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Avvenire 12/18/2012 Page : A25

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AGORÀCULTURARELIGIONITEMPO LIBEROSPETTACOLISPORT

ROMA, PIETROE I DUBBI

DI CARANDINIMARIO IANNACCONE

ndrea Carandini è storico earcheologo competente, autoredi una lunga serie di studi,

condotti spesso sul campo, relativi allastoria di Roma. Dopo aver tantostudiato Roma, su "Il sole 24 ore" del16 dicembre annuncia di volerspostare la sua attenzione dalla"leggenda di Roma" alla «novella diGesù, nato secondo Matteo e Luca dauna vergine e da un dio, comeRomolo». L’accostamento Romolo-Gesù, e i «miti ed elaborati simbolici»,che possono «incorporare datipreziosi di natura reale, fanno ritenere- continua Carandini - che Romolo eGesù siano miscugli di leggenda estoria». Il che è vero in senso letteralebenché l’accostamento sia veramenteardito. Romolo (nato secondoleggenda il 771 a.C.) e Gesù (nato 8secoli dopo) non sono equiparabilianche per la qualità, la forma, lanatura delle testimonianze che liriguardano e per l’ambiente in cuivissero. Al tempo di Romolo, giovaricordarlo, esisteva forse una scritturalatina, non una letteratura latina;comunque non c’è arrivata. Ciòcontrasta con l’articolata letteraturadei tempi di Gesù, popolata di filosofi,retori, storiografi, cronisti, scrittori dimemorie. Un accostamento simbolicosi può fare, ma Romolo emerge dallenebbie del periodo prestorico mentresu Gesù le testimonianze, anche sediversamente interpretate, sonoimponenti. Ben consapevole diquesto, Carandini sposta la suaattenzione su Pietro annunciando unlibro futuro incentrato sull’anno 64trascorso dall’apostolo a Roma, forsel’anno della morte (da collocarsi fra 64a 67). A questo punto si chiede: «MaPietro ha raggiunto veramenteRoma?». Se qualche equivalenzaformale («nato da Vergine») puòstabilirsi fra gli eroi della classicità eGesù, ben difficile trattare allo stessomodo Pietro apostolo. Per quanto sipossano anche mettere in dubbio unoo due scritti, più difficile farlo con le"dieci" testimonianze riconosciute daCarandini (senza contare i datiarcheologici). Numerosi elementifanno ritenere autentica la tradizionedella predicazione e morte di Pietro aRoma, nonostante i dubbi di storiciprotestanti che lo vorrebbero morto aGerusalemme nel 55 ma senzariscontri. Sappiamo che Pietro,lasciando Gerusalemme,s’incamminò in «altro luogo» (At,12,17). La certezza della sua presenzaa Roma si basa su testimonianze cosìvicine alla sua vita che potevanoessere facilmente smentite da altriscrittori, cosa che non è accaduta.Tacendo dell’Epistola di Pietro c’èl’Epistola di Clemente a Corinto (circa95) che allude al martirio di Pietrosotto Nerone. Qualche anno più tardi(prima del 107), Ignazio di Antiochiaprega i cristiani di Roma di nonvolerlo privare del martirioaggiungendo la frase «Non vicomando come Pietro e Paolo» (Rom.4,3) che presuppone una conoscenzadiretta di Pietro da parte di quellacomunità. Qualche anno più tardi c’èl’«Ascensio Isaiae» (4,2-3 sg) dove sitrova un’altra allusione al martirio.Dionigi da Corinto (Eusebio, «Hist.E.», II, 25,8), Ireneo da Lione («Adv.Haer.», 3, 1-3), Tertulliano in Africa(«Praes. Haer.» 35, 3), non misero indubbio questa tradizione e non c’eramotivo che non lo facessero se falsa. Aciò aggiungiamo le notizie distoriografi non cristiani come Tacito(che conferma le persecuzioni deicristiani al tempo del martirio diPietro) e i ritrovamenti archeologicinel sito di San Pietro. Dall’epoca dellamorte lì era conservata memoria dellasepoltura del primo papa. Ivi fucostruita l’Edicola di Gaio con il loculomarmoreo mai più disigillato einglobato nelle costruzioni successive.Ritrovato nel Novecento, gli studi diMargherita Guarducci hannoconfermato l’identificazione di ossa etracce di porpora con una personache corrisponde all’età di Pietro e alladata di morte tramandata. Tuttavia, aprescindere dalla tradizione e dallamemoria diffusa in centinaia di testiminori dei secoli successivi,prudentemente Paolo VI nel 1968 fecescrivere sulla tomba: «Ossa che siritengono appartenere a San Pietro».Giusto, nonostante la straordinariacorrispondenza delle tessere delpuzzle storico-archeologico.

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Antico Egitto:svelato il giallodi Ramsete III◆ Ramsete III è stato ucciso:lo rivela uno studio,pubblicato dal «BritishMedical Journal», al quale hacollaborato il ricercatoreAlbert Zink dell’Eurac diBolzano. Uno dei gialli piùclamorosi dell’Antico Egittosarebbe così risolto: il faraonefu sgozzato, forse dal figlioPentawer. Lo staff è inoltrequasi certo di averindividuato anche la salmadel figlio «traditore», chedopo il delitto è mortoimpiccato. Un indizioimportante è custodito alMuseo Egizio di Torino: unpapiro che descrive come, ametà del XII secolo a.C., laconcubina Tij pianificassel’uccisione del coniugeRamsete III per mettere sultrono il figlio Pentawer.Qualcosa andò però storto; lacongiura fu scoperta e tutte lepersone coinvolte venneropunite. Ora grazie alla Tac si èpotuta vedere la ferita allagola della mummia, nascostada una benda sul collo;Ramsete morì nel 1156 a.C., a circa 65 anni.

Fazzini, un laicoguida l’editricemissionaria Emi

◆ Dopo quasi 40 anni di vita,l’Editrice Missionaria Italiana(Emi) di Bologna ha undirettore laico: si tratta diLorenzo Fazzini, giornalista,che prende il posto di padreGiovanni Munari. Lecchese dinascita ma veronese diresidenza, 34 anni, Fazzini halavorato all’agenziamissionaria «AsiaNews» e alquotidiano «Avvenire», oltread esser stato responsabiledella comunicazione delFestival Biblico di Vicenza econsulente editoriale perdiversi anni alla Lindau diTorino. Fazzini guiderà la casaeditrice fondata nel 1973 daquattro istituti missionari(comboniani, saveriani, Pime,missionari della Consolata) ein seguito allargatasi a 15soggetti italiani, affiancandoil direttore editoriale PierMaria Mazzola. Oggi la Emiha un catalogo di oltre 800titoli e una produzione annuatra i 50 e i 60 libri, molti deiquali dedicati alla proposta dinuovi stili di vita.

Editto del 313,per Marta Sordifu vera libertà

◆ Un contributo originale aldibattito per il 1700°anniversario dell’Editto diMilano: il Centro culturale diMilano ripubblica «La svoltacostantiniana», testo decisivodella grande storicadell’antichità Marta Sordi ecapitolo centrale del suo libro«I cristiani e l’impero romano»(Jaca Book). Il decretocostantiniano fu un atto di veralibertà religiosa o un gesto dipura tolleranza? Nel fascicolo(che si può richiedere allo02/86455162 o asegreteria@cmc.milano.it) laSordi risponde: «La pienalibertà religiosa che scaturiscedall’accordo di Milano delineal’immagine di uno Stato che sidefinisce religioso e ritiene anziil suo rapporto con la divinitàfondamentale problemapolitico e si proclama nellostesso tempo aconfessionale,non in nome di unrazionalismo scettico, ma dellasua inconfessata incompetenzaa decidere la natura teologica della divinità».

■ ArteUdine e Passarianocelebrano l’opera di Tiepolo

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■ Il casoDon Mazzolarie padre Turoldo,amici con distinguo

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■ TelevisioneRaiuno, la Cantata dei pastori diventafilm d’animazione

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■ CalcioNapoli «gelata»:ora può scendere a -10 dalla vetta

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IDEE. Aumentano i paralleli fra l’età di mezzo in Europa e l’epoca postmoderna:ma il filone del «New Medievalism» in voga in Nordamerica non convince

MARTEDÌ18 DICEMBRE 2012

A N Z I T U T TOE D I TO R I A L E

DI NICOLANGELO D’ACUNTO

n una ricerca pubblicata nel2008 Phil Williams, espertoamericano di studi strategici,

individua le implicazioni di quelleche, secondo lui, sono le«conseguenze distruttive dellaglobalizzazione» sul ruolo futurodegli Stati Uniti nel mondo. Ilconsulente del Pentagono parte dalpresupposto che lo"statocentrismo" che avevamoereditato dall’età moderna sia statosostituito da una situazione nellaquale lo Stato è solo uno degliattori della scena politicamondiale, caratterizzata ora dallaframmentazione dell’autorità,dalla sovrapposizione dellegiurisdizioni, da sempre più vastearee del pianeta sottratte alcontrollo dei poteri formalizzati (sipensi al risveglio prepotente dellapirateria). Il declino degli Statirisulta evidente, se pensiamo allaloro difficoltà di intercettare ibisogni dei cittadini e di imporreun controllo efficace e continuo siaall’interno del proprio territorio siaalle proprie frontiere, oppure seconsideriamo l’insorgenza disempre nuovi e sempre più potentiattori transnazionali. Si rischia dicadere nel medio periododall’attuale "Nuovo Medioevo" inuna "Nuova epoca buia". From theNew Middle Ages to a New DarkAges s’intitola appunto il saggio diWilliams. La globalizzazione, inquesti termini, costituisce solo ilprologo di una ben più grave crisidi civiltà, che riporterebbel’orologio della storia verso nuovisecoli bui, di barbarie,naturalmente "medievale". Èevidente che in questaimpostazione resistono pregiudiziantimedievali di matriceilluministica largamente superati.Inoltre l’idea che allaglobalizzazione segua una nuovaetà "barbarica" deriva dal parallelotra la caduta dell’Impero romano eil presunto declino dell’Impero aguida americana. Williams s’inserisce nel robustofilone del New Medievalismnordamericano, che, accanto alleanalogie strutturali tra medioevo econtemporaneità, presentavenature millenaristiche tanto piùevidenti quanto più dal terrenodella storiografia e della politologiaci si allontani per entrare in quellodella pubblicistica o della liberariflessione sul web, ove non a casosono fioriti in quest’ultimodecennio numerosi forum didiscussione sull’argomento.Resta da capire se davvero l’età dimezzo possa costituire un fecondotermine di confronto con l’età dellaglobalizzazione. Per rispondere aquesta domanda occorre in primoluogo chiarire che il termine

I

medioevo indica un interomillennio e che sarebbe assurdoimmaginare un periodo così lungocome un monolite. L’analogiastrutturale con la globalizzazione ètuttavia molto fruttuosa, purché siabbandoni l’idea che in quei milleanni avesse dominatoincontrastata la fantomatica"piramide feudale", una strutturadi potere compatta, pervasiva e

capace di controllare ovunque leanime e i corpi.Al contrario la medievisticascientifica sembra ormai quasiunanimemente orientata aconsiderare l’incessantesperimentazione istituzionalecome il tratto distintivo diun’epoca nella quale i quadri delpotere e le esperienze sociali sicompongono e si scompongono dicontinuo, secondo logiche cheeffettivamente prescindono daquella dello Stato e con unaframmentazione e privatizzazionedel potere pubblico quasiinconcepibile per noi che siamo

immersi nella logica dello Stato.Aveva ragione allora uno deimaestri della medievistica italianadel Novecento, Cinzio Violante,quando affermava chel’abbandono dell’insegnamentodella storia medievale nelle facoltàdi Scienze politiche impoverivaenormemente la formazione deglistudenti. Essi sono infatti privatidella conoscenza di un’epocamolto creativa sul pianoistituzionale, nel corso della qualela crisi dell’Impero romano avevaprodotto fenomeni utili anche percapire taluni aspetti dell’attualecrisi dello Stato. Tale è laprivatizzazione e perfino lapatrimonializzazione dellafunzione militare, allora e oggisempre più affidata a milizie oagenzie di sicurezza mercenarie.Lo stesso vale per laprivatizzazione della giustizia, inmano ai signori rurali nelmedioevo e oggi di fatto sottrattaper larga parte allo Stato, attraversoil ricorso sempre più frequente daparte delle aziende a collegiarbitrali internazionali.

ome oggi, quando gli Statinon possono più gestirlesono cedute a soggetti

privati, così nel medioevo leinfrastrutture erano in mano asignori laici ed ecclesiastici che neesigevano i balzelli, progenitorinemmeno troppo remoti dei nostripedaggi autostradali. Il medioevonon conosceva frontiere linearicome le nostre, ma zone fluide discambio e di scontro tra entitàpolitico-militari differenti, che però

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condividevano orizzonti culturali edi fede per larga parte comuni atutti, un po’ come oggi la rete e imass media omogeneizzano icostumi e i consumi, di qualsiasigenere, in tutto il pianeta.

nalogamente nonsembrerà del tuttoinnaturale la sempre più

ampia delega da parte dello Stato asoggetti privati di settori che daalmeno due secoli aveva avocato asé, come l’educazione e la sanità,che nel medioevo e nell’Ancienrégime erano stati di norma affidatialla Chiesa. Gli esempi, anchecalzanti, potrebbero moltiplicarsi.Tuttavia il limite maggiore delneomedievalismo consiste nelmettere in scena la vicenda di dueentità ipostatizzate, lo Stato e ilmedioevo, come se si trattasse deipersonaggi di un dramma sempreuguali a sé stessi. L’esperimento èpericoloso, da un lato perchédefinire un solo medioevo èassolutamente impossibile,dall’altro perché lo Statocontemporaneo, sebbeneammalato, non sembra ancoradestinato a un tracollo improvviso,ma piuttosto a una lungametamorfosi. Non ha torto, allora,Tommaso di Carpegna Falconieri,quando dice che «la teorianeomedievale si snerva perl’incommensurabilità del terminedi paragone, ma resta efficacissimacome metafora» (Medioevomilitante. La politica di oggi alleprese con barbari e crociati, Einaudi2011). Ci sarà ancora da meditare.

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ADietro l’attualeglobalizzazione c’è la barbarie? Se alcuneanalogie vi sono (crisidegli Stati, autoritàframmentate, nuovepiraterie) i paragoni tra le fasi storiche non sono sempre validi

«La distruzione dell’impero romano» di Thomas Cole, ispirata al sacco di Roma dei Vandali del 455

Mondo globale in stile Medioevo