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IL RUOLO DELLO PSICHIATRA Autismo, dalla diagnosi al progetto di vita Reggio Calabria, 20.9.2014 Dr. Francesco Polito 1

Il ruolo dello psichiatria

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Intervento al convegno "Autismo, dalla diagnosi al progetto di vita" - Reggio Calabria, 20.9.2014

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Page 1: Il ruolo dello psichiatria

IL RUOLO DELLO PSICHIATRA

Autismo, dalla diagnosi al progetto di vita

Reggio Calabria, 20.9.2014

Dr. Francesco Polito 1

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SINPIA ( LINEE GUIDA PER L’AUTISMO - 2005)

Sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente

determinato, con esordio nei primi tre anni di vita, con gravissime menomazioni nell’area

dell’interazione sociale, della comunicazione sia verbale che non verbale, del

comportamento, che spesso diventa estremamente problematico e del modo di percepire sia il proprio corpo che il mondo.

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DSM-IV-TR

F.84.x Disturbi pervasivi dello sviluppo

Compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo: capacità di interazione sociale reciproca, capacità di comunicazione, o presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate. Le compromissioni qualitative che definiscono queste condizioni sono nettamente anomale rispetto a livello di sviluppo o all’età mentale del soggetto.

L’eventuale ritardo mentale associato andrebbe codificato sull’asse II.

Se sono associati a condizioni mediche generali (anomalie cromosomiche, infezioni congenite, anomalie strutturali del SSN) queste andrebbero codificate sull’asse III.

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DSM-IV-TR

F.84.x Disturbi pervasivi dello sviluppo

Disturbo AutisticoDisturbo di RettDisturbo Disintegrativo dell’InfanziaDisturbo di AspergerDisturbo Pervasivo dello Sviluppo NAS

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DSM-IV-TR

La triade sintomatologica

1. Deficit nell’interazione sociale 2. Deficit nella comunicazione 3. Deficit dell’immaginazione con interessi ristretti e stereotipati

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DSM-5

Disturbo dello spettro autistico (DSA)

Un approccio dimensionale

Autismo grave Autismo medio Autismo lieve Autismo sottosoglia Autismo variante fisiologica della norma.

Disturbo della comunicazione sociale

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DSM-5

Disturbo dello spettro autistico (DSA)

Criteri diagnostici

Dominio 1: deficit socio-comunicativo (componente sociale dei DSA)

Dominio 2: interessi ristretti e comportamenti ripetitivi componente non sociale dei DSA)

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DSM-IV-TR versus DSM-5

DSM-5

I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia, ma possono non essere pienamente manifesti fino a quando le richieste sociali eccedano le limitate abilità

Non è più presente il deficit della comunicazione, che entra a far parte del nuovo Disturbo della Comunicazione Sociale

La classificazione dimensionale determina un continuum patologico attraverso cui si identificano i bisogni della persona ed il grado di sostegno richiesto

DSM –IV-TR

I sintomi si manifestano entro i primi tre anni di vita

E’ presente il deficit della comunicazione

Sono previste sindromi specifiche classicamente identificate

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Gli studi sugli esiti in età adulta evidenziano la permanenza nella maggior parte dei casi di difficoltà nel comportamento adattivo e la

dipendenza dal contesto

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Le caratteristiche tipiche della sindrome si mantengono anche in età adulta

Matson, Wilkins e Ancona (2008), hanno osservato che un gruppo di 57 adulti con autismo a basso livello di funzionalità presentava un profilo distinto di sintomi rispetto al gruppo di controllo che

presentava lo stesso grado di deficit intellettivo ma senza diagnosi di autismo. Le differenze riguardavano soprattutto la tendenza ad attivare pochi contatti sociali e a mettere in atto

comportamenti routinari e stereotipie.

Billstedt, Gillberg e Cristopher (2007), in un gruppo di 105 soggetti adulti con autismo, mettevano in evidenza la presenza in una percentuale compresa tra il 70% ed il 92% dei casi di molti sintomi

relativi all’interazione sociale; nella comunicazione, poco presente ecolalia, molto presente deficit nella reciprocità e comportamenti ripetitivi.

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Billsteadt, Gillberg e Gillberg (2005)

Su 120 soggetti diagnosticati nell’infanzia e rivisti da adulti (dei quali il 50% con Q.I. <50), nel 78% dei casi sono stati riscontrati esiti “poveri” o “molto poveri”, nel 21% esiti “medi”, in nessun caso “buoni”.

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Anche nel caso di soggetti con Autismo ad alto Funzionamento o Sindrome di Asperger gli esiti

non sempre sono in linea con quanto atteso sulla base delle capacità del soggetto

Tantam (1991), su 46 adulti con Asperger che erano stati diagnosticati come autistici da bambini, ha trovato che solo 2 di essi avevano completato il percorso

universitario di I° livello e solo 4 lavoravano. Il 53% risiedeva in istituzioni residenziali protette, il 41% abitava con i genitori e solo il 3% viveva in maniera indipendente.

Howlin (2000): “Sebbene le persone con autismo ad alta funzionalità e con sindrome di Asperger possano avere un buon successo adattivo come adulti, tale

condizione raramente si verifica in maniera agevole”.

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Howlin, Goode, Hutton e Rutter (2004)

Su 68 soggetti con Q.I. >50, valutati nell’infanzia ed analizzati nuovamente in età adulta, malgrado alcuni abbiano raggiunto un livello discreto di autonomia, si osserva che la maggior parte è rimasta dipendente dalla famiglia e dai servizi. Il 58% ha esiti “poveri” o “molto poveri” (“buoni” o “molto buoni “ nel 29% dei casi)Il Q.I. >70 nell’infanzia si accompagna ad esiti migliori, ma ciò non vale per tutti gli individui.

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Occorre diffondere la consapevolezza che l’autismo è un problema che riguarda l’intero

ciclo di vita. Più di una ricerca condotta in vari territori regionali segnala il crollo numerico delle

diagnosi di autismo dopo i 18 anni

Ministero della SaluteRelazione finale Tavolo Nazionale di Lavoro

sull’autismo, 2008

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Nel 2001 il DSM-IV-TR riportava che tre persone su 10.000 presentavano un disturbo autistico. Partendo da questo dato, Baron Cohen nel 2009 inviava al corpo insegnante ed alle famiglie degli scolari dai 5 ai 9 anni un test screening e procedeva ad una nuova valutazione diagnostica.Con questo studio, riportava ben 157 casi su 10.000, e la prevalenza passava dallo 0,03% al 1,57%, aumentando di 50 volte.

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DATI EPIDEMIOLOGICI DISPONIBILI IN ITALIA

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ANNO FASCIA DI ETA' SOGGETTI CON DPS PREVALENZA SU 10002008 0-18 1702 2,52007 18-30 377 0,72012 18-30 771 1,6

ANNO FASCIA DI ETA' SOGGETTI CON DPS PREVALENZA SU 10002009 0-18 1335 22002 > 18 62 0,11

ANNO FASCIA DI ETA' SOGGETTI CON DPS PREVALENZA SU 10002006 0-18 646 1,52006 > 18 75 0,15

REGIONE PIEMONTE

REGIONE EMILIA ROMAGNA

REGIONE TOSCANA

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Utilizzo al momento della diagnosi, nel caso dei soggetti oggi adulti, di categorie diagnostiche non codificate secondo classificazioni internazionali

Scomparsa e cambiamento della diagnosi a quella di Disabilità intellettiva o Psicosi

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Oltre un terzo dei soggetti con Disabilità Intellettiva (DI) inseriti in strutture diurne e

residenziali presenta comportamenti compatibili con un DPS

Tra questi la percentuale sale al 48%-59% per i

soggetti con DI più grave

Kraijer, Lassi e La Malfa (2006)

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PIEMONTE – ADULTI CON DIAGNOSI F84 SEGUITI DAI DSM

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Seguiti 28%Non seguiti 72%

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La situazione delle persone adulte affetta da autismo è fortemente condizionata dalla carenza grave di servizi, di

progettualità e programmazione per il futuro, che produce troppo spesso un carico esorbitante per le famiglie, con il rischio di perdita di autonomie ed abilità faticosamente

raggiunte, di abusi di interventi farmacologici per sopperire alla mancanza di idonei interventi psicoeducativi o di adeguata

organizzazione dei contesti e degli spazi vitali, di istituzionalizzazioni fortemente segreganti in quanto

puramente custodialistiche e restrittive.

Ministero della SaluteRelazione finale Tavolo Nazionale di Lavoro sull’autismo,

2008

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Vi è quindi l’esigenza di una presa in carico che si muova per tutto l’arco

della vita delle persone con autismo, dall’infanzia all’età adulta ed anziana.

Ministero della SaluteRelazione finale Tavolo Nazionale di Lavoro

sull’autismo, 2008

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CRITICITA’ NEL PASSAGGIO DALL’ADOLESCENZA ALL’ETA’ ADULTA

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La condivisione del ruolo educativo della

scuola si riduce progressivamente

I genitori rischiano di diventare nuovamente

l’unico interlocutore del

figlio

L’integrazione con i coetanei può

essere più problematica

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L’ETA’ ADULTA

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Il genitore chiede alla rete di affiancarsi o di sostituirsi a lui nel suo ruolo genitoriale

Emergono le preoccupazioni per il “dopo di noi”

Il genitore diventa anziano, il bambino non è diventato adulto

Il genitore fatica ad esercitare da solo il suo ruolo educativo

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DSM–IV-TR Decorso Disturbo Autistico

Gli studi di follow-up disponibili indicano che solo una piccola parte di soggetti con Disturbo

Autistico riesce, nell’età adulta, a vivere e lavorare in modo indipendente. In circa un terzo dei casi, è possibile un certo grado di indipendenza parziale. I soggetti adulti affetti da DA con funzionamento più elevato continuano tipicamente a mostrare

problemi nell’interazione sociale e nella comunicazione, oltre ad una notevole ristrettezza

di interessi ed attività.

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DSM–IV-TR Decorso Disturbo di Rett

Permane per tutta la vita e la perdita delle capacità di prestazioni è generalmente persistente

e progressiva. Nella maggior parte dei casi la remissione è piuttosto limitata, sebbene vi

possano essere alcuni recuperi di sviluppi molto modesti e si possa osservare un interesse nell’interazione sociale quando il soggetto

raggiunge la tarda fanciullezza o l’adolescenza. Le difficoltà di comunicazione rimangono

relativamente costanti per tutta la vita.

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DSM–IV-TR Decorso Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia

Questo disturbo presenta un decorso continuo e nella maggior parte dei casi permane per la durata di tutta la vita. Le difficoltà sociali, di

comunicazione e comportamentali rimangono relativamente costanti nel corso della vita.

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DSM–IV-TR Decorso Disturbo di Asperger

Nell’adolescenza può aumentare l’interesse nello stabilire relazioni sociali nella misura in cui gli individui imparano a rispondere in modo più adattivo alle difficoltà. I più grandi possono essere interessati all’amicizia, ma sono privi della comprensione delle convenzioni dell’interazione sociale e possono più verosimilmente avere relazioni con individui molto più grandi o più piccoli di loro. La prognosi sembra

significativamente migliore di quella del DA, poiché gli studi di follow-up sostengono che molti soggetti da adulti sono in grado di ottenere impieghi remunerativi e di provvedere

all’autosufficienza.

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In Gran Bretagna la prevalenza di adulti autistici non diagnosticati è risultata essere del 1% (ADOS > 10 su un campione di 618 persone -

Brugha ed aa., 2009)

La maggior parte dei casi di DPS sono diagnosticati durante l’infanzia e molto sforzo è stato prodotto per

lo sviluppo di strategie per ottenere una diagnosi precoce. Purtroppo, molti individui autistici con

problemi lievi passano attraverso l’infanzia e l’adolescenza senza ricevere una diagnosi.

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Barnard ed aa. (2001) hanno trovato che il 29% delle persone con autismo ad alto funzionamento ed il 46% di quelli con S. di Asperger non aveva ricevuto questa diagnosi fino alla tarda adolescenza o l’età adulta.

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Le difficoltà diagnostiche riguardo i DPS ad alto funzionamento e la S. di Asperger sono legati probabilmente all’allargamento dei criteri diagnostici, all’alta intelligenza, alla capacità verbale che consente di

camuffare e compensare le difficoltà.

Secondo Bejerot e Wetterberger (2008) altri disturbi psichiatrici e sintomi spesso coesistono con i DPS.

In altri casi (Gillberg 2002) le difficoltà legate ai DPS possono essere scambiate per espressioni di altri

problemi psichiatrici o psicologici.

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Le difficoltà possono diventare più pronunciate nella transizione verso l’età adulta, quando le esigenze di autonomia aumentano, mentre le abilità sociali diventano fondamentali per la realizzazione accademica e professionale.

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Comorbidità dei DPS

Ritardo mentale Disturbi della comunicazione ADHD Disturbo psicotico NAS Schizofrenia Disturbo da movimenti stereotipati Disturbi d’ansia Fobia sociale Disturbi dell’adattamento Disturbo ossessivo-compulsivo Disturbo schizoide di personalità Disturbo evitante di personalità Disturbo dipendente di personalità Disturbo ossessivo compulsivo di personalità

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TEST PSICODIAGNOSTICI PER L’AUTISMO LIEVE NEGLI ADULTI

Autism Quotient (AQ, Baron-Cohen ed aa., 2001) Aspie-Quiz (Ekblad, 2013) Adult Autism Assesment (AAA, Baron-Cohen ed aa., 2005) Ritvo Autism and Asperger Diagnostic Scale Revised (RAADS-R, Ritvo ed aa.,

2011)

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AQ – Identifica tratti autistici come strumento di screening, ma ha scarso valore come strumento diagnostico –Test di autovalutazione

AAA- Buon sistema diagnostico, ma è lungo, richiede un’ottima conoscenza dell’autismo ed è basato strettamente sui criteri del DSM-IV. Ha un’ottima specificità, ma bassa sensibilità, escludendo i casi più

lievi.

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Aspie-Quiz – Simile al AQ, compilabile anche on line

RAADS-R – Studiato appositamente per la popolazione adulta con DSA di grado lieve o con S. di Asperger. La somministrazione viene fatta insieme al clinico. Gratuito, può essere scaricato dal sito www.spazioasperger.it/RAADS/

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RAADS-R

Sensibilità del 97% , specificità 100% (Ritvo ed aa., 2011)Progettato per persone con QI medio o superiore (>80) e

con DSA lieve o subclinicoE’ indifferente per soggetti di sesso maschile o femminileValidato in uno studio internazionale comprendente 3

nazioni di lingua anglofona (779 soggetti) ed in uno studio svedese (272 soggetti)

In Italia è in corso uno studio di validazione

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FATTORI GENETICI

Alta incidenza della patologia fra fratelli (50-100 volte superiore rispetto alla popolazione normale

Modello poligenico (da 10 a 15 geni interagenti fra di loro) Cromosomi X - 7 - 15 Maggiore incidenza nei maschi rispetto alle femmine (4:1) Mutazione gene MECP-2 sul cromosoma X, presente nel 80% delle bambine con sindrome

di Rett Regione 7q31-35, coinvolta anche in alcuni disturbi del linguaggio Regione 15q11-q13, coinvolta anche nella s. di Angelman e nella Prader-Willi, accomunate

ai DPS per il ritardo mentale, i disturbi comportamentali e le frequenti anomalie EEG Mutazioni del gene delle Relina , che gioca un ruolo fondamentale nella migrazione

neuronale durante lo sviluppo cerebrale

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ANOMALIE CEREBRALI

LIVELLO MACRO Aumentata densità neuronale nei nuclei dell’amigdala (emozione e motivazione) Agenesia dell’oliva superiore (zona interessata alle vie acustiche) Ipoplasia cerebellare posteriore e ridotto numero delle cellule del Purkinje (sistema motorio)

LIVELLO MICRO Anomalie nelle organizzazioni neuroniche minicolonnari del cervello (sia DA che s. di Asperger).

Troppe minicolonne determinano anomalie di elaborazione del segnale La RMN funzionale misurando le risposte emodinamiche dei siti di attivazione arriva a misurare le

risposte metaboliche delle colonne corticali funzionali. Nell’autismo, le reti neuroniche locali non correlano in tempo fra di loro e quindi l’integrazione dell’informazione fra reti locali è difficoltosa. Deficit cognitivi

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I COMPORTAMENTI PROBLEMADefinizione

Il Comportamento Problema (Challenging Behaviour ) viene definito un comportamento culturalmente abnorme di tale intensità, frequenza e durata da porre in serio rischio la sicurezza fisica della persona e degli altri, oppure un comportamento che presumibilmente limita in modo grave o fa sì che alla persona sia negato l’accesso alle ordinarie situazioni della vita sociale. (Emerson ed aa, 1995)

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I COMPORTAMENTI PROBLEMA

I CP sono di fatto uno degli ostacoli più gravi all’integrazione sociale delle persone autistiche e contribuiscono a fare dell’autismo, tra tutte le disabilità, la condizione che comporta per le famiglie lo stress più grave. Interferiscono gravemente con la vita e con la socializzazione delle persone autistiche e delle loro famiglie, non solo quando hanno caratteri clamorosi, come i CP aggressivi o autolesionistici, o la pica o le crisi di tantrum, ma anche la chiusura prolungata in comportamenti stereotipati, il negativismo, le reazioni abnormi alle variazioni della sameness, i comportamenti intrusivi, l’autostimolazione.

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I COMPORTAMENTI PROBLEMACorrelazioni positive di un’alta prevalenza di CP

Basso QI Sesso maschile (per i comportamenti etero-aggressivi) Co-presenza di altre disabilità (motorie, visive, ma soprattutto

comunicative e di social-skills) Livelli e precocità di istituzionalizzazione in contesti restrittivi (ma

è vero anche il contrario, ovvero che i CP inducono istituzionalizzazione)

Eccesso oppure difetto di stimoli (contesti confusi o contesti poco significativi e demotivanti)

Età (tende a crescere progressivamente durante l’infanzia, ha un picco tra i 15 ed i 35 anni, poi tende a declinare con differenze tra i singoli tipi di CP e per sindromi)

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAI CP - con consapevolezza limitata o assente - più frequenti nell’autismo

Vagare, fughe Distruttività Rumorosità Crisi di bizzosità o rabbia Comportamento aggressivo Iperattività Comportamento in luoghi pubblici Mancanza di cooperazione Gridare o piangere Abitudini personali negative Rompere o gettare oggetti Altri problemi del comportamento

(Modificata da Wing L.)

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAI CP - con consapevolezza sociale - più frequenti nell’autismo

Difficoltà con altre persone Comportamenti ribelli Richieste tormentose di attenzione Menzogne, inganni, furti Altri problemi di comportamento

(Modificata da Wing L.)

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAAlcuni CP particolari

Autolesionismo (morsicatura mani e labbra) > Sindrome di Lesch-Nyhan Autolesionismo e movimenti stereotipati delle mani > Sindrome di Rett Comportamenti autolesivi > X fragile ed aa. Ipercinesie, deficit dell’attenzione, stereotipie > X fragile

Alta prevalenza di CP nella sindrome di Prader-Willi, e nei soggetti con epilessia

(Modificata da Wing L.)

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAFrequenza di alcuni tipi di comportamento

Aggressione fisica Autolesionismo (frequente e grave) Autolesionismo (frequente) Distruzione di proprietà

2,1%2,2%9,3%7,1%

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAValore comunicativo del comportamento problema

Il Comportamento Problema a volte ha un valore comunicativo, altre volte no.In alcuni casi il valore comunicativo si costruisce strada facendo, magari attraverso le risposte che a quel CP sono state via via date ed il valore funzionale che esso ha assunto.

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAProcedure di assessment e analisi funzionale

Che funzione svolge quel determinato CP? Comunicazione verso l’ambiente? Autostimolazione? Modulazione del flusso sensoriale? Più azioni insieme?

In quali occasioni è più frequente? Ci sono ricorrenze evidenziabili? Ci sono particolari stimoli (fisici, sociali, relazionali) che innescano, mantengono o modulano il CP?

Quali comportamenti positivi del repertorio del soggetto autistico potrebbero essere utilizzati in alternativa o essere incrementati?

E’ possibile sviluppare una qualche forma di comunicazione funzionale che prenda il posto del comportamento disadattativo?

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I COMPORTAMENTI PROBLEMAStrategie comportamentali

Identificazione dello o degli scopi alla base del CP Educazione e sviluppo di comportamenti alternativi, che

non consiste nella semplice riduzione del CP, ma nell’implementare una nuova abilità

La pluralità degli scopi può richiedere interventi molteplici Cambiamenti non solo degli individui, ma dell’insieme

delle relazioni e del contesto La meta finale di ogni intervento è rivolta non al singolo

problema ma alla persona, al suo stile di vita

LA META DELL’INTERVENTO E’ LO STILE DI VITA (Carr)

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MODELLI NEUROBIOLOGICI

Sistemi dopaminergici – Regola l’attività motoria. Alcune evidenze suggeriscono che anomalie nel sottosistema recettoriale D1 possano essere implicate nello sviluppo e nel mantenimento di alcune forme di comportamento autolesivo.

Sistemi Serotoninergici – Correlato a veglia, appetito, ansia e depressione. Alcune evidenze correlano una relazione fra serotonina ed aggressività, in particolare nei comportamenti autolesivi.

Peptidi oppioidi – Le Beta-endorfine, con proprietà analgesiche ed

antinocicettive, possono essere correlate ai comportamenti autolesivi sia in termini di alterazione della soglia del dolore, sia in termini di autostimolazione alla ricerca di proprietà analgesiche ed euforizzanti.

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TRATTAMENTO

L’approccio al trattamento dei CP nel soggetto con DPS deve essere analitico, multimodale e contestualizzato.

L’attenzione agli aspetti comunicativi non prescinde dalla complessità etiopatogenetica dei CP, nei cui meccanismi etiologici intervengono fattori neurobiologici, comportamentali e relazionali.

Nessun tipo di intervento può essere escluso, anche se di tipo frustrante (finanche il blocco fisico) se tecniche diverse (ad esempio farmacologiche) risultano inefficaci e se servono a correggere nell’immediato comportamenti gravemente autolesivi o manifestazioni perduranti di agitazione.

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TRATTAMENTO

Va da sé che questioni etiche e giuridiche consigliano di privilegiare, in funzione del modello di trattamento meno restrittivo, tutte le tecniche positive ricorrendo agli interventi negativi solo in caso di comprovata inefficacia.

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SERVIZI E RETE SOCIALE

Sostegno all’autonomia Servizi di tregua e respiro Strutture semiresidenziali Strutture residenziali

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LA TERAPIA DELL’AUTISMO

La SINPIA, nelle Linee Guida, pone al primo posto per l´abilitazione di una persona autistica l´Approccio Comportamentale, cioè l´A.B.A. (Applied Behaviour Analysis) nelle sue diverse modalità di realizzazione, con non meno di 18 ore settimanali di impegno educativo attivo.La base Biologica dell´ABA è ben spiegata dal concetto di "Plasticità" del Sistema Nervoso CentraleScrivono Sally Rogers e Geraldine Dawson "Negli ultimi anni abbiamo imparato molto sulla velocità con cui il cervello umano è in grado di rispondere ai cambiamenti nell´esperienza. Iniziare ad apprendere una nuova abilità (come suonare uno strumento a corde) produce effetti misurabili nel funzionamento cerebrale nel giro di pochi giorni. Regioni cerebrali che prima della pratica non erano sensibili allo stimolo iniziano a rispondere. Regioni cerebrali che precedentemente rispondevano ad uno stimolo differente, sono ´reclutate´ dalla nuova attività e iniziano a rispondere allo stimolo nuovo.....L´esperienza plasma il cervello, stimolando la formazione di reti di neuroni che rispondono, e di regioni neurali che permettono una performance sempre più abile e automatica...L´esperienza di ricompensa e di reazione da parte dell´ambiente è parte integrante di questo processo.“

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LA TERAPIA DELL’AUTISMO

Ivar Lovaas riferisce che un bimbo trattato precocemente (18-48 mesi) con A.B.A. per 2-4 anni, nel 46-48 % dei casi può integrarsi nella scuola senza avere poi necessità di sostegno, può arrivare alla maggiore età con lo stesso patrimonio di conoscenze dei coetanei normotipici e può conseguire la base necessaria per ulteriori studi o per una attività lavorativa che permetta di raggiungere un livello di autonomia adeguato ad una accettabile qualità della vita, che può permettere delle scelte affettive fino anche al matrimonio. Gli altri migliorano in diversa misura ed in tempi diversi, sulla base di alcune variabili personologiche e contestuali.

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

La maggior parte delle esperienze terapeutiche per lo più proviene dagli Stati Uniti, dove indagini epidemiologiche attestano che trattamenti farmacologici vengono utilizzati in circa il 50% delle persone con "Autismo" di qualsivoglia età (Baghdadli et al., 2002) e riguarda terapie farmacologiche sintomatiche, limitate e ristrette al contenimento dei problemi comportamentali e, più spesso, su soggetti adolescenti ed adulti, molto più raramente su bambini sotto i 5 anni di età.

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Altro elemento da considerare è rappresentato dal ritardo mentale associato: soggetti autistici con ritardo mentale medio o grave assumono farmaci con frequenza tripla rispetto a quelli senza ritardo mentale o con ritardo mentale lieve (Masi et al., 1999).

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Altro elemento di rilievo nella difficoltà all’uso di farmaci in questi soggetti è dato dall’ampia

variabilità clinica delle persone affette e quindi la possibilità che un farmaco risultato efficace in un

soggetto non lo sia per un altro, o addirittura peggiori la situazione o determini la comparsa di

effetti collaterali.

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

I farmaci più studiati riguardano l’ampio gruppo dei Neurolettici Atipici ed in particolare il Risperidone (McCracken et al., 2002) su cui troviamo anche studi in

doppio cieco, preferito per la minor evidenza di effetti collaterali quali sedazione e manifestazioni distoniche o parkinsoniane, oltre alla discinesia tardiva. Il razionale

per l’uso di questi farmaci risiede nell’azione sul sistema dopaminergico, associata ad un’azione sul sistema serotoninergico che è risultato in più studi implicato nei DPS. Scarsi sono gli studi sugli altri neurolettici atipici, quali l’Olanzapina e la Clozapina,

che sembrano avere maggiore effetto sui contenuti ideativi e sui rituali e potenziali buoni effetti su sintomi positivi quali aggressività ed agitazione, ma anche effetti collaterali quali maggiore incremento del peso corporeo, rischio di leucopenia ed

agranalucitosi, oltre ad un potenziale rischio epilettogeno. In caso di auto o eteroaggressività è stato in passato consigliato l’uso del naltrexone, antagonista

degli oppioidi endogeni, che però dopo iniziali entusiasmi attualmente non viene più utilizzato per la sostanziale mancanza di efficacia in questa direzione (Gillberg, 1995).

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I NEUROLETTICI

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Riguardo al recente impiego degli SSRI (Inibitori Selettivi della Ricaptazione di Serotonina) (sertralina, fluvoxamina e fluoxamina) per lo più in soggetti ad alto

funzionamento e con sintomatologia ossessiva o nei piccoli con un forte isolamento ed apatia, il razionale per il loro impiego riporta all’ipotesi

serotoninergica. La loro efficacia è stata testata quasi prevalentemente in studi in aperto e manca uniformità nei risultati. In alcuni casi il loro uso è coinciso con miglior comportamento sociale e riduzione delle condotte stereotipe; tuttavia in altri casi è stato osservato un effetto "attivante" con aumento dell’ipercinesia, dei disturbi del sonno, e di agitazione, pur permanendo i

buoni effetti negli apprendimenti e nel comportamento interattivo (Masi et al.,1999) In questo gruppo sono pertanto preferibili sertralina e fluvoxamina

che sembrano dotati di minore azione "disinibente“.

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GLI SSRI

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Per i disturbi del tono dell’umore, spesso presenti nei pazienti autistici con miglior livello intellettivo e con sospetta patologia

bipolare, si può ricorrere anche alla somministrazione di carbamazepina, del valproato di sodio o di magnesio o di

lamotrigina. Questi farmaci hanno anche il vantaggio di trattare le crisi epilettiche e di attenuare le anomalie parossistiche

sull’EEG qualora il paziente presenti questa sintomatologia che, peraltro, ricorre in circa un quinto dei soggetti con DPS. La

lamotrigina ha anche la caratteristica di produrre un miglioramento delle capacità attentive (Di Martino e Tuchman,

2001).

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GLI STABILIZZATORI DELL’UMORE

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Fra gli altri trials utilizzati (non facenti parte del gruppo degli "psicofarmaci"), anche per la supposta relativa innocuità, va

menzionata la vitamina B6 associata a magnesio, che ha mostrato in studi in aperto effetti positivi sui problemi di

comportamento e nell’attenzione agli apprendimenti (Giovanardi Rossi et al., 1992); tuttavia non tutti gli autori ne hanno

confermato l’efficacia a lungo termine e/o rispetto al placebo e attualmente è in corso un protocollo per una revisione sistematica su questo trattamento (Nye e Brice, 2002).

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ALTRI FARMACI

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

Riguardo all’uso della Secretina il suo largo utilizzo e l’ampia pubblicità sono dovuti alla divulgazione operata dai mass media su "drammatici" effetti insorti dopo infusione di questa sostanza come test di stimolo a fini diagnostici in un bambino autistico con sintomi gastrointestinali:

rapido miglioramento del linguaggio e delle abilità sociali. Studi controllati in doppio cieco, ripetuti in seguito, hanno escluso

significative differenze rispetto al placebo (Carey et al., 2002). Tuttavia qualche studio, sempre in doppio cieco con placebo, ha indicato una potenziale efficacia in un sottogruppo specifico di bambini autistici

affetti anche da diarrea cronica a confronto con bambini autistici privi di sintomi gastrointestinali (Kern et al., 2002).

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ALTRI FARMACI

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

A fianco di studi mirati al farmaco, altri contemporaneamente hanno suggerito un ruolo significativo da parte della dieta priva di latte e glutine. Un’interessante

ipotesi in questo senso è rappresentata dalla teoria sull’eccesso di oppioidi (Reichelt et al., 1993) che propone una incompleta metabolizzazione ed un eccessivo assorbimento a livello intestinale di peptidi derivati dal glutine e dai prodotti

caseari. Questi peptidi eserciterebbero poi un effetto a livello del sistema nervoso centrale tipo oppiacei sia direttamente (per una maggiore permeabilità di barriera) sia legandosi alle peptidasi che catabolizzano gli oppioidi endogeni, inducendo una

disregolazione del sistema endogeno di endorfine ed encefaline. Alcuni studi in aperto riportano un miglioramento, descritto dai genitori ed insegnanti, sul

versante sociale, sull’attenzione e sull’iperattività (Knivsber et al., 2001). Tuttavia, si attendono conferme da parte di studi con casi controllo e in doppio cieco.

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ALTRI FARMACI

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LE TERAPIE FARMACOLOGICHE

E’ stato, infine, ipotizzato che anomalie di produzione di ossitocina e vasopressina possano contribuire allo sviluppo

dei comportamenti ripetitivi e dei deficit sociali che si ritrovano nell’autismo ed una recente ricerca riporta la netta diminuzione di ossessività e altri comportamenti stereotipati dopo trattamento con ossitocina su 15 soggetti con autismo

a confronto con placebo (Hollander et al., 2003).

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ALTRI FARMACI

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Grazie per l’attenzione

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