"Senza Parole": per Haiti

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I disegni sono stati eseguiti dai bimbi delle classi seconda elementare della scuola S. Chiara d'Assisi di Avellino che hanno inteso trasmettere, con i loro piccoli elaborati, un piccolo dono ai loro coetanei haitiani. Ne è derivato un libro, che abbiamo inteso intitolare "Senza parole". Il prezzo del volume è di venti euro. Il costo di produzione per ciascun volume è stato di dieci euro. Per ogni volume venduto dieci euro saranno devoluti alla Caritas di Port-Au-Prince. Info : info.alunnitagliacarne@gmail.com

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Senza parole

I

Senza parolePresentazione

Un libro dal titolo “Senza parole” merita delle spiegazioni.Dietro le rugose dita delle bimba in copertina si nasconde non solo il suo sguardo, ma anche il malessere delle nostre coscienze. Le im-magini, più delle parole, testimoniano questo comune schernirsi e nascondersi.Questa stessa presentazione rischia di apparire eccessiva confrontata con la luce che proviene dalle immagini fotografate e dai colori dei disegni. Nel pubblicare questo volume ci siamo interrogati, prima in silenzio ed ora pubblicamente, sulla natura e sul signifi cato di questo nostro impegno. A quali paradigmi e interrogativi volevamo fornire delle risposte?Ad un bisogno di carità cristiana?Alla ricerca di una solidarietà umana?Ad un’ espiazione per frustrazioni personali?Al conseguimento di un civico senso di appartenenza ?Al riproporsi di un neo-narcisismo?All’esercizio di una ricerca spirituale?All’interrogare la nostra coscienza?Al desiderio di realizzare una cosa concreta?

Senza parolePresentation

A book entitled “Senza parole” deserves some explanation.The wrinkled fi ngers of the little girl on the cover mask not only her gaze but also the disquietude of our consciences. The images, more than words, bear witness to our tendency to hide ourselves and sneer.This very presentation runs the risks of appearing excessive when faced with the light emanating from the photographed images and the colours of the drawings. In publishing this book we have pondered, fi rst in silence and now in public, the nature and meaning of our endeavour. What paradigms and issues did we want our answers to focus on?The need for Christian charity?The search for human solidarity?Expiation for personal frustrations?The attainment of a civic sense of belonging?The resurgence of a kind of neo-narcissism?The completion of a spiritual quest?The questioning of our consciences?The desire to achieve something something concrete?

II

The deep-seated need to know ourselves?No single answer seemed to be particularly signifi cant. Maybe it’s more a mixture of different kinds of love, sentiments and needsThe absence of gazes and the silence of the little girl on the front cover lead us to the lacerating and impotent screams of Munch; they show how with little, with nothing, without even using a word, in this our society of the extravagant and the overfed, with only 24 hours of effort, a small team can fi ll part of the impending void of the present.Our endeavour involved no more than drawing out and binding together dulled sentiments, uniting them with the United Nations de-clarations and commitments on the rights of children, to which our Centre for Administrative Innovation in the Euro-Mediterranean Region adheres and about which information is given in the fi nal pages of the book.The relationship between the photos and the drawings is fundamental; it is the evidence of how stories of Haiti belong to us, how they speak our language, how they use the same expressive forms and unite the same sentiments as those of European contempora-ries or even Central Americans.The drawings, whose elaboration is explained in the last pages of the book, might have been done by those very children of Haiti, as can be seen by some of the photos depicting Haitian kids at school. But in fact, they were done by our own children. By dint of their efforts they have succeeded in creating a gift for their Haitian friends.The team that brought the book together comprised an all-rounder instigator, a resolving technical expert, a young Mediterranean photographer, a busy working mother, a chance Irishman and a worldly-wise teacher.The idea for the book came about after the birth of little Alessandro, as a not insubstantial and hopefully exemplary offering for the new arrival.Shortly after that happy event the Haitian earthquake shook our consciences and made us determined that no one should be forgot-

Ad un bisogno recondito di conoscersi?Nessuna singola risposta è apparsa signifi cativa. Forse si è trattato di un miscuglio di amori, sentimenti e bisogniL’assenza di sguardi e il silenzio della bimba in copertina ci riportano alle lancinanti e impotenti grida di Munch, dimostrano come con poco, con niente,senza neanche utilizzare una parola, nella nostra società di opulenti e di ciccioni, con sole 24 ore di lavoro effettivo un piccolo team sia riuscito a riempire una parte del vuoto incombente del presente.Il nostro impegno non è consistito in nient’altro che far emergere e legare sentimenti sopiti, raccordandoli con le dichiarazioni e l’im-pegno delle Nazioni Unite sui diritti dei minori, a cui il nostro Centre for Administrative Innovation in the Euro-Mediterranean Region appartiene e delle cui fi nalità si danno brevi informazioni in un scheda presente nelle pagine fi nali del volume.Il connubio tra le foto e i disegni è elementare, è la testimonianza di come le storie di Haiti ci appartengono, parlano i nostri stessi linguaggi, si avvalgono delle medesime forme espressive e uniscono i medesimi sentimenti di coetanei europei o centro americani che sianoI disegni, di cui, nelle ultime pagine del volume si da conto della loro elaborazione, potrebbero essere stati redatti dagli stessi bimbi di Haiti, come si evince da alcune delle foto che ritraggono bimbi haitiani a scuola, sono stati,invece, eseguiti dai nostri bimbi che hanno inteso trasmettere, con i loro piccoli elaborati, un piccolo dono ai loro coetanei haitiani.Il team che ha dato vita al volume si è avvalso di un sollecitatore tutto fare, di un tecnologo risolutivo, di una giovane fotografa me-diterranea, di un’ attiva madre-lavoratrice, di un irlandese per caso e di una accorta professoressa.Il libro è stato pensato subito dopo la nascita del piccolo Alessandro: quale dono, non banale, quale buon esempio offrire al nuovo arrivato.Il terremoto di Haiti scosse, poco dopo quel lieto evento, le nostre coscienze e rafforzò in noi il desiderio che nessuno più dovesse

III

ten and left alone with their anguish and loneliness.We have been taught that in such cases words of comfort can help change things. The children of Haiti have led us to understand that even less than words can be enough.And it can be done even without words. The book’s title “Senza parole” was the conclusion we reached through the images of the Haitian children and the drawings of their Italian counterparts.The Haitian children have managed to break down our lethargy, drive back our regressive behaviour; it evaporates before their stark, dignifi ed gazes.The simplicity, the elementariness and impotence of the drawings have taught us to regard the facts of life with the invisible eyes of innocence.We don’t intend this book to evoke pious feelings, and as far as we can, we will try not to hide behind the masking outlines of our consciences.The sequencing of the images was decided by the team’s youngest member, who in the end grouped them into fi ve different catego-ries:Captive children, ordinary children, children in need, children and family, staring children.In our design the photographs and drawings seek to achieve an equalisation of feelings, of needs, of exhibitive modes and forms; in both there is an objective of exchange among equals, among needs in lives apparently very distant and yet so close in the specifi c awareness of daily life.Not words but images and signs; not adjectives but colours, not the presentation of characters but profi les, not commentary on land-scape but interpretation of the places of the imagination of fl edgling artists.

essere dimenticato, lasciato solo con le proprie angosce e la propria solitudine.Ci è stato insegnato che, in questi casi, parole di conforto possono aiutare a cambiare le cose. I bimbi di Haiti ci hanno fatto compren-dere che basta anche di meno delle parole.Anche senza parole ce la si può fare, il titolo del volume “Senza parole” è la conclusione a cui siamo giunti sulla base delle immagini dei bimbi di Haiti e dei disegni dei loro coetanei italiani.I bimbi di Haiti sono riusciti a sciogliere il nostro torpore, a respingere la regressività dei nostri comportamenti, fenomeni dissoltesi dinanzi ai loro occhi austeri e dignitosi.La semplicità, l’elementarità e l’impotenza che emerge dai disegni ci hanno insegnato a comprendere i fatti della vita con gli occhi invisibili dell’innocenza.Con questo volume non vogliamo evocare un sentimento pietistico e, per quanto ci riusciremo, non intendiamo nasconderci dietro la sagoma delle nostre coscienze.Il ritmo di esposizione è stato defi nito dalla più giovane del nostro team che, progressivamente, ha riproposto la sequenza delle foto secondo raggruppamenti che rispondono a cinque aree tematiche:Bimbi costretti, bimbi normali, bimbi bisognosi, bimbi e famiglia, bimbi che guardano.Foto e disegni perseguono nel nostro design una parifi cazione dei sentimenti, dei bisogni, delle forme e delle modalità espositive; in entrambi c’è l’intendimento di uno scambio tra pari, tra esigenze di vita così apparentemente lontane e, invece, così vicine nelle specifi che coscienze di vita quotidiana.Non parole ma immagini e segni, non aggettivi ma colori, non presentazione di personaggi ma sagome , non commenti ai paesaggi ma interpretazione dei luoghi legati alla fantasia dei novelli disegnatori.

IV

In cosa ci siamo arricchiti anche noi dopo questa esperienza progettuale?Abbiamo avuto modo di scoprire nuove sensibilità dell’età infantile\preadolescenziale, di rilevarne ridondanze e di valorizzare unifor-mità e difformità con altri contesti e differenti realtà umane, geografi che e socio-economiche.Abbiamo compreso qualcosa in più dei nostri bimbi occidentali rileggendo nei loro sentimenti e nelle loro capacità espositive dinanzi ad una tragedia che aveva colpito loro coetanei.Siamo entrati meglio e con un’adeguata docilità nelle loro esperienze di vita attraverso il sentimento che emergeva dai loro disegni e dai colori utilizzati.Abbiamo compreso come fosse semplice fare un atto di amore.Seguendo questo percorso, ci siamo resi conto come anche noi fossimo cambiati.

In what way have we also been enriched after the experience of this project?We have been able to gain new awareness of the childhood\pre-adolescence ages, to observe the redundant aspects in them and to weigh up similarities and dissimilarities with other contexts and different human, geographic and socio-economic arenas. We have learnt something more about our Western children, re-examining their feelings and their ability to express their feelings in the wake of the tragedy that struck their counterparts.We have gained better access, with due meekness, to their experience of life through the sentiments that emerged through their drawings and the colours used.We have understood how simple it may be to make an act of love.Following on this path, we have realised how even we may have been changed.

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Un donoQuesta è la testimonianza di una mamma di un bimbo di una delle classi II elementare della Scuola dell’Infanzia S. Chiara di Assisi di Avellino che ha coinvolto i compagni di scuola di suo fi glio per regalare, ai lontani coetanei haitiani, il dono di un disegno. Il 23 novembre 2010, a trent’anni dal terremoto in Irpinia, a ciascun bimbo è stato chiesto di ispirarsi ad una delle 33 foto contenute in questo volume e di esprimersi attraverso un disegno da donare ai bimbi haitiani.

Osservando i propri fi gli crescere, si comprende che l’essenza del disegnare, per un bimbo, è una forma di dono. Si afferma,in tal modo, l’idea che il bimbo vuole trasferire a noi tutti la sua interpretazione delle cose che lo circondano. Il ritmo con cui sono esposti i disegni, nella loro semplicità e immediatezza, sollecita emozioni, rifl essioni, spunti ed interrogativi.

Ho visto i piccoli italiani, come se fossero dinanzi ad uno specchio, guardare le foto dei bimbi haitiani nella quotidianeità della loro vita sconvolta dal terremoto. Il tentativo è stato quello di ricongiungersi ad essi. Ho rilevato con quanta forza ed immediatezza le foto dei bimbi di Haiti, più di qualsiasi parola, fossero riuscite ad irrompere nella realtà dei nostri bimbi italiani .Ho appreso,nell’apparente diffi coltà di collocare visi e sguardi nella loro dimensione spaziale e temporale, come la forza di quelle immagini fosse riuscita a comunicare ai nostri bambini sentimenti , paure e bisogni senza aver necessità delle parole.

Sono stati i bimbi italiani, nell’ autonomia della loro interiorità, sollecitata dalle immagini, ad identifi care il light motiv della storia che intendevano raccontare e rappresentare. Noi grandi ci siamo limitati a ricercare negli elaborati un percorso, rilevando quali fos-

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sero stati i temi ricorrenti, le simbologie universali che avevano superato il valore dello stesso oggetto ritratto. In sintesi pensiamo possa essere interessante richiamare le tematiche e le motivazioni che ci sono sembrate più rilevanti

La casaC’è sempre una casa nei disegni dei bimbi. Case che fanno da cornice alle scene familiari, accolgono gli oggetti cari, sono il luogo del calore e degli affetti, acquistano sembianze umane, si trasfi gurano nelle loro mamme, hanno occhi e bocca, accolgono con le braccia protese. Spazi racchiusi in confi ni defi niti, ben delineati, appaiono una difesa dai confi ni ben defi niti desiderosi da superare. Sono un po’ come le sbarre azzurre dei centri di raccolta di alcune foto. I bimbi disegnano i luoghi che accolgono la loro socializzazione: il par-co giochi, la scuola, la piscina ed infi ne la città. La rappresentazione della città, si traduce quasi sempre in immagini di fi aba, visioni idealistiche e a volte si coglie in luce, in questi schizzi, una sorta di geometria urbanistica .

I coloriColori forti, energici, sottolineati a tratti pacati, tratteggiati. Sono rappresentativi degli stati d’animo,dell’ energia,del pathos, di tutto ciò che essi inconsciamente desiderano esprimere e trasmettere a chi osserverà i loro disegni. Nei colori e nella loro intensità si intravede il carattere, la personalità di chi disegna, la vitalità e l’aggressività del rosso, la stabilità del verde e dell’azzurro intenso del mare e del cielo, il giallo che riscalda .

La famigliaLa famigliaLa f Le famiglie, nei disegni, appaiono e poi diventano multietniche. Le mamme e i papà con i loro fi glioli si danno la mano per affrontare

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le vicende piacevoli o i pericoli incombenti. Il tema forse nasconde la paura per la perdita dei punti di riferimento. L’amore familiare azzera le distanze, limita gli spazi fi sici. C’è qui, probabilmente, espresso una sensazione di fratellanza che si vuole condividere con un lontano compagno di giochi.

Gli amiciGli amici, i compagni haitiani sono per i nostri bimbi una sorta di famiglia acquisita. Le storie di amici nuovi e\o ritrovati alimentano la gioia e la speranza verso il futuro. Nell’immagine dei bimbi che trasportano le pietre per costruire la città forse ci sono embrioni di solidarietà e progettualità. Per inverso la rappresentazione della solitudine,che un po’ ci sorprende, è raffi gurata, in un disegno, da un sole che splende ed illumina una scena surreale di una bimba che sente di occupare nel mondo uno spazio piccolo, piccolo. A lenire le ferite, gesti giocosi e pagliacci che cercano di strappare sorrisi e simpatia.

Il ciboIl pane , la pizza, i cereali, i tavoli imbanditi,in modo semplice, per una mensa comune, sono il simbolo di una convivialità che diven-ta comunione. Qualcuno porge una torta coloratissima occasione di gioia, sorrisi, abbracci sotto l’auspicio di un inatteso arcobaleno.L’acqua campeggia sempre in primo piano. E’un elemento simbolico della vita di Haiti. L’acqua disseta, ristora, da sollievo e pulisce. Il mare, il fi ume, il lago o, addirittura, l’acqua in imbottiglia ne rappresentano la rilevanza.

Le medicineOspedali veri, medicine che somigliano a succulente bevande colorate aiutano a proiettarsi nel mondo degli adulti. Si diventa, per un

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attimo genitori. I bimbi curano anziché farsi curare. segnalano un passaggio della vita in cui viene lasciata l’innocenza e si percepi-sce il pericolo della malattia e del dolore. I disegni sono il dono, che i fanciulli italiani indirizzano ai compagni lontani di Haiti. Le foto sono i doni, inconsapevoli, che i bimbi Haitiani trasmettono ai nostri bimbi. Foto e disegni assumono il senso di un valore universale. Ciascuna foto e ogni disegno sono portatrici di emozioni, dolori e speranze.

Il prezzo di ogni volume è di 20 euro.Il costo di produzione è stato di 10 euro per volume. La differenza di 10 euro per ogni volume sarà devoluta alla Caritas di Port-Au-Prince.

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