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Intervista a rivista specializzata sul libro Media e Oriente
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I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA
"Media e Oriente", un saggio edito da Mursia e scrìtto da duegiornalisti esperti dell'argomento, traccia una panoramicadei canali satellitari della regione, illustrando la guerra psicologicache si combatte per la Tv all'interno del mondo islamico
Un tema'caldissimo
u0)
di Mauro Scarpellini
cnC ade e a fagiolo questo libro sui media arabi firmato
a due mani dai giornalisti Andrea Morìgi ed Hamza
Boccolini, perché intercetta una nuova potente curiosità
verso quanto accade soprattutto al di là del Mediterraneo. La
cacciata di Ben Ali in Tunisia, la rivolta per il pane in Algeria,
la destituzione di Mubarak in Egitto, la scottante guerra libica
e tutto il resto che ancora sta succedendo in quelle terre,
legate a noi dal filo rosso delle tecnologie digitali, spariglia
schemi e rappresentazioni consolidate, anche sotto il versante
specialistico dello sviluppo dei media di massa.
La convinzione che da quelle parti le masse giovanili abbiamo
come futuro solo quello di raggiungere le nostre coste su
barconi di fortuna va ridiscussa alla luce dei fatti degli ultimi
mesi. L'irrompere inaspettato di movimenti radicali sbocciati per
chiedere urgenti riforme sociali e politiche e il loro massiccio
ricorso alla rete internet per innescare e organizzare la protesta
hanno costituito una novità di rilievo che ha entusiasmato
prima di tutto i giovani occidentali, smaniosi
di futuro tanto quanto i ragazzi musulmani.
La rivoluzione araba è subito stata
ribattezzata la "rivoluzione web", i suoi
protagonisti sono diventati la generazione
dei blogger, ragazzi comuni che al Cairo e
a Tunisi trafficano con strumenti innovativi
come Facebook e Twitter.
Un argomento 'forte'. Hamza Boccolini, autore con
Andrea Morigi del libro "Media e Oriente", un saggio
edito da Mursia che traccia una panoramica dei canali
satellitari del mondo arabo.
silenziosaII libro di Morigi e Boccolini non tratta della rivoluzione araba,
perché è stato scritto prima che questi eventi accadessero, ma
traccia una mappatura a 360° del sistema televisivo nel mondo
arabo, analizzandone soprattutto le criticità, che sono tante.
Nelle rivolte arabe la Televisione ha svolto un ruolo importante
per la circolazione delle informazioni.
Anche se gli strumenti che hanno favorito l'esplosione delle
proteste sono stati i pc portatili assieme ai telefonini cellulari
protagonisti di tanti video amatoriali, non va dimenticato che
una trasformazione silenziosa si era già propagata nell'universo
totalitario che regna in una parte delle società della sponda
meridionale del Mediterraneo grazie allo sviluppo della
Televisione satellitare e alla progressiva diffusione delle antenne
paraboliche. Sono infatti oltre 700 i canali satellitari che ogni
giorno diffondono trasmissioni in lingua araba proponendo
alle nuove generazioni (e non) del mondo arabo un'offerta
eterogenea che va dai notiziari ai talk show, dalle fiction ai
reality.
Divisi per generi, abbiamo 131 canali generalisti, 119 dedicati
a musica e varietà, 58 per cinema e fiction, 51 sportivi, 25
economici, commerciali e di shopping, 26 di news, 21 per
bambini, 23 culturali, 12 di documentari, 11 interattivi, 13
religiosi e 4 turistici.
Un'offerta così composita porta inevitabilmente ad una più
marcata influenza dei mezzi di comunicazione sulla vita sociale
e politica. In questo modo si produce un lento ma continuo
processo di educazione al pluralismo che però non è ancora
approdato alla piena democrazia, come è evidente leggendo
le cronache quotidiane di questi Paesi e come mettono in
evidenza anche gli autori del libro.
4 0 - Millecanali 415 - Ottobre 2011
I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA
Una ridotta libertà di stampaSe infatti guardiamo all'effettiva libertà di stampa dei Paesi
arabi, il risultato è assai magro. Paesi come Arabia Saudita,
Bahrein, Iraq, Kuwait, Libia, Oman, Qatar, Siria, Tunisia ed
Emirati Arabi Uniti prevedono in linea di massima l'esercizio di
una censura preventiva dell'informazione da parte dei Governi,
mentre in Arabia Saudita, Kuwait, Marocco, Oman, Qatar
e negli Emirati Arabi Uniti è possibile la sospensione delle
pubblicazioni per via amministrativa. Le restrizioni legislative
agiscono "in nome dell'interesse pubblico, della sicurezza
nazionale, della purezza dottrinale" ecc.
La libertà di stampa è quindi ridotta, la ricerca delle notizie da
parte dei giornalisti subisce ostacoli, al punto che solamente
le legislazioni di Algeria, Egitto, Giordania, Sudan e Yemen
consentono in teorìa il diritto di cronaca.
Ma più che la carta stampata, la cui diffusione è carente
per effetto dei forti tassi di analfabetismo, è la Televisione
il mezzo più diffuso tra le oltre 200 milioni di persone che
parlano l'arabo. Un mercato in espansione
quello della Tv, anche sotto il profilo
pubblicitario come testimonia il 30 per
cento di incremento registrato nel 2009.Tuttavia per tutelare i governi dalle insidie
insite nel consumo di prodotti televisivi
è stata approvata nel 2007 la Carta
degli Stati Arabi per la Tv Satellitare, il
cui testo appare animato da due linee
contraddittorie.
Da un lato, questo è un tentativo di
porre un freno agli eccessi, al giornalismo
scandalistico, ai commenti mascherati
da opinioni, alla violazione dei diritti di
proprietà intellettuale, ai programmi che
promuovono il terrorismo, la violenza,
l'odio o la superstizione e altre pratiche
di basso livello, dall'altro prevede molti
provvedimenti restrittivi per i canali che
si occupano di arte, politica, letteratura e
intrattenimento, nonché sanzioni per ogni infrazione.
"Si tratta di uno strumento dei Governi il cui scopo è
imbavagliare le voci e diminuire il margine di libertà a
disposizione": è questo il lapidario giudizio dell'AOHR,
l'Organizzazione Araba per i Diritti umani.
Un difficile equilibriotra religione e politicaIn sostanza ciò che caratterizza i mezzi di comunicazione
arabi è il perenne sforzo di ricerca di un equilibrio tra religione
e politica, due ambiti che per la cultura islamica non vanno
distinti. Nel testo non mancano gli esempi di questi tentativi,
che spesso si rivelano precari e pasticciati.
In Egitto, il canale di edutainment Azhari Tv, nato per
promuovere l'Isiam moderato, alla fine si perde tra
ondeggiamenti e strizzatine d'occhio verso le posizioni
estremiste e anticristiane. Nell'area medio-orientale le spinte di
coloro che combattono contro l'influenza, a loro dire nefasta,
della Televisione sono forti.
A un certo punto ci è scappato anche il morto, un presentatore
libanese di Sheherazade Tv giustiziato dai sauditi per aver
praticato la "stregoneria" davanti a milioni di telespettatori,
rendendosi così un infedele.
Proprio in Arabia Saudita, nel 2009, il ministro
dell'Informazione Abdel Aziz Khoja, appena eletto, si è lanciato
in una guerra santa contro la Televisione di Stato, colpevole a
suo dire di spedire in video giornaliste donne a capo scoperto,
quando sul territorio saudita le regole impongono il velo,
mentre negli Emirati Arabi Uniti la rete QTv è entrata nel
mirino dei fondamentalisti islamici per colpa di un palinsesto
religioso considerato eretico.
In Iran si preferisce invece dare un colpo al cerchio e uno alla
botte: da un lato si impone afiction e soap opera di inserire
al loro interno scene di preghiera, dall'altro, per timore di una
fuga dell'audience, si aprono i palinsesti ai film hollywoodiani e
ai programmi d'intrattenimento.
Andrea MorigiHamza Boccolini
MEDIAe ORIENTEStoria e controcronacadelle televisioni islamichedal pulpito di al-Jaseeraalle notìzie senza velodi al-Arabiya, dai cartoonkamikaze ai reality coranici,alla propaganda americana
Ovvero come i satellitidivennero scimitarree te parabole scudi nell'ultimaStwn-a santa dei palinsesti
MURSIA
C'è poi caso Al-Jazeera, l'emittente
satellitare del Qatar che vanta 40
milioni di spettatori in tutto il mondo
arabofono e che oggi si estende
con Al-Jazeera International e due
distinti canali per bambini e ragazzi
(e altro ancora), al resto del mondo.
La forza distintiva di Al-Jazeera è
sintetizzata nel motto «l'opinione e
l'altra opinione», non a caso la Tv è
una fucina di news in tempo reale
e senza censura. Durante le guerre
in Iraq e in Afghanistan, ha offerto,
attraverso le sue cronache, una delle
poche narrazioni "non embedded" del
conflitto.
Parìmentì è stata più volte sotto accusa
per aver fatto passare anche i messaggi video dei leader di
Al Qaeda e la predicazione degli imam fondamentalisti come
l'egiziano al Qaradawi. Una Tv che fa discutere, insomma. Per
molti ha comunque il merito di aver creato il primo embrione
di opinione pubblica araba attaccando l'ordine simbolico dei
regimi e le relative veline di Stato.
Per la sua attività è entrata però nel mirino di Donald
Rumsfeld e dei neocons di Washington, che l'hanno bollata
come la "voce dei terroristi"; poi col passare del tempo a
preoccuparsi e a inveire contro i suoi programmi sono stati
i boss della tante autocrazie della regione, una lista che
comprende emiri, rais, autocrati e generali del Medio Oriente
come del Maghreb.
In quasi tutti i Paesi arabi questo canale ha dovuto lottare
contro divieti, censure e chiusure delle redazioni, perché in
più occasioni ha ospitato personaggi o politici ostili a questi
Governi o considerati fuori legge dalle loro autorità.
reua»
cn
MHlecanaLi 415 - Ottobre 2011 - 4 1
I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA
CO
a.
O)
Una Tv molto
cresciuta
senza
convincere
tutti.
Un'immagine
relativa ad Al-Jazeera, la più
nota fra le Tv
arabe e forse
anche la più
"controversa".
La libertà di espressioneè una debolezza?Dal canto loro, gli autori del volume manifestano una certa
diffidenza verso Al-Jazeera. La considerano poco affidabile e
parziale.
Il fatto è che essendo di proprietà di un fondo sovrano del
Qatar il canale persegue gli interessi strategici di quell'emirato,
in contrapposizione diretta alla confinante Arabia Saudita. Da
qui, lo spazio strumentalmente concesso a tutti i nemici giurati
di Riad, a partire dai Fratelli Musulmani, che hanno il loro
principale esponente nel citato predicatore egiziano Yussuf al
Qaradawi, vera star di Al-Jazeera.
Nonostante Morigi e Boccolini siano consapevoli che prima
dell'arrivo di Al-Jazeera "i telespettatori arabi subivano un
deficit di informazione, potendo conoscere quanto avveniva
nel mondo, e in particolare nel proprio Paese, solo tramite le
emittenti di regime", sono altresì convinti che la sua libertà
di espressione sia un punto di "debolezza, che espone la Tv
a critiche da parte dei settori più moderati, secondo i quali
permane una forma di censura nei confronti di coloro che non
sposano la causa dell'Isiam radicale e/o la linea imposta dal
governo di Doha".
D'altro canto gli autori non potevano sapere quando hanno
scritto il saggio che l'emittente del Qatar sarebbe stata una
delle voci più importanti e decisive delle recenti rivolte arabe.
Sempre secondo Boccolini e Morigi, Al-Jazeera sarebbe il
principale responsabile della divulgazione di stereotipi sulla
realtà italiana, una ridda di opinioni che "dipendono dal
volto che di un Paese viene mostrato, e in una certa misura
'enfatizzato', dai media, i quali plasmano l'opinione pubblica
in Medio Oriente, secondo disegni in gran parte stabiliti dal
potere".
Secondo questi oscuri disegni l"immagine dell'Italia, propalata
dalla Tv del Qatar sarebbe quella del Paese "della cuccagna, del
permesso di soggiorno facile". Anche il notiziario del canale ci
mette del suo perché "raramente informa sul flusso continuo
di barconi carichi di clandestini che giungono a Lampedusa
e sulle coste della Penisola, preferendo seguire i contrasti tra
gli stranieri musulmani e la popolazione locale". Al-Jazeera,
non contenta, avrebbe anche messo in cattiva luce il governo
italiano di Berlusconi accusandolo di avere «influenzato in
modo negativo la convivenza tra le comunità di stranieri e gli
italiani, visto che i partiti alleati sono noti per essere ostili agli
immigrati».
Ai-Arabiya e le altreio vera alternativa ad Al-Jazeera, dal punto di vista politico
e dei contenuti, si chiama Al-Arabiya, l'emittente di proprietà
saudita assai seguita dagli uomini d'affari arabi, ma non solo,
visto che la sua audience tocca i 5 milioni di utenti. Anche Al-
Arabiya, come del resto Al-Jazeera, avendo fatto delle scelte di
campo, vive di alti e bassi.
In Libano, ad esempio, a causa della sua vicinanza alla
famiglia Harìrì, difficilmente riesce a ottenere notizie dagli sciiti
Hezbollah che, oltre al proprio canale Al-Manar, prediligono
la concorrente Al-Jazeera, mentre in Iraq è considerata molto
vicina al governo dello sciita Nuri al-Maliki e al comando
militare statunitense, tanto da poter trasmettere in esclusiva i
video ritrovati dai soldati americani nei covi di Al-Qaeda.
Ma nel racconto di "Media e Oriente" c'è spazio soprattutto
per le emittenti più radicali, quelle votate all'estremismo
religioso che trattano "i satelliti come scimitarre e le parabole
come scudi nell'ultima guerra santa dei palinsesti", tanto
per parafrasare l'azzeccato sottotitolo del libro. In Libano,
ad esempio, troviamo la citata Al-Manar, la Tv fondata da
Hezbollah, il partito di Dio, che ha come bersaglio Israele
attraverso un'opera di controinformazione
martellante in lingua ebraica diretta alla
popolazione nemica. Oscurata in Europa e
in America del Nord, la tivù di Hezbollah ha
u'audience minuscola (2%) ed è sospettata di
avere legami con il terrorismo islamico. Tra i suoi
programmi memorabili, la serie televisiva 'Al-
sayyid al-masih', incentrata sulla figura di Gesù
Cristo presentato come un antisemita che chiama
alla rivolta contro gli Ebrei. La serie che voleva
prendere di mira gli "infedeli cristiani", ha creato
un putiferio.
Appartiene alla stessa famiglia, la Tv dei
Fratelli Musulmani palestinesi di Hamas, Al-
Aqsa, titolare di un palinsesto "rigorosamente
e paranoicamente incentrato sulla questione
palestinese o quasi". Al-Aqsa, in perenne
competizione con i canali dell'Autorità Nazionale
Palestinese, è un vero e proprio strumento di
propaganda militare. Tra i programmi per i più
piccoli, ve ne sono alcuni popolati da pupazzi
4 2 - MHlecanali 415 - Ottobre 2011
I MEDIA ARABI ALLA PROVA DELLA DEMOCRAZIA
03
uQ.IO
che incitano alla guerra santa contro Israele. Mentre per il
pubblico più adulto, ci sono serial Tv di produzione turca come
"La valle dei lupi", dove il cattivo è il missionario cristiano.
La fallimentare Al-Hurra...Anche la famigerata Al-Qaeda ha investito nei massmedia. Il
libro dedica qualche pagina alla sua casa di produzione, Al-
Sahab, che inizialmente ha diffuso videofilmati sui network
satellitari, per poi spedalizzarsi sulla rete internet. In un anno
mediamente produce un centinaio di documentali e video che
riprendono le operazioni di guerriglia compiute dai terroristi
islamici in Afghanistan ai danni delle truppe occidentali.
Tra le emittenti arabe che incitano all'odio nei confronti degli
Stati Uniti va annoverata certamente Al-Zawraa Tv, un canale
iracheno noto per aver diffuso video realizzati dalla guerriglia
sunnita che mostravano attentati compiuti contro le truppe
statunitensi.
In Iraq, dopo gli anni del regime di Saddam, è esplosa la voglia
di emittenza privata. In pochi mesi gli iracheni si sono trovati
davanti a 30 nuove emittenti televisive e solo una decina di
queste hanno chiuso i battenti qualche tempo dopo.
Dal canto loro gli americani con il canale Al-Hurra hanno
tentato di arginare l'odio catodico che trabocca nei loro
confronti, ma il risultato è stato fallimentare. Al-Hurra è una
Tv che trasmette solo notizie e trasmissioni di approfondimento
culturale e giornalistico 24 ore al giorno. Ma è il marchio
di fabbrica a non piacere agli opinion-maker arabi tanto
che, già dopo i primissimi giorni di trasmissioni, è diventata
oggetto di una fatwa. Scrivono gli autori: "Guardando la sua
programmazione, si ha il timore che gli americani non siano
stati in grado di usare le armi vere della guerra mediatica e
si siano limitati a replicare per il mondo arabo le trasmissioni
trash di molte nostre Televisioni commerciali".
Un discorso apertoÈ lunga la rassegna degli episodi di questa guerra psicologica
(e non solo) che si combatte sui media all'interno del
mondo islamico e tra i musulmani e i cosiddetti 'infedeli'. I
sette capitoli del saggio di Morigi e Boccolini, pur scontando
un'interpretazione di parte, compongono un mosaico preciso e
dettagliato di un universo in gran parte sconosciuto e diverso
dall'Occidente.
Dalle loro pagine emerge quanto sia fallace l'equazione tra
lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione di massa e lo
sviluppo della democrazia. La differenza la fanno sempre i
contenuti, un concetto che ci sentiamo di condividere.
Quanto alla democrazia, solo quando i mass media e prima
di loro le persone fisiche, riusciranno a slegarsi dalla presa dei
regimi autoritarì del Medio Oriente si potrà compiere qualche
concreto passo in avanti. Un'ipotesi per il momento ancora
astratta, secondo Morigi e Boccolini, che denunciano l'assenza
di un esame di coscienza sociale da parte del mondo arabo, un
processo per di più difficilmente attuabile dal mezzo televisivo.
Una qualche schiarita è però arrivata dalla recente rivoluzione
araba grazie innanzitutto alla prepotente diffusione di internet
e dei social network. Ma ora sentiamo direttamente Hamza
Boccolini, autore del libro "Media e Oriente" assieme ad Andrea
Morigi.
La parola a Hamza BoccoliniGiornalista professionista, Hamza Boccolini lavora presso
l'agenzia di stampa Aki-Adnkronos International, per la quale
segue le notizie diffuse dalle Tv satellitari mediorientali. È
docente di 'Media nel mondo arabo' all'Università di Napoli e
nel 2010 ha vinto il premio Ischio per il giornalismo per i suoi
articoli sulla galassia jihadista nel web.
Che ruolo hanno svolto, secondo lei, le Tv arabe durante le
rivolte di questi mesi?
Le Tv satellitari arabe come Al-Jazeera e Al-Arabiya hanno
svoLto un ruolo fondamentale per le rivolte arabe non solo
informando su quanto stava realmente accadendo, ma anche
incitando i giovani aLla rivolta e facendo da raccordo tra gli
attivisti residenti all'estero e presenti su internet e i giovani
della piazza.
In particolare Al-Jazeera ha avuto un ruolo determinante per
la rivolta egiziana con le sue dirette fiume da piazza Tahrir
del Cairo e con gli interventi degli esponenti dei Fratelli
Musulmani. Non è un caso che nei loro discorsi televisivi
tutti i capi di stato coinvolti dalle rivolte hanno direttamente
attaccato Le Tv satellitari per aver fomentato le rivolte.
Nel libro però avete espresso più di un rilievo critico verso
Al-Jazeera...
Non ritengo che ad oggi Al-Jazeera sia un'oasi di pluralismo
ed indipendenza. Anche le altre emittenti 'ali news'
concorrenti come Al-Arabiya e la Bbc araba mandano in
onda trasmissioni dove è possibile i l confronto tra posizioni
opposte e offrono i l giusto spazio a tutti i gruppi politici. Ed
anche quelle più schierate politicamente come l'iraniana Al-
Alam e l'americana Al-Hurra cercano comunque di informare in
modo aperto.
I l merito della Tv qatariota è quello di essere stata la prima
storicamente, a partire dal 1996, a proporre i l pluralismo e i l
confronto democratico in un periodo nel quale esistevano solo
le Tv di regime dei Paesi arabi, nelle quali non era possibile
alcun confronto e vigeva solo la censura.
Secondo Lei quando i media arabi potranno incamminarsi
verso un'informazione più libera e meno 'religiosa'?
Sarà difficile vedere un'informazione araba libera da vincoli
religiosi. Questo non perché le Tv satellitari ali news o
di altro genere siano prettamente religiose, per questo
esistono i canali specializzati come ad esempio 'Iqra', ma
perché la religione islamica è particolarmente legata alla
cultura e alla tradizione araba. I l problema è che alL'interno
delle redazioni dì alcuni di questi canali sono presenti tra
i giornalisti e i dirigenti esponenti delle organizzazioni
islamiche più estremiste, che condizionano fortemente la
linea editoriale.
4 4 - Millecanali 415 - Ottobre 2011