] come infatti si osserva dal se-polcro di Giordano Caetani coll’iscrizione […]». Già nella cappella diSanta Lucia, poi nella cappella a destra dell’abside, dal 1992 il dipinto sitrova nel Museo Diocesano di Capua. Ringrazio mons. Di Salvia per averagevolato la mia visita al Museo.35 Un profilo di Giordano Caetani è in G. Caetani, Domus Caietana. Sto-ria documentata della famiglia Caetani, I/2, San Casciano Val di Pesa1927, p. 179 che lo ricorda come «uomo di acuto ingegno, prudente ecortese, di spirito ilare, si acquistò la stima e l’affetto dei contempora-nei e la benevolenza sovrana e ciò non solo per l’alta cultura e per lamagnanimità di cui era dotato, ma anche per l’esimie sue qualità mili-tari». Collaborò con Alfonso d’Aragona nella guerra angioina-aragone-se e per queste sue benemerenze fu insignito alla morte del fratello Ono-rato (1491) del cognome e delle insegne aragonesi. Morì il 13 ottobre1496. Su Giordano si segnala il recente intervento di F. Loffredo, Il tar-do Quattrocento a Capua e la figura dell’arcivescovo Giordano Caetaninell’ambito del seminario HistAntArtSi in the Centres of Southern Italybetween the Medieval and Early modern Period (settembre 2012).36 Granata, Storia sacra cit., p. 156.37 Ibidem. All’interno del duomo ampliò le navate laterali e vi aggiunseuna nuova copertura a volta, rinnovò la zona absidale e vi appose un nuo-vo coro ligneo intarsiato; all’esterno rifece in una nuova posizione l’an-tico portico medievale. Inoltre trasformò l’antica cappella del tesoro inpropria cappella sepolcrale, nella quale fece erigere ancora in vita il mo-

D.OP. M.S./JOR. GAY. ARAGONIUS PONTI./CAPU. PATRIAR.

ANTIOCHENUS/PIETATIS AC IUSTICIAE CULTOR HU/

MANAM IMBECCILLITATEM EXIGUU/VITAE CURRICULUM

CERTI OBITUS/INCERTAMDIEM CONSIDERANS H.S./SIBI VI.

EREXIT PRAEPARAVITQUE/AN. SAL. NOST.MCCCCLXXXXVI.

Eletto da Niccolò V nel 1447 arcivescovo di Capua, Gior-dano Caetani fu un personaggio influente nella politica me-ridionale, al punto che, su intercessione di Ferrante d’Ara-gona, ottenne nel 1485 da Innocenzo VIII la carica di pa-triarca di Antiochia 35. Ricordato nel 1766 da Francesco Gra-nata nella Storia sacra della chiesa metropolitana di Capuacome «uomo dottissimo e celebre poeta» 36, anche Giorda-no Caetani aveva segnato a Capua un momento di rinno-vamento artistico al pari del potente fratello Onorato II diFondi, dedicando le sue cure alla cattedrale che fece am-pliare e decorare con dipinti e suppellettili, lasciandovi«monumenti degni della sua magnificenza e nobile pietà» 37

e chiamando alla sua corte architetti, pittori e scultori, ora-fi e intagliatori 38.È probabile che proprio sull’esempio del signore di Fon-di decise di rivolgersi al pittore romano, allora il più rino-

82 ANNA CAVALLARO

numento funebre. Costruì una nuova cappella del tesoro detta di San Pao-lino fornita di una torre all’esterno e l’arricchì con pregevoli suppellet-tili e arredi sacri. Nella cittadina di Capua edificò poi a sue spese il chio-stro del monastero di Santa Maria del Carmine lasciando l’epigrafe de-dicatoria: JOR. CAR. DE ARAGONIA PATRIAR. ANTIOCH. AC PONT. CAP. VIR.PIENTISS. HOC CLAUSTRUMGENITRICI DEI MARIAE PROPRIIS SUMPTIBUSEREXIT; sui lavori realizzati dal Caetani, cfr. Granata, Storia sacra cit.,pp. 156-157 e G. Iannelli, Sacra guida ovvero descrizione storica artisticaletteraria della chiesa cattedrale di Capua in occasione della generale ri-staurazione della medesima, Napoli 1858, pp. 22-23. Al Caetani vengonoriferite anche le mattonelle della sacrestia del duomo oggi nel Museo Dio-cesano, cfr. G. Marchetti Longhi, Le maioliche caetanesche nella sagrestiadel duomo di Capua, in Il contributo dell’archidiocesi di Capua alla vitareligiosa e culturale del Meridione, Atti del Convegno nazionale di studistorici promosso dalla Società di storia patria di Terra di Lavoro (Capua,Caserta, S. Maria Capua Vetere, 26-31 ottobre 1966), Roma 1967, pp.359-366 e R. M. Gaetani, Gens Caietana. La storia della famiglia Caeta-ni 730-2000, Fondi 1996, pp. 29, 247-249.38 A completamento della committenza pittorica di Giordano Caetani sicita il dipinto recante la firma di Cristoforo Scacco e la data 1484 raffi-gurante la Madonna con il Bambino e il donatore Giordano Caetani in ve-sti cardinalizie in atto di offrire il modellino della chiesa da lui fatta co-struire, visto nella chiesa di San Girolamo a Fondi dall’abate benedetti-no Costantino Caetani e descritto nel suo taccuino di viaggio da Monte-cassino a Roma nel settembre 1603 (Roma, Biblioteca Alessandrina, ms.104, f. 348v) edito da G. Pesiri, Un taccuino di viaggio dell’abate Co-stantino Gaetani (1603). Appunti su Pignataro Interamna, Ausonia, Fon-di, Maenza e Velletri, in Le scritture della storia. Pagine offerte dalla Scuo-la nazionale di studi medievali a Massimo Miglio (Quaderni della scuolanazionale di studi medievali. Fonti, studi e sussidi), a cura di F. DelleDonne, G. Pesiri, Roma 2012, pp. 82-83. Per un aggiornamento dellaquestione, si rimanda al contributo di G. Pesiri nel presente volume.

mato artista della città papale.Come di consueto nelle operedella sua maturità, anche nella ta-vola capuana Antoniazzo abban-dona la tradizionale struttura atrittico in favore dell’adozionedella rinascimentale pala unifica-ta che mostra la Vergine con ilBambino in posizione rialzata af-fiancata dai santi Stefano e Luciacon gli attributi del martirio,poggianti su un pavimento di fin-to marmo e immersi nell’atmo-sfera luminosa di un fondo orodamascato con grandi ornati flo-reali. Sul podio circolare del tro-no della Vergine è dipinta in orocon sottile grafismo su fondo scu-ro un’insolita decorazione a grot-tesche con motivi che si ripetonosimmetricamente: uccelli alati earpie s’impostano a lato di giralie anfore e reggono alternativa-mente targhe con sigle e stru-menti musicali; al centro vi è unatarga con le lettere A.R.P. da in-tendersi come firma siglata delpittore (Antonatius Romanus pin-xit) 39. Ad essa fanno riscontro altre due targhe laterali(quella di sinistra meno leggibile) con le sigle S.P.Q.R., ul-teriore riferimento alla provenienza dall’urbe del pittore.

L’iscrizione con la firma comple-ta ANTONATIUS ROMANUS ME

PINXIT 14[92?] in caratteri capita-li umanistici si legge sotto il gra-dino del trono; è stata recupera-ta nel corso del restauro del1957 40 in sostituzione di quellarisalente al 1858, anno in cui ilrestauratore Raffaele Germano,oltre a ridipingere pesantementela tavola, volle sostituire l’iscri-zione originale con una nuova,collocata sul medesimo gradi-no, che così recitava ANTONA-

TIUS ROMANUS M. FOR. P.

MCCCCLXXXIX 41. La data che silegge oggi risulta incompleta e ri-maneggiata, e a fatica si leggonole ultime due cifre 42, ma l’anno1492 è tuttavia attendibile consi-derando la data di morte delcommittente Giordano Caetani,il 1496.Opera trascurata dalla critica,la tavola di Capua è stata oggettonel tempo di valutazioni contra-stanti, ad iniziare dal Cavalcaselleche la giudicava di scarsa qualità

e la riferiva ad un seguace dell’Aquili per la predominantecomponente stilistica umbra che faceva supporre una ma-no diversa da quella del pittore romano 43; successivamente

ANTONIAZZO ROMANO E LA COMMITTENZA CAETANI A FONDI E A CAPUA 83

39 È interessante ricordare che nel 1873 gli studiosi locali Domenico Sa-lazaro e Gabriele Iannelli rivendicarono un’origine campana di Anto-niazzo Romano sciogliendo in “Antonatius Romanus Campanus” le sigleA.R.C. che si leggono invece sul basamento del trono della Madonna e isanti Anna e Gioacchino di Cristoforo Scacco proveniente da Sessa Au-runca e conservata nel Museo Campano di Capua, allora ritenuta operadell’Aquili, cfr. D. Salazaro, Su Antoniazzo Romano, «Atti della Com-missione Conservatrice dei Monumenti e Oggetti di Antichità e Belle Ar-ti nella Provincia di Terra del Lavoro», 4. 1873, p. 44; G. Iannelli, Su An-toniazzo Romano, «Atti della Commissione Conservatrice dei Monumentie Oggetti di Antichità e Belle Arti nella Provincia di Terra del Lavoro»,4. 1873, p. 47, Fogolari, Cristoforo Scacco cit., p. 198.40 S. Garofano Venosta, Un dipinto su tavola di Antoniazzo Romano nelDuomo di Capua, in Il contributo dell’archidiocesi di Capua cit., pp. 323-325 ricorda che il dipinto antoniazzesco, sfuggito miracolosamente albombardamento del 1943 che causò la distruzione del duomo di Capua,fu successivamente sottoposto a restauro nel Laboratorio di Capodi-monte.41 Questa versione dell’iscrizione rifatta nell’intervento del 1858 venivariportata da J. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in

Italy, III, London 1866, p. 168 e in seguito menzionata da G. Milanesiin G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, III,Firenze 1878, ed. Firenze 1906, p. 471 nota. A. Bertolotti, Der Maler An-toniazzo von Rom und seine Familie, in «Repertorium für Kunstwissen-schaft», VI (1883), p. 222 la modificava nel modo seguente: ANTONATIUSROMANUS M. PINXIT MCCCCLXXXIX.42 Secondo H. Hedberg, Antoniazzo Romano and his school, New York1980, pp. 159-161 n. 8 l’iscrizione che si legge dopo il restauro del 1957sarebbe un rifacimento moderno; anche R. Cannatà in Un’antologia direstauri. 50 opere d’arte restaurate dal 1974 al 1981, Catalogo della mo-stra (Roma, 18 maggio-31 luglio 1982), Roma 1982, p. 30 giudicava nonattendibile la data 1489 letta finora poiché la terza cifra risulta ritoccatae non corrispondente ad un 8.43 A causa delle pesanti ridipinture apportate dal restauratore RaffaeleGermano nel 1858, il dipinto veniva giudicato un modesto lavoro di scuo-la umbro-pinturicchiesca e assegnato ad un seguace di Antoniazzo figliodell’‘Antonio da Roma’ che nel 1464 aveva firmato la tavola di Rieti daCrowe - Cavalcaselle, A new history cit., p. 168, i quali per primi pensa-rono ad una committenza di un membro della famiglia Caetani, forse ilcardinale Girolamo Caetani.

Fig. 12. Antoniazzo Romano,Madonna con il Bambino e i santiStefano e Lucia, tempera su tavola. Capua, Museo Diocesano(foto Franco Cucciari).

veniva restituita ad Antoniazzo e avvicinata alle opere del-la sua maturità da August Schmarsow nel 1866 44 e dal Fo-golari nel 1901 45. Soltanto citato nei contributi successi-vi 46, un giudizio decisamente severo veniva espresso daFrancesco Negri Arnoldi che pur accettando la paternitàantoniazzesca giudicava il dipinto «la lapide dell’ormaispenta arte di Antoniazzo» 47 per l’accostamento confusodei personaggi intorno al podio circolare e per il venir me-no della struttura prospettica nella disposizione avanzatadella Vergine rispetto ai santi laterali. Una decisa rivaluta-zione del dipinto in anni più recenti 48 ha messo in risaltol’eleganza ancora fiorentina del volto dei santi accanto al-le suggestioni umbre nelle figure aggraziate della Verginee del rotondo bambino. Una sicura novità è costituita dal-la decorazione a grottesche del podio del trono che segnaun’evoluzione della decorazione ‘all’antica’ inaugurata po-chi anni prima, nel 1487, nellaMadonna e santi provenienteda Poggio Nativo e oggi alla Galleria Barberini. Questo ti-po di decorazione, insolita nella produzione del maestro ro-mano che è estraneo alla cultura antiquaria tanto in voganella Roma di fine Quattrocento, va probabilmente ricon-dotta ad un contatto con il Pinturicchio 49 il quale negli stes-

44 A. Schmarsow,Melozzo da Forlì, Stuttgart 1886, p. 371 riconosceva neldipinto una componente umbro-pinturicchiesca unita a spunti ghirlan-daieschi nel santo Stefano e affinità con l’Annunciazione della Minerva,specie tra la santa Lucia e le fanciulle che ricevono la dote, ipotizzandouna vicinanza cronologica dei due dipinti.45 Il confronto con l’Annunciazione della Minerva veniva riproposto an-che da Fogolari, Cristoforo Scacco cit., pp. 197-198 che ritrovava nella ta-vola capuana ricordi del Pinturicchio e del Ghirlandaio, esprimendo neiconfronti del dipinto un giudizio positivo.46 H. Everett, Antoniazzo Romano, in «American Journal of Archaeolo-gy», XI (1907), p. 303, Berenson, The central italian painters cit., p. 26,Marle van, The Development cit., p. 268 (ricorda la tavola pesantemen-te restaurata), Berenson, Italian Pictures cit., p. 15.47 Negri Arnoldi, Maturità cit., p. 242 vi vedeva uno stile peggiorato insenso pinturicchiesco, e riteneva la tavola commissionata «da un cardi-nale Gaetano, forse il celebre Tommaso da Vio (1468-1533) che assunseappunto questo nome», ibidem, p. 244 nota 41.

si anni elaborava la prima decorazione a grottesche nellacappella di Domenico della Rovere in Santa Maria del Po-polo.Anche la tavola capuana godrà di una discreta popolaritànell’ambito della bottega romana dell’Aquili. Infatti il grup-po centrale con la Madonna che tiene sulle ginocchia il Bam-bino costituirà un modello fortunato nella bottega del pit-tore romano e verrà utilizzato in dipinti murali situati in areegeografiche diverse: a Roma sarà lo stesso pittore a ripro-porlo nellaMadonna e sant’Anna della cappella di Sant’Annaa San Pietro in Montorio databile tra la fine del XV secoloe l’inizio del XVI, mentre ricomparirà nella chiesa di SanFrancesco a Piediluco in Umbria in un modesto affresco da-tato 1514, a conferma della circolazione dei cartoni di An-toniazzo in provincia ancora nei primi decenni del Cinque-cento ad opera dei suoi tardi seguaci 50. Ma è soprattuttonell’area napoletana e campana che si avvertiranno le trac-ce della pittura romana mediata nella regione pontina daidipinti di Antoniazzo, nell’opera del napoletano FrancescoCicino e di Cristoforo Faffeo 51, a conferma del successo del-la felice formula di equilibrio tra tradizione e modernitàideata dal pittore romano.

84 ANNA CAVALLARO

48 Cannatà in Un’antologia di restauri cit., p. 30 (vi vede una mescolan-za di modi del Ghirlandaio e del Perugino, con l’aggiunta di spunti me-lozzeschi), Cavallaro, Antoniazzo Romano cit., pp. 88-95 e pp. 197-198n. 23, Paolucci, Antoniazzo Romano cit., p. 122 n. 34 avvicina il dipintocapuano alla tavola Barberini (1487) e a quella di Sant’Antonio dei Por-toghesi ritrovandovi aspetti di alto livello di stile insieme a suggestioniumbre «nei ritmi allentati e nella tenerezza patetica dei volti». Ritieneinoltre che il fondo oro operato possa costituire una concessione al gu-sto ispanizzante del committente.49 G. Noehles, Antoniazzo Romano. Studien zur Quattrocentomalerei inRom, Könisberg 1973, p. 78.50 Cavallaro, Antoniazzo Romano cit., p. 248 n. 117.51 F. Navarro, La pittura a Napoli e nel Meridione nel Quattrocento, in Lapittura in Italia cit., pp. 461-462, P. Leone de Castris, Italia meridionale,in Pittura murale in Italia. Il Quattrocento, a cura di M. Gregori, I, Ber-gamo 1996, pp. 235-237.