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Daniel Quinn Se ti danno carta rigata... scrivi di traverso (If they give you lined paper... write sideways) Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal (e-mail ). Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito: NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com “C'è sempre un mondo nuovo”, disse Poirot, “ma solo, sapete, per persone molto speciali. I fortunati. Quelli che portano dentro di loro la creazione di quel mondo.” Agatha Christie. Prefazione Nell'ottobre del 2005, ricevetti una lettera da una lettrice che sarebbe stata a Houston – dove vivo – il finesettimana del Ringraziamento; si chiedeva se avrebbe potuto passare del tempo con me per esaminare le idee che aveva esplorato nei miei libri. Accettai, precisando che avevo un secondo fine: volevo usare la nostra conversazione, registrata e redatta, come base per un nuovo libro che avevo in mente. Dietro sua richiesta, ho sostituito il suo nome con un altro di sua scelta. Ciò che segue è una trascrizione leggermente editata del nostro dialogo. Per quanto vengano fatti riferimenti agli altri libri che ho scritto, non è assolutamente necessario averli letti per capire questo. In altre parole, scrivendo questo libro non ho dato per scontato che il lettore avrebbe già avuto familiarità con le idee che ho espresso in lavori precedenti.

Daniel Quinn - Se ti danno carta rigata... scrivi di traverso (libro in italiano)

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Al sito http://NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com potete trovare gli altri libri di Quinn e quasi 100 FAQ sulle sue idee.

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Daniel QuinnSe ti danno carta rigata... scrivi di

traverso(If they give you lined paper... write sideways)

Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal (e-mail).Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:

NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com

“C'è sempre un mondo nuovo”, disse Poirot, “ma solo, sapete, per persone molto speciali. I fortunati. Quelli che portano dentro di loro la

creazione di quel mondo.”Agatha Christie.

Prefazione

Nell'ottobre del 2005, ricevetti una lettera da una lettrice che sarebbe stata a Houston – dove vivo – il finesettimana del Ringraziamento; si chiedeva se avrebbe potuto passare del tempo con me per esaminare le idee che aveva esplorato nei miei libri. Accettai, precisando che avevo un secondo fine: volevo usare la nostra conversazione, registrata e redatta, come base per un nuovo libro che avevo in mente.

Dietro sua richiesta, ho sostituito il suo nome con un altro di sua scelta. Ciò che segue è una trascrizione leggermente editata del nostro dialogo.

Per quanto vengano fatti riferimenti agli altri libri che ho scritto, non è assolutamente necessario averli letti per capire questo. In altre parole, scrivendo questo libro non ho dato per scontato che il lettore avrebbe già avuto familiarità con le idee che ho espresso in lavori precedenti.

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Giovedì: mattina

Elaine: [dopo esserci scambiati i soliti convenevoli.] Come può immaginare, sono molto curiosa riguardo il libro su cui sta lavorando.

Daniel: Sarebbe più veritiero descriverlo come il libro con cui ho combattuto per gli ultimi cinque anni – almeno. Proverò a spiegarmi meglio... Quando finii “Ishmael”, immaginai di aver fatto quello che avevo deciso di fare una dozzina di anni prima. Pensai che il mio lavoro fosse concluso. Un'idea molto ingenua.

Elaine: Perché ingenua?

Daniel: Perché nessuno che avesse qualcosa di importante da dire è mai riuscito a esprimerlo completamente in un solo libro. Ciò che imparai da “Ishmael” è quanto ancora mi mancasse. Questo è ciò che le migliaia di lettere che ricevetti mi dissero. I lettori avevano adorato il libro ma erano rimasti vittime di seri fraintendimenti su ciò che stavo dicendo. Pensai di poter correggere quei fraintendimenti con un secondo libro, “The Story of B”. Dalla reazione a quel libro, vidi che ne serviva un terzo. Quello fu “My Ishmael”. A quel punto vidi che ne serviva un quarto per cucire insieme tutte le mie idee in un modo molto semplice e diretto, e quello è stato “Oltre la Civiltà” (Beyond Civilization).

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Quando “Oltre la civiltà” era ancora in forma di manoscritto, accettai di incontrare un piccolo gruppo di lettori che, come te, avevano chiesto un'opportunità per esaminare ciò che avevano capito di quello che stavo dicendo. Accettai di dedicare loro un finesettimana lungo, a patto che arrivassero dopo aver letto “Oltre la civiltà”. Quando arrivarono, comunque, fu subito chiaro che “Oltre la civiltà” aveva risposto a quasi tutte le domande che volevano farmi. Il seminario finì dopo appena due ore, e passammo il resto del finesettimana socializzando... Quello che voglio dire è che con quel libro ho risposto a quasi tutte le domande che i lettori hanno continuato a farmi da quando “Ishmael” è stato pubblicato.

Elaine: Sì, capisco. Anche se penso che il suo saggio “Il Nuovo

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Rinascimento” (“The New Renaissance”) sia stato ciò che ha svolto la stessa funzione per me. (vedi pagina 150.)

Daniel: Sì, chiunque cerchi un'espressione concisa del mio messaggio fondamentale, dovrebbe leggere “Il Nuovo Rinascimento”. Con quello, sentii di aver detto tutto ciò che avevo da dire. Ma una domanda rimaneva. Si trattava di una domanda che era stata lì fin dall'inizio, ma per molti anni avevo continuato a ignorarla.

Elaine: Che domanda era?

Daniel: “Come fa ciò che fa?”

Elaine: Ha detto che aveva continuato a ignorarla...?

Daniel: La ignoravo perché pensavo che la risposta fosse ovvia: chiunque avesse lavorato al problema tanto a lungo e con tanta determinazione quanto avevo fatto io avrebbe potuto fare altrettanto.

Elaine: Ma ha cambiato idea.

Daniel: Sì, con riluttanza. Con riluttanza perché non avevo mai voluto propormi come qualcuno speciale o straordinario.

Elaine: Cosa le ha fatto cambiare idea?

Daniel: L'esperienza. Ti farò un esempio. Nell'estate del 1998 condussi un esperimento. Così tanta gente mi aveva chiesto l'opportunità di studiare con me che decisi di indire un seminario serale della durata di tutta l'estate che chiunque fosse disposto a viaggiare fino a Houston avrebbe potuto frequentare per quanto tempo volesse. L'affluenza naturalmente oscillava. Una settimana, mentre un gruppo partiva e un altro era atteso, un singolo membro del seminario rimase da solo, a duemila miglia da casa, e mi sentii obbligato a prendermene cura. Passammo molto tempo semplicemente a conoscerci meglio.

Allo stesso tempo, sentii che avrebbe dovuto trarre qualcosa di utile dall'esperienza. Aveva letto tutti i miei libri molte volte, con grande cura e attenzione, ma voleva accertarsi di aver capito ciò che stavo dicendo con la completezza che pensava. Per scoprirlo, selezionai circa un centinaio delle

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domande più interessanti che mi erano state fatte sul mio sito web negli anni e lasciai che provasse a rispondere a tutte, una per una. Rimanemmo entrambi sconcertati dal risultato di questo test. Alla vasta maggioranza delle domande non riuscì proprio a rispondere. Aveva azzardato alcune risposte, ma quando le confrontammo con le mie, fu ovvio che io e lui eravamo su due lunghezze d'onda diverse. In altre parole, ciò che l'esperimento rivelò fu che per quanto conoscesse le risposte a tutte le domande sollevate nei miei libri, non poteva generarne di nuove – non poteva rispondere a domande che non fossero presenti nei miei libri.

Elaine: Come mai, secondo lei?

Daniel: Ci arriveremo... Nel frattempo, ecco un altro esempio. Alcuni anni fa, un certo gruppo no-profit, impressionato dal mio lavoro, mi invitò a partecipare a una riunione di pianificazione per un'impresa in cui erano coinvolti. Mi sedetti e ascoltai mentre il team di progettazione discuteva delle sue idee per varie ore. Alla fine, esausto, uno di essi si girò verso di me e disse: “Be', Daniel, è stato dannatamente silenzioso. Che cosa ne pensa di tutto questo?”

Io spiegai che non ero completamente sicuro della mia reazione, e che volevo raccogliere le idee prima di parlare.

“Ci dica solo la sua reazione istintiva”, insisterono.Sapendo di aver bisogno di tempo per formulare la mia reazione in

termini misurati e diplomatici, chiesi loro di non farmi pressioni per spingermi a parlare immediatamente, ma alla fine liquidarono tutte le mie scuse, assicurandomi che ogni contributo da parte mia sarebbe stato il benvenuto.

Dissi loro che cosa pensavo, e mi fissarono con qualcosa di molto simile all'orrore.

Invece di ripetere che avrebbero dovuto darmi il tempo che avevo chiesto (e che mi sarebbe servito per esprimermi in modo da non orripilarli), mi giustificai debolmente dicendo che se avevo un motivo per essere presente a quella riunione, era per osservare il procedimento come avrebbe potuto fare un completo estraneo – come avrebbe fatto un antropologo marziano, in effetti. Con tanta cordialità quanta riuscirono a mostrarne, concordarono che questo era esattamente ciò che volevano che io facessi.

Non esistono cose come i marziani, naturalmente, come la gente di quella riunione sapeva perfettamente, ma capirono comunque che cosa

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intendevo. In effetti, in seguito appresi che i membri di quel gruppo ora vengono incoraggiati a “pensare come marziani”. Ma l'antropologo marziano originale non è più stato invitato a un'altra riunione.

Elaine: Qual è la sua teoria? Perché erano così orripilati da quello che aveva da dire?

Daniel: Un altro esempio risponderà a questa domanda. Alcuni mesi fa ho partecipato a una conferenza telefonica con un gruppo di lettori di Tulsa. Uno dei partecipanti fece un'osservazione che potrebbe sembrare piuttosto comune, ma che a me sembrò rivelatrice. Disse, all'incirca: “Che cosa dobbiamo fare? Quando parliamo con delle persone, ognuno di noi parte da un quadro di riferimento convenzionale. Quello che non capiamo o condividiamo è il suo quadro di riferimento. Il suo quadro di riferimento a noi sembra completamente alieno e misterioso.”

Improvvisamente sentii di aver afferrato il problema. Per quanto a posteriori sembri ovvio, era il mio quadro di riferimento a essere diverso. Il ragazzo di cui ho parlato un minuto fa non poteva rispondere alle domande come facevo io perché non condivideva il mio quadro di riferimento, e i membri della compagnia che ho descritto poco fa erano orripilati perché stavano considerando la questione in discussione partendo da un quadro di riferimento completamente diverso dal mio.

Elaine: Allora, qual è il suo quadro di riferimento? Può descrivermelo?

Daniel: Posso descriverlo in modo stenografico. Il mio quadro di riferimento è quello di un antropologo marziano. Sono come qualcuno che ha viaggiato per milioni di miglia per studiare una specie di creature che, sebbene teoricamente razionali, stanno distruggendo il pianeta in cui vivono.

Elaine: Wow. Okay. E come descriverebbe il quadro di riferimento di un antropologo marziano?

Daniel: Non credo che una spiegazione ti aiuterebbe molto – se anche sapessi come fornirtela. Per imparare a nuotare, devi nuotare. Non è qualcosa che può essere descritto. Qualcuno deve buttarti in acqua.

Elaine [sorridendo]: Suona divertente.

Daniel: Potrebbe aiutarti ascoltare come sono diventato ciò che sono.

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Di sicuro non è stato per via di un mio desiderio o di una mia scelta deliberata. Non avevo la minima intenzione di isolarmi in alcun modo.

Elaine: Penso di capire.

Daniel: Mi ricordo com'è cominciata molto chiaramente. Era il 1962, all'apice della Guerra Fredda, quando all'incirca una volta all'anno i giornali mostravano su una mappa della città in cui vivevi la devastazione che una bomba all'idrogeno avrebbe causato. L'idea che un olocausto nucleare potesse avvenire in qualunque momento, con gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica che si facevano piovere addosso testate atomiche, non era affatto implausibile, ed era uso comune dire che se fosse successa una cosa simile saremmo stati scagliati indietro all'Età della Pietra. Ti suona familiare?

Elaine: Non sono sicura di capire cosa intende.

Daniel: Non ti è mai capitato di sentir parlare di nuclearizzare qualcuno all'Età della Pietra?

Elaine: Sì, penso che qualche generale abbia detto che dovremmo semplicemente nuclearizzare i nord-vietnamiti all'Età della Pietra.

Daniel: E ha senso, secondo te?

Elaine: Di nuovo, non sono sicura di cosa intende.

Daniel: Se lanciassimo una dozzina di bombe all'idrogeno sulla Corea del Nord, tornerebbe all'Età della Pietra?

Elaine: Devo pensare di sì.

Daniel: Immagina che dicessi che se lanciassimo una dozzina di bombe all'idrogeno sulla Corea del Nord, la faremmo tornare al Medioevo. Avrebbe senso questo?

Elaine: No.

Daniel: L'unica cosa che sembrava avere senso era l'Età della Pietra. Aveva senso per tutti tranne che per me, perché io sapevo che non saremmo stati in grado di funzionare neanche lontanamente come nell'Età della Pietra. Capisci perché?

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Elaine [dopo una lunga pausa]: Sarebbe inutile dire che lo capisco.

Daniel: I popoli dell'Età della Pietra vivono molto bene, dove vengono lasciati in pace. Stavano vivendo molto bene in tutto il Nuovo Mondo quando gli Europei cominciarono ad arrivare nel quindicesimo secolo. Si nutrivano, vestivano e trovavano rifugio quasi senza fatica. Devi saperlo.

Elaine: Sì.

Daniel: Se ti dessi un utensile affilato, un ago robusto, un po' di filo resistente e un'ampia tela di cuoio, potresti fabbricarti una gonna di pelle?

Elaine: Penso di sì.

Daniel: Ma immagina di non avere nessuno di questi utensili e materiali. Per esempio, potresti fabbricare uno strumento abbastanza affilato da tagliare il cuoio?

Elaine: No.

Daniel: Potresti fabbricare un ago tanto robusto da perforare il cuoio?

Elaine: Dal nulla? No.

Daniel: Potresti fabbricare un filo tanto resistente da tenere insieme il cuoio?

Elaine: Di nuovo, non dal nulla. Non saprei nemmeno da dove cominciare.

Daniel: E naturalmente, la cosa più importante: potresti produrre il cuoio?

Elaine: No.

Daniel: I popoli dell'Età della Pietra hanno tutti gli strumenti necessari per sostentarsi in uno stile di vita confortevole – non uno che tu o io potremmo trovare confortevole, ma uno che loro trovano confortevole. Non hanno solo gli strumenti, ma la conoscenza di come fabbricarli. Mentre tu e io, insieme al 99,99% della nostra popolazione, non abbiamo nulla di simile. Io stesso non potrei fabbricare nemmeno una stringa dal nulla.

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Elaine: Giusto.

Daniel: Quindi, cosa avverrebbe in caso di un olocausto nucleare? Verremmo scagliati indietro all'Età della Pietra?

Elaine: No.

Daniel: Verremmo scagliati indietro in un'era che non ha nemmeno un nome. L'Homo habilis, il nostro antenato più antico, aveva capacità maggiori di quelle che avremmo noi, perché si era evoluto con quelle capacità. Senza di esse, non avrebbero potuto evolversi affatto.

Elaine: Sì, lo capisco.

Daniel: Questo può sembrare un punto piuttosto triviale, ma è solo un punto d'inizio – il mio personale punto d'inizio. Fare quest'osservazione fu l'inizio della mia carriera come antropologo marziano. La domanda che mi posi – ed è una domanda di antropologia – fu: “Che cosa stanno pensando queste persone quando dicono che torneremmo all'Età della Pietra in caso di olocausto nucleare?”

Elaine: Cosa stanno pensando?

Daniel: Qual è la mentalità dietro l'affermazione?

Elaine scuote la testa.

Daniel: Qual è la loro immagine mentale dell'Età della Pietra?

Elaine: Okay, vedo dove vuole arrivare. Almeno credo. Quello che vedono quando pensano all'Età della Pietra è: niente elettricità, niente radio, niente televisione, niente riscaldamento, niente computer, niente telefono.

Daniel: Un'assenza. Un nulla. Non sto parlando di opinioni informate, qui. Ma anche i ben informati rimasero shockati dieci anni dopo, quando Marshall Sahlins scrisse un libro in cui definì i popoli dell'Età della Pietra “l'originaria società affluente”. E non sto parlando nemmeno delle opinioni di analfabeti. Persone istruite – lettori di riviste sofisticate come il The New Yorker – si aspettavano di vedere vignette in cui i nostri antenati vivevano in caverne, con i maschi armati di clava che trascinavano le

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femmine a casa tirandole per i capelli. Questa era l'impressione culturale generale.

Elaine: Non penso che sia cambiata molto.

Daniel: Probabilmente hai ragione. Non ho controllato.

Elaine: Ha detto che era l'impressione culturale generale. Perché non era la sua?

Daniel: Non era la mia perché io mettevo in discussione l'idea che un olocausto nucleare ci avrebbe riportati all'Età della Pietra. Io sapevo che non saremmo stati tanto fortunati. Ci avrebbe riportati a un'era di completa impotenza, dove nemmeno uno su dieci milioni di noi avrebbe saputo nemmeno come fabbricare una stringa dal nulla.

Elaine: Ma perché lei è stato in grado di capire tutto questo?

Daniel: Questo non lo so. Non mi sembra che sia stato un colpo di genio. Dubito perfino di averne mai parlato con qualcuno. Se l'avessi fatto, probabilmente si sarebbe chiesto perché un individuo intelligente dovesse sprecare energie mentali su una questione così triviale.

Elaine: Vero.

Daniel: Ma si potrebbe dire che scoprire questa piccola assurdità risvegliò l'antropologo marziano in me. Era solo un filo pendente, ma tirandolo cominciai a sfilacciare il tessuto della conoscenza trasmessa dalla nostra cultura. Questa impressione di nulla associata alle persone da cui discendiamo non era limitata al semplice olocausto nucleare. Faceva parte della nostra generale comprensione della storia umana.

Come chiunque altro, avevo frequentato un corso obbligatorio di storia mondiale, e avevo conservato solo il ricordo di un unico, sconvolgente avvenimento: la Rivoluzione Agricola. Se qualcosa era avvenuto prima di essa, si trattava al massimo di un vago nulla. Ovviamente dovevano essere esistite delle persone a quel tempo, ma non avevano avuto la minima importanza. La cosa importante era la Rivoluzione Agricola. Era quello. Era stato l'evento più importante della storia umana. L'inizio di qualunque cosa di importante che fosse mai avvenuto... Cominciai a notare pillole di

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storia umana nei libri, nei giornali e nelle riviste. Alcune erano scritte o citate da veri storici. Dicevano qualcosa del genere: “Gli umani vissero come cacciatori-raccoglitori per circa tre milioni di anni, poi, circa diecimila anni fa, abbandonarono la caccia-e-raccolta per la vita agricola, ponendo le fondamenta per la civiltà.”

Elaine: A-ah.

Daniel: E che vuol dire quel “a-ah”?

Elaine: Vuol dire, vediamo... Vuol dire che riconosco la storia.

Daniel: E riconosci cos'ha di sbagliato?

Elaine: Implica che l'intera umanità abbia collettivamente abbandonato la vita di caccia-e-raccolta e abbia adottato l'agricoltura circa diecimila anni fa.

Daniel: Il che è ovviamente falso. Novemilacinquecento anni dopo che l'umanità aveva teoricamente abbandonato la caccia-e-raccolta, circa tre quarti del territorio del pianeta erano ancora occupati da cacciatori-racco-glitori che non avevano mai sentito parlare né avevano partecipato alla Rivoluzione Agricola. Otto o dieci anni fa ho letto un articolo in Scientific American che nel paragrafo introduttivo ripeteva quasi parola per parola la descrizione convenzionale dell'abbandono della vita di caccia e raccolta da parte dell'umanità, diecimila anni fa. Non mi venne in mente che in futuro avrei potuto averne bisogno, quindi temo di non essermi appuntato il numero della rivista. Scrissi una lettera agli editori sottolineando l'evidente assurdità della descrizione, ma naturalmente non venne stampata. La favola convenzionale era scienza abbastanza buona per loro.

Elaine: Gli antropologi marziani non sono graditi.

Daniel: Immagino di no. Ma a che punto siamo ora? Sappiamo che la versione della storia dell'uomo comunemente accettata nella nostra cultura è smentita dai fatti. Ogni storico che dovrebbe saperne di più la recita senza esitare un attimo. Un rispettato giornale scientifico non vede motivo di non includerla come introduzione a un articolo. Dove va un antropologo marziano da qui? Qual è la sua prossima domanda?

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Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Direi che la sua prossima domanda è... No, devo ammettere che non lo so.

Daniel: Rifletti su questo. A parte una piccola minoranza di fanatici religiosi, la storia dell'universo come viene raccontata dalla scienza attuale è generalmente accettata dalla gente della nostra cultura. L'universo è nato in un “big bang” all'incirca tredici miliardi di anni fa, e il nostro pianeta si è formato circa cinque miliardi di anni fa. Giusto?

Elaine: Cosa è giusto?

Daniel: Che la gente della nostra cultura generalmente accetta questa storia dell'universo, che non è una storia mitologica o religiosa ma scientifica.

Elaine: Sì, direi di sì, a eccezione, come ha detto, di pochi fanatici religiosi.

Daniel: Questa storia, per quanto le menti più brillanti del nostro tempo possono dirci, non è contraddetta dai fatti.

Elaine: Esatto.

Daniel: Ma la gente della nostra cultura accetta una storia mondiale – una storia dell'uomo – che è contraddetta dai fatti. Cosa pensa un antropologo marziano di questo?

Elaine: Che è strano.

Daniel: E la sua domanda è...?

Elaine: Perché? Come è potuto avvenire che...

Daniel: Prenditi il tuo tempo.

Elaine: Come può essere che le stesse persone che accettano senza domande una storia scientifica dell'universo ne accettano anche una falsa sull'umanità?

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Daniel: La vera versione della storia umana è che l'umanità non ha abbandonato tutta insieme, diecimila anni fa, la vita di caccia e raccolta per adottare la vita agricola. La vita di caccia e raccolta ha continuato a esistere su tre quarti del globo fino a cinquecento anni fa – ed esiste tuttora dove non è stata sradicata. Cosa c'è in questa vera versione degli eventi che ci allarma?

Elaine ci pensa su.

Daniel: Cosa c'è in essa che disturba la visione che abbiamo di noi stessi?

Elaine sospira frustrata.

Daniel: Non preoccuparti se le risposte a queste domande non ti vengono in mente immediatamente. Mi ci sono voluti anni per trovarle... Proviamo da un'angolazione diversa. Quando abbiamo cominciato a mettere insieme la nostra versione della storia umana?

Elaine: Direi non più di duemilacinquecento anni fa.

Daniel: Quella è l'epoca in cui i pensatori fondamentali della nostra cultura cominciarono ad apparire: Erodoto, Tucidide, Socrate, Aristotele, e così via.

Elaine: Sì, è quello a cui stavo pensando.

Daniel: Ma naturalmente le basi essenziali della storia potrebbero essere esistite per migliaia di anni prima di allora. Tutti nel mondo civilizzato sapevano che era esistito un passato umano di qualche tipo. Le città sumere del 3000 a.C. non erano state costruite nella generazione precedente o in quella prima ancora. E potevano vedere che le città stavano crescendo e sviluppandosi tecnologicamente. Da questo, potevano logicamente tornare indietro a un tempo in cui le città erano solo villaggi e la tecnologia era molto primitiva. Ma ciò che non potevano possibilmente immaginare era che questi villaggi erano nati da una rivoluzione, quella che chiamiamo la Rivoluzione Agricola. Non potevano immaginare che, prima che gli umani diventassero agricoltori e abitanti di villaggi, avevano

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vissuto per milioni di anni in un modo interamente diverso. Lo stile di vita di caccia-e-raccolta era cinquemila anni nel passato, ormai totalmente dimenticato. Nemmeno delle leggende su quello stile di vita avrebbero potuto sopravvivere tanto a lungo.

Elaine: Sì, lo capisco. L'ha chiamata “La Grande Amnesia” in The Story of B.

Daniel: Quindi deve essere sembrato loro che la storia umana dovesse essere cominciata solo pochi millenni prima, dato che quello era il periodo di tempo intercorso tra quei primi villaggi agricoli e se stessi. Su queste basi, quale conclusione sarebbe stato per loro ragionevole trarre sulla natura degli esseri umani come specie?

Elaine: Ho paura di non avere la minima idea di dove vuole arrivare, stavolta.

Daniel: E' verosimile assumere che questi antichi individui fossero altrettanto esperti sulle creature intorno a loro quanto lo siamo noi – probabilmente anche di più. Per esempio, devono aver saputo che gli uccelli cacciano gli insetti e costruiscono nidi. Quale conclusione sarebbe stato per loro ragionevole trarre da questo sulla natura degli uccelli come specie?

Elaine: Sono tentata di dire che avrebbero concluso che è la natura degli uccelli cacciare insetti e costruire nidi.

Daniel: Naturalmente. Gli uccelli si comportavano così da sempre. Dovevano anche sapere che le api raccolgono nettare e costruiscono alveari. Che cosa concluderebbero da questo?

Elaine: Che le api sono raccoglitrici di nettare e costruttrici di alveari.

Daniel: Questo è ciò che le api hanno sempre fatto, per quanto chiunque possa ricordare. E che cosa hanno sempre fatto invece gli umani, per quanto chiunque possa ricordare?

Elaine: Hanno piantato campi e costruito città.

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Daniel: E che cosa sarebbe stato per loro ragionevole concludere da questo riguardo la natura umana?

Elaine: Che gli umani sono agricoltori e costruttori di civiltà.

Daniel: A loro, piantare campi e costruire città doveva sembrare tanto innato per gli umani quanto raccogliere nettare e costruire alveari lo è per le api.

Elaine: Sì.

Daniel: L'idea che gli umani fossero nati cacciatori-raccoglitori tribali – senza piantare alcun campo e costruire alcuna città per milioni di anni – sarebbe sembrata loro assurda.

Elaine: Credo di sì.

Daniel: Ovviamente possiamo solo ipotizzare che i Sumeri credessero che l'Uomo fosse nato solo poche migliaia di anni prima e che fosse comparso agricoltore e costruttore di civiltà. Ma non è una congettura che questa storia fosse ancora considerata valida quattromila anni dopo, e per centinaia d'anni dopo di allora. E' stata convinzione comune fino al diciottesimo secolo che l'uomo fosse nato solo poche migliaia di anni prima e che fosse comparso agricoltore e costruttore di civiltà.

Elaine: Magari non proprio dalla nascita, ma il primissimo umano, Adamo, era diventato un agricoltore.

Daniel: Garantito. Ma anche in questa versione biblica della storia, non viene neanche suggerito che il primo agricoltore sia stato preceduto da quindici o ventimila generazioni di cacciatori-raccoglitori.

Elaine: Certo che no. Siamo stati agricoltori fin dalla primissima generazione – secondo la storia biblica.

Daniel: Ora finalmente siamo pronti a dare al nostro antropologo marziano la risposta alla sua prima, fondamentale domanda. Nella nostra cultura è prevalentemente accettata questa versione della storia umana: l'umanità è nata circa tre milioni di anni fa, ma non è avvenuto nulla di

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importante finché non abbiamo abbandonato la vita di caccia-e-raccolta e non siamo diventati agricoltori e costruttori di civiltà. Come siamo arrivati a questa storia, preceduta da tre milioni di anni in cui non è successo nulla degno di nota?

Elaine: Mi sta chiedendo di ricostruire il processo?

Daniel: Fai un tentativo.

Elaine: Caspita. Ok. Durante il diciannovesimo secolo, nuove scoperte scientifiche resero impossibile continuare a pensare che la vita sulla Terra risalisse solo a poche migliaia di anni prima.

Daniel: Il famoso calcolo dell'arcivescovo Ussher, annunciato nel 1654, che la razza umana fosse nata nel 4004 a.C., divenne scientificamente insostenibile. O piuttosto, possiamo dire che divenne insostenibile per coloro che trovano le prove scientifiche più convincenti della struttura di credenze su cui l'arcivescovo Ussher aveva basato i suoi calcoli.

Elaine: Sì.

Daniel: Il risultato fu che, per coloro che generalmente accettavano le prove di natura geologica e paleobiologica – e con esse l'emergente teoria dell'evoluzione – la storia umana doveva essere rivista. Non poteva più essere accettato che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà solo pochi millenni prima.

Elaine: No.

Daniel: E come venne rivista?

Elaine: Venne aggiornata alla versione attuale: gli umani sono esistiti per tre milioni di anni come cacciatori-raccoglitori, ma non hanno avuto la minima importanza finché non hanno abbandonato la vita di caccia-e-raccolta per quella agricola, circa diecimila anni fa.

Daniel: Perché era importante spazzare i primi tre milioni di anni della storia umana sotto il tappeto? Importante per i membri della nostra cultura, naturalmente.

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Elaine: Ci dovrò riflettere, su questo... Immagino che nessuno trovasse nulla di importante in essi.

Daniel: Qualcuno aveva controllato?

Elaine: Non che io sappia, ma questo non significa nulla.

Daniel: Conosci Darwin e l'importanza che ha avuto nella storia del pensiero umano.

Elaine: Certamente.

Daniel: Era imperativo che qualcuno capisse il significato delle sconcertanti scoperte della giovane scienza della paleobiologia. Se non fosse stato Darwin, sarebbe stato Alfred Russel Wallace. L'esistenza di queste scoperte esigeva una spiegazione ragionevole, e questa spiegazione avrebbe scosso molte gabbie. Non sarebbe passata inosservata.

Elaine: Vero... Ma non sono sicura di dove vuole arrivare.

Daniel: La paleobiologia rese chiaro che il 99% della storia umana si era svolto prima della Rivoluzione Agricola, ma, che tu sappia, nessuno ha provato a capire il significato di questo.

Elaine: No.

Daniel: Proviamo a fare un'ipotesi: nessuno sentiva il bisogno di spiegarlo.

Elaine: Direi che ha ragione.

Daniel: Ma perché? Perché i membri della nostra cultura erano soddisfatti dello spazzare i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il tappeto e lasciarli lì?

Elaine: Ok, ora vedo dove vuole arrivare.

Daniel: Ma qual è la risposta? Pochi minuti fa ho detto che eravamo

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finalmente in condizione di dare al nostro antropologo marziano la risposta alla sua prima, essenziale domanda. Ora ci siamo: perché i membri della nostra cultura – l'avanguardia e i beneficiari della Rivoluzione Agricola – spazzarono i primi tre milioni di anni di storia umana sotto il tappeto e li lasciarono lì?

Elaine [Dopo averci riflettuto un po']: Quei tre milioni di anni di storia umana ci minacciavano.

Daniel: In che modo? Ora devi cominciare a lavorare come un'antropologa. I membri della nostra cultura non vogliono pensare al fatto che per i primi tre milioni di anni di vita umana, la gente ha vissuto come cacciatori-raccoglitori anziché come agricoltori e costruttori di civiltà. Cosa c'è dietro questa riluttanza?

Elaine: E' una minaccia all'immagine che abbiamo di noi stessi.

Daniel: Continua.

Elaine: La storia che ci raccontiamo è che essere completamente umani significa coltivare campi e costruire civiltà. Questo ci rende gli unici veri umani. Per mantenere il nostro status di unici veri umani, non vogliamo considerare l'umanità composta dai nostri antenati cacciatori-raccoglitori. Vogliamo negare la loro umanità. Non erano affatto veri umani. Erano solo bruti cavernicoli. Quindi non c'è bisogno che pensiamo a loro.

Daniel: Concedere loro l'umanità significa negare che noi – e solo noi – siamo l'umanità, il che è un importante elemento della nostra mitologia culturale.

Elaine: Sì, infatti.

Daniel: Essere umani significa vivere come viviamo noi. Questo è l'unico modo giusto di vivere per le persone, e tutti nel mondo devono vivere come noi. Era nostro sacro dovere distruggere tutte le culture aborigene che abbiamo trovato nel Nuovo Mondo, in Australia, in Africa, e così via.

Elaine: Esatto.

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Daniel [dopo una pausa]: Ovviamente non abbiamo detto nulla di nuovo, qui, ma non era quello il mio scopo. Volevo darti un'idea del mio sviluppo come Antropologo Marziano, del percorso che ho seguito per arrivare alle risposte contenute in Ishmael e negli altri miei libri. Ho cominciato con un'osservazione piuttosto triviale, che un olocausto nucleare ci riporterebbe molto più indietro dell'Età della Pietra, e da lì ho continuato, punto dopo punto, fino a scoprire che secondo la nostra mitologia culturale esiste un unico modo giusto di vivere per le persone – il nostro – e che tutti nel mondo devono vivere come noi. La globalizzazione non è una politica recente; esiste nella nostra cultura da millenni.

Elaine: Sì, lo vedo.

Daniel: Penso che dovremmo fare una pausa, a questo punto. Mi piacerebbe conoscere la tua reazione a questa prima sessione.

Elaine: Be', sono venuta sperando di sviscerare alcune delle sue idee – di inculcarmele in testa. E questo ha avuto quell'effetto, entro un certo limite. Ovviamente abbiamo appena scalfito la superficie.

Daniel: Mi fa piacere che abbia avuto questo effetto, ma il mio scopo è di esplorare il mio metodo, se esiste. Questa è la domanda che è rimasta senza risposta fin da quando Ishmael è stato pubblicato: come sono arrivato ad avere queste idee? Per me sono solo il risultato di duro lavoro e indagini, ma ad altri sembrano rivelazioni. Non puoi immaginare le centinaia di lettere che ho ricevuto da persone che mi dicono che ho rivoltato il loro mondo a testa in giù.

Elaine: Quindi cosa mi sta chiedendo, esattamente?

Daniel: Ti sto chiedendo se sono riuscito a farti capire qualcosa del modo in cui lavora la mia mente – del modo in cui lavora la mente di un Antropologo Marziano.

Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Sì, qualcosa, immagino, ma il modo in cui affronta i problemi...

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Daniel [interrompendola]: Il mio “quadro di riferimento”.

Elaine: Sì, quello rimane un mistero. Non potrei farlo, da sola.

Daniel: Non mi aspetterei che tu ci riesca, a questo punto. Siamo solo all'inizio del viaggio. Prima di fare una pausa pranzo, mi piacerebbe lanciarti una sfida.

Elaine: Ok.

Daniel: Come ho detto poco fa, riconoscere che l'umanità è esistita per tre milioni di anni prima della nostra comparsa è in conflitto con la nostra mitologia culturale, la quale insiste che noi, i beneficiari e promotori della Rivoluzione Agricola, siamo l'umanità stessa. Tu capisci che anche se la Rivoluzione Agricola è cominciata diecimila anni fa, non è finita allora. Sta venendo portata avanti ancora oggi, continuando a disboscare terreni per convertirli in campi che producano cibo per noi.

Elaine: Sì, lo capisco.

Daniel: L'idea che gli umani siano esistiti per tre milioni di anni prima di noi minaccia la nostra mitologia culturale, ma minaccia anche qualcosa di molto più essenziale e importante. Voglio che tu esamini la nostra cultura come un Antropologo Marziano e vedi se riesci a capire che cosa. Per farlo, dovrai pensare a tutti i componenti essenziali della nostra cultura, tutte le parti che la compongono.

Elaine [dopo un'altra lunga pausa]: Ho paura di non averne idea.

Daniel: Per pensare come un Antropologo Marziano, devi elevarti e guardare a tutti noi – americani, cinesi, indiani, arabi, europei – e scoprire perché affermare l'umanità dei nostri antenati ci pone una minaccia più profonda e immediata di qualunque altra cosa abbiamo discusso finora. Potrei facilmente fartici arrivare con degli indizi, ma non voglio farlo. A prescindere da quanto ci vorrà, voglio che tu lo capisca da sola.

Elaine [dopo una pausa]: Questo mi lascia in alto mare.

Daniel: Sei venuta qui con una mentalità passiva, per prendere ciò che

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ho da insegnarti. Ma io voglio che tu te ne vada con più di questo. Voglio che tu te ne vada con l'abilità di fare quello che faccio io. Questo non accadrà se mi limito a darti tutte le risposte – o se ti porto alla risposta attraverso un'accurata serie di domande, come Ishmael ha fatto con Alan [in Ishmael] e con Julie [in My Ishmael].

Elaine: Sì, posso capirlo questo, ma comunque...

Daniel: Sì?

Elaine: E' scoraggiante.

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Giovedì: pomeriggio

Daniel: Qualche progresso?

Elaine: Sulla domanda che mi ha fatto? No. Ho l'impressione di non averla capita davvero.

Daniel: Riconoscere che l'umanità è esistita per tre milioni di anni prima di noi è in conflitto con la nostra mitologia culturale, come hai detto. Ma rappresenta anche una minaccia più pericolosa di questa.

Elaine: Per chi?

Daniel: Se te lo dicessi, tanto varrebbe darti direttamente la risposta. Questo probabilmente è un test troppo difficile, ora come ora. Non preoccuparti. Hai bisogno di maggiore esperienza con compiti più semplici.

Elaine: Va bene.

Daniel: Alcuni anni fa, un lettore mi scrisse per esprimermi la sua sorpresa per tutte le – secondo lui stupide – domande che mi venivano poste sul mio sito internet [www.ishmael.org]. Per lui, tutto ciò che dicevo sembrava molto semplice: qualunque cosa noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro modo di vivere.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Che intendi con “uh-uh”? Che sei d'accordo con lui?

Elaine [sconcertata]: Be', sì, immagino di sì. In modo generale.

Daniel: In modo generale. In altre parole, ciò che Daniel Quinn dice è generalmente che qualunque cosa noi umani facciamo che disturbi l'equilibrio della natura dev'essere eliminata dal nostro modo di vivere.

Elaine: Mi sembra di capire che lei non concorda.

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Daniel: Il punto non è concordare. Voi due condividete un quadro di riferimento, e questo è ciò che dobbiamo esaminare. Per metterla in un altro modo, l'Antropologo Marziano si chiede: “Cosa c'è dietro quest'affermazione? Cosa c'è nelle loro menti che li ha portati a dirla? Cosa stanno pensando?” O, per metterla in modo ancora migliore: “Che cosa rivela quest'affermazione sulla loro visione di come funziona il mondo?”

Elaine sospira.

Daniel: Sei frustrata.

Elaine: Sì, immagino di sì. Sono venuta qui pensando di avere un'idea piuttosto buona della sua visione del modo in cui funziona il mondo.

Daniel: Non è la mia visione. Voglio dire, non è una visione che possiedo solo io. E' la visione generalmente accettata nel mondo della scienza.

Elaine: Mi ricorda qual è l'affermazione?

Daniel: Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita.

Elaine: Mi sembra un'affermazione con cui moltissime persone si direbbero d'accordo.

Daniel: Probabilmente hai ragione. Ecco cosa stiamo guardando: il quadro di riferimento che moltissime persone – forse addirittura la maggioranza delle persone – condivide. Questo è il compito dell'antropologo... Per anni ho pensato di usare questa frase come titolo di un libro: Se ti danno carta rigata, scrivi di traverso.

Elaine ride.

Daniel: Se facessi circolare un foglietto rigato con quest'affermazione scritta sopra, la maggior parte delle persone probabilmente scriverebbe sulla riga successiva: “Esatto!” Io giro il foglio di lato e ci scrivo qualcos'altro.

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Elaine: Che cosa ci scriverebbe?

Daniel [scuotendo la testa]: Le righe sul foglio rappresentano delle premesse, o, potresti dire, la saggezza ricevuta dalla nostra cultura. Qual è la premessa alla base di quest'affermazione? “Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro modo di vivere”?

Elaine: Disturbare l'equilibrio della natura è... male.

Daniel: Per cosa?

Elaine: Per... la stabilità del mondo. Per la vita.

Daniel: In altre parole, disturbare l'equilibrio della natura disturba l'equilibrio della natura.

Elaine [ridendo]: Sì, credo di sì.

Daniel: Ma in ogni caso, è male.

Elaine: Sì.

Daniel: Va bene. Questa è l'attività dell'Antropologo Marziano – o forse potresti chiamarlo il suo metodo – allontanarsi, indietreggiare e guardare l'intera scacchiera.

Elaine: Va bene.

Daniel: Indietreggia di quattrocento milioni di anni e osserva la vita del mondo com'era allora. Ne hai un'idea di qualche tipo?

Elaine: Non una approfondita. Non sono nemmeno sicura... diciamo che non sono sicura di come stessero le cose.

Daniel: Be', in breve, le piante di terra cominciarono ad apparire circa quattrocento milioni di anni fa, presumibilmente diffondendosi da paludi pianeggianti. Esse vennero poi seguite dagli artropodi e da altri gruppi di

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invertebrati, e i vertebrati di terra si evolsero da pesci d'acqua dolce circa quaranta milioni di anni dopo.

Elaine: Va bene.

Daniel: Ora ripeti con me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della natura è male.

Elaine, perplessa, non dice niente.

Daniel: La comparsa di vegetali sulla terraferma disturbò l'equilibrio della natura.

Elaine: Sì, credo di sì.

Daniel: Credi di sì? Ovviamente lo fece. Se non l'avesse fatto, tutta la vita sarebbe ancora negli oceani. Vero?

Elaine: Sì.

Daniel: I disturbi dell'”equilibrio della natura” sono ciò che alimenta l'evoluzione stessa. Sono ciò che la fa avvenire. Se la natura, come viene chiamata, avesse mai raggiunto un perfetto equilibrio, allora l'evoluzione si sarebbe arrestata. I mammiferi erano una classe insignificante che viveva nell'ombra, durante l'era dei dinosauri. La fine di quell'era aprì la strada allo sviluppo dei mammiferi, inclusi i primati. Ora, di nuovo, ripeti con me: tutto ciò che disturba l'equilibrio della natura è male.

Elaine: Non posso, ovviamente. Non più.

Daniel: Quindi, quale sarà la tua risposta all'affermazione di quel lettore? Tutto ciò che noi umani facciamo che disturba l'equilibrio della natura dev'essere eliminato dal nostro stile di vita.

Elaine: Non ha senso.

Daniel: Non ha senso perché è basata su una falsa premessa: che la natura sia, o sia stata, in equilibrio, finché non siano arrivati noi a disturbarla. Per attuare la politica proposta da questo lettore, dovremmo

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negare la realtà e cominciare a dire assurdità.

Elaine: Penso di cominciare a capire.

Daniel: Cosa?

Elaine: Cosa significa pensare come un Antropologo Marziano.

Daniel: Bene. Spostiamoci in un'altra direzione... Ho già detto che Marshall Sahlins ha descritto i popoli dell'Età della Pietra come la società opulenta originaria. Vivevano una vita comoda, paragonata alla nostra. Contrariamente al pregiudizio comune, non vivevano al limite della sopravvivenza. Per dirla con termini tecnici, impiegavano molte meno calorie per restare in vita dei loro discendenti agricoltori. In effetti, più un popolo è dipendente dal cibo coltivato, più duramente deve lavorare. Ovviamente raccogliere frutta che è cresciuta selvatica richiede meno lavoro rispetto al piantare, coltivare e proteggere un frutteto; raccogliere vegetali cresciuti spontaneamente richiede meno lavoro rispetto al piantare, coltivare e proteggere dei campi.

Elaine: Sì, questo lo so.

Daniel: In Ishmael e altrove, ho precisato che oltre a questo, i popoli tribali hanno una vita che gradiscono. Dato che la tribù non è un'organizzazione gerarchica, non provano la frustrazione di dover avere a che fare con organizzazioni sociali che sembrano agire da avversari – polizia, tribunali, governi, esattori delle tasse, e così via. In concreto, dove la loro cultura non è stata contaminata dalla nostra, non soffrono costantemente di ansia, rabbia, depressione, dipendenza da stupefacenti e crimine. Questo non significa che siano più dolci, più spirituali, più elevati, più generosi o più altruisti di noi. Sono soggetti a egoismo, scatti d'ira, cattive decisioni e violenza quanto noi, anche se hanno un modo diverso dal nostro di gestire queste cose.

Elaine annuisce.

Daniel: Leggendo queste cose, moltissimi lettori mi scrivono chiedendomi se sto dicendo che dovremmo tornare a vivere in caverne e cacciarci la cena con una lancia.

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Elaine: Davvero?

Daniel: Che ne dici, tu?

Elaine: Non ha mai detto niente di simile. In effetti, ha detto molto esplicitamente che non è questo ciò che sta dicendo.

Daniel: Ovviamente stanno anche reagendo a ciò che ho detto riguardo le conseguenze della Rivoluzione Agricola. La popolazione di qualunque specie cresce e diminuisce insieme alle sue risorse alimentari. La Rivoluzione Agricola ci ha permesso di assicurarci che le nostre risorse alimentari non diminuissero mai. Anzi, ci ha permesso di aumentarle costantemente – ed è proprio ciò che abbiamo fatto dall'inizio della rivoluzione fino a ora, cosicché anche la nostra popolazione non ha fatto che aumentare. Ogni aumento della popolazione ha avuto come conseguenza un aumento della produzione alimentare, il che ha causato un ulteriore aumento della popolazione.

Elaine: Sì...?

Daniel: E allora la gente mi scrive per chiedermi: “Sta dicendo che dovremmo tornare a vivere in caverne e cacciarci la cena con una lancia?”

Elaine: Anche se ha detto chiaramente che non è ciò che sta dicendo.

Daniel: Esatto. Cosa devo pensare di questo? Cosa ne pensi tu?

Elaine: Immagino che... alcuni individui semplicemente non sono buoni lettori. Vedono ciò che vogliono vedere.

Daniel: C'è del vero in questo, di sicuro. Ma penso che ci sia qualcosa di più profondo da trovare, qui.

Elaine [dopo una pausa]: Non so dove cercare.

Daniel: Allontanati. Cerca di vedere cosa c'è dietro la domanda. Cerca di vedere cosa sta avvenendo nelle menti delle persone che la pongono.

Elaine [dopo una pausa più lunga]: Non so se sono sulla strada giusta, ma... quando un chirurgo dice che i fumatori hanno una maggiore

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probabilità di ammalarsi di cancro ai polmoni, questo viene interpretato come il consiglio di smettere di fumare.

Daniel: La descrizione implica una prescrizione.

Elaine: Sì, esatto.

Daniel: Se io dico che i popoli tribali generalmente conducevano vite più facili e meno stressanti, questa è solo una descrizione, ma alcune persone danno per scontato che sia una prescrizione.

Elaine: Esatto.

Daniel: Se dico che la Rivoluzione Agricola ha causato un'esplosione demografica che ci ha portato sull'orlo della catastrofe, anche questa è una descrizione, ma alcune persone danno per scontato che sia una prescrizione – di qualche tipo. Per esempio, alcuni pensano che stia dicendo che dobbiamo tagliare la produzione alimentare e lasciare che la gente muoia di fame.

Elaine: Be', devo ammettere di essermelo chiesto anch'io.

Daniel: Ti sei chiesta qual è la mia prescrizione.

Elaine: Sì.

Daniel: Questo è sempre stato un problema, per me – forse potresti chiamarlo il dilemma dell'antropologo. Se descrivo qualcosa, facendo semplicemente il mio lavoro di antropologo, spesso si crede che io stia anche prescrivendo qualcosa.

Elaine: Be', la gente vuole prescrizioni.

Daniel: Questo è sicuramente vero... Ho descritto il problema come una “corsa alimentare”, simile alla corsa agli armamenti tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. In quella corsa agli armamenti, ogni nostro avanzamento causava un loro avanzamento, il che naturalmente provocava un ulteriore avanzamento da parte nostra, il che causava un altro avanzamento da parte loro – un'escalation infinita. La corsa alimentare è lo stesso. Ogni avanzamento nella produzione di cibo causa un avanzamento nella crescita della popolazione, il che causa un ulteriore aumento della produzione alimentare, il che provoca un altro

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aumento della popolazione. Per questo ho effettivamente una prescrizione. La corsa agli armamenti della Guerra Fredda è finita quando l'Unione Sovietica l'ha semplicemente abbandonata – rifiutandosi di continuare a gareggiare con noi. La corsa alimentare potrebbe finire nello stesso modo, se noi semplicemente l'abbandonassimo, rifiutandoci di continuare la gara tra produzione alimentare e crescita demografica.

Elaine: Quali sarebbero le conseguenze di una cosa simile?

Daniel: Se una quantità di cibo x ha nutrito sei miliardi di noi quest'anno, allora una quantità di cibo x potrà nutrire sei miliardi di noi l'anno prossimo. No? [NdT: Dal 2011, siamo sette miliardi.]

Elaine: Penso di sì.

Daniel: E se una quantità di cibo x nutrirà sei miliardi di noi l'anno prossimo, potrà nutrire sei miliardi di noi anche l'anno successivo, no?

Elaine: Sì.

Daniel: Allora perché aumentare la produzione alimentare?

Elaine [dopo averci pensato un po']: Ah! Per nutrire i milioni di affamati!

Daniel: Naturalmente. Quindi l'anno scorso hanno aumentato la produzione alimentare per nutrire gli affamati.

Elaine: Immagino di sì.

Daniel: Puoi scommetterci. Quindi quest'anno i milioni di affamati stanno venendo sfamati, giusto?

Elaine: No.

Daniel: Non so per quanto tempo siano esistiti questi milioni di affamati, ma per esperienza personale posso dirti che sono almeno settant'anni. E abbiamo aumentato la produzione alimentare per tutti questi anni per sfamarli. Ma non vengono mai sfamati, vero?

Elaine: Apparentemente no.

Daniel: Perché no? Se stiamo costantemente aumentando la

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produzione alimentare per sfamarli, perché stanno ancora morendo di fame?

Elaine: Non lo so.

Daniel: Penso che tu lo sappia. O almeno, penso che tu sappia la spiegazione comunemente accettata. Questo è il punto da cui l'Antropologo Marziano deve cominciare: le spiegazioni comunemente accettate che tutti danno per scontate senza metterle in discussione. Il cibo è lì. Tutti concordano che abbiamo abbastanza cibo per sfamare tutti sul pianeta. Ma i milioni di affamati continuano ad avere fame, e la domanda è: perché?

Elaine: Il cibo non gli sta arrivando.

Daniel: Ovviamente. Ma perché? I treni e le strade non arrivano fino a loro? Non ci sono porti, dove vivono?

Elaine: Non lo so.

Daniel: Sei bloccata nel tuo quadro di riferimento convenzionale, Elaine. Devi indietreggiare e osservarlo a distanza. Rifiuta le risposte convenzionali, con le loro implicazioni convenzionali. Pensa come un'Antropologa Marziana.

Elaine riflette per alcuni minuti e poi scuote la testa.

Daniel: Ti ho detto di rifiutare le risposte convenzionali, con le loro implicazioni convenzionali. Cosa dice la saggezza convenzionale, a questo riguardo?

Elaine: Che il cibo è lì, ma non gli arriva.

Daniel: E l'implicazione è...

Elaine: Il problema è la distribuzione. Il cibo non sta venendo distribuito agli affamati.

Daniel: Perché? Linee ferroviarie troppo corte, strade bloccate, porti chiusi?

Elaine: No.

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Daniel: Allora perché? E' un qualche tipo di inefficienza burocratica?

Elaine: Non lo so, forse.

Daniel: Ora vado a controllare le mie email e ti lascio rifletterci per un po', va bene?

Elaine: Va bene.

Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, qualche progresso?

Elaine: Penso di sì.

Daniel: Dimmi.

Elaine: Ho indietreggiato, e quello che ho visto è che ai milioni di affamati non manca solo il cibo, ma tutto – cibo, vestiti, riparo.

Daniel: Non vivono in ville sulla spiaggia e guidano BMW ma per qualche motivo muoiono di fame.

Elaine: No. Sono i più poveri tra i poveri.

Daniel: Quindi il problema non è che il cibo non li raggiunge. Il problema è che non hanno soldi per comprarlo. Non ci sono affamati ricchi.

Elaine: Esatto.

Daniel: E in che modo aumentare la produzione di cibo li aiuta?

Elaine: Non lo fa. Non importa quanto cibo produciamo, sono comunque troppo poveri per comprarlo.

Daniel: E' risaputo, naturalmente, che la parte della nostra popolazione che cresce più lentamente e quella delle nazioni ricche e sviluppate.

Elaine: Sì, l'ho sentito dire.

Daniel: Quindi dov'è che avviene la crescita?

Elaine: Nelle nazioni più povere e sottosviluppate.

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Daniel: Dove vivono i milioni di affamati.

Elaine: Esatto.

Daniel: Quindi mentre aumentiamo la produzione alimentare e la nostra popolazione cresce, anno dopo anno, dove si verifica la maggior parte di questa crescita?

Elaine: Nella nazioni più povere e sottosviluppate.

Daniel: E nelle nazioni più povere e sottosviluppate, in quali classi credi che la crescita demografica sia più lenta?

Elaine: Suppongo nelle classi più benestanti.

Daniel: E dove credi che sia più rapida?

Elaine: Tra i poveri.

Daniel: Tra i quali ci sono i milioni di affamati.

Elaine: Sì, ma...

Daniel: Sì?

Elaine: Verrà obiettato che noi il cibo glielo mandiamo.

Daniel: Quindi i milioni di affamati non sono davvero affamati.

Elaine ci pensa su.

Daniel: I milioni di affamati sono affamati o no?

Elaine: Immagino che lo siano.

Daniel: Se non lo fossero, perché dovremmo aumentare la produzione alimentare ogni anno per sfamarli?

Elaine [dopo averci riflettuto]: Non ha senso.

Daniel: Cosa non ne ha?

Elaine: La nostra razionalizzazione per il nostro costante aumento

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della produzione alimentare.

Daniel: Non stiamo creando un mondo senza fame?

Elaine: No.

Daniel: Proviamo a essere realistici per un momento. Pensi davvero che le compagnie che spendono decine o centinaia di milioni all'anno per sviluppare cibo geneticamente modificato lo facciano per altruismo, motivate dal pensiero di eliminare la fame?

Elaine: Sembra improbabile. Sono motivate dal pensiero di fare soldi.

Daniel: Gli scienziati che svolgono il vero lavoro possono immaginare di stare lavorando per eliminare la fame nel mondo, ma dubito che i dirigenti abbiano un pensiero simile.

Elaine: Sono sicuro che tu abbia ragione.

Daniel: E che dire degli agricoltori che coltivano campi a maggior rendimento? Lo stanno facendo per sfamare i milioni di affamati?

Elaine: No. Realisticamente, maggior rendimento significa maggior guadagno, e presumo che sia a questo che mirano.

Daniel: Nel 1960 c'erano tre miliardi di noi. Nei successivi quarant'anni, mentre aumentavamo continuamente la produzione alimentare per sfamare gli affamati, essi hanno continuato ad avere fame. Quindi, dove stava andando quel cibo in più?

Elaine: Stava alimentando la nostra crescita demografica.

Daniel: In quarant'anni, la nostra popolazione è raddoppiata a sei miliardi. Quindi, abbiamo smentito l'idea che aumentiamo la produzione alimentare ogni anno per sfamare i milioni di affamati?

Elaine: Sì, per quanto mi riguarda. Quello che mi confonde è...

Daniel: Sì?

Elaine: Sembra quasi incredibile che quando si parla di aumentare la produzione alimentare per nutrire gli affamati, tutti annuiscano come se avesse perfettamente senso.

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Daniel: Non aveva senso per te?

Elaine: Sì, immagino che ce lo avesse.

Daniel: Allora cos'è che ti confonde?

Elaine: A essere onesta, non ne sono sicura.

Daniel: O forse non sei pronta ad articolarlo.

Elaine: Sì, potrebbe essere.

Daniel: Passiamo a un argomento più semplice... In Ishmael ho distinto i nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali da noi stessi...

Elaine: Li ha chiamati “Lascia” e ha chiamato noi “Prendi”.

Daniel: Sì... Se potessi tornare indietro, non utilizzerei di nuovo quei termini.

Elaine: Perché?

Daniel: Perché troppe persone li hanno interpretati come “Buoni” e “Cattivi”. Le persone tendono a credere che se fossero più buone, sarebbero Lascia. Qualcuno una volta mi ha scritto che il governatore della California Jerry Brown era un Lascia e il suo avversario era un Prendi.

Elaine: Ho notato che non usa più questi termini ora.

Daniel: No... In Ishmael era più semplice dire “Lascia” piuttosto che “i nostri antenati tribali e i loro attuali discendenti culturali”, ma ora vorrei averli chiamati semplicemente “i popoli tribali”.

Elaine: Capisco... Comunque sia, è servito a qualcosa. Almeno per me.

Daniel: Continua.

Elaine: Distingueva “loro” da “noi” in una maniera davvero... fondamentale. I Lascia sono quelli che lasciano le proprie vite nelle mani degli dei, e i Prendi sono quelli che prendono le proprie vite nelle proprie mani. I Lascia non si preoccupavano della provenienza del loro prossimo pasto, perché sapevano che il cibo che gli dei avevano lasciato per loro non

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sarebbe mai scomparso. Ma questo non era sufficiente per i Prendi. Volevano prendere il controllo delle proprie riserve alimentari e smettere di dipendere dalla generosità degli dei.

Daniel: Sì, i nomi in sé erano abbastanza adeguati, ma molti lettori tendevano a leggerli come descrizioni caratteriali. La differenza essenziale tra “noi” e “loro” non è nei nostri cuori o nel nostro carattere, ma nel modo in cui viviamo.

Elaine: Sì, lo so.

Daniel: Per come li ho descritti, i popoli tribali – i Lascia – vivono nelle mani degli dei, il che significa che prendono ciò che gli dei mandano loro. Quando le cose vanno bene, vivono bene e facilmente. Quando vanno male, vivono meno bene e devono sforzarsi di più per sopravvivere. Ma non c'era mai bisogno di sedersi in un punto e morire di fame. Se non c'era abbastanza cibo dov'erano, si spostavano da qualche altra parte, dove ce n'era di più ed era tutto liberamente consumabile. Le carestie avvengono tra popoli stanziali e agricoli. Loro sono bloccati nella propria zona inaridita e non possono cercare cibo nei territori dei loro vicini, perché il cibo lì di sicuro non è liberamente consumabile.

Elaine: Sì, capisco.

Daniel: Ma stiamo cambiando discorso, qui. Non sto cercando di riassumere quello che ho già scritto. Volevo solo gettare le fondamenta per una domanda che ho ricevuto e a cui vorrei tu provassi a rispondere.

Elaine: Va bene.

Daniel: Una donna mi ha chiesto se, sulla base di ciò che avevo scritto riguardo il vivere nelle mani degli dei, io giustificassi la pratica della medicina, e se sì, in che modo.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Quindi, pensando come un'Antropologa Marziana, come rispondi a questa domanda?

Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Mi sembra uno di quei casi in cui una descrizione viene scambiata per una prescrizione.

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Daniel: In altre parole, dato che i Lascia vivevano nelle mani degli dei, dovremmo farlo anche noi.

Elaine: Esatto.

Daniel: E' una risposta valida entro un certo limite, ma suggerisce anche che nessuna descrizione possa mai essere una prescrizione. Hai familiarità con il Concetto del Continuum di Jean Liedloff?

Elaine: No.

Daniel: Jean Liedloff, una scrittrice americana, è vissuta con le tribù sudamericane Yekuana e Sanema durante i primi anni '70, trovandoli i popoli più felici che abbia mai conosciuto. Questo la portò a fare particolare attenzione al modo in cui allevavano i loro bambini. Ciò che osservò, tra le varie cose, è che i loro bambini beneficiavano di un costante contatto fisico con le proprie madri fin dalla nascita, e dormivano nel letto dei propri genitori finché non volevano allontanarsene di propria volontà, di solito dopo circa due anni. Vide che venivano nutriti al seno immediatamente ogni volta che avevano fame e che durante l'infanzia erano in costante contatto con le proprie madri mentre esse svolgevano i loro compiti. C'è molto di più da dire di questo, ma è sufficiente per dartene un'idea generale. Come risultato – o almeno così sembrava a Jean – i bambini crescevano sentendosi completamente sicuri, felici e non nevrotici. Questa è una descrizione che decine di migliaia di persone – o forse ormai centinaia di migliaia – hanno trovato essere una prescrizione molto efficace per l'allevamento dei bambini. Ho conosciuto bambini allevati in questo modo e posso dirti che la differenza tra loro e i bambini cresciuti nel modo usuale è sconcertante. Quindi non si può automaticamente escludere l'utilità del trasformare una descrizione in una prescrizione.

Elaine: Va bene, ma vivere nelle mani degli dei...

Daniel: Tieni presente che questa è solo un'espressione. Se chiedessi ai membri di una tribù aborigena se stiano vivendo nelle mani degli dei, non capirebbero di che stai parlando, e se glielo spiegassi, probabilmente direbbero: “Be', non l'abbiamo mai vista in questo modo, ma immagino che si potrebbe dire così”.

Elaine: Non penso di capire del tutto che intende.

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Daniel: “Vivere nelle mani degli dei” è solo un'espressione. Potresti dire “affidare il tuo destino al vento” o perfino “tentare la sorte”. Un esempio ti potrà aiutare. Ogni anno, decine di migliaia di giovani sognano di diventare attori di successo, ma solo pochi di loro vanno davvero a New York o Hollywood per tentare la sorte. Mentre questi pochi prendono lezioni di recitazione e vanno ad audizioni, svolgono anche ogni tipo di lavoro che riescono a trovare. Io direi che stanno tentando la sorte, ma si potrebbe anche dire che stanno vivendo nelle mani degli dei. O potresti dire che ciò che accade loro dipende dal caso. Ovviamente non ce la fanno tutti; solo pochissimi ci riescono. Ma se questi pochissimi non si fossero messi nelle mani degli dei – se non avessero lasciato casa per accapigliarsi per trovare lavoro e affrontare molte difficoltà e rifiuti – non ce l'avrebbero fatta di sicuro. Nessuno che rimanga a casa e vada sul sicuro diventa una stella del cinema.

Elaine: Sì, capisco.

Daniel: La maggior parte delle persone nella nostra cultura ambiscono a ottenere più controllo possibile sul proprio destino – evitare a qualunque costo qualunque cosa che assomigli al vivere nelle mani degli dei. Questo spesso assicura un certo successo, ma quasi mai porta un abbagliante colpo di fortuna. Vanno avanti secondo i piani, avanzano verso una buona pensione, ma questo è tutto. I colpi di fortuna colpiscono solo quelli che sono disposti a rischiare a vivere nelle mani degli dei.

Elaine: E, se posso chiedere, in che modo questo ha riguardato la sua vita?

Daniel: Certo che puoi chiedere. Per i primi vent'anni della mia vita, ho seguito il percorso convenzionale, il più possibile in controllo della situazione a ogni passo. Avevo una carriera nell'editoria che in oltre vent'anni continuò ad avanzare regolarmente. Al mio ultimo lavoro, avrei solo dovuto tenere la testa bassa e la posizione di vicepresidente sarebbe stata quasi sicuramente mia – e con il tempo probabilmente anche la presidenza della compagnia per cui lavoravo. Invece lasciai perdere tutto. Non dirò che non avevo piani in quel momento, ma erano piani terribili e nel giro di un paio d'anni si può dire che non mi fosse rimasto più niente. Non avendo nulla, cominciai a scrivere un libro, e con un po' d'aiuto degli dei, del destino o dell'universo, fui in grado di continuare a lavorarci per

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dodici anni, finché non divenne Ishmael. E a quel punto, con un po' più di aiuto da parte degli dei, del destino o dell'universo, avvenne che Ted Turner decise che voleva sponsorizzare una competizione per un romanzo che fornisse “soluzioni creative e positive a problemi globali”. Vincere quella competizione mi assicurò la pubblicazione di Ishmael – e quello fu il mio colpo di fortuna. Ma se nel 1975 avessi tenuto la testa bassa e avessi raggiunto la cima nell'editoria, non ci sarebbe stato alcun Ishmael – e nessuno dei libri successivi. Ho dovuto lasciar andare la mia vita perché potesse avvenire.

Elaine: Una storia notevole. E un esempio notevole.

Daniel: Dovrei precisare, comunque, che durante quel periodo non mi sarebbe mai venuto in mente che stavo vivendo “nelle mani degli dei”. Lo stavo facendo, ma non era qualcosa che avessi deciso di fare coscientemente.

Elaine: Capisco.

Daniel: Quindi, finalmente arriviamo alla domanda della mia lettrice: la pratica della medicina vìola in qualche modo il principio del vivere nelle mani degli dei?

Elaine [dopo averci riflettuto]: Sembrerebbe di sì.

Daniel: Così era sembrato, almeno a questa lettrice. E' questa la risposta che ti aspetteresti che le dia?

Elaine: No.

Daniel: Allora quale?

Elaine [ridendo]: Non lo so.

Daniel: Devi indietreggiare per ottenere una prospettiva della situazione più ampia. Questo è il lavoro dell'Antropologo Marziano: indietreggiare, senza mai farsi limitare dalle premesse di chi pone la domanda.

Elaine scuote la testa.

Daniel: Questa lettrice si era fissata su un dettaglio e non stava

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guardando all'intero.

Elaine: L'intero cosa?

Daniel: L'intero quadro della situazione. La differenza tra te e lei è che io ti sto spingendo a guardarlo.

Elaine [dopo un minuto]: I popoli aborigeni praticavano – e praticano ancora – il proprio tipo di medicina.

Daniel: Questo è sicuramente vero. Pensi che sia come il nostro?

Elaine: Non posso dire di sapere di che si tratta, ma... suppongo di avere l'impressione che sia più simile alla magia che a qualunque cosa noi considereremmo medicina.

Daniel: Quindi, questo come ci aiuta a rispondere alla domanda di quella lettrice?

Elaine: Non sono sicura che lo faccia.

Daniel: Secondo te, che cos'è che questa donna trova inquietante o preoccupante nella nostra medicina? Perché pensa che non possa combaciare con il vivere nelle mani degli dei?

Elaine [sospirando]: Credo che stia pensando... “Oh, be', ho la polmonite. Per qualcuno che vive nelle mani degli dei, questa è la fine.”

Daniel: O guarisci da sola o ci muori.

Elaine: Se vivi nelle mani degli dei.

Daniel [dopo averci pensato su]: Che cosa causa la polmonite?

Elaine: Penso che possa essere causata sia da batteri che da virus.

Daniel: E quale sarebbe la terapia di un moderno medico?

Elaine: Immagino che consisterebbe nell'attaccare i batteri o i virus, probabilmente con antibiotici.

Daniel: E questo attacco – pensi che sia questo che disturba la lettrice? Tutti gli attacchi che la medicina sferra contro organismi ostili alla vita

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umana?

Elaine: Sembra una buona ipotesi.

Daniel: Dimmi che cosa sta pensando. Questo è parte del lavoro dell'antropologo, capire che cosa succede nelle menti dei suoi soggetti. Vedi se riesci a esprimere i suoi pensieri.

Elaine: Caspita. Vediamo. Credo che sia una cosa del genere: “Solitamente, i popoli Lascia vivono in pace con il mondo. Hanno molti competitori nel mondo. Altri animali competono per la selvaggina, ma loro non li sterminano. Hanno competitori per ogni cosa che mangiano, ma non cercano di sterminarli.”

Daniel: Mentre noi Prendi lo facciamo. Per quanto ci sia possibile, spazziamo via i lupi, le volpi e i coyote che cacciano gli animali che alleviamo. Per quanto ci sia possibile, cerchiamo di spazzare via tutte le creature che si nutrono dei nostri campi.

Elaine: Siamo in guerra con il mondo della vita intorno a noi.

Daniel: Quindi forse la medicina è parte di quella stessa guerra.

Elaine: Sì, esatto.

Daniel: Questo è ciò che turba questa lettrice.

Elaine: Penso di sì.

Daniel: Turba anche te? Rifiuterai di farti curare, se ti verrà la polmonite?

Elaine: No, temo di no.

Daniel: Pensi che forse dovresti, ma non lo farai.

Elaine: Qualcosa del genere.

Daniel: Sei ancora intrappolata nel modo di pensare di questa donna. Devi indietreggiare di più e guardare alla situazione complessiva.

Elaine scuote la testa, scoraggiata.

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Daniel: Per oggi smettiamo. Vedi se riesci a usare il resto della giornata per capire come indietreggiare abbastanza da vedere la risposta che stiamo cercando.

Elaine: Va bene.

Daniel: Prova a saltar fuori dalle rotaie su cui la domanda di questa donna ti ha messa. Ti ha presentato della carta rigata. Smettila di cercare di scrivere sulla riga successiva. Gira il foglio di traverso.

Elaine: Quali sono queste rotaie?

Daniel: Pensaci su. Sono sicuro che puoi capirlo da sola.[Dopo averci riflettuto un po'] Mi è venuto in mente che questo

potrebbe aiutarti.[Cambiando argomento] Devi capire che questo è un viaggio di

scoperta anche per me. Sto cercando di capire ed esprimere cosa faccio quando mi viene posta una domanda come questa – o di qualunque tipo.

Elaine: Sì...?

Daniel: Questa donna non riusciva a rispondere alla propria domanda perché sta indossando dei paraocchi. Non sono sicuro che i cavalli per strada indossino ancora i paraocchi, ma sai che cosa sono.

Elaine: Sono... oggetti... credo quadrati di cuoio... sistemati ai lati della testa del cavallo per tenere i suoi occhi sulla strada.

Daniel: Per bloccare distrazioni che potrebbe vedere se avesse una visuale più ampia di ciò che lo circonda.

Elaine: Esatto.

Daniel: Molte persone, cercando di rispondere alla domanda di questa donna, indosseranno i suoi stessi paraocchi, terranno gli occhi fissi sul percorso che lei vede e concorderanno di bloccare ogni visuale più ampia della questione.

Elaine: Sì, lo capisco.

Daniel: Quindi il tuo lavoro stasera è di toglierti i paraocchi e vedere cos'altro c'è su cui riflettere. Questo è un altro modo – probabilmente

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migliore – di dirti di saltar fuori dalle rotaie su cui ti ha messa. Non possiamo vedere altre rotaie su cui saltare finché non ci togliamo i paraocchi che ci ha fatto indossare.

Elaine: Ho capito.

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Venerdì: mattina

Daniel: Allora, qualche progresso?

Elaine: Penso di sì.

Daniel: Hai capito su che rotaie ci aveva messo questa lettrice, indossando i suoi paraocchi?

Elaine: Le rotaie erano la medicina.

Daniel: In quanto possibilmente in conflitto con il concetto di vivere nelle mani degli dei. E cos'è successo quando ti sei tolta i paraocchi che ti aveva fornito?

Elaine: Ho visto tutto il resto.

Daniel: Sei stata in grado di allontanarti e guadagnare una visuale più ampia della sua.

Elaine: Esatto.

Daniel: Continua.

Elaine: Ciò che ho visto è che la malattia – o almeno molte malattie – rappresentano un attacco di altre creature viventi. Ciò che ho visto è che ogni creatura ha il diritto di difendersi da un attacco in ogni modo in suo potere, e questo include noi.

Daniel: Attaccati da un leone, useremo ogni arma a nostra disposizione per difenderci.

Elaine: Esatto. E la medicina ci fornisce armi con cui difenderci da virus e batteri, tra le varie cose.

Daniel: E vivere nelle mani degli dei?

Elaine: Vivere nelle mani degli dei non ha nulla a che vedere con

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questo. Vivere nelle mani degli dei non significa restare fermi e lasciare che il leone ti strappi la testa.

Daniel: Ben fatto. Che cosa ne pensi? E' stato difficile arrivare alla risposta?

Elaine [ci riflette un attimo]: Credo di dover rispondere di sì... Forse è come imparare ad andare in bicicletta. All'inizio sembra completamente impossibile, poi in qualche modo, all'improvviso, ci riesci.

Daniel: Sì. Naturalmente, essere in grado di avanzare senza cadere è solo la capacità più basilare, l'inizio della fiducia in sé stessi che porta a capacità più avanzate.

Elaine: Certo... Ho una domanda mia. Probabilmente le è stata fatta molte volte.

Daniel: Dì pure.

Elaine: Abbiamo parlato di vivere nelle mani degli dei.

Daniel: Sì?

Elaine: Ma lei non dice mai chiaramente se crede in questi dei o in qualunque dio.

Daniel: Quando Ishmael parla degli dei... Lasciami cominciare in un altro modo. L'argomento di Ishmael è la misconosciuta e inconfessata mitologia della nostra cultura, che Ishmael esprime sotto forma di una storia che spiega le relazioni tra l'Uomo, il mondo e gli dei. In questo contesto, gli dei sono mitologici, il che non significa tanto che non esistono ma che la loro esistenza è irrilevante. Il mondo è stato creato perché l'Uomo lo conquistasse e lo dominasse, e l'Uomo è stato creato per conquistarlo e dominarlo – secondo la nostra mitologia. Non c'è bisogno di dire che questa è una missione divina. Gli europei che scacciarono gli Indiani dalle loro terre e cominciarono a coltivarle credevano sinceramente di stare facendo il lavoro di Dio.

Elaine: Sì, capisco. Ma non vedo come questo risponda alla mia

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domanda.

Daniel: Ossia, se credo in Dio.

Elaine: Sì, credo di sì.

Daniel: Essendo un Antropologo Marziano, devo allontanarmi dalla tua domanda e rifiutarmi di indossare i paraocchi che mi stai chiedendo di mettermi. Credere in cose che potrebbero non esistere – o rifiutarsi di credere in cose che potrebbero esistere – è una peculiarità della tua cultura, non un'attività universale dell'umanità. Dato che è universale tra di voi, date per scontato che sia universale tra gli umani in generale.

Elaine: E' vero. Non mi era mai venuto in mente che potesse non essere universale tra gli umani.

Daniel: Credete in vari modi in Dio, anche se potrebbe non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbe esistere. Credete in vari modi negli angeli, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Credete in vari modi in astronavi extraterrestri che terrebbero il mondo sotto sorveglianza anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere. Credete in vari modi ai fantasmi, anche se potrebbero non esistere, oppure non ci credete anche se potrebbero esistere.

Elaine: Sì, tutto vero.

Daniel: Dimmi, credi nelle supermodelle?

Elaine [ridendo]: Supermodelle? Non credo in loro. Non è la parola che userei.

Daniel: Per te, l'esistenza delle supermodelle non richiede l'uso della facoltà di credere.

Elaine: Esatto. Anche se non avevo mai pensato al credere come a una facoltà.

Daniel: Oh, lo è di sicuro. E' la facoltà che devi utilizzare di fronte

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all'assurdo. Come disse William di Occam, Credo quia absurdum: “Ci credo perché è assurdo”. Non c'è bisogno di credere a una cosa, se la sua esistenza non ti sembra assurda.

Elaine: Sì, immagino che sia vero. Ma l'esistenza di Dio non mi sembra assurda.

Daniel: E' assurda nel senso che nessuno può fornire neanche la minima prova della Sua esistenza. Possono fornire dimostrazioni, ma esse sono valide solo se si accettano le premesse su cui sono basate. Se non si accettano queste premesse, allora sono solo inutili esercizi di logica.

Elaine: Credo di essere vagamente consapevole della loro esistenza.

Daniel: Esiste un'altra facoltà che è una sorta di cugina della facoltà di credere. Si tratta della facoltà che entra in gioco quando si tratta delle supermodelle. Voi popolate il mondo di supermodelle. Cinquant'anni fa non c'erano supermodelle, ma negli ultimi decenni avete popolato il vostro mondo di loro. Cent'anni fa non c'erano stelle del cinema, ma da allora avete popolato il vostro mondo di centinaia di loro. L'Europa medievale era popolata di santi.

Elaine: Sì, capisco cosa intende.

Daniel: I Gebusi della Nuova Guinea conversano con gli spiriti quotidianamente. Il loro mondo è popolato di spiriti, e se chiedessi loro se credono negli spiriti, reagirebbero come hai fatto tu quando ti ho chiesto se credessi nelle supermodelle... Ma per tornare alla tua domanda originaria, devo dire che la facoltà di credere è completamente atrofizzata in me. Mi sembra stupido credere in cose che potrebbero non esistere – o negare l'esistenza di cose che potrebbero esistere. Tuttavia, ho popolato il mio universo personale con dei che si prendono cura di tutte le forme di vita. Non prego questi dei, non costruisco templi per loro, non mi aspetto che mi facciano favori, né pratico rituali per loro. E nemmeno mi aspetto che altre persone “credano” in questi dei o popolino il loro universo con loro.

Elaine: Capisco. Questo risponde a una domanda che avevo in mente da tempo – come probabilmente molti dei suoi lettori.

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Daniel: Quale domanda?

Elaine: Immagino che molti lettori la considerino un non credente.

Daniel: Presumo tu intenda un non credente nel Dio Giudeo-Cristiano.

Elaine: In ogni tipo di divinità.

Daniel: Ho paura di non sapere se sia vero o no. Ma non sono sicuro del perché sia rilevante. O a quale domanda ho risposto per te.

Elaine: Mi ha spiegato come è stato possibile per lei scrivere un libro come Tales of Adam, in cui gli dei hanno un ruolo così importante.

Daniel: Sì...?

Elaine: Alcuni lettori si chiederanno se lei stesse scrivendo dal cuore o se fosse solo una sorta di... poetica rappresentazione della visione del mondo animista.

Daniel: Qualcuno potrebbe immaginare che io abbia solo adottato una personalità animista – una personalità falsa o estranea – a scopo letterario, come fece James Hogg per scrivere “Confessioni di un peccatore impeccabile”.

Elaine: Ho paura di non avere familiarità con quel libro.

Daniel: E' un classico che gode di una sorta di status culturale. Per scriverlo, Hogg dovette adottare una personalità diametralmente opposta alla propria, quella di un fanatico della predestinazione, convinto che la salvazione o la dannazione di chiunque fossero inalterabilmente stabilite da Dio fin dall'inizio dei tempi. Credendo di essere uno degli eletti, a prescindere da qualunque peccato potesse commettere, il narratore si considera giustificato perfino mentre uccide suo fratello, sua madre e altre persone, e permette ad altri di venire impiccati per i suoi crimini. Il libro, scritto negli anni Venti del milleottocento, decenni prima del suo tempo, venne accolto con disprezzo e cadde nell'oblio finché non venne riscoperto da autori come Robert Louis Stevenson e André Gide... In ogni caso, puoi stare sicura che ho scritto Tales of Adam “dal cuore”, per dirla con parole

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tue.

Elaine: Non ne dubitavo.

Daniel: Quindi... Dove eravamo? Presumo di aver risposto alla domanda riguardo le mie credenze personali.

Elaine: Sì.

Daniel: Vediamo... All'incirca riguardo lo stesso argomento, come risponderesti a questa domanda, che ho ricevuto in molte forme diverse: “Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il mondo e quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi naturali per tenere sotto controllo la nostra popolazione?”

Elaine [dopo averci riflettuto]: Mi sembra una domanda piuttosto stupida.

Daniel: Sì, forse lo è. Ma quando un antropologo vede gente fare o dire qualcosa di apparentemente stupido, si pone due domande: “Perché mi sembra stupido?” e “Perché non sembra stupido a loro?”

Elaine: Sì. Naturalmente ha ragione.

Daniel: Quindi, perché la domanda ti sembra stupida?

Elaine: Forse sembrerebbe meno stupida se non fosse una domanda su Dio.

Daniel: Dovrai spiegarlo meglio, questo. E' fare domande su Dio che è stupido, oppure lo è il concetto stesso di Dio?

Elaine: No, nessuno dei due... Potrebbe ripetere la domanda?

Daniel: “Pensa che Dio capisca il pericolo che rappresentiamo per il mondo e quindi mandi cose come AIDS, cancro, epidemie e catastrofi naturali per tenere sotto controllo la nostra popolazione?”

Elaine [dopo averci riflettuto per diversi minuti]: Chi fa questa

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domanda non sembra riconoscere alcuna causalità al lavoro nel mondo eccetto quella divina. Usa il termine “catastrofi naturali” ma non accetta davvero il fatto che siano naturali. Non collega lo tsunami che ha devastato il Sud-Asia con un terremoto sottomarino, pensa che Dio l'abbia “mandato”.

Daniel: O abbia “mandato” il terremoto.

Elaine: AIDS, cancro, epidemie... tutte queste cose hanno cause naturali.

Daniel: Sì, questo è ciò che tu, io e probabilmente la maggior parte delle persone pensa, ma devi entrare nella testa di questa persona e capire la sua idea di Dio.

Elaine: La sua idea di Dio... Non sono sicura di come rispondere.

Daniel: Parla del suo Dio.

Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Il suo Dio è, devo credere, onnisciente e onnipotente.

Daniel: Sono sicuro che tu abbia ragione. Continua.

Elaine: Non vedo come continuare.

Daniel: Sto cercando di non guidarti troppo accuratamente. Devi andare dietro i processi mentali che hanno creato questa domanda. Hai un Dio onnisciente e onnipotente, e...

Elaine: Vede che stiamo sovrappopolando il mondo.

Daniel: E...

Elaine: Ed è in suo potere mandarci malattie e catastrofi per ridurre la nostra popolazione.

Daniel: Perché ha bisogno di farlo?

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Elaine: Ah. Perché il mondo non si regola da solo. O si potrebbe dire che Dio non può confidare che il mondo si regoli da solo.

Daniel: E dato che il mondo non si regola da solo – o non ci si può aspettare che si regoli da solo...

Elaine: Deve farlo Dio stesso. Deve governare il mondo personalmente.

Daniel: Altrimenti non funziona come si deve. Almeno, non automaticamente.

Elaine: Esatto.

Daniel: Quindi Lui manda malattie e catastrofi per ridurre la popolazione umana. O almeno, ha la possibilità e il potere di farlo.

Elaine: Esatto.

Daniel: Ma...

Elaine: Ma?

Daniel: Ha il potere di ridurre la popolazione umana in ogni sorta di modo, ma...

Elaine: Non riesce a farlo.

Daniel: Quindi ha creato un mondo che non può regolarsi da solo e che nemmeno Lui sembra in grado di regolare. Che tipo di Dio è questo?

Elaine: Che tipo? Secondo chi?

Daniel: Secondo la persona che ha fatto questa domanda.

Elaine: Non lo so, a parte l'ovvio – a parte le cose che abbiamo già discusso... Voglio dire, è onnisciente e onnipotente. Immagino che potrei aggiungere che è benevolo. Che agisce per il nostro bene – o potrebbe farlo.

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Daniel: Come al solito, sto cercando di andare dietro le parole, di raggiungere le tacite premesse e credenze.

Elaine sospira.

Daniel [dopo averle dato un paio di minuti per riflettere]: Proviamo a dare una valutazione al lavoro di Dio, a cominciare dal Giardino dell'Eden, dove ha piantato un albero i cui frutti Adamo ed Eva non potevano assaggiare. Mettiti al Suo posto in una situazione simile. Sei la madre di due bambini, un maschio e una femmina. Dici loro: “Potete giocare con tutto ciò che volete in casa, eccetto la pistola carica che ora metterò qui sul tavolo della cucina.” Poi, andandotene, permetti consapevolmente a qualcuno di entrare in casa, sapendo che li incoraggerà a giocare con la pistola.

Elaine: Uh-uh. Ma un credente direbbe che Dio ha messo l'albero proibito nel giardino per metterli alla prova.

Daniel: Ed essendo onnisciente...

Elaine: Sapeva che avrebbero fallito.

Daniel: Perfino una madre umana si guarderebbe bene dal lasciare i propri bambini insieme a una pistola carica in bella vista, non è vero?

Elaine: Sì.

Daniel: Non so che tipo di educazione religiosa tu abbia ricevuto.

Elaine: Oh, sono stata cresciuta cattolica. Sono andata in una scuola elementare cattolica, sentito le storie della Bibbia, imparato il catechismo, tutto quanto.

Daniel: Allora sei in una posizione piuttosto buona per valutare la prestazione di Dio. Le Sue prime esperienze con la razza umana furono piuttosto deludenti.

Elaine: Sì. Alla fine ne divenne così disgustato che la spazzò via,

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eccetto che per Noè e la sua famiglia. E perfino il risultato di questo provvedimento non fu troppo soddisfacente.

Daniel: Alla fine, decise di adottare un popolo eletto perché fosse solamente Suo. Cosa stava pensando nel far ciò?

Elaine: Mmm... Sono piuttosto indecisa su questo punto. Voglio dire, sui Suoi piani a lungo termine per l'intera razza umana. Ma l'idea nel breve periodo era di prendere questo popolo e di aiutarlo a sorpassare tutti i suoi vicini, finché fosse rimasto fedele a Lui.

Daniel: E come ha funzionato?

Elaine: Non troppo bene. Alla fine, erano così infedeli che si lavò le mani di loro, permettendo che prima i loro vicini e poi i Romani li dominassero. Almeno, questo è come la ricordo io.

Daniel: Ma tuttavia, promise loro un Messia.

Elaine: Esatto.

Daniel: E questo Messia cos'avrebbe fatto?

Elaine: Non sono sicurissima di ciò che Dio promise, ma gli ebrei credettero che il Messia avrebbe restituito loro l'indipendenza e li avrebbe rimessi al vertice della razza umana.

Daniel: E mandò loro il Suo Messia?

Elaine: Be', ci sono varie opinioni a questo riguardo. Gli ebrei non pensarono che Gesù fosse il Messia, e non lo pensano tutt'ora. Di sicuro non fece ciò che loro si sarebbero aspettati da un Messia.

Daniel: Ma Gesù era il Messia, no?

Elaine: Secondo i cristiani, sì.

Daniel: Secondo i cristiani, era il Messia non solo degli ebrei, ma dell'intera razza umana.

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Elaine: Esatto. Presumibilmente.

Daniel: Ma solo i cristiani ricevettero questo messaggio. Gli ebrei stanno ancora aspettando, e i musulmani considerano Gesù solamente un profeta tra i tanti.

Elaine: Sì, è vero.

Daniel: Se Gesù è stato mandato per salvare l'intera razza umana, perché solo i cristiani hanno recepito il suo messaggio?

Elaine: Non lo so.

Daniel: Se fossi un Dio onnipotente, pensi che saresti riuscita a comunicare questo messaggio a tutta la razza umana? In un modo o nell'altro – che Gesù era o non era il Messia promesso?

Elaine: Penso di sì.

Daniel: Naturalmente, i cristiani sono convinti di aver recepito il messaggio che Dio voleva mandare loro. Ma cos'è successo alla fine alla cristianità?

Elaine: Alla fine? Non sono sicura di cosa intende, è ancora lì.

Daniel: Ma è molto diversa rispetto a com'era mille anni fa.

Elaine: E' vero. Si è divisa in mille sette diverse, ognuna con una propria versione del messaggio.

Daniel: Discordano su ogni sorta di questione fondamentale: divorzio, controllo delle nascite, aborto, omosessualità. Per non parlare del ruolo del Papa e persino del significato della salvazione.

Elaine: Vero.

Daniel: Se tu fossi un Dio onnipotente, non pensi che avresti potuto rendere assolutamente chiaro il tuo pensiero su tali questioni?

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Elaine: Sì, penso che avrei potuto.

Daniel: Quindi, te lo chiedo di nuovo: che tipo di Dio è questo?

Elaine [dopo averci pensato su]: Stranamente, devo rispondere che si tratta di un Dio incompetente.

Daniel: Sì?

Elaine: Immagino gli sia stato attribuito ogni spregiativo possibile per un sovrano – tirannico, vendicativo, spietato, indifferente alle nostre sofferenze, ossessionato con regole e regolamenti, una spia che si insinua in ogni camera da letto – ma non penso di averlo mai sentito definire “incompetente”.

Daniel: Questo è il mio lavoro, scoprire le credenze e le premesse inespresse della nostra cultura. Per esempio, è convinzione inespressa della nostra cultura che il mondo sia un possedimento dell'uomo, che conquistarlo e dominarlo sia il nostro destino divinamente assegnatoci, che il nostro sia l'unico modo giusto di vivere per gli esseri umani, e che dobbiamo aggrapparci a questo stile di vita anche se ci ucciderà. Ed è convinzione inespressa di chi ha fatto questa domanda che Dio sia incompetente.

Elaine: Dovrà spiegarmela meglio, questa.

Daniel: Considera i metodi inadeguati che questa persona suggerisce che Dio stia usando per ridurre la nostra popolazione: AIDS, epidemie, disastri naturali e così via. La nostra popolazione continua a crescere costantemente a dispetto di queste cose, e l'ha fatto per gli ultimi diecimila anni. Se fosse competente – e davvero interessato alla questione – un Dio onnipotente sarebbe in grado di fare qualcosa di veramente efficace, no?

Elaine: Devo pensare di sì. Anche se sarebbe... dovrebbe essere...

Daniel [dopo alcuni istanti]: A che tipo di cosa stai pensando?

Elaine: Un'enorme carestia... un'epidemia come non ne abbiamo mai

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viste.

Daniel: Puoi trovare qualcosa di più fantasioso, anche se hai avuto solo pochi momenti per pensarci. Pensa a qualcosa che non causerebbe neanche una morte, né di malattia né di fame.

Elaine [dopo averci pensato un po']: Potrebbe rendere sterili novantanove donne su cento.

Daniel: Naturalmente. Questo risolverebbe il problema molto in fretta, non è vero? In una sola generazione, la nostra popolazione calerebbe da sei miliardi a sessanta milioni, e nessuno dovrebbe morire di malattia o di fame.

Elaine: Sì.

Daniel: Se tu sei abbastanza intelligente da ideare una soluzione simile in sessanta secondi, non dovrebbe saperlo fare anche un Dio onnisciente e onnipotente?

Elaine: Dovrebbe, sì. Anche se non so cosa risponderebbe un credente a una cosa simile.

Daniel: I credenti hanno generalmente accettato l'idea che Dio non intervenga più nelle faccende umane come faceva un tempo. Ora dobbiamo cavarcela da soli. Ha mandato Gesù ad aprire i cancelli del Paradiso all'umanità corrotta, e questo ci deve bastare.

Elaine: Sì, a quanto pare.

Daniel: Per quanto il nostro interrogatore non concordi con questa credenza. Egli pensa che Dio potrebbe star facendo degli sforzi per salvarci da noi stessi, anche se questi sforzi sono inefficaci... Ma ora capisci perché questa persona non pensa che la sua domanda sia stupida.

Elaine: Sì. Ha accettato l'idea che il suo Dio è incompetente. Dio vuole intervenire e forse lo sta facendo, ma chi fa questa domanda non è sorpreso dall'ovvia inefficacia dei Suoi tentativi.

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Daniel: In realtà, i veri dei del mondo – se ce ne sono – sono competenti. Hanno creato un mondo che funziona perfettamente, senza bisogno di sorveglianza o di interventi divini. Se non freneremo la nostra crescita demografica, i meccanismi intrinseci del mondo se ne occuperanno. Se continueremo ad attaccarli vigorosamente come stiamo facendo ora, i sistemi ecologici che ci mantengono in vita collasseranno, creando un mondo incapace di sostenere la vita umana. Scompariremo – probabilmente insieme alla maggior parte o a tutte le forme di vita animali di grandi o medie dimensioni – ma la vita continuerà e ricomincerà immediatamente a ricostruire, come ha fatto dopo ogni passata estinzione di massa.

Elaine: Non un lieto fine. Almeno dal nostro punto di vista.

Daniel: Ma anche non un risultato inevitabile. Dobbiamo solo affrontare il fatto che l'estinzione di massa che si concluderà con la nostra scomparsa è già cominciata, e che non è qualcosa che possiamo continuare a ignorare.

Elaine: Sì.

Daniel: Quindi, che cosa ti ha insegnato l'esplorazione di questa stupida domanda?

Elaine: Molto più di quanto mi aspettassi, ovviamente.

Daniel: Voglio dire riguardo... Ciò che sto cercando di comunicarti è il modo in cui arrivo a risposte che confondono le aspettative della gente. Ciò che sto cercando di sviluppare qui è la risposta all'ultima grande domanda che le persone hanno per me: come faccio ciò che faccio?

Elaine: Dovrò pensarci su.

Daniel: Va bene. Facciamo una pausa.

Daniel [mezz'ora dopo]: Allora, hai riflettuto sulla mia ultima domanda?

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Elaine: Ci ho pensato, ma tutto ciò che posso dire è che non sono neanche vagamente in grado di fare ciò che fa lei.

Daniel: Con l'ultima domanda che abbiamo affrontato, ho dovuto darti una mano solo una volta, quando ti ho chiesto a che tipo di Dio stava pensando questa persona.

Elaine: Vero. [Dopo averci pensato un po' su.] Ma quello era il punto fondamentale. Se non fosse intervenuto per aiutarmi, non penso che ci sarei arrivata da sola.

Daniel: Siamo ancora all'inizio. Hai detto che è come imparare ad andare in bicicletta. Sapere come rimanere in equilibrio è solo l'inizio. Ci vuole tempo per arrivare al punto in cui puoi pedalare senza mani.

Elaine: Vero.

Daniel: Ecco una domanda a cui uno dei miei lettori non riusciva a rispondere, ma scommetto che ormai non sarà una grossa sfida, per te. Mi scrisse che quando arrivammo a sei miliardi, nel 1999, uno scrittore del National Review aveva cercato di mettere la cosa in prospettiva precisando che se quei sei miliardi fossero vissuti tutti in Texas, ognuno di loro avrebbe avuto un ottavo di acro per sé. Il mio lettore disse: “Non mi sembra un grosso problema, e a lei?”

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Solo “uh-uh”?

Elaine: Be', do per scontato che i calcoli siano corretti.

Daniel: Anch'io. Anche se sospetto che l'autore dell'articolo stesse considerando l'area totale del Texas, e non solo l'area abitabile, che non comprende fiumi, laghi, strade e autostrade.

Elaine: Non so esattamente quanto sia grande un acro.

Daniel: Mi aspettavo questa domanda. Un acro corrisponde a circa

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43.560 piedi quadrati (4.047 metri quadrati). Un ottavo di acro è pari a circa 5.445 piedi quadrati (506 metri quadrati), più o meno le dimensioni medie di un lotto edificabile in città. Una famiglia di quattro persone avrebbe mezzo acro, una dimensione comune per un lotto edificabile in periferia.

Elaine: Va bene.

Daniel: Spazio in abbondanza.

Elaine: Sì.

Daniel: Quindi ora hai la nostra situazione demografica in prospettiva.

Elaine non dice niente.

Daniel: Andiamo, Elaine. Qual è la premessa inespressa dietro questa prospettiva?

Elaine: Ovviamente riguarda lo spazio.

Daniel: Lavoraci su. Questa è una domanda facile.

Elaine [dopo averci pensato su]: Una famiglia di quattro persone non ha problemi nel vivere in mezzo acro. Milioni di americani lo fanno.

Daniel: Non ti aiuterò con questa. Pensa a ciò che stai dicendo, parola per parola.

Elaine [dopo averci pensato ancora]: Va bene. Stanno vivendo in mezzo acro, ma non stanno vivendo di mezzo acro.

Daniel: Certo che no. Cosa succederebbe se provassero a vivere di mezzo acro?

Elaine: Credo che non potrebbero.

Daniel: Certo che non potrebbero. Quindi ora prova a mettere in prospettiva l'idea di sei miliardi di persone che vivono in Texas.

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Elaine: Dovrebbero importare enormi quantitativi di cibo.

Daniel non dice niente.

Elaine [dopo averci pensato un po' su]: Non ci sarebbe nessuno da cui importare cibo. Tutte le fattorie nel resto del mondo sarebbero abbandonate. Nessuno fuori dal Texas starebbe coltivando, raccogliendo, processando, impacchettando e trasportando il cibo.

Daniel: Brava... Ho fatto qualche ricerca durante la nostra pausa. Un miglio quadrato (2.589.988 metri quadrati) di terreno coltivato sfamerà circa mille persone. Se tutto il territorio del Texas venisse disboscato e coltivato, sfamerebbe circa 262 milioni di persone. Quindi...?

Elaine: Quindi quei sei miliardi di individui in Texas non vivrebbero lì, ci morirebbero di fame.

Daniel: Ma avrebbero un sacco di spazio per case, patii, altalene e piscine.

Elaine: Sì, questo è ciò che lo scrittore del National Review aveva in mente.

Daniel: A essere onesti, sono rimasto sorpreso da come inizialmente tu fossi pronta ad accettare la plausibilità di questa visione delle cose.

Elaine: Perché? Dev'essere sembrata plausibile a tutti al National Review – e ai suoi lettori.

Daniel: Vero, ma considera la domanda originaria che ti ho posto. Il lettore diceva: “Questo mi sembra sensato, e a lei?” Avresti dovuto capire che la mia risposta sarebbe stata: “No, non mi pare proprio.”

Elaine: Immagino che lo sapessi. [Ci pensa su per un po'] Ma questo non cambia il fatto che per me aveva senso. In quel momento.

Daniel: Se vuoi imparare a pensare come un'Antropologa Marziana, devi diventare molto più sospettosa delle asserzioni apparentemente

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ragionevoli che ci vengono costantemente presentate. Come questa, secondo cui in Texas c'è abbastanza territorio da ospitare l'intera popolazione globale senza problemi. Sono sicuro che decine di migliaia di persone hanno accettato quest'affermazione senza esitare un attimo, e che altri milioni l'accetterebbero nello stesso modo se venisse presentata loro.

Elaine: Sono sicura che ha ragione.

Daniel: In effetti, sto cercando di farti perdere l'abitudine di rispondere automaticamente: “Sì, ha senso. Lo accetterò.” Sto cercando di allenarti a fermarti e dire: “Sì, sembra che abbia senso. Ma ce l'ha davvero?”

Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Potrei dire che capisco cosa intende, ma non ne sono sicura. Voglio dire... siamo abituati a fermarci quando qualcosa non ha senso. Ma quando qualcosa ce l'ha...? Di sicuro lei non si ferma a riflettere ogni volta che qualcosa ha senso.

Daniel: Hai ragione, naturalmente.

Elaine: Quindi è questione di sapere quando fermarsi, no? Lei come sa quando fermarsi?

Daniel: E' una domanda molto legittima. Molto utile, in effetti.

Elaine: Perché utile?

Daniel: Mi indica una direzione a cui non avevo pensato, che non mi ero preparato a esplorare con te. Vediamo se riesco a spiegarmi... Se seguissi un cacciatore aborigeno nella foresta, lui vedrebbe cose che per te sarebbero letteralmente invisibili. Vedrebbe e riconoscerebbe segni nel terreno che tu dovresti concentrarti anche solo per distinguere. Noterebbe perturbazioni nell'erba che per te sarebbero impercettibili.

Elaine: Ne sono sicura.

Daniel: Lo stesso varrebbe per il cacciatore se seguisse te nella sezione femminile di un negozio d'abbigliamento. Tu distingueresti immediatamente i vestiti di buona qualità da quelli scadenti, cosa che lui non sarebbe certamente in grado di fare. Noteresti un commesso avere una

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conversazione personale al telefono. Senza nemmeno doverci pensare, saresti consapevole delle sottili differenze tra una conversazione personale e una di lavoro, e il cacciatore no.

Elaine: Vero.

Daniel: Ciò che vediamo sono le cose che la nostra vita ci ha abituati a notare. La tua vita non richiede che tu sia in grado di notare leggeri segni nella polvere. La vita del cacciatore non richiede che sia in grado di notare la differenza tra abiti ben fatti e abiti scadenti.

Elaine: Vero.

Daniel: Io mi sono addestrato a riconoscere la voce di Madre Cultura nelle cose che leggo e ascolto. Sai che cosa intendo per Madre Cultura.

Elaine: Sì. Madre Cultura è... la personificazione di tutte le conoscenze che ci arrivano dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dai nostri libri di testo, dai nostri film, dai nostri commentatori televisivi...

Daniel: E dalle nostre riviste, comprese Scientific American e il National Review.

Elaine: Giusto.

Daniel: Ho immediatamente riconosciuto la voce di Madre Cultura nell'osservazione del National Review che la nostra intera popolazione globale avrebbe potuto vivere comodamente in Texas. Capisci perché?

Elaine: Non ne sono sicura.

Daniel: Fai un tentativo.

Elaine [dopo una breve riflessione]: Madre Cultura vuole rassicurarci che tutto ciò che stiamo facendo va bene. Raggiungere una popolazione di sei miliardi non è nulla di cui preoccuparsi.

Daniel: Perché, vedi, potresti metterci tutti e sei miliardi in Texas e ci sarebbe spazio in abbondanza. L'ho subito riconosciuta come il tipo di

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rassicurazione che Madre Cultura vuole che abbiamo. Questo è ciò che mi ha fatto fermare per rifletterci. E una volta che ho cominciato a esaminarla, mi sono bastati pochi secondi per capirne l'assurdità.

Elaine: Va bene, ma non posso dire che questo mi aiuti molto. Dice di essersi allenato a riconoscere la voce di Madre Cultura nelle cose che legge o ascolta, ma in che modo questo aiuta me?

Daniel [dopo averci pensato per un minuto]: Si potrebbe dire che ciò che il cacciatore cerca mentre si muove nella foresta sono indizi, cose che segnalano che cosa sta succedendo intorno a lui. Quando esamini una maglietta o un vestito, probabilmente ci sono cose che ti fanno capire la sua qualità.

Elaine: Sì, immagino di sì.

Daniel: Anch'io cerco indizi. O, come ho detto, mi sono allenato a notarli. Non devo nemmeno cercarli, mi saltano addosso.

Elaine: Ma che cosa sono?

Daniel: Non posso darti una lista – non mi è mai venuto in mente di farne una. Forse potremo stilarne una mentre procederemo.

Elaine: Qual è stato l'indizio in questo caso?

Daniel [dopo averci pensato su]: La sua ovvia tendenziosità. Con questo intendo che quest'affermazione contiene un'argomentazione implicita. Se qualcuno dicesse che se allineassimo tutte le nostre automobili in una singola strada farebbero due volte il giro del mondo, non c'è nessuna argomentazione implicita. Ti sta solo presentando un fatto interessante. Non sta dicendo che è qualcosa che potrebbe davvero essere fatto. Non sta traendo conclusioni particolari sulle automobili, sulle strade o sulla circonferenza della Terra. Sta solo usando le sue capacità di calcolo per darci un'idea di quante automobili abbiamo. Lo scrittore che dice che il Texas potrebbe comodamente ospitare sei miliardi di persone invece vuole arrivare da qualche parte, e sta dicendo che potrebbe essere fatto.

Elaine: Va bene. Ma non sono sicura che riconoscerei un'affermazione

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tendenziosa se ne vedessi una.

Daniel: Ma certo che la riconosceresti. Lasciami vedere se riesco a trovarne un paio... Eccone una da, credo, un soldato francese del diciassettesimo secolo: “Dio è generalmente dalla parte di chi ha l'esercito più grande”.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Sono sicuro che puoi capire l'implicito punto di vista espresso da quest'affermazione.

Elaine: Sì. Sta dicendo che, sul campo di battaglia, Dio non ha nulla a che vedere con chi vince e chi perde.

Daniel: Certamente. Lasciami pensare per un po'... Papa Giovanni Paolo II ha detto: “Gran parte della nostra società è confusa su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.” In quest'affermazione è implicito che...?

Elaine: Che lui non è affatto confuso, a riguardo.

Daniel: Ma certo... Fin dall'inizio, ho detto che il nostro compito è di guardare dietro le parole che le persone ci rivolgono per capire le nozioni implicite che le stanno generando.

Elaine: Sì, lo vedo... ora. Quali sono altri indizi?

Daniel: Le cose da ricercare sono gli elementi della saggezza ricevuta dalla nostra cultura – ricevuta senza rendersene conto e senza esaminarla. Per esempio, è saggezza ricevuta che tutti conoscano la differenza tra giusto e sbagliato. Riteniamo che questa conoscenza provenga dalla stessa struttura della mente umana. In effetti, la usiamo come misurazione della sanità mentale, in tribunale. E secondo questo sistema di misurazione, io verrei ritenuto insano di mente.

Elaine ride.

Daniel: In uno dei miei primi libri – penso che fosse Ishmael – ho detto che i missionari rimasero stupefatti dallo scoprire che i popoli aborigeni tra

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cui lavoravano non sapevano distinguere il giusto dallo sbagliato, e io ho precisato che i missionari avevano ragione nel fare quell'osservazione. Ho ricevuto diverse lettere indignate a riguardo da parte di persone che pensavano stessi denigrando i popoli aborigeni, sottintendendo che fossero in qualche modo subumani. Qualunque cosa pensassero i missionari, naturalmente questi popoli conoscevano la differenza tra giusto e sbagliato!

Elaine: Non sono sicura del perché dice che lei stesso non conosce la differenza tra giusto e sbagliato.

Daniel: A me – come agli aborigeni che venivano evangelizzati – queste sembrano categorie arbitrarie che possono venire scambiate tra loro a piacimento. Per esempio, sai benissimo che l'aborto era seriamente sbagliato prima di Roe contro Wade. Dopo Roe contro Wade, divenne giusto, benché naturalmente alcune persone ancora pensino che sia sbagliato. Quale delle due è? Giusto o sbagliato?

Elaine: Penso che una donna abbia il diritto di scegliere di avere un aborto.

Daniel: Intendi dire che ha il diritto di fare qualcosa di sbagliato?

Elaine: No. Non è qualcosa di sbagliato.

Daniel: Sei esitante a definirlo giusto?

Elaine: No.

Daniel: Ma sono sicuro che tu sappia che decine di milioni di americani vorrebbero vedere Roe contro Wade rovesciata e l'aborto reso di nuovo illegale.

Elaine: Sì.

Daniel: E se avessero successo nel rovesciare la legge attuale, l'aborto sarebbe giusto o sbagliato?

Elaine non sa che rispondere.

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Daniel: Se vuoi capire fino a che punto l'aborto sembrasse sbagliato alla gente cinquant'anni fa, dovresti vedere un film intitolato “Detective Story”, basato su uno spettacolo di Broadway di grande successo di Sidney Kingsley. L'azione ha luogo in una stazione di polizia, dove un investigatore interpretato da Kirk Douglas interroga uno dei criminali più disgustosi che abbia mai incontrato: un abortista. Sfortunatamente, il suo zelo lo porta a una scoperta atroce – la sua stessa moglie in passato era stata una cliente dell'abortista – e questa rivelazione lo annienta. Non si trattava di un film diretto a un pubblico bigotto e minoritario. E' stato nominato per quattro Academy Awards e ne ha vinto uno.

Elaine non ha ancora nulla da dire.

Daniel: Se la legge attuale venisse rovesciata, una donna verrebbe imprigionata per aver avuto un aborto. Giusto?

Elaine: Giusto.

Daniel: La sua punizione sarebbe sbagliata?

Elaine: Non secondo la legge.

Daniel: Ah, la legge! Quindi cambiando una legge, qualcosa che è giusto oggi può diventare sbagliato domani. Vero?

Elaine: Sì. E naturalmente anche l'opposto è vero. Qualcosa che oggi è sbagliato può diventare giusto domani, se la legge viene cambiata.

Daniel: La pena di morte è giusta o sbagliata?

Elaine: Alcuni pensano che sia giusta, altri che sia sbagliata.

Daniel: Quindi, collettivamente, queste persone sanno riconoscere il giusto dallo sbagliato?

Elaine: Non in questo caso.

Daniel: E nel caso dell'aborto, le persone collettivamente sanno

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riconoscere il giusto dallo sbagliato?

Elaine: No.

Daniel: Il sesso tra persone dello stesso sesso è giusto o sbagliato?

Elaine: Di nuovo, alcune persone credono che sia giusto e altre che sia sbagliato.

Daniel: E che mi dici del suicidio assistito?

Elaine: Lo stesso. Alcuni dicono che è giusto e altri che è sbagliato.

Daniel: E l'uso di animali nelle ricerche scientifiche?

Elaine: Lo stesso.

Daniel: Ma queste sono tutte persone che insisterebbero di conoscere giusto e sbagliato, vero?

Elaine: Sì, penso di sì.

Daniel: Ma in effetti, per qualche strano motivo, non riescono a mettersi d'accordo su cos'è giusto e cos'è sbagliato in questi e in molti altri casi.

Elaine: Sono d'accordo nella maggior parte dei casi. Penso. Per esempio, concordano tutti che l'assassinio è sbagliato.

Daniel: L'assassinio è sbagliato per definizione, Elaine. L'assassinio è un'uccisione illegittima. Non è vero?

Elaine: Sì.

Daniel: Ma non tutte le uccisioni sono illegittime. Uccidere per autodifesa non è illegittimo, e non è assassinio.

Elaine: Vero.

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Daniel: La gente concorderà anche che il furto è sbagliato, ma di nuovo, il furto è sbagliato per definizione. E' appropriazione illegittima. Tutti possono concordare che atti definiti sbagliati sono sbagliati. In altre parole, la gente riconosce il giusto dallo sbagliato quando la legge le dice cos'è giusto e cos'è sbagliato. Ma la legge stessa è soggetta a cambiamenti. Ciò che è sbagliato oggi può essere sbagliato domani, e viceversa.

Elaine: Sì, è vero.

Daniel: Capisci ora perché quegli aborigeni avevano difficoltà a capire questa distinzione che era così chiara per i missionari? Ai missionari sembrava completamente palese. Agli aborigeni completamente arbitraria – e anche a me.

Elaine: Questo è un esempio di qualcosa che ha descritto in “Oltre la Civiltà” (Beyond Civilization). Non mi ricordo come l'ha chiamata. La... qualcosa... culturale.

Daniel: La fallacia culturale. La convinzione che le idee che ci vengono dalla saggezza ricevuta della nostra cultura siano innate nella mente umana – che emergano dalla struttura stessa della mente umana. Secondo questa particolare fallacia culturale, qualcuno che non riesce a distinguere il giusto dallo sbagliato è ritardato o pazzo... Questo mi sembra un buon punto a cui fermarsi.

Elaine: Ho una domanda.

Daniel: Va bene.

Elaine: Nei suoi scritti sulla corsa alimentare, e penso anche ne “Il Nuovo Rinascimento” (vedi pagina 150), parla del fatto che stiamo attaccando la biodiversità di questo pianeta convertendo sistematicamente la biomassa delle altre specie in massa umana.

Daniel: Sì?

Elaine: Questo non le sembra qualcosa di sbagliato?

Daniel: Non hai afferrato il punto, qui. Non mi interessa dividere le

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cose in queste categorie, giusto e sbagliato. In altre parole, quello che dico non è che ciò che stiamo facendo è sbagliato, ma che è insostenibile. Sta minando il futuro della specie umana sul pianeta, e non ho intenzione di discutere se ciò sia da categorizzare come qualcosa di moralmente giusto o sbagliato. Non me ne frega niente.

Elaine: Va bene. Ha ragione. Non avevo capito bene cosa intendeva dire, qui. Penso di averlo capito, ora... Già che siamo in argomento, ho un'altra domanda, o forse è solo un'osservazione.

Daniel: Dì pure.

Elaine: Mi sembra che la frase più sconcertante di tutto il suo lavoro sia: “Non esiste un unico modo giusto di vivere per le persone”. Ma ho la sensazione che questo alla maggior parte delle persone entri da un orecchio ed esca dall'altro.

Daniel: Sembra davvero così, il che mi sorprende. Di sicuro non ha scatenato nessuna grande controversia, che io sappia, anche se mi è stata fatta qualche domanda, a riguardo. Un lettore mi ha scritto: “Penso di conoscere l'unico modo giusto di vivere per le persone: lasciare che tutti vivano come vogliono.” Come gli risponderesti?

Elaine [dopo averci riflettuto]: Non lo so.

Daniel: Pensaci durante il pranzo. Hai una tendenza... Questa domanda proviene da un certo quadro di riferimento. Non puoi solo accettarlo senza esaminarlo. Entra nella mente di questa persona e scava nelle sue parole. Poi allontanati e vedi se ha senso... E' come una negoziazione, e questa è la sua prima offerta: “Conosco l'unico modo giusto di vivere per le persone: lasciare che tutti vivano come vogliono.” Se osservi con attenzione i termini della sua offerta, vedrai perché dev'essere rifiutata. Ciò che sta dicendo è privo di senso. Devi formulare una controfferta con dei termini tuoi, dal tuo quadro di riferimento. Allora avrai la tua risposta.

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Venerdì: pomeriggio

Daniel: Allora, cosa ti è venuto in mente?

Elaine: Niente, temo. Non vedo proprio come discutere con quello che sta dicendo.

Daniel [dopo averci pensato un po']: Ho riflettuto sulle tue difficoltà in generale, e spero che non ti sentirai offesa dalla mia conclusione. Non è certamente un'osservazione originale da parte mia dire che le donne nella nostra società sono generalmente spinte a essere acquiescenti, mentre gli uomini sono spinti a essere assertivi.

Elaine: E' sicuramente vero.

Daniel: Il motivo per cui non riesci a vedere come obiettare all'affermazione di questa persona è che hai cominciato con l'acconsentire, dicendo: “Sì, sembra che abbia perfettamente senso.”

Elaine: Immagino che sia vero. Capisco cosa dice e ne vedo il valore.

Daniel: Se vogliamo fare dei progressi qui, temo che dovrai resistere all'impulso di ascoltare, annuire e acconsentire.

Elaine: Una vita passata nelle scuole fa questo effetto.

Daniel: Capisco completamente, ma è ora di cominciare a combattere questo impulso.

Elaine: Lo so. Farò del mio meglio.

Daniel: In questo caso, ciò che devi fare con questa persona è girare la scacchiera. Capisci che significa?

Elaine: Girare la scacchiera? Certo.

Daniel: Cos'è “la scacchiera”?

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Elaine: Oh. Be', non lo so, esattamente.

Daniel: Giochi a scacchi?

Elaine: Sì.

Daniel: Girare la scacchiera è la mossa più aggressiva di tutte. Se stai giocando con i pezzi neri e vedi che il tuo avversario è in una posizione di vantaggio, giri la scacchiera in modo da appropriarti dei suoi pezzi bianchi e da lasciarlo con i neri. Hai usurpato la sua posizione dominante.

Elaine: Difficilmente una mossa legittima.

Daniel: No, ma è l'origine di quest'espressione. Al momento, la persona che ha fatto quest'affermazione riguardo l'unico modo giusto di vivere sembra avere una posizione dominante. La sua affermazione sembra avere senso. Voglio che tu giri la scacchiera e cominci a giocare con i suoi pezzi.

Elaine: Come faccio?

Daniel: La sua affermazione è: “Il modo giusto di A è lasciare che tutti A come vogliono A”. Sostituisci A con B. Un qualunque verbo attivo.

Elaine: Va bene, vediamo... venerare?

Daniel: Prova e vedi.

Elaine: Il modo giusto di venerare è lasciare che tutti venerino come vogliono venerare.

Daniel: Che ne pensi?

Elaine: Non ha alcun senso. Lasciare che tutti venerino come vogliono venerare non è un modo di venerare.

Daniel: Prova a sostituire B con C.

Elaine [dopo un istante]: Il modo giusto di ballare è lasciare che tutti

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ballino come vogliono ballare. Neanche questo ha senso.

Daniel: Perché no?

Elaine: Perché lasciare che tutti ballino come vogliono ballare non è un modo di ballare.

Daniel: Allora, cosa possiamo dire sull'affermazione originaria?

Elaine: Ti dice una cosa che dovresti fare, ma non ti dice come vivere. Lasciare che tutti vivano come vogliono vivere non è un modo di vivere.

Daniel: Quindi può difficilmente essere l'unico giusto.

Elaine: Già.

Daniel [dopo qualche riflessione]: Non abbiamo fatto nulla di nuovo, qui. Dobbiamo sempre andare dietro alle parole delle persone per capire cosa sta succedendo nelle loro menti. In questo caso, ciò che stava succedendo era un ragionamento confuso. Un ragionamento confuso che suonava bene. L'abbiamo portato alla luce sostituendo termini diversi a quello che ha usato lui, vivere. Dobbiamo essere pronti a provare tutto ciò che possa aiutarci ad andare dietro alle parole, fino alle idee che le hanno generate.

Elaine: Non credo di essere molto brava a trovare cose da provare.

Daniel: Be', ti dirò: quando cominciai a ricevere domande, nel 1992, ognuna di esse mi sconcertava, all'inizio. Fu solo dopo aver risposto a centinaia di loro che la tecnica che ti sto mostrando divenne una seconda natura, per me. E perfino ora occasionalmente ne ricevo una che mi blocca. Non che alla fine non la risolva, ma devo passare attraverso le stesse fasi che abbiamo attraversato ora, provando questo e quello finché alla fine arrivo alla risposta.

Elaine: Immagino di poter trarre una piccola consolazione da questo.

[Fanno una breve pausa.]

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Daniel: Mi piacerebbe tornare a un argomento che abbiamo discusso questa mattina. Stavamo parlando degli indizi che mi mettono all'erta, e ti ho detto che devi tenere le orecchie aperte per gli elementi che ci arrivano dalla saggezza ricevuta della nostra cultura. Per esempio, ogni affermazione che contenga la parola “natura” è sospetta – “natura” nel senso di quell'altrove che vediamo fuori dalla finestra.

Elaine: In che modo?

Daniel: La saggezza ricevuta ci dice che una cosa chiamata “natura” esiste, che è un'entità reale nel mondo esterno – reale quanto il Congresso o la Chiesa Cattolica – ed è dotata di un'esistenza separata dalla nostra. Questa è l'entità a cui stanno pensando le persone quando dicono che “amano la natura” o vorrebbero essere “più vicini alla natura”.

Elaine: Be', c'è un intero mondo di vita non umana, lì fuori.

Daniel: E noi ne siamo usciti?

Elaine: Usciti?

Daniel: La gente incolperà spesso dei nostri problemi il fatto che ci siamo distaccati dalla natura, da quel mondo di vita non umana lì fuori. Non hai mai incontrato qualcuno con questa sensazione?

Elaine: Sì, credo di sì.

Daniel: Allora, quanto ce ne siamo allontanati?

Elaine: In realtà, non ce ne siamo affatto allontanati.

Daniel: Allora che senso ha dire che sarebbe bello “riavvicinarcisi”? Non possiamo smettere di starle vicino. Siamo parte di quel mondo quanto grilli, alligatori o querce.

Elaine: Servono dei paraocchi piuttosto spessi per non capirlo.

Daniel: La distinzione tra “noi” ed “essa” è un costrutto culturale, e uno molto vecchio. Esisteva chiaramente tra gli ebrei, che erano

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certamente convinti che gli esseri umani appartenessero a un ordine di esistenza superiore e del tutto separato dal resto della comunità della vita. Sapevano che Dio non aveva creato il mondo per le palme o le meduse, l'aveva creato per gli esseri umani. Non si cura di ciò che fanno lucertole o scarabei. Si cura solo di ciò che fanno gli umani. Non ha promesso un Messia ai dinosauri.

Elaine: Vero.

Daniel: E non ha mandato il Suo unico figlio per salvare la foresta pluviale o le specie selvatiche.

Elaine: No.

Daniel: Considerando la tua educazione religiosa, immagino che tu abbia familiarità con il concetto della Grande Catena degli Esseri.

Elaine: Sì.

Daniel: Chi c'è in cima alla catena?

Elaine: Dio.

Daniel: E sotto Dio?

Elaine: Gli angeli.

Daniel: E sotto gli angeli?

Elaine: Gli umani.

Daniel: E sotto gli umani?

Elaine: Tutto il resto.

Daniel: La Grande Catena degli Esseri è un prodotto del Medioevo, ma non venne abbandonata durante il Rinascimento. Cartesio, Spinoza e Leibniz ne scrissero a riguardo con completa serietà. In effetti, non è mai stata abbandonata, non è vero? Anche le persone che non credono in Dio o

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negli angeli percepiscono l'Uomo in cima alla catena della vita di questo pianeta. Egli è superiore e separato da tutto il resto – e con “il resto” intendo ciò che durante l'Illuminismo cominciò a venir chiamato la “natura”.

Elaine: Sì.

Daniel: Questo è il motivo per cui ho sempre rigettato “ambientalista” come etichetta per me stesso. Nella sua visione fondamentale, il movimento ambientalista rafforza l'idea che ci sia un “noi” e un “esso” – due cose separate – quando invece ciò che esiste è una singola comunità.

Elaine: Sì, lo capisco. Ma anche accettando tutto questo, ci saranno sempre persone che ci considereranno i membri più importanti di quella comunità.

Daniel: Non c'è dubbio, e le loro motivazioni li soddisfano. Ci sono ancora persone che considerano la razza bianca superiore alle altre, e anche le loro motivazioni li soddisfano. Non c'è davvero altro da dire a questo riguardo, a parte precisare che la comunità della vita è andata avanti tranquillamente senza umani per miliardi di anni. In termini di importanza per l'intera comunità, considererei senza esitazione i lombrichi superiori agli umani.

Elaine ride.

Daniel: Bene, vediamo. Dove possiamo andare ora... Ecco una domanda che dovrebbe tenerci occupati per un po': “E' favorevole all'idea di estendere i diritti umani ai primati?”

Elaine: Mi sembra di capire che non lo sia.

Daniel: Non farlo. Non imparerai niente saltando a quella che pensi essere la mia conclusione. Il tuo lavoro è di esplorare i presupposti della persona che ha fatto questa domanda. Devi comprendere il suo quadro di riferimento e capire perché gli sembra una domanda importante.

Elaine: Va bene. “E' favorevole all'idea di estendere i diritti umani ai primati?” E' carica di presupposti.

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Daniel: Sentiamoli.

Elaine: Immagino che il primo sia che estendere i diritti umani ai primati sia qualcosa di concretamente fattibile.

Daniel: Non potremmo farlo con un atto del Congresso? Non potremmo convincere ogni governo del pianeta a fare altrettanto?

Elaine: Non per come è stata espressa la questione. Dovremmo dare ai primati... a proposito, non siamo primati anche noi?

Daniel: Sì. La domanda è da intendersi come riguardante i primati non umani.

Elaine: Va bene... Dovremmo dar loro il diritto di votare e di possedere armi?

Daniel: Chiedilo a chi ha fatto la domanda. Cosa direbbe?

Elaine: Direbbe... vediamo... “Io intendo il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità. Il diritto di godere della protezione della legge.”

Daniel: Quindi, immaginando che tutti nel mondo concordino nel concedere ai primati questi diritti, sarebbero soggetti all'espropriazione per pubblica utilità, il processo per cui il governo si appropria della proprietà privata per pubblici utilizzi. Questo fa parte della legge, non è vero?

Elaine: Immagino di sì.

Daniel: E secondo queste premesse, se un gorilla uccidesse un bracconiere non verrebbe ucciso a sua volta, riceverebbe un giusto processo.

Elaine: Be'... non verrebbe considerato in grado di partecipare alla propria difesa.

Daniel: Vero. Quindi, in effetti, tutti i primati avrebbero una carta “Esci

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gratis di prigione”. Avrebbero diritti che persino gli umani non hanno.

Elaine [dopo qualche riflessione]: Immagino che dovremmo accontentarci del diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.

Daniel: Va bene. Hai detto che la domanda era carica di presupposti. Quali sono gli altri?

Elaine: Be'... Immagino che uno sia il presupposto che abbia senso fermarsi ai primati. E' perché sono molto intelligenti? Se estendi i diritti umani alle creature intelligenti, allora perché non delfini ed elefanti? O se è perché sono in via di estinzione, allora perché non balene azzurre e aquile dalla testa bianca?

Daniel: Quindi stai dicendo che l'idea è insostenibile per via della sua arbitraria limitazione dei diritti umani ai primati.

Elaine: No, non esattamente. Credo di stare dicendo che non è realistica, perché nessuno accetterà l'estensione dei diritti umani ai primati non umani come punto di arresto. Forse non dovrei dire nessuno. Intendo che i sostenitori dei diritti degli animali non lo accetteranno. Perché non visoni ed ermellini, oltre a tutti gli altri che ho nominato? I vegetariani potrebbero voler estendere i diritti umani alle galline e al bestiame.

Daniel: Vero.

Elaine aspetta che Daniel continui.

Daniel [dopo un minuto circa]: Hai detto che la domanda era carica di presupposti.

Elaine: Sì...

Daniel: Non hai toccato uno dei più fondamentali di questi presupposti.

Elaine: Quale?

Daniel: Cercalo.

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Elaine: “E' favorevole all'idea di estendere i diritti umani ai primati?” Era questa la domanda?

Daniel annuisce.

Elaine: Immagino che contenga il presupposto che sia anche solo possibile fare una cosa simile. Voglio dire, anche se tutti nel mondo fossero d'accordo.

Daniel: Che vuoi dire?

Elaine: I diritti umani sono per definizione umani. Come si può dire che un lemure abbia diritti umani?

Daniel: E' una buona considerazione, ma ce n'è una molto più profonda che aspetta di venire trovata.

Elaine [dopo averci pensato un po']: Non capisco che cosa stia cercando.

Daniel: Non la sto cercando io, ma tu... Dovrai indietreggiare moltissimo, per vederla.

Elaine ci pensa su per un po', poi scuote la testa.

Daniel: Va bene, probabilmente sto andando troppo di fretta. Cosa si intende per “diritti umani”? Non ti sto chiedendo di elencarli. Ti sto chiedendo una definizione generale: cosa sono i diritti umani?

Elaine: Credo che siano diritti che le persone hanno per il solo fatto di essere umani.

Daniel: In altre parole, essere umani significa avere questi diritti.

Elaine: Esatto.

Daniel: Aspetta un attimo. [Le porge una copia di “Key Ideas in Human Thought”, curato da Kenneth McLeish e pubblicato da Facts on

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File.] Vedi come il termine “diritti umani” viene definito in questo libro.

Elaine [leggendo]: “I diritti umani sono diritti che tutti gli umani dovrebbero possedere perché sono esseri umani, a prescindere dalla loro cittadinanza, nazionalità, razza, etnia, lingua, sesso, sessualità o capacità.”

Daniel: Molto simile alla tua definizione.

Elaine: A parte per la parola “dovrebbero”. Dice che tutti gli umani dovrebbero possedere questi diritti, non che li possiedono.

Daniel: Cosa concludi da questo?

Elaine: Non ne sono sicura.

Daniel: Immagina che io definisca una laurea come qualcosa che tutti gli umani dovrebbero possedere. Come reagiresti?

Elaine: Immagino che chiederei: chi lo dice?

Daniel: L'autore di questo articolo spiega chi dice che i diritti umani sono diritti che tutti gli umani dovrebbero avere solo perché sono umani?

Elaine [alcuni minuti dopo, una volta letto l'articolo]: L'autore la descrive come una “dottrina”, e la dottrina è una “discendente diretta della dottrina dei diritti naturali proposta dai fondatori del pensiero politico liberale, in particolare John Locke”.

Daniel: Quindi la nozione che cose come i diritti umani esistano risale a solo 350 anni fa circa.

Elaine: Sì. Almeno secondo questa fonte.

Daniel: Posso procurarti una copia del Codice di Hammurabi, ma puoi credermi quando ti dico che non parla di “diritti umani”. Spiega cose che si possono fare e cose che non si possono fare. Si può dire, anche se Hammurabi non lo fa, che uno ha il diritto di fare le cose che lui dice si possano fare, ma non c'è il minimo indizio che questo diritto esista semplicemente perché qualcuno è umano. Esiste perché lo dice

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Hammurabi. Si descrive come “il re della correttezza, a cui Shamash ha conferito la giustizia (o la legge)”. “O la legge” è tra parentesi. Immagino che il traduttore stia precisando che la parola che Hammurabi usa qui può significare sia giustizia che legge.

Elaine: E riguardo la Bibbia? Immagino che l'abbia controllata.

Daniel: Certo, naturalmente. La parola diritto appare molte volte, ma perlopiù riguardo i diritti del primogenito, che sono solo una questione di usanze; nella società americana, per esempio, il primogenito non ha diritti particolari. Non c'è nulla nella Bibbia simile al concetto di “diritti umani”, diritti che le persone hanno solo perché sono umani. Come con il Codice di Hammurabi, le leggi descritte nella Bibbia possono essere viste come diritti conferiti – per esempio, il diritto di uccidere una strega – ma sono diritti divinamente conferiti, non diritti innati degli esseri umani.

Elaine: Sì, è vero. Poi c'è la... non mi ricordo come si chiama... la Magna Carta

Daniel: Ah, sì. Una carta dei diritti garantita dal re inglese ai suoi baroni nel 1215.

Elaine: Di sicuro non diritti umani.

Daniel: No. Lasciami vedere quell'articolo sui diritti umani... Dice: “A meno che i diritti umani non siano specificamente incorporati nella Costituzione, non sono diritti legali.” Cosa credi che significhi?

Elaine: Penso che significhi... a meno che tu non viva in una nazione con una Costituzione che ti conferisca questi diritti, non ce li hai. Non puoi andare in tribunale e dire che i tuoi diritti umani sono stati violati a meno che la Costituzione non dica che ce li hai.

Daniel: Quindi, in pratica, non hai diritti umani per il solo fatto di essere umano. Se li hai è perché la Costituzione dice che ce li hai.

Elaine: Direi di sì. Ma la Costituzione degli Stati Uniti non dice che questi diritti provengono da Dio?

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Daniel: No. Stai pensando alla Dichiarazione d'Indipendenza, anche se non usa quell'espressione precisa. Dice che tutti gli uomini sono: “dotati dal proprio Creatore di alcuni inalienabili diritti”, tra cui quelli alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.

Elaine: Inalienabile significa?

Daniel: Inalienabile è “qualcosa a cui il suo possessore non può rinunciare e di cui non può venire privato”. E' una parola curiosa. Il suo solo campo di applicazione sembrano essere i diritti. La sua prima applicazione di questo tipo risale al 1611.

Elaine: Va bene. Ma questa è solo un'asserzione, no? Che gli uomini sono dotati dal loro Creatore con alcuni inalienabili diritti.

Daniel: Certamente. Ho una citazione a riguardo. Aspetta un attimo... Ecco cosa Thomas Jefferson (il presidente Kennedy ribadì il concetto nel suo discorso inaugurale, dicendo: “I diritti dell'uomo non vengono dalla generosità dello Stato, ma dalle mani di Dio.”), l'autore principale, scrisse a sostegno della Dichiarazione: “Né mirando a essere originale nei principi o nei sentimenti, né copiata da qualche scritto precedente in particolare, intendeva essere un'espressione della mente americana e dare a quell'espressione il tono appropriato e lo spirito adeguato all'occasione. Tutta la sua autorità risiede quindi nei sentimenti d'armonia di quel giorno, che siano espressi in conversazioni, lettere, saggi scritti o nei basilari libri di diritto pubblico, come quelli di Aristotele, Cicerone, Locke, Sidney, ecc.” Naturalmente, non si stava riferendo specificamente all'espressione che stiamo considerando.

Elaine: Non era un deista?

Daniel: Le convinzioni religiose di Jefferson sono argomento di discussioni infinite. Di sicuro non ha mai affermato esplicitamente di essere un deista, anche se non ci sono molti dubbi che sia stato influenzato e avesse simpatia per la visione deista. Il suo riferimento nella dichiarazione a un “Dio della Natura” ha sicuramente un sapore deista. Perché me lo chiedi?

Elaine: Sto cercando di capire su cosa si basasse per dire che il

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Creatore ci ha dotati di diritti inalienabili. Non erano biblici.

Daniel: No. Il “Dio della Natura” non è il Dio della Bibbia. Lui – o esso – è la “causa non causata” dell'argomentazione cosmologica. Dice all'incirca: “Dato che l'universo esiste, deve aver avuto una causa, e dato che una catena causale non può allungarsi all'infinito nel passato, dev'esserci stata una causa prima che non è stata causata: questa causa prima non causata è Dio.” Quest'argomentazione riguarda solo l'esistenza di Dio e non dice nulla sul suo carattere.

Elaine: Ma è stato questo Dio a dotarci di diritti inalienabili. E' ancora solo un'asserzione.

Daniel: I diritti possono essere solo affermati o negati. Alla fine, sono solo cose di cui discutere. Un lato afferma il diritto e l'altro lato lo nega, ma non c'è alcuna autorità finale – finale nel senso che è un'autorità accettata da entrambi i lati – a cui ci si può rivolgere per concludere la discussione. Non ci si può rivolgere neanche alla legge, perché quasi ogni legge può venire cambiata se abbastanza persone vogliono cambiarla.

Elaine [dopo averci pensato un po']: Ma la discussione sulla schiavitù alla fine venne risolta, no? Voglio dire, perfino nel Sud, dubito che tu possa trovare molti sostenitori della schiavitù, oggigiorno.

Daniel: Le discussioni non si risolvono necessariamente solo perché non c'è nessuno intorno che le porti avanti. Oggigiorno non c'è nessuno – almeno negli Stati Uniti – che sostenga le argomentazioni che vennero avanzate a sostegno della schiavitù come opzione morale nel 1860, ma le argomentazioni sono ancora lì. L'argomentazione Pelagiana è ancora lì, anche se la chiesa alla fine si pronunciò contro di essa. La discussione sull'aborto è stata vinta negli Stati Uniti, ma ovviamente non è stata risolta.

Elaine: Sì, capisco cosa intende.

Daniel: All'opposto, la discussione sulla famosa fusione fredda degli anni Ottanta (presumibilmente prodotta dai chimici Stanley Pons dell'Università dello Utah e Martin Fleischmann dell'Università di Southampton) alla fine venne risolta, perché entrambe le parti in causa accettarono il metodo scientifico come autorità finale. I risultati di

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quell'esperimento non potevano venire riprodotti, e questo è quanto. [NdT: la questione si è recentemente riaperta con le sperimentazioni in Giappone e, qui in Italia, a Bologna.]

Elaine [dopo qualche riflessione]: Mi sento un po' smarrita. Dove eravamo?

Daniel: Stiamo ancora cercando i presupposti nella domanda: “E' favorevole all'idea di estendere i diritti umani ai primati?” Cosa abbiamo concluso, finora?

Elaine: Direi che abbiamo concluso che i “diritti umani” sono un altro costrutto culturale.

Daniel: L'autore dell'articolo in Key Ideas in Human Thought sembra concordare implicitamente con noi, dato che dice che sono diritti che gli umani dovrebbero avere, non che hanno.

Elaine: Indica anche che non tutti concordano che cose simili esistano.

Daniel: Già che ci sei, leggi la definizione di “diritti”.

Elaine [dopo aver cercato]: Non c'è.

Daniel: Strano, non è vero? Il concetto di diritto sembra perfino più fondamentale di quello di diritti umani, e ha una storia più lunga. Cos'è un diritto, comunque?

Elaine: Direi che è la possibilità di fare o avere qualcosa.

Daniel: Ho cercato in molti dizionari aborigeni, e molto pochi hanno una parola per indicare i “diritti” in questo senso. In tutte le letture che ho fatto sui popoli aborigeni, non ho mai trovato un esempio di discussione sui diritti o l'affermazione del diritto di fare ciò che fanno.

Elaine: Mi sorprenderebbe il contrario. Ma è solo una reazione istintiva.

Daniel: Perché dobbiamo affermare il nostro diritto di fare ciò che

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vogliamo fare?

Elaine: E' una domanda interessante.

Daniel: Cent'anni fa, i comportamenti omosessuali erano illegali quasi ovunque in Occidente, a parte in Francia e in Polonia, che io sappia. La situazione è completamente diversa, oggi.

Elaine: E mi sta per chiedere perché.

Daniel: Naturalmente.

Elaine: E' differente perché gli omosessuali hanno affermato il proprio diritto di avere rapporti con persone dello stesso sesso e alla fine hanno guadagnato abbastanza sostegno da ottenerlo.

Daniel: Ovviamente. Molte persone pensano di avere il diritto di decidere cosa le persone possono o non possono fare in camera da letto. Questo era l'unico strumento che potevano usare contro di loro. Affermare dei diritti è diventato un importante strumento per la gente della nostra cultura, ma il punto a cui voglio arrivare è...?

Elaine: Che solo le persone della nostra cultura hanno bisogno di usarlo.

Daniel: Per noi, dover affermare un diritto per avere le cose che vogliamo o che vogliamo fare è considerata la norma. Sembra avere perfettamente senso – non ci sembra affatto bizzarro. Uno dei miei compiti è stato di far allontanare abbastanza la gente dalla nostra cultura da far loro vedere quanto sia bizzarro in realtà. Non intendo che è bizzarro in modo unico. Intendo solo che, vista da una certa distanza – dal punto di vista di un Antropologo Marziano – la nostra cultura non è meno bizzarra di culture le cui usanze ci sembrano assurdamente grottesche. Il nostro modo di fare le cose sembrerebbe tanto bizzarro ai Gebusi della Nuova Guinea quanto il loro modo di fare le cose sembra bizzarro a noi.

Daniel [dopo una pausa di mezz'ora]: In “Oltre la Civiltà” e altrove, ho

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citato un'importante osservazione di Buckminster Fuller: “Non si cambiano mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, bisogna costruire un nuovo modello che renda quello attuale obsoleto.”

Elaine: Sì, mi ricordo.

Daniel: E' un'opinione piuttosto estrema, e sono contento di poterla attribuire a Bucky Fuller.

Elaine [dopo averci pensato su]: La gente ha molta fiducia nell'utilità del combattere la realtà esistente.

Daniel: Per la maggior parte delle persone, o almeno un gran numero di loro, combattere è tutto ciò che riescono a pensare di fare – o, concretamente parlando, tutto ciò che possono fare – anche se non “cambia le cose”. Ho ricevuto questa domanda da un lettore: “Non dovremmo ricorrere alla battaglia proprio mai? Voglio dire, se gli ultimi due stambecchi si trovano nell'ultimo prato non coltivato e stanno per venire uccisi, e tutti i tentativi di cambiare menti sono falliti, che facciamo?” Come risponderesti tu?

Elaine: Be'... combattere? Dovrei dire di sì.

Daniel: Chi pensi che stia per uccidere questi ultimi due stambecchi?

Elaine: Non lo so. Bracconieri, immagino.

Daniel: Quindi tu cacci via questi bracconieri o li uccidi. Il problema è risolto.

Elaine: No... I bracconieri possono sempre tornare, o ne possono arrivare altri.

Daniel: Quindi?

Elaine: Quindi dovremmo posizionarvi delle guardie armate. Cinque o dieci uomini.

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Daniel: Per quanto tempo?

Elaine: Non lo so... finché gli stambecchi non si riproducono.

Daniel: Allora potresti ritirare le guardie armate.

Elaine scuote la testa.

Daniel: No? Cosa, allora?

Elaine: Se dei bracconieri – o dei cacciatori o chiunque sia stato – hanno ucciso tutti gli stambecchi tranne due una volta, niente li fermerebbe dal farlo di nuovo.

Daniel: Quindi dovresti mantenere le guardie, persino aumentare il loro numero, dato che avrebbero più stambecchi da proteggere. Per quanto tempo?

Elaine [sospirando]: Indefinitamente. Per sempre.

Daniel la lascia riflettere.

Elaine: Combattere la realtà esistente di sicuro non cambia le cose, in questo caso.

Daniel: In tutti i miei scritti sottolineo il fatto che se le persone continuano a pensare nel modo in cui generalmente pensano ora, siamo spacciati. Niente può salvarci tranne il cambiare le menti delle persone intorno a noi. Moltissimi lettori non gradiscono sentirlo, perché vogliono azione, e questo a loro non sembra azione.

Elaine: Combattere i bracconieri è azione.

Daniel: Sì, esatto. Il fatto è, comunque, che se alla maggior parte delle persone che vivono intorno a quei due stambecchi non importa se essi vivono o muoiono, allora quegli stambecchi sono spacciati. Ma se le persone intorno a quei due stambecchi vedono il mondo in un modo diverso, allora sono i bracconieri a essere spacciati. Non c'è scorciatoia. La realtà attualmente esistente è che la gente in generale non riesce a vedere

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che attaccare sistematicamente la diversità della comunità della vita alla fine sarà fatale per noi. Finché questo non cambierà, nessuna quantità di combattimento ci potrà salvare.

Elaine: Questo fa sembrare la nostra situazione senza speranza.

Daniel: Niente affatto. Il clima intellettuale è cambiato molto negli ultimi quindici anni. Il numero di libri cambia-menti che vengono pubblicati aumenta ogni anno. Ciò che stiamo cercando è quello che Malcolm Gladwell ha chiamato il “punto critico”, il punto dove un accumulo di molte piccole cose – spesso in modo improvviso e inaspettato – produce un cambiamento enorme. Il collasso dell'Unione Sovietica è un esempio eccellente. Nessun servizio segreto del mondo l'aveva previsto o aveva la minima idea che stesse per avvenire. Anche la possibilità che quel cambiamento enorme avvenisse sembrava “senza speranza” - finché improvvisamente non è successo.

Elaine: Quali cose pensa che abbiano contribuito a quel punto critico?

Daniel [ridendo]: Alcuni anni fa, in non mi ricordo quale discorso, ho suggerito (senza insistere troppo) che la musica rock avesse giocato un ruolo fondamentale. Non mi sarei mai azzardato a mettere per iscritto un'idea così oltraggiosa finché Andras Simonyi, l'ambasciatore ungherese degli Stati Uniti, non ha detto la stessa cosa, molto esplicitamente, l'anno scorso. Ha passato un'ora a parlarne alla Rock and Roll Hall of Fame. Mi ricordo che la musica occidentale è stata descritta come “una finestra aperta d'aria fresca in una società molto repressiva”. Quella finestra rimase aperta per decenni e chiaramente influenzò il modo in cui i giovani vedevano il mondo.

Elaine: Mi stavo chiedendo... Da qualche parte ha detto che i politici saranno gli ultimi ad “afferrare l'idea”. Perché?

Daniel: Puoi capirlo da sola.

Elaine: Oh. Già. A volte mi chiedo perché ho una testa.

Daniel: Non essere troppo dura con te stessa. Mi è stata fatta la stessa domanda da altra gente che non riusciva a capirlo.

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Elaine: Siamo abituati a pensare ai politici come a delle guide. O che dovrebbero essere delle guide, vogliono essere ritenuti delle guide.

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Qualunque cosa se ne possa pensare, George Bush ci ha sicuramente guidato – anche se forse male – nella guerra contro l'Iraq.

Daniel: Nessuna obiezione a riguardo.

Elaine: Cosa sto trascurando qui?

Daniel: Cosa continuo a dirti di fare quando rimani bloccata?

Elaine: Indietreggiare. Guardare la situazione da un'angolazione più ampia.

Daniel non offre alcun aiuto.

Elaine: Va bene... Mi sono concentrata sul loro ruolo, o presunto ruolo, una volta eletti. Devo osservare come vengono eletti... O piuttosto, chi li elegge. Il pubblico non eleggerà un presidente che dice: “Sentite, non possiamo solo preoccuparci dei prossimi quattro anni. Dobbiamo pensare a tutto il futuro dell'umanità – ecco cosa c'è in gioco.”

Daniel: Perché un candidato simile non potrebbe venire eletto?

Elaine: Perché la parte di pubblico che voterebbe per lui è troppo piccola, ora come ora.

Daniel: Continua. Non hai ancora spiegato perché sostengo che i politici saranno gli ultimi ad afferrare l'idea.

Elaine: Non l'afferreranno finché non dovranno farlo. In altre parole, non dovranno cambiare finché non cambierà l'elettorato. Quando la maggior parte dell'elettorato afferrerà l'idea, allora solo i candidati che la afferreranno verranno eletti.

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Daniel: Bene. Ora vedi se riesci a impacchettare tutto.

Elaine: Impacchettarlo?

Daniel: In una graziosa piccola confezione.

Elaine [dopo averci riflettuto]: I politici non istruiscono l'elettorato. L'elettorato istruisce i politici, con i suoi voti.

Daniel: In positivo o in negativo.

Elaine: Sì.

Daniel: Eccellente.

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Sabato: mattina

Daniel: Ecco una piccola domanda insidiosa che mi è arrivata di recente: “Quale meccanismo biologico ci permetterebbe di mantenere la nostra popolazione a livelli compatibili con la nostra disponibilità di cibo?”

Elaine: Che intende con “meccanismi biologici”?

Daniel: Dubito che lo sappia. Penso che intenda un meccanismo che non sia politico – per esempio, limitazioni governative della produzione alimentare che non siano legalistiche, come limitare le dimensioni delle famiglie per legge, e che non dipendano dall'autocontrollo, come il controllo delle nascite.

Elaine: Questo ancora non mi dice cos'è un meccanismo biologico.

Daniel [dopo qualche riflessione]: Sto cominciando a vederla come una tua tendenza peculiare: prendere un solo elemento di una domanda e fissartici. Non stai considerando la domanda nel suo insieme.

Elaine: Immagino che sia vero. Com'era?

Daniel ripete la domanda.

Elaine: Va bene... Posso vedere un presupposto che sta dando per scontato: che ci siano meccanismi biologici che ci permetterebbero di mantenere la nostra popolazione a livelli compatibili con la nostra disponibilità di cibo.

Daniel: Uh-uh.

Elaine [dopo un lungo silenzio]: Che altro posso dire? Lei non ha mai detto che ci siano meccanismi biologici che ci permetterebbero di mantenere la nostra popolazione a livelli compatibili con la nostra disponibilità di cibo, non è vero?

Daniel: No, non ho mai detto nulla di simile.

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Elaine: Quindi sta facendo un'affermazione ingiustificata e le sta chiedendo di verificarla.

Daniel [sospirando]: Elaine, questa persona è fondamentalmente confusa, e tu ti sei fatta trascinare nella sua confusione. In effetti, stai dicendo: “Va bene, accetterò acriticamente che ciò che stai dicendo ha senso”. Lui non ha davvero guardato a quello che stava dicendo, e se non lo fai neanche tu, allora non sei in una posizione migliore della sua. Hai fatto la stessa cosa con la persona che ha suggerito che l'unico modo giusto di vivere sia di lasciare che tutti vivano come vogliono. Devi smetterla di affrontare ogni sfida con l'acquiescenza.

Elaine: Be', questo è scoraggiante.

Daniel: Non dovresti vederla in questo modo. Devo assumere che l'individuo che ha scritto questa domanda, essendo un lettore di libri impegnativi, abbia un'intelligenza superiore alla media, e la domanda in sé non è stupida, a dispetto della sua fondamentale confusione. E... Sai che è mia intenzione pubblicare una trascrizione della conversazione che stiamo avendo.

Elaine: Sì...?

Daniel: Scommetto che a questo punto, tra i lettori che stanno seguendo la discussione su questa particolare domanda, il 99,99 percento di loro sarà perplesso quanto te.

Elaine ride. Immagino che sia rassicurante.

Daniel: Le risposte che do alle domande della gente – e le conclusioni che raggiungo in generale – sembrano sconcertare i miei lettori, sembrano essere inaspettate... aliene. E l'intero scopo di quello che stiamo facendo qui è gettare un po' di luce sul modo in cui produco queste risposte e conclusioni. Questo processo a me non sembra affatto eccezionale, ma ovviamente lo sembra ai miei lettori – e a te.

Elaine: Di sicuro.

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Daniel: Bene. Allora torniamo alle basi. Quali sono i presupposti di questa persona?

Elaine: Be', vediamo. Innanzitutto, c'è il presupposto che ci siano dei “meccanismi biologici” che otterranno il risultato che vuole raggiungere.

Daniel: Questo l'abbiamo già considerato.

Elaine: Va bene. Poi c'è il presupposto secondo cui... Sto cercando di ricordare come l'ha detto... Dà per scontato che abbiamo bisogno di mantenere la nostra popolazione a un livello compatibile con la nostra disponibilità di cibo.

Daniel: Sì, questa è una delle premesse da cui parte.

Elaine [dopo averci pensato un po' su]: Sono bloccata. Non ne vedo altre.

Daniel: Non l'ha detta esplicitamente. E' implicita nella sua domanda. Ecco perché devi guardare dietro le parole.

Elaine ci riflette per un paio di minuti, poi scuote la testa.

Daniel: Preferirei non guidarti con delle domande, ma sembra che dovrò farlo. Qual è la sua ansia, la sua preoccupazione?

Elaine: Che la nostra popolazione non è a un livello compatibile con la nostra disponibilità di cibo.

Daniel: Sì, è implicito nella sua domanda.

Elaine [con aria dubbia]: Va bene.

Daniel: Be', analizzala.

Elaine [dopo un minuto]: Sta dicendo che la nostra popolazione...

Daniel: No, non farlo. Non andare a pesca di risposte nella mia testa. Arrivaci da sola.

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Elaine: Ma l'unica alternativa che riesco a vedere è che la nostra popolazione è compatibile con la nostra disponibilità di cibo.

Daniel aspetta.

Elaine: Va bene, ci sono. O almeno penso di esserci.

Daniel: Quale delle due?

Elaine: Ci sono.

Daniel: Dimmi.

Elaine: La nostra popolazione è compatibile con la nostra disponibilità di cibo. Ogni istante. Quando c'era cibo per tre miliardi di noi, c'erano tre miliardi di noi. Quando c'era cibo per sei miliardi di noi, c'erano sei miliardi di noi. Se non ci fosse stato cibo sufficiente per sei miliardi, non ce ne sarebbero stati sei miliardi.

Daniel: Allora, quale “meccanismo biologico” rende la nostra popolazione “compatibile con la nostra disponibilità di cibo”?

Elaine: Non so come chiamarlo. Disponibilità e mantenimento? La popolazione di ogni specie cresce fino al punto in cui è “compatibile” con il cibo a essa disponibile. Quando la disponibilità di cibo aumenta, aumenta anche la popolazione. Quando la disponibilità di cibo diminuisce, diminuisce anche la popolazione... Ma non tutti concordano che funzioni così, non è vero?

Daniel: Per le specie non umane, nessuno ha obiezioni. Ma molte persone – inclusi molti biologi – si aggrappano ancora alla dottrina dell'eccezionalismo umano, come molti fondamentalisti cristiani si aggrappano ancora alla dottrina del creazionismo.

Elaine: Non penso di averlo mai sentito nominare – questo eccezionalismo umano.

Daniel: In questo contesto è la convinzione che, tra le centinaia di

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milioni di specie nella comunità della vita, la specie umana è l'unica eccezione alla regola che hai appena descritto: che la popolazione aumenta o diminuisce a seconda della disponibilità di cibo.

Elaine: Come lo spiegano? Voglio dire, che basi hanno per accettare un'idea simile?

Daniel: Non ho mai sentito qualcuno giustificarla, ma immagino che si basino sul fatto che, come individui, possiamo scegliere se riprodurci o no. Il fatto che – come specie – la nostra crescita abbia cominciato a impennarsi non appena abbiamo cominciato ad aumentare la disponibilità di cibo a nostro piacimento, a loro sembra una semplice coincidenza. I dati degli ultimi diecimila anni, dopo circa tre milioni di anni di relativa stabilità demografica, per loro non hanno alcun significato (Peter Farb, un celebre naturalista, linguista e antropologo, lo riteneva un paradosso: “Intensificare la produzione alimentare per sfamare un'aumentata popolazione porta a un ulteriore aumento della popolazione”). In effetti, essi negano che la Rivoluzione Agricola abbia avuto qualcosa a che fare con la nostra crescita da poche centinaia di milioni a sei miliardi.

Elaine: Non sembra molto razionale.

Daniel: Quasi nulla esercita una presa maggiore sulle menti delle persone della conoscenza ricevuta non analizzata e mai messa in discussione – e l'eccezionalismo umano è sicuramente parte di quest'eredità. In effetti, dev'essere sembrato decisamente audace quando nel 2001 una rivista scientifica peer-reviewed ha pubblicato una ricerca affermando la connessione tra la popolazione e la disponibilità di cibo (“La popolazione umana come funzione della disponibilità di cibo”, di Russel Hopfenberg e David Pimentel, Environment, Development and Sustainability 3 (2001): 1-15).

Elaine: Mi sembra incredibile che una cosa simile possa sembrare audace.

Daniel: Fidati, la dottrina dell'eccezionalismo umano è profondamente radicata nel cuore di Madre Cultura... Ecco una piccola storia che troverai divertente e che non è del tutto inappropriata. [Va a prendere un libro.] All'inizio del mio lavoro sul libro che alla fine divenne Ishmael, volevo

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sapere se esistesse una stima della popolazione umana prima della Rivoluzione Agricola. Come scoprii in seguito, esistono varie stime diverse, ma inizialmente utilizzai una fonte che avevo sotto mano, la Dunlop Illustrated Encyclopedia of Facts, pubblicata nel 1969. A differenza della maggior parte dei libri del genere, che di solito sono assemblati da un anonimo gruppo di scrittori o sono collezioni di articoli di vari autori, questo aveva una singola coppia di autori, Norris e Ross McWhirter, che chiaramente non erano avversi all'esprimere conclusioni oltre che dati di fatto. Non avevano l'informazione particolare che stavo cercando, ma in un articolo sulla “Crescita della Popolazione Umana” trovai un grafico molto utile delle stime della popolazione negli ultimi duemila anni, fino a trent'anni dopo l'anno 2000, in cui stimarono – correttamente – che ci sarebbero stati circa sei miliardi di umani. In coda al grafico c'era quest'osservazione: “Se questa tendenza continuerà, il mondo ha circa quindici generazioni rimaste prima che la razza umana si riproduca fino a estinguersi a causa della sovrappopolazione. Nel 2600 ci sarà una persona per ogni iarda quadrata (0,8 metri quadri) di superficie terrestre abitabile”. La loro successiva affermazione era particolarmente importante: “Aumentare la produzione di cibo non fa che aggravare il problema, ampliando la base necessaria per l'espansione e velocizzando anziché rimandando la fine”. E io pensai: “Be', certo. Questo è ovvio”.

Elaine: Lo è davvero.

Daniel: E dato che mi sembrava così ovvio, la mia presentazione originaria della connessione tra produzione di cibo e crescita demografica in Ishmael risultò quasi inadeguata. Mi accorsi presto che ciò che è ovvio per te o per me non è affatto ovvio per la maggior parte della gente. Espansi la mia presentazione dell'argomento per l'edizione paperback, ma dalla reazione dei lettori capii che non era ancora abbastanza. In The Story of B discussi l'argomento ancora più esaustivamente – ma ancora non fu abbastanza. Una notte a una qualche apparizione privata (non mi ricordo dove) l'argomento della produzione alimentare e della crescita della popolazione venne di nuovo fuori e, dopo averne discusso per un po', una donna si alzò e uscì infuriata dopo aver dichiarato che ero la persona più oscena che avesse mai incontrato.

Elaine: Non riesco a capire.

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Daniel: Ah, ma vedi, anche se “aumentare la produzione di cibo non fa che aggravare il problema, ampliando la base necessaria per l'espansione”, noi dobbiamo aumentare la produzione di cibo.

Elaine: Perché?

Daniel: Conosci la risposta.

Elaine: Per sfamare i milioni di affamati.

Daniel: Naturalmente. Vedi, era stata fatta l'affermazione che io non potessi semplicemente “lasciare i milioni di affamati continuare a morire di fame”. La mia risposta era stata che io non ero Dio. Io non “lascio” che avvengano terremoti, non “lascio” che avvengano epidemie, non “lascio” che si scatenino tornado o uragani – e non “lascio” che la gente muoia di fame. Questa risposta era ciò che mi rendeva osceno.

Elaine: Sì, capisco. Ma – mi scusi – noi non abbiamo alcuna scelta su uragani, tornado o terremoti.

Daniel: Innanzitutto, non voglio più sentire che ti scusi. Non voglio la tua acquiescenza. Non voglio che accetti qualcosa solo perché esce dalla mia bocca.

Elaine: Va bene, mi scusi, non mi ero nemmeno accorta di averlo detto.

Daniel: Va bene. Non possiamo ancora fare nulla riguardo uragani, tornado e terremoti, ma possiamo fare qualcosa riguardo la fame. L'esempio che ascolto più spesso sono i milioni di affamati in Africa. Possiamo trasportare abbastanza cibo da loro per sfamarli tutti. Quindi? Continua da qui.

Elaine lo guarda vacua.

Daniel: Non sei qui per ascoltare le mie risposte. Sei qui per scoprirle da sola.

Elaine: Dio... Non so da dove cominciare.

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Daniel: Va bene, ti faccio cominciare io. Perché stanno morendo di fame?

Elaine: Be', ovviamente perché non hanno abbastanza cibo.

Daniel: Andiamo, Elaine, questa è solo la definizione di “morire di fame”. Perché non hanno abbastanza cibo?

Elaine: Perché... perché la popolazione è eccessiva per le risorse locali.

Daniel: E perché è successo questo?

Elaine: Be', o le loro risorse locali sono diminuite, o la loro popolazione è cresciuta oltre il punto in cui può venire sostenuta dalle risorse locali.

Daniel: O entrambe. Mentre ogni popolazione cresce, la sua disponibilità di cibo diminuisce. Questo è perfettamente prevedibile. E' un ciclo familiare a ogni biologo. Man mano che una popolazione cresce, consuma le sue riserve di cibo. E mentre le sue riserve di cibo diminuiscono, la popolazione comincia a ridursi. Mentre la popolazione diminuisce, le sue riserve alimentari cominciano a ripristinarsi. Mentre le riserve alimentari si ripristinano, la popolazione cresce. Mentre la popolazione cresce, le sue riserve alimentari calano. E così via. Questo è il modo in cui funziona la comunità della vita: le popolazioni crescono e calano a seconda della loro disponibilità di cibo.

Elaine: Questo lo so.

Daniel: Allora perché così tanti milioni di individui stanno morendo di fame in Africa?

Elaine: Perché hanno superato la quantità di cibo localmente disponibile.

Daniel: Quindi la loro popolazione sta calando.

Elaine: No, perché noi abbiamo detto: “Non lasceremo che la loro popolazione cali.”

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Daniel: Sono denutriti ma, grazie alla nostra generosità, sono ancora vivi. E dato che sono denutriti ma vivi...?

Elaine: Possono riprodursi e creare una nuova generazione di affamati.

Daniel: Che noi possiamo generosamente tenere in vita così che possano riprodursi e creare un'ulteriore generazione di affamati. La nostra benevolenza è sconcertante.

Elaine: Se li lasciassimo stare, la loro popolazione calerebbe fino al punto in cui potrebbero vivere con le loro risorse.

Daniel: Ma sarebbe immorale lasciare che succeda. Meglio che più persone muoiano di fame grazie alla nostra generosità che meno persone vivano tollerabilmente grazie alle loro risorse alimentari.

Elaine: Sì, apparentemente.

Daniel: Come ha fatto la loro popolazione a crescere fino al punto da non poter più vivere solo con le risorse alimentari locali?

Elaine: A questo non avevo pensato... Abbiamo riversato un sacco di impegno nell'aiutarli ad aumentare la loro popolazione. Eliminando malattie, abbassando la mortalità infantile. Mostrando loro come aumentare la produzione di cibo. Aiutandoli a convertire i propri terreni in campi coltivati per l'esportazione.

Daniel: Per centinaia di migliaia di anni avevano vissuto tranquillamente dov'erano e com'erano, ma non vivevano all'altezza dei nostri standard, ed è nostro dovere divino fare in modo che tutti nel mondo vivano come viviamo noi, a qualunque costo. Sarebbe stato immorale per noi lasciarli a loro stessi, proprio come sarebbe immorale per noi lasciarli a loro stessi ora. Molto meglio mandare loro cibo per mantenerli in uno stato di inedia costante, piuttosto che lasciare che la loro popolazione cali fino al punto in cui potrebbero vivere solo delle proprie risorse.

Elaine: Immagino che questa sarebbe la reazione tipica.

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Daniel: Cosa farebbe Dio, se smettessimo di alimentarli?

Elaine: Dio?

Daniel: Dio non li lascerebbe morire di fame, non è vero?

Elaine: Basandoci sulle sue performance passate, penso di sì. Non è intervenuto negli affari umani per molto, molto tempo.

Daniel: Dio li lascerebbe morire di fame, ma noi dobbiamo essere migliori di Dio. Noi siamo migliori di Dio, ecco perché è giusto che dominiamo il mondo.

Elaine: Sì, posso capire perché questa donna pensasse che lei fosse la persona più oscena che avesse mai incontrato.

Daniel ride. Noi Marziani siamo spregevoli... Proseguiamo. Spero che abbiamo finito con queste questioni una volta per tutte.

Elaine: Ce n'è solo un'altra che devo chiedere, perché continuano a chiederla a me.

Daniel: Va bene.

Elaine: E' una cosa del genere: se la popolazione è una funzione della disponibilità di cibo, allora perché le nazioni sviluppate, dove c'è cibo in abbondanza, hanno i tassi di crescita demografica più bassi – e a volte nulli o negativi – mentre le nazioni meno sviluppate, dove il cibo è scarso, hanno i tassi di crescita più alti?

Daniel [sospirando]: Sì, naturalmente c'è anche quella. Rappresenta un tipo di fuorviamento chiamato “cambiare argomento”. Ho mai detto nulla sulla connessione tra tassi di crescita e disponibilità di cibo?

Elaine [dopo averci pensato su]: Non che io ricordi.

Daniel: Ho solo detto che la popolazione di ogni specie cresce se più cibo le viene reso disponibile, e la nostra popolazione attualmente sta

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crescendo di circa 77 milioni all'anno. Può non sembrare molto, ma una volta mi sono preso il disturbo di fare qualche ricerca, e ho scoperto che è l'equivalente delle popolazioni combinate di Canada, Australia, Danimarca, Austria e Grecia. Ogni anno.

Elaine: E' impressionante, se la mette così.

Daniel: Il fatto che stia crescendo più rapidamente in alcuni posti piuttosto che in altri non c'entra. Il punto è che la popolazione umana sta crescendo regolarmente perché stiamo costantemente aumentando la produzione di cibo.

Elaine: Capisco.

Daniel: Il motivo per cui i tassi di crescita differiscono tra le nazioni sviluppate e quelle arretrate non c'entra nulla con la disponibilità di cibo. Riguarda l'economia famigliare. Nelle nazioni sviluppate, avere molti figli è un fardello, non importa quanto sia abbondante il cibo, mentre nelle nazioni arretrate è una benedizione, non importa quanto il cibo sia scarso. Devo spiegarti perché è così?

Elaine: No, non credo. Nelle nazioni sviluppate costa molti soldi crescere dei figli e non ci si aspetta che contribuiscano minimamente alle entrate famigliari. Nelle nazioni sottosviluppate invece costa molto poco crescere dei figli, e generalmente contribuiscono molto alle entrate famigliari.

Daniel: Sono sicuro che ti rendi conto che non consumiamo tutto il cibo che produciamo negli Stati Uniti.

Elaine: Certo. Immagino che ne esportiamo quantità enormi.

Daniel: Quindi questo cibo non sta venendo convertito in biomassa umana negli Stati Uniti. Dato che non è qui, non può essere usato in questo modo.

Elaine: Giusto.

Daniel: Quindi, cosa gli sta succedendo?

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Elaine: Sta venendo convertito in biomassa umana in altre parti del mondo.

Daniel: Quindi, anche se non siamo interessati ad aumentare la nostra popolazione, siamo molto interessati a produrre cibo in eccesso per sostentare la crescita demografica in altri luoghi.

Elaine: Vero. [Dopo averci pensato su.] Ma quando questa faccenda dei tassi di crescita viene tirata fuori, una delle obiezioni più comuni è che quando le nazioni attualmente sottosviluppate raggiungeranno il nostro livello di prosperità, i loro tassi di crescita probabilmente caleranno come hanno fatto i nostri.

Daniel: E a quel punto, la crescita demografica sarà trascurabile.

Elaine: Esatto.

Daniel: D'accordo. Abbiamo bisogno di affrontare la realtà, qui. Prima di tutto, è stato stimato che avremmo bisogno delle risorse di sei pianeti delle dimensioni della Terra se tutti i sei miliardi di noi vivessero come vive la gente nelle nazioni sviluppate. In secondo luogo, lo US Census Bureau stima che per il 2050 saremo arrivati a nove miliardi, e anche se il tasso di crescita sarà calato notevolmente, staremo ancora aumentando ogni anno di un numero pari alle popolazioni combinate di New York City e Los Angeles. Terzo, sono sicuro che sai che il nostro attuale sistema di produzione alimentare è quasi interamente dipendente dai carburanti fossili a ogni stadio, dalla fertilizzazione del terreno alla consegna di cibi processati e impacchettati al tuo negozio di alimentari.

Elaine: Sì.

Daniel: Quarto: la preventivata crescita demografica fino a nove miliardi presume che la produzione alimentare continuerà ad aumentare. Ma questa proiezione non tiene conto del fatto che, per raggiungere i nove miliardi, dovremo aumentare costantemente la quantità di carburanti fossili che usiamo nella produzione agricola in un periodo di cinquant'anni durante il quale le nostre riserve di combustibili fossili continueranno regolarmente a diminuire. E' stimato che la produzione petrolifera calerà

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del 60 o 70 percento da ora al 2050.

Elaine: Quindi sembra che questa previsione sia basata su una fantasia.

Daniel: Sì. Se il nostro sistema agricolo e la percentuale di petrolio usata per l'agricoltura rimangono uguali per i prossimi cinquant'anni, allora la nostra popolazione calerà anch'essa del 60 o 70 percento.

Elaine: La morìa generale prevista dalla teoria del Picco del Petrolio.

Daniel: Esatto. A una conferenza di quest'anno a Dublino (“Cosa mangeremo mentre il petrolio si esaurisce?”, organizzata dalla Fondazione per l'Economia e la Sostenibilità, 2005) è stata letta una ricerca che esaminava che cosa dovremmo fare per ristrutturare il nostro sistema agricolo in modo che non abbia più bisogno di combustibili fossili, e ha concluso che la cosa non è impossibile (“Minacce del Picco del Petrolio alle riserve alimentari globali” di Richard Heinberg, autore di due importanti libri sull'argomento: “La festa è finita” e “Powerdown”). Quindi la minacciata morìa generale non è affatto inevitabile, almeno durante questo periodo. Dubito seriamente che i sistemi ecologici del pianeta potrebbero sopravvivere a una popolazione umana di nove miliardi – nove miliardi e ancora in crescita.

Elaine [dopo averci riflettuto un po']: Quindi – alla luce di tutto questo – la differenza nei tassi di crescita tra nazioni sviluppate e arretrate sembra davvero una questione inesistente.

Daniel: E' uno specchietto per le allodole. Tirato in ballo per distrarre dal fatto che, come tutte le specie, la nostra popolazione complessiva cresce quando la nostra disponibilità di cibo aumenta, non importa se la crescita è più rapida in alcuni luoghi piuttosto che in altri... Bene, vediamo... [Comincia a sfogliare una pila di schede.]

Elaine: Ho una domanda.

Daniel: Chiedi pure.

Elaine: Il piano è continuare con le domande che ha ricevuto dai lettori?

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Daniel: Be'... Non l'avevo inteso precisamente come un piano... Hai un problema con questo modo di procedere?

Elaine: No, non proprio.

Daniel: Ma?

Elaine: Immagino che mi aspettassi qualcosa di più... sistematico.

Daniel: Spiegati meglio.

Elaine: Mi sta insegnando come rispondere alle domande. Ma nella realtà – nella mia vita di tutti i giorni – non devo rispondere alle domande. Nessuno mi ha mai posto domande come quelle che abbiamo discusso.

Daniel: Non ti sto insegnando come rispondere alle domande. Abbiamo mai davvero risposto a una qualunque delle domande che ho tirato fuori?

Elaine: Be', no, non specificamente. Voglio dire, non abbiamo mai formulato una vera e propria risposta.

Daniel: Le domande sono solo materiale grezzo. Ci danno l'opportunità di esaminare cosa avviene nelle menti delle persone intorno a noi.

Elaine: Non so...

Daniel: Considera questo. Una volta stavo ascoltando un talk show in automobile, e l'argomento in discussione era la protezione delle specie minacciate. Il presentatore disse qualcosa come: “Non lo so. Personalmente posso sopravvivere senza gli uccelli canterini”.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Capisci che avrei potuto usare questo come trampolino per esaminare cosa stava succedendo nella mente di questa persona.

Elaine: Sì, certo.

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Daniel: Ma non è una domanda che qualcuno mi ha mandato. E' qualcosa che ho tratto dall'aria.

Elaine: Lo capisco.

Daniel: Il punto è che non ho un archivio di cose che ho sentito alla radio da consultare. Quello che ho è un archivio di domande e commenti che la gente mi ha mandato.

Elaine: Lo capisco questo...

Daniel: Ma?

Elaine: Non lo so.

Daniel: Prenditi il tuo tempo. Prenditi tutto il tempo che ti serve.

Elaine [dopo alcuni minuti]: Proprio all'inizio, ha nominato la grande domanda a cui sentiva di non aver mai risposto adeguatamente. E l'idea sembrava essere che avrebbe risposto qui, in questa conversazione.

Daniel: E la domanda era: “Come faccio quello che faccio?”

Elaine: Esatto.

Daniel: E ti sembra che non ci stiamo arrivando.

Elaine: Forse sarebbe più corretto dire che io non ci sto arrivando. Almeno è così che mi sento.

Daniel: Be', se è così che ti senti, allora è così che è. Dimmi di più.

Elaine: Credo di star cercando il suo metodo. Una descrizione coerente e sistematica del suo metodo.

Daniel: Stai cercando qualcosa come il classico di Charles Van Doren e Mortimer Adler, “Come leggere un libro”. Quello era molto metodico, molto coerente e sistematico.

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Elaine: Non l'ho letto, ma le credo sulla parola.

Daniel [dopo alcuni minuti]: A metà degli anni Settanta, avevo un fantastico insegnante di tennis. Non avevo giocato a tennis in vent'anni, e non avevo mai avuto alcuna istruzione formale. Quindi la prima cosa che fece, una volta che fui appropriatamente vestito, fu di piazzarmi in mezzo al campo, mettersi a tre o quattro metri di distanza e far rimbalzare una palla sul mio dritto per vedere che cosa ne avrei fatto. Dopo un po', cominciò a far rimbalzare palle sul mio rovescio. Poi disse: “Va bene, dobbiamo lavorare sulle sue tecniche fondamentali”. Così mi insegnò il modo giusto di avanzare verso una palla che mi arrivasse da destra o da sinistra. Allenai queste tecniche per – non so – cinquemila volte, così tante che potrei alzarmi adesso e mostrarti senza alcuna esitazione come la palla veniva colpita nell'epoca in cui Jimmy Connors e John McEnroe erano superstar del tennis. Una volta padroneggiati quei colpi, aggiungemmo volée contro la rete, poi schiacciate, poi servizi. Durante questo lungo, lungo periodo, non “giocammo” mai a tennis, non giocammo mai partite tenendo il punteggio. Non credo che tu capisca perché ti sto dicendo tutto questo.

Elaine: Ha ragione, non capisco.

Daniel: Non posso insegnarti in questo modo. Chiamalo il modo “tecnico”, in cui perfezioni tutte le tecniche individuali e solo dopo le metti tutte insieme.

Elaine: Va bene, immagino di capirlo questo.

Daniel: Immagino si possa dire che il metodo tecnico è l'opposto del metodo con cui si impara ad andare in bicicletta. Non puoi imparare ad andare in bicicletta allenandoti prima a sterzare per cinquanta ore, poi a pedalare per cinquanta ore e infine a mantenere l'equilibrio per altre cinquanta ore. Tutte queste tecniche si imparano contemporaneamente, in un attimo, oppure non si imparano mai. Un minuto stai cadendo di continuo e il minuto dopo stai andando in bicicletta.

Elaine: E' vero.

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Daniel: Ma potrebbe essere utile per te – o darti un'idea di coerenza e sistematicità – se ricapitoliamo le varie tecniche necessarie a fare quello che faccio.

Elaine: Sì, penso di sì.

Daniel: Immagino che la prima di queste sia semplicemente l'attenzione alle insensatezze. Quando il presentatore del talk show disse che avrebbe potuto sopravvivere tranquillamente senza gli uccelli canterini, un milione di persone lo ascoltò e non ci trovò nulla di strano. Io lo riconobbi istantaneamente come il blaterare di uno sciocco.

Elaine: Penso che l'avrei fatto anch'io.

Daniel: Dieci anni fa? Più o meno è allora che l'ho sentito.

Elaine [dopo averci pensato]: Onestamente, probabilmente no. Probabilmente avrei pensato: “Be', è vero. Mi mancherebbero, ma potrei vivere senza di loro.”

Daniel: Va bene. Quindi ora sei più all'erta di quanto lo fossi dieci anni fa. Ma puoi vedere che non c'è modo di darti lezioni di vigilanza. Voglio dire, non posso dirti: “Ora passeremo dieci ore a lavorare sulla tua attenzione alle insensatezze.”

Elaine: No, non vedo come potrebbe farlo.

Daniel: Allora, qual è il secondo passo del “metodo Quinn”?

Elaine: Cerca di capire i ragionamenti che hanno prodotto l'insensatezza. Cerca il presupposto o i presupposti dietro di essa.

Daniel: E qual è il presupposto in questo caso?

Elaine [dopo un attimo di riflessione]: Che il motivo per cui gli uccelli sono qui – la loro funzione nel mondo – sia di fornire intrattenimento agli umani.

Daniel: E qual è il terzo passo?

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Elaine: Immagino che sia... estendere questo presupposto... connetterlo a presupposti più generali.

Daniel: In questo caso?

Elaine: Il presupposto che il mondo e tutto ciò che contiene siano stati creati specificamente per il bene dell'Uomo.

Daniel: Vedi un quarto passo?

Elaine [dopo averci riflettuto su]: No, non posso dire di vederlo.

Daniel: Avendo trovato il presupposto più generale dietro questa particolare credenza, cerchi altre credenze o azioni che questo presupposto può generare. Per esempio?

Elaine: Direi... che partendo da questo presupposto, siamo liberi di eliminare ogni specie che ci disturba. Lupi, coyote, e così via. Se non hanno valore per noi, allora sono superflui. Non fanno nulla per noi, quindi non c'è bisogno che esistano e possiamo liberarcene... E in generale, possiamo fare quello che vogliamo con il mondo. E' il nostro giocattolo – Dio ce l'ha regalato – e possiamo farci quello che vogliamo, incluso distruggerlo.

Daniel: Molto bene.

Elaine: Ma mi piacerebbe comunque vedere... “Come fa quello che fa” non è limitato a piccole cose come questa. Mi piacerebbe vedere come fare ciò che fa produce i suoi libri.

Daniel: Be', ti ricordi che ho iniziato con l'assurdità che mi ha fatto cominciare, l'idea che un olocausto nucleare ci riporterebbe all'Età della Pietra.

Elaine: E riguardo Ishmael?

Daniel: Ne ho parlato un po'. La saggezza ricevuta secondo cui la storia dell'Uomo comincia con la Rivoluzione Agricola – che i primi tre

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milioni di anni non abbiano avuto la minima importanza.

Elaine: E invece la loro importanza è stata...?

Daniel: Vuoi dire in termini di costruzioni di auditorium e di invenzioni di macchine volanti? Di composizioni di sinfonie? Di descrizioni di leggi fisiche? Nessuna, naturalmente.

Elaine: Qual è stata, allora?

Daniel: Non pensi di poter trovare la risposta da sola?

Elaine: Vorrei poterlo fare. Non pensa che ci abbia pensato?

Daniel: E non ti è venuto in mente nulla?

Elaine: Nulla a parte cose triviali come il fuoco, l'arco e le frecce, forse la ruota.

Daniel: Sei consapevole che si tratta di cose triviali?

Elaine: Naturalmente.

Daniel: Be', è già qualcosa di importante. Ciò che l'umanità ha realizzato e ha protetto durante i suoi primi tre milioni di anni di storia è stata un'organizzazione sociale che funzionava bene per le persone. Non funzionava bene per i prodotti, per i motoscafi, gli apribottiglie e le operette. Non funzionava bene per gli avidi, gli spietati e gli assetati di potere. Questo è quello che abbiamo noi, un'organizzazione sociale che funziona meravigliosamente per i prodotti – che continuano a migliorare sempre di più ogni anno – ma molto male per le persone, eccetto quelle avide, spietate e assetate di potere. I nostri antenati vivevano in società che ogni antropologo concorda nel ritenere non gerarchiche e marcatamente egualitarie. Non erano strutturate in modo tale che pochi in cima vivessero vite lussuose, altri in mezzo vite confortevoli e le masse sul fondo vivessero in povertà o rasentando la povertà, faticando solo per restare in vita. Non erano afflitte da crimine, depressione, follia, suicidi e dipendenze. E quando siamo arrivati noi a invitarli a unirsi alla nostra gloriosa civiltà, hanno combattuto fino alla morte per proteggere la vita

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che avevano. Lo sai.

Elaine: Sì.

Daniel: Negli anni Novanta, tenevo nota delle tribù sudamericane i cui membri si stavano suicidando piuttosto che venire risucchiati nella nostra orbita. Aspetta un attimo. [Va al computer, apre un file e lo legge.] Solo alcuni esempi... Luglio 1993: “Gli Yanomami, un antico popolo tribale amazzonico, si stanno suicidando... Lo stupro della loro terra, nelle foreste pluviali del Roraima nel nord del Brasile, da parte di migliaia di garimpeiros (minatori di frodo di oro e stagno) e le malattie che portano che stanno uccidendo gli Yanomami in numeri terrificanti, sono troppo da sopportare per questo popolo primitivo. Ciò che i gruppi di pressione definiscono genocidio ha portato tre giovani Yanomami a uccidersi nelle ultime sei settimane, un fenomeno estraneo alla loro cultura, che proibisce perfino di parlare della morte.” Maggio 1997, Brasile: “Gli antropologi riferiscono che i Guarani-Kaiowa hanno già perso oltre metà della loro terra originaria per colpa dei ranchers. Piuttosto che rinunciare al loro stile di vita tradizionale, almeno 235 di loro si sono tolti la vita negli ultimi anni, secondo i registri ufficiali.” Giugno 1997: “In Colombia, la tribù U'wa... ha minacciato un suicidio di massa se la Oxy – la Occidental Petroleum Corporation – invaderà il loro territorio.” Dicembre 1997: “Ogni 15 giorni, un indiano Guarani-Kaiowa si suicida, afferma un gruppo brasiliano per i diritti degli indiani. Nel 1997, 27 membri della tribù brasiliana si sono suicidati, portando il totale a 158 negli ultimi 11 anni.”

Elaine: Uh-uh. Naturalmente, la maggior parte delle persone probabilmente pensa che siano stupidi – che non si rendano conto di cosa si perdono.

Daniel: Proprio come la maggior parte delle persone non si rende conto di ciò che questi popoli hanno – del motivo per cui preferiscono morire piuttosto che rinunciarvi... Ad ogni modo, ciò che l'umanità ha realizzato nei suoi primi tre milioni di anni è stato uno stile di vita che funziona bene per le persone ed è sostenibile – e che avrebbe potuto permettere la sopravvivenza della specie umana per altri milioni di anni – un risultato molto più grande di qualunque dei nostri, anche se meno appariscente.

Elaine: Ma non sta suggerendo che “realizzarlo” sia stato un processo

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consapevole. Voglio dire, nessuno ha inventato la vita tribale.

Daniel: Ovviamente no. E' stato, tuttavia, il risultato dell'aumentare dell'intelligenza e dell'esperienza umana. Ciò che non funzionava (e si deve supporre che vennero provate alcune cose che non funzionarono) fu abbandonato – e abbandonato da persone che sapevano che non stava funzionando. Ciò che rimase dopo tutti gli esperimenti fu la tribù, che era evolutivamente stabile, il che non significa che fosse perfetta ma solo che centinaia di migliaia di anni di selezione naturale – a un livello sociale – non sono riusciti a produrre un'organizzazione che funzionasse meglio. Personalmente, considero l'evoluzione della tribù un risultato di importanza molto maggiore per la specie umana di tutte le innovazioni della Rivoluzione Industriale messe insieme. Se stessimo ancora vivendo tribalmente, staremmo guardando a un futuro misurabile in milioni di anni. Per come stanno le cose, invece, abbiamo camminato sulla luna ma stiamo guardando a un futuro misurabile in decenni, se continueremo a vivere come stiamo facendo ora.

Elaine: Be', lo capisco senz'altro... Ora che ci penso, un amico una volta mi ha chiesto come faccio a sapere che le persone diecimila anni fa vivevano come vivono i popoli aborigeni attuali.

Daniel: E' interessante. Un mio amico mi ha chiesto la stessa cosa. E', o era, uno storico.

Elaine: Come gli ha risposto?

Daniel: Qual è il ragionamento dietro la domanda, venendo da uno storico?

Elaine: Direi che stava pensando... La gente nel corso della storia ha cambiato continuamente modi di vivere. Intendo i sistemi organizzativi con cui vivevano.

Daniel: Fammi degli esempi.

Elaine: Oh, è passato tanto tempo... Dopo la caduta dell'Impero Romano, c'è stato il feudalesimo. Dopo il feudalesimo...

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Daniel: Lo stato secolare e centralizzato. Il mercantilismo, il libero scambio, il capitalismo, e così via. L'evoluzione delle democrazie moderne. Come ha detto Eraclito, solo il cambiamento non cambia. Non si può mai entrare nello stesso fiume due volte.

Elaine: E qual è la sua risposta a questo?

Daniel: Che cosa stava osservando Eraclito?

Elaine: Non sono sicura di come rispondere... Se si guarda a ciò che ci circonda, niente rimane uguale da un minuto all'altro.

Daniel: Quindi dobbiamo osservare qualcosa a cui Eraclito non stava facendo attenzione. I leoni cambiano da un minuto all'altro, da un anno all'altro, da una generazione all'altra, ma che cosa rimane uguale?

Elaine: Il modo in cui vivono. La loro organizzazione sociale.

Daniel: Naturalmente. Come ogni specie animale di cui siamo a conoscenza, la loro organizzazione sociale è evolutivamente stabile. Non troverai un singolo naturalista o un singolo biologo che si chieda se i leoni vivessero diversamente diecimila anni fa. Non troverai un solo naturalista o biologo che pensi: “Accidenti, forse le oche non vivevano in stormi, diecimila anni fa. Forse i lupi non vivevano in branchi, diecimila anni fa. Forse le balene non vivevano in branchi, diecimila anni fa.”

Elaine: Quindi non c'è motivo di supporre che gli umani non vivessero in tribù, diecimila anni fa.

Daniel: O centomila anni fa... Quello che abbiamo fatto qui potrebbe essere considerato il quinto passo del metodo Quinn – anche se non deve necessariamente avvenire per quinto. Siamo indietreggiati dal punto centrale della domanda per guadagnare una visuale più ampia. La visuale dello storico è, naturalmente, quella dell'era storica, durante la quale le organizzazioni sociali hanno subìto un cambiamento più o meno costante... Tu capisci che ogni specie animale si evolve all'interno di un'organizzazione sociale. Non si evolvono come singoli individui per poi raggrupparsi e cominciare a provare organizzazioni sociali.

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Elaine: Sì... Ma lei ha suggerito che gli umani potrebbero aver sperimentato delle variazioni della tribù.

Daniel: Potrebbero averlo fatto. Non abbiamo prove in nessun senso. Ma se l'hanno fatto, questi esperimenti non sono sopravvissuti. Ciò che è sopravvissuto è ciò che abbiamo trovato in tutto il mondo quando finalmente abbiamo controllato – in America, in Australia, in Africa e così via. La tribù. Supporre che gli esseri umani in quelle regioni abbiano cominciato a vivere in tribù solo di recente è ridicolo quanto supporre che le api abbiano cominciato a vivere in alveari solo di recente.

Elaine [dubbiosamente]: Lo capisco, questo...

Daniel: Ma...?

Elaine: Ma vorrei tornare a qualcosa che avevo nominato prima. Come fa ciò che fa nei suoi libri.

Daniel [dopo qualche riflessione]: Ho parlato di alcuni frammenti specifici di saggezza ricevuta che ho sfidato nei miei libri, e potrei parlare di altri. Ma la domanda che mi viene posta – e la domanda a cui sto cercando di rispondere in questa conversazione – non è: “Come le vengono in mente questi libri?”, ma piuttosto: “Come le vengono in mente queste strane idee?” Il modo in cui scrivo i miei libri è più o meno lo stesso che usano tutti gli autori.

Elaine: Va bene, capisco. Ma ho una domanda mia che penso sia rilevante.

Daniel: Dimmi.

Elaine: Per quanto mi riguarda, la cosa più originale in Ishmael è la sua reinterpretazione delle storie della Genesi della Caduta e dell'uccisione di Abele. Spero che non si offenda se le chiedo se siano suoi contributi originali.

Daniel: Non sono affatto offeso, e la domanda mi è già stata posta. La risposta è sì, è farina del mio sacco.

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Elaine: Posso chiederle come ci è arrivato?

Daniel: Certamente. Ci sono arrivato usando il metodo che ho già descritto. Prima di tutto, l'attenzione alle insensatezze. Lo specifico frammento di insensatezza che mi disturbava era questo: che la Rivoluzione Agricola venga considerata la più grande benedizione dell'umanità, mentre nella Genesi viene considerata una maledizione, la punizione inferta da Dio dopo la Caduta. Com'è possibile che questi due giudizi esistano fianco a fianco nella nostra cultura senza che nessuno noti che sono contraddittori?

Seguendo il solito protocollo, sono indietreggiato per osservare la questione da un punto di vista più ampio. Per quale peccato stava venendo punito Adamo? Stava venendo punito per aver mangiato il frutto di un albero che gli era stato specificamente proibito: l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male. Questo mi diede un altro frammento di assurdità a cui pensare. Nella nostra cultura, possedere la conoscenza del bene e del male viene dato per scontato: è una cosa buona, una cosa meravigliosa. Perché mai dovrebbe essere proibita? Se la traduciamo come “la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato”, è la misura stessa della sanità mentale.

Non avevo mai incontrato una spiegazione della Conoscenza del Bene e del Male che avesse senso. Ne “I Draghi dell'Eden”, Carl Sagan propone la ridicola idea che si trattasse dell'intelligenza stessa, il che non fa che trasformare la storia in un'assurdità. (Dal capitolo: “l'Eden come metafora”: “E' interessante come Dio non proibisca ogni tipo di conoscenza, ma specificamente quella del bene e del male – ossia la capacità di esprimere giudizi morali e astratti...”) Come avrebbe potuto Dio creare un essere abbastanza intelligente da capire i suoi comandamenti e poi punirlo per aver acquisito l'intelligenza? La maggior parte degli esegeti tratta la “Conoscenza del Bene e del Male” come una sorta di proibizione simbolica. Dio doveva proibire qualcosa ad Adamo, e non importava che non avesse senso per delle persone secondo cui possedere quella conoscenza è la benedizione suprema.

Indietreggiando ancora di più, analizzai la geografia della situazione e vidi che la Rivoluzione Agricola cominciò tra i caucasici, che vivevano direttamente a nord dei semiti. Questo significava che il resoconto delle origini dell'agricoltura che si trova nella Genesi non si è originato tra i nostri antenati culturali, i caucasici, perché, naturalmente, la Genesi è un testo ebraico, semita. Indietreggiando ancora, in una direzione diversa, osservai di nuovo la storia di Caino e Abele e concepii la teoria che non

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fossero due individui ma piuttosto due figure allegoriche, con Caino a rappresentare gli agricoltori caucasici del nord e Abele a rappresentare i pastori semiti del sud.

Se era un'ipotesi sensata (e a me lo sembrava), allora l'uccisione di Abele da parte di Caino non rappresentava un singolo attacco di un individuo contro un altro, ma una guerra di confine: gli agricoltori caucasici si stavano appropriando dei territori semiti per convertirli in campi coltivati proprio come gli agricoltori europei – i discendenti culturali di questi caucasici – si sarebbero in seguito appropriati dei territori indiani per convertirli in campi coltivati. Se la mia lettura era corretta, allora la storia della Caduta diventava una sorta di storia esplicativa, e quello che richiedeva spiegazioni era semmai l'insolito comportamento dei loro vicini del nord. Assumendo che questi caucasici stessero praticando lo stesso tipo di agricoltura che i loro discendenti culturali hanno praticato per i successivi diecimila anni fino a ora, come si stavano comportando?

Elaine: Si stavano comportando come se il mondo appartenesse a loro.

Daniel: Sì... Ma sto cercando di capire la spiegazione che fornirono i semiti. Secondo loro, questo popolo aveva mangiato il frutto di un albero della conoscenza che era stato proibito ad Adam – all'Uomo. Quale conoscenza Dio avrebbe voluto proteggere, tenere fuori dalla portata dell'Uomo?

Elaine: La sua. La conoscenza che usa per governare il mondo.

Daniel: E perché questa sarebbe la conoscenza del bene e del male?

Elaine: Perché – e a questo punto sto fondamentalmente recitando – governando il mondo, tutto ciò che Dio fa è bene per uno ma male per un altro – necessariamente. Come l'ha messa lei, se la volpe a caccia prende la quaglia, questo è bene per la volpe ma male per la quaglia. Ma se la quaglia sfugge alla volpe, allora questo è bene per la quaglia e male per la volpe.

Daniel: E solo Dio sa se la volpe dovrebbe catturare la quaglia o se la quaglia debba scappare.

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Elaine: Sì. Solo Dio sa chi dovrebbe vivere e chi morire.

Daniel: Ma che dire di quelli che praticano l'agricoltura nel nostro stesso modo?

Elaine: Agiscono come se avessero mangiato il frutto dell'albero della conoscenza di Dio e sapessero chi deve vivere e chi morire. Se i lupi attaccano il vostro bestiame, allora i lupi devono morire e il bestiame deve vivere. Se le volpi mangiano le vostre galline, allora le volpi devono morire e le galline devono vivere.

Daniel: E dato che hanno preso questa conoscenza nelle loro mani, ha senso che Dio li abbia condannati a vivere col sudore della fronte. Fino a quel momento avevano vissuto una vita facile, lasciando che Dio governasse il mondo e prendendo ciò che Lui dava loro. Se questo non gli bastava e volevano governare il mondo loro stessi, allora avrebbero dovuto fare tutto il lavoro che fino ad allora Dio aveva fatto al posto loro. Prima si limitavano a prendere qualunque cosa Dio piantasse per loro. Ora, avendo spodestato Dio come governatore del mondo, avrebbero dovuto piantare il proprio cibo. Ai Caino, coltivatori del terreno, crescere il proprio cibo sembrava una benedizione, proprio come a noi. Agli Abele invece sembrava una punizione. A noi, la Rivoluzione Agricola sembra un evento e un trionfo tecnologico. Ai semiti, sembrava un evento spirituale e una catastrofe.

Elaine: Sì.

Daniel: Potrei aggiungere questo come nota a piè di pagina. Credo che sia nella sua autobiografia – anche se potrebbe essere stato in uno dei suoi discorsi – che Malcolm X ha identificato la razza bianca con Satana. Sapevo, mentre lo leggevo, che era il paragone mitologico sbagliato. Solo in seguito realizzai che sarebbe stato molto più appropriato identificare la razza umana con Caino, dato che imperversava per il mondo irrigando i suoi campi con il sangue dei suoi fratelli.

Elaine: Be', questa è stata l'occupazione principale della razza bianca.

Daniel [dopo una pausa]: Allora, cosa ne pensi? E' stato un esercizio utile per te?

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Elaine: Sì, è stato utile vedere questo metodo applicato a un problema ampio e complesso come questo.

Daniel: Continuo a credere che sarebbe più illuminante per i lettori vederti faticare per applicarlo proprio ora in tempo reale anziché sentirmi parlare di quando l'ho applicato vent'anni fa.

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Sabato: pomeriggio

Daniel: Ecco una domanda che mi è stata rivolta spesso: “Signor Quinn, mi piacerebbe sapere se lei cammina o usa una bicicletta per andare al lavoro, se usa l'elettricità, se ha il riscaldamento centralizzato e l'aria condizionata.”

Elaine: Uh-uh.

Daniel: A cosa pensi che voglia arrivare davvero questa persona?

Elaine: Direi che vuole sapere se pratica quello che predica.

Daniel: Sospetta che io sia un ipocrita.

Elaine: Sì.

Daniel: Quale premessa è alla base di questo?

Elaine: Che ciò che lei predica è... Questa persona ha le sue idee personali su ciò che bisogna fare per salvare il mondo. Dobbiamo lasciar perdere le automobili e camminare per andare al lavoro. Dobbiamo spegnere l'elettricità. Cose così.

Daniel: Ha le sue idee personali, e...

Elaine: E immagina che, se anche lei vuole salvare il mondo, debba condividerle. Che debba sostenere le stesse cose che sostiene lui.

Daniel: E ho mai sostenuto cose simili?

Elaine: Non che io sappia.

Daniel: Non l'ho fatto. Non è che cose simili sarebbero inutili, è solo che non le ho mai prescritte, da nessuna parte, perché la maggior parte delle persone ne è già consapevole. Quindi in realtà la sua domanda si riduce a: “Signor Quinn, pratica quello che io mi aspetto che predichi?”

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Elaine: Esatto.

Daniel: E che cosa predico davvero?

Elaine: Be', di nuovo, sto solo recitando. Penso che l'espressione più chiara sia questa: se ci saranno ancora persone qui fra duecento anni, non penseranno come facciamo noi, perché se la gente continuerà a pensare come facciamo noi, allora continuerà a vivere come facciamo noi – e se la gente continuerà a vivere come facciamo noi, non esisteranno più persone qui tra duecento anni.

Daniel: In altre parole, i miei libri non contengono liste di cose da fare o da non fare. I miei libri riguardano il cambiare menti.

Elaine: Sì.

Daniel: Molte persone lo trovano difficile da digerire. La mettono in questo modo: “So che le cose vanno male, ma solo cambiare menti non è abbastanza.”

Elaine: Cosa sarebbe abbastanza, secondo loro?

Daniel: Questa è una risposta a cui devi rispondere tu, naturalmente.

Elaine: Direi che vogliono vedere dell'azione. Cambiare menti non sembra loro azione.

Daniel: E che cosa intendono probabilmente per “azione”?

Elaine: Be'... approvare nuove leggi probabilmente conterebbe come azione.

Daniel: Penso anch'io. Quali leggi?

Elaine: Non lo so. Leggi ambientaliste più severe.

Daniel: Nel caso degli Stati Uniti, quale parte del governo fa rispettare le leggi?

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Elaine: Quella esecutiva.

Daniel: E se ti capita di avere un capo esecutivo come George W. Bush, a cui non importa niente dell'ambiente?

Elaine: Le leggi più severe verranno ignorate o respinte.

Daniel: E chi ha eletto George Bush?

Elaine: La gente a cui non importa niente dell'ambiente. Gente con menti non cambiate.

Daniel: Quindi...

Elaine: Questa è la regola generale. Approvare nuove leggi aiuta davvero solo se l'elettorato vuole vederle messe in atto.

Daniel: Quindi neanche mandare lettere ai vostri legislatori chiedendo cambiamenti – cosa che può anch'essa venire considerata azione – non servirà a molto.

Elaine: No.

Daniel: Quali sono altre cose che contano come azione?

Elaine [dopo averci pensato]: Il protestare.

Daniel: E contro cosa potremmo protestare?

Elaine: L'Organizzazione Mondiale del Commercio è piuttosto popolare.

Daniel: Pensi che le persone che mi fanno questa domanda considererebbero “abbastanza” protestare contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio?

Elaine: Abbastanza per cosa?

Daniel: Be', dato che stanno scrivendo a me, cosa pensi che intendano

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per “abbastanza”?

Elaine: Immagino che intendano... abbastanza per salvare il futuro dell'umanità.

Daniel: Credo anch'io.

Elaine: E protestare contro l'OMC non lo sarà.

Daniel: Quindi, come fai a protestare contro le cose che mettono in pericolo il futuro dell'umanità? A chi ti rivolgi?

Elaine: Non lo so. Le persone intorno a te. La gente in generale.

Daniel: Come si organizza una protesta simile?

Elaine: Non ne ho idea.

Daniel: So di un'occasione recente in cui il protestare si è dimostrato efficace – la protesta contro la guerra in Vietnam. Ma cosa l'ha resa effettiva?

Elaine: Ho paura di non conoscere molto bene quel periodo.

Daniel: Alla base del movimento per fermare la guerra c'erano dei dibattiti progettati per cambiare il modo in cui la gente pensava alla guerra – in contrasto con il modo in cui il governo voleva che ci pensasse. Il cuore del movimento era cambiare menti.

Elaine: E l'obiettivo era molto ben definito. Sapevano esattamente con chi protestare e riguardo cosa.

Daniel: Esatto. Quali sono altre forme di azione?

Elaine: C'è lo stile di azione di Greenpeace. E Earth First.

Daniel: Sì. Combattere la realtà esistente... Una delle cose di cui la gente si lamenta del cambiare menti è che ci vuole troppo tempo. Greenpeace è al lavoro da trent'anni, e ha sicuramente ottenuto dei buoni

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risultati, ma tutte le cose contro cui lavora continuano ad avvenire. Ma nessuno si lamenta che ciò che sta facendo “richiede troppo tempo”.

Elaine: Perché viene percepita come azione. L'azione non deve funzionare.

Daniel: E' un'osservazione molto astuta – l'osservazione di un Antropologo Marziano. Spiegati meglio.

Elaine: Be'... La Guerra alla Droga non funziona – chiunque lo sa. Ci abbiamo speso miliardi, forse trilioni, ma va bene lo stesso. E' azione.

Daniel: In un discorso che ho tenuto al Minnesota Social Investment Forum, nel 1993, ho proposto di sospendere temporaneamente le attuali leggi sulla droga, diciamo per tre anni. Se poi non dovessimo gradire il risultato, non dovremmo fare nulla. Le leggi sulla droga tornerebbero automaticamente in vigore.

Elaine: Ha senso.

Daniel: Quale pensi sarebbe il risultato di una cosa simile?

Elaine: Non fermerebbe l'uso di droghe.

Daniel: Non l'ha fatto nemmeno la Guerra alla Droga.

Elaine: Vero... Vediamo... Il traffico illegale di stupefacenti cesserebbe quasi immediatamente, non appena le compagnie farmaceutiche legittime fossero pronte a rilevarlo... Dovremmo stabilire dei limiti di età, naturalmente.

Daniel: Quindi qualche forma di traffico illegale continuerebbe, come succede con l'alcool e il tabacco.

Elaine: Probabilmente non sarebbe organizzato come ora. Voglio dire, i ragazzini riescono a ottenere alcool e sigarette piuttosto facilmente, se vogliono.

Daniel: Ad ogni modo, avremmo tre anni per studiare i risultati. Se le

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cose dovessero peggiorare, allora faremmo tornare automaticamente le leggi sugli stupefacenti in vigore. O, se le cose sembrassero migliorare, potremmo estendere la sospensione per altri tre anni e vedere che succede.

Elaine: Ha troppo senso per venir attuato.

Daniel: D'altro canto, il Proibizionismo – la Guerra all'Alcool – alla fine è stato abbandonato.

Elaine: Vero... Ma bere è sempre stato più... diffuso. Voglio dire, il bere in sé non era criminalizzato, no?

Daniel: No, non ho mai sentito di nessuno che abbia passato dei guai per aver bevuto. Era solo illegale produrre, vendere, trasportare o importare alcolici.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: A dispetto della sua lunga storia di fallimenti, questa fiducia nell'efficacia dell'azione è profondamente radicata, nella nostra cultura. Attuare il Diciottesimo Emendamento, l'emendamento che istituiva il Proibizionismo, era azione, e venne salutato entusiasticamente da decine di milioni di persone. Il fatto che non solo non riuscì a creare una nazione sobria ma conferì al bere un nuovo prestigio e incoraggiò l'ascesa di una nuova vasta imprenditoria criminale, non affievolì l'entusiasmo di nessuno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il comunismo cominciò a venir percepito come la minaccia peggiore mai affrontata da questa nazione. Questo richiedeva azione. Il pubblico adorava la caccia alle streghe istigata dalla Commissione per le Attività Anti-Americane, specialmente quando produsse una lista nera di famosi attori, registi e sceneggiatori hollywoodiani i cui film in realtà non erano più sovversivi dei valori “americani” di qualunque altro.

Elaine: Ne ho sentito parlare, anche se è successo prima della mia nascita, ovviamente.

Daniel: Ma naturalmente si trattava di un'azione trascurabile, paragonata ai trilioni di dollari che il governo spese per arrestare l'avanzata dal comunismo e possibilmente demolire l'Unione Sovietica. Oltre

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quarant'anni di azione, azione, azione. Poi, all'improvviso, l'Unione Sovietica semplicemente si dissolse – non a causa di qualche azione intrapresa dal nostro governo, ma perché le menti dei sovietici erano cambiate. Erano stufi delle vite che il loro governo aveva dato loro. Il più grande esperimento comunista di tutti i tempi era fallito, e l'avanzata del comunismo smise di sembrare una grande minaccia – di nuovo, non per merito di qualche azione da parte del nostro governo.

Elaine: Poi arrivò la Guerra alla Droga.

Daniel: Altri trilioni spesi, e nessun segno di vittoria. Ma un sacco di azione.

Elaine: Direi che qualche legislazione ambientalista ha prodotto dei buoni risultati.

Daniel: Eppure, abbiamo rieletto un presidente che ha detto chiaro e tondo di fregarsene di proteggere l'ambiente. Che significa?

Elaine: Che anche gli elettori che l'hanno votato se ne fregano.

Daniel: Quando cominceranno a non fregarsene più?

Elaine: Quando cominceranno a pensare in modo nuovo.

Daniel: Quindi, si ritorna sempre a questo. Non serve a molto avere le leggi se non eleggiamo un capo esecutivo che le voglia applicare.

Elaine: Vero.

Daniel: Ecco un altro modo di vederla. L'azione consegue automaticamente dalla visione. Intendo dire che se una certa visione è radicata, non bisogna sforzarsi di realizzarla. Per esempio, se gli americani non avessero voluto bere alcool, il Diciottesimo Emendamento non sarebbe stato necessario, non è vero?

Elaine: Sì, avrebbero semplicemente smesso di bere. Allora i produttori avrebbero smesso di produrlo e gli importatori avrebbero smesso di importarlo.

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Daniel: Ma in realtà non volevano smettere di bere, quindi approvare il Diciottesimo Emendamento fu inutile: non era supportato dalla visione prevalente. Allo stesso modo, non vogliono smettere di usare droghe come marijuana, cocaina ed eroina, quindi la Guerra alla Droga è altrettanto inutile. Questo è sicuramente, almeno in parte, ciò che Buckminster Fuller intendeva quando disse: “Non si cambiano mai le cose combattendo la realtà esistente”. La realtà esistente non è cambiata minimamente da quando la guerra è cominciata. Tranne che in peggio. Parlando per esperienza, le uniche droghe che abbia mai visto usare ai ragazzi nella mia scuola erano nicotina e alcool.

Elaine: Questo è sicuramente cambiato.

Daniel: L'azione più notevole degli ultimi tre secoli è stata di gran lunga la Rivoluzione Industriale, ed essa era guidata unicamente da una visione. Immagino che tu sappia di che visione si trattava.

Elaine: Sì. Di nuovo recitando, la gente cominciò a capire che poteva migliorare la propria condizione inventando cose nuove, sviluppando nuovi processi – o migliorandone di vecchi.

Daniel: Nessuno dovette “agire” per farlo avvenire – nessuno dovette creare leggi che imponessero alla gente di essere inventiva.

Elaine: Essere inventivi era nel loro interesse.

Daniel: Ma capisci che la Rivoluzione Industriale non avrebbe potuto cominciare nel Medioevo.

Elaine: No, la visione non era lì. Nacque solo come risultato del Rinascimento e della rivoluzione scientifica che scatenò.

Daniel [dopo una piccola pausa]: Cosa sai dell'ipnotismo?

Elaine: Ipnotismo? Alla faccia del cambiare discorso.

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Daniel: Sì.

Elaine: Cosa ne so...? Nulla di più di quello che si sa in genere.

Daniel: Cosa diresti che si sappia in generale?

Elaine: Caspita... Direi che “sapere” probabilmente è una parola grossa. [Ci pensa per un po'.] L'impressione che ottieni dai film è che l'ipnotismo induca uno stato di trance in cui il soggetto è altamente suggestionabile e può ricevere istruzioni che poi eseguirà dopo essere uscito dalla trance. Si presume.

Daniel: Si presume?

Elaine: Credo che ci siano dei dubbi – tra quelli qualificati per averne – che l'ipnotismo esista davvero. Lo stato ipnotico potrebbe essere qualcosa che il soggetto adotta inconsciamente per assecondare l'ipnotista.

Daniel: Sì, è una supposizione legittima.

Elaine: Mi sembra comunque impossibile arrivare a una conclusione certa.

Daniel: Questo è stato vero per molto tempo, ma recenti studi di scansioni cerebrali sembrano suggerire che esista davvero uno stato ipnotico decisamente diverso dal normale. Dovrò indietreggiare e prendere la rincorsa, per questo... Quando i tuoi occhi intercettano i fotoni che rimbalzano su una mela, li convertono in un disegno che poi viene inviato alla corteccia visiva primaria. Lì, la forma generale della mela viene riconosciuta e mandata a una regione più elevata delle funzioni cerebrali, dove il colore viene identificato. Poi questo disegno prosegue verso una regione ancora più elevata, dove viene unito ad altre informazioni che ti rendono in grado di riconoscere che si tratta di una mela, non di una fragola. Questo flusso di dati dal-basso-verso-l'alto è ciò che consideriamo l'ordinario processo di percezione.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Ma esiste anche un flusso di informazioni dall'alto-verso-il-

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basso che è altrettanto potente, e la cosa strana è che i percorsi neurali che trasportano informazioni dall'alto verso il basso sono dieci volte più numerosi di quelli che trasportano informazioni dal basso verso l'alto.

Elaine: E' davvero strano.

Daniel: E' un luogo comune che agli occidentali tutti gli orientali sembrino uguali – e viceversa. Se tu e un coreano vedeste due volti orientali, gli stessi fotoni raggiungerebbero entrambi i vostri occhi, ma ciò che tu e il coreano finireste per percepire sarebbe molto diverso. Tu saresti molto probabilmente colpita dalle loro somiglianze, mentre il coreano dalle loro differenze. Per esempio, sarebbe in grado di dirti se i volti appartengono a persone coreane, cinesi o giapponesi. Il coreano noterebbe le caratteristiche che differenziano un volto dall'altro, anche se probabilmente fallirebbe nel distinguere le caratteristiche che distinguono un volto caucasico dall'altro.

Elaine: Capisco cosa intende. Le esperienze di tutta una vita superano di gran lunga ciò che viene percepito dagli occhi.

Daniel: Un insetto esotico potrebbe colpirti come qualcosa di rivoltante, ma colpirebbe un entomologo in modo completamente diverso.

Elaine: Uh-uh.

Daniel: Nei campi di concentramento nazisti, le stesse immagini raggiungevano gli occhi dei prigionieri e delle guardie, ma le guardie, condizionate da decenni di antisemitismo, non vedevano più esseri umani quando guardavano gli ebrei, vedevano vermi meritevoli di essere sterminati. In altre parole, i livelli di percezione superiori prevalevano su quelli inferiori, cosicché erano in grado di uccidere chi dovevano senza provare colpa o rimorso. La sindrome di Stoccolma è probabilmente un esempio dello stesso effetto.

Elaine: Mi ricordi di che si tratta.

Daniel: Gli ostaggi cessano di vedere i propri rapitori come nemici e li considerano alleati.

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Elaine: Già.

Daniel: Le guarigioni causate dalla fede sono un altro esempio. Un caso celebre è quello di Helen Sullivan, che soffriva di un cancro che aveva indebolito la sua spina dorsale al punto che passava la maggior parte del suo tempo in sedia a rotelle e poteva solo camminare con l'aiuto di un supporto ortopedico. In effetti, non si era tolta l'apparecchio per quattro mesi quando partecipò a un “Servizio Miracoloso” tenuto da Kathryn Kuhlman, una praticante della tecnica “shotgun” di guarigione per fede, che consiste nell'annunciare che qualcuno tra il pubblico sta venendo curato di qualcosa – anziché invitare qualcuno sul palco per farsi curare.

La signora Sullivan, ascoltando che qualcuno stava venendo curato dal cancro, fu sicura che si trattasse di lei. Barcollò dalla propria sedia a rotelle fino al palco, si strappò di dosso il sostegno ortopedico e corse avanti e indietro per il palco diverse volte, poi tornò alla sua sedia a rotelle, agitando il supporto ortopedico in aria. Alcune ore dopo, nel bel mezzo della notte, si svegliò in preda a dolori atroci. I raggi X rivelarono che le vertebre indebolite dal cancro erano collassate, presumibilmente a causa dello sforzo a cui le aveva sottoposte correndo avanti e indietro sul palco. Morì due mesi dopo.

Elaine: Uh-uh. La sua “fede” in cima aveva soverchiato il dolore che altrimenti avrebbe provato durante la dimostrazione.

Daniel: Così sembrerebbe. L'ipnosi sembra avviare un simile soverchiamento dei livelli inferiori di percezione a opera di quelli superiori. Almeno, questo è quello che un recente esperimento sembra indicare. Un neuroscienziato della Columbia University ha messo un gruppo di persone altamente suscettibili all'ipnosi insieme a un gruppo di persone invece altamente resistenti, li ha condotti tutti attraverso il processo di induzione ipnotica, poi ha dato loro queste istruzioni: “Fra poco, quando non sarete più sotto ipnosi, giocherete a un videogioco dentro uno scanner cerebrale. Ecco il gioco. Sul monitor vedrete una serie di lettere messe a casaccio e prive di significato che sembrano parole scritte in un alfabeto straniero. Il vostro compito non è capire che cosa significano, perché non significano niente. Il vostro compito è identificare il colore in cui sono scritte – rosso, verde, blu o giallo – e premere il bottone del colore corrispondente il più rapidamente possibile.”

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Elaine: Va bene.

Daniel: Il punto è che le serie di lettere prive di senso sul monitor non erano affatto prive di senso. Erano parole inglesi perfettamente leggibili – rosso, verde, blu e giallo in grassetto – e il colore della parola non corrispondeva necessariamente alla parola. La parola “rosso” poteva essere colorata di blu, la parola “giallo” poteva essere colorata di verde, e così via.

Elaine: Capisco.

Daniel: Ciò che l'esperimento mostrò fu questo. Il gruppo che era altamente suscettibile all'ipnosi identificò i colori delle parole in modo notevolmente più rapido del gruppo altamente resistente all'ipnosi. Sono sicuro che puoi capire perché.

Elaine: Sì. Se vedi la parola giallo – assumendo che tu sia letterato – penserai subito: “giallo”, a prescindere dal colore della parola. Dovrai pensare di nuovo per vedere che in realtà la parola è scritta in verde.

Daniel: Esatto. Ma i soggetti altamente ipnotizzabili non videro la parola “giallo”. Videro sequenze di lettere senza senso, e quindi premettero il pulsante verde senza esitazioni.

Elaine: Interessante.

Daniel: E ti stai chiedendo cosa c'entri con tutto il resto.

Elaine [ride]: Sì, devo ammettere di sì.

Daniel: La persona che ha portato questo esperimento alla mia attenzione ha detto che gli ricordava Madre Cultura.

Elaine: Uh-uh.

Daniel non dice niente.

Elaine [dopo un minuto]: E...?

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Daniel: E tu sei un'Antropologa Marziana in addestramento.

Elaine [dopo aver riflettuto per un po']: Non vedo la domanda.

Daniel: Questa mattina hai espresso la tua insoddisfazione per una dieta di sole domande.

Elaine [ride nervosamente]: Sì, è vero. Immagino di dover dire che non vedo il problema.

Daniel: Non ho detto che c'è un problema. Ti ho solo presentato un'affermazione.

Elaine: E qual era?

Daniel: Il mio amico ha detto che tutto ciò che ti ho appena detto gli ricordava Madre Cultura.

Elaine: Cosa intendeva, esattamente?

Daniel: Questo è tutto ciò che ha detto. Non ha aggiunto altro.

Elaine: E lei cosa pensa che intendesse?

Daniel: Non pensi di poterlo capire da sola?

Elaine [dopo averci pensato]: Intendeva che Madre Cultura ci ipnotizza, ci influenza in modo che i nostri livelli percettivi superiori sottomettano quelli inferiori, ossia cos'è davvero davanti ai nostri occhi.

Daniel: Sì, sono sicuro che sia più o meno quello che aveva in mente.

Elaine: Quindi?

Daniel: Quindi, sei ancora in addestramento.

Elaine geme.

Daniel: Senti, Elaine. Hai detto che nella tua vita di tutti i giorni, la

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gente non ti pone domande dirette come quelle che mi rivolgono i miei lettori. Questo è assolutamente vero. E' vero anche per me. Le cose non mi volano incontro con un'etichetta attaccata con su scritto: “Qualcosa da esaminare per l'Antropologo Marziano”. L'Antropologo Marziano in me è sempre sveglio. Sono abituato a esaminare qualunque cosa incontri – e sto cercando di farti assumere la stessa abitudine. Quando te ne andrai, non ci sarà più nessuno che ti indicherà le cose a cui fare attenzione.

Elaine: Lo so.

Daniel: Allora?

Elaine: Immagino che il problema sia che l'affermazione di questa persona sembra così... innocua. Perfino ovvia. Non crede?

Daniel non dice niente.

Elaine sospira. Alla fine, chiamare Madre Cultura un'ipnotista è solo una metafora, no?

Daniel: Facciamo una pausa mentre ci pensi?

Elaine: Sì.

Elaine [un'ora dopo]: Credo di essere arrivata da qualche parte.

Daniel: Bene.

Elaine: Mi sembra che il problema non sia l'atto stesso dell'ipnosi. Ha già menzionato casi in cui il ragionamento dall'alto-verso-il-basso ha il sopravvento senza nessuna ipnosi. La Sindrome di Stoccolma è un esempio. Ho pensato a un altro. In Australia, gli sciamani aborigeni usano una magia chiamata “puntare l'osso” che può letteralmente causare la morte a un nemico che accetti la realtà della maledizione. La conosce?

Daniel: Sì.

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Elaine: Puntare l'osso non impiega affatto l'ipnosi, ma ha lo stesso effetto di un atto ipnotico, in cui il livello percettivo inferiore viene sottomesso da quello superiore.

Daniel: Uh-uh.

Elaine: In Ishmael, ha descritto la storia che Madre Cultura ci racconta come la forza trainante della nostra cultura. Per esempio, ci dice che il mondo è un possedimento umano, e quando osserviamo il mondo, questo è esattamente ciò che vediamo. Questo anche se concretamente – realisticamente – sappiamo che non abbiamo alcun atto di proprietà del mondo firmato da Dio.

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Il nostro condizionamento culturale ai livelli superiori soverchia i livelli inferiori.

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Se è legittimo pensare che il ragionamento dall'alto-verso-il-basso operi sulle guardie dei campi di concentramento e sugli ostaggi in preda alla Sindrome di Stoccolma, allora è legittimo pensare che operi anche su di noi su una scala molto più ampia.

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Quindi l'osservazione del suo amico mi sembra perfettamente valida. Anche se non c'è uno specifico, singolo atto di ipnosi , il costante mormorio di Madre Cultura nelle nostre orecchie dalla culla in poi, ci porta a non considerare l'evidenza recepita dai nostri sensi. A modo nostro, mentre continuiamo a divorare il mondo, siamo come quelle guardie dei campi di concentramento. Esse vedevano lo sterminare gli ebrei come qualcosa che semplicemente andava fatto. Ai livelli più basilari, sapevano che le altre nazioni avrebbero visto ciò che stavano facendo come qualcosa di profondamente perverso, ma questa consapevolezza era soverchiata dal loro condizionamento culturale in cima. Noi siamo similmente consapevoli – in fondo – che gli altri popoli e i nostri stessi discendenti vedranno la distruzione del pianeta che stiamo causando come qualcosa di

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profondamente perverso, ma questa consapevolezza è soverchiata dal nostro condizionamento culturale in cima, che ci dice che questo è qualcosa che va semplicemente fatto. E' un lavoro, come sterminare gli ebrei.

Daniel: Uh-uh.

Elaine [dopo aver aspettato che Daniel continui]: Quindi?

Daniel: Quindi, cosa?

Elaine [ride]: Immagino di aspettare il voto.

Daniel: In altre parole, pensi di aver finito.

Elaine: C'è di più?

Daniel: Se ci fosse, come procederesti per vederlo?

Elaine: Oh... Indietreggerei e osserverei la questione da un'angolazione più ampia.

Daniel: Questo è il protocollo. E cosa vedi indietreggiando e osservando da un'angolazione più ampia?

Elaine: Direi... più terreno.

Daniel: Ovviamente.

Elaine: Va bene. [Dopo alcuni minuti.] Va bene, ecco cosa vedo... Il suo amico si stava riferendo alla nostra Madre Cultura. Almeno credo.

Daniel: Credo anch'io.

Elaine: Ma ogni cultura ha una Madre Cultura che mormora nelle orecchie di tutti fin dalla culla.

Daniel: Naturalmente.

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Elaine: Ho perfino portato un esempio io stessa. La Madre Cultura degli aborigeni australiani dice loro, tra le varie cose, che i loro sciamani possiedono immensi poteri occulti.

Daniel: Esatto. Tra altre migliaia o milioni di cose, proprio come la nostra Madre Cultura. Quando il mio hard disk si è rotto, alcuni mesi fa, ho perso una citazione molto significativa da, credo, il capo di una tribù americana nord-occidentale. Ha detto, approssimativamente – riferendosi a noi, ovviamente – “Non ci era venuto in mente che intendeste rimanere”. Il loro condizionamento culturale ai livelli superiori aveva detto loro che la gente semplicemente non si trasferisce nel territorio di qualcun altro per stabilircisi come se fosse il suo, e questo aveva prevalso su ciò che i loro occhi stavano dicendo loro.

Elaine: Sì, è molto chiaro.

Daniel: E ora, cosa ne pensi del fatto apparentemente bizzarro che i percorsi neurali dall'alto verso il basso sono dieci volte più numerosi di quelli dal basso verso l'alto?

Elaine [dopo qualche riflessione]: Credo che significhi che gli umani sono progettati per la cultura.

Daniel: Sì, lo penso anch'io. Ci siamo evoluti come creature culturali, e il condizionamento culturale ai livelli superiori serve a dirci come valutare e reagire alle informazioni che riceviamo dai livelli sensoriali inferiori – un compito molto più complesso per noi che per scoiattoli o squali.

Elaine: Per quanto quello che questo condizionamento ci dice non sia sempre... affidabile.

Daniel: Questo è vero – ed è uno dei motivi per cui vale la pena esaminarlo. Il condizionamento culturale dei nativi americani diceva loro che non intendevamo rimanere – che non potevamo voler rimanere. Il nostro condizionamento culturale ci dice che il modo in cui viviamo è il modo in cui gli umani erano destinati a vivere dall'inizio dei tempo e che dobbiamo continuare a vivere in questo modo anche se ci ucciderà.

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Domenica: mattina

Elaine: Mi dispiace che questo sia il nostro ultimo giorno.

Daniel: Perché?

Elaine: Sono sicura che potremmo continuare in questo modo per settimane.

Daniel: Vorrei che fosse così. In realtà ho esaurito le domande che sembrano degne di essere esaminate. Ho sfogliato le centinaia che ho a disposizione una dozzina di volte.

Elaine: E' difficile da credere.

Daniel: Sono semplicemente molto dirette. Non hanno profondità nascoste, non presentano nessuna sfida.

Elaine [allarmata]: Significa che abbiamo finito?

Daniel [ride]: Oh, no. Abbiamo ancora una domanda che abbiamo lasciato senza risposta dal primo giorno, e ho conservato per ultimo un problema molto gustoso.

Elaine: Bene. Qual è la domanda che abbiamo lasciato senza risposta?

Daniel: Stavamo parlando del motivo per cui i primi tre milioni di anni della storia umana sono stati spazzati sotto il tappeto dalla gente della nostra cultura.

Elaine: Ah, già.

Daniel: Eravamo arrivati al fatto che questi tre milioni di anni rappresentano una minaccia alla concezione che abbiamo di noi stessi proveniente dalla nostra mitologia culturale. Ti andrebbe di riassumere?

Elaine: Mi lasci pensare... Secondo la nostra mitologia culturale, noi e soltanto noi siamo l'umanità. Riconoscere che i nostri antichi antenati

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abbiano diritto a rivendicare anch'essi l'umanità – riconoscere che le loro vite abbiano avuto una qualunque importanza – è ovviamente una minaccia alla nostra mitologia. Il modo in cui viviamo è il modo in cui gli umani erano destinati a vivere fin dall'inizio, e i nostri antichi antenati stavano solo ammazzando il tempo, senza concludere nulla. La vera vita umana non è iniziata finché non siamo arrivati noi a costruire civiltà.

Daniel: Molto bene. E ti ricordi che ho detto che c'è una minaccia ancora maggiore insita nel riconoscere quei primi tre milioni di anni di vita umana.

Elaine: Sì...?

Daniel: Sei pronta a cercare la risposta, ora?

Elaine: Avrei dovuto rifletterci su...

Daniel non dice nulla.

Elaine: Mi ricordo di aver fatto una domanda a cui non voleva rispondere, ma non mi ricordo qual era.

Daniel: Cosa dovresti fare, ora?

Elaine: Indietreggiare. Cercare di ottenere una visuale del territorio più ampia.

Daniel non dice nulla.

Elaine [dopo un minuto]: Mi ricordo, adesso. Ho chiesto chi si sentirebbe minacciato. In realtà... Va bene, questo potrebbe essere utile. Quello a cui sto pensando è il periodo storico in cui la gente stava venendo costretta a prendere in considerazione l'idea che la specie umana non fosse il prodotto di uno speciale atto di creazione avvenuto solo pochi millenni prima. Questa era ovviamente un'idea molto stressante per molte persone... Ma lo sappiamo già questo.

Daniel: Fai con calma.

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Elaine: Ma era stressante soprattutto per... i pensatori Cristiani.

Daniel [dopo un minuto]: Forse ti aiuterebbe affrontare il problema da un'angolazione diversa.

Elaine: Che angolazione?

Daniel: Quali strategie abbiamo usato in precedenza che si sono rivelate utili?

Elaine: Be', c'è stato il girare la scacchiera.

Daniel: Prova di tutto.

Elaine [sospirando]: Girare la scacchiera... Cosa significherebbe, qui?

Daniel non dice niente.

Elaine: Ecco la premessa: “Odiamo l'idea che gli umani non siano il prodotto di una creazione speciale avvenuta solo pochi millenni fa.” Invece di cercare di radunare delle prove per cambiare la loro opinione, chiederò perché quest'idea è così detestabile. Perché non dite: “Evviva! La famiglia umana è molto più ampia e antica di quanto pensassimo!” Perché non state esultando anziché mugugnando?

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Cosa vi turba tanto dell'idea che siamo esistiti per tre milioni di anni?

Daniel non dice niente.

Elaine [dopo averci pensato per un paio di minuti]: Ci sono, penso. Se siamo esistiti per tre milioni di anni, dov'è stato Dio in tutto questo tempo?Ora, questa è una domanda pericolosa.

Daniel: Direi di sì.

Elaine: Penso di capirlo, ora. Noi siamo l'umanità, quindi le nostre

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religioni sono le religioni dell'umanità. Ma le nostre religioni hanno solo tre o quattromila anni – il Cristianesimo solo duemila. Quindi, come possono essere considerate le religioni dell'umanità, se l'umanità ha tre milioni di anni? Non ha senso.

Daniel non dice nulla.

Elaine: Andava bene quando la data di quel vescovo veniva considerata valida. Qual era?

Daniel: Era il 4004 avanti Cristo. Secondo i calcoli del vescovo Ussher, Adamo ed Eva, insieme al resto dell'universo, sono comparsi quasi esattamente seimila anni fa.

Elaine: E quella andava bene, perché... Perché significava che Dio aveva cominciato a interagire con l'umanità fin dall'inizio, dal primissimo giorno. L'intera storia biblica era salva... Come è arrivato a questa data Ussher?

Daniel: In sostanza, ha sommato le età fornite dalle genealogie del Vecchio Testamento, che arrivano fino al periodo storico – fino alla prima distruzione del Tempio di Gerusalemme, in effetti. Non ricordo come ha determinato la data di questo avvenimento, ma da lì in poi è stata semplice aritmetica.

Elaine: Capisco. Ma in ogni caso, questo pone la credenza che il Cristianesimo sia la religione dell'intera umanità su fondamenta piuttosto solide, generazione dopo generazione, evento dopo evento, fin dall'inizio. Ecco cosa perdi se rifiuti la datazione di Ussher – queste fondamenta.

Daniel: Sì, così sembrerebbe.

Elaine: Ma mi sembra che gli unici religiosi oltraggiati dalla perdita della speciale creazione dell'umanità furono – e sono – cristiani. Non ho mai sentito di alcun oltraggio tra gli ebrei o i buddisti.

Daniel: E questo a cosa ti porta?

Elaine: Non ne sono sicura... Immagino che mi porti qui: il

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Cristianesimo è l'unica tra le nostre religioni che si dipinge come la religione dell'intera umanità. L'Ebraismo e l'Induismo sono entrambe religioni specificamente etniche, non crede? Voglio dire, l'Ebraismo è per gli ebrei e l'Induismo per gli abitanti dell'India.

Daniel: Sembra abbastanza chiaro che l'Ebraismo sia per gli Ebrei, visto che sono un popolo scelto specificamente. Non sono al corrente di alcuna tendenza evangelista tra gli Indù.

Elaine: E riguardo all'Islam?

Daniel: Così su due piedi, mi sembra che in effetti si consideri una religione per l'intera umanità. Lasciami controllare una fonte. [Tornando, venti minuti dopo.] Questo è tratto da “The World's Religions”, di J.N.D. Anderson: “Ci sono pochi dubbi che Maometto abbia inizialmente creduto di potersi guadagnare il sostegno degli Ebrei semplicemente proclamando il proprio messaggio, perché il suo messaggio non era forse la sola, vera religione predicata da Abramo e da tutti i patriarchi e i profeti, che era stata corrotta solo per poter venire proclamata nuovamente?”

Elaine: Uhm. Questo affonda la mia teoria.

Daniel: Qual era la tua teoria?

Elaine: Forse non lo fa. Il libro dell'Islam è il Corano, non la Bibbia.

Daniel: Quindi?

Elaine: Quindi, non sono legati al resoconto della creazione della Genesi – o dalla datazione della creazione del vescovo Ussher. O almeno non quanto i cristiani, che sono rimasti infastiditi dall'aver perso quelle fondamenta che permettevano loro di far risalire le loro origini all'inizio della vita umana.

Daniel: Sembra plausibile. Ma non sono ancora sicuro di dove vuoi arrivare.

Elaine [ridendo]: Al momento, neanch'io.

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Daniel: Facciamo una piccola pausa e forse ti verrà in mente.

Elaine: Va bene.

Daniel [mezz'ora dopo]: Hai avuto fortuna?

Elaine: No. Penso di aver fatto il passo più lungo della gamba. Può saltare questa parte di dialogo quando scriverà il libro.

Daniel: Niente affatto. Non mi sognerei nemmeno di farlo. Sei stata brillante. E hai trovato alcune cose che mi erano sfuggite in una lezione che ho tenuto alla Southwestern University alcuni anni fa (a Georgetown, Texas, vedi l'Appendice II a pagina 161).

Elaine: Uh. Immagino che sia qualcosa di cui vantarsi.

Daniel: Lo è. Quindi... niente da aggiungere?

Elaine: Intende su questo particolare argomento? No.

Daniel: Sei pronta a passare a qualcosa di completamente diverso?

Elaine: Certo.

Daniel: Bene. Mentre ero in tour per The Holy nell'autunno del 2002, mi è capitato di vedere un cartellone che mostrava dei giocatori di golf e la scritta: “Golfisti contro il cancro”.

Elaine: Uh-uh.

Daniel non dice niente.

Elaine: Tutto qui?

Daniel: Tutto qui. Dal niente, a circa diciotto metri d'altezza, lungo l'autostrada. Proprio la cosa adatta a un Antropologo Marziano.

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Elaine: Signore. Golfisti contro il cancro. Questo è tutto?

Daniel: E' tutto.

Elaine: Perché dei golfisti?

Daniel: L'organizzazione è stata fondata nel 1997. A oggi, hanno raccolto più di sette milioni di dollari per la ricerca sul cancro.

Elaine: Ma perché dei golfisti?

Daniel: Lo stai chiedendo a me?

Elaine: No, non proprio. E' solo la prima domanda che mi è venuta in mente. Non è stata la sua?

Daniel: Ho paura di non ricordarmelo. Potrebbe esserlo stata. Se vedi qualcosa da esplorare, esploralo.

Elaine: Sa che cosa ha originato l'organizzazione?

Daniel: Credo che sia stata fondata per supportare un golfista professionista malato di cancro. Non conosco i dettagli.

Elaine [dopo averci pensato per un po']: Sarebbe diverso se fossero dentisti contro il cancro? O parrucchieri? Certo che lo sarebbe.

Daniel non dice niente.

Elaine: Immagino che non ci sia nulla da scoprire in quel tipo di domande, a parte l'ovvio.

Daniel non dice niente.

Elaine: Golfisti contro il cancro. Come se fosse un argomento di cui discutere, come l'aborto o la pena di morte. Come se ci potesse essere un'altra organizzazione, Golfisti per il cancro... Immagino che la reazione da aspettarsi a questa iniziativa sia: “Evviva i golfisti!” Ma tutti sono contro il cancro, no? Ti fa domandare perché stelle del cinema, avvocati,

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lottatori e giocatori di tennis professionisti non si siano riuniti anch'essi contro il cancro. Cosa stanno aspettando?

Daniel non dice niente.

Elaine: Sto davvero annaspando, qui.

Daniel: Non essere così dura con te stessa. Ci stai lavorando solo da un minuto.

Elaine: Dio... Golfisti contro il cancro...

Daniel: Cosa dovresti fare, ora?

Elaine: Indietreggiare. Cercare di ottenere una visuale più ampia.

Daniel: Giusto.

Elaine [sospirando]: Golfisti contro il cancro... Perché non contro il morbo di Parkinson o la distrofia muscolare?

Daniel non dice nulla.

Elaine [dopo averci riflettuto]: No, non c'è nulla da scoprire, in questa domanda... Credo che dovrei fare una passeggiata. Mi sento troppo sotto pressione con lei qui ad aspettare che arrivi a una risposta.

Daniel: Sì, probabilmente è una buona idea.

Elaine [circa un'ora dopo]: Posso usare il suo computer per fare qualche ricerca?

Daniel: Certo.

Elaine: Potrei aver bisogno di prendere degli appunti.

Daniel: Prendi un foglio dalla stampante.

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Elaine [tre quarti d'ora dopo]: Non ho idea di dove questo mi porterà.

Daniel: E' così che funziona. Prendi un punto di inizio e vedi dove ti porta.

Elaine: E' cominciata con la mia domanda sul Parkinson e sulla distrofia muscolare. O forse no. Non lo so...

Daniel: Continua.

Elaine: Ciò che mi sono chiesta è stato questo: cosa direbbero questi golfisti se chiedessi loro se Dio è contro il cancro? Secondo me direbbero di sì. Cosa ne pensa?

Daniel: Puoi capirlo da sola.

Elaine [sospirando]: Be', le persone in generale – o i credenti in generale – pregano sicuramente Dio perché li curi dei loro malanni. Questo significa...

Daniel [dopo un minuto]: Sì?

Elaine: Significa che c'è una presunzione di faziosità. I credenti presumono che Dio sia contro il cancro.

Daniel: D'accordo.

Elaine: Se la risposta è sì e Dio è contro il cancro, devo chiedere se è anche contro la malattia, l'AIDS, l'HIV, l'antrace, la polio, la rabbia, il morbillo e tutte le centinaia di malattie di cui soffriamo.

Daniel: Vaiolo, tetano, polmonite, scarlattina, tifo.

Elaine: Sì. Ho tutte queste e altre dozzine [riferendosi a una lista che sta impugnando.] Antrace, meningite, vaiolo del bestiame, laringite difterica, botulismo, malattia di Lyme, brucellosi, febbre gialla, ebola, colera, fascite necrotizzante – la malattia “divoratrice di carne”, quella sì che è divertente – dissenteria, tubercolosi, mononucleosi, difterite,

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orecchioni, cimurro, influenza, lebbra, herpes, malattia del legionario, gonorrea, leptospirosi, epatite, listeriosi, peritonite, e così via. Va bene. Ora, cosa causa tutte queste malattie? Virus, batteri e funghi. Penso che siano questi.

Daniel: Sì, per quanto ne so.

Elaine: Comunque sia... Se Dio è contro tutte queste malattie, allora dev'essere di sicuro contro i funghi, i batteri e i virus che le causano.

Daniel: Ha senso.

Elaine: E se è contro questi funghi, batteri e virus, allora sembra logico che debba essere anche contro tutte le creature che possono ferirci o ucciderci con un morso o una puntura – vedove nere, scorpioni, zanzare, tarantole...

Daniel: Api, vespe, ragni eremiti marroni...

Elaine: Serpenti a sonagli, serpenti corallo, teste di rame, mocassini acquatici, cobra...

Daniel: Mamba verdi, crotali americani, pitoni, vipere soffianti...

Elaine: Barracuda, squali...

Daniel: Meduse, razze. Per non parlare di leoni, tigri, orsi grizzly e lupi.

Elaine: Giusto. E poi ci sono tutti i parassiti e le piante che sono nocivi o letali per noi. [Leggendo dalla sua lista.] Ascaridi, tenie, anchilostomi, schistosoma, vermi solitari, tricocefali, edere velenose, amebe, napelli, ginestrini, robinie pseudoacacie, amanite ocreate, celidonie, Zigadenus venenosus, Datura stramonium, Apocynum cannabinum, Giusquiami neri, Dicentra cucullaria, Digitale purpurea, maggiociondoli, senecio, Podophyllum peltatum, Menispermum canadense, Atrope belladonna, oleandri, cicuta, querce velenose, sommacchi velenosi, fitolacche, abri, Lysichiton americanus, Vicie villose, cicuta acquatica, ageratina altissima...

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Daniel: Ti sei davvero impegnata.

Elaine [ride]: Va bene... Ecco dove sono arrivata. Ho detto che non sapevo dove stavo andando, e ancora non ne sono sicura.

Daniel: Sembra che tu stia costruendo un qualche tipo di conclusione.

Elaine: Conclusione?

Daniel: Riguardo Dio.

Elaine: Ah, sì, certo. Dato che tutte queste creature continuano a prosperare, o Dio non è contro di loro, oppure è estremamente incompetente.

Daniel: Così sembrerebbe.

Elaine: Ma ha qualcosa a che vedere con il fatto che i golfisti siano contro il cancro?

Daniel: Mi sembra altamente rilevante. Rilevante riguardo il modo di ragionare dietro questo fatto, il che è ciò che interessa a un antropologo.

Elaine: Va bene.

Daniel: Ma non penso che tu abbia portato questo ragionamento fino in fondo.

Elaine: Temevo che l'avrebbe detto.

Daniel: Sei nel bel mezzo di un argomento profondo.

Elaine: E lei non ha intenzione di dirmi di che si tratta.

Daniel: Be', preferirei di no.

Elaine [dopo un minuto]: Non penso che si tratti del problema del male.

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Daniel: Forse no, anche se è sicuramente collegato a quello.

Elaine [dopo qualche riflessione]: Essere delusi da Dio... Immagino di averci pensato perché il mio coinquilino ha letto un libro con quel titolo.

Daniel: Tu non l'hai letto?

Elaine: No...

Daniel: D'accordo. Essere delusi da Dio.

Elaine: “Perché Dio ha lasciato che la persona che amavo morisse di _________?”

Daniel: Uh-uh. E qual è la risposta?

Elaine: Ce n'è più di una. “La conoscenza di Dio è superiore alla nostra. Tu dai per scontato che la cosa migliore per la persona che amavi sarebbe stata di continuare a vivere, ma non puoi saperlo con certezza. Dio sì. Anche se naturalmente non puoi sapere una cosa simile, è del tutto possibile che alla persona che amavi sia stato risparmiato un destino perfino peggiore – e sappiamo tutti che ci sono destini peggiori della morte.”

Daniel: Vero.

Elaine: Eccone un'altra: “La morte della persona che amavi ti ha fatto dubitare di Dio. Forse questo è esattamente il punto della faccenda. Dio sta mettendo alla prova la tua fede. Dio ci mette tutti alla prova, prima o poi, e alcuni ricevono prove più dure degli altri. Ricevere una prova difficile non è un segno della disapprovazione di Dio, ma casomai del contrario. Dopotutto sono i campioni che ricevono le prove più ardue – nuotare più veloci, saltare più in alto, correre più lontani. Dandoti questa prova così difficile, Dio ti sta dando l'occasione di diventare un campione della fede.”

Daniel: Prima ho parlato di carta rigata. Quello che stai facendo è fornire le righe del foglio intitolato “Essere delusi da Dio”.

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Elaine: Non sono sicura di cosa intende con “fornire le righe”.

Daniel: Fornire le risposte che vanno scritte sulle righe.

Elaine: Capisco, sì.

Daniel: Ci sono dei presupposti che devi osservare per trovare queste risposte.

Elaine: Dio... Sono sicura che ce ne siano dozzine.

Daniel: Vuoi fare una pausa pranzo per rifletterci? E' stata una mattinata lunga.

Elaine: Sì, lo è stata.

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Domenica: pomeriggio

Daniel: Allora. Hai disegnato due righe sul foglio intitolato “Perché Dio ha lasciato che la persona che amavo morisse?” Ora stiamo cercando le cose sotto la superficie del foglio.

Elaine: Ci sono due presupposti ovvi: “Dio esiste” e “Dio è buono”.

Daniel: Sì, queste sono le basi. Ci sono altri presupposti meno facili da vedere. Puoi portarli allo scoperto e renderli visibili?

Elaine: Penso di sì – almeno alcuni. “Dio è consapevole di tutto ciò che avviene sulla Terra.” Se così non fosse, non potrebbe essere ritenuto responsabile per la morte della persona amata.

Daniel: Ha senso.

Elaine: E “Dio sa che cosa ci fa soffrire.”

Daniel: Uh-uh.

Elaine: “Dio si interessa a noi e ci invita a invocare questo suo interesse quando siamo nei guai.”

Daniel: Certo.

Elaine: Ecco dove le cose si fanno insidiose. “Dato che Dio si interessa a noi, è pronto ad aiutarci – a stare dalla nostra parte – se veniamo attaccati da un leone, uno squalo, un ragno, un batterio, un fungo o un virus.”

Daniel: Uh-uh.

Elaine: “Sapeva che la persona che amavo stava venendo attaccata, ma ha ignorato le mie invocazioni d'aiuto e si è rifiutato di stare dalla sua parte contro l'attaccante. Mi ha deluso, quindi ho motivo di sentirmi amareggiato verso di lui.”

Daniel: Sì, qui è dove le cose si fanno insidiose. Allora, cosa fai?

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Elaine: Non sono sicura di cosa intende.

Daniel: Qui è dove giri il foglio e scrivi di traverso, attraversando le righe che ti vengono fornite.

Elaine: Mmh.

Daniel: Ciò che è scritto lungo le righe finora assume che Dio si interessi a noi e che sia “dalla nostra parte” contro le migliaia di forme di vita che possono nuocerci. Cosa scrivi se giri il foglio di traverso?

Elaine: Oh, capisco. Credo. Invece di supporre che abbia un interesse particolare per noi e che sia dalla nostra parte contro tutte le altre specie, possiamo supporre che abbia interesse per tutte le forme di vita e che non stia dalla parte di nessuno.

Daniel: Che infatti sembra essere la situazione reale, visto che a volte vincono “loro” e a volte vinciamo “noi”.

Elaine: Va bene. E questo mi riporta in mente qualcosa che ha precisato in Ishmael: Tutto ciò che succede nella comunità della vita è bene per qualcuno e male per qualcun altro – e non può essere altrimenti. Se un gufo cattura un topo, questo è bene per il gufo e male per il topo. Se il gufo non riesce a catturare il topo, allora questo è bene per il topo e male per il gufo.

Daniel: Se esiste un Dio, e ha interesse per tutto ciò che vive, allora per Lui sarebbe assurdo stare dalla parte del topo o del gufo.

Elaine: Esatto.

Daniel: Vedi se riesci ad andare avanti da qui.

Elaine [dopo alcuni minuti di riflessione]: Sulla base della sola osservazione, non sembra necessario immaginare che ogni competizione per la vita venga decisa dall'intervento divino. Se il topo è nel posto sbagliato al momento sbagliato, il gufo vincerà. Se il topo è vigile e agile, e riesce a trovare rifugio in tempo, allora vincerà lui.

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Daniel: Sì.

Elaine: Durante un'epidemia di influenza, il virus vincerà in alcuni casi e perderà in altri. Di nuovo, sembra stupido immaginare che ogni confronto sia deciso da Dio. Se la persona malata è vecchia e debole, il virus probabilmente vincerà – ma non sempre. Se la persona malata è giovane e sana, il virus probabilmente perderà – ma non sempre.

Daniel [dopo aver aspettato che continuasse per un minuto]: Ben fatto. Hai appena spiegato perché non sono mai deluso degli dei di cui preferisco popolare l'universo. Non mi aspetto mai che stiano dalla mia parte contro gli altri. Se mi ammalo di polmonite, non mi aspetto che gli dei si schierino dalla mia parte contro il virus o il batterio che sta cercando di vivere nel mio corpo. Se viaggio in Indonesia, non mi aspetto che gli dei uccidano una zanzara che sta per pungermi sul collo – e per attaccarmi la malaria. Se un puma mi attacca sulle Ande, non mi aspetto che gli dei mi aiutino a ucciderlo. Se sto nuotando al largo delle coste della Florida, non mi aspetto che gli dei allontanino gli squali.

Elaine: Personalmente, trovo che quest'universo abbia molto più senso.

Daniel: Essendo arrivati fin qui, vuoi affrontare il problema del male?

Elaine: Come lo definirebbe?

Daniel [dopo qualche riflessione]: Se Dio vuole prevenire il male ma non ci riesce, allora è impotente. Se è in grado di prevenire il male ma non vuole farlo, allora è malvagio. Quindi, dato che il male sicuramente esiste, Dio è o impotente o malvagio, e quindi non può essere Dio. Dovrei fare una ricerca per essere sicuro che sia questa la definizione classica.

Elaine: Come definisce il male?

Daniel: Come lo definisci tu?

Elaine: Be', ovviamente va oltre le malattie. Dovrebbe includere anche i disastri naturali come i terremoti, gli uragani e i tornado, così come tutti gli atti malvagi di cui sono capaci gli esseri umani.

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Daniel: Uh-uh.

Elaine [dopo averci pensato su]: Ho difficoltà a vedere... No, il problema è la definizione stessa. Nei termini della definizione. In effetti... Se si prende questa definizione del problema del male... In effetti, secondo questa definizione, un Dio buono non avrebbe potuto creare il mondo, né popolarlo di umani. A essere onesta, non sono sicura di che accidenti sto dicendo.

Daniel: E' sempre un buon segno.

Elaine [ride e riflette per qualche minuto]: Il dio della definizione è un tipo particolare di dio, uno che è sia onnipotente che “buono” – e qui quel buono è tra virgolette. O uno che deve essere sia onnipotente che buono – oppure non riesce a qualificarsi come Dio. Ma sembra possibile sfidare questa definizione...

Daniel: Uh-uh.

Elaine: Perché non un dio che è solo supremamente competente? Un dio che ha creato un mondo che funziona indipendentemente dal suo continuo scrutinio e controllo.

Daniel: Perché no, infatti.

Elaine: Un genitore competente cresce figli che non hanno bisogno di sorveglianza continua, secondo per secondo. Un ingegnere competente progetta macchinari capaci di operare senza la sua costante supervisione.

Daniel: Questo cosa ha che vedere con il problema del male?

Elaine: Ecco cosa direi: il problema del male si presenta solo se si presuppone un dio che è un supremo burattinaio, che controlla i movimenti di tutto ciò che crea, fino ai loro atomi. Questo tipo di dio supervisiona la caduta di ogni foglia, l'elevarsi e l'infrangersi di ogni onda dell'oceano. Per me – e credo per lei – il problema del male non esiste.

Daniel: Hai ragione.

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Elaine [dopo un paio di minuti]: Sto pensando a quei golfisti contro il cancro.

Daniel: E...?

Elaine: Non sono sicura della conclusione che dovrei trarre su di loro dopo tutto questo.

Daniel: Chi dice che tu debba trarre delle conclusioni su di loro? Rappresentano un fenomeno culturale che ci ha dato qualcosa su cui riflettere. Che ci ha condotto a delle riflessioni interessanti.

Elaine: Il suo ragionamento ha seguito le stesse tappe del mio?

Daniel: In realtà hai scoperto qualcosa che io non avevo notato, ossia che il problema del male si presenta solo se si parla di un tipo particolare di dio.

Elaine: Quindi mi merito un voto positivo?

Daniel: Ti meriti una A+.

Elaine: Quindi, pensa che ne sia valsa la pena? Riferendoci al libro che spera di scrivere.

Daniel: Vorrei avere più domande di questo livello da esplorare.

Elaine: Non penso che le possa semplicemente inventare.

Daniel [ride]: No, non potrei. Ma che mi dici di te? Hai ottenuto quello per cui sei venuta?

Elaine [ci pensa su per un po']: Non proprio, ma ho ottenuto qualcosa di meglio. Qual è il proverbio? Dai a un uomo un pesce e lo sfamerai per un giorno; insegnagli a pescare e lo sfamerai per tutta la vita. Immagino di poter dire di essere venuta per avere qualche pesce e che lei invece mi abbia insegnato a pescare.

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APPENDICE I

Il Nuovo Rinascimento

Discorso tenuto all'Università del TexasHealth Science Center a Houston, 7 marzo 2002

Venticinque anni fa, quando cominciai a lavorare a un libro che un giorno sarebbe diventato un romanzo chiamato Ishmael, pochissime persone pensavano che la specie umana corresse qualche pericolo, a meno che la Guerra Fredda non sfociasse in una guerra nucleare. Tutto sembrava a posto, alla maggior parte della gente. Questa situazione è cambiata drasticamente negli ultimi dieci anni – anche se non completamente.

Nel 1995, mentre stavo visitando una scuola ad Albuquerque che quell'anno aveva usato Ishmael come libro di cui discutere, mi venne chiesto di incontrarmi con un gruppo di professionisti sanitari di altissimo livello – i primari riuniti del Servizio Sanitario Presbiteriano, che funge da sistema ospedaliero regionale. Accettai l'invito, anche se mi chiesi cosa potessi dire che fosse rilevante per le loro preoccupazioni professionali. Non so nulla di ospedali, di sanità o della professione medica. Non guardo nemmeno ER.

Fu chiaro, quando mi sedetti con loro – forse venti uomini e donne – che erano stati tutti profondamente commossi dal mio libro. Ma nessuno di loro poteva spiegare esattamente perché fosse rilevante per la loro professione. Penso che alla fine tutto si riducesse al fatto che, dopo aver letto Ishmael, loro stessi erano cambiati, in quanto esseri umani, e stavano cercando di capire come questo cambiamento avrebbe potuto o dovuto cambiarli anche in quanto professionisti della medicina.

Temo di non essere stato loro molto d'aiuto, ma non penso di dovermi scusare per questo. Non avevo modo di sapere come le loro vite professionali dovessero cambiare; solo loro potevano saperlo.

Ebbi un'esperienza simile un anno dopo, quando mi venne chiesto di tenere un discorso a una conferenza annuale di dirigenti di alto livello che si occupavano di progettare e realizzare sistemi di copertura dei pavimenti per gli edifici commerciali. Non ridete. Si tratta di un'industria globale multimiliardaria – e di un'industria che all'epoca era altamente inquinante, un'enorme fautrice dell'interramento dei rifiuti e completamente

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dipendente da risorse non rinnovabili ed estremamente dispendiose (principalmente petrolio).

Anche loro erano stati profondamente cambiati dal mio lavoro, ma qui finivano le somiglianze tra i due gruppi. Queste persone non avevano alcun dubbio su come tradurre questo cambiamento in un cambiamento delle loro vite lavorative. Il che era un'ottima cosa, perché naturalmente io non avrei avuto idea di come fare. Sapevano cosa dovevano cambiare e avevano già stabilito un elenco di obiettivi a lungo termine che non solo trasformarono la loro industria ma costrinsero anche le industrie associate a cambiare. Per conservare la propria posizione in quell'industria, giganti come DuPont furono letteralmente obbligati a cominciare a pensare in modo diverso.

Se mi venisse chiesto di parlare a un gruppo di consulenti finanziari o di ingegneri chimici o di dirigenti di linee aeree – e nessuno di questi è fuori discussione – sarebbe lo stesso. Il mio compito non sarebbe di dire loro quali cambiamenti apportare alle loro vite professionali, perché io non so nulla di investimenti, ingegneria chimica o gestione aeroportuale.

Con ogni gruppo, a prescindere dal principio o dalla professione che lo contraddistingue, il mio compito è lo stesso: mandare la gente a casa con una comprensione nuova e più profonda del problema centrale che ci riguarda tutti in quanto umani, a prescindere dalle nostre occupazioni – e quel problema è niente di meno della sopravvivenza della nostra specie.

La gente spesso mi chiede se ho delle speranze sulla nostra sopravvivenza. Ciò che vuole sapere davvero, naturalmente, è se posso darle dei motivi per avere speranza.

Io ho delle speranze, perché sono sicuro che qualcosa di straordinario succederà durante il corso della vostra vita – nella vita di quelli di voi che sono tre o quattro decenni più giovani di me. Sto parlando di qualcosa molto più straordinario di ciò che è avvenuto nel corso della mia vita, che ha visto la nascita della televisione, la divisione dell'atomo, i viaggi spaziali e la comunicazione istantanea e globale attraverso internet. Intendo qualcosa di davvero straordinario.

Durante la vostra vita, la gente della nostra cultura capirà come vivere sostenibilmente su questo pianeta – oppure no. In entrambi i casi, sarà sicuramente straordinario. Se capiranno come vivere sostenibilmente, allora l'umanità sarà in grado di vedere qualcosa che io al momento non riesco a vedere: un futuro che si estende indefinitamente. Se non lo capiranno, allora ho paura che l'umanità subirà la stessa sorte delle specie che stiamo portando quotidianamente all'estinzione – fino a duecento ogni

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giorno.Come piace dire alla gente oggigiorno, non devi essere uno scienziato

spaziale per capirlo. Le persone che tengono nota di queste cose e il cui lavoro è predirle concordano che la popolazione umana sarà arrivata a nove miliardi per la metà di questo secolo. Non sono solo i catastrofisti a dirlo. Si tratta di una stima molto conservativa, recentemente confermata dalle Nazioni Unite. Sfortunatamente, la maggior parte delle persone che citano questa stima sembra pensare che questo vada bene e possa funzionare.

Ecco perché non è così.E' ovvio che produrre tutto il cibo di cui necessitiamo per mantenere la

nostra popolazione a sei miliardi costi molti soldi e molta energia. Ma c'è un costo aggiuntivo e nascosto che deve essere calcolato in forme di vita. In breve, per mantenere la biomassa che compone i sei miliardi di noi, dobbiamo divorare duecento specie al giorno – oltre a tutto il cibo che produciamo normalmente. Abbiamo bisogno della biomassa che compone quelle duecento specie per mantenere questa biomassa, la biomassa che è in noi. E una volta che abbiamo divorato queste specie, sono andate. Estinte. Scomparse per sempre.

In altre parole, mantenere una popolazione di sei miliardi di umani costa al pianeta duecento specie al giorno. Se questo fosse qualcosa che cesserà nel giro di una settimana o di un mese, andrebbe bene. Ma purtroppo non lo è. E' qualcosa che continuerà ad avvenire ogni giorno, giorno dopo giorno dopo giorno – e questo è ciò che lo rende insostenibile per definizione. Questo tipo di catastrofica distruzione non può essere sostenibile.

La cosa straordinaria che succederà nei prossimi due o tre decenni non sarà che la razza umana si estinguerà. La cosa straordinaria che succederà nei prossimi due o tre decenni sarà il verificarsi di un grande, secondo Rinascimento. Un grande e stupefacente Rinascimento.

Il primo Rinascimento, quello descritto nei libri di storia scolastici, venne considerato una rinascita della consapevolezza e della sensibilità classiche. Difficilmente avrebbe potuto venire considerato quello che fu davvero, ossia la necessaria premessa a un'era storica completamente nuova.

Alcune idee chiave del Medioevo vennero scartate durante il Rinascimento, ma non vennero rimpiazzate da idee che avrebbero avuto

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senso per i pensatori classici. Invece, vennero rimpiazzate da idee completamente nuove – idee che non avrebbero avuto senso per dei pensatori classici. Si trattava di idee che avrebbero senso per noi. In effetti, queste idee hanno ancora senso per noi.

Il Rinascimento (e, in effetti, il mondo moderno) comparve perché durante il quattordicesimo, quindicesimo e sedicesimo secolo, un complesso di idee medievali interrelate venne messo in discussione. Il punto centrale di questo complesso riguardava i modi di ottenere un certo tipo di conoscenza. Durante il Medioevo, si riteneva che la ragione e l'autorità fossero i metodi principali attraverso cui ottenere certe conoscenze. Per esempio, sembrava perfettamente ragionevole supporre che la Terra fosse un oggetto stazionario attorno a cui girava il resto dell'universo. Era ragionevole – e veniva affermato da una torreggiante autorità, il grande astronomo del secondo secolo Claudius Ptolemaus, Tolomeo. Similmente, sembrava perfettamente ragionevole supporre che gli oggetti pesanti cadessero verso il suolo più rapidamente degli oggetti leggeri – e questo veniva affermato da un'altra torreggiante autorità, il genio eclettico Aristotele.

Ma durante il Rinascimento, la ragione e l'autorità vennero scalzate come guide affidabili verso la conoscenza e vennero rimpiazzate da... osservazione e sperimentazione. Senza questo cambiamento, la scienza come la conosciamo non sarebbe mai nata e la Rivoluzione Industriale non sarebbe avvenuta.

Durante il Medioevo, veniva dato per scontato che il nostro rapporto con Dio fosse una questione collettiva che solo la Chiesa Cattolica Romana aveva il potere di negoziare. Durante il Rinascimento, questo ordinamento venne sfidato da uno completamente nuovo, in cui la nostra relazione con Dio era vista come una faccenda individuale, che ognuno di noi aveva il potere di negoziare indipendentemente con Dio. In questo nuovo ordinamento nacquero la magnificazione e la santificazione del singolo individuo che noi diamo per scontate nell'era moderna. Ci vediamo tutti come individualmente preziosi e dotati di poteri decisamente fantastici – letteralmente ricoperti di diritti – in un modo che sarebbe stato sconcertante per la gente del Medioevo.

Nel Medioevo, l'universo veniva percepito come una cosa che era apparsa già completamente formata solo pochi millenni prima. Era fisso, finito e conosciuto quanto c'era bisogno di conoscerlo. Nel Rinascimento, comunque, l'universo cominciò a venire percepito in modo molto diverso: come qualcosa di dinamico, di infinito e perlopiù sconosciuto. Fu questo

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cambiamento nel modo di pensare che ha portato non solo all'epoca delle grandi esplorazioni ma anche all'epoca delle grandi scoperte scientifiche che seguirono e che continuano ancora oggi.

Tutto questo ci sembra molto ovvio, oggi. Il Medioevo ovviamente non poteva durare per sempre. Le cose ovviamente dovevano cambiare. Ma questo non era affatto ovvio per la gente del Medioevo. Per quanto li riguardava, la gente avrebbe continuato a pensare e a vivere nel modo medievale per sempre.

Noi pensiamo la stessa identica cosa. Proprio come la gente del medioevo, siamo assolutamente sicuri che le persone continueranno a pensare come pensiamo noi per sempre, e che continueranno a vivere come viviamo noi per sempre.

La gente del Medioevo la pensava così perché le sembrava impossibile che le persone potessero ragionare in modo diverso. Come altro avrebbero potuto pensare se non nel modo in cui pensavano loro? Per quanto li riguardava, la storia del pensiero si era conclusa con loro. Ovviamente questo ci fa sorridere – ma in effetti siamo convinti della stessa cosa. Anche noi crediamo che la storia del pensiero si sia conclusa con noi.

Be', faremmo meglio a sperare di sbagliarci su questo, perché se la storia del pensiero si è davvero conclusa con noi, allora siamo spacciati. Se ci saranno ancora persone qui fra duecento anni, non vivranno come viviamo noi. Posso fare questa previsione con sicurezza, perché se le persone continuano a vivere come viviamo noi, non ci saranno più persone qui tra duecento anni.

Posso fare un'altra previsione con sicurezza. Se ci saranno ancora persone qui tra duecento anni, non penseranno come pensiamo noi. Posso fare questa previsione con altrettanta sicurezza perché se le persone continueranno a pensare come pensiamo noi, allora continueranno a vivere come viviamo noi – e in quel caso non ci saranno più persone qui tra duecento anni.

Ma cosa possiamo cambiare del modo in cui pensiamo? Sembra così evidente che tutto ciò che pensiamo debba essere pensato in questo modo.

Sembrava così anche ai popoli medievali.Benché diverse idee chiave del Medioevo siano scomparse durante il

Rinascimento, non scomparvero tutte. Una delle idee chiave che rimase al proprio posto – e che vi rimane ancora oggi – è quella che gli umani siano fondamentalmente e irrimediabilmente difettosi. Osserviamo il mondo intorno a noi e vediamo che le tartarughe non sono difettose, i corvi non sono difettosi, i narcisi non sono difettosi, le zanzare non sono difettose, i

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salmoni non sono difettosi – in effetti, non una singola specie al mondo è difettosa – eccetto noi. Non ha alcun senso, ma supera il test per la conoscenza medievale. E' ragionevole – ed è di sicuro sostenuta dall'autorità. E' ragionevole perché ci fornisce una giustificazione di cui abbiamo disperatamente bisogno. Stiamo distruggendo il mondo – lo stiamo mangiando vivo – ma non è colpa nostra. E' colpa della natura umana. Siamo semplicemente mal costruiti, quindi cosa ci si può aspettare?

Un'altra idea chiave che è sopravvissuta dal Medioevo è l'idea che il modo in cui viviamo sia il modo in cui gli umani erano destinati a vivere. Be', accidenti, è così ovvio che non c'è neanche bisogno di dirlo. Stiamo vivendo nel modo in cui gli umani erano destinati a vivere fin dall'inizio dei tempi. Il fatto che abbiamo cominciato a vivere in questo modo solo molto di recente non c'entra nulla. Quindi ci abbiamo messo tre milioni di anni a trovarlo. Questo non cambia il fatto che è il modo in cui eravamo destinati a vivere fin dall'inizio dei tempi. E neanche il fatto che il modo in cui viviamo sta rendendo il mondo inabitabile per la nostra stessa specie ha alcuna importanza. Anche se distruggeremo il mondo e noi stessi, il modo in cui viviamo rimane quello in cui eravamo destinati a vivere fin dall'inizio dei tempi.

Ma queste due sopravvissute del Medioevo sono relativamente benigne. Stupide ma innocue. E' sopravvissuta un'altra idea basilare, comunque, che non è né benigna né innocua. Lungi dall'essere benigna o innocua, è anzi l'idea più pericolosa che esista. E oltre a essere l'idea più pericolosa che esista, è anche la cosa più pericolosa che esista – più pericolosa dei nostri armamenti nucleari, più pericolosa della guerra batteriologica, più pericolosa di tutti gli inquinanti che pompiamo nell'aria, nell'acqua e nel suolo.

E tuttavia, suona piuttosto innocua. Potreste ascoltarla e dire: “Uh-uh, sì, e allora?” E' anche piuttosto semplice. Eccola: Gli esseri umani appartengono a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente. Ci siamo noi e poi c'è la natura. Ci sono gli umani e poi c'è l'ambiente umano.

Sono sicuro che sia difficile da credere che qualcosa che suona così innocuo possa essere anche solo leggermente pericoloso, tantomeno così pericoloso come l'ho descritto.

Come ho detto, secondo stime prudenti, fino a duecento specie si estinguono ogni giorno come risultato del nostro impatto sul mondo. La gente accetta quest'orrenda informazione con molta calma. Non urla. Non

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sviene. Non vede alcun motivo di preoccuparsi, perché è fermamente convinta che gli umani appartengano a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente. Ne è convinta tanto fermamente nel ventunesimo secolo quanto lo era nel decimo.

Quindi fino a duecento specie si estinguono ogni giorno. Non c'è problema, perché quelle specie sono lì fuori, da qualche parte. Quelle duecento specie non sono qui. Non sono noi. Non hanno nulla a che vedere con noi, perché gli umani appartengono a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente.

Quelle duecento specie sono lì fuori, nell'ambiente. Ovviamente è male per l'ambiente se si estinguono, ma non ha nulla a che vedere con noi. L'ambiente è lì fuori, a soffrire, mentre noi siamo qui dentro, al sicuro. Ovviamente dovremmo cercare di prenderci cura dell'ambiente, ed è un peccato per quelle duecento estinzioni – ma non ha nulla a che vedere con noi.

Signore e signori, se le persone continueranno a pensarla così, la specie umana si estinguerà. Ecco quanto è pericolosa questa idea. Ed ecco perché.

Quelle duecento specie... perché si stanno estinguendo, esattamente? Hanno esaurito l'aria, l'acqua, lo spazio o altro? No, quelle duecento specie si stanno estinguendo perché hanno qualcosa che ci serve. Ci serve la loro biomassa. Ci serve la materia vivente di cui sono fatte. Ci serve la loro biomassa per mantenere la nostra biomassa. Ecco come funziona. Andate in Brasile, trovatevi un pezzetto di foresta pluviale e deforestatela o bruciatela. Ora metteteci un branco di mucche perché ci pascolino. O piantateci patate o ananas o fagioli di lima. Tutta la biomassa che prima costituiva gli uccelli, gli insetti e i mammiferi selvatici che vivevano in quel pezzo di foresta pluviale, ora sta andando nelle mucche, nelle patate, negli ananas e nei fagioli di lima – ossia in cibo per noi.

Abbiamo bisogno di far estinguere duecento specie al giorno per mantenere la biomassa di sei miliardi di persone. Non è un incidente. Non è una distrazione. Non è frutto di trascuratezza da parte nostra. Per mantenere la nostra popolazione di sei miliardi, abbiamo bisogno della biomassa di duecento specie al giorno. Stiamo letteralmente convertendo duecento specie al giorno in tessuti umani.

Ma fin troppe persone – la maggior parte, temo – tendono a pensare: “Be', e allora? Gli umani appartengono a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente. Dato che ne siamo separati, non importa quante specie distruggiamo – e dato che comunque siamo superiori a esse, in realtà eliminandole stiamo migliorando il mondo!”

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Siamo come persone che vivono nell'attico di un altissimo edificio di mattoni. Ogni giorno, abbiamo bisogno di duecento mattoni per tenere in piedi i nostri muri, così scendiamo di sotto, scalziamo duecento mattoni dai muri dei piani inferiori e li portiamo di sopra per poterli usare. Ogni giorno... ogni giorno scendiamo di sotto e togliamo duecento mattoni dai muri che tengono in piedi l'edificio in cui viviamo. Settantamila mattoni all'anno, anno dopo anno dopo anno.

Spero che sia evidente che questo non è un modo sostenibile di mantenere un edificio di mattoni. Un giorno, prima o poi, crollerà, e l'attico verrà giù insieme a tutto il resto.

Similmente, far estinguere duecento specie al giorno non è un modo sostenibile di mantenere una comunità vivente. Anche se in un certo senso siamo in cima a questa comunità, un giorno, prima o poi, crollerà, e quando lo farà, essere in cima non ci aiuterà. Precipiteremo anche noi insieme a tutto il resto.

La situazione sarebbe diversa, naturalmente, se le duecento estinzioni al giorno fossero una cosa temporanea. Ma non lo sono. E il motivo è che, per quanto siamo intelligenti, non possiamo aumentare la quantità di biomassa che esiste su questo pianeta. Non possiamo aumentare la quantità di terra e d'acqua che sostiene la vita, e non possiamo aumentare la quantità di luce solare che irradia la terra e l'acqua. Possiamo diminuire la quantità di biomassa che esiste su questo pianeta – per esempio rendendo il suolo sterile o avvelenando l'acqua – ma non possiamo aumentarla.

Tutto quello che possiamo fare è spostare quella biomassa da un insieme di specie a un altro – ed è quello che stiamo facendo. Stiamo sistematicamente spostando la biomassa di specie che non ci interessano dentro specie che ci interessano: mucche, galline, grano, fagioli, pomodori, e così via. Stiamo sistematicamente distruggendo la biodiversità della comunità vivente per sostentare noi stessi, il che significa che stiamo sistematicamente distruggendo l'infrastruttura che ci mantiene in vita.

Come ho detto, secondo stime conservative, la nostra popolazione aumenterà fino a nove miliardi per la metà del secolo – e la gente accetta quest'inquietante informazione con molta calma. Nessuno urla. Nessuno sviene. La gente è tranquilla riguardo la nostra popolazione in espansione quanto lo è riguardo quelle duecento estinzioni quotidiane. Non vede alcun motivo di allarmarsi, perché crede fermamente che gli umani appartengano a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente. Non capisce che il ritmo delle estinzioni aumenterà man mano che la nostra popolazione crescerà – e probabilmente esponenzialmente. Questo perché

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quando rendiamo estinta una specie, non guadagniamo il 100 percento della sua biomassa. Una gran parte viene semplicemente persa, e va a contribuire alla desertificazione del pianeta. Per la metà del secolo, se la nostra popolazione sarà davvero arrivata a nove miliardi, allora il numero delle estinzioni sarà di mille o diecimila al giorno (il numero è incalcolabile, al momento).

Se esisteranno ancora persone qui fra duecento anni, allora sapranno che l'umanità non appartiene a un ordine di esistenza separato dal resto della comunità vivente. Lo sapranno con la stessa certezza con cui noi sappiamo che la Terra ruota intorno al sole. Posso fare questa previsione con sicurezza, perché se la gente continuerà a pensare che apparteniamo a un ordine di esistenza separato, allora non esisteranno più persone qui tra duecento anni.

Ciò che chiunque vorrebbe che potessi fare (e ciò che io stesso vorrei poter fare) è descrivere come le persone vivranno tra duecento anni – se ci saranno ancora persone. Tutto ciò che posso dirvi è come non vivranno: non vivranno come viviamo noi. Ma perché? Perché non posso dirvi come vivranno? La risposta è: perché nessuno può dirvelo.

Potete capire perché le cose stanno così se trasferite questa situazione nel Medioevo. Avreste anche potuto riuscire a convincere Ruggero Bacone che la gente avrebbe vissuto in modo molto diverso trecento anni dopo, ma come avrebbe potuto predire l'era delle esplorazioni, la ribellione contro l'oppressione feudale, la Rivoluzione Industriale, l'ascesa al potere di una borghesia capitalista, e così via? Aspettarsi una cosa simile sarebbe assurdo.

Si potrebbe dire che se il Medioevo fosse stato in grado di predire il Rinascimento, allora sarebbe stato il Rinascimento.

L'evoluzione sociale è intrinsecamente caotica – il che è un altro modo di dire intrinsecamente imprevedibile. Questo è vero anche in tempi relativamente stabili. Considerate il fatto che ogni agenzia di spionaggio del mondo venne colta di sorpresa dal crollo dell'Unione Sovietica, che fino a pochi giorni prima era sembrata stabile quanto la Gran Bretagna o gli Stati Uniti.

E se l'evoluzione sociale è caotica perfino in tempi stabili, allora sarà ancora più caotica nei prossimi tempi, quando le persone cominceranno a pensare in un nuovo modo o si estingueranno.

Naturalmente capisco perché la gente vuole avere una descrizione della

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vita sostenibile futura. Pensa che questo le permetterebbe di adottare quello stile di vita sostenibile ora, oggi stesso. Ma i cambiamenti sociali non avvengono in questo modo, non più dei cambiamenti tecnologici. Sarebbe stato inutile mostrare a Charles Babbage il progetto di un circuito o mostrare a Thomas Edison un transistor. Non avrebbero potuto fare nulla con quelle cose in quell'epoca – e noi non potremmo fare nulla oggi con l'immagine della vita fra cent'anni. Il futuro non è qualcosa che possa venire pianificato con centinaia di anni d'anticipo – o anche con dieci anni d'anticipo. Il Reich di Mille Anni di Adolf Hitler non è durato nemmeno mille settimane. Non è mai esistito un progetto per il futuro – e non esisterà mai.

Ciononostante, posso dirvi con completa sicurezza che qualcosa di straordinario avverrà nei prossimi due o tre decenni. La gente della vostra cultura capirà come vivere sostenibilmente – oppure no. In entrambi i casi, sarà sicuramente straordinario.

Il fatto che io non possa darvi una ricetta per il futuro non significa che voi siate solo inermi frammenti di sughero trasportati dalla corrente della storia. Ognuno di voi è all'incirca dove si trovava Galileo quando gli venne detto senza mezzi termini di chiudere il becco sul fatto che la Terra girasse intorno al sole. Per quanto riguardava i gentiluomini dell'Inquisizione Romana, il movimento della Terra intorno al sole era solo una bugia perversa che dovevano sopprimere – e potevano sopprimere. Ma mentre lasciava il proprio processo, Galileo fu udito mormorare: “Eppur si muove!”

C'era in gioco sorprendentemente poco in quella faccenda. Il futuro dell'umanità non dipendeva dalla distruzione dell'immagine medievale del sistema solare. Ma il futuro dell'umanità dipende dalla distruzione dell'immagine medievale della relazione dell'umanità col resto della comunità della vita su questo pianeta.

Galileo non sapeva che un giorno la gente avrebbe dato per scontato i viaggi nello spazio, ma sapeva che un giorno avrebbero riconosciuto che la Terra gira intorno al sole. Noi non sappiamo come la gente vivrà qui tra duecento anni, ma sappiamo che se tra duecento anni la gente esisterà ancora, riconoscerà che siamo tanto parte della comunità vivente – e tanto dipendenti da essa – quanto lucertole, farfalle, squali, lombrichi, tassi o alberi di banana.

La gente non vuole le solite cose. Eppure, stranamente, quando mi chiede che cosa salverà il mondo, vuole ascoltare le solite cose – qualcosa di familiare, qualcosa di riconoscibile. Vuole ascoltare di rivolte, anarchia

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o leggi più severe. Ma nessuna di queste cose ci salverà – vorrei che potessero. Quello che dobbiamo avere – e niente di meno – è un intero mondo pieno di persone con menti cambiate. Scienziati con menti cambiate, industriali con menti cambiate, insegnanti con menti cambiate, politici con menti cambiate – anche se loro saranno gli ultimi, naturalmente. E questo è il motivo per cui non possiamo aspettare che risolvano il problema o che ci guidino in una nuova era. Le loro menti non cambieranno finché non cambieranno quelle dei loro costituenti. Gorbachev non ha creato menti cambiate; menti cambiate hanno creato Gorbachev.

Cambiare le menti delle persone è qualcosa che ognuno di noi può fare, ovunque siamo, chiunque siamo, qualunque tipo di lavoro svolgiamo. Cambiare menti può non sembrare una sfida molto drammatica o eccitante, ma è la sfida da cui dipende il futuro umano.

E' la sfida da cui dipende il vostro futuro.

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APPENDICE II

Le nostre religioni: sono le religioni dell'umanità stessa?

Lezione Fleming in Religione tenuta alla Southwestern University, Georgetown, Texas, 18 ottobre 2000

Contrariamente a quanto si creda, Charles Darwin non ha inventato l'idea dell'evoluzione. Nella metà del diciannovesimo secolo, l'esistenza dell'evoluzione era nota da molto tempo, e la maggior parte dei pensatori dell'epoca era perfettamente soddisfatta di lasciare la situazione com'era. L'assenza di una teoria che spiegasse il cambiamento evolutivo non li turbava, non veniva sentita come una pressione, come lo era per Darwin. Lui sapeva che doveva esserci un qualche meccanismo o una qualche dinamica intelligibile che potesse spiegarlo, e questo è ciò che cercò – con ben noti risultati. Nel suo L'origine delle specie, non stava annunciando l'esistenza dell'evoluzione; stava cercando di comprenderla.

A circa venticinque anni, cominciai a sentire una pressione simile. La moderna Era dell'Ansia stava appena cominciando a nascere sotto l'ombra della rampante crescita demografica, della distruzione ambientale globale e della costante possibilità di un olocausto nucleare. Ero sorpreso di come la maggior parte delle persone sembrasse perfettamente a proprio agio con queste cose, come a dire: “Be', cos'altro ti vuoi aspettare?”

Ted Kaczynski, l'Unabomber, sembrava convinto di dire qualcosa di terribilmente originale nel suo manifesto del 1995 in cui incolpava di tutto la Rivoluzione Industriale, ma questa era l'opinione comune nel 1962. Per me, incolpare di tutti i nostri problemi la Rivoluzione Industriale è come incolpare della caduta di Amleto il suo duello con Laerte. Per capire perché Amleto è finito male, non ci si può limitare ad analizzare gli ultimi dieci minuti della sua storia, bisogna cominciare dall'inizio, e io sentivo una pressione simile a fare lo stesso con noi.

L'inizio della nostra storia non è difficile da trovare. Ogni scolaretto impara che la nostra storia cominciò circa diecimila anni fa con la Rivoluzione Agricola. Questo non è l'inizio della storia umana, ma è sicuramente l'inizio della nostra storia, dato che fu da questo inizio che ebbero origine tutte le meraviglie e gli orrori della nostra civiltà.

Tutti sono vagamente consapevoli del fatto che sono sempre esistiti due

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modi di considerare la Rivoluzione Agricola nella nostra cultura, due storie contraddittorie sul suo significato. Secondo la versione standard – la versione insegnata nelle nostre scuole – gli umani sono esistiti per molto tempo, tre o quattro milioni di anni, vivendo una vita miserabile e inconcludente per la maggior parte di quel periodo, senza realizzare nulla e senza arrivare da nessuna parte. Ma poi, circa diecimila anni fa, finalmente la gente che viveva nella Mezzaluna Fertile capì che non era costretta a vivere come castori o poiane, arrangiandosi con qualunque cibo le capitasse di trovare; poteva coltivare il proprio cibo, e in questo modo controllare il proprio destino e benessere. L'agricoltura le rese possibile scambiare la vita nomade per la vita agricola stanziale. La vita in villaggi incoraggiò la specializzazione del lavoro e l'avanzamento della tecnologia su tutti i fronti. In breve, i villaggi diventarono cittadine, le cittadine città, regni e imperi. Scambi commerciali, sistemi sociali ed economici complessi e letteratura arrivarono poco dopo, ed eccoci qui. Tutti questi progressi erano basati su – e impossibili senza – l'agricoltura, evidentemente la più grande benedizione dell'umanità.

L'altra storia, molto più antica, è nascosta in un diverso angolo della nostra eredità culturale. Anche questa si svolge nella Mezzaluna Fertile e racconta la storia della nascita dell'agricoltura, ma in questa narrazione, l'agricoltura non viene considerata una benedizione ma piuttosto una punizione terribile per un crimine la cui esatta natura ci ha sempre profondamente perplessi. Mi sto riferendo, naturalmente, alla storia raccontata nel terzo capitolo della Genesi, la Caduta di Adamo.

Entrambe queste storie sono conosciute da virtualmente chiunque sia cresciuto nella nostra cultura, incluso ogni storico, filosofo, teologo e antropologo. Ma come la maggior parte dei pensatori della metà del diciannovesimo secolo, che erano soddisfatti semplicemente di sapere che l'evoluzione esisteva e non sentivano alcun bisogno di spiegarla, i nostri storici, filosofi, teologi e antropologi sembrano perfettamente soddisfatti di vivere con queste due storie contraddittorie. Il conflitto è evidente, ma per loro non richiede alcuna spiegazione.

Per me, lo richiedeva. Come l'evoluzione richiedeva a Darwin una teoria che potesse spiegarla, la storia della Genesi richiedeva a me una teoria che potesse renderla comprensibile.

Tradizionalmente, ci sono sempre stati due approcci al crimine e alla punizione di Adamo. Le Scritture ci dicono che Adamo venne invitato ad approfittare di ogni albero nel giardino dell'Eden eccetto uno, misteriosamente chiamato l'Albero della Conoscenza del Bene e del Male.

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Come sappiamo, Adamo cedette alla tentazione di assaggiare questo frutto. Secondo un approccio, il crimine viene visto come semplice disobbedienza, nel qual caso la proibizione della conoscenza del bene e del male sembra completamente arbitraria. Dio avrebbe potuto tranquillamente proibire la conoscenza della guerra e della pace o la conoscenza dell'orgoglio e del pregiudizio. Il punto era semplicemente di proibire qualcosa ad Adamo, allo scopo di mettere alla prova la sua lealtà. Secondo questo approccio, la punizione di Adamo – l'esilio dall'Eden per vivere col sudore della fronte come un agricoltore – era solo una sculacciata; non corrisponde al crimine in nessun modo particolare. Avrebbe ricevuto questa punizione a prescindere dalla prova che avesse fallito.

Il secondo approccio cerca di stabilire una connessione tra il crimine di Adamo e la sua punizione. Secondo questo approccio, l'Eden viene visto come una metafora per uno stato di innocenza, che viene perduto quando Adamo ottiene la conoscenza del bene e del male. Questo ha senso, ma solo se la conoscenza del bene e del male viene considerata una metafora per una conoscenza che distrugge l'innocenza. Quindi, con metafore perlopiù equivalenti in entrambi i casi, la storia si riduce a una banale tautologia: Adamo ha perso la sua innocenza ottenendo la conoscenza che ha distrutto la sua innocenza.

La storia della Caduta è associata a un'altra altrettanto famosa e sconcertante, quella di Caino e Abele. Si ritiene comunemente che questi due fratelli fossero individui letterali: il più vecchio, Caino, un dissodatore del suolo, e il più giovane, Abele, un pastore. L'improbabilità che due membri della stessa famiglia adottino stili di vita antitetici dovrebbe farci capire che non si trattava di due individui ma di figure emblematiche, proprio come Adamo (che in ebraico significa semplicemente “uomo”).

Se le consideriamo figure emblematiche, allora la storia comincia ad avere senso. Il primogenito dell'agricoltura fu infatti il dissodatore del suolo, come Caino era il primogenito di Adamo. Questo è un fatto indiscutibile. La domesticazione delle piante è un processo che comincia il giorno in cui pianti il primo seme, ma la domesticazione degli animali richiede generazioni. Quindi il pastore Abele era in effetti il secondogenito – di secoli, se non millenni (un'altra ragione per essere scettici della credenza che Caino e Abele fossero davvero fratelli di seconda generazione).

Un ulteriore motivo di scetticismo su questo punto è il fatto che gli antichi agricoltori e pastori del Vicino Oriente occupavano regioni adiacenti ma distintamente diverse. L'agricoltura era l'occupazione degli

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abitanti caucasici della Mezzaluna Fertile. La pastorizia era l'occupazione degli abitanti semiti della penisola arabica a sud.

Un'altra cosa da precisare è che in tempi molto antichi, agricoltori e pastori avevano stili di vita radicalmente differenti. Gli agricoltori erano, a causa della natura del loro lavoro, abitanti di villaggi stanziali; ma i pastori (a causa della natura del loro lavoro) erano nomadi, proprio come molti popoli di pastori ancora esistenti. Lo stile di vita dei pastori era in effetti più vicino allo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori che a quello degli agricoltori.

Man mano che i popoli agricoli del nord si espandevano, era inevitabile che finissero con l'affrontare i loro vicini pastori nomadi del sud, forse sotto quello che ora è l'Iraq – con risultati prevedibili. Come è sempre avvenuto fin dall'inizio, i coltivatori del suolo avevano bisogno di più terreno da coltivare e, come è sempre avvenuto fin dall'inizio, se la presero.

Per come la videro i semiti (e naturalmente è la loro versione della storia che è arrivata fino a noi), il coltivatore del suolo Caino stava irrigando i suoi campi con il sangue di Abele il pastore.

Il fatto che la versione che abbiamo sia la versione semita spiega il mistero centrale della storia, ossia perché Dio respinse il dono di Caino ma accettò quello di Abele. Naturalmente, questo è il modo in cui i semiti l'avrebbero vista. In sostanza, la storia dice: “Dio è dalla nostra parte. Dio ama noi e il modo in cui viviamo, ma odia i coltivatori del suolo e il modo in cui vivono loro.”

Raggiunta questa provvisoria comprensione, ero pronto a offrire una teoria sulla prima parte della storia, la Caduta di Adamo. Ciò che gli autori semiti sapevano era solo che in quel momento i loro fratelli del nord li stavano invadendo in maniera omicida. Non erano stati fisicamente presenti nella Mezzaluna Fertile per osservare la nascita dell'agricoltura, e in effetti questo era un evento che era avvenuto centinaia di anni prima. Nella loro storia della Caduta, stavano ricostruendo un evento antico, non raccontandone uno recente. Tutto ciò che era chiaro per loro era che un qualche strano avvenimento aveva afflitto i loro fratelli del nord con uno stile di vita laborioso e li aveva trasformati in assassini, e questo doveva essere una catastrofe morale o spirituale di qualche tipo.

Ciò che osservarono dei loro fratelli del nord fu questa peculiarità: sembravano avere la strana idea di sapere come governare il mondo bene quanto Dio. Questo è ciò che li rende nostri antenati culturali. Mentre svolgiamo il nostro lavoro di governare il mondo, non abbiamo dubbi di

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stare facendo un lavoro buono quanto quello di Dio, se non migliore. Ovviamente Dio ha creato molte creature che sono superflue o perfino nocive, e noi abbiamo tutto il diritto di liberarcene. Sappiamo dove i fiumi dovrebbero scorrere, dove le paludi dovrebbero venire prosciugate, dove le foreste dovrebbero essere rase al suolo, dove le montagne dovrebbero venire livellate, dove le pianure dovrebbero venire dissodate, dove la pioggia dovrebbe cadere. Ci sembra perfettamente evidente che abbiamo questa conoscenza.

In effetti, agli autori delle storie della Genesi sembrava che i loro fratelli del nord avessero la bizzarra convinzione di aver mangiato dell'albero della conoscenza del bene e del male di Dio e di aver ottenuto la conoscenza che Dio usa per governare il mondo. E di che conoscenza si tratta? E' la conoscenza che solo Dio ha la competenza di usare, la cnsapevolezza che ogni singola azione che Dio potrebbe compiere – non importa quale sia o quando grande o piccola – è bene per qualcuno ma male per qualcun altro. Se una volpe dà la caccia a un fagiano, dipende da Dio se lo catturerà o se il fagiano riuscirà a sfuggirle. Se Dio dà il fagiano alla volpe, questo è bene per la volpe ma male per il fagiano. Se Dio permette al fagiano di scappare, questo è bene per il fagiano ma male per la volpe. Non esiste una conclusione che sia buona per entrambi. Lo stesso vale per qualunque area dell'amministrazione di Dio. Se Dio permette che la valle venga inondata, questo è bene per qualcuno ma male per altri. Se Dio trattiene l'alluvione, anche questo sarà bene per qualcuno e male per qualcun altro.

Decisioni simili sono chiaramente alla radice stessa di ciò che significa governare il mondo, e la saggezza per prenderle non può appartenere a una qualunque creatura, perché ogni creatura che prendesse queste decisioni direbbe inevitabilmente: “Prenderò ogni decisione in modo che sia bene per me e male per chiunque altro”. E naturalmente questo è esattamente il modo in cui gli agricoltori operano, dicendo: “Se disbosco e dissodo questa pianura per piantare cibo per me stesso, questo sarà male per tutte le creature che vivono nella pianura, ma sarà bene per me. Se rado al suolo questa foresta per piantare cibo per me stesso, questo sarà male per tutte le creature che vivono nella foresta, ma sarà bene per me.”

Ciò che gli autori delle storie della Genesi videro fu che i loro fratelli del nord avevano preso nelle loro mani il governo del mondo; avevano usurpato il ruolo di Dio. Quelli che lasciano che Dio governi il mondo e prendono il cibo che Lui pianta hanno una vita facile. Ma quelli che vogliono governare il mondo loro stessi devono necessariamente piantare

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il proprio cibo, devono necessariamente guadagnarsi da vivere con il sudore della fronte. Questo rende evidente che l'agricoltura non era il crimine ma piuttosto il risultato del crimine, la punizione che deve inevitabilmente seguire un crimine simile. Era stato brandire la conoscenza del bene e del male a trasformare i loro fratelli del nord in agricoltori – e in assassini.

Ma non furono queste le uniche conseguenze delle azioni di Adamo. Il frutto dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male è innocuo per Dio ma velenoso per l'Uomo. A questi autori sembrava che usurpare il ruolo di Dio nel mondo sarebbe stato la morte stessa dell'Uomo.

E così sembrò a me quando finalmente capii tutto questo alla fine degli anni Settanta. Questa investigazione delle storie della Genesi non era, per me, un esercizio di esegesi biblica. Ero partito alla ricerca di un modo per capire come fossimo riusciti a portarci faccia a faccia con la morte in un tempo così relativamente breve – diecimila anni, un battito di palpebre in confronto alla durata della vita della nostra specie – e l'avevo trovato in un'antica storia che molto tempo fa adottammo come nostra e che era rimasta testardamente misteriosa per noi fin quando avevamo insistito a leggerla come se fosse stata davvero nostra. Quando veniva esaminata da un punto di vista diverso dal nostro, comunque, cessava di essere misteriosa e assumeva un significato che non solo avrebbe avuto senso per un popolo di pastori assediati di ottomila anni fa, ma anche per un popolo assediato del ventunesimo secolo.

Per quanto mi riguardava, gli autori di questa storia avevano centrato il punto. A dispetto del disastro in cui lo abbiamo trasformato, noi pensiamo davvero di poter governare il mondo, e se continueremo a pensare in questo modo, sarà la morte per noi.

In caso non sia evidente, dovrei aggiungere che la mia interpretazione della Genesi è naturalmente solo una teoria. Questo è ciò che i creazionisti dicono dell'evoluzione, che è “solo una teoria, non è stata dimostrata” – come se questo bastasse a liquidarla. Questo fraintende lo scopo del formulare una teoria, ossia spiegare dei fatti. Fino a ora, la teoria di Darwin rimane il modo migliore che abbiamo trovato per spiegare i fatti, e la mia teoria dev'essere valutata nello stesso modo. Riesce a rendere comprensibili i fatti – le storie stesse – e riesce a farlo meglio di qualunque altra teoria?

Ma risolvere questo particolare enigma cominciò a malapena ad

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alleviare la pressione che sentivo per trovare delle risposte che non stavano venendo cercate in nessun livello della nostra cultura. I fondamenti filosofici e teologici della nostra cultura erano stati gettati da persone fermamente convinte che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà. Che queste cose fossero tanto istintive per lui quanto la caccia per i leoni o il costruire alveari per le api. Questo significava che per trovare e datare la nascita dell'Uomo, dovevano solo cercare l'inizio dell'agricoltura e della civiltà, che ovviamente non risalivano poi a tanto tempo prima.

Quando nel 1650 il teologo irlandese James Ussher annunciò che la data della creazione era stata il 23 ottobre del 4004 avanti Cristo, nessuno rise, o se qualcuno lo fece fu per l'assurda precisione della datazione, non perché la data fosse assurdamente recente. In effetti, il 4004 avanti Cristo è una data abbastanza accettabile per l'inizio di quello che noi considereremmo civiltà. Stando così le cose, difficilmente sorprende che a delle persone che davano per scontato che l'Uomo avesse cominciato a costruire civiltà non appena venne creato, il 4004 avanti Cristo sembrasse una data perfettamente ragionevole per la sua creazione.

Ma tutto questo cambiò in breve tempo. Per la metà del diciannovesimo secolo, le prove accumulate da molte nuove scienze aveva retrodatato quasi tutte le datazioni di diversi ordini di grandezza. L'universo e la Terra non erano vecchi di migliaia di anni ma di miliardi. Il passato umano si estendeva per milioni di anni prima della comparsa dell'agricoltura e della civiltà (solo coloro che si attaccavano a una interpretazione della Bibbia molto letterale respinsero queste prove; loro le videro come un inganno perpetrato o da Satana – per confonderci – o da Dio – per mettere alla prova la nostra fede. Fate la vostra scelta). La nozione che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà era stata resa completamente insostenibile. Era evidentemente nato come nessuna delle due cose.

Questo significava che i fondamenti filosofici e teologici della nostra cultura erano stati gettati da persone con una comprensione profondamente errata delle nostre origini e della nostra storia. Era quindi urgentemente importante riesaminare questi fondamenti e, se necessario, ricostruirli completamente.

Se non fosse che, naturalmente, nessuno pensava che fosse urgentemente importante – o anche solo leggermente importante. Quindi la vita umana era cominciata milioni di anni prima della nascita dell'agricoltura. Che importava? Niente di importante era avvenuto in quei milioni di anni. Erano semplicemente un fatto, qualcosa da accettare, come

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l'esistenza dell'evoluzione era stata accettata dai naturalisti ben prima di Darwin.

Nell'ultimo secolo avevamo ottenuto una comprensione della storia umana che rendeva insensato tutto ciò che ci eravamo raccontati per tremila anni, ma le convinzioni che avevamo sviluppato rimanevano perfettamente solide. Che importava che l'Uomo non fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà? Era sicuramente nato per diventare agricoltore e costruttore di civiltà. Era fuori discussione che questo fosse stato il nostro destino prestabilito. Il modo in cui viviamo è il modo in cui gli umani erano destinati a vivere fin dall'inizio dei tempi. E noi dobbiamo continuare a vivere in questo modo – anche se ci uccide.

Fatti che erano indiscutibili per tutti tranne che per i letteralisti biblici ci avevano radicalmente riposizionato non solo nell'universo fisico ma nella storia della nostra stessa specie. Il fatto che eravamo stati riposizionati era tutt'altro che universalmente accettato, ma nessuno sentiva il minimo bisogno di sviluppare una teoria per spiegarlo, come Darwin aveva spiegato l'evoluzione.

A parte me, e devo dirvi che questo non mi dava la minima gioia. Dovevo trovare delle risposte, e andai a cercarle non perché un giorno volessi scrivere un libro ma perché io personalmente non potevo vivere senza di esse.

In Ishmael ho precisato che il conflitto tra le figure emblematiche di Caino e di Abele non si era esaurito sei o ottomila anni fa nel Vicino Oriente. Caino, il coltivatore del suolo, aveva portato il suo coltello con sé in ogni angolo del mondo, irrigando i suoi campi con il sangue dei popoli tribali ovunque li trovasse. E' arrivato qui nel 1492, e nei successivi tre secoli ha irrigato i suoi campi con il sangue di milioni di nativi americani. Oggi è in Brasile, con il coltello puntato verso i pochi aborigeni rimasti nel cuore di quella nazione.

La tribù tra i popoli aborigeni è universale quanto lo stormo nelle oche, e nessun antropologo dubita seriamente che fu l'organizzazione sociale originaria dell'umanità. Non ci siamo evoluti in branchi, sciami o banchi. Invece, ci siamo evoluti in un'organizzazione sociale che era peculiarmente umana, che era incomparabilmente efficace per dei portatori di cultura. La tribù si è dimostrata efficace per gli umani, ed è questo il motivo per cui era ancora universalmente attuata in tutto il mondo tre milioni di anni dopo. L'organizzazione tribale è stata il dono della selezione naturale all'umanità nello stesso modo in cui lo stormo è stato il dono della selezione naturale alle oche.

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Il collante fondamentale che tiene insieme ogni tribù è la legge tribale. Questo è facile da dire ma meno facile da capire, perché il modo in cui la legge tribale agisce è completamente diverso dal modo in cui agisce la nostra legge. L'essenza della nostra legge è la proibizione, ma l'essenza della legge tribale è la riparazione. Il comportamento inappropriato non è illegale in nessuna tribù. Invece, la legge tribale dice cosa fare per minimizzare gli effetti dei comportamenti riprovevoli e per creare una situazione in cui tutti sentano di essere stati resi nuovamente il più possibile una cosa sola.

In The Story of B ho descritto come viene gestito l'adulterio tra gli Alawa australiani. Se si ha la sfortuna di innamorarsi della moglie di un altro uomo o del marito di un'altra donna, la legge non dice: “Questo è proibito e non deve avvenire”. Dice: “Se volete andare avanti con il vostro amore, ecco cosa dovete fare per rendere la situazione equa per tutte le parti in causa e assicurarvi che il matrimonio non venga svilito agli occhi dei nostri bambini”. E' un procedimento notevolmente efficace. A renderlo ancora più notevole è il fatto che non è stato ideato da nessuna assemblea e da nessun comitato. E' un altro dono della selezione naturale. Nel corso di innumerevoli generazioni di tentativi, non è stato trovato alcun modo migliore di gestire l'adulterio, né potrebbe ragionevolmente venire trovato perché – ammirate! – funziona! Fa proprio quello che gli Alawa vogliono che faccia, e assolutamente nessuno cerca di evitarlo. Nemmeno gli adùlteri cercano di evitarlo – ecco quanto funziona bene.

Ma questa è solo la legge degli Alawa, e a loro non verrebbe mai in mente di dire: “Tutti nel mondo dovrebbero comportarsi così”. Sanno perfettamente che le leggi dei loro vicini tribali funzionano altrettanto bene per loro – e per lo stesso motivo: sono state messe alla prova dall'inizio dei tempi.

Una delle virtù della legge tribale è che presuppone che le persone siano proprio come sappiamo che sono: generalmente assennate, gentili, generose e benintenzionate, ma perfettamente capaci di essere irrazionali, ribelli, lunatiche, irascibili, egoiste, avide, violente, stupide, litigiose, infide, lascive, sleali, disattente, vendicative, negligenti, meschine e ogni genere di altra cosa sgradevole. La legge tribale non punisce le persone per i loro difetti, come fa la nostra legge. Invece, rende la gestione dei loro difetti una parte semplice e normale della vita quotidiana.

Ma durante il periodo di sviluppo della nostra cultura, tutto questo cambiò radicalmente. I popoli tribali cominciarono a unirsi in gruppi sempre più larghi, e una delle vittime di questo processo fu la legge tribale.

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Se prendete gli Alawa australiani e li mettete insieme ai Gebusi della Nuova Guinea, ai Boscimani del Kalahari e agli Yanomami brasiliani, non sapranno letteralmente come vivere. Nessuna di queste tribù adotterà le leggi delle altre, che potrebbero essere non solo sconosciute ma anche incomprensibili per loro. Come gestiranno allora i comportamenti riprovevoli che avverranno tra loro? Nel modo Gebusi o nel modo Yanomami? Nel modo Alawa o nel modo Boscimani? Moltiplicate tutto questo per cento, e avrete un'approssimazione accettabile della situazione in cui si trovava la gente nei primi millenni del nostro sviluppo culturale nel Vicino Oriente.

Quando si radunano un centinaio di tribù e le si spinge a lavorare e vivere insieme, la legge tribale diventa inapplicabile e inutile. Ma naturalmente le persone che compongono questo amalgama sono come sono sempre state: capaci di essere irrazionali, lunatiche, irascibili, egoiste, avide, violente, stupide, litigiose e tutto il resto. Nella situazione tribale, questo non era un problema, perché la legge tribale era progettata per persone così. Ma tutte le maniere tribali di gestire queste normali tendenze umane erano state cancellate dalla nostra civiltà in germoglio. Bisognava inventare un nuovo modo di gestirle – e sottolineo la parola inventare. Non esisteva alcun modo ricevuto e verificato di gestire i guai di cui le persone erano capaci. I nostri antenati culturali dovevano inventarsi qualcosa, e quello che si inventarono furono liste di comportamenti proibiti.

Comprensibilmente, cominciarono con quelli più gravi. Non avrebbero proibito l'irascibilità o l'egoismo. Proibirono cose come omicidio, aggressione e furto. Naturalmente non sappiamo quali fossero le liste prima dell'avvento della scrittura, ma potete essere sicuri che esistessero, perché difficilmente è plausibile che abbiamo ucciso, rapinato e rubato impunemente per cinque o seimila anni finché Hammurabi finalmente non ha notato che si trattava di attività piuttosto distruttive.

Quando gli Israeliti fuggirono dall'Egitto nel tredicesimo secolo avanti Cristo, erano letteralmente un'orda senza legge, perché si erano lasciati la lista di proibizioni degli egizi alle spalle. Avevano bisogno di una propria lista di proibizioni, che Dio fornì loro – le celebri dieci. Ma naturalmente, dieci non bastarono. Altre centinaia le seguirono, ma neanche loro bastarono.

Nessun numero è mai bastato, per noi. Non mille, non diecimila, non centomila. Neanche milioni bastano, e allora ogni singolo anno paghiamo i nostri legislatori affinché ne creino altre. Ma non importa quanti divieti ci inventiamo, non bastano mai, perché nessun comportamento vietato è mai

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stato eliminato venendo reso illegale. Ogni volta che qualcuno viene messo in prigione o giustiziato, si dice che questo “mandi un messaggio” ai malviventi, ma per qualche strano motivo questo messaggio non arriva mai, anno dopo anno, generazione dopo generazione, secolo dopo secolo.

Naturalmente, noi questo lo consideriamo un sistema molto avanzato.

Non è mai stato trovato nessun popolo tribale che affermasse di non sapere come vivere. Al contrario, sono tutti assolutamente sicuri di sapere come vivere. Ma con la scomparsa della legge tribale tra di noi, la gente cominciò a essere acutamente consapevole di non sapere come vivere. Una nuova categoria di specialisti cominciò a venire richiesta, la cui specialità era enunciare come le persone dovrebbero vivere. Questi specialisti li chiamiamo profeti.

Naturalmente, essere dei profeti richiede dei requisiti particolari. Per definizione, si deve sapere qualcosa che il resto di noi non sa, qualcosa che il resto di noi è chiaramente incapace di scoprire. Questo significa che si deve avere accesso a una fonte di informazioni normalmente fuori portata – altrimenti a che servirebbe? Una visione trascendente andrà bene, come nel caso di Siddharta Gautama. Un sogno andrà bene, ammesso che provenga da Dio. Ma la cosa migliore di tutte, naturalmente, è la comunicazione diretta, personale e immediata con Dio. I profeti più persuasivi e preziosi, quelli per cui vale la pena morire e uccidere, parlano direttamente con Dio.

L'apparizione di religioni basate sulle rivelazioni profetiche è una peculiarità della nostra cultura. Solo noi nella storia dell'umanità abbiamo avuto bisogno di queste religioni. Ne abbiamo ancora bisogno (e ne vengono create di nuove ogni giorno), perché sentiamo ancora profondamente di non sapere come vivere. Le nostre religioni sono la peculiare creazione di un popolo deprivato. Eppure, non dubitiamo mai neanche per un istante che siano le religioni dell'umanità stessa.

Questa credenza non era irragionevole quando apparve per la prima volta tra di noi. Avendo dimenticato da molto tempo che l'umanità esisteva da molto prima della nostra comparsa, demmo per scontato di essere l'umanità stessa e che la nostra storia fosse la storia umana stessa. Immaginammo che l'umanità fosse esistita solo per poche migliaia di anni – e che Dio ci avesse parlato fin dall'inizio. Quindi perché le nostre religioni non avrebbero potuto essere definite le religioni dell'umanità stessa?

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Quando divenne noto che l'umanità era milioni di anni più vecchia di noi, nessuno trovò strano che Dio fosse rimasto distante per le migliaia di generazioni che erano esistite prima di noi. Perché Dio si sarebbe dovuto disturbare a parlare con l'Homo habilis o con l'Homo erectus? Perché avrebbe dovuto disturbarsi a parlare anche con l'Homo sapiens – finché non siamo arrivati noi? Dio voleva parlare a gente civilizzata, non a dei selvaggi, quindi non c'è da meravigliarsi che sia rimasto sdegnosamente silenzioso.

I filosofi e i teologi del diciannovesimo e del ventesimo secolo non erano turbati dal lungo silenzio di Dio. Conoscere quel fatto era abbastanza per loro, non sentivano il bisogno di sviluppare una teoria che lo spiegasse. Per i cristiani, era assodato da tempo che il Cristianesimo fosse la religione dell'intera umanità (e questo era il motivo per cui tutta l'umanità doveva esservi convertita, naturalmente). Fu un passo facile per pensatori come Teilhard de Chardin e Matthew Fox promuovere Cristo dal Cristo dell'umanità al Cristo di tutto il cosmo.

Stranamente, stette a me riconoscere che un tempo era davvero esistita una religione che si potrebbe plausibilmente definire la religione dell'intera umanità. Fu la prima religione dell'umanità e la sua unica religione universale, trovata ovunque siano stati trovati degli umani, esistente da decine di migliaia di anni. I missionari cristiani la incontrarono ovunque andarono, e decisero piamente di distruggerla. Ormai è stata quasi spazzata via dagli sforzi dei missionari o dal semplice sterminio dei suoi aderenti. Non mi sento certamente orgoglioso di averla scoperta, visto che è rimasta in piena vista per centinaia di anni.

Naturalmente, non viene considerata una “vera” religione, visto che non è una delle nostre. E' solo una sorta di rozza “pre-religione”. Come potrebbe essere qualcosa di diverso, dato che emerse molto prima che Dio decidesse che noi umani eravamo degni di ascoltare la Sua parola? Non è stata rivelata da nessun profeta accreditato, non ha dogmi, non ha una teologia o una dottrina evidente, non ha alcuna liturgia e non produce eresie o scismi interessanti. Peggio ancora, per quanto ne so, nessuno ha mai ucciso o è mai morto per essa – e che tipo di religione è una così? Tutto considerato, è già tanto che abbiamo un nome per definirla.

La religione di cui sto parlando è, naturalmente, l'animismo. Questo nome venne scelto per riflettere l'impressione generale missionaria che questi selvaggi infantili fossero convinti che cose come pietre, alberi e fiumi possedessero uno spirito, e non ha perso la sua accezione dalla metà del diciannovesimo secolo.

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Non c'è bisogno di dirlo, ma non ero disposto ad accontentarmi di questa banalizzazione di una religione che aveva prosperato per decine di migliaia di anni tra persone intelligenti esattamente quanto noi. Dopo aver cercato di capire per decenni cosa queste persone ci stessero dicendo sulle loro vite e sulla loro visione del posto dell'umanità nel mondo, conclusi che alla base di ciò che stavano dicendo c'era una semplicissima (ma tutt'altro che trascurabile) visione del mondo: il mondo è un luogo sacro, e l'umanità vi appartiene.

E' semplice, ma anche in modo ingannevole. Questo può essere compreso meglio se vi contrapponiamo la visione del mondo alla base delle nostre religioni. Nella visione del mondo delle nostre religioni, il mondo è tutt'altro che un luogo sacro. Per i cristiani, è solo un luogo in cui veniamo messi alla prova e non ha valore intrinseco. Per i buddisti, è un luogo dove la sofferenza è inevitabile. Se sto ipersemplificando, il mio scopo non è di distorcere ma solo di chiarire le differenze generali tra le due visioni del mondo nei pochi minuti che mi sono rimasti.

Per i cristiani, gli umani non appartengono al mondo; non è la nostra vera casa, è solo una sorta di sala d'aspetto dove trascorriamo il tempo prima di trasferirci nella nostra vera casa, ossia il paradiso. Per i buddisti, il mondo è un altro tipo di sala d'aspetto, che visitiamo ancora e ancora in un ripetuto ciclo di morte e resurrezione finché finalmente non otteniamo la liberazione nel nirvana.

Per i cristiani, se il mondo fosse un luogo sacro, noi non vi apparterremmo, perché siamo tutti peccatori; Dio non ha mandato il suo unigenito figlio per renderci degni di vivere in un mondo sacro ma per renderci degni di vivere con Lui in paradiso. Per i buddisti, se il mondo fosse un luogo sacro, allora perché dovremmo sforzarci di uscirne? Se il mondo fosse un luogo sacro, allora non accoglieremmo volentieri il ripetuto ciclo di morte e rinascita?

Dal punto di vista animista, gli umani appartengono a un luogo sacro perché loro stessi sono sacri. Non sacri in modo speciale, non più sacri di qualunque altra cosa, ma semplicemente tanto sacri quanto qualunque altra cosa – sacri quanto bisonti, salmoni, corvi, grilli, orsi o girasoli.

Questo non è assolutamente tutto ciò che c'è da dire sull'animismo. Viene esplorato più comprensivamente in The Story of B, ma anche quello è solo un inizio. Non sono un'autorità sull'animismo. Dubito che possa anche solo esistere qualcosa come un'autorità sull'animismo.

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Le idee semplici non sono sempre facili da comprendere. L'idea più semplice che abbia mai articolato nel mio lavoro è probabilmente quella meno compresa: Non esiste un unico modo giusto di vivere per le persone – non è mai esistito e non esisterà mai. Quest'idea era alla base della vita tribale ovunque. I Navajo non pensarono mai di possedere l'unico modo giusto di vivere (e che tutti gli altri fossero sbagliati). Tutto ciò che avevano era un modo che funzionava per loro. Con popoli tribali che vivevano tutto intorno a loro – tutti in modo diverso – sarebbe stato ridicolo per loro immaginare che il loro stile di vita fosse l'unico giusto per le persone. Sarebbe come se noi immaginassimo che esiste un unico modo giusto di orchestrare una canzone di Cole Porter o un unico modo giusto di fabbricare una bicicletta.

Dato che nel mondo tribale c'era completo consenso che nessuno possedesse l'unico modo giusto di vivere, c'era uno sconvolgente tripudio di diversità culturale, che i membri della nostra cultura hanno continuato a sradicare instancabilmente per diecimila anni. Per noi, sarà il paradiso solo quando tutti sulla Terra vivranno esattamente nello stesso modo.

Quasi nessuno batte le palpebre all'affermazione che non esiste un unico modo giusto di vivere per le persone. In una delle sue denunce di scribi e farisei, Gesù disse: “Vi strozzate con il moscerino ma ingoiate il cammello”. Le persone trovano molti moscerini nei miei libri con cui strozzarsi, ma questo grande cammello peloso va giù facilmente quanto un cucchiaino di miele.

Possano le foreste essere con voi e con i vostri figli.

Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal (e-mail).Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:

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