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Per amichevole invito della collega Dott.ssa Elisa Lissi Caronna, che ringrazio per avermi dato l’opportunità di occuparmi di questi interessanti ritrovamenti, trascrivo qui di seguito le iscrizioni che si leggono nei monumenti da lei illustrati sopra, accompagnando le trascrizioni stesse con qualche osser- vazione di carattere epigrafico ed antiquario. 1. - Sul basamento di travertino della grande ara funeraria è incisa la seguente iscrizione, in lettere assai belle e curate (fig. 1): [L.] Aufidius Aprilis, corinthiarius, sibi et libertis libertabus suis et eorum quorum nomina superius in ara 5 scripta sunt. Da notare che i punti divisori tra parole sono sempre presenti, tranne, nella penultima riga, tra le parole IN e ARA, che anzi sono incise vicine quasi a formare un tutto unico. Il fatto sicuramente non è casuale, ma si spiega con l’uso di considerare la preposizione tanto strettamente connessa alla parola cui si riferisce da costituire un’unità con essa, cosicché non si giustifica né il punto divisorio né uno spazio bianco 66 . Numerosi i confronti che si potrebbero addurre 67 . Dall’iscrizione si apprendono il nome, non altrimenti attestato, e la professione del fondatore del monumento sepolcrale che si qualifica subito di tipo familiare (non cioè, ereditario), riservato com’è nominativamente al fondatore, ad alcune altre persone espressamente indicate ed ai liberti ed alle liberte del gruppo 68 . La formula finale è assai comune | anche se, per solito, figura nella stessa parte del monu- mento in cui i nomi compaiono e non altrove 69 . Il prenome di Aufidius Aprilis, perduto in seguito ad una scheggiatura del travertino, viene agevol- mente restituito per confronto con le iscrizioni 2 e 3. La sua condizione è verosimilmente libertina anche * Not. Sc., 1975, pp. 222-232. 66 A.E. GORDON, Quintus Veranius consul A.D. 49. A Study Based upon his Recently Identified Sepulchral Inscription, in Un. Calif. . Publ. Arch., 2, 5, 1952, p. 233; ID., in GORDON − GORDON, Contributions, pp. 184 sg. 67 Si veda, ad esempio l’accuratissima iscrizione di Veranio di cui alla nota precedente (riprodotta anche in GORDON GORDON, Album, I, p. 105 nr. 109, tav. 47) in cui la spaziatura e i punti divisori appaiono ovunque regolarmente meno dopo le preposizioni (5 casi con ab, in e propter). Del fenomeno mi sono occupato anche in una comunicazione al Convegno internazionale per il XIX centenario della dedicazione del Capitolium di Brescia (27-30 settembre 1973), di cui sono in corso di pubblicazione gli Atti [Brescia 1975, I, p. 219]. 68 Il carattere familiare non è annullato dal fatto che sono ammesse nel sepolcro, come si vedrà, anche persone di no- men diverso rispetto al fondatore: F. DE VISSCHER, Le droit des tombeaux romains, Milano 1963, pp. 93-127 in part. p. 96. 69 Per Roma cfr. CIL, VI 7582, 8930 = 33754, 9872, 10236, 15053, 18631, 22625, 33852, 34136, 35121, 27156, 38562. Per un rinvio ad elencazione dei nomi su un’ara, però non sepolcrale: CIL,VI 213 cfr. 214 = 30716. II,16 - ROMA, VIA FLAMINIA 122 – LE ISCRIZIONI* <222> <223>

21 - Roma, via Flaminia 122. Le iscrizioni

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Per amichevole invito della collega Dott.ssa Elisa Lissi Caronna, che ringrazio per avermi dato l’opportunità di occuparmi di questi interessanti ritrovamenti, trascrivo qui di seguito le iscrizioni che si leggono nei monumenti da lei illustrati sopra, accompagnando le trascrizioni stesse con qualche osser-vazione di carattere epigrafi co ed antiquario.

1. - Sul basamento di travertino della grande ara funeraria è incisa la seguente iscrizione, in lettere assai belle e curate (fi g. 1):

[L.] Aufi dius Aprilis,corinthiarius,sibi et libertis libertabus suiset eorum quorum nomina superius in ara

5 scripta sunt.

Da notare che i punti divisori tra parole sono sempre presenti, tranne, nella penultima riga, tra le parole IN e ARA, che anzi sono incise vicine quasi a formare un tutto unico. Il fatto sicuramente non è casuale, ma si spiega con l’uso di considerare la preposizione tanto strettamente connessa alla parola cui si riferisce da costituire un’unità con essa, cosicché non si giustifi ca né il punto divisorio né uno spazio bianco66. Numerosi i confronti che si potrebbero addurre67.

Dall’iscrizione si apprendono il nome, non altrimenti attestato, e la professione del fondatore del monumento sepolcrale che si qualifi ca subito di tipo familiare (non cioè, ereditario), riservato com’è nominativamente al fondatore, ad alcune altre persone espressamente indicate ed ai liberti ed alle liberte del gruppo68. La formula fi nale è assai comune | anche se, per solito, fi gura nella stessa parte del monu-mento in cui i nomi compaiono e non altrove69.

Il prenome di Aufi dius Aprilis, perduto in seguito ad una scheggiatura del travertino, viene agevol-mente restituito per confronto con le iscrizioni 2 e 3. La sua condizione è verosimilmente libertina anche

* Not. Sc., 1975, pp. 222-232.66 A.E. GORDON, Quintus Veranius consul A.D. 49. A Study Based upon his Recently Identifi ed Sepulchral Inscription,in Un. Calif. Calif. Calif Publ. Arch., 2, 5, 1952, p. 233; ID., in GORDON − GORDON, Contributions, pp. 184 sg.67 Si veda, ad esempio l’accuratissima iscrizione di Veranio di cui alla nota precedente (riprodotta anche in GORDON − GORDON, Album, I, p. 105 nr. 109, tav. 47) in cui la spaziatura e i punti divisori appaiono ovunque regolarmente meno dopo le preposizioni (5 casi con ab, in e propter). Del fenomeno mi sono occupato anche in una comunicazione al Convegno

internazionale per il XIX centenario della dedicazione del Capitolium di Brescia (27-30 settembre 1973), di cui sono in corso di pubblicazione gli Atti [Brescia 1975, I, p. 219].68 Il carattere familiare non è annullato dal fatto che sono ammesse nel sepolcro, come si vedrà, anche persone di no-men diverso rispetto al fondatore: F. DE VISSCHER, Le droit des tombeaux romains, Milano 1963, pp. 93-127 in part. p. 96.69 Per Roma cfr. CIL, VI 7582, 8930 = 33754, 9872, 10236, 15053, 18631, 22625, 33852, 34136, 35121, 27156, 38562. Per un rinvio ad elencazione dei nomi su un’ara, però non sepolcrale: CIL,VI 213 cfr. 214 = 30716.

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se è omessa l’indicazione del patronato (non fi gura ad ogni modo neppure il patronimico). In tal senso depone anche il mestiere di fabbricante e venditore di oggetti in aes corinthium. Ha osservato di recen-te la Calabi Limentani che “le iscrizioni di corinthiarii, salvo un caso di Sorrento (CIL, X 692), sono solo della città di Roma, e tutte di schiavi, e, salvo forse due casi (CIL, VI 5900, 8757), tutti della casa imperiale”70. Alle testimonianze da lei considerate, sette in tutto71, si possono aggiungere, oltre alla no-stra, quella di un altro probabile a corin[this] ricordato nei Fasti Antiates ministrorum, quindi anch’egli schiavo della familia imperiale72, un a corint(h)is Caesaris servus in un’iscrizione di Castel Porziano73

e l’altro corinthiarius di questo gruppo d’iscrizioni (nr. 3), liberto di un privato74. Queste aggiunte non modifi cano però il quadro delineato cosicché si può asserire che, allo stato attuale della nostra informa-zione, il mestiere rinvia di preferenza ad ambiente servile o libertino.

Si sa, d’altronde, del grande favore che i corinthia, oggetti considerati di gran pregio, godettero dalla fi ne della Repubblica ai primi due secoli dell’Impero75, cosicché non meraviglierà la ricchezza del sepolcro (in particolare dell’ara) eretto dal corinthiarius | Aufi dio Aprile, evidentemente arricchitosi con la sua industria ed il suo commercio. Il suo nome va tenuto ben presente dagli studiosi di toreutica: il ritrovamento di un vaso, di un piatto o di una statuina con la sua fi rma potrebbe infatti risolvere una volta per tutte il problema della vera natura dell’aes corinthium sulla quale, fi n qui, nulla sappiamo di certo.

2. - Sulla grande ara che poggia direttamente sul basamento in travertino di cui al numero preceden-te leggo, entro una tabella scorniciata alta cm 45 e larga cm 50 (fi g. 2):

L. Aufi dius Aprilisc[or]inthiárius[de thea]tro Balbi,

70 I. CALABI LIMENTANI, Corinthiarius, in Enc. Art. Ant., II, 1959, p. 838.71 Art. cit. (nt. 70); vd. anche, della stessa: Studi sulla socie-tà romana. Il lavoro artistico, Milano-Varese 1958, pp. 172 sg. Le iscrizioni sono: CIL, VI 4455 = ILS 7445 = H. GUMME-RUS, in Klio, 14, 1914, p. 160 nr. 32, Zoelus corint(hiarius),dal mon. Marcellae cfr. 8756 = GUMMERUS, art. cit., p. 163 nr. 60, Callityche Zoili corint(hiari) Agripp(iani) e 33768 = GUMMERUS, art. cit., p. 174 nr. 114, Philemoni Agripp(iano)corinthiar(io)… Zoilo Agripp(iano) corinthiar(io)… imagi-nem marmoream honoris causa deder(unt), a. 2 d.C.; 5847 = GUMMERUS, art. cit., p. 161 nr. 41, Captus a corinthis, da colombario; 5900 = ILS 7422 = GUMMERUS, art. cit., p. 161 nr. 42, Sabino Domiti (scil. servo) corinthiario, da colom-bario; 8757 = GUMMERUS, art. cit., p. 163 nr. 61, Neaporis corinthiari; CIL, X 692 = ILS 1818 = GUMMERUS, art. cit., p. 176 nr. 122, Anthus Aug. (scil. servus) a corinthis, da Sor-rento. Sono presi in considerazione anche gli a corinthis per i quali tuttavia v’è incertezza se siano anch’essi “operai o solo custodi della supellettile corinzia” (CALABI LIMENTANI, art. cit. [nt. 70], p. 838). Un a corinthis è indicato come fa-ber soltanto in un’iscrizione del Museo Nazionale Romano (inv. 72579; Mag. epigr. D, III, 6) peraltro con buone ragioni

giudicata falsa: CIL, VI 937*.72 CIL, X 6638 = I2 pp. 247 sgg. = GUMMERUS, art. cit. (nt. 71), p. 176 nr. 124 cfr. Inscr. It., XIII, 1, nr. 31 (all’anno 51): [---]ius Al(l)ian(us) a corin[this].73 Segnalata come inedita e datata al I sec. d.C. dal GUMME-RUS, art. cit. (nt. 71), p. 180 nr. 137 a: Dis Manibus / Clau-diae Ampliatae / bene merenti / fecerunt / Musicus vilicus et / Favor a corintis / Caesaris servus.74 Va eliminata la presunta testimonianza di CIL, VI 8639 = X 6637 ove, secondo Thes. Ling. Lat., Onom., II, col. 605, si avrebbe il ricordo di una corin[thiaria]; la parola lacunosa va interpretata infatti come cognome e non come indicazio-ne di mestiere: GUMMERUS, art. cit. (nt. 71), p. 177 nt. 124 e A. DEGRASSI, Inscr. It., XIII, 1, 32, all’anno 66.75 Oltre ai lavori sopra citati della Calabi Limentani: E. POTTIER, in Dict. Ant. Gr. Rom., I, 2 1887, pp. 1507 sg. ed E. DE RUGGIERO, Diz. Epigr., II, 2, 1910, p. 1910 con le fonti ivi citate. Particolarmente interessanti e discussi i riferimenti ai corinthea ed alla loro origine in Petronio (Sat. 31 e 50); su di essi, da ultimo: G.G. BETTS, Petronius C. 50 and a Gloss in Hesychius, in Glotta, 49, 1971, pp. 259-260 (importante) e B. BALDWIN, Trimalchio’s Corinthian Plate, in Class. Phi-lol., 68, 1973, pp. 46-47.

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[sibi] et5 [---]ae Secundae

[- c. 4 -]ri sanctissimae, et[Gar]giliae Sp.f.f. .f.f Venustae,M.M.M Antóni M. Antóni M. Antóni M f.f. .f.f Pap(iria)Flacci liberti Felicis

10 uxóri piissimae, etM.M.M António Felici.

Noto l’uso, non costante, come per lo più accade, degli apici e della I longa (quest’ultima compare alla riga 6 in [---]ri ed alle righe 9-10 in Flacci, liberti e piissimae76. Al centro della riga 4, non visibile nella fotografi a, è una piccola hedera distinguens, certamente uno degli esempi più antichi a Roma di questo tipo d’interpunzione77.

Il fondatore del sepolcro, che nell’iscrizione del basamento aveva indicato soltanto il suo mestiere, qui precisa anche il luogo in cui lo esercitava, secondo un uso ben noto. Se si prescinde dalla Forma Urbis, è questo il primo documento epigrafi co che menzioni il teatro di Balbo del quale soltanto da poco si è riconosciuta, per una felice serie di osservazioni del Gatti, l’esatta ubicazione tra Piazza Paganica evia dei Polacchi78. Poiché, com’è facile intendere e come positivamente si sa, nel mondo antico ancor più di oggi i negozi di un | certo tipo tendevano a raggrupparsi in una o più zone della città79, l’infor-mazione che l’ara ci fornisce per Aufi dio Aprile può essere usata anche per qualifi care, almeno in parte, i dintorni del teatro come area di negozi di un certo tono. Del resto la zona, molto frequentata per la presenza, oltre che del teatro, di portici, templi ed abitazioni80, ben si prestava ad impiantarvi commerci di questo genere.

La seconda parte dell’epigrafe, contenente l’elenco delle altre persone cui è riservato il sepolcro, non è esente da problemi.

76 Su queste particolarità grafi che nelle iscrizioni di Roma datate tra Augusto e Nerva: GORDON − GORDON, Contribu-tions, cit. (nt. 66), pp. 148 sg. cfr. p. 214 e pp. 186-201 cfr. pp. 216 sg.77 Nelle iscrizioni datate di Roma raccolte dai Gordon il pri-mo esempio di interpunzione a foglia d’edera è di età tiberia-na (Contributions, p. 183 cfr. GORDON − GORDON, Album, I, nr. 71 tav. 34 a = CIL, VI 5197 = ILS 1514), il secondo, e ultimo fi no a Nerva, di età vespasianea (ibid., cfr. GOR-DON − GORDON, Album, I, nr. 140 tav. 58 c = CIL, VI 1348 = ILS 1003). Sulla questione della prima comparsa e della diffu sione delle hederae, ora anche: H. HOMMEL, Das Datum der Mu natier-Grabstätte in Portus Traiani und die hederae distinguentes, in Zeitschr. Pap. Ep., 5, 1970, pp. 293-303 cfr. 6, 1970, p. 287; sul loro signifi cato R.E.A. PALMER, Ivy and Jupiter’s Priest, in Homenaje a A. Tovar, Madrid 1972, pp. 342 sg.78 In precedenza si riteneva che sorgesse sotto il Monte dei Cenci (così ancora CARETTONI – COLINI – COZZA – GATTI, La pianta marmorea di Roma, Roma 1960, p. 106), ma vd. G.

GATTI, Dove erano situati il teatro di Balbo e il Circo Fla-minio, in Capitolium, 1960, 7, pp. 3-12; ID., Ancora sulla vera posizione del teatro di Balbo e del Circo Flaminio, in Palatino, 5, 1-2, 1961, pp. 17-20; ID., A proposito del tea-tro di Balbo e del Circo Flaminio, in Palatino, 7, 1963, p. 147. Buone illustrazioni ed altra bibliografi a in NASH, Dic-tionary2, pp. 414-417.79 Restando nell’ambito del commercio di oggetti di lusso, si veda, ad esempio, la concentrazione di negozi di aurifi ces,gemmarii, caelatores, fl aturarii, margaritarii sulla Sacra via, per cui rinvio tra l’altro a quanto scrissi in Arch. Class., 22, 1970, pp. 131-138.80 Per un rapido orientamento sulle attuali conoscenze circa la topografi a della zona si vedano, oltre alle piante ricostrut-tive allegate dal Gatti ai suoi studi citati in nota 78, quelle annesse agli importanti articoli di L. COZZA, Pianta marmo-rea severiana: nuove ricomposizioni di frammenti, in Quad.Ist. Top. Ant. Roma, 5, 1968, pp. 9-20 e di F. COAREL LI, Il tempio di Bellona, in Bull. Comm. Arch. Roma, 80, 1965-67 (1968), pp. 37-72.

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La prima ad essere ricordata è una donna di cognomen Secunda (del breve gentilizio sono rimaste soltanto le ultime due lettere81), che potrebbe essere teoricamente tanto uxor quanto uxor quanto uxor mater del mater del mater corinthia-rius (tralascio soror e soror e soror mulier che non si adattano alla lacuna).mulier che non si adattano alla lacuna).mulier

Preferisco pensare tuttavia che si tratti della moglie piuttosto che della madre di Aufi dio Aprile, sia perché l’epiteto di sanctissima è usato assai più frequentemente con uxor, che con mater82, sia perché il sepolcro sembra costruito per due coppie, sia infi ne perché si è supposto prima che Aufi dio Aprile sia di origine servile.

Segue un’altra donna il cui gentilizio ho restituito come [Gar]giliae avvalendomi, sia dei resti del marmo, che sono maggiori di quanto non appaia dalla fotografi a, sia del confronto con l’iscrizione nr. 4 ove compaiono tre membri di questa gens. Si tratta con tutta probabilità di una illegittima, come appare dal falso patronimico da risolvere piuttosto in Sp(uria) f(f(f ilia) che in Sp(urii) f( f( f ilia), anche se quest’ulti-ma era probabilmente la lettura usuale già nel tempo in cui l’iscrizione era incisa83. Che del resto Sp. in formule come queste non sia un vero prenome è dimostrato chiaramente, se necessario, dalla sua grande frequenza in netto contrasto con la rarità del prenome Sp(urius)84. Come fi glia naturale, | nata al di fuori di iustae nuptiae, si deve pensare che la donna abbia assunto il gentilizio materno85; in altre parole, alla gens Gargilia dobbiamo attribuire con tutta probabilità non il padre bensì, piuttosto, la madre.

Nelle righe seguenti la donna viene indicata come uxor piissima di M.M.M Antonius Felix al quale pure, Antonius Felix al quale pure, Antonius Felixcome risulta dall’ultima riga, è riservato l’uso del sepolcro. È questa la parte del testo di più diffi cile interpretazione per le anomalie che contiene. Il nome del marito, poi ripetuto in forma semplice, è infatti nel gamonimico indicato in maniera assai complessa e tale da suggerire insieme la doppia condizione di ingenuo e di liberto: M.M.M Antonius M( Antonius M( Antonius M arci) f( f( f ilius) Pap(iria), Flacci libertus, Felix. Come un ingenuo, il personaggio ha il patronimico e l’indicazione della tribù (che per di più non è urbana)86, come un liberto

81 Considerazioni di spazio ed anche di datazione mi fa-rebbero ritenere bene indicato Iulia, ma non oso integrare senz’altro in tal senso.82 Nelle oltre 35000 iscrizioni latine di Roma schedate da S.G. HARROD (Latin Terms of Endearment and of Family Re-lationship. A Lexicographical Study based on Volume VI of the Corpus Inscriptionum Latinarum, Princeton 1909), in un totale di 364 attestazioni, sanctissimus ricorre (pp. 20-23 cfr. p. 49) 244 volte in unione a sostantivi indicanti la condizio-ne di moglie o concubina e solo 19 volte con riferimento a genitori veri, adottivi o di seconde nozze.83 In generale sulla questione: E. DE RUGGIERO, in Diz. Epi-gr., III, pp. 86-88; CH. LÉCRIVAIN, in Dict. Ant. Gr. Rom., IV, 2, 1926 coll. 1445 sg.; E. WEISS, in RE, III, A, 1929, coll. 1889-1891. Inoltre, sulla posizione degli spurii: J. PLASSARD, Le concubinat romain sous le Haut-Empire, Toulouse-Paris 1921, pp. 86-87; II, A. SANDERS, A Birth Certifi cate of the Year 145 A.D., in Am. Journ. Arch., 32, 1928, pp. 309-329; F. LANFRANCHI, Premesse terminologiche a ricerche sulle azioni di stato nella fi liazione in diritto romano classico, in Pubbl. Ist. Econ. Giur. Cagliari, 29, 1946, pp. 35-45 (estrat-to); A. CALDERINI, ∆Apavtore", in Aegyptus, 33, 1953, pp. 358-369. Sulla legittimazione per rescriptum principis dei fi gli spurii, non creazione costantiniana, ma molto anteriore:

E. VOLTERRA, Intorno a D. 23, 2, 57 a, in Mél. Ph. Meylan, I, Lausanne 1963, pp. 367-377.84 In CIL, VI (quasi 40 mila iscrizioni) Spurius, variamen-te abbreviato, compare in sede prenominale soltanto 5 volte (209, 7592 e 7593 dal sepolcro dei Carvilii, 16779, 21055), mentre appare usato, tolti due casi dubbi, 187 volte in sede di falso patronimico. A maggior conferma, quando la tribù è indicata è quasi sempre la Collina; in tre casi è la Succusa-na (392, 5754, 9897) e la Palatina (21954, 24025 25654); attestata una volta ciascuna anche le tribù rustiche Arnensis (11191), Clustumina (5163), Fabia (2744), Papiria (36077), Pomptina (35127), Quirina (15007), Sergia (15640), Tere-tina (20109), Velina (21872), Voltinia (3528). Dati desunti dall’index verborum di CIL, VI redatto a cura di Jory e Moo-re e attualmente in corso di stampa.85 Vd. bibliografi a citata in nota 83. Fondamentali, per il concetto di iustae nuptiae, numerosi contributi di E. VOLTER-RA; tra i più recenti: Iniustum matrimonium, in Studi in onore di G. Scherillo, II, Milano 1972, pp. 441-470, ivi principale bibliografi a antecedente.86 È fatto risaputo che i liberti quasi mai indicano la tri-bù e, se mai, questa è per lo più urbana: L.R. TAYLOR, The Voting Districts of the Roman Republic (Pap. Monogr. Am.Ac. Rome, 20), Rome 1960, pp. 132-149 in part. p. 147 con

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ha l’indicazione del patrono espressa con il cognomen di questi87. Questo tipo di denominazione, che non ha, a mia conoscenza, alcun esatto precedente, richiede un più attento esame88.

Sgombrato il campo dall’ipotesi che la doppia denominazione non abbia un vero e proprio valore giuridico, non intendendo signifi care altro se non che Marco Antonio Felice era non solo liberto, ma anche fi glio naturale di Flacco89 (ipotesi a mio avviso da eliminare per più di un motivo90), le possibilità teoriche che si presentano sono di vario genere. Poiché in linea di principio la condizione di ingenuo e di liberto si escludono a vicenda e, in quest’epoca, sembra praticamente improbabile l’ipotesi di un ingenuo ridotto alla condizione di liberto91, è chiaro che debbano essere presi in esame i vari modi at-traverso | i quali una persona può mutare la sua condizione di liberto in quella più o meno fi ttizia o reale di ingenuo.

Due istituti ben noti si presentano subito alla mente: quello della restitutio natalium e quello delloius anulorum. Era il primo un procedimento giuridico fondato sulla dichiarazione che la persona, il cui stato era in discussione, di nascita libera, era stata fatta illegalmente schiava, il che comportava il riac-quisto della condizione libera e la completa emancipazione dai suoi doveri verso il patrono92. In forza dello ius anulorum, concessione dell’imperatore, un liberto poteva invece diventare nei confronti della società come un ingenuo per di più di rango equestre, conservando peraltro i suoi obblighi e la sua po-sizione di liberto nei confronti del patrono93.

In astratto, entrambi gli istituti (in particolare il secondo, che istituisce una condizione d’ingenuità fi ttizia senza annullare la condizione libertina) sembrerebbero idonei a spiegare le anomalie riscontrate. Ma un più concreto esame dimostra subito che così non è.

Alla restitutio natalium si ricorreva, come si è detto, per ottenere la completa cancellazione di un periodo trascorso in schiavitù ed il riconoscimento (quanto fondato non importa) della propria nascita libera e condizione d’ingenuo in contrapposizione a quella di liberto. Se questo era lo scopo, non è chi non veda come risulterebbe del tutto illogico, in un caso di restitutio, il mantenimento della formula di patronato come si ha nel nostro caso94.

nt. 55; vd. anche G. VITUCCI, in Diz. Epigr., IV, 29, 1958. p. 925.87 Che, ovviamente, non è regola generale, ma fenomeno frequente e con più di una motivazione, per cui, ad esempio: H. THYLANDER, Étude sur 1’épigraphie latine, Lund 1952, pp. 61 sg. Da escludere, per rispetto allo stile epigrafi co e per confronto con l’ultima riga, che il nome possa essere letto M.M.M Antonius M. Antonius M. Antonius M f.f. .f.f Pap(iria) Flaccus, libertus Felicis.88 Sono vivamente grato al Prof. Edoardo Volterra che in due occasioni ha accettato di discutere con me le questioni connesse confortando, con larghezza di suggerimenti, l’im-postazione del problema che verrò proponendo.89 Cioè di Marco Antonio Flacco; cfr., ad esempio, CIL, III 2371: L. Iulius L. lib(ertus) / Narcissus / v(ivus) f( f( f ecit) sibi et Iuliae / Helpidi coniug(i) / et l(ibertae) et L. Iulio / Ve-stali f(stali f(stali f ilio) et l(iberto). . . Sul carattere per lo più ‘uffi ciale’ dell’onomastica nelle iscrizioni sepolcrali: H. SOLIN, Beiträ-ge zur Kenntnis der griechischen Personennamen in Rom (Comm. Hum. Litt. Ac. Sc. Fenn., 48), Helsinki 1971, p. 44.90 Anzitutto non c’è chi non veda come lo stesso risultato

potesse essere conseguito molto più facilmente e chiara-mente (vd. nota precedente); in secondo luogo mi sembra evidente che fi liazione e tribù secondo le regole in uso per gli ingenui intendono conferire all’espressione un preciso valore uffi ciale e non soltanto far rilevare l’esistenza anche di legami di sangue tra i due personaggi; in ciò vedrei una differenza rispetto ai casi confrontabili addotti da SOLIN, op.cit. (nt. 89), p. 39.91 Si vedano i casi contemplati da VITUCCI, art. cit. (nt. 86) pp. 905 sg.92 H. LEMONNIER, Étude historique sur la condition privée des affranchis, Paris 1887, pp. 242-249; A.M. DUFF, Freed-men in the Early Roman Empire, Oxford 1928, pp. 86-88.93 LEMONNIER, op. cit. (nt. 92), pp. 228-242; DUFF, op. cit. (nt. 92), pp. 85-86; A. VASSILIEIOU, Deux remarques sur l’an-neau d’or, in Ant. Class., 40, 1971, pp. 649-657.94 È opportuno aggiungere che nel I sec. d.C. questo proce-dimento appare ancora straordinario ed i liberti che ne bene-fi ciano sono per lo più imperiali. Il primo giurista che ricordi la restitutio come un atto uffi ciale è Scevola (età di Marco

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236 II – URBS ROMA

Per quanto riguarda lo ius anulorum, va osservato che si trattava di una concessione straordinaria dell’imperatore a liberti particolarmente segnalatisi per benemerenze e cariche ricoperte, ai quali si voleva in tal modo sgombrare il campo dagli ostacoli che, proprio in quanto liberti, incontravano nella loro aspirazione ad ulteriori avanzamenti. È evidente che queste circostanze speciali non si verifi cano nel nostro caso95.

All’incirca per le ragioni indicate a proposito della restitutio natalium escluderei anche si abbia a che fare qui con un acquisto d’ingenuità da parte di un liberto tramite processo, cioè di un ingenuus ma-numissus96. Un giudizio conclusosi con una sentenza d’ingenuità avrebbe annullato infatti la condizione di liberto97, che non aveva quindi più motivo per comparire nell’onomastica.

Scartate tutte queste ipotesi di spiegazione, io mi chiedo se non si debba pensare ad un caso di arrogazione di liberto. È questo un punto delicato sul quale i giuristi faranno | bene ad esporre la loro opinione. Gli istituti dell’adoptio e dell’adrogatio in generale non sono del resto così noti e chiari nella loro origine, struttura, fi nalità ed evoluzione come sarebbe desiderabile; questo spiega il ritmo incalzan-te con cui gli studi sull’argomento si succedono con risultati non sempre convergenti98. In particolare mal informati siamo sulla adrogatio libertini anche per la quale disponiamo peraltro di minuziosi studi particolari99. Io mi limito qui ad avanzare la proposta osservando che:

a) La possibilità del I sec. d.C. di arrogare un liberto è chiaramente enunciata da Gellio che cita Masurio Sabino, vissuto al tempo di Tiberio e dei suoi successori100:

GELL. NA, 5, 19, 11: Libertinos vero ab ingenuis adoptari101 quidem iure posse, Masurius Sabinus scripsit.

Aurelio); Dig. 40, 11, 3 cfr. 40, 11, 2 e 4-5.95 La concessione dell’anello d’oro era poi considerata un onore di cui menar vanto, vd., ad esempio, CIL, VI 1847 = ILS 1899: ILS 1899: ILS anulos aureos consecutus a divo Commodo, cfr. V 4392 cfr. p. 1079 = ILS 5631 (ILS 5631 (ILS Brixia).96 Si veda il capitolo de ingenuis manumissis in Cod.Theod. 7, 14 ed inoltre Dig. 22, 3, 14. In generale A. LE-PELLEY-DUMANOIR, De ingenuis et de ingenuis manumissis, Th. Grenoble 1845, pp. 15 (non vidi); H.J. ROBY, Roman Private Law in the Times of Cicero and of the Antonines, I, Cambridge 1902, pp. 39-40; W.W. BUCKLAND, The Roman Law of Slavery, Cambridge 1908, pp. 438, 650 sg., 672-674; E. VOLTERRA, Istituzioni di Diritto Privato Romano, Roma 1961, pp. 86 sg.97 Dig. 1, 5, 25 (Ulpianus libro primo ad legem Iuliam et Papiam): Ingenuum accipere debemus etiam cum, de quo sententia lata est, quamvis fuerit libertinus: quia res iudica-ta pro veritate accipitur.98 Prescindendo dai cenni nei vari manuali di diritto roma-no, vi vedano alcune messe a punto recenti ad opera di E. VOLTERRA, L’adozione testamentaria e un’iscrizione latina e neopunica della Tripolitania, in Rend. Ac. Linc., ser. 8, 7, 1952, pp. 175-188; ID., Novissimo Digesto Italiano, I, 1957-58, pp. 286-288 e 304-305; ID., La nozione dell’adoptio e dell’arrogatio secondo i giuristi romani del II e III sec. d.C.,

in Bull. Ist. Dir. Rom., 69, 1966, pp. 109-153. Si vedano anche i vari contributi sull’argomento di CALONGE (pp. 245-262), THOMAS (pp. 413-427), TORRENT (pp. 447-454), ATKIN-SON, CASTELLO, HORVAT, VOLTERRA (pp. 474-477), in Rev. Int.Droits Ant., ser. 3, 14, 1967. Negli articoli citati sopra la principale bibliografi a antecedente.99 F. HOFMANN, Zur Beerbung und Arrogation des libertus, in Zeitschr. Rechtsgesch., 12, 1896, pp. 301-315; G. BESELER, Adro gatio libertinorum, in Zeitschr. Sav. Stift. Recht. Rom., 45, 1925, pp. 211-212; G. BELLELLI, L’arrogazione dei libertini, in Arch. Giur., 116, 1936, pp. 65-79; G. LAVAGGI, L’arrogazione dei libertini, in Stud. Doc. Hist. Iur., 12, 1946, pp. 115-135; C. COSENTINI, Per la storia dell’adrogatio libertorum, in Ann.Sem. Giur. Catania, n.s., 2, 1947-48, pp. 235-252.100 Sulle fonti giuridiche di Gellio: V. DIRKSEN, Die Auszüge aus den Schriften der röm. Rechtsgelehrten in den Noctes Atticae des A. Gellius (Hinterlassene Schriften, 1), Lepizig 1871, pp. 55-57.101 Libertini sono qui, come altrove, i liberti nel loro in-sieme, considerati nel loro rapporto con lo Stato e non i fi gli dei liberti. Il punto è ribadito anche da S. TREGGIARI, Roman Freedmen during the Late Republic, Oxford 1969, p. 37 nt. 5 e cap. IV, 1. Il termine adoptio è comprensivo anche dell’arrogatio ed è di quest’ultimo istituto che Gel-lio sta parlando.

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Né tale possibilità venne meno in seguito, come si ricava da Ulpio Marcello, che scrisse al tempo di Marco Aurelio102 e da un rescritto imperiale del 286103.

b) La adrogatio creava un rapporto fi ttizio di fi liazione legittima tra arrogatore e arrogato con con-seguente insorgere di patria potestas del primo sul secondo, che veniva a trovarsi nella posizione del fi lius familias104. Un liberto adrogatus non acquistava però, almeno nell’epoca che ci interessa, lo stato d’ingenuità, come si ricava dal seguito del passo sopra citato.

GELL. NA, 5, 19, 12: Sed id neque permitti dicit [scil. Sed id neque permitti dicit [scil. Sed id neque permitti dicit Masurius Sabinus] neque permittendum esse umquam putat, ut homines libertini ordinis per adoptiones in iura ingenuorum invadant105.

c) Se anche non obbligatorio, era possibile che l’adottato lasciasse la sua tribù, se lo riteneva con-veniente, ed entrasse in quella dell’adottante106.

d) Non pare escluso che, in età classica, comunque prima dei Severi, soprattutto con il consenso d) Non pare escluso che, in età classica, comunque prima dei Severi, soprattutto con il consenso ddel patrono, od in particolari circostanze, un liberto potesse farsi arrogare anche da persona diversa dal patrono stesso107.

Ciascuno di questi punti contiene elementi atti a spiegare l’inconsueta formula onomastica in esame. L’adrogatio, esercitata su persona di rango libertino, la mette nella condizione di un fi glio nato dall’ar-rogatore e da una donna uniti in matrimonio legittimo (M.M.M Antonius M. Antonius M. Antonius M f.f. .); non gli fa però acquisire l’in-f.); non gli fa però acquisire l’in-fgenuità cosicché resta traccia della primitiva condizione libertina (Flacci libertus); può invece mutare la sua tribù, che era verosimilmente urbana, in quella rustica (Papiria) dell’arrogante108. Seguendo sempre l’ipotesi proposta, resterebbe incerto se quest’ultimo si debba identifi care o meno con il patrono. Il proce-dimento dell’adrogatio di un liberto (magari fi glio naturale), se anche non diffusissimo, deve aver avuto una certa applicazione nel mondo romano come è provato dai vari riferimenti nei giuristi. Probabilmente non se ne è trovata traccia fi nora nelle iscrizioni perché non si doveva per lo più avere interesse a docu-mentare nelle epigrafi tutte e due le fasi (manumissio e adrogatio), ma solo quella terminale. Che proprio qui compaiano entrambe potrebbe far pensare che in questo caso il manomissore (Flaccus) fosse persona diversa dall’arrogante (M.M.M Antonius); ciò è possibile ma non, a mio avviso, sicuro: poiché di Flaccus si tace il gentilizio, pare diffi cile che esso fosse diverso da Antonius onde non è forse da escludere, sempre seguendo l’ipotesi proposta, che la doppia formula sia invece un atto di omaggio al patrono-arrogante (forse un personaggio non del tutto oscuro109), che, in tal modo, poteva essere anche meglio individuato.

102 Dig. 23, 2, 32: Sciendum est libertinum, qui se ingenuo dedit adrogandum, quamvis is eius familia ingenui iura sit consecutus, ut libertinum tamen a senatoriis nuptiis repel-lendum esse.103 Cod. Theod. 8, 47, 3: Impp. Diocletianus et Maximianus AA. Marciano. Cum eum, quem adrogare vis libertum tuum esse profi tearis nec ullam idoneam causam precibus indide-ris, id est quod non liberos habes, intellegis iuris auctorita-tem desiderio tuo refragari. Nel mondo greco un caso di ado-zione di liberto sarebbe attestato, secondo P. ROUSSEL (Rev.Étud. Anc., 44, 1942, pp. 217-223) e C. BRADFORD WELLES

(Rev. Int. Droits Ant., 3 = Mélanges F. De Visscher, II, 1949, pp. 507-520), da un’iscrizione di Calimno (I sec. d.C.?) pub-blicata per la prima volta da M. SEGRE, in Memorie pubblica-te a cura dell’Istituto storico-archeologico F.E.R.T. e della R. Deputaz. di St. Patria per Rodi, 3, 1938, p. 55.104 Bibliografi a citata in nt. 33, in particolare VOLTERRA, La

nozione, cit. (nt. 98), p. 121.105 Su questo passo, in particolare, LAVAGGI, art. cit. (nt. 99), pp. 116 sgg.; COSENTINI, art. cit. (nt. 99), p. 235; vd. anche quanto si è detto sopra degli ingenui manumissi.106 E. DE RUGGIERO, in Diz. Epigr., I, 1895, pp. 86 sg. cfr. TAYLOR, op. cit. (nt. 86), pp. 280-282.107 LAVAGGI, art. cit. (nt. 99); COSENTINI, art. cit. (nt. 99).108 A mia conoscenza, nessuna iscrizione ci ha documen-tato fi n qui l’appartenenza di un liberto alla Papiria, tribù di non larga diffusione all’inizio dell’Impero, neppure tra gli ingenui. Nel Lazio, la Papiria era la tribù di Tusculum e Cora; nel resto dell’Italia erano registrate in essa: Ausculum,Castrum Novum?, Narnia, Sutrium, Bellunum, Opitergium,Tridentum, Ticinum.109 Non si conosce comunque nessun Antonio Flacco di qualche fama databile nel giro d’anni in cui l’adozione poté avvenire.

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238 II – URBS ROMA

Tutto questo non riguarda, comunque, che marginalmente la destinazione del sepolcro, che, come ho detto, riterrei riservato in primo luogo a due coppie: una costituita da Aufi dio Aprile e da sua moglie Seconda, l’altra da Gargilia Venusta e da M. Antonio Felice. Da notare che nella seconda coppia è la donna che precede. Tutti e tre i gentilizi sono ben attestati a Roma110. La datazione alla prima età fl avia proposta su base archeologica e stilistica non incontra sostanziali diffi coltà dal punto di vista epigrafi co anche se l’iscrizione, del basamento in particolar modo, potrebbe far pensare piuttosto ad un’attribuzio-ne leggermente anteriore.

3. - Sulla stele marmorea stondata trovata tra la terra, alta cm 79, larga cm 28, spessa cm 9,5, si legge, entro scorniciatura (fi g. 3):

Dis Manibus.L. Aufi dio Aprilislib(erto) Hermae,corinthiario.

5 Caecinia Euthymiaconiugi carissimofecit etL. Aufi dius Achillasv(ivus) colliberto f( colliberto f( colliberto f ecit).

I longa in Dis. Caratteri piuttosto eleganti e bene incisi.Quantunque non trovata nella sua collocazione primitiva ed a un livello più alto di quello originario

del sepolcro, la stele ne fa sicuramente parte poiché appare dedicata, coerentemente con la destinazione dell’area sepolcrale espressa sul basamento di travertino ad un liberto di Aprile di nome Herma. An-ch’egli è detto corinthiarius: verosimilmente già utilizzato come schiavo nella bottega artigiana del pa-drone, avrà continuato a prestarvi servizio dopo la manomissione. La stele gli viene eretta dalla moglie, con tutta probabilità anch’essa liberta, ma di diversa famiglia111 e da un altro liberto di Aufi dio Aprile, quindi un ex compagno di schiavitù112. Non è ben chiaro perché si sia ritenuto opportuno aggiungere all’ultima riga la sigla v(ivus) f( f( f ecit) che, dato il contesto, appare del tutto pleonastica.

4. - Sull’altra stele, oggi purtroppo perduta, trovata tra la terra insieme con la precedente ed interes-sante per alcune caratteristiche tipologiche e decorative non comuni, il testo è il seguente (fi g. 4):

D(is) M( M( M anibus)L. GargiliAgathopi.Gargilia

5 Moschis,patronob(ene) m(erenti), et L.

110 Vd. CIL, VI, index.111 Anch’essa ben attestata a Roma: CIL, VI, index. Il co-gnome Euthymia è attestato a Roma altre due volte: CIL, VI 12036 e 20448; un Euthymius agitator: AUDOLLENT, Defi xio-

num tabellae, nr. 159,5.112 Altre attestazioni urbane del cognomen Achillas in CIL, VI 13667, 14669, 16149, 24705, 28537, 33071; IGUR 160.

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16 - ROMA, VIA FLAMINIA 122 - LE ISCRIZIONI 239

GargiliusNereus, fi liu(s),

10 f(f(f ecerunt).

Come ho già accennato, ritengo che questo gruppo di persone vada messo in rapporto con [Gar]gilia Sp.f.f. .f.f Secunda. Non con la sua famiglia materna perché nel sepolcro sono ammessi soltanto i liberti dei fondatori; non con i suoi discendenti che avrebbero avuto | gentilizio diverso (Antonius) e comunque non pare ci fossero. L. Gargilius Agathopus, il defunto, potrebbe essere un suo liberto. A sua volta egli ha una liberta di nome Gargilia Moschis e forse da unione con lei sarà nato L. Gargilius Nereus del quale l’omissione del patronimico e il generico appellativo di fi lius, riferibile tanto alla donna quanto all’uomo, mirano verosimilmente a nascondere l’illegittimità.

Della diffusione del gentilizio a Roma si è già detto sopra; i cognomi sono anch’essi ben documen-tati. I caratteri epigrafi ci appaiono notevolmente diversi da quelli delle iscrizioni precedenti ed eseguiti con minor cura. Anche l’impaginazione lascia a desiderare. Le defi cienze riscontrabili nell’esecuzione del lavoro non debbono tuttavia (anche per quanto detto sopra) essere considerate indice di notevole seriorità e la datazione sarà sì posteriore, ma solo di poco a quella dei testi sin qui considerati.

5. - Resta da prendere in considerazione l’ara-ossuario trovata addossata sul retro dell’ara grande, ma ad un livello di posa più alto (fi g. 5). In questo caso il testo dell’iscrizione incisa entro targa scorni-ciata alta cm 23,5, larga cm 24,5, è:

Ti. Claudio Aug(usti) l(iberto)Callisto,aedituo templiSerapei.

5 Claudia Severaconiugi benemerenti fec(it).

I longa in templi e Serapei; punti divisori si scorgono soltanto nelle ultime tre righe; evidenti le linee guida.

Liberto, come si ricava dal nome, di Claudio o di Nerone, il defunto svolse la mansione di custode e d’inserviente in un Serapeo non ben identifi cato, probabilmente quello nel Campio Marzio113. Si doveva trattare in ogni caso di un tempio di un certo rilievo nella cui costruzione o restauro la casa imperiale aveva avuto parte poiché è noto che, in genere, schiavi o liberti imperiali si trovano come aeditui soprat-tutto quando ricorrano tali circostanze o i luoghi sacri si trovino inglobati in possedimenti imperiali114.

113 Bibliografi a essenziale in NASH, Dictionary2, pp. 510 sg.; vd. anche Enc. Art. Ant., Suppl. 1970, p. 663; A. ROUL-LET, The Egyptian and Egyptianizing Monuments of Imperial Rome, Leiden 1972, pp. 23-35; G.J.F. KATER-SIBBES, Preli-minary Catalogue of Sarapis Monuments, Leiden 1973, p. 120. Nella Forma Urbis si legge ora soltanto Serapaeu[m], ma tracce di lettere al di sopra ed altre considerazioni fanno pensare che l’iscrizione originaria comprendesse anche l’in-

dicazione dell’Iseo: CARETTONI – COLINI – COZZA – GATTI, op. cit. (nt. 78), p. 99 cfr. tav. XXXI e schema topografi co a p. 98.114 G. BOULVERT, Esclaves et affranchis impériaux sous le Haut-Empire romain. Rôle politique et administratif, Napoli Rôle politique et administratif, Napoli Rôle politique et administratif1970, pp. 55-57. Non si conoscono a Roma altri aeditui di Serapide; un aeditimus Isidis in CIL, VI 245 = SIRIS 387; un SIRIS 387; un SIRISaedituus ab Isem Pelagiam in CIL, VI 8707 = SIRIS 396.

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240 II – URBS ROMA

115 ROULLET, op. cit. (nt. 113), pp. 35-36; KATER-SIBBES, op. cit. (nt. 113), p. 115; ivi (pp. 115-134) e nell’opera del-la Roullet (pp. 37-39) anche per gli altri santuari minori di Roma; vd. anche W. HORNBOSTEL, Sarapis, Leiden 1973,

passim.116 Da ultimo sul problema della datazione delle epigrafi attraverso il nome dei liberti imperiali: P.R.C. WEAVER, Fa-milia Caesaris, Cambridge 1972, pp. 24-34.

La ricostruzione del tempio di Iside nel Campo Marzio, distrutto sotto Tiberio, è per l’appunto comu-nemente attribuita a Caligola. Il solo altro Serapeo in gioco (escluso quello sul Quirinale per ragioni cronologiche) potrebbe essere quello della III Regio, denominata per l’appunto | Isis et Serapis da un grande tempio di queste divinità che doveva sorgere sul versante sud-orientale dell’Oppio115.

La moglie è anch’essa una Claudia, però, quantunque verosimilmente liberta (non compare comun-que il patronimico) non pare liberta imperiale. Né l’uno né l’altra sembrano aver nulla a che fare con i fondatori del sepolcro e i loro liberti o discendenti.

Per la menzione di un liberto di Claudio o di Nerone, l’ara deve datarsi tra il 41 d.C. ed una qua-rantina d’anni dopo la morte di Nerone116. Il fatto che anche la moglie sia una Claudia, però non liberta imperiale, potrebbe far pensare piuttosto a Nerone che a Claudio come manomissore di Callisto. Egli poté inoltre sopravvivere al suo patrono anche per un periodo di tempo piuttosto lungo. In tal caso si potrebbe credere che il liberto sia morto e l’ara sia stata collocata dove fu scoperta dopo che il sepolcro di Aufi dio Aprile era stato praticamente abbandonato ed era stato almeno parzialmente interrato; ma si vedano sopra gli argomenti stilistici che fanno propendere per una datazione dell’ara in età claudia e, conseguentemente, inducono a spiegare diversamente la sua presenza sopra il basamento di Aufi dio Aprile.

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NOTA COMPLEMENTARE – Il complesso delle iscrizioni è stato ripreso in AE 1977, 24-28. – Sul sepolcro ed il suo contesto: M. EISNER, Zur Typologie der Grabbauten im Suburbium Roms, Mainz 1986, pp. 128-130, 174, 207; G. MESSINEO, La Via Flaminia, Roma 1991, pp. 29-32; A. BIANCHI, in Lex. Top. Urb. Rom., Suburbium, I, 2001, pp. 167-169 fi gg. 173-175. – Sui corinthia e i corinthiarii: A. RIZAKIS, in Karthago, 22, 1990, pp. 55-62; C.C. MATTUSCH, in Hesperia, 60, 1991, pp. 525-558; J. LINDERSKY, in Harv. St. Class. Philol., 94, 1992, pp. 349-353. − Sul signifi cato topografi co dell’indicazione c[or]inthiarius [de thea]tro Balbi: G. GATTI, in Mél. Éc. Fr. Rome, Ant. 91, 1979, 1, pp. 242 sg.; D. MANACORDA, in Lex. Top. Urb. Rom., 5, 1999, pp. 30 sg. – Sull’ara di Aufi dius Aprilis (che si conserva ora nel Museo della Cripta Balbi): M. KOORBOJIAN, Myth, Meaning and Memory on Roman Sarcophagi, Berkeley - Los Angeles 1995, p. 103 con nt. 9 e fi g. 58. – Probabilmente a ragione non crede che Felix, il marito di Gargilia Venusta, sia un liberto di (M. Antonius) Flaccus, arrogato dallo stesso e perciò detto anche M(M(M arci) f( f( f ilius) (un cenno a questa proposta anche infra VIII,7,2), bensì un (M. Antonius) Felix, liberto di M. Antonius M.f. Pap(iria) Flaccus, indicante, come in qualche altro caso, il nome intero del suo patrono prima del suo, ridotto al solo cognomen. S. TREGGIARI, in Liverp. Class. Month., 6, 1981, pp. 71-72. Nello stesso senso J.F. GARDNER, in Phoenix, 43, 1989, p. 253 nt. 41, in uno studio dedicato all’adozione dei liberti e, senza conoscere la bibliografi a precedente, P. WEAVER, in Zeitschr. Pap. Epigr., 102, 1998, pp. 235-237.

16 - ROMA, VIA FLAMINIA 122 - LE ISCRIZIONI 241

1 - Basamento dell’ara di L. Aufi dius Aprilis.

2 - Ara di L. Aufi dius Aprilis.

242 II – URBS ROMA

3 - Stele di L. Aufi dius Herma.

4 - Stele di L. Gargilius Agathopus.

5 - Ara-ossuario di Ti Claudius Callistus.