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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA "Media e Oriente", un saggio edito da Mursia e scrìtto da due giornalisti esperti dell'argomento, traccia una panoramica dei canali satellitari della regione, illustrando la guerra psicologica che si combatte per la Tv all'interno del mondo islamico Un tema 'caldissimo u 0) di Mauro Scarpellini cn C ade e a fagiolo questo libro sui media arabi firmato a due mani dai giornalisti Andrea Morìgi ed Hamza Boccolini, perché intercetta una nuova potente curiosità verso quanto accade soprattutto al di là del Mediterraneo. La cacciata di Ben Ali in Tunisia, la rivolta per il pane in Algeria, la destituzione di Mubarak in Egitto, la scottante guerra libica e tutto il resto che ancora sta succedendo in quelle terre, legate a noi dal filo rosso delle tecnologie digitali, spariglia schemi e rappresentazioni consolidate, anche sotto il versante specialistico dello sviluppo dei media di massa. La convinzione che da quelle parti le masse giovanili abbiamo come futuro solo quello di raggiungere le nostre coste su barconi di fortuna va ridiscussa alla luce dei fatti degli ultimi mesi. L'irrompere inaspettato di movimenti radicali sbocciati per chiedere urgenti riforme sociali e politiche e il loro massiccio ricorso alla rete internet per innescare e organizzare la protesta hanno costituito una novità di rilievo che ha entusiasmato prima di tutto i giovani occidentali, smaniosi di futuro tanto quanto i ragazzi musulmani. La rivoluzione araba è subito stata ribattezzata la "rivoluzione web", i suoi protagonisti sono diventati la generazione dei blogger, ragazzi comuni che al Cairo e a Tunisi trafficano con strumenti innovativi come Facebook e Twitter. Un argomento 'forte'. Hamza Boccolini, autore con Andrea Morigi del libro "Media e Oriente", un saggio edito da Mursia che traccia una panoramica dei canali satellitari del mondo arabo. silenziosa II libro di Morigi e Boccolini non tratta della rivoluzione araba, perché è stato scritto prima che questi eventi accadessero, ma traccia una mappatura a 360° del sistema televisivo nel mondo arabo, analizzandone soprattutto le criticità, che sono tante. Nelle rivolte arabe la Televisione ha svolto un ruolo importante per la circolazione delle informazioni. Anche se gli strumenti che hanno favorito l'esplosione delle proteste sono stati i pc portatili assieme ai telefonini cellulari protagonisti di tanti video amatoriali, non va dimenticato che una trasformazione silenziosa si era già propagata nell'universo totalitario che regna in una parte delle società della sponda meridionale del Mediterraneo grazie allo sviluppo della Televisione satellitare e alla progressiva diffusione delle antenne paraboliche. Sono infatti oltre 700 i canali satellitari che ogni giorno diffondono trasmissioni in lingua araba proponendo alle nuove generazioni (e non) del mondo arabo un'offerta eterogenea che va dai notiziari ai talk show, dalle fiction ai reality. Divisi per generi, abbiamo 131 canali generalisti, 119 dedicati a musica e varietà, 58 per cinema e fiction, 51 sportivi, 25 economici, commerciali e di shopping, 26 di news, 21 per bambini, 23 culturali, 12 di documentari, 11 interattivi, 13 religiosi e 4 turistici. Un'offerta così composita porta inevitabilmente ad una più marcata influenza dei mezzi di comunicazione sulla vita sociale e politica. In questo modo si produce un lento ma continuo processo di educazione al pluralismo che però non è ancora approdato alla piena democrazia, come è evidente leggendo le cronache quotidiane di questi Paesi e come mettono in evidenza anche gli autori del libro. 4 0 - Millecanali 415 - Ottobre 2011

Intervista a rivista mille canali

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Intervista a rivista specializzata sul libro Media e Oriente

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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA

"Media e Oriente", un saggio edito da Mursia e scrìtto da duegiornalisti esperti dell'argomento, traccia una panoramicadei canali satellitari della regione, illustrando la guerra psicologicache si combatte per la Tv all'interno del mondo islamico

Un tema'caldissimo

u0)

di Mauro Scarpellini

cnC ade e a fagiolo questo libro sui media arabi firmato

a due mani dai giornalisti Andrea Morìgi ed Hamza

Boccolini, perché intercetta una nuova potente curiosità

verso quanto accade soprattutto al di là del Mediterraneo. La

cacciata di Ben Ali in Tunisia, la rivolta per il pane in Algeria,

la destituzione di Mubarak in Egitto, la scottante guerra libica

e tutto il resto che ancora sta succedendo in quelle terre,

legate a noi dal filo rosso delle tecnologie digitali, spariglia

schemi e rappresentazioni consolidate, anche sotto il versante

specialistico dello sviluppo dei media di massa.

La convinzione che da quelle parti le masse giovanili abbiamo

come futuro solo quello di raggiungere le nostre coste su

barconi di fortuna va ridiscussa alla luce dei fatti degli ultimi

mesi. L'irrompere inaspettato di movimenti radicali sbocciati per

chiedere urgenti riforme sociali e politiche e il loro massiccio

ricorso alla rete internet per innescare e organizzare la protesta

hanno costituito una novità di rilievo che ha entusiasmato

prima di tutto i giovani occidentali, smaniosi

di futuro tanto quanto i ragazzi musulmani.

La rivoluzione araba è subito stata

ribattezzata la "rivoluzione web", i suoi

protagonisti sono diventati la generazione

dei blogger, ragazzi comuni che al Cairo e

a Tunisi trafficano con strumenti innovativi

come Facebook e Twitter.

Un argomento 'forte'. Hamza Boccolini, autore con

Andrea Morigi del libro "Media e Oriente", un saggio

edito da Mursia che traccia una panoramica dei canali

satellitari del mondo arabo.

silenziosaII libro di Morigi e Boccolini non tratta della rivoluzione araba,

perché è stato scritto prima che questi eventi accadessero, ma

traccia una mappatura a 360° del sistema televisivo nel mondo

arabo, analizzandone soprattutto le criticità, che sono tante.

Nelle rivolte arabe la Televisione ha svolto un ruolo importante

per la circolazione delle informazioni.

Anche se gli strumenti che hanno favorito l'esplosione delle

proteste sono stati i pc portatili assieme ai telefonini cellulari

protagonisti di tanti video amatoriali, non va dimenticato che

una trasformazione silenziosa si era già propagata nell'universo

totalitario che regna in una parte delle società della sponda

meridionale del Mediterraneo grazie allo sviluppo della

Televisione satellitare e alla progressiva diffusione delle antenne

paraboliche. Sono infatti oltre 700 i canali satellitari che ogni

giorno diffondono trasmissioni in lingua araba proponendo

alle nuove generazioni (e non) del mondo arabo un'offerta

eterogenea che va dai notiziari ai talk show, dalle fiction ai

reality.

Divisi per generi, abbiamo 131 canali generalisti, 119 dedicati

a musica e varietà, 58 per cinema e fiction, 51 sportivi, 25

economici, commerciali e di shopping, 26 di news, 21 per

bambini, 23 culturali, 12 di documentari, 11 interattivi, 13

religiosi e 4 turistici.

Un'offerta così composita porta inevitabilmente ad una più

marcata influenza dei mezzi di comunicazione sulla vita sociale

e politica. In questo modo si produce un lento ma continuo

processo di educazione al pluralismo che però non è ancora

approdato alla piena democrazia, come è evidente leggendo

le cronache quotidiane di questi Paesi e come mettono in

evidenza anche gli autori del libro.

4 0 - Millecanali 415 - Ottobre 2011

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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA

Una ridotta libertà di stampaSe infatti guardiamo all'effettiva libertà di stampa dei Paesi

arabi, il risultato è assai magro. Paesi come Arabia Saudita,

Bahrein, Iraq, Kuwait, Libia, Oman, Qatar, Siria, Tunisia ed

Emirati Arabi Uniti prevedono in linea di massima l'esercizio di

una censura preventiva dell'informazione da parte dei Governi,

mentre in Arabia Saudita, Kuwait, Marocco, Oman, Qatar

e negli Emirati Arabi Uniti è possibile la sospensione delle

pubblicazioni per via amministrativa. Le restrizioni legislative

agiscono "in nome dell'interesse pubblico, della sicurezza

nazionale, della purezza dottrinale" ecc.

La libertà di stampa è quindi ridotta, la ricerca delle notizie da

parte dei giornalisti subisce ostacoli, al punto che solamente

le legislazioni di Algeria, Egitto, Giordania, Sudan e Yemen

consentono in teorìa il diritto di cronaca.

Ma più che la carta stampata, la cui diffusione è carente

per effetto dei forti tassi di analfabetismo, è la Televisione

il mezzo più diffuso tra le oltre 200 milioni di persone che

parlano l'arabo. Un mercato in espansione

quello della Tv, anche sotto il profilo

pubblicitario come testimonia il 30 per

cento di incremento registrato nel 2009.Tuttavia per tutelare i governi dalle insidie

insite nel consumo di prodotti televisivi

è stata approvata nel 2007 la Carta

degli Stati Arabi per la Tv Satellitare, il

cui testo appare animato da due linee

contraddittorie.

Da un lato, questo è un tentativo di

porre un freno agli eccessi, al giornalismo

scandalistico, ai commenti mascherati

da opinioni, alla violazione dei diritti di

proprietà intellettuale, ai programmi che

promuovono il terrorismo, la violenza,

l'odio o la superstizione e altre pratiche

di basso livello, dall'altro prevede molti

provvedimenti restrittivi per i canali che

si occupano di arte, politica, letteratura e

intrattenimento, nonché sanzioni per ogni infrazione.

"Si tratta di uno strumento dei Governi il cui scopo è

imbavagliare le voci e diminuire il margine di libertà a

disposizione": è questo il lapidario giudizio dell'AOHR,

l'Organizzazione Araba per i Diritti umani.

Un difficile equilibriotra religione e politicaIn sostanza ciò che caratterizza i mezzi di comunicazione

arabi è il perenne sforzo di ricerca di un equilibrio tra religione

e politica, due ambiti che per la cultura islamica non vanno

distinti. Nel testo non mancano gli esempi di questi tentativi,

che spesso si rivelano precari e pasticciati.

In Egitto, il canale di edutainment Azhari Tv, nato per

promuovere l'Isiam moderato, alla fine si perde tra

ondeggiamenti e strizzatine d'occhio verso le posizioni

estremiste e anticristiane. Nell'area medio-orientale le spinte di

coloro che combattono contro l'influenza, a loro dire nefasta,

della Televisione sono forti.

A un certo punto ci è scappato anche il morto, un presentatore

libanese di Sheherazade Tv giustiziato dai sauditi per aver

praticato la "stregoneria" davanti a milioni di telespettatori,

rendendosi così un infedele.

Proprio in Arabia Saudita, nel 2009, il ministro

dell'Informazione Abdel Aziz Khoja, appena eletto, si è lanciato

in una guerra santa contro la Televisione di Stato, colpevole a

suo dire di spedire in video giornaliste donne a capo scoperto,

quando sul territorio saudita le regole impongono il velo,

mentre negli Emirati Arabi Uniti la rete QTv è entrata nel

mirino dei fondamentalisti islamici per colpa di un palinsesto

religioso considerato eretico.

In Iran si preferisce invece dare un colpo al cerchio e uno alla

botte: da un lato si impone afiction e soap opera di inserire

al loro interno scene di preghiera, dall'altro, per timore di una

fuga dell'audience, si aprono i palinsesti ai film hollywoodiani e

ai programmi d'intrattenimento.

Andrea MorigiHamza Boccolini

MEDIAe ORIENTEStoria e controcronacadelle televisioni islamichedal pulpito di al-Jaseeraalle notìzie senza velodi al-Arabiya, dai cartoonkamikaze ai reality coranici,alla propaganda americana

Ovvero come i satellitidivennero scimitarree te parabole scudi nell'ultimaStwn-a santa dei palinsesti

MURSIA

C'è poi caso Al-Jazeera, l'emittente

satellitare del Qatar che vanta 40

milioni di spettatori in tutto il mondo

arabofono e che oggi si estende

con Al-Jazeera International e due

distinti canali per bambini e ragazzi

(e altro ancora), al resto del mondo.

La forza distintiva di Al-Jazeera è

sintetizzata nel motto «l'opinione e

l'altra opinione», non a caso la Tv è

una fucina di news in tempo reale

e senza censura. Durante le guerre

in Iraq e in Afghanistan, ha offerto,

attraverso le sue cronache, una delle

poche narrazioni "non embedded" del

conflitto.

Parìmentì è stata più volte sotto accusa

per aver fatto passare anche i messaggi video dei leader di

Al Qaeda e la predicazione degli imam fondamentalisti come

l'egiziano al Qaradawi. Una Tv che fa discutere, insomma. Per

molti ha comunque il merito di aver creato il primo embrione

di opinione pubblica araba attaccando l'ordine simbolico dei

regimi e le relative veline di Stato.

Per la sua attività è entrata però nel mirino di Donald

Rumsfeld e dei neocons di Washington, che l'hanno bollata

come la "voce dei terroristi"; poi col passare del tempo a

preoccuparsi e a inveire contro i suoi programmi sono stati

i boss della tante autocrazie della regione, una lista che

comprende emiri, rais, autocrati e generali del Medio Oriente

come del Maghreb.

In quasi tutti i Paesi arabi questo canale ha dovuto lottare

contro divieti, censure e chiusure delle redazioni, perché in

più occasioni ha ospitato personaggi o politici ostili a questi

Governi o considerati fuori legge dalle loro autorità.

reua»

cn

MHlecanaLi 415 - Ottobre 2011 - 4 1

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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA

CO

a.

O)

Una Tv molto

cresciuta

senza

convincere

tutti.

Un'immagine

relativa ad Al-Jazeera, la più

nota fra le Tv

arabe e forse

anche la più

"controversa".

La libertà di espressioneè una debolezza?Dal canto loro, gli autori del volume manifestano una certa

diffidenza verso Al-Jazeera. La considerano poco affidabile e

parziale.

Il fatto è che essendo di proprietà di un fondo sovrano del

Qatar il canale persegue gli interessi strategici di quell'emirato,

in contrapposizione diretta alla confinante Arabia Saudita. Da

qui, lo spazio strumentalmente concesso a tutti i nemici giurati

di Riad, a partire dai Fratelli Musulmani, che hanno il loro

principale esponente nel citato predicatore egiziano Yussuf al

Qaradawi, vera star di Al-Jazeera.

Nonostante Morigi e Boccolini siano consapevoli che prima

dell'arrivo di Al-Jazeera "i telespettatori arabi subivano un

deficit di informazione, potendo conoscere quanto avveniva

nel mondo, e in particolare nel proprio Paese, solo tramite le

emittenti di regime", sono altresì convinti che la sua libertà

di espressione sia un punto di "debolezza, che espone la Tv

a critiche da parte dei settori più moderati, secondo i quali

permane una forma di censura nei confronti di coloro che non

sposano la causa dell'Isiam radicale e/o la linea imposta dal

governo di Doha".

D'altro canto gli autori non potevano sapere quando hanno

scritto il saggio che l'emittente del Qatar sarebbe stata una

delle voci più importanti e decisive delle recenti rivolte arabe.

Sempre secondo Boccolini e Morigi, Al-Jazeera sarebbe il

principale responsabile della divulgazione di stereotipi sulla

realtà italiana, una ridda di opinioni che "dipendono dal

volto che di un Paese viene mostrato, e in una certa misura

'enfatizzato', dai media, i quali plasmano l'opinione pubblica

in Medio Oriente, secondo disegni in gran parte stabiliti dal

potere".

Secondo questi oscuri disegni l"immagine dell'Italia, propalata

dalla Tv del Qatar sarebbe quella del Paese "della cuccagna, del

permesso di soggiorno facile". Anche il notiziario del canale ci

mette del suo perché "raramente informa sul flusso continuo

di barconi carichi di clandestini che giungono a Lampedusa

e sulle coste della Penisola, preferendo seguire i contrasti tra

gli stranieri musulmani e la popolazione locale". Al-Jazeera,

non contenta, avrebbe anche messo in cattiva luce il governo

italiano di Berlusconi accusandolo di avere «influenzato in

modo negativo la convivenza tra le comunità di stranieri e gli

italiani, visto che i partiti alleati sono noti per essere ostili agli

immigrati».

Ai-Arabiya e le altreio vera alternativa ad Al-Jazeera, dal punto di vista politico

e dei contenuti, si chiama Al-Arabiya, l'emittente di proprietà

saudita assai seguita dagli uomini d'affari arabi, ma non solo,

visto che la sua audience tocca i 5 milioni di utenti. Anche Al-

Arabiya, come del resto Al-Jazeera, avendo fatto delle scelte di

campo, vive di alti e bassi.

In Libano, ad esempio, a causa della sua vicinanza alla

famiglia Harìrì, difficilmente riesce a ottenere notizie dagli sciiti

Hezbollah che, oltre al proprio canale Al-Manar, prediligono

la concorrente Al-Jazeera, mentre in Iraq è considerata molto

vicina al governo dello sciita Nuri al-Maliki e al comando

militare statunitense, tanto da poter trasmettere in esclusiva i

video ritrovati dai soldati americani nei covi di Al-Qaeda.

Ma nel racconto di "Media e Oriente" c'è spazio soprattutto

per le emittenti più radicali, quelle votate all'estremismo

religioso che trattano "i satelliti come scimitarre e le parabole

come scudi nell'ultima guerra santa dei palinsesti", tanto

per parafrasare l'azzeccato sottotitolo del libro. In Libano,

ad esempio, troviamo la citata Al-Manar, la Tv fondata da

Hezbollah, il partito di Dio, che ha come bersaglio Israele

attraverso un'opera di controinformazione

martellante in lingua ebraica diretta alla

popolazione nemica. Oscurata in Europa e

in America del Nord, la tivù di Hezbollah ha

u'audience minuscola (2%) ed è sospettata di

avere legami con il terrorismo islamico. Tra i suoi

programmi memorabili, la serie televisiva 'Al-

sayyid al-masih', incentrata sulla figura di Gesù

Cristo presentato come un antisemita che chiama

alla rivolta contro gli Ebrei. La serie che voleva

prendere di mira gli "infedeli cristiani", ha creato

un putiferio.

Appartiene alla stessa famiglia, la Tv dei

Fratelli Musulmani palestinesi di Hamas, Al-

Aqsa, titolare di un palinsesto "rigorosamente

e paranoicamente incentrato sulla questione

palestinese o quasi". Al-Aqsa, in perenne

competizione con i canali dell'Autorità Nazionale

Palestinese, è un vero e proprio strumento di

propaganda militare. Tra i programmi per i più

piccoli, ve ne sono alcuni popolati da pupazzi

4 2 - MHlecanali 415 - Ottobre 2011

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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA

03

uQ.IO

che incitano alla guerra santa contro Israele. Mentre per il

pubblico più adulto, ci sono serial Tv di produzione turca come

"La valle dei lupi", dove il cattivo è il missionario cristiano.

La fallimentare Al-Hurra...Anche la famigerata Al-Qaeda ha investito nei massmedia. Il

libro dedica qualche pagina alla sua casa di produzione, Al-

Sahab, che inizialmente ha diffuso videofilmati sui network

satellitari, per poi spedalizzarsi sulla rete internet. In un anno

mediamente produce un centinaio di documentali e video che

riprendono le operazioni di guerriglia compiute dai terroristi

islamici in Afghanistan ai danni delle truppe occidentali.

Tra le emittenti arabe che incitano all'odio nei confronti degli

Stati Uniti va annoverata certamente Al-Zawraa Tv, un canale

iracheno noto per aver diffuso video realizzati dalla guerriglia

sunnita che mostravano attentati compiuti contro le truppe

statunitensi.

In Iraq, dopo gli anni del regime di Saddam, è esplosa la voglia

di emittenza privata. In pochi mesi gli iracheni si sono trovati

davanti a 30 nuove emittenti televisive e solo una decina di

queste hanno chiuso i battenti qualche tempo dopo.

Dal canto loro gli americani con il canale Al-Hurra hanno

tentato di arginare l'odio catodico che trabocca nei loro

confronti, ma il risultato è stato fallimentare. Al-Hurra è una

Tv che trasmette solo notizie e trasmissioni di approfondimento

culturale e giornalistico 24 ore al giorno. Ma è il marchio

di fabbrica a non piacere agli opinion-maker arabi tanto

che, già dopo i primissimi giorni di trasmissioni, è diventata

oggetto di una fatwa. Scrivono gli autori: "Guardando la sua

programmazione, si ha il timore che gli americani non siano

stati in grado di usare le armi vere della guerra mediatica e

si siano limitati a replicare per il mondo arabo le trasmissioni

trash di molte nostre Televisioni commerciali".

Un discorso apertoÈ lunga la rassegna degli episodi di questa guerra psicologica

(e non solo) che si combatte sui media all'interno del

mondo islamico e tra i musulmani e i cosiddetti 'infedeli'. I

sette capitoli del saggio di Morigi e Boccolini, pur scontando

un'interpretazione di parte, compongono un mosaico preciso e

dettagliato di un universo in gran parte sconosciuto e diverso

dall'Occidente.

Dalle loro pagine emerge quanto sia fallace l'equazione tra

lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione di massa e lo

sviluppo della democrazia. La differenza la fanno sempre i

contenuti, un concetto che ci sentiamo di condividere.

Quanto alla democrazia, solo quando i mass media e prima

di loro le persone fisiche, riusciranno a slegarsi dalla presa dei

regimi autoritarì del Medio Oriente si potrà compiere qualche

concreto passo in avanti. Un'ipotesi per il momento ancora

astratta, secondo Morigi e Boccolini, che denunciano l'assenza

di un esame di coscienza sociale da parte del mondo arabo, un

processo per di più difficilmente attuabile dal mezzo televisivo.

Una qualche schiarita è però arrivata dalla recente rivoluzione

araba grazie innanzitutto alla prepotente diffusione di internet

e dei social network. Ma ora sentiamo direttamente Hamza

Boccolini, autore del libro "Media e Oriente" assieme ad Andrea

Morigi.

La parola a Hamza BoccoliniGiornalista professionista, Hamza Boccolini lavora presso

l'agenzia di stampa Aki-Adnkronos International, per la quale

segue le notizie diffuse dalle Tv satellitari mediorientali. È

docente di 'Media nel mondo arabo' all'Università di Napoli e

nel 2010 ha vinto il premio Ischio per il giornalismo per i suoi

articoli sulla galassia jihadista nel web.

Che ruolo hanno svolto, secondo lei, le Tv arabe durante le

rivolte di questi mesi?

Le Tv satellitari arabe come Al-Jazeera e Al-Arabiya hanno

svoLto un ruolo fondamentale per le rivolte arabe non solo

informando su quanto stava realmente accadendo, ma anche

incitando i giovani aLla rivolta e facendo da raccordo tra gli

attivisti residenti all'estero e presenti su internet e i giovani

della piazza.

In particolare Al-Jazeera ha avuto un ruolo determinante per

la rivolta egiziana con le sue dirette fiume da piazza Tahrir

del Cairo e con gli interventi degli esponenti dei Fratelli

Musulmani. Non è un caso che nei loro discorsi televisivi

tutti i capi di stato coinvolti dalle rivolte hanno direttamente

attaccato Le Tv satellitari per aver fomentato le rivolte.

Nel libro però avete espresso più di un rilievo critico verso

Al-Jazeera...

Non ritengo che ad oggi Al-Jazeera sia un'oasi di pluralismo

ed indipendenza. Anche le altre emittenti 'ali news'

concorrenti come Al-Arabiya e la Bbc araba mandano in

onda trasmissioni dove è possibile i l confronto tra posizioni

opposte e offrono i l giusto spazio a tutti i gruppi politici. Ed

anche quelle più schierate politicamente come l'iraniana Al-

Alam e l'americana Al-Hurra cercano comunque di informare in

modo aperto.

I l merito della Tv qatariota è quello di essere stata la prima

storicamente, a partire dal 1996, a proporre i l pluralismo e i l

confronto democratico in un periodo nel quale esistevano solo

le Tv di regime dei Paesi arabi, nelle quali non era possibile

alcun confronto e vigeva solo la censura.

Secondo Lei quando i media arabi potranno incamminarsi

verso un'informazione più libera e meno 'religiosa'?

Sarà difficile vedere un'informazione araba libera da vincoli

religiosi. Questo non perché le Tv satellitari ali news o

di altro genere siano prettamente religiose, per questo

esistono i canali specializzati come ad esempio 'Iqra', ma

perché la religione islamica è particolarmente legata alla

cultura e alla tradizione araba. I l problema è che alL'interno

delle redazioni dì alcuni di questi canali sono presenti tra

i giornalisti e i dirigenti esponenti delle organizzazioni

islamiche più estremiste, che condizionano fortemente la

linea editoriale.

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