5
1 SBARCHI E ASSISTENZA QUOTIDIANA AI MIGRANTI A Catania l’incarnazione del Principio di Umanità di Laura Bastianello Giugno 2015 Alle quattro del pomeriggio quando la nave Dattilo della Guardia Costiera con a bordo 347 persone si avvicina al molo di Catania, il sole è ancora alto e brucia. Da sotto, dove la Croce Rossa ha allestito i gazebo per le cure mediche e la distribuzione di acqua, cibo e scarpe, si cominciano a scorgere i primi volti. Già si conosce la provenienza dei migranti a bordo (Eritrea, Etiopia, Gambia, Ghana, Senegal, Costa D’Avorio), si sa che ci sono anche 5 bambini sulla nave e diverse donne incinte. Sorridono quasi tutti perché sono salvi. Non era stato così il 20 aprile scorso quando sempre a Catania arrivarono i sopravvissuti al naufragio che ha scosso un po’ la coscienza dell’Europa. Quella notte scesero dalla nave uomini sconvolti e sotto shock. Salvi certo, ma per sempre traumatizzati. Donne e bambini sono i primi a scendere sul molo. Incontrano per primi i volontari e gli operatori della Croce Rossa. Ringraziano per l’accoglienza e in maniera educata e civile, nonostante la stanchezza per il lungo viaggio, continuano a mettersi in fila, prima per le visite mediche, poi per l’identificazione da parte della Polizia. Una procedura che durerà fino alle dieci della sera. Abdullahi è in fila come tutti gli altri. Indossa una maglia della Roma e parla italiano. “Vengo dal Ghana, ma lavoravo da diversi anni in Libia fino al momento in cui sono stato costretto a partire”. Mi racconta che era un muratore, che ha frequentato diversi italiani lì ma "a Tripoli ormai non si può più restare". Mi parla di violenza, di uomini e donne uccisi. Gli fanno eco gli altri ragazzi dietro di lui che ascoltano la conversazione nel frattempo trasformatasi in inglese. “Io sono cristiano-mi dice il ragazzo dietro Abdullahi, e lì ti tagliano la gola anche solo per il tuo credo religioso”. In mano hanno i calzini appena offerti dalla Croce Rossa. C’è chi li indossa immediatamente e chi continua a camminare a piedi scalzi perché non sa nemmeno a cosa servano quelle due strisce di cotone colorato. Le donne incinte vengono immediatamente accompagnate con le ambulanze in ospedale. Hanno bisogno di un controllo più accurato dopo aver affrontato un viaggio così lungo e in condizioni precarie. Tutti gli altri stanno abbastanza bene. A bordo c’era qualche caso di scabbia che però con un trattamento specifico e repentino è già sotto controllo. Stefano (il carismatico Presidente), Silvia, Santa, Mamadou, Enza, Simona, Carmelo e tanti altri sono il motore di ogni sbarco a Catania. Da un anno e mezzo ininterrottamente ormai si preparano con cura nell’attesa di un nuovo arrivo. Tutto è organizzato e gestito nel migliore dei modi, senza che nessuno si fermi mai un attimo a pensare che forse con quel sole avrebbe potuto decidere di andare in spiaggia. Ragazze e ragazzi che hanno deciso di dedicarsi agli altri, ogni giorno e ogni notte e sempre con un gran sorriso stampato sulla bocca. Chi si occupa delle visite mediche. Chi della distribuzione di acqua e cibo. Chi del servizio di RFL. Chi di accompagnare in ospedale con l’ambulanza le persone che hanno bisogno di maggiori cure.

Informa cri 11.2015

Embed Size (px)

Citation preview

1

SBARCHI E ASSISTENZA QUOTIDIANA AI MIGRANTI A Catania l’incarnazione del Principio di Umanità

di Laura Bastianello

Giugno 2015

Alle quattro del pomeriggio quando la nave Dattilo della Guardia Costiera con a bordo 347 persone si avvicina al molo di Catania, il sole è ancora alto e brucia. Da sotto, dove la Croce Rossa ha allestito i gazebo per le cure mediche e la distribuzione di acqua, cibo e scarpe, si cominciano a scorgere i primi volti. Già si conosce la provenienza dei migranti a bordo (Eritrea, Etiopia, Gambia, Ghana, Senegal, Costa D’Avorio), si sa che ci sono anche 5 bambini sulla nave e diverse donne incinte. Sorridono quasi tutti perché sono salvi. Non era stato così il 20 aprile scorso quando sempre a Catania arrivarono i sopravvissuti al naufragio che ha scosso un po’ la coscienza dell’Europa. Quella notte scesero dalla nave uomini sconvolti e sotto shock. Salvi certo, ma per sempre traumatizzati.

Donne e bambini sono i primi a scendere sul molo. Incontrano per primi i volontari e gli operatori della Croce Rossa. Ringraziano per l’accoglienza e in maniera educata e civile, nonostante la stanchezza per il lungo viaggio, continuano a mettersi in fila, prima per le visite mediche, poi per l’identificazione da parte della Polizia. Una procedura che durerà fino alle dieci della sera. Abdullahi è in fila come tutti gli altri. Indossa una maglia della Roma e parla italiano. “Vengo dal Ghana, ma lavoravo da diversi anni in Libia fino al momento in cui sono stato costretto a partire”. Mi racconta che era un muratore, che ha frequentato diversi italiani lì ma "a Tripoli ormai non si può più restare". Mi

parla di violenza, di uomini e donne uccisi. Gli fanno eco gli altri ragazzi dietro di lui che ascoltano la conversazione nel frattempo trasformatasi in inglese. “Io sono cristiano-mi dice il ragazzo dietro Abdullahi, e lì ti tagliano la gola anche solo per il tuo credo religioso”. In mano hanno i calzini appena offerti dalla Croce Rossa. C’è chi li indossa immediatamente e chi continua a camminare a piedi scalzi perché non sa nemmeno a cosa servano quelle due strisce di cotone colorato. Le donne incinte vengono immediatamente accompagnate con le ambulanze in ospedale. Hanno bisogno di un

controllo più accurato dopo aver affrontato un viaggio così lungo e in condizioni precarie. Tutti gli altri stanno abbastanza bene. A bordo c’era qualche caso di scabbia che però con un trattamento specifico e repentino è già

sotto controllo. Stefano (il carismatico Presidente), Silvia, Santa, Mamadou, Enza, Simona, Carmelo e tanti altri sono il motore di ogni sbarco a Catania. Da un anno e mezzo ininterrottamente ormai si preparano con cura nell’attesa di un nuovo arrivo. Tutto è organizzato e gestito nel migliore dei modi, senza che nessuno si fermi mai un attimo a pensare che forse con quel sole avrebbe potuto decidere di andare in spiaggia. Ragazze e ragazzi che hanno deciso di dedicarsi agli altri, ogni giorno e ogni notte e sempre con un gran sorriso stampato sulla bocca. Chi si occupa delle visite mediche. Chi della distribuzione di acqua e cibo. Chi del servizio di RFL. Chi di accompagnare in ospedale con l’ambulanza le persone che hanno bisogno di maggiori cure.

2

NEPAL TORNATE LE INFERIMIERE VOLONTARIE CRI

E’ un paese che non ha nessuna voglia di mollare

Alle undici della sera quando ormai il sole è tramontato già da qualche ora e l’escursione termica comincia a far sentire un po’ di fresco, la giornata non è ancora finita. Nel Cara di Mineo un’altra squadra CRI aspetta i nuovi arrivi. La Croce Rossa, che non gestisce il centro, ha però lì dentro un piccolo ambulatorio dove ogni giorno riceve circa 120 persone che hanno richiesto asilo in Italia. I migranti vanno lì per un controllo semplice, per un dolore ai denti, per un’influenza o anche solo per parlare. "Spesso loro non hanno problemi di salute, - racconta Serena, una delle dottoresse dell’ambulatorio della Croce Rossa - succede che vengano qui anche solo per scambiare due chiacchiere. Spesso si tratta di persone che hanno perso i loro cari e hanno bisogno di attenzioni, di sapere che c’è sempre qualcuno disponibile e vogliono approvazione per qualsiasi cosa stiano per fare. Quando arrivano qui sono molto stanchi e vogliono solo avere un po' di acqua, cibo e vestiti. Diamo anche quelli qui, non lavoriamo solo nelle emergenze. Uno dei nostri principi è Umanità. Ecco perché se non ci fosse Croce Rossa, sarebbe un bel problema”. La dottoressa Serena ha stampati nella mente tutti quei volti e quei nomi che incontra ogni giorno nell’ambulatorio. "Non posso dimenticare la prima donna somala che ho incontrato appena arrivata qui. Quando mi ha visto, ha cominciato a piangere. In Libia aveva subìto le peggiori violenze. È dura ma questo è il lavoro che amo perché ho la possibilità di entrare in contatto con ognuno di loro, di rendermi utile e di fare tutto ciò che posso per dar loro almeno un po’ di sollievo. Se potessi non smetterei mai di lavorare qui. Certo la vita privata ne risente ed è un po’ messa da parte, quando torno a casa continuo a pensare alle storie che ho incontrato nel centro, ma paradossalmente è proprio tutto questo che mi dà ancora più la forza". Mentre parla, Serena tiene in braccio uno dei bimbi di una donna eritrea nel campo ormai già da diversi mesi. I piccoli sono i pazienti di Mario, medico pediatra presente e affettuoso con i ‘suoi' bambini. “Qualche anno fa, con la Primavera araba, ero in procinto di partire per l’Africa per andare ad aiutare lì dove c’era bisogno, ma poi l’Africa è venuta da me. La Croce Rossa mi ha chiamato e io ho deciso di restare”. Intanto fuori dall’ambulatorio si è formata la coda. Mentre le 5 infermiere volontarie e i due dottori presenti cercano di curare ogni caso, si espande nell’aria il suono di un flauto. “E’ Flautino!” - dice Angelo, l’operatore della CRI responsabile dell’organizzazione e del coordinamento delle squadre. “Viene dal Pakistan e se ne va in giro con

questo flauto che gli ha regalato Simona (la direttrice sanitaria dell’ambulatorio). Angelo è conosciuto da tutti qui a Mineo. Si muove nel centro e nell’ambulatorio con estrema familiarità “Praticamente sono sempre qui” ed è tessitore di una lunga tela immaginaria tra il dentro e il fuori del campo, impegnato ad accontentare tutti e a prenotare le visite specialistiche, organizzando i trasporti e i ricoveri per i casi gravi. Eccoli qui tutti i volti che non vediamo mai. Quelli che lavorano in silenzio, dietro le quinte e soprattutto a riflettori spenti. Quelli che hanno deciso di mettere le proprie vite al servizio di altri. Quelli che in tutta Italia, da Augusta a La Spezia, perché Catania è solo un esempio, rappresentano l’incarnazione del principio di Umanità.

“È un paese in ginocchio ma con tanta voglia di ricominciare”. Rispondono all’unisono le quattro Crocerossine appena rientrate dalla missione, durata più di un mese, in Nepal.

Hanno dormito nelle tende, per terra, fianco a fianco con i pazienti, lavorando fino a 14-16 ore al giorno, eppure

non sono stanche. “Abbiamo cominciato a operare a Katmandu e poi a Bidur, nel distretto di Nuwakot dove siamo

rimaste per tutto il tempo”. Così comincia il suo racconto Sorella Mariangela Zarini, la capogruppo di questo team di

crocerossine che ha prestato soccorso nel luogo dell’epicentro della seconda forte scossa di terremoto del 12 maggio

scorso. Lì nel luogo in cui la Protezione Civile Italiana ha allestito un ospedale da campo per le emergenze e le

degenze, proprio accanto al vecchio nosocomio, compromesso dal terremoto, ma per fortuna in buona parte ancora

3

CITTADINI NEL MONDO Scandicci in festa, 34 migranti impegnati nel volontariato

agibile in cui è rimasta la sala operatoria e il reparto maternità. “Nel periodo in cui siamo rimaste a Bidur-sottolinea

Sorella Renata Dalzini –sono nati circa 150 bambini.

Io, in quanto ginecologa, sono intervenuta a ogni parto con una

media di circa 5-6 neonati al giorno. Non è stato facile intervenire

in quelle condizioni, ma ce l’abbiamo fatta. La cosa che più mi ha

stupito è la dinamica del parto in Nepal. La nascita è condivisa da

tutte le donne della famiglia, si accarezza la partoriente, si rimane

lì durante tutta la fase del travaglio. Al momento del parto

spariscono tutti e una volta nato, il bimbo viene dato alla nonna e

poi al papà che esce al sole per illuminare la nuova vita”.

“Appena arrivate-spiega ancora Sorella Dalzini-abbiamo trovato una situazione tragica. Adesso è in notevole ripresa.

Poi a bordo della clinica mobile che avevamo a disposizione siamo riuscite a raggiungere i villaggi più isolati. La

paura ora è per l’arrivo dei monsoni”.

Nell’ospedale da campo con 38 posti letto, più i 12 nella zona maternità, in un mese e mezzo si sono avvicendate

tantissime persone. “Ci siamo occupate di tanti casi di bambini feriti-così Sorella Angela Luparia, la più giovane del

gruppo -con abrasioni e fratture. La storia a cui penso ancora riguarda una bambina arrivata nel campo con una

grave insufficienza respiratoria. Non c’era modo d’intervenire con urgenza. Al campo mancavano la terapia intensiva

e la rianimazione e l’ospedale in cui operare distava almeno 2 ore e mezzo. Io spero che ce l'abbia fatta. Con i mezzi

che avevamo, siamo riuscite a stabilizzarla. I suoi genitori erano accanto a noi e ce l'abbiamo messa tutta”.

“Per me-continua l’Infermiera Volontaria, originaria di Casal

Monferrato-la difficoltà maggiore è stata nel confrontarmi con il

limite delle nostre possibilità in azione. Noi potevamo intervenire

nei casi urgenti, per il pronto soccorso e per le donne in

gravidanza. Per il resto al limite potevamo stabilizzare i casi che

però poi necessitavano di assistenza in ospedale. E In Nepal la

sanità è a pagamento quindi non raggiungibile per tutti”. In

quelle situazioni si cerca di fare il possibile. Lo hanno fatto tutti

insieme, operatori e pazienti in una collaborazione continua anche con le altre organizzazioni presenti. “È evidente il

passaggio del terremoto –spiega Sorella Domenica Gabriella Graffeo- ma è altrettanto chiara la forza psicologica di

quel paese che non vuole mollare. C’è chi ha perso i propri cari, intrappolati sotto le macerie, chi non ha più niente

eppure nessuno rinuncia alla voglia di ricominciare”. Anche se le Infermiere Volontarie sono tornate dalla missione e

hanno raggiunto le loro città (Genova, Milano, Torino, Palermo) non abbandonano l’idea di essere ancora utili per il

Nepal. Stanno infatti già pensando a come poter investire dei soldi di una donazione fatta alla Croce Rossa Italiana

all’indomani del terremoto. “Affinché questa donazione possa aiutare a salvare la vita di tanti, soprattutto bambini,

che si sono ritrovati senza più nulla”, così si chiudeva la missiva inviata insieme con il denaro da parte di anonimi

donatori. “Stiamo pensando all’acquisto di un’incubatrice, credo sarà molto utile nel campo per salvare le vite di

tanti bambini”, conclude S.lla Zarini.

Sono venuti dal Gambia, dal Mali

e dal Senegal a novembre e

dicembre scorsi a bordo di

barconi e sono stati poi soccorsi

nel Mar Mediterraneo. Hanno tra i 18 e i 24 anni e sono pronti, ora da volontari della Croce Rossa Italiana, a

restituire il “favore” donando a loro volta il proprio aiuto.

Sono 34 migranti che, grazie al protocollo d’intesa firmato dal Comune di Scandicci, il Comitato locale della Croce

Rossa e la Cooperativa sociale Il Cenacolo, hanno da poco terminato il corso d’accesso per diventare volontari della

CRI e già da oggi sabato 30 maggio, nell’ambito della Festa CRI, stanno mettendo in pratica alcune delle nozioni

apprese durante le lezioni.

Il progetto, disegnato apposta per loro e che già è stato preso a modello da altre amministrazioni e da altri Comitati

locali di Croce Rossa, si chiama “Cittadini del mondo-Scandicci si cura” che ha come obiettivo l’integrazione in città

4

dei migranti richiedenti asilo politico. I 34 ragazzi faranno volontariato con funzioni di controllo sociale e di sicurezza

del territorio, in particolare negli spazi pubblici cittadini, per il controllo dei

giardini comunali e l’apertura e chiusura dei parchi.

Durante la loro attività indosseranno una pettorina con il logo del progetto,

gli stemmi del Comune e della Croce Rossa e la scritta “Cittadini del Mondo

– Scandicci si cura”.

“Accogliere i migranti non significa solo assisterli nel momento dello sbarco.

Vuol dire stare accanto a loro in tutto il percorso d’integrazione. – Così ha

dichiarato il Presidente della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca durante

la conferenza stampa - Abbiamo sposato subito questo progetto perché

consente a questi ragazzi di rendersi utili in un momento in cui, in attesa di

protezione, non possono lavorare. È un modo per imparare meglio l’italiano e per integrarsi in questa bella

Comunità. Dall’altra parte può essere utile per far capire a tutti che si può lavorare insieme e si può crescere

insieme, senza pregiudizi. Ringrazio dunque il Sindaco per aver scommesso su questo progetto”.

“Impegnarsi nella vita di una comunità significa farne parte nella maniera più nobile – ha detto il Sindaco Sandro

Fallani – con il progetto Cittadini del Mondo, persone arrivate adesso a Scandicci da paesi lontani partecipano a

un’esperienza di cittadinanza attiva, che le introduce e le integra in un tessuto sociale che a sua volta si arricchisce

dei valori dell’accoglienza e della conoscenza.

I 34 profughi che hanno iniziato questo progetto stanno entrando sempre

più in contatto con uno dei nostri mondi più belli e importanti, quello del

volontariato e dell’associazionismo. Iniziano la loro vita qui andando oltre

la mera distinzione tra diritti e doveri, accolgono infatti il nostro principio

più alto che è quello dell’impegno”.

I dettagli del progetto e le storie dei nuovi volontari sono stati raccontati

lo scorso 30 maggio, in occasione della grande festa promossa in piazza

dalla CRI di Scandicci – con attività varie, dimostrazioni e visite gratuite

di prevenzione sanitaria. Hanno partecipato il Presidente Nazionale

Francesco Rocca, il Commissario del Comitato locale di Scandicci Gianni

Pompei, il Sindaco di Scandicci Sandro Fallani e il Presidente della

Cooperativa Il Cenacolo Matteo Conti.

5

FORMAZIONE

SOLFERINO 2015 Sta per partire il tradizionale appuntamento

NUOVI AUTISTI E PROSSIMA

SESSIONE DI ESAMI

Ormai ci siamo, lunedì 15 giugno inizia Solferino 2015 che per una settimana animerà la cittadina cuore del sogno di Croce Rossa, fino al gran finale con la tradizionale fiaccolata di sabato 20 giugno.

Il programma completo della manifestazione, che abbiamo ampiamente presentato nello scorso numero, è consultabile al link http://www.cri.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/27048

Congratulazioni a Jessica e Annamaria che sabato 13 giugno hanno brillantemente superato l’esame per la patente 5 per guidare l’ambulanza!! Prossima sessione, per chi fosse interessato, è prevista per il 24 ottobre. Contattate per tempo la segreteria della vostra sede territoriale per predisporre la documentazione.

Ecco gli appuntamenti della seconda metà di giugno sulle due sedi territoriali, aperti a tutti i volontari indistintamente:

DATA GIORNO ORARIO SEDE ARGOMENTO TIPOLOGIA DOCENTE

21 giugno Domenica 09.00-12.00 FOLGARIA ESERCITAZIONE MAXI EMERGENZA

PRATICA ISTRUTTORI CRI

23 giugno Martedì DALLE 17.00 IN POI FOLGARIA RETRAINING BLSD PRATICA ISTRUTTORI CRI

24 giugno Mercoledì 20.15-22.15 LAVARONE USO DEI PRESIDI DI IMMOBILIZZAZIONE

PRATICA ISTRUTTORI CRI

Per il retraining del 23 giugno è necessaria la prenotazione presso la sede di Folgaria, una coppia ogni mezz’ora, per ottimizzare i tempi e non far attendere i volontari. Le prenotazioni sono raccolte dalla segreteria che sta prendendo contatto con i volontari. Per prenotarsi chiamare Angela 392.6571631 o Giorgia392.6571632. Anche per l’esercitazione di domenica 21 giugno, che in chiusura prevede una grigliata in compagnia, è necessario prenotarsi sul foglio esposto in sede a Folgaria oppure scrivendo alla mail della redazione o chiamando in segreteria. Continuano anche gli importanti appuntamenti del sabato mattina in auto sanitaria per gruppi ristretti e su prenotazione, tre volontari per ognuna delle due sedi territoriali. L’argomento del mese di giugno è l’assistenza all’infermiere di auto sanitaria presente sugli interventi.