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CONSIGLIO NAZIONALE DEI PERITI INDUSTRIALI E DEI PERITI INDUSTRIALI LAUREATI PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA R A P P O R T O F I N A L E Il valore della sicurezza in Italia ROMA, MARZO 2004

Il Valore Della Sicurezza In Italia

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Uno studio del CENSIS del 2004 sul valore della sicurezza sul lavoro o domestica in Italia

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CONSIGLIO NAZIONALE DEI PERITI INDUSTRIALI

E DEI PERITI INDUSTRIALI LAUREATI

PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

R A P P O R T O F I N A L E

Il valore della sicurezza in Italia

R O M A , M A R Z O 2 0 0 4

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Il rapporto è stato realizzato da un gruppo di ricerca del Censis diretto da Maria Pia Camusi e composto da Ester Dini, Simona Fallocco, Gabriele Niola, Giuseppe Lubrano, Elena Mariniello, Vittoria Coletta.

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INDICE

1. Introduzione Pag. 1 1.1. Lacune e strabismi nella cultura della sicurezza “ 2 1.2. Quale sicurezza nella casa – guscio “ 4 1.3. Una politica orizzontale e condivisa “ 6

2. Parte generale: Il valore della sicurezza “ 10

2.1. La cultura della sicurezza tra dovere e responsabilità “ 11 2.1.1. La sicurezza come “bene da produrre” “ 11 2.1.2. Il “dovere” sicurezza “ 13

2.2. La percezione della sicurezza “ 27 2.2.1. Il confronto tra presente e passato “ 27 2.2.2. Le origini dell’insicurezza “ 34

2.3. La prevenzione, prima di tutto “ 54 2.3.1. Le responsabilità individuali “ 54 2.3.2. I responsabili della complessità “ 58

3. Parte monografica: la sicurezza in ambiente domestico “ 71

3.1. La microincidentalità diffusa “ 72 3.1.1. I numeri dell’incidentalità domestica “ 72 3.1.2. L’anagrafe degli infortuni: i soggetti a rischio “ 75 3.1.3. La geografia delle insidie domestiche “ 79

3.2. La multidimensionalità del rischio domestico “ 93 3.2.1. Quanto e come crescono i rischi nelle

abitazioni “ 93 3.2.1. La qualità del sistema abitativo “ 96 3.2.3. L’ambiente domestico tra sovradotazione e

ipertecnologizzazione “ 104 3.2.4. Cattive abitudini e distrazioni: “un giorno di

ordinario pericolo” “ 110 3.3. Sicurezza domestica: la “ricetta” che ancora non c’è “ 140

3.3.1. Da soli si rischia di più: la sicurezza come sistema “ 140

3.3.2. Il nodo della prevenzione “ 146 3.4. L’analisi cluster: le sei tipologie “ 163

3.4.1. I sicuri per caso “ 163 3.4.2. Gli irrecuperabili “ 165 3.4.3. I previdenti “ 166 3.4.4. Gli acquirenti “ 167 3.4.5. Gli attendisti “ 168 3.4.6. Sicuri “fai da te” “ 169

4. Nota metodologica “ 177

4.1. La metodologia di indagine “ 178 4.2. Il profilo degli intervistati “ 178

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1.

INTRODUZIONE

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1.1. Lacune e strabismi nella cultura della sicurezza

La sicurezza in Italia non è ancora un valore sociale. Forse poichè è una di quelle materie sociali che non possono uscire dallo stato nascente solo grazie allo stimolo di una normativa completa e attenta – che pure l’Italia si è data - né di vincoli di contenimento e di orientamento ai comportamenti individuali, ma che ha bisogno di un processo di socializzazione più profondo.

Questo è il quadro complessivo che emerge dal lavoro di ricerca e di approfondimento realizzato dal Censis sul tema della sicurezza e di quella domestica, in particolare, per conto del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati.

La sicurezza, dunque, è una dimensione sfuggente sul piano sociale e non definibile sul piano sistemico: gli italiani cioè hanno una visione ancora molto formale della sicurezza, che stenta a diventare uno degli elementi su cui si sta ricomponendo la loro sensibilità e la loro identità collettiva e, al tempo stesso, la frammentazione di soggetti e di responsabilità pubbliche e private in materia fa sì che non se ne possa ancora parlare come di una dimensione strutturata.

Gli italiani che hanno un comportamento pro-attivo nei confronti della prevenzione e che davvero pensano faccia capo intanto a loro stessi affrontare e risolvere le questioni legate alla sicurezza sono poco più del 31%, mentre il 21% di essi si possono definire persone fortunate a non essere incappate in incidenti, ma soprattutto il 47% circa è composto da persone che vivono nella distrazione più completa, non si curano di sè e degli altri e aspettano che sia un soggetto esterno, preferibilmente pubblico, a doversi far carico della loro incolumità a casa, sulle strade e nei luoghi di lavoro.

La sicurezza quindi è un elemento virtuoso e gratificante per una parte limitata della popolazione, al cui interno prevale invece una cultura della sicurezza di tipo strumentale: quando cioè si tratta della propria salute e della propria casa gli italiani si sentono completamente responsabili e si dichiarano anche disponibili ad impegnarsi di più. Su altri temi che, invece, sono percepiti come altro da sè - dal luogo di lavoro alla sicurezza del patrimonio edilizio - la responsabilità diminuisce e cresce la domanda di tutela soprattutto presso le istituzioni.

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Per questo si tratta di una cultura strabica, che sottovaluta la rilevanza che i comportamenti individuali hanno nell’accrescimento dei livelli di sicurezza in tutti gli ambiti in cui la si ricerca, ma al tempo stesso si esprime in azioni che lascerebbero pensare ad un tipo di consapevolezza diverso. Sotto questo profilo basti pensare che:

- le persone non si sentono responsabili per la sicurezza degli edifici, degli ambienti di lavoro e dell’ambiente;

- tant’è vero che delegano le istituzioni ad occuparsi di tali questioni;

- tuttavia, pensano che l’irresponsabilità dei singoli sia fra i primi tre fattori (insieme alla mancanza di norme adeguate e al terrorismo) che determinano situazioni a rischio;

- e tendono ad adottare comportamenti pro-attivi, come manutenere la propria auto, essere solidali con chi ha bisogno di aiuto e tenere in ordine il proprio micro-ambiente;

- senza contare la disponibilità – effettivamente teorica, ma pur tuttavia manifestata - a spendere di tasca propria per un ambiente più pulito, per alimenti sani e per la possibilità di viaggiare senza rischi.

Questi atteggiamenti contradittori si riflettono anche sui timori legati a situazioni a rischio: gli italiani hanno paura in primo luogo degli incidenti stradali, mostrando in questo di sapere, o quantomeno di percepire, che si tratta di un pericolo crescente e molto grave, visto che gli incidenti stradali hanno un indice di mortalità altissimo, pari al 2%, e sono la seconda causa di infortunio.

Per il resto, le maggiori paure si concentrano su eventi che non sono dominabili (l’inquinamento dell’ambiente e i disastri naturali) mentre si sottovalutano lo stress da lavoro, le malattie professionali e gli infortuni domestici che sono di gran lunga superiori alle statistiche ufficiali. Sotto questo profilo, l’indagine sulla popolazione condotta per la redazione di questo rapporto ha messo in luce un fenomeno di micro-insicurezza sommersa che nei valori supera in modo significativo i dati ufficiali.

Per gli italiani, nell’ultimo anno, la prima fonte di incidentalità è stata quella domestica (27,8%), seguita dai disturbi legati allo stress da lavoro (24,8%), dagli incidenti stradali (10,8%) e, infine, dai disturbi di salute legati a cause inquinanti (5,7%). I dati ufficiali, in realtà, confermano le tendenze rilevate sul campo: gli

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infortuni in casa nel 2000 sono stati quasi 3 milioni e mezzo, coloro che hanno subito incidenti sul lavoro quasi un milione e gli incidenti stradali 229mila persone.

Sul piano delle prospettive, deve far riflettere il volume di persone che denunciano stress da lavoro, che naturalmente crescono moltissimo fra gli occupati (33,3%), ma che non sono meno consistenti fra gli studenti e i disoccupati (21,9%) e fra le casalinghe(13,4%).

1.2. Quale sicurezza nella casa – guscio

La sicurezza domestica, dunque, rappresenta a tutt’oggi la prima causa di incidentalità e, con i suoi 8.000 deceduti stimati, presenta un tasso di mortalità pari allo 0,2%.

L’aumento progressivo dell’insicurezza domestica (dal 1998 al 2000 gli incidenti sono cresciuti del 5,6%) è sicuramente riconducibile, da un lato, all’emersione del fenomeno, legata soprattutto ad una maggiore propensione degli italiani a denunciare gli eventi. Dall’altro lato, invece, bisogna riscontrare un aumento delle situazioni a rischio, legate a:

- la crescita di popolazione nelle fasce che più di altre sono esposte a subire incidenti domestici, ossia gli anziani e le donne;

- il mutamento degli stili di vita, caratterizzati da una intensificazione dei tempi di lavoro e dal venir meno della distinzione fra tempo di lavoro e di non lavoro, tal che spesso le persone continuano a operare anche da casa, con notevoli conseguenze sul livello di attenzione riservato per le incombenze, appunto, domestiche;

- il processo di delega del lavoro domestico a tutti i membri della famiglia, oltrechè alle donne, che non corrisponde sempre ad una uguale responsabilizzazione e capacità di svolgimento di mansioni tipicamente femminili;

- la complessità degli strumenti e degli oggetti che entrano nelle case degli italiani e che spesso, pur essendo ad alta componente tecnologica, non sono di facile utilizzabilità, ma richiedono uno studio delle istruzioni a cui non tutti hanno voglia o tempo di dedicarsi.

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Queste situazioni a rischio sono alimentate proprio nel rapporto che gli italiani hanno con la sicurezza abitativa e con la cultura che esprimono a riguardo.

Intanto, gli italiani distinguono ancora fra la sicurezza infra-domestica e quella dell’immobile in cui vivono nel suo complesso, per cui per la prima si impegnano in prima persona, per la seconda sembra che stiano sviluppando una sensibilità più elevata, ma ancora in modo molto contenuto.

La casa – guscio è quella per cui si osserva il maggiore impegno. Le case degli italiani sono molto attrezzate e fornite di quei sistemi di confort, anche ad alta intensità tecnologica, che le rendono non solo al passo con i tempi, ma anche funzionali: la lavatrice ormai è presente nella quasi totalità delle case, mentre la lavastoviglie solo nel 42,3%, segnalandosi come il nuovo oggetto-simbolo dell’emancipazione femminile che ancora è da colmare. Al tempo stesso si deve registrare la presenza quasi marginale di componenti a rischio come le coperture di eternit (5,9%). In casa ci sono anche strumenti di regolazione e di controllo degli impianti, come i salvavita e la messa a terra, e le cappe di aspirazione.

Ma l’atteggiamento di cura degli italiani per la casa è testimoniato soprattutto dagli interventi di manutenzione che hanno realizzato negli ultimi due anni e che hanno intenzione di fare nei prossimi dodici mesi: la percentuale di chi ha fatto manutenzione degli impianti idraulici, elettrici o di riscaldamento arriva al 93,3%, quella di chi ha messo o metterà a norma il sistema elettrico è del 52,6%. Certo, è basso il numero di coloro che vogliono bonificare l’abitazione da sostanze tossiche, ma poichè sembrano non averne in misura rilevante, non si può dire che a questo obiettivo corrisponda un disimpengo diretto.

Questo atteggiamento complessivamente attento alla qualità infra-domestica non protegge gli italiani dalle proprie paure, e soprattutto da se stessi. La distrazione, infatti, è sempre in agguato e costituisce una fonte piuttosto importante di insicurezza, quando non di incidenti: il 46% circa degli italiani negli ultimi tre mesi ha adottato in casa un comportamento che avrebbe potuto avere conseguenze molto negative, e il 32% di questi è stata molto vicino a pericoli gravi, daterminati dal lasciare il ferro da stiro acceso, dallo scordare le pentole sul fuoco, o dal lasciare il gas aperto.

Si capisce allora perchè l’incubo degli italiani è quindi quello del far da sè, che è riconosciuto come una fonte di pericolosità molto elevata, ma che attrae sempre più persone.

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E per l’immobile nel suo insieme? Su questo piano gli italiani mostrano di avere una cultura ancora in costruzione. Per avere un fabbricato sicuro sarebbero effettivamente disposti a pagare in prima persona, ma, come si diceva poc’anzi, non perchè si sentano responsabili: pagare va bene, purchè siano altri ad avere l’onere di scegliere gli interventi da fare e del loro controllo.

1.3. Una politica orizzontale e condivisa

Sulla base delle considerazioni e delle analisi svolte fin qui ci si chiede allora quali linee politiche siano importanti per accompagnare la popolazione verso soglie più mature e condivise di sicurezza domestica.

Un primo passo in avanti va compiuto proprio sul piano dell’individuazione di una funzione sociale innovativa per la sicurezza. La sicurezza dovrebbe, infatti, essere considerata come un elemento trasversale a tutte le aree in cui si articola il sistema del benessere sociale ed economico. In altre parole può diventare il nuovo medium di collegamento fra la qualità della vita personale, del lavoro, del post-lavoro, e dell’ambiente, una sorta di nuovo medium su cui ricostruire un welfare davvero innovato e proiettato al futuro.

Ma se alla sicurezza si vuole affidare questo ruolo di vettore orizzontale di innovazione del sistema socio-economico, si deve governare con logiche, con contenuti e con formati altrettanto orizzontali.

Le logiche devono fare i conti con il gap esistente fra cultura attesa ed esistente di sicurezza, non dando per scontato che il progresso del sistema normativo abbia portato di per sè ad un aumento della seconda. Certamente, senza l’insieme delle leggi di cui il paese si è dotato negli anni ‘90, gli effetti negativi dell’insicurezza sarebbero stati molto più gravi, ma queste norme non hanno ancora portato alla definizione di una cultura condivisa, che invece va costruita con scelte coerenti e mirate. Non basta, per essere chiari, che la casalinga eviti di salire su scale traballanti: serve che quelle scale non vengano più messe in commercio e che chi ne produce di diverse, tenendo conto degli standard di sicurezza, sia adeguatamente riconoscibile sul mercato.

I contenuti delle politiche necessarie per accompagnare la sicurezza verso soglie più mature e condivise di ruolo passano per tre ordini di interventi.

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Il primo riguarda la qualità degli immobili, che certamente, negli ultimi anni ha subito un adeguamento in positivo, per via dell’applicazione e della cogenza di normative riguardanti soprattutto la messa a norma degli impianti principali, ma che a tutt’oggi non è esente da rischi e da fenomeni di criticità. Sotto questo profilo, le aree scoperte sembrano soprattutto tre:

- l’introduzione di un percorso di certificazione di qualità degli edifici abitati che possa costiture, ad esempio, un criterio necessario per la loro valutazione di mercato e gli eventuali passagi di proprietà;

- l’istituzione di un documento dinamico della casa, che fornisca cioè una valutazione del rischio ex-ante e degli interventi sostenuti ex-post per la sua manutenzione e/o ristrutturazione;

- la definizione di percorsi di incentivazione fiscale per le spese sostenute a favore della sicurezza domestica.

Una seconda linea di politiche deve essere diretta a migliorare la qualità dei prodotti che entrano nelle case e che spesso, ancora oggi, sono privi delle più elementari caratteristiche di sicurezza. Da questo punto di vista, ci sono alcuni fattori che appesantiscono questa situazione: dal fenomeno in crescita delle contraffazioni, all’aumento di importazioni di oggetti a basso costo che non rispettano le normative sulla sicurezza, alla mancanza di informazioni sul potenziale tossico o inquinante di certi materiali. Certamente, molto è stato ed è fatto, ma non basta. Il fare di più passa per almeno due direttrici di impegno:

- rendere più diffusi i flussi di informazione sulla qualità dei prodotti e sui livelli di manipolazione degli stessi marchi di qualità;

- promuovere e definire percorsi di maggiore responsabilizzazione sociale delle imprese sul piano della sicurezza interna e di quella dei prodotti che scaricano sul mercato, visto che gli italiani sono disposti a premiare aziende che adottano sistemi produttivi non nocivi per l’ambiente, per la salute dei dipendenti e dei consumatori.

Un terzo filone di politiche e di interventi riguarda la cultura della sicurezza che in relazione alla casa ha fatto passi in avanti, ma continua a caricarsi di elementi critici. La consapevolezza sui pericoli e i rischi domestici e lo stesso attaccamento degli italiani alla loro casa da soli non bastano a cambiare le loro abitudini e il loro rapporto con la prevenzione. Il problema non risiede solo nell’intensificazione dei ritmi di lavoro, ma nel fatto che la casa si svuota progressivamente dei soggetti tradizionali, soprattutto femminili, che l’hanno

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sempre popolata, per impegni occupazionali o per altre attività, e, se non rimane vuota, si riempie di soggetti nuovi – dalle colf a tempo, al personale di cura, agli affittuari di stanze – che hanno con la casa un rapporto estraneo e distante. Per questo insieme di ragioni e per la difficoltà esplicita degli italiani a razionalizzare il tema della sicurezza come una loro priorità srebbe importante disporre di interventi mirati a:

- sensibilizzare diffusamente la popolazione sulla sicurezza domestica intesa come obiettivo sociale e di benessere collettivo, attraverso campagne di informazione e strumenti di formazione;

- creare figure trasversali esperte di sicurezza indoor che possano fungere da terziario informato non solo per le singole famiglie, ma per gli stessi professionisti tecnici chiamati ad operare in casa;

- diversificare i percorsi assicurativi allargando la platea di soggetti assicurabili e puntando all’allegerimento dell’eventuale premio in presenza di standard di qualità dell’immobile e/o della casa in questione.

Un ultimo aspetto, ma non meno importante, riguarda i soggetti che possono concretamente farsi carico della individuazione della sicurezza come valore collettivo. Anche in questo caso si pensa ad un formato che sia il più possibile corrispondente alla logica di orizzontalità già richiamata.

I soggetti chiamati in causa sono molteplici, pubblici e privati, e non potrebbe che essere così, vista la spalmatura che la sicurezza ha sui tanti aspetti della vita sociale e personale.

Nel caso debbano risolvere problemi tecnici che riguardano la loro casa il 67% circa degli italiani non esita a rivolgersi a professionisti specializzati come i periti industriali. I periti, inoltre, sono gli operatori a cui il 25% degli italiani si rivolgererebbe anche per esprimere una valutazione sugli interventi che sarebbero necessari per garantire loro il buono stato del loro immobile. D’altra parte, quella dei periti industriali è una categoria professionale molto vicina da decenni al fabbisogno sociale di tecnicalità: la loro presenza capillare sul territorio e la loro capacità di interagire in modo immediato con il bisogno del cliente, dando risposte qualificate e complete, rappresenta un biglietto da visita più che valido e vincente per partecipare ad una gestione orizzontale della sicurezza. Ciò che serve, sul piano tecnico, infatti, non sono solo progetti e proposte, ma la capacità di entrare in relazione immediata con la domanda di sicurezza e di dare a questa risposte concrete, sapienti e di lunga durata.

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Non è pensabile forse che si debba creare una struttura verticale di gestione della sicurezza, ma piuttosto un circuito a cui potrebbero partecipare tutti i soggetti interessati e chiamati a responsabilità: dai Ministeri competenti, alle aziende pubbliche che già operano nel settore, alle associazioni sociali e professionali, alle imprese private e ai loro soggetti di rappresentanza, agli Enti Locali, alle stesse Regioni e, naturalmente ai Consigli Nazionali delle professioni tecniche. Servirebbe cioè un coordinamento a dimensione nazionale che potesse funzionare da luogo di sintesi decisionale per la definizione degli interventi e delle politiche necessarie e che dovrebbe collegare questi interventi, quando possibile, alla dimensione territoriale.

Non è altrettanto pensabile che un organismo del genere possa funzionare senza un ruolo di coordinamento e di orchestrazione generale, benchè non spetti a questo rapporto il compito di indicare chi possa svolgerlo. Certamente, tutti i soggetti che potrebbero potenzialmente farvi parte e che sono stati direttamente sentiti nel corso del lavoro si sono espressi a favore dell’ipotesi di costituire questa sorta di Camera della sicurezza. Certamente, spetta al Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati il merito di aver individuato per primo la rilevanza del tema, nonchè la responsabilità di tradurre in comportamenti politicamente rilevanti la fiducia e le attese che gli italiani ripongono nei suoi iscritti.

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2.

PARTE GENERALE: IL VALORE DELLA SICUREZZA

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2.1. La cultura della sicurezza tra dovere e responsabilità

2.1.1. La sicurezza come “bene da produrre”

La sicurezza è un bene fondamentale di tutti i cittadini. Essa si riferisce a quell’insieme di condizioni materiali, di percezioni e di rappresentazioni individuali e collettive che consentono ad un soggetto o a un gruppo di avere la convinzione di essere in grado di fronteggiare eventi che potenzialmente si presentano come una minaccia.

In tal senso, la sicurezza prefigura una condizione di ordine, intesa a proteggere l’individuo da situazioni di rischio o di aggressioni alla sua persona, a quella di coloro che gli sono più prossimi, ai suoi beni o, più in generale, al suo modo di vivere.

La rinuncia, che ne consegue, ad una parte di libertà, la quale pretenderebbe di non avere vincoli ed imposizioni dall’esterno alla piena soddisfazione dei propri bisogni e desideri, finisce, pertanto, per essere propedeutica all’esercizio stesso della libertà: chi è sicuro, infatti, si sente libero e lo è anche in quanto al sicuro, cioè al riparo da pericoli. Da questo punto di vista, la percezione della sicurezza è, altresì, strettamente connessa ad un atteggiamento di fiducia – interpersonale, sociale ed istituzionale – che costituisce una condizione essenziale della socialità.

All’apertura del nuovo millennio, la società post-moderna appare, tuttavia, compressa tra due fenomeni uguali (per intensità) e contrari (per effetti): da un lato, la globalizzazione dei mercati, la loro crescente liberalizzazione e la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e di informazione, che ha prodotto omologazione degli stili di vita, oltre che dei consumi, e messo in moto tutta una serie di relazioni e di attività umane produttrici di interdipendenza tra società, culture, popolazioni. Dall’altro, l’affiorare di una società individualizzata, concentrata, pertanto, sui bisogni, sui vissuti e sulle risposte individuali. Due realtà solo apparentemente contraddittorie.

La globalizzazione, infatti, attiva processi dotati di moto proprio, spesso spontanei e imprevedibili, così come privi di controllo. Processi che incidono sulle condizioni di vita degli individui, talvolta senza che questi possano

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determinarli o influire su di essi, e che, dunque, li espongono di fatto all’insicurezza endemica della loro posizione e all’incertezza delle loro azioni.

Le politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro, dirette allo sviluppo della flessibilità e che portano alla perdita del posto fisso; le conseguenze di tale precarietà del lavoro che, non essendo questo più espressione di rapporti sociali collettivi duraturi, incidono sulla possibilità di costruire una famiglia e di garantirne la continuità; la riforma senza fine del Welfare State, che mette in discussione diritti antichi come quello alla pensione; l’irrompere di profonde differenze culturali e antropologiche provenienti dal sud del mondo, che pone questioni di notevole impatto sul piano delle relazioni interpersonali, sia su quello delle relazioni socio-politiche; la commercializzazione di prodotti alimentari geneticamente modificati; i pericoli ambientali e la crisi degli eco-sistemi naturali, i rischi tecnologici e politico-militari. Sono, questi, solo alcuni dei fattori che contribuiscono ad alimentare, oggigiorno, la sensazione di sgomento e di insicurezza dell’uomo occidentale. E che, di fatto, cambiano lo stesso significato del termine sicurezza, che non ha più a che fare semplicemente con la difesa della propria incolumità, bensì con la possibilità e la capacità di individuare un orizzonte di senso.

D’altro canto, la dimensione sociale dell’incertezza innesca e alimenta l’individualizzazione della società, in cui le contraddizioni sistemiche, pur essendo prodotti sociali, sono vissute ed affrontate sul piano individuale, quali esperienze per lo più private, cui i singoli devono far fronte per lo più da soli. Quasi come se l’assenza di garanzie di sicurezza per la propria persona, la diffidenza circa ciò che può riservare il futuro e, peggio, la carenza di fiducia nel prossimo e nelle istituzioni, costituiscano un impedimento alla volontà di assumersi i rischi dell’azione collettiva. E, conseguentemente, rendano tutti personalmente responsabili del futuro, almeno nel proprio piccolo.

Se è questo, pertanto, lo scenario della società contemporanea, la sicurezza non è più, da tempo, semplicemente un bene da tutelare, bensì un bene da produrre, agendo, nella vita quotidiana dei cittadini, sulle modalità con cui si costruisce il senso di sicurezza nelle loro reti di relazione. In concreto, attivando risposte che si traducano nella reale possibilità di disporre, davanti ad un bisogno, di un servizio che offra e garantisca protezione e riparo.

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2.1.2. Il “dovere” sicurezza

L’esigenza di sentirsi sicuri emerge con forza dall’indagine svolta dal Censis ad inizio anno: il 56,6% degli intervistati, ai quali è stato chiesto di indicare che cosa rappresenti per loro la sicurezza, ha risposto, infatti, che la sicurezza rappresenta un dovere (tab. 1 e fig. 1). Non semplicemente un obiettivo da raggiungere (19,7%) o un investimento per il proprio futuro (11,3%), bensì un obbligo, cui si è tenuti per soddisfare il bisogno individuale e sociale di un’esistenza quanto più immune da rischi, se non addirittura il bisogno naturale alla sopravvivenza.

Questo vale soprattutto per le donne (lo afferma il 60,6% contro il 52,4% degli uomini), la cui maggiore vulnerabilità, intesa come maggiore esposizione al rischio (a trovare un lavoro stabile, a conciliarlo con le esigenze della famiglia senza rischiare di perderlo, a confrontarsi con l’impegno del lavoro domestico) deriva da condizioni di oggettiva difficoltà che impediscono loro di adattarsi al meglio all’ambiente esterno, ai suoi ritmi, alla sua organizzazione complessiva.

E vale soprattutto, altresì, per i giovani adulti, di età compresa tra i 30 e i 44 anni, i quali, più degli altri, sperimentano per esempio, le conseguenze della precarizzazione del lavoro, nonché della nuova configurazione del sistema socio-economico. Problemi, questi, che innescano la paura di essere costretti a rinunciare all’esercizio di saperi acquisiti e a conoscenze accumulate affinché il lavoro sia non solo un mezzo per guadagnarsi di che vivere, ma un luogo di realizzazione di interessi, progetti e desideri individuali. Con tutto ciò che ne consegue sul piano dei rapporti sociali, famigliari, di convivenza civile. Non è un caso, peraltro, che per loro, così come per i più giovani, la sicurezza, oltre che un dovere (come afferma il 60% dei soggetti della classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni e il 53,6% dei soggetti della classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni) è un obiettivo (rispettivamente per il 19,1% e il 21,5%), rappresenti un investimento per il futuro (13,7% e 12,2%).

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Al contrario, per le persone di età più avanzata, compresa tra i 45 e i 64 anni, pur essendo innanzitutto un dovere (55,5%) e un obiettivo (19,1%), la sicurezza rappresenta un costo (lo afferma l’11% contro il 6,6% dei più giovani e il 4,3% degli adulti). Il che trova abbastanza d’accordo casalinghe (11,3%), pensionati (12,2%) e studenti (10,2%), piuttosto che, per esempio, le persone che possono contare su un’occupazione (4,3%) (tab. 2). Segno, questo, che il fatto di essere attrezzati sul piano economico e psicologico, se non fosse altro che per un fatto anagrafico costituisce un veicolo di sicurezza, nella misura in cui consente di sopportare più agilmente i costi (economici, ma anche emotivi), in termini di accesso ai servizi e ai sistemi di prevenzione e di tutela della sicurezza, necessari a fronteggiare le eventuali minacce alla propria persona.

In ogni caso, indipendentemente dal tipo di condizione professionale, resta acquisito il dato secondo cui la sicurezza è innanzitutto un dovere, essendo questa esigenza indicata come prioritaria dalle stesse casalinghe (60,5%) e dai pensionati (50,4%), allo stesso modo di chi può contare su un’occupazione (58,0%) o da chi non può contarci, come studenti e disoccupati (54,4%).

La disaggregazione dei dati per ripartizione geografica non fa emergere indicazioni diverse da quelle emerse sul piano generale, nel senso che dal nord al centro, al sud non cambia l’ordine di priorità delle rappresentazioni personali della sicurezza, che è innanzitutto un dovere, sia pure più sentito nel sud e nelle isole (lo affermano il 61,7% degli intervistati), dove si ha a che fare con realtà storicamente meno attrezzate ad affrontare le trasformazioni di una società globale e globalizzata, piuttosto che al centro (57,4%) o al nord (53,6% nelle regioni nord-occidentali e 52% in quelle nord-orientali).

Fig. 1 - La rappresentazione della sicurezza per età (val.%)

53,6 60,0 55,5 56,6

21,519,1

19,1 19,7

12,213,7

8,8 11,3

6,64,3

11,0 7,66,1 2,9 5,6 4,8

18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale

un'illusione

un costo

un investimento

un obiettivo

un dovere

Fonte: indagine Censis, 2004

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Se il bisogno di sicurezza si configura, nella società attuale, come un dovere il quale comporta, in definitiva, la responsabilità, oltre che sociale ed istituzionale, soprattutto individuale di dover fronteggiare situazioni (potenzialmente e realmente) rischiose, tale responsabilità risulta tanto più sentita quanto più si tratta di dimensioni della vita umana di cui si pensa di poter avere il controllo. In questo senso, ci si sente completamente responsabili della propria salute e sicurezza personale (72,9%), della propria abitazione (64,7%), nonché, sia pur in misura minore (32,5%), del proprio luogo di lavoro. Mentre ci si sente solo in parte responsabili, per esempio, della tutela dell’ambiente locale (35,9%) o degli edifici pubblici e privati (40,5%), la cui vivibilità, nel primo caso, o funzionalità, nel secondo, deve essere garantita prevalentemente dalla collettività nel suo insieme e, ancor di più, dalle istituzioni, cui spetta il compito di assicurare una condizione di ordine, in cui la vita dei cittadini non sia disturbata né messa in pericolo da fenomeni di devianza o di degrado (tab. 3 e fig. 2).

Fig. 2 - La responsabilità di ciascun individuo sulla sicurezza dei diversi aspetti (val.%)

72,964,7

32,5 27,915,9

19,222,3

23,4 28,3

22,4

7,09,9

26,335,9

40,5

3,117,9

7,921,2

0,9

Salute/sicurezzapersonale

Abitazione privata Il proprio luogo dilavoro

Tutela dell’ambientelocale

Edifici pubblici eprivati

Per nulla

Solo in parte

Prevalentemente

Completamente

Fonte : Indagine Censis, 2004

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Quanto alle differenze di genere, se le donne si sentono completamente più responsabili degli uomini a proposito della salute e della sicurezza personale (73% contro 72,6%), gli uomini lo si sentono di più in relazione alla loro abitazione privata (65% contro 64,4%). Tuttavia, ciò che rileva non sono tanto i margini (minimi) di distacco tra i valori riportati al riguardo, quanto piuttosto il fatto che, per entrambi i sessi, la responsabilità è massima quando si tratta di provvedere alla tutela della propria salute e alla sicurezza della propria casa. Per quanto, in realtà, spetti allo Stato, se non altro, precostituire le condizioni (se non proprio i mezzi) affinché poi gli individui abbiano l’effettiva possibilità di farlo, soprattutto per quanto riguarda la salute.

Un discorso a parte merita la considerazione del grado di coinvolgimento in termini di responsabilità relativamente al luogo di lavoro, in cui emerge chiaramente la percezione di sostanziale precarietà da parte delle donne circa la loro posizione. Solo il 27,3%, contro il 37,4% degli uomini, infatti, si è espresso nel senso di una completa responsabilità riguardo al proprio luogo di lavoro, dove evidentemente, nonostante i traguardi raggiunti dalle donne e l’importanza del loro apporto in termini di competenze e di capacità, risultano ancora diffuse situazioni di disuguaglianza (quanto a effettiva valorizzazione e, dunque, a sicurezza) rispetto ai colleghi maschi.

Sempre in merito al luogo di lavoro, il senso di responsabilità viene avvertito in misura maggiore nella popolazione di età media (37% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, contro il 31,3% rilevato in corrispondenza della classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni e il 29,1% relativo alla classe di età compresa tra i 45 e i 64 anni), la quale risulta la più sensibile anche per ciò che riguarda la piena responsabilità personale del livello di sicurezza della propria abitazione privata (66,4% contro il 60,1% dei più giovani e il 65,8% dei più anziani). Al contrario, non si rilevano apprezzabili differenze, quanto alle diverse classi di età, in merito alla assunzione di responsabilità circa la propria salute che, in ogni caso, costituisce in assoluto la dimensione della vita umana rispetto alla quale gli individui si sentono più responsabili (tab. 4).

Sicurezza personale e sicurezza domestica risultano, altresì, i due aspetti su cui si concentra la massima responsabilità degli individui rappresentati dal nostro campione, quale che sia la loro provenienza geografica. Con l’unica differenza che, mentre al centro e al sud e nelle isole, risulta prevalere la responsabilità per la sicurezza personale (rispettivamente 80,1% e 79,5%), nelle regioni settentrionali (66,6% al nord-ovest e 70,4% al nord-est) risulta prevalere quella per l’abitazione privata. Al contrario, appare marcato il divario tra le diverse aree geografiche quanto all’intensità con cui si percepisce la responsabilità

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personale rispetto agli altri contesti. A proposito del luogo di lavoro, per esempio, al nord ci si sente completamente più responsabili (come si evince dalle risposte al riguardo, rispettivamente del 40,2%, nel nord-ovest, e del 33,3% nel nord-est) rispetto al sud (28,1%9 o al centro (26,2%), dove, infatti, la maggioranza degli intervistati ha dichiarato di sentirsi responsabile solo in parte (34,6%). Analoghe considerazioni si possono fare in merito alla tutela dell’ambiente locale, e a quella degli edifici pubblici e privati, dove la gran parte degli intervistati del nord-est, del centro e del sud e delle isole (con punte superiori al 50% nel caso delle regioni dell’Italia centrale) si sente solo in parte responsabile del livello di sicurezza, quando, al contrario, nel nord-ovest ci si sente completamente responsabili (tab. 5 e fig. 3).

Fig. 3 - Italiani che si considerano completamente responsabili dei diversi aspetti della sicurezza, per area geografica (val.%)

80,1

10,8

26,2

79,5

25,6 28,1

68,5

32,0 33,3

63,1

39,3 40,2

Salute/sicurezza personale Ambiente locale Luogo di lavoro

centro sud

nord est nord ovest

Fonte : Indagine Censis, 2004

In definitiva, la preoccupazione di un futuro precario sembrerebbe indurre a cercare sbocchi tangibili, facendo convergere in concreto sui problemi della sicurezza di dimensioni e luoghi (innanzitutto il corpo e la casa) che sono alla nostra portata. I quali diventano, pertanto, dei luoghi-rifugio in cui difendere la propria intimità e la propria privacy dalle minacce nei confronti delle sempre più limitate fonti di stabilità e di certezza.

L’abitazione privata, in particolare, finisce per assumere i contorni della casa protettrice, ossia il luogo chiuso che tendenzialmente isola, anche e soprattutto fisicamente (si pensi al ricorso sempre maggiore ai dispositivi di allarme o a

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quelli salva-vita, alle inferriate alle finestre, ecc.) da un ambiente, per molti versi, ostile. Il che, peraltro, è vero, in special modo, quando si ha a che fare con la responsabilità personale della sicurezza anche dei propri familiari (come dichiara il 71,2% degli intervistati), per i quali, in ogni caso, ci si sente sempre responsabili quale che sia l’ambito di vita considerato; si tratti, in ordine descrescente, della salute (70,4%), della tutela dell’ambiente locale (62,4%), del luogo di lavoro (44,2%) o della sicurezza degli edifici pubblici e privati (43,1%). Rispetto alle persone che, invece, fanno parte della cerchia dei conoscenti (amici, colleghi, vicini di casa) ci si sente responsabili, sia pur in misura minore, quando si ha a che fare, come si è detto, con la propria abitazione (44,6%) o con la salute (41,5%), con la tutela dell’ambiente locale (41,1%), ma non con il patrimonio edilizio e il lavoro (solo una minoranza, rispettivamente del 29,9% e del 29,7% si è espressa in tal senso a favore) (tab. 6 e fig. 4).

Fig. 4 - Italiani che si sentono responsabili anche per gli altri (val. %)

62,4

43,1

71,2

44,2

70,4

41,1

29,9

44,6

29,7

41,5

Tutela dell’ambiente locale Edifici pubblici e privati Abitazione privata Il proprio luogo di lavoro Salute/sicurezza personale

Famigliari Altre persone (vicini di casa, amici, collaboratori, colleghi, …)

Fonte : Indagine Censis, 2004

Queste considerazioni non possono essere estese, tuttavia, in maniera indistinta a tutto il territorio nazionale. Quanto alla responsabilità personale della sicurezza dei propri familiari, l’analisi dei dati disaggregati per ripartizione geografica pone in evidenza che, a differenza del nord, dove ci si dichiara, in ogni caso, responsabili, al centro e nel sud e le isole, laddove questa volontà c’è (nel caso degli ambiti lavorativo ed edilizio, infatti, la maggioranza degli intervistati non si pone neppure il problema), viene sentita generalmente in misura minore rispetto al nord (tab. 7). Qui, peraltro, risulta particolarmente significativa l’importanza attribuita alla responsabilità personale della sicurezza altrui nell’ambito della tutela dell’ambiente locale (al secondo posto, subito

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dopo quella all’interno dell’abitazione privata); ambito, che si configura perfino, come quello prioritario nel caso della sicurezza di conoscenti e amici.

Un risultato, questo, rilevato altresì in merito alla responsabilità della sicurezza degli altri soggetti nel proprio luogo di lavoro e rispetto agli edifici pubblici e privati: anche in questi casi (al sud, perfino in quello della salute e della sicurezza personale), infatti, le altre ripartizioni geografiche hanno negato di sentirsi responsabili personalmente della sicurezza di persone che non siano loro stessi o i loro più diretti familiari.

La spiegazione di questo diverso approccio tra nord e centro-sud e, in alcuni casi specifici, tra nord-ovest e il resto del territorio nazionale, è riconducibile in parte, ancora una volta, alle dinamiche di maggiore o minore individualizzazione della società attuale, per cui al centro e al sud, dove tradizionalmente si vive in maniera più forte il legame familiare e, in generale, quello con la comunità, il problema della responsabilità non è tanto un problema di responsabilità personale, quanto di responsabilità condivisa. Ma è, altresì, riconducibile, per certi versi, al fatto che, in questi territori, c’è una maggiore prossimità al rischio, al punto tale da avvertirlo con minore intensità o comunque con la consapevolezza di saperlo in qualche modo gestire. Il che spiega anche perché nel nord-est, dove in tempi recenti il rischio sta diventando sempre più parte della quotidianità, le posizioni espresse dagli italiani siano più vicine a quelle del centro o del sud e le isole, piuttosto che del nord-ovest. Qui, essendo tradizionalmente prevalso finora un contesto socio-economico e culturale più tranquillo e tutelante delle posizioni individuali, oltre che essendo meno avvertito il legame con la comunità, il fatto di trovarsi, quasi all’improvviso esposti ai pericoli della società contemporanea, fa sentire, come è naturale, in modo più forte la responsabilità personale della sicurezza dei propri familiari e, in generale, delle persone più vicine.

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Tab. 1 – La rappresentazione personale della sicurezza, per sesso ed età (val. %) Sesso Età Totale La sicurezza è: Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Un dovere 52,4 60,6 53,6 60,0 55,5 56,6 Un obiettivo 19,7 19,7 21,5 19,1 19,1 19,7 Un investimento 14,1 8,7 12,2 13,7 8,8 11,3 Un costo 8,2 7,0 6,6 4,3 11,0 7,6 Un'illusione 5,6 4,0 6,1 2,9 5,6 4,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 2 – La rappresentazione personale della sicurezza, per condizione professionale e area geografica (val. %) Condizione professionale Ripartizione geografica Totale La sicurezza è: Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole

Un dovere 60,5 50,4 54,4 58,0 53,6 52,0 57,4 61,7 56,6 Un obiettivo 13,7 24,4 19,7 20,1 24,2 19,1 20,0 16,1 19,7 Un investimento 5,6 8,9 11,0 13,8 8,8 15,1 14,0 9,6 11,3 Un costo 11,3 12,2 10,2 4,3 7,4 7,2 5,3 9,2 7,6 Un'illusione 8,9 4,1 4,7 3,8 6,0 6,6 3,3 3,4 4,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 25: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 3 – La responsabilità personale in tema di sicurezza, sui diversi aspetti, per sesso (val. %)

Sesso Quanto si sente responsabile della sicurezza dei seguenti aspetti? Maschio Femmina Totale Salute/sicurezza personale Completamente 72,6 73,0 72,9 Prevalentemente 19,3 19,1 19,2 Solo in parte 7,0 7,1 7,0 Per nulla 1,1 0,8 0,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Completamente 65,0 64,4 64,7 Prevalentemente 21,4 23,1 22,3 Solo in parte 9,6 10,2 9,9 Per nulla 4,0 2,3 3,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Completamente 37,4 27,3 32,5 Prevalentemente 23,7 23,1 23,4 Solo in parte 25,4 27,0 26,2 Per nulla 13,5 22,6 17,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Completamente 27,9 27,8 27,9 Prevalentemente 29,0 27,6 28,3 Solo in parte 35,7 36,2 35,9 Per nulla 7,4 8,4 7,9 Totale 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Completamente 18,5 13,3 15,9 Prevalentemente 21,5 23,3 22,4 Solo in parte 42,3 38,8 40,5 Per nulla 17,7 24,6 21,2 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 26: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 4 – La responsabilità personale in tema di sicurezza sui diversi aspetti, per età (val. %)

Età Quanto si sente responsabile della sicurezza dei seguenti aspetti? 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Salute/sicurezza personale Completamente 73,7 72,4 72,7 72,9 Prevalentemente 18,5 20,7 18,3 19,2 Solo in parte 6,7 6,2 8,0 7,0 Per nulla 1,1 0,7 1,0 0,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Completamente 60,1 66,4 65,8 64,7 Prevalentemente 24,7 22,4 20,8 22,3 Solo in parte 12,4 7,6 10,5 9,9 Per nulla 2,8 3,6 2,9 3,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Completamente 31,3 37,0 29,1 32,5 Prevalentemente 24,5 27,2 19,3 23,4 Solo in parte 28,2 24,4 26,5 26,2 Per nulla 16,0 11,4 25,1 17,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Completamente 26,8 27,3 29,0 27,9 Prevalentemente 34,1 29,1 24,2 28,3 Solo in parte 29,6 37,1 38,5 35,9 Per nulla 9,5 6,5 8,3 7,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Completamente 15,9 15,0 16,6 15,9 Prevalentemente 26,1 22,3 20,4 22,4 Solo in parte 37,5 40,8 41,9 40,5 Per nulla 20,5 21,9 21,1 21,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 27: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 5 - La responsabilità personale in tema di sicurezza, sui diversi aspetti, per area geografica (val. %) Ripartizione geografica Quanto si sente responsabile della sicurezza dei seguenti aspetti?

Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale

Salute/sicurezza personale Completamente 63,1 68,5 80,1 79,5 72,9 Prevalentemente 28,0 13,8 15,8 16,9 19,2 Solo in parte 8,4 15,1 4,1 2,8 7,0 Per nulla 0,5 2,6 0,8 0,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Completamente 66,6 70,4 62,4 61,1 64,7 Prevalentemente 21,8 13,8 25,3 26,0 22,3 Solo in parte 9,7 12,5 8,2 9,4 9,9 Per nulla 1,9 3,3 4,1 3,5 3,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Completamente 40,2 33,3 26,2 28,1 32,5 Prevalentemente 29,2 18,0 19,2 24,1 23,4 Solo in parte 22,5 30,0 34,6 21,7 26,2 Per nulla 8,1 18,7 20,0 26,1 17,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Completamente 39,3 32,0 10,8 25,6 27,9 Prevalentemente 30,6 19,6 31,8 29,5 28,3 Solo in parte 25,0 38,6 50,6 35,1 35,9 Per nulla 5,1 9,8 6,8 9,8 7,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Completamente 28,0 16,3 6,2 11,1 15,9 Prevalentemente 30,8 20,3 11,6 22,9 22,4 Solo in parte 29,4 39,2 55,5 41,9 40,5 Per nulla 11,8 24,2 26,7 24,1 21,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 28: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 6 - Aspetti della sicurezza dei quali gli italiani si sentono responsabili anche per altri soggetti (val. %)

Familiari Altre persone (vicini di casa, amici,

collaboratori, colleghi, …) Si sente responsabile della sicurezza di:

Si No Non pertinente

Totale Si No Non pertinente

Totale

Abitazione privata 71,2 20,8 8,0 100,0 44,6 38,0 17,4 100,0 Salute/sicurezza personale 70,4 23,1 6,5 100,0 41,5 40,2 18,3 100,0 Tutela dell’ambiente locale 62,4 27,1 10,5 100,0 41,1 41,5 17,4 100,0 Il primo luogo di lavoro 44,2 37,4 18,4 100,0 29,7 47,4 22,9 100,0 Edifici pubblici e privati 43,1 42,3 14,6 100,0 29,9 50,8 19,3 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 29: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 7 - Aspetti della sicurezza dei quali gli italiani si sentono responsabili anche dei loro familiari o di altri soggetti, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole

Totale

Responsabilità rispetto ai propri familiari Abitazione privata 81,5 74,5 64,7 64,8 71,2 Salute/sicurezza personale 78,7 69,3 75,1 61,8 70,4 Tutela dell'ambiente locale 79,6 68,0 47,0 53,9 62,4 Il proprio luogo di lavoro 63,9 57,5 32,0 27,7 44,2 Edifici pubblici e privati 67,6 53,0 26,8 27,0 43,1 Responsabilità rispetto ad altri soggetti Abitazione privata 48,6 47,0 33,3 46,5 44,6 Salute/sicurezza personale 50,5 39,2 34,7 39,7 41,5 Tutela dell'ambiente locale 59,3 37,3 24,2 38,2 41,1 Edifici pubblici e privati 47,7 33,3 13,7 22,8 29,9 Il proprio luogo di lavoro 45,4 38,6 18,3 18,4 29,7 Fonte: indagine Censis, 2004

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FONDAZIONE CENSIS

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2.2. La percezione della sicurezza

2.2.1. Il confronto tra presente e passato

La dimensione della sicurezza ha assunto una centralità crescente alla luce delle trasformazioni negli assetti sociali e dei mutamenti nei sistemi culturali della società occidentale. Ma viene ad acquisire una particolare valenza in relazione al modo in cui tali trasformazioni e mutamenti si riflettono nell’esperienza intima di ciascuno di noi.

Ne consegue che ciò che determina stati o sensazioni di sicurezza (o, di contro, di insicurezza) non sono solo e semplicemente i segnali che provengono da un ambiente di vita precario ed ostile, quanto, altresì, dalla percezione soggettiva che si ha di tali segnali. In tal senso, non fa meraviglia che, in tempi di rapido e profondo cambiamento, la popolazione giudichi sostanzialmente medio, se non addirittura basso, il livello di sicurezza della società attuale.

Si tratti della propria salute/sicurezza personale o di quella della propria casa, in merito alle quali, nonostante poco meno di un terzo del campione (il 29,9%, nel primo caso, e il 29,6%, nel secondo) lo consideri elevato, la maggioranza del 57,2% ha dichiarato, in entrambi i casi, di ritenere semplicemente medio il livello di sicurezza in tali ambiti. Si tratti, altresì, della sicurezza del luogo di lavoro, dove tale percentuale arriva fino al 62,2% o della sicurezza dei viaggi – aerei, stradali e ferroviari – dove, sommando le risposte indiscutibilmente negative di chi ha giudicato il livello di sicurezza basso, si arriva rispettivamente alle percentuali dell’81,4%, dell’86,7% e dell’87,3%. O si tratti, ancora, della sicurezza degli edifici pubblici o privati o dell’ambiente locale, dove la quasi totalità del campione (rispettivamente il 89,8% e il 90,6%) si è espresso per un giudizio medio-basso (tab. 8 e fig. 5).

Qualche considerazione interessante si può fare alla luce dei dati rilevati dall’incrocio con la variabile età, da cui risulta un sostanziale pessimismo circa il livello di sicurezza riguardo a molte dimensioni della vita umana soprattutto da parte delle persone più anziane in corrispondenza delle quali si rilevano le percentuali più alte tra coloro che reputano basso il livello di sicurezza e le più basse tra coloro che lo reputano elevato. Un risultato in qualche modo scontato se si considera, non solo la loro naturale propensione a percepirsi

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come più vulnerabili rispetto ai giovani, ma anche la fatica maggiore di chi appartiene alla vecchia generazione e che ha percorso tragitti di crescita verso l’età adulta in tempi più stabili, comprendere la rapida trasformazione della società contemporanea.

Fig. 5 - Il giudizio degli italiani sul livello di sicurezza di alcuni contesti di vita (val.%)

29,9

29,6

20,9

18,6

13,3

12,7

10,2

9,4

57,2

57,2

62,2

55,7

57,8

59,1

68,0

66,5

12,9

13,2

16,9

25,7

28,9

28,2

21,8

24,1

Salute/sicurezza personale

Abitazione privata

Il proprio luogo di lavoro

Viaggi aerei

Viaggi stradali

Viaggi ferroviari

Edifici pubblici e privati

Ambiente locale

Elevato Medio BassoF onte : Indagine Censis, 2004

Diversa, invece, la percezione dei più giovani: in particolare, tra quelli di età compresa tra i 18 e i 29 anni diminuisce, in riferimento a tutti gli item, il numero di chi considera basso il livello di sicurezza, anche se questo non significa necessariamente un aumento del numero di coloro che lo giudicano elevato (sicuramente non nel caso della tutela dell’ambiente locale, della sicurezza dell’abitazione privata, del proprio lavoro e dei viaggi ferroviari). Per quanto riguarda, invece, i soggetti intervistati di età compresa tra i 30 e i 44 anni, mentre in alcuni casi (salute e sicurezza personale, sicurezza degli edifici pubblici e privati, abitazione privata, viaggi aerei, stradali e ferroviari) l’aumento di chi si pronuncia per un elevato livello di sicurezza si accompagna ad una diminuzione di chi esprime un giudizio negativo, ritenendo tale livello di sicurezza basso, in altri (tutela dell’ambiente locale e luogo di lavoro) si registra un contemporaneo aumento di entrambe le categorie.

Anche la condizione professionale influisce sul modo di percepire il livello di sicurezza dei diversi contesti in cui si svolge la vita di un individuo: da questo punto di vista, sono gli occupati ad esibire il più alto grado di ottimismo, considerato il fatto che è solo riguardo a loro che è possibile registrare, in

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corrispondenza di ciascun contesto di vita elencato, un aumento percentuale (considerevole, in particolare, nel caso della sicurezza del proprio luogo di lavoro, dove si arriva alla percentuale del 27,8% di coloro che reputano tale livello elevato) rispetto ai dati rilevati sul piano generale. Le casalinghe e i pensionati, invece, risultano essere i più pessimisti, come si evince dall’aumento consistente, in tutti i casi considerati, di chi ha fornito, in riferimento al livello di sicurezza, la risposta “basso” (tab. 9).

Quanto ai dati relativi alla provenienza geografica del campione, emerge con tutta evidenza un frattura tra il nord e, per certi versi, il sud, da un lato, e il centro, dall’altro (tab. 10). Nelle regioni settentrionali, infatti, il numero percentuale di coloro che ritengono basso il livello di sicurezza della società attuale diminuisce, rispetto ai dati rilevati sul piano generale, in corrispondenza di ciascun item, con la sola eccezione, nel nord-est, per quanto riguarda la salute e la sicurezza personale, dove, in ogni caso, il discreto aumento (dal 12,9% al 16,8%) di chi esprime un giudizio sostanzialmente negativo viene compensato da un considerevole aumento (dal 29,9% al 35,6%) di chi considera elevato il livello di sicurezza in tale ambito. E aumenta (fatta eccezione, tuttavia, per i viaggi aerei), almeno per quanto riguarda l’Italia nord-orientale, il numero di coloro che giudica elevato il grado di sicurezza: in particolare, le percentuali di coloro che si sono espressi in tal senso arrivano addirittura al 40,4% nel caso dell’abitazione privata, al 35,6% in quello della salute e al 28,9% nel caso del luogo di lavoro (fig. 6).

Fig. 6 - Italiani che considerano basso il livello di sicurezza di alcuni contesti di vita, per area geografica (val.%)

8,3

15,7

11,27,9

10,7

16,8 17,2 16,113,2

2023,2

34,8

28,8

23,2

31,2

9,1

29,5

16,012,3

27,0

Salute/sicurezza personale Ambiente locale Luogo di lavoro Abitazione privata Patrimonio edilizio

nord ovest nord est centro sud

Fonte : Indagine Censis, 2004

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Anche al sud emergono alcuni segnali positivi, almeno nella misura in cui diminuisce il numero di coloro che si pronunciano nel senso di un livello di sicurezza basso (per esempio, nel caso della sicurezza della propria abitazione, dove, rispetto ai dati rilevati sul piano generale, si passa dal 13,2% al 12,3%, nel caso del luogo di lavoro, dove si passa dal 16,9% al 16%, nel caso della salute, dove si passa dal 12,9% al 9,1% e dei viaggi stradali, dove si passa dal 28,9% al 28,0%) e aumentano corrispondentemente quelli che si pronunciano nel senso di un livello di sicurezza elevato, che è quanto si rileva in merito alla sicurezza all’interno della mura domestiche (dal 29,6% al 33,2%), al proprio luogo di lavoro (dal 20,9% al 21,8%), alla salute (dal 29,9% al 39%) ai viaggi stradali (dal 13,3% al 20,6%).

Nell’Italia centrale, al contrario, la percezione e, conseguentemente il giudizio, circa il livello di sicurezza della società attuale, quale che siano le sue diverse dimensioni, assume connotati assolutamente negativi. Infatti, non solo, in corrispondenza di ogni item risulta più elevato che altrove (soprattutto per quanto riguarda la sicurezza dei viaggi) il numero di coloro che ritengono tale livello basso, ma diminuisce, altresì, in modo considerevole anche il numero di coloro che lo considera elevato.

La carenza di fiducia, innanzitutto sociale ed istituzionale, che di fatto affiora da queste risposte viene ribadita dalle opinioni espresse in merito a come è cambiato il livello di sicurezza negli ultimi cinque anni. Fatta eccezione, infatti, per gli ambiti della salute e della casa, che sono posti al centro dell’interesse e soprattutto della cura personale dei singoli, il cui livello di sicurezza si considera aumentato (lo afferma, in merito alla salute/sicurezza personale, il 52% e, in merito all’abitazione privata, il 50,8% degli intervistati), tutti gli altri contesti della vita umana, in cui, invece, la domanda di sicurezza avrebbe dovuto essere giuridicamente e concretamente soddisfatta dalle istituzioni, non sembrano essere stati attraversati da nessun tipo di progresso (tab. 11 e fig. 7).

Indipendentemente dal sesso, dall’età, dalla provenienza geografica e dalla posizione dei soggetti intervistati, esiste, infatti, una percezione diffusa che sia rimasto pressoché invariato il livello di sicurezza in ambito lavorativo (49,3%), quello dei viaggi aerei (45,6%) stradali (46,4%) e ferroviari (57,3%), del patrimonio edilizio (50,2%) e dell’ambiente locale (44,4%).

Questo giudizio vale per tutte le fasce di età considerate e indipendentemente dalla posizione sociale e professionale dei componenti del campione. Anche in questi casi, infatti, la percezione di un aumento del livello di sicurezza ruota innanzitutto intorno al benessere personale proprio e della propria casa, dal

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momento che negli altri contesti prevalgono le risposte di chi ritiene che il livello di sicurezza sia rimasto invariato. Anche da parte dei più giovani (di età compresa tra i 18 e i 29 anni) si riscontra la stessa tendenza, per quanto, in merito a loro, si registrano percentuali, in qualche caso, considerevolmente più consistenti di chi riconosce comunque un sostanziale progresso in determinati ambiti della vita umana: in tal senso, non può essere trascurato, per esempio, il fatto che ben il 39,1% dei più giovani (contro il 29,6% espresso da coloro che appartengono alla classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, e il 32,4% espresso da quelli che appartengono alla classe di età compresa tra i 45 e 64 anni) consideri aumentato il livello di sicurezza che scaturisce dalla tutela dell’ambiente locale, che il 38,1% (contro rispettivamente il 33,1% e il 30,7%) consideri aumentato il livello di sicurezza degli edifici pubblici e privati, o che il 38,6% (contro il 34,9% e il 33,8%) esprime questa valutazione in merito ai viaggi aerei.

Fig. 7 - Il giudizio degli italiani sull'evoluzione del livello di sicurezza di alcuni contesti di vita negli ultimi cinque anni (val.%)

16,1

22,7

16,6

19,5

19,1

9,5

7,4

11,1

57,3

44,4

50,2

46,4

45,6

49,3

41,8

36,9

26,6

32,9

33,2

34,1

35,3

41,2

50,8

52,0

Viaggi ferroviari

Ambiente locale

Edifici pubblici e privati

Viaggi stradali

Viaggi aerei

Il proprio luogo di lavoro

Abitazione privata

Salute/sicurezza personale

Diminuito Invariato AumentatoFonte : Indagine Censis, 2004

La disaggregazione dei dati per condizione professionale degli intervistati non fornisce risultati significativi rispetto alle considerazioni fatte sul piano generale, se non per l’unica eccezione, peraltro abbastanza scontata, relativa al fatto che la maggioranza degli occupati (46,1%) ha dichiarato che, negli ultimi cinque anni, oltre che essere aumentato il livello di sicurezza personale e domestica, è aumentato anche quello del proprio luogo di lavoro (tab. 12).

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Alcune differenze di opinione, sia pur minime, si possono invece cogliere considerando la provenienza geografica dei soggetti intervistati (tab. 13). E’ al sud che si rilevano i giudizi più critici. Qui, infatti, fatta eccezione per la salute/sicurezza personale (il cui livello di sicurezza è dato per aumentato dal 52,9%), per tutti gli altri ambiti della vita umana, ivi compreso quello relativo alla abitazione privata (50,6%), il livello di sicurezza è considerato dalla maggioranza invariato.

Nelle regioni centrali, al contrario, una valutazione positiva è espressa in merito all’aumento del livello di sicurezza, oltre che della propria salute (55,2%) e della propria casa (51,1%), anche dell’ambiente locale (41,8%): un risultato, quest’ultimo, considerato, tuttavia, in qualche modo, insufficiente se si pensa al severo giudizio espresso circa il livello di sicurezza attuale dell’ambiente locale, che ben il 34,8% della popolazione dell’Italia centrale giudica basso e il 60,2% medio.

Al nord, invece, mentre per quanto riguarda le regioni occidentali, i valori percentuali rilevati ribadiscono le considerazioni fatte sul piano generale, per quanto concerne le regioni orientali, si considera aumentato non solo il livello di sicurezza della salute e della propria abitazione (lo afferma rispettivamente il 60,2% e il 63,1%), ma anche quello del proprio luogo di lavoro (51,0%) e, sia pur in misura minore, quello degli edifici pubblici e privati (42,8%).

La percezione di un livello di sicurezza aumentato, in tempi recenti, in alcuni specifici domini della vita umana è strettamente legata all’opinione secondo cui è proprio in questi contesti che, negli ultimi trent’anni, sono stati raggiunti i maggiori progressi in termini di sicurezza.

La fiducia in uno sviluppo senza fine delle potenzialità della scienza e della tecnica e, soprattutto, gli enormi progressi della medicina che hanno allungato la durata della vita media, spiegano, con una certa plausibilità perché per la maggior parte degli intervistati (28,8%) sia la salute e la sicurezza personale a collocarsi al primo posto della graduatoria delle dimensioni che, proprio grazie ai traguardi raggiunti in questi decenni, possono considerarsi più sicure. Seguono le abitazioni private (28%), che al giorno d’oggi possono contare su dispositivi di sicurezza inimmaginabili in passato, e i luoghi di lavoro (26,1%), grazie all’accresciuta sensibilità da parte delle istituzioni e del mondo del lavoro nel predisporre tutte le misure necessarie (normative e non) a tutelare la posizione e l’incolumità del lavoratore (tab. 14 e fig. 8).

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Fig. 8 - I contesti in cui per gli italiani si sono registrati i maggiori progressi in termini di sicurezza negli ultimi 30 anni (val.%)

28,8 28,026,1

22,5

16,314,6

8,9

1,8

Salute/sicurezzapersonale

Abitazioni private I luoghi di lavoro Tuteladell’ambiente

Viaggi aerei Edifici pubblici eprivati

Viaggi stradali Viaggi ferroviari

Fonte : Indagine Censis, 2004

Fanalino di coda, i viaggi, in particolare quelli stradali (8,9%) e ferroviari (1,8%), in merito ai quali, non potendosi certamente negare che siano stati realizzati progressi tali da assicurare oggi, rispetto a prima, una maggiore sicurezza si può pensare che la valutazione negativa sia riconducibile al condizionamento degli strumenti di comunicazione di massa, che frequentemente insistono su episodi legati a incidenti stradali o ferroviari, se non addirittura al fatto che la consapevolezza di avere a che fare con mezzi di trasporto sempre più sofisticati e potenti induca a pensare che questi possano rappresentare un potenziale rischio per la sicurezza.

L’età degli intervistati costituisce, a questo riguardo, una variabile importante perché consente di mettere a confronto, da un lato, la valutazione, sul progresso realizzato nel campo della sicurezza negli ultimi trent’anni, di una generazione che questi anni li ha vissuti di fatto, e, dall’altro, la valutazione di una generazione che, per gran parte, ne ha sentito solo parlare.

In tal senso, i componenti della nuova generazione risultano convinti che, rispetto al tempo dei loro padri, sia migliorata soprattutto il livello di sicurezza in ambito lavorativo (al primo posto, con il 24,9%, per la classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni, e con il 32,5%, per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni); aspetto questo che viene collocato solo al terzo posto per la classe di età compresa tra i 45 e i 64 anni (21,3%) che, al contrario, considera migliorata soprattutto la salute (31,3%) e la sicurezza tra le mura domestiche (30,2%). Ottimisti i giovani anche per quanto riguarda la tutela dell’ambiente,

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che per loro risulta seconda (23,1%) nella graduatoria delle preferenze dei contesti più progrediti nell’ultimo trentennio, mentre solo al quarto posto per le classi di età successive.

Una maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro è considerato, insieme a quella per la salute e la sicurezza personale, il più importante traguardo raggiunto nelle regioni dell’Italia nord-occidentale (lo afferma il 29,6% degli intervistati); un dato che, al contrario, non trova conferma altrove, soprattutto nel centro e al sud, dove i progressi in ambito professionale sono collocati solo al quarto posto (rispettivamente con il 23% e il 19,3%). Così come non trova conferma nel nord-est (si collocano, infatti, al secondo posto con il 34,7%), dove si ritiene che i maggiori progressi siano stati realizzati a tutela della sicurezza all’interno delle mura domestiche. Al contrario, nell’Italia centrale, prevale la percezione di un maggior progresso nel campo della tutela ambientale, al primo posto della graduatoria delle preferenze col 33,3%, seguita da quella nel campo della salute (25,9%) e dell’abitazione privata (24,4%).

Più salute e benessere personale e più sicurezza domestica sono le risposte più frequenti fornite dalla porzione di campione rappresentativa del sud e delle isole (rispettivamente, a tal riguardo, 30,7% e 24,1%), i quali collocano, peraltro, al terzo posto della loro graduatoria il maggior livello di sicurezza dei viaggi aerei (19,7%).

2.2.2. Le origini dell’insicurezza

Sicurezza significa protezione da tre generi di sofferenze che minacciano gli esseri umani: quelle che vengono dal mondo esterno, riconducibili a forze ed eventi estranei, accidentali o, in ogni caso, fuori dal totale o parziale controllo da parte dell’uomo; quelle che provengono dal nostro corpo che mettono in pericolo la nostra salute e il nostro benessere personale; e quelle che provengono dalle relazioni con gli altri individui.

Sotto molti aspetti sono le prime a costituire il rischio maggiore: in questo caso, infatti, l’insicurezza può diventare una sottile angoscia che possa succedere qualcosa che non è immediatamente collegato all’azione specifica di un altro o di altri esseri umani.

Questo è quanto emerge, ma solo in parte, anche dalla nostra indagine: infatti, pur risultando tra gli eventi che spaventano di più, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua (75,8%), i disastri naturali, come alluvioni, terremoti, smottamenti,

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ecc. (74,9%), le fughe di gas (68,4%), dalle risposte fornite dai soggetti intervistati, ai quali è stato chiesto di indicare le principali situazioni di rischio, risulta che la paura più grande riguarda gli incidenti stradali (80,7%) (tab. 15 e fig. 9).

Fig. 9 - Situazioni di rischio o pericolo di cui gli italiani hanno paura (val.%)

80,7

75,8

74,9

68,4

64,8

61,2

58,2

57,6

51,3

43,3

42,9

34,9

incidenti stradali

inquinamento aria e acqua

disastri naturali

fughe di gas

manipolazione degli alimenti

cattivo stato degli edifici

difficoltà di smaltire i rifiuti

incidente sul lavoro

comportamenti poco sicuri degli altri

incidenti domestici

viaggi in aereo

black-out

Fonte : Indagine Censis, 2004

Questo risultato si può spiegare col fatto che si tratta, con tutta evidenza, di una situazione che gli individui pensano - o percepiscono come tale (si ricordi, d’altro canto, che gli intervistati hanno giudicato in larga maggioranza medio-basso il livello di sicurezza relativo ai viaggi su strada)- di poter sperimentare con più probabilità, o che, in ogni caso, ha un maggiore impatto emotivo nell’immaginario collettivo, considerando, peraltro, l’amplificazione dei mezzi di comunicazione di massa a proposito dell’incidentalità sulle strade. Altrimenti non si spiega perché siano più temuti, per esempio degli incidenti domestici, solo al decimo posto (43,3%) della graduatoria o degli incidenti sul lavoro, solo all’ottavo posto (57,6%), i quali sono di fatto più frequenti (tab. 16). Come risulta dai dati relativi agli incidenti, disturbi o danni occorsi, emerge infatti chiaramente che gli incidenti stradali (10,8%) capitano meno spesso di quanto possono capitare gli incidenti e i disturbi per stress da lavoro (24,8%, ma per i maschi si arriva al 27,3% e, perfino, al 33,3% nel caso degli occupati) e soprattutto gli incidenti durante lo svolgimento di attività domestiche (27,8%, ma, nel caso delle donne si arriva al 32,8% e al 33,1% nel caso delle casalinghe).

L’età degli intervistati costituisce, anche in questo caso, una variabile cruciale nel determinare il grado di intensità che viene attribuito alle problematiche

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relative alla sicurezza e il modo in cui la paura si distribuisce tra la popolazione. Da questo punto di vista, la paura degli incidenti stradali è sentita in misura maggiore tra i giovani. Con l’85,1%, per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, e l’81,8%, per la classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni, essa si colloca, infatti, al primo posto tra gli eventi più temuti, mentre occupa solo il secondo posto (con il 76,2%) per i soggetti di età compresa tra i 45 e i 64 anni, per i quali più forte è il timore di inquinamento ambientale (76,5%). Tale paura, peraltro, occupa una posizione considerevolmente inferiore per i giovanissimi, che la collocano solo al quarto posto (65,2%), preceduta oltre che dalla paura degli incidenti stradali, da quella per i disastri naturali (74%) e per le fughe di gas (68,5%). Eventi che, con tutta probabilità, hanno un maggior impatto sull’emotività delle persone meno mature (dal punto di vista anagrafico), soprattutto in considerazione del fatto che sono la categoria più colpita (ha avuto un incidente stradale il 12,2% contro il 10,1% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, e 10,8%, per la classe di età compresa tra i 45 e i 64 anni).

Tra le situazioni più frequentemente indicate come quelle che costituiscono una potenziale o reale minaccia per la vita umana bisogna annoverare, altresì, la manipolazione degli alimenti (64,8%) e, dunque il rischio legato all’assunzione di prodotti geneticamente modificati. Segno dell’importanza crescente attribuita (soprattutto dalle persone di età compresa tra i 30 e i 44 anni, che la collocano al quarto posto, col 71% delle preferenze, contro il 63,7% relativo alla classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni e il 60,9% rilevato in corrispondenza della classe di età compresa tra i 45 e i 64 anni) al tema della sicurezza alimentare, intesa come garanzia dai rischi derivanti dall’alimentazione, che trova sensibili le casalinghe (69,6%), piuttosto che i pensionati (56,9%), gli studenti (63,8%) o gli occupati (66,1%) e soprattutto i giovani (16,5%, per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, e 16%, per la classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni, contro il 12,6% relativo ai più anziani) (tab. 17).

Tornando alle situazioni di rischio che spaventano maggiormente la collettività, anche l’analisi dei dati disaggregati per condizione ribadiscono che le paure degli intervistati ruotano intorno agli incidenti stradali, al primo posto per le casalinghe (84,1%) - sebbene siano le meno colpite (7,9%) - per studenti/disoccupati (81,2%) - i più colpiti (12,5%) -, per gli occupati (82,8%) mentre scendono al secondo per i pensionati (70,4%) (tab. 18).

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La distribuzione geografica dei dati lascia inalterate le prime posizioni della graduatoria delle situazioni più a rischio, siano esse espressione delle regioni settentrionali o di quelle centro-meridionali. C’è da sottolineare, tuttavia, che al sud e al centro, la percezione della paura riguardo certi eventi sembra maggiormente diffusa tra la popolazione che, del resto, vive oggettivamente una realtà in cui il rischio costituisce quasi un elemento strutturale. Ben il 94,1% degli intervistati nell’Italia centrale (dove, infatti, gli incidenti stradali sono più frequenti che altrove, come si evince dalla tab. 17) e il 90,9% al sud, ha indicato al primo posto il rischio degli incidenti stradali, contro il 58,8% della popolazione del nord-est che pur lo ha indicato come principale rischio. Lo stesso dicasi per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria e dell’acqua che viene indicata dal 92,1% del campione rappresentativo dell’Italia centrale al secondo posto della graduatoria. Una percentuale di gran lunga più elevata rispetto a quella del 75,5% registrata nel nord-est, dove, in ogni caso, costituisce la paura in assoluto più fortemente sentita dalla popolazione.

Rispetto al sesso degli intervistati, maschi e femmine sembrano pensarla allo stesso modo, dal momento che, quanto alle tre prime posizioni della graduatoria emergono le stesse indicazioni rilevate sul piano generale. Per quanto le donne si presentino come più sensibili ai potenziali rischi che potrebbero derivare alla propria persona: hanno, infatti, più paura degli uomini degli incidenti stradali (lo afferma l’85,4% rispetto al 75,6% dei maschi), dell’inquinamento ambientale (78,5% contro il 73,0%), dei disastri naturali (77,2% contro il 72,4%) e, più in generale, di qualsiasi altro tipo di pericolo.

Se la sicurezza è un bene fondamentale di tutti i cittadini, le strategie di prevenzione del rischio (da affiancare all’azione di controllo sociale) sono da considerarsi come uno dei modi essenziali con cui questo bene si rende fruibile. Esse possono giocare, infatti, un ruolo importante non solo rendendo il contesto di vita di per sé deterrente al verificarsi di eventi che, potenzialmente, potrebbero essere una minaccia, ma intervenendo, altresì, sulle rappresentazioni sociali e le forme di reazione ai fenomeni di insicurezza. Le quali postulano, in tal senso, un approccio razionale capace di contenere le tendenze ad un’eccessiva emotività da parte della collettività.

La necessità di disporre di capacità e di competenze previsionali e manipolative, al fine di rispondere in modo efficace alle problematiche attinenti al tema della sicurezza, è così sentita che la negligenza nel mettere in pratica norme preventive a tutela della sicurezza generale viene individuata come una delle cause principali nella produzione di eventi rischiosi. Sollecitati ad indicare un punteggio, in ordine crescente di importanza (da 1 a 5) a diversi fattori

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considerati responsabili di precostituire situazioni di pericolo, i soggetti intervistati hanno attribuito, infatti, il risultato più alto (4,1) alla mancata applicazione delle norme di prevenzione sulla salute e la sicurezza. Che risulta persino più preoccupante dal loro punto di vista (quanto a responsabilità nel veicolare i rischi) dell’inefficienza dei servizi di prevenzione (a cui viene attribuito un peso pari a 3,7) o a quelli di controllo (3,8). Da cui si deduce che, nell’immaginario collettivo, il problema non è tanto nell’impossibilità di attivare da parte dei servizi esistenti risposte in grado di soddisfare la domanda di sicurezza della collettività, quanto, semmai, a monte, nel rendere effettivamente concrete quelle misure normative che dovrebbero costituire il presupposto essenziale per il soddisfacimento di quella domanda (tab. 19 e fig. 10).

Fig. 10 - I fattori di rischio nelle percezioni degli italiani (punteggio da 1 a 5, con 5=max importanza)

4,1 4,1

4,0

3,8 3,8

3,7 3,7 3,7

3,5

3,6

3,7

3,8

3,9

4,0

4,1

4,2

terrorismo mancataapplicazione

norme diprevenzione sulle

salute e lasicurezza

l’irresponsabilitàdei singoli

l’assenza diorganismi preposti

alla sicurezzagenerale

l’inefficienza deiservizi di controllo

della sicurezza

imponderabilitàdegli eventi

naturali

l’inefficienza deiservizi di

prevenzione

la scarsità dellerisorse finanziarie

destinate agliinterventi di

manutenzione

Fonte : Indagine Censis, 2004

La preoccupazione circa le possibili ripercussioni sullo stato (e la percezione) della sicurezza causate dalla difficoltà a dare attuazione alle norme di prevenzione si coniuga, in ogni caso, con quella per le conseguente derivanti da fenomeni di criminalità, in particolare il terrorismo, a cui viene attribuito un peso altrettanto grande (4,1) nel determinare situazioni di rischio e di pericolo. Un fenomeno, del resto, quello del terrorismo, che si configura, al giorno d’oggi, per molti versi come un fenomeno nuovo, e più angosciante, nella misura in cui si presenta nelle vesti di evento eclatante e sanguinario, che non colpisce persone ed obiettivi mirati, ma tutti indistintamente, e talora come evento subdolo, invisibile e non immediatamente identificabile, come, per esempio, nel caso dell’eco-terrorismo o del terrorismo informatico.

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Questi citati, nonché gli altri fattori menzionati, tra cui l’assenza di organismi preposti alla sicurezza generale (3,8), l’inefficienza dei servizi di controllo della sicurezza (3,8), l’inefficienza dei servizi di prevenzione (3,7) e la scarsità delle risorse finanziarie destinate agli interventi di manutenzione (3,7) rivelano tutti, con la sola esclusione dell’imponderabilità degli eventi naturali (3,7), che è legata alla naturale finitezza dell’uomo, il sentimento di sfiducia diffusa, da parte della collettività, nei confronti della collettività stessa intesa come sistema nonché nei confronti delle istituzioni, nel farsi efficacemente carico della predisposizione e della attuazione delle misure poste a tutela della sicurezza dei singoli e della società. Ma rivelano, conseguentemente, anche una sorta di chiamata di correità, che ci rende tutti responsabili, come collettività e come istituzioni, della nostra sicurezza.

D’altro canto, tuttavia, viene ribadita l’importanza e l’indispensabilità dell’azione dei singoli nel provvedere alla propria sicurezza ciascuno per proprio conto. L’irresponsabilità dei singoli al riguardo viene considerata, infatti, tra i fattori a cui si attribuisce il peso maggiore (4,0) nel determinare situazioni di rischio e di pericolo. Posizione che risulta perfettamente in linea con la propensione, propria di questi tempi, all’individualizzazione della società, in cui gli individui singolarmente, si trovano ad essere portatori di una quota sempre più grande di autonomia, ma anche di responsabilità, nelle decisioni e nei comportamenti che attengono alla gestione e al controllo dei rischi cui possono incorrere.

L’incrocio con la variabile sesso non evidenzia differenze quanto alle prime tre posizioni della graduatoria dei fattori responsabili dei determinare situazioni di pericolo, sebbene, da parte delle donne, si attribuisca una peso leggermente superiore ai diversi aspetti elencati. Né risulta particolarmente significativo l’incrocio con la variabile età, dal momento che, dalle generazioni più giovani agli anziani, provengono le stesse indicazioni rilevate sul piano generale, sia pur non nello stesso identico ordine di preferenza e lo stesso identico grado di intensità (in merito al quale, in ogni caso, le differenze sono minime).

Più interessante, invece, l’incrocio con la variabile condizione professionale, dove il dato nuovo, rispetto alle indicazioni emerse sul piano generale, è rappresentato dall’attenzione, da parte soprattutto di pensionati e casalinghe, per il fattore relativo all’inefficienza dei servizi di controllo sulla sicurezza, a cui è attribuito un peso pari a 4,0 (tab. 20).

La paura del terrorismo è infine diffusa soprattutto al centro e al sud, dove gli viene attribuito in assoluto maggiore (4,4, in entrambi i casi) nel determinare

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situazioni di rischio; ancor più della mancata applicazione delle norme su salute e sicurezza (rispettivamente 4,3 e 4,1), a cui, al nord, è ricondotta la responsabilità principale di precostituire situazioni di pericolo (4,1 al nord-ovest e 3,9 al nord-est).

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Tab. 8 - Definizione dell'attuale livello di sicurezza, dei contesti elencati, per età (val. %)

Età L’attuale livello di sicurezza è: 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale

Salute/sicurezza personale Elevato 34,1 33,5 24,3 29,9 Medio 54,5 55,1 60,5 57,2 Basso 11,4 11,4 15,2 12,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Elevato 26,7 33,1 28,1 29,6 Medio 61,9 55,1 56,4 57,2 Basso 11,4 11,8 15,5 13,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Elevato 17,4 27,6 16,7 20,9 Medio 66,5 55,1 66,3 62,2 Basso 16,1 17,3 17,0 16,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Elevato 21,6 20,0 15,5 18,6 Medio 56,8 54,8 55,8 55,7 Basso 21,6 25,2 28,7 25,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Elevato 13,6 15,0 11,7 13,3 Medio 63,2 56,2 56,2 57,8 Basso 23,2 28,8 32,1 28,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Elevato 9,7 14,3 13,0 12,7 Medio 67,6 57,9 55,3 59,1 Basso 22,7 27,8 31,7 28,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Elevato 10,2 11,4 9,0 10,2 Medio 68,9 69,4 66,5 68,0 Basso 20,9 19,2 24,5 21,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Elevato 9,0 9,9 9,3 9,4 Medio 72,9 64,6 64,3 66,5 Basso 18,1 25,5 26,4 24,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 45: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 9 - Definizione dell’attuale livello di sicurezza dei contesti elencati, per condizione professionale (val. %)

Condizione professionale L’attuale livello di sicurezza è: Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Totale

Salute/sicurezza personale Elevato 27,1 18,3 34,6 32,8 29,9 Medio 56,8 63,4 56,0 55,6 57,2 Basso 16,1 18,3 9,4 11,6 12,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Elevato 28,0 27,5 27,8 31,4 29,6 Medio 52,5 55,8 61,1 57,8 57,2 Basso 19,5 16,7 11,1 10,8 13,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Elevato 17,8 8,9 9,7 27,8 20,9 Medio 57,8 72,3 72,8 57,8 62,2 Basso 24,4 18,8 17,5 14,4 16,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Elevato 22,8 8,3 19,5 20,2 18,6 Medio 43,9 60,9 61,8 55,7 55,7 Basso 33,3 30,8 18,7 24,1 25,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Elevato 16,9 6,7 15,9 13,6 13,3 Medio 48,4 61,6 62,7 57,7 57,8 Basso 34,7 31,7 21,4 28,7 28,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Elevato 17,5 6,7 10,5 13,9 12,7 Medio 43,0 63,3 67,7 59,8 59,1 Basso 39,5 30,0 21,8 26,3 28,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Elevato 10,2 6,7 8,8 11,5 10,2 Medio 58,4 69,1 68,8 70,3 68,0 Basso 31,4 24,2 22,4 18,2 21,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Elevato 10,2 7,4 8,7 10,0 9,4 Medio 61,0 65,6 70,0 66,9 66,5 Basso 28,8 27,0 21,3 23,1 24,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 46: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 10 - Definizione dell'attuale livello di sicurezza dei contesti elencati, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica L’attuale livello di sicurezza è: Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Salute/sicurezza personale Elevato 23,6 35,6 16,7 39,0 29,9 Medio 68,1 47,6 60,1 51,9 57,2 Basso 8,3 16,8 23,2 9,1 12,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Elevato 28,7 40,4 12,3 33,2 29,6 Medio 63,4 46,4 64,5 54,5 57,2 Basso 7,9 13,2 23,2 12,3 13,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Elevato 20,0 28,9 11,2 21,8 20,9 Medio 68,8 55,0 60,0 62,2 62,2 Basso 11,2 16,1 28,8 16,0 16,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Elevato 13,4 14,5 15,4 27,7 18,6 Medio 68,1 65,1 43,4 45,4 55,7 Basso 18,5 20,4 41,2 26,9 25,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Elevato 9,7 13,8 5,0 20,6 13,3 Medio 70,9 60,5 46,8 51,2 57,8 Basso 19,4 25,7 48,2 28,2 28,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Elevato 8,8 15,1 6,0 18,3 12,7 Medio 73,1 61,2 48,9 51,0 59,1 Basso 18,1 23,7 45,1 30,7 28,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Elevato 9,3 16,0 5,0 10,3 10,2 Medio 80,0 64,0 63,8 62,7 68,0 Basso 10,7 20,0 31,2 27,0 21,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Elevato 13,0 12,6 5,0 7,1 9,4 Medio 71,3 70,2 60,2 63,4 66,5 Basso 15,7 17,2 34,8 29,5 24,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 47: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 11 – L’evoluzione d livello di sicurezza negli ultimi 5 anni rispetto ai seguenti aspetti, per età (val. %)

Età L’evoluzione del livello di sicurezza 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Salute/sicurezza personale Diminuito 7,3 9,8 14,3 11,1 Aumentato 53,2 51,3 52,0 52,0 Invariato 39,5 38,9 33,7 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Diminuito 3,4 8,0 9,2 7,4 Aumentato 54,7 47,8 51,1 50,8 Invariato 41,9 44,2 39,7 41,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Diminuito 6,2 7,1 13,7 9,5 Aumentato 42,6 40,6 41,0 41,2 Invariato 51,2 52,3 45,3 49,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Diminuito 17,6 16,4 22,5 19,1 Aumentato 38,6 34,9 33,8 35,3 Invariato 43,8 48,7 43,7 45,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Diminuito 19,0 17,4 21,7 19,5 Aumentato 34,1 34,4 33,9 34,1 Invariato 46,9 48,2 44,4 46,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Diminuito 14,2 15,6 18,8 16,6 Aumentato 38,1 33,1 30,7 33,2 Invariato 47,7 51,3 50,5 50,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Diminuito 18,4 19,7 27,7 22,7 Aumentato 39,1 29,6 32,4 32,9 Invariato 42,5 50,7 39,9 44,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Diminuito 14,7 13,8 19,0 16,1 Aumentato 23,7 25,7 29,2 26,6 Invariato 61,6 60,5 51,8 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 48: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 12 – L’evoluzione del livello di sicurezza negli ultimi 5 anni rispetto ai seguenti aspetti, per condizione professionale (val. %)

Condizione professionale L’evoluzione del livello di sicurezza Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Totale

Salute/sicurezza personale Diminuito 10,0 21,0 4,8 10,4 11,1 Aumentato 55,8 45,9 49,6 53,2 52,0 Invariato 34,2 33,1 45,6 36,4 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Diminuito 10,9 12,9 7,1 4,8 7,4 Aumentato 47,9 49,2 51,2 51,9 50,8 Invariato 41,2 37,9 41,7 43,3 41,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Diminuito 12,5 16,5 5,8 8,0 9,5 Aumentato 38,6 29,1 38,5 46,1 41,2 Invariato 48,9 54,4 55,7 45,9 49,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Diminuito 24,6 27,0 19,4 14,9 19,1 Aumentato 35,1 27,9 34,7 37,9 35,3 Invariato 40,3 45,1 45,9 47,2 45,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Diminuito 26,1 29,3 19,0 14,7 19,5 Aumentato 30,3 30,1 31,7 37,5 34,1 Invariato 43,6 40,6 49,3 47,8 46,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Diminuito 20,0 20,5 13,5 15,3 16,6 Aumentato 27,5 30,3 38,1 34,8 33,2 Invariato 52,5 49,2 48,4 49,9 50,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Diminuito 25,0 34,4 18,3 19,5 22,7 Aumentato 32,5 28,8 33,3 34,7 32,9 Invariato 42,5 36,8 48,4 45,8 44,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Diminuito 24,1 20,3 16,1 12,2 16,1 Aumentato 25,0 30,1 25,0 26,6 26,6 Invariato 50,9 49,6 58,9 61,2 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 49: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 13 – L’evoluzione del livello di sicurezza negli ultimi 5 anni, rispetto ai seguenti aspetti, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica L’evoluzione del livello di sicurezza Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Salute/sicurezza personale Diminuito 12,1 14,6 6,9 10,5 11,1 Aumentato 43,0 60,2 55,2 52,9 52,0 Invariato 44,9 25,2 37,9 36,6 36,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Abitazione privata Diminuito 8,9 9,9 5,5 5,8 7,4 Aumentato 50,4 63,1 51,1 43,6 50,8 Invariato 40,7 27,0 43,4 50,6 41,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Il proprio luogo di lavoro Diminuito 11,1 7,4 6,3 11,3 9,5 Aumentato 38,2 51,0 40,9 37,3 41,2 Invariato 50,7 41,6 52,8 51,4 49,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi aerei Diminuito 19,6 23,7 21,2 14,8 19,1 Aumentato 31,3 35,5 29,9 41,8 35,3 Invariato 49,1 40,8 48,9 43,4 45,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi stradali Diminuito 20,0 24,3 21,4 15,2 19,5 Aumentato 26,5 38,2 29,7 40,6 34,1 Invariato 53,5 37,5 48,9 44,2 46,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Diminuito 14,4 15,1 12,6 21,7 16,6 Aumentato 32,6 42,8 32,2 28,7 33,2 Invariato 53,0 42,1 55,2 49,6 50,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Tutela dell'ambiente locale Diminuito 24,8 20,4 17,1 25,5 22,7 Aumentato 29,0 39,5 41,8 27,4 32,9 Invariato 46,2 40,1 41,1 47,1 44,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Viaggi ferroviari Diminuito 16,3 19,1 16,7 13,8 16,1 Aumentato 21,9 36,2 12,3 32,9 26,6 Invariato 61,8 44,7 71,0 53,3 57,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 50: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 14 – Contesti in cui la sicurezza è cresciuta maggiormente negli ultimi 30 anni, per area geografica ed età (val. %) (*) Ripartizione geografica Età Totale Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Salute/sicurezza personale 29,6 27,3 25,9 30,7 22,0 30,6 31,3 28,8 Abitazioni private 27,7 37,3 24,4 24,1 24,9 27,5 30,2 28,0 I luoghi di lavoro 29,6 34,7 23,0 19,3 24,9 32,5 21,3 26,1 Tutela dell'ambiente 26,7 17,3 33,3 15,8 23,1 22,4 22,3 22,5 Viaggi aerei 17,5 13,3 11,9 19,7 16,8 14,5 17,5 16,3 Edifici pubblici e privati 18,0 16,7 10,4 12,7 19,1 13,7 12,7 14,6 Viaggi stradali 6,8 9,3 8,1 11,0 11,0 10,6 6,2 8,9 Viaggi ferroviari 1,0 1,3 0,7 3,5 0,6 1,2 3,1 1,8 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 51: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 15 - Situazioni di rischio o eventi pericolosi che spaventano gli italiani, per sesso ed età (val. %) (*) Sesso Età Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Gli incidenti stradali 75,6 85,4 81,8 85,1 76,2 80,7 Inquinamento dell'aria e dell'acqua 73,0 78,5 65,2 81,9 76,5 75,8 I disastri naturali 72,4 77,2 74,0 76,9 73,6 74,9 Le fughe di gas 62,1 74,3 68,5 70,7 66,4 68,4 La manipolazione degli alimenti 57,4 71,6 63,7 71,0 60,0 64,8 Il cattivo stato di manutenzione degli edifici 54,6 67,5 60,2 67,6 56,2 61,2 Difficoltà nello smaltimento dei rifiuti 55,0 61,3 55,6 65,5 53,4 58,2 Gli incidenti sul lavoro 52,2 62,7 55,9 61,4 55,2 57,6 I rischi derivanti da comportamenti degli altri inquilini 45,7 56,7 46,3 57,5 48,7 51,3 Incidenti domestici 33,9 52,1 35,4 44,3 46,9 43,3 I viaggi in aereo 38,7 46,9 47,0 40,8 42,5 42,9 Il black-out 30,1 39,4 34,3 33,9 36,0 34,9 (*)Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 52: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 16 – Incidenti, disturbi, danni accusati dagli italiani nell’ultimo anno, per sesso ed età (val. %) (*) Sesso Età Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Incidenti durante lo svolgimento di attività domestiche 22,4 32,8 25,4 28,0 28,9 27,8 Incidenti/disturbi per stress da lavoro 27,3 22,4 27,6 29,0 19,5 24,8 Acquisite cattive abitudini alimentari 14,0 15,5 16,0 16,5 12,6 14,8 Incidente stradale 11,9 9,9 12,2 10,1 10,8 10,8 Subìto danni fisici per diverse cause 8,7 12,3 9,9 9,3 12,0 10,6 (*)Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 53: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 17 – Incidenti, disturbi, danni accusati dagli italiani nell’ultimo anno, per condizione professionale ed area geografica (val. %) (*) Condizione professionale Ripartizione geografica Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale

Incidenti durante lo svolgimento di attività domestiche 33,1 28,6 28,9 25,6 21,8 21,9 34,0 32,5 27,8 Incidenti/disturbi per stress da lavoro 13,4 11,3 21,9 33,3 16,7 15,3 26,1 36,0 24,8 Acquisite cattive abitudini alimentari 11,0 7,9 19,5 16,3 11,0 15,2 10,5 20,0 14,8 Incidente stradale 7,9 9,5 12,5 11,8 7,9 11,9 12,4 11,7 10,8 Subìto danni fisici per diverse cause 13,4 11,1 9,4 10,0 8,8 9,9 7,8 13,9 10,6 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 54: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 18 – Situazioni di rischio o eventi pericolosi che spaventano gli italiani, per area geografica e condizione professionale (val. %) (*) Ripartizione geografica Condizione professionale Totale Nord ovest Nord est Centro Sud e isole Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato

Gli incidenti stradali 74,1 58,8 94,1 90,9 84,1 70,4 81,2 82,8 80,7 Inquinamento dell'aria e dell'acqua 75,5 53,6 92,1 79,6 81,7 78,4 68,0 75,6 75,8 I disastri naturali 67,9 43,4 91,4 89,1 81,7 68,5 78,1 73,8 74,9 Le fughe di gas 62,3 41,2 79,6 82,6 72,2 66,4 72,7 66,3 68,4 La manipolazione degli alimenti 61,9 32,0 81,5 75,8 69,6 56,9 63,8 66,1 64,8 Il cattivo stato di manutenzione degli edifici 50,0 34,4 78,9 75,5 66,7 48,4 63,3 62,6 61,2 Difficoltà nello smaltimento dei rifiuti 52,1 36,8 75,7 65,5 63,5 53,2 59,8 57,9 58,2 Gli incidenti sul lavoro 45,8 36,8 75,5 69,1 63,7 47,9 59,5 58,1 57,6 I rischi derivanti da comportamenti degli altri inquilini

44,2 33,1 61,6 62,7 51,6 48,4 50,0 52,6 51,3

Incidenti domestici 47,0 30,1 37,5 51,3 56,3 47,2 39,4 39,1 43,3 I viaggi in aereo 42,1 32,0 43,0 49,8 48,4 35,2 50,8 41,2 42,9 Il black-out 29,8 23,7 45,7 39,2 39,7 37,6 34,4 32,6 34,9 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 19 - Peso dei fattori elencati nel determinare situazioni di rischio, per sesso ed età (val. da 1 = min a 5 = max) Sesso Età Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Terrorismo 3,9 4,2 3,9 4,0 4,2 4,1 Mancata applicazione delle norme su salute e sicurezza 4,0 4,1 4,0 4,1 4,2 4,1 L'irresponsabilità dei singoli 3,9 4,1 3,9 4,0 4,0 4,0 L'assenza di organismi preposti alla sicurezza generale 3,7 3,9 3,7 3,8 3,9 3,8 L'inefficienza dei servizi di controllo della sicurezza 3,8 3,9 3,7 3,8 3,9 3,8 Imponderabilità degli eventi naturali 3,7 3,7 3,6 3,7 3,7 3,7 L'inefficienza dei servizi di prevenzione 3,7 3,8 3,7 3,7 3,8 3,7 La scarsità delle risorse destinate alla manutenzione 3,6 3,8 3,6 3,7 3,8 3,7 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 20 – Peso dei fattori elencati nel determinare situazioni di rischio, per condizione professionale ed area geografica (val. da 1 = min. a 5 = max) Condizione professionale Ripartizione geografica Totale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Nord ovest Nord est Centro Sud e isole

Terrorismo 4,5 4,2 4,0 3,9 3,5 3,8 4,4 4,4 4,1 Mancata applicazione delle norme su salute e sicurezza 4,1 4,2 4,1 4,1 4,1 3,9 4,3 4,1 4,1 L'irresponsabilità dei singoli 3,9 4,0 4,0 4,0 4,0 3,9 4,1 3,9 4,0 L'assenza di organismi preposti alla sicurezza generale 3,8 3,8 3,7 3,8 3,8 3,5 3,9 3,9 3,8 L'inefficienza dei servizi di controllo della sicurezza 4,0 4,0 3,8 3,8 3,8 3,6 3,9 4,0 3,8 Imponderabilità degli eventi naturali 3,7 3,8 3,7 3,6 3,5 3,6 3,7 3,9 3,7 L'inefficienza dei servizi di prevenzione 3,9 3,9 3,7 3,6 3,7 3,5 3,8 3,9 3,7 La scarsità delle risorse destinate alla manutenzione 3,9 3,9 3,6 3,7 3,6 3,6 3,7 3,9 3,7 Fonte: indagine Censis, 2004

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2.3. La prevenzione, prima di tutto

2.3.1. Le responsabilità individuali

Gli individui hanno perfettamente compreso che, non potendo farsi carico (per la complessità che presenta l’attuale organizzazione del sistema sociale della sicurezza del mondo intero) né potendo contare più di tanto che qualcun altro si faccia carico della loro, devono preoccuparsi ciascuno da sé della propria sicurezza, intanto a partire da ciò che è alla loro portata.

Per fare questo, bisogna cominciare a tessere la tela delle piccole scelte quotidiane, attivando comportamenti di prevenzione a favore della sicurezza. Tra questi, la revisione periodica della propria auto o ciclomotore costituisce il comportamento che, dalla nostra indagine, risulta essere attuato più spesso (lo afferma l’85,8%), in particolare sia dagli uomini che dalle donne (rispettivamente, 87,3% e 84,3%), dalle persone adulte (90,7% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, contro l’82,6% delle persone più mature e l’83,7% dei giovanissimi che lo collocano al secondo posto), studenti (83,2%) e occupati (89,5%) e nelle regioni del nord (82,5% per il nord-ovest, 83,4% per il nord-est) (tabb. 21-22). Del resto, che sia al primo posto tra i comportamenti a favore della sicurezza non stupisce affatto se messo in relazione con la grande diffusione, come è stato sottolineato, della paura per gli incidenti stradali e con il giudizio sostanzialmente negativo espresso in merito al livello di sicurezza dei viaggi su strada (fig. 11).

L’elevata frequenza (81,5%) a prestare aiuto in presenza di situazioni a rischio, per quanto possa scontare l’effetto-intervista, che generalmente induce il soggetto interpellato a fornire un’immagine di sé socialmente positiva, non è in contraddizione con le caratteristiche di una società, come quella attuale, modellata sui bisogni e sui vissuti individuali. Non tanto perché la società degli individui non nega il valore della solidarietà, che scaturisce dalla consapevolezza di sperimentare gli stessi disagi e le stesse incertezze derivanti dalla perdita degli orizzonti di senso, quanto perché la gratificazione nell’aiutare gli altri in situazioni di pericolo ci rassicura in qualche modo, sul fatto di non essere lasciati completamente soli a trovare le soluzioni per fronteggiare le potenziali minacce alla nostra sicurezza. Una esigenza, questa, che viene, altresì,

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ribadita dalla grande importanza attribuita alla richiesta agli altri di adottare comportamenti più sicuri per se stessi e per gli altri (70,1%).

Fig. 11 - Comportamenti di prevenzione attuati dagli italiani (val.%)

85,8

81,5

79,6

74,6

70,1

65,2

62,2

51,1

revisionare periodicamente la propria auto o ciclomotore

fermarsi a prestare aiuto in presenza di situazioni a rischio

non lasciare rifiuti sparsi

adottare le precauzioni richieste sul lavoro

chiedere agli altri di adottare comportamenti più sicuri per se stessi e per glialtri

informarsi sui dispositivi di sicurezza nell’ambiente di lavoro

non fumare

denunciare lo stato di abbandono e la cattiva manutenzione di edifici

Fonte : Indagine Censis, 2004

Il prestare aiuto agli altri costituisce, in particolare, il comportamento in assoluto più frequente nelle casalinghe (89,6%), tra i giovanissimi (84,4%), probabilmente per la loro predisposizione quasi naturale a fidarsi del prossimo, e al sud, dove sono più forti le logiche di comunità.

Tra i comportamenti che gli individui attuano normalmente a favore della sicurezza bisogna annoverare inoltre quelli funzionali al bisogno di sapere garantito il diritto alla salubrità e alla sicurezza dell’ambiente naturale e artificiale, come non lasciare rifiuti sparsi (79,6%), non fumare (62,2%) e denunciare lo stato di abbandono e la cattiva manutenzione degli edifici (51,1%). Nonché il diritto alla sicurezza dell’ambiente di lavoro, come nel caso dei comportamenti finalizzati ad adottare le precauzioni richieste sul lavoro (74,6%), particolarmente sentito come dovere dagli occupati (88,3%) e nelle province del nord-ovest (77,8%), in merito a cui questo comportamento viene collocato al secondo posto tra quelli più frequentemente adottati.

I comportamenti attivati dai singoli nel loro privato possono, in ogni caso, non essere sufficienti ad evadere la domanda di tutela dal rischio, laddove si abbia a che fare con quelle problematiche che il soggetto non è equipaggiato ad affrontare direttamente da solo, consapevole che gli elementi e le cause che

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incidono sulla sua condizione di vita sono spesso a lui estranei, talora invisibili, sebbene comunque pervasivi.

I rischi ambientali, alimentari, tecnologici, per esempio, hanno assunto oggi proporzioni tali da esigere soluzioni su scala globale, tali cioè da trascendere finanche le responsabilità delle diverse realtà locali. In altri casi, si tratta, invece, più semplicemente, di problemi di carattere territoriale o socio-economico, la cui soluzione è rimessa alla competenza e ai poteri dello Stato.

Eppure, la consapevolezza della precarietà della condizione personale di fronte alla imprevedibilità, alla perdita di controllo e alla diffusione del rischio finisce per alimentare, in tal senso, l’idea della sicurezza come bene raro, per il quale, messa da parte la speranza di poterne disporre gratuitamente, si è disposti a pagare un prezzo tanto più elevato, quanto più fortemente se ne percepisce la sua scarsità.

Tale propensione trova conferma nella nostra indagine, da cui risulta che si è disposti a spendere di più, per esempio, per un ambiente più pulito (come afferma il 90,9% degli intervistati) e alimenti più sani (83,2%). Seguono il viaggiare più sicuri (83%) il tramandare alle nuove generazioni un patrimonio edile ben mantenuto (79,6%), che associato alla disponibilità a impegnare maggiori risorse finanziarie per gli edifici pubblici e privati (72,8%) attesta l’importanza attribuita alla tutela del patrimonio immobiliare. Inoltre, si spenderebbe di più per evitare i dissesti del territorio (78%), per essere informati sulla sicurezza dei luoghi frequentati e dei prodotti consumati (76,7%) e, infine, anche er l’acquisto di prodotti di bellezza sicuri (51,0%) (tab. 23 e fig. 12).

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Fig. 12 - Aspetti per cui gli italiani sono disposti a spendere di più (val.%)

90,9

83,2 83,079,6 78,0 76,7

72,8

51,0

un ambiente piùpulito

alimenti più sani viaggiare piùsicuro/a

tramandare unpatrimonio edileben manutenuto

evitare i dissestidel territorio

essere informatosulla sicurezza dei

luoghi e deiprodotti

edifici pubblici eprivati più sicuri

prodotti di bellezzasicuri

Fonte : Indagine Censis, 2004

Fermo restando, in grandi linee, l’accordo tra maschi e femmine circa l’ordine di priorità delle spese, le donne sono generalmente più disposte a spendere degli uomini (unica eccezione, quella relativa all’essere informati sulla sicurezza di luoghi e prodotti).

Sono, altresì, più disposti a spendere, evidentemente in ragione delle loro più forti difficoltà strutturali quanto alla tutela della sicurezza, le regioni del centro e del sud rispetto a quelle del nord e in particolare è sulla sicurezza del territorio che il Mezzogiorno pagherebbe di gran lunga più del nord (collocano l’item al terzo posto gli abitanti del centro sud e al sesto/settimo quelli del nord) (tab. 35).

La disaggregazione dei dati per condizione professionale non apporta sostanziali novità alla graduatoria dei principali motivi di spesa: casalinghe, studenti, occupati e pensionati spenderebbero di più per un ambiente più pulito, per alimenti sani e per viaggiare più sicuri. C’è da rilevare, tuttavia, che i pensionati collocano al terzo posto (insieme al viaggiare più sicuri) l’essere informati sulla sicurezza di luoghi e prodotti (75,2%) (tab. 24).

L’analisi dei dati relativi all’incrocio con la variabile età trova tutte le classi di età interessate d’accordo sul fatto che spenderebbero di più per un ambiente più pulito (92,5% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni, 90,5% per la classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni e 89,7% per la classe di età compresa tra i 45 e i 64 anni). Tuttavia, i giovanissimi (18-29 anni) collocano al secondo

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posto il viaggiare più sicuri (88,8%), cui segue la spesa per alimenti più sani (81,6%). La classe di età intermedia (30-44 anni), invece, colloca al secondo posto l’acquisto di cibi salutari (87,5%), cui segue quella relativa ai viaggi (84,5%). Infine, la classe di età più adulta (45-64 anni) colloca al secondo posto la spesa per alimenti più sani (80,3%), cui segue quella per tramandare un patrimonio edile ben mantenuto (78,7%): un dato significativo quest’ultimo che attesta una maggiore sensibilità da parte delle persone più mature in merito alla sicurezza del patrimonio edilizio.

2.3.2. I responsabili della complessità

Il ricorso-ritorno alla comunità sociale ed istituzionale costituisce, in definitiva, un passo necessario per recuperare un senso condiviso all’azione degli individui e per acquisire, attraverso quel recupero, una maggiore capacità di governo della complessità, nonché dei rischi con cui essa si manifesta.

Che la molecolarizzazione della società, effetto perverso dell’incertezza prodotta dai processi di globalizzazione, faccia sì che uomini e donne vivano come esperienze tipicamente individuali problemi strutturali, pertanto comuni a tutti, non può significare, infatti, oggi come in passato, che essi possano proteggersi dalle loro angosce, ricorrendo di volta in volta a strumenti domestici. Dal momento che, per quanto, capaci di differenziarsi, gli individui, infatti, non sono autonomi dal circuito sociale in cui vivono.

Pertanto, è lo stesso sistema globale che, presentandosi ricco di sfide da raccogliere per tutti, esige se non proprio la condivisione di una visione del mondo, almeno quella delle responsabilità. O quanto meno, una ripartizione delle responsabilità. Consci, in ogni caso, del fatto che l’emergere di complessità eccedente o di rischi diffusi tende a far saltare i confini della distinzione delle sfere di competenza, con l’effetto per cui ciascun sistema può riversare sull’altro la complessità che non riesce a governare.

Le indicazioni che provengono, a tal riguardo, dalla società italiana sono nel senso che i cittadini, ciascuno per proprio conto, devono provvedere alla propria salute/sicurezza personale, lo spazio difendibile dai confini efficacemente presidiati e depurato, almeno negli intenti, dai rischi calcolabili. Ne è persuaso il 72,8% degli intervistati, in prevalenza maschi (73,3% contro il 72,3% relativo alle donne), giovanissimi (76,6% per la classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni, contro il 75,6% per la classe di età compresa tra i 30 e i 44 anni e il 68,2% per i più anziani di età compresa tra i 45 e i 64 anni), occupati (75,9% contro il

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71,1% degli studenti, il 70,7% delle casalinghe, il 65,5% dei pensionati) (tabb. 25-26 e fig. 13).

Alle istituzioni, invece, il compito di farsi carico - forti della possibilità di disporre di mezzi finanziari, competenze specialistiche, informazioni rilevanti - della sicurezza degli edifici pubblici e privati (come afferma il 64,4%), della tutela dell’ambiente (60,6%) e di quella dei luoghi di lavoro (52,5%, ma nel caso delle donne si arriva al 55,5% contro il 49,2% degli uomini). Pure in questi casi, peraltro, dalla fascia di età più giovane del campione (studenti e classe di età compresa tra i 18 e i 29 anni) emerge una sostanziale fiducia nell’azione responsabile dei singoli a farsi carico personalmente del problema della sicurezza, soprattutto per quanto riguarda la tutela dell’ambiente (dove si arriva a percentuali superiori al 40%).

Fig. 13 - Soggetti che secondo gli italiani dovrebbero farsi carico della sicurezza nei diversi ambiti (val.%)

64,4 60,652,5

22,0

16,3

6,0 21,6

5,2

19,333,4

25,9

72,8

Edifici pubblici e privati Ambiente Luoghi di lavoro Salute/sicurezza personale

Ciascun cittadinoper conto suo

Associazioni diconsumatori

Istituzioni

Fonte : Indagine Censis, 2004

Non sembra, al contrario, che si confidi affatto sulla capacità di rappresentare la domanda di sicurezza da parte delle associazioni dei consumatori e degli utenti, il cui ruolo viene considerato generalmente subordinato a quello delle istituzioni e dei privati; perfino nel caso della tutela dei luoghi di lavoro (dove si registra un discreto 21,6%), per quanto si debba registrare l’eccezione relativa al nord-est, dove le associazioni di rappresentanza sono considerate il soggetto più affidabile dalla maggioranza degli intervistati (42,1%).

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L’individuazione degli strumenti più efficaci ad innalzare i livelli di sicurezza della società è connessa in modo differente a seconda dei diversi ambiti della vita umana.

La maggiore responsabilizzazione individuale è considerata la via maestra delle politiche attive per la sicurezza laddove si tratti innanzitutto di salute e di sicurezza personale (lo affermano il 49,3% degli intervistati), che, ancora una volta, vengono ribadite quali dimensioni la cui sicurezza è correlata quasi esclusivamente all’assunzione di comportamenti responsabili da parte dei singoli. A nulla, infatti, può servire, nel campo della salute e della sicurezza personale, fissare nuove norme e predisporre nuovi controlli o rendere efficaci quelli che già ci sono quando fossero gli stessi individui ad adottare comportamenti a rischio. Per questo, risulta altrettanto importante, accanto alla responsabilizzazione individuale, assicurare una maggiore informazione/formazione (al secondo posto, col 22,8%, tra gli strumenti più utili per innalzare il livello di sicurezza nell’ambito della salute e della sicurezza personale). Strumento prezioso non solo a fini preventivi, per indurre comportamenti corretti, ma anche per acquisire un’effettiva consapevolezza dei pericoli, considerato che gli individui si formano delle probabilità soggettive di rischio, le quali dipendono dalla loro capacità di elaborazione, e anche dal tipo di informazione che viene veicolata al riguardo. Suscita, pertanto, qualche perplessità il fatto che le misure di formazione e di informazione non siano considerata altrettanto importanti in riferimento agli altri ambiti (solo al quarto posto per quanto riguarda l’ambiente e il luogo di lavoro; all’ultimo per quanto riguarda il patrimonio edilizio) (tab. 27 e fig. 14).

Fig. 14 - Strumenti reputati più efficaci dagli italiani per innalzare i livelli di sicurezza nei diversi contesti (val.%)

49,3

21,0 20,413,3

5,2

14,7 16,1 31,3

7,7

7,712,6

11,4

22,8

9,5

13,56,1

15,0

47,137,4 37,9

Salute/sicurezza personale Ambiente Luoghi di lavoro Patrimonio edilizio

maggiore efficacia deicontrolli

una maggioreinformazione / formazione

lo sviluppo della tecnologia

nuove normative

maggioreresponsabilizzazioneindividuale

Fonte : Indagine Censis, 2004

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L’assunzione di comportamenti responsabili da parte dei singoli individui gioca un ruolo fondamentale, oltre che nell’ambito della salute e della sicurezza personale, anche negli altri contesti, soprattutto se propedeutica ad innalzare il livello di sicurezza dell’ambiente o quello dei luoghi di lavoro. Un ruolo, in ogni caso, necessario ma non sufficiente, dal momento che, in questi settori, l’elusione e il superamento di situazioni di rischio viene affidata essenzialmente ad una maggiore efficacia dei controlli (47,1% per l’ambiente e 37,4% per i luoghi di lavoro). Le misure di vigilanza vengono collocate al primo posto (37,9%) nella scala di preferenza degli intervistati anche in relazione alla sicurezza del patrimonio edilizio, a tutela del quale si considera necessaria, altresì, l’introduzione di una nuova normativa (31,3%).

Indicazioni in parte diverse rispetto a quelle rilevate sul piano generale risultano dall’analisi dei dati disaggregati per condizione professionale, almeno laddove si rileva da parte dei pensionati una maggiore fiducia, quanto all’ambiente, all’edilizia e al mondo del lavoro, in merito all’utilità dello strumento formale della norma giuridica piuttosto che su quello concreto della responsabilizzazione dei singoli.

La disaggregazione dei dati rispetto alla provenienza geografica degli intervistati risulta, invece, significativa (nella misura in cui apporta informazioni in parte nuove) soprattutto per quanto riguarda l’ambito lavorativo. In questo caso, infatti, il dato più interessante riguarda le regioni nord-orientali dove emerge una particolare attenzione per lo sviluppo della tecnologia (come afferma il 23,2% del campione) a cui, al contrario, altrove e soprattutto al sud (4,8%) e al centro (4,4%) viene attribuito un ruolo assolutamente marginale (tab. 28).

Alla responsabilità dei singoli, perché attivino comportamenti corretti nell’ambito del loro vivere quotidiano, e all’azione delle istituzioni, perché agiscano, mediante controlli più efficaci, servizi più efficienti e misure preventive, al rafforzamento o alla ricostituzione delle reti di relazione in cui si costruisce il senso di sicurezza della collettività è rimessa, in definitiva, la capacità di gestire in maniera efficace il binomio paura-sicurezza, che si è gradualmente imposto, in questi tempi di rapido cambiamento, al centro delle preoccupazioni degli italiani.

Dare spessore e solidità a questo progetto postula, pertanto, un’azione comune, perché comune è la radice dei problemi che gli individui avvertono quotidianamente come minaccia alla loro sicurezza.

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Da questo punto di vista, la società individualizzata non è un destino a cui non si può sfuggire, bensì solo un ostacolo da affrontare.

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Tab. 21 - Comportamenti preventivi attuati normalmente dagli italiani, per sesso ed età (*) (val. %) Sesso Età Totale Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Revisionare periodicamente la propria auto o ciclomotore 87,3 84,3 83,7 90,7 82,6 85,8 Fermarsi a prestare aiuto in situazioni di rischio 80,4 82,6 84,4 81,7 79,8 81,5 Non lasciare rifiuti sparsi 75,5 83,4 77,3 79,3 81,1 79,6 Adottare le precauzioni richieste sul lavoro 80,2 69,1 76,8 80,7 67,7 74,6 Chiedere agli altri di adottare comportamenti più sicuri 68,9 71,3 70,0 70,8 69,6 70,1 Informarsi sui dispositivi di sicurezza del lavoro 72,8 57,7 62,5 72,3 60,1 65,2 Non fumare 55,8 68,1 61,9 58,7 65,3 62,2 Denuciare lo stato di abbandono di edifici 50,7 51,5 45,3 53,2 52,5 51,1 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 22 - Comportamenti preventivi attuati normalmente dagli italiani, per condizione professionale ed area geografica (*) (val. %) Condizione professionale Ripartizione geografica Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Nord ovest Nord est Centro Sud e isole Totale

Revisionare periodicamente la propria auto o ciclomotore 85,0 76,2 83,2 89,5 82,5 83,4 89,9 87,4 85,8 Fermarsi a prestare aiuto in situazioni di rischio 89,6 74,0 77,3 82,7 69,0 76,8 84,8 92,5 81,5 Non lasciare rifiuti sparsi 85,6 82,3 75,6 78,4 74,1 77,0 84,1 83,0 79,6 Adottare le precauzioni richieste sul lavoro 49,1 57,9 66,4 88,3 77,8 67,8 84,9 70,2 74,6 Chiedere agli altri di adottare comportamenti più sicuri 74,4 68,3 65,4 71,1 70,6 64,2 74,2 70,8 70,1 Informarsi sui dispositivi di sicurezza del lavoro 41,8 56,1 54,5 76,9 71,0 57,7 74,1 59,7 65,2 Non fumare 70,6 67,2 60,9 58,1 58,3 60,5 65,8 64,2 62,2 Denuciare lo stato di abbandono di edifici 52,8 54,0 38,6 53,8 54,9 47,7 47,4 52,1 51,1 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 23 - Aspetti per cui gli italiani sarebbero disposti a spendere di più, per sesso ed area geografica (val. %) (*) Sesso Ripartizione geografica Totale Maschio Femmina Nord ovest Nord est Centro Sud e isole Un ambiente più pulito 89,4 92,2 88,4 80,9 96,6 95,4 90,9 Alimenti sani 80,7 85,5 84,7 71,7 88,5 85,5 83,2 Viaggiare più sicuro/a 81,7 84,2 78,2 69,7 92,6 89,3 83,0 Tramandare un patrimonio edile ben mantenuto 77,1 82,0 70,1 66,4 91,8 88,1 79,6 Evitare i dissesti del territorio 77,1 78,9 66,5 62,3 91,9 88,8 78,0 Essere informato sulla sicurezza di luoghi e prodotti 77,3 76,1 74,4 64,0 86,4 80,5 76,7 Edifici pubblici e privati più sicuri 68,4 76,9 67,4 59,3 88,5 76,0 72,8 Prodotti di bellezza sicuri 39,2 62,2 53,1 47,3 49,3 52,5 51,0 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 24 - Aspetti per cui gli italiani sarebbero disposti a spendere di più, per condizione professionale ed età (val. %) (*) Condizione professionale Età Totale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupato Occupato 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni

Un ambiente più pulito 91,1 88,8 89,7 91,7 90,5 92,5 89,7 90,9 Alimenti sani 87,0 81,6 81,7 83,2 81,6 87,5 80,3 83,2 Viaggiare più sicuro/a 82,9 75,2 86,5 84,2 88,8 84,5 78,4 83,0 Tramandare un patrimonio edile ben mantenuto 82,9 73,6 77,0 81,3 77,1 82,2 78,7 79,6 Evitare i dissesti del territorio 81,3 73,4 80,2 78,0 81,0 79,4 75,1 78,0 Essere informato sulla sicurezza di luoghi e prodotti 78,0 75,2 71,4 78,4 74,7 82,2 73,0 76,7 Edifici pubblici e privati più sicuri 76,2 68,0 68,3 75,1 70,4 75,1 72,1 72,8 Prodotti di bellezza sicuri 62,3 40,8 58,4 48,6 54,2 56,5 44,5 51,0 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 25 – Soggetti responsabili della sicurezza collettiva, nelle opinioni degli italiani, per sesso ed età (val. %) Sesso Età Totale Maschio Femmina 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Tutela dell'ambiente Istituzioni 61,1 60,1 50,5 61,7 65,2 60,6 Associazioni di consumatori/utenti 7,1 5,0 7,8 5,0 6,0 6,0 Ciascun cittadino per conto suo 31,8 34,9 41,7 33,3 28,8 33,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Istituzioni 64,8 64,1 57,8 69,7 63,7 64,4 Associazioni di consumatori/utenti 16,8 15,8 17,2 14,6 17,2 16,3 Ciascun cittadino per conto suo 18,4 20,1 25,0 15,7 19,1 19,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Luoghi di lavoro Istituzioni 49,2 55,5 46,1 55,6 53,3 52,5 Associazioni di consumatori/utenti 22,8 20,6 23,9 18,8 22,9 21,6 Ciascun cittadino per conto suo 28,0 23,9 30,0 25,6 23,8 25,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Salute/sicurezza personale Istituzioni 20,6 23,4 17,8 20,1 26,1 22,0 Associazioni di consumatori/utenti 6,1 4,3 5,6 4,3 5,7 5,2 Ciascun cittadino per conto suo 73,3 72,3 76,6 75,6 68,2 72,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 71: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 26 – Soggetti responsabili della sicurezza collettiva nelle opinioni degli italiani, per condizione professionale ed area geografica (val. %) Condizione professionale Ripartizione geografica Totale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Nord ovest Nord est Centro Sud e isole

Tutela dell'ambiente Istituzioni 60,6 65,0 51,5 62,2 71,0 67,5 49,4 54,4 60,6 Associazioni di consumatori/utenti 3,3 10,6 6,3 5,3 5,6 9,3 7,3 3,8 6,0 Ciascun cittadino per conto suo 36,1 24,4 42,2 32,5 23,4 23,2 43,3 41,8 33,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Edifici pubblici e privati Istituzioni 61,8 66,7 60,9 65,2 57,5 52,7 70,0 73,7 64,4 Associazioni di consumatori/utenti 13,8 18,7 13,3 17,5 20,1 32,2 9,3 8,0 16,3 Ciascun cittadino per conto suo 24,4 14,6 25,8 17,3 22,4 15,1 20,7 18,3 19,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Luoghi di lavoro Istituzioni 60,9 54,4 54,7 48,6 44,9 32,2 62,7 64,5 52,5 Associazioni di consumatori/utenti 17,1 23,6 16,4 24,2 25,9 42,1 12,0 11,8 21,6 Ciascun cittadino per conto suo 22,0 22,0 28,9 27,2 29,2 25,7 25,3 23,7 25,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Salute/sicurezza personale Istituzioni 25,2 27,9 23,4 19,1 26,3 18,0 23,3 20,2 22,0 Associazioni di consumatori/utenti 4,1 6,6 5,5 5,0 6,6 6,7 4,0 3,8 5,2 Ciascun cittadino per conto suo 70,7 65,5 71,1 75,9 67,1 75,3 72,7 76,0 72,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 72: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 27 - Strumenti più utili per innalzare i livelli di sicurezza nelle opinioni degli italiani, per condizione professionale(val. %)

Condizione professionale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupato Occupato Totale

Ambiente Maggiore efficacia dei controlli 49,6 60,4 41,6 43,6 47,1 Nuove normative 15,0 14,4 14,4 14,6 14,7 Lo sviluppo della tecnologia 6,2 9,9 7,6 7,7 7,7 Una maggiore informazione/formazione 13,3 5,4 7,6 10,4 9,5 Maggiore responsabilizzazione individuale 15,9 9,9 28,8 23,7 21,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Patrimonio edilizio Maggiore efficacia dei controlli 37,3 40,4 41,5 36,3 37,9 Nuove normative 30,5 38,5 27,1 30,4 31,3 Lo sviluppo della tecnologia 13,6 9,2 10,2 11,8 11,4 Una maggiore informazione/formazione 5,9 1,8 5,9 7,5 6,1 Maggiore responsabilizzazione individuale 12,7 10,1 15,3 14,0 13,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Luoghi di lavoro Maggiore efficacia dei controlli 42,8 35,2 39,4 35,9 37,4 Nuove normative 16,2 21,6 15,4 14,3 16,1 Lo sviluppo della tecnologia 7,7 14,4 14,5 12,9 12,6 Una maggiore informazione/formazione 15,4 11,7 8,5 15,1 13,5 Maggiore responsabilizzazione individuale 17,9 17,1 22,2 21,8 20,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Salute/sicurezza personale Maggiore efficacia dei controlli 19,5 18,3 15,4 12,5 15,0 Nuove normative 8,0 7,3 0,9 5,2 5,2 Lo sviluppo della tecnologia 5,3 8,3 10,3 7,6 7,7 Una maggiore informazione/formazione 18,6 22,9 24,8 23,6 22,8 Maggiore responsabilizzazione individuale 48,6 43,2 48,6 51,1 49,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 73: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 28 - Strumenti più utili per innalzare i livelli di sicurezza nelle opinioni degli italiani, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale

Ambiente Maggiore efficacia dei controlli 54,7 43,3 50,7 40,8 47,1 Nuove normative 12,1 23,5 11,0 13,9 14,7 Lo sviluppo della tecnologia 11,1 7,4 6,6 6,0 7,7 Una maggiore informazione/formazione 4,5 7,4 11,8 13,5 9,5 Maggiore responsabilizzazione individuale 17,6 18,4 19,9 25,8 21,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Patrimonio edilizio Maggiore efficacia dei controlli 31,9 31,8 43,0 43,4 37,9 Nuove normative 38,2 34,9 24,1 27,7 31,3 Lo sviluppo della tecnologia 13,7 16,7 11,7 6,4 11,4 Una maggiore informazione/formazione 3,9 4,5 5,1 9,2 6,1 Maggiore responsabilizzazione individuale 12,3 12,1 16,1 13,3 13,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Luoghi di lavoro Maggiore efficacia dei controlli 32,0 29,7 43,0 43,1 37,4 Nuove normative 10,0 20,3 10,4 21,8 16,1 Lo sviluppo della tecnologia 20,5 23,2 4,4 4,8 12,6 Una maggiore informazione/formazione 13,5 12,3 20,0 10,5 13,5 Maggiore responsabilizzazione individuale 24,0 14,5 22,2 19,8 20,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Salute/sicurezza personale Maggiore efficacia dei controlli 19,4 18,0 15,8 9,6 15,0 Nuove normative 4,1 6,8 3,8 6,0 5,2 Lo sviluppo della tecnologia 12,2 15,8 3,8 2,0 7,7 Una maggiore informazione/formazione 15,3 28,6 25,6 24,0 22,8 Maggiore responsabilizzazione individuale 49,0 30,8 51,0 58,4 49,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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3.

PARTE MONOGRAFICA: LA SICUREZZA IN AMBIENTE DOMESTICO

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FONDAZIONE CENSIS

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3.1. La microincidentalità diffusa

3.1.1. I numeri dell’incidentalità domestica

Stando alle stime ufficiali, nel 2000, 4milioni380mila italiani sono stati coinvolti in atrettanti infortuni domestici; nello stesso anno, il numero complessivo degli infortuni sul lavoro è stato di 1.022.693, mentre quello degli incidenti stradali di 228.912 (tab. 29 e fig. 15).

In casa ci si fa quindi più male che altrove: e sempre di più. Tra 1998 e 2000, infatti gli incidenti domestici sono cresciuti di oltre 230mila unità (+5,6%), a fronte di un aumento, pure consistente, degli infortuni sul lavoro e su strada rispettivamente del 2,5% e dell’11,9%.

Fig. 15 - Andamento infortuni domestici, 1988-2000 (v.a.)

4.380.000

3.672.000

4.148.000

3.848.000

3.301.000

2.743.000

3.480.000

3.048.000

3.352.0003.352.000

2.553.000

2.103.000

1988 1990 1997 1998 1999 2000

Fonte : elaborazione Censis su dati Istat e Ispesl

Infortuni domestici+59,7%

Persone infortunate

+65,5%

Questi pochi dati bastano a dare l’idea di come, sfatando alcuni comuni stereotipi ancora fortemente radicati nell’immaginario collettivo, l’incidentalità in ambiente domestico sia un fenomeno di portata ben più ampia di quella percepita, tanto più in quanto si tratta di un fenomeno ancora estremamente sfuggente, poco conosciuto (a causa della difficoltà a far emergere tutti gli

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incidenti in ambiente domestico) e la cui consistenza – sia in termini quantitativa che qualitativi - risulta ancora tutta da esplorare.

Sotto il profilo della gravità degli infortuni che si verificano dentro casa, le poche e incomplete statistiche disponibili parlano di più di 8mila morti all’anno; un dato che appare fortemente sottostimato, anche alla luce di una recente indagine svolta a livello europeo, che parla invece, riferita al caso italiano di quasi 18.000 morti all’anno a seguito di incidenti domestici o legati al tempo libero: un dato questo che collocherebbe l’Italia in media a livello europeo (30,3 decessi ogni 100.000 abitanti), distante sia dai paesi a più alta mortalità per questa tipologia di incidenti (come la Finlandia, la Francia o il Lussemburgo dove il dato si attesta, rispettivamente, a 52,5, 43,2 e 42,6 casi di mortalità) anche se, comunque, sempre molto alta rispetto a quella di altri Paesi, come, per esempio, la Gran Bretagna (18,4), i Paesi bassi (18,9) o la Danimarca (20) (fig. 16).

Fig. 16 - Frequenza di infortuni mortali in ambiente domestico o nel tempo libero, ogni 100mila abitanti, 2000

52,5

43,2 42,640,1 38,8

36,0 35,5 35,330,3 30,0

25,622,4

20,0 18,9 18,4

Finl

andi

a

Fran

cia

Luss

embu

rgo

Por

toga

llo

Gre

cia

Aus

tria

Bel

gio

Spa

gna

Italia

Irlan

da

Ger

man

ia

Sve

zia

Dan

imar

ca

Pae

si B

assi

Gra

nB

reta

gna

F onte : elaborazione Censis su dati Ecosa

Ma è ancora più complicato sciogliere i dubbi sotto il profilo quantitativo, e capire l’effettiva portata del fenomeno infortunistico domestico. Il dato fornito dalle statistiche ufficiali appare infatti ancora fortemente sottostimato, se confrontato con i risultati dell’indagine svolta dal Censis, secondo la quale ben il 27,8% degli italiani ha dichiarato di avere avuto un incidente in casa nell’ultimo anno.

La differenza rispetto al dato fornito dalle fonti ufficiali, che risulta del tutto verosimile se commisurato al vissuto individuale di ciascuno di noi, lascia

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intuire l’esistenza di una dimensione del tutto sommersa del fenomeno, di una microincidentalità domestica diffusa che sfugge completamente ad ogni tentativo di quantificazione: vuoi perché il carattere privato del domicilio, la frequente mancanza di ricorso alle strutture sanitarie pubbliche, lo scarso interesse alla denuncia dei casi o, peggio, la sfiducia circa la possibilità di un effettivo indennizzo degli infortuni denunciati (si pensi che dei 982 infortuni denunciati dalle casalinghe assicurate, ne sono stati indennizzati, nel 2002, come risulta dalla tabella 30, solo 23), nonché la scarsa diffusione delle stesse forme assicurative private non facilitano le rilevazioni di base, i censimenti e i controlli; vuoi perché i dati scontano di un effetto memoria da parte delle persone coinvolte, che può agire sia nel senso di un amplificazione che nel senso di una sottovalutazione del numero dei casi registrati.

IL FONDO INAIL SUGLI INFORTUNI DOMESTICI: COSA È STATO FATTO E COSA RESTA DA FARE….

Il valore della legge 493/99 è quello di aver riconosciuto le attività domestiche come un lavoro e come tale di averle rese destinatarie di protezione costituzionale e assicurativa. I limiti della legge (ossia la soglia minima dell’invalidità, pari al 33%, l’esclusione della causa di morte e delle ultra sessantacinquenni), nascono dalla necessità di tenere il premio molto basso, intorno agli attuali 12 euro annui, al fine di estenderlo a quante più persone possibili. La legge ha creato un Fondo a parte rispetto agli altri premi assicurativi, gestito da un Comitato di gestione ad hoc, che svolge anche attività di valutazione dei dati sugli infortuni domestici raccolti tramite le denunce. In questo momento l’Inail sta lavorando per rimuovere tutti e tre i limiti segnalati, portando la soglia minima dell’invalidità al 26%, allargando la platea degli assicurati alle settantacinquenni e prevedendo la morte come causa accettabile, visto che i decessi in casa sono circa 8000 l’anno e riguardano soprattutto anziani e ragazzi sotto i 18 anni. Al momento, sono state costituite solo poche decine di rendite a valere su 2 milioni circa di iscritte: ma sono proprio queste ultima a rappresentare il vero successo dell’iniziativa di legge, e che determinano la posizione in attivo del Fondo stesso (Inail)

***

La normativa che ha introdotto l’assicurazione Inail contro gli infortuni per le casalinghe ha il grande pregio di riconoscere il lavoro familiare e di associare ad esso il concetto di pericolosità, tuttavia non offre prestazioni del tutto condivisibili e va migliorata in molti dei suoi punti: il livello di invalidità al 33%, l’inesistenza di una polizza per grandi rischi con conseguenze permanenti, il limite dei 65 per le destinatarie, inaccettabile perchè le donne più anziane che vivono sole sono in aumento, l’accoglienza dell’infortunio domestico come causa di morte (Moica).

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Si tratta naturalmente, a ben vedere, della dimensione forse più rilevante del fenomeno, che attiene a tutto quell’insieme di rischi e pericoli in cui si sostanzia il nostro vivere quotidiano dentro casa. E se quindi le statistiche ufficiali, segnalano il fenomeno nei suoi aspetti più gravi, quando viene denunciato e non sfugge all’effetto memoria, il quadro che invece disegna l’indagine è molto più articolato e legato ad una micro-incidentalità che finisce per colpire tutti.

E, tuttavia, proprio perché si tratta di un universo ancora estremamente complesso, disarticolato e misconosciuto, vale la pena approfondire sulla base dei pochi dati a disposizione, alcuni aspetti che possono contribuire a spiegare meglio il fenomeno e capirne le tendenze evolutive in atto a partire da un’analisi delle caratteristiche dei soggetti più a rischio, dei fattori di crescita dell’incidentalità domestica e delle conseguenze che ne derivano.

3.1.2. L’anagrafe degli infortuni: i soggetti a rischio

Chi sono allora i soggetti più a rischio dentro casa? Naturalmente quelli che ci passano più tempo: bambini ed anziani innanzitutto; e se sono di sesso femminile, i pericoli sono ancora maggiori. Conoscere la propria casa non significa infatti riuscire ad evitarne le insidie, che si nascono un po’ ovunque, ed anzi il tempo che vi si passa, finisce irrimediabilmente per trasformarsi in un fattore di rischio.

Stando ai dati ufficiali, nel 2000, ogni 100 bambini di età inferiore ai 5 anni, si sono verificati 9,2 incidenti, mentre ogni 100 anziani, il tasso di incidentalità è stato quasi 12, a fronte di una media di 7,6 infortuni ogni 100 abitanti (fig. 17).

E se la variabile generazionale risulta decisiva nel determinare il livello di esposizione al rischio dentro casa, è indubbio che è quella di genere a giocare il ruolo più importante.

Nel 2000 ogni 100 donne italiane, si sono verificati 10,9 infortuni; tra gli uomini la stessa percentuale si attestava al 4,1% mentre la quota di donne sul totale degli infortunati era del 72%. La differenza tra infortuni femminili e maschili, intesa sia in termini di rilevanza del fenomeno che di tipologia degli eventi, dipende non solo dal periodo di tempo trascorso in casa o dall’età, ma anche dai diversi ruoli svolti nell’ambito della famiglia.

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Le donne, infatti, quand’anche abbiano un’attività autonoma fuori, e quindi siano meno abituate a vivere quasi esclusivamente in casa, svolgono in genere una molteplicità di mansioni (pulizie, cucina, cura dei figli, ecc.) in un lavoro quotidiano che non conosce limitazioni di orario o giorni di riposo. Anzi, soprattutto per le donne lavoratrici, che non si avvalgono di personale di servizio, la propensione soggettiva al rischio può aumentare anche in ragione delle tensioni causate dalle occupazioni esterne. Pertanto, la somma dei rischi oggettivi si accompagna, col cedimento delle difese soggettive, oltre che alla ripetitività e, spesso alla fretta, alla fatica e al nervosismo, ossia a fattori che possono abbassare pericolosamente la soglia di attenzione.

Quanto detto risulta confermato anche dal fatto che le donne si infortunano per lo più (63,9%) svolgendo i lavori domestici, mentre per gli uomini è invece l’hobby o la necessità di riparazioni domestiche, del fai da te casalingo, del bricolage a rappresentare la principale occasione di infortuni (22,2%), generalmente provocati da trapani, seghe elettriche, martelli, scale insicure, ecc.; in questo caso il fenomeno interessa soprattutto le persone adulte (la percentuale sale al 30,4% per la classe d’età compresa tra i 25 e i 64 anni e al 27,3% per la fascia d’età che comprende gli over 65), mentre nel complesso l’incidentalità dei giovani, sia donne che uomini, è legata alle attività connesse al gioco e al tempo libero (tab. 31 e fig. 18).

Fig. 17 - Incidenza infortuni ogni 100 abitanti per sesso e classe d'età (val.%)

2,4

4,0

6,0

4,1

10,0

13,9

15,9

10,9

3,7 3,5

6,2

9,0

11,9

7,6

3,2

4,3

9,4

3,8

3,1

9,0

9,2

0-5 anni 6-14 anni 15-24 anni 25-44 anni 45-64 anni 65 anni e più Totale

Maschi

Femmine

Totale

Fonte : elaborazione Censis su dati Istat e Ispesl

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E tuttavia, uscendo dall’analisi dei dati ufficiali, che come già accennato tendono a fotografare il fenomeno nelle sue forme più gravi, ed analizzando invece l’incidentalità domestica anche nella sua dimensione più fisiologica e diffusa, il quadro che ne emerge risulta in parte differente. E’ indubbio infatti, che analizzato in questa prospettiva, il fenomeno appare molto più diffuso e pervasivo, di quanto non emerga dall’analisi dei dati statistici: innanzitutto perché interessa una quota di popolazione ben più ampia (come già accennato infatti, stando ai risultati dell’indagine, ben il 27,8% degli italiani ha dichiarato di essersi fatto male in casa nell’ultimo anno); in secondo luogo, perché risulta spalmato sulla popolazione in modo molto più trasversale ed omogeneo (tab. 32).

Se infatti è vero le donne risultano ancora una volta, l’anello più debole del sistema (ha dichiarato di aver avuto un incidente il 32,8% delle donne contro il 22,4% degli uomini), e ciò più per una difficoltà a organizzare e gestire i propri tempi di vita (sicuramente più complessi e articolati di quelli degli uomini) che non per un diverso rapporto con l’abitazione, è altrettanto evidente che, analizzando l’incidenza del fenomeno per condizione professionale, non si registra uno scostamento così marcato tra le donne che vivono e lavorano in casa (tra le casalinghe il tasso di microincidentalità si colloca al 33,1%) rispetto ad altre categorie di persone, apparentemente meno a rischio, come gli studenti (28,9%), i pensionati (28,6%) e gli occupati (25,6%) (tab. 33 e figg. 19 e 20).

Anzi, considerando il tempo che le prime trascorrono in casa, e l’esposizione ai rischi che ne deriva, ciò che colpisce è semmai un’incidenza di infortuni

Fig. 18 - Attività svolte al momento dell'infortunio per sesso, 1999 (val. %)

18,5

63,953,620,6

11,8

13,8

12,1

8,7

9,4

16,7

5,6

8,2

9,9

9,09,222,2

5,70,9

Uomini Donne Totale

Riparazioni, fai da te,bricolage

Altre attività, non indicato

Gioco, passatempi

Cure personali

Nessuna particolareattività

Lavori domestici

Fonte : elaborazione Censis su dati Istat

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abbastanza contenuta e legata - sì - allo svolgimento di attività domestiche (17,3%) - che pure rappresentano anche rispetto a questa dimensione micro del fenomeno la principale fonte di incidentalità - ma anche e soprattutto alla casualità: ben il 17,3% delle casalinghe intervistate ha infatti dichiarato di essersi fatta male cadendo o scivolando.

Fig. 19 - Italiani che hanno avuto un incidente domestico nel 2003, per sesso, condizione e area geografica di residenza (val. su 100 italiani)

22,4

32,8 33,128,6 28,9

25,621,8 21,9

34,0 32,527,8

Uom

ini

Don

ne

Cas

alin

ghe

Pens

iona

ti

Stud

enti/

diso

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Occ

upat

i

Nor

d ov

est

Nor

d es

t

Cen

tro Sud

Tota

le

Fonte : indagine Censis, 2004

Al contrario, negli altri segmenti professionali considerati, sicuramente meno abituati ed attrezzati per il lavoro di casa, i rischi domestici risultano nel quotidiano molto più legati allo svolgimento dei lavori giornalieri di pulizie e cucina (complessivamente si è fatto male per questa causa il 14,9% degli italiani), che non ad eventuali cadute (11,1%), ad ustioni (8,2%) o allo svolgimento di attività di bricolage o alla realizzazione di piccole riparazioni domestiche (7,9%).

Chi sta dentro casa, sembra quindi esposto al rischio di microincidenti, né più né meno di chi vive la casa di passaggio, stando il più della giornata fuori dalla propria abitazione per motivi di studio e di lavoro. Ma se la condizione professionale non risulta così influente rispetto al fenomeno, molto più lo è quella abitativa. Vivere al nord o al sud fa la differenza, non solo fuori casa, ma anche dentro. Al nord, infatti, il rischio infortunistico è molto più contenuto (si è fatto male nell’ultimo anno circa il 21,8% della popolazione) se comparato al centro (34%) e al sud (32,5%), dove è presumibile che il peggior stato di manutenzione delle abitazioni, una diffusa attitudine alla ristrutturazione fai da te, ma soprattutto una maggiore coincidenza dei tempi di vita con quelli della casa (si passa mediamente molto più tempo in casa al sud rispetto al nord)

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finiscano per influire non poco nel determinare maggiore esposizione al rischio: ad essere superiori rispetto al nord sono infatti non solo gli incidenti connessi allo svolgimento di attività domestiche (che hanno una frequenza del 19,2% al sud, 17,8% al centro, 11,6% al nord-ovest e 9,3% al nord est), ma anche e soprattutto quelli legati ad attività fai da te, che hanno provocato, fatta 100 la popolazione, una media di 10 incidenti al sud e circa 5 al nord nel corso dell’ultimo anno (tab. 34).

Fig. 20 - Italiani che hanno avuto un incidente domestico nell'ultimo anno, per tipologia di incidente e sesso (val. su 100 italiani)

14,3

11,111,1

18,3

11,3

14,9

7,7

8,2

5,0

7,96,9

9,0

Donne Uomini Totale

ferimento nellosvolgimento diattività domestiche

caduta/scivolata

ustione

ferimento nellosvolgimento diattività di fai da te

Fonte : indagine Censis, 2004

3.1.3. La geografia delle insidie domestiche

Proprio alla luce del fatto che ci si fa male durante il lavoro domestico quotidiano, non colpisce che sia la cucina (52%) l’ambiente potenzialmente più pericoloso e non solo perché, in definitiva, può essere la stanza più spesso frequentata da chi passa buona parte del proprio tempo in casa (al punto da essere usata, in molti casi, come living-room, sala giochi, sala televisione, ecc.), ma soprattutto perché rappresenta il luogo in cui si concentrano la maggior parte delle fonti di pericolo (dai detersivi ai coltelli, dai fornelli agli spigoli dei mobili, dagli elettrodomestici sempre più sofisticati e potenti ai medicinali che spesso vengono assunti proprio durante i pasti, ecc.) (tab. 35 e fig. 21).

Seguono il soggiorno e il salone (9%), i balconi, terrazzi e giardini (7,6%) e la camera da letto (6,6%). Quanto al soggiorno e al salone, spesso adibiti a sale di rappresentanza, la pericolosità è insita, per esempio, nei pavimenti tirati a

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lucido, nella presenza di tappeti che provocano scivoloni, in porte a specchio, in mobili dagli angoli appuntiti e taglienti. Nei giardini o nei terrazzi, invece, il pericolo è rappresentato dai davanzali, da attrezzi da lavoro o da giardinaggio (forbici, falciatrici, ecc.) o, ancora, da attrezzi e giochi per bambini a cui è facile arrampicarsi e che, se difettosi, possono provocare seri danni. Quanto alla camera da letto, costituiscono fonti di pericolo lenzuola, coperte e materassi, che possono prendere fuoco, per esempio, da una cicca di sigaretta per chi è abituato a fumare a letto, tappeti scivolosi, scaldini elettrici e termocoperte difettose, ecc.

Solo al quinto posto della graduatoria degli ambienti domestici più rischiosi la stanza da bagno (5,4%), dove, eppure, pavimenti e sanitari scivolosi, medicinali e cosmetici, nonché il connubio acqua-elettricità (con l’uso improprio di certi elettrodomestici) sono cause di alta accidentalità domestica.

Si tratta di indicazioni note agli addetti ai lavori e alla stragrande maggioranza degli italiani: non sono mancate infatti in questi ultimi anni campagne di sensibilizzazione volte ad informare i cittadini anche sui rischi presenti negli ambienti più famigliari. E del resto, stando ai risultati dell’indagine, gli italiani hanno dato prova di avere un buon grado di informazione rispetto alle insidie che si nascondono nei singoli spazi della casa, salvo poi riuscire a far tesoro delle conoscenze acquisite.

Malgrado ad esempio la cucina sia unanimemente riconosciuta come il luogo più rischioso (il 58% del campione pensa infatti, correttamente, che sia il luogo

Fig. 21 - La geografia del rischio domestico (val. %)

52,0 47,658,0

20,4

2,4

1,9

9,5

16,8

11,0

7,6

9,9 6,0

5,4

15,7 18,3

5,1 4,97,5

Luoghi in cui avvengono più incidenti Luoghi in cui gli italiani si sentono meno sicuri Luoghi in cui gli italiani pensano che avvenganopiù incidenti

cantina, garage

bagno

balcone, terrazzo,giardino

scale interne ed esterne

soggiorno, altre camere,corridoi

cucina

Fonte : indagine Censis, 2004

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dove avvengono più incidenti), è difficile scalfirne l’immagine di rassicurante focolare domestico, cui è legato il vissuto quotidiano della famiglia italiana (tab. 36). Pur consci delle insidie e dei pericoli che nasconde, più del 50% degli italiani si sente comunque a sicuro ed a proprio agio in cucina, molto più che in altri luoghi della casa. Comparativamente, fa molta più paura il bagno, considerando che ben il 18,3% pensa – scorrettamente – che sia il luogo dove avvengano più incidenti e che il 15,7% dichiara che è quello in cui si sente meno sicuro.

Al contrario, risultano del tutto sottovalutate le insidie della sala o del soggiorno (solo l’1,3% pensa che sia il luogo dove ci si fa più male e l’1,4% quello che incute più insicurezza), mentre nella graduatoria dei luoghi a rischio le paure degli italiani si concentrano sulle pertinenze: dopo il bagno, sono le scale interne il posto dove ci si sente più in pericolo (12,4%), seguite dal balcone (8,9%), dalla cantina e dal garage (7,5% complessivamente) e dalle scale esterne (4,4%).

Una lettura interessante può essere infine fornita anche dai dati disaggregati per sesso: fermo restando che per entrambi i generi il primato del luogo più a rischio spetta alla cucina (si è fatto male in questa stanza il 58,1% delle donne e il 31,1% degli uomini), rispetto agli altri luoghi, la geografia del pericolo domestico appare più eterogenea. Infatti, mentre per le donne, al secondo e terzo posto si collocano rispettivamente il soggiorno (8,2%) e la camera da letto (6,7%), per gli uomini, la seconda e terza posizione spettano a balconi, terrazzi e giardini (14,5%) e alle cantine, garage e altri ambienti (13,6%): luoghi – questi ultimi – dove si accumulano, spesso alla rinfusa, strumenti e oggetti per il fai da te, spesso molto pericolosi (mobili vecchi, oggetti in disuso o arrugginiti, oli e combustibili, ecc.).

Cambia la geografia del rischio anche rispetto all’età delle persone, con una tendenza da parte di ragazzi e bambini da un lato ed anziani dall’altro a farsi male più frequentemente in altre stanze oltre alla cucina: e in particolare soggiorno (21,1%) e bagno (10,1%) per i ragazzi fino a 25 anni e ancora una volta soggiorno (12,9%), balcone, terrazzo e giardino (8,5%) e cantine e garage (7,4%) per gli over 65.

Strettamente collegato al discorso sui i luoghi in cui avvengono gli infortuni è l’analisi degli agenti che provocano materialmente l’incidente. La principale causa di infortunio domestico per le donne è rappresentata (con il 36,7%) dall’uso di utensili o attività di cucina: questo vale, in particolare, per quelle appartenenti alle fasce di età compresa tra lo 0 e i 24 anni (29,8%) e,

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soprattutto, tra i 25 e i 64 anni (44,1%) (tab. 37). Per quelle di età più avanzata, la causa di incidente più frequente è la caduta (40,8%), mentre al terzo posto (col 19,9%), tra le cause di infortunio domestico (e questo vale per tutte le fasce d’età) si colloca la struttura dell’abitazione.

Struttura edilizia, utensili da cucina e cadute costituiscono le principali cause di infortunio anche per gli uomini, sebbene, in questo caso, si possa osservare un diverso ordine di frequenza. L’incidente più frequente, per i maschi è la caduta (33,2%), con punte altissime per gli over 65 (56%), per i quali, peraltro, le cadute dalla scala rappresentano, in particolare, una delle cause più ricorrenti (sono, infatti, al terzo posto della graduatoria con il 21,3%).

Dall’esame delle conseguenze provocate dagli infortuni domestici, emerge che la ferita (43%) rappresenta il tipo di lesione traumatica più frequente per entrambi i sessi, sia pur con un’incidenza superiore per gli uomini (52,9%) piuttosto che per le donne (40%) (tab. 38). Non è da trascurare, inoltre, la frequenza delle ustioni (25,5%), soprattutto per quanto riguarda le donne (30,1% contro il 10% relativo agli uomini) e degli altri tipi di lesione (contusioni, escoriazioni, abrasioni, ecc.) (24,2%), soprattutto per le persone più anziane, siano esse maschi (30,8%) o femmine (30%).

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Tab. 29 - Infortuni in casa, al lavoro o in un incidente stradale, 1998-2000 (v.a., var.% e val.%)

V.a. Var. 1998-2000

1998 v.a.

2000 v.a. Diff. Var. % Morti

(2000) Indice di

mortalità (*)

Infortuni in incidenti domestici 4.148.000 4.380.000 232.000 5,6 8.000 0,2 Infortuni sul lavoro avvenuti e denunciati 997.914 1.022.693 24.779 2,5 1.398 0,1 Incidenti stradali 204.615 228.912 24.297 11,9 6.649 2,9 (*) Quota percentuale dei deceduti sul totale degli infortuni/incidenti Fonte:elaborazione Censis su dati Istat, Inail, Ispesl

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Tab. 30 - Casalinghe assicurate all'Inail, 2002 (v.a.)

Assicurate Infortuni denunciati

Infortuni indennizzati

Piemonte 116.230 57 2 Valle d'Aosta 3.550 1 - Lombardia 308.496 91 1 Trentino Alto Adige 32.989 13 - Veneto 179.434 41 2 Friuli Venezia Giulia 46.100 14 1 Liguria 53.928 29 - Emilia Romagna 102.306 99 1 Toscana 108.486 65 1 Umbria 30.428 27 - Marche 37.928 28 1 Lazio 146.469 94 2 Abruzzo 38.401 33 2 Molise 10.769 17 1 Campania 99.321 75 3 Puglia 139.007 105 1 Basilicata 20.335 25 - Calabria 34.622 32 1 Sicilia 133.262 84 2 Sardegna 79.931 52 2 Non determinato 5.728 - ITALIA 1.727.720 982 23 Fonte: elaborazione su dati Inail

Page 88: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 31 - Attività svolte al momento degli incidenti per sesso e classe di età degli infortunati, 1999 (per 100 incidenti subiti da persone dello stesso sesso e classe di età)

Maschi Femmine Totale 0-24 anni 25-64 anni 65 più anni Totale 0-24 anni 25-64 anni 65 più anni Totale 0-24 anni 25-64 anni 65 più anni Totale

Lavori domestici 6,5 24,1 21,6 18,5 13,0 76,5 53,4 63,9 10,1 66,6 47,3 53,6 Nessuna particolare attività 16,2 24,1 18,3 20,6 11,1 6,9 23,5 11,8 13,4 10,2 22,5 13,8 Cure personali 16,5 9,0 13,2 12,1 13,6 7,4 9,8 8,7 14,9 7,7 10,5 9,4 Gioco, passatempi 52,1 2,9 1,9 16,7 45,2 1,5 0,6 5,6 48,3 1,7 0,9 8,2 Altre attività 5,0 8,8 17,7 9,6 11,8 5,6 8,3 6,9 8,7 6,2 10,1 7,5 Riparazioni, fai da te, bricolage 3,7 30,4 27,3 22,2 - 1,2 0,6 0,9 1,7 6,7 5,7 5,7 Non indicato - 0,7 - 0,3 5,2 1,0 3,8 2,1 2,9 0,9 3,0 1,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 89: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 32 - Gli incidenti domestici nell’ultimo anno, per tipologia e sesso (val. %) Sesso Maschi Femmine Totale Percentuale di italiani che hanno avuto un incidente domestico

22,4 32,8 27,8

- ferimento nello svolgimento di attività domestiche 11,3 18,3 14,9 - caduta/scivolata in casa 7,7 14,3 11,1 - ustione 5,0 11,1 8,2 - ferimento nello svolgimento di attività fai da te 9,0 6,9 7,9 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 90: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 33 - Gli incidenti domestici nell’ultimo anno, per tipologia e condizione dell’infortunato (val. %) Condizione professionale Totale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupato Occupato

Percentuale di italiani che hanno avuto un incidente domestico

33,1 28,6 28,9 25,6 27,8

- ferimento nello svolgimento di attività domestiche 17,3 16,7 12,6 14,3 14,9 - caduta/scivolata in casa 17,3 8,7 12,5 9,3 11,1 - ustione 12,6 4,0 12,5 6,5 8,2 - ferimento nello svolgimento di attività fai da te 4,0 10,4 7,9 8,6 7,9 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 91: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 34 - Gli incidenti domestici nell’ultimo anno, per tipologia e area geografica (val. %) Area geografica Totale Nord-ovest Nord-est Centro Sud Percentuale di italiani che hanno avuto un incidente domestico

21,8 21,9 34,0 32,5 27,8

- ferimento nello svolgimento di attività domestiche 11,6 9,3 17,8 19,2 14,9 - caduta/scivolata in casa 8,3 11,3 11,8 12,8 11,1 - ustione 6,0 9,9 7,8 9,1 8,2 - ferimento nello svolgimento di attività fai da te 4,7 6,7 10,5 9,8 7,9 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 35 - Ambienti domestici in cui avvengono gli incidenti per sesso e classi degli infortunati, 1999 (per 100 incidenti subiti da persone dello stesso sesso e classe di età)

Maschi Femmine Totale 0-24

anni 25-64 anni

65 più anni

Totale 0-24 anni

25-64 anni

65 più anni

Totale 0-24 anni

25-64 anni

65 più anni

Totale

Cucina 35,1 32,4 23,0 31,1 42,7 66,7 43,6 58,1 39,2 60,2 39,6 52,0 Soggiorno, salone 24,0 0,8 20,9 11,7 18,7 5,2 11,1 8,2 21,1 4,4 12,9 9,0 Balcone, terrazzo, giardino 10,5 18,8 9,6 14,5 1,6 5,0 8,3 5,5 5,6 7,6 8,5 7,6 Camera da letto, cameretta 12,8 5,4 - 6,3 6,7 5,7 9,1 6,7 9,5 5,6 7,3 6,6 Scale interne all’abitazione - 7,1 6,5 4,9 3,6 6,6 4,1 5,6 2,0 6,7 4,5 5,5 Bagno 6,9 8,9 13,2 9,3 12,7 2,5 5,2 4,2 10,1 3,7 6,7 5,4 Cantina,garage,altro ambiente 5,4 16,7 17,4 13,6 0,9 1,8 5,0 2,6 2,9 4,6 7,4 5,1 Scale esterne all’abitazione 3,2 6,6 3,0 4,9 5,1 3,1 4,7 3,7 4,2 3,7 4,4 4,0 Corridoio, ingresso 2,0 2,8 6,4 3,3 2,8 2,9 6,0 3,7 2,4 2,9 6,1 3,6 Non indicato - 0,7 - 0,3 5,2 0,6 3,0 1,7 2,9 0,6 2,4 1,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione su dati Istat

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Tab. 36 - Luogo della casa in cui gli italiani si sentono meno sicuri e pensano che avvengano più incidenti (val. %.)

Mi sento meno sicuro

Penso che avvengano più incidenti

Cucina 47,6 58,0 Bagno 15,7 18,3 Scale interne 12,4 6,5 Balcone 8,9 4,1 Scale esterne 4,4 4,5 Cantina 4,0 2,8 Garage 3,5 2,1 Soggiorno 1,4 1,3 Giardino 1,0 1,9 Corridoio 1,0 0,6 Totale 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Censis, 2004

Page 94: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 37 - Cause degli incidenti per sesso e classi degli infortunati, 1999 (per 100 incidenti subiti da persone dello stesso sesso e classe di età)

Maschi Femmine Totale Totale 0-24 anni 25-64

anni 65 più anni

Totale 0-24 anni 25-64 anni

65 più anni

Totale 0-24 anni

25-64 anni

65 più anni

Utensili o attività di cucina 23,3 21,8 13,1 20,4 29,8 44,1 21,6 36,7 26,9 39,9 20,0 33,0Cadute 26,3 27,4 56,0 33,2 24,3 21,7 40,8 27,0 25,2 22,8 43,7 28,4Struttura edilizia 21,2 14,7 32,9 20,4 18,7 17,5 26,0 19,9 19,9 17,0 27,3 20,0Cadute dalle scale 2,6 14,4 21,3 12,5 5,9 11,8 13,4 11,6 4,4 12,3 14,9 11,8Pavimento 16,5 7,3 18,2 12,3 12,8 7,7 14,9 10,2 14,5 7,7 15,6 10,6Mobili, porte e parti abitazione 16,4 10,3 1,4 10,1 10,0 5,7 5,5 6,1 12,9 6,6 4,7 7,0Elettrodomestici non di cucina - - - - 7,3 7,6 2,4 6,2 4,0 6,2 1,9 4,8Fai da te 6,5 13,5 7,0 10,2 - 2,3 - 1,4 3,0 4,4 1,3 3,4Riscaldamento 3,9 - - 1,1 3,0 0,4 2,4 1,2 3,4 0,3 1,9 1,2Doccia 1,2 2,9 4,7 2,8 - 0,3 0,9 0,4 0,6 0,8 1,6 1,0 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 95: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 38 - Lesioni e parti del corpo coinvolte negli incidenti per sesso e classe degli infortunati, 1999 (per 100 incidenti subiti da persone dello stesso sesso e classe di età)

Maschi Femmine Totale Totale 0-24

anni 25-64 anni

65 più anni

Totale 0-24 anni

25-64 anni

65 più anni

Totale 0-24 anni

25-64 anni

65 più anni

Lesioni Ferita 53,9 52,8 51,9 52,9 42,8 40,6 37,6 40,0 47,9 42,9 40,3 43,0Ustione 8,1 13,5 4,3 10,0 25,6 34,1 22,4 30,1 17,6 30,2 18,9 25,5Altra lesione 24,3 26,0 30,8 26,5 21,7 21,0 30,0 23,5 22,9 21,9 30,1 24,2Frattura 14,1 11,3 17,5 13,4 4,6 11,4 19,3 12,8 8,9 11,4 19,0 13,0 Parti del corpo Arti superiori 45,5 58,5 42,8 51,4 45,7 70,0 53,3 63,1 45,6 67,8 51,3 60,4Arti inferiori 21,4 21,9 29,4 23,4 27,5 22,2 36,4 26,6 24,8 22,2 35,1 25,8Testa 27,3 7,1 21,9 16,0 16,3 6,2 18,7 10,6 21,3 6,4 19,3 11,8Altra parte del corpo 12,2 2,6 8,4 6,6 4,6 7,7 8,0 7,5 8,0 6,8 8,1 7,3Torace - 7,1 6,5 4,9 7,5 1,7 3,9 2,9 4,1 2,7 4,4 3,3Occhi 1,7 6,8 7,2 5,4 6,1 1,9 1,9 2,3 4,1 2,8 2,9 3,0Addome - - - - - 0,9 2,1 1,1 - 0,7 1,7 0,9 Fonte: elaborazione su dati Istat

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FONDAZIONE CENSIS

93

3.2. La multidimensionalità del rischio domestico

3.2.1. Quanto e come crescono i rischi nelle abitazioni

Al di là delle caratteristiche e delle conseguenze che produce, l’infortunio domestico è, come già anticipato, un fenomeno in crescita costante. Al netto della microincidentalità sommersa (quella che sfugge alle statistiche ufficiali) tra 1988 e 2000 (gli anni a partire dai quali e fino ai quali il fenomeno è stato rilevato dalle statistiche ufficiali), gli infortuni sono aumentati del 65,5%, registrando un tasso di crescita particolarmente elevato per le donne (+79%) e più contenuto per gli uomini (+38,6%) (fig. 22).

L’AUMENTO DELL’INCIDENTALITÀ DOMESTICA: VERA CRESCITA O EMERSIONE?

Gli infortuni crescono statisticamente perché aumenta la consapevolezza, la sensibilità e quindi la tendenza alla denuncia. Quando cresce la consapevolezza è naturale che il fenomeno aumenta nella percezione della gente. A ciò si aggiunga il fatto che, diversamente da quanto avviene nel caso degli infortuni sul lavoro, la definizione dell’infortunio domestico è molto estesa, e ricomprende le situazioni più diverse: per cui si finisce che ai fini della contabilizzazione una ustione conta quanto una puntura di spillo (Ispesl)

***

Il problema con gli infortuni domestici, è che ce ne sono molti di più di quanti non rilevino e statistiche ufficiali. In materia è stata varata una legge nazionale (L.439/99) che in tutta la prima parte aveva come obiettivo la comunicazione, l’informazione e la raccolta di dati. Purtroppo questa parte non ha funzionato bene e ad esempio al pronto soccorso – che dovrebbe per primo registrare l’avvenuto infortunio - rararmente quando arriva un incidente domestico lo si descrive come tale (Federcasalinghe)

***

Sicuramente, nelle statistiche dell’infortunistica domestica c’è molto meno di quanto dovrebbe esserci, perché il fenomeno resta in gran parte sommerso; ma c’è anche qualcosa in più: si pensi a tutti gli infortuni in ambiente di lavoro che vengono denunciati come infortuni domestici perché chi ne è stato coinvolto non aveva un contratto regolare di lavoro o l’azienda non era in regola con il versamento dei contributi all’Inail (Cisl)

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94

Fig. 22 - Donne e uomini infortunati in ambiente domestico, 1988-2000 (v.a. in migliaia, val.% e var.%)

820

1.112 980692

2.3562.3722.2401.733

2.504(72%)

1.399(66,5%)

976(28%)

704(33,5%)

1988 1990 1997 1998 1999 2000

Donne UominiFonte : elaborazione Censis su dati Istat e Ispesl

Uomini infortunati+38,6%

Donne infortunate+79%

A farne le spese, oltre alle donne, sono stati i giovanissimi e gli anziani. Nell’ultimo decennio, si è infatti praticamente raddoppiato il numero di persone infortunate in ambiente domestico di età inferiore ai cinque anni e superiore ai 64. Dal 1990 al 2000, l’incidentalità fra i fanciulli in tenera età è cresciuta del 101,5%, mentre quella tra le persone in età avanzata è aumentata 97,5% (tab. 39). E’ cresciuta, nel tempo, sia pur in misura meno evidente, ma in ogni caso non meno preoccupante, anche l’incidentalità relativa alle fasce di età comprese tra i 45 e i 64 anni (+46,5%) e tra i 25 e i 44 anni (+12,3%) che, peraltro, risultano essere, insieme a quella degli over 65 (il 27,4% delle persone complessivamente coinvolte), quelle maggiormente interessate dal fenomeno (rispettivamente il 31% e il 23,8%).

Al contrario, tra giovani e adolescenti il fenomeno sembra in diminuzione: e nello specifico, si è avuta una contrazione del 21,1% degli infortuni tra i giovani di età compresa tra i 6 e 14 anni, e del 25,3% per la classe di età compresa tra i 15 e 24: un dato questo che può essere ricondotto anche ad una maggiore dimestichezza, da parte di questo segmento di popolazione rispetto agli adulti, con elettrodomestici e apparecchi sofisticati di uso domestico, o, comunque, ad una maggiore attenzione (specialmente da parte dei più grandi) alle campagne di informazione e di educazione dedicate, in questi ultimi anni, proprio al tema della sicurezza domestica. Un’ipotesi questa confermata anche dal fatto che siamo di fronte ai segmenti generazionali complessivamente meno colpiti dal fenomeno.

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Il dato, che può apparire allarmante, sconta evidentemente un effetto amplificazione indotto da una crescente tendenza alla denuncia dell’infortunio, vuoi perché oggi se ne parla molto di più rispetto a dieci anni fa, vuoi perché l’azione delle campagne di prevenzione ed informazione mirate a specifici segmenti (in particolare giovani e casalinghe) ha contributo ad accrescere la sensibilità sociale sul tema. E tuttavia, è indubbio che pur letto con le dovute cautele del caso, il dato mostra una tendenza incontrovertibile di crescita dei rischi legati all’ambiente domestico, e riconducibile, al di là dei fattori infrastrutturali, ad un insieme di cause estremamente diversificate:

- l’aumento delle fasce di popolazione a rischio, e in particolare anziani e donne, determinato dall’invecchiamento della popolazione e dall’allungamento delle aspettative di vita;

- l’accelerazione dei ritmi di vita, che ha finito per avere l’impatto più evidente sulle donne che, in progressiva e crescente entrata nel lavoro, sono state trainate in un processo di moltiplicazione dei ruoli di vita, che ha finito per rendere più frenetica l’organizzazione e la gestione dei tempi della famiglia, e della casa conseguentemente;

- la crescente pericolosità e complessità di utilizzo di alcuni prodotti che entrano nelle case, e che finiscono per introdurre nuovi fattori di rischio nelle abitazioni degli italiani;

- la progressiva estraneità dell’ambiente domestico, prodotta dal fatto che mentre da un lato casa italiana si svuota sempre più suoi soggetti tradizionali (le donne che lavorano), dall’altro si riempie di persone nuove (colf, badanti, affittuari) che hanno comunque con l’abitazione un rapporto di estraneità e di lontananza.

Naturalmente, l’elenco dei fattori che rendono oggi le case degli italiani meno sicure di quanto non fossero qualche anno fa, potrebbe proseguire all’infinito, come altrettanto vasto sarebbe quello di tutti i diversi elementi che agiscono in senso opposto, rendendo al contrario più sicuro il nostro vivere quotidiano dentro le case.

Ciò non basterebbe tuttavia a rendere più agevole la lettura e la spiegazioni dei dati, dal momento che il rischio domestico si presenta come un fenomeno estremamente complesso, e la cui multidimensionalità suggerisce una linea d’analisi che tenga in considerazione tutti i distinti livelli che determinano l’insorgenza del rischio, e che sono riconducibili ad almeno tre macrofattori: alla qualità del sistema abitativo; al mercato dei beni di largo consumo, e

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conseguentemente alla qualità del sistema produttivo ad esso sotteso; alla qualità dello stile di vita degli italiani, che dai microcomportamenti quotidiani, alle scelte di consumo occasionali, finisce per essere il principale fattore scatenante di rischio.

I FATTORI DI CRESCITA DEGLI INCIDENTI DOMESTICI

Gli incidenti crescono perché cresce la popolazione a rischio: crescono le donne, che sono peraltro sempre più sottoposte a condizioni di stress (perché lavorano sempre più, perché non hanno supporti adeguati a gestire il carico domestico e famigliare) e crescono soprattutto gli anziani, ovvero i soggetti a più alto rischio infortunistico (Federcasalinghe)

***

Gli infortuni aumentano in ambiente domestico tutta una serie di elettrodomestici che presentano dei rischi estremamente elevati. E questo non perché siano in sé pericolosi – anzi la tecnologia ha innalzato i livelli di sicurezza – ma perché le persone che li utilizzano non ne conoscono fino in fondo i rischi (Aias)

***

Sono aumentate e di tanto, le disattenzioni degli italiani. Oggi i ritmi di vita sono sempre più frenetici, per cui è molto più facile distrarsi, e quindi incorrere in qualche incidente (Adiconsum)

***

Le case sono sempre più piene di sostanze nocive e pericolose: basta pensare all’evoluzione dei tanti prodotti utilizzati per la pulizia della casa, che se da un lato è vero che sono più aggressivi, e quindi efficaci, dall’altro è indubbio che la loro tossicità sia cresciuta notevolmente (Periti industriali)

3.2.1. La qualità del sistema abitativo

Per un tipo infortunio come quello domestico, che non presenta alcun tipo di specificità se non quelle legate all’ambiente in cui si sviluppa – la casa per l’appunto – è indubbio che questa finisca per divenire un elemento imprescindibile nel determinare una condizione di rischio. Le caratteristiche strutturali delle abitazioni rappresentano pertanto uno dei punti di partenza dell’analisi sui fattori che determinano l’incidentalità domestica, dando per scontato che tanto più alta è la qualità del sistema abitativo in cui si vive, tanto minori dovrebbero essere i rischi che questo può generare.

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Per delineare un primo quadro, parziale ma indicativo dello stato di salute del nostro patrimonio edilizio, basti solo considerare che nell’ultimo anno, il 18% degli italiani si è trovato a dover fronteggiare infiltrazioni, macchie o muffe sulle pareti, e l’11,7% perdite d’acqua, prodotte, verosimilmente dall’obsolescenza degli impianti idraulici. Una quota un po’ più bassa, ma pur sempre rilevante di cittadini, ha avuto problemi di allagamento (7,5%), ostruzione alle fogne (5%), cortocircuiti (4,2%), ostruzioni agli scarichi delle terrazze (4,1%) e lesioni gravi sui pavimenti, sulle pareti e sui soffitti (3,4%); mentre fortunatamente, molti meno italiani (rispettivamente l’1,7% e lo 0,8%) si sono trovati ad avere a che fare con fughe o perdite di gas e incendi (tab. 40 e fig. 23).

Fig. 23 - Danni e problemi accusati nelle case italiane nell'ultimo anno (val.%)

18,0

11,7

7,5

5,04,2 4,1

3,4

1,70,8

Infiltrazioni,macchie sulle

pareti

Perdite d’acqua Allagamenti Ostruzionefogne

Cortocircuiti Ostruzionescarichi delle

terrazze

Lesioni gravi supavimenti,

pareti, soffitti

Fughe, perdite digas

Incendi

Fonte : Indagine Censis, 2004

Il quadro descritto segnala l’esistenza di problematiche connesse ad una serie di aspetti infrastrutturali delle nostre abitazioni, che vanno dalla qualità dei materiali di costruzione, alla manutenzione delle strutture e dell’impiantistica, e che presentano peraltro una marcata variabilità territoriale.

Ancora una volta infatti la penisola appare spaccata a metà, con un nord che presenta un indice di problematiche legati agli edifici comunque sostenibile, ed un centro sud colpito in misura ben più grave: si pensi solo che mentre al centro e al sud, quasi un cittadino su quattro nell’ultimo anno è dovuto ricorrere a rimedi per macchie, muffe o infiltrazioni nelle pareti, al nord, solo un cittadino su dieci ha avuto a che fare con questo tipo di problemi. Ancora, risultano decisamente più frequenti al centro-sud i problemi relativi agli impianti idraulici (ha avuto perdite d’acqua il 16,6% degli abitanti del centro

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sud contro il 4,6% del nord est e il 7,9% del nord-ovest), le lesioni su pavimenti, pareti e soffitti (si va dallo 0,9% del nord-ovest al 6% del centro), l’ostruzione degli scarichi delle terrazze (5,3% al sud, 6% al centro e poco più del 2% al nord) e infine i cortocircuiti: ne ha avuto in casa almeno uno nell’ultimo anno il 6,4% degli abitanti del meridione.

Poco sembra pesare l’anzianità dell’edificio: le nuove costruzioni non garantiscono più delle vecchie; anzi, rispetto ad alcune specifiche problematiche (come il rischio di cortocircuiti o di ostruzione delle fogne) gli edifici costruiti dopo il 1980 presentano dei rischi più elevati di quelli costruiti precedentemente (tab. 41).

Se ci si ferma ai pochi dati descritti, la fotografia che sembra emergere è quella di un Paese in cui l’intero patrimonio abitativo sembrerebbe ormai abbandonato a se stesso e destinato all’obsolescenza. Tuttavia, se ci affidiamo al giudizio complessivo delle famiglie italiane, secondo i dati dell’Istat, nel 2001 solo il 5,5% di esse considerava la propria abitazione in cattive condizioni (tabb. 42, 43 e 44). Considerando che solo otto anni prima, nel 1993, lo stesso valore, si attestava al 7,6%, se ne può dedurre che negli ultimi anni vi sia stato complessivamente un miglioramento delle condizioni del nostro patrimonio edilizio, che è risultato peraltro particolarmente evidente proprio nelle regioni del mezzogiorno, dove lo stato di denuncia delle cattive condizioni della propria abitazione è passato dall’11,2% del 1993 al 7,4% del 2001.

Senza indulgere in inopportuni ottimismi, il dato testimonia di un processo di lenta ma progressiva crescita se non del livello di qualità delle abitazioni, quanto meno della cultura che ne è a monte.

E’ indiscusso, da questo punto di vista, l’effetto positivo di alcune normative, che dalla fine degli anni ottanta hanno cercato di disciplinare i sistemi di costruzione delle case e di manutenzione interna, introducendo peraltro elementi importantissimi ai fini dell’innalzamento dei livelli complessivi della sicurezza nel nostro Paese. Dalla legge Merloni, alla L.46 del 1990, dagli sgravi sulle ristrutturazioni alle varie proposte di introduzione del Fascicolo di fabbricato (in tutte le sue numerose vesti) si è cercato di far maturare una maggiore cultura di responsabilità rispetto alla manutenzione del patrimonio edile del paese, sia presso le imprese che presso i cittadini, i cui positivi effetti iniziano a farsi vedere.

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I PROGRESSI NELLA QUALITÀ DEL SISTEMA ABITATIVO ITALIANO DEGLI ULTIMI ANNI

Le normative adottate a partire dagli anni ottanta, dalla Legge Merloni alla L.46/90, pur se di taglio settoriale, hanno contribuito non poco ad innalzare i livelli qualitativi delle abitazioni in Italia. La casa è diventata oggi più sicura, rispetto a dieci anni fa, in quanto sono entrate in vigore delle disposizioni che conferiscono maggiore sicurezza agli impianti, ai materiali ed alle attrezzature che vengono adottate nelle abitazioni. A titolo di esempio si rammenta la L.46/90 che stabilisce quali debbano essere i requisiti degli impianti (elettrici, elettronici, di riscaldamento e climatizzazione, idrosanitari, di distribuzione ed erogazione del gas, ascensori, antincendio) e le caratteristiche degli installatori autorizzati a realizzare tali impianti (Ministero dell’Interno)

***

La casa degli italiani negli ultimi dieci anni è diventata più sicura, almeno per quello che concerne la sicurezza degli impianti elettrici. Grazie alla legge 46 del 1990, prima legge in Italia ad interessarsi della sicurezza, si è regolato per la prima volta in maniera specifica l’antinfortunistica in questo settorie, individuando innanzitutto i soggetti abilitati a “mettere mano” negli impianti elettrici, cioè installatori regolarmente iscritti alla camera di commercio che alla fine dei lavori sono obbligati a rilasciare una dichiarazione di conformità del lavoro alla regola dell’arte. Questo per quanto riguarda la manutenzione straordinaria, la ristrutturazione e gli impianti nuovi. L’unico ambito lasciato alla libertà dell’utente è la manutenzione ordinaria, cioè tutti quegli interventi destinati a mantenere lo stato dell’impianto. Inoltre è specificato che tutti gli impianti elettrici in essere del paese devono essere adeguati alle norme vigenti. E’ stata consentita la retroattività con le dovute deroghe, considerando che l’80% degli impianti del nostro paese non era a norma. Quindi gli impianti costruiti prima della promulgazione della legge 46/90 si ritenevano adeguati se dotati di dispositivi di sezionamento e manovra a monte dell’impianto, dispositivi per la protezione contro sovraccarico e corto circuito ed interruttore differenziale ad alta sensibilità. Quest’ultimo è stato battezzato trent’anni fa dalla Bticino “Salva La Vita” poiché serve per proteggere le persone dai contatti indiretti. La legge lo rende obbligatorio anche per gli impianti vecchi anche senza l’impianto di terra (BTicino).

***

Anche rispetto al sistema termoidraulico e di riscaldamento la sicurezza delle abitazioni è migliorata notevolmente, grazie alla L.46 del 1990 e al DPR 412 del 1993. Quest’ultimo ha segnato una pietra miliare nel sistema della manutenzione periodica poiché prevede la verifica degli impianti di riscaldamento da parte di un manutentore abilitato. Quest’obbligo è relativo solo alle caldaie e non anche agli scaldabagni a gas, ma ha comunque sensibilizzato la categoria e l’utenza verso la sicurezza. Oggi gli strumenti normativi per la sicurezza ci sono tutti: bisogna soltanto farli penetrare in tutti i segmenti di mercato (Vaillant).

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Al proposito, non può che essere valutato positivamente, considerato il costume nostrano, il fatto che negli ultimi due anni, ben il 54,9% degli italiani abbia effettuato interventi di manutenzione degli impianti elettrici, del gas, di riscaldamento e idraulici presenti nella propria abitazione; e che ben il 40,5% abbia provveduto sempre nell’arco degli stessi due anni, a mettere a norma gli impianti esistenti in casa (tab. 45 e fig. 24). Peraltro, gli interventi imposti dalla normativa, hanno avuto anche il positivo effetto di trainare le ristrutturazioni, che sono state sempre numerose: le ha fatte il 18,8% degli italiani, con riferimento all’esterno, e il 16,9% all’interno. Il 5,7% infine, è intervenuto in modo ancora più mirato sulla sicurezza della propria casa, rimovendo materiali tossici, inquinanti o pericolosi come l’eternit o l’amianto.

Fig. 24 - Interventi in casa che gli italiani hanno effettuato negli ultimi due anni o che prevedono di realizzare nel prossimo (val.%)

54,9

40,5

18,8 16,9

5,7

38,4

12,18,3 7,2

2,6

Manutenzione degli impiantielettrici, gas, riscaldamento,

idraulici

Messa a norma degli impiantielettrici, gas, riscaldamento

Ristrutturazione degli ambientiinterni

Ristrutturazione degli ambientiesterni

Rimozione di materiali tossici,inquinanti o comunque

pericolosi (ad es. eternit,amianto)

Negli ultimi 2 anni

Nel prossimo anno

Fonte : Indagine Censis, 2004

Leggermente meno rosea risulta invece la previsione per l’immediato futuro, che sconta tuttavia la proiezione su un arco temporale più limitato (un anno) rispetto al passato (due anni): per cui se com’è prevedibile ed ovvio, solo il 12,1% prevede per il prossimo anno di fare interventi per la messa a norma degli impianti (un processo che dovrebbe essere oramai in corso di completamento), preoccupa un po’ di più il dato sugli interventi di manutenzione, a cui risulta interessato solo il 38,4% del campione. Rispetto alle ristrutturazioni, gli italiani dovrebbero invece rispettare le linee di tendenza degli anni passati: l’8,3% effettuerà interventi sugli ambienti interni mentre il 7,2% interventi all’interno: se proiettate sui prossimi due anni entrambe le percentuale potrebbero raddoppiare.

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E’ comunque certo che il rispetto delle norme sull’impiantistica domestica costituisce un ottimo incentivo personale a proseguire nell’attività di manutenzione: tra coloro che hanno infatti realizzato interventi di messa a norma negli ultimi due anni, l’intenzione di effettuarne la manutenzione nel prossimo è più alta di chi non l’ha fatto (43,1% contro 35,2%) (tab. 46).

Particolarmente interessante risulta da questo punto di vista l’analisi dei dati per area geografica, dalla quale emerge una forte spinta da parte delle aree del centro-sud a colmare – a livello micro - il divario rispetto al nord riguardo alla qualità del sistema abitativo. Colpisce soprattutto il fatto che negli ultimi due anni più del 60% degli intervistati residente in questa parte del Paese (rispettivamente il 65,6% al centro e il 61,3% al sud) abbia effettuato interventi di manutenzione degli impianti, mentre al nord la percentuale si è collocata tra il 44% e 46%. Si tratta di un dato importante, che testimonia la maturazione di una cultura della prevenzione proprio presso quei segmenti di popolazione che più sono stati vittime – e le dimostrazioni nelle cronache di vissuto quotidiano e di mala edilizia certo non mancano - dei pericoli derivanti dal cattivo stato di manutenzione del patrimonio edilizio (fig. 25).

Un dato questo, che viene peraltro confermato anche dalle intenzioni di comportamento nel prossimo anno: dichiara infatti di voler effettuare interventi di manutenzione agli impianti presenti in casa il 42,8% degli italiani residenti al centro, il 41,8% al sud, il 40,4% al nord est e solo il 28,6% al nord-ovest. Al sud, poi, risultano molto più alte anche le percentuali di italiani che intendono effettuare ristrutturazioni sia interne (12,1%) che esterne (8,2%).

Fig. 25 - Interventi di messa a norma e di manutenzione che gli italiani hanno effettuato negli ultimi due anni, per area geografica (val.%)

46,7 44,4

65,661,3

46,0

33,1

42,839,0

Nord ovest Nord est Centro Sud

Manutenzione degli impianti elettrici, gas,riscaldamento, idraulici

Messa a norma degli impianti elettrici, gas,riscaldamento

Fonte : Indagine Censis, 2004

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Oltre il dato territoriale, un altro aspetto che contribuisce a determinare un orientamento proattivo rispetto alla preservazione della qualità della propria abitazione, è rappresentato dalla condizione in cui ci si trova: di proprietario o affittuario. Nel primo caso, infatti, il titolo di godimento è un indiscutibile incentivo ad effettuare tutte le migliorie necessarie non solo a garantire eleganza, funzionalità e comfort, bensì a soddisfare i criteri di sicurezza previsti. Non stupisce pertanto, che chi è proprietario della casa in cui vive si sia attivato con più incisività negli ultimi due anni nella manutenzione degli impianti rispetto a chi è in affitto (56,9% contro 46,3%), nella rimozione di materiali tossici (6,5% contro 2,3%), nelle ristrutturazioni interne (19,7% contro 14,8%) e in quelle esterne (tab. 47).

Da questo punto di vista, anzi, è positivo segnalare come dal 1993 al 2001 vi sia stato un aumento significativo delle famiglie proprietarie delle abitazioni in cui vivono, passate dal 66,8% al 71,3%: una tendenza riscontrabile in tutte le ripartizioni territoriali, ed in misura maggiore nell’Italia insulare (tabb. 48-49).

Ancora una volta invece, risulta relativamente poco discriminante l’anzianità o meno della propria abitazione: se si escludono le ristrutturazioni che sono state, com’è ovvio, più frequenti nelle abitazioni costruite prima del 1970, non si riscontrano significative differenze rispetto alla messa a norma degli impianti, che hanno coinvolto in misura pressocché omogenea l’intero patrimonio edile italiano. Solo rispetto agli interventi di manutenzione si riscontra una maggiore propensione ad effettuarli da parte di inquilini e proprietari delle abitazioni costruite tra gli anni 60 e 80 (tab. 50).

Naturalmente, al di là dell’apprezzamento rispetto alla tendenza che emerge dalle dichiarazioni degli italiani, è indubbio che sulla qualità del nostro sistema abitativo resta ancora molto da fare. Il portato di anni di mala edilizia che si è concretata nell’abusivismo, nell’assenza di normative di riferimento, nell’uso di materiali scadenti o addirittura nocivi per la salute, nella la scarsa propensione alla manutenzione della abitazioni e degli impianti, è ancora sotto gli occhi di tutti. Basti solo pensare che:

- in Campania 10 abitanti su 100 pensano che la propria casa sia in cattive condizioni;

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- solo il 25,5% delle abitazioni del Paese (ma al sud il dato sale al 35%) è ancora sprovvisto di un impianto a terra, contravvenendo a quanto previsto dalla normativa del 1990;

- ben il 5,9% delle abitazioni italiane ha ancora strutture in eternit. Al sud e nelle case costruite tra il 1971 e 1980 la presenza di questo materiale sale rispettivamente al 7,6% e 8,2%.

Pur tuttavia, qualche progresso c’è stato, e anche il recente dibattito apertosi sull’ipotesi di introduzione di un Fascicolo di fabbricato (di cui si parlerà in dettaglio nei successivi paragrafi), testimonia l’esistenza di una crescente consapevolezza, sia dal basso (cittadini e associazioni di rappresentanza) che dall’alto (istituzioni), della urgenza di intervenire quanto prima in un comparto, centrale nella vita dei cittadini, e tuttavia su cui il presidio delle istituzioni è stato da sempre vago.

MALA EDILIZIA: UN’EREDITÀ DA GESTIRE

In Italia innanzitutto è sempre mancata una politica della casa, vale a dire un orientamento legislativo che prendesse in considerazione tutti i diversi ambiti che a questa si riconnettono – gestione del territorio, impiantistica, edilizia -. E questo ha finito per contribuire ad alimentare tutta una serie di fenomeni di mala-edilizia come l’abusivismo selvaggio degli anni passati, il frequente utilizzo di materiali poco sicuri (come il cemento armato, principale imputato di alcuni noti episodi di crolli di palazzine risalenti agli anni 60-70), una bassa propensione alla manutenzione delle abitazioni sia pubbliche che private (Uppi)

***

Attualmente i livelli di sicurezza complessiva degli edifici non sono ancora alti come dovrebbero, con grave nocumento sociale. La loro stabilità infatti non interessa soltanto chi ci abita, ma anche tutti coloro che incidentalmente potrebbero subire i danni di una cattiva manutenzione o peggio di una statica imperfetta (Consiglio nazionale degli ingegneri)

***

Una delle principali cause di degrado del patrimonio immobiliare italiano è il basso livello di manutenzione. Gli immobili comprati negli anni 60 e 70 dal ceto medio borghese e operaio, oggi sono ancora nelle mani degli stessi acquirenti che, nel frattempo, sono andati in pensione, hanno figli che non guadagnano abbastanza per garantirsi i precedenti livelli di vita e magari utilizzano l’indebitamento al consumo per altri tipi di beni. Il problema sotteso alla cattiva manutenzione degli stabili dipende quindi dalla mancanza di risorse finanziarie adeguate (Anaip)

***

Poi ci sono i pericoli di recente scoperta, come il radion, una sostanza radioattiva presente nelle rocce, nei sotterranei: e siccome in genere i materiali con cui si costruiscono le case sono locali, si finisce per avere una concentrazione pazzesca di radion in certe aree del Paese: nel territorio e nelle abitazioni (Periti industriali)

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3.2.3. L’ambiente domestico tra sovradotazione e ipertecnologizzazione

L’altro importante fattore di rischio domestico attiene alla sicurezza dei prodotti che entrano nelle case. Come visto, non sono rari i casi di ferimento, ustioni, abrasioni legati all’utilizzo di elettrodomestici, utensili sofisticati e prodotti di pulizia sempre più efficaci e pericolosi; o più semplicemente da oggetti di arredamento pensati esclusivamente per rendere bella e confortevole la casa, a rischio però dell’incolumità dei suoi inquilini, o da splendide piante ornamentali che si trasformano al tatto, in improbabili killer.

LA SICUREZZA DEI PRODOTTI: PIÙ O MENO DI IERI?

Oggi c’è molta meno sicurezza di ieri, perché il consumatore è sempre più orientato al risparmio e finisce di conseguenza per scegliere prodotti di bassa qualità, che compra magari al mercato, come phon, scaldini, o piccoli elettrodomestici, che vengono venduti a prezzi estremamente bassi (3-4 euro). Basti solo pensare che nell’anno appena passato, la Direzione generale per l’armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori, del Ministero delle Attività produttive ha ricevuto circa 300 segnalazioni di prodotti pericolosi da associazioni di consumatori, imprenditori, ed altre categorie: per circa la metà di questi è stato pure avviato il procedimento amministrativo. L’offerta di prodotti a bassa qualità va peraltro sempre più aumentando, non solo perché aumenta l’orientamento a risparmiare nei consumi da parte di alcuni segmenti di popolazione (ad esempio gli anziani) che stanno crescendo vertiginosamente nel nostro Paese, ma soprattutto perché crescono le importazioni da Paesi a basso costo, i cui prodotti risultano molto frequentemente non a norma sotto il profilo della sicurezza, o peggio, riportano marchi di qualità contraffatti (Ministero delle Attività Produttive)

***

In generale i prodotti che entrano nelle case degli italiani sono oggi più sicuri di ieri: ma è anche vero che entrano con molta più frequenza sostanze nocive, veleni, prodotti specifici per la pulizia che risultano se non utilizzati con le dovute cautele, estremamente rischiosi (Federcasalinghe).

E tuttavia se da un lato appare facilmente intuibile l’esistenza di un legame diretto tra qualità complessiva – intesa come sicurezza - dei beni che entrano all’interno delle abitazioni degli italiani e sicurezza domestica, dall’altro, è abbastanza difficile individuare in che direzione si sviluppi questo nesso: se insomma, la qualità intrinseca dei beni abbia accresciuto i livelli di sicurezza delle nostre abitazioni oppure finito per introdurvi nuovi e sconosciuti rischi.

Si tratta di un interrogativo di non poco conto, se si considera la densità di infrastrutturazione interna delle nostre abitazioni, che hanno trasformato le

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case – e in particolare alcune stanze – in luoghi dove la presenza campi elettromagnetici, la concentrazaione di tecnologie e di fonti di riscaldamento mette quotidianamente a repentaglio la salubrità e la sicurezza del vivere domestico.

Alla luce dei dati d’indagine, si capisce perché ad esempio la cucina sia il luogo più pericoloso: tra lavatrici (presenti nel 95,6% delle abitazioni), forni elettrici (69,5%), a gas (42,3%), robot da cucina (43,7%) e forni a microonde (35,1%) in focolare domestico, trasformatosi peraltro negli anni da stanza abitabile ad angolo cottura, finisce per essere un coarcevo di insidie, tanto più gli spazi fisici per muoversi si sono ridotti (tab. 51 e fig. 26).

Ma naturalmente non è l’unico posto dove sono concentrati i pericoli: vi sono le caldaie per il riscaldamento (ben il 73,4% degli italiani ha l’impianto autonomo), lo scaldabagno a gas (47,1%), quello elettrico (30,1%) e ancora, l’impianto di condizionamento (18,5%) e il condizionatore mobile (11,3%): tutti strumenti di impiantistica complessi che necessitano non solo di una specifica manutenzione, ma anche e soprattutto di una conoscenza attenta da parte dell’utente, per regolarne il funzionamento, individuarne i difetti, e prevenire eventuali danni.

Vi sono infine i pericoli sparsi un po’ ovunque come gli utensili avanzati per il fai da te (trapani, saldatrici, …), e i materiali infiammabili, presenti rispettivamente nel 54,9% e 30,2% delle abitazioni italiane.

Il livello di dotazione risente, ancora una volta, del contesto territoriale: al nord, e in particolare nella zona ovest, la casa, e la cucina in particolare, è più attrezzata sotto il profilo tecnologico, con forni microonde (presenti nel 41,3% delle abitazioni del nord-ovest, nel 43,4% del nord est, contro il 31,8% del centro e il 27,3% del sud), robot da cucina (si va dal 50,2% del nord-ovest al 38,7% del sud), mentre al centro sud, è molto più frequente trovare in casa strumenti per il fai da te (gli utensili avanzati sono presenti nel 67,5% delle case del centro, nel 57% di quelle del sud e nel 44,4% del nord est), ma anche prodotti infiammabili.

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Fig. 26 - Le dotazioni delle case italiane (val.%)

95,6

73,4

69,5

54,9

48,7

47,1

43,7

42,3

35,1

30,2

30,1

18,5

11,3

5,9

Lavatrice

Riscaldamento autonomo

Forno elettrico

Utensili avanzati per il fai da te (trapani, saldatrici, ….)

Lavastoviglie

Scaldabagno a gas

Robot da cucina

Forno a gas

Forno a microonde

Diversi tipi di materiale infiammabile

Scaldabagno elettrico

Impianto di condizionamento

Condizionatore mobile

Strutture in eternit

Fonte : Indagine Censis, 2004

Anche sotto il profilo dell’impiantistica non mancano le differenze, sebbene non sempre rispecchiano la tradizionale dicotomia nord-sud: al sud e al nord est si riscontra una presenza più alta di forni a gas, notoriamente più pericolosi di quelli elettrici (il 48,7% al sud, il 46,1% al nord est, contro il 37,4% del nord-ovest e il 34,2% del sud), così come abbastanza eterogenea appare anche la geografia degli impianti di riscaldamento, con una spiccata predilezione per l’autonomo nelle regioni del nord est (85%) e del centro (79,7%) e una minore propensione in quelle del nord-ovest (69,8%) e del sud (66,2%).

Incide sulla dotazione interna, e in particolare sulle caratteristiche dell’impiantistica, anche l’anzianità dell’abitazione. In particolare, decresce nel corso degli anni, la presenza sia di forni che di scaldabagni a gas, e cresce parallelamente il ricorso all’impianto di riscaldamento autonomo, mentre è la lavastoviglie l’elettrodomestico che più ha beneficiato del ringiovanimento del patrimonio edile: è presente nel 42% delle case costruite prima del 1961 e nel 63,8% di quelle realizzate dopo il 1980 (tab. 52).

Ma anche le caratteristiche di chi ci vive non sono indifferenti. La dotazione tecnologica della casa cresce infatti parallelamente al livello di istruzione dei suoi inquilini: ed è nelle case di diplomati o laureati che si riscontra la concentrazione più alta di elettrodomestici avanzati, come lavastoviglie (65% nelle case di laureati), robot da cucina (50%), forni a microonde (45,8%) e condizionatori mobili (17,6%) (tab. 53).

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Alla luce del quadro descritto è difficile poter dire se la densità di dotazioni elettrodomestiche e di tecnologie delle nostre abitazioni sia un fattore di sicurezza oppure no: e da questo punto di vista, anche i colloqui effettuati con esperti di vari settori (dalle istituzioni al mondo della produzione) non sono serviti a rispondere all’interrogativo, anche se hanno comunque permesso di tracciare un quadro abbastanza dettagliato di tutti i possibili fattori che intervengono nel ridurre e/o aumentare i rischi apportati dall’entrata dei prodotti nelle abitazioni, e che attengono a due distinte sfere.

La prima riguarda la sicurezza intrinseca dei prodotti, che a detta dei più sarebbe aumentata, vuoi per effetto della normativa (si pensi da questo punto di vista all’effetto della L.46/90 sulla sicurezza degli impianti, o alle normative europee sui marchi e sulle certificazioni di qualità), vuoi per effetto dell’implementazione del livello tecnologico delle produzione, e sicuramente per un orientamento crescente verso la sicurezza da parte delle stesse aziende produttrici.

LA RESPONSABILITÀ DELLE IMPRESE NELLA SICUREZZA DEI CONSUMATORI

La sicurezza rappresenta un elemento tra quelli su cui poggia da sempre tutta l’esperienza aziendale: vendere oggetti sicuri costituisce un modo per rendere migliore la vita del cliente e per motivare il suo gesto di acquisto all’acquisizione della qualità oltrechè di un bene di consumo in senso stretto. L’azienda segue la sicurezza dei prodotti che offre in almeno tre passaggi: nella fase dell’individuazione dei produttori cui ricorrere; nella fase di ingresso dei prodotti in negozio; nella fase della post-vendita.

Nella prima fase, va detto che, a garanzia della qualità e della serietà dei produttori, l’azienda impone loro di rispettare gli standard mondiali più restrittivi esistenti. Di conseguenza, l’azienda effettua controlli diretti e non preordinati presso i suoi fornitori, da cui esige anche il rispetto di alcuni principi di sicurezza nei confronti delle proprie maestranze, considerato l’elemento principale per elevare la loro produttività, la qualità del loro lavoro e,conseguentemente, quella del prodotto di cui sono responsabili. Per la verifica delle variabili per così dire “sociali” della sicurezza, l’azienda ha stretto un accordo anche con l’Unicef e si serve, inoltre, di una società esterna che svolge supervisioni di tipo tecnico. Quando poi il prodotto entra nei negozi della rete viene innanzi tutto montato e sulla base dell’esito di questo test se autorizza o meno la vendita. Inoltre, un indicatore importante della sicurezza è costituit dalle rese dei clienti, che nel tempo non hanno mostrato, peraltro picchi significativi.

Nella post-vendita effettivamente si possono realizzare incidenti di montaggio dovuti alla distrazione o alla inesperienza. Per evitare ciò l’azienda propone di acquistare insieme al mobile anche il trasposto e il montaggio e ha attivato un numero verde a cui corrispondono alcune squadre in grado di intervenire direttamente in caso di disorientamento grave del cliente (Ikea)

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Basti a questo proposito pensare al fatto che negli ultimi anni sono stati pensati e sono entrati nel mercato prodotti pensati ad hoc per innalzare il livello di sicurezza delle abitazioni e per tutelare gli inquilini da eventuali pericoli: per cui oltre ai già diffusi salvavita (presenti nel 92,1% delle abitazioni) o alle cappe di aspirazione (82,5%), nelle case degli italiani – e ancora una volta soprattutto in quelle del nord - iniziano a comparire anche rilevatori delle fughe di gas (27,9%) e rilevatori di fumi (21,1%) (tab. 54 e fig. 27).

Fig. 27 - Le dotazioni di sicurezza delle case italiane (val.%)

92,1

82,574,5

27,921,1

Salvavita Cappe di aspirazione Impianto di terra Rilevatore fughe di gas Rilevatore di fumi

Fonte : Indagine Censis, 2004

E tuttavia, è altrettanto indubbio che negli ultimi anni siano anche cresciuti i rischi connessi all’immissione sul mercato di prodotti a basso costo che non rispettano le normative di sicurezza (si pensi alle denuncie effettuate da parte degli utenti sulla pericolosità di alcuni giocattoli), alle contraffazioni di prodotti e di marchi di qualità, che hanno incontrato in un’utenza sempre più attenta al risparmio, e sempre meno alla qualità, un terreno di sviluppo estremamente favorevole.

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IL VALORE DEL MARCHIO DI QUALITÀ TRA CERTIFICAZIONI E CONTRAFFAZIONI

I marchi di qualità avrebbero dovuto garantire più sicurezza dei prodotti che entrano in casa, ma in realtà non è stato così. Si pensi all’impiantistica elettrica, dove la gente ha acquisito un’elevata conoscenza dei pericoli e c’è molta più attenzione al fatto se un prodotto è a norma o meno, se cioè ha il marchio CE. Per legge l’installatore può acquistare ed installare e così anche l’utente solo prodotti che recano il marchio CE, ma questo ha comportato una perdita di sensibilità verso il marchio IMQ che non è più obbligatorio in Europa. Questo era un sistema indipendente di controllo, che prevedeva che i verificatori IMQ andavano in azienda a controllare i prodotti, poi dal grossista li compravano e verificavano le condizioni di sicurezza; qualora non avessero riscontrato degli standard aderenti alle normative comunitarie in merito avrebbero impedito di apporre il marchio IMQ. Purtroppo la marcatura CE vuol dire molto poco perché dichiara che il componente è stato costruito a regola d’arte secondo la normativa in merito, il che implica che se una grande azienda appone il marchio CE sicuramente non dichiara il falso, poiché c’è una sala prove dove i componenti vengono testati e collaudati, ma tutti quei prodotti con la marcatura CE prodotti nei paesi dell’ Est o in Asia hanno solo un timbro apposto senza alcuna garanzia, anche perché nel caso qualche ente verificatore in Europa se ne accorgesse arriverebbe una comunicazione dal parlamento europeo che dichiara che l’azienda che ha apposto il marchio CE indebitamente è fuori dal mercato. Ma a questi tipi di aziende questo importa poco, poiché chiuso un mercato ne aprono un altro da un’altra parte. Quindi l’unica garanzia è il nome e la marca del prodotto (BTicino).

***

I marchi servono fino ad un certo punto se gli utenti non li conoscono o non li sanno leggere (Aias)

Questo aspetto si collega alla seconda dimensione d’analisi, che interessa il rapporto tra utente e prodotto, rispetto alla scelta d’acquisto e rispetto alle modalità di consumo. E’ indubbio ad esempio che un prodotto ad alto valore tecnologico possa risultare estremamente semplice e allo stesso tempo estremamente complesso per l’utilizzo a seconda che il livello di confidenza tecnologica del suo utente sia alto o basso. E da questo punto di vista malgrado tutte le indagini più recenti tendano ad enfatizzare l’evoluzione degli italiani verso un modello di consumo attento, consapevole e critico, non si può nascondere che all’atto pratico, ogni migliore intenzione si scontra con tutta una serie di elementi – la poca trasparenza delle informazioni sulla natura/caratteristiche di un prodotto o sulle sue modalità di utilizzo o l’incapacità di lettura delle stesse da parte dell’utente – che finiscono per costituire un nuovo elemento di rischio: per cui anche il prodotto più sicuro – sia questo un elettrodomestico, un mobile componibile o un detersivo – può rischiare di diventare un pericolo, se ad utilizzarlo è un utente sprovveduto o non adeguatamente informato e preparato.

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TECNOLOGIA SICURA O A RISCHIO?

La tecnologia ha sicuramente aiutato ad innalzare il livello di sicurezza delle case: ha infatti aumentato la sicurezza intrinseca dei prodotti e semplificato l’accesso ad apparecchi e strumenti. Mentre il processo tecnologico di base, a monte del prodotto è sempre più complesso, nella fruizione la tecnologia ha agevolato non poco i consumatori (Ministero Attività Produttive)

***

La tecnologia ha in parte aumentato i rischi all’interno delle abitazioni: oggi ci sono i coltelli elettrici, i robot, tanti strumenti che gli utenti non sanno magari maneggiare, e che finiscono per rivelarsi estremamente pericolosi (Adiconsum)

***

C’è sicuramente oggi un problema di ipertecnologizzazione degli impianti che si trovano in casa di fronte ai quali l’utente si sente spesso spaesato. Si tratta di impianti molto più sicuri di un tempo, ma l’utente ha più difficoltà ad orientarsi, a gestire la propria sicurezza; se si ha un problema ad esempio con la caldaia, e questa automaticamente si spegne grazie al congegno di sicurezza, è indubbio che all’utente ne deriva uno stress psichico e fisico, fatto di tante componenti: l’avere a che fare con un impianto complesso, l’attesa dell’intervento, il costo dell’intervento … (Uppi)

3.2.4. Cattive abitudini e distrazioni: “un giorno di ordinario pericolo”

Al di là delle condizioni strutturali dell’ambiente in cui si vive, degli oggetti, più o meno rischiosi, che sono presenti nelle abitazioni, è indubbio che a determinare il verificarsi di un incidente domestico è, in ultima istanza, il comportamento umano.

E se i dati di indagine parlano a livello domestico di una microincidentalità molto più diffusa di quella rilevata dalle statistiche ufficiali, anche il profilo che emerge dei comportamenti casalinghi dell’italiano medio sembrerebbe dare un’ulteriore conferma a questa ipotesi.

La giornata degli italiani in casa, che si traduce nel concreto in poche ore passateci dentro, assomiglia più a una partitura incompiuta di catastrofi e cataclismi, che a uno schizzo di rilassante vita domestica. Distratti e sbadati, quasi la metà degli italiani (46,1%) ha messo a rischio, almeno una volta negli ultimi tre mesi, la propria incolumità e quella dei propri famigliari o conviventi (tab. 55 e figg. 28 e 29).

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Fig. 28 - Italiani che hanno avuto almeno un comportamento rischioso negli ultimi tre mesi in casa (val. su 100 italiani)

43,948,1

44,047,6

56,6

43,046,1

Uomini Donne Casalinghe Pensionati Studenti/disoccupati

Occupati Totale

Fonte : indagine Censis, 2004

LA SICUREZZA DEGLI STILI DI VITA

La maggiore responsabilità dell’infortunio in casa è riconducibile soprattutto all’individuo, poiché a fronte di qualunque normativa e di eventuali, benché improbabili, forme di controllo sui comportamenti e anche a di forme di garanzia sulla messa a norma degli strumenti casalinghi, le persone continuano a farsi male e a morire in casa (Inail)

***

Le donne sono sempre più sottoposte a vita di stress: le richieste da parte del nucleo famigliare diventano sempre più alte (la palestra, accompagnare i figli a scuola), i tempi di vita accelerano e rischi di dimenticanze, errori, si moltiplicano. A ciò si aggiunga che gli elettrodomestici che abbiamo in casa sono una continua fonte di distrazione: il che può essere pericoloso quando si è impegnati in lavori solo all’apparenza tranquilli (Federcasalinghe)

***

L’incidentalità domestica dipende molto dal cattivo utilizzo degli elettrodomestici, che dalla cattiva manutenzione degli impianti. L’uso di quegli strumenti spesso è fatto con eccessiva disinvoltura, poiché l’abitudine di considerarli parte integrante della quotidianità fa dimenticare i disagi di ogni tipo che possono causare (Moica)

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Fig. 29 - Italiani che hanno avuto almeno un comportamento rischioso negli ultimi tre mesi in casa (val. su 100 italiani)

38,843,9 43,1

54,950,3

44,8 44,9 46,1

Nord ovest Nord est Centro Sud 18 - 29 anni 30 - 44 anni 45 - 64 anni Totale

Fonte : indagine Censis, 2004

La causa principale sembra essere la sbadataggine che regna sovrana in casa: almeno una volta negli ultimi tre mesi al 12,2% degli italiani è capitato di scordare le pentole sul fuoco acceso, o di lasciare un rubinetto dell’acqua aperto (11,9%), o addirittura di scordare il gas aperto (9,1%) e il ferro da stiro acceso (7%). E non meno frequenti sono state le piccole dimenticanze, come scordarsi il forno in funzione (7,1%), sigarette fumanti sparse per casa (3,5%) e candele accese (3%). Infine, il 3,6% dichiara di aver lasciato sparsi per casa prodotti nocivi, come concimi, detersivi pericolosi o materiale infiammabile (fig. 30).

E se la casa alla luce di questi dati sembra assomigliare sempre più ad un congegno ad orologeria, innescata dalla disattenzione generale, anche le cattive abitudini o l’ignoranza su alcune precauzioni di base che dovrebbero essere adottate all’interno della propria abitazione, costituiscono un pericolo sempre più diffuso: l’11,2% delle popolazione italiana usa abitualmente apparecchi elettrici (phon, radio, rasoio, …) anche quando è ancora bagnata, mentre il 10,9% spegne generalmente i propri elettrodomestici tirando il filo dalla presa; ancora, al 6,8% è capitato di consumare alimenti scaduti o alterati, mentre il 5,2% usa abitualmente liquidi o materiali corrosivi e pericolosi senza protezione

E non manca infine l’incoscienza: impavidi e sprezzanti del pericolo ben il 4,1% degli italiani sono saliti sui tetti delle proprie abitazioni o sui parapetti delle finestre e dei balconi per svolgere piccoli lavori di ristrutturazione.

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Fig. 30 - Distrazioni e "cattive abitudini" più diffuse tra gli italiani (val.%)

12,2

11,9

11,2

10,9

9,1

7,1

7,0

6,8

5,2

4,1

3,6

3,5

3,0

1,0

Scordare pentole sul fuoco acceso

Lasciare un rubinetto dell’acqua aperto

Utilizzare, quando si è bagnati, apparecchi elettrici

Spegnere qualsiasi tipo di elettrodomestico tirando il filo dalla presa

Lasciare il gas aperto

Scordarsi il forno acceso

Dimenticarsi il ferro da stiro acceso

Consumare alimenti scaduti o alterati

Usare liquidi corrosivi e pericolosi senza protezioni

Svolgere lavori di mautenzione / ristrutturazione pericolosi

Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi

Scordarsi le sigarette accese

Scordarsi delle candele accese

Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi

Fonte : Indagine Censis, 2004

Alla luce di questi dati, ad apparire inverosimile non è quindi l’elevato tasso di microincidentalità diffusa, quanto piuttosto il contenuto numero di incidenti gravi riportato dalle statistiche ufficiali, se è vero che gli incidenti domestici risultano alla fine strettamente correlati al comportamento umano: basti a questo proposito considerare che tra quanti negli ultimi mesi hanno tenuto almeno uno dei comportamenti descritti, ben il 37,9% è stato vittima di un incidente in casa, mentre tra coloro che sono risultati più attenti e ligi, il tasso di incidentalità si dimezza e scende al 18,9% (tab. 56).

A far pesare ulteriormente gli stili di vita individuali, si aggiunge una buona dose di inconsapevolezza sui rischi derivanti da comportamenti domestici: per gli italiani infatti, il rischio di incidentalità deriva più dal livello di pericolosità delle attività svolte, che non dall’effettiva possibilità di incorrere in qualche tipo di distrazione e o pericolo. Per la maggioranza del campione infatti (40%), il rischio di infortuni è connesso essenzialmente alla realizzazione di piccole riparazioni, ristrutturazioni fai da te, o all’utilizzo di strumenti, come le scale, che pure rappresentano un rischio diffuso all’incolumità personale (25,3%), o alla possibilità del cedimento di strutture o un cattivo funzionamento degli impianti (15,9%): ma solo il 18,8% è consapevole che è nel lavoro domestico di tutti i giorni che si insidiano i principali pericoli (tab. 57).

Se quindi è dal comportamento degli italiani prima ancora che dalle loro case che nasce il rischio, è importante capire quali sono le condizioni che finiscono per incidere sul livello di pericolosità.

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La prima considerazione che al proposito può essere fatta è che, stando ai dati d’indagine, non ci sarebbe una particolare differenza rispetto al genere; e la maggiore frequenza di incidenti tra donne e uomini sarebbe pertanto da ricondursi più alla casualità, o al maggior tempo trascorso in casa, che non alla sbadataggine o distrazione femminile. Gli uomini incappano in dimenticanze e distrazioni almeno quanto le donne, se non di più: considerando infatti che dentro casa sono ancora prevalentemente le donne ad occuparsi delle attività domestiche, ciò che stupisce non è tanto l’alta frequenza di distrazione che si verifica presso le donne (si è dimenticata il gas acceso il 9,9% delle donne e l’8,2% degli uomini ed ha scordato le pentole sul fuoco acceso il 14,6% delle prime contro il 9,6% dei secondi), quanto piuttosto riscontrare rispetto ad altri tipi di dimenticanze (rubinetti dell’acqua lasciati aperti o sigarette scordate accese) un’incidenza maggiore presso gli uomini (tab. 58). Non risentono invece di alcuna differenza di genere le cattive abitudini: la stessa percentuale di donne e uomini usa quando è bagnato apparecchi elettrici o spegne gli elettrodomestici tirando direttamente il filo della presa.

A pesare fortemente sulla natura dei comportamenti individuali è invece la variabile anagrafica: più esuberanti, intraprendenti, ma soprattutto inconsapevoli dei rischi cui si sottopongono, i giovani sono i componenti più pericolosi della famiglia italiana: il 50,3% degli intervistati di età compresa tra i 18 e 29 anni (contro il 44,8% della popolazione tra i 30 e 44 anni e il 44,9% di quella tra i 45 e 64 anni) ha messo infatti in atto un comportamento a rischio negli ultimi tre mesi, dettato peraltro più dalla mancanza di conoscenza di alcune norme basilari di sicurezza che da distrazione o dimenticanza (tab. 59). Risulta infatti drammaticamente più alta in questo segmento di popolazione la percentuale di quanti usano apparecchi elettrici ancora bagnati (sono il 16,1% contro circa il 9,7% degli adulti) o di quanti spengono gli elettrodomestici, tirando il filo invece che staccando la spina dalla presa mentre tra gli adulti, è soprattutto la disattenzione a mettere a repentaglio la sicurezza di casa.

Le considerazioni fatte trovano ulteriore conferma nell’analisi dei dati disaggregati per condizione, da cui emerge che i comportamenti di studenti e disoccupati (presumibilmente appartenenti alla classe d’età più bassa) presentano un tasso di pericolosità nettamente superiore a quello di occupati, pensionati e casalinghe. Anche in questo caso, sono soprattutto le cattive abitudini a pesare; ma non mancano certo le occasioni di distrazione, se si pensa che il 19,4% di studenti e disoccupati ha scordato negli ultimi tre mesi il rubinetto dell’acqua aperto (tab. 60). Al contrario, le casalinghe risultano le meno pericolose in casa: vuoi perché molto più consapevoli dei rischi che si corrono in essa (è proprio presso questo segmento di popolazione che

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riscontra infatti l’incidenza più bassa di quante utilizzano apparecchi elettrici ancora bagnati –solo il 5,6%- e di quanti spengono gli elettrodomestici tirando il filo dalla presa) vuoi perché sono sicuramente meno soggette a quell’allentamento di tensione ed attenzione che si verifica in casa, quando si trascorre la gran parte della giornata fuori di essa per motivi di lavoro. L’unico vizio che proprio non riescono a perdere è quello di scordarsi le pentole sul fuoco acceso (16,8%) (tab. 61).

Ma la variabile che ancora una volta pesa maggiormente nel segmentare l’universo della popolazione italiana è quella territoriale. Nord e sud sono distanti anche rispetto ai comportamenti domestici quotidiani: ha messo in atto un comportamento a rischio negli ultimi tre mesi il 38,8% degli abitanti del nord-ovest, il 43,9% del nord est, il 43,1% del centro e ben il 54,9% del sud. Un fattore questo, che se da un lato può essere ricondotto ad una maggiore centralità che ancora riveste al sud la vita domestica (il fatto di passare più tempo in casa, aumenta inevitabilmente le possibilità di porre in essere comportamenti pericolosi o incorrere in rischiose distrazioni) dall’altro, risente anche di una scarsa informazione rispetto ai rischi della casa. Sono infatti molto più presenti rispetto al resto del paese le cattive abitudini: il 14,3% dei residenti al sud (contro l’8,1% del nord est) utilizza apparecchi elettrici ancora bagnato, e il 14,8% (contro il 7,8% del centro) tira abitualmente il filo dalla presa per spegnere gli elettrodomestici.

Ma anche la distrazione fa la sua parte: sono molte di più al sud le persone che negli ultimi tre mesi hanno scordato il gas aperto (12%), le pentole sul fuoco acceso (14,3%) o i rubinetti dell’acqua aperti (14,3%). Al nord, al contrario, oltre alle frequenti distrazioni di tutti i giorni, è particolarmente alta la percentuale di quanti si sono trovati a consumare alimenti scaduti o alterati (7% nel nord-ovest e 10,8% nel nord est).

E se la distrazione costituisce forse la principale causa di incidenti in ambiente domestico, si capisce perché il fenomeno colpisca indifferentemente popolazione laureata, diplomata, o in possesso dei soli titoli di studio elementari o medi. Non solo infatti tra i laureati risultano decisamente più frequenti alcuni tipi di disattenzioni, come scordarsi le pentole sul fuoco accesso (19,5%) o lasciare il rubinetto dell’acqua aperto (14,3%), ma sono anche più diffuse le cattive abitudini: utilizza apparecchi elettrici quando è ancora bagnato il 15,3% dei laureati contro l’8,5% della popolazione con titolo di studio elementare (tab. 62).

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Tab. 39 - Persone infortunate in ambiente domestico per classi di età, 1990-2000 (val. ass. e val. %)

1990 2000 Var.%

V.a.

(in migliaia) Val.% V.a.

(in migliaia) Val.% 1990-2000 0-5 anni 133 5,2 268 7,7 101,5 6-14 anni 218 8,5 172 4,9 -21,1 15-24 anni 241 9,4 180 5,2 -25,3 25-44 anni 737 28,9 828 23,8 12,3 45-64 anni 737 28,9 1080 31,0 46,5 oltre 64 anni 482 18,9 952 27,4 97,5 non indicato 5 0,2 - - - Totale 2553 100,0 3480 100,0 36,3 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat e Ispesl

Page 120: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 40 – Problemi delle abitazioni degli italiani nell’ultimo anno, per area geografica (val. %) (*) Ripartizione geografica Totale Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Infiltrazioni/macchie/muffe sulle pareti 11,7 12,4 21,7 24,1 18,0 Perdite d'acqua 7,9 4,6 15,8 16,6 11,7 Allagamenti 6,0 3,9 6,6 11,3 7,5 Ostruzione fogne 5,6 3,9 3,3 6,1 5,0 Cortocircuiti 4,2 2,6 2,0 6,4 4,2 Ostruzione scarichi delle terrazze 2,8 2,0 6,0 5,3 4,1 Lesioni gravi su pavimenti, pareti o soffitti 0,9 2,6 6,0 4,5 3,4 Fughe/perdite di gas 0,9 4,6 1,5 1,7 Altro 1,8 0,8 - - 1,3 Incendi 0,5 0,7 0,7 1,1 0,8 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

Page 121: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 41 – Problemi delle abitazioni degli italiani nell’ultimo anno, per anno di costruzione dell’edificio (val. %) (*) Anno in cui è stata costruita l’abitazione Totale Prima del 1961 Dal 1961 al 1970 Dal 1971 al 1980 Dopo il 1980 Infiltrazioni/macchie/muffe sulle pareti 19,1 15,1 20,9 16,0 18,0 Perdite d’acqua 11,3 12,2 11,9 11,2 11,7 Allagamenti 9,8 4,7 6,3 8,6 7,5 Ostruzione fogne 4,9 4,7 3,8 7,0 5,0 Cortocircuiti 2,9 2,9 2,5 6,4 4,2 Ostruzione scarichi delle terrazze 3,9 5,2 5,7 2,1 4,1 Lezioni gravi su pavimenti, pareti o soggetti 4,4 1,2 4,4 3,2 3,4 Fughe/perdite di gas 3,0 0,6 1,3 2,1 1,7 Altro 1,3 1,5 1,8 1,3 1,3 Incendi 1,0 1,2 0,6 0,5 0,8 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

Page 122: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 42 - Famiglie che dichiarano problemi relativi all'abitazione in cui vivono, 1993 - 2001 (per 100 famiglie)

Anni Abitazione

troppo piccola

Abitazione troppo distante

dai familiari

Abitazione in cattive

condizioni

Irregolarità erogazione

acqua

Non si fidano di bere acqua di rubinetto

1993 15,3 18,7 7,6 18,7 40,8 1994 14,3 17,0 6,6 15,5 44,7 1995 14,1 17,9 6,6 14,7 44,2 1996 13,8 17,4 6,3 12,0 42,7 1997 14,0 18,0 6,0 12,5 44,6 1998 13,9 17,4 5,5 14,0 46,5 1999 14,3 18,2 5,9 14,9 46,2 2000 13,5 18,2 5,7 15,0 44,7 2001 13,1 19,4 5,5 16,3 42,0 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 123: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 43 - Famiglie che dichiarano problemi relativi all'abitazione in cui vivono, per regione, ripartizione geografica, 2001 (per 100 famiglie)

Territorio Abitazione troppo piccola

Abitazione in cattive condizioni

Irregolarità nell'eroga

zione dell'acqua

Non si fidano di bere acqua di rubinetto

REGIONI Piemonte 10,6 3,8 7,5 38,7 Valle d'Aosta 10,9 3,6 10,4 19,0 Lombardia 11,2 4,4 7,9 46,3 Trentino-Alto Adige 12,0 4,1 4,4 5,9 - Bolzano - Bozen 14,3 5,3 3,5 3,2 - Trento 9,9 3,0 5,1 8,3 Veneto 10,1 5,4 8,9 32,8 Friuli-Venezia Giulia 11,7 4,9 2,2 22,1 Liguria 13,9 3,0 5,3 40,4 Emilia-Romagna 11,3 4,3 5,9 44,5 Toscana 12,7 6,2 11,5 58,8 Umbria 12,5 4,2 13,0 51,0 Marche 8,5 5,5 9,8 44,3 Lazio 16,5 4,3 13,9 27,7 Abruzzo 10,4 4,7 21,9 29,3 Molise 13,9 4,3 21,0 31,7 Campania 17,6 9,3 19,4 30,8 Puglia 13,8 6,1 30,1 46,4 Basilicata 16,7 7,8 28,2 21,8 Calabria 18,6 7,4 51,1 56,3 Sicilia 15,1 7,6 39,6 57,7 Sardegna 13,1 7,1 42,8 74,4 Italia 13,1 5,5 16,3 42,0 RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE Italia nord-occidentale 11,4 4,0 7,5 43,2 Italia nord-orientale 10,9 4,8 6,6 33,9 Italia centrale 14,0 5,0 12,6 41,3 Italia meridionale 15,9 7,4 27,9 38,6 Italia insulare 14,6 7,4 40,4 61,7 Italia 13,1 5,5 16,3 42,0 TIPI DI COMUNE Comune centro dell'area metropolitana 18,4 8,2 9,0 40,4 Periferia dell'area metropolitana 12,6 5,8 17,3 43,9 Fino a 2.000 abitanti 11,7 5,2 17,8 26,9 Da 2.001 a 10.000 abitanti 11,3 5,1 20,7 38,6 Da 10.001 a 50.000 abitanti 12,5 4,5 19,9 46,5 50.001 abitanti e più 11,8 4,4 11,8 46,7 Italia 13,1 5,5 16,3 42,0 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 124: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 44 - Famiglie che dichiarano problemi relativi all'abitazione in cui vivono e ripartizione geografica, 1993-2001 (per 100 famiglie)

Ripartizioni geografiche Anni

Abitazione troppo piccola

Abitazione in cattive

condizioni

Irregolarità erogazione

acqua

Non si fidano di

bere acqua di rubinetto

Italia 1993 14,5 5,9 7,9 45,6 nord-occidentale 1994 12,5 5,4 8,1 46,5 1995 12,9 5,0 7,8 48,8 1996 12,7 4,6 8,4 46,3 1997 11,6 4,6 8,7 49,0 1998 12,1 4,2 8,5 49,2 1999 12,8 4,6 8,5 51,9 2000 11,7 4,6 8,7 45,2 2001 11,4 4,0 7,5 43,2 Italia 1993 12,8 5,8 6,7 35,1 nord-orientale 1994 11,0 5,5 5,3 37,8 1995 11,0 5,5 6,6 39,6 1996 11,8 6,4 5,5 35,9 1997 10,9 4,6 6,0 39,5 1998 10,8 4,7 6,7 40,3 1999 12,3 5,1 8,7 40,0 2000 11,3 4,8 5,4 37,0 2001 10,9 4,8 6,6 33,9 Italia 1993 13,7 6,4 15,5 36,8 centrale 1994 15,8 5,4 13,4 43,1 1995 14,1 5,4 12,0 42,7 1996 13,0 4,7 10,1 43,4 1997 14,8 5,5 10,7 44,6 1998 14,5 4,8 13,0 44,7 1999 14,5 5,1 12,8 44,7 2000 14,6 5,2 10,6 42,0 2001 14,0 5,0 12,6 41,3 Italia 1993 18,6 11,2 34,5 35,4 meridionale 1994 16,7 9,5 21,5 37,1 1995 16,7 9,6 21,0 37,5 1996 16,0 7,9 17,6 34,9 1997 17,5 8,4 18,2 37,2 1998 14,7 8,0 21,6 43,6 1999 16,8 7,4 20,1 40,6 2000 15,6 7,2 24,3 41,7 2001 15,9 7,4 27,9 38,9 Italia 1993 17,5 10,2 41,2 55,7 insulare 1994 16,8 8,1 42,9 60,5 1995 16,9 8,4 38,3 56,3 1996 16,7 9,7 24,2 59,0 1997 16,7 8,4 24,9 56,2 1998 17,4 6,9 27,8 59,4 1999 16,5 9,5 35,3 56,5 2000 15,3 8,1 37,1 67,5 2001 14,6 7,4 40,4 61,7 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 125: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 45 – La manutenzione delle case italiane, per area geografica (val. %) (*) Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Interventi effettuati negli ultimi due anni Manutenzione degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 46,7 44,4 65,6 61,3 54,9 Messa a norma degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 46,0 33,1 42,8 39,0 40,5 Ristrutturazione degli ambienti interni 24,2 13,9 16,3 18,8 18,8 Ristrutturazione degli ambienti esterni 19,4 17,9 13,8 16,0 16,9 Rimozione di materiali tossici, inquinanti o pericolosi 7,2 2,0 10,1 4,2 5,7 Interventi che si prevede di effettuare nel prossimo anno Manutenzione degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 28,6 40,4 42,8 41,8 38,4 Messa a norma degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 18,2 16,8 9,9 5,8 12,1 Ristrutturazione degli ambienti interni 8,6 3,9 5,9 12,1 8,3 Ristrutturazione degli ambienti esterni 9,1 5,9 3,9 8,2 7,2 Rimozione di materiali tossici, inquinanti o pericolosi 2,0 2,6 3,3 2,7 2,6 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 126: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 46 – L’orientamento alla manutenzione degli impianti messi a norma negli ultimi due anni (val. %)

Orientamento alla manutenzione degli impianti elettrici, gas, riscaldamento nel prossimo anno

Messa a norma degli imapinti elettrici, gas, riscaldamento negli

ultimi 2 anni

Totale

Sì No Si 43,1 35,2 38,4 No 56,9 64,8 61,6 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 127: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 47 – La manutenzione delle case italiane negli ultimi due anni, per titolo di godimento dell’immobile (val. %) (*)

Abitazione di proprietà personale o

di un familiare Totale

Sì No Manutenzione degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 56,9 46,3 54,9 Messa a norma degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 41,0 39,6 40,5 Ristrutturazione degli ambienti interni 19,7 14,8 18,8 Ristrutturazione degli ambienti esterni 18,1 11,9 16,9 Rimozione di materiali tossici, inquinanti o pericolosi 6,5 2,3 5,7 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 128: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 48 - Famiglie per caratteristiche dell'abitazione in cui vivono, 1993-2001

Anni Titolo di godimento

Proprietà Affitto 1993 66,8 22,8 1994 69,5 21,9 1995 66,9 23,0 1996 68,0 22,8 1997 68,8 21,8 1998 69,0 21,5 1999 67,6 22,8 2000 69,5 20,0 2001 71,3 19,1 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 129: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 49 - Famiglie per caratteristiche dell'abitazione in cui vivono e ripartizione geografica, 1993-2001

Ripartizioni geografiche Anni Titolo di godimento Proprietà Affitto Italia 1993 63,0 24,4 nord-occidentale 1994 67,8 25,2 1995 64,3 26,9 1996 64,1 27,4 1997 67,1 25,1 1998 67,3 23,3 1999 65,9 25,2 2000 69,2 22,1 2001 69,9 22,1 Italia 1993 70,4 17,7 nord-orientale 1994 74,5 17,1 1995 70,2 18,8 1996 70,6 20,2 1997 70,7 19,3 1998 71,0 19,1 1999 69,1 21,8 2000 72,0 17,7 2001 71,1 16,5 Italia 1993 68,0 20,8 centrale 1994 69,3 21,9 1995 68,7 21,7 1996 69,9 20,8 1997 70,9 20,3 1998 70,6 19,8 1999 69,4 20,7 2000 70,7 18,0 2001 72,8 17,6 Italia 1993 67,4 21,6 meridionale 1994 68,2 22,4 1995 64,9 24,2 1996 68,3 22,3 1997 66,5 22,6 1998 66,0 23,8 1999 67,5 23,1 2000 66,2 21,9 2001 69,6 20,9 Italia 1993 66,9 22,8 insulare 1994 68,9 21,3 1995 69,2 20,2 1996 69,5 20,5 1997 70,3 18,9 1998 72,8 19,2 1999 66,5 21,8 2000 70,0 18,6 2001 75,5 14,9 Fonte: elaborazione su dati Istat

Page 130: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 50 – La manutenzione delle case degli italiani negli ultimi due anni, per anno di costruzione dell’edificio (val. %) (*) Anno in cui è stata costruita l’abitazione Totale Prima

del 1961 Dal

1961 al 1970 Dal

1971 al 1980 Dopo il 1980

Manutenzione degli impianti elettrici, gas, riscaldamento 52,8 61,1 57,2 53,5 55,9 Messa a norma degli impianti elettrici, gas, riscaldamento negli ultimi 2 anni

36,1 42,6 41,5 40,1 39,9

Ristrutturazione degli ambienti interni 22,4 18,9 17,7 15,6 18,8 Ristrutturazione degli ambienti esterni 18,2 18,3 14,6 15,6 16,8 Rimozione di materiali tossici, inquinanti o pericolosi 6,5 6,6 5,1 4,3 5,6 Altro 7,5 - - - 2,4 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 131: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 51 – Strumenti/dotazioni presenti nelle case degli italiani, per area geografica (val. %) (*) Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Lavatrice 97,6 93,4 96,1 95,1 95,6 Riscaldamento autonomo 69,8 85,0 79,7 66,2 73,4 Forno elettrico 75,5 61,4 78,5 64,3 69,5 Utensili avanzati per il fai da te 51,0 44,4 67,5 57,0 54,9 Lavastoviglie 51,9 49,7 61,4 38,3 48,7 Scaldabagno a gas 51,4 38,8 55,9 43,2 47,1 Robot da cucina 50,2 40,1 47,4 38,7 43,7 Forno a gas 37,4 46,1 34,2 48,7 42,3 Forno a microonde 41,3 43,4 31,8 27,3 35,1 Diversi tipi di materiale infiammabile 25,2 26,8 32,5 34,7 30,2 Scaldabagno elettrico 18,7 15,9 30,1 47,2 30,1 Impianto di condizionamento 16,0 22,0 14,5 20,7 18,5 Condizionatore mobile 15,6 7,4 7,2 12,5 11,3 Strutture in eternit 7,1 4,0 3,3 7,6 5,9 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 132: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 52 - Strumenti/dotazioni presenti nelle case degli italiani, per anno di costruzione della casa (val. %) (*) Anno in cui è stata costruita l’abitazione Totale Prima

del 1961 Dal

1961 al 1970 Dal

1971 al 1980 Dopo il 1980

Lavatrice 95,1 97,7 96,3 94,6 95,6 Riscaldamento autonomo 71,2 61,6 76,9 86,7 73,4 Forno elettrico 65,7 68,8 69,4 75,3 69,5 Utensili avanzati per il fai da te 51,2 51,5 59,7 58,3 54,9 Lavastoviglie 42,0 48,3 46,9 63,8 48,7 Scaldabagno a gas 51,0 46,8 49,7 44,1 47,1 Robot da cucina 35,5 45,3 48,1 46,8 43,7 Forno a gas 46,8 40,7 45,0 34,8 42,3 Forno a microonde 35,1 38,8 33,3 35,6 35,1 Diversi tipi di materiale infiammabile 25,4 30,2 29,7 32,3 30,2 Scaldabagno elettrico 30,5 29,4 28,8 28,1 30,1 Impianto di condizionamento 16,3 16,5 15,6 24,3 18,5 Condizionatore mobile 7,4 14,1 13,9 11,3 11,3 Strutture in eternit (ad esempio tettoie ondulate, …)

7,4 4,7 8,2 3,8 5,9

(*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 133: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 53 – Strumenti/dotazioni presenti nelle case degli italiani, per titolo di studio (val. %) (*) Titolo di studio Nessuno/

elementare Medio Diploma Laurea/

specializzazione post laurea

Totale

Lavatrice 94,0 96,2 96,4 94,1 95,6 Riscaldamento autonomo 65,5 76,1 72,9 75,0 73,4 Forno elettrico 54,9 73,7 67,2 78,4 69,5 Utensili avanzati per il fai da te (trapani, saldatrici…) 45,1 52,3 60,1 52,9 54,9 Lavastoviglie 28,6 42,0 52,5 65,0 48,7 Scaldabagno a gas 53,6 45,5 45,9 49,2 47,1 Robot da cucina 25,6 43,6 46,4 50,0 43,7 Forno a gas 54,8 39,4 42,3 37,8 42,3 Forno a microonde 23,2 32,5 36,6 45,8 35,1 Diversi tipi di materiale infiammabile 18,5 30,2 34,6 27,1 30,2 Scaldabagno elettrico 38,1 26,1 31,8 27,7 30,1 Impianto di condizionamento 14,6 14,2 18,7 28,2 18,5 Condizionatore mobile 3,6 8,1 13,4 17,6 11,3 Strutture in eternit (ad esempio tettoie ondulate, …) 2,4 5,6 6,3 8,3 5,9 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 134: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 54 – Dispositivi di sicurezza presenti nelle abitazioni degli italiani, per area geografica (val. %) (*) Ripartizione geografica Nord ovest Nord est Centro Sud e isole Totale Salvavita 94,9 94,1 94,1 87,6 92,1 Cappe di aspirazione 86,4 76,2 90,8 78,2 82,5 Impianto di terra 80,6 73,5 83,3 65,0 74,5 Rilevatore fughe di gas 39,0 32,9 22,4 19,3 27,9 Rilevatore di fumi 32,7 28,3 18,5 9,1 21,1 (*) Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte Fonte: indagine Censis, 2004

Page 135: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 55 - Italiani che hanno avuto almeno un comportamento pericoloso negli ultimi 3 mesi, per sesso, età, condizione professionale e area geografica (val. %)

% sul totale degli

intervistati Sesso Maschi 43,9 Femmine 48,1 Età 18-30 anni 50,3 31-44 anni 44,8 45-64 anni 44,9 Condizione professionale Casalinga 44,0 Pensionato 47,6 Studente / disoccupato 56,6 Occupato 43,0 Area geografica Nord-ovest 38,8 Nord Est 43,9 Centro 43,1 Sud e Isole 54,9 Totale 46,1 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 136: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 56 - La frequenza di incidenti domestici, per “correttezza” dei comportamenti individuali (val. %)

Ha avuto un incidente nello svolgimento di attività domestiche nell’ultimo anno?

Ha avuto almeno un comportamento poco sicuro negli

ultimi 3 mesi?

Totale

Sì No Sì 37,9 18,9 27,7 No 62,1 81,1 72,3 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 137: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 57 – Attività domestiche considerate più pericolose dagli italiani, per condizione professionale (val. %) (*) Condizione professionale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupato Occupato Totale

Fare riparazioni da sé 33,9 30,4 46,1 43,0 40,0 Utilizzare scale portatili 32,2 24,8 25,8 23,1 25,3 Fare lavori domestici 18,5 26,4 12,5 18,6 18,8 Nessuna di queste 15,3 18,4 15,6 15,3 15,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

Page 138: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 58 - Cattive abitudini e dimenticanze degli italiani negli ultimi 3 mesi, per sesso (val. %) (*) Sesso Maschi Femmine Totale Scordare pentole sul fuoco acceso 9,6 14,6 12,2 Lasciare un rubinetto dell'acqua aperto 13,0 10,9 11,9 Utilizzare quando si è bagnati apparecchi elettrici 11,1 11,2 11,2 Spegnere un elettrodomestico tirando il filo dalla presa 10,9 11,0 10,9 Lasciare il gas aperto 8,2 9,9 9,1 Scordasi il forno acceso 5,3 8,7 7,1 Dimenticarsi il ferro da stiro acceso 4,5 9,4 7,0 Consumare alimenti scaduti o alterati 6,1 7,4 6,8 Usare liquidi corrosivi senza protezioni 3,8 6,5 5,2 Svolgere lavori di manutenzione/ristrutturazione pericolosi 5,6 2,8 4,1 Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi 3,2 4,0 3,6 Scordarsi le sigarette accese 4,5 2,5 3,5 Scordarsi delle candele accese 2,1 3,7 3,0 Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi 0,5 1,5 1,0 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

Page 139: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 59 - Cattive abitudini e dimenticanze degli italiani negli ultimi 3 mesi, per età (val. %) (*) Età 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale Scordare pentole sul fuoco acceso 9,4 11,9 14,0 12,2 Lasciare un rubinetto dell'acqua aperto 16,0 10,8 10,6 11,9 Utilizzare quando si è bagnati apparecchi elettrici 16,1 9,7 9,7 11,2 Spegnere un elettrodomestico tirando il filo dalla presa 18,4 11,9 5,9 10,9 Lasciare il gas aperto 7,2 8,2 10,9 9,1 Scordasi il forno acceso 6,6 7,2 7,2 7,1 Dimenticarsi il ferro da stiro acceso 5,5 7,5 7,5 7,0 Consumare alimenti scaduti o alterati 8,8 8,6 4,0 6,8 Usare liquidi corrosivi senza protezioni 4,5 6,8 4,1 5,2 Svolgere lavori di manutenzione/ristrutturazione pericolosi 4,5 2,5 5,3 4,1 Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi 3,9 4,3 2,8 3,6 Scordarsi le sigarette accese 3,3 2,5 4,4 3,5 Scordarsi delle candele accese 3,9 2,9 2,5 3,0 Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi 1,1 1,8 0,3 1,0 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

Page 140: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tab. 60 - Cattive abitudini e dimenticanze degli italiani negli ultimi 3 mesi, per condizione professionale (val. %) (*) Condizione professionale Casalinga Pensionato Studente/

disoccupatoOccupato Totale

Scordare pentole sul fuoco acceso 16,8 15,3 14,8 8,8 12,2 Lasciare un rubinetto dell'acqua aperto 9,6 11,3 19,4 10,6 11,9 Utilizzare quando si è bagnati apparecchi elettrici 5,6 8,9 18,0 11,6 11,2 Spegnere un elettrodomestico tirando il filo dalla presa 5,6 9,7 19,7 10,1 10,9 Lasciare il gas aperto 9,6 9,7 9,3 8,8 9,1 Scordasi il forno acceso 8,0 5,6 9,3 6,3 7,1 Dimenticarsi il ferro da stiro acceso 8,0 8,9 10,1 5,3 7,0 Consumare alimenti scaduti o alterati 4,0 8,1 7,8 6,8 6,8 Usare liquidi corrosivi senza protezioni 7,3 4,0 5,5 4,8 5,2 Svolgere lavori di manutenzione/ristrutturazione pericolosi 3,2 5,6 4,7 3,8 4,1 Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi 3,2 3,2 3,9 3,8 3,6 Scordarsi le sigarette accese 4,0 4,0 2,3 3,5 3,5 Scordarsi delle candele accese 2,4 1,6 4,7 3,0 3,0 Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi 0,8 0,8 1,6 1,0 1,0 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 61 - Cattive abitudini e dimenticanze degli italiani negli ultimi 3 mesi, per area geografica(val. %) (*) Ripartizione geografica Nord-ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale Scordare pentole sul fuoco acceso 10,3 12,8 10,5 14,3 12,2 Lasciare un rubinetto dell'acqua aperto 10,8 9,5 11,8 14,3 11,9 Utilizzare quando si è bagnati apparecchi elettrici 10,3 8,1 9,9 14,3 11,2 Spegnere un elettrodomestico tirando il filo dalla presa 10,4 8,1 7,8 14,8 10,9 Lasciare il gas aperto 6,5 9,5 7,2 12,0 9,1 Scordasi il forno acceso 6,1 10,1 5,9 6,8 7,1 Dimenticarsi il ferro da stiro acceso 5,1 10,8 3,9 8,3 7,0 Consumare alimenti scaduti o alterati 7,0 10,8 5,2 5,3 6,8 Usare liquidi corrosivi senza protezioni 3,3 2,1 7,9 6,8 5,2 Svolgere lavori di manutenzione/ristrutturazione pericolosi 2,4 2,8 9,2 3,4 4,1 Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi 3,3 3,4 2,6 4,5 3,6 Scordarsi le sigarette accese 3,8 4,1 2,6 3,4 3,5 Scordarsi delle candele accese 4,7 2,7 2,6 1,9 3,0 Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi 0,5 2,0 1,5 1,0 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 62 - Cattive abitudini e dimenticanze degli italiani negli ultimi 3 mesi, per titolo di studio (val. %) (*) Titolo di studio Nessuno/

elementare Medio Diploma Laurea/

Specializzazione post-laurea

Totale

Scordare pentole sul fuoco acceso 13,4 12,4 9,1 19,5 12,2 Lasciare un rubinetto dell’acqua aperto 13,4 10,3 12,0 14,3 11,9 Utilizzare quando si è bagnati apparecchi elettrici 8,5 10,7 10,9 15,3 11,2 Spegnere un elettrodomestico tirando il filo dalla presa 4,9 12,9 11,7 8,5 10,9 Lasciare il gas aperto 15,9 9,8 7,3 7,6 9,1 Scordarsi le sigarette accese 3,7 3,4 3,8 2,5 7,1 Dimenticare il ferro da stiro acceso 8,5 8,1 6,2 6,7 7,0 Consumare alimenti scaduti o alterati 6,1 7,3 6,5 7,6 6,8 Usare liquidi corrosivi senza protezioni 2,5 3,0 7,1 5,9 5,2 Svolgere lavori di manutenzione/ristrutturazione 2,4 2,6 5,3 5,1 4,1 Lasciare sparsi per casa prodotti nocivi 1,2 3,4 4,1 4,2 3,6 Scordarsi il forno acceso 8,5 7,7 5,0 10,9 3,5 Scordarsi delle candele accese 1,2 2,6 4,1 1,7 3,0 Acquistare e utilizzare prodotti cosmetici dannosi - 0,9 0,9 2,5 1,0 (*) la percentuale è calcolata sul totale degli intervistati Fonte: indagine Censis, 2004

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3.3. Sicurezza domestica: la “ricetta” che ancora non c’è

3.3.1. Da soli si rischia di più: la sicurezza come sistema

Alla luce di quanto emerso, è ovvio che qualsiasi politica per la sicurezza contro l’incidentalità domestica necessiti di un approccio complesso in grado di rispecchiare la multidimensionalità che caratterizza il fenomeno infortunistico.

Come già ampiamente sottolineato nella prima parte di questo rapporto, gli italiani pensano che la chiave di innalzamento della sicurezza personale e domestica, ma non solo, sia da rintracciarsi nel vissuto individuale di ciascuno, nella crescita di quella dimensione di micro responsabilità diffusa che trova, nella processo di progressiva affermazione delle identità individuali a scapito di quelle sociali, e nell’insorgere di un clima crescente di sfiducia verso le istituzioni, il suo principale terreno di alimento.

Ma nei fatti, le convinzioni degli italiani in materia appaiono decisamente meno rigide e scendendo nell’analisi più in dettaglio delle intenzioni e dei comportamenti individuali, “la ricetta” della sicurezza domestica appare ben più complessa di quanto non emerga ad una prima lettura.

Innanzitutto perché sono i cittadini che non vogliono gestirla autonomamente, anche perché spesso non sono in grado di farlo. Di fronte all’insorgenza di un problema in casa (perdite, black out …) solo l’8,5% alla richiesta di indicare il soggetto cui chiederebbe aiuto, dichiara che non si rivolgerebbe a nessuno. La maggior parte correrebbe ai ripari cercando il sostegno di altre persone: i più (complessivamente il 67,1%) ricorrerebbe nell’immediato a delle persone che possano risolvere il problema, siano questi il professionista di fiducia (39%), un operaio di fiducia (28,1%) o una società di servizi specializzata in interventi nelle case (5%) (tab. 63). Mentre una fetta ridotta (15,7%) ma pur sempre significativa, cercherebbe innanzitutto il supporto di una persona più vicina, che possa aiutarlo ma indirettamente, come l’amministratore di condominio (8%), il vicino di casa (5,9%) o il portiere (1,8%) (tab. 63 e fig. 31).

Al sud, oltre a prevalere l’orientamento al fai da te anche di fronte alle emergenze (lo dichiara il 10% dei residenti contro circa il 7% del nord) c’è maggiore tendenza ad affidarsi ad operai di fiducia, piuttosto che ai

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professionisti (il 37,1% dei residenti al sud sceglierebbe un operaio e il 30,3% un professionista). Al nord ed al centro invece la tendenza è del tutto opposta e la scelta del professionista (ci si rivolgerebbe il 46,2% degli abitanti del nord-ovest e il 47% del centro) prevale sempre su quella dell’operaio. Si tratto di un dato che risente probabilmente anche del titolo di studio, se è vero che ad orientarsi verso un segmento professionale più specializzato sono soprattutto i laureati (si rivolgerebbe al professionista il 46,2% di questi, contro il 34,1% degli intervistati con titolo elementare) (tab. 64).

E tuttavia, la propensione alla rete si estende anche oltre il momento dell’insorgenza del rischio: la sicurezza domestica è una dimensione di vita che per gli italiani va non solo risolta, ma anche affrontata e gestita insieme. E se quindi appare abbastanza scontato che all’insorgere di un problema o un pericolo, il primo istinto di ogni cittadino sia di cercare il sostegno di qualcuno, un po’ meno lo è il fatto che una quota ridotta ma pur sempre significativa di cittadini sia disposta a pagare anche di tasca propria, pur di non restare solo nel gestire questa complessa materia. Si tratta del 16,4% che pagherebbe un abbonamento annuo ad una società che offra servizi integrati di manutenzione dell’abitazione, e del 22,6% che in un’ottica ancor più preventiva, affiderebbe ad un professionista la verifica periodica dello stato della sua abitazione per prevenirne eventuali rischi o danni (tabb. 65 e 66 e fig. 32).

Un incarico importante e complesso, per cui gli italiani cercherebbero soprattutto persone competenti, prima ancora che di fiducia: il 37,7% lo affiderebbe infatti ai tecnici della ditta che hanno fornito gli impianti, il 25% ad un perito industriale in grado di valutare il tipo di intervento che dovrebbe

Fig. 31 - Soggetti a cui gli italiani si rivolgerebbero nel caso di problemi di sicurezza in casa (val.%)

Una società di servizi5,0%

Il vicino di casa5,9%

L’amministratore del condominio

8,0%

Nessuno, faccio da me8,5%

Altro5,5%

Un professionista di fiducia (perito industriale, ingegnere,

…)39,0%

Un operaio di fiducia28,1%

Fonte : Indagine Censis, 2004

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essere realizzato e il 10,5% alla ditta che ha costruito la casa. Al contrario di questi, il 23,3% si rivolgerebbe ad artigiani di fiducia mentre il 3,5% ad amici o conoscenti che svolgono lavori di manutenzione o riparazioni nel tempo libero.

I più sensibili su questo punto sono i giovani, gli abitanti del sud e i laureati: farebbe un abbonamento con una società di manutenzione il 23,3% della popolazione con meno di 30 anni (contro il 9,9% di quanti hanno tra i 45 e 64 anni), il 23,6% dei cittadini residenti al centro e il 20,7% al sud (contro l’11,3% del nord-ovest e l’8,9% del nord est) e quasi un quarto (24,4%) dei laureati (contro il 17,9% dei diplomati e il 12,9% di quanti hanno il solo diploma di scuola media).

Ed anche rispetto alla propensione ad affidare ad un professionista esterno il check up della propria casa, si riscontra la stessa tendenza (che risulta particolarmente marcata tra i laureati, dove l’interesse sarebbe del 39%) anche se cambiano le preferenze dei soggetti a cui rivolgersi (fig. 33). Mentre al nord-ovest (62,2%), e in parte anche al nord est (52,9%) le scelte della popolazione ricadrebbero in massima parte sui tecnici della ditta che ha fornito gli impianti, al centro e al sud, invece le preferenze della maggioranza sarebbero in direzione dell’affidamento dell’incarico ad artigiani di fiducia o a periti industriali: in particolare, si rivolgerebbe ai primi il 32,6% dei residenti al centro, il 25,3% al sud (contro il 16,2% del nord-ovest e il 5,9% del nord est); ai periti industriali, il 34,8% dei residenti al centro, il 29,3% al sud, il 23,5% al nord est e il 5,4% al nord-ovest (tabb. 67-68 e fig. 34).

Fig. 32 - Disponibilità ed interesse degli italiani a soluzioni innovative per la manutenzione della propria abitazione, per area geografica (val.%)

11,38,9

23,620,7

16,416,4

11,5

29,8 29,7

22,6

Nord ovest Nord est Centro Sud Totale

Disponibilità a pagare un abbonamento annuo ad una società di servizi per lamanutenzione della casa

Interesse ad affidare ad un professionista la verifica periodica dell'abitazione

Fonte : Indagine Censis, 2004

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Fig. 34 - Soggetti a cui gli italiani affiderebbero la verifica periodica dell'abitazione e degli impianti (val.%)

62,252,9

25,6 29,437,7

5,4 23,5

34,8 29,325,0

16,25,9 32,6

25,323,3

16,211,8

7,0

9,3 10,55,9 6,7 3,5

Nord ovest Nord est Centro Sud Italia

Amico/conoscente che faquesti lavori nel tempolibero

Ditta che ha costruito lacasa

Artigiani di fiducia

Periti industriali

Tecnici della ditta che hafornito gli impianti

Fonte : Indagine Censis, 2004

Fig. 33 - Disponibilità ed interesse degli italiani a soluzioni innovative per la manutenzione della propria abitazione, per titolo di studio (val.%)

9,612,9

17,9

24,4

10,7

16,7

24,0

39,0

Nessuno / elementare Media Diploma Laurea / specializzazione post laurea

Disponibilità a pagare un abbonamento annuo ad unasocietà di servizi per la manutenzione della casa

Interesse ad affidare ad un professionista la verificaperiodica dell'abitazione

Fonte : Indagine Censis, 2004

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La domanda di un sistema complesso di competenze diffuse nasce quindi dall’intima convinzione degli italiani, che da soli si rischia di più, anche se come già detto, la responsabilità individuale costituisce un tassello imprescindibile di innalzamento dei livelli di protezione domestica.

E proprio perché sono molteplici gli ambiti di interesse chiamati in causa, la rete della sicurezza si configura come un complesso sistema di competenze, in cui quello che sembra prevalere, stando almeno alle risposte fornite da alcuni testimoni privilegiati, non è tanto una logica di verticalità – vale a dire l’individuazione di specifiche figure preposte alla gestione della materia - quanto una di orizzontalità, che si sostanzia nell’individuazione di una funzione – per molti versi innovativa – per la sicurezza a tutti i livelli.

Da quelli più alti, che dovrebbero vedere parimenti impegnati e coinvolti gli organismi istituzionali ad oggi preposti – dal Ministero della salute, all’Inail; dai Lavori pubblici all’Interno, dall’Istruzione alle Attività Produttive, dalle Regioni ai Comuni – cui spetta il compito sia di garantire, a livello centrale e periferico, il coordinamento e la continuità degli interventi che vengono attuati in maniera sporadica ed occasionale, sia di rendere più efficaci gli stessi, tramite la messa a regime di una funzione di elaborazione, monitoraggio e controllo delle politiche attuate in materia di sicurezza.

LA SICUREZZA DOMESTICA A SISTEMA: GLI ORGANISMI PREPOSTI

Sarebbe auspicabile la creazione di una autorità allargata che potesse offrire una sponda di riconoscimento dei rischi e controllare i livelli di sicurezza. Al suo interno i Vigili del Fuoco dovrebbero avere un ruolo importante, visto il loro livello di compenetrazione con i problemi del territorio, testimoniato dallo sviluppo delle loro specializzazioni e dalla modifica anche della loro struttura interna: la componente dei volontari del corpo è cresciuta in modo significativo e la dice lunga sull’apprezzamento sociale che ricevono questi professionisti (Ministero dell’Interno)

***

Sul piano delle responsabilità pubbliche in merito alla sicurezza domestica stanno emergendo nuovi soggetti, oltre al Ministero dei Lavori Pubblici, che via via acquistano più peso in merito, come la Protezione Civile, responsabile della gestione della sismicità, che ha non pochi riflessi sulla stabilità degli edifici (Consiglio Nazionale degli Ingegneri)

***

La scuola, e per lei il Ministero dell’Istruzione, costituiscono un soggetto fondamentale ai fini della prevenzione. Ad oggi è stato lanciato un programma a livello nazionale per formare i formatori della sicurezza e a livello periferico sono molte le iniziative svolte nelle diverse scuole di sensibilizzazione dei bambini e dei ragazzi in materia. Lo stimolo, da questo punto di vista, è stato fornito dall’Unione Europea che sta facendo molti sforzi per promuovere tutto questo tipo di attività di integrazione tra mondo della scuola e mondo tecnico professionale (Aias)

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Ma è soprattutto a livello di competenze diffuse che vanno sviluppate logiche nuove, in grado di diffondere presso tutti i soggetti che a diverso titolo si occupano di sicurezza – le scuole, le strutture sanitarie, i professionisti e i rispettivi Ordini, i costruttori, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine, gli amministratori di condominio - una nuova sensibilità, laddove manchi, e una nuova consapevolezza, laddove esista un sostrato culturale già fertile.

Una volta intervenuti in questo senso, non sarebbe poi così peregrino pensare anche alla individuazione di figure ad hoc, preposte alla sicurezza indoor, così come del resto la L.626/94 ha fatto in materia di sicurezza sul lavoro.

LA SICUREZZA DOMESTICA A SISTEMA: LA RETE DELLE COMPETENZE DIFFUSE

Per quanto riguarda gli immobili, i soggetti competenti per verifiche e controlli dovrebbero essere i Vigili del fuoco; per quanto riguarda invece l’interno delle abitazioni, e in particolare gli impianti, dovrebbero entrare in campo i singoli professionisti: ingegneri, periti industriali : a condizione che vengano controllate, tramite i rispettivi Ordini, tariffe e qualità professionale (Uppi)

***

Il decreto 626/96 sulla sicurezza in ambiente di lavoro ha introdotto un sistema concertato di prevenzione e la definizione di figure professionali specifiche che potrebbe essere esteso anche alla sicurezza domestica, tramite soggetti e strumenti da finalizzare a questo specifico ambito (Moica)

***

E’ necessario che si occupino di sicurezza domestica coloro che giornalmente sono preposti a tale compito. Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per competenza, diffusione sul territorio nazionale e consapevolezza derivante dall’attività di soccorso ha la possibilità di esprimere al meglio tale funzione (Ministero dell’Interno)

***

Per accrescere la sicurezza domestica deve essere implementata la creazione sul territorio di una rete per la facilitazione dell’accesso ai servizi sanitari, che coinvolga il sistema associativo e le altre espressioni sociali, come il volontariato. In questo senso, sviluppando appieno non solo la sussidiarietà verticale, ma anche quella orizzontale, rispetto alla quale gli spazi per rintracciare migliori sinergie non sono mai pochi (Ministero della Salute)

***

Per elevare la sicurezza degli edifici, lo sforzo dei professionisti non basta, ma serve il coinvolgimento degli Enti locali chiamati ad esercitare funzioni di controllo. Gli ingegneri, per parte loro, hanno un ruolo importante per il collaudo statico degli edifici, ma se il Comune non comincia a rilasciare certificati di abitabilità accompagnati da verifiche anche protratte

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nel tempo, rimane il rischio che le leggi possano non essere adeguatamente rispettate. La sicurezza è in definitiva un elemento da condividere, che non può essere imputata ad un solo soggetto (Consiglio Nazionale degli Ingegneri)

***

Anche gli amministratori di condominio rappresentano un perno fondamentale del sistema di sicurezza domestico. L’Anaip, al proposito, ha proposto una alternativa al libretto di fabbricato, chiamata TDF (test di diagnosi del fabbricato), che è stato oggetto di una proposta di legge presso la Camera dei Deputati due anni fa. Si tratterebbe di diffondere fra gli amministratori un questionario a struttura chiusa per rendicontare lo stato di conservazione dell’edificio di cui sono responsabili. Il questionario verrebbe elaborato dal Ministero delle Infrastrutture, che, sulla base del livello di rischio riscontrato, dovrebbe avviare un procedimento di controllo decentrato su base regionale, e richiedere all’amministratore di intervenire per rimuovere le cause di rischio (Anaip)

***

I professionisti tecnici con le loro certificazioni sono alla base del sistema di sicurezza. Il problema è che vanno consultati: bisogna che gli utenti si rivolgano a loro poiché il professionista, se chiamato, opera per forza secondo le regole e solo nel suo ambito di competenza specifico (Ilsole24ore)

3.3.2. Il nodo della prevenzione

L’altro aspetto su cui appare opportuno riflettere è che rispetto al tema della sicurezza domestica è difficile poter pensare a delle politiche che non abbiano come cardine la prevenzione. E ciò per almeno tre ordini di motivi:

- innanzitutto, perché contrariamente ad altre dimensioni di vita (lavoro, contesto locale, salute) la sicurezza domestica è uno di quegli ambiti in cui è impossibile istituire forme di controllo, in quanto non si possono imporre all’individuo, alla propria libertà personale, nel proprio ambito di vita privata quelle forme di coercizione previste altrove;

- in secondo luogo perché come più volte segnalato, il rischio domestico nasce soprattutto da un problema di tipo culturale ed organizzativo, dettato dalla mancanza di strumenti di tipo conoscitivo, idonei ad individuare e valutare i pericoli presenti nelle abitazioni;

- infine, perché la dimensione culturale è quella su cui oggi è avvertito il maggiore divario tra attese e comportamenti, tra domanda ed offerta di sicurezza. E pertanto il primo da cui occorre partire.

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Circoscrivere alla prevenzione il nocciolo delle strategie di intervento non significa tuttavia, limitarne la portata, dal momento che come riconosciuto, gli ambiti su cui agire sono molteplici e le ricette da mettere sul campo numerose.

LA PREVENZIONE COME MINIMO COMUNE DENOMINATORE DELLE POLITICHE PER LA SICUREZZA DOMESTICA

La prevenzione sugli infortuni domestici è per forza di cose di tipo generale, poiché non può che agire sul versante culturale. Differentemente da quanto avviene per la sicurezza sul lavoro, è più difficile stabilire un nesso fra causa ed effetto dell’infortunio; ancora, sull’andamento della sicurezza domestica pesa fortemente l’impossibilità di istituire forme di controllo come quelle che il dl 626/94 ha introdotto in ambito lavorativo, in quanto non si possono imporre all’individuo nella sfera della sua libertà personale, le stesse verifiche previste altrove. Senza contare che negli ambienti di lavoro sono ormai presenti figure preposte alla funzione di controllo e di promozione della sicurezza che in casa è quasi impossibile trasferire, a meno che non si distingua fra la sicurezza “indoor” e quella dello stabile, di cui è già responsabile l’amministratore di condominio, sulla base sempre del dl 626. Alla luce di ciò è indubbio che la principale strategia preventiva non possa che partire dal far leva sui comportamenti individuali (Inail)

***

Per fra crescere la cultura della sicurezza vanno fatte crescere sinergie autentiche fra chi opera a monte e a valle dell’individuo: dall’agente immobiliare, agli amministratori di condominio, al Comune stesso (Consiglio Nazionale degli Ingegneri)

***

Oggi ci si fa male perché non si conoscono i rischi. La sicurezza è un problema culturale ed organizzativo, rispetto al quale bisogna mettere in campo tutti i tipi di strumenti che consentano agli utenti di valutare, volta per volta, i rischi cui vanno incontro. La prevenzione è quindi un elemento centrale; e deve essere realizzata fin dall’infanzia, fin dalle scuole: non solo perché i bambini sono più ricettivi e sensibili degli adulti, ma soprattutto perché finiscono per rappresentare il miglior canale di sensibilizzazione e comunicazione all’interno della famiglia (Aias)

***

I controlli sulla sicurezza domestica non possono essere più di tanto prescrittivi, poichè otterrebbero solo il risultato di rendere le persone più insofferenti e meno attente alla sicurezza.La strada migliore allora è quella dell’informazione e della comunicazione che trasmettano almeno le conoscenze di base su quale deve essere il livello minimo di manutenzione della sicurezza. L’idea di defiscalizzare in parte questo tipo di interventi è buona per avviare una nuova stagione culturale sul tema e per dare impulso iniziale alle attività tecniche (Ministero dell’Interno)

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Il primo ambito su cui intervenire è quello della qualità del sistema abitativo: la dimensione di sicurezza su cui sono stati probabilmente fatti i maggiori progressi negli ultimi anni, grazie ai positivi effetti della normativa messa a regime, ma rispetto a cui resta ancora molto da fare. Al di là della necessità di procedere quanto prima a degli interventi strutturali sul patrimonio edilizio (ritenuto prioritario dalla totalità dei testimoni privilegiati interpellati) alla luce dello stato di pericolosa obsolescenza di alcune strutture, la principale carenza che viene oggi avvertita è l’assenza di una politica della casa, di un approccio al tema abitativo in termini di infrastruttura, che sia in grado di convogliare, prima ancora che in un testo unico di legge, in una visione unitaria del problema il complesso e intricato nodo di problematiche che vi ruota attorno.

Una carenza che viene sentita non solo a livello macro, ma soprattutto nel micro, dove l’assenza di una visione unitaria, si sostanzia di fatto nel quotidiano nella parcellizzazione degli interventi in casa, nella frammentazione delle informazioni, nell’assenza di uno strumento che sia in grado di attestare lo stato di salute dell’immobile in cui si vive, o in cui si vorrebbe vivere.

Del resto, le complesse vicende che hanno accompagnato l’introduzione in alcune regioni e comuni del Paese (risale alla metà di marzo la delibera del Campidoglio che lo rende obbligatorio per gli edifici romani) del fascicolo di fabbricato – la raccolta obbligatoria di vari documenti che sintetizzano la storia del palazzo e il resoconto dell’indagine di tutto l’edificio svolto da professionisti competenti (ingegneri, periti industriali, architetti iscritti all’albo professionale) accompagnata da una relazione di valutazione sui requisiti di sicurezza dello stabile e sui punti critici - testimoniano la difficoltà a pervenire alla definizione e soprattutto all’adozione di strumenti che obblighino costruttori ed inquilini a farsi in parte carico della preservazione della qualità del sistema abitativo italiano.

Una difficoltà che ha trovato ragione nella pluralità delle ipotesi che circolavano attorno al fascicolo di fabbricato fin dall’inizio (l’assenza di un format omogeneo a livello nazionale, il nodo sulla volontarietà o obbligatorietà dello strumento, sull’obbligo di verifiche periodiche, ecc.), ma soprattutto nelle incertezze relative a due aspetti in particolare: i costi, che com’è ovvio non potevano essere imputati esclusivamente a carico dei cittadini, ma che avrebbero dovuto prevedere una compartecipazione del pubblico, in termini di sgravio su alcune imposte, come l’Ici; e l’efficacia ed affidabilità dei controlli, che poteva essere garantita solo tramite un’attenta selezione dei soggetti verificatori (consulenti) realizzata, sotto il profilo delle tariffe e delle

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competenze, dagli Ordini e Collegi preposti, o da altre strutture pubbliche competenti.

IL LIBRETTO DI FABBRICATO: UNO, NESSUNO, CENTOMILA

Il libretto non deve essere statico, ma dinamico: vale a dire, non deve limitarsi a fotografare lo stato dell’immobile in un determinanto momento (appena costruito) ma deve essere in grado di tracciare, anno dopo anno, la sua evoluzione e quella degli inteventi effettuati all’interno (Uppi)

***

Non possono esserci tanti modelli di libretto, ma un format unico per tutto il territorio nazionale, magari istruito da un Ente statale. Il soggetto che potrebbe farsene carico potrebbe essere il Ministero dei Lavori Pubblici (Ministero dell’Interno)

***

Si al libretto di fabbricato, che deve essere rilasciato da chi costruisce l’immobile. Il mantenimento dell’immobile dovrebbe poi essere assicurato almeno per i primi 10 anni da chi ha costruito l’immobile: questo è l’unico sistema per responsabilizzare i costruttori. Passati questi primi anni, ci vorrebbe poi un ente che verifichi i fabbricati (Periti Industriali)

IL LIBRETTO DI FABBRICATO: I PRO ….

Il libretto immobiliare o fascicolo di fabbricato è sicuramente uno strumento utile per far capire a chi ha in uso o intende comprare un immobile cosa gestisce e cosa sta per acquistare. L’acquirente deve sapere se l’immobile che sta per acquistare comporta dei rischi per la salute (perché magari ci sono ancora strutture in eternit) o se gli impianti presenti sono sicuri. E poi sarebbe anche un importante deterrente all’abusivismo (Uppi)

***

Il libretto del fabbricato è uno strumento indispensabile per la sicurezza se gestito con consapevolezza ed onestà tecnica ed individuale (Ministero dell’Interno)

***

Si, ci vuole una legge che garantisca la trasmissione dei dati per le abitazioni (Federcasalinghe)

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IL LIBRETTO DI FABBRICATO: …. E I CONTRO

Rispetto al libretto di fabbricato, mi sembra che si tratti in sostanza solo un grosso affare burocratico. Quello che invece andrebbe ad oggi verificato seriamente è lo stato di alcune abitazioni che sono state costruite negli anni sessanta, e che costituiscono un vero e proprio pericolo per tutto il nostro patrimonio edilizio (Adiconsum)

IL LIBRETTO DI FABBRICATO: LE CONDIZIONI

… naturalmente va bene l’obbligo del libretto di fabbricato a patto che il costo non gravi tutto solo sul cittadino: per cui, se si fa “certificare” la propria abitazione, dovrebbe essere prevista quantomeno uno sgravio sull’Ici. Sarebbe un mancato guadagno immediato per il Comune, che di fatto diverrebbe un investimento del comune sul futuro (Uppi)

***

Il Fascicolo del Fabbricato, per parte sua, non è utile se rimane soltanto un documento burocratico, ma se si intende come il risultato di un’azione più ampia, ossia, di verifiche e di certificazioni realmente compiute sull’edificio e sull’impiantistica, se ne potrebbe riparlare. In questo senso, non dovrebbe essere oggetto di una normativa regionale, ma nazionale, per definire criteri uniformi sulle verifiche e uno stesso format interno (Consiglio Nazionale degli Ingegneri)

***

Bisogna fare i conti con la diffidenza ad aprire le proprie case e con i costi: per cui, si al libretto di fabbricato ma a tre condizioni: che non costi al cittadino (nemmeno attraverso un aumento di tasse); che vengano utilizzate persone estremamente qualificate, con tariffe basse; e che sia comunque affidato alla libera volontà dei cittadini (Federcasalinghe)

Alla luce di questi elementi, può quindi essere valutato estremamente positivamente il fatto che secondo l’indagine, ben il 42,2% dei cittadini sono favorevoli all’introduzione dell’obbligo di adozione di un fascicolo sulla casa (tab. 69 e fig. 35). Ancora una volta, laddove viene avvertito con maggiore urgenza l’esigenza di intervenire sotto il profilo della preservazione del patrimonio abitativo, l’orientamento all’adozione di strumenti di maggiore controllo – com’è in definitiva anche il fascicolo di fabbricato – risulta più marcata: concorda con l’introduzione di questo strumento il 55,2% dei residenti al sud, il 48,3% al centro, il 31,1% al nord-ovest e il 29,5% al sud. Ma pesa anche e tanto il livello di istruzione: è favorevole al fascicolo di fabbricato il 28% degli italiani con titolo di studio elementare, il 33,5% con diploma di scuola media, il 47,6% dei diplomati e il 55% dei laureati.

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Fig. 35 - Accordo degli italiani rispetto all'introduzione dell'obbligo del Fascicolo di fabbricato (val.%)

31,1 29,5

48,355,2

28,033,5

47,655,0

42,2

Nord ovest

Nord est

Centro Sud Nessuno /elementare

Medio Diploma Laurea /specializzazione

post laurea

Totale

Fonte : indagine Censis, 2004

Ancorché il principale strumento, il fascicolo di fabbricato non è che il primo tassello di un percorso di responsabilizzazione collettivo – dei singoli cittadini, delle istituzioni, dei costruttori e dei professionisti - rispetto alle esigenze di preservazione del patrimonio abitativo italiano. Nel corso dei colloqui effettuati con i testimoni privilegiati è infatti emersa da più parti l’esigenza di proseguire in questa direzione anche tramite la previsione di percorsi differenziati di responsabilizzazione individuale, da attuarsi con gli strumenti più svariati: dal bollino di qualità sulla casa al monitoraggio costante ed individuale dei rischi esistenti.

Ne è emerso un ventaglio di proposte e suggestioni estremamente variegato, in parte già contenute ed assimilate dal fascicolo di fabbricato, in parte estranee, che si muove lungo un continuum di ipotesi che vede ai suoi estremi due modelli ideali:

- da un lato, un circuito della sicurezza individuale, tarato principalmente sulla responsabilità dei singoli, e che delinea un percorso minimale di sicurezza, che ha come contenuto ed obiettivo la conoscenza dei rischi connessi all’abitazione e la loro individuazione. Si tratta di un percorso volontario, lasciato in tutto e per tutto all’autonomia del singolo, sia per quanto riguarda i costi e i tempi (eventuali verifiche dello stato dell’immobile verrebbero effettuate a discrezione e a carico del proprietario) che alle modalità della verifica, affidata anche questa alla libera scelta da parte del proprietario, dei professionisti o delle strutture di servizio cui affidare il compito di valutare lo stato di salute dell’abitazione;

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- all’estremo opposto, un circuito della sicurezza sistemico, centrato sulla responsabilità condivisa dei tanti soggetti (istituzioni, professionisti, proprietari, …) attorno a cui si definisce la qualità del sistema abitativo, e che prevede un percorso di certificazione dell’abitazione che porti il proprietario e l’inquilino, non solo ad acquisire le conoscenze necessarie per individuare i rischi presenti, ma a gestire gli stessi, e prevenire eventuali pericoli. Si tratta di un sistema obbligatorio di certificazione, che dovrebbe essere ripetuto a cadenze periodiche, e la cui gestione dovrebbe prevedere un’ampia partecipazione dei soggetti pubblici: sia nell’attuazione delle verifiche cui sottoporre l’abitazione (potrebbero essere coinvolti i vigili del fuoco, le asl, o tecnici assunti direttamente dall’ente pubblico competente) che nel coordinamento (il comune potrebbe ad esempio selezionare una rosa di strutture professionali o i singoli professionisti cui affidare i check up immobiliari all’interno della quale i proprietari potrebbero scegliere). In questo caso, la partecipazione del pubblico sarebbe anche sui costi con la previsione quantomeno di sgravi o agevolazioni per la realizzazione del percorso di certificazione.

IL CIRCUITO DELLA SICUREZZA DELLE ABITAZIONI

FORMATO INDIVIDUALE SISTEMICO

Contenuto acquisizione informazioni certificazione

Obiettivo mappatura del rischio gestione del rischio

Carattere volontario obbligatorio

Costo individuale pubblico/privato

Tempi una tantum a scadenze periodiche

Sistema di controllo/verifica scelta individuale soggetto pubblico

Controllori tecnici ed esperti soggetti di profilo pubblico

Oltre al sistema abitativo, che rappresenta un pilastro centrale della sicurezza domestica, vi è un’altra linea di intervento strategica che interessa la sicurezza dei prodotti che entrano nelle abitazioni degli italiani. In quest’ottica, l’obiettivo è quello di promuovere più responsabilità da parte delle imprese tramite:

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- strumenti che favoriscano l’innalzamento dei livelli di sicurezza dei prodotti, tramite certificazioni, marchi, ricerca, tecnologia e una maggiore diffusione di soluzioni ergonomiche;

- interventi che tutelino il consumatore, garantendo una maggiore trasparenza delle informazioni fornite dall’azienda produttrice, sia sulla qualità del prodotto stesso che sulle sue modalità di utilizzo;

- una maggiore tutela dei marchi, da realizzarsi tramite un controllo più attento su questi stessi e un impegno maggiore nella lotta ai fenomeni di contraffazione.

LE ISTITUZIONI PER LA TUTELA DEI CONSUMATORI

Ma la tutela della sicurezza dei consumatori non è solo questione di responsabilità delle imprese o dei singoli individui: è anche questione di responsabilità istituzionale. Da questo punto di vista, va segnalata l’importante azione svolta dalla Direzione generale per l’armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori, del Ministero delle Attività produttive, e in particolare: la creazione di un Osservatorio nazionale sull’andamento dei prezzi; la realizzazione di un’importante campagna di sensibilizzazione dei consumatori sulle etichette e sul controllo della rispondenza tra ciò che è riportato in etichetta e l’effettiva qualità del prodotto; attività di carattere normativo a tutela dei consumatori, come la norma del 2002 sulla garanzia post vendita, finalizzata a recuperare la responsabilità del venditore anche nella fase successiva all’atto di vendita, per almeno 2 anni. La norma è stata emanata in applicazione di una direttiva comunitaria; attività di controllo sulla correttezza degli strumenti di misurazione (metrologia): dalle bilance ai cronotachigrafi (Ministero delle Attività Produttive).

L’ultimo e principale ambito di intervento attiene infine alla cultura della sicurezza, che come già sottolineato costituisce l’aspetto sui cui è più urgente intervenire per promuovere un approccio di tipo preventivo, l’unico in grado di agire su quella variabile imponderabile e sfuggente che è il comportamento umano. Da questo punto di vista, si potrebbe pensare a interventi mirati a sensibilizzare la popolazione italiana, e in particolare la più giovane, tramite:

- campagne di sensibilizzazione e informazione, rispetto ai pericoli delle abitazioni, dei prodotti, da attuarsi tramite campagne di comunicazione, divulgazione di guide (del fabbricato ad esempio, o di informazione su marchi, prodotti nocivi, piante pericolosi, insidie domestiche, ecc.) formazione ai bambini nelle scuole. Peraltro è da sottolineare come al momento in cui si chiude la ricerca il Ministero delle Attività Produttive ha pubblicato un opuscolo di informazione su “La sicurezza degli impianti domestici”;

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INFORMAZIONE E FORMAZIONE: PROGETTI E IDEE PER UNA CASA PIÙ SICURA

Il primo strumento che dovrebbe essere creato è una sorta di Guida della casa, che racchiuda in se gli aspetti più salienti della sicurezza, vale a dire una descrizione di tutti gli adempimenti minimali per la sicurezza (degli impianti, elettrodomestici, per cui l’eventuale acquirente di un immobile, anche il più sprovveduto, sia comunque messo in condizione di controllare cosa sta per acquistare (Ispesl)

***

Ciò che serve, per rendere più efficaci gli interventi di programma ed elevare la sensibilità collettiva sul tema della qualità della vita è assicurare una migliore informazione e comunicazione sul tema, rafforzando gli interventi già esistenti (Ministero della Salute)

***

Di fronte al problema della sicurezza dei prodotti che entrano nella abitazioni degli italiani, il consumatore si può difendere con i marchi di qualità, che però sono ancora troppo poco conosciuti. Da questo punto di vista è necessario proseguire con campagne massicce di informazione ai consumatori per far conoscere i marchi di qualità ma soprattutto fare imparare a leggere etichette, certificazioni, bollini, tutto ciò che possa insomma attestare la qualità dei prodotti (Ministero Attività Produttive)

***

Si dovrebbe pensare a forme che incentivino le persone, piuttosto che controllarne i comportamenti, con forme di informazione personalizzate, defiscalizzazione degli interventi di certificazione e di manutenzione della qualità della sicurezza domestica. Le prossime campagne contro gli infortuni domestici, infatti, saranno mirate proprio al miglioramento del comportamento individuale: non basta avere strumenti a norma, bisogna saperli usare (Inail)

- promozione di interventi tecnici all’interno delle case, tramite sgravi per chi li effettua, non solo per quanto attiene la manutenzione degli impianti, ma anche per nuovi interventi finalizzati a rimuovere i pericoli presenti nelle abitazioni (rimozione di materiale nocivo, di pericoli architettonici, ristrutturazione di ambienti per soggetti a rischio, come anziani, bambini o disabili, ecc.);

- l’estensione della platea dei soggetti assicurabili contro gli infortuni in ambiente domestico;

- la creazione di figure professionali ad hoc per la sicurezza indoor.

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NON SOLO INFORMAZIONE: IL RUOLO DEGLI INTERVENTI TECNICI

Gli interventi di tipo tecnico costituiscono un tassello indispensabile per innalzare il livello di sicurezza delle abitazioni. Rispetto all’interno delle case, ci sono ambienti per loro natura più pericolosi di altri: si pensi al bagno, al vapore acqueo che si deposita sulle piastrelle, alla vasca da bagno: è chiaro che il pavimento sdrucciolevole aumenta la pericolosità del bagno. Il tecnico o il costruttore sono fondamentali in questo caso perché se venissero prodotti pavimenti con un buon coefficiente di attrito, si limiterebbero di molto i rischi. Cosi come se costruissero i bagni con dei maniglioni di sostegno, per evitare le possibilità di scivolamento. Adesso non siamo abituati a vedere esteticamente una vasca con dei maniglioni, ma se si iniziassero a fare, alla fine anche l’occhio si abituerebbe. Un altro tipo di intervento tecnico fondamentale concerne l’illuminazione: oggi si usa tanto avere la casa su due livelli, creando dei dislivelli all’interno delle case, e questo può essere un altro fattore di rischio se l’illuminazione non è adeguata. Quello che dovrebbe passare è il messaggio di una casa “bella e sicura”: cioè la sicurezza deve divenire un aspetto centrale dell’arredamento, su cui convoglino le tante responsabilità diffuse: delle aziende, dei professionisti, degli inquilini e delle istituzioni (Ispesl)

***

Per far crescere la sicurezza, bisognerebbe sviluppare tutti i concetti ergonomici, di adattamento delle tecnologie e dei componenti di arredamento alle esigenze dell’utilizzatore, anche tramite campagne di sensibilizzazione presso utenti, produttori e consulenti (Aias)

***

Rispetto alla struttura delle nostre abitazioni, sarebbe utile incentivare quanto più possibile gli interventi di ristrutturazione. In quest’ottica, l’Anaip intende avviare un progetto (“Ristruttu.rate”), con l’obiettivo di agevolare la ristrutturazione e la messa in sicurezza della statica e degli impianti, selezionando a monte imprese tecniche disponibili ad essere pagate a consegna dei lavori fino ad un arco di tempo di cinque anni. Questo permetterebbe alle famiglie e agli individui di dilazionare nel tempo lo sforzo di spesa, ai condomini di programmare in ogni caso forme di indebitamento agevolate e alle imprese tecniche di poter contare su rientri certi, sebbene non concentrati (Anaip)

***

Si potrebbe pensare di incentivare meccanismi premianti per interventi di promozione della sicurezza da parte dei distributori. Per interventi tecnici intendiamo la sostituzione delle apparecchiatura di cottura, con finanziamento totale e parziale dei distributori, la formazione degli installatori e campagne di informazione dei clienti finali su cose anche banali ma importanti, come il fatto che il tubo di gomma degli apparecchi di cottura va cambiato dopo un certo numero di anni (Autorità garante dell’energia e del gas)

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Tab. 63 - Soggetto cui gli italiani si sono rivolti o si rivolgerebbero nel caso di problemi di sicurezza in casa, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Un professionista di fiducia 46,2 35,6 47,0 30,3 39,0 Un operaio di fiducia 16,4 27,5 29,3 37,1 28,1 Nessuno, faccio da me 7,5 6,7 9,2 10,0 8,5 Una società di servizi 3,7 8,7 3,9 6,9 8,0 L’amministratore del condominio 12,6 7,4 3,9 6,9 8,0 Il vicino di casa 7,5 8,7 2,0 5,4 5,9 Altro 3,3 3,4 3,3 4,6 3,7 Il portiere 2,8 2,0 0,7 1,5 1,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 64 - Soggetto cui gli italiani si sono rivolti o si rivolgerebbero nel caso di problemi di sicurezza in casa, per titolo di studio (val. %)

Titolo di studio Nessuno/

elementare Medio Diploma Laurea/

Specializzazione post-laurea

Totale

Un professionista di fiducia 34,1 33,9 41,6 46,2 39,0 Un operaio di fiducia 31,7 32,2 23,9 27,7 28,1 Nessuno, faccio da me 6,1 9,4 9,4 5,0 8,5 Una società di servizi 3,7 3,4 6,8 4,2 8,0 L’amministratore del condominio 7,3 6,9 8,3 10,1 8,0 Il vicino di casa 9,8 6,4 5,9 2,5 5,9 Altro 6,1 5,6 2,7 1,7 3,7 Il portiere 1,2 2,1 1,5 2,5 1,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 65 - Disponibilità a pagare un abbonamento annuo ad una società di servizi per la manutenzione della casa, per età, per area geografica e per titolo di studio (val. %)

Sì No Totale Età 18-29 anni 23,3 76,7 100,0 30-44 anni 19,4 80,6 100,0 45-64 anni 9,9 90,1 100,0 Ripartizione geografica Nord ovest 11,3 88,7 100,0 Nord est 8,9 91,1 100,0 Centro 23,6 76,4 100,0 Sud e isole 20,7 79,3 100,0 Titolo di studio Nessuno/elementare 9,6 90,4 100,0 Media 12,9 87,1 100,0 Diploma 17,9 82,2 100,0 Laurea/specializzazione post laurea 24,4 75,6 100,0 Totale 16,4 83,6 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 66 - Interesse ad affidare ad un professionista la verifica periodica dell’abitazione e degli impianti presenti, per titolo di studio (val. %) (*)

Titolo di studio Nessuno/

elementare Medio Diploma Laurea/

Specializzazione post-laurea

Totale

Interesse Sì 10,7 16,7 24,0 39,0 22,7 No 89,3 83,3 76,0 61,0 77,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Se sì, a chi affiderebbe l’incarico? Ai tecnici della ditta che ha fornito gli impianti 44,4 42,1 37,5 33,3 37,7 Ad un perito industriale 11,1 15,8 33,8 20,0 25,0 Ad artigiani di fiducia 22,2 34,2 15,0 28,9 23,3 Alla ditta che ha costruito la casa 22,2 7,9 10,0 11,1 10,5 Ad un amico/conoscente che fa questi lavori nel tempo libero - - 3,8 6,7 3,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 67 - Interesse ad affidare ad un professionista la verifica periodica dell'abitazione e degli impianti presenti, per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica Nord ovest Nord est Centro Sud e isole Totale

Interesse Sì 16,4 11,5 29,8 29,7 22,6 No 83,6 88,5 70,2 70,3 77,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Se sì, a chi affiderebbe l’incarico? Ai tecnici della ditta che ha fornito gli impianti 62,2 52,9 25,6 29,4 37,7 Ad un perito industriale 5,4 23,5 34,8 29,3 25,0 Ad artigiani di fiducia 16,2 5,9 32,6 25,3 23,3 Alla ditta che ha costruito la casa 16,2 11,8 7,0 9,3 10,5 Ad un amico/conoscente che fa questi lavori nel tempo libero

5,9 6,7 3,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 68 - Interesse ad affidare ad un professionista la verifica periodica dell'abitazione e degli impianti presenti, per età (val. %)

Età 18-29 anni 30-44 anni 45-64 anni Totale

Interesse Sì 28,5 27,1 15,2 22,6 No 71,5 72,9 84,8 77,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Se sì, a chi affiderebbe l’incarico? Ai tecnici della ditta che ha fornito gli impianti 32,0 38,0 43,2 37,7 Ad un perito industriale 32,0 23,9 19,6 25,0 Ad artigiani di fiducia 18,0 26,8 23,5 23,3 Alla ditta che ha costruito la casa 14,0 8,5 9,8 10,5 Ad un amico/conoscente che fa questi lavori nel tempo libero

4,0 2,8 3,9 3,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 69 - Accordo con l'introduzione dell’obbligo di adozione di un fascicolo sulla casa, che descriva le caratteristiche dell’edificio e degli impianti, e documenti gli interventi fatti nell’anno, per area geografica (val. %)

Accordo su fascicolo della casa

Totale

Si No

Area geografica Nord-ovest 31,1 68,9 100,0 Nord-est 29,5 70,5 100,0 Centro 48,3 51,7 100,0 Sud e isole 55,2 44,8 100,0 Titolo di studio Nessuno/elementare 28,0 72,0 100,0 Media 33,5 66,5 100,0 Diploma 47,6 52,4 100,0 Laurea/specializzazione post laurea 55,0 45,0 100,0 Totale 42,2 57,8 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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3.4. L’analisi cluster: le sei tipologie

Sulla base dell’insieme di informazioni raccolte, si è cercato di individuare attraverso un’analisi di tipo multivariato, dei gruppi che potessero sintetizzare i differenti modi di essere degli italiani rispetto alla sicurezza.

A dispetto della vasta serie di incoerenze e differenze rilevate finora, l’analisi cluster consente di fotografare dei sub-universi omogenei, ovvero dei gruppi caratterizzati da un elevato livello di coerenza interno, e che rappresentano una sorta di ideal tipus: essendo infatti stati creati sulla base delle modalità ricorrenti in tutto il campione, sarà pertanto assai difficile che ciascun lettore si riconosca pienamente nell’uno o nell’altro gruppo; ma sarà altresì assai probabile che ciascuno si possa sentire più vicino all’una o all’altra modalità di percepire e gestire il proprio rapporto con la sicurezza.

Ciascun gruppo si colloca idealmente su un punto dello spazio definito da tre assi:

- la dimensione della cultura della sicurezza, che si muove lungo un continuum che fotografa, su un polo, un orientamento fortemente orientato alla prevenzione in materia, tramite comportamenti proattivi, e all’estremo opposto, un orientamento di segno contrario, all’insegna della più completa indifferenza;

- la dimensione della responsabilità, che si muove dal polo della responsabilità diffusa ed individuale, al polo della responsabilità istituzionale;

- infine la dimensione dei comportamenti individuali che si muove lungo un livello di rischiosità crescente.

La scomposizione dell’universo di riferimento sulla base dei tre assi ha portato all’individuazione delle sei tipologie ideali che seguono.

3.4.1. I sicuri per caso

Il primo e più numeroso gruppo (rappresentano il 21,6%), sono i sicuri per caso, vale a dire, quelli per cui la sicurezza domestica è più un dono della sorte che una conseguenza intenzionale di azioni e comportamenti (tav. 1). Sono sparsi a macchia d’olio un po’ ovunque: donne e uomini, giovani e adulti, casalinghe e

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pensionati. Non sembrano avere una specifica connotazione strutturale; unico tratto distintivo è che sono presenti in misura maggiore al nord est, piuttosto che al centro o al sud.

Ciò che li caratterizza è che per loro la sicurezza è l’ultimo dei problemi: non se ne preoccupano più di tanto (dichiara di non avere paura degli incidenti domestici il 72,6% contro il 56,7% del campione) e non pensano pertanto che qualcuno se ne debba far carico, se non i privati cittadini (la pensa così l’88,8% di questo gruppo contro una media del 72,8%).

Proprio per questo, non hanno effettuato alcun tipo di intervento preventivo nelle loro abitazioni (solo il 6,5% contro una media generale del 27,9% ha ad esempio installato un rilevatore di fughe di gas) e sono contrari a qualsiasi tipo di misura che violi in qualche modo la loro privacy: dall’affidamento ad un professionista esterno della verifica periodica della loro abitazione (è favorevole il 3,5% del gruppo contro il 22,7% del campione), al fascicolo di fabbricato (23,5% contro il 42,2%).

Baciati dalla fortuna e protetti dalla sorte solo l’8,2% (contro il 27,8%) ha avuto un infortunio dentro casa nell’ultimo anno, e solo 25,9% (contro il 52,8%) ha accusato disturbi collegati al lavoro o ad altri tipi di cause.

Ma in fondo in fondo, anche se loro non lo sanno, la fortuna è anche un po’ merito loro. L’orientamento alla sicurezza loro ce l’hanno nei geni, prima ancora che nella coscienza: sono infatti il gruppo in cui sono risultati meno

Fig. 36 - Gli italiani e la sicurezza: 6 tipologie ideali

Sicuri per caso21,6%

Irrecuperabili19,7%

Previdenti18,0%

Consumatori14,3%

Attendisti13,4%

Sicuri "fai da te"13,0%

Fonte: indagine Censis, 2004

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diffuse cattive abitudini o distrazioni nella vita di tutti i giorni: solo il 20% (contro una media del 46,1%) è incappato nelle quotidiane disattenzioni casalinghe che mettono a repentaglio l’incolumità individuale e dei familiari.

3.4.2. Gli irrecuperabili

Gli irrecuperabili rappresentano per ordine di grandezza, il secondo gruppo dell’intero universo. Sono infatti il 19,7% della popolazione italiana: una fetta di persone ad alto rischio, che vivono a contatto quotidiano con il pericolo, che sono essi stessi fonte di pericolo per gli altri, e che dimostrano la più totale inconsapevolezza rispetto a questa condizione (tav. 2).

Anagraficamente non sembrano presentare alcun tratto distintivo, se non la comune provenienza dal sud del paese: in questo gruppo infatti la quota di quanti risiedono nel mezzogiorno si attesta al 50,3% contro una media nazionale del 33,8%.

La loro giornata sembra essere strutturata più all’insegna del brivido che della ordinaria distrazione: il 92,9% (contro una media generale del 46,1%) ha avuto negli ultimi tre mesi almeno un comportamento pericoloso: basti pensare che 30,3% (contro il 12,2% medio) si è scordato le pentole accese sul fuoco, il 29,7% (contro l’11,2%) ha utilizzato apparecchi elettrici da bagnato, il 27,1% (contro il 10,9%) usa spegnere gli elettrodomestici tirando il filo dalla presa, e addirittura il 14,8% (contro il 6,8%) ha consumato alimenti scaduti oppure alterati.

Alla luce di questi dati, non stupisce che quasi la metà di questo consistente gruppo di italiani (47,1% contro una media generale del 27,8%) sia stato vittima di almeno un incidente domestico nell’ultimo anno; e che pertanto, il rischio che questo si possa verificare ancora sia presso questo gruppo una paura sempre presente (59,4% contro il 43,3%).

Ma i problemi non si fermano certo all’ambiente di casa. In preda allo stress e in fuga dalla ragione, ben l’84,5% (contro una media generale del 52,8%) è andato incontro ad altri tipi di incidenti extradomestici o di disturbi collegati al lavoro: questi ultimi in particolare hanno interessato ben il 51,6% degli irrecuperabili

E’ ovvio che per questo segmento di popolazione la sicurezza è anche e soprattutto un costo (tale la considera il 14,2% contro il 7,6% generale), in

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considerazione dell’investimento in risorse che dovranno fare per raggiungere dei livelli minimali accettabili. Quelli di partenza sono infatti piuttosto bassi, se si pensa che solo nel 36,3% delle loro case è presente un impianto a terra (contro la media generale del 74,5%) e che per l’immediato futuro, non prevedono di impegnarsi più di tanto su questo fronte (solo il 38,7% contro il 47,9% generale intende fare almeno un intervento dentro casa – di manutenzione, messa a norma impianti o di ristrutturazione - nel prossimo anno).

3.4.3. I previdenti

All’estremo opposto si collocano i previdenti: quel 18% di italiani, che, isola felice – e forse anche un po’ ansiosa – del paese considera la sicurezza un valore da tutelare e da produrre sopra ogni altra cosa. Le origini non mentono (tav. 3). Ben il 63,5% (contro una media generale del 43,4%) di questa fetta di popolo italico proviene dal nord: rispettivamente il 40,1% dal nord-ovest e il 26,1% dal nord est. E il 23,2% ha abbandonato da tempo il lavoro, e può ormai dedicarsi liberamente a tutti quegli adempimenti per trasformare la propria abitazione in quel caldo, accogliente, ma soprattutto sicuro, focolare domestico che è nei sogni di tutti gli italiani, o quantomeno nei loro.

Il rispetto delle normative è d’obbligo: è in questo gruppo che si riscontra infatti la percentuale più alta di realizzazione di impianti a terra (90,1% contro 74,5%), di interventi di messa a norma degli impianti (li ha effettuati negli ultimi due anni il 52,8% contro il 40,5% generale) e di manutenzione degli stessi (60,6% contro 54,9%). Ma certo la legge non è sufficiente ad assicurare i livelli di sicurezza cui tendono.

E pertanto, tra rilevatori di fumi (presenti nel 91,5% delle abitazioni contro una media generale del 21,1%), rilevatori di fughe di gas (95% contro 27,9%), salvavita (97,9% contro 92,1%) e dotazione tecnologica d’avanguardia (la densità di elettrodomestici e altissima) la loro casa sembra assomigliare sempre più ad una centrale termica che ad un comune appartamento cittadino.

La stessa attenzione che mettono nella cura e nella preservazione dell’ambiente in cui vivono, la ripongono nel controllo dei propri comportamenti, ma con minore successo: malgrado solo il 31,7% (contro il 46,1% generale) ha ceduto negli ultimi tre mesi ad almeno una disattenzione la sorte non è stata poi molto clemente, e gli incidenti domestici in casa sono stati all’incirca nella media generale: il 28,9%.

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Aspiranti testimonial di campagne di prevenzione domestica, i previdenti sono in realtà la dimostrazione vivente di come, se non condiviso e sentito fino in fondo qualsiasi comportamento, anche spinto dalle migliori intenzioni finisca per essere del tutto inefficace rispetto agli obiettivi che si proponeva. Se vissuto come un dovere (reputa tale la sicurezza il 62,7% di questo gruppo contro una media generale del 56,6%), qualsiasi strategia di prevenzione rischia di trasformarsi un un’ossessionante imperativo cui sottoporsi, e l’innalzamento dei livelli di guardia e di attenzione che ne derivano potrebbero finire per creare un perenne stato di ansia, pronto a sgretolarsi e a mostrare tutta la propria fragilità al primo imprevisto o rischio inatteso.

3.4.4. Gli acquirenti

Hanno un titolo di studio elevato (il 25,7% è laureato), lavorano (60,2% contro una media generale del 51,2%) e risiedono principalmente al sud (49,6% contro il 33,8%) ed al centro (29,2% contro 19,4%): gli acquirenti sono circa il 14,3% della popolazione italiana, e rappresentano forse l’universo più contraddittorio ed ambiguo di quelli finora descritti (tav. 4).

La loro giornata scorre sotto lo scandire inesorabile delle lancette, mentre loro si affannano nel tentativo di rallentarne il corso. La vita è una gestione continua - del lavoro, della casa, dei minuti e delle persone – : è un modello che si ripete uguale a se stesso in ogni tempo e luogo, e che finisce per abbandonarli, nell’inesorabile destino di tutti i giorni, in un profondo senso di solitudine e di incertezza.

Vittime del nostro tempo, gli acquirenti sono alla perenne ricerca di una rete di sostegno, da coordinare e da gestire; siano colf, collaboratori, badanti e manager, non fa differenza: a casa la vita si gestisce come al lavoro. Certo non possono stare ad aspettare che alla sicurezza siano le istituzioni o le associazioni a pensarci, anche perché sono consapevoli che la responsabilità ultima in materia non possa che gravare su di loro ma soprattutto che il livello di insicurezza sociale sta inesorabilmente crescendo e loro non possono restare con le mani in mano.

La sicurezza è pertanto per loro un obiettivo (la reputa tale il 26,6% di questo gruppo contro una media generale del 19,7%) da raggiungere a tutti i costi. Innanzitutto economici. Sono disposti a spendere per avere più sicurezza un po’ per tutto: per gli edifici, per gli alimenti, per maggiore informazione sui prodotti, ecc.

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Ma anche per avere le migliori competenze presenti sul mercato: la stragrande maggioranza di questo gruppo (54% contro 16,4%) sarebbe infatti disposta a pagare un abbonamento annuo ad una società di servizi che si faccia carico della manutenzione degli impianti, o ad affidare ad un professionista la verifica periodica della propria abitazione (85% contro una media generale del 22,7%).

E certo non disdegnano soluzioni altamente innovative per risolvere il problema della sicurezza domestica: l’accordo rispetto all’introduzione dell’obbligo del fascicolo di fabbricato è infatti praticamente unanime (91,2% contro 42,2%).

Si alla sicurezza, quindi, ma ad una condizione: che non siano loro ad impegnarsi in prima persona. Pieni di idee ma nei fatti poco operativi, la sicurezza loro la vogliono ottenere per delega. Anche perché a pensarci da soli rischierebbero di più: maldestri e insicuri, in casa finiscono alla fine per farsi male più degli altri (ha avuto un incidente domestico nell’ultimo anno il 38,9% contro il 27,8%).

3.4.5. Gli attendisti

C’è chi la sicurezza ce l’ha, ma non lo sa, chi la insegue e non la trova, chi la ignora, e chi si aspetta che piova dall’alto: il 13,4% degli italiani appartiene a questa categoria (tav. 5). Preda dell’indifferenza, dell’inerzia o forse della troppa sicurezza sono in perenne attesa che qualcuno – le istituzioni – si facciano carico dei loro problemi: non solo per quel che attiene alla sicurezza dell’ambiente, del patrimonio edilizio o dei luoghi di lavoro, ma anche e soprattutto per quella personale (crede che ci dovrebbero pensare le istituzioni il 96,2% di questa fetta di campione contro il 22% generale).

A patto naturalmente, che nessun provvedimento li tocchi direttamente o li costringa a partecipare, anche se in minima parte, al complesso processo di prevenzione: si spiega così il fatto che solo il 26,4% (contro la media generale del 40,5%) abbia provveduto alla messa a norma degli impianti di casa, e solo il 38,7% (contro il 54,9%) alla manutenzione degli stessi, e che solo il 38,7% intende farlo nell’immediato futuro.

Ancor peggio vanno le cose, se l’iniziativa è abbandonata alla loro completa autonomia: sono infatti il gruppo presso cui sono meno diffusi eventuali dispositivi di prevenzione, come rilevatori di fumi (li ha il 2,8%del campione contro una media generale del 21,1%) e di fughe di gas (11,3% contro 27,9%).

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E sono naturalmente contrari a qualsiasi intervento – anche se ad occuparsene sono le istituzioni – che comporti il benché minimo costo: solo il 23,6% (rispetto ad una media del 42,2%) è favorevole all’introduzione dell’obbligo del fascicolo di fabbricato.

La dimensione economica è per gli attendisti una questione centrale e delegare alle istituzioni è più un alibi per non doversi accollare inutili costi che una richiesta di tutela su un aspetto così centrale della loro vita. La sicurezza non è un costo, nel senso che per innalzarne i livelli, non sono i disposti a pagare nessun prezzo aggiuntivo: non spenderebbero di più né per viaggiare più sicuri né per alimenti più sani.

Derubricata la questione sicurezza dalla loro agenda giornaliera, affrontano la vita domestica impavidi dei rischi e dei pericoli. E forse non hanno tutti torti. Anche se alla sicurezza sembrano tenerci di meno, si fanno male in definitiva come tutti gli altri (23,6% contro 27,8%), se non di meno… forse perché loro la casa la conoscono bene (sono soprattutto donne e casalinghe), sanno che le insidie si possono nascondere ovunque, e cercare di ponderare gli imprevisti è, come loro stessi affermano, solo un’illusione.

3.4.6. Sicuri “fai da te”

Vi è infine un universo abbastanza indistinto di italiani, e comunque significativo (sono il 13%), che non presenta degli specifici tratti anagrafici o culturali. Sono i sicuri fai da te, quelli che alla sicurezza ci pensano, ma forse ne più ne meno degli altri (tav. 6).

Sanno soltanto che nessuno penserà mai alla loro, anche perché non è una faccenda di pertinenza altrui: e questo è l’unico vero tratto distintivo di questo gruppo. Sono infatti convinti che della sicurezza – a tutti i livelli – debbano essere responsabili i singoli cittadini: per quella degli edifici pubblici e privati (92,2% contro una media del 19,3% di italiani che la pensa così), dei luoghi di lavoro (87,4% contro 25,9%), dell’ambiente (86,4% contro 33,4%) e, naturalmente, quella personale (94,2% contro 72,8%).

La sfiducia totale nei confronti del ruolo delle istituzioni, del sistema di rappresentanza, li porta a considerare che l’innalzamento del livello di sicurezza generale può realizzarsi sono tramite una maggiore responsabilizzazione di tutti gli individui. E sono pronti per primi a dar prova del loro credo: non solo spenderebbero di più per la loro sicurezza personale, ma si prenderebbero

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consapevolmente carico anche di quella altrui: ben l’83,5% (contro una media generale del 70,4%) si sente responsabile anche della salute e della sicurezza personale dei sui famigliari e il 54,4% (contro il 41,5%) anche di quella di amici e conoscenti.

Dagli altri non si attendono più nulla: la sicurezza, al pari di tutte le questioni che affrontano quotidianamente è un problema che gestiscono ormai in piena autonomia. Sono abbastanza attenti dentro casa (ha avuto un comportamento a rischio solo il 37,9% contro una media generale del 46,1%) e ligi al rispetto delle norme (è in regola con l’istallazione dell’impianto a terra l’83,5% di questo gruppo contro il 74,5% di tutto il campione).

Del resto, la soluzione della sicurezza fai da te, sembra essere una delle poche a dare i suoi frutti, dentro e fuori casa: solo il 20,4% ha avuto un incidente domestico e solo il 41,7% uno di carattere extradomestico.

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Tav. 1 - I sicuri per caso (21,5%)

Media gruppo Media campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 55,3 48,4 maschio Sesso 27,6 19,4 nord est Area geografica

Comportamenti domestici 8,2 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 25,9 52,8 si Incidente o disturbo extradomestico 20,0 46,1 si Almeno un comportamento pericolosi negli ultimi 3 mesi 2,9 10,9 si Ha spento gli elettrodomestici tirando il filo dalla presa 2,9 9,1 si Si è scordato il gas acceso 1,8 11,2 si Ha utilizzato apparecchi elettrici ancora bagnato

La cultura della sicurezza

2,9 16,4 si Disponibilità a pagare abbonamento a società per manutenzione impianti

3,5 22,7 si Affiderebbe a professionista verifica periodica abitazione 23,5 42,2 si Favorevole a libretto di fabbricato 72,6 56,7 no Paura di incidenti domestici

L'orientamento alla prevenzione 6,5 27,9 rilevatore fughe di gas Dotazioni di sicurezza della casa 2,3 21,1 rilevatore di fumi

La responsabilità per la sicurezza 88,8 72,8 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza domestica

Fonte: indagine Censis, 2004

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Tav. 2 - Gli irrecuperabili (19,7%)

Media gruppo Media campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 50,3 33,8 sud Area geografica

Comportamenti/eventi domestici ed extradomestici 47,1 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 84,5 52,8 si Incidente o disturbo extradomestico 92,9 46,1 si Almeno un comportamento pericolosi negli ultimi 3 mesi14,8 6,8 si Ha consumato alimenti scaduti o alterati 30,3 12,2 si Ha dimenticato le pentole accese sul fuoco 27,1 10,9 si Ha spento gli elettrodomestici tirando il filo dalla presa 23,2 9,1 si Si è scordato il gas acceso 29,7 11,2 si Ha utilizzato apparecchi elettrici ancora bagnato 51,6 24,8 si Problemi sul lavoro (infortunio o stress) 23,2 11,7 si Ha avuto perdite d'acqua nell'abitazione

La cultura della sicurezza 59,4 43,3 si Paura di incidenti domestici 14,2 7,6 un costo La sicurezza è: 11,6 22,7 si Affiderebbe a professionista verifica periodica abitazione

L'orientamento alla prevenzione 36,3 74,5 impianto a terra Dotazioni di sicurezza della casa

38,7 47,9 realizzerà un intervento in casa nel

prossimo anno per innalzare la sicurezza

Interventi realizzati e da realizzare in casa

La responsabilità per la sicurezza 81,3 72,8 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza domestica

Fonte: indagine Censis, 2004

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Tav. 3 - I previdenti (18%)

Media gruppo Media

campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 23,2 16,1 pensionato Condizione 40,1 27,4 nord-ovest Area geografica 26,1 19,4 nord est

Comportamenti domestici 28,9 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 31,7 46,1 si Almeno un comportamento pericolosi negli ultimi 3 mesi

La cultura della sicurezza 62,7 56,6 un dovere La sicurezza è

L'orientamento alla prevenzione 90,1 74,5 impianto a terra Dotazioni di sicurezza della casa 95,0 27,9 rilevatore fughe di gas 91,5 21,1 rilevatore di fumi 97,9 92,1 salvavita

60,6 54,9 manutenzione impianti negli ultimi due anni Interventi realizzati e da realizzare in casa

52,8 40,5 messa a norma impianti

negli ultimi due anni

12,0 5,7 rimozione materiali tossici od

inquinanti negli ultimi due anni

18,3 12,1 messa a norma impianti nel prossimo

anno

La responsabilità per la sicurezza 66,9 72,8 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza domestica 26,8 16,3 associazione consumatori Soggetti responsabili sicurezza edifici pubblici e privati 31,7 21,6 associazione consumatori Soggetti responsabili sicurezza dluoghi di lavoro

Fonte: indagine Censis, 2004

Page 177: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tav. 4 – I consumatori (14,3%)

Media gruppo Media

campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 25,7 15,3 laurea e specializzazione Titolo di studio 46,0 35,6 30-44 anni Età 60,2 51,2 occupato Condizione 29,2 19,4 centro Area geografica 49,6 33,8 sud

Comportamenti/eventi domestici ed extradomestici 38,9 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 67,3 52,8 si Incidente o disturbo extradomestico 47,8 46,1 si Almeno un comportamento pericolosi negli ultimi 3 mesi31,0 18,0 si Infiltrazioni/macchie/muffe sulle pareti di casa

La cultura della sicurezza 26,6 19,7 un obiettivo La sicurezza è

54,0 16,4 si Disponibilità a pagare abbonamento a società per

manutenzione impianti 85,0 22,7 si Affiderebbe a professionista verifica periodica abitazione91,5 42,2 si Favorevole a libretto di fabbricato 81,4 64,8 manipolazione alimenti Le paure

76,1 61,2 cattivo stato di manutenzione degli edifici

L'orientamento alla prevenzione 4,4 27,9 rilevatore fughe di gas Dotazioni di sicurezza della casa 86,7 72,8 si Spenderebbe di più per edifici più sicuri

88,5 76,7 si Spenderebbe di più per avere maggiore informazione sui prodotti

63,7 47,9 Realizzerà un intervento in casa nel prossimo anno per innalzare

la sicurezza Interventi realizzati e da realizzare in casa

16,8 8,3 ristrutturerà gli interni nel

prossimo anno

15,9 7,2 ristrutturerà gli esterni nel

prossimo anno

La responsabilità per la sicurezza 83,2 72,8 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza domestica

Fonte: indagine Censis, 2004

Page 178: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tav. 5 - Gli attendisti (13,4%)

Media gruppo Media

campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 57,6 51,6 donna Sesso 50,0 41,3 45-64 anni Età 22,6 16,2 casalinga Condizione

Comportamenti/eventi domestici ed extradomestici 23,6 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 41,5 46,1 si Almeno un comportamento pericolosi negli ultimi 3 mesi

La cultura della sicurezza 7,6 4,8 un'illusione La sicurezza è: 23,6 42,2 si Favorevole a libretto di fabbricato

L'orientamento alla prevenzione 11,3 27,9 rilevatore fughe di gas Dotazioni di sicurezza della casa 2,8 21,1 rilevatore di fumi

38,7 54,9 manutenzione impianti negli ultimi due anni Interventi realizzati e da realizzare in casa

26,4 40,5 messa a norma impianti negli ultimi due anni

38,7 47,9 realizzerà un intervento in casa nel prossimo anno per innalzare

la sicurezza

71,7 83,0 si Spenderebbe di più per viaggi più sicuri 72,6 83,2 si Spenderebbe di più per alimenti più sani

La responsabilità per la sicurezza 96,2 22,0 istituzioni Soggetti responsabili sicurezza personale 87,7 60,6 istituzioni Soggetti responsabili sicurezza ambiente 89,6 52,5 istituzioni Soggetti responsabili sicurezza luoghi di lavoro

Fonte: indagine Censis, 2004

Page 179: Il Valore Della Sicurezza In Italia

Tav. 6 - I sicuri "fai da te" (13%)

Media gruppo Media campione Modalità Variabile

Variabili di struttura 43,7 35,5 comuni con meno di 10.000 abitanti Ampiezza demografica

Comporatamenti domestici ed extradomestici 20,4 27,8 si Incidente nello svolgimento attività domestiche 41,7 52,8 si Incidente o disturbo extradomestico 37,9 46,1 si Almeno un comportamento pericoloso negli ultimi 3 mesi

La cultura della sicurezza 83,5 70,4 si Si sentono responsabili per la sicurezza dei loro famigliari54,4 41,5 si Si sentono responsabili per la sicurezza di amici e colleghi

L'orientamento alla prevenzione 91,3 83,0 si Spenderebbe di più per viaggi più sicuri 91,3 83,2 si Spenderebbe di più per alimenti più sani 83,5 74,5 impianto a terra in casa Dotazioni di sicurezza

La responsabilità per la sicurezza 94,2 72,8 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza domestica 86,4 33,4 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza ambiente 92,2 19,3 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza di edifici pubblici e privati87,4 25,9 singoli cittadini Soggetti responsabili sicurezza dei luoghi di lavoro

30,1 21,0 maggiore responsabilità individuale Strumenti utili per innalzare al sicurezza dell'ambiente

30,1 13,3 maggiore responsabilità individuale Strumenti utili per innalzare al sicurezza del patrimonio edilizio

32,0 20,4 maggiore responsabilità individuale Strumenti utili per innalzare al sicurezza dei luoghi di lavoro

Fonte: indagine Censis, 2004

Page 180: Il Valore Della Sicurezza In Italia

4.

NOTA METODOLOGICA

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4.1. La metodologia di indagine

La ricerca che il Censis ha realizzato per conto del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati è stata sviluppata su tre filoni di analisi:

- una lettura desk dei dati strutturali disponibili sui settori della sicurezza oggetto di indagine, e in particolare sulla sicurezza domestica, utilizzando le fonti statistiche e la documentazione esistente (Istat, Protezione Civile, Ordini e Associazioni professionali, ect.);

- un’indagine di campo su un campione rappresentativo di italiani;

- interviste di approfondimento con 20 testimoni privilegiati.

L’indagine di campo è stata condotta su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 18 e 55 anni stratificato per sesso, area geografica ed età (tab. 70).

Le interviste telefoniche sono state realizzate con metodo CATI.

Per le interviste ai testimoni privilegiati, si ringraziano di seguito tutte le poersone che hanno gentilmente fornito il loro contributo: Abate (Vigili del Fuoco), Balocchi (Ministero dell’Interno), Bianchi (Aias), Casandrini (Vaillant), D’Alessandro (Ministero Attività Produttive), De Muro (Il sole24ore), De Pasquale (Anaip), Desuo (Bticino), Erba (Ispesl), Fanti (Inail), Fossati (Ikea), Landi (Adiconsum), Grossi (Autorità Garante dell’Energia e del Gas), Oleari (Ministero della Salute), Polese (Consiglio Nazionale degli Ingegneri), Primicerio (Ministero Attività Produttive), Pucci (Uppi), Ronca (Periti industriali), Rossi Gasparrini (Federcasalinghe), Sala (Periti industriali), Leonzi (Moica).

4.2. Il profilo degli intervistati

L’universo degli intervistati è risultato pertanto composto, per il 51,6% di donne, e per il 48,4% di uomini, distribuiti secondo le seguenti fasce d’età:

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23,1% per la popolazione compresa tra i 18 e 29 anni, 35,6% per quella di età compresa tra i 30 e 44 anni e 41,3% per quella più adulta (tabb. 71, 72 e 73).

Rispetto all’area geografica di residenza, la maggior parte degli intervistati risiedono al sud e nelle isole (33,8% nel complesso, anche se per le donne la quota si colloca al 35,6%); segue il nord-ovest, con il 27,4% degli intervistati, c il centro ed il nord est, rappresentati rispettivamente dal 19,4% del campione.

Anche rispetto al titolo di studio, la distribuzione del campione rispecchia l’universo della popolazione italiana: la maggior parte (il 43,6%) ha un titolo di studio di tipo secondario (diploma), mentre il 30,4% vanta il solo diploma di scuola media. Circa il 10,7% (ma al sud la quota sale al 14%) ha al massimo il titolo di studio elementare, mentre la quota dei laureati (laurea breve compresa) si colloca 15,3%, con una tendenza a crescere al sud, dove arriva a quota 18,6%.

Determinante ai fini dell’analisi è anche la condizione di vita del campione, che risulta esattamente spaccata a metà tra persone attive (il 51,2%) e inattive (48,8%). Tra gli occupati, l’universo campionario risulta costituito in massima parte di lavoratori alle dipendenza (30,8%) con qualifica impiegatizia o operaia; seguono i dirigenti e i quadri (8,2%) che assieme ai liberi professionisti (8,2%) coprono l’altro terzo del campione, mentre gli imprenditori sono solo il 4% del totale.

Per quanto riguarda invece le persone inattive, il campione è distribuito abbastanza equamente tra casalinghe (16,2%), pensionati (16,1%), studenti (11,6%) e persone in cerca di lavoro (4,3%).

Da notare è che sul territorio la distribuzione per condizione professionale presenta qualche differenza, con una maggiore presenza di occupati al nord est e al centro (rispettivamente 55,6% e 53,3%), di casalinghe al centro sud (rispettivamente 20,4% e 19,9%) e di pensionati al nord.

Rispetto infine al nucleo famigliare di appartenenza, prevalgono le coppie con figli (67%), seguite da quelle senza (14,7%) e dai single (13,3%), mentre la presenza di nuclei monogenitoriali è del 3,5%. Anche in questo caso, la disaggregazione per area geografica di residenza della famiglia rileva qualche piccola differenza, tra un nord che presenta un’incidenza decisamente più alta di single e, nel caso del nord-ovest, di coppie senza figli (20%) e famiglie monogenitoriali (5,1%), ed un centro sud che conta una presenza maggiore di coppie con figli (rispettivamente del 70% e 71,9%).

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Tab. 70 – Il disegno campionario % campione Ampiezza demografica Fino a 10.000 36,2 290 Da 10.001 a 30.000 22,0 176 Da 30.001 a 100.000 19,5 156 Oltre 100.000 22,3 178 Totale 100,0 800 Area geografica Nord-ovest 26,7 214 Nord-est 18,7 149 Centro 19,3 155 Sud e isole 35,2 282 Italia 100,0 800 Sesso Maschi 49,9 400 Femmine 50,1 400 Totale 100,0 800 Età 18-29 24,3 195 30-44 35,6 285 45-65 40,0 320 Totale 100,0 800 Fonte: Censis, 2004

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Tab. 71 – Il profilo dell’intervistato - sesso, età e titolo di studio -, per area geografica(val. %) Ripartizione geografica Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale Sesso Maschio 50,5 49,7 49,0 45,7 48,4 Femmina 49,5 50,3 51,0 54,3 51,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Età 18-29 anni 24,1 24,2 22,2 22,1 23,1 30-44 anni 35,6 34,6 37,3 35,2 35,6 45-64 anni 40,3 41,2 40,5 42,7 41,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Titolo di studio Nessuno/elementare 9,3 9,2 8,6 14,0 10,7 Medio 33,3 38,8 27,6 24,6 30,4 Diploma 45,8 38,2 47,4 42,8 43,6 Laurea breve 0,5 1,3 0,8 0,6 Laurea 11,1 12,5 15,1 17,0 14,2 Specializzazione post lauream 1,3 0,8 0,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 72 - Il profilo dell’intervistato – tipologia del nucleo familiare, condizione professionale, reddito netto mensile e ampiezza demografica del comune di residenza - per area geografica (val. %)

Ripartizione geografica Nucleo Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale

Nucleo familiare Single 15,3 18,5 12,7 9,1 13,3 Coppia senza figli 20,0 14,6 14,0 11,0 14,7 Coppia con figli 59,6 65,6 70,0 71,9 67,0 Monogenitore 5,1 1,3 2,0 4,2 3,5 Altra tipologia 1,3 3,8 1,5 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Condizione professionale Casalinga 12,1 11,3 20,4 19,9 16,2 Pensionato 19,5 19,2 15,8 11,7 16,1 Studente/disoccupato 17,7 13,9 10,5 20,3 16,5 Occupato 50,7 55,6 53,3 48,1 51,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Reddito netto mensile familiare Inferiore a 1000 euro 10,8 13,2 9,9 19,4 14,1 Da 1001 a 2000 euro 44,3 40,6 50,4 46,7 45,8 Da 2001 a 4000 euro 35,3 36,8 32,8 26,4 31,9 Oltre 4000 euro 9,6 9,4 6,9 7,5 8,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Ampiezza demografica Fino a 10,000 43,6 41,8 25,5 31,6 35,5 10,101 - 30,000 20,8 24,8 19,6 24,7 22,7 30,001 - 100,000 15,7 10,5 21,6 25,8 19,3 100,001- 250,000 3,2 17,0 7,2 6,7 7,9 Oltre 250,000 16,7 5,9 26,1 11,2 14,6 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004

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Tab. 73 - Gli intervistati, per sesso ed area geografica (val. %)

Sesso Totale Ripartizione geografica Maschio Femmina

Nord-ovest 28,5 26,3 27,4 Nord-est 19,9 18,9 19,4 Centro 19,6 19,2 19,4 Sud e isole 32,0 35,6 33,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine Censis, 2004