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Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale*

Alvise Andreose

1. Il problema Il problema dell’origine del morfema di II persona singolare

dell’indicativo e del congiuntivo presente nelle varietà italiane, nel Dalmatico e nel Romeno costituisce una tra le questioni più dibattute della linguistica romanza. Esso si lega a doppio filo a quello della genesi del cosiddetto “plurale vocalico” nel medesimo dominio linguistico. Questi due tratti morfologici, come è noto, rappresentano i due principali elementi distintivi su cui si fonda la tradizionale suddivisione tra una Romània “occidentale”, che raggruppa le varietà ibero- e galloromanze, ma anche il sardo, il romancio, il ladino dolo-mitico e il friulano1, e una Romània “orientale”, comprendente le

* Il presente contributo si inquadra nel complesso delle ricerche da me svolte presso

l’Università degli Studi di Padova all’interno del progetto La morfologia verbale dell’italiano in prospettiva diacronica diretto da Laura Vanelli, a cui va il mio più vivo e sincero ringra-ziamento per l’aiuto e per l’interesse mostrato per il mio lavoro. Ringrazio inoltre Lorenzo Renzi, che ha letto una precedente versione del saggio, fornendomi utili suggerimenti. Deside-ro dedicare questo scritto alla memoria del maestro e amico Aulo Donadello, che tanto ha contribuito allo studio delle varietà venete antiche.

1 Occorre specificare, tuttavia, che il friulano occupa una posizione particolare all’interno del raggruppamento. In tale varietà, infatti, il morfema di II singolare è -s, ma il plurale dei nomi può essere espresso – a seconda dei casi – sia con un morfema sigmatico (per es. cjasis ‘case’, mûrs ‘muri’), sia con un morfema vocalico (agn ‘anni’). Questo secondo tipo riguarda solo nomi maschili provenienti dalla II declinazione latina. Cfr. P. BENINCÀ e L. VANELLI , Il plurale friulano. Contributo allo studio del plurale romanzo, in «Revue de linguistique ro-mane», 42 (1978), pp. 241-292 (poi riedito parzialmente sotto il titolo di La formazione del plurale in friulano e la ricostruzione diacronica: l’ipotesi della declinazione bicasuale in L. VANELLI , I dialetti italiani settentrionali nel panorama romanzo. Studi di sintassi e morfolo-

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varietà italiane, il dalmatico e il romeno2. Nelle varietà occidentali il plurale dei nomi e la II pers. sing. del presente sono “sigmatici”, cioè sono espressi attraverso morfemi uscenti in -s, nelle varietà orientali sono “vocalici”, cioè si realizzano tramite l’aggiunta di morfemi di ti-po vocalico (in genere -e, -i) al tema nominale o verbale.

Sulle ragioni che hanno determinato questa distinzione del dominio romanzo in due grandi aree i linguisti non sono concordi. Le posizioni che si fronteggiano sono essenzialmente due. Da una parte si collo-cano coloro che suppongono che la frammentazione sia molto antica, risalente già al latino volgare3. Questa ipotesi (indicata spesso come “morfologica”)4 si fonda sull’idea che, mentre nella parte occidentale

gia, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 153-168).

2 Questa teoria, come è noto, è stata formulata nella sua forma più compiuta da W. VON

WARTBURG, tra la metà degli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento: Die Ausgliederung der romanischen Sprachräume, in «Zeitschrift für romanische Philologie», 56 (1936), pp. 1-48, alle pp. 3-8, 16 e 37; La posizione della lingua italiana nel mondo neolatino. Tre conferenze, Leipzig, Heinrich Keller, 1936, pp. 8-9; La frammentazione linguistica della Romània, ed. it. a cura di A. Varvaro, trad. di R. Venuti, Roma, Salerno, 1980 (ed. orig. tedesca: 1950), pp. 62-72. L’idea che l’esito di -S (cancellazione o conservazione) opponga la parte occidentale a quella orientale della Romània ricorre comunque anche in opere anteriori: cfr. per es. H. TIK-TIN, Die rumänische Sprache, in Grundriss der Romanischen Philologie, herausgegeben von G. GRÖBER, 2 voll., Strassburg, K.J. Trübner, 1897-1906, I2 (verbesserte und vermehrte Aufl., 1904-1906), pp. 564-607, alle pp. 565-566; C.H. GRANDGENT, Introduzione allo studio del latino volgare, Milano, Hoepli, 1914 (ed. orig. inglese: 1907), p. 164; E. BOURCIEZ, Éléments de linguistique romane, Paris, C. Klincksieck, 1930, pp. 50-52, 214-215, 227-228, §§ 58, 204 e 213-214. L’altro tratto su cui si fonda la classificazione di Wartburg è la sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche (cfr. WARTBURG, Die Ausgliederung cit., pp. 8-9, 16, 37; ID., La frammentazione cit., pp. 72-74). Sull’argomento (e sulla problematicità di tale sud-divisione) si vedano le sintesi di Y. MALKIEL , The Classification of Romance Languages, in «Romance Philology», 31/3, (1978), pp. 467-500; ID., “Western Romance” versus “Eastern Romance”. The Terms, the Images, and the Underlying Concepts, in «Romanische For-schungen», 103 (1991), pp. 141-156; L. RENZI, Nuova introduzione alla filologia roman-za, Bologna, il Mulino, 1994, pp. 198-199; L. RENZI-A. ANDREOSE, Manuale di linguistica e filologia romanza, Bologna, Il Mulino, 20093, pp. 228-231. Da rilevare che all’etichetta di “Romània orientale” alcuni linguisti preferiscono quella di «Romània centro-orientale» (C.

TAGLIAVINI , Le origini delle lingue neolatine, Bologna, Pàtron, 19644 [I ed. 1949], p. 205, § 51) o «appennino-balcanica» (M.G. BARTOLI, Il dalmatico: resti di un’antica lingua romanza parlata da Veglia a Ragusa e sua collocazione nella Romània appennino-balcanica, a cura di A. Duro, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2000 [ed. orig. tedesca: 1906]).

3 WARTBURG, La frammentazione cit., p. 63. 4 Le etichette di “ipotesi morfologica” («morphological hypothesis») e di “ipotesi fone-

tica” («phonetic hypothesis») sono state coniate da M. MAIDEN, On the Romance inflectional endings -i and -e, in «Romance Philology», 50 (1996), pp. 147-182, a p. 148; cfr. anche ID., La tesi di Reichenkron e l’origine delle desinenze -i e -e nel romanzo “orientale”, in Atti del

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si sarebbe conservata la -S dell’accusativo plurale (nei nomi) e della II persona singolare (nei verbi), nella Romània orientale essa sarebbe caduta precocemente, ad eccezione che nelle forme monosillabiche, dove sarebbe passata a [i8]5. I morfemi vocalici del plurale e della II singolare sarebbero in parte la continuazione diretta delle forme latine, in parte sarebbero dovuti a fenomeni di attrazione analogica6. In parti- XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza (Palermo, 18-24 settembre 1995), a cura di G. Ruffino, 6 voll., Tübingen, Niemeyer, 1998, I (Morfologia e sintassi delle lingue romanze), pp. 173-186, alle pp. 173-174. P. TEKAVČIĆ, Grammatica storica dell’ita-liano, 3 voll., Bologna, il Mulino, 1972, I, pp. 204-205, § 266 preferisce parlare, nel primo caso, di «tesi della poligenesi» o «dell’analogia», nel secondo, di «tesi organica». Ricalca in sostanza la terminologia di Maiden quella adottata recentemente da Y. D’HULST, Romance plurals, in «Lingua», 116 (2006), pp. 1303-1329, che distingue tra «functional hypothesis» e «phonological hypothesis».

5 Sull’esito -S > [i8] nelle forme monosillabiche si rimanda al fondamentale contributo di G.B. PELLEGRINI, Appunti di fonetica italiana (I monosillabi in -i da -s), in «Studi mediolatini e volgari», 4 (1956), pp. 225-240, poi in ID., Dal venetico al veneto. Studi linguistici preromani e romanzi, Padova, Programma, 1991, pp. 319-332, a p. 329.

6 F. D’OVIDIO , Ricerche sui pronomi personali e possessivi neolatini, in «Archivio glottologico italiano», 9 (1885), pp. 25-101, alle pp. 84-97 (che in parte modifica le conclusioni a cui era pervenuto una decina d’anni prima nel saggio Sull’origine dell’unica forma flessionale del nome italiano, Pisa, Nistri, 1872, pp. 45-46); GRANDGENT, Introduzione cit., pp. 163, 194-195, 198, 200 e 240, §§ 298, 357, 365, 368 e 443; ID., Unaccented final vowels in Italian, in Mélanges de philologie et d’histoire offerts à M. Antoine Thomas par ses élèves et ses amis, Paris, Champion, 1927, pp. 187-193; ID., From Latin to Italian. An Historical Outline of the Phonology and Morphology of the Italian Language, Cambridge, Harvard University Press, 19403 (prima ed.: 1927), pp. 49-50 e 76-77, §§ 55 e 94, p. 130, § 163, p. 132, § 164, pp. 158-159, § 205; E. RICHTER, Omnis-totus, in «Zeitschrift für romanische Philologie», 33 (1909), pp. 143-147, alle pp. 146-147; J. BACINSCHI, Zur Pluralbildung im Italienischen und Rumänischen, in «Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen», 149 (1926), pp. 258-264; BOURCIEZ, Éléments cit., pp. 50-52, 214 e 227-228, §§ 58, 204 e 213-214; F. SCHÜRR, rec. a G. REICHENKRON, Beiträge zur romanischen Lautlehre, Jena-Leipzig, Gronau, 1939, in «Literaturblatt für germanische und romanische Philologie», 63 (1942), pp. 31-34; G. ROHLFS, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, 3 voll., Torino, Einaudi, 1966-1969 (ed. orig. tedesca: 1949-1954), I, pp. 431-434, § 308, II, pp. 25-34, §§ 362-366 e pp. 247-248, § 528; C. MERLO, rec. a B. GEROLA, Il nominativo plurale in -as nel latino e il plurale romanzo, in «Göteborg Högskolas Årsskrift», 56 (1950), pp. 327-354, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e filosofia», s. II, 21 (1952), pp. 114-121 (poi riedito, con qualche modifica, col titolo Di una presunta sostituzione di -AS all’ -AE di nominativo plurale dei temi in -A, in «L’Italia dialettale», 20 [1955-1956], pp. 71-85 e in ID., Saggi linguistici, Pisa, Pacini Mariotti, 1959, pp. 283-297, da cui si cita); TAGLIAVINI , Le origini cit., pp. 205-208, § 51; B. LÖFSTEDT, Studien über die Sprache der langobardischen Gesetze, Stockholm-Göteborg-Uppsala, Almqvist & Wiksell, 1961, pp. 46-47; R.A. HALL jr., Latin -s ( -ēs, -ās, -ōs) in Italian, in «Romance Philology», 15 (1962), pp. 234-244; ID., Proto-Romance Morphology, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 1983, pp. 18 e 27; W. MAŃCZAK, Origine du pluriel ita-

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colare, il morfema di II pers. -i che appare oggi caratteristico di italia-no e romeno, si sarebbe esteso a tutte le coniugazioni a partire dai verbi discesi dalla IV coniugazione latina (III coniug. it.) e dai verbi monosillabici7. Dall’altra parte ci sono coloro che ritengono che anche nelle varietà “orientali” (o “centro-orientali”) in origine si conservasse la -S, e che i morfemi vocalici siano le regolari evoluzioni fonetiche di -ĀS, -ĒS, -ĬS, -ĪS latini8. Questa seconda spiegazione va in genere sotto

lien du type amiche, in «Studi italiani di linguistica teorica ed applicata», 2 (1973), pp. 425-434. Per il romeno cfr. H. TIKTIN , Die rumänische Sprache cit., pp. 565-566; ID., Rumänisches Elementarbuch, Heidelberg, Winter, 1905, pp. 80-81 e 101, §§ 176, 178 e 236; O. DENSU-SIANU, Histoire de la langue roumaine, ediţie critică şi note de V. Rusu prefaţă de B. Cazacu, Bucureşti, Grai şi suflet-Cultura naţională, 1997 (prima ed.: Parigi, 1901-1938), pp. 131-132, 143, 147, 516-517; S. PUŞCARIU, Une survivance du latin archaïque dans les langues roumai-ne et italienne, in Mélanges Thomas cit., pp. 359-365 (poi in ID., Études de linguistique rou-maine, traduites du roumain à l’occasion du soixantième anniversaire de l’auteur: 4 janvier 1937, Cluj-Bucureşti, Imprimeria Naţională, 1937, pp. 291-296, a p. 292, da cui si cita); A. ROSETTI, Istoria limbii române de la origini pînă în secolul XVII-lea, Bucureşti, Editura pentru literatură, 19685 (prima ed.: 1932-1966), pp. 139-141 e 151; W. ROTHE, Einführung in die historische Laut- und Formenlehre des Rumänischen, Halle, Niemeyer, 1957, pp. 65-68 e 89, §§ 128, 134, 139 e 182; G. IVĂNESCU, Istoria limbii române, Iaşi, Junimea, 2000 (prima ed.: 1980), p. 137. Da rilevare che Puşcariu, Bourciez, Schürr (e sostanzialmente anche Merlo e Rosetti) propongono per l’origine del morfema -i dei nomi risalenti alla III decl. una spiega-zione non “morfologica” ma “fonetica”, ipotizzandone la derivazione da un accusativo pl. arcaico -ĪS (PUŞCARIU, Une survivance cit., pp. 293-296; BOURCIEZ, Éléments cit., p. 229; SCHÜRR, rec. a REICHENKRON, Beiträge cit., p. 34; MERLO, Di una presunta sostituzione cit., p. 289; ROSETTI, Istoria cit., p. 141). Tale idea è stata poi ripresa da P.A. GAENG, A propos de la genèse des pluriels italiens et roumains du type cani-cîini: témoins d’une différentiation territoriale du latin de l’Empire, in Actes du XXe Congrès international de Linguistique et Philologie romanes (Zurich, 6-11 avril 1992), publiés par G. Hilty, Tübingen-Basel, Francke, 1993, pp. 365-374.

7 Per maggiori dettagli si veda avanti, § 4. 8 W. MEYER-LÜBKE, Grammatik der romanischen Sprachen, 4 voll., Hildesheim-New

York, Georg Olms, 1972 (riprod. facsim. dell’ed. orig.: 1890-1902), I, pp. 248-249, § 309, II, pp. 40 sgg. e 161 sgg., §§ 30 sgg. e 131 sgg.; ID., Die lateinische Sprache in den romanischen Ländern, in GRÖBER, Grundriss cit., I, pp. 452-497, alla p. 481; F. D’OVIDIO-W. MEYER-LÜBKE, Die italienische Sprache, ivi, pp. 637-711, alle pp. 670-671; IID., Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani, Milano, Hoepli, 19323 (prima ed. it.: 1919), pp. 57, 130-131 e 180; W. MEYER-LÜBKE, Grammatica storica della lingua italiana e dei dialetti toscani, Torino, Chiantore/Loescher, 19272, pp. 56-57, 142-143, 180 e 183, §§ 57, 161, 203 e 204; P.E. GUARNERIO, Fonologia romanza, Milano, Hoepli, 1918, pp. 305-306, § 243; G. REICHEN-KRON, Beiträge zur romanischen Lautlehre, Jena-Leipzig, Gronau, 1939 («Berliner Beiträge zur Romanischen Philologie» X 1/2); M.A. PEI, Di un doppio esito italiano, in «Lingua no-stra», 3 (1941), pp. 9-10; ID., Latin and Italian final front vowels, in «Modern Language No-tes», 58 (1943), pp. 116-120 (poi in ID., Studies in Romance Philology and Literature, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 1963, pp. 79-84); R.L. POLITZER, Final -s in the

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Romania, in «Romanic Review», 38 (1947), pp. 159-166; ID., Vulgar Latin -es > Italian -i, in «Italica», 28 (1951), pp. 1-5; ID., On the Origin of Italian Plurals, in «Romanic Review», 43 (1952), pp. 272-281; A. CASTELLANI, Nuovi testi fiorentini del Dugento, Firenze, Sansoni, 1952, pp. 68-72; ID., Sugli esiti italiani delle vocali anteriori latine in sillaba finale, in «Lingua nostra», 16 (1955), pp. 95-98, a p. 95 (poi in ID., Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza. 1946-1976, 3 voll., Roma, Salerno, 1980, I, pp. 177-184, a p. 177); ID., Note su Miliadusso, in «Studi linguistici italiani», 4 (1963-1964), pp. 107-139, a p. 126 (poi in ID., Saggi cit., II, pp. 351-387, a p. 372); ID., Nomi fiorentini del Dugento, in «Zeitschrift für romanische Philologie», 72 (1956), pp. 54-87, a p. 65 (poi in ID., Saggi cit., I, pp. 465-507, alle pp. 478-479); J. BRÜCH, rec. a G. ROHLFS, Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten. I. Lautlehre, Bern, Francke, 1949, in «Romanische Forschungen», 65 (1954), pp. 436-458, a p. 455; B. GEROLA, Il nominativo plurale in -as nel latino e il plurale romanzo, in «Göteborg Högskolas Årsskrift», 56 (1950), pp. 327-354; H. LAUSBERG, Linguistica romanza, 2 voll., Milano, Feltrinelli, 1971 (ed. orig. tedesca: 1956-1962), I, pp. 357-358, II, pp. 14-16, 188-189, 191, 228-230 e 256, §§ 541-542, 594-595, 597, 797, 802, 868 e 924; P. AEBISCHER, La finale -e du féminin pluriel italien. Étude de stratigra-phie linguistique, in «Studi linguistici italiani», 1 (1960), pp. 5-48 (poi in ID., Études de stratigraphie linguistique, Bern, Francke, 1978 [«Romanica Helvetica» 87], pp. 220-253); ID., La finale -i des pluriels italiens et ses origines, in «Studi linguistici italiani», 2 (1961), pp. 73-111; ID., Le pluriel -as de la première declinaison latine et ses résultats dans les langues romanes, in «Zeitschrift für romanische Philologie», 87 (1971), pp. 74-98; F. SABATINI , Sul-l’origine dei plurali italiani: il tipo in -i, in «Studi linguistici italiani», 5 (1965), p. 5-39 (poi in ID., Italia linguistica delle origini. Saggi editi dal 1956 al 1996, 2 voll., Lecce, Argo, 1996 [«Metis. Linguistica» 1], I, pp. 133-172, da cui si cita); P.A. GAENG, A postscript on the pro-blem of the -ās Nominative plural ending in Latin and the origin of the feminine plurals in standard Italian, in «Rivista di studi classici», 19 (1971), pp. 121-127; ID., The plural -i ending of the third declension masculine nouns in Italian, in Studies in Honor of Mario A. Pei, edited by J. Fisher and P.A. Gaeng, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1972, pp. 105-114; ID., A propos de la genèse cit.; TEKAVČIĆ, Grammatica storica cit., I, pp. 108-114 e 199-206, §§ 152-159 e 257-269, II, pp. 62-67, 356-357 e 362-365, §§ 489-494, 937 e 946 (che però tende a conciliare l’ipotesi fonetica con quella morfologica); H. LÜDTKE, The origin of the Italian plural formative -e: a methodological issue, in Italic and Romance. Linguistic Studies in Honor of Ernst Pulgram, edited by H.J. Izzo, Amsterdam, Benjamins, 1980, pp. 121-125; R. PENNY, Do Romance Nouns Descend from the Latin Accusative? Preliminaries to a Reassessment of the Noun-Morphology of Romance, in «Romance Philology», 33 (1980), pp. 501-509, alle pp. 505-506; D.R. SEKLAOUI, Change and Compensation: Parallel Weake-ning of [s] in Italian, French and Spanish, New York, Lang, 1989 («Currents in comparative Romance languages and literatures» 4); MAIDEN, On the Romance cit.; ID., Storia linguistica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 1998 (ed. orig. inglese: 1995), pp. 95-101; ID., La tesi di Reichenkron cit.; ID., Il sistema desinenziale del sostantivo nell’italo-romanzo preletterario. Ricostruzione parziale a partire dai dialetti moderni (il significato storico di plurali del tipo amici), in La preistoria dell’italiano. Atti della tavola rotonda di linguistica storica (Venezia, 11-13 giugno 1998), a cura di J. Herman e A. Marinetti con la collaborazione di L. Mondin, Tübingen, Niemeyer, 2000, pp. 167-179; Y. D’HULST, Italian plural formation and the problem of etimology, in Traiani Augusti vestigia pressa sequamur. Studia linguistica in honorem Lilianae Tasmowski, edited by M. Coene, W. De Mulder, P. Dendale, Y. D’hulst, Pa-dova, Unipress, 2000, pp. 11-23; G. PATOTA, Lineamenti di grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 2002, pp. 74, 118-120 e 142-143; D’HULST, Romance plurals cit., pp.

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il nome di ipotesi “organica” o, più frequentemente, “fonetica”9. Il limite più evidente di gran parte degli studi che, da entrambe le

parti, sono stati fin qui prodotti è costituito dal fatto che si è quasi sempre cercato di affrontare la questione in una prospettiva troppo ampia, sia dal punto di vista geografico che diacronico. Senza contare che, troppo spesso, si è ritenuto opportuno tenere uniti i due problemi, cioè quello dell’origine del morfema del plurale e quello dell’origine del morfema di II pers. sing. del presente. Una soluzione della questio-ne potrà venire, a nostro avviso, soltanto da analisi che affrontino le due questioni separatamente e restringano l’ottica a gruppi di varietà linguisticamente affini e ad archi temporali relativamente brevi. In particolare, la situazione delle varietà italiane antiche non ci sembra sia stata studiata a fondo. Infatti, il polimorfismo che si incontra nei testi medievali nell’espressione del plurale e, ancor più, nell’espressio-ne della II pers. sing. del presente risulta molto interessante e potrebbe fornire degli importanti argomenti a favore dell’una o dell’altra tesi. La ricerca che abbiamo intrapreso mira a sanare in parte tale lacuna, concentrando l’analisi su un’area linguistica circoscritta (quella vene-ta) e su un arco temporale definito (i secoli XIII e XIV). Le principali ragioni che sono alla base di tale scelta sono due. In primo luogo, questa zona fornisce un discreto numero di testimonianze medievali, che permettono di tratteggiare un quadro sufficientemente articolato della situazione linguistica due- e trecentesca. In secondo luogo, il do-minio linguistico veneto appare nelle fasi più antiche come un zona 1313-1328.

9 È d’uopo precisare che all’interno di questo secondo orientamento sussistono posizioni teoriche estremamente diversificate, per cui sarebbe più corretto parlare di “ipotesi fonetiche”. Alcuni studiosi (Meyer-Lübke, Lausberg, Sabatini, Tekavčić, Patota, ecc.), inoltre, riportano a forme sigmatiche soltanto alcuni dei morfemi nominali e verbali in questione. Gli aspetti su cui le opinioni differiscono maggiormente sono: 1) l’origine del plurale dei nomi discesi dalla I (dal nom. -AE, dall’acc. -ĀS o da un nom. arcaico -ĀS) e dalla II declinazione latina (dal nom., dall’acc., dal dat.-abl. della II decl. oppure da un morfema -is proveniente dalla III decl.); 2) la desinenza (-ĒS o -ĬS) da cui deriverebbe il morfema del plurale dei nomi risalenti alla III declinazione; 3) il processo (di innalzamento o di coalescenza) che sarebbe alla base delle evoluzioni -ĀS > -e, -ĒS > -i (-ĀS > [es] > [e], -ĒS > [is] > [i] oppure -ĀS > [ai8] > [e], -ĒS > [ei8] > [i]). Si aggiunga, infine, che molti dei lavori citati nella nota precedente si occupano soltanto dell’origine del morfemi nominali, mentre tralasciano del tutto il problema della ge-nesi della II pers. sing. del verbo. Per una rassegna dettagliata delle diverse spiegazioni inqua-drabili all’interno dell’ipotesi fonetica si rimanda a MAIDEN, On the Romance cit., pp. 149-154; ID., La tesi di Reichenkron cit., pp. 173-176.

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“di frontiera”, in cui coesistono varietà caratterizzate da una II pers. sing. del presente “sigmatica” (Veneziano, Trevisano e Bellunese) e varietà che ricorrono a morfemi “vocalici” (Veronese e Padovano)10.

Il primo capitolo del nostro studio sarà dedicato al veronese antico. Si fornirà anzitutto una descrizione sincronica di questo aspetto della morfologia verbale nella fase medievale e in quella moderna (§ 3). Successivamente si tenterà di proporre una spiegazione diacronica che giustifichi la coesistenza nel sistema medievale di molteplici morfemi e, al contempo, dia conto della situazione linguistica attuale (§§ 4 e 5). Infine cercheremo di capire se, nello sviluppo dal latino alla fase lin-guistica medievale e poi moderna, sia possibile individuare delle ten-denze evolutive generali (§ 6). Come si vedrà, da questa ricerca emer-gono elementi a sostegno della cosiddetta “ipotesi morfologica” sul-l’origine della II pers. sing. del presente indicativo e congiuntivo (§ 7).

2. Il corpus La scelta del corpus pone dei problemi non irrilevanti. Le testi-

monianze medievali di sicura localizzazione e datazione che presen-tino forme di II pers. sing. sono infatti esigue. I testi di carattere pra-tico e documentario, su cui si fonda in genere la descrizione sincronica degli antichi volgari, sono notoriamente poveri di dialoghi o di strut-ture di tipo allocutivo. Di conseguenza, abbiamo dovuto far ricorso in molti casi a testi letterari, che per loro natura si presentano, sotto questi aspetti, maggiormente infidi. Se – come è quasi la norma – non siamo in possesso dell’autografo di un’opera letteraria, anche nei casi in cui la provenienza del suo autore e del copista del manoscritto che la tramanda risulti sufficientemente sicura, non si può escludere che in essa si accumulino vari “strati” linguistici ascrivibili a ciascuno dei responsabili delle fasi di copiatura (spesso indeterminabili nel nu-mero) che separano l’originale dalla testimonianza in nostro possesso. Né appare possibile distinguere chiaramente queste stratificazioni.

10 A causa dell’esiguità delle testimonianze antiche non è possibile ricostruire questo tratto

morfologico nella fase medievale del vicentino e del rovigotto, che pure, in virtù della loro af-finità col padovano, vengono tradizionalmente inseriti nel secondo raggruppamento.

88 Alvise Andreose

Problemi analoghi si incontrano anche nella datazione del testo. Se non possediamo informazioni certe sul suo autore, è difficile stabilire quale intervallo di tempo separi la stesura originale e il testimone ma-noscritto a noi pervenuto. In molti casi ci si è spinti a retrodatare un testo sulla base soltanto di tratti linguistici giudicati particolarmente arcaici, col rischio di ingenerare – ai nostri fini – un ragionamento circolare: il filologo data una testimonianza fondandosi su quelle peculiarità linguistiche che il linguista vorrebbe datare. Si aggiunga infine che, in assenza di dichiarazioni esplicite da parte dei copisti, anche la datazione di un manoscritto appare soggetta a arbitrio e incer-tezza. Per queste ragioni, abbiamo cercato di circoscrivere la nostra analisi a quei testi la cui localizzazione e datazione fossero, se non si-cure, almeno probabili.

Riportiamo nella tavola 1 l’elenco dei testi che formano il corpus11:

Tav. 1 Il corpus

Titolo Edizione utilizzata

Manoscritto base

Area linguistica

Datazione ms. base

Sigla

Insegnamenti a Guglielmo

Contini12 Vat. lat. 4476 Verona13 sec. XIII s.m.14

InsGugl

11 Dal corpus sono naturalmente esclusi i testi che non presentano casi di II pers. sing.

dell’indicativo e del congiuntivo. 12 Poeti del Duecento, a c. di G. CONTINI, 2 voll., Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, I, pp.

515-519 (testo alle pp. 516-519). La lirica è edita anche nelle Concordanze della lingua poe-tica italiana delle origini (CLPIO), a cura di D’A.S. AVALLE , Milano-Napoli, Ricciardi, 1992, pp. 89-90. L’edizione più fedele al manoscritto è quella che si legge in K. BARTSCH-A. MUS-SAFIA, Una poesia didattica del secolo XIII tratta dal cod. Vaticano 4476, in «Rivista di Filo-logia romanza», 2 (1875), pp. 43-48.

13 Ma sulla localizzazione (come anche sulla datazione) di questo testo si vedano le forti riserve espresse da F. RIVA , Gli scrittori in volgare, in Verona e il suo territorio, 7 voll., Vero-na, Istituto per gli studi storici veronesi, 1960-2003, II, pp. 421-476, a p. 443, n. 1.

14 AVALLE , Concordanze cit., p. xl.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 89

Dell’amore di Gesù

Mussafia15 Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.16

AmGes

Della cadu-cità della vita umana

Contini17 Marciano it. Z 13 (4744), [collazionato col ms. 7-1-52 della Colombina di Siviglia]

Verona sec. XIV in.

CadVit

Contrasto tra Cristo e il diavolo

Verlato18 Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.

ContrCrist

Del Giudizio universale

Mussafia19 Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.

Giud Un

Passione marciana

Riva20 Marciano it. Z 13 (4744)

copista: Verona21

sec. XIV in.

Pass Marc

Preghiera alla Vergine ed alla SS. Trinità

Mussafia22 Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.

Preg Verg

15 A. MUSSAFIA, Monumenti antichi di dialetti italiani, Vienna, Tipografia di Corte e di

Stato, 1864 (rist. anast.: Sala Bolognese, Forni, 1980; estr. da «Sitzungsberichte der kaiserlichen Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Classe», 46 [1864], pp. 113-235), pp. 46-56.

16 MUSSAFIA, Monumenti antichi cit., pp. 113-115; B. WIESE, Eine altlombardische Mar-garethen-Legende, Halle, Niemeyer, 1890, p. l; Catalogo dei codici marciani italiani, redatto da C. FRATI e A. SEGARIZZI, 2 voll., Modena, Ferraguti, 1909-1911, I, pp. 12-15; F. RIVA , Su due redazioni di un poemetto della Passione e Risurrezione del sec. XIV, in «Atti e memorie dell’Accademia d’agricoltura, scienze e lettere di Verona», s. VI, 8 (1956-1957), pp. 167-213, a p. 168, n. 2. Propende per una datazione ancora duecentesca CONTINI, Poeti del Duecento cit., I, p. 625 (« […] la data del manoscritto più autorevole e antico, il Marciano, che forse appartiene ancora alla fine del Duecento»).

17 Ibid., I, pp. 654-666. 18 Z. VERLATO, L’inedita redazione veronese di un “Contrasto tra Cristo e il diavolo”

(XIV secolo), in «Quaderni veneti», 36 (2002), pp. 9-43 (testo alle pp. 26-31). 19 MUSSAFIA, Monumenti antichi cit., pp. 56-68. 20 RIVA , Su due redazioni cit., pp. 187-207 (pagine dispari). 21 Il testo potrebbe dipendere da un antigrafo non veronese, cfr. RIVA , Su due redazioni

cit., pp. 170-173, 184-185 e ID., Gli scrittori cit., pp. 461-463, n. 1. 22 MUSSAFIA, Monumenti antichi cit., pp. 86-101.

90 Alvise Andreose

Leggenda di santa Cate-rina d’Ales-sandria

Mussafia23 Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.

Sant Cat

Leggenda di santa Margherita

Wiese24 Marciano it. Z 13 (4744), collazionato con altri sette codici

autore: Piacenza; copista: Verona

sec. XIV in.

Sant Marg

Transito della Vergine

Corna-gliotti25

Marciano it. Z 13 (4744)

Verona sec. XIV in.

TransVerg

Orazioni veronesi

Marchi26 Verona, Bibl. Civ., 753

Verona sec. XIV p.m.27

Oraz Ver

Passione veronese

Giuliari28 Verona, Bibl. Civ., 753

Verona sec. XIV p.m.

Pass Ver

Planto dela Nostra Dona (Pianto della Madonna)

Oehlert29 Verona, Bibl. Civ., 753

Verona sec. XIV p.m.

Plant ND

23 A. MUSSAFIA, Zur Katherinenlegende, in «Sitzungsberichte der kaiserlichen Akademie

der Wissenschaften in Wien», 75 (1873), pp. 227-302 (testo alle pp. 257-299). 24 WIESE, Eine altlombardische cit., pp. 1-63. 25 A. CORNAGLIOTTI, Un volgarizzamento del Transitus Pseudo-Josephi de Arimathea in

dialetto veronese, in «Atti della Accademia delle Scienze di Torino. Classe di scienze morali, storiche e filologiche», 113 (1979), pp. 197-217 (testo alle pp. 199-208).

26 G.P. MARCHI, Orazioni in volgare veronese del secolo XIV, in Studi in memoria di Ma-rio Carrara, a cura di A. Contò, Verona, Biblioteca Civica, 1995 (= «Bollettino della Biblio-teca Civica di Verona», 1 [1995]), pp. 53-83 (testo alle pp. 78-83).

27 G. OEHLERT, Alt-Veroneser Passion. Text-, Laut-, und Formenlehre. Glossar, Halle a.S., C.A. Kaemmer & Co., 1891, p. 27 (dove si riferisce un giudizio del Mussafia); RIVA , Gli scrittori cit., p. 458; MARCHI, Orazioni in volgare cit., p. 70. Della fine del secolo XIV se-condo G.C. GIULIARI , Proposta di una bibliografia de’ dialetti italiani con un documento aneddoto in antico veronese, in «Il Propugnatore», 5 (1872), parte II, pp. 305-339, a p. 316.

28 Ibid., pp. 320-339. Ringrazio Paolo Pellegrini, che sta per pubblicare una nuova edi-zione della Passione veronese (Roma-Padova, Antenore, 2012 [«Scrittori italiani commentati» 16]), per avermi fornito alcune importanti rettificazioni al testo – spesso inaffidabile – del Giuliari.

29 OEHLERT, Alt-Veroneser Passion cit., pp. 5-26.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 91

Lucidario Donadel-lo30

Oxford, Bodl. Libray, Can. ital. 199

antigrafo: Verona copista: Toscana (?)31

sec. XIV p.m.32

Lucid

3. Il quadro sincronico Riassumiamo nelle tavole 2 e 3 i dati che si ricavano dall’esame del

corpus33. Il veronese della fine del Duecento e del Trecento fa ricorso

30 Lucidario. Volgarizzamento veronese del XIV secolo, a cura di A. DONADELLO, Roma-Padova, Antenore, 2003 («Medioevo e Rinascimento veneto» 1), pp. 3-253.

31 Secondo DONADELLO, Lucidario cit., p. lxv, il manoscritto su cui si fonda l’edizione sarebbe «una copia condotta verosimilmente da un amanuense toscano, o comunque non ve-neto, su un antigrafo veronese già farcito di forme linguisticamente allogene».

32 M. DEGLI INNOCENTI, I volgarizzamenti italiani dell’Elucidarium di Onorio Augustodu-nense, in «Italia medioevale e umanistica», 22 (1979), pp. 239-318, alle pp. 277-278; DONA-DELLO, Lucidario cit., p. xxxiv.

33 Si riportano qui di seguito tutte le occorrenze di II persone singolari del presente in-dicativo e congiuntivo individuate nello spoglio. Si tralasciano i verbi monosillabici, che nel

veronese – come in it. ant. – recano regolarmente il morfema /i�/ (o º, in caso di apocope). Per

semplificare il computo, i verbi uscenti in -o derivata da -e (un caso nel corpus, vd. avanti) e quelli che presentano l’apocope di -e dopo /n/, /r/ e /z/ (4 casi), vengono conteggiati tra le forme in -e. InsGugl: ind. pres. I coniug. mange 68, III coniug. servi 1, 58; cong. pres. II coniug. debie 7, abie 24; AmGes: ind. pres. I coniug. reporte 138, dona 158, II coniug. pare 261; cong. -; CadVit : ind. pres. I coniug. mange 131, II coniug. cognosci 65, perdi 114, 114, romani 297, tôi 123, vivi 113, III coniug. devei 211, ensi 143, mori 182; cong. pres. I coniug. passe 195, laghe 264, II coniug. abe 322, faço 212 (< façe); ContrCrist : ind. pres. I coniug. agie 48 ‘(che tu) aiuti’, II coniug. disi 13, tê 43, 43 (< tene), voli 66; cong. pres. I coniug. laxe 6; GiudUn: ind. pres. -; cong. pres. II coniug. debe 43, 45, entende 120, tegne 124; PassMarc: ind. pres. I coniug. aie 126 ‘aiuti’, laxe 119; cong. pres. -; PregVerg: ind. pres. I coniug. aspete 113, regne 509, II coniug. cognosi 177, cognosci 255, 351, quer 112 (< quere); cong. pres. I coniug. renove 315, II coniug. abe 290, 358, 423, debe 122, 124, 141, 355, 510, debie 239, façe 181, mantegne 511, III coniug. converte 203, exaudi 153, 416; SantCat: ind. pres. I coniug. degne 1101, domande 399, 470, adori 550, devori 1161, parli 713, sforçi 716, II coniug. dis 678, dix 841 (< dise, dixe), plaxe 67, cognosi 1156, 1158, crei 717 ‘credi’, plaxi 1163, queri 400, recogi 549, III coniug. persegui 1159; cong. pres. I coniug. apresti 278, II coniug. dage 796, debie 668, 1051, reçe 706, debi 574, 688, possi 547, tegni 947; SantMarg: ind. pres. I coniug. ame 295, aore 296, clame 296, laxe 520, pesse 828, II coniug. trae 309, anci’ 351, ançi’ 611, alci’ 1049 ‘uccidi’ (ancii/alcii < ancidi/alcidi), cri’ 578, 579 ‘credi’ (< crii < cridi ), entendi 492, perdi 956, strinçi 829; cong. pres. I coniug. devente 404, guaste

92 Alvise Andreose

fondamentalmente a due morfemi vocalici per esprimere la II pers. sing. dell’indicativo e del congiuntivo: -e e -i. La terminazione -a è at-testata una sola volta come morfema di II pers. sing. dell’ind. di I coniugazione.

Tav. 2 Morfemi di II pers. sing. dell’ind. pres. in testi veronesi medievali (secc. XIII e XIV)

-e -i -a -e -i -a -e -i -a

InsGugl 1 0 0 0 0 0 0 2 0

AmGes 1 0 1 1 0 0 0 0 0

CadVit 1 0 0 0 6 0 0 3 0

ContrCrist 1 0 0 2 2 0 0 0 0

GiudUn 0 0 0 0 0 0 0 0 0

PassMarc 2 0 0 0 0 0 0 0 0

PregVerg 2 0 0 1 3 0 0 0 0

SantCat 3 4 0 3 6 0 0 1 0

SantMarg 5 0 0 1 8 0 0 0 0

TranVerg 1 0 0 0 0 0 0 0 0

OrazVer 1 0 0 0 0 0 0 0 0

PassVer 4 1 0 0 3 0 1 1 0

PlantND 0 0 0 0 0 0 0 1 0

Lucid 4 1 0 2 15 0 0 0 026 6 1 10 43 0 1 8 0

Indicativo presenteI II III

576, II coniug. ronpe 974, debie 415, façe 784; TransVerg: ind. pres. I coniug. domande 68; cong. pres. II coniug. faci 6, recevi 7; OrazVer: ind. pres. I coniug. guardi III .81.11; cong. pres. I coniug. perdoni I.78.4, II coniug. debie III .80.3, III .80.12, III .80.21, III .80.26, III .81.12, dibie III .80.8; PassVer (la prima cifra indica la pagina, la seconda la riga): ind. pres. I coniug. lave 324.11, enpense-tu 327.21, domande-tu 328.32, parle-tu 334.18, lasi 334.24, II coniug. respondi-tu 329.2, respondi 329.19, temi 337.4, III coniug. dorme-tu 326.6, feri-tu 329.4; cong. pres. II coniug. debie 321.31, 329.22; PlantND: ind. pres. III coniug. peri 425; cong. pres. I coniug. aspete 607, done 550, desmentegi 497; Lucid : ind. pres. I coniug. apelle III .4, apele III .5, conte III .104, desire III .1, parli I.2011, II coniug. dice III .241, intende III .353, dici II.8, II.16, II.27, III .2.23, disi III .2, piangi III .17, povi I.181, rendi III .6, vedi III .22, vidi I.1833, III .324, vi’ I.1833, I.1833, III .241 ‘vedi’, voli II.322; cong. pres. I coniug. prove II.80, guardi I.98, I.98, II coniug. dice II.272, III .12, III .76, dige II. 322, III .6, III .87, intende III .30, sapie I.93, stie III .97, dici I.120, entendi I.20, possi II.27, II.27, sapi II.14, II.19, II.34, III .8, III .24, III .29, III coniug. soffrisce II.1, odi III .0.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 93

Tav. 3 Morfemi di II pers. sing. del cong. pres. in testi veronesi medievali (secc. XIII e XIV)

Per interpretare in prospettiva diacronica tale situazione, è neces-sario considerare anche quello che è il punto di arrivo dell’evoluzione morfologica del veronese, cioè il sistema attuale delle II persone, del tutto coincidente con quello del veneto di terraferma34:

Tav. 4 Morfema di II sing. in veronese moderno

I II III-i -i -i

I II III-i -i -i

Indicativo presente

Congiuntivo presente

Per ciò che riguarda l’indicativo (tav. 2), si può dire che l’assetto o-dierno sia già chiaramente preannunciato nella fase medievale, dato

34 Sul sistema attuale del veronese vd. M. BONDARDO, Il dialetto veronese. Lineamenti di

grammatica storica e descrittiva, Verona, Edizioni di Vita veronese, 1972, pp. 150 e 156.

94 Alvise Andreose

che il morfema -i – che oggi è esclusivo in tutte e tre le coniugazioni – è già predominante in almeno due delle tre caselle del sistema. L’unico punto in cui -i non prevale è l’ind. pres. di I coniug., dove appare an-cora ben salda la desinenza più arcaica -e, che per altro è ampiamente attestata anche in altri volgari italiani antichi, anzitutto nel fiorentino duecentesco. Quanto al congiuntivo (tav. 3), la situazione antica appa-re meno prossima a quella moderna, perché il morfema più diffuso nelle prime due coniugazioni è -e, mentre -i risulta maggioritario, an-che se di poco, solo nella III coniugazione.

La rilevanza dei dati emersi dallo spoglio appare ancora più eviden-te se si procede a un confronto con la coeva situazione del fiorentino. L’elemento di maggiore differenziazione è rappresentato senz’altro dalla considerevole presenza nel veronese del morfema -e nell’ind. pres. di II coniug. e nel cong. pres. di I coniug. Questo dato, infatti, al-lontana la varietà veneta dal fiorentino antico, che invece in tali casi presenta quasi uniformemente la terminazione -i35. Si aggiunga, inol-tre che nel veronese antico, diversamente che in fiorentino, compare – seppure sporadicamente – la desinenza -a come morfema di II pers. sing. dell’ind. di I coniug.

Partendo da questi riscontri, nei paragrafi successivi cercheremo di affrontare due problemi di natura diacronica: l’evoluzione dei morfe-mi di II pers. sing. dal latino al veronese antico e dal veronese antico al veronese moderno. Si analizzerà nel dettaglio prima l’indicativo (§ 4), poi il congiuntivo (§ 5).

4. La II pers. sing. dell’indicativo dal latino al veronese moderno Come nel veneziano duecentesco e nel trevisano trecentesco, nel

veronese del tardo Duecento e del Trecento è ampiamente attestato il morfema -e alla II pers. dell’ind. pres. di II coniugazione. Lo si ritrova in quasi tutti i testi del corpus: nell’Amore di Gesù (pare ‘appari’), nella Preghiera alla Vergine ed alla Santissima Trinità (quer ‘cerchi’ < quere), nella Leggenda di santa Caterina d’Alessandria (plaxe ‘piaci’, dis/dix ‘dici’ < dise/dixe), nella Leggenda di santa Margherita (trae

35 Vd. avanti nn. 43 e 49.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 95

‘trai’), e, infine, nel Lucidario (dice ‘dici’, intende ‘intendi’)36. Tale forma appare quasi sempre minoritaria rispetto al morfema -i: 1 contro 3 nella Preghiera alla Vergine ed alla Santissima Trinità, 3 contro 6 nella Leggenda di santa Caterina d’Alessandria, 1 contro 8 nella Leg-genda di santa Margherita, 2 contro 15 nel Lucidario. Solo nell’Amo-re di Gesù prevale -e (1 contro 0), ma potrebbe essere un caso. Questi dati sembrerebbero dimostrare una progressiva regressione di -e da-vanti a -i, che, come si è detto, è la terminazione che si imporrà nei se-coli seguenti37. Nel veronese del Quattrocento si danno ancora casi di -e, ma -i è predominante38. Da rilevare che in alcuni testi trecenteschi (Passione veronese, Caducità della vita umana) compare già solo il morfema -i. L’avanzata di -i a scapito di -e è documentata anche da al-tre testimonianze della metà del Trecento39.

Come si è anticipato, esistono due modi diversi di spiegare la gene-si dei morfemi di II pers. sing. nell’italiano antico. La prima ipotesi, avanzata da Vincenzo Nannucci e poi ripresa e sviluppata da France-sco D’Ovidio, Charles H. Grandgent, Édouard Bourciez, Clemente

36 Per maggiori dettagli si rimanda ai dati riportati nella n. 33. 37 BONDARDO, Il dialetto veronese cit., p. 150. 38 Cfr. F. RIVA , Storia dell’antico dialetto di Verona secondo i testi in versi. Morfologia e

sintassi, in «Atti e Memorie della Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona», s. VI, vol. 4 (1952-1953), pp. 65-88, alla p. 78.

39 Per es. dai testi contenuti nel ms. 1661 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, redatto a Verona in ambito notarile attorno alla metà del sec. XIV: cfr. A. GRAF, Di un codice riccardia-no di leggende volgari, in «Giornale storico della letterarura italiana», 3 (1894), pp. 401-414; I manoscritti della R. Biblioteca Riccardiana. Manoscritti italiani, a cura di S. MORPURGO, Roma, Presso i principali librai, 1893-1900, pp. 612-614; Mostra di codici romanzi delle biblioteche fiorentine. VIII Congresso Internazionale di Studi Romanzi (3-8 Aprile 1956), Fi-renze, Sansoni, 1957, pp. 202-203; R. BETTARINI, Sguardo alla Fabulosa storia della Reina Rosana, in Testi e interpretazioni. Studi del Seminario di Filologia romanza dell’Università di Firenze, Milano-Napoli, Ricciardi, 1978, pp. 65-146, alle pp. 68-69; Fiori e vita di filosafi e d’altri imperatori, a cura di A. D’AGOSTINO, Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 19; I manoscritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze. III. Mss. 1401-2000, a cura di T. DE ROBERTIS e R. MIRIELLO, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2006 («Manoscritti datati d’Italia» 14), p. 61; A. ANDREOSE, Censimento dei testimoni della Lamentatio beate Virginis di Enselmino da Montebelluna. II, in «Quaderni Veneti», 47 (2008), pp. 9-98, alle pp. 60-62. Soltanto tre dei testi contenuti nel manoscritto sono stati finora editi: la Legenda beati Alexij romani (R. ALTROCCHI, An Old Italian Version of the Legend of Saint Alexis, in «Roma-nic Review», 6 [1915], pp. 353-363), la Legenda de una regina di Roma che have nome Rosa-na (BETTARINI, Sguardo cit.) e la Legenda de uno zentil zovene che have nome Vergognia (La leggenda di Vergogna, a cura di E. BENUCCI, Roma, Salerno, 1992).

96 Alvise Andreose

Merlo, Gerhard Rohlfs e Robert A. Hall40, muove dall’idea che nei po-lisillabi non ossitoni -S sia caduta, producendo così una situazione di omofonia tra II e III pers. nella I e nella II coniugazione (cosiddetta “ipotesi morfologica”). Due successivi processi analogici avrebbero permesso di superare questo problema: 1) l’estensione del morfema -e dalla II alla I coniugazione; 2) la diffusione della forma -i dalla III coniugazione – e, aggiungiamo noi, dai verbi monosillabici – alle altre due coniugazioni:

Tav. 5 Genesi dei morfemi di II pers. sing. del pres. ind. in it. ant. secondo l’IM41

AMĀS TĬMĒS DORMĪS A ama teme dormi * B ama

ame teme dormi *

C ame teme temi

dormi it. ant. (?)

D1 ame ami

teme temi

dormi

it. ant. (?)

D2 ame ami

temi dormi it. ant.

D3 ami temi dormi it. mod.

Più di uno studioso ha rilevato, tuttavia, che questa ricostruzione presenta due criticità42. Anzitutto è poco economica, per il fatto che postula che si siano succeduti due fenomeni di attrazione analogica. In secondo luogo, è altamente ipotetica, dal momento che le fasi A e B

40 V. NANNUCCI, Analisi critica dei verbi italiani investigati nella loro origine, Firenze, F.

Le Monnier, 1843, pp. 58-68; D’OVIDIO , Ricerche cit., pp. 84-89; GRANDGENT, Unaccented final vowels cit., pp. 192-193; ID., From Latin cit., pp. 49-50 e 158-159, §§ 55 e 205; BOUR-CIEZ, Éléments cit., p. 214, § 204; MERLO, Di una presunta sostituzione cit., p. 289; ROHLFS, Grammatica storica cit., II, pp. 247-248, § 528; HALL , Latin -s cit., p. 244.

41 Per brevità, qui e nelle tavole successive indicheremo con l’acronimo IM l’ipotesi mor-fologica, con IF l’ipotesi fonetica.

42 Si vedano per esempio i rilievi di TEKAVČIĆ, Grammatica storica cit., II, pp. 356-357, § 937, e di MAIDEN, On the Romance cit., p. 160; ID., Storia linguistica cit., pp. 96-97. Cfr. anche le osservazioni di D’HULST, Romance plurals cit., p. 1312.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 97

non sono documentate e anche le fasi C e D1 non sono affatto sicure. Nel fiorentino antico, infatti, la presenza di -e nella II coniugazione è del tutto sporadica, per cui si deve ammettere che già all’altezza delle più antiche testimonianza scritte43 l’originaria terminazione -e della II coniugazione fosse stata quasi interamente soppiantata da -i.

A questa teoria si oppone la cosiddetta ipotesi “fonetica” (o “orga-nica”), che presuppone la successione di due processi, uno fonetico (da cui il nome) e uno morfologico. L’idea di base è che i morfemi -e della I coniug. e -i della II coniug. rappresentino i regolari continuatori rispettivamente di -ĀS e -ĒS/-ĬS latini: AMĀS > it. ant. ame, TENĒS > it. ant. e mod. tieni, LEGĬS > it. ant. e mod. leggi. In realtà, gli studiosi non concordano sui processi fonetici che avrebbero determinato tale e-voluzione. Alcuni (Lausberg, Penny, Maiden)44 pensano che, analoga-mente a quanto succede nei monosillabi (cfr. NOS > noi, DAS > dai ecc.), -S sia passato prima a [i8] e poi si sia fuso con la vocale prece-dente: AMĀS > [ "a…mai8]* > ame, TENĒS > [ "tE…nei8]* > tieni, LEGĬS >

[ "lEg…ei8]* > leggi. Altri (Politzer, Castellani, Aebischer, Sabatini)45

43 CASTELLANI, Nuovi testi fiorentini cit., pp. 68-72; N. PENELLO, P. BENINCÀ, L. VANELLI

e R. MASCHI, Morfologia flessiva, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di G. Salvi e L. Renzi, 2 voll., Bologna, il Mulino, 2010, II, pp. 1389-1491, § 2.2.1 (di L. VANELLI , che però non registra un caso di vede ‘vedi’ in BRUNETTO LATINI , Il Tesoretto, in Poeti del Duecento cit., II, pp. 175-277, a p. 201, v. 725).

44 LAUSBERG, Linguistica romanza cit., I, pp. 357-358, § 542; PENNY, Do Romance Nouns cit., p. 506; MAIDEN, On the Romance cit., pp. 151-152; ID., Storia linguistica cit., pp. 97-98. Anche TEKAVČIĆ, Grammatica storica cit., II, pp. 357 e 363, §§ 937 e 946, pur non escluden-do la palatalizzazione, sembra propendere per tale spiegazione. Per la posizione di Reichen-kron, che ammette entrambi i fenomeni, si veda quanto detto nella nota successiva.

45 POLITZER, Final -s cit., pp. 161-162; ID., Vulgar Latin cit., p. 5, n. 11; ID., On the Origin cit., pp. 278-279; CASTELLANI, Sugli esiti italiani cit., p. 95; AEBISCHER, La finale -e cit., pp. 35-36; ID., La finale -i cit., pp. 85, 93-95, 97-98 e 111; ID., Le pluriel -ās cit., pp. 78-79; SABATINI , Sull’origine cit., p. 161. REICHENKRON, Beiträge cit., p. 42, ipotizza il concorso di entrambi i processi: prima la palatalizzazione (-as > -eś, -es > -iś), poi la formazione di dit-tonghi (-eś > -ey, -iś > -iy) che finalmente si sarebbero monottongati per riduzione o per co-alescenza a seconda del contesto fonotattico. Ricordiamo per completezza anche l’ipotesi di MEYER-LÜBKE (vd. le opere citate nella n. 8), secondo cui sia -ĀS sia -ĒS/-ĬS (oltre che -ĪS) avrebbero dato -i, e quella avanzata recentemente da D’HULST (Italian plural cit., pp. 18-21 e Romance plurals cit., pp. 1316-1317), secondo cui l’innalzamento di /e/ a /i/ (e di /a/ a /e/) si configurerebbe come un fenomeno fonologico di «coronalizzazione» (coronalization). Se-gnaliamo, infine, la posizione di PATOTA, Lineamenti cit., pp. 118-120 e 142-143, che adotta la spiegazione di Politzer-Castellani-Aebischer-Sabatini per i nomi derivati dalla I e dalla III decl. latina, quella di Meyer-Lübke per la II pers. sing. del verbo.

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pensano più semplicemente che -S, prima di cadere, abbia esercitato un effetto “palatalizzante” sulle vocali immediatamente precedenti, producendo l’innalzamento di [a] a [e] e di [e] a [i]: AMĀS > [ "a…mes]* > ame, TENĒS > [ "tE…nis]* > tieni, LEGĬS > [ "lEg…is]* > leggi. Successi-vamente a questa evoluzione fonetica sarebbe intervenuto un fenome-no di livellamento analogico, che avrebbe portato il morfema -i ad estendersi dalla II e dalla III alla I coniugazione, eliminando progres-sivamente l’originario -e. Rispetto all’ipotesi morfologica, tale spiega-zione appare senz’altro più semplice ed economica46, in quanto non obbliga a supporre l’esistenza di due o più fasi evolutive (A, B, even-tualmente C, D1, cfr. tav. 5) in età pre-documentaria. Il punto di par-tenza postulato per gli sviluppi successivi è sostanzialmente quello at-testato nel fiorentino duecentesco47:

Tav. 6 Genesi dei morfemi di II pers. sing. del pres. ind. in it. ant. secondo l’IF

AMĀS TĬMĒS DORMĪS a ame temi dormi * b ame

ami temi dormi it. ant.

c ami temi dormi it. mod.

Torniamo ora alla situazione del veronese antico. Diversamente da quanto accade per l’it. antico, l’ipotesi che si mostra maggiormente adatta a giustificare la distribuzione dei morfemi che emerge dallo spoglio è quella “morfologica” (tav. 7). Nei testi analizzati (tav. 2), in-fatti, sono documentate gran parte delle fasi intermedie che – assenti o scarsamente attestate in fior. ant. (B: [AmGes]; C: [Sant-Marg ], [Preg-Verg]; D1: [SantCat]) – venivano ammesse solo a livello ipo-tetico:

46 TEKAVČIĆ, Grammatica storica cit., II, p. 357, § 937; MAIDEN, On the Romance cit., pp.

160-161; ID., Storia linguistica cit., pp. 97-98. 47 CASTELLANI, Nuovi testi fiorentini cit., pp. 68-72; PENELLO, BENINCÀ, VANELLI e

MASCHI, Morfologia flessiva cit., pp. 1433-1434, § 2.2.1 (di L. VANELLI ). Ma cfr. quanto detto alla n. 43.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 99

Tav. 7 Genesi dei morfemi di II pers. sing. dell’ind. pres. in ver. ant. secondo l’IM

AMĀS TĬMĒS DORMĪS A ama teme dormi * B ama

ame teme dormi ver. ant.

C ame teme temi

dormi ver. ant.

D1 ame ami

teme temi

dormi

ver. ant.

D2 ame ami

temi dormi ver. ant.

D3 ami temi dormi ver. mod.

Per contro, l’ipotesi “fonetica” incontra più di una difficoltà nello spiegare i dati offerti dal veronese antico. In primo luogo perché, per dare conto della presenza di -e anche nella II coniug. costringe a pen-sare che, nella fase linguistica medievale, fossero in atto due fenomeni di attrazione analogica operanti in opposte direzioni: dalla I coniug. alla II (cioè e al posto di i) e dalla II alla I (i al posto di e). In secondo luogo, perché deve ammettere che -e si sia estesa dalla I alla II coniug. anche se questo creava un’omofonia tra la II pers. sing. e la III pers. sing. (teme ‘temi’ = teme ‘teme’). In terzo luogo, perché, partendo dal presupposto che -ĀS latino abbia dato -e, appare incapace di giusti-ficare il morfema -a nella I coniugazione (dona [AmGes 158]), se non ricorrendo all’idea che si tratti una forma “residuale” di un processo di diffusione lessicale incompleto.

L’ipotesi che la terminazione -e della II coniug. sia la diretta conti-nuazione di -ĒS e -ĬS latini (poi soppiantata dal morfema -i estesosi dalla III coniug. e dai verbi monosillabici), trova parziale conferma negli esiti della declinazione nominale. In veronese, come del resto in tutte le varietà venete medievali, i femminili derivati dalla III decl. la-tina escono sistematicamente in -e (cfr., per es., le mee oratione, le se-rore, le soe raxone [PregVerg 400, 429 e 467]; nue carne, le soe carne [SantMarg 938 e 947]; ovre le quale, le carne [GiudUn 96 e

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316]). Che si tratti di una forma etimologica e non di un morfema ana-logico sulla -e dei nomi della I decl. sembra confermato dal fatto che, diversamente da quest’ultima, la -e dei femm. di III decl. può essere soggetta ad apocope: cfr., per es., le mee oracion [PregVerg 479], ecc.; le flor [AmGes 175], pecaris, le vernis, le carcer [SantMarg 35, 469 e 639]; le seto arte […] le qual [AmGes 284-285], le pene ’n le qual [GiudUn 322] ecc. A riprova di ciò, va segnalato, inoltre, che il morfema -e compare sporadicamente anche nei maschili discesi dalla III declinazione: alquanti ambaxaore [SantCat 526] ecc. Ma il dato certo più solido a favore dell’idea che, almeno nel veronese antico, -S latina fosse caduta senza alterare la -e- precedente, è costituito dal pl. die (dodexe die [SantCat 1041, 1079], li dodexi die [SantCat 1042], ecc.), regolare continuazione del latino DIES.

C’è un punto, tuttavia, che l’ipotesi ricostruttiva sintetizzata nella tav. 7, non appare – almeno a prima vista – in grado di spiegare in mo-do adeguato, ossia la presenza di -e anche nella III coniug. Questo da-to, infatti, parrebbe suggerire che, seppure saltuariamente, l’analogia abbia agito contro quella tendenza generale riscontrabile sia nell’in-dicativo, sia nel congiuntivo che opera verso la differenziazione tra i morfemi di II e di III persona singolare (vd. avanti § 6, tavv. 11 e 12). Certo, nulla impedisce di credere che, sporadicamente, un fenomeno di questo tipo si sia potuto produrre. Bisogna rilevare, d’altra parte, che nell’unico caso documentato, l’uscita -e figura all’interno di un sintagma fonologico in cui il pronome personale – con ogni proba-bilità già clitico – è posposto al verbo (dorme-tu [ "dOrmetu] 326.6), cioè in un contesto in cui l’informazione morfematica appare ridon-dante. È possibile dunque che il tipo dorme-tu abbia subito l’attrazio-ne di espressioni come pense-tu (327.21), domande-tu (328.32), parle-tu (334.18), che – almeno nel nostro testo – risultano abbastanza fre-quenti. A ciò si aggiunga che il passaggio da -i a -e potrebbe essere stato facilitato dal contesto fonetico, cioè dal fatto che la vocale si tro-va in posizione postonica all’interno di una parola fonologica propa-rossitona. Detto questo, va comunque osservato che, vista l’unicità della testimonianza, non si può scartare del tutto l’ipotesi che si tratti di un errore del copista.

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 101

5. La II pers. sing. del congiuntivo dal latino al veronese moderno Passiamo ora ai dati relativi al congiuntivo presente. Il morfema

prevalente è -e, sia nella I sia nella II coniugazione. Tale uscita ricorre anche nella III coniugazione, anche se meno frequentemente. Nella I e II coniug. la desinenza -i è ancora minoritaria nei testi primo-trecen-teschi e incomincia a prevalere, seppur di poco, in testi di pieno Tre-cento. La stessa situazione si ritrova anche nei testi veneziani più anti-chi48.

Questo quadro appare più arduo da interpretare del precedente. In-fatti, sia che si scelga l’ipotesi “morfologica”, sia che si adotti quella “fonetica”, i processi intermedi che si devono ipotizzare per arrivare all’assetto descritto nella tav. 4 sono in entrambi i casi molteplici. Le regolari continuazioni del congiuntivo latino previste dalle due ipotesi sono riassunti nelle tavole seguenti:

Tav. 8 Esito della II pers. sing. del cong. latino secondo l’IM

AMĒS TĬM(Ĕ)ĀS DORM(Ĭ)ĀS aaaa ame tema dorma *

Tav. 9 Esito della II pers. sing. del cong. latino secondo l’IF

AMĒS TĬM(Ĕ)ĀS DORM(Ĭ)ĀS A ami teme dorme it. ant.

Come si può vedere, in entrambi i casi gli esiti attesi non coin-

cidono con quelli attestati nel veronese medievale (tav. 3). Bisogna dunque ammettere che siano intervenuti dei processi analogici che hanno alterato il quadro iniziale. Similmente a quanto detto per l’in-dicativo, anche per il congiuntivo l’ipotesi “morfologica” sembra pre-sentare una maggiore adeguatezza esplicativa e una maggiore econo-micità di quella “fonetica”. La soluzione a nostro avviso più plausibile

48 Rimandiamo ad altra sede l’illustrazione sistematica dei dati concernenti il veneziano

dei secc. XIII e XIV.

102 Alvise Andreose

è quella di supporre che, nella II coniug., la II pers. sing. del congiun-tivo si sia precocemente livellata su quella dell’indicativo (che, secon-do la nostra ipotesi, usciva originariamente in -e, vd. sopra § 4, tav. 7), ma che, a differenza dell’indicativo, abbia accolto più tardivamente il “nuovo” morfema unico di II sing. -i. Un prova dell’attrazione eserci-tata dall’indicativo sul congiuntivo nella II coniug. è offerta da forme come reçe (SantCat 706, in rima), dice (Lucid II.272, III .12, III .76), che presentano il tema uscente in affricata come nell’indicativo, e non il tema in velare come invece ci aspetteremmo nel congiuntivo. La forma soffrisce (Lucid II .1) suggerisce che, in una fase precedente a quella documentata, il morfema -e si fosse esteso anche alla III co-niug., conformemente a quella tendenza – evidente nel veronese mo-derno ma anche in molte altre varietà italiane antiche, tra cui il fio-rentino49 – ad adottare un’unica forma per l’espressione della II pers. sing. del cong. Quanto alla -e della I coniug., è verosimile che rappre-senti la regolare continuazione di -ĒS.

Tav. 10 Genesi dei morfemi di II pers. sing. del cong. pres. in ver. ant. secondo l’IM

L’ipotesi fonetica, per giustificare la presenza del morfema -e an-che nella I coniug., è costretta anche in questo caso a pensare che nel veronese antico operassero due processi analogici opposti: l’attrazione della I coniugazione da parte della II e della III, implicante la sostitu-zione dell’originario -i con -e, e l’attrazione della II e della III da parte della I, implicante la sostituzione di -e con -i. In alternativa, si potreb-

49 PENELLO, BENINCÀ, VANELLI e MASCHI, Morfologia flessiva cit., pp. 1447, § 2.2.6 (di R. MASCHI).

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 103

be anche pensare che il cong. pres. di I coniug. sia stato in parte attrat-to dal presente indicativo. Va detto, tuttavia, che appare altamente im-probabile che nel presente congiuntivo sia stato introdotto un morfema che annullava la distinzione tra la II pers. e la I/III, dal momento che – come meglio si dirà nel prossimo paragrafo – la tendenza evolutiva generale sembra procedere nella direzione opposta, ossia verso la dif-ferenziazione.

6. Tendenze generali Sia che si abbracci l’ipotesi “morfologica”, sia che si accolga quel-

la “fonetica”, appare innegabile che i processi analogici che, da secoli, interessano la II pers. sing. dell’ind. e del cong. nel veronese (ma an-che negli altri volgari veneti) agiscano secondo due tendenze: (A) la tendenza a differenziare il morfema della II persona da quello di altre persone del singolare (III pers. sing. nell’ind., I e II pers. sing. nel cong.); (B) la tendenza ad adottare un’unica forma in tutte le coniugazioni e in tutti i modi del verbo.

Solo così, infatti, si può giustificare l’attuale situazione del veronese e, più in generale, dei dialetti veneti, che, come si è detto sopra, prevede la presenza del morfema -i in tutte e tre le coniugazioni sia dell’in-dicativo, sia del congiuntivo. Ora, per spiegare i dati delle tavv. 2 e 3 l’ipotesi “fonetica” è obbligata ad ammettere che la diffusione di -e nell’ind. pres. di II coniug. e nel cong. pres. di I coniug. abbia prodot-to in entrambi i casi fenomeni di omofonia, determinando così la neu-tralizzazione tra la desinenza di II persona e quella di altre persone del paradigma. Al contrario, se si adotta l’ipotesi “morfologica”, tutt i i processi analogici postulati si inquadrano appieno nelle due tendenze indicate sopra:

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Tav. 11 Tendenze evolutive ipotizzate nel veronese: II pers. sing. dell’ ind. pres.

Tav. 12 Tendenze evolutive ipotizzate nel veronese: II pers. sing. del cong. pres.

Generalizzando ulteriormente, si potrebbe affermare che nel vero-

nese le due tendenze analogiche abbiano agito nella stessa successio-ne: prima differenziando le forme, poi livellandole su un unico tipo.

7. Conclusioni Le conclusioni del nostro ragionamento non possono che essere

provvisorie. Questo per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché lo studio diacronico richiederebbe che lo spoglio si estendesse anche alle fasi della lingua intermedie tra quelle considerate, cioè al vero-nese dei secoli XV-XIX. Indagine che, tuttavia, non appare facile, per

Il morfema di II persona singolare nel veronese medievale 105

la scarsità della documentazione e soprattutto per il progressivo au-mento dell’interferenza linguistica tra il veronese e altre varietà di prestigio: il veneziano e il toscano, che a partire dalla seconda metà del sec. XIV eserciteranno un influsso sempre più marcato sulla scrip-ta documentaria e letteraria; e il pavano, che, fin dal sec. XV, diverrà in area veneta il codice espressivo privilegiato della letteratura dialet-tale riflessa50. In secondo luogo, perché la plausibilità della nostra ri-costruzione necessita di essere vagliata anche in una dimensione inter-linguistica, attraverso il confronto con le rimanenti varietà venete e, per quanto è possibile, italiane.

Rimandando ad altra sede l’analisi dettagliata dei dati concernenti altre aree linguistiche, ci limiteremo qui soltanto a osservare come lo spoglio della documentazione relativa al dominio veneziano e trevi-sano confermi il quadro offerto dal veronese. In testi letterari duecen-teschi come i volgarizzamenti del Panfilo e dei Disticha Catonis51, sia la I sia la II coniugazione presentano come morfema di II sing. del pres. ind. prevalentemente -e. Il morfema -i è nettamente minoritario. Nella III coniug. troviamo soltanto -i. L’oscillazione tra -i e -e sia nella I che nella II coniug. è visibile anche in testimonianze di natura docu-mentaria. In testi del primo e del pieno Trecento, -i (o -is) sostituisce quasi completamente -e. Analogamente a quanto si è detto per il vero-nese, il fatto che -e appaia più resistente nella I coniug. potrebbe far pensare che la sostituzione del più antico -e con -i si sia realizzata prima nella II coniug. La situazione del congiuntivo è simile a quella dell’indicativo, con la differenza che, nel Duecento, nella I coniug. -e è esclusivo e -i compare (sporadicamente) solo nella II. Nel Trecento il morfema è soltanto -i (o -is) in tutte e tre le coniugazioni. Per il tre-visano mancano quasi del tutto testimonianze duecentesche, ma la pre-senza di un morfema -e accanto a -i nelle prime due declinazioni è ben documentata nella prima metà del Trecento.

In conclusione, non siamo ancora in grado di dire quale significato

50 L’influsso del pavano è già evidente nei Soneti villaneschi di Giorgio Sommariva, poeta

veronese attivo nella seconda metà del sec. XV (vd. G. FABRIS, Sonetti villaneschi di Giorgio Sommariva, poeta veronese del secolo XV, Udine, Dal Bianco, 1907).

51 Il Panfilo veneziano, a cura di H. HALLER, Firenze, Olschki, 1982; A. TOBLER, Die alt-venezianische Übersetzung der Sprüche des Dionysius Cato, in «Abhandlungen der Königli-chen Preußischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin», 17 (1883), pp. 3-86.

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abbiano i dati che abbiamo esposto sopra nel quadro generale dei processi fono-morfologici che in ampia parte della cosiddetta “Ro-mània orientale” hanno portato all’estensione del morfema -i in tutte e tre le coniugazioni. Delle due possibilità, cioè che la situazione riscon-trata nel veronese e in altre varietà venete medievali possa rappresen-tare una tappa anteriore a quella documentata in italiano antico, oppu-re che essa costituisca uno sviluppo autonomo e divergente da quella che è la tendenza evolutiva generale in area italiana, ci sembra senz’altro preferibile la prima. Quello che, comunque, ci pare innega-bile è che lo spoglio dettagliato che è stato presentato in questa sede fornisca degli elementi di novità all’interno del dibattito sull’origine del morfema “vocalico” di II pers. sing., elementi che qualsivoglia teoria che intenda dar conto dello sviluppo di -ĒS, -ĬS latini nella “Ro-mània orientale” non può trascurare.