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Daniel Quinn Oltre la Civiltà (Beyond Civilization) Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected] ). Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito: NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com Cosa accadrebbe se forgiassimo intenzionalmente le nostre soluzioni sociali nel fuoco del caos creativo? (John Briggs e F. David Peat.) Per Rennie, e per Hap Veerkamp e C. J. Harper, con un ringraziamento speciale ai membri del Seminario di Houston 1998, che hanno giocato un ruolo cruciale nella stesura di questo libro, e soprattutto a Scott Valentine e Sara Walsh. Ci avete fatto andare avanti e mi avete mantenuto sano. I senzatetto e i giovani stanno rapidamente convergendo nel territorio socioeconomico che in questo libro ho definito come “Oltre la Civiltà”. I senzatetto per la maggior parte ci sono stati spinti involontariamente, mentre molti giovani lo desiderano senza rendersene conto, come fa chiunque voglia di più dalla vita che una possibilità di nutrirsi alla mangiatoia in cui il mondo sta venendo divorato. È a loro e alle loro speranze che questo libro è dedicato in particolare.

Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

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Al sito http://NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com potete trovare gli altri libri di Quinn e quasi 100 FAQ sulle sue idee.

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Daniel QuinnOltre la Civiltà

(Beyond Civilization)

Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:

NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com

Cosa accadrebbe se forgiassimointenzionalmente le nostre soluzioni sociali

nel fuoco del caos creativo?(John Briggs e F. David Peat.)

Per Rennie,e per Hap Veerkamp e C. J. Harper,

con un ringraziamento speciale ai membri delSeminario di Houston 1998, che hanno giocato un ruolo cruciale nella stesura di questo libro,e soprattutto a Scott Valentine e Sara Walsh.

Ci avete fatto andare avanti e mi avete mantenuto sano.

I senzatetto e i giovani stanno rapidamente convergendo nelterritorio socioeconomico che in questo libro ho definito come

“Oltre la Civiltà”. I senzatetto per la maggior parte ci sono statispinti involontariamente, mentre molti giovani lo desiderano

senza rendersene conto, come fa chiunque voglia di più dalla vitache una possibilità di nutrirsi alla mangiatoia in cui il mondosta venendo divorato. È a loro e alle loro speranze che questo

libro è dedicato in particolare.

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PARTE UNOIndividuare il problema

L'ho sentita, naturalmente, da mio nonno, e lui dal suo, che l'ha sentita dal suo, e così via, risalendo a centinaia di anni nel passato. Questo significa che questa storia è molto vecchia. Ma non scomparirà, perché la offro ai miei figli, e i miei figli la racconteranno ai loro, e così via.

(Cantastorie gitano Lazaros Harisiadis, citato da Diane Tong in “Gypsy Folk Tales”.)

Una favola per cominciare.

Tanto tempo fa, la vita si evolse su un certo pianeta, producendo molte diverse organizzazioni sociali – branchi, greggi, stormi, orde e così via. Una specie i cui membri erano insolitamente intelligenti sviluppò un'orga-nizzazione sociale unica chiamata “tribù”. Il tribalismo funzionò bene per loro per milioni di anni, ma a un certo punto decisero di sperimentare una nuova organizzazione sociale (chiamata “civiltà”) che era gerarchica anziché tribale. In breve quelli in cima alla gerarchia stavano vivendo nel lusso, godendosi il meglio di qualunque cosa. Una classe sociale più grande sotto di loro viveva molto bene e non aveva nulla di cui lamentarsi. Ma alle masse che vivevano in fondo alla gerarchia la situazione non piaceva affatto. Lavoravano e vivevano come animali da allevamento, faticando anche solo per restare in vita.

“Questo non sta funzionando”, dissero le masse. “Il modo tribale era migliore. Dovremmo ricominciare a vivere in quel modo.” Ma il sovrano della gerarchia disse loro: “Ci siamo lasciati alle spalle quella vita primiti-va per sempre. Non possiamo tornarci.”

“Se non possiamo tornare indietro”, dissero le masse, “allora andiamo avanti – verso qualcosa di diverso.”

“Non può essere fatto”, disse il sovrano, “perché nulla di diverso è possibile. Niente può andare oltre la civiltà. La civiltà è un'invenzione definitiva e insuperabile.”

“Ma nessuna invenzione è mai insuperabile. Il motore a vapore è stato sorpassato dal motore a scoppio. La radio è stata sorpassata dalla televisio-ne. Il calcolatore è stato sorpassato dal computer. Perché la civiltà dovreb-be essere diversa?”

“Non so perché è diversa”, disse il sovrano, “lo è e basta.”

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Ma le masse non ci credettero – e non ci credo neanch'io.

Un manuale per il cambiamento.

La mia prima concezione di questo libro era riflessa dal suo titolo originale: “Il manuale per il cambiamento”. Ci avevo pensato perché non c'è niente che la gente della nostra cultura desidera di più del cambiamen-to. Vogliono disperatamente cambiare se stessi e il mondo intorno a loro. La ragione non è difficile da trovare. Sanno che c'è qualcosa che non va – in se stessi e nel mondo.

In Ishmael e negli altri miei libri ho dato alla gente un nuovo modo di capire che cosa è andato storto. Avevo l'idea – piuttosto ingenua – che questo sarebbe bastato. Di solito basta. Se sai che cosa c'è che non va in qualcosa – la tua macchina, il tuo computer, il tuo frigorifero o il tuo televisore – allora il resto è relativamente semplice. Credevo che sarebbe stato lo stesso in questo caso, ma naturalmente non è andata così. Ancora e ancora, letteralmente migliaia di volte, la gente mi ha detto o scritto: “Capisco che cosa stai dicendo – hai cambiato il modo in cui vedo il mondo e il nostro posto in esso – ma che cosa dovremmo FARE a riguar-do?”

Avrei potuto dire: “Non è ovvio?” Ma ovviamente non è ovvio – nulla di remotamente simile.

In questo libro, spero di renderlo ovvio.In gioco c'è il futuro dell'umanità.

Chi sono le persone della “nostra cultura”?

È facile riconoscere le persone che appartengono alla “nostra” cultura. Se andate da qualche parte – ovunque nel mondo – dove il cibo è tenuto sotto chiave, sapete di trovarvi tra popoli della nostra cultura. Possono essere incredibilmente diversi in materie relativamente superficiali – il modo in cui si vestono, le loro usanze matrimoniali, le feste che osservano, e così via. Ma quando si tratta della cosa più fondamentale di tutte, ottenere il cibo che serve loro per sopravvivere, sono tutti uguali. In questi luoghi, il cibo è tutto posseduto da qualcuno, e se ne vuoi un po' devi comprarlo. In questi luoghi è ovvio; la gente della nostra cultura non conosce altro modo.

Rendere il cibo un bene da possedere è stata una delle grandi innova-zioni della nostra cultura. Nessun'altra cultura nella storia ha mai messo il cibo sotto chiave – e tenerlo lì è la pietra angolare della nostra economia,

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perché se il cibo non fosse sotto chiave, chi lavorerebbe?

Che significa “salvare il mondo”?

Quando parliamo di salvare il mondo, a che mondo ci stiamo riferen-do? Non al globo stesso, ovviamente. Ma neanche al mondo biologico – il mondo della vita. Il mondo della vita, stranamente, non è in pericolo (nonostante lo siano migliaia e forse persino milioni di specie). Perfino al massimo della nostra distruttività, non riusciremmo a rendere questo pianeta privo di vita. Attualmente si stima che fino a duecento specie si estinguano ogni giorno, grazie a noi. Se continuiamo a uccidere i nostri vicini a questo ritmo, verrà inevitabilmente il giorno in cui una di quelle duecento specie sarà la nostra.

Salvare il mondo non significa nemmeno preservare il mondo nel suo stato attuale. Potrebbe sembrare una buona idea, ma è anche inattuabile. Anche se l'intera razza umana svanisse domani, il mondo non resterebbe com'è oggi. Non saremo mai in grado di fermare il cambiamento su questo pianeta, in nessun modo.

Ma se salvare il mondo non significa salvare il mondo della vita o conservarlo immutato, di che stiamo parlando? Salvare il mondo può significare solo una cosa: salvarlo in quanto habitat umano. Raggiungere questo obiettivo significherà (deve significare) salvare il mondo come habitat per più altre specie possibili. Possiamo salvare il mondo come habitat umano solo fermando il nostro catastrofico sterminio della comuni-tà della vita, perché dipendiamo da quella comunità per sopravvivere.

Vecchie menti con nuovi programmi.

Nel mio romanzo “The Story of B”, il volume centrale della trilogia che comincia con “Ishmael” e finisce con “My Ishmael”, ho scritto: “Se il mondo verrà salvato, non lo sarà da vecchie menti con nuovi programmi, ma da nuove menti con nessun programma.” Temo che questo sia uno di quei casi in cui le parole sono chiare ma i pensieri sono sfuggenti. Li riformulerò. Se continueremo come stiamo facendo ora, non resteremo in circolazione per molto tempo – alcuni decenni, un secolo al massimo. Se saremo ancora in giro fra mille anni, sarà perché avremo smesso di procedere come stiamo facendo ora.

Come potrà avvenire questo? Come smetteremo di procedere in questo modo?

Ecco come le vecchie menti pensano di farci fermare. Pensano di farci

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fermare nello stesso modo in cui hanno fermato la povertà, l'abuso di droghe, il crimine. Con dei programmi. I programmi sono bastoncini conficcati nel letto del fiume per impedirne lo scorrimento. Lo ostacolano. Un po'. Ma non fermano mai il flusso, e non cambiano mai la direzione del fiume.

Ecco perché posso predire con sicurezza che se il mondo verrà salvato non lo sarà perché delle vecchie menti avranno inventato dei nuovi programmi. I programmi non riescono mai a fermare le cose che nascono per fermare. Nessun programma ha mai eliminato povertà, abuso di droghe o crimine, e nessun programma li eliminerà mai.

E nessun programma ci farà mai smettere di distruggere il pianeta.

Nuove menti con nessun programma.

Se il mondo verrà salvato, non lo sarà da vecchie menti con nuovi programmi, ma da nuove menti con nessun programma.

Perché non nuove menti con nuovi programmi? Perché dovunque trovi gente che lavora con dei programmi non trovi nuove menti, ma vecchie menti. I programmi e le vecchie menti sono inscindibili.

Il fiume che ho nominato prima è il fiume della visione. Il fiume della visione della nostra cultura ci sta conducendo verso la catastrofe. I bastoncini piantati nel suo letto possono ostacolarne il flusso, ma noi non dobbiamo ostacolarlo, dobbiamo deviarlo in una direzione completamente diversa. Se il fiume della visione della nostra cultura comincerà mai a portarci lontani dalla catastrofe e verso un futuro sostenibile, allora i programmi saranno superflui. Quando il fiume scorre dove vuoi, non ci pianti dei bastoncini per ostacolarlo.

Vecchie menti pensano:Come facciamo a far smettere queste brutte cose?

Nuove menti pensano: Come facciamo a rendere le cose come le vogliamo?

Nessun programma?

I programmi permettono di apparire occupati e risoluti mentre si fallisce. Se i programmi funzionassero davvero come previsto, la società umana sarebbe il paradiso: i nostri governi funzionerebbero, le nostre scuole funzionerebbero, i nostri sistemi legali funzionerebbero, i nostri sistemi giudiziari funzionerebbero, i nostri sistemi penali funzionerebbero,

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e così via.Quando i programmi falliscono (come fanno invariabilmente), la colpa

viene data alla progettazione scadente, alla mancanza di finanziamenti e di personale, alla cattiva amministrazione e all'addestramento inadeguato. Quando i programmi falliscono, vengono rimpiazzati da programmi nuovi con progettazione migliorata, maggiori finanziamenti e personale, ammini-strazione superiore e addestramento più minuzioso. Quando anche questi nuovi programmi falliscono (come fanno invariabilmente), la colpa viene data alla progettazione scadente, alla mancanza di finanziamenti e di personale, alla cattiva amministrazione e all'addestramento inadeguato.

Ecco perché spendiamo sempre di più per i nostri fallimenti ogni anno che passa. La maggior parte della gente lo accetta piuttosto volentieri, perché sa che ottiene di più ogni anno: più finanziamenti, più leggi, più polizia, più prigioni – più di ogni cosa che non ha funzionato l'anno prima, o quello prima ancora, o quello prima ancora.

Vecchie menti pensano:Se non ha funzionato l'anno scorso, facciamone DI PIÙ quest'anno.

Nuove menti pensano:Se non ha funzionato l'anno scorso, facciamo QUALCOSA DI DIVER-

SO, quest'anno.

Se non programmi, allora cosa?

Un uomo era seduto nel bel mezzo del deserto in un aggeggio fatto di pietre, pezzi di legno e vecchi pneumatici sgonfiati, che stava “guidando” con impegno come se fosse stato un veicolo in movimento.

Quando gli chiesero che cosa stesse facendo, l'uomo disse: “Sto tornando a casa.”

“Non ci arriverai mai con quell'affare”, gli dissero.“Se non con questo, allora con cosa?”, chiese lui.Noi siamo come quest'uomo, occupati a cercare di guidare verso il

futuro in una macchina di Rube Goldberg fatta di programmi che non ci ha mai portato più lontano di quanto il suo mucchio di spazzatura abbia mai trasportato lui. Perfino dopo aver riconosciuto che i programmi non funzionano e non hanno mai funzionato, comunque, ci sembra ancora naturale chiedere: “Se non programmi, allora cosa?”

Mi piacerebbe riformulare la domanda in questo modo: “Se i program-mi non funzionano, allora che cosa funziona?” In realtà, ho un modo

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ancora migliore di chiederlo: “Che cosa funziona così bene che i program-mi sono superflui? Che cosa funziona così bene che non verrebbe mai in mente a nessuno di creare dei programmi per farlo funzionare?”

La risposta a queste domande è: una visione.

L'invisibilità del successo.

Quando le cose funzionano, le forze che le fanno funzionare sono invisibili. L'universo stesso è un classico esempio di questo. Ci è voluto un genio straordinario per riconoscere le leggi del moto e della gravitazione universale che ora ci sembrano quasi noiosamente ovvie. Il genio di Newton è consistito proprio nel vedere ciò che era così evidente da essere invisibile. Ogni avanzamento scientifico rende evidente un meccanismo che era rimasto mascherato dalla sua stessa efficienza. Il motto dei balle-rini è: non lasciare mai che ti vedano faticare. Quando si tratta delle leggi dell'universo, il motto diventa: non lasciare mai che ti vedano. Fai in modo che debbano dedurre la tua esistenza. E in effetti le leggi dell'universo non sono mai osservabili direttamente, quindi non abbiamo altro modo di scoprirle che tramite deduzione.

Ciò che funziona nella comunità della vita è mascherata dal proprio successo in modo simile. Le leggi basilari dell'ecologia hanno la bellezza e la semplicità di una favola, ma la loro esistenza cominciò a venire sospet-tata solo un secolo fa.

L'invisibilità del successo tribale.

La gente è affascinata dal motivo per cui un branco di leoni funziona, per cui un branco di babbuini funziona o per cui uno stormo di oche funziona, ma spesso è riluttante a imparare perché una tribù di umani funziona. Gli umani tribali hanno sono esistiti con successo su questo pianeta per tre milioni di anni prima della nostra Rivoluzione Agricola, e non hanno meno successo oggi ovunque siano riusciti a sopravvivere intatti, ma molte persone della nostra cultura questo non vogliono sentirlo. In effetti, lo negheranno vigorosamente. Se si spiega loro perché un branco di elefanti funziona, o perché un alveare di api funziona, non avranno problemi. Ma se si cerca di spiegar loro perché una tribù di umani funziona, si viene accusati di “idealizzarli”. Dal punto di vista dell'etologia o della biologia evoluzionistica, comunque, il successo degli umani in tribù non è un'idealizzazione più di quanto lo sia quello dei bisonti in orde o delle balene in branchi.

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La nostra scusa culturale per il fallimento è che gli umani sono “naturalmente” difettosi – avidi, egoisti, miopi, violenti e così via, il che significa che qualunque cosa si provi a fare con loro fallirà. Per convalida-re questa scusa, la gente vuole che il tribalismo sia un fallimento. Per questo motivo, alla gente che vuole confermare la nostra mitologia culturale ogni suggerimento che il tribalismo avesse successo sembra una minaccia.

Rendere il successo della vita tribale visibile è il lavoro dei miei altri libri, e non verrà ripetuto qui.

Successo vistoso, fonte invisibile.

La nostra cultura ha avuto un successo vistoso, nel senso che ha conquistato il mondo. Per la maggior parte della nostra storia, questo successo è stato percepito come semplicemente inevitabile, la realizzazio-ne del destino umano. La gente non si interrogava a riguardo più di quanto si interrogasse sulla gravità. Quando gli europei “scoprirono” il Nuovo Mondo, considerarono loro sacro dovere conquistarlo. La gente che stava già vivendo lì era solo fra i piedi, come alberi, rocce e animali selvaggi. Non avevano un vero motivo per essere lì, come invece noi. Per noi, conquistare questo emisfero era solo parte del piano generale (presumibil-mente quello di Dio) che prevedeva che conquistassimo l'intero pianeta. Non ci ha sorpreso minimamente il fatto che siamo stati in grado di conquistare questo emisfero (e l'intero pianeta, in realtà). È semplicemente ciò che doveva succedere, quindi naturalmente è successo. Nessuno rimane sorpreso quando le nuvole producono pioggia.

Prima di Newton, la gente non si chiedeva perché gli oggetti senza sostegno tendessero a cadere al suolo. Immaginavano soltanto che non potessero fare altro. Dovevano cadere al suolo, e questo era tutto. I nostri storici sono sempre stati nella stessa situazione quando si è trattato del nostro tremendo successo culturale. Non si chiedono perché fossimo spinti a conquistare il mondo. Si dicono semplicemente: che altro avremmo potuto fare? Dovevamo conquistare il mondo, e questo è tutto.

La visione è come la gravità.

Una visione è per una cultura ciò che la gravità è per la materia. Quando vedete una palla rotolare giù da un tavolo e cadere al suolo, dovreste pensare: “La gravità è all'opera.” Quando vedete una cultura comparire ed espandersi in tutte le direzioni fino a ricoprire l'intero

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pianeta, dovreste pensare: “Una visione è all'opera.”Quando vedete un piccolo gruppo di persone cominciare a comportarsi

in un modo particolare che in seguito si espande in tutto il continente, dovreste pensare: “Una visione è all'opera, qui.” Se vi dico che il piccolo gruppo di cui sto parlando era composto da seguaci di un predicatore del primo secolo di nome Paolo e che il continente era l'Europa, capirete che la visione era la Cristianità.

Dozzine o forse perfino centinaia di libri hanno analizzato le ragioni del successo della Cristianità, ma nessuno di loro è stato scritto prima del diciannovesimo secolo. Prima del diciannovesimo secolo, sembrava a tutti che la Cristianità non avesse bisogno di un motivo per avere successo più di quanto ne avesse la gravità. Era destinata ad avere successo.

Per esattamente la stessa ragione, nessuno ha mai scritto un libro analizzando le ragioni dietro il successo della Rivoluzione Industriale. È perfettamente ovvio per noi che la Rivoluzione Industriale fosse destinata ad avere successo. Non avrebbe potuto fallire più di quanto una palla che rotoli giù da un tavolo possa cadere verso il soffitto.

Questo è il potere della visione.

La diffusione della visione.

Ogni visione di diffonde automaticamente, ma non ogni visione si diffonde nello stesso modo. In un certo senso, il meccanismo di espansione è la visione.

Il meccanismo di espansione della nostra cultura è stato la crescita demografica: cresci, prendi più terra, aumenta la produzione alimentare e cresci ancora di più. Il meccanismo di diffusione della Cristianità era la conversione: accetta Gesù, poi fai in modo che lo accettino anche gli altri. Il meccanismo di espansione della Rivoluzione Industriale era il migliora-mento: migliora qualcosa, poi rendilo disponibile in modo che altri possano migliorarlo ancora di più.

Chiaramente, tutti i meccanismi di diffusione hanno una cosa in comune: conferiscono benefici a quelli che attuano l'espansione. Quelli che ottengono più terra, aumentano la produzione alimentare e crescono, sono ricompensati con ricchezza e potere. Quelli che accettano Gesù e fanno in modo che altri lo accettino, sono ricompensati con il Paradiso. Quelli che migliorano qualcosa e lo rendono disponibile perché altri possano miglio-rarlo ulteriormente sono ricompensati con rispetto, fama e benessere. I benefici conferiti non dovrebbero, comunque, venire confusi con il mecca-nismo stesso. La nostra cultura non è stata diffusa da persone che diveniva-

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no ricche e potenti, la Cristianità non è stata diffusa da gente che andava in Paradiso, e la Rivoluzione Industriale non è stata diffusa da gente che conquistava rispetto, fama e benessere.

Visione: successo senza programmi.

Quando un chimico mette dell'acqua in una fialetta e aggiunge del sale, un angelo arriva e dissolve il sale in particelle cariche chiamate ioni. Dato che percepiamo l'universo come un'entità che si autogoverna in base a dei principi internamente consistenti e comprensibili, in questa storia l'angelo ci sembra completamente superfluo. Quindi lo tagliamo via con il rasoio di Occam.

Nonostante gli storici ora stiano indagando sulle ragioni dietro il suc-cesso della Cristianità, non stanno cercando dei programmi. La Cristianità ha prosperato nel mondo romano perché la gente di quell'epoca era pronta per essa, e gli storici non si aspetterebbero di trovare dei programmi al lavoro lì per promuovere la Cristianità più di quanto i chimici si aspet-terebbero di trovare degli angeli al lavoro nelle loro fiale. (Si potrebbe obiettare che l'Editto di Costantino di Milano, che conferì la libertà di culto ai cristiani, sia stato un programma di supporto, ma in realtà ha solo autorizzato ciò che due secoli e mezzo di persecuzione non erano riusciti a fermare, proprio come il ventunesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti ha autorizzato ciò che quattordici anni di Proibizionismo non erano riusciti a fermare.)

Allo stesso modo, la diffusione della nostra cultura non ha mai dovuto essere portata avanti da alcun programma. Non ha mai vacillato per un solo istante, e lo stesso può essere detto per la Rivoluzione Industriale.

Quando la visione va storta.

Quando il fiume della visione comincia a portare la gente in una dire-zione che non gradisce, essa comincia a piantare dei bastoncini per osta-colarne il flusso. Si tratta dei bastoncini che io chiamo programmi.

La maggior parte dei programmi assume questa forma: rendi illegale la cosa che ti sta infastidendo, cattura la gente che la sta facendo e mettila in galera.

Vecchie menti pensano:Dobbiamo scrivere leggi più severe e più dettagliate.

Nuove menti pensano:

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Nessun comportamento sgradito è mai cessato dopo essere stato reso illegale.

Il fatto che programmi di questo tipo falliscano invariabilmente non preoccupa la maggior parte delle persone.

Vecchie menti pensano:Se non ha funzionato l'anno scorso, facciamone DI PIÙ quest'anno.

Nuove menti pensano:Se non ha funzionato l'anno scorso, facciamo QUALCOSA DI DIVER-

SO, quest'anno.

Ogni anno, senza eccezioni, rendiamo illegali più cose, catturiamo più persone che le fanno e ne mettiamo di più in prigione. Il comportamento reso illegale non scompare mai perché, direttamente o indirettamente, è supportato dalla potente, invisibile, inarrestabile forza chiamata “visione”. Questo spiega perché gli ufficiali di polizia sono molto più inclini a diveni-re criminali di quanto i criminali non lo siano a divenire ufficiali di polizia. Si chiama “seguire la corrente”.

I programmi non sono malvagi, sono solo insufficienti.

Quando qualcuno riceve delle ferite potenzialmente fatali in un incidente d'auto, i medici nell'ambulanza fanno tutto il possibile per tenerlo in vita fino all'arrivo in ospedale. Il primo soccorso è essenziale ma da solo è insufficiente, come sanno tutti. Se alla fine della strada non c'è un ospe-dale, il paziente morirà, perché l'ambulanza semplicemente non ha le risorse che ha l'ospedale.

Lo stesso vale per i programmi. Ci sono molti programmi attivi oggi che si occupano di alleviare i nostri programmi di morte in modo da proteggere l'ambiente cosicché non divenga perfino più degradato di quello che è. Come il primo soccorso dell'ambulanza, questi programmi sono essenziali ma da soli insufficienti. Sono insufficienti perché sono fondamentalmente reattivi. Come i medici nell'ambulanza, non possono far avvenire cose buone, possono solo rendere le cose negative un po' meno negative. Non creano qualcosa di buono, si limitano a puntare i piedi contro qualcosa di malvagio.

Se non c'è un ospedale alla fine della strada, il paziente nell'ambulanza morirà, perché il primo soccorso (per quanto possa essere utile) semplice-mente non è in grado di tenerlo in vita indefinitamente. Se alla fine della

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strada non c'è una nuova visione per noi, anche noi moriremo, perché i programmi (per quanto possano essere utili) semplicemente non sono in grado di tenerci in vita indefinitamente.

Ma come potremmo andare avanti senza programmi?

Una volta, nella terra delle gambe spezzate, gli abitanti sentirono delle voci su un'altra terra molto lontana dove la gente si muoveva liberamente, perché nessuno aveva le gambe rotte. Si beffarono di queste voci, dicendo: “Come potrebbe la gente muoversi senza stampelle?”

Dire che la Rivoluzione Industriale è un esempio grandioso di ciò che la gente può fare senza programmi è un eufemismo. È un esempio scon-volgente. Dall'epoca in cui Giambattista della Porta ha sognato il primo “moderno” motore a vapore, quasi quattrocento anni fa, a oggi, questo vasto movimento che ha trasformato il mondo è stato portato avanti unicamente da una visione: migliora qualcosa, poi rendilo disponibile ad altri perché lo migliorino ancora di più. Non è mai stato necessario un singolo programma per portare avanti la Rivoluzione Industriale. Invece, è stata portata avanti dalla fiduciosa realizzazione in milioni di menti che perfino una piccola nuova idea, perfino una modesta innovazione o miglio-ramento di qualche invenzione precedente avrebbe potuto migliorare le loro vite quasi oltre ogni immaginazione. Nel giro di pochi, brevi secoli, milioni di ordinari cittadini, agendo quasi interamente per interesse perso-nale, hanno trasformato il mondo diffondendo idee e scoperte e facendo avanzare quelle idee e quelle scoperte portandole passo dopo passo a nuove idee e nuove scoperte. Riconoscere tutto questo non rende la Rivoluzione Industriale un evento benedetto – ma neanche condannarla come una catastrofe la rende qualcosa di meno della più grande esplosione di creatività della storia umana.

Ma come vivremo allora?

Nessun paradigma è mai in grado di immaginare il successivo. È quasi impossibile per un paradigma immaginare che ce ne sarà mai un altro. I popoli del Medioevo non pensavano di essere nel “mezzo” di qualcosa. Per quanto li riguardava, il modo in cui vivevano era quello in cui la gente avrebbe vissuto fino alla fine dei tempi. E se anche si fosse riusciti a persuaderli che una nuova epoca era alle porte, sarebbero stati incapaci di dirci qualunque cosa a riguardo – e in particolare non avrebbero potuto dire che cosa l'avrebbe resa nuova. Se fossero stati in grado di descrivere il

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Rinascimento nel quattordicesimo secolo, sarebbe stato quello il Rinasci-mento.

Noi non siamo diversi. Con tutto il nostro blaterare di nuovi paradigmi emergenti, per noi è un'assunzione irrefutabile che i nostri lontani discen-denti saranno esattamente come noi. I loro giocattoli, le loro mode, la loro musica e cose simili saranno sicuramente diversi, ma siamo sicuri che la loro mentalità sarà identica – perché non riusciamo a immaginare un'altra mentalità che le persone possano avere. Ma in realtà, se riusciremo davvero a sopravvivere qui sarà perché saremo passati a una nuova epoca tanto differente dalla nostra quanto il Rinascimento lo era dal Medioevo – e tanto inimmaginabile per noi quanto il Rinascimento lo era nel Medioe-vo.

Come possiamo ottenere una visione che non riusciamo a immagi-nare?

Come si è sempre fatto: un meme alla volta. Sono consapevole che questa affermazione richiede una spiegazione. La cosa migliore sarebbe che leggeste, ma in caso non sia possibile per voi in questo momento, riassumerò. In breve, i meme sono per le culture ciò che i geni sono per i corpi.

Il vostro corpo è un insieme di cellule. Ogni cellula nel vostro corpo contiene un raggruppamento di tutti i vostri geni, che Dawkins ha paragonato a un insieme di progetti di costruzione per un corpo umano – per la precisione, il vostro. Al concepimento, voi eravate una singola cellula – un singolo insieme dei progetti di costruzione per il vostro corpo, metà ricevuta da vostra madre e metà da vostro padre. Quest'unica cellula in seguito si è divisa in due, ognuna delle quali contenente l'insieme completo dei progetti di costruzione per il vostro corpo. Queste due cellule si sono poi divise in quattro, le quattro in otto, le otto in sedici, e così via – e ognuna di esse conteneva l'insieme completo dei progetti di costruzione per il vostro corpo.

Una cultura è anch'essa una collezione di cellule, che in questo caso sono singoli esseri umani. Ognuno di voi (e ognuno dei vostri genitori, parenti e amici) contiene un insieme completo di meme, che sono i progetti di costruzione per la nostra cultura. Dawkins ha coniato la parola meme (che fa rima con theme – tema, argomento) per descrivere ciò che lui percepiva come l'equivalente culturale del gene.

La diffusione di geni e meme.

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Dawkins suggerisce che i meme si replichino nella “vasca memica” (ciò che io chiamo “cultura”) in un modo analogo a quello in cui i geni si replicano nella vasca genetica. Si trasferiscono da mente a mente come i geni si trasferiscono da corpo a corpo. I geni si trasferiscono da un corpo all'altro tramite la riproduzione. I meme si trasferiscono da una mente all'altra tramite la comunicazione: nelle ninne-nanne ascoltate nella culla, nelle favole, nelle conversazioni dei genitori a tavola, nelle barzellette, nei cartoni animati, nei fumetti, nei sermoni, nei pettegolezzi, nelle lezioni, nei libri di testo, nei film, nei romanzi, nei giornali, nelle canzoni, nelle pub-blicità, e così via.

Fiumi di inchiostro (sia reale che virtuale) sono stati spesi sui meme di Dawkins. Alcune autorità li hanno liquidati come non esistenti o privi di senso. Altri sono arrivati al punto da chiedersi se i meme esistono nei cervelli come entità fisiche, come i dendriti o le cellule gliali. Lascio che ne discutano loro.

Ogni cultura è un insieme di individui, e ogni individuo ha nella sua testa un completo insieme di valori, concetti, regole e preferenze che, presi tutti insieme, costituiscono i progetti di costruzione di quella particolare cultura. Che li si chiami meme o marglefarbs è irrilevante. Non ci può essere alcun dubbio sulla loro esistenza.

Piccole percentuali, grandi differenze.

A meno che non siate genetisti, sarete probabilmente sorpresi di sapere che ci distinguiamo dagli scimpanzé per una piccolissima percentuale di geni. Ci aspetteremmo che le cose stessero diversamente. Siamo così evidentemente diversi dagli scimpanzé che ci aspetteremmo che ci fosse un abisso genetico tra di noi. Ovviamente i geni che non condividiamo devono in qualche modo “fare la differenza”. Ma sarebbe un errore pensare che senza questi geni gli umani sarebbero scimpanzé – o che con quei geni gli scimpanzé sarebbero umani. Gli umani non sono solo scimpanzé con dei geni extra, né gli scimpanzé sono umani con geni mancanti. Nulla nel mondo della genetica (e in nessun altro, per dirla tutta) è mai così semplice.

Solo una piccolissima percentuale di meme differenziava il Rinasci-mento dal Medioevo, ma ovviamente i nuovi meme fecero tutta la diffe-renza. L'autorità della Chiesa impallidì, emersero nuovi ideali umanisti, lo sviluppo della pressa per la stampa diede alla gente nuove idee riguardo ciò che potevano conoscere e su cui potevano riflettere, e così via. Per

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ottenere il Rinascimento non è stato necessario cambiare il novanta percento dei meme del Medioevo – e nemmeno l'ottanta, il sessanta, il trenta o il venti percento. E i nuovi meme non dovevano cominciare ad agire tutti in una volta. In effetti, non avrebbero potuto. Il Rinascimento era pronto per Andrea del Verrocchio molto prima che per Martin Lutero.

Che meme dobbiamo cambiare?

A questa domanda è molto più facile rispondere di quanto ci si aspetterebbe. I meme che dobbiamo cambiare sono quelli letali.

Richard Dawkins lo ha detto con semplicità irriducibile: “Un gene letale è uno che uccide il proprio possessore.” Potrebbe sembrarvi ingiusto o in qualche modo perfino irragionevole che cose come i geni letali esistano. Potreste anche chiedervi come fanno i geni letali a restare nella vasca genetica. Se uccidono i loro possessori, perché non vengono eliminati? La risposta è che i geni con cominciano ad agire tutti insieme. La maggior parte dei geni, naturalmente, comincia ad agire durante lo stadio fetale, quando il corpo viene costruito. Altri, altrettanto ovviamente, rimangono dormienti fino alla pubertà. I geni letali che cominciano ad agire prima della pubertà sono naturalmente eliminati rapidamente dalla vasca genetica, perché i loro possessori sono incapaci di trasmetterli tramite la riproduzione. Anche i geni letali che cominciano ad agire all'inizio della pubertà tendono a venire eliminati, ma quelli che cominciano ad avere effetto durante la mezza età o la vecchiaia rimangono nella vasca genetica, perché i loro possessori sono quasi sempre in grado di trasmetterli tramite la riproduzione prima di soccombere ai loro effetti mortali.

Meme letali.

Un meme letale è uno che uccide il proprio possessore. Per esempio, i membri della setta Heaven's Gate possedevano un meme letale che rendeva loro il suicidio irresistibilmente attraente – ma io non sono molto interessato a meme che sono letali per gli individui. Sono interessato ai meme che sono letali per le culture (e per la nostra cultura in particolare).

I geni letali non cominciano benigni per poi diventare letali. Invece, cominciano col non avere nessun effetto o con l'averne uno che solo in seguito diventa letale. Lo stesso vale per i meme letali. Gli antichi testimoni semiti che osservarono la nascita della nostra cultura videro che i loro vicini avevano preso dei meme dall'albero della conoscenza degli dei.

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Dissero: “I nostri vicini del nord credono di dover dominare il mondo. Questo meme è benigno negli dei ma è mortale negli umani.” La loro predizione era accurata, ma non si è realizzata immediatamente. I meme che ci hanno reso i dominatori del mondo sono letali, ma non avevano un effetto letale diecimila anni fa – o cinquemila, o duemila. Erano all'opera, trasformandoci nei dominatori del mondo, ma la loro letalità non è divenu-ta evidente fino a questo secolo, quando hanno cominciato a trasformarci nei distruttori del mondo.

Liberarci di questi meme è una questione di vita o di morte, ma può essere fatto. Lo so perché è stato fatto – da altri. Molte volte.

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PARTE DUEAvvicinandoci al processo

...è stata sfigurata e abbandonata......il crollo definitivo della città...Qualunque cosa sia avvenuta...

...la città venne distrutta...Il crollo può essere stato causato da...

...luoghi sono stati abbandonati......città sono state abbandonate...

Past Worlds: The Times Atlas of Archaeology.

Macchine da sopravvivenza per i geni.

Ognuno di noi è un miscuglio dei geni ricevuti da nostra madre e da nostro padre, e naturalmente loro sono miscugli di geni ricevuti dalle loro madri e dai loro padri. Sapendo questo, tendiamo a pensare ai nostri geni come alle cose che ci fanno andare avanti, generazione dopo generazione. Ma ecco un'immagine più vicina alla realtà: se i geni potessero pensare, penserebbero a noi come a ciò che permette loro di andare avanti, generazione dopo generazione.

Dico che questo è più vicino alla realtà perché in effetti noi non soprav-viviamo come individui, ma i nostri geni sì. Tu e io, come tutte le creature viventi, siamo abitazioni mobili temporanee per i geni che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, e il nostro lavoro (dal punto di vista dei nostri geni) è di assicurarci di dare a questi geni una casa nella generazione successiva – nei nostri figli, naturalmente. Per quanto riguarda i nostri geni, quando un'unità abitativa temporanea individuale non ha più valore riproduttivo, è pronta a essere riciclata. Questo dovrebbe mostrarti chiara-mente qual è la situazione qui. Tendiamo a pensare a noi stessi come ai VIP del pianeta, i capi, i pezzi grossi, ma in realtà siamo solo veicoli usa e getta in cui i nostri geni stanno viaggiando verso l'immortalità. “Macchine da sopravvivenza per i geni” è il nome che Richard Dawkins ha dato a questi veicoli usa e getta.

Macchine da sopravvivenza per i meme.

Allo stesso modo, siamo i veicoli usa e getta in cui i nostri meme

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stanno viaggiando verso l'immortalità. Questi meme ci arrivano da ogni soggetto parlante con cui ci capita di crescere – genitori, parenti, amici, vicini, insegnanti, predicatori, capi, colleghi e chiunque sia coinvolto nella produzione di libri di testo, romanzi, fumetti, film, programmi televisivi, giornali, riviste, siti internet e così via. Tutte queste persone si ripetono costantemente (e naturalmente ripetono ai loro figli, studenti, impiegati e così via) i meme che hanno ricevuto durante la loro vita. Tutte queste voci prese insieme costituiscono la voce di Madre Cultura.

In caso ci sia bisogno di dirlo, l'immortalità di cui sto parlando qui non è assoluta. I nostri geni non sopravviveranno alla morte del nostro pianeta, fra qualche miliardo di anni, e i nostri meme hanno un'aspettativa di vita molto più bassa.

La fedeltà della copiatura.

Diciamo che avete scritto un documento di una pagina al computer e l'avete stampato. Se ne fate una fotocopia con una buona macchina, avrete difficoltà a distinguere la copia (che chiameremo A) dall'originale. Ma se userete A per fare un'altra copia, B, e poi usate B per fare C, e poi usate C per fare D, e poi usate D per fare E, quest'ultima copia sarà facilmente distinguibile dall'originale. Questo rende evidente che una piccola parte dell'originale è andata perduta ogni volta che ne è stata fatta una copia. Tra una copia e la successiva non è visibile alcuna perdita a occhio nudo, ma un accumulo di perdite è chiaramente visibile se si confronta l'originale con la copia E. Questo avviene perché avete usato una macchina copiatrice analogica.

Ma se tornate al computer e fate una copia A del documento originale, poi fate una copia B del file A, una copia C del file B e così via, potreste continuare a fare copie del documento tutto il giorno, una dopo l'altra, e alla fine della giornata è molto probabile che non ci sarebbe alcuna diffe-renza visibile tra il file originale e l'ultima copia. Questo perché avete usato un meccanismo copiativo digitale anziché analogico. Questa fedeltà di copiatura è il fondamento stesso della rivoluzione digitale.

Replicazione genica e memica.

I geni si replicano con lo stesso tipo di incredibile fedeltà – ma lo stesso non si può dire dei meme a meno di non aggiungere dei requisiti. Tra i popoli tribali inalterati (come per esempio quelli nel Nuovo Mondo prima dell'invasione europea), la trasmissione dei meme da una generazio-

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ne all'altra solitamente avviene con fedeltà virtualmente perfetta. Ecco perché sono convinti di aver vissuto nel loro modo fin dall'inizio dei tempi. A noi, quindi, le culture tribali sembrano statiche (parola che per noi ha un'accezione peggiorativa) paragonata alla nostra cultura, che sembra dinamica (parola che per noi ha un'accezione positiva).

La nostra cultura è dinamica (per come la percepiamo) perché i nostri meme sono spesso molto volatili: nascono in una generazione, sono colmi di potere nella successiva, sono traballanti in quella seguente e poi ridicol-mente vecchi in quella dopo ancora. Ciononostante, c'è un nucleo centrale di meme culturalmente fondamentali che abbiamo continuato a trasmettere con totale fedeltà dalla nascita della nostra cultura, diecimila anni fa, fino al momento attuale. Identificare questo nucleo di meme fondamentali non è molto difficile, e sarebbe stato fatto molto tempo fa se qualcuno ci avesse pensato.

Il miglior modo di vivere.

Uno di questi meme fondamentali è che prodursi da soli tutto il proprio cibo sia il modo migliore di vivere. A eccezione di pochi antropologi (che sanno perfettamente che è una questione di opinioni), questo meme non viene mai messo in discussione nella nostra cultura. E quando dico che alcuni antropologi sanno che è una questione di opinioni, intendo che lo sanno principalmente per motivi professionali. Come antropologi, sanno che i Boscimani africani non concorderebbero che produrre tutto il proprio cibo sia il modo migliore di vivere, né lo farebbero gli Yanomami brasilia-ni, o gli Alawa australiani, o i Gebusi della Nuova Guinea. Come indivi-dui, comunque, questi antropologi lo considerano quasi universalmente il modo migliore di vivere, e lo sceglierebbero senza esitazioni per se stessi tra tutti gli altri a disposizione. Al di fuori di questa professione, sarebbe difficile trovare qualcuno nella nostra cultura che non sia convinto che produrre tutto il nostro cibo tramite l'agricoltura sia il modo migliore di vivere.

È impossibile dubitare che questo meme sia entrato nella nostra cultura nel momento stesso della sua nascita. Non saremmo diventati agricoltori a tempo pieno se non fossimo stati convinti che fosse il modo migliore di vivere. Al contrario, è lapalissiano che abbiamo cominciato a produrre tutto il nostro cibo proprio per la stessa ragione per cui continuiamo a produrlo ancora oggi – perché ci siamo convinti che è il modo migliore di vivere.

Oppure...

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Forse gli è solo capitato di cominciare a farlo?

È allettante immaginare che l'agricoltura rappresenti il percorso di minor resistenza per gente che cerca di procurarsi di che vivere, ma in realtà nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Produrre il proprio cibo rappresenta il percorso di maggior resistenza, e più ne produci, maggiore la resistenza. È stato stabilito oltre ogni dubbio che c'è una precisa correlazione tra quanto duramente si deve lavorare per restare in vita e quanto si è dipendenti dall'agricoltura. Quelli che coltivano di meno faticano anche di meno, e quelli che coltivano di più faticano di più. La quantità di energia che ci vuole per mettere ottanta grammi di mais in una lattina sullo scaffale di un supermercato è quasi incredibile, così come il tempo che si deve lavorare per produrre quegli ottanta grammi di mais.

No, i fondatori della nostra cultura non hanno cominciato per caso a vivere in totale dipendenza dall'agricoltura, hanno dovuto costringersi a farlo, e il giogo che hanno usato è questo meme: produrre tutto il proprio cibo è il miglior modo di vivere.

Nulla di meno sarebbe bastato per fare una cosa simile.

Forse erano solo affamati?

Un cacciatore-raccoglitore che necessita di 2.000 calorie al giorno per vivere deve spenderne solo 400 per ottenerle, perché questa è la proporzio-ne con cui la caccia-e-raccolta ricompensa gli sforzi – 1 caloria di lavoro ne dà 5 di cibo. Per contrasto, un agricoltore che necessita di 2.000 calorie al giorno deve spenderne 1.000 per ottenerle, perché questa è la proporzio-ne con cui l'agricoltura ricompensa gli sforzi – 1 caloria di lavoro ne dà 2 di cibo.

Per un individuo affamato, scambiare la caccia-e-raccolta con l'agricol-tura è come per uno in difficoltà finanziarie scambiare un lavoro che paga cinque dollari l'ora per uno che ne paga solo due. Non ha assolutamente senso, e più sei affamato, meno ne ha.

L'agricoltura è meno efficiente per combattere la fame della caccia-e-raccolta, ma conferisce indiscutibilmente altri benefici (il più evidente dei quali è fornire la base per divenire prima stanziali e poi civilizzati), e fu per ottenere questi vantaggi che i fondatori della nostra cultura finirono per adottare uno stile di vita di completa dipendenza dall'agricoltura. Da quel momento, è diventata una questione di fede tra di noi che produrre tutto il

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nostro cibo sia il modo migliore di vivere. Avevamo investito in quel meme, e avremmo protetto quell'investimento a qualunque costo.

Popoli del Nuovo Mondo che hanno adottato questo meme.

Non fummo l'unico popolo a riconoscere in tempi antichi i benefici del produrre tutto il proprio cibo. Tra i popoli più celebri che adottarono questo meme nel Nuovo Mondo ci furono i Maya, gli Olmechi, il popolo di Teotihuacàn, gli Hohokam, gli Anasazi, gli Aztechi e gli Inca.

Ciò che è significativo per il nostro studio di questo meme fondamenta-le è che, per l'epoca in cui gli Europei arrivarono nel Nuovo Mondo, alla fine del quindicesimo secolo, solo le più recenti di queste civiltà, gli Aztechi e gli Inca, lo stavano ancora seguendo.

I Maya.

I Maya probabilmente divenirono agricoltori a tempo pieno poco dopo di noi, ma (come noi) cominciarono a sembrare costruttori di civiltà solo dopo diversi millenni. Le prime grandi città dello Yucatàn cominciarono a emergere intorno al 2.000 a.C., insieme alla fondazione del Medio Regno d'Egitto e perfino in anticipo di un paio di secoli rispetto alla fondazione di Babilonia.

I Maya fiorirono per quasi tremila anni. Poi, all'inizio del nono secolo dell'era comune, le città del sud improvvisamente cominciarono a venire abbandonate e in breve rimasero deserte. Le città del nord continuarono a fiorire per qualche tempo sotto il dominio dei Toltec ma crollarono quando i Toltec persero il potere nel tredicesimo secolo. Mayapàn, a ovest, emerse a questo punto come l'ultimo avamposto della civiltà Maya, ma anche esso sarebbe crollato dopo un paio di secoli.

Questo è all'incirca il tipo di resoconto che si potrebbe trovare in una normale enciclopedia o in un atlante storico. Anche se comincia parlando di persone, diventa immediatamente la storia di qualcos'altro, qualcosa come un grande transatlantico che attraversa il tempo. Trasporta passegge-ri, questo è certo, ma sono solo zavorra, necessari solo perché senza di loro la nave si ribalterebbe e affonderebbe immediatamente.

Gli Olmechi e Teotihuacàn.

Gli agricoltori Olmechi di Veracruz e Tabasco costruirono grandi centri

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cerimoniali, principalmente a San Lorenzo e a La Venta. San Lorenzo, il più antico, prosperò dal 1.200 al 900 a.C., quando (come si dice) venne “sfigurato e abbandonato”. La stessa cosa avvenne a La Venta, cinque secoli dopo. Centri minori continuarono a venire abitati per qualche tempo, ma la distruzione di La Venta segnò la fine del dominio olmeco dell'area.

Circa duecento anni dopo, una delle grandi città del mondo antico cominciò a venire costruita nel Messico centrale. Teotihuacàn era destinata a diventare la sesta più grande città del mondo per il 500 d.C. Per duecen-tocinquant'anni prosperò come centro del proprio impero, poi all'improvvi-so successe la solita cosa. Fu “distrutta” – bruciata e forse perfino “ritual-mente” spazzata via. Le rovine furono occupate per qualche tempo, ma la città era morta.

Gli Hohokam e gli Anasazi.

Il popolo che occupò le terre deserte del sud dell'Arizona più o meno dall'epoca di Cristo ci sembra composto da lavoratori infaticabili anziché da costruttori di civiltà. Le loro imprese più memorabili, cominciate intorno al 700 d.C., non erano città ma vaste reti di canali di irrigazione che permettevano loro di coltivare tutto il loro cibo. Singoli canali, larghi fino a sette metri e profondi fino a quattro metri e mezzo, potevano estendersi fino a 25 chilometri, e una rete lungo il Salt River collegava 240 chilometri di canali. Il lavoro cominciò a venire abbandonato all'inizio del quindicesimo secolo, e in pochi decenni i lavoratori divennero gli Hohokam – “quelli che svanirono”, nel linguaggio degli indiani Pima dell'area.

Gli Anasazi occupavano la Regione dei Quattro Angoli, dove l'attuale Arizona, il Nuovo Messico, lo Utah e il Colorado si incontrano. Prospera-rono solo brevemente, a partire dal 900 d.C., e non costruirono grandi città, ma raggiunsero uno stile di vita notevole in piccole città e abitazioni su delle rupi. Vennero tutte abbandonate subito dopo il 1.300 d.C.

Cercando gli attori.

Nello scrivere queste storie condensate ho seguito lo schema comune per resoconti del genere, cominciando in modo attivo, con persone che fanno cose, e finendo in modo passivo, con cose che vengono fatte – a “città”, “insediamenti” o “civiltà”. La fine arriva sempre quando le città sono “abbandonate”, “distrutte”, “sfigurate”, “bruciate” o “sconsacrate” –

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uno non capisce mai da chi. Si rimane con una vaga sensazione di mistero, come se queste cose fossero avvenute nel Triangolo delle Bermuda o nella Zona del Crepuscolo.

Gli autori di questi resoconti sono chiaramente a disagio con la verità, ossia che queste civiltà sono state distrutte e abbandonate dalle stesse persone che le avevano costruite. I Maya hanno abbandonato le loro città di loro volontà – non sono stati rapiti da dischi volanti. Gli Olmechi stessi hanno distrutto e abbandonato San Lorenzo e La Venta, e Teotihuacàn è stata bruciata dai suoi stessi cittadini. Un giorno i costruttori di canali del sud dell'Arizona hanno abbassato gli attrezzi e se ne sono andati, e un altro giorno gli abitanti di Chaco Canyon e di Mesa Verde hanno fatto lo stesso.

Tutti questi popoli fecero qualcosa di perfino più oltraggioso che in resoconti di questo tipo non viene quasi mai nominato. Era già abbastanza brutto che avessero abbandonato le loro civiltà, ma ciò che fecero dopo è quasi impensabile: smisero di praticare l'agricoltura. Smisero di produrre tutto il loro cibo.

Abbandonarono il miglior stile di vita che esista.

“Quelli che svanirono”.

In un senso molto concreto, tutti loro meritano di venir chiamati Hohokam, questi strani popoli che si sono sfilati le loro magnifiche vesti, hanno messo da parte gli strumenti che avevano usato per creare immortali opere d'arte, hanno stracciato i loro progetti per templi e piramidi, hanno scartato letteratura, matematica e i calendari più avanzati del mondo, hanno consegnato all'oblio elaborate religioni di stato e interi sistemi politici... E si sono dispersi in qualunque ambiente fosse a disposizione – giungle tropicali, pianure lussureggianti o alti deserti. Ovviamente, nessuno di loro scomparve davvero. Adottarono semplicemente modi meno appariscenti di procurarsi da vivere, o tramite la raccolta o tramite qualche miscuglio di raccolta e agricoltura.

Ma a ogni modo, hanno deliberatamente gettato via quello che ritenia-mo il miglior stile di vita esistente per qualcosa di inferiore. Sapevano che cosa stavano facendo, e lo hanno fatto lo stesso... Ancora, e ancora, e ancora.

Naturalmente, ci sono delle spiegazioni. Non si può permettere che dei comportamenti inspiegabili rimangano inspiegabili. L'antropologo Jeremy A. Sabloff fa notare che sono state proposte dozzine di ipotesi per spiegare il crollo Maya, “inclusi l'eccessivo sfruttamento del suolo, terremoti,

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uragani, cambiamenti climatici, malattie, invasioni di insetti, rivolte popolari e invasioni militari”, e i Maya non sono un'eccezione. Le stesse ipotesi (e altre) sono state avanzate per spiegare tutti gli altri crolli. Hanno tutte qualcosa in comune, come conclude chiaramente il professor Sabloff: “Nessuna di queste spiegazioni ha dimostrato di essere completamente soddisfacente.”

Perché nessuna sarà MAI soddisfacente.

Nessuna spiegazione simile sarà mai soddisfacente perché tutti sappiamo queste cose:

Il suolo può essere impoverito qui, ma non ovunque. Terremoti e uragani non durano per sempre. Ai cambiamenti climatici si può sfuggire. Le malattie fanno il loro corso. Le invasioni di insetti vanno e vengono. Le rivolte popolari possono venire soppresse – o si può sopravvivere

a esse. Gli invasori possono essere respinti – o assorbiti.

Non possono essere state cose simili a far rinunciare questi popoli alla civiltà, perché guardate noi. Queste cose sono semplici inconvenienti paragonate a ciò che abbiamo affrontato noi – tutte queste cose, più molto peggio: carestie, guerre di ogni tipo, inquisizione, governi sostenuti da torture e assassinii, crimine in costante aumento, corruzione, tirannia, follia, rivoluzioni, genocidi, razzismo, ingiustizie sociali, povertà di massa, acqua avvelenata, aria inquinata, due guerre mondiali devastanti, la prospettiva di un olocausto nucleare, guerra batteriologica ed estinzione. Abbiamo affrontato tutto questo e di più, e mai, nemmeno una volta, siamo stati tentati di abbandonare la nostra civiltà.

Doveva esserci qualcos'altro all'opera – o mancante – in questi popoli. E in effetti c'era qualcos'altro.

Che differenza fa un ______!

Due tizi su un aeroplano. Uno cade di sotto, poi un attimo dopo anche l'altro lo segue. Il primo tizio si spappola al suolo come un pomodoro maturo. Il secondo atterra in piedi e se ne va. È ovvio che il secondo aveva qualcosa che il primo non aveva, e ciò che aveva è anch'esso ovvio: un

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paracadute.Due tizi affrontano un bandito. Uno si prende un proiettile nel petto e

cade a terra morto. L'altro si prende un proiettile nel petto, poi risponde al fuoco con calma e uccide il bandito. Di nuovo, è ovvio che il secondo aveva qualcosa che il primo non aveva, e ciò che aveva è ovvio anch'esso: un giubbotto antiproiettile.

Due civiltà. Una va avanti per un po', poi magari avviene qualcosa di brutto (o forse no) e all'improvviso tutti la abbandonano. L'altra civiltà va avanti per molto di più, sopportando costantemente ogni catastrofe conce-pibile – ma nessuno si sogna di abbandonarla, nemmeno per un secondo.

Di nuovo, è ovvio che la seconda civiltà ha qualcosa che la prima non aveva – ma che cosa abbia non è poi così ovvio.

Ha un meme.

Per volere di un meme, una civiltà andò perduta.

Uno può immaginare quanto disperatamente i pontefici, i potentati, le dinastie, i principi, i rajah, gli ierofanti, i sacerdoti, le sacerdotesse e le guardie di palazzo di tutte queste barcollanti civiltà devono aver desiderato impiantare nelle menti dei loro vacillanti sudditi questo semplicissimo concetto: la civiltà deve continuare A OGNI COSTO e non deve venire abbandonata IN NESSUN CASO.

Va da sé, comunque, che impiantarlo e basta non è sufficiente. Per avere effetto, un meme deve venire accettato senza discussioni. Non puoi convincere la gente ad accettare un'idea assurda come questa sul momento. Devono ascoltarla fin dalla nascita. Deve raggiungerli da ogni direzione ed essere sepolta in ogni comunicazione, come avviene con noi.

Tutti questi popoli hanno cominciato col credere che il modo migliore di vivere fosse di produrre tutto il loro cibo. Perché altrimenti sarebbero diventati agricoltori a tempo pieno? Hanno cominciato in quel modo e hanno continuato così per molto tempo. Ma poi cominciarono ad avvenire delle cose molto prevedibili. Per esempio, i Maya, gli Olmechi e la gente di Teotihuacàn divennero rigidamente stratificati in élite ricche e potenti e in masse povere e impotenti, che naturalmente facevano tutto il duro lavoro che rendeva magnifiche queste civiltà. Le masse sopporteranno una vita miserabile – lo sappiamo bene! – ma cominceranno inevitabilmente a divenire irrequiete. Sappiamo anche questo.

Quando le classi inferiori diventano irrequiete.

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La nostra storia è piena di insurrezioni popolari, rivolte, ribellioni, tumulti, sommosse e rivoluzioni, ma nessuna di esse si è mai conclusa con la gente che se ne andava via. Questo perché i nostri cittadini sanno che la civiltà deve continuare a ogni costo e non deve essere abbandonata in nessun caso. Quindi perderanno il controllo, distruggeranno tutto quello che vedranno, stermineranno tutte le élite su cui riusciranno a mettere le mani, incendieranno, stupreranno e devasteranno – ma non se ne andranno mai semplicemente via.

Ecco perché il comportamento dei Maya, degli Olmechi e degli altri è così impenetrabilmente misterioso per i nostri storici. Per loro, sembra evidente che la civiltà debba continuare a ogni costo e non debba mai venire abbandonata in nessun caso. Com'è possibile, allora, che i Maya, gli Olmechi e gli altri non lo sapessero?

Ma questo è esattamente ciò che mancava nelle menti di questi popoli. Quando non gradirono più ciò che stavano costruendo, furono in grado di abbandonarlo, perché non avevano la convinzione che dovesse continuare a ogni costo e non venire abbandonato in nessun caso.

Questo meme fa tra noi e loro la stessa differenza che il paracadute faceva tra i due tizi che cadevano dall'aereo, o che il giubbotto antiproietti-le faceva tra i due tizi che affrontavano il bandito.

E riguardo tutti gli altri?

Non ci sono prove che gli Hohokam e gli Anasazi si fossero stratificati in classi superiori onnipotenti e classi inferiori impotenti. Ma ci sono delle prove che gli Hohokam si stessero dirigendo in quella direzione. Piatta-forme sopraelevate in stile mesoamericano (costruite da chi se non da una classe inferiore emergente?) stavano cominciando a comparire qui e là, così come lussuosi campi da gioco (costruiti per chi se non per una classe superiore emergente?). L'esperimento Anasazi fu il più breve tra tutti quelli che ho esaminato qui, e la civiltà meno sviluppata (ammesso che meriti quel nome in primo luogo). Ciononostante, lo stesso vale per tutti. Quando, per qualunque motivo, non hanno gradito più ciò che stavano costruendo, sono stati in grado di abbandonarlo, perché non avevano la convinzione che dovesse continuare a qualunque costo e non essere abbandonato in nessun caso.

Ho nominato (ma non discusso) le altre due grandi civiltà del Nuovo Mondo: gli Inca e gli Aztechi. Il loro sviluppo iniziale e medio ha seguito il modello dei Maya e degli Olmechi, ma la loro fine non è stata decisa da loro, visto che vennero distrutti dalle armate spagnole di invasione nel

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sedicesimo secolo. Ovviamente è impossibile sapere come avrebbero potuto continuare se fossero stati lasciati a se stessi, ma la mia opinione è che (mancando di quel particolare meme) avrebbero seguito l'esempio di tutti gli altri.

La fallacia culturale.

A noi, il meme secondo cui la civiltà deve continuare a ogni costo e non essere abbandonata in nessun caso sembra intrinseco alla mente umana – lampante, come che la distanza più breve tra due punti è una linea retta. Una mente che non possiede questo meme difficilmente ci sembra umana. Noi immaginiamo che l'umanità sia nata con questo meme nella mente. L'Homo habilis sapeva che avrebbe dovuto essere civilizzato, ma non aveva l'intelletto necessario per diventarlo. L'Homo erectus sapeva che avrebbe dovuto essere civilizzato, ma non aveva le capacità necessarie. L'Homo sapiens sapeva che avrebbe dovuto essere civilizzato, ma non riusciva a capire che cosa fosse necessario per diventarlo. L'Homo sapiens sapiens sapeva che avrebbe dovuto essere civilizzato, aveva l'intelletto e le capacità necessarie, e cominciò a farlo appena capì che l'agricoltura era ciò che serviva per diventarlo. Naturalmente sapeva che la civiltà avrebbe dovuto continuare a ogni costo e non essere abbandonata in nessun caso.

Cosa c'era di sbagliato, allora, in tutti questi costruttori di civiltà del Nuovo Mondo? È difficile per noi superare l'idea che ci fosse qualcosa di molto misterioso in loro. Sapevano (perché è evidente) che la civiltà non deve essere abbandonata in nessun caso – ma l'abbandonarono comunque.

Questo è un esempio della Fallacia Culturale, ossia: i meme della nostra cultura derivano dalla struttura stessa della mente umana, e se non li hai, allora c'è qualcosa di sbagliato in te.

Naturalmente, anche questo è un meme.

L'altro mistero delle “Civiltà Perdute”.

Il primo mistero dei costruttori di civiltà del Nuovo Mondo è facile da notare, perché si manifesta come qualcosa che hanno fatto: hanno distrutto quello che avevano costruito. Il secondo mistero è meno facile da notare, perché si manifesta solo come qualcosa che non hanno fatto: non hanno conquistato il mondo.

All'apice del loro sviluppo, i Maya occupavano un'area non più grande dell'Arizona. All'epoca in cui noi raggiungemmo lo stesso grado di sviluppo, avevamo già occupato il medioriente, l'Europa e larga parte

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dell'India e del Sud-est asiatico. Nessuno sarebbe stato in grado di opporsi all'avanzata Maya a nord o a sud della loro terra natia, in Yucatan e Guatemala, se avessero deciso di compierla. Avrebbero potuto civilizzare l'intero emisfero nei millenni che ebbero a disposizione – se avessero deciso di farlo. Stranamente, misteriosamente, non decisero di farlo.

Gli Olmechi si contentavano di occupare un territorio più piccolo del Connecticut, e se la loro metropoli Teotihuacàn fosse stata costruita nel centro di Los Angeles, il suo dominio imperiale sarebbe stato ben più ridotto dei confini della città.

Cos'avevano che non andava questi popoli? Che cosa mancava loro che noi invece avevamo?

Avanti, provate a indovinare.

Il meme mancante.

A differenza dei soldati che li avevano preceduti, i colonizzatori del Nuovo Mondo non arrivarono portandosi dietro i loro confini nazionali. Invece, arrivarono portandosi dietro un confine culturale comune. Entro questo confine, gente dall'Europa, dal Vicino e dal Lontano Oriente potevano vivere tranquillamente fianco a fianco, perché erano fratelli culturali. Che venissero dall'Inghilterra, dalla Cina, dalla Turchia, dalla Russia, dall'Irlanda, dall'Egitto, dalla Tailandia o dalla Danimarca, erano molto più simili l'uno all'altro di quanto fossero simili ai selvaggi fuori da quel confine. (E naturalmente non andavano a caccia di schiavi se non all'esterno di quel confine.)

Questa non era una particolarità unica del Nuovo Mondo. Era sempre stato così. Il confine che si espandeva in tutte le direzioni dalla Mezzaluna Fertile non era uno nazionale, ma culturale. Non furono i soldati a conqui-stare il Vecchio Mondo, furono gli agricoltori, che insegnarono ai loro vicini, i quali insegnarono ai loro vicini, che poi insegnarono ai loro, dif-fondendo il messaggio verso l'esterno in un cerchio in costante espansione che alla fine comprese tutto tranne lo sconosciuto Nuovo Mondo dall'altra parte del pianeta.

Il meme che portammo con noi nel Nuovo Mondo non era nulla di nuovo. Eravamo stati impegnati a diffonderlo fin dall'inizio: il nostro è l'unico modo GIUSTO di vivere per le persone, e tutti dovrebbero vivere come noi. Avendo questo meme, ci siamo resi missionari culturali nel mondo e, non avendo questo meme, i Maya, gli Olmechi e gli altri non lo hanno fatto.

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Opera sacra.

Quando Colombo si mise in viaggio verso ovest attraverso l'Atlantico, non stava cercando un continente vuoto da colonizzare, stava cercando un percorso per effettuare scambi commerciali con l'Oriente. E se fosse arrivato davvero in Asia anziché in America, la gente d'Europa avrebbe detto: “Andiamo a fare affari con questi orientali.” Nessuno si sarebbe sognato di dire: “Andiamo lì, cacciamo via gli orientali e prendiamoci l'Asia per noi.” Ma naturalmente Colombo non arrivò in Asia ma in America, che, per come la vide, non era occupata (a parte da alcuni selvaggi). Quando i popoli d'Europa lo sentirono, non si dissero: “Andia-mo a fare affari con questi selvaggi.” Si dissero: “Andiamo lì, cacciamo via i selvaggi e prendiamoci l'America per noi.” Questa non era avidità ma piuttosto un loro sacro dovere. Quando un agricoltore disbosca un terreno e lo mette a coltura non pensa che lo sta sottraendo alla vita selvaggia che ci abita. Non lo sta rubando, lo sta usando nel modo che Dio aveva inteso fin dall'inizio. Prima di venire coltivata, quella terra stava andando sprecata. E questo è il modo in cui i colonizzatori videro il Nuovo Mondo. I nativi stavano lasciando che andasse sprecato, e portandoglielo via e cominciando a coltivarlo, loro stavano compiendo un'opera sacra.

Il Nuovo Mondo non è stato sconfitto dalla spada, ma da un meme.

Costruttori di piramidi.

Le orde di lavoratori che costruirono le piramidi mesoamericane non erano più miserabili di quelle che costruirono le piramidi egizie. I lavora-tori mesoamericani pensavano semplicemente di avere un'alternativa alla miseria, che alla fine sfruttarono (andandosene via). Noi non pensavamo di averla, così continuammo a trascinarci, costruendo uno ziggurat qui, una Grande Muraglia lì, una bastiglia qua, una linea Maginot là – e così via – fino al momento attuale, in cui le nostre piramidi non stanno venendo costruite a Giza o a Saqqara ma piuttosto alla Exxon, alla Du Pont, alla Coca Cola, alla Proctor & Gamble e a McDonald's.

Io visito molte classi, e gli studenti in un modo o nell'altro mi fanno sempre arrivare al punto in cui chiedo quanti di loro non stanno nella pelle all'idea di uscire e cominciare a lavorare alle piramidi a cui i loro genitori hanno lavorato tutta la vita – e i loro genitori prima di loro. La domanda li mette a disagio, perché sanno che dovrebbero essere assolutamente

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deliziati dalla prospettiva di andare a girare hamburgers e pompare benzina e riempire scaffali nel mondo reale. Tutti hanno detto loro che sono i giovani più fortunati della Terra – genitori, insegnanti, libri di testo – e si sentono sleali a non essere entusiasti. Ma non lo sono.

Faraoni.

Khufu impiegò ventitré anni per costruire la sua Grande Piramide a Giza, dove millecento blocchi di pietra, ognuno pesante circa due tonnellate e mezzo, dovevano venire lavorati, spostati e posizionati ogni giorno durante la stagione di costruzione annuale, lunga circa quattro mesi. Pochi studiosi di questo evento possono trattenersi dal notare che questo risultato è un'incredibile testimonianza del controllo di ferro che il faraone esercitava sui lavoratori egiziani. Io sostengo, al contrario, che il faraone Khufu non dovette esercitare più controllo sui suoi lavoratori a Giza di quanto il faraone Bill Gates ne eserciti sui suoi lavoratori alla Microsoft. Sostengo che i lavoratori egizi, relativamente parlando, hanno ottenuto dalla costruzione della piramide di Khufu quanto i lavoratori della Microsoft ottengono dalla costruzione della piramide di Bill Gates (che sicuramente farebbe apparire quella di Khufu minuscola, per quanto non sarebbe, naturalmente, fatta di pietra).

Non è necessario alcun controllo particolare per rendere gli uomini costruttori di piramidi – se pensano di non avere altra scelta a parte costruire piramidi. Costruiranno qualunque cosa venga loro detto di costruire, che si tratti di piramidi, di garage o di programmi di computer.

Karl Marx aveva capito che i lavoratori senza alternative sono lavorato-ri in catene. Ma la sua idea di spezzare le catene era di deporre il faraone e di costruire le piramidi per noi stessi, come se costruire piramidi fosse qualcosa che non possiamo smettere di fare, ci piace così tanto.

La soluzione Maya.

Il meme è tanto forte tra di noi oggi quanto lo era tra i trascinatori di pietre dell'antico Egitto: la civiltà deve continuare a ogni costo e non essere abbandonata in nessuna circostanza. Stiamo rendendo il mondo inabitabile per la nostra stessa specie e precipitando verso l'estinzione, ma la civiltà deve continuare a ogni costo e non venire abbandonata in nessuna circostanza.

Questo meme non era letale nell'Egitto dei faraoni o nella Cina di Han

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o nell'Europa medievale, ma è letale per noi. Si tratta letteralmente di noi o di questo meme. Uno dei due deve andarsene – e presto.

Ma...Ma...Ma... Ma sicuramente, signor Quinn, non sta suggerendo che torniamo

a vivere in caverne e a procurarci la cena con una lancia, vero?Non ho mai suggerito una cosa simile, neanche remotamente. Data la

nostra situazione, tornare alla vita di caccia-e-raccolta è un'idea ridicola quanto farci spuntare le ali e volare verso il Paradiso. Possiamo smettere di costruire piramidi, ma non possiamo tornare nella giungla. La soluzione Maya per quanto ci riguarda non esiste più, per la semplice ragione che la giungla stessa non esiste più e che ci sono sei miliardi di noi. Scordatevi di tornare indietro. Non c'è nessun indietro. Indietro non esiste.

Ma possiamo comunque abbandonare la piramide.

Oltre la piramide.

Se dopo aver abbandonato la piramide non possiamo tornare nella giungla, che diamine possiamo fare? Ecco come il saggio gorilla di Ishmael ha risposto alla domanda: “Vi vantate di essere creativi, non è vero? Be', siate creativi.” Non sorprendentemente, il suo allievo l'ha liquidata come una non-risposta – e sono sicuro che molti lettori hanno fatto lo stesso. L'hanno fatto perché nel nostro meme sulla civiltà c'è un altro meme implicito: la civiltà è l'invenzione DEFINITIVA dall'umanità, e non potrà mai essere sorpassata. Ecco perché deve essere portata avanti a ogni costo, perché non ci può essere nessuna invenzione oltre di essa. Se dovessimo abbandonare la civiltà (gulp!), saremmo finiti!

Se vorremo avere un futuro, la nostra prima invenzione dovrà essere un uccisore di meme. Dobbiamo distruggere in noi stessi e nelle persone che ci circondano il meme che afferma che la civiltà è un'invenzione impossi-bile da superare. Dopotutto è solo un meme – solo una nozione peculiare della nostra cultura. Non è una legge fisica, è solo qualcosa che ci è stato insegnato a credere, che ai nostri genitori è stato insegnato a credere – così come ai loro genitori, e ai loro genitori prima ancora, risalendo indietro nel tempo fino a Giza, Ur, Mohenjo-Daro, Cnosso e oltre.

Dato che non esiste un miglior uccisore di meme che un altro meme, proviamo questo:

Qualcosa di meglio della civiltà ci sta aspettando.

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Qualcosa di molto meglio – a meno che tu non sia uno di quei rari individui che adorano trascinare pietre.

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PARTE TRE

Allontanarsi dalla Piramide

Allontanandomi dalla Piramidesono uscito per comprare trascendenza

e sono tornato con un telefono.Anthony Weir.

Ho ventidue anni e non aspetterò oltre.Scott Valentine.

Organizzazione sociale e selezione naturale.

Nessuno rimane sorpreso dall'imparare che le api sono organizzate in un modo che funziona per loro, o che i lupi sono organizzati in un modo che funziona per loro, o che le balene sono organizzate in un modo che funziona per loro. La maggior parte della gente capisce in modo generico che l'organizzazione sociale di ogni specie si è evoluta nello stesso modo delle altre sue caratteristiche. Organizzazioni inefficaci sono state elimi-nate nello stesso modo in cui sono stati eliminati tratti fisici inefficaci – tramite il processo conosciuto come selezione naturale.

Ma c'è un pregiudizio bizzarro e implicito contro l'idea che lo stesso processo abbia plasmato l'organizzazione sociale degli esseri umani nei tre o quattro milioni di anni della sua evoluzione. Nessuno rimane sorpreso dall'imparare che la forma di un artiglio o un modello di colorazione sia giunto fino a noi perché funziona per il suo possessore, ma molti sono riluttanti a considerare l'idea che ogni organizzazione sociale umana possa essere giunta fino a noi per lo stesso motivo.

Definizioni ed esempi.

Stile di vita (o modo di vivere): un modo di procurarsi di che vivere per gruppi o individui. La caccia-e-raccolta è uno stile di vita. Coltivare tutto il proprio cibo è uno stile di vita. Mangiare carogne (per esempio tra gli avvoltoi) è uno stile di vita. La raccolta di cibo (per esempio tra i gorilla) è uno stile di vita.

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Organizzazione sociale: una struttura cooperativa che aiuta un gruppo ad attuare il proprio stile di vita. Le colonie di termiti sono organizzate in una gerarchia di tre caste: addetti alla riproduzione (re e regina), lavoratori e soldati. I cacciatori-raccoglitori umani sono organizzati in tribù.

Cultura: la totalità di ciò che viene trasmesso da una generazione all'altra tramite linguaggio ed esempi. Gli Yanomami brasiliani e i Boscimani africani hanno lo stesso stile di vita (caccia-e-raccolta) e la stessa organizzazione sociale (tribalismo), ma non la stessa cultura (eccetto in un senso molto generale).

La persistenza misteriosa.

La nostra visione culturale è stata plasmata da persone che erano per-fettamente soddisfatte della nozione che l'universo che potevano osservare era nella sua forma finale, ed era comparso in quella forma – in un colpo solo, per così dire. La storia della creazione della Genesi non ha originato questa nozione, l'ha solo affermata: Dio aveva fatto il suo lavoro, aveva visto che non c'era bisogno di miglioramenti, e questo è tutto.

Non è stato facile per noi abbandonare questa convinzione, e infatti molti di noi ci si aggrappano ancora inconsciamente perfino quando parlano di evoluzione. Questo è il motivo per cui la scomparsa delle civiltà del Nuovo Mondo sembra misteriosa ai nostri storici. Se la loro visione del mondo fosse fondamentalmente darwiniana anziché aristotelica, capireb-bero che ciò che stanno osservando in queste scomparse è solamente la selezione naturale al lavoro, e l'aura di mistero scomparirebbe.

Difficilmente si può dubitare che durante i nostri tre o quattro milioni di anni su questo pianeta siano stati fatti migliaia di esperimenti culturali tra gli umani. I successi sono sopravvissuti – e i fallimenti sono scomparsi, per la semplice ragione che alla fine non rimaneva più nessuno che volesse perpetuarli. La gente (solitamente) sopporterà di vivere in modo miserabile solo per un certo periodo. Non sono i rinunciatari a essere misteriosi e fuori dall'ordinario, siamo noi, che in qualche modo ci siamo convinti che dobbiamo persistere nella nostra miseria a qualunque costo e non abbando-narla nemmeno di fronte alla calamità, quelli misteriosi.

Alcuni vogliono più dell'adeguatezza.

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Prima di divenire agricoltori a tempo pieno, i Maya, gli Olmechi e tutti gli altri praticavano la caccia-e-raccolta o qualche combinazione di agri-coltura e raccolta. Il fatto che alla fine siano diventati agricoltori a tempo pieno non indica forse che non erano perfettamente soddisfatti di questi stili di vita?

È esattamente quello che indica.A un certo punto, l'idea di produrre tutto il loro cibo con l'agricoltura è

sembrata loro più attraente del modo tradizionale. Questo non significa necessariamente che odiassero la loro vita precedente, ma di sicuro significa che hanno ritenuto la vita agricola più promettente. Molto probabilmente non consideravano il loro avventurarsi nella vita agricola un esperimento, ma una scelta permanente e irrevocabile. Se è così, questo non nega il ruolo della selezione naturale in questo processo, ma piuttosto lo evidenzia. Ognuno di questi popoli ha cominciato con l'abbandonare uno stile di vita tradizionale per un'innovazione che sembrava loro promettere maggiori quantità di ciò che desideravano. Quando l'innovazio-ne ha finito con il dar loro meno di ciò che desideravano, questi popoli l'hanno abbandonata e hanno ricominciato a vivere nel modo precedente. L'innovazione aveva fallito il test in ognuno di questi casi.

Ma questo non indica forse che i loro stili di vita tradizionali erano meno che perfetti? Certamente. La selezione naturale è un processo che separa ciò che funziona da ciò che non funziona, non il perfetto dall'im-perfetto. Nulla di ciò che l'evoluzione porta avanti è perfetto, è solo dannatamente difficile da migliorare.

Tribalismo efficace.

Come ho detto, se fate notare che gli alveari funzionano bene per le api, o che i branchi funzionano bene per i babbuini e per i lupi, nessuno ci trova nulla da ridire. Ma se fate notare che la vita tribale funziona bene per gli umani, non sorprendetevi di venire attaccati con ferocia quasi isterica. Gli attaccanti non criticheranno mai ciò che avete detto, ma piuttosto cose che hanno immaginato che abbiate detto, per esempio che la vita tribale è “perfetta”, o “idilliaca”, o “nobile”, o semplicemente “meravigliosa”. Non importa che voi non abbiate detto nessuna di queste cose, si indigneranno come se lo aveste fatto.

La vita tribale in realtà non è perfetta, idilliaca, nobile o meravigliosa, ma ovunque sia trovata intatta funziona bene – bene quanto i modi di vivere di lucertole, procioni, oche o scarabei – con il risultato che i membri

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della tribù non sono generalmente furiosi, ribelli, disperati, stressati quasi-psicopatici dilaniati da crimine, odio e violenza. Ciò che gli antropologi hanno trovato è che i popoli tribali, lungi dall'essere più nobili, più dolci o più saggi di noi, sono capaci quanto noi di essere meschini, bruschi, miopi, egoisti, insensibili, testardi e irascibili. La vita tribale non trasforma le persone in santi; permette a individui ordinari di vivere insieme con uno stress minimo anno dopo anno, generazione dopo generazione.

Cosa ti aspetteresti?

Dopo tre o quattro milioni di anni di evoluzione umana, cosa ti aspetteresti se non un'organizzazione sociale che funzioni? Come altro avrebbe potuto sopravvivere l'Homo habilis, se non in un'organizzazione sociale efficace? Come altro avrebbe potuto sopravvivere l'Homo erectus, se non in un'organizzazione sociale efficace? E se la selezione naturale ha fornito all'Homo habilis ed erectus organizzazioni sociali efficaci, perché avrebbe dovuto fallire nel fornirne una anche all'Homo sapiens? Gli umani possono aver provato molte altre organizzazioni sociali in questi tre o quattro milioni di anni, ma se è così, nessuna di esse è sopravvissuta. In effetti, sappiamo che gli umani hanno provato altre organizzazioni sociali.

I Maya ne hanno provata una – e hanno scoperto dopo tremila anni che non funzionava (almeno non bene quanto il tribalismo). Sono ritornati al tribalismo.

Gli Olmechi ne hanno provata una – e hanno scoperto dopo trecento anni che non funzionava (almeno non bene quanto il tribalismo). Sono ritornati al tribalismo.

Gli abitanti di Teotihuacàn ne hanno provata una – e hanno scoperto dopo cinquecento anni che non funzionava (almeno non bene quanto il tribalismo). Sono ritornati al tribalismo.

Gli Hohokam ne hanno provata una – e hanno scoperto dopo mille anni che non funzionava (almeno non bene quanto il tribalismo). Sono ritornati al tribalismo.

Gli Anasazi ne hanno provata una – e hanno scoperto dopo quattrocen-to anni che non funzionava (almeno non bene quanto il tribalismo). Sono ritornati al tribalismo.

Nessuno dei loro esperimenti è sopravvissuto – ma il tribalismo sì. E questo è ciò in cui consiste la selezione naturale.

Se ti piace così tanto...

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Le persone che non gradiscono ciò che dico mi sfidano spesso in questo modo: “Se ti piace così tanto la vita tribale, perché non prendi una lancia e non vai a vivere in una caverna?”

La vita tribale non consiste di lance, caverne, caccia o raccolta. La caccia-e-raccolta è uno stile di vita, un'occupazione, un modo di procurarsi da vivere. Una tribù non è un'occupazione particolare; è un'organizzazione sociale che rende più facile procurarsi da vivere.

Dove viene loro ancora permesso, gli zingari vivono in tribù, ma ovviamente non sono cacciatori-raccoglitori.

Allo stesso modo, la gente del circo vive in tribù – ma, di nuovo, ovviamente non sono cacciatori-raccoglitori. Fino a pochi decenni fa, c'erano molti tipi di spettacoli viaggianti che avevano un'organizzazione tribale – troupes teatrali, parchi di divertimento, e così via.

Cosa le persone trovano nella vita tribale.

Le tribù esistono per i loro membri – per tutti i loro membri, perché sono tutti percepiti come coinvolti nel successo della tribù. Quando viene montato il tendone, nessuno nel circo è più importante della squadra di costruttori. Quando si montano le attrezzature, non c'è nessuno più importante degli attrezzisti. Quando lo spettacolo comincia, non c'è nessuno più importante degli artisti, umani e animali. E funziona così in ogni fase della vita circense.

Tra i cacciatori-raccoglitori, il successo ovviamente non ha nulla a che fare con i soldi. Nel circo, naturalmente, tutti sanno che lo spettacolo deve guadagnare soldi per poter continuare, ma è il circo, non il denaro, che fornisce di che vivere. Intendo dire che non fanno continuare il circo per fare soldi; fanno soldi per poter far continuare il circo. (Un artista potrebbe vederla in questo modo: c'è differenza tra il dipingere per fare soldi e il fare soldi per poter continuare a dipingere.)

La tribù è ciò che fornisce loro ciò di cui hanno bisogno, e se la tribù cessa di esistere, sono tutti nei guai. Tutti vogliono che il proprietario del circo guadagni soldi, perché se smette di guadagnare, lo spettacolo chiude. Gli interessi di tutti risiedono nel successo dell'intero spettacolo. Ciò che è bene per la tribù è bene per tutti i soggetti coinvolti, dal proprietario al venditore di zucchero filato.

Utilizzo l'esempio del circo per enfatizzare il fatto che la vita tribale non è qualcosa che ha funzionato solo tanto tempo fa o solo per i

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cacciatori-raccoglitori.

Esiste davvero una cosa come “il circo”?

Se esistono cose come il teatro, l'opera e i cinema, perché non potrebbe esistere una cosa come il circo? Ma è davvero tribale?

È perché il circo è tribale che ci accorgiamo di quando un particolare circo cessa di esserlo. La storia del Ringling Bros e del Circo di Barnum & Bailey è inequivocabilmente la storia di tribù circensi, ma ormai quel particolare circo è solo una grossa industria, gerarchica come la General Motors o la United Airlines. Nessuno scambia uno spettacolo come “Ice Capades”1 per un affare tribale; è cominciato come un'azienda e non è mai stato nient'altro.

Molte piccole imprese cominciano in un modo molto tribale, con pochi soci che vi riversano tutte le loro risorse e ne ricavano solo ciò che è necessario per sopravvivere, ma questo aspetto tribale scompare rapida-mente se la compagnia diventa una gerarchia convenzionale. Anche se si sviluppa tribalmente, con nuovi membri che aumentano i profitti in modo da poter sopravvivere anche loro, rischia di perdere il suo carattere tribale se diventa troppo ampia. Raggiunta una certa dimensione, deve smettere di crescere oppure organizzarsi come una tribù di tribù, che è probabilmente il modo migliore di considerare il tipo di grande circo che si può vedere in ogni grande città oggigiorno.

Una tribù è una coalizione di persone che lavorano insieme come uguali per vivere. Una tribù di tribù è una coalizione di tribù che lavorano insieme come uguali per vivere; ogni tribù ha un capo, così come l'intera coalizione.

La gente del circo è gente tribale.

Ciò che i popoli tribali trasmettono alla generazione successiva non è una fortuna già accumulata, ma piuttosto un sistema affidabile per procurarsi da vivere. Per questo motivo, la famiglia di birrai Busch è un clan, ma non una tribù. Ciò che la generazione attuale di Busch ha ricevuto dalla precedente non è stato un sistema per guadagnarsi da vivere, ma una fortuna già pronta che verrà passata alla generazione successiva.

Per contrasto, gli artisti circensi di fama mondiale chiamati “I Grandi Wallendas” non hanno alcuna compagnia da miliardi di dollari da

1 Spettacolo di pattinaggio sul ghiaccio.

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trasmettere alla generazione successiva. Ciò che hanno da trasmettere è un modo di procurarsi da vivere. Non hanno già di che vivere a disposizione (come invece August Busch III, che non avrebbe dovuto lavorare neanche un giorno in vita sua se non avesse voluto). Proprio come ogni generazione di cacciatori-raccoglitori riceve dalla precedente la conoscenza su come cacciare e raccogliere (ma deve cacciare e raccogliere da sola per vivere), ogni generazione di Wallendas riceve dalla precedente la conoscenza e le tecniche per esibirsi nel circo (ma deve esibirsi da sola per avere di che vivere).

In una tribù etnica, non è affatto raro vedere tre o perfino quattro generazioni lavorare fianco a fianco. La stessa cosa viene osservata in tribù circensi come i Wallendas, dove nessuno è stupito se la dodicenne Aurelia Wallenda fa un Cloud Swing con uno zio di quarantasette anni, Alexandre Sacha Pavlata, un artista circense di sesta generazione.

“Mi permetto di obiettare!”

Come molti vedranno l'utilità di considerare il circo una tribù, altri si scandalizzeranno e la definiranno una falsità e un'idealizzazione assurda. Verrà precisato, per esempio, che i circhi assumono regolarmente lavorato-ri esterni che lavorano per un giorno o una settimana e poi se ne vanno. Questi lavoratori a giornata sono raramente membri della tribù e raramente lo diventano – tutto perfettamente vero (per quanto non cambi il fatto che alcuni diventano membri della tribù).

In circhi molto piccoli, tutto il lavoro viene svolto dallo stesso gruppo di persone, che preparano l'attrezzatura, si occupano delle bancarelle, si esibiscono e lavorano con gli animali. In circhi più grandi, comunque, i capi, gli artisti e i lavoratori vengono visti come appartenenti a diverse classi sociali, che in teoria (almeno in alcuni circhi) non fraternizzano tra di loro. Devo interrogarmi, comunque, sulla validità di considerarle “classi sociali”. È possibile, in una società ordinaria, immaginare che la classe lavoratrice sogni di spodestare la classe “governante”. Ma questo non avrebbe senso in un circo. Che cosa ci guadagnerebbero gli artisti circensi dallo “spodestare” i capi? Che cosa ci guadagnerebbero i lavoratori circensi dallo “spodestare” gli artisti? Anziché immaginare che il circo sia diviso in “classi sociali” che in realtà non calzano, credo che abbia più senso pensarlo come una tribù di tribù, come erano per esempio i Sioux.

Storie tribali.

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Un giorno di luglio del 1986, l'inviato del Chicago Tribune Ron Grossman viaggiò con “l'ultimo piccolo spettacolo da strada” d'America, partendo da New Windsor, Illinois, e arrivando a Wataga, a cinquanta chilometri di distanza. Si trattava del Grande Circo Unito Errante di Culpepper e Merriweather, che contava sei artisti, un lavoratore, tre capre, sei cani, altrettanti pony Shetland e due giovani che si erano aggregati, secondo la gloriosa tradizione di Toby Tyler. Mentre li aiutava a piantare il tendone di quindici metri per venti nel Parco Wataga, il proprietario e direttore del circo Red Johnson ricordò la propria storia circense, che era cominciata quando aveva nove anni.

“Mia madre mi svegliò una mattina molto presto e andammo a vedere il Circo dei Fratelli Cole. Mi ricordo di essermi davvero entusiasmato per il negozio del fabbro”, disse maneggiando un martello da otto chili a colpi alterni con il clown B. J. Herbert e l'equilibrista Jim Zajack. “Dopo, mi comprò un libro sul circo per ricordo e all'interno della copertina scrisse: 'Non farti venire strane idee'.”

“La cosa divertente è che i miei mi dissero la stessa cosa quando mi regalarono un libro sul circo, un Natale”, disse Zajack. Ma arrivato a diciassette anni, li aveva estenuati tanto che lasciarono che prendesse quello che avrebbe dovuto essere un lavoro estivo al Circo dei Fratelli Franzen. Non tornò più a casa, eccetto quando uno spettacolo chiuse i battenti.

“Il circo”, disse a Grossman, “è come una piccola tribù di nomadi. Una volta entratoci, non ne esci più.”

“Qui sei parte di qualcosa.”

Terrel “Cap” Jacobs, un ammaestratore del Culpepper e Merriweather, ha parlato della natura gerarchica dei circhi più grandi, notando che hanno lo stesso tipo di “ordine di beccata” della società in generale.

“Da Ringling, gli artisti pensano di essere troppo superiori per parlare ai lavoratori. Tutti hanno un lavoro preciso da fare; e dopo lo spettacolo, tutti tornano al mondo privato della loro roulotte. Qui, siamo una famiglia. Lavoriamo tutti insieme, ci esibiamo insieme, mangiamo insieme e, sì, litighiamo e ci urliamo l'un l'altro. Non siamo abbastanza per giocare a capi e indiani. Dev'essere una democrazia.”

Ma non sono solo gli spettacoli più piccoli che sperimentano la democrazia tribale. Nel 1992, David LeBlanc, capotendone (e più tardi

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manager operativo) del Big Apple Circus, disse: “Qui hai una comunità completa. Sono cresciuto in periferia, e non avrei saputo dire i nomi delle persone che vivevano accanto ai miei genitori, e ci ho vissuto per quindici anni. Qui non solo vivi nel quartiere, ma lavori anche insieme a tutti gli altri per uno scopo comune. Sei parte di qualcosa.”

Dopo aver aiutato una donna dello staff a sradicare un paletto del tendone particolarmente testardo, LeBlanc disse: “Questa è la mentalità del circo. Lei ha la mentalità giusta. E sa una cosa? Quello non aveva niente a che vedere col suo lavoro. Stava solo dando una mano. La gente qui è disposta a fare qualunque cosa. Nel mondo reale, la gente esige una pausa di dieci minuti dopo aver lavorato tre ore, ma qui la gente è semplicemente devota a ciò che fa.”

L'abbandono del tribalismo.

La gente non pianta campi per lavorare di meno. Pianta campi perché vogliono stabilirsi e vivere in un luogo. Un'area usata solo per la raccolta non contiene abbastanza cibo per sostentare un insediamento permanente. Per costruire un villaggio, devi piantare alcuni campi – e questo è ciò che la maggior parte degli aborigeni stanziali fa: pianta alcuni campi. Non producono tutto il loro cibo. Non ne hanno bisogno.

Una volta che cominci a convertire tutta la terra circostante in campi coltivati, cominci a generare enormi eccedenze di cibo, che devono essere protette dagli elementi e da altre creature – incluse altre persone. Alla fine, devono venire messi sotto chiave. Nonostante in quel momento questo fatto non venga riconosciuto, chiudere sotto chiave il cibo segna la fine del tribalismo e l'inizio di quella vita gerarchica che chiamiamo “civiltà”.

Appena compaiono i magazzini, qualcuno deve farsi avanti per far loro la guardia, e questo custode ha bisogno di assistenti, che dipendono interamente da lui, dato che non si guadagnano più da vivere come agricoltori. Improvvisamente, compare sulla scena una figura di potere con il compito di controllare la ricchezza della comunità, circondata da una corte di vassalli fedeli, pronti a diventare una classe governante di reali e nobili.

Questo non avviene tra agricoltori a tempo parziale o tra cacciatori-rac-coglitori (che non hanno eccedenze di cibo da chiudere sotto chiave). Avviene solo tra gente che dipende dall'agricoltura per tutto il proprio sostentamento – gente come i Maya, gli Olmechi, gli Hohokam, e così via.

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Dal tribalismo al gerarchismo.

Ogni civiltà che compare nella storia dal niente (ossia che non emerge da altre civiltà precedenti) compare con la stessa organizzazione gerarchica di base, che appaia in Mesopotamia, in Egitto, in India, in Cina o nel Nuovo Mondo. Come siano arrivate a questo notevole risultato (senza dubbio tramite qualche procedimento di selezione naturale) sarebbe argomento di uno studio interessante – ma non il mio. Perché è avvenuto lo lascio ad altri. Che sia avvenuto è indiscutibile.

Lo schema generale di questa organizzazione sociale è familiare a tutti grazie al modello egiziano. Si ha un'organizzazione statale estremamente centralizzata che concentra in sé tutto il potere economico, militare, politico e religioso. La casta sovrana, guidata da una divinità vivente sotto forma di un faraone, di un Inca o di altri monarchi divini, è supportata da una burocrazia sacerdotale che regola e supervisiona le forze lavoratrici impiegate (tra le varie cose) per la costruzione di palazzi, complessi cerimoniali, templi e piramidi.

La tribù è naturalmente scomparsa da tempo – a questo punto non esiste più da secoli, se non da millenni.

Ciò che la gente non gradisce delle gerarchie.

Per essere giusti, immagino che potrei dividere questo paragrafo in due sezioni: “Ciò che ai governanti piace delle società gerarchiche” e “Ciò che chiunque altro non gradisce di esse”. Ma dubito che qualcuno abbia bisogno di aiuto per capire la prima di queste cose.

Ciò che la gente (governanti esclusi) non gradisce riguardo le società gerarchiche, è che non esistono ugualmente per tutti i loro membri. Forniscono una vita di lusso e piacevolezza incredibile per i governanti e una vita di povertà e fatica per tutti gli altri. Il modo in cui i governanti beneficiano del successo della società è enormemente diverso dal modo in cui ne beneficiano le masse, e piramidi e templi testimoniano l'importanza dei governanti, non delle masse che li hanno costruiti. E in una società gerarchica funziona così in ogni ambito.

La differenza tra il circo e Disney World è che il circo è una tribù e Disney World è una gerarchia. Disney World ha impiegati, non membri. Non fornisce di che vivere a questi impiegati, si limita a pagar loro degli stipendi. Gli impiegati stanno lavorando per se stessi, e se Disney World non potesse più pagarli, lo abbandonerebbero immediatamente. I proprieta-

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ri hanno investito nel suo successo e ne beneficiano. Gli impiegati sono solo impiegati.

Ragazzi di tutte le età scappano di casa per unirsi al circo. Nessuno scappa di casa per unirsi a Disney World.

Ma le tribù in realtà non sono gerarchiche?

Questa è una domanda fatta da coloro che odiano l'idea che la vita tribale funzioni davvero per le persone. La risposta è no, non è questo che si osserva. Le tribù hanno capi, questo è certo, e a volte capi molto forti, ma essere il capo non comporta quasi nessun beneficio speciale che sia negato agli altri membri della tribù. È mai esistita una tribù che è diventata gerarchica, in cui il capo si è trasformato in un despota? Sono assoluta-mente sicuro che sia avvenuto, forse migliaia di volte. Ciò che è importan-te notare è che nessuna tribù del genere è sopravvissuta. La ragione non è difficile da individuare: alla gente non piace vivere sotto un despota. Di nuovo, questa è la selezione naturale al lavoro: le tribù governate da un despota non riescono a tenersi stretti i propri membri e finiscono per estinguersi.

Nel circo, tutti vogliono che ci sia un capo che si prenda cura degli affari, che si assicuri che il circo rimanga sano, che prenda decisioni difficili su chi deve essere assunto e chi licenziato, che risolva i conflitti, che stenda i contratti e che abbia a che fare con le autorità locali. Senza un capo, il circo scomparirebbe molto rapidamente, ma il capo è solo un altro individuo con un lavoro da fare – e il suo lavoro è fare il capo. Il capo non è invidiato e nemmeno particolarmente ammirato. Le stelle dello spettaco-lo ottengono la gloria (e i salari più alti e i vestiti più appariscenti), ma non sono nulla di remotamente simile a una classe governante.

Liberarsi della gerarchia sognando.

Le masse della nostra cultura non sono state meno miserabili delle masse dei Maya, degli Olmechi e degli altri popoli che hanno abbandonato la civiltà che abbiamo esaminato. La differenza tra noi e loro è che noi possediamo (o siamo posseduti da) un complesso di meme che finora ci hanno totalmente impedito di abbandonare il nostro modo di vivere. Siamo assolutamente convinti che la civiltà non possa venir superata in nessun modo e che quindi debba continuare anche a costo di estinguerci.

Impossibilitati ad andarcene, abbiamo usato tre razionalizzazioni molto

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diverse tra loro per rendere sensato il nostro non agire.

La prima razionalizzazione: giustificarlo.

Un motivo per cui tendiamo a pensare all'Oriente e all'Occidente come culturalmente distinti è che gli orientali hanno un diverso modo di raziona-lizzare la gerarchia sotto cui vivono; per come la vedono, questa gerarchia deriva dal modo fondamentale di operare dell'universo, che assicura la realizzazione del karma attraverso la reincarnazione. Per la teoria del karma, i peccati e le virtù di ognuno vengono puniti o ricompensati in questa e nelle vite successive. Quindi se sei nato intoccabile a Bhaktapur, in India, e non hai speranza di ottenere un lavoro migliore della pulizia delle latrine, non hai nessuno da incolpare se non te stesso. Non hai motivo di invidiare od odiare i Bramini che ti evitano e ti disprezzano; la loro vita di felicità e lussi è solo ciò che meritano, così come la tua vita di povertà e miseria è solo ciò che ti meriti tu.

In questo modo, la divisione delle persone in classi alte, medie e basse viene considerata solo giustizia resa manifesta in un universo ordinato divinamente. Se io sono ricco e ben nutrito e tu sei povero e affamato, è solo perché le cose devono stare così.

Il Buddismo sembra offrire sollievo da questa rigida postura di rasse-gnazione al proprio destino.

La seconda razionalizzazione: trascenderlo.

Sia Budda che Gesù assicurarono ai loro ascoltatori che i poveri e gli oppressi si trovano (o si troveranno) in una situazione migliore dei ricchi e dei potenti, che troveranno quasi impossibile ottenere la salvazione. I poveri possono vivere più felicemente, ha detto Budda, senza possedere nulla e vivendo solo di gioia, come gli dei raggianti. I miti (ossia quelli che finiscono sempre per costruire le piramidi) erediteranno la Terra, ha detto Gesù, e il regno di Dio ribalterà sottosopra la gerarchia; il regno di Dio apparterrà ai poveri, non ai ricchi, e governanti e governati si scambieran-no di posto, i primi diverranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi. Gesù e Budda concordano che, contrariamente alle apparenze, la ricchezza non rende felici le persone. Invece, dice Budda, la ricchezza le rende solo avide. E i poveri non dovrebbero invidiare i ricchi per i loro tesori, che sono sempre vulnerabili ai ladri e possono venir mangiati da tarme e ruggine; invece, dice Gesù, dovrebbero accumulare tesori incorruttibili in

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Paradiso.Queste sono le “consolazioni” che hanno portato Karl Marx a chiamare

la religione “l'oppio dei popoli”. Quest'oppio porta le masse fuori della loro miseria e su nell'empireo della tranquilla accettazione. Più importante, dal punto di vista delle classi dominanti, è il fatto che quest'oppio le mantiene calme e sottomesse, essendo l'eredità promessa ai miti per sempre confinata nel futuro.

La terza razionalizzazione: spodestarlo.

Ma i sogni di paradisi celesti cominciarono a perdere il loro fascino mentre l'Età della Fede declinava, e nuovi sogni cominciarono a prendere forma – sogni di paradisi in terra, stavolta, sogni di rivoluzione, sogni di ribaltare la situazione, di mettere da parte i regnanti passati e di rendere i sottomessi i nuovi governanti.

Molte rivoluzioni simili avvennero, le più famose delle quali in Francia, in America e in Russia, ma in ogni caso, bizzarramente, la gerarchia si limitò a cambiare di mano e continuò come prima. Le masse hanno ancora le loro pietre da trascinare, giorno dopo giorno, e giorno dopo giorno le piramidi continuano a diventare sempre più alte.

Il filosofo francese Simone Weil non era d'accordo con Marx, e affermò che la rivoluzione, non la religione, è l'oppio dei popoli. Vergogna a entrambi per non aver compreso meglio le persone e le loro droghe. La religione è un barbiturico, che allieva il dolore e ti fa dormire. La rivoluzione è un'anfetamina, che ti esalta e ti fa sentire potente. Quando la gente non ha nient'altro, afferrerà una delle due – o entrambe. Nessuna delle due droghe promette di andarsene. Tutto l'opposto. Contrariamente alle aspettative del dopoguerra, secondo cui la religione sarebbe svanita nel nulla come gli spettacoli per vendere medicine fatte con olio di serpente, la religione è sulla cresta dell'onda, insieme alla rivoluzione. E in ciò che dovrebbe essere la nazione più felice e prospera della storia umana, sempre più gruppi terroristici antigovernativi attraggono sempre più membri ogni anno che passa.

L'oppio è l'oppio dei popoli.

All'epoca in cui Marx pronunciò la sua famosa frase, l'oppio non era una droga che il popolo potesse permettersi, quindi quello che intendeva dire era che la religione è la droga più economica, fatta apposta per la

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massa. Non avrebbe potuto immaginare che l'oppio stesso (in una forma o nell'altra) sarebbe diventato alla fine l'oppio dei popoli, a dispetto del suo costo.

Man mano che le cose peggiorano per noi, avremo sempre più bisogno di tutte quelle cose che ci danno sollievo e oblio e di tutte quelle che ci esaltano e ci eccitano. Più religione, più rivoluzione, più droghe, più canali televisivi, più sport, più casinò, più pornografia, più lotterie, più accesso a internet – più e più e più di tutto questo – per dare a noi stessi l'impressio-ne che la vita sia un divertimento continuo. Ma nel frattempo, naturalmen-te, ogni mattina dobbiamo farci passare i postumi della sbornia e dimenti-carci del divertimento per otto o dieci ore, mentre trasciniamo la nostra quota di pietre su per la piramide.

Come potrebbe esserci una vita migliore?

La mia vita alla piramide.

I lettori sono inevitabilmente curiosi riguardo la mia vita lavorativa. Ho sofferto così tanto come trascinatore di pietre, si chiedono. No, in effetti. Sono stato uno dei fortunati. Mi sono trovato rapidamente una nicchia che mi permetteva di pensare a me stesso come a un artista anziché come a un semplice animale da tiro. Si potrebbe dire che preparavo le pietre che altri dovevano trascinare, ed ero fiero della mia maestria. Ho cominciato la mia vita lavorativa in una graziosa, piccola, rispettabile piramide che stava venendo costruita dalla Spencer Publishing, a Chicago, chiamata “L'Enci-clopedia del Popolo Americano”; fu poi comprata da un costruttore molto più grande, Grolier, che la spostò pietra per pietra a New York. Io rimasi a Chicago a lavorare per la Science Research Associates a una piramide chiamata “Il Programma Matematico di Cleveland”. Anche la SRA fu presto comprata da un costruttore più grande, l'IBM. Alla fine mi trasferii alla Corporazione Educativa per l'Enciclopedia Britannica, dove supervi-sionavo la costruzione della piramide del dipartimento di matematica. Conclusi la mia carriera in una compagnia posseduta da un altro gigante, la Singer Corporation, dove supervisionavo la costruzione di tutte le piramidi multimediali. Quel lavoro finì quando un giorno il presidente della compagnia mi disse che il mio lavoro era “troppo buono”. Non doveva essere così buono, mi spiegò, perché era “solo per ragazzini”, e i ragazzini “non capiscono la differenza”. Finalmente capii che non sarei mai stato in grado di realizzare i miei obiettivi lavorando alla piramide di qualcun altro.

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Sto costruendo la mia piramide?

Il compito che svolgo oggi è lo stesso che svolgevo per le compagnie che ho appena nominato. Non sto facendo nulla di diverso per me stesso di quello che facevo per loro. Il lavoro è lo stesso... Ma non credo che abbia nulla a che fare con il costruire una piramide.

Il test per capirlo è questo: se avessi un miliardo di dollari in banca, continueresti a fare il lavoro che fai adesso per vivere? Davvero, sincera-mente, sul serio? Sono sicuro che circa il dieci percento delle persone direbbero di sì – per esempio, Steven Spielberg e Bill Gates (che ha già il suo miliardo ma sembra continuare ad amare il suo lavoro). Anch'io sono in quel fortunato dieci percento. Se avessi un miliardo in banca, continue-rei a scrivere.

C'è posto in abbondanza nel mondo per quel dieci percento che ama il suo lavoro. Il mio obiettivo è di fare un po' di posto a quel novanta percento che non lo ama. Non sto cercando di togliere il divertimento agli Spielbergs o ai Gates, sto cercando di aprire una via di fuga per i miliardi che non si stanno divertendo, che trascinano pietre su per la piramide non perché amano le pietre o le piramidi, ma perché non hanno altro modo di mettere cibo in tavola. Possiamo dar loro tregua senza togliere il diverti-mento al fortunato dieci percento – ma solo se andiamo oltre questa cosa chiamata civiltà.

Che cosa significa “civiltà”?

Posso nominare un paio di concetti che personalmente trovo sfuggenti (messa in scena, per esempio, e postmodernismo), ma la civiltà non è uno di essi. L'Oxford English Dictionary la definisce in una dozzina di parole: “Condizione o stato civilizzato: un tipo sviluppato o avanzato di società umana”. L'American Heritage Dictionary la spiega in modo più dettaglia-to: “Una società umana in un avanzato stato di sviluppo intellettuale, culturale e materiale, segnata dal progresso nelle arti e nelle scienze, l'uso estensivo della scrittura e la comparsa di complesse istituzioni politiche e sociali.”

La cosa che costringe le istituzioni di ogni civiltà a diventare politica-mente e socialmente “complesse” è, naturalmente, la gerarchizzazione. Una confederazione di villaggi agricoli non è politicamente e socialmente complessa, e non è una civiltà. Quando, mille anni dopo, la famiglia reale vive in un palazzo sorvegliato da soldati professionisti e separato dalle

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masse da clan di nobili e da una casta sacerdotale che gestisce la religione di stato, allora hai la richiesta “complessità” politica e sociale – e hai la civiltà.

Nessuna società tribale, non importa quanto “avanzata” in altri aspetti, è mai stata chiamata una civiltà in questo senso.

Riunendo i frammenti.

La vita tribale, e nient'altro, è il dono della selezione naturale all'umani-tà. È per l'umanità ciò che la vita in branco è per i lupi e la vita in alveari è per le api. Dopo tre o quattro milioni di anni di evoluzione umana, lei sola è emersa come l'organizzazione sociale che funziona per le persone. Alle persone l'organizzazione tribale piace perché funziona ugualmente bene per tutti i suoi membri. Ovunque la civiltà emerga, il tribalismo appassisce e viene sostituito dalla gerarchizzazione, che funziona molto bene per i governanti ma molto meno bene per i sottoposti, che costituiscono la maggior parte della società. Per questo motivo, ai pochi in cima piace molto e alle masse in fondo piace molto poco.

Con un'unica eccezione, la storia ci mostra che i popoli che provano la vita gerarchizzata finiscono per abbandonarla come insoddisfacente. Alcuni tentativi erano ancora in corso quando li abbiamo distrutti, quindi non possiamo sapere come avrebbero potuto concludersi altrimenti. Noi siamo l'unica eccezione. Siamo spinti ad aggrapparci alla nostra società gerarchizzata da un gruppo di meme che ci dicono che ciò che abbiamo è insuperabile, non importa quanto lo detestiamo, non importa se devasta il mondo e ci porta all'estinzione. Questi meme ci dicono che ciò che abbiamo è la vita che gli esseri umani dovevano avere fin dall'inizio, e non può venire superata da nessun'altra.

Un altro esperimento di gerarchizzazione.

I Natchez, un popolo scoperto dagli europei del diciassettesimo secolo nell'area circostante l'attuale Natchez, in Mississippi, avevano una società a metà tra una federazione di villaggi agricoli e una civiltà teocratica come quella Maya o egiziana. Avevano tre classi di nobili e una di cittadini comuni. In cima c'erano i Sun, il cui capo era un dio vivente, il Grande Sole. Poi c'erano i Nobili, poi gli Onorevoli. I cittadini comuni in fondo erano chiamati Stinkard.

Ciò che rende l'esperimento Natchez degno di nota è il fatto che le

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classi erano ereditarie, ma l'appartenenza a esse non lo era (o almeno non proprio), perché ogni membro della nobiltà doveva sposare uno Stinkard. Questo significava che ogni membro della classe Stinkard vedeva i propri figli risalire di un gradino, mentre ogni membro della nobiltà vedeva i propri scendere di uno. Tralasciando i dettagli, l'effetto finale era che il figlio di un Sun era un Nobile (non un Sun), e il figlio di questo Nobile era un Onorevole (non un Nobile), mentre il figlio di questo Onorevole era uno Stinkard. Ma avendo raggiunto il fondo della scala sociale, questo bisnipote di un Sun adesso può sposare una donna Sun, e il loro figlio sarà un Sun, ricominciando in questo modo il ciclo da capo.

Un problema sistemico.

Nel sistema Natchez non importava quanto eri altolocato, uno dei tuoi genitori era uno Stinkard – e anche se eri in fondo al mucchio, potevi ancora sposare un nobile e avere un figlio nobile. È difficile immaginare come un sistema così bizzarro possa essersi evoluto nel modo ordinario. Immagino che fosse un'invenzione deliberata, volta a correggere ciò che veniva percepito come il difetto dei sistemi gerarchici, che aveva portato al loro abbandono in ogni altro luogo. Forse i Natchez lo consideravano consapevolmente un modo di aggiustare il difetto di società come quelle dei Maya e degli Olmechi. Se è così, i Natchez potrebbero aver fatto la più grande scoperta della storia dello sviluppo sociale umano – un modo di costruire società gerarchiche che era tollerabile per tutti i suoi membri, perché nessuna famiglia si trovava mai bloccata in fondo, ma era in costante movimento nella gerarchia. La selezione naturale avrebbe ricom-pensato questo sistema con la sopravvivenza? I Natchez sarebbero riusciti a tenersi stretti i loro membri? Purtroppo non lo sapremo mai, perché sono stati spazzati via dai francesi alla fine del diciassettesimo secolo.

Per quanto questo sistema sembri promettente, comunque, aveva un difetto fondamentale. Dato che tutte le tre classi di nobili dovevano spo-sarsi con un membro della classe più bassa, gli Stinkard in età da matrimo-nio erano in costante scarsità e dovevano venire aumentati con i prigionieri provenienti dai popoli vicini conquistati. Con questo impeto sistemico verso la conquista, i Natchez avrebbero potuto diventare (se fossero partiti qualche millennio prima) i conquistatori del mondo al posto nostro – e ora si troverebbero ad affrontare lo stesso tipo di crisi.

Oltre la gerarchizzazione.

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Ogni civiltà portata avanti nella storia umana è stata gerarchica. La cosa che chiamiamo civiltà va di pari passo con la gerarchia – significa gerarchia, richiede gerarchia. Perché sia così sarebbe materia di uno studio affascinante – ma, di nuovo, non il mio. A me basta sapere che è così. Si può avere gerarchia senza civiltà, ma non civiltà senza gerarchia; almeno noi non l'abbiamo mai avuta – non una volta, da nessuna parte, in diecimila anni di costruzione di civiltà. Avere una civiltà significa avere una società gerarchica.

Andare oltre la civiltà significa andare oltre la gerarchia.Ma andare oltre la civiltà significa anche distruggerla? Certamente no.

Perché dovrebbe?Tutti i devoti costruttori di piramidi dovrebbero continuare a vivere

nella civiltà. Il resto di noi vuole semplicemente qualcos'altro, ed è ora che lo abbiamo.

Una direzione sbagliata: “rinunciare” a delle cose.

A dispetto di tutti i segnali di miseria con cui conviviamo – il sempre crescente tasso di disgregazione sociale, di dipendenza da droghe, di crimine, di suicidi, di malattie mentali, di abuso e abbandono di coniugi e bambini, di razzismo, di violenza contro le donne, e così via – la maggior parte della gente della nostra cultura rimane profondamente convinta che il nostro modo di vivere semplicemente non possa venire migliorato. Adottare uno stile di vita differente sarebbe quindi un passo indietro, un atto di sacrificio.

Molto spesso, quando la gente mi interroga sul futuro, mi chiede se credo davvero che le persone saranno disposte a “rinunciare” alle cose meravigliose che abbiamo per il semplice privilegio di evitare l'estinzione. Quando parlo, come ho fatto in Ishmael, di “un'altra storia da interpretare”, sembrano immaginare che io stia proponendo una miserabile mezza-vita di povertà volontaria, vestiti di sacchi di iuta e col capo sparso di cenere per espiare i nostri peccati ambientalisti. Sono sicuri che vivere in modo sostenibile significhi “rinunciare” a delle cose. Non gli viene in mente che anche vivere in modo INsostenibile significa rinunciare a delle cose, cose molto preziose come sicurezza, speranza, spensieratezza e libertà dall'an-goscia, dalla paura e dalla colpa.

Quando in dubbio, pensate al circo. La gente non si unisce mai al circo per rinunciare a qualcosa. Lo fa per ottenere qualcosa.

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Livelli qualitativi di vita.

L'antropologo Marshall Sahlins ha scritto: “I popoli più primitivi del mondo hanno poche cose, ma non sono poveri. La povertà non è una piccola quantità di possedimenti, né è un rapporto tra mezzi e fini; è innan-zitutto una relazione tra persone. La povertà è una condizione sociale. In quanto tale, è un'invenzione della civiltà.”

Mia moglie Rennie e io abbiamo imparato questa grande verità durante gli anni '80, nei sette anni che abbiamo passato a Madrid, un villaggio di montagna in New Mexico. Vivendo di rendita grazie a una piccola eredità, io stavo lavorando al libro che un giorno sarebbe diventato Ishmael. Durante questo periodo eravamo poveri per gli standard ordinari ma ordinari per gli standard di Madrid. A Madrid in quel periodo tutti erano poveri – e quindi non lo era nessuno. Il reddito medio era probabilmente intorno ai tremila dollari – di gran lunga al di sotto della soglia di povertà – ma non c'erano persone povere a Madrid. Nessuno si vantava di essere povero o di vivere “semplicemente”. Tutti erano orgogliosi della loro indipendenza, della loro ingenuità, della loro padronanza delle abilità indispensabili e soprattutto del fatto che facevano ciò che volevano.

I visitatori di Madrid (senza dubbio come i visitatori dei circhi che ne vedevano il dietro le quinte) probabilmente avevano l'impressione che si trattasse di una “zona depressa”. In realtà, non ho mai vissuto in un luogo meno depresso!

Livelli qualitativi di vita: Chicago-Madrid.

Quando Rennie e io ci trasferimmo da Chicago a Madrid, capivamo in modo vago che stavamo abbassando i nostri standard di vita, ma non lo stavamo facendo per renderci innocui o per ridurre il nostro impatto sul pianeta. Lo stavamo facendo per ridurre le nostre spese mentre io lavoravo al libro che alla fine è diventato Ishmael.

Per darvi un'idea della differenza, nella vicina Santa Fe a quell'epoca non si poteva comprare nemmeno un garage monoposto con 80.000 dollari. A Madrid, invece, potemmo acquistare un piccolo grazioso edificio vicinissimo all'autostrada che fungeva sia da abitazione che da supermer-cato generico, con tanto di scorte, per appena 30.000 dollari. Perfino a questo prezzo, non sono sicuro che l'avremmo comprato se non si fosse trovato in una posizione perfetta per noi. L'elemento principale di quella

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situazione era che sorgeva sulla strada principale della città ed era a breve distanza da tutte le risorse urbane (per quanto fossero modeste). In questo era esattamente come la nostra residenza precedente, a Chicago, dove vivevamo a Lake Shore Drive, a pochi minuti a piedi da tutte le risorse dell'area di Belmont Harbor/New Town. Lasciando Chicago per Madrid, riuscimmo a ottenere più di quello di cui avevamo bisogno a quell'epoca abbassando il nostro tenore di vita.

Livelli qualitativi di vita: Madrid-Houston.

Un'altra cosa che ci piaceva della casa di Madrid era che aveva una grande stanza (che la maggior parte della gente chiamerebbe 'salotto') che utilizzavamo come uffici gemelli, abbastanza distanziati da non starci tra i piedi ma abbastanza vicini da permetterci di comunicare facilmente.

Oggi, dodici anni dopo, viviamo su una strada principale, a pochi minuti a piedi dalle risorse urbane di una grande città. Una delle cose che ci piace della nostra residenza è che ha una grande stanza (che la maggior parte della gente chiamerebbe 'salotto') che utilizziamo come uffici gemelli, abbastanza distanziati da non starci tra i piedi ma abbastanza vicini da permetterci di comunicare facilmente.

Naturalmente, a Houston abbiamo a disposizione delle cose che non avevamo a Madrid, e si tratta di cose che ci servono nelle nostre circostanze attuali, che sono molto diverse ora. Trasferendoci a Houston abbiamo aumentato il nostro tenore di vita di circa dieci volte rispetto a quando vivevamo a Madrid. Ciò che non è aumentata è la nostra sensazione di soddisfazione e di benessere. Se oggi siamo più felici (e lo siamo), non è perché abbiamo un più alto tenore di vita.

Spendere di più ti darà sicuramente di più, ma non ti darà necessaria-mente di più di ciò che vuoi.

Un amante della civiltà.

La gente a cui non piace ciò che dico cercherà spesso di rassicurarsi con il pensiero che sono solo qualcuno che odia la civiltà e che preferireb-be vivere “a contatto con la natura”. Questo farà sorridere chiunque mi conosca, perché io sono un grande amante della civiltà e vivo felicemente nel cuore della quarta più grande città degli Stati Uniti, a pochi passi di distanza da supermercati, gallerie d'arte, ristoranti, librerie, musei, sale da biliardo, università e centri tatuaggi. (E vivo a contatto con la natura ogni

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secondo di ogni giorno, 365 giorni all'anno, dato che la “natura” è qualcosa in cui non si può evitare di vivere, non importa dove ci si trovi.)

Oppure mi sfidano a dire quanto mi piacerebbe vivere senza aria condizionata, riscaldamento centralizzato, tubature, frigoriferi, telefoni, computer, e così via. Pensano che io sia un predicatore di povertà, anche se non possono indicare una sola parola nei miei scritti a sostegno di questa convinzione.

Non sono un Luddista o un Unabomber. Non considero la civiltà una maledizione, ma una benedizione che la gente (me incluso) dovrebbe essere libera di abbandonare – per qualcosa di meglio. Ed è qualcosa di meglio che sto cercando, nulla di meno. Coloro che cercano qualcosa di peggio devono sicuramente consultare un libro diverso.

In cerca di un'alternativa.

Consultare un qualunque dizionario rivela che la parola civiltà per noi significa qualcosa che è socialmente “avanzato”. C'è, naturalmente, solo una cosa rispetto a cui può essere più avanzata, ossia il tribalismo. (Il barbarianesimo non rappresenta un tipo particolare di organizzazione sociale; i barbari sono popoli tribali oppure popoli a uno stadio di civiltà percepito come più primitivo del proprio.)

Nella nostra mitologia culturale, siamo convinti di esserci lasciati alle spalle il tribalismo come la medicina moderna si è lasciata alle spalle le sanguisughe, e l'abbiamo fatto decisamente e irrevocabilmente. Questo è il motivo per cui ci è così difficile riconoscere che il tribalismo è non solo l'organizzazione sociale umana preminente, ma anche l'unica inequivoca-bilmente di successo nell'intera storia umana. Per cui, quando perfino un uomo di stato saggio e lungimirante quanto Mikhail Gorbachev invoca un “nuovo inizio” e una “nuova civiltà”, non dubita neanche per un istante che il segreto per crearla si trovi nell'organizzazione sociale che ha regalato all'umanità oppressione, ingiustizia, povertà, fame cronica, violenza incessante, genocidi, guerre globali, crimine, corruzione e distruzione ambientale indiscriminata. Analizzare, nel nostro momento di crisi più grave, l'insuperato successo di cui l'umanità ha goduto per più di tre milioni di anni, è semplicemente e assolutamente impensabile.

Questo, finalmente, è il mio scopo in questo libro: pensare all'assoluta-mente impensabile.

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PARTE QUATTRO

Verso il Nuovo Tribalismo

Tendiamo a considerare i cacciatori-raccoglitori poveri perché non hanno nulla; forse sarebbe meglio considerarli liberi, per questo.

Marshall Sahlins.

Rivoluzione senza rivolta.

Dato che “rivoluzione” nella nostra cultura ha sempre rappresentato un attacco alla gerarchia, ha sempre significato “rivolta” – letteralmente un sollevamento dal basso. Ma la rivolta non serve per andare oltre la civiltà. Se l'aereo ha dei problemi non si spara al pilota, si afferra un paracadute e si salta giù. Rivoltare la gerarchia è inutile; noi vogliamo lasciarcela alle spalle.

Come tutti sanno (specialmente i rivoluzionari), la gerarchia ha delle difese formidabili contro gli attacchi dalle classi inferiori. Non ne ha nessuna, però, contro l'abbandonamento. Questo in parte perché può immaginare una rivoluzione, ma non può immaginare di venire abbando-nata. Ma anche se potesse immaginarlo non potrebbe difendercisi, perché l'abbandonamento non è un attacco, è solo un'interruzione di sostegno. È quasi impossibile impedire alla gente di non fare nulla (che è ciò che significa interrompere il sostegno).

Ma coloro che detengono il potere non cercherebbero di impedire alla gente di non fare nulla? Posso immaginare che ci proverebbero (ma onestamente non riesco a immaginare che ci riuscirebbero).

Rivoluzione senza rovesciamento.

Lo scopo di una normale rivoluzione è di attuare un cambiamento globale sulla scacchiera con un singolo colpo travolgente. Idealmente, i precedenti governanti dovrebbero sparire da un giorno all'altro – in blocco, insieme a tutti i loro sostenitori e scagnozzi – e ci dovrebbe essere un set completo di nuovi governanti pronti a prendere immediatamente il loro posto e a dichiarare l'inizio del nuovo regime. Ma scenari come questo sono privi di significato per coloro che vogliono andare oltre la civiltà.

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Innanzitutto, non c'è bisogno di un cambiamento globale. Quelli che insistono che si debba accettare solo un cambiamento globale e niente di meno aspetteranno per molto tempo, probabilmente per sempre. Non c'è bisogno che tutti nel mondo vadano a dormire una notte vivendo in un certo modo e si sveglino il mattino dopo vivendo in un modo diverso. Questo non avverrà, ed è inutile cercare di farlo avvenire.

Allo stesso modo, non c'è bisogno di un cambiamento che interessi tutta la scacchiera – non c'è bisogno che tutto venga improvvisamente fatto in modo diverso. Non serve che avvenga, e non c'è modo di farlo avvenire. Si tenga sempre in mente che non esiste un unico modo giusto di vivere. Non è mai esistito e non esisterà mai.

Infine, non vogliamo che le classi di governanti scompaiano da un giorno all'altro. Non siamo pronti a vedere le infrastrutture della civiltà scomparire (e potremmo non esserlo mai). Almeno per adesso, vogliamo che i nostri governanti e i nostri capi continuino a supervisionare l'operato della civiltà per noi – che continuino a riempire le buche, a mantenere attive le fogne e gli impianti di purificazione dell'acqua, e così via.

Nessun unico modo giusto.

La gente spesso immagina che sarebbe fantastico se tutti i sei miliardi di noi cominciassero a vivere in un modo nuovo domani. È uno dei nostri meme più radicati e ingannevoli, che ci debba essere assolutamente un unico modo giusto di vivere per tutti.

Io ammiro i Gebusi della Nuova Guinea, ma (fidatevi) non tutti al mondo dovrebbero vivere come loro. Ammiro gli zingari, ma non tutti al mondo dovrebbero vivere come loro e – strano ma vero – se tutti lo facessero, il loro modo di vivere fallirebbe. Ammiro i Jalali – venditori e artisti ambulanti afghani – ma non tutti al mondo dovrebbero vivere come loro. Ammiro i Tuposa del Sudan, i Rendille del Kenya e i Kariera dell'Australia occidentale, ma non tutti al mondo dovrebbero vivere come loro. Non è una questione sociologica, ma ecologica. I macai vivono bene, ma il loro habitat collasserebbe se tutti gli uccelli vivessero come loro. Le giraffe vivono bene, ma il loro habitat collasserebbe se tutti i mammiferi vivessero come loro. I castori vivono bene, ma il loro habitat collasserebbe se tutti i roditori vivessero come loro.

La diversità, non l'uniformità, è ciò che funziona. Il nostro problema non è che la gente vive nel modo sbagliato, ma piuttosto che tutti vivono nello stesso modo. La Terra può sopportare molte persone che vivano in

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modo voracemente dispendioso e inquinante, ma non può sopportare che lo facciamo tutti.

Nessun coro angelico.

Non abbiamo bisogno che tutti i sei miliardi di noi vivano come santi ambientalisti da domani – né mai, se è per questo. Stabilire una cosa del genere come nostro obiettivo non farebbe che garantirci il fallimento. Questa è precisamente la forza della strategia che sto proponendo qui. Non abbiamo bisogno di realizzare il sogno impossibile dell'illuminazione, dell'unità e della risolutezza globale che gente come Mikhail Gorbachev e Al Gore descrivono come l'unica speranza dell'umanità. Noi semplicemen-te non possiamo, come ha suggerito Gorbachev, aspettare che “tutti i membri della comunità globale rifiutino con decisione i vecchi stereotipi”. Non possiamo aspettare che i membri della comunità globale facciano nulla, perché se c'è una cosa che sappiamo con certezza è che i membri della comunità globale non faranno mai nulla come un unico individuo. “È venuto il momento”, ha detto Gorbachev, “di scegliere una nuova direzione di sviluppo globale”. Ma chi farà questa scelta? Tutti? E quanti decenni (o secoli) dovranno passare prima che questo avvenga? Da dove diamine dovrebbe arrivare il “Nuovo Scopo Comune” di Al Gore? Quando mai gli abitanti dell'intero pianeta sono stati in grado di mettersi d'accordo su una qualunque questione? Queste sono illusioni utopistiche, vane speranze che ci tengono bloccati nella disperazione, anno dopo anno, decennio dopo decennio.

Non possiamo aspettare che i nostri capi di stato ci salvino. Quando tutto ciò che chiediamo loro (e perfino che tolleriamo da loro) sono guadagni istantanei e a breve termine, perché dovrebbero improvvisamente cominciare a pensare come visionari globali?

Quelli che aspetterebbero.

Dato che non vogliamo rovesciare governi, abolire il capitalismo, cancellare la civiltà o trasformare ogni essere umano in un Budda ambulante, non dobbiamo aspettare nulla. Ma devo avvisarvi che molte persone vi diranno il contrario, che dobbiamo aspettare finché non avremo un mondo già perfetto. Questi individui sentono che nulla dovrebbe avvenire finché non avremo sconfitto ingiustizie sociali, razzismo, sessismo, povertà e ogni altra cosa negativa a cui riuscite a pensare.

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Ho sentito persone dirmi che dobbiamo aspettare finché tutti “rispette-ranno” tutti gli altri. Ho sentito persone dirmi che non potremo fare nulla finché le “coscienze” di tutti non saranno state risvegliate. La gente che la pensa in questo modo aspetterebbe che un taglio si rimargini prima di metterci un cerotto, aspetterebbe l'alba per accendere una candela, aspette-rebbe che la nave che sta affondando smetta di affondare prima di mettere in acqua le scialuppe di salvataggio. Sono di gran lunga oltre la mia comprensione, e a parte avvertirli che li attende un'attesa orribilmente lunga, non riesco a pensare a nulla da dire loro.

Combattenti della giusta lotta.

Un amico di recente mi ha mandato una copia di Deep Democracy, un periodico pubblicato dall'Alleanza per la Democrazia, la cui missione è di “liberare tutti dal dominio delle corporazioni sulla politica, l'economia, l'ambiente, la cultura e l'informazione; di stabilire una vera democrazia; e di creare una società giusta con un'economia equa e sostenibile.” La copertina mostrava un'illustrazione in stile fumetto-politico del modo in cui l'organizzazione si percepisce: un minuscolo Davide che affrontava un Golia armato della spada della corruzione politica e della lancia dell'avidità, protetto dall'armatura delle multinazionali e dallo scudo del monopolio dei mass media. Il titolo del fumetto non avrebbe potuto essere più azzeccato: “Déjà vu (di nuovo la stessa storia)”. Infatti. Di nuovo e di nuovo e di nuovo e di nuovo.

Ho dovuto spiegare al mio amico che per quanto auguri all'Alleanza tutta la fortuna del mondo, non mi sento un partecipante di questa lotta. Non possiamo aspettare che Davide sconfigga Golia, perché ovviamente Davide non lo sconfigge mai. Quei due continuano a combattere da migliaia di anni, e lo staranno ancora facendo tra mille anni.

Non dobbiamo sconfiggere Golia. Dobbiamo cambiare il modo in cui pensa.

Golia con una nuova mente.

C'era una volta, nell'industria dei tappeti, un Golia di nome Ray C. Anderson, che aveva portato la propria compagnia, Interface Inc., da un inizio modesto a una posizione di leadership globale in appena una ventina d'anni, trasformandola in una di quelle malvagie corporazioni multinazio-nali di cui si sente tanto parlare. Questo Golia si era sempre fatto un punto

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d'onore di rispettare le regolamentazioni governative, ma esse non impedivano che la sua industria fosse altamente inquinante, essendo basata sul petrolio, e che contribuisse pesantemente all'interramento dei rifiuti.

Ma nel 1994, lesse due libri che cambiarono la sua mente riguardo ciò che stava facendo. Uno era il libro di Paul Hawkens, l'Ecologia del Commercio; l'altro era Ishmael. Dopo aver letto questi libri, Ray Anderson comprese che rispettare le regolamentazioni governative non è neanche lontanamente sufficiente. Si diede immediatamente da fare per sconfiggere la sua dipendenza dal petrolio e per cominciare a produrre tappeti riciclabili al cento per cento, fatti interamente di materiali riciclati, ridu-cendo in questo modo il contributo della propria compagnia all'inquina-mento del suolo a zero. È importante notare che questi cambiamenti non hanno interessato solo la sua compagnia. Improvvisamente tutti i suoi competitori furono costretti ad adottare i suoi standard per rimanere competitivi. Questo Golia non ha semplicemente riformato una compa-gnia, ha riformato un'intera industria – non perché un qualche minuscolo Davide l'ha sconfitto, ma perché due libri lo hanno fatto pensare in modo diverso al mondo e al suo posto in esso.

Se la gente riforma spontaneamente intere industrie quando le loro menti vengono cambiate, perché spendere miliardi per creare e applicare leggi che li obbligano a farlo?

La rivoluzione incrementale.

Lo dirò di nuovo: dato che non vogliamo rovesciare governi, abolire il capitalismo, cancellare la civiltà, trasformare tutti in Budda ambulanti o curare tutte le malattie economiche e sociali, non dobbiamo aspettare nulla. Se dieci persone si allontanano dalla civiltà e cominciano a vivere in modo nuovo, quelle dieci persone stanno già vivendo nel prossimo paradigma, dal primo giorno. Non hanno bisogno del supporto di un'organizzazione. Non hanno bisogno di appartenere a un partito o a un movimento. Non hanno bisogno che vengano approvate nuove leggi. Non hanno bisogno di permessi. Non hanno bisogno di una costituzione. Non hanno bisogno di agevolazioni fiscali.

Per quei dieci, la rivoluzione avrà già avuto successo.Dovrebbero essere preparati, comunque, all'indignazione dei loro

vicini.

Il tribalismo etnico non funzionerà per noi.

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Le tribù in cui abbiamo vissuto per i primi tre o quattro milioni di anni di vita umana erano gruppi etnici, famiglie estese con una lingua, delle leggi e delle usanze in comune. I loro confini sociali erano generalmente (ma non assolutamente) chiusi per i membri delle altre tribù. I prigionieri di guerra erano un'ovvia eccezione, ma un membro dei Sioux, per esempio, normalmente non poteva semplicemente decidere di diventare un Navajo. Poteva avvenire in circostanze eccezionali, di sicuro, ma l'integrità tribale ne avrebbe sofferto, se fosse diventata una regola generale. Rennie e io abbiamo collegamenti con il clan Quinn e con il clan MacKay (il suo), ma come la maggior parte dei membri di clan moderni, noi andiamo per la nostra strada e loro per la loro. Molto occasionalmente avverrà ciò che potrebbe essere considerata un'azione tribale in questi clan, ma nel mondo moderno nessuno si sorprende quando la gente si sente più vicina ad amici e colleghi che ai famigliari.

Ma non c'è nulla di sacrosanto nel tribalismo etnico. Il tipo di tribalismo che vediamo all'opera nel circo si è evoluto nello stesso modo del tribalismo etnico. Anche quello è il prodotto della selezione naturale, funziona altrettanto bene (a modo suo) del tribalismo etnico, e ci fornisce un modello perfettamente adattato alle circostanze urbane in cui la maggior parte di noi si trova a vivere.

Jeffrey.

In “My Ishmael” ho raccontato la vita di un giovane uomo di nome Jeffrey, liberamente ispirato a Paul Eppinger, il cui diario è stato pubblicato da suo padre con il titolo “Restless Mind, Quiet Thoughts” (“Mente inquieta, pensieri calmi”). Jeffrey era attraente, intelligente, gradevole e poliedrico, ma non riusciva a trovare nulla che volesse fare, a parte divertirsi con i suoi amici, scrivere il suo diario e suonare la chitarra. I suoi amici continuavano a esortarlo a trovare una direzione, avere delle ambizioni e occuparsi di qualcosa, ma naturalmente nessuna di queste cose dipende dalla volontà. Cominciò a credere ai suoi amici quando loro gli dicevano che era insolito – peculiare, perfino – nella sua mancanza di direzione. Alla fine, disperando di riuscire a trovare il significato che altri sembravano trovare così facilmente, si tolse tranquillamente e discreta-mente la vita.

Non sono rimasto sorpreso dall'avere notizia di molti giovani che si sentono esattamente come Jeffrey, che sanno che il mondo è pieno di cose

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che dovrebbero voler fare – e che immaginano che ci debba essere qualcosa di terribilmente sbagliato in loro perché non vogliono. Dato che mi sono preso la briga di studiare culture diverse dalla nostra, so che non c'è nulla di innatamente umano riguardo il voler “diventare qualcuno” o il voler “avanzare” o il voler avere una carriera, una professione o una vocazione. Nozioni come queste sono del tutto estranee alla maggior parte dei popoli aborigeni, che sembrano perfettamente soddisfatti di vivere proprio come voleva vivere Jeffrey – e perché non dovrebbero esserlo?

La tribù aperta.

Jeffrey è morto per mancanza di una tribù – ma non, naturalmente, per mancanza di una tribù etnica. I giovani spesso mi dicono che vogliono scappare per unirsi agli Yanomami brasiliani o agli Alawa australiani, e io devo spiegare che tribù simili non sono aperte a loro. Per quanto siano notoriamente ospitali, non possono permettersi di accogliere ogni ragazzo con gli occhi sgranati che si presenta alla loro soglia completamente privo delle tecniche di cui la tribù ha bisogno per sopravvivere.

Nel corso dei suoi vagabondaggi, Jeffrey è stato con persone che si guadagnavano da vivere in un modo o nell'altro – amici di famiglia, ex compagni di college, i loro genitori, e così via. Ma, non sorprendentemen-te, nessuno di loro si guadagnava da vivere in modo tribale; avevano lavori, professioni e carriere, ma queste cose erano svolte individualmente, quindi non c'era posto per Jeffrey. Non si guadagnavano da vivere in modo collettivo, quindi non c'era modo di estendere il loro modo di vivere a lui. Era condannato a rimanere per sempre un ospite, e gli ospiti (per quanto affascinanti) prima o poi finiscono per diventare indesiderati.

In un certo senso, Jeffrey non riusciva a trovare qualcuno che sapesse come dargli quel poco che voleva. Molti giovani vogliono altrettanto poco, e se lavoreranno insieme tribalmente potranno ottenerlo piuttosto facil-mente. Ogni tribù ha gli standard di vita che i suoi membri sono disposti a sostenere.

Le persone come Jeffrey hanno bisogno di vivere in un mondo di tribù, e un mondo di tribù aperte. E non sono soli in questo. Tutt'altro, credo.

I limiti dell'essere aperti.

Il circo è il modello perfetto di tribù aperta. Cose come nazionalità, lingua, razza, etnia, età, sesso, preferenze sessuali, opinioni politiche e

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credenze religiose non precluderanno l'accesso a nessuno che possa contribuire al benessere del circo, ma la sua apertura non è assoluta, naturalmente. Non è un rifugio per i senzatetto, per esempio; non accoglie persone altruisticamente. Il circo deve prendersi cura dei propri membri, oppure loro si uniranno a circhi più generosi. È questione di sopravviven-za. Una specie che non riesce a prendersi cura dei propri membri si estingue, e lo stesso vale per una tribù.

D'altro canto, un circo troppo altruista (per esempio, che accoglie persone che non contribuiscono al suo successo), presto ha difficoltà a guadagnarsi da vivere; comincia a tagliare i salari, ad abbassare gli standard di vita, a lesinare sulla qualità in ogni cosa – e comincia a perdere i propri membri più talentuosi.

I circhi che trovano un equilibrio efficace tra il successo economico e i bisogni della comunità rimangono in affari. I circhi che non trovano questo equilibrio, scompaiono.

Aziende non tribali.

Le aziende ordinarie non si accollano obblighi tribali. Non si “prendono cura” dei loro impiegati; farlo le costringerebbe a risolvere un'intera serie di problemi che non farebbero guadagnare loro nulla. Invece, esse pagano dei salari e si aspettano che i lavoratori si prendano cura di se stessi. Un lavoratore può prosperare con un salario che per un altro è insufficiente. Dal punto di vista dell'azienda, non c'è alcuna ingiustizia in questo se il salario era adeguato. Non è colpa dell'azienda se il secondo lavoratore ha una famiglia numerosa da sostentare o un genitore malato di cui prendersi cura – o semplicemente non è bravo a gestire i propri soldi. L'azienda può permettersi di essere spietata a riguardo; non rischia di perdere il secondo lavoratore, perché anche le altre aziende sono altrettanto spietate in questo aspetto.

Questo tacito accordo tra aziende sul limitare le proprie obbligazioni all'erogazione di una busta paga è precisamente ciò che dà alla nostra società la sua atmosfera carceraria. I lavoratori non hanno via d'uscita. Che cambino azienda o nazione, gli obblighi dei loro datori di lavoro finiscono con la busta paga (una situazione che ovviamente conviene molto ai datori di lavoro). Le prigioni sono sempre organizzate in modo da favorire i guardiani. C'è da aspettarselo. Nessuno pensa che le prigioni siano costruite per soddisfare i bisogni dei prigionieri, o che le aziende siano costruite per soddisfare i bisogni dei lavoratori.

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Entrare in una tribù significa uscire dalla prigione.

Ma in che modo ci rende innocui?

Avendo letto fino a questo punto, uno studente mi ha chiesto: “Adoro quello che sta dicendo, ma non vedo come allontanarci dalla civiltà ci potrebbe aiutare a vivere in modo 'innocuo quanto squali, tarantole e serpenti a sonagli', che è il punto di riferimento per il successo che ha stabilito in Ishmael.”

Penso che, come molte persone, questo studente sia più a proprio agio con l'idea di rinunciare a delle cose piuttosto che ottenerne. Si preoccupa che delle persone che vivono bene potrebbero vivere in modo meno irreprensibile di persone che negano se stesse. Individui ben intenzionati spesso vogliono sentire di star rinunciando a qualcosa, il che è naturale in una cultura dove tutti i sistemi etici e religiosi raccomandano l'automortifi-cazione. Nelle società gerarchiche è sempre una buona idea far sembrare la povertà una benedizione (e i ricchi in particolare si vantano sempre molto delle proprie austerità).

Se pensate che questo non sia più vero al giorno d'oggi, provate questo. Trovatemi un solo libro di testo delle scuole elementari o medie che proponga il diventare ricco come un valore. Essere ricco non viene mai proposto agli studenti come un ideale a cui aspirare. Cercate quanto volete, non troverete un singolo libro che dica: “Fate tanti soldi, così potrete avere il meglio di tutto – automobili esotiche, ville lussuose, yacht, servitori, vestiti su misura, gioielli stravaganti, viaggi in prima classe, e così via.” La nostra mitologia scolastica ufficiale è tanto affettata riguardo la ricchezza quanto lo è riguardo il sesso.

“La cultura del massimo danno”.

Le persone hanno vissuto in molti modi diversi su questo pianeta, ma circa diecimila anni fa apparve un popolo convinto che tutti dovessero vivere in un unico modo – il loro, che consideravano l'unico modo giusto. Dopo diecimila anni di duro lavoro, questo popolo, che io ho chiamato i Prendi, aveva conquistato ogni continente del pianeta e dominava il mondo completamente. Nel corso della loro espansione, i Prendi avevano sottomesso, inglobato, scacciato o eliminato ogni altra cultura e civiltà che avevano incontrato. Una volta che le civiltà del Nuovo Mondo furono distrutte, rimase solo una civiltà in tutto il pianeta – quella dei Prendi: la

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nostra. Da allora, “civiltà” è stata sinonimo della nostra civiltà.Attualmente, gli Stati Uniti rappresentano il punto più alto della

massima ricchezza che la nostra civiltà abbia mai raggiunto. Non esiste un luogo sulla Terra dove la gente abbia, usi o sprechi di più degli Stati Uniti d'America. Per quanto le altre nazioni non abbiano ancora raggiunto questo punto più elevato, bramano di farlo. Non hanno altro obiettivo. C'è solo un modo giusto di vivere per le persone, e gli abitanti degli Stati Uniti lo incarnano. Tutti nel mondo dovrebbero avere una casa, un'automobile, un computer, una televisione, un telefono, e così via – almeno uno, preferibilmente molti.

Questa è ciò che chiamo “la cultura del massimo danno”, una cultura in cui tutti cercano di raggiungere il punto di massima abbondanza (e in cui tutti cercano di spingere questo limite sempre più in alto).

Ma come possiamo contenere la loro espansione?

Mi è stato chiesto: “Se non cancelliamo totalmente lo stile di vita Prendi, non ricomincerà a espandersi di nuovo?”

Il Medioevo ha potuto rimanere l'Età della Fede solo finché la mitologia cristiana dominava le menti delle persone, dai servi ai sovrani. Dopo che quella mitologia fu superata e resa obsoleta durante il Rinascimento, divenne inconcepibile che una simile Età della Fede potesse verificarsi nuovamente. Non avverrà mai più che un'intera civiltà abbracci la visione che ha dominato il Medioevo.

Lo stesso vale per la mitologia Prendi. Una volta che sarà mostrata per quello che è – un insieme di velenose illusioni – non potrà più esercitare il potere che ha esercitato negli ultimi diecimila anni. Chi, sapendo che non esiste un unico modo giusto di vivere, brandirà la spada per diffondere la visione Prendi? Chi, sapendo che la civiltà non è l'invenzione definitiva e insuperabile dell'umanità, difenderà la gerarchizzazione come se fosse la più sacra delle istituzioni umane?

Ma gli ultimi faraoni, nella loro ira folle, non useranno i loro arsenali nucleari contro di noi?

Forse lo farebbero se potessero, ma dove ci troveranno se non vivendo accanto a loro, nelle loro stesse città? Forse il presidente, vedendo il proprio potere sfuggirgli di mano, bombarderà Washington D.C. per distruggere i popoli tribali che vivranno lì? Il governatore di New York bombarderà Manhattan?

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Qualcosa di meglio in cui sperare.

Dato che tutti i sei miliardi di membri della cultura del massimo danno stanno facendo di tutto per aumentare la propria ricchezza, non dovremmo essere allarmati solo dall'uno percento che vive come se fossero i signori dell'universo. Dobbiamo essere altrettanto allarmati dal novantanove percento che spera di arrivare a vivere come signori dell'universo. Probabilmente non saranno le pop star, i campioni sportivi e gli uomini d'affari miliardari a guidarci fuori dalla prigione che condividiamo con loro. È il resto di noi che deve trovare una via d'uscita, che deve scoprire qualcosa di meglio in cui sperare che abitare una cella foderata di zibellino accanto a Barbra Streisand, Michael Jordan o Donald Trump. Il mondo può sostentare alcuni milioni di faraoni, ma non può sostentarne sei miliardi.

“Qualcosa di meglio in cui sperare”... Per caso è un riferimento a ciò che ho chiamato “un'altra storia da interpretare” in Ishmael? È questo che intendevo quando ho detto che “la gente ha bisogno di una visione del mondo e di se stessi che li ispiri”? È questo che intendevo quando ho detto in The Story of B che “se il mondo verrà salvato, lo sarà perché le persone che ci vivranno avranno una nuova visione”?

Ma certo che lo è.

Un obiettivo intermedio: diventare meno dannosi.

In caso non sia evidente, sto ancora lavorando sulla domanda del mio studente: “Come può allontanarci dalla civiltà aiutarci a vivere in modo innocuo quanto squali, tarantole e serpenti a sonagli?” Ogni movimento oltre la civiltà rappresenta un allontanamento dalla cultura del massimo danno e quindi riduce la tua nocività. Oltrepassare i muri della prigione non ti renderà istantaneamente innocuo quanto uno squalo, una tarantola o un serpente a sonagli, ma ti sposterà istantaneamente in quella direzione.

Guardatela in questo modo: nessuno spostamento oltre la civiltà risulterà mai in un danno maggiore. Se volete fare danni, dovete continuare con la civiltà. È solo all'interno di quello stile di vita che potete bruciare diecimila galloni di carburante aereo solo per pranzare nel vostro ristorante preferito a Parigi. È solo all'interno di quello stile di vita che potete disinvoltamente far saltare in aria una barriera corallina solo perché vi intralcia.

Spostarsi oltre la civiltà automaticamente limita l'accesso agli strumenti

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necessari per fare danni. I membri del Circo Flora non costruiranno mai un bombardiere Stealth e non apriranno mai un'acciaieria – non solo perché non vogliono ma perché se anche volessero, non avrebbero gli strumenti necessari. Per avere accesso agli strumenti, dovrebbero lasciare il circo e trovare nuovi posti per se stessi nella cultura del massimo danno.

Ma essere “meno dannosi” è sufficiente?

Per quanto sia un inizio positivo e necessario, essere meno dannosi non è sufficiente. Siamo nel bel mezzo di una “corsa al cibo” più letale per noi e per il mondo intorno a noi di quanto lo fosse la corsa agli armamenti della Guerra Fredda. Questa è una corsa tra la produzione di cibo e la crescita della popolazione. I seguaci odierni dell'economista inglese Thomas Malthus (1766-1834), come quelli passati, vedono il produrre abbastanza cibo per sfamare la nostra popolazione come una “vittoria”, proprio come gli americani durante la Guerra Fredda vedevano il produrre abbastanza armi da distruggere l'Unione Sovietica come una “vittoria”. Non riescono a vedere che, proprio come ogni “vittoria” americana causava una corrispondente “vittoria” sovietica, ogni “vittoria” nella produzione di cibo causa una corrispondente “vittoria” nella crescita della popolazione.

Attualmente, la nostra corsa al cibo sta rapidamente convertendo la biomassa del nostro pianeta in massa umana. Questo è ciò che avviene quando disboschiamo un territorio selvatico e lo convertiamo in campi di cibo umano. Quel territorio stava sostentando una biomassa comprendente centinaia di migliaia di specie e decine di milioni di esemplari. Ora tutta la produttività di quel territorio sta venendo trasformata in massa umana, letteralmente in carne umana. Ogni giorno in tutto il mondo la diversità sta scomparendo mentre sempre più della biomassa del nostro pianeta viene convertita in massa umana. Questo è ciò che comporta la corsa al cibo. È esattamente questo il risultato che ottiene: ogni anno converte sempre più della biomassa del nostro pianeta in massa umana.

Far cessare la corsa al cibo.

La corsa agli armamenti poteva concludersi solo in due modi: o con una catastrofe nucleare o con l'abbandono. Fortunatamente è avvenuta la seconda di queste cose. I sovietici si chiamarono fuori e non ci fu nessuna catastrofe.

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Lo stesso vale per la corsa tra cibo e popolazione. Può finire con una catastrofe, quando semplicemente troppa della biomassa del nostro pianeta sarà convertita in massa umana e i sistemi ecologici fondamentali collasseranno, ma non deve necessariamente finire così. Può finire come è finita la corsa agli armamenti, con la gente che si è limitata ad abbandonarla. Possiamo dire: “Ora comprendiamo che non ci può essere alcuna vittoria definitiva del cibo sulla popolazione. Questo perché ogni singola vittoria dal lato del cibo provoca una vittoria dal lato della popolazione. Deve essere in questo modo, è sempre stato così e possiamo vedere che non smetterà mai di funzionare in questo modo.”

Ma questo non avverrà solo grazie a queste parole – e nemmeno grazie alle migliaia che ho dedicato all'argomento nei miei altri libri e discorsi. Questo argomento sfida la nostra mitologia culturale al livello più profondo che esista – un livello molto più profondo di quanto immaginavo quando pensavo di poter risolvere la questione in poche pagine di Ishmael. Questo è il micidiale Minotauro mangiatore di uomini al centro del labirinto della nostra cultura... Ben oltre la portata della spedizione corrente.

100 anni oltre la civiltà.

Le persone vivranno ancora qui fra cento anni se cominceremo a vivere in un nuovo modo, e presto.

Altrimenti, no.Ma come ci arriveremo, e come sarà? Gli utopisti non riescono ad

abbandonare l'idea che delle persone più dolci, gentili e amorevoli ci sostituiranno. Io preferisco guardare a ciò che ha funzionato per milioni di anni per le persone come sono realmente. La santità non era richiesta.

Proiettandoci nel futuro: man mano che la gente comincia a oltrepassare le mura della prigione, nei primi decenni del nuovo millennio, i nostri guardiani sociali sono inizialmente allarmati, interpretando questo avvenimento come l'inizio della fine della civiltà-come-la-conosciamo. Cercano di innalzare le mura con filo spinato sociale ed economico, ma si accorgono rapidamente di come ciò sia inutile. La gente continuerà a trascinare pietre se è convinta che non esista altro modo di vivere, ma una volta che un'altra strada viene aperta, nulla può impedirle di disertare. Inizialmente, i disertori si guadagnano da vivere grazie ai trascinatori di pietre, proprio come fa il circo oggi. Con il tempo, comunque, divengono sempre meno dipendenti dai trascinatori di pietre. Interagiscono sempre

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più gli uni con gli altri, costruendo la propria economia intertribale.Dopo cento anni, la civiltà è ridotta a circa la metà delle sue attuali

dimensioni. Metà della popolazione globale appartiene ancora alla cultura del massimo danno, ma l'altra metà, vivendo tribalmente, si gode uno stile di vita più modesto, volto a ottenere di più di quello che le persone desiderano (anziché ottenere solamente di più).

200 anni oltre la civiltà.

Gradualmente l'equilibrio del potere economico si sposta tra la “civiltà” (ormai quasi sempre tra virgolette) e il territorio circostante “oltre la civiltà”. Sempre più persone stanno notando di poter scambiare una moltitudine di cose che in fondo non vogliono davvero (potere, status sociale e cosiddette amenità, comfort e lussi) per cose che invece desiderano profondamente (sicurezza, un lavoro con un significato, più tempo libero ed equità sociale – tutti prodotti dello stile di vita tribale). “L'economia”, non più legata a un mercato in continua espansione, è diventata una questione sempre più locale, man mano che le compagnie e le aziende globali e multinazionali perdono lentamente la loro ragione di esistere.

Dopo duecento anni, la cosa che chiamiamo “civiltà” è stata lasciata indietro e sembra bizzarra e obsoleta come la teocrazia di Oliver Cromwell. Le città sono ancora lì – dove dovrebbero andare? – così come le arti, le scienze e la tecnologia, ma non sono più strumenti e personifica-zioni della cultura del massimo danno.

Non indulgo in queste speculazioni per poter affermare di avere poteri profetici. Le getto in acqua per mostrarvi a che punto dello stagno sto mirando... e per lasciarci seguire le onde indietro fino alle coste del presente.

Ma dov'è esattamente “oltre”?

Nello scenario utopistico classico, voi radunate i vostri amici, vi equipaggiate con attrezzi agricoli e trovate un pezzetto di paradiso selvaggio in cui poter fuggire per lasciarvi tutto alle spalle. L'attrazione per questa stanca, vecchia fantasia risiede nel fatto che non richiede fantasia (essendo già preconfezionata), può venir messa in pratica da quasi tutti con gli attrezzi adatti e a volte funziona davvero per più di qualche mese. Proporla come soluzione generale per sei miliardi di persone stabilirebbe

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un nuovo record di stupidità.La civiltà non è un territorio geografico, è un territorio sociale ed

economico dove i faraoni regnano e le piramidi vengono costruite dalle masse. Similmente, quello “oltre la civiltà” non è un territorio geografico, ma un territorio sociale ed economico dove la gente in tribù aperte persegue obiettivi che potrebbero o meno essere definiti “civilizzati”.

Non c'è bisogno di andare da qualche parte per andare oltre la civiltà. Bisogna solo cominciare a vivere in modo diverso.

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PARTE CINQUE

La Tribù del Corvo

Già,be',

è piuttosto solitarioanche sul fondo.Joseph Chassler.

Pionieri riluttanti.

Secondo stime prudenti, in ogni momento esistono circa mezzo milione di individui negli Stati Uniti che sono stati gettati oltre la civiltà in un limbo sociale ed economico che oggigiorno viene definito “essere senza fissa dimora” o “essere un senzatetto”. Il che è poco più di un eufemismo per “povertà”, dato che porta l'attenzione sulla particolare forma che la povertà assume nelle città ipermoderne, che potrebbero essere definite come città in cui lo spazio è così prezioso che non ne avanza neanche un centimetro per i poveri. Con la completa scomparsa delle case a basso costo, non c'è semplicemente spazio abitabile per i poveri in queste città.

Diverse correnti distinte si uniscono nel fiume dei senzatetto. Una comprende i malati mentali, che si sono riversati nelle strade quando la deistituzionalizzazione andava di moda negli anni Settanta. Un'altra comprende lavoratori semi o non qualificati i cui lavori sono stati esportati in nazioni dove sono più economici o sono stati resi superflui dall'automa-zione o da tagli al personale. Un'altra consiste di coloro che negli anni Cinquanta o Sessanta sarebbero stati chiamati gli “svantaggiati” – donne e bambini abbandonati, vittime di pregiudizi etnici o razziali, individui privi di educazione e di addestramento e costantemente disoccupati. Tutte queste categorie sono percepite come vittime o come poveri “degni” di esseri aiutati. Altre categorie di senzatetto sono i fuggitivi, i tossicodipen-denti, i barboni, gli alcolizzati e i vagabondi che, dato che hanno apparentemente “scelto” di essere dei senzatetto, sono poveri “indegni” di aiuto.

Far scomparire i senzatetto.

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I pubblici ufficiali (riflettendo i desideri inespressi dei loro costituenti) naturalmente vogliono che i senzatetto scompaiano. Non si tratta di crudeltà. Viene dato per scontato che i senzatetto vogliano scomparire (almeno i poveri “degni” tra di loro) – trovandosi un lavoro e una casa e ricominciando una vita “normale”. Il compito delle istituzioni è quindi di aiutare, incoraggiare e spingere i senzatetto a riottenere una vita normale. La cosa più importante è che non si faccia nulla che incoraggi i senzatetto a rimanere senzatetto. In breve, essere un senzatetto deve essere resa un'esperienza il più possibile difficile, degradante e dolorosa, e potete star sicuri che i nostri guardiani pubblici sanno molto bene come farlo.

Naturalmente il pubblico vuole rifugi per senzatetto, ma non ci si aspetta che siano accoglienti; nessuno dovrebbe volerci rimanere. Se i senzatetto cominciassero a rimanere nei rifugi a tempo indeterminato, questo sconfiggerebbe lo scopo ultimo, ossia spingerli a non essere più dei senzatetto. Evitando a tutti i costi i rifugi “ufficiali”, i senzatetto trovano riparo quasi ovunque – in vicoli, parchi, tunnel, edifici abbandonati, sotto i ponti, e così via. La polizia deve rastrellarli da queste aree regolarmente, perché se i senzatetto si dovessero sentire a loro agio da qualche parte, che motivo avrebbero di smettere di essere senzatetto? Rendere e mantenere i senzatetto il più miserabili possibile viene visto come una sorta di “amore severo” – la cosa migliore che possiamo fare per loro.

L'unico problema è che, per qualche strano motivo, non funziona minimamente.

Se non ha funzionato l'anno scorso...

La più grande scoperta che ogni antropologo alieno potrebbe fare sulla nostra cultura è la nostra reazione al fallimento: se non ha funzionato l'anno scorso, facciamolo DI NUOVO quest'anno (e se possibile, facciamone DI PIU').

Ogni anno creiamo nuove leggi, assumiamo più ufficiali di polizia, costruiamo più prigioni e condanniamo più criminali per più tempo – tutto senza avvicinarci minimamente a “sconfiggere” il crimine. Non ha funzionato l'anno scorso o l'anno prima o l'anno prima ancora o quello ancora prima, ma potete star sicuri che ci proveremo di nuovo quest'anno, sapendo senza ombra di dubbio che non funzionerà neanche stavolta.

Ogni anno spendiamo più denaro per le nostre scuole, sperando di “aggiustare” qualunque cosa non vada in esse, e ogni anno le scuole

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rimangono testardamente difettose. Spendere soldi non ha funzionato l'anno scorso o l'anno prima o l'anno prima ancora o quello ancora prima, ma potete star sicuri che ci proveremo di nuovo quest'anno, sapendo senza ombra di dubbio che non funzionerà neanche stavolta.

Ogni anno cerchiamo di far scomparire i senzatetto, e ogni anno i senzatetto restano con noi. Non siamo riusciti a restituire loro una vita “normale” l'anno scorso o l'anno prima o l'anno prima ancora o quello ancora prima, ma potete star sicuri che ci proveremo di nuovo quest'anno, sapendo senza ombra di dubbio che non funzionerà neanche stavolta.

Una nuova regola per nuove menti.

Per trovare una reazione al fallimento migliore di questa non serve (come si dice) essere dei geni. Io la esprimerei in questo modo: se non ha funzionato l'anno scorso o l'anno prima o l'anno prima ancora o quello ancora prima – od ogni anno a memoria d'uomo – allora PROVIAMO QUALCOSA DI DIVERSO.

Crediamo fermamente nell'affrontare i problemi con un approccio militare. Dichiariamo “guerra” alla povertà. Quando questo fallisce, di-chiariamo “guerra” alla droga. “Combattiamo” il crimine. “Combattiamo” il fenomeno dei senzatetto. “Combattiamo” la fame nel mondo. Giuriamo di “sconfiggere” l'AIDS.

Gli ingegneri non possono permettersi di fallire costantemente come politici o burocrati, quindi preferiscono l'accondiscendenza alla resistenza (come me). Per esempio, sanno che nessuna struttura può essere resa tanto rigida da resistere a un terremoto. Quindi, anziché sfidare il potere del terremoto costruendo edifici il più rigidi possibile, accondiscendono costruendo edifici flessibili. Accondiscendere non significa arrendersi, ma accettare la realtà. Gli edifici a prova di terremoto sopravvivono non sconfiggendo il potere del terremoto, ma riconoscendolo e gestendolo.

Quando qualcuno sarà abbastanza coraggioso da gestire il fenomeno dei senzatetto in questo modo, riconoscendolo e avvicinandocisi anziché combattendolo, cominceranno ad accadere delle cose notevoli in quel luogo – e non solo per i senzatetto.

Ascoltando i senzatetto.

Un elemento dell'avvicinarsi al fenomeno dei senzatetto è costituito dall'accettare il fatto che i poveri sceglieranno invariabilmente l'alternativa

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meno peggiore a loro disposizione. Se li trovate a vivere sotto un ponte anziché in un bel rifugio pulito a un isolato di distanza, potete star sicuri che non hanno commesso un errore – dal loro punto di vista. Le procedure di ammissione per il rifugio possono essere intollerabilmente invadenti, arbitrarie o umilianti, oppure le sue regole possono essere draconiane. Qualunque sia la ragione, i disagi del vivere sotto a un ponte sono più sopportabili. Naturalmente, l'alternativa meno peggiore per un individuo non è necessariamente la meno peggiore anche per un altro. La gente che vive per strada a New York City vi dirà che c'è così tanto cibo in giro che è quasi impossibile morire di fame. Tuttavia, ci sono alcuni che preferiscono allontanarsi da quel mondo di abbondanza e restare profondamente sottoterra, dove c'è molta selvaggina fresca (una volta che ci si abitua all'idea di cacciare, uccidere e cucinare ratti).

Un altro elemento dell'avvicinarsi al fenomeno dei senzatetto è costituito dall'accettare il fatto che i senzatetto comprendono la propria situazione, non necessariamente nello stesso modo di un sociologo, di un economista o di un pianificatore urbano, ma piuttosto da un punto di vista pratico e personale. Potranno non essere in grado di discutere del processo di deindustrializzazione, ma sanno che la gente che ordina loro con arroganza di “trovarsi un lavoro” vive nella terra dei sogni e immagina un mondo del lavoro che non esiste più da decenni.

Il fenomeno dei senzatetto è un terremoto?

Un naufrago in mezzo al mare stava affondando per la terza volta quando vide una nave di passaggio. Raccogliendo le ultime forze, agitò freneticamente la mano e chiamò aiuto. Qualcuno a bordo lo squadrò sdegnosamente e gli urlò di rimando: “Trovati una barca!”

Lo scienziato sociale Peter Marcuse ha scritto: “Il fenomeno dei senzatetto ispira non solo la realizzazione intellettuale che gli ingranaggi del sistema hanno in qualche modo fallito nel fornire a tutti il rifugio basilare di cui hanno bisogno, ma soprattutto la realizzazione sociale che il sistema ha raggiunto un qualche limite che non può oltrepassare, ha creato un mondo che non può più controllare.” (Enfasi aggiunta.)

Mi piace questa citazione perché il riferimento agli “ingranaggi del sistema” si adatta perfettamente alla mia analogia ingegneristica. Questo macchinario ha creato un mondo abitato da persone che non può più controllare. Traducendo tutto questo nel mio sistema metaforico, Marcuse sta dicendo che i senzatetto sono stati spinti in una terra di nessuno sociale

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ed economica oltre la civiltà. E quando quel macchinario si attiva per provare a riportare i senzatetto dove dovrebbero essere, fallisce – ripetutamente e invariabilmente.

Il guru della tecnologia Jacques Attali ha annunciato la fine dell'era della classe lavoratrice. “Le macchine sono il nuovo proletariato”, ha detto. “La classe lavoratrice sta venendo licenziata.” Ma sappiamo tutti che non c'è posto per i non-lavoratori nella struttura chiamata “civiltà”. Quindi dove dovrebbero andare questi lavoratori licenziati, se non oltre questa struttura?

Come si potrebbe accondiscendere?

Sappiamo come si “combatte” il fenomeno dei senzatetto. Attacchiamo su due fronti. Da un lato, per esempio, apriamo rifugi per senzatetto ma (dato che non vogliamo che ci rimangano) li rendiamo il più scomodi possibile. Dall'altro lato, creiamo leggi che criminalizzano coloro che non stanno nei rifugi. Queste leggi autorizzano (od obbligano) la polizia a infastidire i senzatetto, che sono “fuori posto”, che si trovano dove non vogliamo che siano. Finché i senzatetto non si daranno una regolata, non si troveranno un lavoro e in qualche modo non si eleveranno magicamente nella classe media americana, il gioco continuerà ad essere “Testa vinciamo noi, croce perdete voi.”

Accettare i senzatetto darebbe l'impressione di aiutare i senzatetto ad avere successo MENTRE sono senzatetto. Che idea! Posso quasi sentire gli ululati oltraggiati sia dei liberali che dei conservatori che accolgono un concetto simile. Aiutare la gente a essere senzatetto? Noi vogliamo che falliscano in questo! (Così torneranno nel flusso principale.)

Il primo passo nell'accondiscendere ai senzatetto sarebbe di decrimina-lizzarli e deregolarli. Possiamo allegramente deregolarizzare industrie da trilioni di dollari capaci di danni immensi, ma deregolarizzare i relativamente innocui senzatetto – che idea! Gli ufficiali di istituzioni di risparmio e di credito deregolarizzate possono averci truffato per miliardi, ma almeno non vagano per le strade vestiti di stracci!

Lasciare che si trovino una casa da soli.

Regolarizzare e criminalizzare i senzatetto equivale a sfidare i terremoti con edifici rigidi. Deregolarizzare e decriminalizzare i senzatetto equivale a riconoscere che “il sistema ha creato un mondo che non può più

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controllare”. Dovremmo abbandonare i tentativi di controllare il fenomeno dei senzatetto, quindi, perché è oltre il nostro controllo, come i terremoti. Dato che non possiamo sconfiggerlo, dovremmo imparare a gestirlo il meglio possibile.

Ci sono migliaia di chilometri di tunnel abitabili e inutilizzati sotto Manhattan che sono interdetti ai senzatetto per un'unica ragione: che potrebbero cercare di viverci. I senzatetto cercano davvero di viverci, quindi si ritiene che scacciarli sia il dovere delle istituzioni. Esse spiegano che nessuno “dovrebbe” vivere in quei tunnel. Non sono stati progettati come spazi abitabili. Non sono sicuri. Non sono salubri. Non sono igienici. Ciononostante, alcuni senzatetto preferirebbero vivere in quei tunnel che negli androni dei palazzi o sotto i ponti.

Anziché mandare la polizia a scacciare i senzatetto dai tunnel, le istituzioni dovrebbero mandarci degli ingegneri cittadini che chiedessero quali servizi la città potrebbe fornire per migliorarne le condizioni. Ciò che si sentirebbero rispondere è: “Ci serve aiuto con l'igiene, con l'acqua, con l'elettricità.”

Non cerchiamo di indirizzare i senzatetto in luoghi che noi troviamo adatti. Aiutiamoli a vivere in luoghi che loro trovano adatti.

Lasciare che si sfamino.

Proprio come vogliamo negare ai senzatetto la possibilità di rifugiarsi in tunnel, edifici abbandonati e baracche sotto i ponti, vogliamo anche negare loro l'accesso all'enorme quantità di cibo perfettamente commesti-bile che viene scartato ogni giorno nelle nostre città. Alcuni ristoranti hanno adottato la pratica di cospargere il cibo scartato con ammoniaca per renderlo immangiabile. Altri hanno installato lucchetti sui loro cassonetti. Immaginate invece se aiutassimo i senzatetto a organizzare dei sistemi per distribuire questo cibo, la maggior parte del quale attualmente finisce per marcire nelle discariche.

O, ancora meglio, immaginate l'oltraggio che una proposta simile causerebbe nei bravi cittadini delle nostre città. Quanto orribile (perfino immorale!) sembrerebbe loro il permettere a una categoria di “perdi-giorno” di vivere di ciò che non ci serve o che non vogliamo più. Non solo permetteremmo un simile stile di vita, ma lo incoraggeremmo – lo faciliteremmo! – quando invece dovremmo combatterlo, sradicarlo!

Lasciare che si guadagnino da vivere.

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Nella nostra cultura, per qualche strano motivo, insegniamo ai bambini a disprezzare gli animali saprofagi, gli spazzini. Le prede e i predatori sono eroici, ma gli spazzini sono degni solo di disprezzo. La verità è che il nostro mondo sarebbe invivibile senza gli spazzini. Saremmo sommersi dai cadaveri. Gli spazzini si guadagnano da vivere liberando il mondo dei suoi rifiuti biologici. Anziché maledirli, dovremmo benedirli. Al momento, la maggior parte degli animali uccisi dalle automobili viene fatta sparire da uccelli come corvi e avvoltoi. Se questi uccelli si dovessero mai estinguere, dovremmo assumerci noi questo compito. Dovremmo pagare di tasca nostra per ciò che questi spazzini attualmente fanno per noi a costo zero.

L'unico modo di vivere “onesto” disponibile ai senzatetto è general-mente vivere di rifiuti – e generalmente loro sono più che disposti a vivere in questo modo. È un lavoro che possono svolgere senza avere un indirizzo, sottomettersi alla supervisione altrui, timbrare il cartellino o mantenere un guardaroba di vestiti socialmente approvati – e hanno un orario flessibilissimo.

David Wagner ha descritto come squadre di alcolizzati lavorino insieme per rimuovere il rame vendibile dagli edifici abbandonati nella città nordica dove ha svolto il proprio studio. Naturalmente questo è illegale, anche se il rame andrebbe altrimenti perduto. Anziché ostacolare questo tipo di attività il più possibile, perché non facilitarlo? Enormi quantità di materiali potrebbero venire recuperate e riciclate in questo modo, il che ci permetterebbe non solo di conservare risorse ma anche di ridurre la quantità di materiali che finiscono nelle discariche e diventano rifiuti tossici.

Lascia andare il mio popolo!

I senzatetto sono “oltre la civiltà” perché sono oltre la portata della sua gerarchia, che si è rivelata incapace di sviluppare un'estensione strutturale in grado di includerli. Il massimo che riesce a fare è opprimerli, tormentarli e ostacolarli. Accondiscendere ai senzatetto significherebbe “lasciarli andare”, proprio come il faraone biblico lasciò andare gli Israeliti. Sto dicendo che i senzatetto vogliono veramente essere senzatet-to? Non esattamente. Alcuni sono senzatetto “a tempo determinato” che sono finiti per la strada a causa di un momento sfortunato e vogliono solo tornare sulla strada del successo medioborghese. Nessuna delle mie proposte glielo renderebbe più difficile. Il resto vive per strada non

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necessariamente perché amano essere senzatetto, ma perché le alternative sono peggiori – istituzionalizzazione, abusi famigliari, sistemi di affida-mento ciechi o indifferenti ai loro bisogni, lavori che non offrono vere speranze di elevazione sociale.

Sta di fatto, comunque, che molti che inizialmente diventano senzatetto contro la loro volontà in seguito acquistano una prospettiva diversa a riguardo.

“Mi piace com'è la mia vita adesso.”

Questo è ciò che un abitatore di tunnel ha detto alla giornalista Jennifer Toth. E ha continuato: “Sono indipendente e faccio quello che voglio. Non è che sono pigro o che non voglio lavorare. La maggior parte dei giorni cammino per tutta la città per raccogliere lattine. Questa è la vita che voglio.” Un altro abitatore di tunnel ha raccontato di essere stato rintracciato dal fratello, che voleva aiutarlo a tornare a una vita normale. “Mi ha offerto diecimila dollari. Semplicemente non capiva. Qui è dove voglio essere, ora come ora. Forse non per sempre, ma per adesso sì.”

Uno dei soggetti di David Wagner, in fuga da costanti maltrattamenti domestici, scoprì che la vita di strada “era forte. Dormivo dove volevo. Frequentavo gente, bevevo. Ero libero come un uccello.” Secondo un altro, scappato da degli abusi domestici a dodici anni, “non era affatto male. Ho viaggiato, sono arrivato fino alla costa, a sud. Era grandioso e non mi voltavo mai indietro, non importava cosa succedeva.”

Perfino quando la strada è solo l'alternativa meno orribile, la gente spesso sente di avere più sostegno lì che a casa. Uno scappato di casa, descrivendo i suoi amici di strada a Katherine Coleman Lundy, ha detto: “Se hanno bisogno di cibo, di qualche dollaro, io gli do qualche dollaro... Ogni volta che io ho bisogno di qualcosa, se mi serve e loro ce l'hanno, me la danno.” Un fuggitivo ha detto a Jennifer Toth: “Otteniamo un vero sostegno l'uno dall'altro, non solo per un'ora da qualche assistente sociale, ma da gente a cui importa e che capisce veramente.”

Cosa ne verrebbe fuori?

Se lasciassimo che i senzatetto si trovassero i propri rifugi e li aiutassimo ad abilitare quei luoghi (anziché rastrellarli via ogni volta che si stabiliscono da qualche parte), se indirizzassimo verso di loro le vaste quantità di cibo che vengono scartate ogni giorno (anziché forzarli a

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elemosinare cibo nei rifugi), se li aiutassimo attivamente a vivere secondo le loro preferenze (anziché secondo le nostre), provate a pensarci – i senzatetto cesserebbero largamente di essere un “problema”. Diventereb-bero qualcosa per cui abbiamo sempre lavorato nelle nostre città, come la manutenzione stradale. Le nostre strade non verranno mai “aggiustate” una volta per tutte. Continueranno a usurarsi per sempre – e noi continueremo ad aggiustarle per sempre. Non pensiamo alla manutenzione stradale come a un “problema”, perché è qualcosa che abbiamo accettato. Se accettassi-mo i senzatetto, allora noi e i senzatetto (per una volta) lavoreremmo insieme anziché gli uni contro gli altri. Mantenere la gente nutrita, protetta e con un rifugio diventerebbe una preoccupazione e un compito comune.

Accettare i senzatetto non significherebbe far scomparire accattoni, mendicanti e ubriaconi – così come effettuare manutenzione stradale non significa far scomparire buche e ingorghi. Accettare i senzatetto (come per i terremoti) significa guardare in faccia la realtà e gestirla, non significa cancellarla.

Non sono COMPLETAMENTE solo!

Verso la fine del suo studio sui senzatetto, Checkerboard Square: Culture and Resistance in a Homeless Community, David Wagner ha scritto:

“Cosa accadrebbe se ai senzatetto... venissero offerte opportunità di mobilità e risorse collettive, anziché scrutinio, sorveglianza e trattamento individuali? Cosa accadrebbe se le fitte reti sociali e le coese subculture che costituiscono la comunità dei senzatetto venissero usate da avvocati, operatori sociali e altri? Cosa accadrebbe se si potessero fornire degli alloggi geograficamente vicini alle aree dove i gruppi di strada si radunano, alloggi di buona qualità che non richiedono di lasciare il gruppo ma che possono venire condivisi con gli amici di strada... Cosa accadrebbe se i benefici sociali venissero distribuiti non individualmente ma colletti-vamente, cosicché cibo, riparo e altri beni verrebbero dati a un intero gruppo di persone e non a singoli individui? Ossia, uno non dovrebbe aspettare per ore, fornire ogni aspetto della propria vita e continuare a recarsi in un ufficio governativo regolarmente per essere ricertificato, ma otterrebbe un permesso collettivo in quanto parte di un gruppo di persone senzatetto (o altri gruppi di indigenti).”

Tutte queste proposte (che perfino Wagner ammette essere radicali) rappresentano un'accettazione della realtà dei senzatetto. Sono pensate in

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modo da aiutare i senzatetto a vivere decentemente mentre sono senzatetto – e a vivere come vogliono vivere (anziché come gli ufficiali governativi pensano che dovrebbero vivere).

Obiezioni.

L'idea di accondiscendere al fenomeno dei senzatetto scatenerà obiezioni da ogni parte. I liberali la percepiranno come un “arrendersi”, ma questo sarebbe come dire che accettare e gestire il degrado stradale significa rinunciare alle strade. Accettare i senzatetto significa ascoltare i poveri che pensano di potersi prendere cura di se stessi – con l'aiuto che vogliono anziché l'aiuto che i “rispettabilmente domiciliati” pensano che dovrebbero avere.

Dall'altro capo dello spettro politico, i conservatori percepiranno l'accondiscendere al fenomeno dei senzatetto come un viziare dei fannulloni, che dovrebbero invece essere puniti e disciplinati finché non si trovano un lavoro. Alla fine forse capiranno che sarebbe come aiutare un povero pescatore a mettere insieme dell'attrezzatura da pesca, anziché dargli del pesce da mangiare.

Le obiezioni delle istituzioni ufficiali comunque saranno le più rumorose, perché le loro motivazioni vanno oltre le semplici questioni di principio. Molte persone si guadagnano da vivere “combattendo” il problema dei senzatetto, e vedranno la sua scomparsa come una minaccia alla propria sopravvivenza (per quanto naturalmente non saranno tanto sciocchi da metterla in questo modo).

Nel 1998, a Los Angeles, rubare un carrello della spesa ti avrebbe procurato una multa di mille dollari e cento giorni dietro le sbarre. Quando un donatore anonimo fece in modo di distribuire cento carrelli della spesa “legittimi” ai senzatetto, gli ufficiali si immusonirono e lo definirono “ben intenzionato ma maldestro”.

L'obiezione più eloquente di tutte.

Accettare il fenomeno dei senzatetto – permettere davvero ai poveri di vivere per strada – aprirebbe i cancelli della prigione della nostra cultura. I miserabili e gli scontenti ne sgorgherebbero fuori. Sarebbe il primo grande movimento di persone verso quella terra di nessuno sociale ed economica che io chiamo “oltre la civiltà”.

La Tribù del Corvo, non più oppressa, crescerebbe – forse in maniera

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esplosiva.Non vogliamo che succeda una cosa simile, vero? Buon Dio, no.Sarebbe caotico. Potrebbe perfino essere eccitante.Carlos, che dopo essere scappato di casa viveva sotto una grata

allentata nel Riverside Park di Manhattan, ha detto a Jennifer Toth: “Vorrei cambiare il mondo in modo che ci fosse un posto per noi. Un bel posto dove potremmo avere vera libertà, e non vivere in un buco.”

Abbiamo idee pericolose, qui... un posto per i senzatetto... un bel posto... vera libertà... non in un buco.

Mettete più guardie sulle mura. Rinforzate i cancelli.

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PARTE SEI

La Nuova Rivoluzione Tribale

Non si cambiano mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, devi costruire un nuovo modello che renda il modello

attuale obsoleto.Buckminster Fuller.

Le tracce dei nostri antenati sono state spazzate via dalla Grande Amnesia. Non sta a noi ridisegnare quelle tracce precise, ma disegnarne

delle nostre, altrettanto originali.Carl Cole, diciannove anni.

La Tribù del Corvo – e altre.

Grazie a suo padre, Jeffrey poté vivere come un vagabondo senza nemmeno venire stigmatizzato come “senzatetto”. Non aveva chiaramente alcun interesse nel lavorare, ma nessuno gli disse mai “Trovati un lavoro!”, perché non ebbe mai bisogno di tendere le mani per chiedere aiuto. Può darsi che sia stato troppo fortunato per il suo stesso bene, perché se fosse stato davvero un senzatetto avrebbe potuto trovare il proprio posto nel mondo come membro della Tribù del Corvo.

Ma naturalmente questa tribù non è per tutti.

Quando ho descritto per la prima volta la Nuova Rivoluzione Tribale in My Ishmael, ero più o meno come un astronomo che descriveva un pianeta la cui esistenza era stata dedotta ma non ancora osservata da nessuno. Se me l'avessero chiesto, non avrei potuto fornire un solo esempio di ciò di cui stavo parlando. Solo dopo aver passato un anno a brancolare nel buio mi è venuto in mente che il circo (che avevo usato come un altro tipo di modello in Providence: The Story of a Fifty-Year Vision Quest) è effettivamente organizzato in un modo autenticamente tribale. (E ho in seguito aggiunto questo esempio alle successive edizioni di My Ishmael.)

Ma anche così: solo un esempio?Dopo aver brancolato nel buio per altri mesi, mi sono accorto di essere

ossessionato dal modello tribale etnico, progettato in modo da rendere un

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gruppo di sessanta o settanta individui completamente autosufficiente. Stavo considerando dimensioni e struttura e dimenticando i benefici.

Lo East Mountain News.

Appena cominciai a considerare il problema da un diverso punto di vista, mi accorsi che Rennie, io e altre due persone una volta (senza rendercene conto) ci eravamo guadagnati da vivere in modo autentica-mente tribale, stampando lo East Mountain News in una vasta area a est di Albuquerque, nel New Mexico. Rennie e io avevamo fondato il giornale come una speculazione imprenditoriale virtualmente privi di capitale. Dopo aver stampato un paio di numeri ci arrivò una telefonata di Hap Veerkamp, un anziano giornalista in pensionamento forzato (perché nessuno era disposto ad assumerlo alla sua età). Disse che poteva fare letteralmente qualunque cosa in un giornale – a parte vendere spazi pubblicitari. Noi gli dicemmo che ci sarebbe piaciuto molto avere le sue storie e le sue fotografie, ma se non avessimo trovato qualcuno in grado di vendere della pubblicità, saremmo andati in bancarotta molto in fretta. Lui disse che avrebbe fatto un tentativo. Poche settimane dopo, ci contattò C.J. Harper, una giovane donna che voleva disperatamente essere una scrittrice e che aveva un'idea per una colonna che avremmo potuto gradire. Ci piacque la colonna e ci piacque lei. La domanda successiva fu: “Puoi vendere spazi pubblicitari?”

“Posso vendere qualunque cosa”, disse lei.

Perché funzionò.

Improvvisamente fummo in affari – in un modo modesto. Nessuno di noi percepiva un salario. Alla fine della settimana, quando il numero era stato pubblicato, Rennie si sedeva con C.J. e Hap e divideva i proventi della pubblicità che rimanevano dopo aver pagato le spese di stampa. Avevamo la regola di stampare solo tanto giornale quanto poteva pagarne la pubblicità. Se avevamo abbastanza soldi per dodici pagine, ne stampavamo dodici, e quella era una “buona settimana”. Se ne avevamo abbastanza per otto, ne stampavamo otto, e quella era una “settimana decente”.

Il giornale funzionò per noi per due motivi. In primo luogo, avevamo tutti uno standard di vita molto modesto, quindi quello che ricavavamo dal giornale (una miseria, per gli standard normali) ci bastava. In secondo

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luogo, non era solo un modo per fare soldi. Amavamo tutti il giornale ed eravamo molto orgogliosi del nostro contributo a esso. Le fotografie di Hap erano buone quanto quelle pubblicate nei giornali delle grandi metropoli. Le colonne di C.J. erano favolose. Gli articoli di cronaca di Rennie avrebbero potuto essere usati come modelli nelle scuole di giornalismo. Ancora sgobbando sulla sesta versione del libro che un giorno sarebbe diventato un romanzo intitolato “Ishmael”, io dedicavo solo tre giorni a settimana al giornale, occupandomi del design e della composizione, ma ciò mi forniva un'occasione di fare una pausa dalla scrittura e di fare altre cose che mi piacevano.

Non eravamo neanche lontanamente delle dimensioni di una tribù etnica, né vivevamo in comunità, ma godevamo comunque dei benefici principali della vita tribale.

Lo East Mountain News come circo.

Come nel circo, ognuno di noi aveva un compito essenziale per il successo complessivo. Come nel circo, il lavoro peggiore era quello del capo (ed era svolto da Rennie); nessuno la invidiava o pensava mai neanche per un attimo che venisse pagata troppo.

Proprio come nel circo, tutti sapevano che il giornale doveva fare soldi, ma fare soldi non era l'obiettivo principale. Come la gente circense, avevamo uno stile di vita che ci piaceva. Per poterlo conservare, dovevamo mantenere il giornale in affari. Avevamo tutti bisogno del giornale.

Senza bisogno di discuterne, sapevamo tutti che, come un circo, dovevamo far andare avanti il giornale, cosicché il giornale potesse far andare avanti noi. L'unico problema era che la tribù aveva bisogno di un altro paio di membri, e noi non riuscivamo a vederlo. Il capo aveva bisogno di condividere alcuni dei propri compiti più estenuanti – e ce n'erano parecchi, considerando che coprivamo un'area grande quanto Rhode Island. Rennie si stava gradualmente esaurendo, ma le persone di cui avevamo bisogno non si presentarono per darci l'aiuto che ci serviva e (allo stesso tempo) estendere la nostra impresa in modo da poterne vivere anch'essi. Diverse persone si presentarono per essere assunte, ma erano interessate solamente alla paga. Quando videro quanto poco sarebbero stati pagati, se ne andarono. Non si accontentavano di vivere grazie al giornale e di rendere loro il suo successo, come stavamo facendo noi.

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Il successo e il fallimento del giornale.

Lo sconcertante successo del giornale fu che costruendolo tribalmente, Rennie e io fummo in grado di iniziare un'impresa con quasi nessun capitale (giusto una piccolissima quantità di denaro contante e delle attrezzature per la composizione in disuso generosamente forniteci dal fratello di Rennie, James). Per costruire il giornale nel modo tradizionale e farlo andare avanti grazie a impiegati regolarmente stipendiati, ci sarebbero voluti centinaia di migliaia di dollari. Costruito nel modo ordinario, ci sarebbero voluti almeno cinque anni perché il giornale rientrasse delle spese iniziali. Costruito nel modo tribale, ci riuscì nella prima settimana. Data l'enorme area da coprire e la scarsa base pubblicitaria a sua disposizione, il giornale non avrebbe mai generato abbastanza profitti da interessare un editore con normali obiettivi capitalistici. E in effetti, dopo averlo venduto (a un imprenditore locale che voleva mandarlo avanti come una normale impresa), fallì molto rapida-mente.

Realisticamente parlando, quella zona in quel momento non poteva supportare un giornale come un'impresa capitalista. Quello che avrebbe potuto supportare era un foglio di annunci pubblicitari con alcuni articoli aggiuntivi. E in effetti, dopo che lo East Mountain News fallì, il suo posto venne preso da un foglio simile.

Il beneficio tribale.

Il giornale di Albuquerque non copriva affatto le notizie del “nostro lato” della montagna, eccezion fatta per l'occasionale omicidio. Per la prima volta da sempre, grazie all'East Mountain News, la gente poteva scoprire che cosa stava succedendo nella sua zona – eventi scolastici, politici e sociali – quella parte della vita che può essere definita “notizie”. Benché non potesse saperlo, questo era un diretto beneficio della nostra disponibilità a costruire il giornale tribalmente. Costruendolo nel modo ordinario, non avremmo potuto offrire un vero giornale.

Personalmente non ero coinvolto nel rendere lo East Mountain News un “vero” giornale. Il mio compito consisteva nel mettere insieme gli annunci pubblicitari, e lì finiva. Una volta, dopo una serie di pubblicazioni da quattro e otto pagine che ci avevano fatti sentire con l'acqua alla gola, dissi: “Perché non pubblichiamo semplicemente un foglio di annunci pubblicitari?” La proposta fu respinta istantaneamente. Rennie, Hap e C.J.

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partecipavano all'impresa perché era un giornale, non perché faceva loro guadagnare soldi. Il fatto che avrebbe prodotto più denaro come foglio di annunci per loro era irrilevante. Avrebbero cessato di ottenere ciò che volevano, se fosse diventato un foglio di annunci, e l'avere più soldi non avrebbe compensato la perdita.

La cosa importante da vedere è che non stavamo “rinunciando” a qualcosa comportandoci in modo tribale. Stavamo ottenendo qualcosa, essendo tribali – qualcosa che altrimenti sarebbe stato fuori dalla nostra portata. Non eravamo tribali perché eravamo nobili o altruisti; eravamo tribali perché eravamo avidi ed egoisti.

Cos'è successo a Hap e C.J.?

Abbiamo usato il giornale come un mezzo per guadagnarci da vivere. Per esempio, quando Hap ebbe bisogno di un nuovo pneumatico, ci accordammo con la fabbrica locale in modo da ottenerlo in cambio di un annuncio pubblicitario sul giornale. Quando C.J. non riuscì a comprare un telefono solo con la propria firma, firmammo anche noi insieme a lei. Non dubitammo per un istante che, a parti invertite, anche loro avrebbero fatto lo stesso per noi.

Quando vendemmo il giornale, consigliammo caldamente al nuovo proprietario di continuare a lavorare con Hap e C.J., ma lui rese subito chiaro che aveva altre idee. Hap era ormai diventato una sorta di celebrità grazie al suo lavoro al giornale, quindi non ebbe difficoltà a trovare lavoro al Torrance Country Citizen, un giornale la cui copertura si sovrapponeva alla nostra a sud. È ancora lì mentre scrivo queste righe. La fotografia che mi raffigura e che compare sulla sovracopertina di Providence è stata scattata da lui mentre gli facevamo visita nel 1993.

C.J. si è sposata, si è trasferita ed è stata irraggiungibile da allora. Se la vedete, ditele che ci farebbe piacere avere sue notizie.

Imprese tribali: gli ingredienti.

Semplicemente essere tribali non garantisce il successo, naturalmente. Devono essere presenti anche i normali elementi necessari al successo. Nel nostro caso, ci serviva il bisogno pubblico di un giornale e un numero di imprese in cerca di spazi pubblicitari abbastanza grande, e avevamo entrambe queste cose.

Ma a parte questo, Rennie e io fummo incredibilmente fortunati a

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trovare due persone pronte a impegnarsi con noi nel costruire un giornale, che si accontentavano di guadagnarci quel tanto che bastava per tirare avanti (anziché arricchircisi) e che erano abituati a vivere in modo molto modesto (come noi). Con tutte queste cose dalla nostra, difficilmente potevamo fallire.

Penso che il requisito minimo sia un gruppo di persone che:1) tutti insieme, hanno tutte le competenze necessarie per cominciare

e mandare avanti una certa impresa,2) che sono soddisfatti di uno standard di vita modesto,3) che sono disposti a “pensare tribalmente” - ossia, a ricavare ciò di

cui hanno bisogno dall'impresa, anziché aspettarsi stipendi fissi.

Che imprese si prestano a una cosa simile?

Per quanto posso vedere, ogni impresa che può avere successo nel modo tradizionale può averlo anche nel modo tribale – con alcune eccezioni. Un'impresa costruita intorno al lavoro di una singola persona non sembra prestarsi molto a un approccio tribale. Per esempio, è difficile immaginare un internista e il suo ufficio lavorare insieme tribalmente. Il divario tra ciò che l'internista mette nell'attività e ciò che ci mettono gli altri è semplicemente troppo grande.

D'altro canto, un ospedale tribale non è inconcepibile, perché lì l'internista ci metterebbe quanto il chirurgo, l'amministratore, l'anestesista, e così via. Non sono riuscito a trovare alcun modo di rendere lo scrittore un lavoro tribale (a meno che non si preferisca pubblicarsi da soli).

Per nominare solo alcune cose, ristoranti e imprese di costruzioni e di mantenimento dei prati potrebbero tutte essere mandate avanti tribalmente (e sono sicuro che molte lo sono già). Tenete a mente che, come già detto, una tribù non è altro che una coalizione di persone che lavorano insieme come eguali per guadagnarsi da vivere. Non vedo davvero alcun limite alle possibilità.

Una nuova impresa tribale.

La gente mi chiede spesso se mi considero un Lascia. In passato rispondevo: “Certo che no. Sono un prigioniero del sistema economico Prendi proprio come voi. Sono interamente dipendente dal vasto macchi-nario corporativo che pubblica, distribuisce e vende i miei libri.” Poi aggiunsi che sarei stato molto felice di ridurre la mia dipendenza da questo

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macchinario, anche solo del dieci percento, perché avrebbe rappresentato una liberazione del dieci percento dalla prigione. Ma solo di recente Rennie e io ci siamo messi davvero in azione per raggiungere quel dieci percento.

Io produco molto materiale che ha valore commerciale scarso o nullo (non è attraente per la macchina editoriale), ma questo non significa che non sia interessante per i miei lettori. Per rendere questo materiale disponibile a coloro che lo vogliono (e possibilmente per ottenere quel dieci percento di libertà), abbiamo deciso di fondare una compagnia chiamata New Tribal Ventures (Nuove Imprese Tribali), che renderà alcuni miei lavori disponibili al pubblico fuori della macchina corporativa dell'editoria statunitense. Per esempio, in due brevi libri chiamati The Book of the Damned (Il Libro dei Dannati) e The Tales of Adam (Le Storie di Adam) ho espresso alcune delle mie idee in modi straordinariamente potenti, ma tutti concordano nel dire che non hanno valore commerciale. Questi libri verranno offerti dalla New Tribal Ventures come un set di due volumi intitolato An Animist Testament (Un Testamento Animista).

Compiti tribali e procedure organizzative.

Nelle compagnie neo-futuriste, tutti i membri della tribù fanno tutto – scrivono, si esibiscono, vendono i biglietti, puliscono, e così via. Lo stesso vale per il Grande Circo Combinato di Culpepper e Merriweather, dove tutti fanno tutto – piazzare il tendone, prendersi cura degli animali, esibirsi, e così via.

Lo East Mountain News era organizzato in modo diverso. Hap e C.J. raccoglievano le notizie e vendevano gli spazi pubblicitari. Io assemblavo gli annunci e mi occupavo della composizione e dell'editing. Rennie assemblava le notizie, si occupava dell'impaginazione ed era responsabile di una vasta gamma di compiti manageriali – di gran lunga troppi, come venne fuori. Dato che nessuno si era presentato per assisterci in modo tribale, avremmo dovuto assumere qualcuno perché si occupasse di alcuni dei suoi compiti, ma non guadagnavamo abbastanza soldi per farlo.

Non riuscimmo a capire che un importante compito non stava venendo svolto da nessuno di noi, un compito che potrebbe essere chiamato “marketing”. Nessuno si presentò per espandere il guadagno della tribù svolgendo questo compito. Come risultato, per via di mancanza di senso imprenditoriale e di esperienza, finimmo per scontrarci con un muro che non potevamo aggirare. Dovevamo assumere qualcuno che aiutasse

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Rennie, ma non potevamo farlo perché ci mancava un membro tribale che non sapevamo nemmeno ci mancasse.

Una tribù autonoma ha bisogno di svolgere tutte le funzioni che le permetteranno di avere successo. Una tribù di creatori di mobili non potrà avere successo senza che almeno un membro sappia come vendere mobili.

Sicurezza dalla-culla-alla-tomba?

Senza dubbio, il più grande beneficio della vita tribale consiste nella sicurezza dalla-culla-alla-tomba che fornisce. Come devo sempre premettere, essa non è il risultato della santità o dell'altruismo dei popoli tribali. Babbuini, gorilla e scimpanzé si godono esattamente lo stesso tipo di sicurezza nei loro gruppi sociali. Gruppi che forniscono tale sicurezza ovviamente si tengono stretti i loro membri molto meglio di gruppi che non lo fanno. Ancora una volta, è una questione di selezione naturale. Un gruppo che non si prende adeguatamente cura dei propri membri è un gruppo che non ispira molta lealtà (e probabilmente non durerà a lungo).

Ma delle tribù lavorative fornirebbero una tale sicurezza ai propri membri? Non all'istante, ovviamente. Se fondate un'impresa con vostro fratello di martedì, difficilmente potrà aspettarsi di potersi ritirare mercoledì con salario pieno per il resto della sua vita – anche se potrebbe sperare di poterlo fare dopo vent'anni, se aiuta a costruire l'impresa durante quel periodo.

Il fatto che le tribù etniche possono fornire ai loro membri sicurezza dalla-culla-alla-tomba è una vera misura della loro ricchezza. I popoli della nostra cultura sono ricchi in marchingegni, dispositivi e intrattenimenti, ma siamo tutti fin troppo consapevoli delle orrende conseguenze del perdere il lavoro. Ad alcune persone – fin troppe – sembra la fine del mondo; danno di matto, prendono l'arma automatica più vicina, aprono il fuoco sull'ex-capo e concludono piazzandosi un proiettile in testa. Queste sono persone a cui evidentemente manca una sensazione di sicurezza.

E riguardo la cura degli anziani?

Mi è stato chiesto se “gli artisti circensi in pensione vengono accuditi da quelli ancora in attività”, come gli anziani vengono accuditi dai giovani nelle tribù etniche. La vita circense non funziona così – ma neanche la vita tribale. I vecchi cacciatori non vengono “accuditi” dai cacciatori giovani.

Tanto per cominciare, un circo non è composto solo dagli artisti. Gli

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artisti sono di gran lunga superati in numero da persone che fanno ogni sorta di cose, proprio come gli attori che compaiono sullo schermo sono di gran lunga superati in numero dalle persone che lavorano per permettere loro di comparirci. Poi, parlare di “artisti circensi in pensione” non ha senso per la vita circense – né per la vita in una tribù etnica, dove non esistono “cacciatori in pensione”. Quando gli artisti non possono più esibirsi, cominciano a svolgere altri compiti nel circo. Non hanno bisogno di venire “accuditi” solo perché non camminano più sul filo e non fanno acrobazie.

Che cosa si intende per “cura degli anziani”? Se si intendono tutti i servizi di un moderno ospedale, allora naturalmente nessuna tribù potrà fornire una cosa simile. L'IBM e la General Motors non mandano avanti ospedali per i loro impiegati; offrono assicurazioni sanitarie, che ogni tribù è altrettanto libera di offrire.

Se per “cura degli anziani” si intendono cibo, vestiti, riparo e lo stesso tipo di attenzioni che gli anziani ricevono nelle tribù etniche, allora tutto questo rientra perfettamente nelle possibilità di una tribù lavorativa.

Tribù della mente.

La gente tende a immaginare le tribù lavorative in una sorta di mondo fantastico e post-apocalittico. Rimangono sconcertati quando faccio notare che potrebbero avere assicurazioni sanitarie e piani pensione (se li vogliono) o che il governo sarà interessato a raccogliere anche le loro tasse e i loro versamenti alla previdenza sociale come quelli di chiunque altro. Ma se le cose stanno così, chiedono allora, che senso ha quello che stiamo facendo? Se il mondo continuerà proprio come prima, perché prendersi il disturbo? Queste sono domande a cui non si risponde mai abbastanza spesso.

Madre Cultura insegna che abbiamo bisogno di un salvatore – un qualche gigantesco Sant'Arnold Schwarzenegger che sia una combinazione di Gesù, di Jefferson, del Dalai Lama, del Papa, di Gandhi, di Gorbachev, di Napoleone, di Hitler e di Stalin, tutti in una sola persona. Gli altri sei miliardi di noi, secondo Madre Cultura, sono inermi e incapaci di fare qualunque cosa. Dobbiamo semplicemente aspettare pazientemente finché non arriverà Sant'Arnold.

Daniel Quinn insegna che nessun singolo individuo salverà il mondo. Invece (se verrà salvato), lo sarà da milioni (e alla fine miliardi) di noi che vivranno in modo nuovo. Mille persone che vivono in un modo diverso

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non farebbero crollare l'ordine dominante. Ma quei mille ne ispireranno centomila, che ne ispireranno un milione, che ne ispirerà un miliardo – e allora quell'ordine mondiale comincerà a sembrare traballante!

(La prossima volta qualcuno mi chiederà: “Ma se l'ordine mondiale dominante traballa, che ne sarà della mia assicurazione sanitaria?”)

La tribù È i suoi membri.

In un famoso scambio di opinioni alla Columbia University, a un insegnante che aveva affermato che gli insegnanti fossero l'università venne immediatamente replicato dal presidente dell'università (l'ex-presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower) che gli insegnanti sono impiegati dell'università. Il signor Eisenhower non è qui per contraddirmi quando dico che i membri della tribù non sono impiegati della tribù, ma sono la tribù stessa. In effetti, questa è la vera differenza.

Dato che la tribù è i propri membri, la tribù è ciò che i suoi membri vogliono che sia – nulla di più e nulla di meno. Se i membri della vostra tribù si aspettano che fornisca loro la stessa sicurezza dalla-culla-alla-tomba che hanno i membri delle tribù etniche, allora fate in modo che sia così. Ma questo non è un requisito essenziale, e potrebbe anche finire per non avere senso in un mondo composto da tribù aperte. In un mondo simile, per esempio, sarebbe perfettamente concepibile che marito e moglie possano appartenere a tribù lavorative diverse – e che i loro figli vogliano appartenere ad altre tribù ancora. In effetti, questa apertura alla diversità è il punto fondamentale.

Una tribù è un gruppo di persone che si guadagnano da vivere insieme, e non c'è un unico modo giusto di farlo.

Siate inventivi.

Perché guadagnarci da vivere?

La gente a volte reagisce alle mie proposte come se ci fosse qualcosa di leggermente sgradevole nell'idea stessa di “guadagnarsi da vivere” – tribalmente o meno. Sembrano pensare che se la Nuova Rivoluzione Tribale sarà davvero tutto ciò che dovrebbe essere, allora non dovremmo aver affatto bisogno di guadagnarci da vivere, che dovremmo poter vivere liberi come gli uccelli.

Ed è esattamente così. È il fulcro della questione, potremmo dire.Il loro fraintendimento non riguarda la Nuova Rivoluzione Tribale;

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riguarda gli uccelli. I passeri potranno anche essere “liberi come uccelli”, ma questo non significa che non debbano guadagnarsi da vivere. Al contrario, ogni creatura vivente deve farlo. Zanzare, oche, delfini, scimpanzé, ragni e rane devono tutti spendere energie per ottenere ciò di cui necessitano per restare in vita. Non esiste alcuna creatura che spenda tutta la vita standosene semplicemente sdraiata inerte mentre le risorse necessarie le affluiscono spontaneamente e la mantengono in vita. Perfino le piante devono guadagnarsi da vivere. Ognuna è come una piccola industria che trae energia dal sole e la converte nella propria sostanza.

La tribù, in effetti, è solo un'organizzazione sociale incredibilmente efficiente che rende guadagnarsi da vivere facile per tutti – a differenza della civiltà, che lo rende facile per pochi privilegiati e difficile per tutti gli altri.

Un altro esempio tribale.

I Neo-Futuristi sono un gruppo di artisti che scrivono, dirigono e rappresentano i propri lavori dedicati all'illuminazione sociale, politica e personale sotto forma di teatro concettuale interattivo con il pubblico.

(Brano tratto dalla Dichiarazione di Intenti online del gruppo.)Lavorando in un ambiente con tecnologia scarsa o assente, il gruppo ha

messo insieme un originale lavoro drammatico postmoderno che rappre-senta una collezione di trenta recite in continuo alternarsi interpretate in sessanta minuti con il titolo collettivo “Troppa luce rende il bambino cieco” (Too Much Light Makes the Baby Go Blind). Questo lavoro caratte-ristico (nel momento in cui scrivo) è stato messo in scena a Chicago dal primo dicembre del 1988, e ha avuto un successo notevole al Teatro Pubblico Joseph Papp a New York City nel 1993. Nel 1992 i Neo-Futuristi hanno aperto il proprio Neo-Futurarium, che vanta 154 posti a sedere e una galleria d'arte.

In ogni momento sono attivi nella compagnia fino a tredici membri, anche se la rappresentazione media tende a coinvolgerne circa otto. Oltre a scrivere, dirigere e interpretare “Troppa luce”, questi tredici svolgono virtualmente ogni compito associato al teatro e alla produzione – vendere i biglietti, pulire, riciclare, produrre i programmi, e così via.

Cavarsela nel solito modo.

In uno studio sugli zingari e su altri popoli itineranti, l'antropologo

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Sharon Bohn Gmelch elenca alcuni dei motivi per cui questi gruppi sopravvivono. Tengono un basso profilo e hanno “scarso interesse nell'accumulazione materiale e nell'espansione del capitale”. Sono disposti a “sfruttare opportunità marginali”, a “riempire i buchi” dell'economia e ad “accettare un piccolo margine di profitto da varie fonti”. In breve, sono bravi a cavarsela, come lo erano i residenti di Madrid quando vivevamo lì – e come erano i membri dello East Mountain News, nessuno dei quali si guadagnava da vivere esclusivamente dal giornale.

Lo stesso vale per i Neo-Futuristi. Benché il loro scopo sia di guada-gnarsi da vivere col teatro, la maggior parte di loro probabilmente ne ricavava solo dal venti al cinquanta percento del proprio reddito nel 1998, secondo il fondatore Greg Allen (che arrotonda insegnando storia del teatro al Columbia College). Gli altri hanno lavori part-time come massaggiatori, allenatori personali, scrittori, tecnici, astrologi, segretari, camerieri e una “vera e propria rock-star in una famosa band punk”.

Uno della compagnia, Geryll Robinson, scrive: “Vorrei poter vivere la mia vita senza dover sostenere/essere sostenuto dalle corporazioni americane. Non posso. Svolgo un certo numero di bizzarre e spesso confuse attività per cui la gente mi paga... Ho visitato Chicago, ho visto Troppa Luce. Volevo farne parte. Mi sono trasferito lì. Ho fatto un provino. Ora sono dei loro. La mia vita è buona. Molto buona.”

Ma non potrebbe X essere una tribù?

Questa è una domanda che mi viene fatta ancora e ancora – con varie cose al posto di X. Per esempio, mi è stato chiesto se un'impresa convenzionale già ben avviata possa venire convertita in una tribale. Sì, è possibile ma difficile, e la difficoltà principale è il fatto che la maggior parte della gente coinvolta nelle imprese convenzionali lo fa solo per ricevere uno stipendio, punto. Alcuni, dopo essersi arrampicati sulla scala dello stipendio, non vorrebbero scendervi. Proprio come queste persone potrebbero non essere soddisfatte di avere meno di uno stipendio, altre potrebbero non essere soddisfatte di avere di più – vogliono solo fare il loro lavoro e tornare a casa. Ma naturalmente nulla è impossibile.

Uno studente del mio seminario di Houston mi ha chiesto se un gruppo di persone non potessero semplicemente riunirsi e vivere tribalmente ma guadagnarsi da vivere altrove, individualmente. Certo, e va benissimo, ma questa è una comune, non una tribù, proprio perché non si guadagnano da vivere collettivamente.

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Ma una tribù non può essere una comune – e una comune non può essere una tribù?

Ci serve un po' di preparazione per rispondere a queste domande.

Comunità e tribù: origini.

La maggior parte delle comunità esistenti sono semplicemente comparse spontaneamente, senza pianificazione. Tempo fa, un secolo fa – o due o cinque – a uno spaccio si unì un negozio di alimentari, una macelleria, una stalla, una ferramenta, una taverna, e poi in breve una banca, una pensione, uno studio legale, un barbiere, un medico, e così via. A un certo punto, tutti realizzarono di avere un interesse nel successo della comunità – e nel successo di ogni membro, a un certo livello. Il banchiere sicuramente voleva che un droghiere avesse successo, ma non gli importava che fosse Smith o Jones. Il proprietario della pensione voleva che un barbiere avesse successo, ma non gli importava che fosse Anderson o Adams.

Le comuni non cominciano mai in questo modo casuale e fortuito. Sono comunità “intenzionali”, che nascono tra persone che vogliono vivere insieme per perseguire ideali comuni, solitamente in relativo isolamento. Le comuni riguardano il vivere insieme, e possono o meno includere anche il lavorare insieme.

Le tribù (e qui parlo di “nuove” tribù, naturalmente) si originano tra persone che vogliono unire le proprie forze e capacità per guadagnarsi da vivere insieme. Le tribù riguardano il lavorare insieme, e possono o meno includere anche il vivere insieme.

Comunità e tribù: appartenenza.

Entro i limiti previsti dalla legge e dalle usanze, le comunità ordinarie hanno la politica di escludere alcuni tipi di persone e di includere tutti gli altri. In altre parole, a meno che non apparteniate a qualche razza, religione, classe sociale o etnia detestata e aborrita, siete i benvenuti.

Le comuni procedono nel modo opposto. La loro politica è di includere alcuni tipi di persone e di escludere tutti gli altri. In altre parole, a meno che non vi riconosciate nei valori (sociali, politici o religiosi) del gruppo, non siete i benvenuti.

La regola tribale invece è: puoi aumentare il profitto della tribù per includere te stesso? In altre parole, se vuoi vivere tribalmente, devi

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estendere i guadagni del gruppo in modo che coprano anche te. Questo è esattamente ciò che Hap e C.J. fecero per lo East Mountain News. Non avremmo potuto includerli nell'impresa se non l'avessero ampliata vendendo spazi pubblicitari.

Può una tribù essere una comune?

Come ho detto, le tribù riguardano il lavorare insieme e possono o meno includere anche il vivere insieme. Ma i popoli tribali possono vivere insieme senza diventare una comune. Parlando di minoranze di artigiani, commercianti e intrattenitori come gli zingari, i “Taters” norvegesi, i nomadi irlandesi e i Nandiwalla indiani, l'antropologo Sharon Bohn Gmelch nota specificamente che l'organizzazione sociale di questi gruppi è flessibile e “fondamentalmente non comunitaria”.

La difficoltà che vedo nel trasformare una tribù in una comune è che le comuni di solito scelgono i propri membri sulla base di ideali condivisi. Gli ideali condivisi non sono irrilevanti nelle tribù, ma la loro importanza è superata dalla domanda: “Puoi ampliare il nostro sostentamento in modo che includa anche te?”

Posso sicuramente dire che a nessuno di noi dell'East Mountain News venne mai in mente di “fondare una comune”. L'idea ci sarebbe sembrata ridicola.

La tribù non consiste nel vivere insieme, ma nel guadagnarsi da vivere insieme.

Può una comune essere una tribù?

La risposta è: “Sì, una comune può sicuramente essere una tribù; è solo un modo problematico di iniziare.”

Le comuni generalmente cominciano con persone che vogliono “andarsene da tutto quanto”. Separandosi da una società corrotta, materialista e ingiusta, essi tipicamente vogliono vivere “più vicini alla natura” insieme a persone con i loro stessi ideali. Dato che hanno intenzione di vivere semplicemente, guadagnarsi da vivere sembra quasi secondario. Possono coltivare, produrre oggetti d'artigianato o fare i pendolari verso lavori ordinari. Col passare del tempo, tutto potrà andare esattamente come previsto... o no. La semplicità rustica può rivelarsi meno affascinante di quanto si pensasse. Forse alcuni cominciano ad annoiarsi delle attività da svolgere. I nervi cedono, gli ideali sono dimenticati, le

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amicizie si dissolvono e presto l'intera impresa fallisce. O può prendere una direzione diversa. I membri potrebbero concentrarsi di più sul guadagnarsi da vivere insieme in modo più soddisfacente piuttosto che sui loro ideali. Ricordatevi, comunque, che questo gruppo originariamente si era formato per motivi completamente diversi, quindi se avranno delle capacità e degli interessi in comune sarà pura fortuna e non pianificazione.

È come andare a fare la spesa comprando solo ingredienti che cominciano con la lettera “m” – mostarda, maionese, maccheroni e così via – e poi chiedersi se per caso si hanno tutti gli ingredienti necessari per cucinare la Cassoulet du Chef Toulousian. Potrebbe succedere, natural-mente, ma non sarà probabile quanto lo sarebbe stato se avessimo comprato quegli ingredienti precisi intenzionalmente.

“Facciamo questo spettacolo proprio qui nel granaio!”

La leggenda narra che questa frase sia stata pronunciata da Mickey Rooney in una mezza dozzina dei film che ha girato con Judy Garland negli anni Quaranta. Che sia mai stata detta o no, il suo significato è chiaro. Tutti capiscono che esprime i sentimenti di una troupe di giovani intrattenitori in cerca di un'occasione per esibire il loro talento.

È importante notare che non si tratta di un gruppo di persone che cercano di trovare qualcosa da fare insieme. In effetti, quelle persone sono un gruppo proprio perché sanno già che cosa vogliono fare insieme. L'industria dello spettacolo li ha radunati nello stesso modo in cui il giornale ha radunato noi e Hap e C.J. Avremmo potuto essere i migliori degli amici, ma solo il giornale avrebbe potuto farci diventare una tribù. Se avessimo deciso di aprire un negozio di antiquariato o un'industria di software, Hap e C.J. non sarebbero mai entrati nell'affare, non importa quanto avremmo potuto essere vicini.

Dico tutto questo in risposta a un'obiezione che dev'essere nella mente di molte persone: un gruppo qualsiasi di amici può diventare una tribù? La risposta è sì, proprio come può diventarlo una comune. È del tutto possibile, è solo improbabile – a meno che quel gruppo di amici non si sia creato intorno a un interesse lavorativo comune (come i Neo-Futuristi).

Gli Amish non sono forse una tribù di agricoltori?

Gli Amish sono una setta religiosa, una derivazione dei Mennoniti. Ecco che cosa li rende comunitari anziché tribali: se chiedete di unirvi a

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loro, sono molto più interessati alle vostre credenze religiose e alle vostre convinzioni morali piuttosto che alle vostre ambizioni agricole.

Una comune “può essere” una tribù, proprio come un faro “può essere” un granaio e un vestito da sera “può essere” un'uniforme da infermiera. Ma rimane il fatto che diamo alle cose nomi diversi perché le percepiamo come cose diverse. Nel New England coloniale, i coloni fondavano comuni, non tribù, e conoscevano la differenza. Le tribù erano per i selvaggi e le comuni erano per le persone civilizzate.

La gente chiederà anche: “Ben & Jerry non è forse un'azienda tribale?” E la risposta è che Ben & Jerry era un'azienda tribale quando Ben e Jerry erano gli unici membri della compagnia e producevano personalmente gelato in un freezer da quattro galloni e mezzo e lo vendevano ai clienti da una stazione di servizio rimodernata a Burlington, in Vermont. Ma dopo quel punto, la loro compagnia è cresciuta non aggiungendo membri alla tribù, ma aggiungendo impiegati, nel modo tradizionale. Ben & Jerry non è un'azienda tribale, è un'impresa guidata dal profitto (il che non la rende affatto meno ammirevole).

Un'impresa guidata dal profitto può essere un'impresa tribale? Natural-mente. Solo che non lo è automaticamente.

Non è mia intenzione (né in mio potere) privare la parola “tribù” del proprio significato ordinario. Piuttosto, è mia intenzione dargliene uno speciale quando viene usata nel contesto della Nuova Rivoluzione Tribale.

Nobili selvaggi?

Esaminando che cosa servirebbe per creare una tribù che si occupasse di sanità, una dottoressa ha menzionato il fatto che i professionisti del settore medico nella nostra società hanno generalmente un livello qualitativo di vita piuttosto alto – chiaramente sottintendendo che questo le sembrava un ostacolo o un problema. Alcune domande rivelarono che stava inconsciamente immaginando i membri di una tribù medica come nobili selvaggi – troppo nobili per farsi pagare per i propri servizi (e quindi incapaci di mantenere gli standard di vita a cui erano abituati).

È difficile gestire questo familiare bipolarismo, che considera le perso-ne capaci di essere soltanto completamente egoiste o completamente altruiste. Come un interruttore che accende o spegne, possono spostarsi solo da una parte o dall'altra. La vita tribale funziona nel mezzo di questi due poli, e una tribù composta solo da individui completamente altruisti fallirà sicuramente quanto una tribù composta solo da individui completa-

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mente egoisti.Se un medico decidesse di esercitare genericamente in una piccola

cittadina anziché perseguire una specializzazione in una grande città, si aspetterebbe forse di lavorare per nulla? Ovviamente no. La gente nelle piccole cittadine si aspetta di pagare per i servizi medici. Se un medico decidesse di voler far parte di una tribù sanitaria anziché di un ospedale convenzionale, perché mai dovrebbe aspettarsi di lavorare per nulla? La gente sa che i medici, che lavorino in un ospedale o in una tribù, devono guadagnarsi da vivere come chiunque altro.

Un'impresa tribale intermittente.

All'inizio del film del 1973 “La Stangata”, vediamo una coppia di truffatori, Johnny Hooker (Robert Redford) e Luther Coleman (Robert Earl Jones) mentre attuano una breve truffa conosciuta come il Fazzoletto Giamaicano ai danni di un uomo che, a loro insaputa, sta trasportando del denaro per il capomafia Doyle Lonnegan (Robert Shaw). Quando Lonnegan viene a sapere della truffa, fa uccidere Coleman. Per vendicare il suo amico, Hooker decide di truffare Lonnegan per una cifra davvero importante. Mentre realizza il suo piano, vediamo che appartiene a una vera tribù di truffatori, che generalmente si guadagnano da vivere con lavori onesti (per esempio come commessi o impiegati di banca), ma che sono sempre pronti a unirsi come una tribù per una delle classiche “grosse truffe”. Viene precisato il fatto che sono costantemente pronti a entrare in azione. Quando il singolo, tacito segnale viene inviato, abbandonano istantaneamente i loro lavori. Senza chiedere quanto sarà grande il ricavato o quale sarà la loro parte, si riuniscono per mettere in scena un'elaborata produzione teatrale chiamata un “grande negozio”. Come nel circo, ogni membro è essenziale quando arriva il suo momento. Uno studia Lonnegan per scoprire come attirarlo in trappola. Altri lavorano al set e ai costumi. Benché Henry Gondorff (Paul Newman) sia chiaramente il capo, questo non lo rende particolarmente importante. Tutti i compiti devono venire svolti – e quello del capo è solo uno di essi. Nelle organizzazione gerarchi-che, il capo è un essere supremo. Nelle organizzazioni tribali, è solo un altro lavoratore. (Questo è esattamente il modo in cui funzionava nello East Mountain News.)

La mia prossima impresa tribale.

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Molto prima di identificare il concetto come tribale, volevo aprire un circo di apprendimento come quello che ho descritto in “Providence” e in “My Ishmael”. Ora ho un'idea migliore di come realizzare concretamente questo progetto. Houston mi attira perché non è divisa in zone, il che la rende una folle accozzaglia di distretti residenziali e commerciali, e nessuno alza un sopracciglio se qualcuno dirige un'azienda da casa sua. Questo lo rende un luogo ideale per un circo di apprendimento, che combini spazi per il lavoro, le esibizioni e le rappresentazioni in modo da fornire un centro per lavorare, giocare, esibirsi ed apprendere, che coinvolga (come insegnanti, artisti e partecipanti) acrobati, giocolieri, pagliacci, ballerini, musicisti, attori, progettisti, prestigiatori, tecnici dell'illuminazione, registi, scrittori, ceramisti, pittori, scultori, fotografi, tessitori, costumisti, carpentieri, elettricisti, e così via. Niente voti, niente corsi obbligatori, niente esami – solo la possibilità di imparare quello che si vuole, quando si vuole. Benché aperto a studenti di tutte le età, sarebbe una risorsa straordinaria per genitori che vogliano istruire a casa i figli, una scelta che sta diventando sempre più popolare ovunque, con buone ragioni. (Per favore notate, comunque, che questo non è un “centro educativo comunitario in cui gli studenti dirigono l'apprendimento”. Per quanto una cosa simile sia positiva, io sto mirando all'intrattenimento, non a un buon lavoro civico.)

Qualcuno mi ha chiesto perché gli studenti dovrebbero preferire questo circo di apprendimento a un'università. Le due cose non sono in competi-zione, e gli studenti rigorosamente orientati a una carriera preferiranno sicuramente l'alternativa più convenzionale. Non esiste un orario stabilito per questa grande impresa.

Distinguere è sapere.

È importante per me precisare (prima che lo facciano altri) che non ho inventato il modo tribale di fare affari; l'ho solo distinto da quello tradizionale, e così facendo l'ho reso particolarmente visibile. Ora che sapete riconoscerle, probabilmente vedrete aziende tribali ovunque. Durante un mio seminario, Rennie me ne ha ricordata una che conosciamo a Portland, Oregon, la Rimskykorsakoffeehouse. Questo eccentrico capo-saldo locale, creazione dell'eccentrica celebrità locale Goody Cable, deve quasi venire provato per essere creduto. Prendere un tavolo significa entrare in un mondo speciale che può essere descritto adeguatamente solo come tribale. Quando il locale diventa particolarmente affollato, i clienti

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vengono spesso esortati a servire ai tavoli, e conosco un autore locale che serve ai tavoli una notte a settimana solo per il privilegio di appartenere alla tribù. Ci sono spesso lunghe file di persone che aspettano di poter entrare; gli piace stare lì perché alla gente che lavora lì evidentemente piace starci.

I popoli tribali ottengono di più dalla vita.Provate a pensarci. Mi ci sono volute trentamila parole per far sembrare

queste otto plausibili.

I civilizzati odiano e temono i popoli tribali.

Gli individui che fanno spettacoli itineranti di qualunque tipo sono visti come persone eccitanti ma pericolose, che quando non sono sul palcoscenico devono venire evitate. Questo è parte del loro fascino, specialmente per i giovani. Nelle epoche passate, gli zingari venivano costantemente sospettati di rapire i bambini, probabilmente perché più di un ragazzino ha ceduto al richiamo della vita zingara. Viene sospettato da molto tempo che il tribalismo degli ebrei potrebbe aver contribuito alla loro demonizzazione. E di sicuro non abbiamo risparmiato le forze quando si è trattato di distruggere il tribalismo dei popoli nativi, ovunque ne abbiamo trovati. Il loro tribalismo è il simbolo stesso della loro “arretratez-za” e del loro “stato selvaggio”. I civilizzati vogliono che le persone siano dipendenti dalla gerarchia prevalente, non l'uno dall'altro. C'è qualcosa di intrinsecamente malvagio in persone che si rendono autosufficienti in piccoli gruppi. Ecco perché i senzatetto devono venire dispersi ovunque si radunino. Ecco perché la comunità Davidiana a Waco ha dovuto essere distrutta; non erano stati accusati di nessun crimine, tantomeno condannati, ma dovevano fare qualcosa di davvero davvero malvagio lì dentro. I civilizzati vogliono che le persone si guadagnino da vivere individualmen-te, e vogliono che vivano separatamente, dietro porte chiuse a chiave – una famiglia per casa, ogni casa completamente equipaggiata con frigoriferi, televisori, lavatrici, e così via. Ecco come vive la gente perbene. Non vive in tribù, vive in comunità.

Eppure, strano ma vero, appena si comincia a considerare la tribù qualcosa di desiderabile, la gente perbene comincerà a insistere di essere tribale quanto i Boscimani o i Piedi Neri.

Tribù e comunità.

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Spinta in uno stampo gerarchico, la tribù diventa ciò che i civilizzati chiamano una “comunità”. Entro la gerarchia della civiltà in ogni epoca, le comunità mostrano tra di loro somiglianze a vari livelli. Il villaggio dello Yorkshire medievale di Wharram Percy era un microcosmo dell'Inghilterra feudale, proprio come Evanston è un microcosmo dell'America moderna. Quasta sorta di somiglianza frattale tra microcosmi e macrocosmi è, come hanno sottolineato John Briggs e David F. Peat, “un prodotto di tutte le complesse relazioni reciproche interne che agiscono in un sistema dinamico” come il nostro. È inevitabile che Evanston – e East L.A., e Harlem, e Broken Arrow, Oklahoma – riflettano tutte l'organizzazione gerarchica complessiva della nostra società, con i ricchi qui, la classe media qua e i poveri lì. Non importa che i ricchi di Evanston se la passino meglio dei ricchi di East L.A., o che i poveri di Harlem se la passino peggio di quelli di Broken Arrow. La struttura è la stessa.

La parola “comunità” è essa stessa un riconoscimento di decenza e rispettabilità, e non viene concessa a chi non ne viene ritenuto degno. Gli omosessuali hanno lottato a lungo e duramente per diventare “la comunità gay”, ma i pederasti e i pornografi non hanno la minima possibilità di riuscirci. Teppisti, criminali, detenuti e fanatici religiosi non hanno comunità: hanno bande, cosche, popolazioni e sette.

Posso immaginare persone del tutto rispettabili venire attratte dall'O-biettivismo, dalla Semplicità Volontaria o dall'Individualismo Creativo. Ho più difficoltà a immaginarle attratte dalla vita tribale. Ma forse è un problema mio.

Una parabola sulla sostenibilità.

Un inventore portò i progetti per un nuovo dispositivo a un ingegnere, che li guardò e disse: “Questo macchinario è difettoso a livello sistemico, il che significa che si distruggerà dopo solo pochi minuti di attività.”

“Non se è ben fatto”, replicò l'inventore. “Ogni parte deve essere fatta dei materiali migliori e in modo assolutamente preciso.”

L'ingegnere costruì il dispositivo, ma si distrusse dopo soli quattro minuti di attività. L'inventore non ne rimase scoraggiato. “Non ha fatto quello che le avevo detto”, disse. “Deve usare materiali molto migliori – i migliori esistenti – e fabbricare ogni parte con precisione assoluta.”

L'ingegnere provò di nuovo, e il nuovo modello funzionò per otto minuti. “Vede?” disse l'inventore. “Stiamo facendo passi da gigante. Provi di nuovo, usando materiali ancora migliori e precisione ancora maggiore.”

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Il dispositivo successivo durò per dieci minuti. All'ingegnere venne detto di costruire un altro macchinario ancora, usando materiali ancora migliori e precisione ancora maggiore. Il nuovo dispositivo durò per undici minuti.

L'inventore voleva continuare in questo modo, mirando ai componenti perfetti, ma l'ingegnere si rifiutò, dicendo: “Non vede che i miglioramenti stanno diminuendo qui? Cercare di far funzionare un progetto difettoso migliorando i suoi componenti è uno spreco di tempo. Mi porti un progetto fattibile e le garantisco un dispositivo che funzionerà per anni, usando componenti fatti di materiali ordinari e fabbricazione ordinaria.”

Perché quello che abbiamo è insostenibile.

È un pilastro fondamentale della nostra mitologia che il nostro unico problema è che gli esseri umani non sono fatti abbastanza bene. Dobbiamo essere fatti di materiali migliori, seguendo procedimenti più precisi e dettagliati (derivati, forse, da versioni ecologiste delle nostre religioni tradizionali). Dobbiamo solo venire fabbricati più gentili, più dolci, più altruisti, più lungimiranti, e così via, poi tutto andrà bene. Naturalmente, nessuno è riuscito a renderci migliori l'anno scorso o l'anno prima o l'anno prima ancora o l'anno prima ancora – o in effetti ogni anno a memoria d'uomo – ma forse quest'anno avremo fortuna... O l'anno prossimo, o quello dopo ancora.

Ciò che mi sono sforzato di dire in tutti i miei libri è che il difetto della nostra civiltà non è nelle persone, è nel sistema. È vero che il sistema ha continuato ad andare avanti per diecimila anni, che è un tempo molto lungo paragonato a una vita individuale, ma quando viene paragonato all'intera storia umana, questo episodio non è notevole per la sua epica lunghezza, ma per la sua tragica brevità.

In Ishmael ho paragonato il macchinario della nostra civiltà a un velivolo che è stato in aria per diecimila anni – ma in caduta libera anziché in volo. Se rimarremo a bordo ci schianteremo insieme a lui, e presto. Ma se la maggior parte di noi alleggerisce il suo carico abbandonandolo, potrà probabilmente restare in aria per molto tempo (mentre il resto di noi prova qualcosa che abbia più senso).

Molliamo tutto e scavalchiamo il muro!

Il professore di antropologia James W. Fernandez ha scritto: “Gli antropologi, al contrario dei filosofi, trovano che i mondi culturali vengano

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realizzati dalla messa in atto di metafore combinate.”Quindi, eccoci qui. Sarò felice di combinare alcune metafore per

concretizzare un nuovo mondo culturale.Dopo diverse ore passate a discutere dello spostamento oltre la civiltà

del vivere tribale, uno dei partecipanti al mio seminario disse che non riusciva ancora a capire come questo avrebbe aiutato a rendere la vita umana più sostenibile. È passato molto tempo dall'ultima volta che ho affrontato questo problema, quindi dovrei probabilmente affrontarlo di nuovo ora. È una domanda valida e importante. La Nuova Rivoluzione Tribale potrà anche dare alle persone una vita migliore, ma se non servirà a perpetuare la nostra specie oltre qualche decennio, che senso avrà?

Al momento ci sono circa sei miliardi di noi in ciò che ho chiamato la cultura del massimo danno. Solo il dieci percento di questi sei miliardi è dannoso al livello peggiore possibile – sta divorando risorse al ritmo maggiore, contribuendo maggiormente al riscaldamento globale, e così via – ma il restante novanta percento, non avendo obiettivi migliori in vista, vuole solo diventare come il dieci percento. Invidia quel dieci percento ed è convinto che vivere in modo massimamente dannoso sia il modo migliore di vivere che si possa immaginare.

Se non diamo loro qualcosa di meglio a cui aspirare, siamo spacciati.

Un cambiamento sistemico.

La Nuova Rivoluzione Tribale è una via di fuga dalla prigione della nostra cultura. Le mura di questa prigione sono economiche. Il bisogno di guadagnarci da vivere ci tiene dentro, perché non c'è modo di guadagnarci da vivere dall'altra parte. Non possiamo attuare la Soluzione Maya – non possiamo svanire in una vita di tribalismo etnico. Ma possiamo svanire in una vita di tribalismo lavorativo.

Questo ridurrà la nostra civiltà a un ammasso di rovine fumanti? Certamente no. Ne ridurrà le dimensioni. Man mano che sempre più persone vedranno che oltrepassare le mura significa ottenere qualcosa di meglio (e non rinunciare a qualcosa), sempre più persone abbandoneran-no la cultura del massimo danno – e più questa cultura viene abbandonata, meglio è. La via di fuga porta oltre la civiltà, oltre la cosa che, secondo la nostra mitologia culturale, è l'invenzione definitiva dell'umanità.

La via di fuga porta alla prossima invenzione dell'umanità.Ma comunque sia, questa invenzione ci darà uno stile di vita

sostenibile?

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Ecco come la vedo io. Gli umani che vivevano in tribù erano ecologi-camente stabili quanto i leoni e i babbuini che vivono in branchi. La vita tribale non era qualcosa che gli umani avevano inventato a tavolino. Era il dono della selezione naturale, un successo collaudato – non la perfezione, ma difficile da migliorare. La gerarchizzazione, d'altro canto, ha dimostrato di essere non solo imperfetta ma a lungo andare catastrofica per la Terra e per noi. Quando l'aereo sta precipitando e qualcuno vi offre un paracadute, non si chiede di vedere la garanzia.

Ma perché sarebbe la prossima grande avventura dell'”umanità”?

In The Story of B e altrove mi sono molto sforzato di precisare che noi – i Prendi, i membri di questa cultura – non siamo l'umanità, e di sicuro non ritratterò mai quest'affermazione. Non è l'umanità che attualmente sta convertendo la biomassa del pianeta in massa umana, è la gente di una cultura – la nostra. Non è l'umanità che sta spingendo migliaia di specie all'estinzione ogni anno con la sua espansione, è la gente di una cultura – la nostra.

Perché allora definisco la Nuova Rivoluzione Tribale come la prossima grande avventura dell'”umanità”, invece di definirla la “nostra” prossima grande avventura? La risposta è semplice: la civiltà non è la “nostra” avventura. Come ho detto svariate volte in questo libro, la civiltà è un'avventura che molti popoli hanno intrapreso. “Noi” non siamo stati gli unici; siamo solo gli unici a esserci rimasti aggrappati fino al martirio. E se la civiltà non è stata solo la “nostra” grande avventura, come potrebbe la prossima grande avventura essere solo “nostra”?

La Nuova Rivoluzione Tribale non è pensata per essere solo nostra – chiunque voglia può unirvisi, dopotutto. Ma non è nemmeno obbligatoria. Il vecchio tribalismo con cui l'umanità è diventata l'umanità è ancora valido come è sempre stato. Non si esaurirà mai e non diventerà mai obsoleto. Atterrare sulla Luna è stato un grande risultato per l'umanità, ma questo non significa che tutti gli umani debbano farlo.

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PARTE SETTE

Oltre la civiltà

Un'importante innovazione scientifica raramente si afferma avanzando a poco a poco e convertendo gradualmente i suoi detrattori. […] Ciò che

avviene è che i suoi detrattori gradualmente scompaiono e che la nuova generazione cresce trovando l'idea familiare fin dall'inizio.

Max Planck.

Liberazione.

Durante il periodo in cui milioni di individui stavano venendo liquidati in quanto “nemici del popolo”, c'era un certo poeta “pericoloso” che era celebre per la sua inquietante abilità nell'evitare di contrariare Stalin. Un giornalista francese lo rintracciò e gli chiese se fosse stato censurato durante il regno del terrore.

“Censurato!” si indignò il poeta. “Io declamo le mie poesie dal palcoscenico del Teatro ------- ogni lunedì sera!”

Il giornalista si assicurò di esserci il lunedì seguente, ma trovò il teatro buio e chiuso. Aspettò per un'ora, poi, mentre stava per andarsene, si aprì una porta secondaria e il poeta scivolò fuori nella notte.

“Cos'è successo?” gli chiese il giornalista. “Credevo che avrebbe letto qui, stasera.”

“L'ho fatto”, dichiarò il poeta enfaticamente. “Si dà il caso che io sia al mio meglio quando leggo di fronte a un teatro vuoto.”

Quando qualcuno mi dice che i miei libri li hanno ispirati ad “andarsene e fondare una comune da qualche parte”, gli auguro ogni bene e mi mordo la lingua per resistere dal dirgli che si tratta di qualcosa di molto lontano da ciò che avevo in mente io. Se puoi essere libero solo sulla cima di una montagna o su un'isola deserta, allora chiaramente non sei davvero libero.

Ascoltando i nostri figli.

Che sia loro intenzione o meno, i suicidi spesso rivelano molto di se

Page 104: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

stessi nella scelta del metodo che usano per uccidersi. Coloro che si sentono colpevoli si impiccano. Le vittime sacrificali si tagliano la gola. I rifiutati si gettano da edifici o da ponti. Le menti tormentate si fanno saltare le cervella. Jeffrey in My Ishmael si è annegato in un lago, dicendoci di non essere riuscito a trovare il proprio elemento. Non riusciva proprio a farsi entrare nei polmoni l'aria che gli altri sembravano respirare così facilmente.

Ho parlato di Jeffrey (o del suo prototipo del mondo reale, Paul Eppinger) a molti pubblici, sempre con la sensazione di non aver espresso adeguatamente il punto, ossia che lui non era straordinario. Si può trovare ovunque tra i nostri figli – se solo proviamo ad ascoltarli. Non intendo ascoltare le loro parole – potrebbero non avere le parole per esprimersi. Ascoltate le storie che dicono con i loro gesti di profonda alienazione e disperazione, le storie di pandemie di suicidi, di abuso di droghe tra ragazzi sempre più giovani ogni anno che passa, di sconcertanti atti di violenza commessi da adolescenti dalla faccia tonda contro amici e famigliari. Ascoltate anche le parole, naturalmente, ma non dimenticatevi mai che sono stati educati a dire ciò che la gente vuole sentire; gli assassini di massa tra di loro sono quasi sempre ricordati come ragazzi gentili ed educati.

So di non essere riuscito a farmi capire quando la gente mi dice che Jeffrey “avrebbe dovuto andare in una comune”. Quest'idea rappresenta un profondo fraintendimento di dove uno spazio per essere liberi vada cercato.

Il bagno di sangue di Littleton.

Il paragrafo precedente è stato scritto sei mesi prima dello scioccante atto di violenza commesso il “Giorno dei biscotti gratis”, il 20 aprile 1999, nella Columbine High School a Littleton, Colorado, dove quindici morirono in pochi minuti. Benché i perpetratori di questo massacro fossero due ragazzi estremamente impopolari, un compagno di classe in seguito riuscì a ricordare almeno uno di loro come “gentile”.

Ero impopolare anch'io nella mia scuola superiore – non quanto questi due, ma comunque gestivo la cosa nello stesso modo, facendomene beffe e perfino coltivandola ostinatamente. Avevo anch'io un complice, che mi forniva un po' di solidarietà nell'esclusione. Entrambi abbiamo fatto ricorso alla violenza in alcune occasioni, ma naturalmente non sognavamo di assassinare centinaia di persone, minare la scuola e far schiantare un

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aereo su dei palazzi.Le cose erano diverse allora, quasi mezzo secolo fa – non che fossero i

“bei vecchi tempi”. Non ci era mai concesso di dimenticare che una parola sbagliata o un momento di follia avrebbe potuto scatenare un olocausto nucleare che avrebbe lasciato il nostro mondo ridotto a un cumulo di rovine fumanti. Ma se non fosse accaduto, ci trovavamo davanti un futuro di promesse letteralmente illimitate. Nessuno aveva ancora realizzato che stavamo rendendo la Terra inabitabile. Nessuno aveva ancora messo in dubbio che avremmo potuto continuare a vivere in questo modo per sempre. Quindi avevamo delle speranze – acri, stai, tonnellate di speranze. Avevamo un modo di vivere che sapevamo avrebbe funzionato. Avevamo delle scelte. Non dubitavamo neanche per un attimo che avremmo potuto fare qualunque cosa avremmo voluto, perché tutto avrebbe continuato a migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare e migliorare... per sempre.

Ascoltando i mostri.

Eric Harris e Dylan Klebold sarebbero diventati i “mostri della porta accanto” (come li ha definiti la rivista Time), se avessero avuto un altro modo di vivere? A scuola venivano chiamati “immondizia” e “finocchi”, e bersagliati con pietre e bottiglie lanciate dai compagni da automobili in movimento. Andavano lì perché volevano subire questi abusi? No, capiamo perfettamente perché ci andavano: non avevano altra scelta. “Dovevano” andare, costretti dalla legge e dalla pressione sociale. Se avessero avuto un'alternativa, se ne sarebbero andati dalla Columbine ben prima che il loro unico sogno diventasse un sogno di vendetta e suicidio.

Una scansione cerebrale avrebbe rivelato che erano “inclini alla violenza”? Forse, e allora? Una scansione cerebrale potrebbe rivelare lo stesso di me. Ricordatemi di raccontarvi di quella volta in cui sono arrivato a una frazione di secondo dall'uccidere un uomo a mani nude, una catastrofe evitata per un pelo solo dalla fortuna. Essere “geneticamente incline alla violenza” non ti condanna a diventare un assassino di massa – ma essere disperato potrebbe. La creatura di Frankenstein divenne un mostro solo dopo aver capito di non poter essere nient'altro.

Si stima che dai giorni della mia gioventù la depressione tra i giovani sia aumentata del 1000% (mille percento) e il tasso di suicidi tra gli adolescenti del 300% (trecento percento). Dal 1997, degli studenti

Page 106: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

assassini hanno ucciso due persone nel Mississippi, tre nel Kentucky, cinque nell'Arkansas e tredici in Colorado. Fate un grafico di queste cifre e guardatele crescere esponenzialmente nei prossimi anni – a meno che non cominciamo a fornire ai nostri figli un modo alternativo di vivere e qualche vera speranza per il futuro.

Un nostro spazio culturale.

Le persone riluttanti a passare la vita a costruire la piramide di qualche faraone hanno tutti un bisogno comune, ma questo bisogno viene sentito più acutamente dai giovani, che sono i veri animali da tiro dell'operazione. Sessant'anni fa i diplomati trovavano lavoro in fabbrica, dove potevano aspettarsi di arrivare almeno allo stesso livello di avanzamento dei loro genitori. Nell'era postindustriale, i giovani (come evidenziano James E. Côté e Anton L. Allahar) stanno diventando sempre più ghettizzati nei settori della vendita al dettaglio e dei servizi, dove sollevano e caricano, riempiono gli scaffali, agitano scope, imbustano spesa e girano hamburger senza fine, senza guadagnare capacità di alcun tipo e senza vedere alcuna opportunità di avanzamento davanti a loro.

Per loro e per noi, non è spazio geografico quello che ci vuole, è spazio culturale. Carlos, che si era trovato casa sotto una grata in Riverside Park, sapeva che vivere in un buco conferisce un certo tipo di libertà. Ma sapeva anche che non è “vera” libertà se devi vivere in un buco per ottenerla. Voleva il tipo di libertà che la gente ha quando vive dove vuole e non deve ricorrere a un buco, fosse anche nel “pittoresco Ozarks” o nelle “colline del Kentucky”. Voleva un intero mondo di libertà – e lo stesso vuole la maggior parte di noi, penso. Per ottenerlo, dovremo riprenderci il mondo dai faraoni. Non sarà difficile. Non se lo aspettano – ma anche se se lo aspettassero, sarebbero incapaci di fermarlo.

Perché le cose non sono cambiate.

Durante l'epoca degli hippie, negli anni Sessanta e Settanta, sono uscite molte canzoni sulla rivoluzione, ma la rivoluzione stessa non si è mai materializzata, perché ai rivoluzionari non è mai venuto in mente di dover inventare un modo rivoluzionario di vivere. Il loro contributo tipico era fondare comuni – una nuova innovativa idea da parte delle stesse persone che ci hanno dato le parrucche impolverate.

Quando i soldi finirono e i genitori si stufarono, i ragazzi si guardarono

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intorno e non videro altro da fare che mettersi in fila per un lavoro alla cava. In breve, stavano trascinando pietre sulle stesse piramidi a cui avevano lavorato per secoli i loro genitori, i loro nonni e i loro bisnonni.

Questa volta sarà diverso. Sarà meglio che lo sia.

Un'altra storia da interpretare.

Come detto in Ishmael, la “storia” che stiamo recitando nella nostra cultura è questa: “Il mondo è stato creato perché l'uomo lo conquistasse e dominasse, e l'uomo è stato creato per conquistarlo e dominarlo; sotto il dominio dell'uomo, il mondo avrebbe potuto diventare un paradiso, eccetto per il fatto che è fondamentalmente e irrimediabilmente difettoso. Questa storia – in se stessa mitologia – è il fondamento di tutta la nostra mitologia culturale, e in Ishmael ho detto che non è possibile per le persone semplicemente smettere di interpretare questa storia. Devono avere un'altra storia di cui far parte.

Quando scrissi queste parole non mi venne in mente che alcune persone potessero immaginare quest'altra storia come un'invenzione nuova di zecca che io o una squadra di mitologisti avremmo creato a tavolino dal nulla, ma naturalmente alcuni lo pensarono. Ma stranamente, quando provai ad articolare questa nuova storia, che ho descritto come quella che è stata recitata qui per i primi tre milioni di anni di vita umana, scoprii di non riuscire a farlo in alcun modo convincente. Questo perché stavo cercando di formularla in un modo parallelo al nostro, punto per punto. Per molto tempo non riuscii a capire che l'altra storia era molto più semplice (molto più “primitiva”) della nostra – e che l'avevo già articolata. Nella mia mente, è la storia più bella che sia mai stata raccontata.

Non esiste un unico modo giusto di vivere per le persone.

Nessun unico modo giusto.

Una volta che lo si riconosce, è perfettamente chiaro che questa è stata la storia recitata qui per i primi tre milioni di anni di vita umana. Naturalmente, il nostro è solo un capitolo particolare di una storia molto più ampia, scritta nella comunità della vita stessa fin dall'inizio, cinque miliardi di anni fa: non esiste un unico modo giusto di vivere PER NESSUNA FORMA DI VITA.

Nessun unico modo giusto di disegnare una mandibola.Nessun unico modo giusto di costruire un nido.

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Nessun unico modo giusto di progettare un occhio.Nessun unico modo giusto di muoversi sott'acqua.Nessun unico modo giusto di riprodursi.Nessun unico modo giusto di avere figli.Nessun unico modo giusto di plasmare un'ala.Nessun unico modo giusto di attaccare la preda.Nessun unico modo giusto di difenderti da un attacco.Ecco come noi umani siamo giunti da lì fino a qui: interpretando questa

storia. E ha funzionato sensazionalmente bene fino a circa diecimila anni fa, quando una cultura molto bizzarra cominciò a venire ossessionata dalla credenza che ci fosse un unico modo giusto di vivere per le persone – e in effetti, un singolo modo giusto di fare praticamente tutto.

Preso in castagna!

Ma queste parole verranno difficilmente accettate senza che qualche furbacchione dica: “Ma non sta forse dicendo, signor Quinn, che il modo tribale è l'unico modo giusto di vivere per le persone?”

Non sto dicendo nulla di simile. Come ho già detto, i doni della selezione naturale non sono perfetti (tantomeno “giusti”), ma sono dannatamente difficili da migliorare. Il modo tribale non è il “modo giusto”, è solo un modo che ha funzionato per milioni di anni, a differenza del modo gerarchico, che ci ha portato sull'orlo dell'estinzione in appena diecimila anni.

Per quanto ne so, il modo tribale in futuro potrebbe venire superato da qualche altro modo che funzioni meglio per noi in circostanze che saranno ovviamente molto diverse da quelle passate. In effetti, questo non è forse proprio ciò che sto proponendo in queste pagine? Dopotutto, non sto suggerendo che torniamo a vivere nel modo tribale com'era attuato durante i primi tre milioni di anni di vita umana – o com'è ancora attuato tra i popoli aborigeni ancora esistenti. Il tribalismo vecchio stile è completa-mente fuori portata per noi, almeno per quanto riguarda il prossimo futuro.

Il tribalismo della Nuova Rivoluzione Tribale non viene proposto come una fine – come qualcosa di giusto che deve continuare a essere attuato a ogni costo – viene proposto come un inizio, in un momento in cui dobbiamo trovare una nuova strada o rassegnarci a unirci ai dinosauri in breve tempo.

Preso di nuovo in castagna!

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Qualcun altro proverò così: “Ma non sta forse dicendo, signor Quinn, che non avere un unico modo giusto di vivere è il modo giusto di vivere?”

No, non lo sto dicendo, perché è una sciocchezza priva di senso. Non avere un unico modo giusto di vivere non è un modo di vivere, proprio come non avere un unico modo giusto di cucinare un uovo non è un modo di cucinare un uovo.

Sapere che non esiste un unico modo giusto di vivere non ti dirà come vivere, proprio come sapere che non esiste un unico momento giusto di andare a letto non ti dirà quando andarci.

L'inizio non è la fine.

Oltre la civiltà non è uno spazio su nelle montagne o in qualche remota isola deserta. È uno spazio culturale che si apre a persone con nuove menti.

Vecchie menti pensano: Come risolviamo questi problemi?

Nuove menti pensano:Come facciamo avvenire ciò che vogliamo che avvenga?

Discutendo delle idee proposte in questo libro con i vostri amici, sarete in grado di individuare le vecchie menti facilmente. Sono quelle che fanno sempre l'avvocato del diavolo, che si concentrano sempre e solo sulle difficoltà, che riducono sempre il vostro discorso a un mucchio di problemi. Concentratevi invece su quello che volete che avvenga e su come farlo avvenire, anziché su tutte le cose che potrebbero ostacolarvi.

Che ci crediate o no, una persona reale una volta mi ha detto: “Sì, ma non dovremo ancora pagare le tasse?” Sì, e dovrete ancora portare al guinzaglio il vostro cane e rispettare i limiti di velocità e spalare la neve dal vialetto quando nevica. E sarà ancora una buona idea arrivare all'aeroporto alcuni minuti prima che il vostro volo decolli.

Come, niente miracoli?

Jack e Jill stavano passando alcuni giorni con il loro amico Simon sulla sua piccola barca a vela. Una mattina si svegliarono e scoprirono che la

Page 110: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

barca stava affondando.“Che diavolo facciamo adesso?”, chiese Jill.“Non preoccuparti”, disse Jack, “Simon è molto ingegnoso.”Simon disse loro: “Andiamo, dobbiamo abbandonare la nave.”Jill era allarmata, ma Jack la rassicurò che Simon non li avrebbe delusi.“Siamo solo a qualche decina di metri dalla costa”, disse Simon.

“Andiamo!”“Ma come ci salveremo?”, volle sapere la coppia.“Nuoteremo, ovviamente!” Vedendo lo sguardo deluso di Jack, Simon

gli chiese cosa non andasse.“Speravo che trovassi un modo per trasportarci direttamente a riva,

senza doverci bagnare”, disse Jack.

Uno dei miei primi lettori mi espresse lo stesso disappunto. Sperava che sarei stato in grado di trovare un modo per trasportarci direttamente nella nostra nuova terra economica senza doverci “bagnare” nell'economia Prendi che ci circonda. La Nuova Economia Tribale (che posso al massimo immaginare solo vagamente) è la terraferma davanti a noi. Raggiungerla mantenendoci sdegnosamente separati dall'economia intorno a noi farebbe sembrare camminare sull'acqua un miracolo trascurabile.

Un consiglio di 140 parole.

Non è necessario che abbiate tutte le risposte. Di sicuro non le ho io. È sempre meglio dire “Non lo so” che fingere di averle e finire nell'acqua bollente.

Fate fare alle persone le loro domande. Non sobbarcatevi l'onere di capire qual è la loro difficoltà.

Non cercate mai di rispondere a una domanda che non comprendete. Fatevela spiegare meglio da chi ve l'ha fatta; continuate a insistere finché non sarà chiara, e nove volte su dieci vi daranno la risposta da soli.

Le persone ascoltano quando sono pronte ad ascoltare, e non prima. Probabilmente anche voi una volta non eravate pronti ad ascoltare. Lasciate che ci arrivino da soli seguendo il loro ritmo. Infastidirli o maltrattarli li allontanerà e basta.

Non sprecate tempo con chi vuole solo litigare. Vi terranno immobiliz-zati per sempre. Cercate persone che sono già aperte a qualcosa di nuovo.

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Un finale esplosivo.

Come ogni autore, immaginavo che quando sarebbe venuto il momento avrei avuto un finale esplosivo per questo libro – un fragore di cembali, un raggio di luce che penetra le nubi (capite?), ma nulla del genere mi è venuto in mente. L'ho detto a Rennie ieri pomeriggio, tanto per parlare. Non mi aspettavo che lavorasse al problema, perché non credevo che lo fosse. Comunque sia, alle tre del mattino mi ha svegliato per spiegarmi perché nessun finale grandioso si era presentato spontaneamente e perché non l'avrebbe mai fatto. Già che c'era, mi ha detto che avrei dovuto includere Hap e C.J. nella dedica, e che questo era il primo libro che davvero volesse dedicato a lei (le altre dediche l'hanno lasciata piuttosto indifferente).

Non c'è alcun finale in questo libro, mi ha detto, perché è interamente, al cento percento un inizio, e naturalmente ha ragione.

Ma questo significa solo che non arriverà nessun finale esplosivo qui. Il finale esplosivo è dall'altra parte della copertina di questo libro, dove avverrà la vera rivoluzione.

Il finale esplosivo spetta a voi scriverlo.

Page 112: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

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INDICE ANALITICO

Quasi tutti gli argomenti trattati in “Oltre la Civiltà” sono stati già discussi in altri libri precedenti. Questo indice ha lo scopo di aiutare a rintracciarne lo sviluppo attraverso il tempo.

I numeri che seguono immediatamente i termini si riferiscono a pagine di questo libro.

I numeri preceduti da (ISH), (TSOB) e (MI) si riferiscono invece alle pagine dei libri: “Ishmael”, “The Story of B” e “My Ishmael”, e più precisamente alle mie traduzioni italiane di tali libri scaricabili in PDF dal sito NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com (per noi lettori italiani, lasciare i numeri di pagina delle edizioni americane sarebbe stato inutile).

Dr. Jackal. ([email protected])

DEFINIZIONI

Civiltà: 47, 52-53, 66-67

Cultura: 13, 34 – (ISH) 27, 130-133 – (MI) 25, 58-59

Stile di vita: 34

Meme: 13

Salvare il mondo: 4-5 – (ISH) 18-19 – (TSOB) 40-41, 105-107 – (MI) 5, 129-134

Organizzazione sociale: 33-34, 53

Aziende tribali: 37-38, 85-90, 97 – (MI) 154-155

Tribù, culti, comuni, bande: 35, 37, 59-60, 92-94, 96 – (MI) 70-71, 104, 138, 151-155

CULTURA

La “nostra” e la “loro”: 3 – (ISH) 26-27, 130-133, 135-136, 153 – (TSOB) 64, 72-74, 79-81, 91-92, 133-135, 167, 219 – (MI) 25-30, 43, 65,

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78-79, 82, 91, 101-104, 115-116

In quanto “vasca memica”: 14-15

Come meme diversi producono culture diverse: 14, 19, 25-29

Parla Madre Cultura: 19, 88 – (ISH) 28, 56, 59, 61, 63, 86-88, 94, 132-133, 140-142, 153 – (TSOB) 215, 243-247 – (MI) 17-18, 22-23, 27, 32, 93, 96, 98, 100, 129-130, 133, 154

MEME

Come elementi di una visione: 13, 19-21, 25, 31, 43, 48, 55

Paragonati ai geni: 13-14, 17-19

Letali: 15, 30

Replicazione: 18-19 – (MI) 105

La “conoscenza del bene e del male” come gruppo di meme: 28-29 – (ISH) 103-109, 115-116, 120-121 – (TSOB) 82-83

LA NOSTRA MITOLOGIA CULTURALE

Agricoltura come inevitabile o come “il modo migliore di vivere”: 19-20, 23, 35 – (ISH) 44, 46, 49-50, 108, 116, 135-136, 141, 150 – (TSOB) 66, 71, 94, 136, 212, 215-218, 287 – (MI) 33, 38, 42

La civiltà come innata o insuperabile: 25-27, 31, 48, 63, 101 – (ISH) 44, 46, 49-50 – (TSOB) 73-74, 110, 210, 212, 215-218, 287-288 – (MI) 77

Gli umani intrinsecamente difettosi: 8-9, 100, 107 – (ISH) 53, 57-58, 76 – (TSOB) 80-81, 128, 234, 248, 274 – (MI) 24, 26-28, 65, 73, 83

Il nostro come “l'unico modo giusto di vivere per le persone”: 29, 55, 63, 107-109 – (ISH) 108-109, 135-136 – (TSOB) 73-74, 284, 287 – (MI) 88, 129, 148-150

I membri della nostra cultura come l'umanità stessa: 102 – (TSOB) 71, 73, 110, 220-221, 250-251

Page 118: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

Il mondo creato perché l'uomo lo conquistasse e dominasse: 107 – (ISH) 38, 40-43, 46-48, 51, 93 – (TSOB) 130-131, 136, 167, 246-247

CIO' DI CUI LE PERSONE HANNO BISOGNO E CIO' CHE VOGLIONO

Libertà dalla schiavitù salariata: 29-32, 35, 37, 47, 50, 67-69 – (ISH) 20, 24 – (TSOB) 287-289 – (MI) 34-39 99-100, 131-133, 141, 147, 149-150

Libertà di vivere in modo diverso: 50, 54-59, 79-80, 106 – (TSOB) 251 – (MI) 34-39, 131-133, 141, 149-150

Speranza per il futuro: 4-7, 50, 64-68, 84-89, 133 – (ISH) 160 – (TSOB) 204, 289-291 – (MI) 83-86, 88, 133

Sicurezza: 50, 67, 87-89 – (ISH) 153 – (MI) 123, 125

Equità sociale ed economica: 2, 37, 42-46, 67

CHI NON STA OTTENENDO CIO' DI CUI HA BISO-GNO?

I senzatetto: 69-79 – (ISH) 142-143, 145 – (MI) 137-138

I giovani: 30-31, 59-60, 104-106 – (ISH) 2, 18-19, 139 – (MI) 12, 134-140, 147-148

LA SOLUZIONE GERARCHICA

La cultura del “massimo danno”: 62-67, 101 – (ISH) 84, 134 – (TSOB) 243, 246-247 – (MI) 12

Ricchezza gerarchica e livelli qualitativi di vita: 2, 29-30, 50-52, 61-63, 95 – (ISH) 142, 150 – (TSOB) 80 (MI) 26, 34-39, 79-80, 82-83, 109-110, 115-123, 131

Page 119: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

Chiudere il cibo sotto chiave: 3, 41 – (MI) 25-27, 35-36, 41, 66, 79, 88, 92, 99, 117, 119-123, 125-126, 138, 150

Guadagnarsi da vivere nella gerarchia: 25, 29-30, 35, 38-39, 44-45, 60-61 (ISH) 85, 132-134 – (TSOB) 137, 215 – (MI) 26-27, 34-39, 88, 123-128, 137-141

Creare leggi: 10-11, 70-71 – (ISH) 135-136 – (TSOB) 274, 280-284 – (MI) 76-78

Scolarizzare: 71 – (TSOB) 42, 69 – (MI) 18, 33, 39, 88-115, 145

Diseguaglianze sociali ed economiche: 25-27, 36, 48-50, 53, 73 – (ISH) 113, 115, 142, 162-163 – (TSOB) 274 – (MI) 35-36, 79, 117-123

Agricoltura totalitaria; la corsa al cibo, la crescita demografica: 19-20, 28, 65-66 – (ISH) 44, 70, 82-89, 96-97, 137-139 – (TSOB) 65-66, 71-73, 78-81, 131-134, 210-213, 220-223, 225-240, 252-272 – (MI) 34-41

Tentativi nell'America Precolombiana: 21-28, 34-35, 48-49 – (ISH) 69, 76, 108-109, 162 – (MI) 67, 123

Insostenibilità della soluzione gerarchica: 43-45, 50, 99-102 – (ISH) 67-71, 76, 86, 90-93, 139-140 – (TSOB) 218-221 – (MI) 12, 41-42

LA SOLUZIONE TRIBALE

Cibo che può essere raccolto liberamente: 19-20 – (ISH) 145-150 – (MI) 26, 35-39, 117

Agricoltura non totalitaria: 19-20, 41 – (ISH) 86-88, 108 – (TSOB) 67, 214 – (MI) 35-37, 40-41, 66-68

Guadagnarsi da vivere nella tribù: 19-20, 23, 34-35, 36-50, 80-82, 84-85, 87-90 – (ISH) 131-132 – (MI) 38, 120

Equità sociale ed economica: 5, 35, 37, 40-41, 48, 66-67 – (TSOB) 274 – (MI) 79, 120

Ricchezza tribale e livelli qualitativi di vita: 41-42, 50-52, 59, 81-84, 87-88 – (ISH) 95-96, 142-150 – (TSOB) 92-95, 160-161, 274 – (MI) 78-79, 115-120, 123-128, 131, 145-146, 153-155

Page 120: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

IMPARARE DAL PASSATO

Perché i popoli passati hanno abbandonato le loro civiltà? 21-25, 34, 36, 48 – (ISH) 68-69, 108 – (TSOB) 276-277

Perché noi non abbiamo abbandonato la nostra? 24-26, 27-28, 30, 44, 45-46 – (ISH) 68-71, 108

La “Rivolta dei bambini” degli anni Sessanta e Settanta: 106-107 – (ISH) 2, 139 – (MI) 146-147

IMPARARE DA CIO' CHE FUNZIONA

L'invisibilità del successo: 7-10 – (ISH) 61-66, 78-80 – (TSOB) 129-130, 190-193 – (MI) 22, 82-83

Organizzazioni sociali di altre specie e culture: 33, 35, 48-49, 57-58, 60 – (ISH) 69, 76-91, 94-95, 130-133, 140-142, 144, 153, 157 – (TSOB) 43-53, 113-124, 127-131, 135-148, 155-163, 188-193, 215, 219-221, 263-266 – (MI) 33, 45-63, 64-83, 85-88, 102-105, 110-111, 125-127

PROGRAMMI E VISIONI

Cristianità e altre religioni come visioni: 9-10 – (TSOB) 43, 52-53, 125, 233-234, 288-289 – (MI) 79-80

Rivoluzione Industriale come visione: 9-10, 12 – (TSOB) 42, 204, 238 – (MI) 142-146

Meme come elementi delle visioni: 13-16, 18-19, 25, 27-31, 43

Vecchie menti/ Nuove menti: 5-6, 10-11, 57-58, 71, 109 – (TSOB) 41-43, 62, 65-66, 78-80, 204 – (MI) 188

Meccanismi di diffusione delle visioni: 9 – (TSOB) 43, 71-73, 125-126

Visioni e visioni contro programmi: 5-6, 10-13, 34, 57 – (ISH) 161, 163-164 – (TSOB) 30, 40-44, 62, 65, 124-164, 204, 234, 241-249

Page 121: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

PENSARE ALL'IMPENSABILE

Abbandonare la civiltà: 21-32, 34, 50 – (ISH) 139, 161-163 – (MI) 149-150, 155

Abbandonare “l'unico modo giusto di vivere per le persone”: 23-24, 27, 55-56 – (MI) 149-150

Accettare il fenomeno dei senzatetto: 69-79 – (MI) 141

Creare nuovi spazi culturali: 50, 66-67, 73-75, 101-102, 106 – (MI) 141

Cambiamenti di paradigma: 10-11, 107 – (TSOB) 65-66, 78-81, 83-84

LA NUOVA RIVOLUZIONE TRIBALE

Un mondo di tribù: 60-61, 66-68, 88-91, 98-99

Una via di fuga dalla gerarchia: 31, 61, 64-65, 97-102 – (MI) 145-155

Il persistente bisogno di guadagnarsi da vivere: 74-75, 80-82, 84-85, 90-91, 106-107

La cultura del “minor danno”: 64-65

Cambio incrementale contro rivoluzione, “combattere”: 50, 54-55, 58-62, 71 – (MI) 149-150

Aziende tribali (il circo e altre): 38-41, 61, 81-97 – (MI) 153-154

La Tribù del Corvo: 76-77, 80 – (MI) 141

Page 122: Daniel Quinn - Oltre la civiltà (Beyond Civilization) (libro in italiano)

Dial-a-tribe (chiama una tribù)

La Nuova Rivoluzione Tribale non è altro che un grande esperimento educativo e può avere successo solo se condividiamo le nostre conoscenze, le nostre esperienze e le nostre scoperte riguardo il guadagnarci da vivere tribalmente.

Fortunatamente, abbiamo uno strumento straordinario per far ciò: internet. Al sito www.NewTribalVentures.com potete mettervi in contatto con altri lettori pronti a intraprendere questa prossima grande avventura.

Quelli senza un accesso a internet possono raggiungermi scrivendo a “Beyond Civilization, P.O. Box 66627, Houston, TX 77266-6627”. Le vostre lettere sono benvenute e verranno sempre lette con interesse, ma per favore comprendete che non posso rispondere personalmente a tutte.

Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:

NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com