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Tendenze nei modelli organizzativi, sistemi di gestione della salute e sicurezza e benessere
dei lavoratori
Daniele Di Nunzio
Ricercatore, IRES - Istituto di Ricerche Economiche e Sociali
In pubblicazione: “Questione giustizia”, n.2/2012, Franco Angeli, Milano, 2012.
In questo articolo descriveremo le tendenze proprie dell’organizzazione dei processi produttivi e il
loro impatto sulle condizioni di lavoro. Mostreremo come la tendenza nell’utilizzo di sistemi
standardizzati sia funzionale alle nuove architetture produttive: da un lato offre la possibilità di
coniugare la flessibilità con la razionalizzazione, dall’altro apre delle nuove sfide per la tutela e
l’affermazione del benessere dei lavoratori. Il primo capitolo approfondisce i cambiamenti più
rilevanti nell’organizzazione dei processi produttivi, il secondo descrive le tendenze dei sistemi di
gestione della salute e sicurezza, il terzo traccia alcune sfide emerse dall’analisi.
1. I cambiamenti nei processi produttivi: tra esigenze di flessibilità e di
razionalizzazione
1.1. Flessibilità e frammentazione dei processi produttivi
Negli ultimi tre decenni nei paesi del capitalismo avanzato sono accaduti dei profondi mutamenti
economici e sociali che hanno comportato un aumento della flessibilità all’interno dei processi
produttivi di beni e servizi, dovuti principalmente: a) alla necessità delle aziende di adattarsi alla
crescente competitività di un mercato globale; b) alla necessità di seguire le esigenze mutevoli dei
consumatori e del mercato, con la preferenza dei processi di lavoro on demand e just in time; c)
alla necessità di introdurre le innovazioni tecnologiche e di processo sviluppate sempre più
rapidamente1.
Si è affermato un nuovo modello di produzione «snella», nel quale il sistema di organizzazione del
lavoro richiede un impiego di risorse in costante tensione2. La flessibilità è alla base dei nuovi
modelli di impresa «modulare», intesa come uno spazio organizzativo nel quale possono convivere
plurime realtà societarie3, all’interno di architetture reticolari che sfumano i confini delle imprese4.
L’orientamento verso la flessibilità si è sviluppato su quattro differenti livelli5: a) tra le aziende; b) tra
1 Tra i numerosi studi, si può fare riferimento a: A. Accornero, «Il lavoro dalla rigidità alla flessibilità. E poi?», in Sociologia del Lavoro, n. 100, 2005, pp. 9-23; L. Gallino, Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità, Roma-Bari, Laterza, 2007; U. Huws, S. Dahlmann, J. Flecker, U. Holtgrewe, A. Schönauer, M. Ramioul, K. Geurts, Value Chain Restructuring in Europe in a Global Economy, Works Project, Higher Institute of Labour Studies, K.U. Leuven, 2009.2 A.P. Chandler, J. Kocka, P. Payne e K. Yamamura, Evoluzione della grande impresa e management, Torino, Einaudi, 1986; B. Coriat, Ripensare l’organizzazione del lavoro. Concetti e prassi nel modello giapponese, Bari, Dedalo, 1991; R. Schonberger, World Class Manufacturing: the Lessons of Simplicity Applied, New York-London, Free Press, Collier, Macmillan, 1986.3 I. Piotto, Il diritto allo sguardo. La cultura del controllo nelle relazioni industriali, Milano, Franco Angeli, 2010.4 M. Castells, La nascita della società in rete, Milano, Egea-Università Bocconi Editore, 2002; R. Sennett, L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Milano, Feltrinelli, 1999.
1
l’azienda e i lavoratori; nell’organizzazione del lavoro, considerando sia i tempi di lavoro (c) sia le
modalità e le funzioni (d).
a) I rapporti tra le aziende sono diventati sempre più intermittenti e dinamici, sono aumentale le
esternalizzazioni e si è indebolito il legame tra l’azienda e un determinato contesto territoriale e
produttivo.
b) Si sono sviluppate una frammentazione e una flessibilizzazione dei rapporti tra la singola
azienda e i propri lavoratori, attraverso l’estensione dei contratti a termine e dei rapporti di
lavoro“non standard”, nonché attraverso i frequenti processi di downsizing (riduzione della forza
lavoro) implementati con il sopraggiungere della crisi attuale.
c) Nelle singole aziende, l’organizzazione stessa del lavoro è soggetta a una forte dinamicità, per
cui si destrutturano i turni di lavoro e si intensificano i ritmi;
d) Le modalità di lavoro cambiano frequentemente così come cambiano le competenze necessarie
a svolgerli.
1.2. Centralizzazione e concentrazione dei poteri economici e decisionali
La flessibilità nei processi produttivi si associa a una tendenza alla centralizzazione dei poteri
decisionali, all’esternalizzazione e individualizzazione del rischio che determinano nuovi rischi per i
lavoratori lungo la catena del valore6. La tendenza generale delle aziende è quella di focalizzarsi
sul core business del proprio processo produttivo o di servizio, esternalizzando le altre attività ad
aziende che a loro volta sono specialiste di quel particolare pezzo del processo esternalizzato7. In
tale maniera, si crea una filiera dove al livello più alto (le aziende che governano i nodi centrali del
processo) operano lavoratori che svolgono mansioni ad alto contenuto di conoscenza, altamente
qualificati e con maggiori garanzie, mentre a livello più basso, nei nodi secondari fino a quelli
marginali, opera personale che svolge un lavoro sempre più fisico o meno qualificato e con minori
diritti. In conseguenza di questo, le aziende centrali nelle filiere produttive cercano di detenere il
controllo e il potere decisionale: a) sulle aziende lungo la filiera per potere gestire al meglio tutto il
5 J. Flecker, U. Holtgrewe, A. Schönauer, S. Gavroglou, Value Chain Restructuring and Company Strategies to Reach Flexibility, Leuven, Higher Institute of Labour Studies, Katholieke Universiteit, Belgium, 2009, p. 16. Per un’analisi approfondita dei processi di ristrutturazione in Europa cfr. i risultati del progetto di ricerca “WORKS - Work Organisation and Restructuring in the Knowledge Society”, che ha analizzato i principali cambiamenti del lavoro attraverso 58 studi di caso in 13 Paesi europei (http://worksproject.be).6 M. Porter (Competitive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance, New York, Free Press, 1985) individua le seguenti funzioni basilari della catena del valore: ricerca e sviluppo; progettazione dei prodotti, servizi e processi; produzione; marketing; distribuzione; servizio ai clienti. Per una definizione esaustiva di catena del valore si può fare riferimento al citato Worksproject: «La catena del valore descrive ogni fase in un processo di lavoro necessario a produrre un bene o un servizio [...]. Ogni fase nella catena del valore comporta il ricevimento di input, il loro svolgimento, il loro passaggio all’unità successiva nella catena, per cui il valore prodotto è aggiunto lungo il processo. Unità separate della stessa catena del valore possono essere collocate nella stessa azienda (in-house) o in aziende differenti (outsourced). […] Il termine catena del valore è stato coniato, originariamente, per descrivere la sempre maggiore complessità della divisione del lavoro nel settore manifatturiero, ma oggi è sempre più applicabile nel settore dei servizi, sia pubblici che privati» (U. Huws, ed., The Globalisation Glossary: A Researcher’s Guide to Understanding Work Organisation Restructuring in a Knowledge-based Society, Works Project, Higher Institute of Labour Studies, K.U. Leuven, 2008).7 U. Huws et al., Op cit.; J. Flecker et al., Op. cit.
2
processo di lavoro; b) sui singoli lavoratori e sulla numerosità complessiva della forza lavoro; c)
sull’organizzazione del lavoro considerando sia i tempi che le modalità. In questo scenario i
soggetti più potenti – in termini economici, politici e/o dimensionali – tentano di imporsi su una
filiera produttiva sempre più frammentata e così si riducono, per molti lavoratori (soprattutto per
quelli meno qualificati e più bisognosi di un reddito) e per molte aziende (soprattutto le più piccole
e meno innovative), le possibilità di governare i processi di lavoro e la propria progettualità
esistenziale con un discreto margine di autonomia8.
Così, la centralizzazione dei poteri decisionali va di pari passo al decentramento delle attività
esecutive9, creando nuove forme di concentrazione10 del potere nei centri datoriali che elaborano
strategie vincolanti per tutti i nodi, mentre il controllo diviene meno visibile e più anonimo.
Questo processo si colloca nel più ampio scenario della dematerializzazione della produzione, che
Gallino definisce “finanzcapitalismo”11 e che comporta l’imporsi di una mega-macchina sociale
capace di estrarre la maggior quota di valore dagli individui e dagli ecosistemi attraverso il potere
finanziario, con una accumulazione delle risorse economiche nei nodi apicali.
1.3. Standardizzazione centralizzata versus regolamentazione democratica
La crescita della frammentazione e la tendenza alla centralizzazione si accompagnano a un
parallelo processo di standardizzazione, che sono funzionali al governo della crescente flessibilità
della catena del valore e all’aumento di complessità dei processi di lavoro12.
In un certo senso, le esigenze di flessibilità delle aziende e quelle di standardizzazione sono due
processi complementari. La standardizzazione dei processi di lavoro comporta l’estensione di
modelli organizzativi e di procedure uniformi di gestione dei rischi lungo l’intero processo di lavoro
che possono - e dovrebbero - favorire l’estensione delle tutele e la partecipazione lungo la catena
del valore e che sempre più trovano la necessità e l’opportunità di essere disciplinate a livello
normativo, sia in ambito nazionale che internazionale.
Così, diventa sempre più attuale comprendere come governare la diffusione dell’organizzazione
razionale del lavoro, caratterizzata da una forte standardizzazione delle procedure che si propone
di offrire a lavoratori e dirigenti vantaggi in termini di efficienza, calcolabilità, prevedibilità e
controllo ma che spesso si traduce in nuove forme di subordinazione e alienazione13.
Spesso i nodi centrali datoriali cercano di auto-produrre delle regole con l'obiettivo di definire i
propri modelli di organizzazione, superando la regolamentazione pubblica per centralizzare il
processo di razionalizzazione. Per quanto riguarda il rapporto tra modelli organizzativi e i modelli di
gestione della salute e sicurezza, è evidente che si tende a una loro integrazione formalizzata e
8 D. Di Nunzio, P. Hohnen, P. Hasle, H. Torvatn, L. Øyum, Impact of restructuring on health and safety and quality of work life. Psychosocial risks, Leuven, Higher Institute of Labour Studies, Katholieke Universiteit, Belgium, 2009.9 M. Castells, Op. cit.10 R. Sennett, Op. cit.11 L. Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, Einaudi, 2011.12 D. Di Nunzio et. al., Op. cit.13 G. Ritzer, Il mondo alla McDonald’s, Bologna, Il Mulino, 1997.
3
disciplinata, sia all’interno dei singoli luoghi aziendali che, in misura poco adeguata, nella disciplina
giuridica italiana e internazionale.
Ad esempio, è sempre più importante riflettere sul rapporto tra i sistemi per il perseguimento del
Total Quality Management14 e i modelli di gestione del rischio previsti dalle leggi, come quelli
previsti in Italia dal D. Lgs. 81/08 (art. 30). L’obiettivo è quello di coniugare le esigenze di efficienza
di un’azienda con la tutela delle condizioni di lavoro, rispettando i diritti dei lavoratori e le normative
pubbliche, favorendo e l’estensione delle tutele e della democrazia.
Un caso che ben evidenzia l’importanza di queste sfide - per perseguire un modello organizzativo
capace di coniugare l’elevata qualità del processo di lavoro con la qualità delle condizioni di lavoro
- è rintracciabile in quanto accaduto alla Fiat negli ultimi anni. A partire dal 2005, presso gli
stabilimenti automobilistici della Fiat è stato introdotto il World Class Manufacturing, un sistema
integrato per l’eccellenza dell’intero ciclo logistico-produttivo dell’impresa manifatturiera, finalizzato
al perseguimento della qualità totale, attraverso il miglioramento continuo di tutte le prestazioni, il
coinvolgimento di tutti i livelli e le funzioni aziendali, l’orientamento alla lean-production e al just in
time15. Nel 2008 la dirigenza della Fiat ha comunicato ai sindacati che intendeva adottare,
nell’ambito del programma WCM, il Sistema Ergo-Uas per la valutazione del rischio di sovraccarico
biomeccanico di tutto il corpo e che, dunque, riteneva inapplicabile l’intesa siglata il 5 Agosto 1971
che definiva i tempi di recupero. L’introduzione del sistema Ergo-Uas è disciplinata nell’allegato
tecnico n. 2 dell’accordo siglato il 23 Dicembre 2010 tra Fiat, Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione
quadri. Attraverso il sistema Ergo-Uas, per ogni operazione si identificano degli indici di rischio
riferiti rispettivamente al corpo intero e agli arti superiori, con una valutazione semaforica in
relazione al punteggio ottenuto (verde, gialla, rossa, dalla meno rischiosa alla più rischiosa). Come
specifica l’accordo, se l’operazione ha una valutazione di rischio elevato si procede all’analisi con
“un metodo di maggior dettaglio valutativo, riferito ai parametri dei vari fattori di rischio regolati da
precise norme tecniche”, per aumentare la maggiorazione temporale o riportare l’operazione a un
più basso livello di rischio. Da quanto emerge dalle analisi di Francesco Tuccino per la Fiom16, il
metodo Ergo-Uas, rispetto ai metodi precedentemente applicati in Fiat, comporta una riduzione del
fattore di maggiorazione (dunque un aumento dei tempi di saturazione) per alcune delle operazioni
più diffuse: come ad esempio quelle in postura eretta (che passano da una maggiorazione del 5%
del tempo a solo 1%). Quello che è rilevante del caso WCM-Ergo-Uas della Fiat, per i temi che
stiamo trattando, oltre all’aumento dell’intensità del lavoro che provoca, è l’associazione tra un
metodo di perseguimento della qualità totale e un metodo di rilevazione del rischio in un unico
modello organizzativo integrato, che è introdotto e disciplinato a livello aziendale e con una forte 14 Il Total Quality Management è un approccio nato in Giappone, diffuso prima negli USA e poi nel resto del mondo in particolare nel corso degli anni 80, per perseguire la massima qualità del processo di produzione e del bene prodotto. Le finalità principali di questo approccio sono di ottimizzare gli sforzi e soddisfare il cliente, attraverso il coinvolgimento e mobilitazione dei dipendenti e la riduzione degli sprechi (cfr. W. E. Deming, The New Economics For Industry, Go-vernment & Education, Cambridge, Massachusetts Institute of Technology Center for Advanced Engineering Study, 1993).15 R. Schonberger, Op. cit.; J. Todd, World-class manufacturing, Berkshire: McGraw-Hill, 1995.16 F. Tuccino, World Class Manufacturing e sistema ErgoUas, Fiom Cgil, Materiali, 10 Settembre 2010.
4
centralizzazione, con l’utilizzo di standard volontari internazionali. Questo modello tenta di
superare quanto previsto in Italia dalla normativa specifica e obbligatoria in materia di salute e
sicurezza, che per la valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi non fa
riferimento al sistema Ergo-Uas ma ad altre norme tecniche (ISO 11228-1-2-3, rispettivamente: il
metodo Niosh per il sollevamento e trasporto manuale di carichi, metodo Snook & Ciriello per il
traino e spinta manuale di carichi, metodo Ocra per i movimenti ripetuti degli arti superiori; cfr. D.
Lgs. 81/08, art. 168 e Allegato XXIII). Così come, anche, nella ripartizione dei ruoli propri
dell’associazione tra WCM e sistema Ergo-Uas sembrano avere scarsa rilevanza gli attori che,
stando alla normativa vigente, sono protagonisti del sistema di gestione del rischio in azienda, a
partire dagli Rspp, gli Rls, i medici aziendali.
Dunque, l’introduzione di questo modello organizzativo presso la Fiat è avvenuta in maniera non
adeguata rispetto all’integrazione delle diverse norme e degli standard così come non è efficace
nella costruzione di un network organizzativo integrato, non favorendo la partecipazione di tutti gli
attori previsti.
1.4. Individualizzazione, esternalizzazione e diseguale distribuzione dei rischi
La crescente flessibilità dei processi produttivi comporta una riduzione del potere di negoziazione
che i lavoratori hanno individualmente e collettivamente nei confronti dei centri decisionali datoriali
cui consegue un’intensificarsi del loro sfruttamento, sotto il ricatto costante della disoccupazione e
nell’impossibilità di controllare i processi produttivi nel loro complesso articolarsi. L’azione
sindacale e la regolamentazione democratica pubblica perdono terreno davanti alla volontà dei
nodi centrali datoriali di detenere la maggior quota di profitto e di controllo.
Così, si è affermata una diseguale distribuzione del rischio, creando vari gradi di inclusione e di
esclusione nel sistema di tutele lungo le filiere, con un graduale ampliamento della quota degli
outsiders rispetto a quella degli insiders17. La tendenza è verso un’esternalizzazione dei rischi e
una individualizzazione dei rischi – che tendono a pesare sul singolo lavoratore o sulla singola
azienda – sempre più intensa per i soggetti più marginali ed isolati.
La causa di questa disuguaglianza nella distribuzione dei rischi può essere rinvenuta nella diversa
ripartizione dei diritti e delle tutele tra i lavoratori poiché, come afferma Ulrich Beck “la capacità di
rapportarsi a situazioni di rischio, di evitarle o compensarle, sono probabilmente distribuite in
maniera diseguale all’interno della stratificazione economica e culturale”18.
Come mostra una recente ricerca finanziata dalla Commissione Europea su 58 studi di caso di
17 D. Di Nunzio, Infortuni e trasformazioni del lavoro. Appunti per una analisi statistica, in “Questione giustizia”, n.5/2007, Franco Angeli, Milano, 2007, pp. 961-970; D. Di Nunzio, “Le difficili condizioni di salute e di sicurezza dei lavoratori atipici in Italia: frammentazione, atomizzazione e scarse tutele”, in Rivista Brasileira de Estudos Polìticos, vol. 99-b, Julho-Dezembro, Universidade Federal de Minas Gerais, Brasil, Belo Horizonte, 2009, pp. 21-52; D. Di Nunzio, “Le disuguaglianze nella salute e la frammentazione dei processi di lavoro: per un sistema di tutele coeso e inclusivo”, in AA. VV., Emersione e legalità per un lavoro sicuro quali fattori di sviluppo per l’impresa. Governance della crisi: il contresto alle illegalità come condizione per un nuovo sviluppo, Ediesse, Roma, 2010, pp. 69-101.18 U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma Carocci, 2000, p. 46.
5
imprese internazionali19, le strategie di ristrutturazione aziendale in atto in Europa vanno proprio
nella direzione di centralizzare le decisioni, di razionalizzare i processi e di esternalizzare i rischi
lungo una «catena del valore» sempre più frammentata, con delle conseguenze negative per i
lavoratori: a) una diminuzione dell’influenza che il singolo lavoratore ha sul processo di lavoro; b)
un’intensificazione del carico di lavoro; c) un aumento dell’incertezza, per una diminuita
prevedibilità sia del carico di lavoro che del posto di lavoro; d) un’individualizzazione del rapporto
di lavoro e una carenza del supporto sindacale. Dunque, la tendenza generale conseguente ai
cambiamenti che avvengono nel lavoro è quella di un peggioramento delle condizioni e un
aumento dello sfruttamento soprattutto per i soggetti più vulnerabili: quelli che hanno ruoli
marginali nel contesto socio-occupazionale e che lavorano nelle aree “secondarie” o “periferiche”
della catena del valore.
2. I sistemi di gestione della salute e sicurezza
2.1. La situazione internazionale: tra obblighi legislativi e procedure volontarie
Facendo seguito all'esigenza delle grandi aziende di organizzare al meglio tutte le procedure
organizzative e di gestione del rischio, così come all'esigenza delle aziende più piccole di avere
degli orientamenti chiari in grado di semplificare il rispetto delle normative su salute e sicurezza,
dagli anni Novanta sempre di più sono sviluppate a livello internazionale delle norme nel campo
dei Sistemi di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro (Sgssl). Un approfondito lavoro di Frick
e Kempa20, propone una lettura comparativa e approfondita dei Sgssl a livello internazionale, al
fine di evidenziare le tendenze e le criticità comuni.
Come riportano gli autori, negli anni si è assistito alla creazione e diffusione di due tipologie di
Sgssl: a) volontari-privati; b) regolamentati-pubblici.
a) Un sistema di gestione volontario-privato trova la sua origine e legittimazione sul mercato
Questi sistemi sono solitamente più complessi e più specializzati di quelli regolamentati:
comportano un numero considerevole di procedure specifiche nel quadro di una organizzazione
aziendale generale. Per lo più, sono stati progettati per la gestione dei rischi di incidente rilevante
nelle grandi organizzazioni. Solitamente, sono predisposti per una certificazione esterna, essendo
spesso creati e sviluppati a questo fine proprio da consulenti specializzati di società esterne
all'azienda, che offrono all'azienda da un lato un prodotto per il governo dell'organizzazione e
dall'altro un prodotto che testimonia della loro capacità organizzativa. Difficilmente questi sistemi
così complessi, che richiedono numerose procedure di valutazione e una elevata competenza
degli attori coinvolti, sono applicabili alle piccole aziende.
b) Un sistema di gestione regolamentato-pubblico, dunque istituzionale, può essere definito come
19 D. Di Nunzio et al., Op cit..20 K. Frick, Kempa V., Occupational Health & Safety Management Systems. When are they good for your health?, ETUI, Brussels, 2011. Per una versione del testo in italiano, cfr.: K. Frick, Kempa V., “Sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. Quando fanno bene alla salute?”, in 2087, Quaderni, n. 12, Dicembre 2011, pp. 5-27.
6
“un numero limitato di principi obbligatori in vista della gestione sistematica della salute e
sicurezza, applicabili a tutte le categorie di datori di lavoro, ivi comprese le piccole imprese”21 . I
sistemi di gestione regolamentati e/o obbligatori offrono di solito un numero limitato di prescrizioni:
mentre per i sistemi volontari l'obiettivo è una corretta gestione della salute e sicurezza (soprattutto
dal punto di vista formale e legislativo) per i sistemi regolamentati l'obiettivo è il miglioramento
delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori. Più in generale, inoltre, i sistemi volontari
focalizzano la propria attenzione sulle questioni della sicurezza da incidente, mentre solitamente i
temi della salute fisica e psicologica del lavoratore sono trascurati. Per questo, i sistemi di gestione
regolamentati non sono “certificabili”, difatti nessun consulente privato può garantire rispetto alle
ispezioni eventualmente fatte dalle autorità pubbliche competenti in materia.
Di seguito, uno schema che riassume le principali differenze secondo Frick & Kempa (2011, p. 13).
Sistemi pubblici di gestione della salute e sicurezza
Sistemi privati di gestione della salute e sicurezza
Base Obblighi politici e giuridici Mercati e carattere volontarioApplicazione Tutti i datori di lavoro Grandi organizzazioniSpecificazione dei Sgssl Debole: principi Elevata e complessa
CerificazioneNessuna: non può sostituire una ispezione legale di SSL
Si: le procedure sono valutate da consulenti
Obiettivo Rischio zero in materia di SSL Procedure appropriatePortata della SSL Salute e sicurezza Essenzialmente la sicurezza
Oggetto della valutazione Esposizione a rischi per la SSL
Dati sui comportamenti (es.: indennizzo dei lavoratori, incidenti sul lavoro con asten-sione dal lavoro, decesso
Mezzi di prevenzione Misure tecniche e organizzativeControllo a valle dei comporta-menti dei lavoratori
PartecipazioneSui fini e i mezzi della gestione della SSL
I sistemi di gestione possono essere utilizzati per controllare i lavoratori
Fonte: Frick & Kempa (2011, p. 13, nostra traduzione).
In generale, Frick & Kempa sostengono che la maggior parte di ciò che nei Sgssl volontari
s'intende per conformità alla normativa su salute e sicurezza sul lavoro non è all'altezza delle
ambizioni della direttiva-quadro europea (89/391/CEE), questo per: a) l'impossibilità di garantire il
pieno rispetto della legge nel caso di una ispezione delle autorità pubbliche; b) la scarsa
propensione al miglioramento delle condizioni di lavoro che caratterizza questi sistemi focalizzati
sul rischio incidente. La direttiva-quadro UE 89/391/CEE è attualmente un riferimento legislativo
che impone una elevata attenzione alla tutela del lavoratore e, tra le molte cose, impone in
ciascuno dei 27 Stati Membri dell'UE di:
• stabilire la responsabilità di tutti i datori di lavoro di “garantire la salute e sicurezza sul
lavoro” e di prendere tutte le misure e impegnare tutti i mezzi necessari a questo fine;
21 K. Frick, P.L. Jensen, M. Quinlan and T. Wilthagen (eds.), Systematic occupational health and safety management: perspectives on an international development, Amsterdam, Pergamon, 2000, p. 3.
7
• obbligare i datori di lavoro, tenuto conto della natura delle loro attività, a valutare, a
prevenire e ridurre quanto più possibile i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori,
come principale mezzo per soddisfare questa responsabilità;
• fare della competenza dei datori di lavoro in materia di SSL una base obbligatoria del
sistema di gestione della sicurezza;
• mettere in atto un sistema gerarchico di prevenzione, secondo il quale l'eliminazione dei
rischi (ambiente di lavoro sicuro) venga prima della protezione individuale e/o delle
istruzioni per la sicurezza (lavoratore protetto);
• definire globalmente i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori come “ambiente di
lavoro”, comprendendo segnatamente l'organizzazione del lavoro;
• esigere dai datori di lavoro che essi rendano idonee le condizioni di sicurezza sul lavoro ai
bisogni di ciascun lavoratore;
• permettere la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nell'ambito di tutti i
problemi riguardanti la SSL, senza che essi ne debbano supportare il minimo costo.
Nel 1999 a livello globale c'è stato una accordo tra 14 organizzazioni nazionali di normalizzazione
e società di revisione, che ha prodotto uno standard sui sistemi di gestione, la OHSAS 18001, che
conta 3900 certificazioni in 70 Paesi alla fine del 2003, con una prevalenza di aziende cinesi. Il
problema di questo sistema, così come di altri - sempre secondo le analisi di Frick & Kempa - è
che pur mirando al rispetto delle normative in materia non disciplina in maniera rigorosa la
gestione delle relazioni tra i diversi attori all'interno e all'esterno dei processi produttivi al fine di
migliorare la prevenzione stessa dei rischi, innalzando il livello di benessere. Un sistema di
relazioni che è invece il cardine, ad esempio, del sistema normativo europeo.
Una importante eccezione a questa tendenza è data dalle linee guida del 2001 dell'International
Labour Orgnization22, che sono il risultato di una organizzazione tripartita, dove i rappresentanti dei
governi, dei sindacati e delle associazioni datoriali hanno il medesimo diritti do voto. Questo
sottrae la definizione stessa dei sistemi di gestione del rischio all'unilateralità propria delle società
di certificazione, che hanno interessi propri e vicini soprattutto alle parti datoriali piuttosto che
all'interesse pubblico o specifico dei lavoratori. Le linee guida dell'ILO sono volontarie,
comprendono i principi base della direttiva-quadro europea sopra citata, e puntano più al
sostanziale rispetto della salute che meramente agli aspetti formali. Secondo dell'ILO23, “le
strategie globali per la sicurezza e la salute sul lavoro (Ssl) consistono principalmente
nell’instaurare e mantenere una cultura nazionale di prevenzione, nonché nell’introdurre un
approccio sistemico di gestione della Ssl. Un Sistema di gestione della Ssl (Sgssl) può essere
considerato un importante strumento di prevenzione per gestire in modo efficace i pericoli e i rischi
sul luogo di lavoro: si basa sui criteri, sulle norme e sui risultati in materia di Ssl e, sopratutto, mira
a istituire un meccanismo globale e strutturato che guidi l’azione, sia dei dirigenti che dei
22 ILO, Guidelines on Occupational Safety and Health Management Systems (ILOOSH 2001), 2001.23 ILO, Roma Newsletter, Aprile 2011.
8
lavoratori, nell’attuazione delle misure per la sicurezza e la salute. Un Sgssl segue un approccio
logico e progressivo per determinare ciò che deve essere fatto e qual è il modo migliore per farlo,
per monitorare i progressi, valutare quel che è stato realizzato ed identificare eventuali margini di
miglioramento. Inoltre, aspetto forse ancora più importante, è un meccanismo progettato in vista di
un miglioramento costante e continuo”.
2.2. I sistemi di gestione della salute e sicurezza in Italia
In Italia, i sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro, come ricostruito da Benedetti24,
hanno una prima concreta elaborazione verso la fine degli anni Novanta, portando alla
pubblicazione nel 2001 delle linee guida Uni-Inail25. Le linee guida Uni-Inail si possono inserire nel
quadro regolativo definito a livello internazionale dall'Ilo, che proprio in quell'anno pubblica le
proprie linee guida, proponendo un quadro di riferimento all'interno del quale i contesti nazionali e
settoriali possono contribuire a definire le proprie specificità.
Dunque, le linee guida Uni-Inail costituiscono un documento sul tema dei Sgssl condiviso dalle
parti sociali e l'Inail, attraverso dei protocolli d'intesa con le parti datoriali e sindacali e il
coinvolgimento di grandi aziende, ha elaborato dei modelli di gestione nell'ambito degli
orientamenti definiti dall'ILO.
Attualmente, sono a disposizione le seguenti linee guida dell’Inail:
• industrie energia e petroli (2007);
• imprese a rete (2010);
• imprese aeronautiche ad ala fissa (2011)
• micro e piccole imprese (2011)
• aziende dei servizi ambientali e territoriali (2012)
Secondo le linee guida dell'Inail (2001) il Sgssl definisce le modalità per individuare, all’interno
della struttura organizzativa aziendale, le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la
realizzazione della politica aziendale di prevenzione, nel rispetto delle norme di salute e sicurezza
vigenti.
Il SGSSL, che prevede un’adozione volontaria, fermo restando il rispetto delle norme di legge, si
fonda sui seguenti principi:
• il monitoraggio è effettuato preferibilmente con personale interno
all’impresa/organizzazione;
• non è soggetto a certificazione da parte terza imposta da norme di legge;
• è economicamente giustificabile, in quanto produce anche economie di gestione;
• si adatta alle specifiche caratteristiche dell’impresa/organizzazione;
24 F. Benedetti, “I sistemi di gestione in Italia: storia, risultati, prospettive”, in in 2087, Quaderni, n. 12, Dicembre 2011, pp. 28-30.25 http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?
_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SICUREZZA&nextPage=Sistemi_di_gestione_della_sicurezza/index.jsp9
• migliora le capacità di adattamento all’evoluzione di leggi, regolamenti e norme di buona
tecnica;
• non è sottoposto, in quanto tale, al controllo delle Autorità di vigilanza;
• coinvolge i lavoratori e i loro rappresentanti nel sistema di gestione.
Queste linee guida, però, non sono certificabili, anche per le difficoltà prima descritte proprie dei
sistemi pubblici regolamentati. Proprio per l'assenza della certificazione, le linee guida Uni-Inail
sembrano essere meno utilizzate dalle aziende. L'esigenza delle aziende italiane di avere delle
certificazioni ha promosso la diffusione della normativa internazionale Ohsas 18001, sopra citata,
che non si fonda su un confronto tra le parti sociali. Questo perché le aziende hanno bisogno di un
attestazione di conformità da esibire ai mercati e alle istituzioni. Proprio perché la norma Ohsas
18001 non si fonda sul dialogo sociale, nel 2003 l'ente di accreditamento italiano ha convocato le
parti sociali al fine di definire un “regolamento tecnico” per disciplinare sia la certificazione che i
soggetti che possono attuarla. Questo regolamento prevede che le aziende applichino quanto
previsto dalla norma Ohsas 18001 alla luce di quanto prescritto dalle linee guida Uni-Inail del 2001.
Uno studio effettuato nel 2007 dalla Contarp e dalla Csa dell'Inail, citato da Benedetti26, mostra che
l'applicazione dei Sgssl contribuisce a una diminuzione del numero di infortuni, che si può stimare
intorno al 15%. Purtroppo, ancora non sono presenti degli studi in grado di misurare non solo le
questioni della sicurezza quanto la complessità delle condizioni di salute e di lavoro. Inoltre,
l'utilizzo delle certificazioni per i Sgssl da parte delle aziende è andato crescendo in maniera
esponenziale, con un intenso aumento negli ultimi due anni: le certificazioni sono passate da 140
nel 2002 a 1667 nel 2009, per salire velocemente a 5566 nel 2011.
Considerando la ripartizione per settori della certificazione Ohsas 18001, il 13% si concentra nel
settore edile, il 12% nei trasporti, l’11% nei servizi, il 10% nel settore energetico, il 7% nei servizi
pubblici, il 6% nell’industria dei metalli, il rimanente 41% è frammentato negli altri settori27.
Questo aumento è dovuto alla emanazione del Testo Unico su salute e sicurezza, D.Lgs. 81/08. Il
Testo Unico consente, per le aziende con meno di 50 addetti, di effettuare la valutazione dei rischi
sulla base delle procedure standardizzate che sono definite da una Commissione Consultiva
composta da rappresentanze politiche e da esperti nominati dalle parti datoriali e sindacali, così
come consente di introdurre dei modelli di organizzazione e di gestione del rischio che esimono da
responsabilità amministrative se costruiti secondo determinati criteri per una corretta valutazione
del rischio (art. 28; art. 30). Per i modelli da applicare si può fare riferimento alle linee guida UNI-
INAIL SGSL del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001 del 2007, e ulteriori
modelli di gestione possono essere indicati dalla Commissione Consultiva composta da
rappresentanti della pubblica amministrazione, delle parti sociali e da esperti. Il modello
organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni
dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le 26 F. Benedetti, Op. cit., p. 30.27 Ganapini D., “I Sistemi di gestione salute e sicurezza, Sgssl e Mog. Strumenti della gestione della sicurezza in alcuni settori”, in ”, in Atti del convegno su Sgssl e Mog, Cgil Emilia Romagna, Bologna, 22 Novembre 2011.
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competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del
rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello. Inoltre, gli organismi paritetici su richiesta delle imprese possono rilasciare
una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese,
tra cui l’asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e
gestione della sicurezza previsti dall’articolo 30, della quale gli organi di vigilanza possono tener
conto ai fini della programmazione delle proprie attività (art. 51).
3. Alcune sfide dei sistemi di gestione della salute e sicurezza per il benessere dei
lavoratori
Un sistema di gestione efficace deve definire i problemi, apportare le soluzioni più efficaci e
metterle in pratica correttamente28.
Di seguito evidenziamo alcune criticità e proponiamo degli orientamenti, volti a migliorare l’efficacia
dei sistemi di gestione della salute e sicurezza. L’introduzione delle procedure standardizzate -
sempre più diffuse nelle aziende al di là delle questioni inerenti alla salute e sicurezza - deve
essere opportunamente monitorata e regolamentata, per trasformarsi in un’opportunità di
benessere per il lavoratore, ostacolando un utilizzo meramente strumentale.
Questa sfida avviene sia a livello legislativo che all'interno dei processi produttivi.
1. È opportuno che la definizione e l'applicazione dei sistemi di gestione sia regolamentata a livello
pubblico, sia in ambito nazionale che internazionale, attraverso un confronto ampiamente
democratico con le associazioni sindacali e datoriali, gli esperti e la comunità scientifica, al fine di
ridurre i margini di discrezionalità nell’introduzione dei sistemi volontari. È opportuno evitare una
elaborazione unilaterale o poco democratica dei Sgssl, sia da parte da organismi privati che dalla
pubblica amministrazione.
2. E’ necessario recuperare la distanza culturale tra i Sgssl volontari e la normativa in materia di
Ssl. Troppo spesso, i Sgssl sono caratterizzati dall'attenzione al rispetto formale delle procedure
ed è invece necessario favorire l'orientamento sostanziale che dovrebbe caratterizzare qualsiasi
sistema di gestione del rischio, che si colloca inevitabilmente nel più ampio scenario degli
orientamenti e delle leggi nazionali e internazionali sui temi della Ssl, caratterizzati dall’obbligo di
“prevenzione di tutti i rischi” e dal “perseguimento della tutela della salute di tutti i lavoratori”, da
intendersi come necessità di favorire il loro benessere attraverso un continuo miglioramento dei
processi di lavoro.
È necessario superare qualsiasi orientamento tecnocratico taglio tecnocratico che non si sforza di
fare crescere assieme lavoratori e responsabili aziendali nella gestione responsabile e
consapevole della salute e sicurezza, considerando che i pilastri su cui si regge il sistema di
28 D. Walters, K. Frick, "Worker participation and the management of occupational health and safety: reinforcing or conflicting strategies?", in K. Frick, P.L. Jensen, M. Quinlan and T. Wilthagen (eds.) Systematic occupational health and safety management: perspectives on an international development, Amsterdam, Pergamon, 2000.
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prevenzione pubblico sono dunque gli stessi su cui si dovrebbe reggere un Sgssl29: 1) piena
responsabilità del datore di lavoro nella osservanza effettiva delle norme e nella gestione corretta
dei rischi e tramite l'adozione di sistemi gestionali tracciabili e verificati ; 2) la partecipazione attiva
del lavoratore che deve essere formato, informato ed addestrato con obblighi ben definiti;
presenza proattiva Rls come rappresentante dei lavoratori; 3) la presenza di un servizio di
prevenzione e protezione con competenze adeguate; 4) lo Stato garante salute lavoratori:
promotore e controllore, sistemi premianti e sanzionatori efficaci tramite le norme. Un sistema di
Servizi pubblici sul territorio omogenei su scala nazionale per le ispezioni e la vigilanza 5) un
sistema “integrato e funzionale” di competenze pubbliche e private in grado di supportare con la
ricerca, e con la consulenza il sistema delle imprese e i rappresentanti dei lavoratori nella
valutazione e gestione dei rischi.
3. Tutti gli attori individuati dalle normative su Ssl devono avere un ruolo nei Sgssl e la relazione tra
questi attori deve essere un aspetto meglio considerata, attribuendo chiaramente le responsabilità
e garantendo l’autonomia e il coinvolgimento di ciascuna figura. Maggiore attenzione dovrebbe
essere data al rapporto tra i protagonisti del sistema di gestione della Ssl in azienda (i datori di
lavoro, il sistema di prevenzione e protezione, i tecnici esperti, i medici competenti, i lavoratori e le
loro rappresentante per la sicurezza aziendali, di sito e territorio). Al tempo stesso, dovrebbe
meglio essere configurato il rapporto con gli attori esterni all’azienda, a partire dal sistema sanitario
locale, gli organismi paritetici, gli organismi di vigilanza, la comunità scientifica, sviluppando sistemi
capaci di favorire una intensa collaborazione tra le figure nell’autonomia dei ruoli. Le esperienze
della Scandinavia, dove i sistemi standardizzati sono stati ampiamente utilizzati negli ultimi
vent’anni, mostrano che il funzionamento di questi sistemi nelle imprese è molto difficile, richiede
l’investimento di molto tempo e rischia facilmente il fallimento. Il successo di questi sistemi richiede
all’interno dell’azienda il coinvolgimento del management e dei rappresentanti dei lavoratori, così
come, all’esterno dell’azienda, il supporto e la guida delle autorità pubbliche e una stringente
definizione legislativa delle modalità di costruzione e attuazione dei sistemi di gestione del
rischio30.
5. In particolare, la letteratura evidenzia il ruolo fondamentale della partecipazione dei lavoratori e
delle loro rappresentanze. Nelle loro analisi, Walter al. (200531), rilevano che: a) la partecipazione
dei lavoratori è utile a risolvere i problemi di Ssl; b) la partecipazione dei lavoratori attraverso le
rappresentanze sindacali specializzate sui temi della salute e sicurezza migliora i risultati; c) i
Sgssl producono i migliori effetti proprio quando i lavoratori e i loro rappresentanti per la sicurezza,
con il supporto e la formazione del sindacato, sono in grado di esporre il proprio punto di vista.
29 G. Rubini, “Il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro, responsabilità, regole e strumenti di certificazione, quale ruolo per il sindacato”, in Atti del convegno su Sgssl e Mog, Cgil Emilia Romagna, Bologna, 22 Novembre 2011.30 Cfr.: K. Frick, P. Langaa Jensen, M. Quinlan, T. Wilthagen (eds.), Systematic Occupational Health and Safety Management: Perspectives on an International Development, Pergamon, Oxford, UK 2000; P.Ø. Saksvik, H. Torvatn, K. Nytrø, Systematic Occupational Health and Safety Work in Norway: a Decade of Implementation , in Safety Science, n. 41, 2003, pp. 721-728.31 D. Walters, T. Nichols, J. Connor, A. Tasiran, S. Cam, The role and effectiveness of safety representatives in influencing workplace health and safety, Research Report 363, Sudbury, 6+HSE books, 2005.
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Dunque, la partecipazione e la consultazione dei lavoratori implica sia la loro “partecipazione
diretta” che la loro “partecipazione rappresentativa”.
6. Il modello organizzativo adottato da un azienda è “unico” e i diversi sistemi e procedure
standard su temi diversi devono potere dialogare e integrarsi in maniera virtuosa. É dunque
opportuno produrre regole capaci di disciplinare la relazione tra i sistemi, a partire dal
disciplinamento delle relazioni tra i Sgssl e gli altri sistemi più direttamente coinvolti con i temi della
salute e sicurezza, come le certificazioni di “Responsabilità Sociale d'Impresa” e le certificazioni
ambientali. In generale è di grande attualità - come anche visto nel caso Fiat - comprendere come
integrare i Sgssl nell’ambito dei più ampi sistemi per la gestione della qualità (come l’Uni En Iso
9001) che sono carenti nel definire dei requisiti specifici per l’integrazione dei sistemi. È necessario
evitare conflitti tra i sistemi e rifiutare l’idea che l’utilizzo di un sistema generale possa prevalere
rispetto a qualsiasi altro, subordinando qualsiasi sistema innanzitutto a dei principi comuni, a
partire ovviamente dal rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e dal rispetto delle normative,
come quelle su salute e sicurezza.
7. Alla luce di quanto detto, non può esserci un collegamento arbitrario tra l’utilizzo di un Sgssl - o
di una qualsiasi certificazione del sistema di gestione per la qualità - e la riduzione e la
sospensione dei controlli sulle imprese. La “semplificazione” della gestione del rischio deve
intendersi come una sua “razionalizzazione”, che non può e non deve confondersi con una
riduzione arbitraria del controllo, soprattutto considerando il rischio di un utilizzo meramente
strumentale dei Sgssl. Invece che ridurre i meccanismi di vigilanza e punizione meglio è introdurre
dei meccanismi premianti e/o vincolanti, in particolare per l’accesso ai bandi pubblici.
8. Molti dubbi suscita l’operato degli organismi paritetici in merito all’“asseverazione” dell’efficace
adozione dei modelli organizzativi. Perché questo meccanismo possa funzionare bene è
necessaria una competenza tecnica e scientifica elevata (che implica una formazione stessa delle
figure negli organismi paritetici e un rapporto con la comunità scientifica) ed una reale
collaborazione tra le parti sociali effettivamente rappresentative. L’obiettivo dovrebbe essere quello
di fornire un supporto a progetti complessi e integrati di assistenza alle imprese. È opportuno che
ci sia una verifica continua sui risultati dell’applicazione dei Sgssl ed una collaborazione con gli
istituti di certificazione, con il sistema sanitario e con gli enti preposti alla vigilanza, che però non
può certamente tradursi nella sostituzione del loro ruolo da parte degli organismi paritetici.
9. I Sgssl partecipano delle più ampie sfide proprie della tutela della salute e sicurezza. Come visto
dalla nostra analisi, i processi produttivi sono caratterizzati da una crescente frammentazione e
flessibilità della catena del valore che si accompagna una centralizzazione dei poteri economici e
decisionali e ad una individualizzazione ed esternalizzazione dei rischi, che pesano soprattutto sui
soggetti marginali delle filiere, siano essi lavoratori o aziende secondarie. Questo processo deve
essere meglio considerato al fine di individuare correttamente le responsabilità in merito alla salute
e sicurezza dei lavoratori all'interno dei network produttivi. La sfida attuale è quella di estendere le
tutele lungo la catena del valore, favorendo la partecipazione dei lavoratori e di tutti gli attori
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interessati lungo l’intero articolarsi del processo produttivo. Dalla riflessione sui Sgssl non possono
essere escluse né le tutele dei lavoratori temporanei (autonomi, in collaborazione, in
somministrazione, ecc.) né l’esigenza di raccordare sistemi e procedure di gestione della
sicurezza che rispondono a diversi soggetti giuridici, trovando modalità di dialogo e di raccordo
inter-aziendale.
Per questo, da un lato la centralizzazione dei poteri economici e decisionali nei nodi centrali deve
essere contrastata, al fine di estendere la democrazia nei processi produttivi; dall’altro, la
centralizzazione dei poteri economici e decisionali si deve accompagnare a una centralizzazione
delle responsabilità, che devono essere chiaramente attribuite, al fine di estendere la giustizia nei
processi produttivi. Le scelte prese nei nodi centrali decisionali hanno un impatto
sull'organizzazione del lavoro nei nodi secondari. In particolare, la fase di distribuzione e
acquisizione del lavoro tra le aziende deve essere meglio disciplinata prevedendo meccanismi di
regolamentazione e di contrattazione, al fine che sia chiaro il rapporto tra: a) effettivo lavoro da
svolgere, b) ammontare economico, c) rispetto della normativa su salute e sicurezza. Questo con
l’obiettivo di: a) limitare l'esternalizzazione del rischio da parte delle aziende centrali; b) limitare la
competizione tra le aziende secondarie fondata sull'abbassamento dei costi, per acquisire una
commessa poco remunerativa.
10. Non è possibile instaurare in maniera arbitraria un rapporto tra l’utilizzo del Sgssl e l’esenzione
dalle responsabilità per i soggetti che lo utilizzano 32. È da evidenziare che il datore di lavoro è il
reale titolare dei poteri organizzativi e decisionali sui luoghi di lavoro e dunque delle responsabilità
derivanti: questa definizione è affermata nella Direttiva 89/391/CE così come nel nostro quadro
normativo e giurisprudenziale, chiaramente specificato nel Testo Unico (art. 2), dove egli è definito
come «il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che,
secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività,
ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri
decisionali e di spesa». Questa interpretazione deve orientare gli interventi per attribuire le
responsabilità anche all’interno dei Sgssl, in particolare per definire le responsabilità apicali. Più in
generale, questa interpretazione deve essere considerata al fine definire una più giusta ripartizione
e condivisione delle responsabilità nei network produttivi, tra i diversi datori che cooperano per la
produzione di un bene o servizio33.
11. In estrema sintesi, la sfida è quella di perseguire una razionalizzazione dell’organizzazione del
lavoro funzionale all’affermazione del benessere del lavoratore, cercando “anche” di soddisfare le
esigenze di “semplificazione” delle imprese davanti alla crescente complessità dei processi
produttivi.
32 A questo proposito, si può fare riferimento alla sentenza la sentenza della Corte di Assise di Torino 15 aprile 2011 sul caso Thyssenkrupp. 33 Su questo punto, cfr. V. Speziale, “Il datore di lavoro nell’impresa integrata”, in Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali, n. 125, anno XXXII, 2010, 1, pp. 1-86.
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