Upload
bertagni-consulting-srl
View
430
Download
1
Embed Size (px)
Citation preview
Lisbona, una finestra sul mondo e su se stessi
Tes3 e foto di Marco Bertagni
Note sfumate di fado in lontananza. Miradouros dissemina3 sulle cime dei se<e colli della cidade branca. Superfici lisce di azulejos. Sardinhas grigliate sul ciglio delle vie. Salsedine dove il Tago si confonde nel mare.
Lisbona è un viaggio a<raverso i sensi. E’ unica, magica. Utopia che si avvera. Gli estremi trovano una loro armonia: la Terra ammicca all’Oceano, il Passato compenetra il Presente e insieme guardano al Futuro. I conceL-‐chiave dell’essere lusitano – il viaggio, anche immaginario, come metafora della vita, la sacralità del tempo, il rispe<o e la discrezione, la semplicità, la memoria -‐ si librano silenziosi nell’aria come rondini a primavera, si intersecano, si sovrappongono e si respirano in ogni angolo di Lisbona.
Alfama: mel3ng pot di indigeni, immigra3 dalle colonie portoghesi, viaggiatori che l’hanno ele<a a proprio nido. Alfama: janela do mundo, una finestra sul mondo, su Lisbona, sulla sua storia, e, sopra<u<o, su noi stessi. Sedu3 su una panchina di una qualsiasi piazze<a di questo distre<o, la vita scorre: viaggiatori si arrampicano felici, noncuran3 della fa3ca, senza meta per le scalinate bianche, una signora affacciata alla finestra con il suo cane, un marinaio in licenza passeggia con la sua bella, ghirlande colorate in preparazione della festa di Sant’Antonio.
E poi, d’improvviso, il sole di Lisbona 3 bacia la pelle; 3 sen3 vivo! Percepisci te stesso, in un tempo e in uno spazio indetermina3, eppure qui ed ora.
Lisbona è luce. Alba al Miradouro das Portas do Sol. Il Tago scorre lento e maestoso da oriente verso il suo des3no, dietro alle palme che si slanciano sui teL rossi domina3 dai profili di Sao Vicente, del Pantheon e di Sao Miguel. Miradouro di Santa Luzia, altro belvedere, tra an3chi azulejos e una bouganville in fiore per sei mesi.
Scalinata di Rua da Oliveirinha: c’è una piccola via, un ristorante, “A Alfaminha”, chiuso e decadente, con una tendina lisa sovrastata da una finestra ro<a. C’è un idrante rosso sull’angolo. Alcune scri<e sui muri. Dei saccheL d’immondizia. Un piccione che vola svogliato. Un bambino con pantaloni cor3 che passa con fare spedito. Stranieri che posano per una foto. Qualcuno che ha coperto la scri<a sui muri. Un lampione nero. Un altro pezzo di vetro della finestra che cade. Piccole cose. Ma proprie queste coisas pequenas si impara ad amare a Lisbona e può capitare, a distanza di anni, di ritrovarsi quasi per caso, per fado, in scorci minimali come ques3 e capire che qui il tempo non esiste, o forse si è fermato.
E anche noi res3amo, come il tempo, immobili, sospesi, senza parole. Rua do Castelo Picao, Donha Helena e Susana, alfacinhas di razza che amano questo quar3ere perché qui “è come se fosse un luogo a sé, una ci<à nella ci<à, dove tuL si conoscono e si ascoltano”.
Wim Wenders, la ca<ura dei suoni della ci<à in “Lisbon Story” e Teresa Salgueiro che appare come una visione sulle Escadinhas de Sao Miguel, la sua voce raggiunge l’anima e canta l’essenza di Lisbona con un fado rivisitato, moderno, emozionante.
Largo do Chafariz de Dentro, Rua dos Remedios, Rua da Saudade: toponimi insoli3, soLli, discre3, misteriosi, profondi, mai banali, come Lisbona. Ecco, la saudade, tra le parole più intraducibili, ammanta la capitale portoghese. E’ nel fado, da quelli classici di Alfredo Duarte e Amalia Rodriguez a quelli rivisita3 di Mariza.
E’ nel calcio, con il Benfica che non riesce a tornare ai fas3 di Eusebio, la pantera nera.
E’ negli sguardi e nelle movenze dei lusitani, nei ritmi della ci<à, nelle luci del tramonto e in quelle dell’alba. Josè Saramago “non parlò quasi mai di saudade” ci rivela Pilar del Rio; Tabucchi invece, la definisce come” qualcosa di straziante, ma che può anche intenerire e non si rivolge solo al passato, ma anche al futuro”. Si può avere la nostalgia del momento che state vivendo e quindi del futuro.
Bicos, Praca do Comercio, Baixa, Rossìo, Figueira. Frango, cozido à Portuguesa, bacalhau, sardinhas. L’insegna di un’agenzia di viaggi recita “Vai tu” in uno scosceso vicolo di Santa Catarina. Si, andiamo!
Cais do Sodrè, Belèm, il Padrão das descobertas, alla foce del Tago. I grandi viaggiatori portoghesi, da Magellano a Vasco da Gama, salpavano da qui per scoprire il mondo. Si sognano i propri viaggi, faL e da fare.
Si a<raversa il fiume. Rua do Ginjal tra vecchi edifici dismessi, in un paesaggio onirico, alla Manuel de Oliveiras. Una medusa sulla spiaggia con a fianco un cuore di stoffa rossa, metafore da inventare, immagini simboliche, o forse solo una mareggiata. Chi conosce i confini tra fantasia e realtà? Un uomo che a ridosso di un muro bianco e con il Ponte 25 di Aprile a fargli da quinta teatrale, cammina verso il “Ponto Final”, le colonne d’Ercole di Lisbona.
E’ finito il viaggio?
Marco Bertagni 2015
Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha de<o: ”Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in Primavera quel che si era visto in Estate, vedere di giorno quel che si è visto di no<e, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il fru<o maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già da3, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Josè Saramago
I tes3 di questo reportage di viaggio sono liberamente traL dall’ar3colo “LISBONA, UNA FINESTRA SUL MONDO E SU SE STESSI”, in corso di pubblicazione, in lingua inglese, su MONTECRISTO, CANADA, editor Jim Tobler (numero di Novembre 2015)