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Alternative sostenibili
al consumo di acque
minerali confezionate
in bottiglie di PET
Elena Tasca
Matricola 807008
1. INTRODUZIONE
Il concetto di “sviluppo sostenibile” è stato usato per la prima volta nel 1987 nel rapporto Bruntland che
lo definisce come «sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di soddisfare i propri».
Si arrivò a tale definizione perché a partire dagli anni ’70 si iniziò a percepire che la continua cre scita della
popolazione, con il conseguente aumento dell’urbanizzazione, della produzione industriale e dei consumi,
avrebbe comportato un massiccio sfruttamento delle risorse naturali e un aumento dei rifiuti, fino a
costituire un rischio per l’uomo stesso, non essendo le risorse infinite ed essendo la Terra un sistema
chiuso.
Con il tempo si è reso necessario definire un quadro normativo per applicare nel concreto e in modo
vincolante il concetto di sviluppo sostenibile ma anche le abitudini e le scelte di consumo che si fanno
quotidianamente possono essere significative al fine di garantire la sostenibilità ambientale.
Questo testo si occuperà di analizzare brevemente quale è l’impatto sull’ambiente del consumo di acqua
minerale in bottiglie di PET e quali alternative si possono scegliere per incidere positivamente sulla
sostenibilità ambientale.
2. IL CONSUMO NAZIONALE DI ACQUE MINERALI
Nel nostro Paese abbiamo un consumo pro-capite annuo di acqua confezionata che nell’ultimo decennio
ha oscillato tra i 180 e i 190 litri/anno. Secondo i dati di Zenith International, una delle maggiori società
di ricerca e consulenza globale nel settore del Food & Beverage, la classifica dei Paesi a maggior consumo
di acqua confezionata è la seguente:
Il consumo di acqua confezionata in Italia è dovuto per oltre il 98% ad acqua minerale, mentre, nei Paesi
che ci superano per i consumi pro-capite complessivi, prevalgono le acque confezionate trattate, cioè
sottoposte a procedimenti di depurazione e talvolta integrate con sali minerali. Quindi se si guarda solo
ai consumi di acque minerali, l’Italia vanta il primato dei consumi pro-capite.1
Secondo un rapporto ISTAT sulla tematica dell’acqua2, dal 2008 si è registrata una flessione complessiva
del 16% della spesa delle famiglie italiane per l’acqua minerale. Questa contrazione dei consumi, dovuta
principalmente alla crisi economica, è risultata inferiore a quella di altre bevande o di altri generi alimentari
perché l’acqua è considerata un bene di prima necessità per cui si è disposti a pagare per averne di ottima
qualità. Nonostante negli ultimi 12 anni si lamentino sempre meno disservizi nell’erogazione dell’acqua
di rete ad uso domestico e la sfiducia nella qualità dell’acqua erogata sia diminuita dal 40% al 28%,
l’utilizzo dell’acqua minerale resta comunque predominante in Italia rispetto all’acqua potabile di
rubinetto.
L’acqua in bottiglia viene preferita perché è comunemente reputata più sicura e perché non tutti
gradiscono il retrogusto di cloro che caratterizza qualche acqua prelevata dal rubinetto.
Impatto sull’ambiente dell’acqua minerale imbottigliata in bottiglie di PET
L’acqua minerale generalmente è venduta in bottiglie di PET: essendo il consumo pro-capite di acqua
minerale in Italia di circa 190 L, ogni persona utilizza circa 126 bottiglie di PET all’anno. Considerando
che per produrre 1 kg di PET servono circa 2 kg di petrolio (cioè da un barile di petrolio si possono
ricavare circa 1750 bottiglie)3, che per ogni kg di PET prodotto sono necessari 17,5 L di acqua e si
rilasciano in atmosfera circa 2,3 kg di CO24 e che una bottiglia di PET da 1,5 L pesa circa 30 g, è
1 http://www.beverfood.com/documenti/il-mercato-delle-acque-mineralia-in-italia-nel-2014/ 2 http://www.istat.it/it/files/2015/03/Statistiche-sullacqua 3 http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/economia/petrolio-2/scheda-barile/scheda-barile.html 4 Paul Mc Rande, The green guide, in state of the world 2004, Edizioni Ambiente, Milano 2004, pagg. 136-137
immediatamente chiaro che consumare acqua minerale ha un impatto non trascurabile sull’ambiente.
Inoltre, le bottiglie vengono spesso trasportate anche a centinaia di chilometri da dove vengono
imbottigliate con conseguente consumo di ulteriori idrocarburi ed emissioni in atmosfera e le bottiglie
vuote diventano un rifiuto che deve essere gestito in modo opportuno e non lasciato nell’ambiente dove
impiegherebbe secoli per decomporsi.
3. CONFRONTO TRA ACQUE POTABILI DI RETE E ACQUE
MINERALI
Le “acque destinate al consumo umano” sono le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile,
per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, sia che
esse siano fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori […].5
Le acque distribuite dall’acquedotto sono trattate negli impianti di potabilizzazione dove subiscono
trattamenti fisici (come la grigliatura, la sedimentazione, filtrazione) e trattamenti chimici, in particolare
la disinfezione tramite agenti ossidanti (cloro e ozono soprattutto) al fine di eliminare l’eventuale carica
microbiotica.
Le acque minerali naturali sono quelle acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo,
provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e,
eventualmente, proprietà favorevoli alla salute. Le acque minerali naturali si distinguono dalle ordinarie
acque potabili per la purezza originaria e la sua conservazione, per il tenore in minerali, oligoelementi o
altri costituenti ed, eventualmente, per taluni loro effetti. 6 Esse vanno protette da ogni rischio di
inquinamento e non possono subire trattamenti di disinfezione.
Nella Tabella 1, relativa ai parametri di composizione, si nota che per le acque potabili e di sorgente
alcune sostanze non presentano valori limite (calcio, potassio, bicarbonati) perché queste sostanze non
determinano rischi sanitari indipendentemente dalla loro concentrazione. Per le acque minerali la legge
non prevede alcun limite.
5 Art.2, D.Lgs 31/2001 6 Art.2, D.Lgs 176/2011
Tabella 1 - Confronto tra valori limite per i parametri di composizione in acque ad uso umano
Tabella 2 - Confronto tra i valori limite per i principali contaminanti in acque destinate al consumo umano
Principali contaminanti Unità di
misura
Acque potabili (D. Lgs.
31/01)
Acque minerali (D.Lgs
542/92 e D.Lgs 31/05/
2001)
Antimonio µg/L 5,0 -
Arsenico (As totale) µg/L 10 50
Bario mg/L - 1
Benzene µg/L 1,0 -
Benzo (a) pirene µg/L 0,010 -
Boro (come B) mg/L 1,0 5,0
Cadmio µg/L 5,0 3
Cianuro µg/L 50 10
Cromo (Cr III + Cr VI) µg/L 50 50
Fenoli µg/L - 0,5
Piombo µg/L 10 - 25 10
Mercurio µg/L 1,0 1
Nichel µg/L 20 -
Parametri Unità di
misura
Acque potabili
(D. Lgs. 31/01)
Acque minerali (D.
Lgs. 542/92)
Cloruri mg/L 250 -
Solfati mg/L 250 -
Bicarbonati mg/L - -
Sodio mg/L 200 -
Potassio mg/L - -
Calcio mg/L - -
Magnesio mg/L - -
Residuo fisso mg/L 1500 -
Conducibilità µS/cm a
20 °C 2500 -
Rame µg/L 1000 1000
Selenio µg/L 10 10
Nitrati mg/L
NO3 50 45
Nitriti mg/L
NO2 0,50 0,02
Idrocarburi µg/L - 10
Idrocarburi policiclici
aromatici µg/L 0,10 0,1 -0,05
Pesticidi e bifenili
policlorurati µg/L
0,5 in totale - 0,1 comp.
separato
0,5 in totale - 0,1 comp.
separato
Tetracloroetilene e
tricloroetilene µg/L 10 0,1-0,5
Comp. organoalogenati µg/L 30 0,1-0,5
Vanadio µg/L 50 -
Zinco µg/L - -
Ammonio (come NH4) mg/L 0,50 -
Alluminio µg/L 200 -
Ferro µg/L 200 -
Manganese µg/L 50 2000
Tensioattivi anionici µg/L 200 25-100
Fluoruro mg/L 1,50 -
I parametri e i limiti dei contaminanti delle due tipologie di acque sono sostanzialmente simili. Per le
acque minerali i limiti per antiparassitari, IPA, composti organici alogenati, tensioattivi, nitrati, nitriti,
benzene, cianuro, cadmio, piombo sono più restrittivi mentre i limiti per alcuni contaminanti, legati
prevalentemente ai processi di potabilizzazione come l’acrilammide, gli ioni clorito e bromato, non sono
previsti.
L’acqua potabile è soggetta a due tipi di controllo: interno ed esterno. I controlli interni consistono nella
verifica da parte del gestore della qualità dell’acqua tramite dei laboratori di analisi con cui stipula delle
convenzioni mentre i controlli esterni sono svolti dall’ASL territorialmente competente per verificare che
l’acqua destinata al consumo umano rispetti i requisiti dettati dalle norme. I controlli possono essere
routinari (per monitorare le sole caratteristiche principali) e di verifica (per monitorare tutte le
caratteristiche per le quali la legge fissa un limite). La frequenza dei controlli è definita dalla legge: i
controlli routinari variano da 4 all’anno per impianti di piccole dimensioni a controlli giornalieri per
impianti che distribuiscono 100.000 metri cubi.
Per le acque minerali naturali la legge prevede controlli da parte dell’autorità sanitaria:
Alla sorgente, con frequenza almeno quadrimestrale;
All’impianto di imbottigliamento, con frequenza da mensile a settimanale in funzione del volume
di produzione;
Ai depositi all’ingrosso e alla vendita al dettagl io, a cura delle ASL locali e con frequenza indicata
dalle Regioni.
Le acque minerali sono considerate un alimento, per cui un qualsiasi superamento dei valori limite
comporta il ritiro dal commercio dei lotti non conformi e/o l’eventuale sospensione o cessazione delle
attività di imbottigliamento dell’azienda; per le acque di acquedotto invece la Regione può stabilire delle
deroghe ai valori dei parametro fissati dalla legge purché nessuna deroga presenti potenziale pericolo per
la salute umana e se l’approvvigionamento di acque conformi non possa essere assicurato con nessun
altro mezzo congruo. La deroga è temporanea ed è subordinata alla presentazione di un piano di rientro.
Si può affermare quindi che l’acqua potabile erogata dalla rete non è meno sicura dell’acqua minerale ma
che, anzi, per molti aspetti è paragonabile ad essa sebbene l’acqua di acquedotto abbia un impatto
ambientale molto più ridotto e abbia un costo inferiore per i consumatori.
4. INSTALLAZIONE DI DISTRIBUTORI DI ACQUA POTABILE
NEL COMUNE DI BONATE SOTTO (BG)
L’11 maggio 2012 è stata inaugurata nel comune di Bonate Sotto una “casetta dell’acqua”, cioè un punto
di erogazione automatica di acqua, installata in spazi pubblici, in funzione 24 ore al giorno, collegato
direttamente alla rete dell’acquedotto. Essa è formata da due postazioni di prelievo che possono erogare
sia acqua naturale che gassata al costo di 5 centesimi/L (il costo medio dell’acqua minerale in bottiglia è
circa di 30 centesimi/L). L’amministrazione comunale per l’installazione e la gestione della casetta
dell’acqua si è affidata alla Società X S.p.a che gestisce tutte le fasi del sistema idrico integrato del comune
e della zona. I vantaggi per i cittadini derivanti dal suo utilizzo sono molteplici: è un servizio a km zero
in quanto l’acqua arriva direttamente dall’acquedotto, senza stoccaggi di nessun tipo, e viene controllata
e monitorata periodicamente dai tecnici; è più economica dell’acqua minerale e ha un impatto
sull’ambiente minore.
L’acqua distribuita in ogni casetta dell’acqua subisce un doppio controllo per garantirne la qualità: un
controllo interno da parte della società di gestione e un controllo esterno da parte dell’ASL, prelevando
campioni lungo tutto il percorso che l’acqua percorre, dal punto di prelievo ai contatori.
Prima che avvenga l’erogazione, per rendere l’acqua più gradevole al gusto, viene effettuata una
microfiltrazione, che permette di eliminare il cloro, odori o sapori (se presenti), e la sterilizzazione
mediante una speciale lampada UV.
La recente normativa comunitaria sulla gestione dei rifiuti 2008/98/CE stabilisce una gerarchia dei rifiuti
che stabilisce in generale un “ordine di priorità” di quello che è considerata “la migliore opzione
ambientale nella normativa e nella politica dei rifiuti”: prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero per
altri scopi.
L’utilizzo delle casette dell’acqua è compatibile con le linee guida europee perché porta a una riduzione
dell’utilizzo delle bottiglie di PET, cioè a una preventiva formazione di rifiuti, poiché i cittadini portano
da casa i contenitori e generalmente scelgono bottiglie di vetro, facilmente lavabili e riutilizzabili
moltissime volte.
Dati e considerazioni
La “casetta” dalla sua installazione al 26 Gennaio 2016 ha erogato 1.501.197 L, evitando il consumo di
circa 1.000.798 bottiglie di PET da 1,5 L. Questo significa che si è evitato la produzione di circa 30.023,94
kg di PET che avrebbero richiesto:
Immissione in atmosfera di 69.053 kg di CO2;
Utilizzo di 525.418 L di acqua;
Utilizzo di 60.048 kg di petrolio (pari a 572 barili).
Tabella 3. Fonte: Osservatorio dei rifiuti della provincia di Bergamo.
Dalla Tabella 3 si vede come a partire dal 2012 la quantità pro-capite di plastica conferita per il riciclaggio
sia diminuita a livello comunale, passando da 13,324 kg/ab nel 2011 ai 12,15 kg/ab nel 2014, dopo un
trend in continuo aumento dal 2004 al 2010, in controtendenza rispetto gli andamenti di ambito e di
provincia.
Per avere un’idea della quantità di PET evitata, si consideri che la plastica raccolta dal 2012 al 2014 è stata
di 245.120 kg e che il PET evitato è equivalente al 12,25% di questa cifra.
Tabella e Grafico 4. % raccolta differenziata – fonte: http://sit.provincia.bergamo.it/sitera3/ot/schede/sitamb.asp
La Tabella e il Grafico 4 mostrano che nel Comune la raccolta differenziata è molto diffusa e in continuo
aumento, raggiungendo percentuali superiori rispetto a Provincia, Regione e livello nazionale, per questo
si ha motivo di credere che la diminuzione della plastica raccolta in modo differenziato non sia da
attribuire a crescenti cattive abitudini e disattenzioni ma ad un calo dell’utilizzo della plastica da parte dei
cittadini.
5. PLA, UNA BIOPLASTICA
Le bottiglie in plastica hanno però dei vantaggi: possono essere spostate comodamente, sono leggere,
non si rompono e alcune volte è necessario usare nella propria dieta acque minerali con determinate
caratteristiche (per esempio ricche in calcio, diuretiche, poco mineralizzate…). Probabilmente in un
futuro prossimo, una scelta sostenibile nei casi in cui non si potrà rinunciare al consumo di acqua minerale
sarà quella di scegliere di acquistare acqua confezionata in PLA.
La bioplastica PLA (PoliLAttide) è un polimero versatile: si ottiene dalla polimerizzazione dell’acido
lattico, derivato dalla fermentazione del destrosio ottenuto principalmente da mais. Questo polimero
plastico è fatto al 100% da risorse rinnovabili come mais, barbabietola da zucchero o riso e risulta essere
biodegradabile e compostabile.
La PLA viene impiegata per molte applicazioni e una delle più importanti è il confezionamento degli
alimenti. Dal 2008 questa bioplastica è impiegata da S. Anna per imbottigliare parte dell’acqua che
commercializza ma per ora la vendita di bottiglie in PLA è ancora molto marginale in Italia.7
Il LCA, cioè Life Cycle Assestment, è uno strumento che permette di misurare la sostenibilità ambientale
di un oggetto, a partire dall’estrazione delle materie prime fino al conferimento come rifiuto. Sono stati
fatti vari studi per valutare il LCA della PLA ma questi non valutano l’intero ciclo di vita prendendo in
considerazione solo gli impatti ambientali fino all’uscita del prodotto dallo stabilimento, in quanto il
trasporto e lo smaltimento dipendono da moltissimi variabili che possono variare da Stato a Stato.
Gli impatti sull’ambiente considerati sono (Fig. 5):
Coltivazione del mais;
Trasporto del mais al mulino;
Trasformazione del mais in acido lattico;
Trasformazione dell’acido lattico in lattade;
Trasformazione del lattade in polilattide.
7 http://www.vendingnews.it/acqua-minerale-bioplastica-non-decolla/
Figura 5. Schema semplificato del ciclo produttivo della PLA.
LCA prodotto nel 20028
Figura 6. Energia complessiva espressa in MJ per kg di PLA prodotta.
L’energia complessiva necessaria per ogni kg di PLA, valutando dalla crescita del mais all’ottenimento dei
pellet pronti per la commercializzazione, è di 82,5 MJ. L’energia da fonti fossili è di 54,1 MJ/kg mentre
l’energia da fonti rinnovabili è di 28.4 MJ/kg. La produzione dell’acido lattico e di PLA complessivamente
rappresentano il 73% dell’energia da fonti non rinnovabili utilizzata.
Figura 7. Confronto tra fonti fossili necessarie per la produzione di alcuni polimeri plastici tradizionali e PLA.
Dal grafico si può notare come il sistema di produzione di PLA di prima generazione richieda circa il 25-
55 % in meno di energia da fonti fossili rispetto altri polimeri derivanti dal petrolio. In particolare si nota
8 E.T.H.Vink et al./PolymerDegradation andStability80(2003)403–419
che la produzione di PET SSP (la plastica comunemente usata per le bottiglie di acqua minerale) richiede
circa 80 MJ/kg mentre PLA1 solo 54,1 MJ/kg.
Figura 8. Emissioni di CO2 equivalente per kg di polimero prodotto per alcuni polimeri tradizionali e PLA.
La Figura 8 mette in relazione le emissioni in atmosfera dovute alla produzione dei vari materiali plastici
e per facilitare il confronto sono state tutte convertite in emissione di CO2 equivalenti. Le analisi hanno
dimostrato che la produzione di PLA è vantaggiosa o comparabile con quella di altri polimeri; è stata
evidenziata la differenza in termini di emissioni tra PET SPP e PLA 1.
Figura 9. Acqua complessivamente usata per la produzione di polimeri tradizionali e PLA.
La produzione di PLA1 richiede l’utilizzo di acqua per l’irrigazione del mais e per i due processi di
produzione del destrosio e dell’acido lattico, dalla Figura 9 si evince che la quantità di acqua totale
richiesta è confrontabile con quella necessaria per il ciclo produttivo degli altri polimeri plastici
tradizionali.
Nuovo studio di LCA nel 2010 successivo a nuovi investimenti tecnologici e gli
obiettivi per il futuro9
Figura 10. Energia non rinnovabile necessaria per kg di prodotto per PLA fino al 2005, PLA 2009 e l’obiettivo che si vuole raggiungere.
Figura 11. Emissioni di CO2 equivalente per la produzione di PLA fino al 2005, PLA 2009 e gli obiettivi per il futuro.
9 The eco-profile for current Ingeo® polylactide production, Erwin T.H. Vink, Steve Davies and Jeffrey J. Kolstad.
Criticità
Un problema legato all’utilizzo massivo di PLA risiede nella difficoltà di conferirlo correttamente con la
raccolta differenziata al momento di fine vita. Il corretto smaltimento prevede che gli imballaggi a base
di PLA siano conferiti nella raccolta organica. I critici sostengono che il consumatore non è
sufficientemente informato e quindi c’è la possibilità che la bottiglia in PLA possa essere considerata alla
stregua di altre plastiche e quindi non smaltita in modo corretto: la PLA, se gettata nella raccolta
differenziata della plastica, può causare problemi alla filiera del recupero del materiale.
Molti impianti di smaltimento in Italia, inoltre, non sono ancora attrezzati in modo adeguato per cui i
sistemi automatizzati durante il processo di separazione del materiale da destinare al compostaggio
riconoscono le bottiglie in PLA come “estranee” e le rimuovono, destinandole alla raccolta
indifferenziata.10
6. CONSIDERAZIONI PERSONALI
Se nel futuro si svilupperà ulteriormente il commercio di contenitori in PLA sicuramente si avranno delle
ripercussioni positive sull’ambiente ma ritengo importante sottolineare che , nell’ottica della sostenibilità
ambientale, scegliere di bere acqua potabile di rete rispetto all’acqua minerale imbottigliata resterà la scelta
più adeguata, poiché “il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto” e si evita alla radice lo
sfruttamento di risorse naturali, rinnovabili o non, per la produzione dei contenitori a base polimerica.
10 http://www.ecodallecitta.it/notizie/107304/dopo-i-sacchetti-le-bio-bottiglie-compostabili-ma-gli-impianti-sono-
attrezzati/