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1 PARADIGMA 30 settembre 2016 La possibilità di pagamento diretto ai subappaltatori, le novità introdotte dal d.lgs. n. 50/2016 sintesi della Relazione dell’avv. Arturo Cancrini 1. Inquadramento generale del subappalto. Una stessa matrice logica lega il subappalto privato e quello nell'ambito della contrattualistica pubblica: 1 il punto di contatto nei rispettivi paradigmi e che li rende solo in questo sovrapponibili è la natura di contratto derivato che essi hanno rispetto al contratto principale d'appalto a cui afferiscono in via incidente. Al subappalto, pertanto, in quanto tale, si applica in genere la stessa disciplina del contratto base, così come d'altra parte avviene per gli altri sub contratti (ad es. subcomodato e sublocazione). 2 Logicamente, dalla natura di contratto derivato o di subcontratto che caratterizza il subappalto, deriva che la sorte di quest'ultimo è condizionata ad effetto domino da quella del contratto base. 3 Altro aspetto che, però, presenta una tra le più importanti differenze fra il subappalto civilistico e quello pubblicistico (art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016; era in parte l’art. 118 dell’abrogato D.Lgs. n. 163 del 2006) riguarda la natura e il regime dell'autorizzazione da parte della committenza. Nell’art. 1656 c.c. per l’appalto privato è previsto che l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente; in tale contesto civilistico, l'assenso del committente è inteso come mera autorizzazione, poiché l'art. 1656 c.c. è diretto a garantire tutela dell'interesse del committente e non a costituire un diverso rapporto 1 Si vada A. Cancrini, V. Capuzza, Manuale di Legislazione delle Opere Pubbliche, Roma, Aracne Editrice, ottobre 2015. 2 Tra le prime pronunce in tal senso si veda Cassazione civ. n. 2429 del 1979. Sul tema, cfr. Cfr. Cian-Trabucchi, Commentario breve al codice civile, Padova, sub art. 1656. 3 Tra le pronunce in tal senso si veda già Cassazione civ. n. 8202 del 1990.

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PARADIGMA

30 settembre 2016

La possibilità di pagamento diretto ai subappaltatori,

le novità introdotte dal d.lgs. n. 50/2016

sintesi della Relazione

dell’avv. Arturo Cancrini

1. Inquadramento generale del subappalto.

Una stessa matrice logica lega il subappalto privato e quello nell'ambito della contrattualistica

pubblica:1 il punto di contatto nei rispettivi paradigmi e che li rende solo in questo sovrapponibili è

la natura di contratto derivato che essi hanno rispetto al contratto principale d'appalto a cui

afferiscono in via incidente. Al subappalto, pertanto, in quanto tale, si applica in genere la stessa

disciplina del contratto base, così come d'altra parte avviene per gli altri sub contratti (ad es.

subcomodato e sublocazione).2

Logicamente, dalla natura di contratto derivato o di subcontratto che caratterizza il

subappalto, deriva che la sorte di quest'ultimo è condizionata ad effetto domino da quella del

contratto base.3

Altro aspetto che, però, presenta una tra le più importanti differenze fra il subappalto

civilistico e quello pubblicistico (art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016; era in parte l’art. 118 dell’abrogato

D.Lgs. n. 163 del 2006) riguarda la natura e il regime dell'autorizzazione da parte della

committenza. Nell’art. 1656 c.c. per l’appalto privato è previsto che l'appaltatore non può dare in

subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente; in tale

contesto civilistico, l'assenso del committente è inteso come mera autorizzazione, poiché l'art. 1656

c.c. è diretto a garantire tutela dell'interesse del committente e non a costituire un diverso rapporto

1 Si vada A. Cancrini, V. Capuzza, Manuale di Legislazione delle Opere Pubbliche, Roma, Aracne Editrice, ottobre

2015. 2 Tra le prime pronunce in tal senso si veda Cassazione civ. n. 2429 del 1979. Sul tema, cfr. Cfr. Cian-Trabucchi,

Commentario breve al codice civile, Padova, sub art. 1656. 3 Tra le pronunce in tal senso si veda già Cassazione civ. n. 8202 del 1990.

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tra questi e il subappaltatore. Quindi, per la Cassazione, nonostante l'autorizzazione il subappalto

resta un contratto che intercorre fra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente resta

estraneo, non acquistando né diritti né assumendo obbligazioni verso il subappaltatore.4

Inoltre, l'art. 1656 c.c. esigendo il consenso del committente, determina una nullità relativa

laddove l'autorizzazione non sia stata effettuata, la quale può essere fatta valere unicamente dal

committente e non può essere rilavata ex officio5.

Infine, sempre con riguardo al subappalto nel codice civile, è stato anche riconosciuto dalla

giurisprudenza, come corollario del principio appena espresso sulla nullità virtuale, che

l'autorizzazione del committente possa essere anche non espressa, ma desumibile per facta.6

Per il subappalto nei contratti pubblici le previsioni giuridiche rispondono ad altre esigenze e,

pertanto, differenti rispetto all'ambito privatistico sono i tratti del relativo regime giuridico,

specialmente con riferimento al natura e agli effetti dell'autorizzazione.

La disciplina contenuta nell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/16 e s.m.i. detta in modo particolareggiato

quali siano i doverosi controlli in capo all’amministrazione interessata e quali siano gli obblighi che

sorgono in capo all’impresa appaltatrice ove sorgano subcontratti nella fase d’esecuzione del

contratto pubblico principale.

L’art. 105, comma 18 del Codice degli appalti, stabilisce che l’affidatario che si avvale del

subappalto o del cottimo deve allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la

sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell'articolo 2359 del

codice civile con il titolare del subappalto o del cottimo. Analoga dichiarazione deve essere

effettuata da ciascuno dei soggetti partecipanti nel caso di raggruppamento temporaneo, società o

consorzio.

La stazione appaltante provvede al rilascio dell'autorizzazione entro trenta giorni dalla relativa

richiesta; tale termine può essere prorogato una sola volta, ove ricorrano giustificati motivi.

Trascorso tale termine senza che si sia provveduto, l'autorizzazione si intende concessa: è una

classica ipotesi di silenzio-assenso (nel regime del codice civile, invece, per l'autorizzazione del

committente privato è stato anche ammesso l'assenso per facta concludentia e quindi successivo).

Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o

di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte della

stazione appaltante sono ridotti della metà.

L’art. 105 del Codice al comma 7, anche ai fini dell'autorizzazione, stabilisce che

4 Cassazione civ., n. 8202 del 1990.

5 Tra le prime pronunce in tal senso si veda Cassazione civ., n. 1466 del 55. Cfr. Cian-Trabucchi, Commentario breve

al codice civile, Padova, sub art. 1656. 6 Cassazione civ., n. 2757 del 1982.

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l'affidamento in subappalto è sottoposto alle seguenti condizioni:

1) che i concorrenti all'atto dell'offerta abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i

servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;

2) che l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione

appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative

prestazioni;

3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante

l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei

requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e

la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'art. 38;

4) che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei

divieti previsti dall'art. 67 del D.Lgs. n. 159 del 2011.

Come precisato dall’AVCP (ora ANAC) della Determinazione n. 4 del 2012, il ricorso al

subappalto deve avvenire nel rispetto delle condizioni dettate dall’allora art. 118 del Codice che

impone, inter alia, l’indicazione, da parte del concorrente, dei lavori o delle parti di opere ovvero

dei servizi e delle forniture o parti di servizi e forniture che intende subappaltare all’atto della

presentazione dell’offerta. Tale adempimento costituisce un presupposto essenziale in vista della

successiva autorizzazione al subappalto da parte della stazione appaltante e non ai fini della

partecipazione alla gara: da ciò consegue che l’erroneità e/o la mancanza della dichiarazione non

può essere, di per sé, assunta a fondamento di un provvedimento di esclusione, ma rappresenta solo

un impedimento per l’aggiudicataria a ricorrere al subappalto, di modo che la stessa dovrà

provvedere direttamente all’esecuzione della prestazione , ove in possesso dei requisiti prescritti.

Diversamente, la violazione dell’obbligo di indicare in sede di offerta la quota della prestazione che

il candidato intende subappaltare potrà costituire causa di esclusione qualora questa sia necessaria

per documentare il possesso dei requisiti richiesti ai concorrenti singoli o riuniti al momento di

presentazione dell’offerta, necessari per eseguire in proprio la prestazione. Sempre l’ANAC, nella

Determinazione n. 1 del 2015, ha precisato che la carenza di una simile dichiarazione non si ritiene

possa essere sanata. Laddove, infatti, si consentisse ad un concorrente, sprovvisto della necessaria

qualificazione richiesta dalla lex specialis di gara, di indicare successivamente la volontà di

subappaltare una quota dei lavori, con indicazione della relativa quota, al fine di dimostrare il

possesso della qualificazione richiesta, si altererebbe il principio di par condicio tra i concorrenti.

Tale dichiarazione, infatti, afferisce direttamente al possesso del requisito essendo espressione di

un’autodeterminazione del concorrente in ordine alle modalità di acquisizione del medesimo.

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Importante novità è dettata dal comma 2 dell’art. 105 del nuovo Codice: l'eventuale subappalto

non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori ( e non

più della categoria prevalente), servizi o forniture.

Inoltre, il comma 6 supera la questione che aveva interessato la giurisprudenza, sancendo che è

obbligatoria l'indicazione della terna di subappaltatori, qualora gli appalti di lavori, servizi o

forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all'art. 35 e per i quali non sia necessaria

una particolare specializzazione. In tal caso il bando o avviso con cui si indice la gara prevedono

tale obbligo. Nel bando o nell'avviso la stazione appaltante può prevedere ulteriori casi in cui è

obbligatoria l'indicazione della terna anche sotto le soglie comunitarie.

Va precisato che nell’appalto pubblico l’obbligo di acquisire l’autorizzazione al subappalto non

risponde unicamente alle esigenze di tutela che animano già l'art. 1656 c.c., intende primariamente

rispondere all'esigenza di evitare l'infiltrazione, tramite tale subcontratto, della criminalità

organizzata negli appalti pubblici.

È per questo che l'esigenza di prevenire la comparsa di fenomeni criminali in tali delicati e

importanti settori della vita economica dello Stato, il legislatore ha formulato da tempo una

fattispecie penale, la quale sebbene di natura ancora contravvenzionale, intende sanzionare però

con un reato cd. di pericolo l'eventuale condotta che investe appaltatore e subappaltatore che non

hanno richiesto o ottenuto la previa autorizzazione della stazione appaltante e abbiano comunque

inteso dar vita al subappalto.

La fattispecie è sancita dall’art. 21, comma 1 della legge 13 settembre 1982, n. 646 e s.m.i., e

prevede che: “chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione,

concede, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza

l’autorizzazione dell’autorità competente, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con

l’ammenda non inferiore ad un terzo del valore dell’opera concessa in subappalto o a cottimo e non

superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto. Nei confronti del

subappaltatore e dell’affidatario del cottimo si applica la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno

e dell’ammenda pari ad un terzo del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data

all’Amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.

Al comma 3, ultimo cpv., prescrive: “l’ulteriore prosecuzione dei rapporti stessi, in carenza

del titolo autorizzatorio, è punita con le pene stabilite nel primo comma, ferma restando la facoltà

dell’amministrazione appaltante di chiedere la risoluzione del contratto”.

Infine, è rimessa alla discrezionalità motivata della stazione appaltante la facoltà di chiedere

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la risoluzione contrattuale nei confronti dell’appaltatore.

Inoltre, anche in tale contesto si tenga presente che “Il divieto di affidare senza autorizzazione

della p.a., in tutto o in parte, lavori in subappalto o a cottimo, cui fa riferimento l'art. 21 l. n. 646

del 1982, si riferisce non solo ai contratti tipici ma anche a quelle forme contrattuali atipiche o

derivate, con le quali sotto diverso nome si realizza lo stesso risultato del subappalto o del cottimo”

(nella specie, la Corte Cassazione penale, sez. III, 29 novembre 2005, n. 792 ha ritenuto

configurabile la contravvenzione anche nel caso di cosiddetto "nolo a caldo").

L'autorizzazione, una volta emessa, può anche essere revocata. In tal senso, opera l'art. 94 del

Codice antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) secondo il quale quando le verifiche disposte siano di

particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione

interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni. Decorso poi il

termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della richiesta, ovvero, nei casi d'urgenza, anche

immediatamente dopo la richiesta, le amministrazioni procedono anche in assenza delle

informazioni del prefetto. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre

erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e l'amministrazione

interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il

pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione

del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

Le facoltà di revoca e di recesso di cui al comma 2 si applicano anche quando gli elementi relativi

a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla

concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto.

Sussistendo in capo alla Stazione appaltante il potere di revocare l’autorizzazione al subappalto

– emessa nelle more della risposta della Prefettura mediante l’informativa antimafia –, essa stessa

può emanare il provvedimento di revoca tenendo presente che:

- non è giuridicamente corretto allegare al provvedimento di revoca quello dell’informativa

prefettizia, essendo quest’ultimo un atto “non classificato controllato” e quindi sottratto al diritto

d’accesso ex art. 24, c. 2 lett. c) della L. n. 241/90 e art. 3, punto b) del D.M. Interno n. 415/94;

- non è previsto l’obbligo dell’avvio della comunicazione del procedimento amministrativo, come

riconosciuto dalla giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 250/2010);

- la motivazione del provvedimento di revoca può esplicarsi mediante il richiamo al provvedimento

interdittivo antimafia della Prefettura, al cui contenuto si rinvia per relationem. Sarà eventualmente

il destinatario del provvedimento di revoca, in sede di eventuale impugnazione, a poter chiedere al

giudice adito l’ostensione del provvedimento per l’esercizio del proprio diritto di difesa.

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Tornando alla disciplina generale del subappalto, non è stata riprodotta nel nuovo Codice la

previsione che era contenuta nel comma 3 dell'art. 118 dell’abrogato Codice del 2006 a mente della

quale occorreva precisare che nel bando di gara la stazione appaltante avrebbe provveduto a

corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli

stessi eseguite o, in alternativa, che era fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, inderogabilmente

(trattavasi infatti di norma questa cd. di ordine pubblico e i contatti in parte qua non potevano

prevedere una diversa disciplina dei termini) entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento

effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari

corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.

Qualora gli affidatari non avessero trasmesso le fatture quietanziate del subappaltatore o del

cottimista entro il predetto e inderogabile termine, la stazione appaltante avrebbe sospeso il

successivo pagamento a favore degli affidatari.

Attualmente, il comma 13 dell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede che la stazione appaltante

corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di

beni o lavori, l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:

a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa;

b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore;

c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente.

Il comma 18 dell'art. 118 del Codice sancisce un altro importante aspetto, quello cioè

dell'equiparazione ai fini dell'applicazione della disciplina de medesimo articolo, a figure che in

senso stretto, pur essendo subcontratti, non sono subappalti, ma che – si ripete – vengono

considerati tali al verificarsi di talune condizioni. In particolare, è considerato subappalto – e quindi

va soggetto all'autorizzazione e alle altre prescrizioni dell'art. 118 - qualsiasi contratto avente ad

oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con

posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo del

contratto principale (lavori affidati) o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del

costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da

affidare. De converso, non sono considerati subappalti quei subaffidamenti che non conseguano

anche una sola di dette condizioni.

Il “nolo a caldo” è “un contratto di locazione cui accede una prestazione d’opera: i lavori

vengono eseguiti con macchine prese a nolo e utilizzate da personale messo a disposizione dalla

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stessa impresa noleggiatrice”,7: la locatio rei ha maggior rilievo della locatio operis (fare), che

invece caratterizza l'appalto.

La “fornitura con posa in opera” è “un contratto di vendita in cui oltre ad un dare è prevista

un’attività dell’impresa fornitrice attraverso l’impiego di manodopera o maestranze in genere, per

l’utilizzo dei materiali forniti”,8 talché, sempre in linea generale, può affermarsi che si è in presenza

di un contratto di fornitura con posa in opera piuttosto che di un contratto d’appalto tutte le tutte le

volte in cui la componente lavori sia di fatto accessoria e per contro sia prevalente l’attività di

“dare” rispetto a quella di “facere”.

2.Il pagamento diretto dell’amministrazione al subappaltatore nell’abrogata disciplina.

Nella previgente disciplina l’art. 118, co. 3 del d. lgs. n. 163/2006, prevedeva che la stazione

appaltante, al momento della indizione della procedura di gara, poteva prevedere nel bando di gara

che avrebbe corrisposto “direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le

prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere,

entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture

quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con

l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture

quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante

sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari”.

In particolare, è stato più volte affermato dall’Autorità (anche nel Parere AG4/12 del 17

maggio 2012) e dalla giurisprudenza che il contratto di subappalto, pur potendo essere ricompreso

nella categoria dei contratti derivati e subendo pertanto alcuni effetti dal contratto soprastante,

mantiene comunque un elevato grado di autonomia rispetto al contratto di appalto. Pertanto, non si

creerebbe tra la stazione appaltante ed il subappaltatore alcun rapporto diretto di debito/credito

(Cass. civ. Sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22344; Cass. civ. Sez. I, 9 settembre 2004, n. 18196; Cass.,

24 luglio 2000, n. 9684; Cass. civ. Sez. II, 29 maggio 1999, n. 5237; AVCP, determinazione 26

marzo 2003, n. 8, determinazione 28 aprile 2004, n. 7, deliberazione 23 novembre 2004, n. 157).

In particolare, l’Autorità ha negato che “a seguito del contratto di subappalto ed anche nel caso di

pagamento diretto al subappaltatore, possa sussistere alcun rapporto giuridico tra stazione

appaltante e subappaltatore” (AVCP, deliberazione n. 157/2004). È stato ritenuto, quindi, che

l’interpretazione letterale della disposizione “permetta di qualificare la fattispecie del pagamento

7 Cfr. Cianflone, Giovannini, L’Appalto di Opere Pubbliche, XII, pp. 1381 e 1382, nota 27.

8 Cfr. Cianflone, Giovannini, L’Appalto di Opere Pubbliche, XII, p. 1382, nota 27. Cfr. anche Circolare ANAS 11

giugno 1990, n. 1595.

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diretto quale delegazione di pagamento ex lege tra l’appaltatore, il subappaltatore e la stazione

appaltante. Non sorge, pertanto, un autonomo rapporto obbligatorio tra il subappaltatore e la

stazione appaltante, ma quest’ultima, pagando, adempie la propria obbligazione nei confronti

dell’appaltatore e, in virtù della delegazione, estingue anche l’obbligazione dell’appaltatore nei

confronti del subappaltatore. I rapporti, sorti in virtù di distinti contratti, rimangono pertanto

autonomi. Lo stesso avviene, a fortiori, nel caso in cui la stazione appaltante preveda nel bando di

gara di sospendere il pagamento all’appaltatore in caso di mancata presentazione delle fatture

quietanzate” (AVCP, parere sulla normativa 17 maggio 2012, AG 4/2012).

Nella fisiologia delle relazioni negoziali, la corretta applicazione del citato art. 118, co. 3 del d. lgs.

n. 163/2006 assicurava ai subappaltatori la continua e costante soddisfazione dei propri crediti nei

confronti dell’appaltatore, mitigando la posizione di debolezza contrattuale nella quale

normalmente questi soggetti versano (AVCP, parere sulla normativa 10 novembre 2011, AG

30/2011).

Invece, nel caso sottoposto all’attenzione dell’Autorità per il citato parere del 7 maggio 2012 “è la

stazione appaltante istante che intende modificare in corso di esecuzione le modalità di pagamento

dei subappaltatori contenute nei contratti di appalto e di subappalto. Tale modifica – per quanto

riferito – sarebbe richiesta dall’appaltatore “in difficoltà economiche” e, quindi, non in grado di

far fronte ai propri debiti nei confronti dei subappaltatori.

Per una corretta valutazione della legittimità della prospettata modifica in fase esecutiva, si deve

innanzitutto ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza nazionale e comunitaria, le

“modifiche apportate alle disposizioni di un appalto pubblico in corso di validità costituiscono una

nuova aggiudicazione di appalto, ai sensi della direttiva 92/50, quando presentino caratteristiche

sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale e siano, di conseguenza, atte a

dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto (v., in tal senso,

sentenza 5 ottobre 2000, causa C337/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I8377, punti 44 e 46).

La modifica di un appalto pubblico in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora introduca

condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero

consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero

consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata” (CGCE,

sentenza 19 giugno 2008, resa nella causa C-454/06).

Nel caso di specie si ritiene che il perseguito cambiamento della modalità di pagamento dei

subappaltatori non sia tale da apportare modifiche “sostanziali” al contratto. L’adozione dell’una

o dell’altra modalità di pagamento offerte dall’art. 118 del d. lgs. n. 163/2006, infatti, non

costituisce una condizione atta ad alterare sostanzialmente e radicalmente l’assetto negoziale

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definito con l’aggiudicazione, ma può solo determinare, in linea teorica, un aggravio

procedimentale per la stazione appaltante. L’appaltatore, invece, anche quando si adotta il c.d.

pagamento indiretto, è comunque messo in grado di far fronte ai propri debiti verso i

subappaltatori grazie al pagamento ricevuto dalla stazione appaltante.

Ciò detto, anche alla luce dei citati precedenti di questa Autorità, è possibile affermare che il

pagamento diretto da parte della stazione appaltante sia sostanzialmente più efficace nel tutelare la

posizione del subappaltatore e, inoltre, maggiormente idoneo a garantire anche un miglior

funzionamento del meccanismo di sostituzione di cui agli art. 4 e 5 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n.

207.

Tale interpretazione, del resto, ha trovato recentemente conferma in un intervento del legislatore

nazionale. L’art. 13, co. 2, lett. a) della l. 11 novembre 2011, n. 180, infatti, prevede che: “Nel

rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire

l'accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità

competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a: a)

suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici relativi

a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in lotti o

lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei

pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del

pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento […]”.

Pur non essendo la formulazione della disposizione in questione particolarmente chiara, si ritiene

che il legislatore abbia in tal modo introdotto una forma di favor nei confronti del pagamento

diretto, soprattutto quando è verosimile che siano coinvolte nei subappalti PMI, mentre l’adozione

della forma del pagamento indiretto dovrebbe essere oggetto di specifica motivazione da parte della

stazione appaltante. Pertanto, anche tenuto conto di tale intervento legislativo, la modifica in corso

di esecuzione delle modalità di pagamento dei subappaltatori appare, in termini generali ed

astratti, compatibile con la normativa di settore”.

3. Il pagamento diretto ai subappaltatori P.M.I., ai sensi dell'art. 13, comma 2, lettera a) della

legge n. 180/2011. Obbligo o facoltà?

Il citato art. 13, c. 2 lett. a) della legge n. 180/2011 stabilisce che:

“2. Nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di

favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità

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competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a:

a) suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici

relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti in

lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta

dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del

pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento”.

Di recente sul punto è intervenuta la Delibera ANAC n. 11 del 21 gennaio 2015 che appare

propensa a interpretare la norma citata come un obbligo per le amministrazioni.

In particolare, la Delibera n. 11 del 21 gennaio 2015 (avente ad oggetto: fascicolo 2243/2013 -

Lavori di messa in sicurezza del torrente Bellasio – I stralcio, Esponente: Società Costruzioni s.r.l.,

Stazione appaltante: Comune di Santo Stefano di Magra (SP), Riferimenti normativi: art. 118,

comma 3 d.lgs. n. 163/2006 e art. 13, comma 2, lettera a) legge n. 180/2011), ha espresso una serie

di linee ermeneutiche utili per gli operatori; esse sono:

- in caso di procedura concorsuale sussiste l’obbligo della sospensione del pagamento

all’appaltatore ex art. 118, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006 da parte della stazione appaltante

fino al soddisfacimento del subappaltatore (Cass. n. 3402 del 5.03.2012); mentre, non è

ammissibile il pagamento diretto da parte della Stazione appaltante a favore del subappaltatore ove

ciò non sia espressamente previsto dal contratto di appalto, il quale richiederebbe pertanto una

modifica di natura negoziale (cfr. AVCP - parere AG 26/12 del 7 marzo 2013).

- Inoltre, l’ Autorità prima del 21 gennaio 2015, ha reso un parere nel senso di seguito indicato “In

caso di concordato preventivo, a seconda di quanto disposto nel bando di gara ai sensi dell’art. 118,

co. 3 del d. lgs. 163/2006, la stazione appaltante che avesse sospeso i pagamenti a favore

dell’appaltatore pagherà a quest’ultimo, una volta che questi abbia saldato il proprio debito (come

eventualmente ridotto dal concordato) con il subappaltatore; potrà altresì pagare direttamente il

subappaltatore, sempre nella misura stabilita dal concordato.”

- “Va da ultimo evidenziato che il pagamento diretto dei subappaltatori è stato reso obbligatorio,

qualora si tratti di P.M.I., dall'art. 13, comma 2, lettera a) della legge n. 180 del 2011 - Norme per

la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese: “Nel rispetto della normativa dell'Unione

europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie

imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti nuovi o

maggiori oneri finanziari, provvedono a:

a) suddividere, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 del codice dei contratti pubblici

relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, gli appalti

in lotti o lavorazioni ed evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione

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diretta dei pagamenti da effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le

motivazioni del pagamento, da parte della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento;”

Inoltre, la questione della tutela del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore, in presenza di

procedure concorsuali per insolvenza dell’imprenditore, è stata di recente affrontata con la legge

n. 9 del 2014, che ha previsto l’integrazione del comma 3, dopo il terzo periodo, con il seguente:

"Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da

reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti

che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di

appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del

bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili,

eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del

regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al

subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite" e

l’inserimento del comma 3-bis “E' sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i

contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con

continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali

diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili,

eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del

regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, dai

subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni del tribunale competente per

l'ammissione alla predetta procedura”.”.

5. Nuova disciplina nel D.Lgs. n. 50/2016

Nell’art. 105 il comma 13 stabilisce, come s’è detto, che la stazione appaltante corrisponde

direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori,

l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi:

a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa;

b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore;

c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente.

Per quanto previsto nella lettera a), c’è da dire che il pagamento diretto dei subappaltatori

erav già stato reso obbligatorio, qualora si tratti di P.M.I., dall'art. 13, comma 2, lettera a) della

legge n. 180 del 2011; in tale ultima norma si fa riferimento al fatto che, nel rispetto della normativa

dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e

medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti

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nuovi o maggiori oneri finanziari, devono provvedere a suddividere (nel rispetto di quanto era

previsto dall'art. 29 del vecchio Codice dei contratti pubblici) gli appalti in lotti o lavorazioni ed

evidenziare le possibilità di subappalto, garantendo la corresponsione diretta dei pagamenti da

effettuare tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le motivazioni del pagamento, da parte

della stazione appaltante nei vari stati di avanzamento. Attualmente, la regola comunitaria della

divisione in lotti è espressa con portata ancora più ampia nell’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016 e in forza

dell’art. 105 il subappalto non una previsione facoltativa per la stazione appaltante.

Inoltre, nell’art. 105 non vi è riferimento né alle mandanti di un’ATI né alle società costituite

per l’esecuzione unitaria dei lavori; invece, nel comma 3 dell’abrogato art. 118 era previsto che ove

ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi

nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo

compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può

provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara (il riferimento era

alla facoltà espressa nel previgente incipit del comma 3), al pagamento diretto alle mandanti, alle

società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma

dell'articolo 93 del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al

cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite (come detto, il comma era

stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera bb), d.lgs. n. 113 del 2007, poi dall'art. 13, comma 10,

legge n. 9 del 2014). Attualmente, tale previsione non è rintracciabile nel nuovo Codice; anzi

nell’art. 105, comma 20 è contenuta una generale applicazione delle regole fissate dal medesimo

articolo: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai raggruppamenti

temporanei e alle società anche consortili, quando le imprese riunite o consorziate non intendono

eseguire direttamente le prestazioni scorporabili, nonché alle associazioni in partecipazione quando

l'associante non intende eseguire direttamente le prestazioni assunte in appalto; si applicano altresì

agli affidamenti con procedura negoziata”.

6. Ipotesi concorsuali ed effetti sul subappalto.

Nell’art. 118 erano state introdotte dall'art. 13, comma 10, legge n. 9 del 2014 (conversione

del D.L. n. 145/2013) due importanti disposizioni; in particolare:

- il comma 3-bis, in cui è sancito che sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i

contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità

aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi

soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili,

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eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del

regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le

determinazioni presso il Tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura;

- e il comma 3-ter, secondo cui nelle ipotesi previste nei commi 3, ultimo periodo e 3-bis, la

stazione appaltante, ferme restando le disposizioni previste in materia di obblighi informativi,

pubblicità e trasparenza, è in ogni caso tenuta a pubblicare nel proprio sito internet istituzionale le

somme liquidate con l'indicazione dei relativi beneficiari.

Va detto che nel citato comma 3, ultimo periodo, era fissata una disciplina importante che poteva

essere così declinata:

- nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte

delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo

importo e con proposta motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità

finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei

cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione

appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga

alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili,

eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'articolo 93 del

regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonché al subappaltatore o al cottimista

dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite.

- Tale disposizione era stata appunto così modificata dall'art. 2, comma 1, lettera bb), d.lgs. n.

113 del 2007, poi dall'art. 13, comma 10, legge n. 9 del 2014): essa «si applica anche alle somme

dovute agli esecutori in subcontratto di forniture le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di

avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture» ai sensi dell'art. 15 della legge n.

180/2011).

Attualmente, il citato comma 10 della L. n. 9/2014 (e quindi le previsioni che erano

state operate nel previgente art. 118 del vecchio Codice appalti) è stato abrogato dall’ art. 217,

comma 1, lett. ll), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016, ai sensi di

quanto disposto dall’ art. 220 del medesimo D.Lgs. n. 50/2016.

Nell’ipotesi in cui vi sia il fallimento dell’appaltatore, l’art. 81, R.D. 267/1942 stabilisce che

il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il

comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l'autorizzazione del giudice delegato, non

dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di

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giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. La prosecuzione del

rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell'appaltatore, quando la considerazione

della sua persona è stato un motivo determinante del contratto. Sono fatte salve le norme relative al

contratto di appalto per le opere pubbliche.

Dunque, è stabilito che il contratto di appalto non si estingue solo il curatore non dichiari,

entro 60 giorni, di voler subentrare all’appaltatore fallito. A tal proposito è intervenuta la Corte di

Cassazione, Sez. I civile, la quale con la sentenza del 5 marzo 2012, n. 3402, ha ritenuto che il

credito riferibile al subappaltatore nel caso in cui l’esecutore principale venisse dichiarato fallito,

sarebbe prededucibile, in quanto esigibile da parte del subappaltatore medesimo nei riguardi della

Committenza. Secondo l’art. 111, R.D. n. 267/ 1942, “sono considerati crediti prededucibili quelli

qualificati da una specifica diposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle

procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi

del primo comma”. La Cassazione nella citata sentenza ha ritenuto che l’art.111 attua un

meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo

interno, ma tutte quelle interferiscono con l’amministrazione fallimentare ed influiscono per

l’effetto sugli interessi dell’intero ceto creditorio. Quindi, rientra fra i crediti prededucibili anche il

pagamento al subappaltatore. L’eventuale sospensione dei pagamenti all’appaltatore da parte della

Committente, in virtù della sanzione comminata dall’art. 118 del Codice, determina il fatto che il

credito al pagamento da parte del subappaltatore sia “condizione di esigibilità del credito che la

fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante”.

Una linea argomentativa opposta a quella seguita dalla cassazione nella sentenza citata, è

stata sostenuta dal Tribunale di Bolzano, 25 febbraio 2014, il quale ha affermato di non

condividere la pronuncia in materia della Suprema Corte, per le seguenti ragioni:

“1. La Corte di Cassazione parte dal presupposto fondamentale che nella fattispecie in esame sia

applicabile l'articolo 118 comma 3 Codice Appalti. Per semplicità di lettura si riporta il teso dei

commi 3 e 3 bis del citato articolo, come modificato dall'articolo 13 comma 10 lettera a) del DL

145 /2013, in vigore dal 24/12/2013. “Nel bando di gara la stazione appaltante indica che

provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le

prestazioni degli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere,

entro 20 giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copie delle fatture

quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore cottimista, con

l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture

quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante

sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli

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affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal

subappaltatore o dal cottimista,, con la specificazione del relativo importo e con la proposta

motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento

dell'esecuzione del contratto accertate dalla stazione appaltante per i contratti di appalto in corso

può provvedersi, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto al

subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguiti.

3 – bis. È sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella

pendenza di procedura di concordato preventivo, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni

eseguite dall'affidatario medesimo e dai subappaltatori e cottimisti, presso il tribunale competente

per l'ammissione alla predetta procedura.”

Tale norma prevede un meccanismo che trova la propria ratio nell'esigenza di tutela della Pubblica

Amministrazione, il cui interesse primario è quello di vedere realizzata l'opera pubblica nei termini

e alle condizioni previsti dal contratto di appalto e di sapere che i denari versati alla società

appaltatrice per i S.A.L. (stati avanzamento lavori) via via maturati siano stati da questa

correttamente destinati ai subappaltatori. In altre parole, l'articolo 118 terzo comma Cod. app.

trova applicazione solamente nei rapporti tra ente pubblico e società appaltatrice che continui o sia

in grado di continuare la propria attività oggetto del contratto d'appalto. Ciò trova conferma nella

recente modifica del comma 3 del predetto articolo, laddove è stata aggiunta la previsione che in

condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento dell'esecuzione del contratto, accertate

dalla stazione appaltante, per i contratti di appalto in corso, possa provvedersi anche in deroga

alle previsioni del bando di gara al pagamento diretto al subappaltatore.

Inoltre il comma 3 bis, aggiunto dal decreto legge 145 del 2013, prevede la possibilità per la

stazione appaltante di provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dall'affidatario

medesimo, nella pendenza di procedura di concordato preventivo di questo, e dai subappaltatori.

Pare pacifico che questa nuova disposizione si possa riferire solamente ai casi di concordato in

continuità aziendale, essendo prevista solo per questa categoria di concordato la possibilità di

proseguire, a determinate condizioni, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del

ricorso di concordato stipulati con la P.A. (186 bis comma 3 lf). Ciò supporta ulteriormente la tesi

secondo cui il meccanismo di cui all’art. 118 cod. app. abbia ragion d’essere solo laddove vi sia

una continuità nei rapporti fra stazione appaltante e affidatario.

Per contro, in caso di fallimento dell’affidatario (come nel caso di specie), il contratto fra questo e

la stazione appaltante si scioglie ipso iure. L'ente pubblico appaltante, infatti, non può consentire la

prosecuzione del rapporto, né la procedura può optare di proseguire lo stesso a norma dell'articolo

81 comma 1 e 2 e l.f. (cfr. a tal fine Cass. 19165/2007; Cons.Stato 4575/ 2007 secondo cui ”… Nei

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pubblici appalti si deve escludere la possibilità che a seguito di fallimento dell'appaltatore il

rapporto contrattuale possa proseguire fra la stazione appaltante pubblica e il fallito, ancorché il

giudice fallimentare abbia autorizzato l'esercizio provvisorio dell'impresa… Il principio che si

desume dal codice appalti, secondo cui le stazioni appaltanti pubbliche non possono intrattenere

rapporti contrattuali con appaltatori falliti, prevale sulla disciplina generale dettata dall'articolo

81 lf, sia in base al carattere speciale della disciplina dei pubblici appalti, sia in virtù del principio

della successione delle leggi nel tempo…).

L’impossibilità dell’ente pubblico di proseguire il rapporto con la società appaltatrice fallita si

ricava anche dalle disposizione contenute negli artt. 38 e 140 del codice degli appalti, laddove il

primo prevede al comma 1 che: “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento

delle concessioni e degli appalti di lavoro, forniture e servizi, né possono essere affidatari di

subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a che si trovano in stato di

fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186 bis

del regio decreto 16 marzo 1942, numero 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per

la dichiarazione di una di tali situazioni”.

L’art. 140 prevede, a sua volta, espressamente che le “stazioni appaltanti in caso di fallimento

dell'appaltatore … potranno interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato

all'originaria di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto

per l'affidamento del completamento dei lavori. Cede all'interpello a partire dal soggetto che ha

formulato la prima migliore offerta, sino al quinto migliore ente, escluso l’originario

aggiudicatario”.

In conclusione si ritiene che il meccanismo dettato dall’art. 118, che prevede la sospensione del

pagamento da parte dell’ente pubblico in favore della appaltatrice relativamente ai crediti da

questa maturati fino a quel momento e relativi al S.A.L. accertato in contradditorio fra le parti,

presuppone l’esistenza di una contratto ancora in corso di esecuzione, che deve essere portato a

termine, per poi giungere al collaudo dell’opera.

Si tratta, a ben vedere, di un meccanismo di tutela per la P.A. più che del subappaltatore, come

invece afferma la Suprema Corte (“la sanzione della sospensione, prevalentemente intesa quale

forma di garanzia per le ragioni del subappaltatore , contraente più debole , tesa ad evitare abusi

da parte dell’appaltatore, sia ed ancor di più se si riferisce a tutti i pagamenti successivi che

spettano all’appaltatore in forza del contratto d’appalto).

In sostanza, la tutela derivante al subappaltatore è solo indiretta, nel senso che la sospensione dei

pagamenti all’appaltatore realizza una situazione di fatto astrattamente idonea ad indurre

l’appaltatore medesimo - in corso d’opera - ad assolvere le sue obbligazioni verso il

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subappaltatore. Ma questo meccanismo non inficia l’autonomia del contratto d’appalto rispetto al

subappalto, né produce il sorgere di un rapporto giuridico fra la pubblica amministrazione ed il

subappaltatore, tantomeno crea un diritto del subappaltatore al pagamento delle sue prestazioni da

parte dell’ente pubblico. Ciò è stato più volte enunciato dalla Cassazione nelle decisioni nr.18.146

del 2004, nr. 22.344 del 2009, nr. 9.684 del 2000 e 5.237 del 1999.

Esclusa l’esistenza di un rapporto giuridico fra stazione appaltante e subappaltatore, il quale

dunque non può agire nei confronti della prima per ottenere il pagamento dei corrispettivi dovuti,

non è plausibile che il fallimento della società appaltatrice e lo scioglimento dei contratti

(d’appalto e di subappalto) conducano ad un rafforzamento, in senso giuridico, e ad un

miglioramento, in senso economico, della posizione del subappaltatore.

Alla stessa conclusione si perviene anche per altra via.

Un meccanismo di maggiore tutela del subappaltatore è sempre stato rappresentato dalla

possibilità di prevedere nel bando di gara il pagamento diretto a questi da parte della stazione

appaltante, possibilità che ora è stata potenziata dalla facoltà, in casi di urgenza, di provvedervi

anche in assenza di una previsione in tal senso nel bando di gara. Pertanto non si ritiene

applicabile la citata normativa nel caso in cui il rapporto con la PA si sia interrotto ipso iure in

seguito al fallimento della società appaltatrice. Conseguentemente non sarà necessario, al fine di

poter incassare quanto maturato nei confronti dell’ente pubblico, che è e rimane senza dubbio

debitore nei confronti della società appaltatrice per le prestazioni da questa eseguite, attivare il

“meccanismo di tutela”, pena la sospensione dei pagamenti.

2.L’articolo 118, terzo comma, inoltre non può trovare applicazione, in quanto, in presenza di

fallimento prevalgono i principi cardine che regolano lo svolgimento della procedura fallimentare

nel suo insieme, anche con riferimento alle tutele che tale procedura offre (insinuazione di tutti i

crediti nello stato passivo, possibilità di opposizioni, possibilità di impugnazioni, ecc.).

Diversamente verrebbe leso non solo il fondamentale principio della par condicio creditorum, che

ispira la normativa concorsuale, ma anche l’altrettanto fondamentale principio, secondo cui tutti i

pagamenti devono essere effettuati nell’ambito della procedura concorsuale in osservanza dei

privilegi di legge e delle norme sulla prededuzione. Pertanto un meccanismo come quello dettato

dall’art. 118, comma 3, che condizionerebbe la procedura stessa all’obbligo della presentazione

delle quietanze dei subappaltatori preventivamente al pagamento di quanto dovuto alla procedura

dalla stazione appaltante, sarebbe in totale contrasto con i suddetti principi e le garanzie della

procedura fallimentare.

3. Anche volendo prescindere dalla questione giuridica appena esaminata, e ipotizzare di

condividere l’affermazione della Cassazione secondo cui “il disposto del D.lgs. n. 163 del 2006,

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art. 118, comma 3, applicabile indiscutibilmente al caso di specie …” questo GD non condivide il

ragionamento svolto dalla Cassazione ed il conseguente principio affermato nella pronuncia,

secondo cui il pagamento del credito al subappaltatore rappresenta una condizione di esigibilità

del credito che la fallita vanta a sua volta nei confronti della stazione appaltante; che pertanto

detta costruzione rappresenta il necessario nesso di strumentalità tra il pagamento del proprio

credito, che, solo se assistito da prededuzione, può essere eseguito con preferenza seppur a seguito

di riparto, e la soddisfazione del credito della fallita in termini di funzionalità rispetto agli interessi

della procedura di quel pagamento, meritevole per l’effetto di quel rango preferenziale.

a) Il primo punto debole di questa ricostruzione è rappresentato, a parere di questo GD, dal fatto

che il pagamento al subappaltatore, cui venisse riconosciuta la prededuzione in sede di ammissione

allo stato passivo, potrebbe essere eseguito solamente a seguito di riparto: nessun subappaltatore

potrebbe rilasciare una fattura quietanzata senza avere percepito l’importo dovutogli, né potrebbe

farlo solamente perché è stato ammesso allo stato passivo. Quindi l’appaltatore fallito non avrebbe

comunque titolo per incassare dall’ente il suo credito. In sostanza l’ammissione di un credito al

passivo fallimentare, sia pure in prededuzione, non equivale ad un pagamento al subappaltatore,

non legittima la quietanza delle fatture da parte del subappaltatore e, pertanto, non risulta di per sé

uno strumento idoneo a realizzare il presupposto per il pagamento da parte della stazione

appaltante (trasmissione di fatture quietanzate) di cui all’art. 118 comma 3 codice appalti (se fosse

davvero operante nei confronti del fallimento).

D’altra parte il fallimento potrebbe non avere la disponibilità di anticipare i pagamenti ai

subappaltatori (in evento ammessi in prededuzione) o addirittura potrebbe non avere nemmeno in

sede di riparto finale le risorse per pagare integralmente i crediti prededucibili. Visto che le somme

verrebbero messe a disposizione dall’ente all’appaltatore fallito solamente dopo avere presentato le

rispettive fatture quietanziate, il meccanismo pare essere imperfetto.

b) Secondo aspetto criticabile è rappresentato dalla circostanza che la Suprema Corte da per

pacifico che le somme relative al SAL maturato, e non ancora incassato dall’appaltatore, sarebbero

sempre almeno sufficienti a coprire le prestazioni da pagare ai subappaltatori. Ma ciò postula

invece, con tutta evidenza, la necessità di un accertamento caso per caso. Se, infatti, i crediti che

vengono riscossi dalla società appaltatrice per il SAL maturato, che dovrebbero essere composti

dai corrispettivi per i subappaltatori, oltre ovviamente, dall’utile che la società ha previsto, sono in

realtà inferiori alle aspettative (perché la società ha lavorato in generale sottocosto o ha operato in

sottocosto per determinate lavorazioni), si destinerebbero ai subappaltatori somme maggiori

rispetto a quelle ricavabili dalla procedura. In questo caso il pagamento in prededuzione ai

subappaltatori creerebbe non un vantaggio, bensì un danno al ceto

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creditorio.

La stessa situazione di danno interverrebbe qualora la stazione appaltante non liquidasse alla

società appaltatrice per intero i SAL maturati, avvalendosi essa della facoltà di compensarli in tutto

od in parte, con danni derivati ad essa stazione appaltante per ritardi, penali, vizi delle lavorazioni,

ecc.

c) Terzo punto debole: lo stesso ragionamento dovrebbe applicarsi anche alla problematica relativa

al DURC (documento unico di regolarità contributiva), ove si ritiene, invece, che l’art. 4, 2 comma

DPR 05.10.2010 n. 207 non possa essere applicabile, per gli stessi motivi sopra evidenziati, in

costanza di procedura fallimentare. Anche in questo caso si ritiene che, a prescindere dal rilascio

del DURC, l’ente pubblico sia tenuto a pagare alla procedura quanto dovuto per le prestazioni

eseguite, indipendentemente dalla presentazione del DURC”.