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A Vittoriala mia dolce nipotina

F. Capasso

FarmacognosiaBotanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

In collaborazione conRita De Pasquale e Giuliano Grandolini

Seconda edizione

Seconda edizione

ISBN 978-88-470-1651-4 e-ISBN 978-88-470-1652-1

DOI 10.1007/978-88-470-1652-1

© Springer-Verlag Italia 2011

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9 8 7 6 5 4 3 2 1 2011 2012 2013 2014

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IV Indice

a cura diF. CapassoProfessore di FarmacognosiaUniversità degli Studi “Federico II”Napoli

G. GrandoliniProfessore di TecnologiaSocio-economia e Legislazione FarmaceuticaUniversità degli StudiPerugia

R. De PasqualeProfessore di FarmacognosiaUniversità degli StudiMessina

È con estremo piacere che mi accingo a scrivere la presentazione di questa opera, frut-to dell’intensa collaborazione di tre stimati colleghi, F. Capasso, R. De Pasquale e G.Grandolini, noti nel mondo scientifico per la loro grande esperienza professionale e peril rigore delle loro pubblicazioni scientifiche.

Il testo di Farmacognosia da loro redatto rappresenta uno strumento ricco di infor-mazioni, sia scientifiche che pratiche, preziose per tutti coloro che operano nel settorefarmaceutico e salutistico.

Infatti la multidisciplinarità di questo trattato, che compendia conoscenze di varie di-scipline quali la Farmacologia, la Botanica Farmaceutica, la Fitochimica e la Tecnolo-gia e Legislazione farmaceutiche, rappresenta un sicuro riferimento, non solo per i pre-paratori e prescrittori di medicinali a base di prodotti naturali, ma anche per coloro che,per ragioni culturali, desiderano conoscere il mondo vegetale che li circonda per potertrarne utili indicazioni e informazioni.

Del resto, il sempre crescente interesse da parte dell’opinione pubblica per questo set-tore rende questa opera molto attuale ed interessante anche per il rigoroso taglio scien-tifico che gli Autori le hanno impresso, prendendo in considerazione le piante e/o partidi esse di sicura e riconosciuta validità terapeutica, frutto anche di un intenso ed ampiolavoro di ricerca bibliografica.

Il libro è il risultato di studi, ricerche, esperienze di lettura e di contatti personali chene arricchiscono i contenuti e lo rendono anche di facile lettura.

La parte iconografica è ampia, chiara, ricca di immagini e di particolari che hanno ilpregio di porre a diretto contatto il lettore con la natura.

Infine il testo comprende anche un utilissimo formulario fitofarmaceutico che ne am-plia i contenuti e lo caratterizza anche dal punto di vista pratico.

Questo libro di “Farmacognosia” è per me quindi un lavoro di sicuro interesse erappresenta un’indispensabile e quasi illimitata fonte di conoscenze per tutti gli ope-ratori del settore sia dal punto di vista culturale che pratico. Sono convinto che le co-noscenze farmacognostiche si arricchiscano oggi di un’opera di grande importanzaper le preziose e interessanti notizie che contiene sulle piante medicinali e sulle dro-ghe vegetali, sulla loro storia e descrizione botanica, sulla loro composizione in prin-cipi attivi e sul loro meccanismo d’azione ed infine sulle applicazioni terapeutiche esugli effetti indesiderati.

Pertanto sono molto grato e mi congratulo con i colleghi F. Capasso, R. De Pa-squale e G. Grandolini per aver dedicato le loro esperienze, le loro conoscenze pro-fessionali ed il loro tempo per compilare questa seconda edizione dell’opera “Far-macognosia – Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali”, edita daSpringer, che costituisce un sicuro, essenziale approfondimento delle conoscenze per

PRESENTAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

coloro che operano nel campo dei prodotti naturali e per le possibili applicazioni nel-la cura di patologie importanti ed anche per quelle minori, contribuendo così a mi-gliorare il nostro benessere.

Perugia, gennaio 2011 Carlo RossiPreside Facoltà di Farmacia di Perugia

Vice-Presidente dell’European Associationof Faculty of Pharmacy

VI Presentazione alla seconda edizione

La Farmacognosia rientra a pieno titolo tra le materie rese obbligatorie dalla Direttiva85/432/CEE per le Lauree specialistiche delle Facoltà di Farmacia ai fini della libera cir-colazione in Europa degli abilitati alla professione di Farmacista.

Nell’ordinamento degli Studi di questa Facoltà, la Farmacognosia tradizionalmentericopre il ruolo di primo esame che si affronta nell’ambito delle discipline Farmacolo-giche. Sulla base delle conoscenze propedeuticamente acquisite, specie con la botanicafarmaceutica (oggi biologia vegetale) e le chimiche, essa svolge il delicato compito diformare quella mentalità scientifica necessaria per conoscere e valutare i principi attividi origine naturale in grado di garantire attività di interesse terapeutico e sanitario. Ap-pare quindi chiaro che la Farmacognosia è innanzitutto una disciplina importante per ge-stire i farmaci che hanno tracciato la storia della terapia, così da essere uno strumentoprofessionale obbligatorio per il Farmacista, e la sua conoscenza è anche indispensabi-le per altri operatori sanitari, specie se prescrittori e/o preparatori.

Storicamente i contenuti didattici della Farmacognosia riguardavano il riconoscimentoe la coltivazione delle piante officinali con riferimento alla Farmacopea in vigore al mo-mento, nonché la preparazione, la conservazione, il controllo di qualità delle piante me-dicinali con l’identificazione dei principi attivi ed infine le preparazioni con droghe ve-getali. Completava il programma didattico la conoscenza di sostanze di origine animalee di sostanze di origine minerale.

Più di recente, con l’era dei farmaci di sintesi, sembrava che il ruolo della Farmaco-gnosia, come scienza delle sostanze naturali, fosse molto circoscritto ed una certa margi-nalità negli studi è per alcuni decenni avvenuta. La crescente sfiducia degli ultimi anniverso la medicina tradizionale, derivata da clamorosi insuccessi e da danni tossicologiciscaturiti dall’impiego di farmaci di sintesi (o etici), ha nuovamente risvegliato l’interes-se del mondo farmaceutico e dei consumatori verso le sostanze di origine naturale.

L’impostazione che la moderna Farmacognosia, come scienza di primo livello dellaFarmacologia e della Farmacoterapia, si deve oggi dare è molto più ampia rispetto allostorico binomio con la Farmacopea.

Nuovi settori terapeutici sono oggi, nel bene e nel male, patrimonio del terapista ma,con mia convinta preoccupazione, anche dei consumatori e di loro mode terapeutiche perlo più enfatizzate dalla globalizzazione.

Se da una parte la ricerca scientifica ha arricchito le conoscenze sui fitocomplessi, haindividuato nuovi importanti principi attivi presenti negli alimenti di origine vegetale chesi stanno dimostrando potenziali farmaci (ad es. ad azione chemiopreventiva, ad azioneimmunomodulatoria e adattogena), ha ottenuto principi attivi vegetali utili nel controllodi stili di vita anormali e di dipendenza ovvero ha proposto antiparassitari naturali, d’al-tra parte è anche vero che oltre ai benefici sono immancabilmente emersi rischi tossico-logici di varia gravità per la salute dell’uomo e dell’ambiente. L’uso e l’abuso di pianteo parti di piante hanno causato nell’uomo gravi avvelenamenti e portato a situazioni didipendenza. Non ultimo da evidenziare è l’ampia e variegata area di impiego di erbe edi prodotti vegetali nell’ambito delle Medicine alternative che hanno imposto aspetti com-

PRESENTAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

merciali e speculativi non di facile definizione nel rapporto rischio-beneficio: non va di-menticato che il rischio per un paziente non è solo dato dalla comparsa di risposte tos-siche a seguito di una pratica o di una moda terapeutica, ma anche dal mancato o dal di-verso effetto farmacologico rispetto a quello atteso.

Da tutte queste brevi riflessioni emerge la necessità di ridefinire, attualizzandolo, ilcontenuto dell’insegnamento della Farmacognosia non solo per rispondere all’esigenzaformativa obbligatoria del Farmacista, ma anche per fornire quella cultura critica neces-saria ad ogni prescrittore sia esso Medico Chirurgo o Medico Veterinario. Inoltre una mo-derna didattica in Farmacognosia è professionalmente vincolante per i Laureati in Scien-ze Erboristiche.

Quale moderna organizzazione dei contenuti bisogna dare a questa Disciplina e qua-le testo può essere fondamentale strumento per formare gli Studenti ovvero per aggior-narsi sentendone la necessità?

Con l’opera “Farmacognosia – Botanica, chimica e farmacologia delle piante medi-cinali” i Colleghi Francesco Capasso, Rita De Pasquale e Giuliano Grandolini hanno sa-puto sapientemente affrontare, trattare e dare risposta a tutte le problematiche sopraespresse, in modo moderno e sopratutto didatticamente molto fruibile. Sono molto gra-to a questi Colleghi per avermi offerto l’opportunità di conoscere in anteprima la loroopera che ha stimolato la mia curiosità garantendomi un aggiornamento culturale e scien-tifico della Farmacognosia.

Bologna, gennaio 2011 Giorgio Cantelli FortiProfessore Ordinario di Farmacologia e Farmacoterapia

Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

VIII Presentazione alla seconda edizione

Scrivere un libro moderno di Farmacognosia è una sfida molto complessa che, oltre aduna grande cultura, richiede una certa dose di coraggio. Come tutte le discipline che coin-volgono più soggetti, anche la collocazione della Farmacognosia è spesso controversa.Si tratta infatti di una materia che investe gli aspetti botanici, chimici, biologici e far-macologici connessi con una specie vegetale (pur includendo anche animali e minerali),o meglio di una “droga” (dall’olandese ‘droog’: sostanza secca) intesa come: “… un pro-dotto di origine vegetale contenente principi attivi utilizzabili per usi che coinvolgonoattività biologiche” o, ancora in termini più estesi ed attuali, di un “fitocomplesso” e cioè“l’insieme dei componenti di una droga vegetale o di un prodotto da essa derivato chesi caratterizza per composizione chimica ed attività biologica”. D’altra parte, proprio perla molteplicità di conoscenze che richiede, la Farmacognosia è oggi una disciplina au-toconsistente che per principi e contenuti si discosta decisamente da quelle da cui ha ori-gine. Si tratta di una scienza che ha le sue radici in una delle più antiche esigenze del-l’uomo e cioè il mantenimento dello stato di ben-essere e/o il superamento dello stato dimal-essere, come dimostra il grande sapere farmacognostico che racchiudono le medi-cine tradizionali di un po’ tutti gli angoli della terra. Ormai da parecchi anni, noi assi-stiamo ad un forte ritorno alla natura, in particolare per il mantenimento dello stato diben-essere: si tratta di un fatto assolutamente positivo, ma che si porta dietro anche tut-ta una serie di distorsioni, dimostrando quanto sia indispensabile una corretta cultura far-macognostica. Queste conoscenze sono fondamentali anche per limitare i danni che pos-sono derivare da una commercializzazione indiscriminata e fuori controllo dei prodottisoprattutto a base vegetale, che può avere conseguenze anche drammatiche quando ca-de in mano a “mestatori e fattucchiere”. Questa premessa per ribadire come lo scrivereun libro di Farmacognosia al passo con i tempi e scientificamente corretto richieda unnotevole bagaglio di conoscenze in parecchie discipline, che vanno dalla biologia vege-tale alla farmacologia, dalle tecniche di coltivazione alla fitochimica, dalla botanica al-l’analisi chimica ed alla chimica e tecnologia farmaceutiche per finire al costante ag-giornamento degli aspetti legislativi. Questo libro ha il pregio di affrontare la Farmaco-gnosia in chiave moderna e di soddisfare l’esigenza di multidisciplinarietà che questarichiede. Esso si divide fondamentalmente in tre parti: una prima di introduzione alla ma-teria e di descrizione degli aspetti generali, a cui segue una classificazione delle droghesulla base della struttura chimica dei costituenti principali in essa contenuti, cioè sullabase dell’approccio che oggi va per la maggiore, per concludersi con una miscellanea incui vengono soprattutto presi in considerazione principi attivi di origine vegetale che pre-sentano specifiche attività biologiche e farmacologiche.

La prima parte include tutte le informazioni fondamentali che sono necessarie ad af-frontare correttamente lo studio della Farmacognosia, cominciando dalla sua evoluzio-ne storica. I capitoli successivi riguardano i concetti di base (principi attivi e caratteridelle droghe) e gli aspetti tecnici e pratici che stanno alla base di una preparazione ve-getale (coltivazione delle piante, preparazione della droga e controllo, preparazioni ga-leniche, aspetti industriali e legislazione).

PRESENTAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

La seconda parte invece prende in considerazione quelle classi di metaboliti primarie secondari che, grazie alla loro attività biologica ed al largo uso, assumono grande im-portanza in Farmacognosia sia a livello industriale che nella tradizione. Vengono così af-frontati i carboidrati, i lipidi, gli aminoacidi, i peptidi e gli enzimi, i terpenoidi, i glico-sidi, i fenil propanoidi e fluoroglucinoli e gli alcaloidi. Il criterio adottato è misto, e cioèad una prima parte del capitolo che descrive le strutture dei sottogruppi di composti at-tivi più importanti, ne segue una seconda più monografica che illustra le specie più rap-presentative contenenti le sostanze in oggetto e le loro attività.

L’ultima parte è una miscellanea che riguarda principalmente importanti attività bio-logiche e farmacologiche, i principi attivi e le piante che li contengono, e prende in con-siderazione una serie di soggetti in cui i composti di origine vegetale hanno un ruolo pre-minente, in particolare antitumorali, allucinogeni, immunomodulatori, adattogeni, inset-ticidi, piante nella terapia dell’alcolismo o che agiscono sui canali del calcio, e piantetossiche. Gli ultimi capitoli riguardano le medicine tradizionali, le sostanze di origine ani-male e minerale e gli integratori alimentari. Il testo si conclude con un formulario fito-farmaceutico e la descrizione di una serie di droghe obsolete.

Il libro è congegnato in modo da poter essere utile sia a livello didattico, in partico-lare per gli studenti della Facoltà di Farmacia, che professionale, ed io ritengo che, percompletezza, abbia le carte in regola per essere parte della collezione di testi di consul-tazione di cui farmacisti ed erboristi dovrebbero disporre a supporto della loro attivitàprofessionale. Credo che per modernità di impostazione e aggiornamento di contenutiquesto libro possa mantenersi a lungo attuale, sicuramente per il prossimo decennio.

Ho lasciato alla fine le considerazioni sugli autori. Come è ovvio, il testo è stato con-cepito secondo il vedere e le conoscenze di chi l’ha scritto. In primo luogo, devo rende-re atto agli Autori dell’impegno profuso per sviluppare il testo secondo i dettami ed iconcetti più recenti in questo settore, cambiandolo profondamente rispetto alla prima edi-zione, dando così prova di grande serietà. I nomi degli autori sono una garanzia di qua-lità dei contenuti del libro, sia come docenti della materia che come esperti del settoredelle piante medicinali; si tratta di ricercatori di fama che con i loro studi, i loro risulta-ti e le loro iniziative hanno dato un importante contributo allo sviluppo ed alla divulga-zione della Farmacognosia moderna, e non soltanto in Italia. Le scuole di Messina ini-zialmente, e, in termini temporali, di Napoli subito dopo, a cui due degli autori appar-tengono, sono state e sono tuttora un punto di riferimento per questa disciplina, ancorauna volta, non soltanto in Italia. La Farmacognosia è ancora oggi sottostimata, in parti-colare nel nostro Paese, in quanto è molto difficile da una parte far comprendere quan-to sia articolata e, soprattutto, quanto sia indispensabile una approfondita e specifica co-noscenza per poter “maneggiare” correttamente e con cognizione di causa prodotti chepresentano attività biologica, e dall’altra sfatare la credenza errata, anche a livello acca-demico, che possa essere assimilata ad una delle discipline da cui deriva. Conosco gliAutori da anni, abbiamo combattuto molte battaglie insieme per l’affermazione della Far-macognosia, qualche volta abbiamo vinto, molte volte abbiamo perso, conosco la loropassione professionale e la loro preparazione scientifica: per queste ragioni, per l’impo-stazione e per averlo letto non ho difficoltà a definire questo un “bel” libro di Farmaco-gnosia nuovo, moderno e chiaro.

Torino, gennaio 2011 Carlo BicchiOrdinario di Biologia Farmaceutica

Università degli Studi di Torino

X Presentazione alla seconda edizione

La farmacognosia, etimologicamente parlando, è la conoscenza (da gnosis) dei veleni (dapharmacon). Comunque pharmacon non significa soltanto veleno, ma anche farmaco: ladifferenza sta nella dose. Questo potrebbe far pensare che la farmacognosia s’interessa deifarmaci. Le cose in effetti stanno diversamente in quanto la farmacognosia si è sempre li-mitata a trattare unicamente le sostanze naturali, indipendentemente dalla loro provenien-za. La Materia Medica, progenitrice della Farmacognosia, dava giustamente eguale impor-tanza ai prodotti provenienti dal regno minerale, animale e vegetale. Con il passare del tem-po, però, le sostanze minerali ed animali hanno perso la loro importanza e quelle poche cheancora si utilizzano sono prodotte per via sintetica. Pertanto sono estromesse da un testo difarmacognosia o soltanto accennate, per un fatto più ancestrale che pratico. Con il trascor-rere degli anni e nonostante la enorme diffusione dei farmaci di sintesi (etici), una profon-da evoluzione si è invece avuta nell’ambito dei prodotti vegetali, grazie ad una vera e pro-pria “esplosione” nella ricerca e nella offerta di sempre nuovi fitoterapici. Studi clinici ade-guati hanno, in particolare, riportato all’attenzione del “mondo sanitario” il potenzialeterapeutico di diverse piante medicinali sia vecchie che nuove. Questa seconda edizione,dopo quasi dieci anni dalla prima, si presenta aggiornata, rispetto ad un passato anche re-cente, ed ampliata, pur mantenendo le caratteristiche strutturali di praticità della preceden-te edizione. La parte generale è stata in alcune parti rimodulata, ma sostanzialmente nonpresenta differenze significative rispetto alla prima edizione. Al contrario, la parte specia-le è profondamente mutata. È stata aggiornata ed ampliata; inoltre particolare rilievo è sta-to dato ad alcune droghe vegetali maggiormente studiate in campo sperimentale e clinico.Inoltre, per far fronte a nuove acquisizioni interi paragrafi e/o capitoli sono stati riscritti.Così pure gli aspetti più moderni della Fitoterapia quali le interazioni e le incompatibilitàcon farmaci convenzionali, trovano nel testo una trattazione adeguata alla loro importanzaattuale. Infine, si è ritenuto opportuno accennare ad alcuni disturbi ed alcune patologie inmodo da rendere più semplice, ma anche più organica, la lettura dell’opera. Alcuni argo-menti, molto diversi tra loro, ma attuali e di particolare interesse, sono stati infine trattati aparte, in una sezione chiamata Miscellanea. Un formulario fitofarmaceutico ed un elencodi droghe di uso popolare completano l’opera che, come sempre, è rivolta non solo agli stu-denti dei corsi di laurea istituiti presso le Facoltà di Farmacia e di Medicina, ma anche atutti coloro che quotidianamente devono affrontare i complessi problemi di salute connes-si con disturbi lievi e passeggeri, premonitori il più delle volte di malattie. La comprensio-ne della Springer, una casa editrice a larga diffusione internazionale, e la disponibilità disuoi validi collaboratori, in particolare l’eccellente collaborazione della dott.ssa DonatellaRizza, ci è stata di conforto e di aiuto, per la realizzazione dell’opera. L’augurio è che que-sto volume, realizzato per rendere più semplice, più razionale e più responsabile l’uso deiprodotti naturali, incontri un consenso corrispondente all’impegno posto nel realizzarlo.

Napoli, gennaio 2011 F. CapassoR. De Pasquale

G. Grandolini

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Ho accettato di presentare questo libro agli studenti ed ai cultori di Farmacognosia con laconsapevolezza di rendere merito all’impegno didattico e scientifico che da un ventennioprofondono in quest’area culturale i miei allievi Francesco Capasso e Nicola Mascolo.

Sapevo che Capasso e Mascolo erano impegnati, assieme ai colleghi Rita De Pa-squale e Giuliano Grandolini, alla stesura di un testo di Farmacognosia, ma non imma-ginavo di trovare un’opera di tale impegno e nel contempo chiara e semplice da consul-tare. Ritengo che questo testo sarà una gradita sorpresa per tutti, perché affronta, con di-verso grado di approfondimento, le conoscenze che si sono acquisite in questi ultimi an-ni sui prodotti naturali, dando una visione moderna della Farmacognosia. Ne vengonopresi in esame gli aspetti generali ed introduttivi, dalle semplici definizioni, alle biotec-nologie, alle forme farmaceutiche, alla legislazione sui prodotti fitofarmaceutici. Coneguale accuratezza si esaminano poi le droghe vegetali secondo la classe chimica di ap-partenenza dei componenti più attivi o più abbondanti, mettendo in risalto il ruolo chequesti farmaci naturali possono avere nella moderna medicina.

Gli Autori si soffermano sulle droghe più in uso e su quelle storiche, descrivendole daun punto di vista botanico, chimico e farmacologico e segnalando eventuali effetti inde-siderati ed interazioni con altri farmaci. Il libro comprende anche capitoli rivolti all’ap-profondimento dell’uso di droghe e prodotti naturali in campo vegetale e veterinario eper combattere l’alcolismo. Non vengono tralasciati, infine, argomenti che, come la me-dicina alternativa e gli integratori alimentari, necessitano di una rigorosa puntualizzazio-ne onde evitare il persistere di abitudini errate che spesso fanno della medicina non un“arte del guarire”, ma un “arte del profitto”. Tabelle, schemi riassuntivi, disegni di pian-te e di droghe ed una ricca iconografia impreziosiscono l’opera.

Gli Autori, piuttosto che alla luce delle convinzioni predominanti, giudicano le cono-scenze farmacognostiche in base alla loro attendibilità, offrendo a chiunque la possibilitàdi confrontarsi. Questo rigore scientifico, che assicura l’intento pedagogico, è una ga-ranzia per tutti coloro che adotteranno questo testo.

Anche se questo libro è rivolto ai giovani studenti di Scienze Farmaceutiche, è assaipiù vasto il pubblico che potrà essere interessato ad una riflessione equilibrata sui pro-dotti naturali di uso terapeutico. Scorrendo altri testi di Farmacognosia, opere senz’altrovalide che arricchiscono il nostro patrimonio culturale, ci s’imbatte spesso in vaghi rife-rimenti circa l’attività farmacologica, il meccanismo d’azione e la tossicità delle droghee dei loro principi attivi. Ben venga dunque un’opera che di questi aspetti ne fa uno sco-po caratterizzante.

La nostra letteratura, dunque, si arricchisce di un’opera funzionale più che descritti-va, senz’altro utile a chi ricorre, per mera conoscenza o per motivi professionali, ai pro-dotti naturali. Per questo dobbiamo essere grati agli Autori di quest’opera e congratular-ci con essi.

Napoli, novembre 2000 Prof. Ludovico Sorrentino

PRESENTAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

I progressi raggiunti in questi ultimi anni in alcuni settori della chimica e della biologiahanno consentito non solo un ampliamento delle conoscenze in campo farmacognosti-co, ma anche un approfondimento in quel vasto ramo della farmacognosia che riguardale piante medicinali, per le quali oggi esiste un rinnovato interesse, soprattutto pratico-applicativo.

La chimica estrattiva e la farmacologia sperimentale permettono oggi di raggiunge-re livelli di conoscenze tali da consentire la preparazione di prodotti naturali stabili, co-stanti nella composizione, efficaci ed anche sicuri o comunque privi di effetti collatera-li di una certà gravità.

Quest’opera non è stata, comunque, concepita con l’intento di sostituire manuali difitoterapia, fitofarmacia o farmacologia, ma piuttosto di integrare questi con nozioni ag-giornate di chimica, biologia e farmacoterapia.

Gli obiettivi che hanno guidato la stesura di questo libro sono stati: la correlazionedella farmacognosia con scienze ad essa affini, la revisione dei meccanismi che sono al-la base dell’azione farmacologica dei farmaci naturali e l’esame critico dell’impiego te-rapeutico di questi farmaci.

Nella bibliografia abbiamo preferito, essendo impensabile riportare tutti i fatti citati,elencare le rassegne, i testi più recenti o più significativi ed i contributi più originali.

Ci auguriamo che il lavoro fatto, forse non del tutto omogeneo e con inevitabili man-chevolezze, possa soddisfare non solo le esigenze degli studenti di Farmacia, di C.T.F.e del D.U. in Tecniche Erboristiche, ma anche quelle dei farmacisti, dei medici e di co-loro che svolgono attività di ricerca e di studio nell’area farmacognostica.

Ringraziamo quanti, colleghi ed amici, hanno incoraggiato e sostenuto questa inizia-tiva, compresi i nostri familiari, che con pazienza ed amore si sono privati spesso dellanostra compagnia. A questi ultimi va anche la nostra gratitudine per la comprensione chehanno sempre manifestato per il lavoro che da anni facciamo con passione, serietà e se-renità d’animo.

Ringraziamo infine la Springer-Verlag Italia per la fiducia accordataci e per la con-tinua assistenza.

Napoli, novembre 2000 F. CapassoR. De Pasquale

G. GrandoliniN. Mascolo

PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

Parte generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

Capitolo 1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Storia della farmacognosia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4La farmacognosia oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12La ricerca farmacognostica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Capitolo 2 Principi attivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Fattori che influenzano il contenuto e la qualità dei principi attivi 19Colture cellulari e produzione di principi attivi . . . . . . . . . . . . 22Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

Capitolo 3 I diversi caratteri delle droghe vegetali . . . . . . . . . . . . . . 27Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Capitolo 4 Preparazione e conservazione delle droghe vegetali . . . . 33Tempo di raccolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33Mondatura ed essicamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34Stabilizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35Sterilizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36Conservazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

Capitolo 5 Controllo di qualità delle droghe vegetali . . . . . . . . . . . . 39Esame dei caratteri organolettici (odore, sapore) . . . . . . . . . . 39Esame dei caratteri morfologici (aspetto, forma, colore) . . . . 41Esame microscopico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41Analisi chimico-fisiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42Saggi biologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42Analisi tossicologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

Capitolo 6 Coltivazione delle piante medicinali . . . . . . . . . . . . . . . . . 47Aspetti agronomici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48Aspetti biotecnologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50Aspetti economici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51Aspetti informatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52Protezione delle piante medicinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

INDICE

Capitolo 7 Preparazioni con droghe vegetali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55Il laboratorio galenico e le Norme di Buona Preparazione (NBP) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56Preparazione della droga . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60Forme farmaceutiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

Capitolo 8 Aspetti industriali dei prodotti fitoterapici . . . . . . . . . . . 85Le esigenze dell’Autorità sanitaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85Le esigenze del produttore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85Processo di lavorazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

Capitolo 9 Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91Normativa sovranazionale - OMS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92Normativa europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93Precedenti iniziative legislative in alcuni Paesi dell’Unione Europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98Normative extraeuropee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101Farmacopee e piante medicinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

Parte Speciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

Capitolo 10 Classificazione delle droghe vegetali . . . . . . . . . . . . . . . . . 107Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

Capitolo 11 Droghe contenenti carboidrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109Monosaccaridi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109Droghe contenenti monosaccaridi e loro derivati . . . . . . . . . . 110Oligosaccaridi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113Polisaccaridi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113Gomme e mucillagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115Polisaccaridi delle alghe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123Pectine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

Capitolo 12 Droghe contenenti lipidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127Oli e grassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127Cere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132Prostaglandine, eicosanoidi e sostanze affini . . . . . . . . . . . . . . 133Aspetti nutrizionali e farmacologici dei lipidi . . . . . . . . . . . . . 137Droghe di interesse farmaceutico per il loro contenuto lipidico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

Capitolo 13 Aminoacidi, peptidi ed enzimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145Aminoacidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145Enzimi di origine vegetale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147Enzimi proteolitici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

XVI Indice

Capitolo 14 Terpeni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151Essenze o oli essenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152Droghe che contengono prevalentemente oli essenziali . . . . . 155Resine e derivati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166Balsami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167Iridoidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168Carotenoidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173Curcuminoidi e gingeroli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176Droghe che contengono terpenoidi ed altri componenti attivi 178Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 188

Capitolo 15 Glicosidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193Antrachinonici e diantronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194Cianogenici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205Solforati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207Saponinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211Aldeidici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224Fenolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225Alcolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

Capitolo 16 Glicosidi cardiaci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233Droghe digitaliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236Altre droghe cardioattive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241

Capitolo 17 Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243Cumarine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243Lignani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245Flavonoidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246Antocianine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254Tannini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257Fluoroglucinoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260

Capitolo 18 Alcaloidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263Alcaloidi fenilalchilaminici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265Alcaloidi isochinolinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268Alcaloidi indolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279Alcaloidi chinolinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286Alcaloidi imidazolici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289Alcaloidi piridinici e piperidinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290Alcaloidi tropanici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293Alcaloidi purinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 299Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305

Miscellanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307

Capitolo M1 Antitumorali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309Principi attivi di origine vegetale utilizzati in terapia antitumorale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309

Indice XVII

Altre sostanze di origine vegetale ad attività citotossica di potenziale interesse antitumorale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313Chemioprevenzione dei tumori da parte di fitocomplessie altri componenti attivi di origine vegetale . . . . . . . . . . . . . . 313Uno sguardo al regolatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 315Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 315

Capitolo M2 Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum . . . . . . . . 317Sostanze psichedeliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 320Anestetici psichedelici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331Cannabis sativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 332Salvia divinorum . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 338Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 339

Capitolo M3 Immunomodulatori e adattogeni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 341Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 351

Capitolo M4 Piante che curano altre piante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 353Il mercato degli insetticidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 353L’interazione insetti-piante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 354Fonti di sostanze con attività antifeedant . . . . . . . . . . . . . . . . 355Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 359Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 360

Capitolo M5 Piante e alcolismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363Iperico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363Pueraria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 364Salvia Cinese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365Tabernanthe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366Ginseng . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367

Capitolo M6 Piante e canali del calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 369Canali del calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 369Antagonisti dei canali del calcio di origine vegetale . . . . . . . . 370Antagonisti dei canali del calcio di origine animale . . . . . . . . 373Considerazioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373

Capitolo M7 Piante tossiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375Avvelenamento da prodotti naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384

Capitolo M8 Medicine alternative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385Medicina Tradizionale Cinese (MTC) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 386Medicina Tradizionale Indiana (ayurveda) . . . . . . . . . . . . . . . 388Agopuntura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 389Omeopatia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 390Fiori di Bach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 391

XVIII Indice

Biofeedback . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392Chelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393Chiroterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393Termalismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 395

Capitolo M9 Sostanze di origine animale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397Impieghi farmacologici dei prodotti di origine animale . . . . . 398La titolazione biologica dei medicamenti . . . . . . . . . . . . . . . . 398Prodotti attivi sull’emostasi e sulla fibrinolisi . . . . . . . . . . . . . 399Preparati di origine animale impiegati nei difetti della coagulazione e della fibrinolisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401Fattori di crescita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403Interferone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403Eritropoietina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404Interleuchine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405

Capitolo M10 Sostanze di origine minerale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407Allume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407Altri sali di alluminio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 408Sali di bismuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 408Acido borico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409Sali di calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409Sali di magnesio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 410Silicati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 411Sali di zinco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412

Capitolo M11 Integratori alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 410Allegato I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 419Allegato II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 420Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 424

Capitolo M12 Droghe obsolete e/o poco studiate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 425Bibliografia essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 436

Attrezzature presenti in una farmacia all’inizio del XX secolo (iconografia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 437

Formulario fitofarmaceutico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 445

Glossario e acronimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 459

Indice terapeutico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 471

Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473

Indice XIX

Ludovico Abenavoli (seconda edizione)Ricercatore, Dipartimento di MedicinaSperimentale e Clinica “G. Salvatore”,Catanzaro

Roberta AgabioRicercatore, Dipartimento di Neuroscienze“Bernard B. Brodie”, Università degli Studi di Cagliari

Ezio BombardelliPresidente Comitato Scientifico, Indena S.p.A.,Milano

Francesca Borrelli (seconda edizione)Ricercatrice, Dipartimentodi Farmacologia Sperimentale,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Enrica BosisioProfessore associato di Farmacologia,Dipartimento di Scienze Farmacologiche,Università degli Studi di Milano

Alessandro BrattiRicercatore, Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Sezione di Biologia Botanica,Università degli Studi di Ferrara

Jasna M. Canadnovic-BrunetProfessore associato di Chimica Organica,Dipartimento di Chimica Organica,Università degli Studi di Novi Sad, Serbia

Alessandro BruniDirettore Centro di Ateneo AGRI-UNIFEUniversità di Ferrara

Raffaele Capasso (seconda edizione)Ricercatore, Dipartimentodi Farmacologia Sperimentale,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Mauro A.M. CaraiRicercatore, Cagliari Pharmacological Research S.r.l., Cagliari

Stefano Castaldo CardiologoResponsabile Centro Medico Legale INPS - Napoli 1

Giancarlo ColomboDirigente di ricercaConsiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)Istituto di Neuroscienze, Cagliari

Diana Conte CamerinoProfessore ordinario di Farmacologia,Dipartimento Farmaco-biologico, Facoltà di FarmaciaUniversità degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Aldo CristoniConsulente in FitoterapiaMilano

Michela De Bellis (seconda edizione)Ricercatore, Dipartimento Farmaco-biologicoFacoltà di Farmacia, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro“

Marco De LiguoroProfessore associato di Tossicologia degli animali in produzione zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria,Università degli Studi di Padova

Annamaria De LucaProfessore Ordinario di FarmacologiaDipartimento Farmaco-biologico, Facoltà di FarmaciaUniversità degli Studi di Bari “Aldo Moro”

COLLABORATORI

Anna De PasqualeProfessore ordinario di Farmacologia,Dipartimento Farmaco-Biologico,Università degli Studi di Messina

Peter de WitteProfessore associato, Dipartimento di BiologiaFarmaceutica e Fitofarmacologia,Università Cattolica di Leuven, Belgio

Giulia Di Carlo † Ricercatore, Dipartimentodi Farmacologia Sperimentale,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Gianfranco di RenzoProfessore ordinario di Farmacologia,Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Sonja M. DjilasProfessore associato di Chimica Organica,Dipartimento di Chimica Organica,Università degli Studi di Novi Sad, Serbia

Timothy S. GaginellaProfessore aggiunto, Facoltà di Farmacia,Università del Wisconsin, Madison, USA

Enza Maria GalatiProfessore associato di Farmacognosia,Dipartimento Farmaco-Biologico,Università degli Studi di Messina

Claudio GalliDocente di Farmacologia, Facoltà di Farmacia, Presidente del Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Erboristiche Università degli Studi di Milano

Gian Luigi GessaProfessore emerito, Università degli Studi di Cagliari

Angelo A. IzzoProfessore associato, Dipartimentodi Farmacologia Sperimentale, Facoltà di FarmaciaUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Giuseppe Lima (seconda edizione)Professore ordinario, Dipartimento di ScienzeAnimali, Vegetali e dell’Ambiente,Università degli Studi del Molise

Antonia Lucisano Professore ordinario di Tossicologia Veterinaria,Dipartimento di Patologia e Sanità Animale,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Nicola MascoloProfessore Ordinario di FarmacognosiaDipartimento di Farmacologia Sperimentale Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Gabriela MazzantiProfessore ordinario di FarmacognosiaDipartimento di Fisiologia e Farmacologia“Vittorio Erspamer”Università di Roma “La Sapienza”

Luigi MenghiniProfessore associato,Dipartimento di Scienze del FarmacoFacoltà di FarmaciaUniversità “G. d’Annunzio”di Chieti

Bozidar Lj. MilicProfessore ordinario di Chimica Organica,Dipartimento di Chimica Organica,Università degli Studi di Novi Sad, Serbia

Natasa B. MilicDottore in Chimica, Dipartimentodi Farmacologia Sperimentale,Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Dario NovellinoRicercatore, Istituto di Culture Filippine,Manila,Università delle Filippine

Ferruccio PoliProfessore ordinario di Botanica Farmaceutica,Dipartimento di BiologiaEvoluzionistica Sperimentale,Università degli Studi di Bologna

Ester SperoniRicercatore, Dipartimento di Farmacologia,Università degli Studi di Bologna

Maria Cristina TiraltiRicercatore, Dipartimento di Chimicae Tecnologia del Farmaco,Università degli Studi di Perugia

Paola ZanoliProfessore associato di Farmacognosia e di FitoterapiaDipartimento di Scienze Biomediche, Sezione di FarmacologiaUniversità di Modena e Reggio Emilia

XXII Collaboratori

PARTE GENERALE

La farmacognosia ha il compito di descrivere sottotutti i punti di vista le droghe vegetali (animali e mi-nerali) dotate di proprietà farmacologiche. Le droghevegetali sono parti di piante che ci vengono fornitetal quali dal regno vegetale e che opportunamentepreparate e conservate vengono utilizzate in terapia.Se la droga vegetale non ha proprietà farmacologi-che non viene presa in considerazione dalla farma-cognosia. Tuttavia, alcune droghe, anche se prive diattività farmacologica, vengono trattate in alcuni te-sti di farmacognosia perché impiegate come ecci-pienti (ad es. l’amido) nelle officine farmaceutiche,o usate nella pratica medica (cotone) o ancora per-ché possono causare reazioni allergiche (pollini).

Il termine farmacognosia, dal greco Æ¿rmakon= veleno/farmaco e gnási© = conoscenza, compareper la prima volta in un testo di Johann Adam Sch-midt nel 1811, Lehrbuch der Materia Medica. Il ter-mine venne successivamente adottato da Seydlernel 1815 in Analecta pharmakognostica e da Mar-tius nel 1832 in Grundriss der Pharmakognosie desPflanzenreiches. In seguito diverrà di uso comune.

Comunque la farmacognosia come scienza haorigini remote. Farmacognosti erano i rizotomipresso gli antichi greci e Dioscoride è consideratouno dei primi maestri di farmacognosia del mondogreco-romano.

Va tuttavia precisato che la farmacognosia nonera considerata una disciplina a sè, bensì come par-te della materia medica e tossicologica. Solo più tar-di ha acquisito l’indipendenza e la dignità di scien-za, anche se le nozioni farmacognostiche rimaserodelimitate e anche piuttosto vaghe per la progres-siva espansione culturale di botanica, chimicaestrattiva e farmacologia. Quando, verso la metà delXIX secolo, fece la sua comparsa il ternine farma-cognosia, si volle con questo indicare quella disci-plina che, con finalità scientifiche, studiava le dro-ghe medicinali dal punto di vista della storia, eti-mologia, provenienza, classificazione, raccolta econfezionamento, riconoscimento, composizione

chimica, preparazione farmaceutica e usi. Nel XXsecolo diversi Autori, nel trattare argomenti di far-macognosia, hanno preso in considerazione preva-lentemente alcuni aspetti quali (i) l’identificazionedella fonte del materiale che costituisce la droga, (ii)la sua natura morfologica, (iii) la sua purezza ed ef-ficacia e (iv) il suo uso in terapia.

Definizioni

Nel linguaggio comune si definisce droga «una so-stanza naturale o di sintesi capace di modificaretemporaneamente lo stato psichico dell’individuoche è alla ricerca di una condizione patologica delpiacere». Pertanto con il termine droga s’identifi-cano quelle sostanze capaci di provocare un effettostupefacente o allucinogeno (oppio, hashish, ma-rihuana, peyote, morfina, cocaina, eroina, mescali-na, LSD, amfetamina, barbiturico ecc.) e drogato ècolui che usa o è sotto l’effetto di sostanze volut-tuarie. Droghe sono considerate anche alcuni ali-menti (aglio ecc.) e spezie (noce moscata, chiodi digarofano, zafferano, cannella ecc.) utilizzate in cu-cina per rendere più appetibili e digeribili i cibi.

In farmacognosia invece con il termine drogas’intende un corpo vegetale (animale o minerale)o una parte di questo che contiene, assieme ad altri componenti inattivi o di scarso interesse far-macologico, una o più sostanze farmacologi -camente attive dette principi attivi della droga.Droga è quindi sinonimo di medicamento sempli-ce, tanto è che nel Medio Evo le droghe si chiama-vano semplici e semplicista era colui che prepa -rava, conservava e vendeva droghe vegetali per scopi medicinali.

Diverso è invece il significato di farmaco, ter-mine comunemente adoperato per indicare prodot-ti chimici puri dotati di proprietà farmacologiche,capaci cioè di provocare una variazione funzionale.Pertanto, mentre la foglia di Digitalis purpurea è

INTRODUZIONECapitolo

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F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

una droga (o un semplice), il suo componente piùimportante, la digitalina, isolato allo stato puro è unfarmaco. Così pure l’oppio è una droga mentre lamorfina, il suo principale componente, è un farma-co se isolata ed utilizzata allo stato puro. Questo la-scia intendere che la droga può essere una partedella pianta, la pianta intera oppure un succo, un latice o un essudato, che agisce su un organismovivente per i principi attivi che contiene.

A seconda della loro origine, le droghe e i far-maci possono quindi dividersi in naturali (se si ot-tengono dal regno vegetale, animale o minerale) eartificiali o sintetici (se si ottengono per sintesi neilaboratori chimici).

Il termine droga compare per la prima volta inInghilterra nel XIV secolo ed in Italia nel XV seco-lo e viene per la prima volta riportato nel Dispen-satorium et aromatariorum di Pseudo-Nicolaus,nel 1536, che definisce le droghe medicine di granpregio provenienti da lontani Paesi. Ciò nonostanteresta ancora da chiarire l’etimologia del termine “droga”. Secondo alcuni deriverebbe dal tedescotroken, che significa secco, asciutto, e sarebbe sta-to usato perché le droghe vengono appunto seccatee conservate. Altri vorrebbero invece far derivarequesta parola dall’olandese droog che significacorpo, arido, asciutto, dall’illirico drug che vuol di-re pregiato, dal persiano drogue che significa ba-ratto o inganno, dall’irlandese droch, dal brettonedroug o drouk oppure dal celtico droch, tutti termi-ni dalla pronuncia alquanto simile, impiegati perindicare sostanze di sapore particolare.

Le droghe vegetali che oggi si trovano in com-mercio possono essere fornite sia da piante sponta-nee che coltivate. Le piante che forniscono le dro-ghe sono considerate medicinali. Per l’OMS (Or-ganizzazione Mondiale della Sanità) la pianta me-dicinale è quella che contiene, in uno o più organi,sostanze che possono essere utilizzate a fini tera-peutici o che sono i precursori di emisintesi che-miofarmaceutiche. Più generico è invece il terminepianta officinale con il quale s’intende una piantautile in campo farmaceutico, cosmetico, liquoristi-co, industriale ecc.

Le droghe possono trovarsi in commercio cometali, cioè come sono fornite dalla natura, dopomondatura ed appropriato essiccamento, oppuresnaturate, cioè decorticate, raschiate, sbucciate,spezzettate, polverizzate o addirittura sotto formadi estratti grezzi, purificati e/o concentrati. A se-conda poi della loro morfologia possono distin-guersi in organizzate e non organizzate : le primesono quelle che presentano una struttura cellulare,le seconde risultano invece prive di elementi cellu-

lari. Pertanto le droghe vegetali risultano organiz-zate quando sono costituite da tutto il corpo del ve-getale o da una parte di questo (foglia, seme, radiceecc.), mentre non sono più organizzate quando so-no costituite da un prodotto secreto o comunquefuoriuscito dalle cellule o dai vasi o estratto dai tes-suti vegetali (latice, succo, essudato, balsamo, olioessenziale ecc.).

I principi attivi, cioè i componenti farmacologi-camente attivi, possono essere estratti direttamentedalle droghe o dai calli (colture di cellule), oppuresintetizzati in laboratorio; contrariamente a quantosi afferma non c’è alcuna differenza tra il principioattivo estratto dal vegetale e quello ottenuto persintesi. Entrambi sono chimicamente identici edentrambi provocano la stessa risposta biologicasull’organismo vivente e causano gli stessi effettiindesiderati o tossici.

Storia della farmacognosia

L’uomo primitivo, all’alba della sua vita cosciente,sentì subito il bisogno di alleviare in qualche mo-do le sofferenze causate dalle malattie e dalle insi-die dell’ambiente circostante (belve, insetti, in-temperie delle stagioni ecc.). Così, per istinto, la-sciò riposare il corpo stanco o sofferente, bevveacqua fredda nell’arsura della febbre, lavò con ac-qua le ferite e guarì le stesse coprendole con unafoglia. Con l’aiuto dell’istinto e del caso vennequindi a conoscenza delle capacità salutari di alcu-ne sostanze vegetali. Il prato ed il bosco furono leprime farmacie dell’ominide che ben presto im-parò a riconoscere tali sostanze da quelle innocueo alimentari, come pure a distinguere tra le primequelle velenose da quelle utili in caso di malattia(medicina istintiva).

D’altronde, molti animali, grazie al loro intuito,avvertono la pericolosità ed evitano durante il pa-scolo vegetali velenosi, mentre in caso di malattiavanno alla ricerca e mangiano altri vegetali che inmolti casi sono sfruttati dall’uomo per le loro pro-prietà terapeutiche.

Comunque l’uomo, a differenza degli animali,imparò a riconoscere l’azione tossica e velenosa dialcune sostanze vegetali (curaro, veratro, belladon-na ecc.) e l’azione benefica di altre (oppio, coca,china, guaiaco, giusquiamo ecc.) e soprattutto adusare le une e le altre per sua utilità (con le primeavvelenava le frecce usate per la caccia e la pesca,con le seconde si curava), come documentano al-cuni reperti antichi provenienti da caverne e da pa-lafitte (fossili, manufatti di pietra, figu razioni).

4 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 1 • Introduzione 5

Questa rudimentale arte medica, fatta di uno stra-no miscuglio di scongiuri, incantesimi e di anti-che ricette, veniva inizialmente trasmessa da pa-dre in figlio. In seguito, però, l’uomo cominciò ariflettere sui fenomeni piacevoli e spiacevoli del-la natura ed interpretò questi come segni di unessere soprannaturale (divino). Le malattie (tracui le intossicazioni) e le proprietà terapeuticheapparvero come espressioni di divinità malefiche(avverse all’uomo) nel primo caso, e benefiche(buone, amiche) nel secondo. Nacque così nel-l’ingenua fantasia dell’uomo antico l’idea deglidei(1) e dei demoni. Questo fece sì che quelle pri-mitive conoscenze mediche e terapeutiche pas-sassero nelle mani dei maghi-stregoni e dei sa-cerdoti che, sotto la spinta dell’amore verso ilprossimo ed il desiderio di recare sollievo ai sof-ferenti o per mantenere il potere delle Caste, netrasmisero il segreto (medicina sacerdotale, ma-gica, demoniaca). In questo lungo periodo dellapreistoria che va dal 4000 a.C., data d’inizio del-la vita civile dei popoli oltre la quale una spessaombra ostacola le ricerche degli storici, al perio-do postomerico (500 a.C.), l’uomo, guidato da uninconsapevole empirismo, e con l’osservazioneripetuta di effetti ottenuti in certe malattie, svi-luppa le conoscenze e le virtù salutari di alcunesostanze vegetali, animali e minerali (medicinaempirica). L’introspezione, lo strumento certa-mente più importante che l’uomo ha a disposi-zione, ha sicuramente avuto un ruolo nella sco-perta dei medicamenti.

Di questo periodo sono i primi documenti scrit-ti (erbari, papiri, iscrizioni geroglifiche ecc.) chetrattano sia delle malattie che dei medicamenti il-lustrandone gli usi e le nozioni generali che se nepossedevano. Importanti per la storia della farma-cognosia sono: il trattato di Imotep(2) (4000 a.C.);gli erbari cinesi di Pen ts’ao(3) dell’imperatoreShen Nung (vissuto nel 2800 a.C.), detto “padredella medicina cinese”, Nei-ching di Huang Ti(2698 a.C.) e Nang-ching di Pian Ch’iao (651 a.C.);

i papiri egiziani(4) di Smith, Ebers, ecc; il Codicedi Hammurabi (200 a.C.) (grande stele di pietratrovata nel 1902 tra le rovine dell’antica Susa) checontiene tra l’altro prescrizioni mediche ed indica-zioni sulle pene inflitte al medico in caso d’impe-rizia; numerose tavolette di argilla (circa 2000a.C.) a scrittura cuneiforme delle civiltà mesopota-miche, tra cui quella di Ashurbanipal (669-629a.C.) che descrive 250 droghe vegetali tra cui l’a-loe, l’assa fetida, la belladonna, la canape indiana,il cardamomo, la cassia, l’olio di ricino, la colo-quintide, il ginepro, la liquirizia, la mandragora, lamirra, il melograno, l’oppio ecc. e 120 droghe mi-nerali; i libri indiani Aiurveda [Ayurveda o saper(veda) vivere in sanità a lungo (ayus)] e Atharva-veda (100-800 a.C.), come pure i testi medici attri-buiti ai tre sapienti Charaka (600 a.C.), Vagbhata(700 a.C.) e Sushruta (100 a.C.): quest’ultimoelenca ben 798 droghe medicinali tra le quali l’op-pio, l’olio di ricino, l’olio di croton, la cassia, l’a-conito, la canape indiana, il chenopodio, l’acacia,il melograno ed inoltre il mercurio, il solfato di ra-me, l’antimonio ecc.

Non è facile precisare quando l’arte del guari-re, uscendo dai templi, cominciò a svilupparsi eda progredire liberamente e quando in tale evolu-zione l’uomo abbia realizzato che una stessa dro-ga poteva riuscire ora dannosa, ora utile in sensoterapeutico, a seconda della dose o delle condi-zioni individuali ed ambientali. Sta di fatto peròche già i greci del periodo omerico (1000-500 a.C.)con il nome di Æ¿rmakon indicavano sia un ve -leno che un medicamento. Anche Ovidio, a di-stanza di tempo, ripeteva ai suoi allievi: nulla ècosì buono che in eccesso non possa nuocere.Nelle opere di Omero troviamo, anche se di rado,notizie di piante medicinali, filtri inebrianti ed in-fusi con erbe. Malgrado ciò non esistono opere diinteresse farmacognostico da Omero ad Ippocrate.

(1) La massima divinus opus sedare dolorem (è opera divi-na sedare il dolore) è entrata nella storia dell’uomo.(2) È un trattato sui medicamenti, considerato da alcuni laprima Farmacopea del mondo; Imotep era architetto e me-dico presso l’imperatore Zoser.(3) Il Pen ts’ao (materia medica) descrive circa 360 drogheed è composto di 3 parti: la prima elenca le droghe inno-cue che conservano la salute, la seconda studia le drogheinnocue e velenose che aiutano la natura mentre la terzacomprende le droghe che curano le malattie e che sonotutte velenose.

(4) I papiri che trattano di medicina (papiri medici) sonopoco più di mezza dozzina e sono stati scoperti e tradottinegli ultimi 170 anni. I più importanti sono noti coi nomidi Smith, Ebers, Brugsch, Gardiner, Westcar. Il più anticoè il papiro di Smith, redatto nell’anno 3000 a.C. Il papirodi Ebers (1550 a.C.) contiene ricette per numerose malat-tie, medicamenti di origine minerale e vegetale e sostanzeutilizzate per mummificare i cadaveri (mirra, storace, co-lofonia, incenso ecc.). Delle 160 droghe medicinali iden-tificate ricordiamo: il papavero, la senape, il ricino, l’aloe,la menta, il ginepro, la mandragora, il rabarbaro, la senna,il melograno, il tannino ecc. Il papiro di Brugsch (1300a.C.) riporta 1700 ricette. I papiri di Gardiner e di Westcartrattano argomenti di ginecologia.

Ciò nonostante è in questo periodo che si stabili-sce la classe dei rixotomoi (tagliatori di radici),esperti nel raccogliere e preparare radici di piantemedicamentose, contrapposta a quella dei Æar-macpulai, girovaghi che nelle piazze vendevanole loro medicine.

Le prime notizie organiche sulle piante medi-cinali le troviamo in Erodoto (V sec. a.C.), ilquale nelle sue Storie illustra le colture di ricinoe come estrarre l’olio, in Ippocrate ed in Teofra-sto. Nell’opera di Ippocrate (460-370 a.C.), uni-versalmente riconosciuto come il “padre dellamedicina” (Fig. 1.1a) i medicamenti, in numerodi circa 250, rappresentano un’appendice tera-peutica all’opera sostanzialmente clinica, senzatraccia di organica e sistematica trattazione insenso farmacognostico, farmacoterapeutico o tos-sicologico.

In tale periodo iniziò pure la prima rudimentalesperimentazione scientifica dei tossici e dei medi-camenti con l’intento di precisarne le azioni e diaumentarne la possibilità d’impiego, come pure sicercò di accrescere ogni conoscenza che li riguar-dasse. Con l’arricchirsi del patrimonio farmaco-gnostico, furono fatti i primi tentativi per un ordi-

namento sistematico delle sostanze tossiche e diquelle medicamentose.

Teofrasto di Efeso (371-286 a.C.) nella suaopera De historia plantarum divisa in 15 volumi,descrive centinaia di piante e di droghe (oppio, bel-ladonna, aloe, scilla, felce maschio ecc.), moltedelle quali ignote ad altri Autori del tempo. La suadescrizione è però incompleta, tale da rendere dif-ficile l’identificazione di molte piante medicinali.Pur tuttavia, Teofrasto è considerato il primo mae-stro della botanica descrittiva.

Diversi medici greci non si limitarono all’im-piego di sostanze semplici (simplicia), ma utiliz-zarono sostanze composte (composite). Le combi-nazioni più complesse furono gli “antidoti”, im-piegati per combattere malattie di presunta naturavelenosa. A tal proposito merita di essere ricorda-to Mitridate (132-63 a.C.) che, per timore di es-sere avvelenato, preparò l’antidoto medicinale(mitridaticum), più tardi modificato da Androma-co, medico personale di Nerone, e chiamato tria-ca. L’innovazione in questa miscela di 64 sostan-ze era l’aggiunta di carne di vipera, considerataun eccellente rimedio contro ogni genere di vele-no. La triaca, o teriaca, verrà poi utilizzata fin

6 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 1.1 Ippocrate, il padre della medicina (a) e Galeno, il padre della farmacia (b)

a b

Capitolo 1 • Introduzione 7

quasi all’inizio del XIX secolo come tonico, sto-machico e sedativo dello stomaco(5) (Fig. 1.2).

Si arriva così al periodo dell’Impero romano incui insigni medici riunirono in opere scientificheogni conoscenza relativa ai medicamenti. Ricordia-mo Pedanio Dioscoride di Anazarbo (I secolo d.C.),

il padre della farmacologia, che descrive nel trattatodi De materia medica, in 5 libri (un sesto dedicatoai veleni ed agli antidoti, fu scoperto più tardi ed at-tribuito allo stesso Autore), le droghe medicinali al-lora conosciute e gli effetti ad esse attribuiti. De-scrisse circa 600 piante officinali e farmaci di natu-ra animale e minerale (caolino, mercurio), non piùsecondo l’ordine alfabetico o in appendice alle ma-lattie, ma secondo un suo particolare ordine siste-matico. Le descrizioni sintetiche, ma ordinate e pre-cise, dei medicamenti vegetali, animali o mineralied i commenti sulle applicazioni terapeutiche hannofatto sì che quest’opera venisse adottata come testodi farmacognosia in tutto il Medio Evo fino al Ri-nascimento. Dioscoride è oggi considerato il padredella botanica medica.

Aulo Cornelio Celso, detto il Cicerone dei me-dici (ma anche l’Ippocrate romano), nella sua operaDe medicina (o De re medica) raggruppa invece in

Fig. 1.2 Faccia anteriore di un campione di teriaca veneziana (a); esame dei componenti della teriaca (b); i componenti della teriaca durante i secoli XVI-XVIII, di-sposti in gruppi terapeutici latini (c)

a

b

c

(5) La composizione della triaca subì nei secoli sostanzialimodifiche sino a contenere più di 100 sostanze (quella Be-nedetta di Quercetano). Un po’ dovunque sorsero disputetra medici e speziali sull’esclusività nel prepararla e nelvenderla. La preparazione della triaca, più tardi teriaca,avveniva in Italia, ma anche in altri Paesi europei comeFrancia e Germania, con cerimonie pubbliche: a Bolognanel cortile dell’Archiginnasio; a Venezia la pesata dei sem-plici avveniva in presenza del popolo; a Genova in presen-za delle autorità; a Parigi solo la Societé de la Triaca(1750-1784), di cui facevano parte farmacisti che pagava-no annualmente 600 franchi, poteva prepararla. La triaca èun esempio dell’ingenuità della gente nel credere in virtùterapeutiche e nel fatto che il più fa meglio del meno.

una vasta opera enciclopedica i medicamenti secon-do il loro effetto curativo ed elenca diverse formu-lazioni da applicare o spalmare sulla parte ammala-ta (impacchi, unguenti, estrazioni acquose di piantemedicinali). Di quest’opera (De artibus) ci è perve-nuto solo il libro De medicina. Plinio il naturalista(23-79 d.C.), un altro enciclopedista latino, dedica 8volumi della sua Naturalis historia (37 volumi intutto) alle virtù terapeutiche delle piante. Le notizieriportate sono tante, ma senza approfondimento cri-tico, per cui spesso la fantasia e la superstizione siconfondono con la realtà. Ciò nonostante l’opera diPlinio è considerata più preziosa di quella di Celsoperché ricca di informazioni storiche e per la visio-ne panoramica che offre di tutto il sapere scientificodel suo tempo. Claudio Galeno (Fig. 1.1b), medicodei gladiatori a Pergamo (138-201 d.C.), nel suoMethodus medendi prende in esame i medicamentisoltanto dal punto di vista della loro capacità curati-va, classificandoli in ordine alfabetico, per cui, purdando nozioni specifiche, resta sempre un’opera difarmacoterapia. Comunque Galeno è considerato aragione il padre della farmacia in quanto nella suascuola si insegnò a redigere la ricetta medica se-guendo dei formalismi, alcuni dei quali ancor oggidi uso comune. Inoltre, nel suo De simplicium me-dicamentorum temperamentis et facultatibus, operain undici volumi, nella quale sono elencate 473 dro-ghe vegetali, espone concetti fondamentali, qualiquello di medicamento semplice e di medicamentocomposto, e la maniera di trasformare i primi nei se-condi, cioè in preparazioni farmaceutiche (formula-zioni) adatte alla somministrazione. Ancor oggi unapreparazione farmaceutica codificata da un testo uf-ficiale (ad es. la Farmacopea) s’indica con il termi-ne di galenica.

Degli scrittori che si occuparono in questo perio-do di Materia Medica menzioniamo Scribonio Lar-go, Autore di un ricettario farmacologico (Medica-mentorum compositiones). La sua opera, considera-ta la prima Farmacopea rimastaci, espone 242 rime-di vegetali, 36 minerali e 26 animali. Riporta, tral’altro, l’estrazione dell’oppio dal papavero e la pre-parazione dell’olio di ricino; questo terapeuta meri-ta di essere ricordato anche per l’ammonimentodeontologico che riporta nel suo scritto: perfino inemici della patria hanno diritto alla sollecitazionedel medico. Areteo di Cappadocia (I sec. d.C.) nel-la sua opera descrive con chiarezza le malattie (inparticolare le convulsioni tetaniche, la pleurite e lalebbra) anche se non va oltre le conoscenze e le pra-tiche terapeutiche del suo tempo, limitate all’usodelle piante medicinali. Successivamente (IV-VIIsec. d.C.) Oribasio (326-403 d.C.), medico di Giu-

liano l’Apostata, Alessandro di Tralles (525-605d.C.), Paolo di Egina (625-690 d.C.) ed altri si li-mitarono a fare dei compendi, riassumendo le cono-scenze medicamentose di Dioscoride e di Galeno.

Intanto in India compare il testo di medicinaCharakia samhita (120 d.C.), che tra l’altro riportaoltre 500 droghe vegetali, animali e minerali e rela-tive prescrizioni (più di 100 per la lebbra e circa al-trettante per la tisi), ed in Cina le opere di T’sangKung (180 d.C.), di Chang Chung-Ching (168d.C.) e di Hua T’o (190 d.C.), con annotazioni re-lative a varie droghe medicinali, tra cui alcune usa-te anche a scopo anestetico.

Nel Medio Evo la medicina decade e ristagna.Le raggiunte acquisizioni sulle proprietà medica-mentose e tossiche delle droghe sono trasmesse daun lato dai Padri della Chiesa, che nei monasteriricercano alacremente, ricopiano, traducono e com-mentano i manoscritti antichi (Codici di Montecas-sino, Scuola di Tours, Chiostro di S. Gallo, Chio-stro di Bobbio presso Pavia, Benedetto Crupo del700, Macer Floridus dell’800 ecc.) e coltivano neiloro chiostri(6) piante medicinali proprio come fa-cevano i romani nei loro giardini, e dall’altro dallaScuola Araba e Salernitana.

Gli arabi, oltre ad essere bravi nell’arte dellaguerra, seppero impadronirsi della cultura medicagreco-romana e fonderla con la propria e con quellaindiana. Attraverso la Spagna diffusero in Europadroghe vegetali (cannella, noce d’areca, noce mo-scata, noce vomica, senna, tamarindo, canfora, man-na ecc.), nuove forme farmaceutiche (sciroppo, tin-ture) e preparazioni complesse che richiedevano, peressere realizzate, locali adatti alla preparazione (far-macie). Queste nozioni furono tramandate in operesempre più complesse e dinamiche quali il Libro de-gli Alchimisti. Nel contempo crearono le prime Uni-versità mediche (Bagdad, 830); solo 3-4 secoli piùtardi avremo Università mediche in Spagna (dicias-sette), Francia (una) e Salerno (una). Dei medici ara-bi, che descrissero in maniera esatta ed oggettivadroghe e piante medicinali rare, coltivate in appositiorti, ricordiamo: Isacco Giudeo, Avicenna, Averroè,Mesuè il giovane, Serapione e Jrn Batuta, un famo-so viaggiatore che lasciò documenti importanti perla storia della farmacognosia.

La Scuola medica salernitana ebbe il grandemerito di assimilare la medicina araba e quella gre-co-romana senza lasciarsi soppraffare dal mistico,

8 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

(6) Questa pratica di coltivare piante medicinali nei chiostrie nei giardini fu favorita e trasmessa ai popoli d’Europada un editto di Carlo Magno dell’812 (Capitulare de villiset curtis imperialibus).

Capitolo 1 • Introduzione 9

dall’empirico e dall’eccessivo alchimismo di que-ste dottrine. Le sue origini sono oscure; forse nelIX sec. esisteva un’Accademia di medici che svi-luppandosi si trasformò in Scuola (verso il 1050)prima e Università per medici e farmacisti (1231)dopo, ad opera di Federico II. In quest’epoca Sa-lerno, come centro di cultura e di erudizione scien-tifica, si meritò il titolo di Civitas hippocratica.Opere importanti per la storia della farmacognosiaed appartenenti alla Scuola salernitana sono: il Re-gimen sanitatis, l’Antidotarium di Nicolao Preposi-to, il Liber de semplici medicina di Matteo Platea-rio, che descrive tutte le droghe usate dalla Scuolasalernitana e l’Alphida, un vocabolario di droghe edi malattie (1318 citazioni di cui 645 dedicate alledroghe vegetali, animali e minerali).

In questo periodo o di lì a poco nasce la figura delLettore dei semplici, di colui cioè che elencava edillustrava in senso generico i medicamenti fornitidalla natura. Con la cattedra della Lectura simpli-cium si costituisce un pur limitato insegnamento diFarmacologia e farmacognosia. Dato che in tale pe-riodo la maggior parte dei medicamenti appartenevaal regno vegetale, lo studio dei semplici è sostanzial-mente botanico. Intanto le arti sanitarie continuavanoad essere esercitate dal medico in quanto le disposi-zioni legislative in materia non distinguevano il me-dico dal farmacista o speziale. Ma il florido com-mercio delle Repubbliche Marinare con l’Oriente ar-ricchisce enormemente il numero delle droghe e spe-zie usate in medicina, per cui il medico si ritrovasempre più in difficoltà nel riconoscere, confeziona-re, approvvigionarsi di tali droghe. Inoltre i procedi-menti estrattivi e le preparazioni erano di una talecomplessità che andavano oltre le competenze delmedico pratico, per cui si avvertiva la necessità diavere dei preparatori specializzati in materia. Talenecessità era già stata avvertita dagli arabi che, parti-colarmente inclini alle ricerche chimiche, avevanoacquisito larga competenza nella preparazione dicomplesse preparazioni farmaceutiche ed avevanoformato i primi farmacisti e dato luogo alle primefarmacie(7), ove si preparavano e si vendevano i me-dicamenti. È tra il 1100 ed il 1200 che in Italia sidiffondono le prime farmacie private (nelle corti deiprincipi e nei chiostri delle ricche confraternite) e poianche pubbliche, senza che tuttavia esistessero di-sposizioni legislative al riguardo. Nella preparazionedei farmaci si seguivano gli Antidotari ed i Dispen-sari, che funzionavano da Farmacopee. Si arriva co-

sì al XIII secolo in cui Federico II vieta nell’Italiameridionale al medico di preparare medicamenti, fissa i regolamenti (editto di Melfi del 1240) per l’a-pertura delle farmacie e favorisce la diffusione deiprimi codici o ricettari o Farmacopee, quali ad es.quello di Nicolò Mirepso di Alessandria. Subito do-po disposizioni legislative e speciali statuti furonoadottati ovunque in Europa (secoli XIII-XIV) e furo-no dettate norme sia per la professione del farmaci-sta, sia per l’insegnamento delle piante medicinali(Statuto dell’Arte degli Speziali a Venezia nel 1258ed a Firenze nel 1300). Molte farmacie pubblicheappaiono in tutta Europa (a Napoli nel 1241, a Triernel 1264, a Schweidnitz nel 1264, a Munster nel1267 ecc.) e l’arte degli speziali si avvia ad esserenettamente distinta da quella dei medici.

Nel Rinascimento le piante medicinali hannouna notevole importanza perché rappresentano ilprincipale mezzo terapeutico per la cura delle ma-lattie. I medici di questo periodo umanistico-rina-scimentale si rendono conto che, oltre a conoscerele proprietà terapeutiche delle piante, era per loroimportante anche identificare le piante e le even-tuali sofisticazioni. Questa nuova tendenza trovanell’invenzione della stampa a caratteri mobili unaiuto inaspettato con la pubblicazione di codici far-maceutici, alcuni non ufficiali quali i Compendi, iDispensari, gli Antidotari (come quello di Bolognadel 1574) ed i Tesori aromatariorum ed apotheca-riorum, altri ufficiali quali il Ricettario dei Dottoridell’Arte e di Medicina del Collegio Fiorentino del1492, detto Ricettario Fiorentino (la prima Farma-copea Italiana), la Farmacopea Romana del 1583,la Farmacopea Ferrarese del 1595, la Farmaco-pea di Barcellona del 1535 (Concordia Pharma-copolarum Barcinonensium), il Ricettario di No-rimberga del 1546, la Farmacopea di Saragozzadel 1553, quella di Anversa del 1560, quella diMetz del 1561, quella di Vienna del 1570, quella diAugusta del 1572, il Codex Medicamentarius diParigi del 1590; la Farmacopea Londinese appa-rirà nel 1618 e quella di Basilea nel 1771.

Particolare importanza rivestono poi le opereParagranum e Paramirum del medico svizzeroParacelso (1493-1541), detto il “Lutero della me-dicina”. Costui diffonde l’uso dei medicamenti chi-mici (zolfo, mercurio, piombo, arsenico, zinco, an-timonio), sostiene che la droga non è un’entità te-rapeutica inscindibile e dimostra che essa agisceper una quinta essenza o principio attivo, che puòessere estratto ed usato come e meglio della stessadroga (spagirici furono detti i principi chimiciestratti e preparazioni spagiriche quelle con cui siottenevano i detti). Paracelso preferì alla droga

(7) Le prime farmacie comparvero a Bagdad tra il 699 ed il765.

l’uso dei principi chimici e di estratti (tinture, de-cotti, essenze) ed introdusse la distillazione e l’e-strazione. Disgraziatamente introdusse anche ilconcetto di signatura (piante aventi forma e coloridi determinati organi devono servire per la lorostessa cura) che gli procurò solo guai ed offuscòl’importanza della droga. In questo periodo vengo-no anche tradotte opere di Autori del mondo classi-co come Aristotele (IV sec. a.C.), Teofrasto (IVsec. a.C.), Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), Galeno (IIsec. d.C.), Dioscoride (I sec. d.C.), testi arabi diMesuè (857) e di Avicenna (980-1037) e quelli diAutori medioevali che avevano approfondito lamateria medica ed in particolare l’impiego dellepiante medicinali. Queste opere rinascimentali nonsi limitano a riportare la traduzione dei testi greci elatini, ma si arricchiscono di commenti, a volteanalitici, da parte di medici dell’epoca. L’esempiopiù noto è dato dall’opera Commentarii in librosDioscoridis del senese Pietro Andrea Mattioli(1500-1577) che appare a Venezia per la prima vol-

ta nel 1544 ampliata, commentata ed aggiornata.L’opera del Mattioli fu ben presto dichiarata testoufficiale per la cattedra di Lectura simplicium inquasi tutte le università europee. Sono poi da ricor-dare Leonhard Fuchs, uno dei padri della botanicamoderna (1501-1566), che nell’opera Historia stir-pium propone una nuova nomenclatura vegetale;Charles de L’Ecluse (1525-1609) e John Gerard(1545-1624) che contribuiscono alla conoscenzadelle piante con le loro opere Rariorum plantarumhistoria e General historie of plantes rispettiva-mente. Nel sec. XVII, detto delle Accademie, ed inquello XVIII, detto della ricerca sistematica, si pro-cede all’identificazione di nuove piante, si applica-no metodi sperimentali per la ricerca di nuovi far-maci naturali e si divulgano testi vecchi e nuovi. Inquesto periodo vengono pubblicate importanti ope-re botaniche come Methodus plantarum nova diJohn Ray (1628-1704), un dizionario medico diRobert James (1703-1776) in cui le piante trovanoampio spazio, ed altre, riportate nella Tabella 1.1.

10 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 1.1 Opere di farmacognosia risalenti ai secoli XVI-XVIII

Autore Opera Commento

Leonhard Thurneisser Descriptio Tavole botaniche assieme a carte astrologiche(1531-1596) ed annotazioni in greco ed ebraico

Ulisse Aldrovandi Dendrologia Opera enciclopedica e critica. Interessante è il costante(1522-1605) richiamo all’osservazione dei fenomeni naturali

Andrea Cesalpino De plantis Opera in 6 volumi che descrive 1300 piante.(1524-1603) Nel primo volume espone una classificazione tassonomica

basata sulla struttura degli organi di fruttificazione, ripresapoi da Linneo che lo definì primus verus systematicusdedicandogli il genere Caesalpinie

Mathias de Lobel Cones stirpium Raccolta di 2000 piante con un indice in sette lingue(1538-1616)

Prospero Alpino De plantis Aegypti Piante medicinali in uso in Egitto, e prime descrizioni (1553-1616) del caffè, della banana e del baobab

Emanuel Sweerts Florilegium Opera che raffigura 110 piante tra cui i tulipani, la fritillaria,(1552-1612) i gigli, il girasole. Linneo gli dedicò il genere Swertia

Jean Bauhin Historia plantarum Opera enciclopedica che tratta circa 6000 piante.(1541-1613) A lui Linneo dedicò il genere Banhinia

Robert Morison Praeludia botanica Classificazione delle piante del Giardino di Blois in base(1620-1683) alla forma dei frutti e dei semi (proposta dal Cesalpino)

Historia plantarum Illustrazione di 6000 piante

Marcello Malpighi Anatome plantarum I tessuti vegetali sono studiati con l’ausilio del microscopio(1627-1694)

Charles Plumier Description des plantes Descrizione di piante sconosciute in Europa(1646-1706) de l’Amerique

Joseph Pitton de Tournefort Voyage du Levant Relazione su 355 nuove piante illustrate con cura(1656-1708)

Hendrik A. Van Reede Hortus malabaricus Opera in 12 volumi che descrive la flora delle Indie(1636-1691)

Stephen Hales Statical essays Testo di fisiologia vegetale(1677-1761)

Capitolo 1 • Introduzione 11

Con Linneo la botanica chiude definitivamentecon il passato. Carl von Linnè, naturalista svedese(1707-1770), è il più profondo conoscitore dellepiante in questo periodo. Il suo grande merito è l’a-vere individuato nei caratteri degli organi di ripro-duzione delle piante il criterio per poter procederealla loro classificazione. Il sistema di classificazio-ne da lui proposto, il Systema plantarum è tuttoralargamento adottato.

Verso la fine del 1700 e l’inizio del 1800 scom-pare definitivamente la dizione Lectura simpliciume ad essa si sostituisce l’insegnamento della Mate-ria medica, nome più appropriato per esprimere ilrinnovato contenuto della disciplina.

Compare per la prima volta il termine farmaco-gnosia e studiosi europei (Guibourt, Flu c kiger,Tschirch, ecc) ed americani (Lloyd) danno nuovoimpeto allo studio delle piante medicinali.

Nella prima metà dell’800 si scoprono e si isola-no molti dei principali costituenti attivi delle droghe:la morfina nel 1806 (o nel 1803 secondo altri), lastricnina nel 1817, la chinina e la caffeina nel 1820,la nicotina nel 1828, l’atropina nel 1833, la cocainanel 1855, la digitalina (una miscela di glicosidi car-dioattivi) nel 1868, l’efedrina(8) nel 1887. Nel 1889 sidetermina e si ottiene per sintesi il primo alcaloide, laconiina. Oggi i principali componenti delle droghe dipiù comune uso sono stati identificati e di molti sononote anche le vie biosintetiche. Fino al 1930, o anchedopo, le droghe verranno ancora usate sotto forma dipreparazioni (tinture, sciroppi) elaborate in farmacia.Ma in questo periodo si fanno anche i primi tentativiper ottenere farmaci di sintesi e prende origine lo svi-luppo dell’industria farmaceutica che, a partire dallaseconda metà del XX secolo, s’impadronisce dei me-dicamenti e produce vari tipi di medicine in quantitàenorme: le specialità farmaceutiche, vendute con unnome di fantasia che si accompagna al nome comune(così la cimetidina, nome comune di un farmaco an-tiulcera, venduto con il nome di Tagamet).

Oggi in farmacia vengono dispensati anche altritipi di medicinali, come i generici (o equivalenti),farmaci di cui è scaduto il brevetto (e che quindi pos-sono essere copiati da altre ditte farmaceutiche), i ga-lenici, che possono essere preconfezionati, ed i magi-strali (magister è il medico che formula la ricetta).

Da questo momento le droghe vengono messeda parte perché sostituite da prodotti puri, forniti

già confezionati dall’industria. Il fatto è che i prin-cipi attivi, una volta ottenuti puri e preparati in for-ma stabile dall’industria hanno, rispetto alle dro-ghe ed alle loro preparazioni, una maggiore costan-za d’azione, in dipendenza di una migliore conser-vazione, preparazione e confezione; offrono inoltrela possibilità di stabilire un più esatto rapporto tradose ed attività desiderata e sono sempre disponi-bili. Un’altra ragione per la quale le specialità me-dicinali sostituiscono sempre di più i semplici va ri-cercata nella pigrizia, sempre maggiore, e nellacultura del medico: sempre più specialistica e set-toriale, quest’ultimo infatti trova più pratico pre-scrivere una specialità medicinale che elaborareuna preparazione magistrale, con precise istruzioniper il farmacista preparatore ed il paziente. L’indu-stria, per ovvie ragioni, dà più affidamento nellapreparazione dei medicamenti ed è più attenta nelsegnalare il corretto dosaggio ed eventuali effetticollaterali del prodotto immesso in commercio.Inoltre, con lo sviluppo della sintesi chimica si am-plia la possibilità di avere a disposizione nuove (esempre più attive) molecole di interesse medico.

Se però da una parte si riconoscono i beneficiprodotti dai farmaci preconfezionati, dall’altra sidenunciano con sempre maggior frequenza i danniche questi provocano e viene coniato il termine dimalattia iatrogena per indicare stati patologici so-stenuti da medicamenti(9).

Ad ogni modo, malgrado la diffusione dei pro-dotti chimici di sintesi, le droghe non sono del tut-to dimenticate in Italia, grazie anche alla Scuolamessinese di farmacognosia di Antonio Imbesi edAnna De Pasquale e di quella senese di Italo Tad-dei, ed all’opera di valorosi maestri tra i quali Se-rafino Dezani, Autore di un Trattato di farmaco-gnosia (1919), Leonardo Donatelli, Autore di unTrattato di Farmacologia (1958), nel quale i medi-camenti naturali trovano ampia collocazione e Pie-tro Benigni, Autore assieme a Capra e Cattorinidi un Trattato sulle Piante Medicinali (1962).

(8) Nel 2700 a.C. era noto in Cina un rimedio dal nomeHuang, il cui principio attivo è stato riconosciuto nell’efe-drina.

(9) La progressiva crescita delle malattie iatrogene vieneda alcuni attribuita all’automedicazione e da altri al dila-gare dei prodotti di sintesi che, sempre più diversi daquelli naturali, vengono con difficoltà, secondo alcuni,neutralizzati con i consueti processi metabolici ed elimi-nati. Comunque, nonostante la crescita delle malattie ia-trogene, i farmaci preconfezionati sono molto sicuri se sivaluta la frequenza con cui compaiono gli effetti indesi-derati e tossici e la si confronta con la loro enorme diffu-sione.

La farmacognosia oggi

A partire dalla seconda metà del XX secolo le spe-cialità medicinali hanno lentamente, ma progressi-vamente, sostituito le droghe vegetali. Quest’even-to ha influenzato, naturalmente, il contenuto del-l’insegnamento della farmacognosia.

Di fatto, nell’immediato dopoguerra, le farma-cie custodivano ancora un numero piuttosto ampiodi droghe vegetali che venivano utilizzate per lapreparazione di tisane, estratti e tinture. Il medicoera in grado di prescrivere preparazioni magistralied il farmacista, con competenza e perizia, prepa-rava in farmacia questi medicinali semplici, aven-do cura di utilizzare droghe di ottima qualità. Lacapacità di identificazione delle droghe e di ricono-scerne la bontà erano quindi elementi essenzialiche il farmacista approfondiva durante il corso difarmacognosia. Intanto i prodotti farmaceutici con-tenenti composti puri di sintesi con sempre mag-giore frequenza cominciavano ad entrare nell’usocorrente al posto delle droghe o degli estratti grez-zi. Si stava verificando quello che ha poi messo incrisi la professione del farmacista.

La preparazione del medicamento si trasferivacosì dalla farmacia all’industria farmaceutica (pro-duzione) con la conseguenza che il farmacista ma-nipolava sempre di meno il prodotto naturale. Stan-do così le cose per il farmacista divenne ben prestosuperfluo riconoscere le droghe da un punto di vi-sta botanico; contemporaneamente l’insegnamentodi farmacognosia veniva ridimensionato fino ascomparire quasi completamente nelle Facoltà diFarmacia e prima ancora in quelle di Medicina. Ilmedico, non avendo più la capacità di ricettare isemplici, ed il farmacista, non avendo più la possi-bilità di approntare le preparazioni galeniche, en-trambi lasciarono scivolare nel più banale empiri-smo l’uso terapeutico delle droghe.

L’aspetto terapeutico delle droghe vegetali è sta-to, dopo un periodo di oblio, ripreso dagli erboristi,il cui merito è stato quello di aver salvato la culturadei semplici e di averla potenziata non appena si èconfigurato un ritorno al prodotto naturale.

Oggi le droghe sono ricomparse in Farmacia enel contempo è ritornata la necessità di riconoscer-le, provarne la qualità terapeutica, scoprirne le so-fisticazioni e le contaminazioni. È ritornato anchel’insegnamento di farmacognosia nelle Facoltà diFarmacia, questa volta come disciplina completa-mente autonoma. È però una notevole limitazioneconcettuale il voler trattare oggi la farmacognosiaalla stregua di una botanica farmaceutica: gli aspetti

botanici rappresentano un punto di partenza, manon certo un punto di arrivo. D’altra parte la far-macognosia non può essere considerata espressio-ne della chimica estrattiva, anche se questa disci-plina oggi si occupa, tra l’altro, della identificazio-ne dei principi attivi e della titolazione e standar-dizzazione dei prodotti finiti. Né la farmacognosiapuò essere identificata con la farmacologia perquanto essa si avvalga di metodiche e tecniche bennote in campo farmacologico per definire le pro-prietà biologiche delle droghe vegetali. La farma-cologia sperimentale consente la valutazione biolo-gica della droga, premessa necessaria per un’appli-cazione terapeutica della stessa, ma non per questola farmacognosia deve essere considerata una ap-pendice della farmacologia. Indubbiamente la far-macognosia non è autonoma nelle sue possibilità disviluppo, lo è invece nella sua finalità. Ed è perquesto che è considerata altamente specialistica edin grado di integrare e completare la preparazione“sanitaria” del farmacista (e del medico).

Oggi la farmacognosia, oltre al suo contenutoculturale specifico, cioè istruire al riconoscimentodelle droghe ed alla valutazione della qualità diqueste, ha come fondamentale compito praticoquello di indicare il reale valore terapeutico delledroghe, mentre come compito scientifico ha quellodi accertarne la composizione chimica, l’attivitàbiologica e la tossicità.

Lo studio anatomico delle droghe conserva, co-munque, la sua importanza in farmacognosia e l’e-same microscopico è un utile mezzo per individua-re sofisticazioni ed adulterazioni. A volte è suffi-ciente individuare al microscopio un elemento dia-gnostico per essere sicuri della genuinità della dro-ga: questo è il caso della forma dei peli nelle fogliedi digitale o nel seme di noce vomica, dei cristallidi ossalato di calcio nella belladonna (giusquiamoo stramonio), dei granuli di aleurone disfatti nelfrutto di anice sottoposto a distillazione.

Di enorme importanza è anche lo studio fisiolo-gico della pianta che consente di migliorare lo svi-luppo e la crescita delle piante coltivate e di conse-guenza la produzione di principi attivi. Indagini delgenere hanno consentito di migliorare il contenutoin alcaloidi nella china, di esaltare l’aroma dellacannella con la scelta di un terreno sabbioso o discegliere il periodo più adatto per la raccolta di de-terminate droghe.

Lo standard di qualità delle droghe oggi vienemigliorato con l’impiego di tecniche agronomicheavanzate che consentono tra l’altro un migliora-mento genetico delle piante ed una mag giore resi-stenza di queste agli agenti patogeni.

12 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 1 • Introduzione 13

La conoscenza della composizione chimica del-la droga è un’altra tappa fondamentale in campofarmacognostico.

Gli antichi consideravano la droga un tutto in-scindibile. Paracelso (XVI secolo) fu il primo a ri-tenere che la droga possedesse sostanze (quinte es-senze) ad azione analoga a quella della droga stessa.Per decenni si è attribuito ad un solo componentel’azione della droga, ma poi si è visto che le sostan-ze presenti in una droga sono diverse ed interagi-scono tra di loro ed il loro effetto farmacologico ta-lora si attenua, talora si potenzia, comunque si mo-difica. Pertanto oggi si ritiene che più che un singo-lo componente è il pool di sostanze presenti nelladroga che è responsabile dell’azione di questa.

Così oggi sappiamo che l’azione sedativa del-l’oppio non è ascritta alla sola morfina che l’azionespasmolitica della belladonna non è attribuibile allasola atropina.

Per questo non basta caratterizzare i componen-ti più abbondanti, o più attivi (questo dice poco cir-ca la qualità terapeutica della droga); è necessariodare un quadro il più possibile completo (un’im-pronta digitale) circa la composizione chimica del-la droga. Così pure è di estremo interesse conosce-re le vie biosintetiche che portano alla formazionedei principi attivi e questo per avere la possibilitàdi incrementare e soprattutto stabilizzare la loropresenza nel vegetale che fornisce la droga.

Comunque le conoscenze sull’efficacia e sullasicurezza delle droghe medicinali hanno una im-portanza fondamentale. Le droghe vegetali nonsono tutte innocue. Alcune hanno una ristretta zo-na di maneggevolezza e possono provocare effet-ti collaterali di una certa gravità se somministratea dosi piuttosto alte e per un certo periodo di tem-po. Altre sono più sicure perché ad azione piùblanda e prive o quasi di effetti collaterali. Le pri-me devono essere necessariamente prescritte dalmedico, a dosi terapeutiche e per brevissimi pe-riodi, le seconde possono essere consigliate anchedal farmacista e pertanto rientrare nei prodotti dabanco (OTC).

La farmacognosia, anche se marginalmente, de-ve occuparsi anche delle preparazioni fitofarma-ceutiche di più largo uso e più idonee (la forma mi-gliore e più stabile) per la somministrazione di unadroga vegetale come tale o sotto forma di estrattogrezzo o purificato. La maggior parte delle droghevegetali è sottoposta a manipolazioni (semplici ocomplesse) allo scopo di adattarle meglio alla viadi somministrazione. È anche importante conosce-re le norme di buona conservazione delle droghe,questo per evitare che le stesse possano andare in-

contro ad alterazioni o inattivazioni, sapere che ledroghe devono avere le caratteristiche riportatedalla FU e corrispondere ai saggi indicati, cono-scere infine le preparazioni fitofarmaceutiche dapoter effettuare in Farmacia.

Infine, le indicazioni di massima, le controindi-cazioni relative, la posologia e la opportuna via disomministrazione sono aspetti che devono essereben chiari a chi consiglia le droghe vegetali.

Più si approfondiscono i quadri sintomatici chesi possono avere a causa di dosi elevate e ripetutedi droghe vegetali, la maniera come le manifesta-zioni insorgono e si evolvono e la loro frequenza,più si evitano complicazioni di ogni genere, daquelle più banali (allergie, mal di testa, nausea, vo-mito) a quelle più serie (disturbi cardiocircolatori oa carico del fegato o del rene).

La ricerca farmacognostica

La ricerca farmacognostica richiede competenzespecifiche in aree culturali diverse tra loro: etno-botanica, fitochimica, biologia vegetale, biochimi-ca, farmacologia.

Lo studio di una droga vegetale prevede, per-tanto, più fasi (Tabella 1.2): è ovvio che la possibi-lità di scoprire effetti farmacologici interessanti èpiù elevata quando le droghe studiate vengono usa-te da secoli dalla medicina tradizionale che ha giàfatto una selezione.

La farmacognosia persegue anche altri obiettivicome ad es. la ricerca in natura di nuovi composti diinteresse biologico. Se si pensa che solo il 10% cir-ca delle piante è stato studiato in tal senso, la pos -sibilità di scoprire nuove sostanze utili in terapia è

Tabella 1.2 Studio delle droghe vegetali

• Osservazione sul campo degli usi medicinali delle dro-ghe presso la popolazione indigena

• Screening farmacologico di estratti grezzi

• Frazionamento, pilotato da saggi biologici, degli estrat-ti grezzi

• Isolamento e determinazione strutturale dei compo-nenti responsabili dell’attività biologica

• Valutazione della tossicità, a breve ed a lungo termine,degli estratti purificati e delle sostanze isolate allo sta-to puro

• Valutazione delle attività farmacologiche e determina-zione del meccanismo d’azione

• Studi clinici

abbastanza alta. In questo caso la selezione dellepiante da studiare viene fatta con un criterio diversoda quello etnobotanico o etnofarmacologico: si sta-bilisce il tipo di composto da scoprire (ad es. un al-caloide con una determinata struttura di base) e si se-lezionano le piante che, trattate con adatti reagentichimici, dimostrano di contenere strutture apparte-nenti a quella classe chimica.

Il rapporto che intercorre tra etnobotanica emedicina è di importanza fondamentale. Allo statoattuale, una grande quantità di farmaci origina dasostanze presenti in piante tropicali, ed il futuro del-la ricerca farmaceutica dipende anche fortementedalle conoscenze che si hanno su tali piante. Bastipensare che alcuni centri internazionali, come ad es.il National Cancer Institute americano, hanno iden-tificato numerose piante tropicali potenzialmente ingrado di curare il cancro ed isolato numerosi com-posti antitumorali (Tabella 1.3).

Ma la ricerca farmacognostica, oggi, comprendeanche studi inerenti la biosintesi dei composti biolo-gicamente attivi, la selezione di piante capaci di pro-durre quantità significative e soprattutto costanti diprincipi attivi e la emisintesi o la produzione in vi-tro di prodotti naturali. Un aspetto molto importan-te a questo riguardo è l’utilizzo di sostanze naturalicome materie prime per l’emisintesi di farmaci.

Alcune specie di Artemisia vengono ad es. col-tivate con l’intento di estrarre l’artemisinina da uti-lizzare come antimalarico o come substrato per l’e-misintesi di antimalarici più sicuri e più efficaci. Co-munque le difficoltà legate alla coltivazione dellepiante medicinali ed all’estrazione e purificazionedei principi attivi, siano essi di origine animale o ve-getale, hanno indirizzato gli sforzi dei ricercatori al-la riproduzione per sintesi o alla produzione in vi-tro di principi attivi di interesse tera peutico; così og-gi sono prodotti per sintesi la papaverina, la tubo-curarina ecc. e da colture fungine o batteriche ven-gono ottenuti antibiotici ed ormoni quali l’insulina.

Ma non sempre la sintesi o la produzione in vitrodi molecole naturali sono realizzabili e spesso lacomplessità dei processi di lavorazione, la scarsa re-sa o l’incostanza dei risultati rendono questi meto-di scarsamente remunerativi per l’industria farma-ceutica. In questi casi una valida alternativa è l’e-misintesi a partire da molecole presenti in quantitàsignificative in droghe vegetali.

L’esempio più significativo al riguardo è quel-lo degli ormoni steroidei che vengono prodotti peremisintesi adoperando materie prime di origineanimale e vegetale:– la diosgenina, che si ottiene dai tuberi di alcune

specie di Dioscorea (D. composita, D. mexica-na, D. deltoidea, D. nipponica, D. floribunda).Sono piante rampicanti che crescono nei climitropicali e presentano foglie cordate con apice ri-curvo. Il contenuto in diosgenina è di circa il 5%nei tuberi di quattro anni ed aumenta con l’etàdella pianta. I tuberi vengono triturati e messi afermentare per aumentare la resa in diosgenina;

– l’ecogenina si ottiene per fermentazione dal ma-teriale di scarto delle foglie di Agave sisalana,adoperate per la produzione delle fibre di sisal.L’agave è una pianta succulenta con foglie sot-tili, ricche di fibre, lunghe oltre 1 m, che sonoadoperate per corde, sacchi ecc. L’ecogenina èadoperata per la sintesi di glucocorticoidi e mi-neralcorticoidi, per la presenza di un gruppo che-tonico nell’anello C, che con mezzi chimici o mi-crobiologici viene spostato in posizione 11;

– la solasodina, un alcaloide analogo alla diosge-nina con un atomo di azoto nell’anello F. Si ot-tiene in forma glicosidica dai frutti di Solanumlaciniatum e S. khasianum e dalle foglie di S. la-ciniatum ed S. aviculare;

– lo stigmasterolo, che costituisce il 12-25% del-la frazione insaponificabile dell’olio di semi disoia, ed è il prodotto di partenza per l’emisinte-si del progesterone;

14 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 1.3 Alcune sostanze ad attività antitumorale isolate da piante

Pianta PA naturale Per emisintesi

Camptotheca acuminata CamptotecineCephalotaxus spp. CefalotossineColchicum autumnale ColchicinaCucurbitaceae spp. CurbitacinePodophyllum spp. Podofillotossina EtoposideTaxus baccata Tassolo DocetaxelTabebuia impetiginosa (Lapaco) Lapacolo 3-allyl-β-lapachoneVinca rosea (Catharanthus roseus) Vincristina Vindesina

Vinblastina Vinorelbina

PA, principio attivo

Capitolo 1 • Introduzione 15

– il sitosterolo, oltre che dall’olio di semi di soiasi può ottenere da altri oli quali l’olio di mais;è un analogo dello stigmasterolo privo di dop-pio legame nella catena laterale e ciò rende piùdifficile la sua degradazione che viene effettua-ta con metodi microbiologici. Il sitosterolo vie-ne adoperato per la sintesi di ormoni sessuali edel farmaco diuretico spironolattone;

– la bile bovina, gli acidi biliari e il grasso di la-na, che contiene circa il 30% di colesterolo, ven-gono adoperati come materie prime per la pro-duzione di ormoni steroidei.Per emisintesi si ottengono l’antitumorale tas-

solo (a partire dalla 10-desacetilbaccatina III) ed al-cuni pesticidi.

Un altro importante aspetto dell’impiego di prin-cipi attivi naturali come materie prime per la pro-duzione di farmaci è quello di modificare strutturefarmacologicamente attive per aumentarne l’effica-cia e/o la selettività o ridurne la tossicità. È questoil caso della N, N-diallilbisnortossiferina (alcuronio),adoperata in chirurgia come rilassante muscolare dibreve durata, che si ottiene per emisintesi dalla tos-siferina, rispetto alla quale presenta una maggiorestabilità; degli alcaloidi della vinca ad attività anti-tumorale e dei derivati degli alcaloidi della Clavi-ceps purpurea quali la metilergometrina, che haun’azione ossitocica più prolungata e più potentedell’ergometrina, suo precursore naturale, e la me-tisergide, ottenuta per metilazione della lisergide, an-tagonista della serotonina ed adoperata nel tratta-mento dell’emicrania.

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CO2 +H2 O

Carboidrati Antrachinoni Tannini

Flavonoidi Aminoacidi aromatici

Fenilpropani

Alcaloidi

LipidiAntrachinoni

Terpeni

Steroidi

Aminoacidi

ProteinePeptidiGlicosidi cianogenetici

fotosintesi

Acetato

Acilpolimalonato

Acido mevalonico

Acido scikimico

Fig. 2.1 Biogenesi dei principi attivi. I carboidrati sono iprimi prodotti che derivano dalla fotosintesi. I flavonoidisono sintetizzati attraverso una combinazione di due viebiosintetiche: acilpolimalonato ed acido scikimico. Gli an-trachinoni possono essere sintetizzati sia attraverso l’acil-polimalonato (Poligonaceae, Ramnaceae) che l’acido sciki-mico (Rubiaceae, Gesneriaceae). Gli alcaloidi si formano apartire dagli aminoacidi: comunque terpeni e steroidispesso vengono inglobati nello scheletro terminale di unalcaloide (F. Capasso e G. Grandolini, 1999)

Lo studio della biogenesi dei principi attivi è fon-damentale in farmacognosia perché aiuta a chiari-re (i) i meccanismi che consentono la formazionedei principi attivi, (ii) i rapporti che intercorrono trala sintesi dei principi attivi e quella dei normali co-stituenti cellulari, (iii) il ruolo fisiologico dei prin-cipi attivi ed infine (iv) le relazioni filogenetiche trai diversi vegetali (la presenza di principi attivi inspecie vegetali diverse può fornire un’indicazionepiù attendibile sulle affinità morfologiche per quan-to concerne una comune storia “ancestrale”, rispet-to alle analogie che possono essere frutto di unaevoluzione convergente).

L’esatta conoscenza delle vie metaboliche e deifattori che modulano la formazione dei principi at-tivi è essenziale quando si cerca di migliorarne (in-crementare, rendere costante) il contenuto in unapianta.

È ormai noto che i diversi organismi viventi uti-lizzano per i loro processi vitali un numero piutto-sto limitato di sostanze: carboidrati, lipidi, proteine,acidi nucleici, coenzimi, vitamine ecc. La biosinte-si e la degradazione di queste sostanze, indispensa-bili per lo sviluppo ed il funzionamento delle strut-ture biologiche, costituiscono il metabolismo pri-mario. Esempi di metabolismo primario sono ladegradazione anaerobica ed aerobica del glucosio,la sintesi degli acidi nucleici e delle proteine.

Il metabolismo primario o essenziale è abba-stanza simile in tutte le forme viventi, dai batteri al-le piante all’uomo, e le sostanze che si formano rap-presentano i metaboliti primari. I vegetali però so-no spesso capaci di sintetizzare una grande varietàdi altre sostanze, alcune semplici, altre alquantocomplesse da un punto di vista chimico. La biosin-tesi di tali sostanze, che avviene attraverso vie me-taboliche che utilizzano prodotti intermedi del me-tabolismo primario (Fig. 2.1), costituisce il meta-bolismo secondario e le sostanze che si formanocostituiscono i metaboliti secondari. Questi sonoprodotti in quantità significative dalle piante, sono

di solito ubiquitari, sono sintetizzati in un organoben preciso (per lo più nelle radici) e si accumula-no in un organo che può essere diverso da quellodeputato alla loro sintesi: gli alcaloidi tropanici, ades., sono sintetizzati nelle radici, ma si accumula-no nelle foglie (Fig. 2.2).

Nel metabolismo secondario si possono distin-guere due fasi: una prima fase che appartiene al me-tabolismo primario ed una seconda che utilizza unprodotto intermedio del metabolismo primario persintetizzare, attraverso diverse vie metaboliche, me-taboliti secondari spesso diversi da specie a specie.La prima fase, quella comune al metabolismo pri-mario, è oggi ben nota. Meno conosciuta, sotto certi

PRINCIPI ATTIVICapitolo

2

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

aspetti, è invece la seconda fase, quella che porta al-la formazione di metaboliti secondari quali alcaloi-di, saponine, tannini, antrachinoni, flavonoidi, fenoliecc. L’impiego di precursori con elementi marcati haconsentito, in alcuni casi, di stabilire delle correla-zioni tra prodotti intermedi del metabolismo prima-rio e metaboliti secondari, come anche di accertareche uno stesso prodotto intermedio può essere uti-lizzato dalla pianta per la sintesi di metaboliti se-condari molto diversi (Tabella 2.1).

I prodotti intermedi del metabolismo primariosono sintetizzati e metabolizzati dalla cellula vege-tale. In parte però vengono anche accumulati sottoforma di polimeri (grassi, proteine, polisaccaridi) econtinuamente trasformati in prodotti più semplici;pertanto la loro presenza nella pianta è esigua. Co-munque, se per una qualsiasi ragione (fattori am-bientali soprattutto) il metabolismo primario subi-sce un rallentamento, questo può causare un accu-mulo intracellulare di un prodotto intermedio.Quest’accumulo può provocare una reazione della

18 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 2.2 Sintesi edaccumulo di alca-loidi tropanici inuna solanacea.

via indottavia costitutiva

Tabella 2.1 Relazioni biosintetiche tra prodotti interme-di del metabolismo primario e struttura chimica di meta-boliti secondari

Prodotti Metaboliti secondari Drogaintermedi (struttura chimica)

Aceto acetato Tropanica BelladonnaCoca

Antrachinonica Senna

Acido mevalonico Steroidea DigitaleTerpenica

Aspartato Piridinica Noce betel

a-Chetoglutarato Tropanica BelladonnaCoca

Pirrolidinica Tabacco

Fenilalanina FenolicaTropanica Belladonna

Coca

Lisina Piperidinica

Tirosina Isochinolinica Oppio

Triptofano Chinolinica China

In alcuni casi i metaboliti secondari originano da specifiche viebiosintetiche prive di connessioni con il metabolismo primario

Capitolo 2 • Principi attivi 19

cellula vegetale che consiste nel trasformare il pro-dotto accumulatosi (attraverso reazioni spontanee ocatalizzate da sistemi enzimatici) in uno più inno-cuo, chiamato metabolita secondario. L’accumulodi un prodotto intermedio in una cellula può avve-nire sostanzialmente per due ragioni: per un’inibi-zione enzimatica e/o per una imperfezione biochi-mica della cellula (un sistema enzimatico divieneaspecifico e pertanto trasforma un substrato diver-so da quello prestabilito). I metaboliti secondari siformano quindi in conseguenza di un difetto meta-bolico o di una imperfezione biochimica della cel-lula. Comunque c’è chi sostiene che i metaboliti se-condari sono prodotti normalmente dalle piante, so-lo che in determinate circostanze le quantità sonotalmente esigue da renderne difficile la determina-zione. Inoltre, a parte la via metabolica costitutiva,che porterebbe alla formazione di quantità fisiolo-giche di metaboliti secondari, ne esisterebbe una in-dotta che, attivata da stimoli esterni, porterebbe inalcuni casi alla formazione di quantità esagerate dimetaboliti secondari (Fig. 2.2). Questo è quanto sipuò oggi ipotizzare in attesa che si chiarisca il ruo-lo fisiologico di queste sostanze. Allo stato attualesi sa che: gli oli essenziali facilitano la cicatrizza-zione delle ferite, regolano la traspirazione e sicomportano da sostanze di riserva; gli alcaloidi re-golano la crescita e rappresentano una riserva diazoto per la pianta; i tannini difendono i vegetali dainfezioni di funghi del genere Verticillium e che al-cuni fenoli e naftochinoni (iuglone) conferisconoparticolari vantaggi nella competizione tra specievegetali in un preciso ambiente.

In uno stesso vegetale coesistono, dunque, me-taboliti primari, prodotti intermedi e metaboliti se-condari: sono questi ultimi quelli più interessanti daun punto di vista farmacologico, tanto da essere co-munemente chiamati principi attivi.

Prima di concludere ci sembra interessante se-gnalare il fatto che alcuni principi attivi come mor-fina, codeina e ouabaina, considerati fino a qualcheanno fa di esclusiva origine vegetale, sono stati ri-trovati, anche se in tracce, nell’uomo. La presenzadi morfina e codeina aumenta nei tessuti e liquidiorganici in seguito alla somministrazione di alcol,mentre quella di ouabaina aumenta nel miocardioin seguito ad una disfunzione del ventricolo sinistro.

Recente è poi la scoperta nell’uomo di recetto-ri specifici per i cannabinoidi e di cannabinoidi en-dogeni (anandamide).

Fattori che influenzano il contenuto e la qualità dei principi attivi

Il contenuto in principi attivi di una pianta medici-nale può variare sensibilmente e può anche mancaredel tutto. Al contrario, è improbabile che nelle piantei metaboliti primari siano presenti in quantità mini-me, tali da non garantire il funzionamento dellestrutture biologiche, o che siano addirittura assenti.Questo, se da una parte impedisce di stabilire un pa-rallelismo tra metaboliti primari e secondari, dall’al-tra lascia chiaramente intendere che il contenuto inprincipi attivi di una droga non è affatto costante, masoggetto a variazioni anche significative (Tabella 2.2).

I fattori che influenzano il contenuto in princi-pi attivi di una droga sono numerosi: alcuni dipen-dono dalla pianta che fornisce la droga (fattori ge-netici o endogeni), altri dall’ambiente (fattori eco-logici o esogeni e fattori biotici) nel quale la piantasi sviluppa, altri ancora riguardano la raccolta, lapreparazione e la conservazione della droga stessa;quelli relativi alla droga verranno illustrati in un capitolo a parte.

Tabella 2.2 Esempi di variabilità nel contenuto in principi attivi

Droga Pianta PA Contenuto%

Altea Althaea officinalis Mucillagini 5-9Amamelide Hamamelis virginiana Tannini 1-8Belladonna Atropa belladonna Alcaloidi 0,3-1Carciofo Cynara scolimus Flavonoidi 0,05-1China Cinchona succirubra Chinina 9-12Liquirizia Glycyrrhiza glabra Glicirrizina 1-24Mandorla amara Prunus amygdalus Amigdalina 0,1-8,5Menta Mentha piperita Olio essenziale 0,5-4Oppio Papaver somniferum var. album Morfina 7-20Salice Salix alba Salicilati 1-10Senna Cassia angustifolia Sennosidi 1,5-3,2Uva ursina Arctostaphylos uva-ursi Chinoni 1-6

PA, principio attivo

Fattori endogeni

Per anni si è detto che le piante appartenenti allastessa specie botanica contengono gli stessi prin-cipi attivi, e si è creduto che i caratteri morfologi-ci fossero l’espressione di determinate sostanzechimiche. I progressi raggiunti nel campo della chi-mica estrattiva hanno poi evidenziato che moltepiante superiori, sebbene morfologicamente somi-glianti, contengono (o producono) principi attivicompletamente differenti (chemiotipi). Le pianteche producono l’essenza di eucalipto sono ad es.morfologicamente identiche; ciò nonostante i ca-ratteri organolettici dell’essenza risultano diversida pianta a pianta. Le piante che producono il ben-zoino del Siam (Styrax siamense Rordorf., S. ben-zoides Craib), il quale contiene acido benzoico, nonsi distinguono affatto per caratteri botanici dallapianta che produce il benzoino di Sumatra (S. ben-zoin Driand), il quale contiene acido cinnamico in-sieme all’acido benzoico. La canape dell’India,ugualmente, non si distingue dalla canape europeache per la sua enorme produzione di resina, e lamandorla amara dalla mandorla dolce soltanto permezzo dell’amigdalina. Così pure la Duboisia myo-poroides, che vegeta nel Nord dell’Australia, pro-duce soprattutto scopolamina, mentre quella chevegeta nel Sud del Paese contiene in prevalenza iosciamina. Ciò avviene anche per molte altrepiante officinali.

Queste differenze fisiologiche e biochimichevengono oggi sfruttate per migliorare le piante me-dicinali, attraverso la selezione di varietà che pro-ducono un tenore costante in principi attivi.

Il miglioramento può essere fatto innanzituttoagendo sui fattori endogeni (intrinseci o genetici)delle piante, cioè sul loro genoma.

La selezione massale e genealogica, l’ibrida-zione e le mutazioni sono alcune delle tecniche cheoggi vengono impiegate a detti scopi.

La selezione massale si pratica utilizzando i se-mi di piante che possiedono i caratteri desiderati inmodo da avere una coltura d’élite. Questa selezio-ne, ripetuta nel corso degli anni, consente di evita-re la degenerazione della varietà selezionata.

La selezione genealogica consiste nell’utilizza-re un individuo particolare e di seguirne la discen-denza attraverso generazioni. Se l’individuo dipartenza è omozigote e autogamo (cioè autofe-condante) si ha una linea pura, cioè stabile e quin-di non migliorabile. Se invece l’individuo di par-tenza è eterozigote si otterrà una prima linea ete-rogenea. Seminando ogni volta i semi di individuidotati di alcune caratteristiche utili per un deter-

minato scopo si ottengono linee pure selezionate.Per selezione genealogica è stato così possibile rad-doppiare il contenuto in morfina nel Papaver som-niferum var. album (dal 10% al 18-20%) e decu-plicare quello in alcaloidi negli sclerozi di segalecornuta (dallo 0,8-1,5% al 10-15%). Analoghi ri-sultati sono stati ottenuti selezionando piante con-tenenti oli essenziali. È stato anche possibile sele-zionare una determinata classe di composti (ad es.i glucosidi nella digitale).

L’ibridazione consiste nell’incrociare varietàdella stessa specie (specifica) o di specie vicine (in-terspecifica). Gli ibridi che si ottengono sono più re-sistenti ai parassiti, più vigorosi e quindi più facil-mente coltivabili. Ad es. la Mentha piperita, ibridotra M. viridis e M. aquatica, produce un’essenza diqualità migliore, ed anche più abbondante, dellespecie di partenza. I “lavandini”, ibridi tra Lavan-dula officinalis e L. latifolia, forniscono una quan-tità maggiore di essenza rispetto alle specie geni-trici. Ibridi ottenuti tra Cinchona pubescens e C.ledgeriana forniscono cortecce con un tenore piùelevato in alcaloidi (11%) rispetto alle specie di par-tenza (3-4% e 5,1% rispettivamente).

Il contenuto in principi attivi di una pianta puòanche essere migliorato modificando il numero dicromosomi (mutazione genomica) o la struttura diun cromosoma (mutazione cromosomica). La pri-ma (m. genomica) consiste nella moltiplicazione delnumero cromosomico (poliplodia) che si trova nel-la pianta diploide. La poliplodia si provoca immer-gendo i semi in soluzioni diluite di colchicina o trat-tandoli con il calore. Nelle piante poliploidi gli or-gani (fiori, frutti, foglie ecc.) sono nettamente piùgrandi ed è stato constatato anche un aumento si-gnificativo di alcuni principi attivi quali alcaloidi(nella belladonna, lobelia, china ecc.) ed essenze,ma non di altri quali gli eterosidi.

Le piante poliploidi sono, secondo alcuni, me-no resistenti all’attacco di parassiti, scarsamenteadattabili al clima e presentano una minore fe-condità; questo, comunque, non sempre è unaspetto negativo. La segale tetraploide, infatti, adifferenza di quella diploide, è più facilmente pa-rassitata da Claviceps purpurea con conseguentemaggiore produzione di sclerozi e quindi di alca-loidi.

Comunque si può conservare il numero dei cro-mosomi, ma modificare uno o più geni (mutazionigeniche) mediante raggi X, raggi ultravioletti, rag-gi gamma o utilizzando sostanze chimiche (iprite,etilmetansulfonato). Con mutazioni geniche si so-no ad es. ottenuti ottimi risultati nella produzionedi antibiotici (Tabella 2.3).

20 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 2 • Principi attivi 21

Fattori esogeni

È ovvio che la pianta medicinale deve essere in-nanzitutto capace di sintetizzare determinati prin-cipi attivi, ma è anche vero che le caratteristichedell’ambiente (clima, latitudine ed altitudine, tipodi terreno ecc.) ne influenzano lo sviluppo e la ca-pacità di sintetizzare metaboliti secondari.

Le condizioni climatiche possono, infatti, agi-re sullo sviluppo della pianta, sulla fioritura e sul-la maturazione dei frutti, ma anche condizionare ladisponibilità dei metaboliti indispensabili per labiosintesi dei principi attivi. Numerose ricerchehanno ad es. dimostrato che la luce influenza laproduzione dei principi attivi di una pianta. Lostramonio proveniente da piante esposte al solecontiene un titolo di scopolamina 3-4 volte supe-riore rispetto a quello ottenuto da piante tenute al-l’ombra. Lo stesso dicasi per la belladonna. Alcontrario l’achillea è più ricca in olio se provieneda piante mantenute all’ombra. Simili variazioni siverificano anche per altre droghe che contengonoun olio essenziale. I glicosidi digitalici sono poipresenti in maggiori quantità nelle foglie di Digi-talis purpurea di pomeriggio piuttosto che duran-te la notte; lo stesso dicasi per gli alcaloidi iso-chinolinici del papavero da oppio e per quelli pre-senti nella corteccia di Cinchona succirubra.

Anche la temperatura esercita un’influenza si-gnificativa sul contenuto in principi attivi. Un climafreddo, nel periodo primaverile, rallenta l’accumu-lo di oli essenziali nella lavanda ed in altre drogheessenziere, ma aumenta la presenza di bisabolossi-do nella camomilla comune (Matricaria chamomil-la). Decorsi stagionali caldi favoriscono invece l’ac-cumulo di silibina nel cardo mariano (Silybum ma-rianum) e di alcaloidi tropanici nella belladonna(Atropa belladonna), mentre inibiscono quello di aci-do g-linolenico nei semi di Oenothera lamarckiana.Quest’ultimo esempio ci fa anche comprendere chesemi provenienti da aree geografiche calde possonoessere qualitativamente più scadenti se paragonaticon quelli provenienti da regioni fredde.

Sostanziali differenze possono essere poi deter-minate dalla latitudine. Spostandosi dai climi piùcaldi a quelli più freddi la presenza di acidi grassiinsaturi aumenta. Il cardo mariano coltivato nel me-ridione è più ricco di acido oleico, mentre quellocoltivato nel settentrione è più ricco di acido lino-leico. Così pure le piante tropicali contengono qua-si esclusivamente acidi grassi saturi (olio di palma,burro di cacao), quelle subtropicali una maggiorepercentuale di acidi grassi insaturi (olio di oliva,arachide o mandorle = acido oleico) e quelle tem-perate acidi grassi con un grado maggiore di insa-turazione (cotone, girasole = acido linoleico) men-tre quelle che vegetano in climi freddi presentanoil massimo contenuto in acidi grassi insaturi (lino= acido linolenico). Così pure nelle regioni setten-trionali le piante contengono una maggiore quantitàdi alcaloidi rispetto a quelle che vegetano in am-bienti meridionali. Viceversa, in zone calde, comein presenza di radiazione intensa, si ha una ridu-zione del contenuto di piretrine nel piretro di Dal-mazia (Chrysanthemum cinerariaefolium).

Per quanto riguarda l’altitudine, si osserva chein alta montagna aumentano le sostanze amare nel-la genziana; così pure aumentano gli steroidi nelleDioscoree, la solasodina nei frutti di Solanum laci-niatum ed i principi attivi della valeriana; diminui-scono invece gli azuleni nelle artemisie (Artemisiaabsinthium), gli alcaloidi nell’aconito (Aconitumnapellus) e nella lobelia (Lobelia inflata) e gli oliessenziali nel timo e nella menta.

Nelle aree umide e piovose le piante possonoperdere in parte la capacità di accumulare princi-pi attivi. Le ombrellifere, ad es., perdono in par-te il loro aroma, le solanacee presentano un piùbasso contenuto in alcaloidi e le scrofulariacee,apocinacee o ranuncolacee quello in glucosidi.Una spiegazione potrebbe essere quella di unaperdita di sostanze solubili in acqua attraverso itessuti epidermici delle parti aeree della pianta.Anche la carenza di acqua limita l’accumulo di oliessenziali. La pianta in ambiente arido tende adossidare i componenti dell’olio; i prodotti del-l’ossidazione, influenzando i fenomeni osmoticicellulari, riducono la traspirazione conferendo co-sì alla pianta una maggiore resistenza alla siccità.

Anche la tessitura ed il pH del terreno in-fluenzano la produzione di principi attivi. L’altease proviene da piante cresciute su terreni sabbio-si contiene più mucillagini; la saponaria e la tus-silago sono più attive se le piante fornitrici vege-tano su terreni argilloso-calcarei; la valeriana èmeno attiva se la pianta cresce in terreni paludo-si. Anche le piante che producono oli essenziali

Tabella 2.3 Produzione di penicillina dal ceppo Penicilliumcrysogenum sottoposto a selezione e mutazione genica

Tipo di ceppo Unità di penicillina/ml

Ceppo primitivo 50Ceppo selezionato 250Ceppo irradiato con raggi X 500Ceppo esposto a raggi ultravioletti 1000

trovano nel terreno sabbioso il substrato ideale.Gly cyr rhiza glabra si adatta invece a terreni a fal-da alta e salmastri, mentre Coriandrum sativumnon tollera i terreni argillosi. La Tabella 2.4 riportal’influenza del terreno su alcune piante medicinalied aromatiche.

Per quanto riguarda il pH si sa ad es. cheAnthemis nobilis sopporta bene terreni a pH alca-lino e Papaver somniferum var. album non tollerai terreni acidi come del resto la lavanda non tolleraquelli alcalini.

Anche gli elementi nutritivi del terreno influen-zano lo sviluppo della pianta ed il suo biochimismo.Si è infatti osservato che l’eccesso di azoto riducela presenza di principi attivi nella liquirizia e nellacamomilla (i capolini sono piccoli e di modesto va-lore commerciale); al contrario l’azoto favoriscenella valeriana (Valeriana officinalis) e nella gen-ziana (Gentiana lutea) lo sviluppo di organi epigeia svantaggio di quelli ipogei. Importante è poi ilrapporto azoto/potassio per le specie azuleniche ela presenza di sodio, il cui eccesso danneggia laqualità dell’olio di lavanda in quanto incrementa ilcontenuto in canfora. Il fosforo infine sembra gio-vare alla Digitalis, visto che risulta più ricca in glu-cosidi; al contrario riduce la produzione di olio daparte di Lavandula officinalis.

È facile dunque immaginare che una pianta, aldi fuori del proprio habitat, può perdere quasicompletamente la capacità di sintetizzare deter-minati principi attivi; di conseguenza, la droga chene deriva può risultare inattiva. Così l’aconito, ma

anche la cicuta, droghe molto tossiche nei Paesimediterranei, sono praticamente innocue o pocotossiche se provengono da Paesi freddi. La can-nella dello Sri Lanka prodotta in zone diverse pre-senta caratteristiche molto differenti ed il frassinonon è in grado di produrre la manna in Paesi di-versi da quelli mediterranei. È logico quindi pen-sare che al di là delle capacità intrinseche, la pian-ta per continuare a produrre principi attivi devecrescere in un ambiente favorevole per clima e na-tura del terreno: più questi requisiti si avvicinanoall’habitat naturale più la pianta conserva le suecaratteristiche iniziali.

Comunque, non bisogna trascurare il fatto che lepiante vegetano il più delle volte le une accanto al-le altre e questo può influenzare, entro certi limiti,la germinazione del seme, lo sviluppo delle foglie odel fiore, la maturazione del frutto ed in definitivala crescita stessa delle piante (fattori biotici). Alcunistudi dimostrano che può verificarsi anche una re-ciproca influenza sul contenuto in principi attivi del-le piante medicinali. Lo stramonio ad es. presenta untitolo maggiore di alcaloidi (+ 20-30%) se provieneda piante (Datura stramonium) coltivate in presen-za di lupino; al contrario, la presenza di Mentha pi-perita riduce del 50-60% il contenuto normale de-gli alcaloidi. Così pure Atropa belladonna è favo-revolmente influenzata dalla vicinanza di piante diassenzio (gli alcaloidi nelle foglie risultano aumen-tati del 20-50%).

Arnica montana invece è addirittura incapace disvilupparsi in colture singole. Esiste poi, per mol-te specie, la difficoltà di germinare e di crescere interreni ricchi di residui vegetali di altre specie. Ilterreno in cui cresce il noce si rende ad es. inospi-tale per molte specie, per l’accumulo nell’ambien-te circostante di iuglone, una sostanza naftochino-nica prodotta dal noce che impedisce la vegetazio-ne ad altre piante.

Colture cellulari e produzione di principiattivi

L’uso di cellule vegetali incubate in vitro ha avutoun enorme impulso nel 1950, quando fu dimostra-to che la cellula vegetale indifferenziata è in gradodi generare un organismo completo.

Le colture di cellule vegetali in vitro consen-tono di migliorare e proteggere (conservare) spe-cie vegetali esistenti, di creare specie del tuttonuove e di studiare vie biosintetiche che condu-cono alla formazione di principi attivi. Le coltu-

22 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 2.4 Tipo di terreno e produzione di principi attivi

Pianta Terreno Principio(i)attivo(i)

Althaea Argilloso Mucillagini ↓officinalis Sabbioso Mucillagini ↑Mentha spp. Sabbioso Olio essenziale ↑

Paludoso Olio essenziale ↓o argilloso

Salvia Sabbioso Olio essenziale ↑officinalis Paludoso Olio essenziale ↓

o argilloso

Valeriana Paludoso Valepotriati ↓officinalis

Datura Calcareo Alcaloidi tropanici ↑stramonium

Hamamelis Siliceo Tannini ↑virginiana

Digitalis Siliceo Glicosidi ↑purpurea

↑ aumento; ↓ diminuzione

Capitolo 2 • Principi attivi 23

re in vitro sono utilizzate anche per la produzio-ne di principi attivi. Le cellule che danno i mi-gliori risultati sono quelle giovani in attiva proli-ferazione provenienti dal cambio o dal mesofillovascolare, dal periciclo di riserva, dall’endo -sperma del seme e dall’apice meristematico. Lecellule, anche se prelevate da tessuti differenzia-ti, si sviluppano in ammassi amorfi (calli) chepossono essere mantenuti in vitro come tali (in-differenziati) oppure indotti a rigenerare piante oorgani.

La sterilizzazione del materiale da incubare èuna operazione preliminare, essenziale, che vienefatta immergendo il materiale biologico di parten-za (foglie, semi ecc.) prima in alcol al 70-95% perpochi minuti, poi in ipoclorito di sodio al 2% (ad-dizionato di qualche goccia di un agente detergen-te) per trenta minuti, quindi lavando ripetutamen-te con acqua sterile. Il materiale biologico (espian-to), una volta sterilizzato, viene posto su terrenisolidi o liquidi. Colture su terreni solidi (agarizza-ti) possono aversi sia con espianti multicellulariche con singole cellule; ottimi risultati si hannoquando le cellule, piuttosto che sulla superficie delterreno, sono disposte all’interno del terreno stes-so. I terreni liquidi, al contrario di quelli solidi, fa-cilitano gli scambi gassosi e nutritivi e consento-no una maggiore frammentazione del callo in pic-coli aggregati o addirittura in cellule singole. Letecniche di coltura liquide sono diverse (coltura suterreno liquido stazionario, ad immersione perio-dica, ad immersione permanente) e si adattano ascopi sperimentali differenti.

La coltura, sia che venga fatta in terreni solidiche liquidi, richiede, almeno inizialmente, un nu-mero minimo (critico) di cellule altrimenti questenon riescono a dividersi e muoiono.

Importante è poi la composizione del terreno (oliquido) di coltura; questo deve contenere, in op-portune concentrazioni, sali (CaCl2, MgSO4,KH2PO4, FeSO4, MnSO4, ZnSO4, KI, CoCl2, CuSO4, Na2 MoO2 ecc.), azoto (citrato di ammo-nio), tracce di elementi, una sorgente di carbonio or-ganico (saccarosio), vitamine (tiamina) e fitormo-ni o regolatori della crescita quali auxine (acido 3-indolacetico), giberelline, citochinine (chinetina),acido abscissico, etilene (Tabella 2.5). La presenzadi auxine e citochinine nel terreno di coltura è diparticolare importanza per la crescita delle cellulee lo sviluppo della pianta (Fig. 2.3).

Altri fattori che condizionano la crescita in vi-tro di cellule vegetali, e quindi la produzione diprincipi attivi, sono la temperatura (quella ottima-le è compresa tra i 25 °C ed i 30 °C), la luce e l’os-sigeno. La lampada fluorescente è un’ottima fon-te di luce; comunque, qualsiasi sorgente di luce dicui è possibile controllare l’intensità e la lunghez-za d’onda può essere utile allo scopo. È noto che iraggi ultravioletti e quelli blu inibiscono la cresci-ta cellulare mentre i raggi rossi possono inibire ofavorire la crescita cellulare in funzione della spe-cie vegetale presa in esame (dalla quale provienel’espianto).

Così pure, colture tenute in completa oscuritàlimitano la crescita cellulare e producono una mi-nore quantità di principi attivi rispetto ad analo-ghe colture esposte periodicamente alla luce. Co-munque, il continuo trasferimento delle cellule interreno fresco, necessario per il loro manteni-mento, causa una progressiva alterazione del cor-redo cromosomico ed una perdita del potenzialemorfogenetico delle cellule stesse. Questo pone ilproblema della stabilizzazione delle cellule vege-tali da utilizzare per colture in vitro. Una tecnica

Tabella 2.5 Azione dei fitormoni su alcuni processi fisiologici

FitormoneAzione

Stimolante Inibente

Auxine Allungamento germogli Caduta foglie e fruttiCrescita radici e frutti

Giberelline Crescita piantaSviluppo foglie e fruttiGerminazione semi

Citochinine Espansione foglie Senescenza foglieSviluppo gemme

Acido abscissico Caduta foglie e frutti Sviluppo gemmeGerminazione semi

Etilene Maturazione frutti Divisione cellulareSviluppo gemme ascellari

che consente la conservazione a lungo termine diuna linea cellulare è il congelamento in azoto li-quido a –196 °C (Tabella 2.6).

Risultati soddisfacenti si hanno anche con unlento raffreddamento (– 2 °C al minuto) ed un ve-loce congelamento; in queste condizioni il 70% del-le cellule conserva la capacità a riprodursi.

Per produrre quantità significative di principiattivi si è cercato di modificare la composizione deiterreni di coltura, di differenziare la crescita cellu-lare e la produzione dei metaboliti secondari, di uti-lizzare linee cellulari selezionate ed espianti di ra-dici di piante differenziate. Si è cercato anche disfruttare l’attività di enzimi molto selettivi. Ciò no-nostante risulta ancora difficile produrre quantitàconsiderevoli (dell’ordine di grammi) di principiattivi. Comunque, le colture cellulari consentonoanche la produzione di sostanze del tutto nuove perle piante, come gli alcaloidi voafrina e pirecina,prodotti rispettivamente da cellule di Catharanthusroseus e di Picralinia nitida ed i paniculidi, unanuova classe di sostanze. Questo lascia supporreche le cellule vegetali in coltura costituiscono unafonte di “geni dormienti” che, inattivi nelle pian-

te, potrebbero dar luogo, in condizioni sperimen-tali adatte, alla formazione di nuove sostanze bio-logicamente attive.

Ad ogni modo, i principi attivi che si forma-no si accumulano nel terreno di coltura dal qua-le si estraggono (mediante un sistema continuo dipompaggio se il mezzo è liquido) e si purifica-no. I principi attivi possono però accumularsi an-che all’interno della cellula vegetale; in questocaso bisogna prima operare una rottura (mecca-nica, enzimatica) della parete cellulare e poi pro-cedere all’estrazione e purificazione dei principiattivi.

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24 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 2.3 Esempio di crescita cellulare e sviluppo della pianta in presenza di ormoni. Variando opportunamente la con-centrazione di indolacetico (I) e chinetina (Ch) nel terreno di coltura si ottiene la crescita delle cellule di tabacco come cal-lo indifferenziato (a) oppure la differenziazione in foglie (b), radici (c) e dell’intera pianta (d)

I 2,0 4,0 0,1 3,0Ch 0,03 2,56 – 1,0

a b c d

Tabella 2.6 Piante medicinali molto note che sono stateconservate in azoto liquido

Atropa belladonna

Catharanthus roseus

Datura stramonium

Rauvolfia serpentina

Capitolo 2 • Principi attivi 25

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Le droghe di origine vegetale si possono suddivi-dere in organizzate e non organizzate:

RadiciFusti: ipogei (rizomi, tuberi,

bulbi)epigei (fusto in toto,

legno, corteccia)Cortecce

Organizzate ErbeFoglieFiori e sommità fioriteFruttiSemiGemmePeliTalli

SucchiLaticiOli fissiOli eterei (essenziali o essenze)

Non organizzate MucillaginiGommeResineBalsamiEssudati

L’importanza dei caratteri morfologici delledroghe vegetali è diminuita da quando si possonotrovare in commercio droghe provenienti da piantecoltivate con aspetti esterni che non corrispondonoesattamente a quelle descritte nelle vecchie Farma-copee. Comunque cercheremo di descrivere, per al-cune, i caratteri generali.

■ Radici. Sono organi prevalentemente sotterra-nei, privi di clorofilla, di foglie e di gemme. Fissa-no la pianta al suolo e permettono l’assorbimento

di acqua e di sostanze nutritive; sono munite di unazona pilifera, che nella parte più esterna si estro-flette dando luogo ai peli radicali. La radice può es-sere: (a) a fittone, se assume uno sviluppo predo-minante e s’impianta perpendicolarmente al terre-no; (b) fascicolata, se la radice primaria si atrofizzae alla base del tronco si sviluppano numerose radi-ci secondarie; (c) tuberosa, se sviluppa in modo esa-gerato il tessuto parenchimatico dando luogo a uncorpo ovoidale o conoidale (Fig. 3.1). Le radici pos-sono essere confuse con gli stoloni, fusti sotterra-nei muniti di gemme che riproducono ad una certadistanza dalla pianta madre nuovi individui. La ra-dice presenta, dall’esterno all’interno: un’epider-mide munita di peli assorbenti; un parenchima cor-ticale che può contenere cellule oleifere, canali se-cretori, cellule mucillaginose ecc.; un endoderma;un cilindro centrale, che comprende il periciclo e lazona legnosa; il midollo. Questa struttura si con-serva tale nella maggior parte delle monocotiledo-ni mentre nelle dicotiledoni la radice, con il pro-gredire dell’età, subisce dei cambiamenti che por-tano alla formazione di sughero, felloderma, nuovivasi e nuovi fasci cribrosi.

■ Fusti. Possono essere aerei e sotterranei. I pri-mi sono provvisti di clorofilla e portano il nome dicauli, se erbacei; di suffrutici, se legnosi solo allabase; di fusto, se interamente legnosi. I secondi(quelli sotteranei) sono privi di clorofilla e posso-no assumere una posizione dorso-ventrale (rizo-ma), la forma di un corpo breve e carnoso (tube-ro) oppure trovarsi circondati da numerose fogliesquamose (bulbo). I rizomi sono ricchi di materia-le di riserva, necessario per lo sviluppo della pian-ta nel successivo periodo di vegetazione e sono mu-niti di germogli.

■ Cortecce. Quelle utilizzate in campo farma-ceutico si ricavano da piante che hanno più anni divita. Si sviluppano esternamente al cambio e pre-

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I DIVERSI CARATTERI

DELLE DROGHE VEGETALI

Capitolo

3

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

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sentano una zona generatrice (fellogeno) che inter-namente produce il felloderma ed esternamente ilsughero o sovero. La superficie esterna è rugosa escabra, per il distacco di placche (ritidoma) di tes-suto di cellule morte.

■ Erbe. Con questo nome si indicano le droghe co-stituite dall’intera pianta erbacea (esclusi gli orga-ni sotterranei). Si possono pertanto trovare foglie,fiori e frutti, i cui caratteri morfologici sono descrittiqui di seguito.

■ Foglie. Si chiamano monofilli se sono aeree, svi-luppate e contengono clorofilla, catafilli se sono ri-dotte in squame e/o sotterranee. Di norma presenta-no una base, un picciolo ed un lembo: se le parti dellembo sono riunite le foglie si definiscono semplici;se sono distinte, ma legate tra di loro da un rachidecomune, si chiamano composte. Queste ultime sonopennate se le foglioline sono disposte lungo il rachi-de come la barba di una penna; palmate se sono di-vergenti a partire dall’estremità del peziolo comune.La base delle foglie è in genere ridotta; talora è svi-luppata (foglie inguainanti) oppure porta delle ap-pendici (stipole). Il picciolo può mancare; in questocaso le foglie sono sessili. Il lembo può essere: inte-ro, crenato, dentato, seghettato, lobato ecc. Gli sto-mi possono trovarsi su di una sola faccia (foglie co-riacee) oppure su entrambe (foglie molli). Il tessutodelle foglie si chiama mesofillo: è simmetrico se pre-senta superiormente ed inferiormente un tessuto a pa-

lizzata ed in mezzo un tessuto lacunare, asimmetri-co se presenta superiormente il tessuto a palizzata edinferiormente il tessuto lacunoso. Nei riguardi dellenervature possono poi essere penninervie, pluriner-vie, palminervie ecc. Le foglie possono infine reca-re peli e/o ghiandole, elementi diagnostici importantiper il riconoscimento della droga.

■ Fiori e sommità fiorite. Sono organi deputatialla riproduzione. Sostenuti da un peduncolo ogambo (se privi si dicono sessili), risultano formatida un ricettacolo (o talamo) sul quale si inserisco-no il perianzio, il gineceo e l’androceo. Il ricetta-colo è uno slargamento del peduncolo e può pre-sentarsi convesso, piano o concavo. Il perianzio èla parte più esterna del fiore (se manca il fiore sidice nudo): può essere formato da strutture egualied allora si dicono tepali (questi formano il peri-gonio) oppure si distinguono in sepali all’esterno(si tratta di foglioline verdi che nell’insieme for-mano il calice) ed in petali all’interno (fogliolinebianche o colorate che nell’insieme formano la co-rolla). Il calice può presentarsi a forma di tubo, sei sepali sono saldati tra di loro (in questo caso il fio-re si dice gamosepalo) oppure può essere dato dasepali liberi, divisi tra di loro (dialipetalo). L’an-droceo (organo maschile) è dato da più stami rap-presentati da un filamento con base slargata ed unaestremità libera rigonfiata e colorata (antera) con-tenente granuli di polline. Il gineceo (organo fem-minile) è dato da uno o più pistilli a forma di cla-

28 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 3.1 Radici. Modificata da: Capasso F, Donatelli L (1982)

a b c

Capitolo 3 • I diversi caratteri delle droghe vegetali 29

va, di cui la parte inferiore, rigonfia, è detta ova-rio (contenente gli ovuli), la parte intermedia stiloe quella superiore slargata stigma. I fiori si diconodiclamidati, se hanno calice e corolla; monoclami-dati, se hanno soltanto il calice o soltanto la co-rolla; aclamidati, se sono privi di calice e corolla.Si dicono poi ermafroditi se hanno contempora-neamente androceo e gineceo; unisessuali, se han-no l’androceo o il gineceo; sterili, se privi di an-droceo e gineceo. I fiori possono infine trovarsiisolati (terminali al fusto ed ai rami oppure ascel-lari alle foglie) o riuniti in infiorescenze pedicilla-te, se hanno peduncolo, o sessili, se sono prive dipeduncolo (Fig. 3.2).

■ Frutti. Rappresentano la trasformazione dell’o-vario dopo l’avvenuta fecondazione e successivamaturazione. Constano di un pericarpo che rac-chiude uno o più semi. Il pericarpo consta di 3 par-ti: esocarpo o epicarpo (che deriva dall’epidermideesterna dell’ovario), mesocarpo (che deriva dal pa-renchima dell’ovario), endocarpo (che deriva dal-l’epidermide interna dell’ovario). L’esocarpo èprovvisto di cuticola resistente o di peli o di aculei;talora è lignificato. Il mesocarpo è polposo o suc-coso nei frutti carnosi, lignificato nei secchi. L’en-docarpo può essere lignificato, cartilagineo o suc-culento. I frutti si distinguono in carnosi, se le 3 par-ti del pericarpo sono distinte tra di loro; viceversasi dicono secchi. Gli uni e gli altri si classificano di-versamente come riportato in Figura 3.3.

■ Semi. Rappresentano la trasformazione degliovuli dopo l’avvenuta fecondazione. Constano di unguscio e di una mandorla. Il guscio è consistente, co-lorato, liscio o rivestito di peli, spine, aculei. La man-dorla è formata da un albume e da un embrione.

■ Gemme. Si tratta di foglie rudimentali attaccatead un piccolo caule rudimentale e protette esterna-mente da foglioline trasformate in scaglie protettri-ci (perule). Possono essere apicali (se sono all’apicedel fusto o dei rami) e ascellari, se sono all’ascelladelle foglie. Le prime provvedono all’accrescimen-to della pianta, le seconde alla ramificazione.

■ Peli. Sono degli annessi epidermici, uni- o plu-ricellulari, protettori o secretori. In genere i peli ve-getali presentano una estremità progressivamenteacuminata, mentre l’altra, quella d’impianto, si pre-senta slargata. I peli protettori, deputati alla prote-zione del vegetale, formati da cellulosa, presenta-no un aspetto filiforme; i peli secretori, invece, so-no formati da un peduncolo ed una capocchiarotondeggiante, uni- o pluricellulari.

■ Talli. Sono corpi vegetali non differenziati in ra-dici, fusto, foglie ecc. Ne esistono di unicellulari edi pluricellulari: questi ultimi pure assumendo formediverse presentano sempre lo stesso tipo di tessuto.

■ Succhi. Liquidi acquosi presenti nelle cellule,nei parenchimi acquiferi e nelle lacune intercellu-lari. Si ricavano per spremitura o torchiatura, pre-ceduta da tagli o incisioni. Si presentano come li-quidi torbidi, variamente colorati; contengono salie diverse sostanze organiche. Poco stabili, vengo-no commercializzati dopo essere stati essiccati estabilizzati.

■ Latici. Liquidi acquosi lattescenti, biancastri,presenti nei tubi laticiferi, dai quali fuoriesconospontaneamente per rottura o per incisione. All’ariasi rapprendono imbrunendo. Contengono sali mine-rali, alcaloidi, tannini, gomme, grassi, resine ecc.

Fig. 3.2 Fiori. Modificata da: Capasso F, Donatelli L (1982)

■ Oli fissi. Liquidi oleosi incolori o colorati, un-tuosi al tatto, insolubili in acqua, non volatilizzabi-li, che lasciano sulla carta una macchia permanen-te untuosa, solubili in solventi organici (etere etili-co o di petrolio, cloroformio ecc.). Sono costituitida acidi grassi monocarbossilici, esterificati con gli-cerolo. Col tempo irrancidiscono. Si ottengono perspremitura o torchiatura oppure per estrazione conadatti solventi.

■ Oli eterei (essenziali o essenze). Liquidi un-tuosi al tatto, di odore gradevole, che non lascianouna macchia persistente su carta, volatili, solubili insolventi organici (etanolo, etere etilico o di petrolio,cloroformio ecc.). Si ritrovano in cellule, lacune, peli, ghiandole e poi nei diversi tessuti della pianta(legno, frutto, seme, radici ecc.). Si ottengono perspremitura e soprattutto per distillazione. Conten-

gono mescolanze di idrocarburi, alcoli, aldeidi echetoni.

■ Mucillagini. Si tratta di polisaccaridi com-plessi, elaborati fisiologicamente per trasforma-zione dell’amido endocellulare e della cellulosadelle membrane cellulari. Si sciolgono in acquadando luogo a soluzioni colloidali viscose. Siestraggono con acqua calda o bollente. In generesi commercializzano le droghe che le contengonoe non gli estratti che si ricavano da esse in quan-to poco stabili.

■ Gomme. Si tratta di polisaccaridi complessinon presenti normalmente nella pianta, ma elabo-rati patologicamente in seguito a lesioni, punturedi insetti ed ingiurie varie, per trasformazione del-la cellulosa delle pareti cellulari. Riversandosi al-

30 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 3.3 Frutti. Modificata da: Capasso F, Donatelli L(1982)

Capitolo 3 • I diversi caratteri delle droghe vegetali 31

l’esterno le gomme si rapprendono all’aria ostruen-do eventuali lesioni ed impedendo la fuoriuscita dilinfa e l’ingresso di parassiti. Essudano sponta-neamente oppure se ne provoca la formazione permezzo di incisioni, decorticazioni o altri tipi di in-sulti. In commercio si trovano sotto forma di so-stanze solide, traslucide, dure, friabili, solubili inacqua fredda.

■ Resine. Si tratta di elaborati fisiologici di com-plessa struttura chimica, secreti all’esterno oppurepresenti in cavità interne (idioblasti, dotti e ghian-dole schizogene). Vengono prodotte da particolaricellule assieme a terpeni, oli volatili ed esteri che lemantengono fluide, in maniera da potersi riversareall’esterno in caso di lesioni e a contatto dell’aria li-berare le sostanze volatili e rapprendersi proteg-gendo e cicatrizzando le lesioni. In commercio sipresentano allo stato solido o semisolido, rammolli -scono al calore e bruciano con fiamma fuligginosa.

■ Balsami. Miscele omogenee di resine ed oli es-senziali, con caratteri di entrambi e quindi parzial-

mente volatili e distillabili. Se contengono gli aci-di benzoico e cinnamico o uno di questi sono par-zialmente solubili in acqua.

■ Essudati. Prodotti patologici riversati all’ester-no in seguito a lesioni, ferite o punture di insetti.Quelli che essudano spontaneamente si rapprendo-no all’aria mentre quelli che fuoriescono per inci-sioni o altro si raccolgono ancora fluidi e si essic-cano. Alcuni contengono alcoli polivalenti come ades. la mannite.

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Il contenuto in principi attivi di una droga dipendenon solo dalle condizioni individuali della pianta edall’ambiente nel quale cresce, ma anche dal modoin cui essa viene raccolta, preparata e conservata.Da queste ultime operazioni dipendono la qualitàed il valore commerciale della droga.

Tempo di raccolta

Le piante medicinali, o le loro parti, devono essereraccolte nell’epoca più opportuna (tempo balsami-co), quando cioè contengono la massima quantitàdi principi attivi. Questo è importante da un puntodi vista terapeutico, ma anche da un punto di vistacommerciale perché il prezzo delle droghe è diret-tamente proporzionale al loro contenuto in princi-pi attivi. Quest’epoca dipende dal tipo di pianta (er-bacea o legnosa, annua o perenne), dalle parti del-la pianta da raccogliere (fiori, radici, frutti ecc.) edalle condizioni climatiche e di terreno.

Il raccoglitore di piante spontanee deve saperorganizzare la raccolta in modo da non estirparetutti gli individui della stessa specie e questo pernon esaurire le risorse della flora medicinalespontanea. Nella Tabella 4.1 sono riportati i pe-riodi più opportuni per la raccolta delle singoleparti della pianta. Comunque gli accorgimenti da

tener presente sono numerosi; ad es., le radici dipiante annuali devono essere raccolte prima dellafioritura, per quelle di piante bienni la raccoltadeve essere fatta in autunno e nell’inverno suc-cessivo al primo anno di vita (per impedire che ilnuovo periodo vegetativo le impoverisca in prin-cipi attivi), infine le radici di piante perenni siraccolgono nell’autunno e nell’inverno successi-vi al secondo anno di vita (altea, genziana, liqui-rizia ecc.). I rizomi ed i tuberi vengono raccoltisempre nell’autunno o nell’inverno del secondo oterzo anno di vita (calamo, aconito ecc.), primache inizi la nuova epoca di vegetazione. Anche ibulbi vengono raccolti in autunno (scilla), permezzo di coltelli piuttosto larghi o di opportunevanghe, avendo cura di non romperli. I legni siraccolgono in autunno, dopo la caduta delle fo-glie, o in inverno, prima che si sviluppino legemme. Le cortecce si raccolgono in primavera,quando il cambio produce cellule parenchimatosetenere che ne facilitano l’asportazione. Le fogliesi raccolgono quando i fiori si sono appena for-mati; la belladonna però si raccoglie in agosto,quando i fiori sono ben sbocciati. Così pure le fo-glie di Laminaceae si raccolgono all’epoca dellafioritura. Le foglie si raccolgono avendo cura discegliere quelle intere, non corrose da insetti oattaccate da funghi, di un bel colore verde, in unagiornata asciutta, 2-3 ore dopo il levar del sole.

PREPARAZIONE E CONSERVAZIONE

DELLE DROGHE VEGETALI

Capitolo

4

Tabella 4.1 Tempo balsamico per la raccolta delle diverse parti (organi) della pianta

Organi Periodo

Radice, tubero, rizoma, bulbo Autunno (prima della caduta delle foglie)Primavera (prima della gemmazione)

Fusto (legno) Inverno (prima dello sviluppo delle gemme)Corteccia Autunno-primaveraGemma PrimaveraFiore Primavera-estateFoglia PrimaveraFrutto Estate-autunnoSeme Estate-autunno

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Le erbe in genere si raccolgono quando sonofiorite, liberandole dai fusti troppo grossi o dai ra-mi o dalle foglie ingiallite o attaccate da insetti. Ta-lune erbe però vengono raccolte prima della fiori-tura della pianta.

I fiori e le infiorescenze si raccolgono quandosono completamente sbocciati, però la camomilla,l’arnica, la farfara ed altre è preferibile raccoglierlequando sono in bottone. La raccolta dei fiori ri-chiede una certa cura (i fiori vanno raccolti ad unoad uno e non devono essere compressi perché si al-tera facilmente il colore); inoltre deve essere fattanei giorni di buon tempo, nelle prime ore del matti-no, quando la rugiada è completamente evaporata.

I frutti carnosi si raccolgono all’epoca della lorocompleta maturità, o in un periodo molto prossimo,se si tratta di frutti il cui succo, a completa matura-zione, diviene così viscoso da non potersi estrarre(lamponi, more, ribes ecc.). Gli aranci amari, i limoni ed altri frutti (cotogne) si raccolgono im -maturi.

I frutti deiscenti si raccolgono quando sono ma-turi, ma prima che si dissecchino (papavero). I frut-ti indeiscenti si raccolgono prima della loro com-pleta maturazione.

I semi dei frutti carnosi si raccolgono primadella maturità del pericarpo (zucca) perché a com-pleta maturazione del frutto i semi possono alte-rarsi per fermentazione oppure marciscono. I semidei frutti secchi (ricino, senape) devono essere rac-colti solo quando i frutti sono completamente ma-turi; però per i frutti deiscenti, che a maturità siaprono lasciando cadere i loro semi, è il caso chequesti siano raccolti prima che avvenga l’aperturadel frutto.

Mondatura ed essiccamento

Una volta raccolte, le parti della pianta che inte-ressano vengono mondate, cioè private di residui,di parti guaste o estranee. Così le radici vengono ac-curatamente pulite della terra che le copre e lavate,quindi si separano dai residui dei fusti e dalle radi-chette o radici avventizie. Lo stesso dicasi per glialtri organi sotterranei (tuberi, bulbi, rizomi). Cosìpure le foglie si separano dal picciolo ed i fiori siprivano del peduncolo, separando spesso il calicedal ricettacolo, i petali dalle unghiette.

Le droghe che vengono utilizzate allo stato fre-sco non richiedono altre operazioni e quindi posso-no essere senz’altro assoggettate alle operazioninecessarie all’ottenimento di determinate formemedicamentose (tinture madri).

Nella maggior parte dei casi però le droghevengono conservate, per averle a disposizione inogni periodo dell’anno. Appena raccolte, le diverseparti della pianta sono ricche in acqua (Tabella 4.2)e questa, essenziale per le attività della cellula vi-vente, risulta dannosa quando le cellule cessanodi vivere. Infatti, negli organi divelti, grazie allapresenza di acqua, permangono per lungo tempodelle attività enzimatiche (ossidazioni, idrolisiecc.) che concorrono all’alterazione morfologicae chimica degli organi stessi (fenomeni autoliti-ci). La sottrazione di acqua è il sistema più ido-neo per impedire (o ridurre) i processi enzimaticiche alterano le droghe durante la loro conserva-zione, depauperandole tra l’altro in principi attivi.Pertanto, il mezzo più sicuro e comune per laconservazione delle droghe, senza che queste per-dano la maggior parte dei loro principi attivi, èl’essiccazione. Questa è tanto più efficace quantopiù è rapida ed omogenea; inoltre, deve essere ef-fettuata a temperatura non molto elevata. In gene-re viene fatta in locali adatti (essiccatoi), ben ae-rati, dove il materiale vegetale è protetto sia dairaggi solari che dall’aria umida. Negli essiccatoisi possono collocare dei graticci sovrapposti,avendo cura di lasciare una distanza convenientetra l’uno e l’altro per la circolazione dell’aria. Ledroghe vengono distribuite (disposte) su di essiin strati poco spessi e rivoltate con una certa fre-quenza. Particolare cura richiedono le radici ed irizomi voluminosi, che vanno tagliati a fette o apezzi prima di essiccarli, e le squame dei bulbi(scilla) che si tagliano longitudinalmente in fette.Nell’essiccare le foglie e le erbe la cura principa-le deve essere la conservazione del colore verde.Anche i fiori vanno essiccati con cura, cercandodi non far perdere loro il colore.

L’essiccatoio è preferibile per le piante aromati-che, perché una temperatura troppo alta causa laperdita (volatilizzazione) di notevoli quantità di oli essenziali. Per gli organi carnosi, per lo piùmolli e ricchi di acqua (tuberi, bulbi, rizomi ecc.)

34 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 4.2 Contenuto in acqua di alcune parti dellapianta

Organo Contenuto % in acqua

Erba 60-70Foglia 60-70Radice 60-70Frutto 90Corteccia 40Legno 45Seme 5-10

Capitolo 4 • Preparazione e conservazione delle droghe vegetali 35

si preferiscono invece le stufe. Nelle stufe la tempe-ratura può essere elevata al grado voluto, l’aria vi sirinnova automaticamente ed il processo di essicca-zione è indipendente dalle condizioni meteorologi-che. La temperatura iniziale della stufa deve esseredi 20-25 °C, per innalzarla più tardi a 50-60 °C.Queste temperature, oltre a facilitare la disidrata-zione delle droghe (la % di acqua che rimane nonsupera il 5%), operano anche una parziale steriliz-zazione in quanto consentono la morte di molti lie-viti e batteri non sporigeni.

Oggigiorno si utilizzano anche degli essiccatoiad aria calda, muniti di un nastro trasportatore(Fig. 4.1).

Comunque, dal tipo di essiccamento può di-pendere la bontà della droga: una disidratazionerapida altera ad es. il colore delle foglie e dei fiori;una disidratazione lenta e protratta nel tempo è in-vece causa di colorito nerastro o bruno della drogae del suo odore sgradevole. Così pure ad una tem-peratura piuttosto alta la droga diviene estrema-mente fragile.

Quando i componenti chimici di una droga so-no sensibili al calore si opera una disidratazione abassa temperatura. La droga viene in questi casicongelata rapidamente tra i –20 °C ed i –40 °C, esottoposta a vuoto spinto (liofilizzazione). Il mate-riale disidratato in questo modo si presenta spu-gnoso e facilmente idratabile.

Stabilizzazione

L’essiccamento delle droghe non è certo sufficien-te a bloccare le attività enzimatiche: queste riman-gono allo stato di quiescenza fino a che, per il ri-pristino delle condizioni ottimali di temperatura ed

umidità, non riprendono la loro attività con conse-guente alterazione chimica e morfologica della dro-ga nel tempo (invecchiamento). L’umidità può sen-za dubbio causare una ripresa delle attività enzi-matiche. Per questo si consiglia di tenere le droghein luoghi asciutti, in contenitori ben chiusi ed even-tualmente muniti di un doppio fondo, sul quale sipone una sostanza igroscopica che serve a mante-nere nello spazio chiuso del contenitore una sec-chezza che permetta la conservazione della drogaper 1-2 anni (calce sodata ecc.).

L’umidità favorisce anche lo sviluppo di muffee batteri che contribuiscono, con le loro azioni fer-mentative, ad alterare la droga, impartendo a que-sta anche un odore sgradevole. Con il passare deltempo le droghe divengono poi preda degli insetti,specie quelle ricche di sostanze di riserva (rizomi,tuberi, radici ecc.). È difficile, dunque, sottrarre ledroghe all’azione deleteria del tempo che, oltre adalterare la morfologia, modifica i principi attivi fi-no a renderli inattivi.

Per fare in modo che le droghe conservino laloro attività iniziale è possibile stabilizzarle, inatti-vando in modo irreversibile gli enzimi in esse pre-senti. Quest’operazione, possibile solo se i princi-pi attivi sono termostabili e non di natura enzima-tica, consiste nell’esporre in autoclave, alla pres-sione di 1/4 di atmosfera, la droga fresca a vaporidi acqua, alcol o acetone, per pochi minuti, allatemperatura di 105-110 °C. Se l’operazione è benfatta non si verifica la fuoriuscita di succo cellula-re dai tessuti vegetali. Dopo stabilizzazione, ladroga si essicca in stufa. Si ottiene così una drogapriva di enzimi nella quale i principi attivi si con-servano nel medesimo stato nel quale si trovavanoal momento della raccolta. Questa procedura èperò poco praticata.

Fig. 4.1 a Dispositivo di alimentazione automatica del nastro trasportatore dell’essiccatoio. b Essiccatoio ad aria calda(45-50 °C) entro il quale scorre il nastro trasportatore con la droga fresca (C. Sessa)

a b

Sterilizzazione

Le droghe, al momento della raccolta, sono tutte in-quinate da microrganismi. Una foglia può contene-re da 700 a 2,5 milioni di batteri per grammo; quan-tità maggiori si trovano nelle foglie rivestite di pe-li e soprattutto negli organi sotterranei. Le droghepossono essere sterilizzate con ossido di etilene; esi-ste però il rischio che questa sostanza possa (a) in-teragire con sostanze presenti nella droga dandoluogo a composti tossici, (b) ridurre il contenuto inprincipi attivi di una droga (belladonna) e/o (c) mo-dificare la viscosità delle mucillagini. Nel caso poiche l’ossido di etilene venga adsorbito, si rende ne-cessario far trascorrere un certo periodo di tempoprima che la droga possa essere utilizzata.

Un’altra tecnica di sterilizzazione è l’esposizio-ne della droga ai raggi gamma. L’inconvenientedella “gammatura” è però quello di causare una ri-duzione del titolo in principi attivi.

Comunque, il problema non è tanto quello dellacarica batterica presente in una droga quanto quellodi assicurare l’assenza di microrganismi patogeni oindesiderati e di limitare il numero degli enterobat-teri, sia nei prodotti naturali (droghe) che in quelliottenuti per estrazione (tintura, infuso ecc.). È per-tanto opportuno che le operazioni di raccolta e con-servazione delle droghe (e dei prodotti di estrazio-ne) seguano le più elementari norme di igiene. Inol-tre più che la sterilizzazione è importante che ledroghe presentino una carica microbica accettabile(Tabella 4.3) e siano prive di tossine cancerogeneed epatotossiche (aflatossine).

Conservazione

Le droghe per non alterarsi devono essere conser-vate in luogo ben asciutto ed al riparo da agenti

esterni, fisici (luce e calore), chimici (ossigeno at-mosferico ed umidità) e biologici (insetti, muffe).Bisogna poi avere l’accortezza di conservare le dro-ghe sensibili alla luce in contenitori che non per-mettono il passaggio dei raggi luminosi (vasi di cre-ta o terracotta); quelle sensibili all’umidità (altea,verbasco, papaveraccio) in recipienti ermeticamen-te chiusi e quelle sensibili al calore in contenitoriposti lontano da fonti di calore (termosifoni, stufeecc.). I fiori, in particolare, devono essere conser-vati con cura per evitare che assorbano umidità chene favorisce l’ammuffimento e determina altera-zioni di colore che rendono le droghe invendibili. Ilocali, poi, devono essere freschi, asciutti e ben ae-rati. Inoltre, sia nei locali che nei contenitori sa-rebbe opportuno sistemare sostanze insetticide edigroscopiche (calce sodata).

Così facendo, si riduce il rischio che la drogacambi colore, odore, sapore e consistenza e mostritarlature e muffe. Il colore cambia per l’esposizio-ne della droga alla luce (diretta o diffusa) ed all’u-midità. La luce altera soprattutto le foglie e le som-mità (erbe) che decolorano rapidamente ed ingialli-scono in modo più o meno intenso, dando alla dro-ga un aspetto decisamente scadente. La luce alteraanche i fiori e droghe quali, ad es., zafferano e can-nella; quest’ultima, se alterata, presenta delle mac-chioline rossastre. L’odore, a causa del calore edell’umidità, può diventare sgradevole, come nelcaso dell’altea, o ammoniacale, come nel caso del-la segale cornuta, o sapere di muffa. L’umidità al-tera sostanzialmente la consistenza della droga; ra-dici, rizomi, bulbi, tuberi, legni, cortecce e semirammolliscono facilmente se conservati in ambien-te non completamente asciutto. La tarlatura, infine,viene provocata dagli insetti presenti all’interno delcontenitore utilizzato per conservare la droga. Pertutte queste ragioni è indispensabile un controlloperiodico, per verificare lo stato di conservazionedelle droghe.

Ad ogni modo una droga, anche se ben conser-vata, è destinata a perdere la propria attività con ilpassare del tempo e questo perché, nonostante la di-sidratazione, nella droga permangono piccole quan-tità di acqua. Pertanto gli enzimi seguitano, anchese in minima parte, a indurre fenomeni autoliticicon conseguente degradazione dei principi attivi.Ciò porta ad una progressiva “alterazione biologi-ca” della droga con perdita di principi attivi. Unaidonea conservazione quindi non evita, ma ritardasolamente l’invecchiamento e quindi la perdita diattività della droga. Per tale ragione le droghe, seb-bene essiccate, devono essere rinnovate periodica-mente, di regola ogni anno.

36 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 4.3 Carica microbica: valori limite tollerati

Microrganismo Limitia

Batteri aerobi < 103-104

Lieviti e muffe <102

Enterobatteri < 102

Escherichia coli n.r.

Salmonella n.r.

Pseudomonas aeruginosa n.r.

Staphylococcus aureus n.r.a valori (UFC) riferiti ad 1 g di drogan.r., non rilevabile(F. Capasso e G. Grandolini, 1999)

Capitolo 4 • Preparazione e conservazione delle droghe vegetali 37

Bibliografia essenziale

Bonati A (1992) Industry and the conservation of medi-cinal plants. In: Akerele O, Heywood V, Synfe H(eds) Conservation of medicinal plants. UniversityPress, Cambridge, pp 141-145

Capasso F, Donatelli L (1982) Farmacognosia. Le dro-ghe della farmacopea, 8ª ed. Piccin, Padova

Capasso F, Grandolini G, Izzo AA (2006) Fitoterapia. Impiego razionale delle droghe vegetali. Springer-Verlag Italia, Milano

Dezani S, Guidetti E (1953) Trattato di Farmacognnosia,2a Ed., UTET, Torino

Eskinazi D (1999) Botanical Medicine. Efficacy, QualityAssurance, and Regulation. Mary Ann Liebert Inc.New York

Flaster T (1999) Shipping, handling, receipit, and short-term storage of raw plant materials. In: Eskinazi D(ed) Botanical medicine. Mary Ann Liebert Inc., Larchmont, pp 139-142

Sangiorgi E, Minelli E, Crescini G, Garzanti S (2007) Fito -terapia. Principi di Fitoterapia Clinica, Tradizionale,Energetica, Moderna. Casa Ed. Ambrosiana, Milano

Il controllo di qualità delle droghe vegetali riveste ungrande interesse, sia dal punto di vista scientifico cheda quello economico e legislativo, per il sempre piùvasto impiego delle piante medicinali ed è indub-biamente il dato più importante per definire l’affi-dabilità di una droga utilizzata nella pratica terapeu-tica. In questi ultimi anni, inoltre, il commercio del-le droghe vegetali è stato notevolmente incrementatomediante importazioni da Paesi dell’Europa orienta-le, dell’Asia e dell’Africa, Paesi carenti di norme dicontrollo relative all’inquinamento ambientale e al-l’uso nelle colture di pesticidi e diserbanti.

Le autorità sanitarie dei diversi Paesi, attraversole Farmacopee, indicano oltre ai saggi di identifi-cazione, i requisiti minimi di qualità cui deve ri-spondere qualunque sostanza che venga adoperatacome tale o che entri a far parte di preparazioni im-piegate a scopo terapeutico, sia in preparazioni ma-gistrali (cioè preparate estemporaneamente dal far-macista), che in preparazioni officinali (cioè otte-nute da industrie farmaceutiche).

Le specifiche riportate nelle Farmacopee per ledroghe vegetali, descritte nelle singole monogra-fie, costituiscono quindi la norma per esercitare icontrolli di qualità delle droghe stesse. Ma, anchese le droghe vegetali riportate nelle Farmacopeedei diversi Paesi sono in continuo aumento, sonosempre in numero limitato rispetto alla grande va-rietà di droghe presenti sul mercato erboristico.

Pertanto la legislazione sulle droghe vegetali, èancora oggi molto carente ed in moltissimi casi ledroghe che si utilizzano non soddisfano i requisitichimico-fisici e farmacologici cui devono rispon-dere per un corretto impiego terapeutico.

Talvolta, le droghe vegetali morfologicamentecorrispondono alla descrizione farmacognostica,ma non possiedono gli effetti terapeutici o salutisti-ci attesi.

Ciò può essere causato da diversi fattori, quali:– raccolta della droga in periodo diverso dal tem-

po balsamico;

– presenza nella droga di parti della pianta conminor contenuto o prive di principi attivi;

– invecchiamento eccessivo della droga;– cattiva conservazione;– presenza di chemiotipi, che vengono confusi

con la specie richiesta.Per tutti questi motivi si rende indispensabile, oltreall’esame morfologico, il controllo delle caratteri-stiche chimico-fisiche e farmacodinamiche delledroghe poste in commercio.

La legislazione italiana ha recepito tale neces-sità e la circolare del 18 luglio 2002, n. 3, del Mi-nistero della Salute – Applicazione della procedu-ra di notifica di etichetta di cui all’art. 7 del de-creto legislativo n. 111/1992, ai prodotti a base dipiante e derivati aventi finalità salutistiche – pre-vede che “il campo di applicazione dell’art. 7 deldecreto legislativo è esteso anche ai prodotti con-tenenti solo ingredienti erboristici che presentinorequisiti di composizione compatibili con una fi-nalità di tipo salutistico. La procedura di notificadi etichetta consente al Ministero della salute diesaminarne la composizione e quindi anche di va-lutare l’ammissibilità degli ingredienti in que-stione di cui devono essere fornite schede tecniche(Tabella 5.1) o altra documentazione che ne atte-sti l’idoneità all’uso alimentare e, se del caso, laconformità alla farmacopea ufficiale”.Nella Tabella 5.2 è riportato un esempio di schedadelle analisi richieste nel controllo di qualità delledroghe vegetali e dei loro derivati.

Esame dei caratteri organolettici (odore, sapore)

Per le piante che contengono oli essenziali, l’o-dore è un carattere distintivo fondamentale chepermette non solo di riconoscere la droga ma an-che di avere delle indicazioni sullo stato di con-

CONTROLLO DI QUALITÀ

DELLE DROGHE VEGETALI

Capitolo

5

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

40 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 5.1 Scheda tecnica

MINISTERO DELLA SALUTE

CIRCOLARE 18 luglio 2002, n. 3(G.U. n. 188 del 12 agosto 2002)

Applicazione della procedura di notifica di etichetta di cui all'art. 7 del decreto legislativo n. 111/1992, ai prodotti a base di piante e derivati aventi finalità salutistiche

Allegato 1

SCHEDA

Nome botanico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Origine della pianta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Provenienza della materia prima impiegata nel prodotto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Parte della pianta utilizzata: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tipo di preparazione utilizzata: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Costituenti attivi della pianta e titolo relativo: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Marker biologico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Finalità fisiologiche e salutistiche: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Dati tossicologici: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Contaminanti: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Controindicazioni, avvertenze, interazioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Eventuali note particolari: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tabella 5.2 Schema delle analisi da condurre per il controllo di qualità delle droghe vegetali

SCHEDA ANALISI N°

Prodotto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Osservazioni sulla confezione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Aspetto del prodotto: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

N° dei prelievi: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . N° dei campioni: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . G/campione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Firma del prelevatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

1) CONTROLLO MORFOLOGICO 2) CONTROLLO CHIMICO ANALITICO

SAGGI RISULTATI SIGLA SAGGI RISULTATI SIGLA

Aspetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perdita in peso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Colore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . a temp. ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Odore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Perdita in peso a °C . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Identità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Reazioni identificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Caratteri microscopici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Caratter. cromatografiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Adulterazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Titolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Elementi estranei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Saggi purezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .NOTE Ceneri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ceneri insolubili in HCl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Residui pesticidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Metalli pesanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3) CONTROLLO BIOLOGICO

SAGGI RISULTATI SIGLA

Carica Batterica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Attività biologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

SERVIZIO CONTROLLO QUALITÀ

APPROVATO � RESPINTO � SCADENZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Firma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Capitolo 5 • Controllo di qualità delle droghe vegetali 41

servazione. Infatti, nelle droghe mal essiccate otroppo vecchie si avrà perdita o alterazione del-l’odore.

L’esame olfattivo potrà essere utile anche per ilriconoscimento di droghe non essenziere, ma conodore caratteristico (rabarbaro, seme santo, vale-riana ecc.).

Per quanto concerne il sapore, molte droghe so-no di sapore amaro (china, aloe, genziana, noce vo-mica ecc.), altre di sapore dolce (liquirizia, stevia).Le droghe tanniche hanno sapore astringente, men-tre quelle che contengono saponine hanno saporeacre ed irritante.

Esame dei caratteri morfologici (aspetto, forma, colore)

L’osservazione morfologica è mirata non solo allaricerca dei caratteri botanici identificativi dellapianta ed in particolare della droga, ma anche di ele-menti di differenziazione rispetto ad altre speciedello stesso genere – ad es. nella radice di Urago-ga ipecacuanha o Cephaelis ipecacuanha (anella-ta minore) (Rubiaceae) gli anelli sono meno di-stanziati e più marcati rispetto a Uragoga grana-tensis o Cephaelis acuminata (anellata maggiore);le foglioline delle varie specie di Cassia (C. angu-stifolia, C. acutifolia) (Leguminosae), sono diver-se per forma e dimensione; la disposizione dei si-stemi stellati, osservabile con una lente di ingran-dimento, è sparsa in Rheum officinale, mentre è informa di cerchio regolare in Rheum palmatum(Poligonaceae).

L’aspetto ed il colore, oltre ad indicare se sitratta di una droga organizzata (foglie, fiori, radici,cortecce, semi, erba) o non organizzata (gomme,resine, latici, succhi), possono mettere in evidenzapossibili alterazioni dovute al non completo essic-camento, o troppo lunga conservazione. Infatti, sela conservazione è troppo prolungata, le droghefragili si sbriciolano, i parenchimi clorofilliani in-gialliscono, i fiori perdono il colore.

La presenza di insetti o muffe sarà indice di es-siccamento insufficiente o conservazione in am-bienti umidi.

Se la droga è polverata o triturata (il cosiddettotaglio tisana), come spesso viene posta in commer-cio per comodità dell’utilizzatore, l’esame morfo-logico potrà dare limitate indicazioni e per identifi-care la droga e le eventuali sofisticazioni, biso-gnerà ricorrere all’esame microscopico.

Esame microscopico

L’esame microscopico può dare un ulteriore con-tributo al riconoscimento delle droghe intere, ma èindispensabile per il riconoscimento delle droghetriturate o polverate dove è impossibile riconosce-re e valutare elementi identificativi quali ad es. imargini fogliari, la forma dei semi ecc. L’esame mi-croscopico per le droghe intere viene effettuato, dinorma, su sezioni trasversali, previa inclusione inparaffina e successiva colorazione per differenzia-re i diversi tessuti. Ad es., il cloruro di zinco ioda-to colora in blu-viola il legno ed in giallo-bruno lacellulosa ed il sughero.

Per quanto concerne le droghe polverate, dinorma l’osservazione viene effettuata su un vetrinopreparato estemporaneamente sospendendo la pol-vere in una miscela in parti uguali di glicerolo- acqua-alcol.

Per una migliore osservazione può essere ese-guita una chiarificazione, aggiungendo al vetrinoalcune gocce di soluzione di cloralio idrato e ri-scaldando lievemente.

Per meglio evidenziare specifiche strutture pos-sono essere eseguite alcune semplici reazioni:– i granuli di amido si colorano in blu per aggiun-

ta di soluzione di iodio;– la cellulosa si colora in violetto con soluzione

iodurata di cloruro di zinco;– le pareti cellulari lignificate si colorano in rosso

per imbibizione con fluoroglucina ed aggiuntadi una goccia di acido cloridrico.L’osservazione microscopica consente di diffe-

renziare droghe appartenenti alla stessa famiglia econtenenti gli stessi principi attivi. Ad es. al micro-scopio è possibile differenziare le foglie di bella-donna, giusquiamo e stramonio:– nella belladonna si osservano: epidermide con

cuticola striata, peli protettori pluricellulariuniseriati con cuticola liscia e peli ghiandolaricon capocchia pluricellulare e peduncolo uni-cellulare o con capocchia unicellulare e pedun-colo pluricellulare, sabbia cristallina di ossala-to di calcio;

– nel giusquiamo: epidermide con cuticola liscia,peli protettori pluricellulari molto lunghi e pri-smi di ossalato di calcio;

– nello stramonio: peli protettori con cuticola ver-rucosa e druse di ossalato di calcio.L’osservazione microscopica può fornire utili

informazioni anche nel caso di alcune droghe nonorganizzate. Ad es., nella gomma adragante si no-tano residui cellulari e granuli di amido, nell’hashish

peli a cistoliti con punta ricurva, peli unicellulariconici e peli ghiandolari pluricellulari, sessili o pe-duncolati con peduncolo pluriseriato.

Analisi chimico-fisiche

Determinazione dell’umidità

Con il termine umidità s’intende la quantità di ac-qua residua nelle droghe dopo l’essiccamento. Èquesto un indice della buona conservazione delledroghe, in quanto un elevato contenuto di acqua in-sieme ad una idonea temperatura dell’ambiente(locali riscaldati, temperature estive), determinanol’attivazione degli enzimi e quindi la possibilità dialterazione dei principi attivi (idrolisi, ossidazione,polimerizzazione ecc.) e la proliferazione di orga-nismi viventi (funghi, muffe, insetti).

Ci sono numerosi metodi per la determinazionedell’umidità. Il metodo prescritto dalla Farmaco-pea Europea (Ph. Eur.) è quello della determina-zione della perdita di acqua per essiccamento. Unaquantità pesata di droga polverata, posta in capsulatarata, viene introdotta in stufa a 105 °C per alme-no un’ora e quindi pesata per determinare la perdi-ta di acqua durante l’essiccamento. Il procedimen-to viene ripetuto finché si ottiene un peso costantein due pesate consecutive. Dalla riduzione di pesosi risale alla percentuale di umidità.

Il valore può essere falsato dalla perdita di prin-cipi attivi volatili nel caso di droghe contenenti es-senze, balsami, resine.

Determinazione delle ceneri

La determinazione delle ceneri può essere impor-tante, non tanto per l’identificazione della droga,quanto per riconoscere eventuali contaminazioni osofisticazioni con materiale inorganico.

Una quantità pesata di droga viene posta in uncrogiuolo tarato e quindi mantenuta in muffola perdiverse ore. La temperatura della muffola viene gra-dualmente innalzata fino a 800-1000 °C. Il residuo,costituito da ossidi e carbonati dei metalli presenti(Na, K, Ca, Mg ecc.) viene pesato e rimesso inmuffola finché due pesate consecutive sono uguali.La percentuale di ceneri così ottenuta costituisce leceneri totali. Queste possono assumere un valoreelevato nelle droghe con alto contenuto di ossalatodi calcio (ad es. rabarbaro cinese) o in presenza disofisticazioni volontarie (ad es. lo zafferano mesco-lato a polvere di mattone).

Le ceneri totali, trattate con HCl, danno un resi-duo di ceneri acido-insolubili costituite general-mente da silice.

Viscosità

La viscosità è un parametro molto importante nella valutazione della qualità di alcune droghenon organizzate, quali le gomme e le mucillagini(Cap. 11), che nell’acqua formano sospensionicolloidali. La viscosità è la resistenza allo scorri-mento che incontra una massa di fluido in moto.Essa dipende dalle forze di coesione delle mole-cole del fluido, che impediscono il libero scorri-mento dei vari strati.

La viscosità dei fluidi può essere misurata condiverse tecniche basate principalmente (i) sul tem-po di efflusso del fluido attraverso un capillare – iltempo di efflusso di un volume noto, a pressione etemperatura costante, è tanto più lungo quantomaggiore è la viscosità del fluido in esame – o (ii)sull’attrito che incontra un corpo in movimento inun fluido e che sarà proporzionale alla viscosità delfluido in esame. Per la misura della viscosità asso-luta o dinamica è usato il centipoise (cP), corri-spondente al millipascal per secondo (mPa·s).

Analisi dei principi attivi

La determinazione quali-quantitativa dei principi at-tivi presenti nelle droghe vegetali viene compiuta es-senzialmente mediante metodi analitici strumentalialtamente sensibili e specifici. Le tecniche più im-portanti nello studio delle sostanze naturali e nelcontrollo di qualità delle droghe e dei loro derivatisono quelle cromatografiche e spettrometriche.

Saggi biologici

I saggi biologici comprendono tutti quei test chevengono eseguiti, sia in vivo che in vitro, su un mez-zo biologico (animali, tessuti isolati, batteri); pos-sono dividersi in due categorie principali. Alla pri-ma appartengono i saggi di controllo, i saggi di ri-conoscimento delle droghe e i saggi che consentonodi studiare l’attività delle droghe poco note. Alla se-conda categoria appartengono i dosaggi biologici,cioè i saggi che si utilizzano per la titolazione deiprincipi attivi presenti in una droga o in una prepa-razione farmaceutica mediante la misura della suaattività biologica.

42 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 5 • Controllo di qualità delle droghe vegetali 43

Saggi biologici di controllo

I saggi biologici di controllo o di sicurezza com-prendono l’insieme dei saggi ai quali un prodottoviene sottoposto al fine di escludere che possa ri-sultare nocivo per l’uomo (ad es. il controllo mi-crobiologico)

Alcuni di essi sono specifici per determinate ca-tegorie di preparazioni farmaceutiche (come il con-trollo di sterilità richiesto per i fili di sutura di usochirurgico, cotone e garze sterili, contenitori persangue e derivati, colliri e pomate oftalmiche e tut-te le preparazioni iniettabili per le quali è prescrittoinoltre il saggio per la verifica dell’assenza di piro-geni), o per determinate categorie di farmaci (sag-gio per la verifica di tossicità anormale per eparina,antibiotici, sieri, vaccini, immunoglobuline; ricercadi sostanze ipotensive o dell’istamina per alcunecategorie di antibiotici).

Saggi di attività

Questi saggi consentono di riconoscere una drogavegetale o un suo derivato in base alla valutazionedell’attività osservata su colture di cellule, su tessu-ti ed organi isolati o su un organismo vivente. L’at-tività delle droghe vegetali viene studiata in vivo su-gli animali da esperimento, osservando gli effettiprovocati dalla somministrazione della droga in esa-me o di un suo derivato, su una specifica funzione(ad es. attività analgesica, antipiretica, ipotensiva) oin vitro su organi isolati (ad es. attività cardiovasco-lare su cuore isolato o strisce di aorta) o su cellule ofrazioni cellulari (ad es. attività antiossidante su fra-zioni microsomiali; attività antitumorale su linee dispecifiche cellule tumorali).

Dosaggi biologici

Non sempre i metodi chimico-fisici sono idonei perla titolazione dei principi biologicamente attivi pre-senti in una droga o in una preparazione farmaceu-tica. È questo il caso di numerosi prodotti biologi-ci, di estratti grezzi di droghe vegetali e, in genere,di tutti quei prodotti la cui composizione chimicanon è ben definita.

Diversi prodotti biologici, quali sieri, vaccini,immunoglobuline, ormoni, enzimi, hanno una strut -tura complessa, spesso di natura polipeptidica.L’attività biologica è legata non solo alla naturaed al numero dei componenti, ma, principalmen-te, alla sequenza aminoacidica ed alla configura-

zione della molecola che spesso non può essererilevata con analisi chimico-fisiche che la di-struggerebbero.

Inoltre le droghe vegetali talvolta contengonocomponenti con struttura molto simile, per cui èimpossibile la loro differenziazione in un estrattototale della droga, ma che presentano sostanzialidifferenze quali-quantitative nell’attività biologica(ad es. gli stereoisomeri ergometrina ed ergometri-nina, ergocristina ed ergocristinina ecc. nella Cla-viceps purpurea). Inoltre, numerose droghe adope-rate nella medicina tradizionale dei Paesi asiaticied africani, i cui principi attivi non sono noti, ma-nifestano effetti terapeutici.

In tutti questi casi la determinazione quantitati-va dei principi attivi viene effettuata mediante undosaggio biologico, che permette di risalire allaconcentrazione dei componenti terapeuticamenteutili, mediante la valutazione dell’attività biologicaosservata su di un tessuto, un organo o un organi-smo vivente.

L’attività di questi prodotti è espressa in unitàconvenzionali (unità internazionali UI) e viene mi-surata in paragone con una preparazione analoga aconcentrazione nota (Standard Internazionale).

I dosaggi biologici sono prescritti principal-mente per droghe di origine animale, ma possonoessere di grande utilità nella titolazione di droghedella medicina tradizionale dei Paesi in via di svi-luppo, delle quali, molto spesso, non è completa-mente conosciuta la composizione quali-quantitati-va dei principi attivi.

Esempi di dosaggi biologici sono:– dosaggio microbiologico degli antibiotici: l’at-

tività di un antibiotico è valutata confrontandol’alone di inibizione della crescita di microrga-nismi sensibili prodotta da concentrazioni notedell’antibiotico in esame con quello prodotto dauna sostanza di riferimento;

– dosaggio della corticotropina: si determina ladeplezione di acido ascorbico dalle ghiandolesurrenali di ratti ipofisectomizzati, in paragonead uno standard internazionale di corticotropinadi maiale purificata e liofilizzata;

– dosaggio dell’eparina: l’attività anticoagulantedell’eparina è determinata in vitro confrontandola capacità di ritardare la coagulazione del san-gue di montone citratato e ricalcificato, conquella di una preparazione standard di eparinaottenuta dalla mucosa intestinale di maiale;

– dosaggio del vaccino tetanico: si confronta la do-se di vaccino necessaria per proteggere le cavie o i topi dagli effetti di una dose paralizzante ditossina tetanica inoculata per via sottocutanea,

con quella di uno standard, necessaria per otte-nere la stessa protezione;

– dosaggio della calcitonina: si valuta, nel ratto,la riduzione della calcemia in paragone ad unostandard di calcitonina di salmone.

Analisi tossicologiche (contaminanti)

Pesticidi

Ai fini della Farmacopea è da considerare come pe-sticida ogni sostanza destinata a distruggere, re-spingere o combattere le specie indesiderate dipiante e di animali che danneggiano o comunque in-terferiscono negativamente con la produzione, latrasformazione, la conservazione, il trasporto o ilcommercio di droghe vegetali.

Per quanto concerne le analisi tossicologiche daeseguire nell’ambito dei controlli di qualità delledroghe vegetali, il termine comprende anche le so-stanze utilizzate come regolatori della crescita, esfo-lianti, disseccanti e tutti quei composti che possonoessere applicati sulle colture, sia prima che dopo laraccolta, per proteggere le droghe dal deterioramen-to durante l’immagazzinamento ed il trasporto.

Se non è diversamente indicato in monografia,la droga in esame deve soddisfare almeno i limitiindicati nella tabella riportata dalla Ph. Eur. o, inmancanza di monografie specifiche, i limiti previ-sti per gli alimenti.

Metalli pesanti

La contaminazione da metalli pesanti non è unevento infrequente per quanto concerne le droghevegetali. Infatti, la coltivazione in vicinanza di in-dustrie o di strade ad intenso traffico veicolare, l’ir-rigazione con acque inquinate da scarichi industrialie/o l’uso di pesticidi contenenti rame possono de-terminare la presenza di elevati quantitativi di me-talli nelle droghe del commercio.

Gli inquinanti più frequenti sono piombo e cad-mio, ma possono trovarsi anche mercurio, rame,manganese.

I quantitativi presenti sulla superficie della dro-ga dipendono non solo dalla percentuale presentenell’ambiente, ma anche dalla vicinanza al suolo edalla struttura dei tessuti superficiali della drogastessa (le foglie di digitale che crescono a livellodel suolo e presentano una superficie fogliare riccadi peli, avrà, a parità di inquinamento ambientale,una maggior percentuale di metalli rispetto alle fo-

glie del tè o dell’eucalipto). Un accurato lavaggioed i metodi di estrazione ridurranno notevolmentela presenza di inquinanti nella droga e nelle suepreparazioni, per cui raramente si raggiungono li-velli superiori a quelli consentiti dalla FDA (Foodand Drug Administration) per gli alimenti.

Studi sperimentali hanno messo in evidenza chei metalli pesanti interferiscono con le tappe metabo-liche che portano alla formazione dei principi attivi.Ad es. nelle foglie di Datura stramonium sottopostead inquinamento da cadmio, si ha un aumento ditropina ed una riduzione dei livelli di atropina conun chiaro effetto sui processi di esterificazione; neisemi di Coriandrum sativum elevati livelli di cad-mio determinano la scomparsa di alcuni componen-ti l’essenza quali limonene e geraniolo.

Il contenuto di metalli nelle droghe viene deter-minato mediante spettrofotometria ad assorbimentoatomico, previa digestione della sostanza organica.

Carica microbica

Per quanto concerne la carica microbica, le droghevegetali, salvo poche eccezioni, devono rispettare i li-miti previsti per le derrate alimentari o, se adoperateper preparazioni farmaceutiche, quelli previsti dallaPh. Eur. per i prodotti non obbligatoriamente sterili.

La Ph. Eur. prevede saggi microbiologici incoltura per: Salmonella, Escherichia coli, Pseudo-monas aeruginosa, Staphylococcus aureus. La ri-cerca dei clostridi verrà effettuata solo per prepa-razioni che prevedono condizioni di conservazio-ne in anaerobiosi.

Micotossine

I funghi filamentosi microscopici, comunementenoti come muffe, possono svilupparsi su droghe ve-getali, alimenti e mangimi e, in particolari condi-zioni, produrre numerosi metaboliti secondari. Traquesti, le micotossine rappresentano un gruppo dicirca cento sostanze chimicamente identificate chepossono esercitare un’azione tossica sull’uomo esugli animali d’allevamento, principalmente attra-verso l’ingestione di alimenti contaminati. L’im-pianto e lo sviluppo delle muffe è influenzato da unampio spettro di fattori chimici, fisici ed ambienta-li (temperatura, umidità ecc.) ed avviene su un nu-mero rilevante di prodotti di origine vegetale, qua-li cereali, semi oleaginosi, spezie.

Le micotossine (aflatossine, ocratossina, patuli-na, zeralenone) vengono determinate mediante TLC

44 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 5 • Controllo di qualità delle droghe vegetali 45

o HPLC. I valori massimi ammissibili previsti dal-la normativa CEE per le “piante infusionali o loroparti” sono di 5 μg/kg per le aflatossine B1 e di 10 μg/kg per le aflatossine totali. Valori massimi di zeralenone (100 μg/kg, 20 μ negli alimenti perl’infanzia), di patulina (50 μg/kg) e di ocratossina(8 μg/kg, 0.5 μ negli alimenti per l’infanzia) sonoprevisti solo per gli alimenti.

Radionuclidi

Dopo l’incidente nel 1986 al reattore nucleare diChernobyl, anche la contaminazione da sostanze ra-dioattive è oggi oggetto di regolari indagini, specieper droghe provenienti dall’Est Europa. Comunque,per i consumatori di infusi non esistono reali peri-coli in quanto è stato accertato che solo una mini-ma quantità di radionuclidi passa nell’infuso.

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Le droghe, come abbiamo già detto, possono otte-nersi sia da piante spontanee che coltivate. Può es-sere più conveniente ricavarle da piante spontaneequando i popolamenti naturali, abbondanti e densi(Ammi visnaga in Marocco, Matricaria in Unghe-ria), interessano aree non impervie (facilmente ac-cessibili), quando la richiesta, modesta, non giusti-fica la coltivazione, quando la loro coltivazione èdifficile (Viscum album) e quando i costi non gra-vano eccessivamente sul prodotto finale; viceversa,costi elevati e la difficoltà di recuperare piantespontanee, rendono la coltivazione una valida al-ternativa. Per queste ragioni le radici di Dioscoreasono raccolte quasi esclusivamente da piante spon-tanee mentre l’oppio si ottiene da piante coltivate.Comunque, se alcune piante medicinali si coltiva-no da secoli e/o da millenni (Papaver somniferumvar. album, Erythroxilum coca, Cannabis sativaecc.), altre vengono, per una accresciuta richiesta,coltivate solo da qualche decennio (Matricaria re-cutita, Calendula officinalis, Mentha piperita, La-vandula officinalis, Hypericum perforatum, Panaxginseng ecc., Figg. 6.1 e 6.2).

Spesso le coltivazioni vengono fatte in regionilontane dal Paese di origine: è questo il caso diChrysanthemum cinerariaefolium, endemico lun-go le coste dalmate (Jugoslavia) e coltivato in Afri-ca (Kenia) ed estremo oriente (Giappone), o diCassia angustifolia, spontanea in Arabia e coltiva-ta in India.

La raccolta di piante spontanee presenta, co-munque, una serie di svantaggi per cui oggi sipreferisce una droga proveniente da una piantacoltivata piuttosto che spontanea (Tabella 6.1). Lapossibilità infatti di coltivare piante medicinali,riprodotte per clonazione e che siano state miglio-rate geneticamente, consente di ottenere del mate-riale grezzo di qualità uniforme. Lo sviluppo poidi moderne tecniche di lavorazione e conserva-zione del materiale grezzo consente di garantire laqualità del prodotto (droga) per un periodo ditempo più lungo.

In Europa le più importanti aree di produzionesono localizzate in Ungheria, dove attualmente sicoltivano oltre 20.000 ettari di piante officinali (soprattutto Matricaria chamomilla, Anethum gra-

COLTIVAZIONE DELLE PIANTE MEDICINALICapitolo

6

Fig. 6.1 Coltivazione di Matricaria recutita in Egitto (R. Longo)

Fig. 6.2 Coltivazione di Calendula officinalis in Italia (Museo delle Erbe, Veroli)

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

veolens, Foeniculum vulgare, Carum carvi, Co-riandrum sativum, Lavandula officinalis, Salvia officinalis, Pimpinella anisum, Majorana horten-sis, Mentha piperita). Coltivazioni di piante offici-nali si hanno anche in Olanda, Francia, Polonia,Germania e Spagna. Dei Paesi extraeuropei, le piùsignificative aree di coltivazione si trovano in Cina, Corea, India, Argentina, Brasile, Marocco ed Egitto (Fig. 6.3).

In Italia le aziende agricole specializzate nellacoltivazione di piante medicinali sono talmentepoche da soddisfare solo in minima parte la ri-chiesta interna (l’85% del materiale erboristicoutilizzato viene importato). Purtroppo la coltiva-zione delle piante medicinali è troppo spesso inte-sa come attività da svolgere nel rigido rispetto dinorme che escludono tecniche agronomiche cheprevedono l’impiego di concimi chimici e di anti-parassitari di sintesi. Così pure è un luogo comu-ne la scelta di terreni “marginali”, poco fertili eper di più impervi, per la coltivazione di piantemedicinali.

Questi atteggiamenti, assieme alla mancanza diapprofondite conoscenze sulle piante da coltivare eall’assenza di una filiera in grado di garantire ilcollocamento del prodotto vegetale (droga) sulmercato con trasparenza, ostacolano da noi la colti-vazione intensiva di piante medicinali. Di conse-guenza si è costretti ad importare droghe vegetaliprovenienti da coltivazioni non sempre condottenel rispetto delle regole comunitarie.

Aspetti agronomici

Una coltivazione appropriata, che fa ricorso a tec-niche agronomiche adeguate, può migliorare labiomassa e quindi il contenuto in principi attivi diuna pianta. Le tecniche agronomiche che migliora-

no le caratteristiche chimiche e botaniche dellepiante medicinali sono diverse e riguardano il mi-glioramento genetico, le condizioni ambientali, letecniche di irrigazione e coltivazione ed il tratta-mento post-rac colta.

Nel coltivare una pianta medicinale bisogna te-ner conto innanzitutto delle esigenze climatiche ededafiche, che, ovviamente, variano da specie a spe-cie vegetale, e delle specifiche tecniche di coltiva-zione. Per ottenere una buona raccolta bisogna se-lezionare gli individui, cercando di utilizzare lespecie e le razze che più si adattano alle condizioniclimatiche del luogo scelto per la coltivazione eche diano il maggior rendimento per unità di su-perficie. Trattandosi di piante medicinali, il miglio-ramento non consiste solo nel realizzare un raccol-to più abbondante, ma di ottenere soprattutto uncontenuto in principi attivi costante in modo daavere un prodotto vegetale di qualità uni forme. Al-l’uopo si cerca di migliorare il suolo con tratta-menti chimici opportuni, di modificare il pH e diapportare elementi nutritivi.

Un importante fattore agrotecnologico è poil’acqua, un elemento che svolge un ruolo impor-tante nella crescita e nello sviluppo delle piante.La mancanza di acqua solo in alcuni casi può fa-vorire il contenuto in principi attivi di una pianta;più in generale ha un effetto negativo. Sono di-verse le piante medicinali (Digitalis purpurea,Atropa belladonna, Mentha piperita ecc.) che incondizioni di carenza idrica rallentano notevol-mente la produzione di metaboliti secondari. Co-munque, anche il tipo di irrigazione può risultaredannoso per la pianta; così il metodo per asper-sione è sconsigliabile per le piante aromatiche,quello a pioggia è dannoso in prossimità della fio-ritura (papavero da oppio). In genere le tecnichedi irrigazione che non provocano dilavamentodelle parti aeree della pianta sono meno dannose e

48 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 6.1 Droghe provenienti da piante spontanee o coltivate: vantaggi e svantaggi

Piante spontanee Piante coltivate

Disponibilità In diminuzione In aumentoControllo di qualità Scarso ElevatoIdentificazione botanica Non sempre attendibile AttendibileRifornimento Instabile StabileResistenza ai parassiti Maggiore Minore*Miglioramento genetico Non possibile PossibileManipolazione agronomica Non possibile PossibileManipolazione post-raccolta Non accurata ed immediata ImmediataRaccolta Manuale (più costosa) Meccanica (meno costosa)Adulterazione Possibile Praticamente impossibile

* Un elevato numero di piante per unità di superficie consente una moltiplicazione dei parassiti e quindi una maggiore esposizione del-le piante all’attacco di questi

Capitolo 6 • Coltivazione delle piante medicinali 49

quindi da preferire; così pure è opportuno evitareirrigazioni in prossimità della raccolta, specie sesi tratta di piante essenziere.

Diversi sono poi i fitormoni che controllano lacrescita della pianta e la sua reazione a fattori am-bientali. Le conoscenze al riguardo hanno consen-tito di incrementare la produzione di alcuni princi-

pi attivi. Ad es. è possibile aumentare di circa duevolte la produzione di olio essenziale mediante ap-plicazione di citochina sulle foglie di Mentha pipe-rita o di Salvia officinalis. Così pure è stato possi-bile concentrare la tebaina nel Papaver bracteatumuna volta trattato con acido giberellico (GA); l’in-troduzione di GA nei semi di Solanum laciniatum

Fig. 6.3 Coltivazione, raccolta e confezionamento del Panax ginseng in Corea: a raccolta dei semi; b semina; c lavaggio con acqua delle radici; d essiccazione; e trattamento a vapore; f confezionamento (K. Ju Choi)

f

c d

a b

e

incrementa anche la formazione di metaboliti se-condari (solasodina).

È anche noto che molti alcaloidi sono formatida tessuti giovani, in prima crescita; influenzandolo sviluppo di questi con fitormoni s’incrementa laproduzione di sostanze alcaloidee. I fitormoni pos-sono anche aumentare il contenuto di metaboliti se-condari nel materiale vegetale dopo che questo siastato raccolto. Così i rizomi di Costus spicosus pre-sentano una maggiore quantità di diosgenina se in-cubati con 2,4 D (acido 2,4-diclorofenossiacetico)o acetato di Na (Tabella 6.2).

La pianta può anche essere migliorata agendosul suo patrimonio ereditario, mediante selezione,ibridazione, mutazione o poliplodia. Una voltamigliorata, la pianta può essere facilmente molti-plicata con tecniche sia tradizionali che nuove(micro propagazione).

Aspetti biotecnologici

Tecniche analitiche altamente specifiche e sensibilicome il RIA (radioimmuno assay) e l’ELISA (enzy-me-linked immunosorbent assay) hanno consentitoin questi ultimi anni di individuare quantità ancheminime di metaboliti secondari nelle piante. Il RIA,ad es., ha consentito di individuare nel Catha-ranthus roseus quantità di vindolina pari a 110 fen-tomoli. Tali tecniche hanno indubbiamente facilita-to la selezione di piante contenenti uno specificometabolita o una determinata composizione chimi-ca. Questo ha facilitato anche la ricerca di piante dautilizzare al posto di altre ben note; ad es. il Sola-num laciniatum è stato utilizzato in sostituzione del-la Dioscorea mexicana, fornitrice di diosgenina, do-po che il RIA ha messo in evidenza la presenza di0,7 μg di solasodina in questa pianta.

Comunque la biotecnologia non ha consentitosolo di individuare e quantificare metaboliti secon-dari, ma anche di migliorare la produzione e la re-

sistenza delle piante agli stress ambientali, ai pa-rassiti ed agli altri patogeni.

Sin dai tempi antichi l’uomo ha cercato di mi-gliorare la qualità e la produttività delle piante piùimportanti, sia di interesse alimentare che medici-nale. Gli strumenti per farlo consistevano nelleprocedure di selezio ne e di incrocio, acquisite gra-zie all’osserva zione ed all’esperienza. Queste pro-cedure tradizionali, che si basano semplicementesu incroci tra individui selezionati dei due ses si,continuano ad essere l’approccio predominante,anche se in questi ultimi anni si è cercato di mi-gliorare la specie vegetale secondo procedure piùrigorose quali la micropropagazione, la fusione diprotoplasti e l’ingegneria genetica.

La tecnica della micropropagazione consente diottenere un gran numero di piante complete, confenotipo uniforme, a partire da piccoli frammentidi tessuto vegetale (ad es. meristema) mantenuti incoltura. Le piante di Cinchona e Digitalis sono ades. riprodotte per micropropagazione, perché si ri-producono in tempi più brevi rispetto alla propaga-zione per seme, non presentano caratteri agrono-mici diversi dagli individui di partenza e presenta-no un corredo chimico costante. La micropropaga-zione consente anche l’eliminazione di virus e dialtri patogeni.

Se la riproduzione avviene a partire da proto-plasti (cellule prive di parete cellulare), il fenotipofinale esibisce qualche cambiamen to. Questo feno-meno, definito variazione somaclonale, è sfruttatoper migliorare la produttività delle specie vegetali esoprattutto la loro resistenza agli erbicidi ed allemalattie.

Un vantaggio, per queste nuove tecniche, è da-to dal fatto che le cellule vegetali possono essereprelevate e sottoposte a manipolazione genetica.

Più di recente, con l’avvento della tecnica delDNA ricombinante, è stato possibile trasferire, sen-za incrocio, geni singoli da una pianta all’altra.Uno dei primi tentativi è stato quello di alcuni bio-logi americani che sono riusciti a trasferire un geneda un fagiolo (leguminosa) al girasole (composi-ta). Il risultato finale è stato l’ottenimento di unolio di girasole ad alto contenuto proteico. Risulta-ti significativi si sono poi avuti con l’inserimentonelle piante di geni di origine batterica, che confe-riscono, tra l’altro, la resistenza ai parassiti.

La tecnica che consente di ottenere piante tran-sgeniche prevede diversi passaggi quali:– l’isolamento del gene da trasferire, separandolo

dal restante DNA;– l’inserimento del gene “passeggero” in un vet-

tore (plasmide batterico);

50 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 6.2 Contenuto di diosgenina in rizomi di Costusspicosus trattati con 2,4 D (10 ppm) e acetato di Na (50 ppm)dopo la raccolta

Ormoni Durata del trattamento Diosgenina(ore) %

Controllo – 1,562,4 D 24 2,19

48 3,3660 3,19

Acetato di Na 48 3,7960 3,23

Capitolo 6 • Coltivazione delle piante medicinali 51

– la replicazione del batterio. La replicazioneconsente l’amplificazione del gene “passegge-ro” da trasferire;

– il trasferimento del vettore (plasmide) che vei-cola il gene nella cellula germinale di un’altraspecie vegetale che presenterà le caratteristichedesiderate.Il primo vettore utilizzato per il trasferimento di

geni nelle cellule vegetali è stato il batterio Agro-bacterium tumefaciens, che veicola il plasmide Ti(tumour inducing) capace di penetrare ed integrar-si facilmente nel genoma della cellula vegetale. Ilplasmide Ti trasmette tumori nelle piante. La sosti-tuzione degli oncogeni T con il ge ne “passeggero”da trasferire ha consentito l’ottenimento di un or-ganismo vegetale con determinate caratteristiche(quelle desiderate). Un altro batterio che sembraintegrarsi facilmente con il genoma delle cellulevegetali è l’Agrobacterium rhizogenes. Questo bat-terio, denominato Ri (root inducing), rappresentaun altro potenziale vettore.

In questi ultimi anni sono state sperimentate di-verse nuove tecniche per trasferire i geni desidera-ti nelle cellule vegetali (Tabella 6.3) allo scopo diottenere piante transgeniche. Alcune di queste tec-niche hanno già dato risultati significativi sia incampo alimentare che farmaceutico. Nelle piante,ad es., sono state prodotte sostanze terapeutiche co-me l’insulina e la sieroalbumina e sono allo studiosistemi per incrementare la produzione di principiattivi nei vegetali.

Aspetti economici

Secondo stime recenti le prescrizioni di prodotti er-boristici (o fitoterapici) si aggirano intorno al 30%nei Paesi industrializzati. In questi Paesi diverse so-stanze presenti in natura si utilizzano allo stato puro(di sintesi o estrattive); inoltre numerosi estratti ve-getali vengono utilizzati in medicina a fronte di cir-ca 150 piante considerate utili in terapia.

Gli estratti presentano dei vantaggi rispetto aiprodotti puri: contengono classi di sostanze che in-teragiscono tra di loro dando una risposta farmaco-logica più complessa; presentano una biodisponibi-lità migliore rispetto al composto puro, per la pre-senza (o formazione) di complessi o coniugati na-turali; sono meno costosi dei prodotti puri. Gliestratti sono poi da preferire alla droga tal qualeperché sono standardizzati, più stabili e meno in-quinati ed inoltre possono essere concentrati permigliorare la risposta farmacologica.

Naturalmente l’estratto vegetale deve soddisfa-re certi requisiti di sicurezza e di qualità, cioè devepresentare una composizione chimica costante, es-sere stabile e contenere contaminanti (botanici,chimici, batterici ecc.) entro limiti accettabili. Permigliorare questi requisiti è necessario ottimizzarele tecniche di produzione e di analisi delle droghevegetali. Innanzitutto le droghe, prima di essereutilizzate, devono essere identificate botanicamen-te e controllate per verificare l’assenza di specie o

Tabella 6.3 Trasferimento di DNA in cellule vegetali

Tecnica Probabilità di riuscita Commento

Plasmidi Ti* Elevata La tecnica è facilmente riproducibile ma può essere applicata solo in piantedicotiledoni

Protoplasti** Discreta L’introduzione di DNA libero in cellule vegetali è facilitata nel caso di protoplasti. Infatti l’unica barriera esistente in queste cellule è la membranaplasmatica che può essere attraversata dal polietilenglicole (il vettore più usato per trasportare il DNA) o forata mediante impulsi a tensione elevata (elettroforazione). La tecnica è applicabile solo in protoplasti vegetali che possono rigenerarsi in pianta

Microproiettili Scarsa Piccole particelle di metallo (tungsteno, oro) del diametro di 1-2 micrometri,rivestite di DNA, vengono sottoposte a sufficiente accelerazione, tale da permettere la loro penetrazione attraverso i fori della parete cellulare. La tecnica del “bombardamento di microproiettili” è semplice ma non consentel’integrazione stabile dei costrutti

Microiniezione Discreta Il DNA può essere iniettato nella cellula vegetale ma per diverse ragioni lamicroiniezione di DNA è inefficace. Comunque è praticabile solo in singolecellule e richiede, naturalmente, una grande abilità

Liposomi*** Discreta Il DNA può essere incapsulato in liposomi. Questa tecnica è praticabile soloin protoplasti vegetali che possono rigenerarsi in piante

* Plasmide, struttura circolare di DNA presente nei batteri ed in altri organismi (lieviti); porta geni non essenziali e si replica in manieraindipendente dai cromosomi; ** Protoplasto, cellula vegetale che assume forma sferica in seguito alla rimozione della parete cellulare; *** Liposoma, vescicola artificiale formata da un doppio strato lipidico con diametro variabile da 25 nm a 1 μm

varietà diverse da quelle richieste o parti dellapianta diverse da quelle comunemente utilizzate(contaminazioni botaniche); l’esame batteriologi-co deve inoltre definire la carica microbica e veri-ficare l’assenza di batteri patogeni. Superate questeanalisi, il prodotto viene estratto e prima di essereconcentrato (o diluito per la preparazione dei pro-dotti omeopatici) viene analizzato per l’assenza dicontaminanti chimici (pesticidi, metalli pesanti, ra-dionuclidi) e per il suo contenuto in principi attivi,rapportato ad altre sostanze presenti nella droga dipartenza. Conoscere la composizione chimica del-l’estratto è importante ai fini pratici. È noto che gliacidi valerianici ed i valepotriati sono i più impor-tanti e caratteristici componenti degli estratti di Va-leriana officinalis; mentre però i valepotriati sonopresenti anche in altre specie di Valeriana, gli acidivalerianici sono presenti solo nella V. officinalis.

L’obiettivo finale è comunque quello di prepa-rare estratti standardizzati; pertanto è importantemiscelare opportunamente i diversi lotti di mate-riale grezzo (droghe) per mantenere costante e delvalore desiderato il titolo dell’estratto finale. Que-sto vale soprattutto quando il materiale vegetaleproviene da piante spontanee.

La necessità di preparare prodotti con determi-nate caratteristiche condiziona in maniera signifi-cativa il mercato delle piante medicinali con riper-cussioni economiche notevoli nei Paesi produttoridi piante medicinali.

Aspetti informatici

Il settore della farmacognosia è piuttosto vasto equesto ha spesso creato una certa difficoltà nel re-perire notizie attendibili sulle piante medicinali.Anche la collaborazione tra i diversi ricercatoridell’area farmacognostica non è stata semplice percui l’industria erboristica non sempre è riuscita aconoscere la pianta da privilegiare, il medico laesatta formulazione ed il farmacognosta la drogada studiare.

Un fenomeno che sta caratterizzando la nostraepoca è senza dubbio la creazione di sistemi elet-tronici per la diffusione in tempo reale di informa-zioni. Questa tecnologia è in piena evoluzione e garantisce un sistema informativo sempre più veloce ed automatizzato. L’esistenza di banche da-ti online che coprono vasti settori delle scienzemediche (Medline, Embase ecc.) ha ad es. facili -tato in questi ultimi anni la ricerca biomedica. An-che nel settore farmacognostico esistono banchedati che coprono settori specifici come TNC (The

Nature Conservancy), CPG (Center for Plant Con-servation), TDWG (Taxonomic Databases WorkingGroup), e NAPRALERT (Natural Products Alert).NAPRALERT, in particolare, creata dal Prof. Farns -worth presso l’Università dell’Illinois di Chicago,seleziona i lavori scientifici di oltre 200 riviste in-ternazionali e copre argomenti riguardanti i com-ponenti chimici delle piante, estratti di animali emicrorganismi, la chimica e la farmacologia (speri-mentale e clinica) dei principi attivi. Esistono an-che banche dati regionali come NAPRECA, fonda-ta nel 1984 dal Prof. Dagne, che fornisce informa-zioni sulle piante medicinali africane.

Queste banche dati oggi facilitano la ricerca infarmacognosia, accrescono le conoscenze sullepiante medicinali ed avvicinano i diversi ricercatoriche operano in questo settore. C’è comunque dasottolineare che scarseggiano ancora banche datisulla fitoterapia e sulla fitofarmacia. Per cui, per ot-tenere informazioni più ampie su questi argomenti,bisogna ricorrere a sistemi informatici non specifici(Chemical Abstracts, Current Contents ecc.).

L’auspicio è che nel prossimo futuro, grazie an-che all’ampliamento della rete informatica, sia da-ta a chiunque la possibilità di accedere, con unsemplice collegamento online, all’argomento disuo interesse.

Protezione delle piante medicinali

A partire dall’inizio del XX secolo ad oggi circa lametà delle foreste tropicali è stata distrutta, con unritmo in questi ultimi anni di circa 11 are per anno.Un’altra considerazione da fare è che soltanto il 5-10% delle piante identificate è stato studiato perle sue proprietà biologiche, spesso non in manieraadeguata (disegno sperimentale discutibile e meto-diche obsolete). Andando avanti di questo passoc’è il rischio di distruggere nel giro di pochi annipiante mai studiate e che potrebbero risultare, inseguito ad uno studio accurato, utili nella cura diaffezioni anche gravi.

È ben noto che la vincristina e la vinblastina,alcaloidi scoperti nel Catharanthus roseus, sonoefficaci in alcune forme di carcinomi e che la for-skolina, scoperta nel Coleus forskohlii, è un utilefarmaco nel trattamento dell’acne e di alcuni di-sturbi cardiaci. Così pure studi approfonditi han-no permesso di caratterizzare nuove attività far-macologiche in piante ben note come l’attivitàimmunostimolante nell’Arnica montana o nel -l’Echinacea angustifolia o l’attività antitumoralenel Taxus brevifolia. Questi esempi aiutano a

52 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 6 • Coltivazione delle piante medicinali 53

comprendere come ancora oggi sia possibile tro-vare nelle piante sostanze dotate di sorprendentiproprietà farmacologiche.

Nessuno sa quanti metaboliti secondari devo-no essere ancora scoperti nelle piante: se una spe-cie vegetale contiene 10 diversi metaboliti secon-dari e se ognuno di questi viene sintetizzato attra-verso 10 vie biosintetiche, in questo vegetale la-vorano un centinaio di differenti enzimi. Questovalore raggiunge i 37 milioni se si considera il numero di piante che attualmente vegetano sulnostro pianeta.

Queste sostanze (enzimi, metaboliti), elaboratenel corso dei millenni, sono in qualche modo utilialle piante e forse anche all’uomo. Per questo è no-stro dovere proteggere e consegnare ogni specievegetale, con il proprio potenziale biochimico, allefuture generazioni. Se nei secoli scorsi i nostri aviavessero distrutto piante come Atropa belladonna,Digitalis purpurea, Cassia angustifolia e tante altreancora (Tabella 6.4) noi non avremmo mai cono-

sciuto sostanze dotate di specifiche attività farma-cologiche come l’atropina, la digitalina o la reina.

Il modo più razionale per conservare le pianteè quello di proteggerle nel loro ambiente naturalecon la creazione di aree protette (biodiversità). Unaltro sistema di conservazione è rappresentantodalla creazione di giardini officinali o orti botani-ci. Questi approcci, anche se validi, presentanoovviamente dei limiti in quanto si tratta comun-que di aree piuttosto ristrette.

Da alcuni anni sono state introdotte le banchegenetiche le quali, agevolmente e senza spese ec-cessive, consentono la conservazione di quantitàanche enormi di semi di ogni singola specie. Il se-me garantisce tra l’altro la conservazione di varia-bilità intraspecifiche. La realizzazione di una ban-ca genetica è possibile quando sono disponibiliquantità enormi di semi e quando questi possonoessere essiccati e conservati per periodi di tempopiuttosto lunghi. Comunque questa strada non èpraticabile nei casi di propagazione vegetativa o

Tabella 6.4 Composti di origine vegetale usati in medicina

Composto Pianta Attività farmacologica

Iosciamina Atropa belladonna ParasimpaticoliticaDatura stramonium Parasimpaticolitica

Digossina Digitalis purpurea CardiotonicaAgimalicina Catharanthus roseus VasodilatatriceVincristina Catharanthus roseus AntitumoraleVinblastinaPilocarpina Pilocarpus jaborandi ParasimpaticomimeticaEfedrina Ephedra vulgaris SimpaticomimeticaEmetina Cephelis ipecacuanha AntiamebicaErgometrina Claviceps purpurea OssitocicaErgotamina Claviceps purpurea VasocostrittriceErgotossina Claviceps purpurea VasodilatatriceVincamina Vinca minor VasodilatatriceBerberina Berberis vulgaris AntidiarroicaSilimarina Silybum marianum AntiepatotossicaArtemisina Artemisia annua AntimalaricaPodofillotossina Podophyllum peltatum AntitumoraleCamptotecina Camptotheca acuminata AntitumoraleIpericina Hypericum perforatum AntiviraleSennoside Cassia angustifolia LassativaAcemannano Aloe vera Immunostimolante

Astragalus membranaceus ImmunostimolanteIndigotina Indigofera tinctoria AntisetticaDeguelina Tephrosia vogelii PesticidaRotenone Tephrosia vogelii CitotossicaTefrasina Tephrosia vogelii CitotossicaDaidzeina Pueraria montana var. lobata Coronaro dilatatrice, rilassante muscolareProdel finidina Thynchosia minima AntibioticaTassolo Taxus brevifolia AntitumoraleLindleina Rheum palmatum AntiflogisticaAloe-emodina Rheum palmatum AntibattericaEmodina Rheum palmatum LassativaReina Rheum palmatum Lassativa

quando, nel caso di alberi, la propagazione attra-verso il seme è piuttosto diffi cile.

La micropropagazione, la criopreservazione ele colture cellulari in vitro sono altri mezzi che og-gi vengono utilizzati per evitare la scomparsa diuna specie vegetale. Probabilmente, nel prossimofuturo la conservazione di determinati geni o dicampioni di DNA surgelati rappresenterà un siste-ma di conservazione ancora più semplice.

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54 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

È a tutti noto che il regno vegetale è stato da sem-pre la fonte principale di rimedi contro le malat-tie. Nel corso dei secoli si sono via via sviluppa-ti molti metodi per la preparazione di idonee for-me di somministrazione di droghe vegetali, attra-verso numerose sperimentazioni ed anche errori.Come tutti i prodotti medicinali, anche i rimediottenibili dalle piante devono essere confeziona-ti e presentati in determinate forme farmaceuticheper ottenere da esse i migliori risultati sia per ilristabilimento della salute che per il suo mante-nimento.

Le droghe vegetali possono essere sommini-strate come tali, cioè sotto forma di polveri, in di-verse confezioni, oppure utilizzate per ottenere so-luzioni estrattive con varie caratteristiche. Le di-verse forme farmaceutiche ottenibili sono commer-cializzate come specialità medicinali o galenici, of-ficinali o magistrali. I rimedi fitoterapici sono me-dicinali a tutti gli effetti e pertanto devono semprepossedere i requisiti di efficacia, innocuità e qualitàper poter essere legalmente impiegati.

Per una corretta preparazione delle forme far-maceutiche fitoterapiche è di fondamentale impor-tanza conoscere la composizione quali-quantitativadella droga vegetale e le caratteristiche chimico-fi-siche dei componenti responsabili dell’attività tera-peutica, soprattutto le caratteristiche di solubilità,per scegliere il più opportuno solvente di estrazio-ne e poi anche la forma di somministrazione piùappropriata per ottenere l’effetto desiderato e lamigliore biodisponibilità.

Inoltre è importante conoscere anche i compo-nenti non attivi della droga perché questi, nel fito-complesso, possono interferire, in maniera più omeno evidente, con le proprietà sia chimico-fisicheche biologiche dei principi attivi della droga stessa.Infine, per mantenere il fitocomplesso nella sua in-tegrità, cioè per evitare alterazioni dei principi atti-vi, è necessario operare l’essiccamento o la stabi-lizzazione della droga nella maniera più idonea ca-

so per caso, a seconda che sia necessaria un’inibi-zione enzimatica reversibile o irreversibile.

Pertanto per ogni droga si dovrà scegliere, casoper caso, il metodo di lavorazione più appropriatoper ottenere la forma farmaceutica rispondente alleparticolari esigenze terapeutiche.

È molto importante la scelta della formulazioneperché questa deve essere mirata per lo scopo tera-peutico che si vuol raggiungere, in quanto prepara-zioni diverse di una stessa droga possono dar luogoad azioni farmacologiche anche molto differenti. Inquesto contesto anche la scelta delle parti dellapianta da utilizzare è importante, come pure quelladella specie vegetale. Infine la scelta del tipo dipreparazione dovrebbe essere relazionata anche al-le caratteristiche del paziente (età, sesso, eventualipatologie ecc.).

Generalmente le droghe posseggono più pro-prietà medicamentose o salutari e pertanto ognidroga può essere impiegata nel trattamento di di-versi disturbi. Esistono farmaci vegetali sia per iltrattamento di patologie serie che per curare distur-bi lievi: generalmente quest’ultimo caso è quellopiù frequente. Comunque è sempre consigliabile,come per tutti i farmaci, attenersi ai consigli delmedico o del farmacista.

In fitoterapia, molto spesso, vengono utilizzatemiscele appropriate di più droghe, o di loro deriva-ti, per ottenere soprattutto effetti sinergizzanti, maanche correttivi sia delle caratteristiche organoletti-che, sia di effetti secondari indesiderati. Spesso lemiscele hanno lo scopo di ampliare il campo diazione del preparato fitoterapico. Sono state fissatedelle Linee Guida generali per la preparazione dimiscele di droghe vegetali. Le associazioni devonoessere studiate anche in relazione alla forma far-maceutica. Si possono miscelare insieme droghecon indicazioni terapeutiche simili o complementa-ri; a queste potranno essere aggiunte droghe corret-tive delle caratteristiche organolettiche (sapore easpetto) del preparato.

PREPARAZIONI CON DROGHE VEGETALICapitolo

7

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

56 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Le formule officinali possono essere preparateestemporaneamente o, secondo le NBP, su scala ri-dotta, cioè la quantità, compatibile con la stabilitàdel preparato stesso, ottenibile da una massa nonpiù grande di 3000 grammi di formulato.

Per quanto riguarda i prodotti a valenza salu-tare, il farmacista può eseguire, senza ricetta me-dica, preparazioni erboristiche che non contenganodroghe vegetali presenti nella lista ministeriale del-le piante non ammesse negli integratori alimentari(Circ. Min. 25.11.2004, n. 2), non vantino in eti-chetta attività terapeutica e siano destinate solo aiclienti della farmacia. Anche ad essi si applicano leNBP (Nota Min. Sal. del 5.12.2002).

Per preparare prodotti cosmetici (L. 713/86 esuccessive modificazioni), da vendere unicamentenella propria farmacia (non a terzi), è necessariosoltanto inviare comunicazione al Ministero dellaSalute ed alla Regione competente per territorio eacquisire il parere di igienicità dell’ASL.

Nel laboratorio galenico vengono dunque ese-guite preparazioni: a) magistrali, b) officinali c) peruso cosmetico, d) prodotti erboristici salutari.

Per garantire la qualità dei prodotti preparati nellaboratorio galenico, il farmacista deve seguire leNorme di Buona Preparazione dei medicamenti infarmacia (NBP).

Tali norme, riportate nella FU XII, a pag. 1417,sono obbligatorie dal 1° gennaio 2004 per la cor-retta preparazione dei medicamenti, per ottenereprodotti finali nei quali siano garantite l’efficacia,la sicurezza e la qualità. Il sistema di controllo pergarantire la qualità dei medicinali preparati in farmacia, supporto imprescindibile all’efficacia ed alla sicurezza, è generalmente chiamato Sistema diAssicurazione della Qualità (SAQ) e si basa es-senzialmente su tre strumenti: responsabilità, pia-nificazione e documentazione delle attività.

Tutti questi strumenti sono dettagliatamente de-scritti nelle NBP come anche i requisiti richiesti alpersonale addetto alla preparazione. Viene specifi-cato che il responsabile di ciascuna preparazione èil farmacista e dalla sua capacità e specifica com-petenza, oltre che dalla validità del SAQ predispo-sto, dipende la qualità dei medicinali allestiti in far-macia.

Riteniamo necessario evidenziare alcuni puntisalienti delle NBP.

Il punto 4, “Laboratorio e attrezzature”, è sta-to inizialmente oggetto di preoccupazione da partedei farmacisti, in quanto molte farmacie, special-mente quelle poste nei centri storici, nell’immi-nenza dell’entrata in vigore delle NBP, hanno do-vuto adeguare i locali rispetto alla normativa vi-

Nelle specie per tisane, ad es., è consigliato usa-re al massimo 5 droghe attive (che non dovrannorisultare inferiori al 70-80% della miscela totale),da 1 a 3 droghe come correttivi del sapore (al mas-simo il 15% del totale) e 1 o 2 droghe come corret-tivi dell’aspetto. Comunque è raccomandabile nonusare mai più di 8 droghe diverse.

Per le altre forme farmaceutiche orali sono con-sigliate miscele formate da 2-4 droghe attive e da1-2 droghe correttive del sapore quando ciò sia ri-tenuto necessario. Con 4-6 droghe si può quindi al-lestire una buona miscela, razionalmente progetta-ta. Comunque, se si considera che ogni singoladroga è paragonabile ad una complessa forma far-maceutica, quando si miscelano più droghe si do-vrà prestare molta attenzione ad evitare incompati-bilità, di natura sia tecnologica che farmacologica,e ad usare quantità insufficienti della droga o delledroghe attive (remedium cardinale). L’ideale sa-rebbe quello di utilizzare una sola droga.

Il laboratorio galenico e le Norme di BuonaPreparazione (NBP)

È qui opportuno precisare innanzitutto quali sonole competenze del farmacista come preparatore diprodotti per uso medicinale e per uso salutare.

Nell’area medicinale il farmacista può allestirein farmacia a) qualsiasi prodotto richiesto con ri-cetta medica, nel rispetto della normativa vigente:preparato o formula magistrale; b) senza ricetta me-dica soltanto i medicinali iscritti nella sezione Pre-parazioni farmaceutiche specifiche della FU XII oin una delle Farmacopee degli altri Stati dell’UE(preparato o formula officinale). Può eseguire inol-tre le operazioni di dispensazione (punto 10 del-l’allegato B della Tariffa Nazionale dei Medicinalidel 1993 che, al punto 4, riporta gli onorari profes-sionali per polveri composte e specie, cioè misce-lazione di droghe vegetali).

Al farmacista non è consentito formulare auto-nomamente un prodotto medicinale in quanto nongli è attribuita dalla normativa vigente la capacitàdi assicurarne l’efficacia e la sicurezza e pertanto,per poter eseguire preparazioni medicinali, neces-sita sempre di una fonte di legittimazione (ricettamedica per le formule magistrali; la Ph. Eur., o lafarmacopea di uno dei Paesi membri della UE perle formule officinali).

Le preparazioni magistrali sono formule per-sonalizzate per uno specifico paziente, che posso-no essere preparate solo estemporaneamente.

(1) Obbligatori per le farmacie che preparano estratti. De-vono essere di materiale e dimensioni adeguate al volumeed al carattere delle preparazioni da eseguire.(2) Obbligatoria per le farmacie che preparano capsule.(3) Obbligatoria per le farmacie che preparano compresse.(4) Obbligatorio per le farmacie che preparano compres-se, capsule, tisane, o bustine.(5) Obbligatori per le farmacie che preparano supposte e/oovuli.

4) Apparecchio per il punto di fusione.5) Alcolometro centesimale.6) Corredo di vetreria chimica comune e gradua-

ta, sufficiente alla esecuzione delle prepara-zioni.

7) Percolatore – Concentratore a vuoto(1).8) Incapsulatrice(2).9) Comprimitrice(3).

10) Sistema di aspirazione per polveri(4).11) Stampi o valve in plastica per ovuli e sup -

poste(5).Oltre agli apparecchi elencati, le farmacie devo-

no essere fornite di tutti gli apparecchi, utensili, ma-teriali, prodotti e reattivi adeguati al numero ed allanatura delle preparazioni abitualmente eseguite e diidonee apparecchiature per il loro controllo da ef-fettuare secondo le indicazioni della Farmacopea.

Il SAQ deve consentire di risalire alla responsa-bilità dei soggetti coinvolti attraverso la documen-tazione archiviata in farmacia e che riguarda i loca-li, le attrezzature, le materie prime, i preparati offi-cinali e magistrali allestiti.

Molto rilevante ai fini della qualità delle pre-parazioni allestite è la documentazione delle ma-terie prime, scritta o su sistema informatico, chedeve essere rilasciata da un fornitore qualificato(produttore o grossista, autorizzati ai sensi delD.L.vo 219/2006) che attesta per ogni sostanza laprovenienza e il nome del produttore (qualora ilfornitore sia un rivenditore), il lotto di produzio-ne, la data limite di utilizzazione e/o di rititolazio-ne, l’indicazione dell’appartenenza allo stesso lot-to di produzione di tutta la quantità di materia pri-ma fornita; il certificato di analisi, datato e sot-toscritto dal responsabile di qualità del produt-tore, deve riportare la rispondenza ai requisiti difarmacopea o alle specifiche di qualità del produt-tore, la data limite di utilizzazione e/o di rititola-zione, le condizioni di conservazione e di manipo-lazione, le eventuali impurezze presenti e la loroconcentrazione.

Il punto 6.4 della NBP, “Materie prime” ri-guarda in particolare (comma 4) le droghe vegetaliche devono essere fornite alla farmacia in confe-

gente igienico-sanitaria, antincendi e sulla sicurez-za sui luoghi di lavoro. Per questo motivo è stataconcessa una proroga e alcune disposizioni sonostate semplificate, con DM 18.11.2003, per le far-macie che non eseguono preparazioni sterili. Il la-boratorio, in particolare, deve essere adeguato al ti-po di preparazioni e all’entità dell’attività galenicasvolta. L’area destinata alle preparazioni deve es-sere separata o separabile; solo eccezionalmente, lefarmacie non munite di laboratorio possono ese-guire le preparazioni nell’orario di chiusura dellafarmacia.

Il laboratorio deve avere pareti, soffitto e pa-vimento di materiale non poroso, resistente e nonsgretolabile, uniformemente ricoperto e privo diparti che perdono il rivestimento, capace di sop-portare acqua calda e detergenti. La pulizia dei lo-cali, dei piani di lavoro e delle attrezzature deve es-sere assicurata seguendo delle procedure scrittepredisposte ed aggiornate dal responsabile.

Le condizioni ambientali come l’illuminazione,la temperatura, la ventilazione, l’umidità devono es-sere appropriate e controllate, per consentire lacorretta preparazione, conservazione delle materieprime e dei medicinali e a tutela del personale im-piegato. I locali devono essere protetti dall’infesta-zione da insetti e roditori, ricordando che le droghevegetali sono facilmente aggredibili e vanno in-contro a tarlatura.

Le apparecchiature e gli utensili devono esserealmeno quelli previsti dalla Tabella n. 6 della FU vi-gente, adeguati alla quantità e alla tipologia dellepreparazioni abitualmente realizzate e conservatiadeguatamente in un’apposita zona. Gli strumentidi misura devono essere periodicamente e regolar-mente controllati e calibrati, oltre a quelli che sonogli obblighi di legge.

Nella Tabella n. 6 della FU XII, pag. 1349, sonoelencati:

Apparecchi ed utensili obbligatori in farma-cia (Art. 34, secondo comma e art. 44 del Regola-mento per il Servizio Farmaceutico; R.D. 30 set-tembre 1938, n. 1706).1) Bilancia sensibile a 1 mg della portata di al-

meno 500 g o in alternativa due distinte bilan-ce, l’una sensibile a 1 mg della portata di al-meno 50 g e l’altra sensibile a 0,50 g della por-tata di almeno 2 kg.

2) Bagnomaria o altra apparecchiatura idonea adassicurare, nel riscaldamento, temperature fi-no a 100 °C.

3) Armadio frigorifero in grado di assicurare lecorrette condizioni di conservazione, compre-si i limiti di temperatura quando previsti.

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 57

zione integra, recante in etichetta, anche altre infor-mazioni rilevanti ai fini della qualità:– denominazione della droga e nome botanico

della pianta secondo il nome scientifico dellaspecie ufficialmente riconosciuto ed accettatodalle Farmacopee o da documenti scientificiparticolarmente qualificati, con eventuale indi-cazione, in parentesi, dei sinonimi più utilizza-ti;

– luogo di origine della droga;– se ottenuta da pianta spontanea o coltivata;– data di raccolta, data di confezionamento e da-

ta limite di utilizzazione;– forma di presentazione della droga (se polvere

con indicazione del numero);– il titolo, che deve essere riferito al o ai princi-

pi attivi o costituenti caratteristici o ad altri ca-ratteri specifici, riportati nelle singole mono-grafie.Per le droghe vegetali sono infatti necessarie

maggiori informazioni, in quanto sono tanti i para-metri, legati all’origine e ai trattamenti subiti, cheinfluiscono sul contenuto in principi attivi e sullaqualità della droga.

È importante sottolineare che le NBP hanno in-trodotto l’obbligo di conservare, tra la documenta-zione delle materie prime, il certificato di analisi,che riporta i risultati delle analisi eseguite su uncampione del lotto a cui appartiene la sostanza ac-quistata e permette al farmacista di comprendere seessa può essere accettata. “L’accettazione o il rifiutoper l’utilizzazione” vengono dichiarate dal farma-cista responsabile, con data e firma, sul certificatodi analisi. Riguardo alle materie prime vegetali èdifficile per il farmacista eseguire i controlli al mo-mento dell’arrivo, decidere l’accettazione ed anchevalutare i dati del certificato di analisi per diversimotivi: le monografie presenti nella FU XII sonoveramente poche, per cui il farmacista dovrebbe di-sporre di altre Farmacopee o almeno di testi accre-ditati; i preparati vegetali, che, come è noto, hannouna composizione chimica complessa, possono es-sere stati titolati rispetto a componenti diversi delfitocomplesso e con metodiche diverse e quindi oc-corre conoscere piante, droghe e preparati vegetaliin maniera approfondita per capire, leggendo il cer-tificato di analisi, se il prodotto acquistato è ri-spondente all’uso richiesto. Occorre pertanto ac-quistare le materie prime vegetali solo da fornitoriautorizzati, specializzati e da tempo presenti nel set-tore e per il farmacista frequentare corsi di specia-lizzazione ed aggiornamento.

È stata anche introdotta la data limite di utiliz-zazione, oltre la quale il prodotto non potrà essere

più utilizzato, se non dopo rititolazione presso un la-boratorio accreditato. Anche questa è una novità del-le NBP, perché, nel passato, la giurisprudenza ave-va affermato che la data di scadenza era prevista peri medicinali finiti e non per le materie prime.

La conservazione delle materie prime in far-macia deve essere fatta seguendo le indicazioni delproduttore; per le droghe e i preparati vegetali ri-chiede particolare attenzione, perché è noto comeessi siano sensibili alla luce, al calore, all’ossigenoatmosferico, all’umidità ed ai microrganismi.

Le droghe vanno frequentemente controllate,prendendo tutte le precauzioni per evitare cambia-menti dei caratteri organolettici, della consistenza,ammuffimento e la tarlatura dovuta agli insetti.

La corretta conservazione, responsabilità delfarmacista, riguarda naturalmente anche i medici-nali finiti, per i quali in etichetta deve essere indi-cata anche la data di scadenza.

Qualora non si disponga di precise informazio-ni sulla stabilità del preparato, le NBP, per i prepa-rati non sterili, stabiliscono come calcolare i limitidi utilizzazione delle preparazioni allestite, conser-vate nelle condizioni che verranno indicate in eti-chetta, e cioè, per le formulazioni solide, liquidenon acquose o con un contenuto alcolico non infe-riore al 25 per cento “Non oltre il 25 per cento delpiù breve periodo di validità dei componenti utiliz-zati; tale periodo non può comunque superare i 6mesi”. Per tutte le altre formulazioni “Utilizzare en-tro 30 giorni dalla data di preparazione”. Questolimite deve essere ridotto o può essere superato solosulla base di specifiche conoscenze o adottando accorgimenti tecnici.

L’etichettatura del medicinale finito dovrà ri-portare ulteriori informazioni, oltre a quanto già di-sposto dall’art. 37 del Reg. Serv. Farm. del 1938,per garantire la corretta conservazione ed un im-piego sicuro del prodotto da parte del paziente.

Secondo le NBP devono essere indicati in eti-chetta, chiaramente ed in modo facilmente leggi-bile ed indelebile:• nome, indirizzo e numero di telefono della far-

macia;• il nome del medico prescrittore, nel caso di pre-

parati magistrali e, se del caso, il nome del pa-ziente, ove indicato;

• l’indicazione che consente di risalire alla do-cumentazione;

• la data di preparazione e la data entro la qua-le il medicinale deve essere utilizzato;

• il titolo della monografia nel caso di preparatiofficinali;

• la quantità e/o il numero di dosi-forma;

58 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 59

• la composizione quali-quantitativa dei principiattivi e qualitativa di tutti gli eccipienti impie-gati; nel caso di preparazioni iniettabili la com-posizione quali-quantitativa completa. I com-ponenti, incluse le droghe vegetali, devono es-sere indicati con la denominazione comune;

• altre indicazioni previste da leggi e regolamen-ti, dettagliate istruzioni e eventuali precauzioniper il corretto uso e conservazione, l’indicazio-ne ‘‘Tenere fuori dalla portata dei bambini” e,se del caso, le modalità di eliminazione dei con-tenitori e del contenuto non utilizzato. In man-canza di spazio, le indicazioni potranno essereriportate su un’etichetta aggiuntiva applicatasul contenitore o, qualora ciò non fosse possi-bile, fornite su un foglio opportunamente alle-gato al contenitore stesso, anche ricorrendo al-l’uso di pittogrammi.Le NBP giustamente pongono attenzione anche

alla scelta del contenitore primario, che va a direttocontatto col medicinale e pertanto, oltre a proteg-gerlo adeguatamente dagli agenti esogeni, non de-ve dar luogo ad incompatibilità. Al momento del-l’acquisto deve essere richiesto al fornitore il certi-ficato di conformità ai requisiti della FU. Il conte-nitore primario potrà essere sigillato se questo è pre-feribile (ad es. blister, bustine termo-saldate ecc.)per mantenere la qualità; deve poter essere utiliz-zato con facilità dal paziente, consentire agevol-mente e razionalmente il prelievo del medicinale,essere proporzionato al contenuto ed avere, se ne-cessario, una chiusura a prova di bambino.

In farmacia dovrà essere conservata la docu-mentazione scritta di tutte procedure adottate, inparticolare delle preparazioni magistrali ed offici-nali, per evitare che il personale adibito possa svol-gere le stesse operazioni secondo logiche soggetti-ve. Lo scopo delle procedure scritte, come nelleGMP dell’industria farmaceutica, è di individuaree tenere sotto controllo i punti critici del processo,a garanzia della qualità e della riproducibilità del-le specifiche del prodotto.

In ogni farmacia dovrà essere conservata scrit-ta la procedura generale di ogni forma farmaceuti-ca eseguita, alla quale si può fare riferimento nellaprocedura specifica di ogni preparazione magistra-le. Per le preparazioni officinali si compila il fogliodi lavorazione. Le ricette relative alle preparazionirichieste in farmacia si conservano seguendo le nor-me per la spedizione delle ricette mediche ed il Co-dice della privacy. In ogni caso attraverso la docu-mentazione conservata in farmacia si deve poter ri-costruire la storia del medicinale a garanzia dellasua qualità e della sicurezza del paziente.

Operazioni di preparazione

La precisione è il risultato di una sequenza di atti edi un atteggiamento che caratterizza ciascuno di es-si. Non vi sono preparazioni che richiedano mag-giore precisione di altre, e la maggior parte degli er-rori è dovuta alla insufficiente accuratezza delleoperazioni eseguite, piuttosto che alla scarsa espe-rienza o alle carenti conoscenze tecnico-scientifichedell’operatore.

Nessuna formulazione deve essere allestitaquando una parte anche minima di essa non è stataben compresa. Deve essere posta attenzione allecaratteristiche chimico-fisiche di ciascun compo-nente, allo scopo di stabilire la più razionale tecni-ca di preparazione, prevedere le possibili interazio-ni, valutare la stabilità e la biodisponibilità del pro-dotto finale.

Ciascun componente la formulazione deve es-sere utilizzato con cautela in modo da evitare per-dite e contaminazioni crociate, per cui una voltaprelevata la quantità richiesta, il contenitore deveessere rimosso dal piano di lavoro.

Errori nel prelievo possono essere prevenutiadottando un qualsiasi schema ripetitivo, che con-senta all’operatore di controllare le operazionicompiute, sia prima che dopo aver misurato i sin-goli componenti.

Prima di iniziare la preparazione, il farmacistadeve verificare che:– i materiali, gli utensili e le apparecchiature da

utilizzare siano puliti, asciutti e sterilizzati, seprevisto;

– ogni oggetto necessario sia disposto in ordine sulpiano di lavoro e accessibile immediatamente;

– sia pronto il contenitore appropriato per il pro-dotto finale;

– siano allontanati materie prime, apparecchiatu-re, contenitori e documentazione riferibili ad al-tra preparazione o che comunque possano gene-rare confusione.In caso di interruzione il farmacista deve assi-

curare che sia data ogni indicazione affinché luistesso o altri possano riprendere senza incertezze leoperazioni di preparazione.

Controllo di qualità del preparato

Il controllo generale da eseguirsi sul preparato fi-nito comprende almeno:– l’aspetto;– le caratteristiche organolettiche (colore, odore,

sapore);

– le proprietà fisiche (omogeneità, consistenza,trasparenza, ridispersibilità dell’eventuale sedi-mento, stabilità delle emulsioni ecc.);

– la quantità o il numero di dosi-forma da dispen-sare;

– l’uniformità di massa delle forme farmaceuti-che a dose unica.I controlli analitici sul prodotto finito possono

essere omessi nella preparazione su scala ridotta, seed in quanto il farmacista assicura personalmente econtinuamente la qualità e la quantità delle sostanzeimpiegate, la correttezza delle operazioni eseguite ela corrispondenza alle procedure stabilite.

Preparazione della droga

Una terapia con rimedi naturali, cioè ottenuti dapiante medicinali, può avere successo solo se le sin-gole droghe vegetali sono state appropriatamentescelte, preparate ed impiegate. Certamente il meto-do più facile e pratico di utilizzo delle droghe ve-getali è quello dell’estrazione con acqua (tisane, in-fusi e decotti) dei principi attivi solubili, ma sicu-ramente sono gli estratti titolati che garantisconomeglio l’efficacia della droga, oltre che la costan-za e la riproducibilità della risposta terapeutica.

Le droghe vegetali, a seconda del preparato chesi vuol realizzare, possono essere utilizzate sia allostato fresco che allo stato secco. Quando non ven-ga altrimenti specificato, si intende allo stato secco.

La FU XII, nelle Prescrizioni generali, pag. 17,riporta: “Oltre a quanto previsto nella monografiagenerale “Droghe vegetali” e nel capitolo 2.8 Me-todi di farmacognosia, le droghe vegetali devono:– contenere, quando non sia fissato un limite, non

più del 10 per cento di umidità (perdita all’es-siccamento);

– se importate, rispondere a quanto stabilito dal-le relative vigenti norme comunitarie”.È opportuno ricordare che nel volume “Droghe

vegetali e preparazioni”, successivamente incor-porato nella FU, al punto 3 delle Avvertenze Ge-nerali, era riportato: “Devono essere di raccolta re-cente, di qualità scelta ed in perfetto stato di con-servazione”.

La droga fresca viene usata più raramente, ades. per la preparazione delle tinture madri e deigemmoderivati; viene utilizzata anche nella prepa-razione di polpe, succhi e per l’ottenimento di oliessenziali. L’impiego della droga fresca è molto li-mitato in quanto la presenza di acqua ostacola mol-ti processi di lavorazione industriale e ne limita econdiziona la conservazione.

La FU XII, nella monografia generale “Droghevegetali”, riporta la seguente definizione:

“Le droghe vegetali sono essenzialmente pianteintere, frammentate o tagliate, parti di piante, alghe,funghi, licheni in uno stato non trattato, general-mente in forma essiccata, ma talvolta fresche. Sonoanche considerati droghe vegetali alcuni essudatiche non sono stati sottoposti ad uno specifico tratta -mento. Le droghe vegetali vengono definite con pre-cisione dal nome scientifico botanico secondo il si-stema binominale (genere, specie, varietà e autore)”.

Le parti di piante possono essere: radici, tube-ri, rizomi, cortecce, legni, gemme, foglie, sommitàfiorite, fiori, frutti, semi, gomme, gommoresine,oleoresine e latici.

È opportuno ricordare qui che le droghe hannosempre una composizione complessa, infatti con-tengono: a) costituenti primari o essenziali; b) co-stituenti (metaboliti) secondari o anormali; c) so-stanze inerti; d) sostanze di sostegno.

Per l’attività delle droghe e derivati rivestonouna grande importanza la raccolta, la loro prepa -razione e conservazione. Le droghe vegetali si ot-tengono da piante coltivate o selvatiche. La loroqualità è garantita da adeguate procedure di cam-pionamento, coltivazione, raccolta, essiccamento,frammentazione e condizioni di conservazione (FUXII pag. 831).

I vari metodi impiegati per la conservazionepossono essere classificati in due categorie.

A) Metodi che provocano una temporanea ini-bizione enzimatica: a) essiccazione al sole ed al-l’aria libera; b) essiccazione all’ombra; c) essicca-zione con aria calda e secca; d) essiccazione conraggi infrarossi; e) essiccazione in stufa; f) liofiliz-zazione; g) triturazione con sali e zuccheri (inibi-tori enzimatici) e, infine, h) surgelamento, chemantiene inalterate le piante fresche fino al lorouso, ma è un metodo non economico.

B) Metodi che provocano una denaturazione ir-reversibile degli enzimi (stabilizzazione): a) meto-do di Goris e Arnaud (vapor d’acqua a 105-120 °C);b) metodo Perrot-Goris (vapori di alcol sotto pres-sione, in autoclave); c) metodo Petersen (due ore conidrogeno solforato 1%); d) metodo Bourquelot (conalcol bollente, si ottengono alcolaturi stabilizzati).

Le droghe, prima della loro utilizzazione, de-vono essere identificate, controllate ed opportuna-mente preparate, cioè mondate e ridotte in pezzi digrandezza adeguata o in polvere più o meno fine aseconda dell’uso.

L’identificazione delle droghe vegetali, secondola FU XII, viene effettuata mediante le loro descri-zioni macroscopiche, microscopiche e con qualun-

60 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 61

que altro saggio che possa essere richiesto (ad es.,cromatografia su strato sottile).

I saggi previsti dalla FU XII, pag. 831, riguar-dano: elementi estranei, perdita all’essiccamento,acqua, pesticidi, contaminazione microbica, ceneritotali, ceneri insolubili in acido cloridrico, sostan-ze estraibili, indice di rigonfiamento, indice di ama-rezza, metalli pesanti, aflatossine, contaminazioneradiottiva. Questi saggi sono descritti nel capitolo2.8 “Metodi generali di farmacognosia” a pag. 331.

Secondo le Avvertenze riportate nella FU X,pag. 2406, non più presenti sia nella FU XI che nel-la FU XII, ma che hanno sempre validità generale,“le droghe vegetali devono essere fornite alla far-macia in confezione integra, recante in etichetta leseguenti indicazioni:– nome ed indirizzo del produttore o del respon-

sabile della commercializzazione;– denominazione della droga e nome botanico del-

la pianta secondo il nome scientifico della spe-cie ufficialmente riconosciuto ed accettato dalleFarmacopee o da documenti scientifici partico-larmente qualificati, con eventuale indicazione,in parentesi, dei sinonimi più utilizzati;

– luogo di origine della droga;– se ottenuta da pianta spontanea o coltivata;– data di raccolta, data di confezionamento e data

limite di utilizzazione (le droghe vegetali devo-no essere di raccolta recente; devono essere diqualità scelta ed in perfetto stato di conserva-zione. Di norma la raccolta va fatta: per le fogliea completo sviluppo, per le radici ed i rizomi du-rante la fase di quiescenza della vegetazione, perle cortecce ed i legni a completo sviluppo dellapianta, per i fiori ad antesi completa ed al sor-gere del sole, per i frutti ed i semi a maturità);

– numero del lotto di lavorazione;– forma di presentazione della droga (se polvere

con indicazione del numero).Devono essere fornite anche le informazioni re-

lative a:– il titolo, che deve essere riferito al o ai principi

attivi o costituenti caratteristici o ad altri carat-teri specifici, riportati nelle singole monografieo comunque utili, se richiesti, ai fini di un ido-neo impiego in terapia o in farmacia;

– la perdita all’essiccamento; quando non sia fis-sato un limite, le droghe vegetali non devonocontenere più del 10% di umidità;

– i trattamenti fisici o chimico-fisici utilizzati perla conservazione, anche durante la fase del tra-sporto e della distribuzione”.Ricordiamo anche che la FU IX (Vol I, pag. 516)

consentiva la disinfestazione delle droghe secche,

contenute in recipienti idonei all’uso farmaceutico,mediante l’aggiunta di agenti disinfestanti volatiliche, tra l’altro, dovevano essere compatibili con iprocedimenti necessari alla preparazione delle for-me farmaceutiche derivate.

Il farmacista è responsabile della qualità deiprodotti che impiega per effettuare le preparazio-ni e pertanto deve controllare i prodotti che ac-quista.

Il controllo di qualità sulle droghe da impie-gare in preparazioni farmaceutiche può essere rias-sunto nei seguenti punti:1) identità, tramite osservazione macroscopica e,

possibilmente, microscopica o mediante analisicromatografica dei principali costituenti;

2) impurezze estranee (inorganiche ed organicheed eventuali sofisticazioni);

3) perdita di peso all’essiccazione;4) presenza di insetti;5) contaminazione batterica o fungina;6) contenuto (titolo) in principi attivi; meglio il do-

saggio del 70-80% dei componenti della pianta.È importante comunque acquistare sempre dro-

ghe selezionate e garantite dal produttore e dal com-merciante e conservarle nelle condizioni ottimali,cioè in locali asciutti e ben aereati.

Le droghe possono essere utilizzate come tali,ridotte in pezzi o in polvere con grado di finezza op-portuno, o sottoposte a processi estrattivi. In que-st’ultimo caso devono essere sottoposte a tratta-menti preliminari, come ad es. la macerazione e ladigestione.

Forme farmaceutiche

Le forme farmaceutiche nelle quali vengono pre-parati i medicinali fitoterapici sono numerose e pos-sono essere classificate in solide (polveri, capsule,compresse) e liquide (soluzioni estrattive) o, me-glio, secondo il metodo di ottenimento:a) per polverizzazione

• polveri;b) per distillazione

• in corrente di vapore (essenze, idrolati, acquecoobate);

• con alcol (alcolati);c) per estrazione (soluzioni estrattive)

• con adatti solventi (tisane, infusi, decotti,estratti, tinture);

• con alcol (da droghe fresche: alcolaturi);• con vini (vini medicinali);• con aceto (acetoliti);• con oli (oleoliti).

Fig. 7.1 Meccanismidi polverizzazione

62 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Generalmente le polveri si ottengono per pol-verizzazione della droga essiccata e devono poi es-sere setacciate per avere un preparato con granulo-metria omogenea.

In base alla consistenza, fibrosità e fragilità del-la droga si adoperano opportuni metodi di polve-rizzazione.

La frantumazione, impiegata soprattutto percorpi duri, viene effettuata con taglierine, macininia coltelli rotanti, frantumatoi a cilindri o a lame,grattugie rotanti.

La triturazione, per polverizzare droghe erba-cee, gemme, bulbi, tuberi, utilizza omogenizzatoria coltelli rotanti e taglierine di vario tipo.

La polverizzazione vera e propria viene otte-nuta con vari tipi di mortaio e con molini di variotipo: a coltelli (taglio), a martelli (urto e impatto),a rulli (compressione), a cilindri (attrito), a palle (at-trito e impatto), a energia fluida (attrito e impatto).Inoltre polveri possono essere ottenute con la crio-frantumazione (a –70 °C con azoto liquido) o conl’atomizzazione (da estratti fluidi).

Nella Figura 7.1 sono rappresentati i meccani-smi di polverizzazione e nella Figura 7.2 alcuni ti-pi di molini. La Figura 7.3 mostra lo schema di unatomizzatore.

Come già detto, le polveri ottenute devono es-sere setacciate per avere materiale omogeneo: ciòè importante soprattutto per la mescolanza di pol-veri diverse.

Le polveri possono essere di varia grandezza. LaFU XII, pag. 363, riporta la classificazione granu-lometrica delle polveri mediante setacciatura, uti-lizzando per la descrizione delle polveri i seguentitermini:

In definitiva lo scopo di tutti i procedimenti tec-nologici estrattivi è quello di ottenere in forma piùpura, e talvolta più concentrata, i principi attivi del-la droga, in modo da ottenere un prodotto con unamigliore biodisponibilità.

Attualmente le forme più usate sono: le polve-ri, le soluzioni acquose, le soluzioni idroalcoliche,i gemmoderivati, gli oli essenziali, le SIPF (so-spensioni integrali di pianta fresca), gli estrattisecchi e gli estratti fluidi. Tutti questi preparati ga-lenici possono essere allestiti in farmacia, ma è darilevare che oggi molte preparazioni, quelle cosid-dette “di base” (estratti, tinture, SIPF, oli essenzia-li) sono più vantaggiosamente eseguite in stabili-menti industriali, dove è certamente più rigoroso ilcontrollo di qualità a tutti i livelli ed il costo delprodotto finale è minore. Infatti vengono lavoratigrossi quantitativi di materiale impiegando tecni-che ed attrezzature tali da rendere tutte le opera-zioni più economiche. Pertanto le farmacie oggipossono rifornirsi di preparati galenici di basepresso l’industria ed impiegarli per commercializ-zarli come tali o per la preparazione di altre formefarmaceutiche.

Polveri

Come è noto, la prima e più semplice forma di som-ministrazione di una droga è la polvere, che può es-sere semplice o composta a seconda che sia forma-ta con una sola droga o con una mescolanza di pol-veri ottenute da droghe diverse. La FU XII riportale “polveri per applicazione cutanea” (pag. 897) ele “polveri per uso orale” (pag. 898).

Fig. 7.2 Alcuni tipi di molini

Molino a cilindri Molino a martelli

Molino a coltelli Molino a palle

Fig. 7.3 Schema di atomizzatore

40% in massa passa attraverso il setaccio numero125.

Polvere molto fine: non meno del 95% in mas-sa passa attraverso il setaccio numero 125 e nonpiù del 40% in massa passa attraverso il setaccionumero 90.

Quando la polvere è caratterizzata da un singo-lo numero di setaccio, salvo indicazione contraria,non meno del 97% della polvere passa attraverso ilsetaccio di quel numero. La Figura 7.4 rappresen-ta due tipi di setacci.

La FU XII riporta anche, pag. 420, la classifi-cazione delle polveri mediante finezza:– polvere grossolana: μm <355;– polvere moderatamente sottile: μm 180-355;– polvere sottile: μm 125-180;– polvere molto sottile: μm ≤125.

Il grado di finezza più opportuno delle polveriè stabilito da tutte le Farmacopee ed è fondamen-tale non solo per gli impieghi diretti, ma anche perottenere i migliori risultati nella preparazione del-le soluzioni estrattive.

Quando si usano preparazioni con più polveri,è importante raggiungere il massimo grado diomogeneità della miscela e per ottenere ciò è necessario mescolare sempre polveri con lo stes-so grado di finezza. Esistono in commercio molti

Polvere grossolana: non meno del 95% in mas-sa passa attraverso il setaccio numero 1400 e nonpiù del 40% in massa passa attraverso il setaccionumero 355.

Polvere moderatamente fine: non meno del 95%in massa passa attraverso il setaccio numero 355 enon più del 40% in massa passa attraverso il setac-cio numero 180.

Polvere fine: non meno del 95% in massa pas-sa attraverso il setaccio numero 180 e non più del

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 63

Fig. 7.4 Setacci (a, b) e vibrosetacciatore (c)

cb

Fig. 7.5 Miscelatore a V

a

64 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

(es. lattosio) o con la stessa droga con titolo piùbasso.

Nella Tabella 7.1 sono riportati alcuni esempidi polveri titolate presenti nella Farmacopea X. Latitolazione del principio attivo viene effettuatasempre con metodo chimico. Nella Tabella 7.2 so-no riportate le droghe (polvere) e gli estratti sec-chi che si trovano descritte nel capitolo “Materieprime” delle Farmacopee XI e XII. Il loro nume-ro aumenta considerevolmente considerando lepolveri, da estratti secchi e da droghe, presenti nel-la Ph. Eur. VI e Supplementi (sono più di ottanta).

Usi delle polveri. Le polveri, che sono costituitedal totum della droga vegetale, possono essere im-piegate per uso interno (disperse in acqua, mesco-late a miele, poste in capsule opercolate, compres-se) o per uso esterno (incorporate in pomate).

Le capsule sono forme farmaceutiche che con-tengono il medicinale in un contenitore costituito dagelatina e che può essere molle o rigido.

Certamente il confezionamento delle polveri incapsule gelatinose opercolate (capsule rigide oopercoli), FU XII, pag. 886, è quello migliore, spe-cie quando le caratteristiche organolettiche dellapolvere sono sgradevoli o quando il preparato è mu-cillaginoso o igroscopico.

Le capsule opercolate sono oggi tra le forme far-maceutiche più diffuse, infatti sono facili da usaree possono essere anche rese gastroresistenti o a

tipi di miscelatori, anche semplici, che consento-no di ottenere una miscela perfettamente omoge-nea. La Figura 7.5 ne mostra un esemplare.

È oggi necessario conoscere il titolo in principiattivi delle polveri (pulveres titrati).

La titolazione delle polveri può essere effettua-ta con metodi chimici o biologici.

Per raggiungere il titolo desiderato, le droghemolto attive sono mescolate con materiale inerte

Fig. 7.6 Misura delle capsule

Tabella 7.1 Polveri ed estratti secchi titolati della FU X

Denominazione FU X pag. Titolo in principi attivi

Aloe estr. secco titolato 521 19,0-21,0% BarbaloinaBelladonna polv. titolata 641 0,28-0,32% IosciaminaDigitalis purpurea folium 1011 0,3% DigitossinaFrangola corteccia estr. secco titolato 1210 15,0-30,0% GlucofrangolinaGiusquiamo polv. titolata 1237 0,05-0,07% IosciaminaIpecacuana polv. titolata 1364 1,90-2,10% EmetinaMirtillo nero estr. idroalc. secco ad alto titolo 1570 23,8-26,2% AntocianidinaOppio polv. titolata 1639 9,5-10,5% Morfina anidraStramonio polv. titolata 1988 0,23-0,27% Iosciamina

Tabella 7.2 Estratti secchi e droghe nelle FU XI e FU XII (Materie prime)

Denominazione FU XI pag. FU XII pag.

Camomilla estr. idroalc. secco titolato 730 971Carciofo estr. acquoso secco titolato 733 972Cascara estr. acquoso secco 736Cascara estr. secco 738Mirtillo nero estr. idroalc. secco titolato 762Oppio polvere titolata 769Rabarbaro estr. secco 776 1000Valeriana estr. idroalc. secco 792Idraste rizoma 750Ippocastano semi 754 984Malva foglia 756

nella coltivazione e lavorazione delle droghe che al-legano il certificato analitico con il titolo del prodotto.

Per la preparazione delle capsule occorre pesa-re le quantità di prodotto richiesto, procedere allasetacciatura delle polveri ed alla loro miscelazioneprima di riempire gli opercoli. Per la setacciatura siimpiegano i setacci, almeno 4, per definire la di-stribuzione percentuale delle polveri.

La miscelazione delle polveri, che è una fase im-portante perché da essa dipende la qualità finale delprodotto e l’esatto dosaggio, viene effettuata con unmiscelatore che può essere un semplice cilindro divetro o un miscelatore meccanico o, addirittura, unabusta di plastica.

L’incapsulatrice può essere manuale, semiau-tomatica o automatica. Normalmente la farmaciadispone dell’apparecchio manuale o di quello se-miautomatico (Fig. 7.7). Come già detto, per la pre-parazione in farmacia di compresse, capsule, tisa-ne o bustine è obbligatorio un sistema di aspira-zione per polveri (FU XII, Tabella 6).

Sulle capsule preparate è sempre opportuno ese-guire i saggi della FU.

rilascio modificato. Possono inoltre essere confe-zionate in farmacia per realizzare preparazioni condosaggio preciso. Si trovano in commercio in ottodifferenti misure, indicate con numeri da 000 a 5.Per i prodotti fitoterapici vengono generalmenteusate le misure 0 (ml 0,68) e 1 (ml 0,50) (Fig. 7.6).

Le materie prime vegetali, droghe in polvere oestratti secchi (concentrato totale, atomizzato, granu-lato, liofilizzato) sono fornite da ditte specializzate

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 65

Fig. 7.7 Incapsulatrice semiautomatica

Tabella 7.3 Preparazione di soluzioni estrattive

Estratto Droga Tempo di contatto Rapporto D/E*

Estratti fluidi Secca Fino ad esaurimento 1/1Tinture Secca 2-8 gg 1/5-1/10Enoliti Secca 10-15 gg 1/20Acetoliti Secca 10-15 gg 1/10Oleoliti Secca 5-15 gg oppure 1/10

Fresca 1-12 ore a 50 °C 1/10TM Fresca 21 gg 1/10-1/20MG Gemme 21 gg 1/20

RadichetteGermogli

Estratti glicolici Secca 21 gg oppure 1/1-1/2Fresca 4-48 ore a 50 °C 1/4-1/5

* D, droga; E, estratto

66 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

zione dei principi attivi e la loro diffusione dallecellule stesse.

Nella Figura 7.8 sono schematicamente riassuntele tecniche di estrazione ed i preparati estrattivi otte-nibili, utilizzando droga essiccata o droga fresca.

Particolare importanza riveste la scelta del sol-vente di estrazione (menstruo), che:• deve avere elevato potere solvente nei confron-

ti dei principi attivi da estrarre;• deve essere scelto anche in base all’uso dell’e-

stratto;• in caso di estratti idroalcolici o tinture madri de-

ve avere un corretto grado alcolico. Importanteè anche il tempo di contatto droga/solvente (Tabella 7.3).Viene ora descritta schematicamente la prepara-

zione delle più comuni soluzioni estrattive.

Infusi e decotti

La FU XII non riporta queste preparazioni liquideestemporanee da droghe vegetali. Erano invecepresenti nella FU XI che riportava la seguente de-scrizione

Gli Infusi (FU XI, pag. 616) sono “preparazio-ni liquide ottenute estemporaneamente versandosulle droghe, ridotte ad un grado conveniente disuddivisione, dalle quali si vogliono estrarre i prin-cipi attivi, acqua R alla temperatura di ebollizionee lasciando poi a contatto con l’acqua stessa perun tempo più o meno lungo. Dopo raffreddamentocompleto, filtrare attraverso ovatta o attraversogarza, senza comprimere; portare il filtrato allamassa prescritta con acqua R calda con la quale silava il residuo ed il filtro”.

Talvolta può essere necessario aggiungere al-l’acqua piccole quantità di sostanze acide o alcali-

Soluzioni estrattive

Come è stato già ricordato, la droga deve essere pre-parata prima di operare l’estrazione, riducendola adun opportuno grado di finezza e poi umettandola o,se del caso, sottoponendola alla macerazione.

Con ciò si facilita la penetrazione del solventenelle cellule vegetali e la conseguente solubilizza-

TECNICHE DI ESTRAZIONE

a freddo

a caldo

percolazionemacerazionespremitura

digestioneinfusionedecozionedistillazione

DROGA ESSICCATA

estratti

tinture(1:5-1:10)

secondo consistenza

secondo solvente

fluidi (1:1)mollisecchi

acquosiidroalcolicialcolicietereienolitiacetolitioleoliti

secondo concentrazione

alcolicheidroalcolicheetereePREPARATI ESTRATTIVI

estrazione con acqua

distillazione

decottiinfusitisane

in correntedi vapore

con alcol

essenze (oli essenziali)idrolati

alcolati

DROGA FRESCA

PREPARATI ESTRATTIVI

estrazione alcolica

macerazione glicerica

a freddo

a caldo alcolaturi stabilizzati

tinture madri (TM)(alcolaturi)

macerati glicerici(gemmoderivati)

spremitura succhi

distillazionein correntedi vapore

con alcol alcolati

oli essenzialiidrolati

Fig. 7.8 Tecniche di estrazione e preparati estrattivi

Le successive edizioni della Farmacopea nonhanno riportato preparazione di infusi.

I Decotti (FU XI, pag. 616) sono “preparazioniliquide ottenute estemporaneamente facendo bolli-re in acqua le droghe opportunamente polverizza-te, dalle quali si vogliono estrarre i principi attivi.L’operazione corrispondente si chiama decozione

ne per facilitare l’estrazione dei principi attivi dal-la droga.

Generalmente si utilizzano le parti tenere e deli-cate (foglie, fiori, ramoscelli) delle piante, ma talvol-ta anche le radici quando è sconsigliabile applicaretecniche più drastiche (es. decozione). Si usano in ge-nere da 1 a 10 parti di droga per 100 parti di infuso.

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 67

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68 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

• Le droghe di piccole dimensioni possono es-sere adoperate intere.

2) Miscelazione di droghe per tisane• La miscela deve essere quanto più possibile

omogenea• La miscela di droghe è generalmente costi-

tuita da:rimedio basesinergizzantecoadiuvantecorrettivo

• È raccomandato di non utilizzare mai più diotto diverse droghe vegetali

• Le specie riportate dal FN erano tutte com-poste da 4-5 droghe.

La FU XII riporta la monografia generale (FUXII, pag. 839) “Piante per tisane” con la seguen-te definizione: “Le piante per tisane sono costitui-te da una o più droghe vegetali destinate a prepa-razioni acquose orali ottenute per decozione, infu-sione o macerazione: La preparazione viene effet-tuata immediatamente prima dell’uso. Le piante pertisane vengono generalmente fornite in quantitànon ripartite in dosi od in sacchetti”.

Le piante utilizzate devono soddisfare le singo-le monografie di Farmacopea o la monografia ge-nerale Droghe vegetali (FU XII, pag. 831).

Vengono riportati qui due esempi di miscele pertisane (Formulario Nazionale – galenici tradizionali).

Miscela per tisana composta all’altea

Composizione. 100 g di miscela contengono:Altea radice g 30Timo erba g 25Finocchio dolce frutti g 10Piantaggine foglie g 15Liquirizia radice g 10Lichene islandico tallo g 10Uso e posologia. Preparare la tisana al momentodell’uso per infusione. Un cucchiaio (5 g circa) peruna tazza (250 g circa), 1-3 volte al giorno.

Miscela per tisana composta alla valeriana

Composizione. 100 g di miscela contengono:Valeriana radice g 40Luppolo g 20Melissa foglie g 15Menta piperita foglie g 15Arancia amara corteccia g 10

ed essa non si applica mai a droghe contenenti prin-cipi attivi volatili. Solitamente si impiegano cinqueparti di droga per preparare 100 parti di decotto;nel caso di droghe contenenti alcaloidi, l’acqua vie-ne addizionata, per favorire l’estrazione, di unaquantità di acido citrico R o acido cloridrico dilui-to R approssimativamente corrispondente alla quan-tità totale di alcaloidi contenuti nella droga”.

La decozione si applica solitamente a tessuticompatti, poco permeabili, privi di principi attivivolatili (legno, corteccia, radici, semi).

Le successive Farmacopee non riportano alcunapreparazione di decotti.

I limiti della decozione sono dovuti al fatto che,oltre alla distruzione dei principi attivi volatili, l’e-bollizione prolungata può produrre trasformazioniirreversibili (ossidazioni, idratazioni, idrolisi, iso-merizzazioni) con formazione di prodotti farmaco-logicamente inattivi o con attività diversa da quel-la desiderata.

Tisane

Nel Formulario Nazionale (FN), parte C “Galenicitradizionali di derivazione magistrale”, le tisaneerano definite preparazioni acquose ottenute estem-poraneamente da una o più droghe vegetali e sonodestinate ad essere somministrate per via orale, co-me tali a fini terapeutici o come veicoli di altri me-dicamenti. Possono essere leggermente edulcorateod aromatizzate e vanno, di preferenza, consumateal momento.

Nel FN, parte C, erano riportate le monografiedi 16 specie (“Miscele per tisane”).

Le specie sono miscele di droghe vegetali de-stinate alla preparazione di tisane, suddivise inframmenti di dimensioni adatte alla esecuzionedelle preparazioni, separati mediante setacci dallepolveri fini, che vanno scartate.

Fasi di preparazione della miscela per tisane

1) Setacciatura di droghe per miscele per tisane• Si utilizzano setacci classificati con un nume-

ro che indica la larghezza delle maglie (μm)foglie, fiori, erbe: 5600foglie, fiori, erbe di consistenzaparticolare o di spessore superiorea 300 μm: 4000radici, rizomi, cortecce, partilegnose, frutti, semi: 4000

• Dopo la setacciatura le polveri fini vannoscartate

matica come: menta, melissa, verbena, finocchio,anice ecc. Talvolta, per rendere la tisana più gradi-ta anche alla vista, si usa aggiungere anche unadroga capace di impartire al liquido una bella colo-razione: si avrà, ad es., un colore rosso con ilkarkadé e con il rosolaccio, giallo con la calendula,arancio con i fiori di carcamo ecc.

Questi dettagli sono importanti per la buonariuscita del preparato, in modo che questa formafarmaceutica, indubbiamente “minore”, come talu-ni la chiamano, possa conservare il suo posto in te-rapia nei casi di disturbi lievi e passeggeri.

Estratti

La FU XII, pag. 832, ne dà la seguente definizio-ne: “sono preparazioni di consistenza liquida(estratti liquidi e tinture), semisolida (estratti mol-li e oleoresine) o solida (estratti secchi), ottenute dadroghe vegetali o da materiali di origine animalegeneralmente allo stato essiccato”.

In alcuni casi le materie da estrarre possono es-sere sottoposte ad un trattamento preliminare, co-me ad es. l’inattivazione degli enzimi, la tritura-zione o la sgrassatura. Inoltre le sostanze indeside-rate possono essere eliminate dopo l’estrazione. Senella fabbricazione di medicinali sono utilizzatiestratti di origine animale, si applicano i requisitidel capitolo Sicurezza virale (FU XII, pag. 703).

La Farmacopea distingue diversi tipi di estratti.Gli estratti titolati sono aggiustati, con una tol-

leranza accettabile, al contenuto definito dei com-ponenti con attività terapeutica conosciuta; l’ag-giustamento si può fare usando materiale inerte omescolando più lotti di estratti.

Gli estratti quantificati sono aggiustati ad undefinito intervallo dei componenti e l’aggiusta-mento si effettua mescolando più lotti di estratti.

Gli estratti purificati derivano dai precedentiquando, durante la loro produzione, vengono ap-plicate procedure di purificazione che portano ad unaumento delle proporzioni tipiche dei costituenti ri-spetto ai valori attesi.

Altri tipi di estratti sono definiti essenzialmen-te dalle loro specifiche e dal loro processo di pro-duzione come, ad es., lo stato della droga vegetaleo del materiale di origine animale da estrarre, il sol-vente e le condizioni di estrazione.

Produzione degli estratti. La FU XII riportache gli estratti sono preparati mediante metodi ap-propriati usando etanolo o altri solventi idonei.

Nel corso delle diverse fasi del processo di pro-duzione possono essere aggiunti eccipienti adeguati,

Uso e posologia. Preparare la tisana al momentodell’uso per infusione. Un cucchiaio (5 g circa) peruna tazza (250 g circa), 1-3 volte al giorno.

Per la preparazione delle tisane è consigliabilel’uso di 10-20 grammi di droga per un litro di tisa-na, utilizzando acqua potabile; prima dell’assun-zione sono decantate o filtrate attraverso garza oovatta. Rispetto ad infusi e decotti quindi le tisanesono soluzioni estrattive più diluite, che possonoessere assunte per via orale abitualmente anche piùvolte al giorno; talvolta possono essere impiegateper uso topico per bagni ed impacchi.

Una preparazione di moda oggi è la tisanaespresso; questa viene realizzata con l’ausilio diuna caffettiera tipo “moka”. La droga, opportuna-mente sminuzzata (taglio espresso), viene posta sulfiltro della caffettiera. Si procede quindi come perla preparazione del caffè, avendo però cura di usa-re l’acqua e la droga nelle giuste proporzioni. Que-ste saranno indicate dal farmacista, il quale dovràanche indicare al paziente il numero di tazze di “ti-sana espresso” da prendere nella giornata e perquanto tempo. Poiché il materiale vegetale secco sirigonfia a contatto con l’acqua, si consiglia sempredi riempire il filtro della caffettiera fino a metà;questo eviterà l’intasamento del filtro. In conclu-sione la tisana è ottenuta con un processo di perco-lazione sotto pressione.

Le tisane oggi possono essere preparate, ancorpiù semplicemente e rapidamente, ma anche so-prattutto con una maggior sicurezza di costanzanell’azione farmacologica, facendo assorbire gliestratti fluidi su eccipienti inerti e facilmente idro-solubili, quali saccarosio, lattosio o maltodestrine.Al momento dell’uso è sufficiente che l’utilizzato-re disciolga il preparato in acqua calda per averepronta una tisana di sicura composizione. Un altrovantaggio di questa forma è la possibilità di unalunga conservazione poiché i principi attivi si tro-vano allo stato secco.

Sempre allo scopo di semplificare la prepara-zione delle tisane sono stati anche commercializ-zati recentemente dei preparati liquidi in fialoni,costituiti da estratti di droga in soluzione acquosada diluire con acqua calda edulcorata al momentodell’uso.

Le piante oggi adoperate per la preparazione ditisane sono circa 300 e vengono associate in basealle loro proprietà terapeutiche. Si devono presen-tare in una confezione pratica e piacevole ed even-tualmente si dovrà aromatizzare in modo che la ti-sana risulti gradevole per facilitare la somministra-zione ripetuta. Per una buona aromatizzazione ènecessario aggiungere alla miscela una droga aro-

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 69

Fig. 7.9 Alcuni tipi di percolatore

70 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

sempre coperto dal restante solvente di estrazione.Il residuo può essere pressato ed il liquido ottenu-to riunito al percolato. La percolazione viene scel-ta nei seguenti casi:

1) droghe costose, dalle quali si vogliono estrar-re tutti i principi attivi; 2) droghe non necessaria-mente costose, ma contenenti dei principi attivi par-ticolarmente ricercati; 3) droghe costituite da cor-tecce o radici poiché, essendo poco voluminose, ri-sultano facilmente lavorabili con tale sistema estrat-tivo; 4) quando si voglia esaurire la droga per otte-nere estratti fluidi, estratti molli, estratti secchi.

La percolazione non può essere usata nei se-guenti casi:

1) droghe che contengono pectine e/o mucil-lagini. In tal caso il solvente viene “catturato” datali sostanze e la droga tende a rigonfiarsi sempredi più, impedendo al solvente di fluire corretta-mente; 2) droghe che, anche se non hanno le so-stanze suddette, tendono lo stesso a rigonfiarsimolto; 3) droghe con poca sostanza vegetale, ov-vero povere di fibre (mirra, aloe, propoli, benzoi-no ecc.); esse si impaccherebbero subito, impe-dendo al solvente di fluire; 4) se si vogliono pre-parare degli estratti fluidi e la droga è, per sua na-tura, troppo voluminosa e non viene coperta dal-la quantità di solvente che può essere usata (nelcaso degli estratti fluidi non è consentito usare uneccesso di solvente che andrebbe eliminato poi perevaporazione).

Di norma la macerazione e la percolazione so-no seguite dalla concentrazione dei liquidi di estra-zione fino alla consistenza desiderata.

allo scopo, ad es., di migliorare le qualità tecnolo-giche del prodotto, come l’omogeneità e la consi-stenza. Si possono inoltre aggiungere appropriatistabilizzanti e conservanti antimicrobici.

La FU XII riporta inoltre che il sovente organi-co recuperato dalla concentrazione degli estrattimolli e secchi può essere riutilizzato purché le pro-cedure di recupero siano controllate per assicurareche i solventi soddisfino appropriati standard.

La FU XI riportava due metodi di produzione:la macerazione e la percolazione.

La macerazione consiste nel ridurre il mate-riale da estrarre in pezzi di grandezza appropria-ta, mescolare uniformemente con il solvente diestrazione prescritto e lasciare a riposo, in un re-cipiente chiuso, per un tempo appropriato. Il resi-duo viene separato dal solvente di estrazione e, senecessario, pressato. In questo caso i due liquidivengono riuniti. Talvolta la macerazione si utiliz-za come tecnica preventiva, prima della percola-zione, per aumentare il tempo di contatto delladroga con il menstruo. La macerazione preventi-va risulta particolarmente utile per le droghe co-riacee e per principi attivi non molto solubili nelsolvente prescelto.

La percolazione consiste nel preparare la dro-ga ed umettarla, mescolandola uniformemente conuna parte del solvente di estrazione prescritto e la-sciando a riposo per un tempo appropriato. Si tra-sferisce il tutto in un percolatore (Fig. 7.9) e, dopouna macerazione preventiva, si lascia fluire lenta-mente (si devono poter contare le gocce) il perco-lato, assicurandosi che il materiale da estrarre sia

Fig. 7.10 Rotavapor

2) La macerazione ipobarica viene effettuataoperando sotto vuoto, cioè in depressione.

Il solvente evapora e si ricondensa continua-mente creando una circolazione che favorisce lasolvatazione dei principi attivi nella droga. È utileper composti facilmente ossidabili.

3) La turboestrazione, o estrazione a vortice,consiste nel rimescolamento con agitatori a paletta(da 8.000 a 17.000 g/m) per 5 minuti della drogasminuzzata, posta nel turboestrattore.

Terminata l’operazione si lascia a riposo per 30minuti.

Il metodo presenta i seguenti vantaggi: a) resamaggiore rispetto alla macerazione sia normale chedinamica; b) tempi molto più brevi; c) minore di-spersione di solvente.

Etichette. Secondo la FU XII l’etichetta indica:– la droga vegetale o il materiale di origine ani-

male utilizzati;– se l’estratto è liquido, molle o secco o se si trat-

ta di tintura;– per gli estratti titolati, il contenuto dei costi-

tuenti con attività terapeutica nota;– per gli estratti quantificati, il contenuto dei

costituenti (markers) usati per la quantifica-zione;

– il rapporto tra la quantità di materia prima el’estratto tal quale (estratto senza eccipienti);

– il solvente o i solventi usati per l’estrazione;– se del caso, che sono state utilizzate droghe ve-

getali o materiali di origine animale freschi;– se del caso, che l’estratto è “purificato”;– il nome e la quantità di ogni eccipiente utiliz-

zato compresi gli stabilizzanti e i conservantiantimicrobici;

– se del caso, la percentuale di residuo secco.

Estratti liquidi (fluidi)

Gli estratti liquidi, FU XII, pag. 833, “sono prepa-razioni liquide, nelle quali, in generale, una partein massa o in volume è equivalente ad una parte inmassa della droga vegetale o del materiale di ori-gine animale essiccate. Queste preparazioni ven-gono aggiustate, se necessario, in modo da soddi-sfare i requisiti per il contenuto di solvente e, se delcaso, dei costituenti”.

Gli estratti fluidi possono essere preparati con imetodi sopra descritti utilizzando solo etanolo diappropriata concentrazione oppure acqua o ancheper dissoluzione di un estratto secco o molle in unodi questi stessi solventi, filtrando poi se necessario;qualunque sia il metodo di preparazione impiegato

La concentrazione viene realizzata medianteprocedimenti appropriati, generalmente a pressio-ne ridotta e ad una temperatura alla quale l’altera-zione dei costituenti è minima. Il residuo di solventinell’estratto non deve superare i limiti prescritti.L’apparecchio più comunemente utilizzato per ope-rare la concentrazione a pressione ridotta è il rota-vapor (Fig. 7.10).

Poiché la FU XII consente anche l’impiego dialtri procedimenti, purché convalidati, si riportanoqui alcune tecniche alternative:

1) La macerazione dinamica si effettua in ma-ceratori, dotati di agitatori a paletta o di un asse ec-centrico, collegati ad un motore elettrico.

Alcune volte, per favorire la successiva estra-zione dei principi attivi, vengono aggiunti additivi:• Acidificazione con HCl, acido citrico, lattico,

tartarico (pH 4,5-5,5) per:alcaloidi, lattoni, antociani;

• Alcalinizzazione con NaOH (pH 8-9) per:glicirrizina, ipericina;

• Antiossidanti: acido ascorbico 0,1-0,2% scioltonel solvente di estrazione per:iridoidi, flavonoidi solforati, depsidi (acido ro-smarinico).

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 71

Fig. 7.11 Schema del procedimento generale di preparazione degli estratti fluidi secondo la FU VIII (non riportato nel-le successive edizioni della FU)

72 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

La conservazione, particolarmente importante,deve essere effettuata in un recipiente ben chiuso,protetto dalla luce.

L’etichetta deve indicare, oltre ai requisiti indi-cati sopra: “se del caso, il contenuto di etanolo inper cento V/V nell’estratto finale”.

La Tabella 7.4 mostra alcune caratteristichedegli estratti fluidi riportati nelle ultime Farma-copee.

(Figg. 7.11-7.14) gli estratti ottenuti devono avere unacomposizione comparabile. Lasciati a riposo, gli estrat-ti fluidi possono formare un leggero deposito che è ac-cettabile, a condizione, tuttavia, che la loro composi-zione non venga modificata in maniera significativa.

Gli estratti fluidi possono contenere appropria-ti antimicrobici.

La FU XII prescrive i seguenti saggi: densità re-lativa, contenuto di etanolo, metanolo e 2-propanolo,residuo secco.

Tabella 7.4 Estratti liquidi descritti nelle ultime FU*

Droga FU Alcol prescritto Caratteristiche dell’estratto liquidoX XI XII per l’estrazione grado residuo secco colore

(% v/v) alcolico (% p/p)

Belladonna foglie • • • 70 57-63 Verde scuroChina rossa • • 70 42-50 Rosso brunoGenziana radice • • • 30 20-25 > 25 Giallo rossastroIpecacuana • • 70 55-61 BrunoRabarbaro • • • 60 48-54 non < 15 Giallo bruno

* Nelle FU precedenti alla XII gli “estratti liquidi” venivano indicati come “estratti fluidi”

Fig. 7.12 Schema del procedimento per l’ottenimento di estratti fluidi secondo la FU VII (proc. n. 2) (non riportato nelle successive edizioni della FU)

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 73

Fig. 7.13 Schema del procedimento per la preparazione di estratti fluidi con percolazione frazionata secondo la FUVII (proc. n. 3) (non riportato nelle successive edizioni della FU)

74 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Estratti secchi

Gli estratti secchi sono definiti dalla FU XII, pag.833, “preparazioni solide ottenute per evaporazio-ne del solvente usato per la loro preparazione. Gliestratti secchi generalmente hanno una perdita al-l’essiccamento non superiore al 5 per cento m/m,a meno che nella monografia sia prescritta una per-dita all’essiccamento con un limite diverso o unsaggio per l’acqua”.

La FU riporta i seguenti saggi: acqua, perditaall’essiccamento e solventi. Gli estratti secchi de-vono essere conservati in un recipiente ermetica-mente chiuso, protetto dalla luce.

Estratti molli

“Gli estratti molli sono preparazioni semisolide ot-tenute per evaporazione o parziale evaporazione delsolvente usato per l’estrazione” (FU XII, pag. 833).

Si impiegano solo etanolo di appropriata con-centrazione o acqua. Possono contenere appro-priati antimicrobici. Si conservano al riparo dallaluce.

I saggi della Farmacopea sono il residuo seccoe i solventi residui.

Le FU XI e XII non riportano estratti molli,mentre la FU X riportava due estratti molli: bella-donna, pag. 636, e poligala, pag. 1717.

Fig. 7.14 Schema del procedimento per l’ottenimento di estratti fluidi mediante acqua bollente secondo la FU VII (proc.n. 4) (non riportato nelle successive edizioni della FU)

ad appropriata concentrazione per l’estrazionedella droga vegetale o del materiale di origine ani-male, o disciogliendo un estratto molle o secco (cheè stato prodotto usando la stessa concentrazione disolvente di estrazione usato nella preparazionedella tintura per estrazione diretta) della droga ve-getale o del materiale di origine animale in etano-lo di appropriata concentrazione. Le tinture sonofiltrate se necessario. Le tinture sono generalmen-te limpide. Un piccolo sedimento può formarsi a ri-poso ed è accettabile purché la composizione del-la tintura non cambi significativamente”.

Eccezionalmente una tintura può essere prepa-rata anche a partire da una droga allo stato fresco:la denominazione di una tale preparazione dovrà,però, precisarlo.

La FU XII riporta dettagliatamente i metodi diproduzione delle tinture: produzione per macera-zione, produzione per percolazione. L’aggiusta-mento del titolo può essere effettuato, se necessa-

Gli estratti secchi possono essere preparati an-che con altri metodi quali:• nebulizzazione (atomizzazione)• liofilizzazionee alla fine possono essere titolati e portati al titoloprescritto per mezzo di sostanze inerti (lattosio,amido seccato).

Nella Tabella 7.5 sono riportati gli estratti sec-chi iscritti nelle FU X, XI e XII.

Tinture

Le tinture (FU XII, pag. 834) “sono preparazioniliquide ottenute generalmente usando una parte didroga vegetale o di materiale animale e dieci par-ti di solvente di estrazione o una parte di droga ve-getale o materiale di origine animale e cinque par-ti di solvente di estrazione.

Produzione. Le tinture sono prodotte per ma-cerazione o per percolazione usando solo etanolo

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 75

Tabella 7.6 Tinture nella FU

Droga Alcol da impiegare FU VII FU VIII FU IX FU X FU XI FU XII*(% v/v)

Genziana 60 •Rabarbaro 60 • –Belladonna 70 •China 70 •Strofanto 70 •Noce vomica 70 •Capsico 30 •Lobelia 70 •Valeriana 70 •Ratania 70 • • •Mirra 90 • •

* La FU XII non riporta tinture, ma soltanto, nel capitolo “Preparazioni farmaceutiche specifiche”, la “Soluzione gengivale di Mirra e Rata-nia” che contiene il 50% m/m di Mirra tintura e il 50% m/m di Ratania tintura (pag. 1219)

Tabella 7.5 Estratti secchi nelle ultime FU

Droga Tipo di estratto FU X FU XI FU XII Alcol da impiegarenell’estrazione

(% v/v)

Aloe Acquoso • –Belladonna foglie Idroalcolico • 70Cascara Idroalcolico • • 60Cascara Acquoso • • –Frangola Idroalcolico • 50-80Rabarbaro Idroalcolico • • • 60Camomilla Idroalcolico • • • 70Carciofo Idroalcolico • • • 75*Valeriana Idroalcolico • • 70Mirtillo nero Idroalcolico • • Metanolo

* La FU XII usa metanolo al 65-85% V/V R sulla droga intera (R, reagente)

76 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

una resina in soluzione in una essenza e/o olio gras-so. Si ottengono per evaporazione del o dei solventiusati per la loro fabbricazione”.

Questa monografia riguarda le oleoresine otte-nute mediante estrazione, non quelle naturali.

I saggi indicati dalla FU riguardano il contenu-to di acqua e solventi.

Le oleoresine devono essere conservate in un re-cipiente ermeticamente chiuso, protetto dalla luce.

Alcolaturi

Sono forme farmaceutiche non riportate nella FUXII, ottenute per macerazione con alcol di droghefresche. Si impiega quasi sempre alcol etilico a 95°in quanto la pianta fresca contiene sempre notevoliquantità di acqua che diluisce l’alcol di estrazione.

Gli alcolaturi sono preparati per semplice ma-cerazione di droghe fresche che perderebbero deltutto o in parte i componenti attivi se sottoposte adessiccamento. Quelli di limone e di arancio vengo-no ottenuti trattando le scorze con alcol di 80° nel

rio, sia per aggiunta del solvente di estrazione di ti-tolo appropriato, sia per aggiunta di un’altra tintu-ra ottenuta dalla materia prima vegetale o animaleutilizzata per la preparazione.

La FU XII, pag. 834, prescrive i seguenti sag-gi: densità relativa, contenuto di etanolo, metanoloe 2-propanolo, residuo secco.

La conservazione deve essere effettuata in unrecipiente ben chiuso, protetto dalla luce.

L’etichetta deve indicare, oltre ai requisiti ri-portati precedentemente: “– per tinture diverse dal-le tinture titolate e quantificate, il rapporto fra ma-teria prima e liquido di estrazione o fra materia pri-ma e tintura finale; – se del caso, il contenuto dietanolo in per cento V/V nell’estratto finale”.

La Tabella 7.6 riporta le tinture iscritte nelle FUdalla VII edizione alla XII.

Oleoresine

La FU XII (pag. 834) dà la seguente definizione:“Le oleoresine sono estratti semi-solidi composti da

preparazione delle TM. Consiste nel preparare per spremitura il succo della droga che poi vienediluito con una uguale quantità in peso di alcol di 86°. La TM ottenuta ha quindi un grado alco-lico di 43° ed una concentrazione in principi atti-vi del 50%.

Il grado alcolico delle TM (45°-65°) è inferio-re a quello delle tinture ottenute da droghe secche(in genere 60°; se il principio attivo è alcaloideo70°; per essenze e resine 80°). Anche il tempo diconservazione è diverso: le TM hanno una validitàdi 5 anni, mentre le altre soltanto di 2 anni. Inol-tre le TM possiedono un’attività terapeuticasenz’altro superiore a quella delle tinture tradizio-nali in quanto più ricche di principi attivi sia per-ché originano da un “totum vegetale” non sotto-posto a trattamenti sia per la più lunga durata dellamacerazione.

In taluni casi è necessario procedere alla corre-zione dei contenuti che, secondo la FU, può esse-re effettuata sia aggiungendo il solvente di estra-zione ad una concentrazione appropriata, sia ag-giungendo un’altra tintura madre per preparazio-ni omeopatiche del materiale vegetale o animaleusato per la preparazione.

La Farmacopea indica i seguenti saggi: densitàrelativa, etanolo, metanolo e 2-propanolo, residuosecco e pesticidi.

È raccomandato di conservare al riparo dalla lu-ce. Può essere specificata una temperatura massi-ma di conservazione.

L’etichetta indica:– che il prodotto è una tintura madre per prepara-

zioni omeopatiche (indicata come “TM” o “Ø”);– il nome della materia prima usando il nome la-

tino della Ph. Eur. quando esiste la monografia;– il metodo di preparazione;– la concentrazione dell’alcol o del solvente nel-

la tintura finale in percentuale V/V;– il rapporto materia prima/tintura madre;– se del caso, le condizioni di conservazione.

La FU XII nel capitolo “Preparazioni omeopa-tiche” (pag. 1327) descrive anche le droghe vege-tali per preparazioni omeopatiche e, in maniera det-tagliata, i metodi di preparazione di materiali di par-tenza omeopatici e diluizioni.

Alcolati

Si ottengono dalla distillazione su bagnomaria delmacerato alcolico della droga, secca o fresca. Il pro-cedimento fornisce quindi un prodotto ricco di so-stanze volatili e solubili in alcol (oli essenziali).

rapporto di 1:2, come indica la Farmacopea Fran-cese (FE). Sono impiegati come correttivi e per pre-parare gradevoli sciroppi per semplice mescolanzacon soluzioni zuccherine.

Alcolaturi stabilizzati. Si preparano estraendola pianta fresca con alcol bollente; in questo modosi ha la solubilizzazione della parte estrattiva e, al-lo stesso tempo, con la denaturazione degli enzimi,anche la stabilizzazione dei principi attivi. La FF IXriportava due alcolaturi stabilizzati, di limone (ci-tron) e d’arancia dolce (orange douce).

Tinture madri

Sono preparazioni liquide ottenute generalmentedalla macerazione della pianta fresca in alcol etilico. Possono essere considerate dei particolarialcolaturi.

La loro denominazione deriva dall’uso comemateriale di partenza per la preparazione di pro-dotti medicinali omeopatici. Infatti sono riportatenella monografia “Preparazioni omeopatiche”della FU XII, pag. 1330, che così le definisce: “Letinture madri per preparazioni omeopatiche sonopreparazioni liquide ottenute mediante l’azionesolvente di un appropriato veicolo su materie pri-me. Le materie prime generalmente fresche pos-sono essere anche essiccate. Esse possono essereottenute anche da succhi di piante con o senzal’aggiunta di un veicolo. Per alcune preparazioniil materiale da estrarre può subire un trattamentopreliminare”.

La tintura madre viene comunemente designatamediante i simboli “TM” o “Ø”.

Produzione. La FU XII riporta che “le tinturemadri per preparazioni omeopatiche sono gene-ralmente preparate per macerazione, digestione, in-fusione, decozione, fermentazione o come descrit-to nella specifica monografia usando alcol con con-centrazione appropriata”.

Si preparano generalmente con droghe fre-sche (rarissimamente con la droga secca) forniteda piante raccolte nel loro habitat naturale (quin-di raramente si utilizzano piante coltivate) e du-rante il tempo balsamico. La macerazione delladroga viene effettuata dopo avere determinato ilcontenuto di acqua (in stufa a 105 °C) impiegan-do alcol di titolo appropriato (stabilito dalla FF, ingenere 80°-95°) ed in quantità tale da avere allafine 10 p di TM da 1 p di droga, calcolata di -sidratata. La macerazione ha la durata precisa di3 settimane, poi si decanta e si filtra spremendo il residuo. È noto anche un “metodo tedesco” di

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 77

La preparazione era riportata nella FU VI econsisteva nella macerazione con alcol a 60° o a90° per un tempo variabile da 1 a 4 giorni.

Terminata la macerazione si filtra e si distilla abagnomaria. Gli alcolati devono essere conservatiin bottiglie ben chiuse di vetro scuro.

Enoliti

I vini medicinali sono dei particolari tipi di tinture ot-tenute utilizzando vini come solventi di estrazione.Sono noti anche come tinture vinose. Si ottengonoper macerazione (10-15 giorni) di droghe secche.S’impiegano i vini rossi per ottenere un prodotto adazione astringente, i vini bianchi per preparare eno-liti da droghe che contengono alcaloidi, che precipi-terebbero con i tannini dei vini rossi; infine i vini li-quorosi come il Marsala servono per l’estrazione del-le droghe contenenti forti quantità di resine.

Oggi non sono molto usati perché di limitataconservabilità.

Oleoliti

Gli oli medicati sono preparazioni estrattive ottenu-te dalla digestione della droga opportunamente pre-parata, con un olio vegetale, in genere olio di oliva,oppure per spostamento, cioè estraendo prima le so-stanze liposolubili con un idoneo solvente (etere dipetrolio o altri), evaporando poi la soluzione e scio-gliendo il residuo nell’olio, eliminando infine ab.m. le restanti tracce di solvente (preparazione del-l’olio di giusquiamo della FU VII, pag. 508).

Anche questa forma farmaceutica è oggi pocousata per la sua instabilità. Possono comunque es-sere preparati estratti oleosi, oltre che di giusquia-mo, anche di aconito, camomilla, calendula, ver-basco, iperico ecc.

Sospensione integrale di pianta fresca (SIPF)

Questa forma farmaceutica si prepara trattando conazoto liquido (–196 °C) la pianta fresca entro 6-12ore (massimo 24 ore) dalla raccolta: si ha un ab-bassamento della temperatura a circa –50 °C conblocco di tutte le attività enzimatiche.

Sottoponendo a criofrantumazione questa pian-ta surgelata si ottiene una pasta omogenea che sitratta con alcol in modo da ottenere una concentra-zione alcolica del 30% (in peso) per mantenerebloccata l’attività enzimatica anche a temperatura

ambiente. Questa soluzione-sospensione viene sot-toposta ad un trattamento brevettato detto di “ultra-pressione molecolare” che la trasforma in una mi-crosopensione stabile che costituisce la forma far-maceutica detta “sospensione integrale di piantafresca” o, più comunemente, “SIPF”.

Il preparato si somministra alla dose di 5 ml diluiti in poca acqua. Questa diluizione ripristinal’attività enzimatica ed il preparato ha quindi tuttoquello che era contenuto nella pianta fresca, daglienzimi ai fitormoni, dagli oli essenziali alle vita-mine.

Con la SIPF il fitoterapeuta ha, per la primavolta, a disposizione un liquido con la stessa com-posizione della pianta fresca, ottenuto senza opera-zioni estrattive, essiccative ecc. e quindi senza de-gradazioni enzimatiche. Anche i controlli analitici,dimostrando l’identità di composizione con lapianta medicinale, hanno rilevato un contenuto inprincipi attivi superiore a quello di altri preparatitradizionali (tinture ecc.).

Le SIPF sono stabili e si conservano per almeno3 anni. Si somministrano durante i pasti e si posso-no prescrivere anche loro associazioni in ricettemagistrali, in cure personalizzate, che sono assaiapprezzate dal paziente.

Si commercializzano con certificato di analisiche riporta le caratteristiche del preparato, il conte-nuto in principi attivi, l’accertamento dell’assenzadi metalli pesanti e pesticidi ecc.

A causa del loro costo elevato, si usano soltantoper droghe con principi attivi molto delicati, pocosolubili e pochissimo stabili. È chiaro che, per que-ste droghe, solo le SIPF garantiscono la presenza del“totum”. Fino ad oggi sono state preparate e com-mercializzate solo 15 SIPF, cioè quelle di bianco-spino, bardana, carciofo, castagno d’India, equise-to, eucalipto, fuco, meliloto, melissa, olmaria, orti-ca, passiflora, ribes nero, tarassaco, valeriana.

Succhi vegetali

Un’altra forma di somministrazione che, pur es-sendo antica, ha avuto recentemente un rilancio ècostituita dai succhi vegetali. Il loro rilancio si è ve-rificato dopo che i progressi tecnologici hanno con-sentito di confezionarli in modo tale da garantireuna lunga conservazione e, quindi, la commercia-lizzazione di preparati industriali.

I succhi sono, come è noto, preparati erboristicidi grande interesse terapeutico, ottenuti meccanica-mente per pressione delle piante fresche, previa-mente frammentate.

78 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 79

Sono costituiti dai liquidi presenti nei tessutivegetali e la definizione che ne è stata data di“piante bevibili” non è sbagliata perché essi con-servano tutte le proprietà caratteristiche della pian-ta fresca. Il succo contiene, disciolte o sospese, di-verse classi di composti: carboidrati, acidi organici,sali minerali, aminoacidi, proteine e quei metaboli-ti che rappresentano i principi attivi vegetali qualiglucosidi, alcaloidi, flavonoidi ecc.

Poiché tutto quello che è contenuto nella drogapassa nel succo, si ha praticamente un estratto che èmolto più completo di quello che si ottiene con l’im-piego di solventi. Se si considera poi che l’attività diuna droga non è mai riconducibile ad un solo princi-pio attivo, ma al complesso dei suoi componenti, sicomprende facilmente l’importanza di poter assu-mere con il succo tutto ciò che viene elaborato nellacellula vegetale. I migliori prodotti industriali sonooggi commercializzati sotto vuoto, senza l’aggiuntadi conservanti (o di coloranti) e vengono sommini-strati a cucchiai, più volte al giorno.

I succhi di preparazione industriale hanno sosti-tuito quelli che si possono preparare, almeno concerte piante comuni, in farmacia, o in casa, con unacentrifuga per alimenti, come il succo di carota, gi-nepro, crescione, ortica, aglio, carciofo. L’industriafitoterapica ne prepara moltissimi e li garantisceper genuinità e purezza. I succhi sono pertanto unaforma molto semplice di somministrazione dellepiante medicinali. Hanno il vantaggio rispetto allepolveri di non aver subito l’essiccamento, capacedi provocare alterazioni di qualche componente.

Macerati glicerici (gemmoderivati)

Questa forma farmaceutica era stata inserita nellaFU X nel capitolo “Preparazioni omeopatiche” apag. 1759. La FU li definiva preparazioni liquideottenute da materie prime di origine vegetale o ani-male utilizzando glicerolo o una miscela di glice-rolo e alcol di titolo appropriato o glicerolo e unasoluzione di sodio cloruro a concentrazione ap-propriata.

I macerati glicerici sono, come è noto, i prepa-rati fondamentali della gemmoterapia ideata e stu-diata dal Prof. Georges Netien dell’Università diLione, negli anni ’50, e sviluppata dal medicobelga Paul Henry che, nel 1958, pubblicando untrattato di fitoembriologia, preconizzò l’uso di de-rivati vegetali embrionali in terapia. Henry, indi-cando l’uso di giovani tessuti in fase di accresci-mento, motivava la scelta con il fatto che soloquesti tessuti contengono componenti particolar-

mente attivi che, con l’accrescimento della pianta,perdono le loro caratteristiche stimolanti di alcuneattività del sistema reticolo-istocitario. Questicomposti sono ormoni vegetali, auxine, gibberel-line ecc.

I preparati adoperati nella gemmoterapia sonodetti gemmoderivati e sono riportati fin dal 1965sulla FF che ne indica il metodo di preparazione.

Questo metodo, in definitiva, è semplice: il ma-teriale, costituito da gemme, giovani getti, radi-chette ecc. viene ripulito e poi essiccato in modo dadeterminarne il contenuto di acqua per poter fare itrattamenti successivi con riferimento al peso sec-co. Si fa poi macerare, per tre settimane, in una mi-scela in parti uguali di glicerina e alcol. Il liquidoottenuto, che è il “macerato glicerico”, viene com-mercializzato, per l’uso, dopo averlo diluito conuna miscela di glicerina, alcol e acqua (in propor-zione di 9:3:2) in modo da avere, da 10 parti di ma-cerato, 100 parti di soluzione pronta all’uso, confe-zionata in flaconi contagocce di vetro scuro. Se neimpiegano 30-50 gocce tre volte al giorno, diluitein poca acqua e mantenute per un po’ in bocca inmodo da avere un primo assorbimento per via su-blinguale; poi si ingerisce, generalmente a digiunoo a stomaco vuoto (come per gli altri preparatiomeopatici).

I gemmoderivati permettono di ottenere risulta-ti terapeutici sicuri e documentati.

Essenze (oli essenziali)

La FU XII (pag. 834) specifica che quanto ripor-tato nella monografia si applica alle essenze checostituiscono l’oggetto di singole monografie pre-senti nella Ph. Eur. L’autorità competente può de -cidere di applicare la monografia anche ad altreessenze.

Definizione. Le essenze, o oli essenziali, sono“prodotti odorosi, generalmente di composizionecomplessa, ottenute a partire da materie prime ve-getali botanicamente definite, mediante distillazio-ne a vapore, distillazione a secco o un appropria-to processo meccanico senza riscaldamento. Le es-senze sono usualmente separate dalla fase acquo-sa con un procedimento fisico che non influisce si-gnificativamente sulla loro composizione”.

Le essenze sono costituite da miscele comples-se di sostanze organiche, per lo più volatili, di co-stituzione chimica varia: idrocarburi (alifatici satu-ri, aromatici, terpenici a catena aperta e chiusa, se-squiterpenici), alcoli (aromatici o terpenici), acidi(alifatici o aromatici), aldeidi e chetoni, esteri ed

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di quella ordinaria, più solubile in alcol, con mag-gior potere antisettico e di più lunga conservazione(non ispessisce).

La FU XII riporta infatti che le essenze possonoessere classificate commercialmente come deterpe-nate, desesquiterpenate, rettificate o prive di “x”:• essenza deterpenata è quella dalla quale sono

stati rimossi, parzialmente o totalmente, gli idro-carburi monoterpenici;

• essenza deterpenata e desesquiterpenata è quel-la dalla quale sono stati allontanati, parzialmenteo totalmente, gli idrocarburi mono- e sesquiter-penici;

• essenza rettificata è quella che è stata sottopo-sta ad una distillazione frazionata;

• essenza priva di “x” è una essenza dalla qualesono stati rimossi, parzialmente o totalmente,uno o più costituenti.Gli oli essenziali sono presenti, sebbene in quan-

tità molto diverse, in quasi tutte le piante. Le fami-glie botaniche più ricche di essenze sono le Aste-raceae, Lauraceae, Apiaceae, Rutaceae, Liliaceae,Magnoliaceae, Cupressaceae e Pinaceae.

La FU XII, a pag. 835, riporta diversi saggi re-lativi alle essenze, saggi generali (densità relativa,indice di rifrazione, potere rotatorio, oli grassi edessenze resinificate) e saggi supplementari (pun-to di solidificazione, indice di acidità, indice di pe-rossidi, esteri estranei, residuo alla evaporazione,acqua, solubilità in alcol).

La Farmacopea, nei “Metodi generali di farma-cognosia”, a pag. 325, riporta anche la determina-zione delle essenze nelle droghe vegetali.

Si effettua per distillazione in corrente di vapo-re d’acqua in un apparecchio speciale, nelle condi-zioni che vengono di seguito precisate. Il distillatoviene raccolto nel tubo graduato in presenza di xi-lene per fissare l’essenza, mentre la frazione ac-quosa ritorna automaticamente nel pallone genera-tore di vapore.

Apparecchiatura. L’apparecchiatura è costi-tuita dalle seguenti parti:

(a) un pallone appropriato a fondo tondo, a col-lo corto ed estremità conica a smeriglio del diame-tro interno, all’estremità più larga, di circa 29 mm;(b) un apparecchio di condensazione (Fig. 7.15), chesi adatta esattamente al collo del pallone, costituitoda diverse parti saldate tra loro, in vetro a debole di-latazione termica; il tappo a smeriglio K’ è cavo e fo-rato e la tubatura K, di 10 mm di diametro internonella parte più larga del tubo smerigliato, ha un ori-fizio del diametro di 1 mm circa che coincide con laforatura del tappo; un rigonfiamento piriforme J del-la capacità di 3 ml; il tubo graduato JL è diviso in

eteri, fenoli, composti eterociclici vari, sostanzeazotate e solforate ecc. (vedi anche Cap. 14).

Sono contenute in diverse piante dove sono lo-calizzate in particolari tessuti: fiori (arancio, la-vanda, bergamotto), foglie (citronella, eucalipto,lauro, melissa, menta), corteccia (cannella), legno(sandalo, palissandro), rizoma (curcuma, zenzero),radici ecc.

Per quanto riguarda la produzione, la FU de-scrive: a) Distillazione a vapore, b) Distillazione asecco e c) Procedimento meccanico.

Si ottengono ordinariamente mediante distilla-zione in corrente di vapore. Possono essere ottenu-te anche per estrazione con solventi o per mezzo diprocedimenti meccanici idonei:a) metodo per pressione (scorza dei frutti, ad es.

limone);b) incisione (per oleoresine);c) infusione a freddo (a pressione ridotta);d) infusione a caldo (50-70 °C);e) metodo pneumatico (con aria secca o CO2 e

grasso);f) estrazione con solventi volatili (esano, metilene

cloruro);g) con gas supercritici (metodo industriale, CO2);h) estrazione per contatto con sostanze grasse

(enfleurage).Le essenze possono essere suddivise in:

– essenze preformate: sono le più numerose e so-no localizzate in parti diverse della pianta (ad es.nelle cellule epidermiche della faccia superioredelle foglie, dei sepali e dei petali: rosa, gelso-mino o tuberosa; nei peli secretori: geranio; nel-le ghiandole secretrici interne ecc.);

– essenze non preformate: hanno origine da so-stanze più complesse che, al momento della di-stillazione o della macerazione, si scindono peridrolisi. Ad es., nelle foglie di lauroceraso, du-rante la macerazione in acqua, l’enzima emul-sina idrolizza il glucoside amigdalina liberan-do, oltre a glucosio, aldeide benzoica ed acidocianidrico che sono i principi volatili delladroga.Le essenze sono sostanze volatili, lipofile, ge-

neralmente liquide, poco solubili in acqua e solubi-li nei solventi organici; rifrangono la luce e sono ot-ticamente attive, alcune presentano alla luce UV uncolore ed un grado di fluorescenza caratteristici.

Generalmente hanno l’odore delle piante da cuisi ottengono e, dopo la loro estrazione, spesso de-vono essere purificate o meglio deterpenate per au-mentare il loro potere odoroso. L’eliminazione de-gli idrocarburi terpenici, poco odorosi, permette in-fatti di ottenere un’essenza 30-70 volte più odorosa

Fig. 7.15 Apparecchio per la determinazione delle es-senze nelle droghe vegetali. Dimensioni in millimetriR, reattivo

randosi che gli orifizi coincidano. Scaldare il liqui-do del pallone fino ad ebollizione e distillare alla ve-locità di 2-3 ml per minuto se non è diversamenteprescritto. Per determinare la velocità di distillazio-ne, abbassare il livello dell’acqua nell’apparecchioper mezzo del rubinetto a tre vie, durante la distil-lazione, in modo che il menisco si trovi nel tratto in-feriore (a). Chiudere poi il rubinetto e cronometra-re il tempo necessario per il riempimento del rigon-fiamento fino al tratto superiore (b). Aprire quindiil rubinetto e continuare la distillazione, modifican-do il riscaldamento per regolare la velocità di di-stillazione. Distillare per 30 min, sospendere il ri-scaldamento e leggere, dopo almeno 10 min, il vo-lume di xilene che si è raccolto nel tubo graduato.

Introdurre nel pallone la quantità di droga pre-scritta e procedere alla distillazione in corrente divapore, con le stesse modalità sopra specificate, perla durata e con la velocità indicate. Arrestare il ri-scaldamento e dopo 10 min leggere il volume di li-quido raccoltosi nel tubo graduato e sottrarre il vo-lume dello xilene determinato in precedenza. Ladifferenza costituisce la quantità di essenza presentenella massa esaminata del campione. Calcolare il ri-sultato come millilitri per 100 g di droga.

Nel caso in cui l’essenza deve essere utilizzata peraltri procedimenti analitici, la miscela xilene-essenzapriva di acqua può essere recuperata come segue: to-gliere il tappo K’ e introdurre 0,1 ml di una soluzio-ne (1 g/l) di sodio fluoresceinato R e 0,5 ml di acquaR. Abbassare il livello della miscela xilene-essenzanella bolla L mediante il rubinetto a tre vie. Lascia-re a riposo per 5 min quindi lasciare colare la miscelalentamente, esattamente fino al livello del rubinettoM. Aprire il rubinetto in senso antiorario, in modo chel’acqua possa colare dal tubo di comunicazione BM.Lavare quest’ultimo versando acetone R e quindi po-co toluene R, nel tubo di riempimento N. Ruotare an-cora il rubinetto nello stesso senso per recuperare lamiscela xilene-essenza in un recipiente adatto.

Conservazione delle essenze: in un recipienteben riempito, ermeticamente chiuso, protetto dallaluce.

L’etichetta indica:– il nome scientifico della materia prima vegeta-

le utilizzata;– nei casi appropriati, il tipo e/o il chemotipo del-

l’essenza;– dove appropriato, il metodo di produzione;– dove appropriato, il nome e la concentrazione

di ogni antiossidante aggiunto;– dove appropriato, le addizionali fasi del pro-

cesso che non sono specificate sotto la Defini-zione.

0,01 ml; il rigonfiamento L è a forma di bolla conuna capacità di circa 2 ml; un rubinetto M a tre vie;la saldatura B è a un livello di 20 mm più alto delpunto superiore della graduazione, (c) un apparatoidoneo di riscaldamento che permetta una regola-zione precisa, (d) un sostegno verticale, con anelloorizzontale, rivestito di materiale isolante.

Metodo. Utilizzare un apparecchio perfetta-mente pulito. Effettuare il dosaggio secondo la na-tura della droga in esame. Introdurre nel pallone laquantità di liquido indicata per la distillazione in cor-rente di vapore e qualche frammento di pietra po-rosa. Adattare al pallone l’apparecchio di conden-sazione. Introdurre acqua R attraverso il tubo diriempimento N fino al livello B. Togliere il tappo K’e introdurre la quantità prescritta di xilene R, utiliz-zando una pipetta, appoggiando la punta al fondodella tubatura K. Richiudere con il tappo K’ assicu-

Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 81

Le essenze riportate nella FU XII sono le se-guenti: arancia amara, pag. 963; bergamotto, pag.968; finocchio dolce, pag. 980; mandarino, pag.986; niaouli, pag. 990.

Idrolati (acque distillate aromatiche)

Sono soluzioni acquose, non iscritte nella FU XII,ottenute per distillazione in corrente di vapore, ingenere di droghe fresche; esse contengono la mag-gior parte dei principi volatili presenti.

Questi principi volatili sono normalmente le es-senze o oli essenziali, che, sia pure in minima par-te, sono solubili in acqua; accanto alle essenze so-no presenti negli idrolati altre sostanze volatili, co-me acido acetico nell’acqua di rose, acido valeria-nico nell’acqua di valeriana, acido cinnamico inquella di cannella, acido cianidrico in quella di lau-roceraso. I principi volatili, normalmente, sono giàpreformati nella droga fresca; tuttavia, in alcuni ca-si, essi si formano solo dopo macerazione più omeno lunga nell’acqua che, provocando reazioni diidrolisi, libera le sostanze volatili.

Per tale motivo anche le acque distillate aroma-tiche si dividono in due classi:a) acque distillate a principi preformati: rosa, ti-

glio, fiori d’arancio, cannella, valeriana;b) acque distillate a principi non preformati: acqua

di lauroceraso.Gli idrolati sono liquidi limpidi, ad eccezione di

quello di cannella, di odore aromatico proprio,molto pronunciato al momento della preparazione,che tende ad attenuarsi col tempo.

Debbono essere conservate con cura, al riparodalla luce e dall’aria e rinnovate almeno una voltaall’anno; infatti tendono facilmente ad alterarsi,perdendo il loro odore, divenendo acide e dandoluogo a sviluppo di funghi e muffe.

Il saggio più comune, da eseguire su un’acquadistillata aromatica, è quello che serve a mettere inevidenza (saggio qualitativo) o a dosare (saggioquantitativo) l’essenza che essa contiene.

Acque coobate. Sono acque ottenute per “coo-bazione” e cioè distillando un idrolato su altraquantità della stessa droga fresca: in tale maniera,si può aumentare la concentrazione in principi vo-latili dell’acqua distillata aromatica. In realtà taleoperazione è oggi del tutto abbandonata e quandosi vogliano ottenere idrolati a più elevata concen-trazione è conveniente partire, all’inizio della di-stillazione, da una quantità più elevata di droga.

Acque aromatizzate. Si ottengono non per di-stillazione, ma aggiungendo l’essenza, in opportu-na quantità, ad acqua distillata.

Per la loro preparazione, consentita solo da al-cune farmacopee straniere, si “estingue” l’essenzacon una sostanza inerte, insolubile in acqua (talco,o altro materiale inerte) e si aggiunge a poco a po-co, sotto agitazione, la quantità prescritta di acquadistillata. Si filtra più volte fino ad ottenere un li-quido limpido e si aggiunge acqua fino al peso pre-scritto. Per g 1 di essenza si impiegano g 10 di as-sorbente e 999 g di acqua.

La solubilizzazione delle essenze nell’acquapuò essere facilitata dalla aggiunta di agenti ten-sioattivi, come i Tweens.

Le acque distillate e quelle aromatiche si usanosoprattutto come aromatizzanti nella preparazionedi altre forme farmaceutiche (sciroppi).

Preparazioni a base sciropposa

Per completare questa trattazione sulle prepara-zioni fitoterapiche si ritiene opportuno aggiunge-re anche alcune preparazioni a base sciropposa chesono oggi utilizzate anche come veicoli di formefarmaceutiche di origine vegetale. Gli sciroppi so-no la forma farmaceutica più adatta per bambinied anziani e per coloro che hanno difficoltà a de-glutire.

Permettono di veicolare medicamenti di saporeamaro, salino o comunque sgradevole.

Se a base di fruttosio, sorbitolo o ammonio gli-cerizzinato sono adatti anche per diabetici.

Gli sciroppi “d’erbe” comprendono:a) concentrato di mele;b) sciroppi aromatizzati;c) sciroppi medicati (con soluzioni estrattive).

a) Concentrato di mele. Veicolo sciropposo com-pletamente naturale ottenuto dal succo dei frutti ma-turi di Pyrus malus L. per concentrazione fino aconsistenza sciropposa.Caratteristiche

Limpido, color giallo chiaro, leggermente aci-dulo con odore e sapore di mela• densità 1,0465-1,0470• residuo secco totale 11-12%• fruttosio 60-62 g/l• glucosio 19-25 g/l• saccarosio 18-21 g/l• ceneri totali 2-2,5%• potassio 1-1,2 g/l

ConservazioneA temperatura ambiente fermenta rapidamente

con evidenti alterazioni delle caratteristiche orga-nolettiche, pertanto può essere conservato:

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Capitolo 7 • Preparazioni con droghe vegetali 83

– in frigorifero tra 0 e 4 °C (per un anno) oppure– in ambiente fresco addizionato di nipagina 0,1-

0,15%.Non può essere addizionato di alcol etilico in

concentrazione elevata (incompatibile) e la sua mi-scelazione con estratti fluidi favorisce la fermenta-zione.

b) Sciroppi aromatizzati. Si usano per rendere piùgradevoli gli sciroppi, specie quelli medicati. Si pre-parano:• con estratti fluidi di piante aromatiche (5%), co-

me menta, limone, cedro, arancio, mandarino,cannella, finocchio;

• con aggiunta di essenza naturale o ricostituita(0,01-0,05%) precedentemente sciolta nella mi-nima quantità di etanolo;

• con dispersione (e successiva filtrazione) di aro-mi adsorbiti su talco (1,5%).

Esempi:Sciroppo di arancio (USP XXI)

arancio dolce tintura 50 mlacido citrico anidro 5 gtalco 15 gsaccarosio 820 gacqua depurata q. b. a 1000 ml

Sciroppo di moremore di rovo 60 gsaccarosio 600 gacqua depurata 300 g

Sciroppo di limonelimone tintura 25 gacido citrico monoidrato 25 gacqua depurata 25 gsciroppo semplice 925 g

c) Sciroppi medicati. Si possono ottenere con duediverse metodiche:1) Dissoluzione dei medicamenti nel veicolo sci-ropposo

I medicamenti molto solubili in acqua si posso-no sciogliere direttamente nello sciroppo. Usandoestratti fluidi o altri estratti vegetali occorre diluireo sciogliere preventivamente il materiale addizio-nando alcol o glicerolo (10-20%) per evitare la pre-cipitazione di parte del fitocomplesso. La soluzio-ne ottenuta si aggiunge poi allo sciroppo agitando.2) Dissoluzione dei medicamenti in acqua e suc-cessiva aggiunta di zucchero

Questo metodo si applica normalmente alle ti-sane, infusi e decotti ai quali si aggiunge lo zuc-chero, sempre sotto agitazione.

Alcuni sciroppi con principi attivi di origine vegetale erano riportati nel Formulario Nazionale

Sezione C – “Galenici tradizionali di derivazionemagistrale” – e possono essere preparati in farma-cia anche come multipli. Se ne riportano qui duecome esempi.Sciroppo di poligala e narceina

poligala estratto fluido 2,50 gnarceina 0,05 gveicolo sciropposo aromatizzato qb a 100 g

Sciroppo di rabarbarorabarbaro estratto fluido 5 gveicolo sciropposo aromatizzato qb a 100 g

La FU XII, nel capitolo “Preparazioni Farma-ceutiche Specifiche”, riporta, pag. 1196.

Ipecacuana sciroppo emeticoipecacuana estratto fluido 70 gacido cloridrico 2,5 mlglicerolo 100 mlsaccarosio 500 gacqua depurata qb a 1000 mlLo sciroppo emetico di ipecacuana, obbligato-

rio in Farmacia (tabella 2), soddisfa anche ai re-quisiti definiti nella monografia “Preparazioni li-quide per uso orale”, pag. 908.

Aromatizzazione e conservazione delle preparazioni

La presenza nella droga di sostanze amare e pocopalatabili rende indispensabile l’aromatizzazionedelle preparazioni per uso orale, in particolare le ti-sane e le altre preparazioni liquide. Questa si effet-tua addizionando al materiale da estrarre almeno il10-15% di una droga aromatica. Una droga spessousata come aromatizzante è la menta (si possonousare indifferentemente sia le foglie che le sommitàfiorite); lo stesso dicasi per la liquirizia (radice de-corticata), la melissa (foglie), la verbena odorosa,l’arancio dolce (scorza), l’anice verde (seme), il fi-nocchio (acheni), il limone (scorza). Per migliora-re l’aspetto si può aggiungere una droga capace diimpartire alla preparazione estrattiva una qualchecolorazione: si otterrà, ad es., una bella colorazio-ne rossa con un po’ di karkadé o con il rosolaccio,una colorazione arancione con i fiori di carcamo,gialla con la calendula. Il gusto può anche esseremigliorato con l’aggiunta di dolcificanti naturali(miele, zucchero di canna, melassa, malto, scirop-po d’acero) o sintetici (saccarina, aspartame); neipazienti obesi o diabetici si preferiscono gli edul-coranti sintetici o polialcoli, come la mannite ed il

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Per quanto riguarda la conservazione delle pre-parazioni farmaceutiche descritte, è da rilevare chequelle estemporanee acquose (macerati, tisane, in-fusi, decotti) sono di limitatissima conservabilità(24 ore a temperatura ambiente, 3-4 giorni in frigo-rifero) perché costituiscono un ottimo terreno dicoltura per batteri e muffe, in quanto, con l’ebolli-zione, vengono estratte anche sostanze zuccherinee mucillaginose. Per gli sciroppi la FU X prevede-va l’aggiunta di idonei conservanti.

Le soluzioni estrattive contenenti alcol (estrattifluidi, tinture, alcolati, alcolaturi, elisir) sono suffi-cientemente stabili, se ben conservate, ma in certecondizioni possono alterarsi e allora presentano de-gli intorbidamenti istantanei o nel tempo; ciò puòdipendere da diverse cause: gradazione alcolicanon ottimale, impiego di un solvente (diluente) nonidoneo, presenza di principi attivi poco solubili (oliessenziali, alcaloidi, composti a struttura steroidicacome i ruscosidi).

Poiché intorbidamenti e precipitazioni si eviden-ziano facilmente quando la preparazione è compo-sta, si consiglia di ridurre al minimo indispensabilele associazioni di più droghe o di estratti.

In casi di scarsa solubilità dei principi attivi sipuò ricorrere, nel corso dell’estrazione, per non per-dere parte dell’attività farmacologica del preparato,all’aggiunta di cosolventi (glicerina, glicoli, sorbi-tolo ecc.), di tensioattivi (polisorbato 80, poliossie-tilenderivati di gliceridi grassi ecc.) o di acidi orga-nici (citrico, tartarico, lattico ecc.). Questi ultimi,variando il pH della preparazione, facilitano la so-lubilità degli alcaloidi; comunque i più usati sono itensioattivi non ionici perché sono efficaci in unampio intervallo di pH e sono ben tollerati, mentre imeno adatti risultano essere i cosolventi perchè illoro effetto solubilizzante è spesso insufficiente.

Infine le polveri semplici e composte possonoperdere colore e odore e cambiare il titolo se con-servate in presenza di aria e umidità.

In conclusione è sempre necessario proteggeretutte le preparazioni fitoterapiche dagli agenti ester-ni fisici (luce, calore), chimici (aria, umidità) e mi-crobiologici e quindi esse vanno conservate in luogoasciutto e fresco, in recipienti idonei, meglio di vetroscuro, ben chiusi e al riparo della luce (vedi Cap. 4).

I fitoterapici sono rappresentati da una vasta gam-ma di preparati che va dalle piante raccolte e usa-te come tali fino ai vari tipi di estratti. In alcunicasi il loro utilizzo può esser fatto risalire a mil-lenni fa, specialmente in India ed in Cina, nazio-ni con un’antica cultura fitoterapica; ancora oggi,si può affermare che, in termini globali (compre-si quindi i Paesi in via di sviluppo), è molto piùdiffusa la medicina tradizionale che quella occi-dentale.

Inoltre, anche nei Paesi sviluppati (intendendosoprattutto l’Europa, l’America del Nord ed ilGiappone) è oggi in atto, per svariati motivi, unatendenza verso un sempre maggior utilizzo dei fi-toterapici. In alcuni casi (come ad es. in Germa-nia) questa tendenza s’innesta su una robustapreesistente cultura di medicina tradizionale; inaltri si tratta di una scoperta, o meglio di una ri-scoperta. Ovviamente, le Autorità sanitarie dei va-ri Paesi hanno sempre cercato e cercano tuttora didisciplinare la fitoterapia, nell’ottica di salvaguar-dare la salute pubblica, e se a volte si sono verifi-cati dei vuoti legislativi, la tendenza a lungo ter-mine è sicuramente quella di un sempre maggiorcontrollo del fitoterapico sotto tutti i suoi molte-plici aspetti.

Da questo punto di vista, un aspetto fondamen-tale è sicuramente la standardizzazione del fitotera-pico: senza di essa, non ci può essere garanzia nédella sicurezza del prodotto né della riproducibilitàdei risultati sperimentali o terapeutici. Da sempre,è all’ottenimento di questo risultato che tendono leFarmacopee dei vari Paesi.

Le esigenze dell’Autorità sanitaria

Sempre tenendo conto delle esigenze mirate almassimo controllo del fitoterapico in termini di si-curezza e di riproducibilità, i principali elementi ri-chiedibili dall’Autorità sanitaria sono:

• identificazione botanica del materiale vegetali(analisi macro e microscopica della parte dellapianta usata, ricerca dei sofisticanti comuni,presenza di altre piante come contaminanti);

• origine del materiale vegetale (per ogni piantava indicata l’area di provenienza, che deve re-stare costante nel tempo per evitare cambi dicomposizione chimica legati a condizioni cli-matiche e di terreno);

• metodo di processo valido che non può esseremodificato;

• metodo di analisi chimica valido sia per il ma-teriale vegetale sia per l’estratto che ne deriva;

• metodi di controllo del processo nelle varie fasidi lavorazione;

• metodo di analisi valido per la ricerca di metal-li pesanti, pesticidi, solventi residui;

• analisi microbiologica che deve accertare l’as-senza di patogeni;

• metodo di analisi del prodotto finito e relativicontrolli di stabilità.Per ogni pianta i metodi di analisi possono es-

sere più o meno sofisticati a seconda che i principiattivi siano conosciuti (o supposti conosciuti) o chenella pianta siano presenti più classi di principi at-tivi che agiscano sinergicamente. Quest’ultima èuna caratteristica peculiare delle piante ed è il van-taggio che spesso i derivati vegetali presentano ri-spetto a prodotti puri naturali o di sintesi.

Le esigenze del produttore

Gli aspetti pratici a cui deve porre attenzione il pro-duttore, per ottenere un derivato vegetale standar-dizzato, quindi riproducibile in termini di compo-sizione chimica, sicurezza ed efficacia, e ottempe-rante agli elementi del paragrafo precedente, sonoi seguenti:• parte della pianta da usare;• areale di raccolta;

ASPETTI INDUSTRIALI DEI PRODOTTI FITOTERAPICICapitolo

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F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

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• condizioni di essiccamento; • condizioni di conservazione del materiale essic-

cato;• scelta del materiale vegetale e analisi dei singo-

li lotti prima di procedere all’estrazione (pianteraccolte allo stato spontaneo vanno analizzate emescolate opportunamente in modo da otteneremiscele omogenee);

• analisi dei costituenti attivi e loro rapporti reci-proci fissando i limiti di oscillazione;

• ricerca preliminare di metalli pesanti e di pesti-cidi;

• metodo di preparazione dell’estratto (solventeimpiegato, condizioni di temperatura e processodi purificazione).I punti più delicati di tutto il processo sono le

condizioni di raccolta e di essiccamento del mate-riale vegetale: gli essiccamenti tradizionali dellepiante all’ombra o al sole si sono dimostrati dele-teri per la conservazione dei principi attivi e perl’ottenimento di materiali di partenza standardiz-zati.

Inoltre le leggi di molti Paesi non consentonopiù la raccolta industriale di piante allo stato spon-taneo, per la salvaguardia degli ecosistemi; si devequindi provvedere alla coltivazione delle piante,dopo una selezione genetica, per una loro perfettariproducibilità. Con la coltivazione sono risolvibilii problemi di disponibilità industriale ed i materia-li vegetali possono essere essiccati nelle miglioricondizioni e nel periodo di massima produttività diprincipi attivi.

Processo di lavorazione

Per effettuare le successive fasi di estrazione il ma-teriale vegetale, secco o fresco, deve essere maci-nato, cioè ridotto meccanicamente in particelle ilpiù possibile omogenee e di piccole dimensioni: inalcuni casi, fino a un diametro prossimo a 0,5 mm.L’omogeneità è un parametro fondamentale, perchéè quello che successivamente regola i parametri diestrazione e l’esaurimento uniforme del materialevegetale.

Macinazione

La macinazione di materiale fresco è più proble-matica perché la rottura cellulare in presenza di ac-qua consente la liberazione di enzimi che normal-mente degradano le sostanze da estrarre. Si può

ovviare surgelando il materiale a –25 °C prima del-la macinazione ed eventualmente mettendo poi ilmacinato a contatto con un solvente capace di im-mobilizzare o inattivare gli enzimi.

La prima fase della macinazione è di solito unosminuzzamento, che richiede macchine appositeche riducono il materiale in pezzi da 1 a 10 mm didiametro. Successivamente il materiale è posto inun molino, di cui esistono vari tipi (vedi Cap. 7.0).Il più comune è il molino a martelli: i martelli, sistemati radialmente, seguono la rotazione delperno e rompono il materiale che è caricato dal-l’alto. Sulle pareti della camera c’è una griglia,che determina le dimensioni del macinato ricava-to. Questo molino è adatto per materiale friabile,mentre il molino a coltelli è più adatto per foglie,corteccia e radici ed il molino a dischi dentati persemi e materiale presminuzzato. Con quest’ulti-mo tipo di molino si possono ottenere polverimolto fini: le dimensioni delle particelle dipendo-no dalla distanza fra i dischi e dalla loro velocitàdi rotazione relativa.

Estrazione

L’estrazione di principi attivi da droghe vegetali vie-ne normalmente effettuata con solventi polari oapolari o miscele dei due (estrazione solido-liquido).Un caso particolare è l’estrazione con anidride car-bonica in condizioni ipercritiche, cioè a condizioniparticolari di temperatura e soprattutto di pressione(alcune centinaia di atmosfere). Con questa tecnicasi possono ottenere estratti lipidosterolici il cui mag-gior pregio è l’assenza di solventi residui.

In generale, un’estrazione ottimale dipende dal-la velocità di diffusione di una sostanza dalla parti-cella di macinato al solvente, dal tempo di contattoe dalla velocità di passaggio del solvente attraversoil materiale. Le sostanze diffondono nel solvente operché le cellule vegetali sono rotte o per diffusio-ne attraverso membrane cellulari intatte; in ambe-due i casi, il trattamento preparatorio del materialevegetale con acqua o con solventi parzialmente ac-quosi, che fanno rigonfiare le cellule provocandoneo la rottura o l’aumento della permeabilità di mem-brana, facilita il processo. Altri vantaggi di questopre-trattamento sono:• evitare l’improvviso rigonfiamento del materia-

le in un ambiente chiuso (l’estrattore), con unaumento di pressione che potrebbe ostacolare ilpassaggio del solvente;

• assicurare l’umettazione uniforme del materiale,evitando la formazione di canali preferenziali

86 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 8 • Aspetti industriali dei prodotti fitoterapici 87

che potrebbero ridurre l’area di contatto del sol-vente.I procedimenti di estrazione possono essere

classificati in due gruppi principali:• procedimenti in cui il materiale è posto nel sol-

vente a una determinata concentrazione e perun determinato periodo, e quindi filtrato, spre-muto o centrifugato (tinture, decotti, macerati);

• procedimenti in cui il materiale è estratto finoad esaurimento delle sostanze solubili nel sol-vente scelto (estratti fluidi, molli, secchi).Il primo tipo di procedimento è in pratica la ma-

cerazione, che può essere statica (pressoché abban-donata industrialmente) o dinamica, e in cui si rag-giunge un equilibrio fra estratto e materiale vegeta-le, che dipende dal contenuto d’acqua, dalla gran-dezza delle particelle, dal solvente usato e dal tem-po di contatto.

Al raggiungimento dell’equilibrio l’estrazionesi ferma, quindi per esaurire completamente il ma-teriale occorre effettuare un sufficiente numero diestrazioni (ognuna delle quali è una macerazione),calcolabile in modo matematico.

Il procedimento che porta all’esaurimento delmateriale attraverso ripetute macerazioni si chiamapercolazione, che può essere semplice o continua.Nella percolazione semplice (Fig. 8.1), il materialeè estratto con ripetuti contatti con solvente fresco.Nella continua, si usano più percolatori in batteriaed i percolati meno ricchi in sostanze estratte sonousati per estrarre materiale fresco (Fig. 8.2). Ov-viamente, con questa tecnica si ha un risparmio disolvente.

Un altro procedimento, il più usato industrial-mente, è l’estrazione continua o controcorrente,

che applica a un sistema solido-liquido i razionaliteorici che erano già stati definiti per i sistemi liquido-liquido. In alcuni di questi macchinari è ilmateriale che è pompato contro il solvente, mentrein altri la controcorrente è relativa perché il mate-riale è fermo e si muove il solvente: in pratica, inambedue i casi il materiale incontra continuamentesolvente fresco, in condizioni controllate di tempe-ratura, di pressione, di flusso e di tempi, in mododa ottimizzare l’estrazione. La Figura 8.3 mostralo schema di funzionamento di uno fra i più diffusitipi di estrattori, mentre la Figura 8.4 mostra un al-tro tipo di estrattore nel suo aspetto esteriore in unimpianto industriale.

Fig. 8.1 Percolatori semplici

Fig. 8.2 Percolatori continui

Uscitadell’estratto Scarico dei solidi

Ingressodel solvente

Fig. 8.3 Estrattore a carosello

Concentrazione

Dopo l’estrazione del materiale, le soluzioni risultantivanno concentrate se lo scopo è di ottenere estrattifluidi o solidi, o parzialmente concentrate e poi sot-toposte ad una controestrazione liquido-liquido perisolare particolari prodotti o classi di molecole.

La concentrazione è effettuata con impianti checonsentono l’eliminazione del solvente a bassetemperature, in modo da non alterare la composi-zione dell’estratto e non degradare i principi attivi.

Per grandi quantità di estratto sono normalmen-te impiegati concentratori a pellicola in caduta o astrato sottile rotante (Figg. 8.5 e 8.6). Per prodottiparticolarmente labili sono usati concentratori apiatti che incrementano in modo considerevole lasuperficie di evaporazione ed operano sotto vuoto.

Essiccazione e frazionamento

Sebbene ci siano ancora sul mercato numerosiestratti in forma liquida o semisolida, oggi il metodopreferito è essiccare l’estratto fino alla forma soli-da. Le ragioni principali sono la maggiore stabilità

88 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 8.5 Concentratore a pellicola in caduta

Fig. 8.4 Estrattore ad altapressione

Capitolo 8 • Aspetti industriali dei prodotti fitoterapici 89

chimica, un minor rischio di contaminazione batte-rica ed una maggior praticità di immagazzinaggio etrasporto. Le tecniche di essiccazione impiegatecomprendono la liofilizzazione e l’atomizzazione(vedi Fig. 7.3).

Se invece lo scopo è di isolare dall’estratto unamolecola o una classe di sostanze, si usano procedi-menti di cristallizzazione, di passaggio su resine diadsorbimento o a scambio ionico, oppure si utilizza-no processi cromatografici quali ad es. l’HPLC (High Pressure Liquid Cromatography) preparativo.

Considerazioni conclusive

Oggi i prodotti fitoterapici sono a livello mondialein forte espansione sia a livello produttivo che di ri-cerca. La recente scoperta di molecole di primariaimportanza nella terapia oncologica, quali il tassoloe alcuni derivati della camptotecina, hanno stimola-to a livello mondiale un nuovo interesse per i pro-dotti di origine vegetale e tutte le società multina-zionali investono in modo rilevante nello screening.

Né del resto si ferma la ricerca sulle piante me-dicinali già note. Anzi, i continui progressi, sia neimetodi di produzione che analitici sia nella ricercabiologica, inducono ad approfondire sempre di piùlo studio dei principi attivi e dei meccanismi d’a-zione; un corollario di questi studi è la tendenza adefinire in maniera sempre più completa la compo-sizione chimica di un fitoterapico. In altre parole,

se un tempo ci si poteva accontentare di una titola-zione su una molecola marker (il più delle voltecon l’inespressa convinzione che si trattasse del-l’unico principio attivo), oggi si tende a titolare ilprodotto fitoterapico su più molecole o classi diprodotti. Anche la sperimentazione clinica valutain maniera sempre più approfondita, anche attra-verso studi di meta-analisi, l’efficacia terapeuticadei fitoterapici; ovviamente, la meta-analisi è pos-sibile solo se i prodotti sono molto ben caratteriz-zati (standardizzati) e fra loro confrontabili.

Per concludere, i prodotti fitoterapici, siano es-si sostanze pure od estratti, devono soddisfare tuttiquei requisiti di qualità, costanza, stabilità, sterilitàe purezza come si conviene ad un prodotto destina-to, in una forma o nell’altra, ad un uso terapeuticoin campo umano, sia acuto che cronico. La qualitàdei prodotti, come più sopra mostrato, dipende inprimo luogo dalla qualità del materiale vegetale,ma naturalmente anche dai solventi usati nella pre-parazione e dal procedimento impiegato.

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90 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Le piante officinali (piante medicinali e piante aro-matiche) e le loro preparazioni negli ultimi decen-ni hanno assunto in tutto il mondo sempre maggiorerilevanza sociale ed economica.

Attualmente, sotto l’aspetto normativo, in Ita-lia, i prodotti a base di piante officinali possono es-sere inquadrati in quattro settori principali: medici-nale, alimentare, cosmetico e salutare.

Mentre la normativa dei prodotti inquadrabilinell’area medicinale, alimentare e cosmetica negliultimi anni è stata aggiornata ed armonizzata conquella degli altri Paesi dell’Unione Europea, in se-guito al recepimento di numerose direttive euro-pee, il settore dell’erboristeria salutare, peculiaritàitaliana, rimane ancorato a norme che risalgono adoltre 70 anni fa (legge 6 gennaio 1931, n. 99; R.D.19 novembre 1931, n. 1793, modificato con R.D.30 marzo 1933, n. 675 e R.D. 26 maggio 1932, n.722) ed è da tempo in attesa di una legge specificaed organica, al passo con i tempi, tanto più che tut-tora manca una definizione giuridica di “prodottosalutare” e di “prodotto erboristico”.

Anche nel corso della corrente XVI legislatura,al Senato sono stati presentati diversi disegni dilegge aventi per oggetto la regolamentazione delsettore erboristico, ma sicuramente non si arriveràalla promulgazione della legge. Solo in parte il pro-blema è stato affrontato inquadrando i prodotti er-boristici per uso orale tra gli integratori alimentari,regolamentati dal D.L.vo 21 maggio 2004, n. 169,“Attuazione della direttiva 2002/46/CE relativaagli integratori alimentari”.

In tutti i campi nei quali i prodotti a base vege-tale trovano applicazione occorre sfatare presso ilpubblico l’errata convinzione che essi siano esentida rischi, perché l’origine naturale sicuramente nongarantisce l’innocuità ed anzi richiede rigorosi con-trolli per verificare la qualità delle materie prime.

È necessario poi ricordare che nel passato i pro-dotti a base vegetale erano sottoposti a norme mol-to diverse anche nell’ambito della comunità euro-

pea e questo, oltre a costituire un rischio per la sa-lute pubblica, ha rappresentato un ostacolo per laloro commercializzazione.

L’area medicinale, che rappresenta sicuramen-te il settore più rilevante e delicato per la salute pub-blica, viene identificata come erboristeria medici-nale o fitoterapia. Il termine “fitoterapia” è stato in-trodotto dal medico francese Henri Leclerc (1870-1955) e si è diffuso rapidamente a livello interna-zionale col significato di scienza che si occupa del-l’impiego di medicamenti vegetali per la cura del-le malattie. La “fitoterapia” utilizza le droghe ve-getali come tali, da sole o in miscela, sotto formadi loro derivati o preparazioni farmaceutiche chesfruttano l’attività non di singoli principi attivi, madel fitocomplesso. È stato chiarito dal D.L.vo 24aprile 2006, n. 219, che in Italia attua il Codice co-munitario dei medicinali per uso umano, che il fi-toterapico è “ogni medicinale che contiene esclusi-vamente come sostanze attive una o più sostanze ve-getali o una o più preparazioni vegetali oppure unao più sostanze vegetali in associazione ad una o piùpreparazioni vegetali”. Quindi la fitoterapia non è,come spesso erroneamente molti credono, una me-dicina alternativa: i fitoterapici, come tutti i medi-cinali, devono possedere i requisiti fondamentali diqualità, sicurezza ed efficacia, anche se dimostrar-ne l’efficacia e la qualità per molti prodotti può ri-sultare difficoltoso, soprattutto per problemi legatialla loro standardizzazione e quindi alla riproduci-bilità degli effetti terapeutici.

L’aumentata richiesta sul mercato internaziona-le di piante officinali, per uso sia medicinale chesalutare, ha determinato l’esigenza di una normati-va sovranazionale allo scopo di favorire in tutto ilmondo il commercio di prodotti sicuri e l’impiegorazionale di droghe vegetali e loro preparazioni.

Effettivamente, secondo i dati forniti dalla Or-ganizzazione di Cooperazione e Sviluppo delle Na-

LEGISLAZIONE SULLE PIANTE MEDICINALI

E SULL’USO DELLE DROGHE VEGETALI

Capitolo

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F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

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zioni Unite (OCSE), la richiesta di piante medici-nali è ormai da anni in costante aumento in tutto ilmondo e interessa, per motivi diversi, sia i Paesi in-dustrializzati che quelli in via di sviluppo. Così, lepiù importanti organizzazioni internazionali hannoaffrontato il problema elaborando delle Linee Guidaper coordinare ed armonizzare le normative nazio-nali, fino a pochi anni fa carenti ed eterogenee. Per-tanto riteniamo opportuno trattare l’argomento ini-ziando dalle norme più generali.

Normativa sovranazionale - OMS

Un ruolo fondamentale nella promozione e nellosviluppo della normativa sovranazionale è statosvolto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS).

L’OMS, istituita nel 1948, opera nell’ambitodell’Organizzazione delle Nazioni Unite, non hapotere vincolante nei confronti dei Paesi membri,tuttavia le sue raccomandazioni e Linee Guida rap-presentano un importante riferimento per i legisla-tori nazionali.

L’attività dell’OMS di promuovere lo studiodelle piante medicinali, soprattutto di quelle impie-gate nell’ambito della medicina tradizionale, è vol-ta essenzialmente a favorire l’uso razionale e scien-tifico delle droghe vegetali ed a standardizzare leloro preparazioni. Questo programma rientra nel-l’ambito dell’obiettivo fondamentale dell’OMS,esplicitato nel corso della famosa Conferenza diAlma Ata del 1978, riassunto nelle parole dello slo-gan “Salute per tutti entro l’anno 2000”. Per rag-giungere questo risultato, non si poteva prescinde-re dalla considerazione che gran parte della popo-lazione dei Paesi in via di sviluppo (circa l’80%)non ha accesso ai farmaci della medicina ufficialescientifica per motivi economici, logistici e cultu-rali e per questo ricorre ai rimedi della medicinatradizionale. Così l’OMS ha avviato il Programmeon Traditional Medicines, volto allo studio di pro-blemi inerenti la coltivazione, l’identificazione, lapreparazione, la conservazione e l’utilizzazionedelle piante della medicina tradizionale. Per la rea-lizzazione del programma sono stati istituiti alcunicentri collaboratori OMS, dei quali il primo fu fon-dato a Roma nel 1979, presso l’Istituto Italo-Afri-cano. Le piante medicinali e la medicina tradizio-nale hanno interessato anche i successivi program-mi di Drug management and Policies.

Nel corso della XXXI Assemblea Mondialedella Sanità, nel maggio 1978, veniva conferito alDirettore Generale dell’OMS l’incarico di promuo-

vere le ricerche sulla utilizzazione delle piante me-dicinali, di provvedere ad una loro classificazionedal punto di vista terapeutico, di stabilire delle spe-cifiche internazionali di identità, purezza ed atti-vità dei prodotti a base di piante medicinali ed inparticolare delle loro preparazioni galeniche.

Così, nell’ottobre del 1978, è stato istituito ilComitato per la selezione e la specificazione dellepiante medicinali. Il Comitato ha stilato un elencodi 230 piante, tra le 12.000 inventariate, considera-te le più usate nel mondo; di queste ha predispostole specificazioni richieste ed inoltre ha propostouna denominazione internazionale per le relativedroghe vegetali e per le loro preparazioni galeni-che, che vengono indicate col nome botanico, inlatino, della pianta, seguito dal nome latino dellaparte della pianta utilizzata (droga). L’OMS ha an-che stabilito alcune importanti definizioni, primatra tutte quella di Pianta medicinale. Pianta medi-cinale è: ogni vegetale che contiene, in uno o piùdei suoi organi, sostanze che possono essere utiliz-zate a fini terapeutici o preventivi, o che sono pre-cursori di emisintesi chemio-farmaceutiche (Pechi-no, 1980).

L’attività dei centri OMS ha dato risultati sod-disfacenti soprattutto nel Sud-Est asiatico, grazieanche all’applicazione del sistema informaticoNAPRALERT dell’Università dell’Illinois. In Thai -landia è stato stilato un documento in favore dellaconservazione del patrimonio vegetale (biodiver-sità) e della valorizzazione della tradizione che puòessere espresso dallo slogan “Saving lives by sa-ving plants”.

Tra i documenti di maggiore interesse, frutto dellavoro dei centri OMS, ricordiamo: Guidelines forthe assessment of herbal medicines (Monaco1991)e Research guidelines for evaluating the safety andefficacy of herbal medicines (Manila, 1993).

Queste Linee Guida sono rivolte, come racco-mandazioni, alle autorità regolatorie di tutti i Paesiper selezionare le piante dotate di efficacia e sicu-rezza tali da essere utilizzate dai sistemi sanitarinazionali, in particolare nei Paesi in via di svilup-po, nei quali le medicine naturali sono spesso leuniche reperibili. Le Linee Guida del 1991 sono sta-te aggiornate e ripubblicate nel 1996 (WHO, Tech-nical Report Series, n. 863, WHO Ginevra). Nellostesso anno furono pubblicate anche le Linee Guidaper la buona fabbricazione dei medicinali vegetali(Annex 8 of WHO Technical Report Series, n. 863,WHO Ginevra).

Le Linee Guida del 1993, sulla valutazione dellasicurezza e dell’efficacia delle medicine vegetali,hanno proposto dettagliati criteri per stabilire la

92 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 9 • Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali 93

qualità del materiale vegetale, per determinare latossicità delle piante e per condurre studi farmaco-logici, farmacodinamici e clinici. Nel 1998 l’OMSha adottato le Linee Guida sull’uso appropriato deimedicinali vegetali (WHO Regional Office of theWestern Pacific, Manila, 1998), una rassegna sullasituazione regolatoria delle medicine vegetali neivari Paesi del mondo (WHO/TRM/98.1, WHO Gi-nevra) ed ha pubblicato un importantissimo manua-le per il controllo di qualità delle materie prime ve-getali, aggiornato nel 2004 dalle WHO Guidelinesfor assessing the safety and quality of herbal medi-cines with reference to contaminants and residues,che completa le specifiche di qualità fornite dallaFarmacopea Internazionale per un limitato numerodi droghe e piante medicinali. Dal 1999 L’OMS hainiziato la pubblicazione di monografie, rivolte alleautorità regolatorie e a tutti gli operatori sanitari, re-canti informazioni riguardanti i saggi per i controllidi qualità, aspetti farmacologici, forme farmaceuti-che, usi terapeutici e bibliografia di riferimento. Lemonografie sono state raccolte nel volume 1 (1999),volume 2 (2001), volume 3 (2004).

Normativa europea

Le Linee Guida dell’OMS hanno stimolato in tut-to il mondo l’impegno scientifico nel campo dellepiante medicinali e nell’ambito dell’Unione Euro-pea (UE) hanno rappresentato un qualificato pun-to di riferimento nel lungo cammino per l’integra-zione dei farmaci di origine vegetale nei sistemi eu-ropei di autorizzazione all’immissione in com-mercio (AIC).

Il tentativo di armonizzare a livello europeo lanormativa riguardante l’AIC dei medicinali, com-presi quelli di origine vegetale, è iniziato con l’e-manazione delle direttive CEE 65/65 e 75/318 el’entrata in vigore, nel 1974, della Ph. Eur.

Nella direttiva base 65/65/CEE, all’art. 1 eranoenunciate le prime definizioni di medicinale, spe-cialità medicinale, e sostanza: al punto 3, tra le so-stanze vengono prese in considerazione anche lesostanze di origine vegetale. Successivamente, ladirettiva 75/318, ai fini della registrazione, già ri-chiedeva standard differenziati per i medicinali abase vegetale. L’applicazione della direttiva75/318/CEE, però, avrebbe comunque determinatol’eliminazione dal mercato della maggior parte deifarmaci vegetali, per l’inadempibilità pratica delleprocedure richieste per l’allestimento del dossier,quando i medicinali da registrare sono complessemiscele di derivati vegetali.

È noto infatti che i farmaci vegetali, per la com-plessità e la variabilità della loro composizione chi-mica, presentano problemi di standardizzazione edi riproducibilità degli effetti biologici, dipendentidalla loro stessa natura. Accanto ai vantaggi del fi-tocomplesso si sono subito evidenziati problemi le-gati alla qualità delle materie prime vegetali, inparticolare la presenza dei contaminanti (aflatossi-ne, antiparassitari, metalli pesanti, radionuclidiecc.), impurezze che potevano non essere contem-plate nelle monografie della Farmacopea Europea.Per contro moltissime droghe vegetali hanno unimpiego tradizionale consolidato ed hanno dimo-strato validità terapeutica anche in assenza di studiclinici specifici, pertanto per alcune formulazioni abase di droghe vegetali di uso consolidato potevaessere accettabile una procedura di autorizzazionead hoc, semplificata e diversificata rispetto ai me-dicinali di sintesi. Ricordiamo che, per questi me-dicinali, il processo di armonizzazione delle proce-dure di AIC è stato attuato pienamente con l’istitu-zione della European Medicines Evaluation Agency(EMEA), che è operativa dal 1° gennaio 1995 e ga-rantisce l’uniformità e la qualità dei medicinali cir-colanti nei Paesi dell’UE.

Per quanto concerne i farmaci vegetali, in ambi-to comunitario si è manifestato un crescente interes-se, dovuto sia all’ampia diffusione di questo tipo dimedicinale, sia alla eterogeneità nei vari Paesi ri-guardo all’uso, requisiti tecnici, criteri di valutazionee regime di dispensazione. Tutto questo rappresenta-va un limite alla libera circolazione dei prodotti.

Il percorso di armonizzazione delle normativesui medicinali di origine vegetale è stato moltocomplesso, perché in ambito europeo alcuni Paesi,come la Germania, hanno da tempo una normativaspecifica e ben articolata, mentre altri Paesi, tra iquali l’Italia, li hanno assoggettati alle norme gene-rali sui farmaci. In sede comunitaria sono state pre-se da tempo numerose iniziative che nel 2004 si so-no concretizzate nell’emanazione di una normativaeuropea specifica per le procedure di AIC dei far-maci vegetali tradizionali: la Direttiva 2004/24/CE.

Fin dal 1977, a Bruxelles, il Commitee for Pro-prietary Medicinal Products (CPMP) aveva istitui-to un gruppo di lavoro sulle specialità medicinali abase di piante che ha adottato il termine herbal re-medies (HR) per tutti i prodotti medicinali aventicome ingredienti attivi droghe vegetali e/o prepara-zioni. Il gruppo di lavoro propose l’applicazione distandard semplificati alla maggior parte dei prodot-ti vegetali, riservando l’applicazione degli standardrichiesti dalla direttiva 75/318/CEE solo a quellidotati di rilevante attività biologica.

Nello stesso periodo anche il CPMP, allo scopodi evitare la scomparsa dal mercato europeo di mi-gliaia di prodotti, propose di concedere un’AICprovvisoria ai prodotti che non contenessero so-stanze vegetali pericolose e fossero destinati al trat-tamento sintomatico delle patologie minori, di-spensabili senza obbligo di prescrizione medica.

Emergeva comunque sempre più la necessità diun inquadramento normativo completo e specificoper gli herbal remedies e di questa esigenza si reseinterprete il Parlamento Europeo che, con la risolu-zione del 16 ottobre 1987, auspicava, da parte del-la Commissione, l’elaborazione di una regolamen-tazione comunitaria della produzione e del consu-mo delle piante medicinali e dei loro preparati,conforme ai principi generali delle direttive sullespecialità medicinali. La risoluzione invitava laCommissione a favorire l’uso scientificamente do-cumentato dei farmaci naturali, promuovendo an-che la preparazione universitaria degli operatori sa-nitari in questo particolare settore. La stessa risolu-zione auspicava tuttavia che le piante medicinali,dotate di blanda attività farmacologica, fossero in-serite in un apposito elenco ed escluse dalla più ri-gida disciplina sulle specialità medicinali.

Nel 1989 la Commissione delle Comunità Euro-pee, nel documento The Rules Governing Medici-nal Products in the European Community, vol. III,Guidelines on the Quality, Safety and Efficacy ofMedicinal Products for Human Use, ha stabilito ledefinizioni di droghe vegetali (vegetable drugs), ri-medi o medicinali vegetali (herbal remedies o her-bal medicines), preparati da droghe vegetali (vege-table drugs preparations) e ha fornito le modalità diapplicazione della parte 1 dell’annesso alla Diretti-va 75/318/CEE, riguardo alla qualità delle materieprime e dei prodotti finiti di origine vegetale. NelleLinee Guida, anche per gli herbal remedies, si ri-chiede il controllo qualitativo e quantitativo deicomponenti, la descrizione dei metodi di prepara-zione, il controllo degli intermedi, del prodotto fini-to e le prove di stabilità. Deve essere specificata an-che l’origine della pianta, la droga vegetale, accer-tata l’eventuale presenza di contaminanti e, nel casonon fossero conosciute le sostanze responsabili del-l’attività terapeutica, deve essere tipizzato il prodot-to per garantirne la qualità; la produzione deve av-venire seguendo le norme di buona fabbricazione,Good Manufacturing Practices (GMP).

Sempre nello stesso anno la direttiva 89/341/CEE ribadiva però l’applicazione degli stessi stan-dard di qualità, sicurezza ed efficacia previsti dalledirettive 65/65/CEE e 75/318/CEE per tutti i far-maci di origine naturale, compresi i galenici.

La volontà del legislatore comunitario pertantoera di inquadrare gli herbal remedies tra i medici-nali, come ha confermato anche la sentenza dellaCorte Europea di Giustizia del 28 ottobre 1992, cheafferma che un prodotto vegetale, raccomandato odescritto con attività profilattica o terapeutica, deveessere considerato un prodotto medicinale, anchese viene generalmente utilizzato in campo alimen-tare e non sono stati ancora dimostrati effetti tera-peutici. Ancora una volta, però, non venivano ri-solti i problemi riguardo alle modalità di AIC, con-nessi con la particolare natura dei prodotti vegetali.Nel 1995 la risoluzione del Consiglio dell’UnioneEuropea n. 95/C 350/05 del 20 dicembre 1995 ri-badiva le note considerazioni sui rischi per la salu-te derivanti dalla composizione e dall’utilizzazionedei medicinali fitoterapici, invitando la Commis-sione a studiare i problemi connessi con l’uso dellepiante medicinali e delle loro preparazioni, anchein linea con le raccomandazioni dell’OMS.

Così nel 1996 la Commissione Europea ha pro-mosso studi sul mercato dei medicinali di originevegetale allo scopo di tutelare la salute dei consu-matori a livello di produzione, distribuzione e ven-dita. In questa fase è stata molto importante l’atti-vità della Ph. Eur. di revisione delle monografie didroghe vegetali e preparazioni ed anche gli studi dinumerose organizzazioni nazionali e sovranaziona-li che si occupano di fitoterapia.

Particolarmente rilevante è stato l’apporto del-l’European Scientific Cooperative on Phytotherapy(ESCOP). L’ESCOP, costituita nel 1989, è una so-cietà alla quale fanno capo le più importanti as -sociazioni nazionali di diversi Paesi europei che si occupano di piante medicinali e fitoterapia. L’ESCOP promuove studi nel campo delle fitome-dicine di cui ha dato anche la definizione: Prodottimedicinali contenenti come principi attivi solopiante, parti di piante o materiali vegetali o lorocombinazioni sia allo stato grezzo che lavorato,definizione che è stata poi adottata da altre orga-nizzazioni nazionali ed internazionali.

Per favorire l’armonizzazione dei criteri di va-lutazione dei farmaci vegetali e l’emanazione diuna normativa comune, l’ESCOP ha organizzatonumerosi simposi internazionali e soprattutto haelaborato circa sessanta monografie di piante e dro-ghe vegetali e ha proposto l’istituzione di un siste-ma per la segnalazione di reazioni avverse correla-te all’uso di prodotti vegetali.

Nel gennaio 1997 è stata pubblicata, a cura del-l’UE, la Notice to Applicants (NTA), linea guidarivolta ai richiedenti per istruire il dossier di regi-strazione dei medicinali: anche in questo documento

94 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 9 • Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali 95

i requisiti richiesti per i farmaci vegetali sono es-senzialmente gli stessi dei farmaci di sintesi, salvoalcune informazioni aggiuntive, ad es. sull’originedella materia prima (area geografica di provenien-za della droga vegetale, descrizione macroscopicae microscopica, ricerca di componenti tossici e/oadulteranti ecc.).

Era sempre più evidente, quindi, la necessità dioperare una completa revisione delle procedure diregistrazione dei farmaci vegetali e così, nel 1997,nell’ambito dell’EMEA, è stato istituito l’Emea’sad hoc working group on herbal medicinal pro-ducts (HMPWG), composto da esperti e rappresen-tanti delle più importanti organizzazioni comunita-rie del settore, come l’ESCOP, l’EFPIA (EuropeanFederation Pharmaceutical Industries Associa-tion), l’AESGP (Association Européenne des Spe-cialités Grand Public), l’EHPM (European HerbalProducts Manufactures), nonché del ParlamentoEuropeo e della Ph. Eur.

Il gruppo di lavoro dal 1997 al settembre 2004ha elaborato nuove Linee Guida rivolte sia alle dit-te produttrici che alle autorità regolatorie, rispetti-vamente per richiedere e concedere le AIC per gliherbal medicinal products, stabilire specifici crite-ri per la valutazione dei loro requisiti di qualità, si-curezza ed efficacia, che tengano conto pienamen-te delle peculiarità dei fitoterapici e possano facili-tare l’accesso dei farmaci vegetali alla proceduraeuropea di mutuo riconoscimento.

L’HMPWG aveva anche previsto l’elaborazio-ne di monografie specifiche per ogni pianta e/opreparazione, al fine di valutare su base bibliogra-fica l’efficacia e la sicurezza dei fitoterapici di usotradizionale, ponendo così le basi per l’attuazionedella direttiva 2004/24/CE.

In data 6 novembre 2001 era stata emanata ladirettiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e delConsiglio, recante un Codice comunitario dei me-dicinali per uso umano. Il Codice comunitario abro -ga le precedenti direttive in materia e riunisce ecoordina in un unico testo, ai fini di razionalità echiarezza, l’insieme delle disposizioni vigenti suimedicinali per uso umano, comprese quelle riguar-danti l’autorizzazione all’immissione in commer-cio. Nell’Allegato I sono specificate le norme e iprotocolli analitici, tossico-farmacologici e clinicida applicare ai medicinali.

Il Codice comunitario però non ha recepito lenumerose proposte sull’AIC dei medicinali vegeta-li e pertanto la normativa restava inadeguata. Solola direttiva 2003/63/CE della Commissione ha te-nuto conto della peculiarità di alcune categorie di“medicinali particolari”, sostituendo l’allegato tec-

nico della direttiva 2001/83/CE ed ha meglio pun-tualizzato, al punto 4, i requisiti scientifici e tecni-ci che consentono di valutare la qualità, la sicurez-za e l’efficacia dei “medicinali a base di erbe”.

Per i medicinali a base di erbe dettagliate infor-mazioni devono essere fornite dal richiedente ri-guardo alla nomenclatura della sostanza o del pre-parato a base di erbe, indicando eventuali solventidi estrazione, la forma fisica, la descrizione deicomponenti con riconosciute proprietà terapeuticheo dei marcatori (formula molecolare, massa mole-colare relativa, formula di struttura, compresa lastereochimica relativa e assoluta) e di eventuali al-tri componenti.

Per documentare la sezione sul fabbricante, oc-corre fornire nome, indirizzo e responsabilità diciascun fornitore, appaltatori compresi, di tutti i si-ti di produzione o impianti di cui si propone la par-tecipazione alla fabbricazione, alla raccolta e alleprove sulla sostanza o sul preparato a base di erbe.Il richiedente deve fornire informazioni adeguatesulla produzione e la raccolta della pianta, compre-si il luogo d’origine e le condizioni di coltivazione,raccolta, essiccazione e conservazione, che noto-riamente influenzano la qualità delle piante e delledroghe. Occorre poi fornire un breve riassunto del-lo sviluppo delle sostanze e dei preparati a base dierbe, tenendo conto delle vie di somministrazione ed’uso proposte. Se opportuno vengono discussi irisultati del confronto tra la composizione fitochi-mica della o delle sostanze o dei preparati a base dierbe usati nei dati bibliografici di supporto e quellecontenute come sostanze attive nel medicinale ve-getale oggetto della domanda.

Devono essere fornite le specificazioni dellematerie prime vegetali presenti e indicate le proce-dure analitiche utilizzate per le prove su di esse ele informazioni sulla convalida delle procedureanalitiche.

Occorre fornire una descrizione dei lotti e deirisultati delle analisi sui lotti per la/e sostanza/e edeventualmente il/i preparato/i a base di erbe, inclu-si quelle delle sostanze presenti in farmacopea.

Infine è necessario presentare un breve riassun-to che descriva lo sviluppo del medicinale a base dierbe, tenendo conto delle vie di somministrazione ed’uso proposti. Se del caso, vengono discussi i ri-sultati del confronto tra la composizione fitochimi-ca dei prodotti usati nei dati bibliografici di sup-porto e il medicinale vegetale della domanda.

Il quadro giuridico modificato dalla direttiva2003/63/CE si dimostrava però ancora inadeguatoper molti prodotti a base vegetale in uso da tempoin alcuni Paesi dell’Unione Europea, per i quali la

lunga tradizione di impiego a scopo medicinalepuò ridurre la necessità dell’esecuzione di nuovesperimentazioni precliniche e cliniche.

Era ormai evidente che le differenze nella rego-lamentazione di questi prodotti, ancora esistenti trai singoli Stati membri, comportassero un ostacolonegli scambi nel settore dei medicinali tradizionaliall’interno della Comunità, distorsioni della con-correnza tra i fabbricanti e rischi per la salute pub-blica, poiché qualità, sicurezza ed efficacia nonsempre erano garantite. Allo scopo di risolverequesti annosi problemi il Parlamento Europeo ed ilConsiglio dell’Unione Europea hanno adottato ladirettiva 2004/24/CE che istituisce una proceduradi “registrazione fondata sull’impiego tradizionale”,da applicare ai “medicinali vegetali tradizionali”quando non sia possibile ottenere un’AIC semplifi-cata ai sensi della direttiva 2001/83/CE.

I medicinali vegetali tradizionali sono conce-piti come medicinali di automedicazione, sommi-nistrabili solo per uso orale, esterno o inalatorio, inuna determinata concentrazione o posologia, per iquali è trascorso il periodo di impiego tradizionale,cioè un prodotto di analoga composizione e dosag-gio è impiegato da oltre 30 anni, di cui almenoquindici nell’ambito dei Paesi dell’Unione Euro-pea. Durante questo periodo il prodotto deve averdimostrato di non essere nocivo nelle condizionid’uso indicate e i suoi effetti farmacologici o la suaefficacia devono risultare verosimili in base allacomposizione dichiarata e all’impiego di lunga da-ta. L’AIC sarà rilasciata dall’autorità competentedello Stato membro interessato a richiedenti stabi-liti nella Comunità Europea: in questo modo saràpiù facile ispezionare i siti produttivi delle aziendea cui è stata rilasciata l’autorizzazione alla produ-zione.

La richiesta di AIC dovrà riportare, oltre ai datidel produttore e al riassunto delle caratteristichedel prodotto, la descrizione dei metodi di controllousati dal produttore, i risultati delle prove farma-ceutiche (chimico-fisiche, biologiche o microbiolo-giche) comprovanti la qualità, la documentazionebibliografica o le certificazioni di esperti compro-vanti il periodo di impiego tradizionale, la rassegnabibliografica dei dati inerenti la sicurezza e la re -lazione dell’esperto. È ammessa la presenza di vi-tamine e sali minerali di sicurezza ben documenta-ta, purché la loro azione, per l’indicazione propo-sta, sia secondaria rispetto a quella dei componentivegetali.

Poiché la qualità di un medicinale non è garan-tita dal suo impiego tradizionale, non sono con-cesse deroghe all’obbligo di effettuare le necessa-

rie prove chimico-fisiche, biologiche e microbio-logiche e i prodotti dovranno soddisfare le normedi qualità contenute nelle monografie della Ph. Eur.o in quelle della Farmacopea di uno Stato mem-bro. La qualità farmaceutica non sufficientementedimostrata è causa di rifiuto della registrazione, inquanto il prodotto può risultare non adeguatamen-te sicuro. Saranno tenute in debito conto, per il ri-lascio dell’AIC, ogni autorizzazione già ottenutadal richiedente in uno Stato membro o in un Paeseterzo o eventuali decisioni di rifiuto, le cui moti-vazioni, per trasparenza, dovranno essere indicatenella domanda. Il periodo di impiego tradizionaledel medicinale si intende soddisfatto anche se ilprodotto è stato commercializzato in assenza diuna specifica autorizzazione e si applica a prodot-ti corrispondenti in principi attivi, con analogheindicazioni, concentrazione e posologia equivalen-te, somministrati per una stessa o simile via disomministrazione.

Sul fronte della tutela della sicurezza dei pa-zienti riteniamo che essa sia garantita anche da unacorretta informazione attraverso l’etichettatura edil foglio illustrativo.

Oltre la normativa generale presente nel Codicecomunitario dei medicinali per uso umano, specifi-che indicazioni sono obbligatorie per i medicinalivegetali tradizionali nell’etichetta e nel foglio illu-strativo, in particolare la dicitura “il prodotto è unmedicinale vegetale d’uso tradizionale da utilizzareper una o più indicazioni specifiche fondate esclu-sivamente sull’impiego di lunga data” e “l’utilizza-tore dovrebbe consultare un medico o un operatoresanitario qualificato nel caso di persistenza dei sin-tomi durante l’impiego del medicinale in questioneo qualora insorgano effetti collaterali negativi nonriportati nel foglietto illustrativo”.

In questo modo si richiama l’attenzione dell’u-tilizzatore sulla necessità di attenersi alle modalitàd’uso approvate e alla possibilità che insorganoreazioni indesiderate anche con medicinali di origi-ne naturale.

Gli Stati membri potranno richiedere che l’eti-chettatura ed il foglietto illustrativo indichino an-che il tipo di impiego tradizionale approvato, permaggiore chiarezza degli utilizzatori.

Con la direttiva 2004/24/CE presso l’EMEA èstato istituito un Comitato dei medicinali vegetali(HMPC), incaricato di esaminare le questioni scien-tifiche relative ai farmaci e alle sostanze vegetali. IlComitato è formato da un membro effettivo ed unsupplente nominato da ciascuno Stato membro, perun mandato di tre anni rinnovabile, e fino ad unmassimo di cinque membri esperti cooptati.

96 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 9 • Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali 97

Uno dei compiti più importanti assegnati dalladirettiva 2004/24/CE allo HMPC, che dal settem-bre 2004 prosegue l’attività dello HMPWG, è laredazione delle monografie comunitarie per i pro-dotti di origine vegetale, indispensabili per l’armo-nizzazione dei requisiti in materia di qualità, sicu-rezza ed efficacia dei medicinali di origine vegeta-le. Queste monografie, importanti per le richiestedi AIC semplificate basate sull’impiego ben noto esoprattutto sull’uso tradizionale, sono fondamenta-li nel processo di armonizzazione dello status deifarmaci vegetali in Europa. Il Comitato avrà ancheil compito di redigere un elenco comunitario didroghe vegetali i cui requisiti consentono l’accessoall’ AIC fondata sull’impiego tradizionale.

Il Comitato ha inoltre revisionato ed aggiornatonumerose importantissime Linee Guida sugli aspet-ti più rilevanti per la qualità, efficacia e sicurezzadei medicinali vegetali, documenti consultabili nelsito www.emea.eu.int.

Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea,in data 30 aprile 2004, oltre alla direttiva 2004/24,è stata pubblicata la direttiva 2004/27/CE, che mo-difica la direttiva 2001/83/CE, Codice comunitariodei medicinali per uso umano. La direttiva 2004/27include, all’art.1, una nuova, più ampia definizionedi medicinale.

Medicinale è:a) ogni sostanza o associazione di sostanze pre-

sentata come avente proprietà curative o profi-lattiche delle malattie umane; o

b) ogni sostanza o associazione di sostanze chepossa essere utilizzata sull’uomo o sommini-strata all’uomo allo scopo di ripristinare, cor-reggere o modificare funzioni fisiologiche, eser-citando un’azione farmacologica, immunologi-ca o metabolica, ovvero di stabilire una dia-gnosi medica.Questa definizione fa riferimento alle sole ma-

lattie umane in quanto i medicinali veterinari sonodefiniti nella direttiva 2004/28/CE. La nuova defi-nizione in primo luogo conferma l’importanza del-la presentazione e quindi dei caratteri estrinseci delprodotto (indicazioni, finalità d’impiego e pro-prietà vantate nell’etichettatura, foglietto illustrati-vo ed eventuale messaggio pubblicitario) ai fini delsuo inquadramento normativo. Come già prevede-va la direttiva 65/65, a tutela del pubblico, se unprodotto vanta attività terapeutica deve essere sot-toposto alla normativa farmaceutica per quanto ri-guarda la produzione, l’AIC, etichettatura e foglioillustrativo, pubblicità, commercio all’ingrosso efornitura al pubblico, farmacovigilanza, fino alladistruzione del prodotto come rifiuto.

Una così ampia definizione di medicinale comesostanza o associazione di sostanze che può inter-ferire con le funzioni fisiologiche o metabolichedell’organismo, fa prevedere una possibile sovrap-posizione con altre categorie merceologiche, giàregolamentate dalla normativa comunitaria.

Proprio allo scopo di limitare la presenza sulmercato comunitario dei prodotti borderline, anco-ra numerosi tra quelli a base vegetale, a garanziadella salute pubblica, la direttiva 2004/27 enunciaall’art.2, c.2, il principio della prevalenza della nor-mativa farmaceutica su quella di altri prodotti qua-li alimenti, integratori alimentari, biocidi o cosme-tici: “In caso di dubbio, se un prodotto, tenuto con-to dell’insieme delle sue caratteristiche, può rien-trare contemporaneamente nella definizione di“medicinale” e nella definizione di un prodotto di-sciplinato da un’altra normativa comunitaria, siapplicano le disposizioni della presente direttiva”.

Solo se un prodotto rientra chiaramente nelledefinizioni di categorie già regolamentate dallanormativa comunitaria non si applica la normativafarmaceutica, sicuramente più rigorosa.

L’insieme delle disposizioni e definizioni in-trodotte dalle direttive 2004/24 e 2004/27 induce aconcludere che ogni sostanza vegetale di cui siadocumentabile un uso medicinale per un periodoprolungato debba essere inquadrata tra i medicina-li e non tra gli alimenti. È prevedibile che le mo-difiche al Codice comunitario dei medicinali peruso umano, introdotte dalle direttive 2004/24 e2004/27/CE, insieme alle Linee Guida e alle mo-nografie elaborate dall’EMEA, contribuiranno asviluppare il settore dell’erboristeria medicinale efavoriranno la presenza sul mercato di un maggiornumero di prodotti sicuri e di qualità più elevata.La normativa dovrà ancora essere implementata,come è previsto, per avere dei riferimenti certi neltracciare una linea di demarcazione tra il settorealimentare e l’area medicinale; se sarà corretta-mente applicata scompariranno dal mercato queiprodotti non adeguatamente controllati che ancoraespongono a rischi, anche gravi, la salute dei cit-tadini europei. In definitiva l’Unione Europea staelaborando una normativa comunitaria che, in li-nea con le raccomandazioni dell’OMS, dovrebbefavorire l’uso razionale dei farmaci vegetali, chesaranno caratterizzati e valutati in maniera ade-guata alla loro natura. L’armonizzazione dellenormative nazionali permetterà, anche per i far-maci vegetali, la libera circolazione nell’UE di unmaggior numero di prodotti vegetali più sicuri,con vantaggio sia per i produttori che per la salutedei cittadini.

Precedenti iniziative legislative in alcuniPaesi dell’Unione Europea

Germania. La Germania, insieme alla Francia, èun Paese leader nel settore della fitoterapia inquanto lo studio e l’uso delle piante officinali fan-no parte della tradizione e della cultura del popolotedesco. Nel 1976 è stata emanata l’Arzneimittelge-setz, legge che imponeva dal 1° gennaio 1978 l’a-deguamento della normativa nazionale sulla regi-strazione dei farmaci a quella europea. Tuttavia,per evitare che la maggior parte dei medicinali ve-getali, largamente utilizzati in Germania, scompa-risse dal mercato, fu concessa una proroga di 12anni all’autorizzazione dei prodotti già in commer-cio. In considerazione che, dal 1° gennaio 1990,tutti i farmaci in commercio avrebbero dovuto ave-re i requisiti previsti dalla normativa europea, fuistituita presso il Ministero della Sanità la Kommis-sion E, costituita da 24 esperti del settore naturale,medici, chimici e farmacologi, allo scopo di racco-gliere e valutare la documentazione esistente suiprodotti fitoterapici ai fini di una loro registrazionee introduzione sul mercato.

Il lavoro della Kommission E si è concretizzatonella elaborazione di circa 300 monografie, che inItalia sono state pubblicate e commentate negli an-ni 1994-1996 da Rocco Longo col nome “Le Mo-nografie Tedesche”, raccolte in quattro volumi afogli mobili. Ogni monografia è dedicata ad unasingola droga e riporta: denominazione, costituzio-ne, proprietà farmacologiche, farmacocinetica, tos-sicologia, indicazioni, controindicazioni, effetti in-desiderati, interazioni con altre sostanze, posologiae modalità di impiego.

Le monografie in Germania sono state dappri-ma pubblicate in stesura provvisoria su diverse ri-viste specializzate del settore e, dopo tre mesi, coneventuali modifiche, sulla Gazzetta Ufficiale Fede-rale (Bundesanzeiger), acquisendo così valore le-gale. Le monografie, continuamente aggiornate,rappresentano anche un utile strumento pratico, difacile consultazione, per medici, farmacisti e pertutti coloro che si interessano di fitoterapia.

Le monografie di droghe le cui indicazioni tera-peutiche non sono sufficientemente documentaterecano la dizione “non essendo dimostrata l’atti-vità della droga per le indicazioni proposte, nonpuò esserne sostenuto l’impiego terapeutico”.Queste sono state incluse in un elenco negativo didroghe il cui uso non è consigliato, anche se nonvietato. Le monografie di piante e droghe vegetalicon standard qualitativi e quantitativi ben definiti,

approvate dalla Kommission E, sono state inseritenella Farmacopea Tedesca. Nel Formulario Nazio-nale tedesco sono state inserite formulazioni sem-plici e composte e preparazioni a base di droghevegetali che possono essere preparate sia dal far-macista in farmacia che come galenici officinalidall’industria, con una procedura di registrazionesemplificata.

Le monografie elaborate dalla Kommission E so-no state di fondamentale importanza nella revisionedei medicinali in commercio in Germania: circa148.000 prodotti, dei quali la metà erano herbal re-medies. Nel 1991 solo 115 HR erano stati autorizza-ti come specialità medicinali, mentre circa 25.000prodotti erano stati esentati dalla registrazione daparte del Ministero della Sanità e, in conformità al-l’art. 4 della direttiva CEE 65/65/CEE, potevano es-sere autorizzati sulla base delle monografie dellaKommission E. Nell’agosto 1994 le Autorità Federa-li hanno emanato una nuova legge che stabiliva cri-teri più specifici riguardo agli ingredienti attivi. Deifitoterapici in commercio poco più di 5.000 sonostati autorizzati con procedura individuale. I fitote-rapici, considerati privi di rischio per l’uomo e chepresentano i requisiti previsti dalle monografie dellaKommission E, possono essere autorizzati alla ven-dita con una procedura standardizzata ad hoc e de-vono riportare in etichetta la dicitura “impiegato tra-dizionalmente”. La Germania ha perciò anticipato laattuale normativa comunitaria.

Francia. Anche in Francia la fitoterapia ha unalunga tradizione ed i medicinali a base vegetale so-no da tempo sottoposti ad una disciplina specifica.In base all’art. L. 601 del vigente Code de la SantéPublique (CSP) tutti i medicinali a base vegetalefabbricati industrialmente, prima della commercia-lizzazione o anche della loro distribuzione a titologratuito, devono ottenere l’autorisation de mise surle marché (AMM), sulla base di un dossier rispon-dente alle disposizioni degli artt. R. 5128 - R. 5136del CSP. Per i medicinali a base di piante, il cui usoè ben noto, è sufficiente la presentazione di un dos-sier abbreviato (art. 5133 del CSP), cioè non è ne-cessario allegare alla domanda la documentazionefarmacologica e clinica.

Fin dal 1990 il Ministère des Affaires Socialeset de la Solidarité aveva pubblicato un “Avviso aifabbricanti”, un’estesa guida che permetteva di ot-tenere la registrazione semplificata per medicinaliottenuti da 174 droghe vegetali di consolidato usotradizionale, specificate in un allegato.

Anche in Francia quindi è stato possibile, se-guendo la procedura illustrata, mantenere in com-

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Capitolo 9 • Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali 99

mercio medicinali impiegati tradizionalmente per iquali non era disponibile un’adeguata documenta-zione scientifica. Si tratta comunque di prodotti re-gistrati con indicazioni per l’uso codificate e la cuiqualità è controllata per confronto del profilo cro-matografico del prodotto finito (come indicato nel-le Linee Guida europee del 1989).

I farmaci vegetali innovativi, cioè o a base dinuove droghe o risultati da nuovi impieghi terapeu-tici di droghe note, richiedono sempre la presenta-zione di un dossier completo, in linea con le diret-tive comunitarie generali sui medicinali.

Nel 1998, a cura del Ministère de l’Emploi et dela Solidarité – Agence du Médicament è stato pub-blicato il volume “Les médicaments à base deplantes”, allo scopo di aiutare i richiedenti ad ela-borare i dossiers per i medicinali a base di piante diuso ben noto, cioè quei dossiers “abbreviati”, neiquali può essere omessa la parte dei saggi farmaco-logici, tossicologici e clinici, ai sensi dell’art. R5133 del CSP. Il volume è suddiviso in cinque ca-pitoli e quattro allegati. Il capitolo I riporta le defi-nizioni e le caratteristiche dei medicinali a base didroghe vegetali di uso ben noto, con le relative pre-parazioni, indicazioni terapeutiche, specificazionirichieste per l’AMM; il capitolo II, specifica la do-cumentazione necessaria per l’allestimento deldossier; il capitolo III riporta le associazioni di dro-ghe vegetali considerate razionali in Francia e iprincipi per associare le droghe. Altre eventuali as-sociazioni saranno esaminate caso per caso. Il ca-pitolo IV è dedicato ai lassativi vegetali, riportauna classificazione delle droghe lassative e delleloro possibili associazioni, posologia e condizionidi impiego. Il capitolo V riporta le categorie tera-peutiche e una lista di termini per esprimere le in-dicazioni terapeutiche, secondo l’uso tradizionale,dei medicinali a base di piante.

I quattro allegati, Annexe I, II, III e IV, sono li-ste di droghe vegetali, di facile consultazione.

I: riporta circa 90 droghe vegetali con indica-zioni terapeutiche e dati tossicologici; II: è una listadi indicazioni terapeutiche distinte in informazioniper i sanitari e informazioni per il pubblico; III: li-sta di droghe raggruppate per categoria terapeutica;IV: riporta dettagliate informazioni ai sanitari ed alpubblico sui lassativi vegetali.

Questo sistema facilita le aziende produttrici eal tempo stesso tutela i consumatori.

Molto interessante è il documento pubblicatodall’Agence Francaise de la Securité Sanitairedes Aliments nel febbraio 2003 dal titolo “Démar-che d’évaluation de la sécurité e de l’allégationdes denrées alimentaires contenant des plantes

destinées à la consommation humaine”, che svi-luppa delle argomentazioni utili per affrontare unproblema molto attuale: individuare precisi para-metri per distinguere i medicinali vegetali dagliintegratori alimentari a base vegetale e garantire aquesti ultimi una qualità non inferiore a quella ri-chiesta per i medicinali.

Regno Unito. I prodotti a base di piante officinalinel Regno Unito sono disponibili al pubblico attra-verso varie vie: le farmacie, i negozi di alimenti sa-lutari, i supermercati e per corrispondenza.

Alcuni prodotti sono semplicemente droghe ve-getali essiccate vendute sfuse, altri sono presentaticome formulazioni preconfezionate destinate all’u-so esterno o all’uso interno e possono conteneremiscele di 4 o 5 droghe.

La maggior parte dei prodotti a base vegetale ècommercializzata come integratori alimentari ed èsottoposta alla legislazione degli alimenti da partedel Ministry of Agriculture, Fisheries and Foods(MAFF). Diverse droghe vegetali e loro derivatisono registrati come specialità medicinali.

Esiste poi una categoria di prodotti di difficilecollocazione in quanto, pur non essendo presentaticon proprietà terapeutiche, possono possederle enonostante ciò vengono commercializzati comealimenti: per queste loro caratteristiche vengonodetti prodotti border line.

Le norme che regolano l’immissione in com-mercio dei farmaci vegetali sono le stesse dei far-maci di sintesi. Sono però escluse dalla registrazio-ne le piante officinali di libera vendita, incluse inuno speciale elenco, che siano state sottoposte soloa trattamenti meccanici e confezionate col solo no-me botanico, destinate ad essere usate entro dosag-gi prestabiliti e solo per alcune vie di somministra-zione. Alcune piante e droghe possono essere ven-dute solo dal farmacista e altre ancora dispensatedal farmacista solo con prescrizione medica. In se-guito al Medicines Act del 1968 gli HR furono as-similati agli altri farmaci, ai fini della registrazione,ma dal settembre 1971 fu concesso un periodo diautorizzazione provvisoria (Product licence of Ri-ght) ai prodotti già in commercio. Lo stesso Medi-cines Act permetteva agli Herbal practitioners diesercitare la loro attività “paramedica” anche nel-l’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Con al-cuni importanti documenti (MO 1977 SI 2130; MO1983 SI 1212; MO 1984 SI 796) sono state peròstabilite delle restrizioni alla vendita e alla fornitu-ra degli HR da parte dei practitioners.

Tutti i medicinali, e quindi anche quelli a basevegetale, nel Regno Unito possono avere diversi

regimi di fornitura: a) solo in farmacia (Pharmacyonly), medicinali che per motivi di sicurezza ri-chiedono la supervisione di un farmacista; b) pro-dotti che richiedono la prescrizione e il controllo diun medico (Prescription Only Medicines); c) pro-dotti di libera vendita che rientrano nella GeneralSale List e possono essere venduti anche al di fuo-ri della farmacia e nei distributori automatici. Nel-la General Sale List è inclusa anche una serie didroghe vegetali la cui sicurezza d’impiego è garan-tita dall’ottenimento di una Product Licence; leconfezioni sono corredate di foglio illustrativo chedà indicazioni per un uso sintomatico.

In seguito alla revisione degli HR nel RegnoUnito, per adeguamento alla direttiva 75/318, nel1991 erano stati approvati 600 HR per i quali sicu-rezza ed efficacia sono stati riconosciuti sulla basedella bibliografia esistente. Le autorità regolatoriefurono d’accordo di accettare le attestazioni di effi-cacia su base bibliografica per HR destinati all’usonelle patologie minori. In etichetta dovevano reca-re l’indicazione è un rimedio vegetale tradizionaleper alleviare i sintomi di … e se i sintomi persisto-no consulta il tuo medico.

L’autorità regolatoria britannica (Licensing Autho -rity) considerò però non conveniente rilasciare l’au-torizzazione in maniera semplificata per gli HR in-dicati per patologie più serie, per i quali reputò ne-cessaria l’esecuzione di studi clinici controllati.

Dal gennaio 1995 è entrato in vigore il Regola-mento 1994 SI 3144 che recepisce la legislazioneeuropea introducendo le nuove procedure di AIC,la normativa sull’etichettatura, il foglietto illustra-tivo e la farmacovigilanza.

Attualmente, prima della commercializzazione,tutti i nuovi prodotti a base vegetale, registrati co-me medicinali, sono valutati dalla Medicines Con-trol Agency per sicurezza, qualità ed efficacia, se-condo la legislazione britannica ed europea.

Nel Regno Unito esiste la British Herbal Phar-macopoeia (BHP) che è stata revisionata e pubbli-cata nel 1990 e nel 1992 è stata integrata dal Briti-sh Herbal Compendium (BHC), ripubblicato nel1997, un manuale che fornisce dettagliate informa-zioni tecniche sulle piante medicinali per le qualigli standard di qualità sono definiti nella BHP. IlBHC è stato pubblicato a cura della British HerbalMedicine Association, fondata fin dal 1964 perpromuovere lo studio e l’uso delle piante medici-nali nel Regno Unito.

Il BHC è particolarmente interessante perchéogni monografia, oltre a riportare le informazioniscientifiche sulla droga (composizione chimica easpetti farmacologici) ha una parte, Regulatory

Status, con riferimenti normativi sia nella legislazio-ne inglese che di altri Paesi europei. La sezioneRegulatory Status si riferisce all’impiego della drogain campo farmaceutico ed anche alimentare, con ri-ferimento agli Stati Uniti ed al Consiglio d’Europa.

Ogni monografia è corredata anche da riferi-menti alle altre Farmacopee e da un’ampia biblio-grafia e infine dalle Regulatory guidelines fromother EC countries, informazioni su riferimentinormativi, usi, dosaggi, eventuali controindicazionidella droga in altri Paesi dell’Unione Europea.

La situazione in Italia

In Italia dal luglio 2006 è in vigore il D.L.vo 24aprile 2006, n. 219, che attua il Codice comunita-rio dei medicinali per uso umano, rappresentato dal-la direttiva 2001/83/CE con le modificazioni intro-dotte dalle citate direttive 2004/24 e 2004/27/CE.

Il D.L.vo 219/2006 riporta quindi tra le defini-zioni quelle di: medicinale vegetale, sostanze vege-tali, preparati vegetali e medicinale vegetale tradi-zionale. I medicinali a base vegetale, a secondadelle caratteristiche delle materie prime vegetali,della presentazione, delle dosi, della via di sommi-nistrazione e della documentazione prodotta dal ri-chiedente potranno accedere ad una delle procedu-re di AIC comunitarie. È sicuramente a garanziadei cittadini che anche in Italia sia ormai applicabi-le la procedura di AIC ad hoc per i prodotti di usotradizionale che saranno così inquadrati nell’areamedicinale anziché in quella alimentare, dove, inapplicazione del D.L.vo 169/2004, è sufficiente lanotifica dell’etichetta al Ministero della Salute, ba-sata sul principio del silenzio-assenso. I medicinaliche ai fini della fornitura al pubblico saranno clas-sificati “senza obbligo di prescrizione medica” po-tranno essere venduti anche al di fuori della farma-cia, nelle parafarmacie e nei “corner” della grandedistribuzione organizzata, con la presenza di unfarmacista. È stato precisato dal D.L.vo 274/2007,che modifica il D.L.vo 219/2006, che il farmacistaè responsabile della gestione e della dispensazionedei medicinali nel punto vendita, anche della lorocorretta conservazione nel magazzino e della far-macovigilanza, aspetti fondamentali anche per iprodotti a base vegetale.

Nei prossimi anni dovrà essere fatta maggiorchiarezza nel settore erboristico, in particolare è giàprevisto che il Ministero della Salute detti specifi-che indicazioni volte a stabilire una linea di demar-cazione tra alimenti, medicinali vegetali tradizio-nali e altri prodotti oggetto di direttive comunitarie.

100 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 9 • Legislazione sulle piante medicinali e sull’uso delle droghe vegetali 101

Normative extraeuropee

Stati Uniti. Anche negli Stati Uniti, come nei Pae-si europei, nel corso degli ultimi decenni si è veri-ficato un sempre maggior interesse per i prodottinaturali di origine vegetale. La legislazione vigen-te negli Stati Uniti per i prodotti di origine vegeta-le è però attualmente inadeguata per la tutela dellasalute. Dal 1962, in seguito ai Drug Amendments alFederal Food Drug and Cosmetic Act del 1938,per tutti i farmaci commercializzati negli Stati Unitidoveva essere dimostrata la sicurezza e l’efficacia.Cominciò così un immane lavoro di revisione ditutti i medicinali in commercio da parte della Foodand Drug Administration (FDA) che si avvalse del-l’opera della Division of Medical Sciences of theNational Academy of Sciences. Nel 1990 furonopubblicati i risultati di uno studio condotto dallaFDA sui farmaci da banco (OTC), nell’ambito delquale furono esaminati molti HR.

I risultati furono piuttosto deludenti. Per lamaggior parte degli HR e delle droghe vegetali im-piegate tradizionalmente non fu possibile docu-mentare adeguatamente l’attività terapeutica o laloro sicurezza risultò insufficiente.

Anche la FDA, al pari delle autorità regolatorieeuropee, si trovò di fronte al problema che l’appli-cazione ai prodotti vegetali della legislazione suimedicinali avrebbe determinato la scomparsa dalmercato di migliaia di prodotti conosciuti ed usatitradizionalmente. Inoltre le industrie farmaceuticheavevano scarso interesse a finanziare costosi studiclinici su vecchi prodotti a base di droghe vegetali,perciò la sicurezza e l’efficacia della maggior partedegli HR rimase non dimostrata. La FDA ha mante-nuto per un certo tempo una lista di sostanze “Ge-nerally Recognized as Safe”, meglio nota comeGRAS list. Compaiono in questo elenco circa 250piante, principalmente usate come additivi nell’in-dustria alimentare. Le droghe incluse nella GRAS li-st possono essere usate anche a scopo terapeutico,ma ciò non significa che la FDA le approvi per taleuso. Di conseguenza, praticamente tutti gli HR sonostati allontanati dalle farmacie e dalla supervisionedel farmacista e sono finiti nei negozi di alimentisalutari e venduti come droghe, tisane, prodotti nu-trizionali, integratori alimentari, etichettati solo colnome del prodotto. Sul contenitore, nel foglietto il-lustrativo o nelle informazioni che accompagnano ilprodotto non deve apparire nessuna dichiarazione diattività terapeutica. I venditori generalmente evitanodi dare informazioni sull’uso del prodotto per nonincorrere nel reato di esercizio abusivo della profes-

sione medica, semmai consigliano di consultare li-bri e pubblicazioni di medicina naturale. L’etichet-tatura di un prodotto solo con il nome comune pre-senta alcuni seri inconvenienti, insieme alla man-canza di informazioni sull’utilizzazione. I nomi po-polari delle piante sono numerosi ed anche inesatti.

L’American Society of Pharmacognosy ha rac-comandato alla FDA che, oltre al nome scientificodella pianta, l’etichetta indichi anche la droga, e ri-porti tutte le informazioni utili alla sua identifica-zione e caratterizzazione.

Dal 1994, in seguito all’emanazione del DietarySupplement Health and Education Act (DSHEA),la maggior parte degli HR è venduta nei negozi ali-mentari, designata come dietary supplements. Se-condo l’intento del legislatore il DSHEA ha garan-tito la disponibilità dei prodotti sul mercato fornen-do ai consumatori almeno alcune informazioni suibenefici del prodotto e sulle precauzioni d’uso.

Canada. La legislazione delle piante officinali inCanada ha avuto interessanti sviluppi. Nel 1984 laHealth Branch Protection nominò un comitato perlo studio della classificazione dei prodotti vegetaliche, nel 1986, codificò una nuova classe di rimedichiamati Folklore medicines. Questa include i pro-dotti a base di droghe vegetali di comprovata sicu-rezza, la cui efficacia non necessariamente deve es-sere dimostrata con gli stessi metodi standardizzatiper gli altri farmaci. La Health Branch Protectionstabilì che, per la registrazione di prodotti a basevegetale, potevano essere presentate referenze dilavori scientifici e informazioni attinte dalle Far-macopee. L’etichettatura segue la normativa gene-rale sui medicinali per informare il consumatoresull’uso terapeutico del prodotto e sulla posologia.

Farmacopee e piante medicinali

È noto che, fino alla fine del XIX secolo, la prepa-razione dei medicinali veniva effettuata in farmacia,seguendo le indicazioni delle Farmacopee e le pre-scrizioni del medico. Successivamente, dall’iniziodel XX secolo, i principi attivi puri di origine vege-tale o di sintesi hanno sostituito i prodotti naturali,droghe vegetali e loro derivati, ed è così nata l’in-dustria farmaceutica che ha iniziato la produzione diquasi tutti i medicinali, sotto forma di specialità.

Per seguire questa evoluzione del farmaco, an-che le Farmacopee hanno rielaborato la loro impo-stazione trasformandosi, da raccolte di ricette e dimetodi di preparazione di medicamenti, in codicidi qualità delle sostanze medicamentose. Oggi con

il termine Farmacopea s’intende un rigoroso ma-nuale tecnico, con valenza quasi sempre legale(FU), un Codice merceologico di farmaci, ecci-pienti, veicolanti ed additivi di uso farmaceutico,che include anche la descrizione delle metodicheanalitiche. Questa trasformazione non può però es-sere interpretata soltanto con la produzione e diffu-sione delle specialità medicinali; altre motivazioni,soprattutto di carattere scientifico, devono essereprese in considerazione. Infatti oggi, con lo scopodi una sempre maggior tutela della salute pubblica,qualsiasi prodotto per uso medicinale deve posse-dere, come è stato già ricordato, tre requisiti fonda-mentali: sicurezza d’impiego (innocuità), qualitàed efficacia terapeutica.

Nel campo delle droghe vegetali, purtroppo, ladifficoltà a stabilire con sicurezza, con metodi ri-producibili, la composizione quali-quantitativadelle piante e dei loro derivati, le difficoltà dellaloro stabilizzazione, conservazione e standardiz-zazione, hanno allontanato questi medicinali dalleFarmacopee.

Oggi questo gap è stato superato con l’utilizza-zione delle moderne tecnologie analitiche, chimi-che, chimico-fisiche e spettroscopiche, con le qua-li è possibile riconoscere la presenza anche di ppmdi sostanze chimiche, principi attivi, e di dosarle.Così, ad es., le varie tecniche cromatografiche, larisonanza magnetica nucleare, la spettrometria dimassa permettono un controllo preciso sia dei pro-dotti originari che delle preparazioni e la loro stan-dardizzazione accurata. Possono essere ricono-sciute e dosate eventuali sostanze inquinanti, tos-siche o indesiderate (pesticidi, metalli pesantiecc.). In conclusione si possono avere oggi a di-sposizione prodotti di elevata qualità anche incampo erboristico.

Si è quindi passati da un uso empirico ad un usoscientifico delle piante medicinali con la codificadella loro qualità. Questa situazione, insieme ad al-tre motivazioni, ha ridestato in tutto il mondo l’in-teresse per l’utilizzazione di rimedi vegetali, so-prattutto per la cura di disturbi lievi e passeggeri,così le Farmacopee di questi ultimi anni hanno re-cepito questa tendenza e, conseguentemente, rein-trodotto molte piante medicinali e droghe vegetali.

Ci sembrava necessaria questa introduzioneper comprendere l’aumento, anche se talvolta con-tenuto, della presenza delle piante e droghe medi-cinali nelle ultime edizioni della nostra Farmaco-pea e nelle Farmacopee di altri Paesi europei edextraeuropei.

La prima edizione della FU italiana è del 1892;in questo testo, come negli altri dell’epoca, ufficia-

li e non, sono descritte le diverse sostanze, la mag-gior parte di origine vegetale, usate come medica-menti e le relative formulazioni insieme alle opera-zioni generali dell’arte farmaceutica.

L’ultima edizione della FU, quella attualmentevigente, è la dodicesima (2008), entrata in vigore il31 marzo 2009. In questo volume, come anche nellaprecedente XI edizione del 2002, sono in realtà ri-portate poche piante medicinali e come “materie pri-me” (essenze, estratti), rispetto al numero di piantepresenti nelle precedenti edizioni. Ciò però è facil-mente spiegabile tenendo conto che nella Ph. Eur.,che è testo di riferimento per tutti gli europei, sonoriportate monografie di tutte le piante, droghe e deri-vati di uso più comune.

Infatti l’ultima edizione della Ph. Eur., la VI del2008 ed i suoi tre supplementi, elenca circa 220piante medicinali e loro derivati.

Nella prefazione della FU XII viene riportatoche “… Per i Paesi dell’Unione Europea la “far-macopea di riferimento” è costituita dai testi in vi-gore della Ph. Eur. e delle eventuali farmacopeeenazionali; questi ultimi sono infatti, nella UE, nor-me sopranazionali.

Per quanto riguarda il nostro Paese, la VI edi-zione della Ph. Eur. e supplementi (pubblicata e re-cepita in inglese e francese ed in vigore dal 1 gen-naio 2008) insieme alla presente XII ed. della FUcostituiscono, oggi, la Farmacepea Ufficiale dellaRepubblica Italiana”.

Viene inoltre specificato che l’obbligo di deten-zione in farmacia, sia essa ospedaliera che aperta alpubblico, è limitato alla sola FU XII. Ne consegueche il farmacista che esplica un’attività preparato-ria deve provvedere alla acquisizione dei testi eu-ropei necessari per una corretta esecuzione dellepreparazioni stesse.

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PARTE SPECIALE

In ragione della multidisciplinarietà della farmaco-gnosia non esiste una classificazione che possa tenerepresente, contemporaneamente, l’aspetto morfologi-co, chimico analitico e farmaco-terapeutico delle dro-ghe vegetali. Negli attuali trattati di farmacognosia,secondo il bagaglio culturale dell’Autore e delle fi-nalità da perseguire, vengono seguiti sistemi di clas-sificazione diversi, nessuno dei quali risponde pie-namente al complesso delle finalità della disciplina,in quanto, in ogni caso, le droghe saranno ripartitesecondo una particolare, limitata, visuale.

Si possono, infatti, riscontrare le seguenti clas-sificazioni, ciascuna delle quali presenta dei van-taggi che possono essere utili nello studio di alcuni,settoriali, aspetti della farmacognosia (morfologi-co, chimico-analitico, farmacoterapeutico).

• Classificazione in ordine alfabetico delle dro-ghe, elencate secondo la denominazione botani-ca binomiale linneana, o secondo il nome co-mune della pianta da cui si ottiene la droga.Questa classificazione, che è seguita nelle Far-macopee, o nelle enciclopedie o nei dizionari,può essere utile quando si vogliono notizie im-mediate su una specifica droga.

• Classificazione botanica, o tassonomica, che rag-gruppa le droghe secondo la classificazione cheviene fatta, in base alle caratteristiche morfologi-che delle piante da cui esse si ottengono.

• Classificazione morfologica, che suddivide ledroghe in base alla parte di pianta utilizzata: dro-ghe organizzate, costituite da specifiche partidella pianta (organi) – talli, radici, fusti sotterra-nei e fusti aerei, corteccia, legni, gemme, foglie,fiori, erbe, sommità fiorite, frutti, semi –, o daformazioni specifiche o da contenuti cellulari –kamala, licopodio, luppolino, amidi ecc. –; dro-ghe non organizzate – succhi, essudati, latici,gomme, resine, essenze, grassi (burri ed oli) ecc.

Seguendo questa classificazione si trovano, inuno stesso gruppo, droghe con principi attivi e conattività farmacologica più diversi: ad es., tra le fo-glie noi troviamo la digitale a glicosidi cardiocine-tici, il tè ed il caffè ad alcaloidi xantinici e ad azio-ne psicoanalettica; l’uva ursina ad eterosidi fenoli-ci ad azione disinfettante delle vie urinarie; la bel-ladonna, il giusquiano e lo stramonio ad alcaloiditropanici ad azione parasimpaticolitica; la sennacontenente glucosidi antrachinonici ad azione las-sativa ecc.

Questa classificazione può essere utile quandosi debbano esaminare, in un controllo di qualità, icaratteri morfologici che permettono di identificareuna data droga e di differenziarla da altre droghe oda sofisticazioni costituite da un organo analogo,ma appartenente a vegetali differenti.

• Classificazione chimica. Le droghe vengonoraggruppate in base alla struttura chimica deiprincipali costituenti in esse contenuti: droghead alcaloidi, ad eterosidi, a terpeni, a tannini, adessenze, a lipidi ecc. Ogni gruppo può essere, asua volta, suddiviso in sottogruppi, ad es. dro-ghe ad alcaloidi a nucleo tropanico, a nucleoisochinolinico, a nucleo fenantrenico, a nucleoindolico, a nucleo piridinico; glicosidi digitali-ci, glicosidi antrachinonici ecc.

• Classificazione farmacologica, in base alla qua-le le droghe sono raggruppate secondo l’attivitàbiologica dei loro principali costituenti ed even-tualmente ripartite in sottogruppi secondo la co-stituzione chimica dei loro principi attivi.

La classificazione oggi più diffusa è quella se-guita in questo testo, una classificazione prevalen-temente chimica, con riferimenti farmacologici eterapeutici, per una migliore comprensione deicontenuti e delle finalità di una disciplina comples-sa qual è la farmacognosia.

CLASSIFICAZIONE DELLE DROGHE VEGETALICapitolo

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F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

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108 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

La biomassa vegetale è costituita principalmente dacarboidrati che nelle piante hanno una funzione pla-stica oltre che energetica.

Nelle piante l’elemento strutturale fondamenta-le è la cellulosa, che è il principale componente deifusti legnosi, delle fibre e della maggior parte dellepareti cellulari.

L’amido, che è il primo prodotto visibile dellafotosintesi clorofilliana, rappresenta il mezzo concui le piante conservano l’energia solare sotto formadi energia chimica e costituisce la principale fonte dicarbonio e di energia per le piante e per gli animali.

Inoltre i carboidrati ed alcuni loro derivati sonomolecole ad elevato interesse biologico, cioè costi-tuiscono dei principi attivi che rendono alcuni ve-getali particolarmente interessanti per la loro utiliz-zazione in campo farmaceutico.

I carboidrati, o glucidi, sono composti ternari,costituiti da carbonio, idrogeno ed ossigeno, di for-mula generale CnH2nOn.

I glucidi possono essere divisi in tre gruppi:– monosaccaridi, molecole monomeriche;– oligosaccaridi, molecole costituite da poche unità

di monosaccaridi legate con legame glicosidico;– polisaccaridi, polimeri ad alto peso molecolare

di monosaccaridi e loro derivati.

Monosaccaridi

I monosaccaridi sono derivati aldeidici o chetonicidi alcoli polivalenti. Possono contenere da 3 a 9 ato-mi di carbonio, ma i termini più importanti sono ipentosi (C5H10O5) e gli esosi (C6H12O6).

Tutti i monosaccaridi possiedono diversi (n)atomi di carbonio asimmetrici: quindi, per ogniformula bruta, esistono 2n stereoisomeri che diffe-riscono per l’attività biologica. La maggior partedei monosaccaridi naturali appartiene alla serie D,anche se vi sono alcune eccezioni come L-ramno-sio, L-arabinosio, L-fucosio.

I monosaccaridi più importanti nel regno vege-tale sono:Pentosi. Il ribosio è un costituente dell’RNA e per-tanto è ubiquitario.D-xilosio ed L-arabinosio sono presenti nelle emi-cellulose, nelle pectine, nelle gomme e nelle mu-cillagini. Inoltre si trovano nella catena zuccherinadi vari glicosidi.Esosi. D-glucosio, D-galattosio e D-mannosio so-no ubiquitari.

Il glucosio si trova libero in molti frutti (uva,ecc.) e sotto forma di polimero nella cellulosa, nel-l’amido e nei glucani. Inoltre è presente nella catenazuccherina di molti glicosidi. Anche il D-galattosiosi trova nei glicosidi: insieme al mannosio e al glu-cosio forma polimeri presenti ad es. nelle Faba ceae(mannani, glucomannani e galattomannani).

Il D-fruttosio si trova nei frutti, sia in forma li-bera che legato al glucosio per formare il saccaro-sio. In forma polimerica costituisce l’inulina, pre-sente in diverse Asteraceae (Fig. 11.1).

Diversi monosaccaridi e loro derivati sono am-piamente utilizzati in terapia. Tra questi ricordiamo:D-glucosio. Si ottiene per idrolisi acida o enzima-tica dell’amido. La miscela ottenuta viene filtrata,decolorata con carbone attivo e concentrata. Il glu-cosio viene quindi purificato per cristallizzazione.La soluzione isotonica di glucosio (5,6%) è utiliz-zata nella nutrizione parenterale per apportare un’a-deguata quantità di acqua e calorie e rappresenta unottimo substrato energetico. La soluzione ipertoni-ca (dal 15 al 50%) ha effetto diuretico. In tecnicafarmaceutica viene utilizzato come eccipiente ecorrettivo del sapore.D-fruttosio. Si ottiene per idrolisi dell’inulina a bas-sa temperatura. È più dolce del glucosio e viene uti-lizzato nella nutrizione parenterale dei diabetici enelle intolleranze al glucosio.Sorbitolo. È un polialcol che si trova in alcune alghee nei frutti di diverse Rosaceae. Si ottiene per ridu-zione catalitica o elettrolitica del D-glucosio. Viene

DROGHE CONTENENTI CARBOIDRATICapitolo

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F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

utilizzato come lassativo (30 ml di una soluzione al70%) e, mescolato con carbone attivo, nel trattamentodegli avvelenamenti e sovradosaggi da farmaci.

La soluzione dal 5 al 10% ha le stesse indicazio-ni della soluzione glucosata e viene anche utilizzatacome veicolo per somministrazioni terapeutiche.

È ampiamente utilizzato nell’industria alimen-tare perchè molto solubile, igroscopico e non sog-getto a degradazione microbica.

Droghe contenenti monosaccaridi e loroderivati

I prodotti delle api: miele, propoli, pappa reale,polline

Miele

Il miele è il prodotto di elaborazione di diverse spe-cie di api (Apis mellifera L, A. ligustica, A. fascia-ta, A. cecropia ecc.), insetti imenotteri appartenenti

alla famiglia della Apideae. Le api traggono il mieledai succhi dolci dei fiori e delle gemme: questo net-tare viene succhiato grazie ad una proboscide par-ticolare (ligula) e trasformato dall’animale nel trat-to digerente; quindi viene espulso per servire da nu-trimento ai membri della colonia (che consiste di10.000-50.000 individui) nella cattiva stagione. InFarmacia si distinguono due qualità principali dimiele: miele comune e miele depurato. Il miele co-mune (naturale, grezzo o vergine) si presenta sci-ropposo, ma col tempo diviene alquanto solido,opaco e granuloso, oppure si rapprende in un mag-ma cristallino bianco. Abbiamo anche del miele per-fettamente liquido e trasparente; la consistenza di-pende da diversi fattori: epoca della raccolta, luo-go di provenienza, tipo di flora ecc. Il colore è bian-co-giallognolo, ma in commercio possiamo trova-re delle varietà di miele colorato in arancione, ver-de e marrone scuro. L’odore è aromatico, caratteri-stico, il sapore è dolce. È solubile in acqua, latte, tèe nell’alcol. La composizione del miele comune va-ria, secondo la provenienza e soprattutto secondo le

110 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.1 Strutture dei principali monosaccaridi

D-gliceraldeide diidrossiacetone

Carboidrati con 3 atomi di carbonio (triosi)

D-ribosio

Carboidrati con 5 atomi di carbonio (pentosi)

D-glucosio D-galattosio D-fruttosio

Carboidrati con 6 atomi di carbonio (esosi)

D-sorbitolo D-mannitolo

Polialcoli

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 111

sostanze (nettare, polline di fiori diversi) di cui si sono nutrite le api produttrici. In genere contiene il18-25% di acqua, il 65-80% di zuccheri e piccolequantità di sostanze proteiche, flavonoidi, acidi [for-mico, malico, caffeico e derivati (CAPE)], cera, gra-nuli di polline ecc. Gli zuccheri sono rappresentati dadestrosio per il 34%, levulosio per il 39% e saccaro-sio per l’1-10%. Il miele depurato è quello sottopo-sto a chiarificazione allo scopo di allontanare i gra-nuli di polline, i residui di cera e le sostanze albumi-noidi che può contenere e che ne faciliterebbero l’alterazione. Si presenta di densità diversa, secondoi vari metodi di depurazione (caolino, argilla); in ge-nere è un liquido sciropposo di colore giallo-bruno.

Il miele può essere adulterato o addirittura sofi-sticato con prodotti quali saccarosio, destrina, ami-do, glucosio da melassa o da amido, e con sostanzeminerali. L’aggiunta di queste sostanze si svela fa-cilmente con un attento esame, in quanto:(i) il dosaggio di saccarosio prima e dopo idrolisi

del prodotto con acido cloridrico non può su-perare l’11%;

(ii) la presenza di destrina si svela trattando ilmiele con acqua fredda: il filtrato si colora inrosso con lo iodio. Così pure 1 g di miele di-luito con un eguale volume di acqua, precipitacon l’aggiunta di 5 volumi di alcool assoluto;

(iii) la presenza di glucosio si svela se una soluzio-ne di 1 g di miele in 4 ml di acqua dà un preci-pitato bianco con nitrato d’argento (da melas-sa) oppure con cloruro di bario (da amido);

(iv) il dosaggio delle ceneri se supera lo 0,4% delprodotto svela l’aggiunta di minerali.

Il miele è un alimento di notevole importanzapoiché risulta composto, in buona parte, da zuc-chero invertito (deriva dall’idrolisi del saccarosio).Nella medicina popolare si utilizza come blandolassativo (in età pediatrica) e come emolliente edespettorante nel trattamento locale di affezioni delcavo orale [si consiglia una accurata detersione e di-sinfezione della bocca prima di applicazioni topi-che di miele (su lingua e/o gengive) o meglio an-cora di miele rosato (miele depurato p 20, petali dirose rosse p 4, acqua bollente q.b.)] e delle primevie aeree (tosse, raucedine ecc). Di recente è statoosservato che può svolgere un ruolo cardioprotet-tivo (impedisce la formazione di ROS) e favorire laguarigione di ferite (incrementa la formazione dicollagene e di tessuto granulomatoso). Il miele siadopera anche come edulcorante di tisane e sci-roppi, come veicolo di elettuari e come eccipientedi caramelle e pastiglie. Comunque, il suo princi-pale uso è come dolcificante ed aromatizzante nel-le industrie dolciarie ed alimentari.

Propoli

Il propoli è un materiale appiccicoso elaborato dal-le api a partire dalle sostanze resinose che rivesto-no i germogli, le foglie e le cortecce di varie spe-cie di alberi (betulla, pioppo, ontano, pino, ippoca-stano, salice ecc.); il colore varia dal giallo al verde-bruno; l’odore è aromatico e ricorda un pò la vani-glia e la cannella; il sapore è aspro, amarognolo.

Propoli deriverebbe da pros = avanti e polis =città, in riferimento al fatto che questo materialeviene depositato all’ingresso dell’alveare per re-stringerne il passaggio , ostacolando così l’ingres-so di eventuali predatori. Le api si servono del pro-poli anche per altri scopi: cementare la cella del-l’alveare, mummificare il corpo di insetti che in-trodottisi nell’alveare vengono uccisi dalle api, im-pedire la germinazione di semi introdotti acciden-talmente nell’alveare. La raccolta del propoli av-viene periodicamente e coincide con la pulizia del-le arnie. La produzione annuale non supera in ge-nere i 300 g. Per staccare facilmente il propoli dal-le griglie del telaio lo si lascia raffreddare in modoche assuma una consistenza vitrea: sarà quindi suf-ficiente un colpo per consentirne il distacco. Il pro-poli era ben noto agli antichi. Gli egiziani lo usa-vano per mummificare i cadaveri, i romani per cu-rare le ferite. Nel Medio Evo e nei secoli a segui-te, il propoli verrà utilizzato per trattare le infiam-mazioni della bocca, le ulcere e gli stati febbrili.

La composizione chimica del propoli varia infunzione della provenienza. In genere contiene re-sine e balsami (50% circa), costituiti da terpeni,gomme, oli essenziali; cere (30-40%); acidi grassiquali palmitico, oleico, lignocerico, stearico ecc.;olio essenziale (0,5-10%); polline (5%); flavonoidi(circa il 3%), tra cui flavoni (crisina ecc.), flavano-li (galangina ,quercetina ecc.), flavonoli (pinocem-brina ecc.), flavononoli (pinobanksina ecc.); acidiorganici quali acido caffeico, ferulico, miristico,benzoico, cinnamico; aminoacidi (circa il 18%)quali acido glutamico ed aspartico, lisina, leucina,istidina, arginina, alanina, ecc; oligoelementi (1%),tra cui calcio, fosforo, magnesio, rame, ferro, zin-co; vitamine, in particolare quelle del gruppo B (tia-mina o B1, cianocobalamina o B12, acido pantote-nico o B5, riboflavina o B2) e poi biotina (Vit. H)e niacina (Vit. PP). Contiene inoltre eugenolo, va-nillina, cumarina ecc.

Studi piuttosto recenti hanno attribuito al pro-poli proprietà antiflogistiche, spasmolitiche, anti-settiche ed antimicotiche, cicatrizzanti ed immu-nomodulanti. Utilizzato nelle affezioni cutaneefacilita la cicatrizzazione perché incrementa la

formazione di tessuto granulomatoso ed accelerail riformarsi di nuove cellule epiteliali. I principa-li responsabili di queste proprietà farmacologichesono i flavonoidi (galangina, pinocembrina) e gliacidi organici (derivati dell’acido caffeico tra cuiil CAPE). Al CAPE vengono in particolare attri-buite proprietà antiflogistiche, antibatteriche edantitumorali. Il propoli può causare dermatite insoggetti esposti a fenomeni allergici. Oggi il pro-poli si utilizza per combattere affezioni del cavoorale e delle prime vie aeree, sottoforma di spray,collutori, caramelle.

Pappa reale

È una particolare sostanza, ad elevata attività ener-getica, prodotta dalle api per nutrire le larve nei pri-mi giorni di vita e l’ape regina per tutta la vita. Gra-zie a questo particolare nutrimento l’ape regina sidifferenzia da tutte le altre api per le enormi di-mensioni e per la longevità: vive in media 5 annimentre le api operaie solo 5 settimane. Si tratta diuna emulsione semifluida di sapore acidulo-asprignocomposto di acqua (65% circa), zuccheri (15% cir-ca), lipidi (4,5%) ed altre sostanze (per il 13%) tracui proteine, aminoacidi, vitamine (A, B, C, D, E),oligoelementi, enzimi, fosfolipidi, ormoni ecc.

La pappa reale si altera facilmente se non op-portunamente conservata. La tecnica più idonea,che assicura la stabilità nel tempo, è la liofilizza-zione, che consiste in un rapido congelamento se-guito da un trattamento sotto vuoto. In questo mo-do i componenti della pappa reale conservano inal-terate le proprietà nutritizie e salutistiche fino almomento in cui l’aggiunta di una bevanda acquosala riporta in soluzione.

Alla pappa reale si ricorre nei casi di inappeten-za, malnutrizione, gravidanza, allattamento, stress,anoressia, periodi di convalescenza ecc.

Per rispondere nel modo più adeguato alle dif-ferenti esigenze nutrizionali, il prodotto è presentein Farmacia, da solo o in associazione con altre so-stanze (polline, estratto di fegato ecc.), in diverseforme. Il prodotto liofilizzato e sotto vuoto è quel-lo più diffuso.

Polline

Si presenta come una polvere fine (da pollen = fiordi farina) costituita di minutissimi granuli di coloregiallognolo, oppure di un rosso scuro. I granuli di pol-line possono avere forme diverse (sferica, poliedrica,

vermiforme) ed una superficie liscia o granulosa.Ogni granulo presenta una cellula con due nuclei edue membrane, una esterna (esina) ed un’altra inter-na di cellulosa (endina); tra le due membrane si puòformare una sacca d’aria che rende più leggero il gra-nulo di polline. I granuli di polline si formano nelleantere degli stami (sacche polliniche), raggiungono lostimma del fiore e sviluppano un “budello” pollini-co, grazie al quale si ha la copulazione dei nuclei.

I componenti chimici del polline variano con laprovenienza. In genere sono presenti proteine (30-35%), carboidrati (35-50%), lipidi (3-5%) e poi vita-mine, enzimi, proteine, aminoacidi, flavonoidi, caro-tenoidi, ecc: più o meno gli stessi della pappa reale. Ilpotenziale nutritivo del polline viene assimilato dalleapi, grazie alla loro capacità di rompere le membranecellulari polliniche resistenti agli agenti chimici. Per-ché anche l’uomo possa assimilare i principi attividel polline è stata messa a punto una tecnica estratti-va capace di frantumare le membrane cellulari, la-sciando inalterate le proprietà nutrizionali del polline.Al polline si attribuiscono proprietà stimolanti l’ap-petito. Può essere causa di gravi affezioni respiratorie(rinite o febbre da fieno) e congiuntivite.

Manna

È l’essudato zuccherino che si ottiene per incisio-ne o per puntura di insetti (Cicada orni) dalla cor-teccia di Fraxinus ornus (Oleaceae), una piantamolto diffusa nell’area mediterranea. Le incisionivengono praticate dall’epoca della fioritura alla fi-ne dell’estate. Un albero produce mediamente 500g di essudato in un anno.

La manna è formata da frammenti irregolari dicolore bianco denominati manna “cannellata, in la-crime o in sorte”. La prima è la più pregiata e si pre-senta in cannelli lunghi fino a 20 cm e viene raccoltaponendo sotto le incisioni dei pezzi di canna; la man-na in lacrime cola lungo il tronco e si presenta in for-mazioni coniche di 10-15 cm di lunghezza; la mannain sorte si raccoglie alla fine dell’estate quando ilsucco non condensa rapidamente e cade per terra;quest’ultima è formata da frammenti di colore gialla-stro e spesso è mescolata a corpi estranei (Fig. 11.2).

La manna contiene D-mannitolo ( 60-80%), D-glucosio, D-fruttosio e oligosaccaridi.

La manna è utilizzata in pediatria, come lassati-vo ad azione osmotica, sciolta in acqua o nel latte adosi comprese tra i 5 e i 20 g.

Il D-mannitolo è un polialcol contenuto oltreche nella manna anche nel tallo di diverse specie diLaminaria. Il mannitolo è utilizzato nella profilas-

112 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 113

si e nel trattamento dell’insufficienza renale acuta(come diuretico), per diminuire la pressione intra-cranica e quella intraoculare. Iniettato per via en-dovenosa (soluzione acquosa al 20%), viene elimi-nato rapidamente con le urine e provoca una rimo-zio di liquidi per effetto osmotico. Si utilizza anchecome lassativo (nei bambini, alla dose di 1 g peranno di età sciolto in acqua o nel latte).

Oligosaccaridi

Questi zuccheri sono costituiti da 2, 3 o 4 mole-cole di monosaccaridi legate con legame glicosi-dico. Il legame si forma per eliminazione di unamolecola di H2O tra il gruppo emiacetalico di unmonosaccaride e un ossidrile di un altro mono-saccaride (Tabella 11.1).

Polisaccaridi

I polisaccaridi sono macromolecole ottenute, attra-verso la formazione di legami glicosidici, da mole-cole di monosaccaridi e loro derivati.

Vengono divisi in omopolisaccaridi, costituitida un solo tipo di monosaccaride ed eteropolisac-caridi, formati da monosaccaridi diversi e da loroderivati. Il legame glicosidico si forma per elimi-nazione di una molecola di acqua tra il gruppoemiacetalico di una molecola e un ossidrile diun’altra molecola.

Negli organismi vegetali possono avere funzio-ni energetiche (polisaccaridi di riserva) e funzioniplastiche (costituenti della parete cellulare).

Destrani

I destrani sono miscele di polisaccaridi con peso mo-lecolare compreso tra poche migliaia a diversi mi-lioni di daltons, costituiti da catene di unità di α-D-glucosio, legate con legame 1-6 e che presentanobrevi ramificazioni attraverso legami 1-2, 1-3, 1-4.

L’azione dell’enzima destrano-sucrasi, presentein diversi batteri, trasforma il saccarosio in unamassa gommosa che costituisce il destrano grezzo.Questo è sottoposto a parziale idrolisi acida ed afrazionamento, per dare il prodotto con il peso mo-lecolare desiderato.

Il prodotto clinicamente utile ha un basso gradodi ramificazione ed un peso molecolare compresotra 10.000 e 100.000 daltons. Il destrano è usatocome sostitutivo del plasma nel trattamento delloshock da emorragie o da scottature gravi.

Tabella 11.1 Oligosaccaridi

Nome Monosaccaridi Legame Fonte

DisaccaridiSaccarosio Glucosio-fruttosio 1-2α Zucchero di cannaMaltosio Glucosio-glucosio 1-4α Idrolisi dell’amidoGenziobiosio Glucoso-glucoso 1-6β Radice di genzianaLattosio Galattosio-glucosio 1-4β Raro nei vegetaliCellobiosio Glucosio-glucosio 1-4β CellulosaRutinosio Ramnosio-glucosio 1-6α Glicosidi flavonoidiciScillobiosio Glucosio-ramnosio 1-3β Bulbo di scilla

TrisaccaridiGenzianosio Glucosio-glucosio-fruttosio Radice di genziana Planteosio Glucosio-fruttosio-galattoso Semi di psillioRaffinosio Galattosio-glucosio-fruttosio Semi diversiRamninosio Ramnosio-ramnosio-galattosio Rhamnus infectoria

TetrasaccaridiStachiosio Galattoso-galattosio-glucosio-fruttosio Stachys tuberifera;

molti semi

Fig. 11.2 Manna

Inoltre il destrano può formare polimeri insolu-bili (Sephadex), che vengono utilizzati per purifi-care e separare composti mediante tecniche croma-tografiche.

Amidi

L’amido è il primo prodotto visibile della fotosin-tesi clorofilliana e, sotto forma di amido seconda-rio, viene accumulato dal vegetale negli organi diriserva (radici, modificazioni di fusti, semi).

Si presenta sotto forma di masse irregolari an-golate o di polvere bianca ed è costituito da granu-li che, osservati al microscopio, permettono diidentificare gli amidi di diversa origine (Fig. 11.3).

I granuli infatti possono essere semplici o com-posti, cioè formati dall’aggregazione di granulisemplici. Il punto iniziale di formazione del granu-lo nel leucoplasto è segnato dall’ilo, che può esse-re più o meno centrale. Intorno all’ilo si sovrap-pongono strati successivi di amido che formano de-

gli anelli concentrici spesso visibili al microscopio.L’amido è insolubile in acqua e forma a caldo unasoluzione colloidale che si colora in blu in presen-za di iodio.

Composizione. L’amido è costituito da due po-lisaccaridi, l’amilosio e l’amilopectina, che costi-tuisce circa l’80% della maggioranza degli amidi.

L’amilosio è formato da catene lineari di α -D-glucosio legate con legame 1,4- α -glicosidico. Èsolubile in acqua, ma forma soluzioni instabili ed èresponsabile della colorazione blu con iodio. L’a-milopectina è un polisaccaride ramificato costitui-to da molecole di α -D-glucosio legate con legame1,4-α-glicosidico. I punti di ramificazione sono for-mati mediante legami 1,6-α-glicosidici (Fig. 11.4).Usi. L’amido è utilizzato in tecnica farmaceuticacome eccipiente e nella preparazione di polveriaspersorie. La soluzione acquosa colloidale (sal-da d’amido) è stata utilizzata come protettivo nel-le infiammazioni gastriche e nel trattamento del-l’avvelenamento da iodio. Sottoposto a vari trat-tamenti chimici ( acetilazioni, idrossilazioni, este-

114 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.3 Granuli di amido: a frumento; b mais; c riso; d patata

a b

c d

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 115

rificazioni ecc.) fornisce dei prodotti utilizzatinell’industria alimentare, tessile, degli adesivi edella carta.

La Ph. Eur. considera officinali (sostanze peruso farmaceutico) l’amido di frumento, di riso, dimais e di patata.Amido di frumento. Si ottiene dalle cariossidi di Tri-ticum sativum (Fam. Graminaceae), che vengonoridotte in farina. La farina si lascia a macerare conH2O e quindi si filtra. L’amido è separato per cen-trifugazione, essiccato e ridotto in polvere.

Al microscopio l’amido di frumento si presentasotto forma di granuli semplici di forma discoidale,alcuni con ilo centrale, altri globosi più piccoli(Fig. 11.3 a).Amido di mais. Si ottiene dalle cariossidi di Zeamays (Fam. Graminaceae). I chicchi vengono im-mersi in una soluzione allo 0,2% di acido solfori-co per almeno due giorni, quindi il materiale vienedisintegrato dai mulini. Gli embrioni oleaginosivengono separati e utilizzati per la preparazione del-l’olio che costituisce un’importante fonte di vita-mine. L’amido ed il glutine vengono separati dalmateriale fibroso presente e poiché il glutine è piùleggero dell’amido, la miscela di amido e glutineviene sottoposta a ripetute centrifugazioni per se-parare i due componenti. Al microscopio l’amido dimais si presenta sotto forma di granuli poligonali,con angoli smussati, di dimensioni uniformi , conilo a forma di fessura raggiata (Fig. 11.3 b).

Amido di riso. Si ottiene dalle cariossidi di Oryzasativa (Fam. Graminaceae) che contengono circal’85% di amido. Queste vengono immerse in unasoluzione di idrossido di sodio allo 0,4%, finchè ilchicco è disintegrato. Il materiale viene quindi ma-cinato e portato in sospensione da cui l’amido vie-ne separato per centrifugazione.

Al microscopio si presenta in forma di granulipoliedrici, molto piccoli e con ilo puntiforme, per lopiù riuniti a formare granuli composti (Fig. 11.3 c).Amido di patata. Si ottiene dai tuberi di Solanumtuberosum (Fam. Solanaceae). Le patate vengonolavate e ridotte in polpa. La polpa viene maceratacon acqua ed il liquido lattiginoso che contiene ami-do, proteine solubili e sali minerali viene setaccia-to. L’amido viene separato per centrifugazione. Almicroscopio si presenta sotto forma di granuli ovoi-dali, piriformi, con ilo eccentrico e striature marcate(Fig. 11.3 d).

Gomme e mucillagini

Gomme e mucillagini sono polisaccaridi comples-si la cui distinzione non è di facile definizione; unadistinzione viene fatta in base al loro comporta-mento in acqua in quanto le gomme sono general-mente abbastanza solubili dando luogo a gel, solu-zioni gelatinose, mentre le mucillagini non si sciol-gono, ma rigonfiano dando luogo a masse viscose.

Fig. 11.4 Composizione dell’amido

Amilosio

Amilopectina

Generalmente vengono definiti “gomme” gliessudati viscosi che si formano nella pianta, talvol-ta (gomma arabica) in risposta a un fatto traumati-co (ad es. un’incisione fatta sul tronco) e “mucilla-gini” dei normali costituenti cellulari localizzati incellule mucillaginose che si trovano frequentemen-te nel tegumento del seme. Le mucillagini si trova-no principalmente nelle Malvaceae, nelle Fabaceaee nelle Cactaceae, dove hanno l’importante fun-zione di trattenere l’acqua ed inoltre giocano unruolo nella germinazione dei semi.

Oggi si tende a sostituire i termini gomma emucillagine con uno più generale come “idrocol-loidi vegetali”.

Questi composti sono polimeri di monosaccari-di e loro derivati ed hanno una struttura piuttostocomplessa e non sempre del tutto nota. Anche la re-lazione tra la struttura dell’idrocolloide e le sueproprietà non è sempre chiara.

I polisaccaridi che costituiscono gli idrocolloidipossono essere di tre tipi:– polisaccaridi acidi la cui acidità è dovuta alla

presenza di acidi uronici;– polisaccaridi acidi la cui acidità è dovuta alla

presenza di gruppi solforici. Questo tipo non èpresente nelle piante superiori, ma è largamentediffuso nelle alghe;

– polisaccaridi neutri che generalmente sono glu-comannani e galattomannani e si trovano fre-quentemente nei semi.

Gomma arabica. È un essudato gommoso che si ot-tiene dalla corteccia dei rami e del tronco di diver-se specie di Acacia (Fam. Leguminosae). Le speciedi Acacia commercialmente più importanti si trova-no nel Sudan e nell’Africa occidentale, anche se piùdi 500 specie sono diffuse in vaste zone dell’Africa,in Australia e nell’America centrale. Acacia senegalL. Willdenow (Fig. 11.5), un piccolo albero (4-6 m)che vive in condizioni climatiche sfavorevoli (scar-sa umidità, temperatura elevata), produce la gommadi qualità migliore, denominata dalla Ph. Eur. Aca-ciae gummi (Fig. 11.6) Questa si forma, a livello del-la corteccia, negli alberi di 6-7 anni di età e si rac-coglie in lacune derivate dalla dissoluzione delle cel-lule parenchimatiche. La produzione è massima nel-la stagione secca, dopo la caduta delle foglie.

La gomma fuoriesce talvolta spontaneamente,più spesso per incisioni praticate sulla corteccia edha l’aspetto di globuli sferoidali, ovali o reniformi,di colore bianco-giallastro. Viene raccolta a mano eripulita dai frammenti di corteccia e da altre impu-rità, quindi lasciata ad asciugare al sole per diversesettimane.

La gomma polverizzata, osservata al microsco-pio, presenta dei frammenti irregolari, lucidi, tra-sparenti. Sono visibili soltanto tracce di amido etessuti vegetali.Composizione. La gomma arabica è costituita prin-cipalmente da sali neutri, o debolmente acidi, del-l’acido arabico con il calcio, il magnesio ed il po-

116 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.5 Acacia senegal L.: ramo con foglie e fiori (a) efrutto (b)

a

b

Fig. 11.6 Acaciae gummi

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 117

tassio. L’idrolisi totale della molecola libera i mo-nosaccaridi costituenti: D-galattosio, L-arabinosio,L-ramnosio e l’acido D-glucuronico. La strutturadel polisaccaride è molto complessa e non com-pletamente chiarita; inoltre varia, oltre che con laspecie di Acacia da cui proviene la droga, con la suaorigine geografica e con il periodo di raccolta.Proprietà ed usi. La gomma arabica è solubile indue volte il suo peso di acqua.Generalmente le so-luzioni sono debolmente acide ed il pH è compre-so tra 4 e 5. A concentrazioni inferiori al 40-50% lasoluzione presenta una viscosità molto bassa. In-fatti, alla concentrazione del 10% la viscosità è sol-tanto di 17 cP. La viscosità delle dispersioni di gom-ma arabica diventa di circa 900 cP (centipoise ov-vero un centesimo di Poise) alla concentrazione del40%. La viscosità aumenta all’aumentare del pH, fino ad un massimo a pH compreso tra il 5 ed il 7e diminuisce per aggiunta di elettroliti.

La gomma arabica, per le sue proprietà emol-lienti, è utilizzata in diversi preparati per la tosse eper proteggere la gola. Inoltre è stata anche utiliz-zata nella preparazione di pasti dietetici, ad es. perdiabetici e come agente addensante. La sua più im-portante utilizzazione tuttavia è come stabilizzantedelle emulsioni olio-acqua.

La gomma arabica viene anche utilizzata perpreparare integratori alimentari a base di vitamineliposolubili.

Gomma adragante. È un essudato gommoso dialcune specie del genere Astragalus (Fam. Legumi-nosae), genere che comprende circa 1600 specie.

La Ph. Eur. VI, definisce gomma adragante(Tragacantha) l’essudato gommoso, essiccato al-l’aria, che fuoriesce naturalmente o per incisionedal caule e dai rami di Astragalus gummifer Labil-lardiere (Fig. 11.7) e di alcune altre specie del ge-nere Astragalus dell’Asia occidentale.

Le piante che producono questa gomma sono ge-neralmente dei frutici spinosi che vivono nelle zonemontuose (1000-3000 m di altitudine) comprese trala Turchia e la Russia. Le qualità migliori di adra-gante provengono dall’Iran e dal Kurdistan turco.

La gomma fuoriesce spontaneamente o per inci-sione ed essuda immediatamente dalla pianta. In al-cune zone la fuoriuscita della gomma viene facilita-ta bruciando le estremità dei rami. Il processo diformazione della gomma si chiama gommosi e con-siste in una graduale trasformazione delle pareti cel-lulari del midollo e dei raggi midollari. La gomma

Fig. 11.7 Astragalus gummifer Labill. (da: “Dragante” “Di-scorsi ne’ sei libri di Pedacio Dioscoride...” di P.A. Mattioli -Venezia 1744)

Fig. 11.8 Gomma adragante diPersia

(Fig. 11.8) assorbe acqua e si spinge verso l’esternofuoriuscendo immediatamente dopo la lesione. Lagomma si presenta in strisce vermiformi lunghe cir-ca 3 cm e larghe 1 cm e viene generalmente raccol-ta al secondo anno di vita della pianta.Composizione. La gomma grezza è costituita da unamiscela di sali di un polisaccaride acido (bassorina),di un polisaccaride neutro (tragacantina) e da piccolequantità di un glicoside. Nella gomma si trovano an-che piccole quantità di amido, cellulosa e materialeproteico. La bassorina costituisce il componenteprincipale (60-70%) ed è insolubile nell’acqua; latragacantina è solubile nell’acqua e nelle miscele ac-qua-alcol. L’idrolisi della gomma con acidi minera-li libera acido D-galatturonico, L-arabinosio, D-xi-losio, L-fucosio e D-galattosio. Il carattere acido del-la gomma dipende dalla presenza dell’acido galat-turonico. La bassorina contiene inoltre circa il 5,4%di gruppi metossilici. Le gomme con un maggiorecontenuto di gruppi metossilici e di bassorina for-niscono le mucillagini più viscose.Proprietà ed usi. La proprietà più importante dellagomma adragante è l’elevata viscosità delle sue so-luzioni. Una soluzione all’1% presenta una visco-sità di circa 3400 cP. Rispetto ad altre gomme lagomma adragante presenta una viscosità abbastan-za stabile anche a pH inferiore a 5.

La gomma adragante è un ottimo agente emul-sionante perché aumenta la viscosità della fase ac-quosa e diminuisce la tensione superficiale all’in-terfacia olio-acqua nelle emulsioni.

La gomma adragante è utilizzata in farmaciacome sospendente per polveri insolubili o legantein pillole e compresse.

Gomma karaya. È prodotta da Sterculia urens, oda Sterculia tomentosa (Fam. Sterculiaceae), albe-ri che crescono nelle zone montuose dell’India. An-che altre specie di Sterculia che vivono in Africaproducono questa gomma. La gomma fuoriescespontaneamente, o per incisione, dalla corteccia deirami e del tronco. La droga si presenta in masse ir-regolari translucide di colore beige o bianco rosa-to. Il prodotto commerciale è generalmente polve-rato. Questa gomma è debolmente solubile in ac-qua, ma si rigonfia fino a raggiungere un volumemolto maggiore di quello iniziale. Ha un odore spic-cato di acido acetico.Composizione. La gomma è un polisaccaride com-plesso ad alto peso molecolare (circa 9.500.000 dal-tons), caratterizzato da un notevole contenuto digruppi acetilici. Per idrolisi acida si liberano acidoD-galatturonico, acido D-glucuronico, acido aceti-co, D-galattosio e L-ramnosio. Il contenuto di aci-

di uronici è di circa 40% e il grado di acetilazioneè di circa l’8%.Proprietà ed usi. La gomma karaya assorbe rapi-damente acqua e forma delle soluzioni colloidali vi-scose. La viscosità di una soluzione all’1% è di cir-ca 3.300 cP. La viscosità presenta un massimo a pH8,5 e diminuisce all’aumentare della temperatura eper aggiunta di acidi o di elettroliti.

La gomma è utilizzata come lassativo; a tale sco-po può anche essere associata a solfato di magnesioo ad ossido di magnesio. È controindicata in caso distenosi pilorica e nelle alterazioni della motilità delcolon. Viene anche utilizzata nel trattamento dell’o-besità e viene aggiunta nei pasti a basso contenutocalorico perché dà senso di sazietà e nella prepara-zione di paste e polveri fissative dentarie.

Gomma carrubba. Si ottiene dai semi di Cerato-nia siliqua (Fam. Cesalpinaceae), un albero sempreverde originario delle zone orientali del Mediterra-neo. La pianta ha foglie composte e fiori piccoli rag-gruppati in racemi ascellari. Il frutto (carrubba) è unlegume contenente da 12 a 16 semi tondeggianti,schiacciati, separati da setti polposi. Il peso costan-te dei semi ne ha giustificato nell’antichità l’uso co-me unità di peso (1 carat = 200 mg). L’importanzadella carrubba nell’alimentazione dell’uomo e deglianimali è nota da millenni. La pianta è stata intro-dotta dagli arabi in Italia, in Spagna e nel Nord Afri-ca e oggi viene coltivata in tutte le regioni del mon-do dove il clima è favorevole al suo sviluppo.

I semi presentano un tegumento duro, di coloremarrone, ed un endosperma semitrasparente checirconda l’embrione che è di colore giallastro. Lagomma è costituita dall’endosperma e si ricava se-parando quest’ultimo dall’embrione e dal tegumen-to. La qualità della droga dipende dalla più o menocompleta separazione dell’endosperma dalle altreparti del seme.

Il mesocarpo del frutto disidratato costituisce lafarina di carrubba.Composizione. La gomma è una polvere bianca co-stituita da galattomannani (88%), pentosani (3-4%),proteine (5-6%), cellulosa (1-4%) e ceneri (1%). Il ga-lattomannano è un polimero in cui le unità di man-nosio sono legate con legame 1-4 α o β-glicosidico.Per ogni 4 o 5 unità di mannosio si trova una unità digalattosio legata con legame 1-6. Il rapporto manno-sio-galattosio sembra variare in funzione dell’habitate dello stadio di sviluppo della pianta di provenienza.

I cotiledoni contengono C-glicosil-flavoni.La polpa del frutto è povera di proteine e lipidi,

ma contiene zuccheri semplici (40-40%) e tanninicondensati.

118 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 119

Proprietà ed usi. La gomma carrubba è parzialmen-te solubile in acqua fredda, più solubile in acqua cal-da e dà, per raffreddamento, una soluzio ne pseudoplastica ad alta viscosità che è stabile entro larghi in-tervalli di pH e per aggiunta di elettroliti. Una solu-zione all’1% ha una viscosità di 3.500 cP.

La gomma carrubba presenta numerose utiliz-zazioni nell’industria farmaceutica, alimentare, co-smetica, tessile e della carta.

Gomma guar. È costituita dall’endosperma del se-me di Cyamopsis tetragonolobus (L.) Taub. (Fam.Leguminosae), una pianta erbacea annua coltivatain India, Pakistan, Texas ed America centrale. Lagomma si ottiene separando l’albume dall’embrio-ne e dal tegumento del seme.Composizione. La gomma è costituita da galatto-mannano (78-80%), acqua (10-13%), proteine (4-5%), fibre grezze (1,5-2,0%), ceneri (0,5-0,9%),grassi (0,5-0,75%) e contiene tracce di ferro.Proprietà ed usi. È una polvere bianca che in ac-qua si idrata rapidamente formando soluzioni ad al-ta viscosità. La viscosità non è influenzata dal pHe rimane costante in un intervallo di pH compresotra 1,0 e 10,5.

La gomma guar è definita una “fibra dietetica”perché interferisce con il metabolismo di glucidi elipidi. Probabilmente influenza l’assorbimento diglucidi della dieta e pertanto viene utilizzata in pa-sti per diabetici. Inoltre abbassa i livelli di coleste-rolo e di LDL. La somministrazione protratta de-termina però disturbi intestinali.

La gomma viene anche utilizzata per diminuirel’appetito negli obesi. È ampiamente usata nell’in-dustria farmaceutica, alimentare, tessile e della carta.

Altea. La droga è costituita dalle radici di Althaeaofficinalis L. (Fam. Malvaceae) (Fig. 11.9), unapianta erbacea ad elevato contenuto di mucillaginenella radice, nelle foglie e nei fiori. È una piantaspontanea diffusa in tutta l’Europa e nel nord del-l’Asia. Il fusto raggiunge un’altezza di circa 1 me-tro e porta foglie piuttosto grandi, violacee, alter-ne, ovali, lobate. Il fusto e le foglie sono ricoperteda una fitta peluria ed hanno un aspetto vellutato,biancastro. I fiori, bianco-rosati, sono raggruppatiall’ascella delle foglie. Il frutto è un poliachenio.Le radici vengono raccolte in autunno, lavate, li-berate delle radichette, decorticate ed essiccate acirca 40 °C.Descrizione della droga. Le radici si presentano inpezzi lunghi fino a 20 cm, di diametro di circa 2 cm.La superficie è percorsa da solchi e presenta le ci-catrici delle radici secondarie.

Al microscopio, la radice polverizzata presenta,tra l’altro, granuli di amido di forma e dimensionidiverse, con ilo centrale, fibre liberiane, cellule mu-cillaginose e druse di ossalato di calcio (Fig. 11.10).Componenti principali. La radice di altea contieneuna mucillagine (fino al 20%) che, per idrolisi, li-bera ramnosio, arabinosio, galattosio, glucosio edacido galatturonico.

Sono anche presenti amido, pectine, zuccheri ecirca il 2% di asparagina, l’amide dell’acido aspar-tico.Proprietà ed usi. L’altea ha un’azione emolliente eprotettiva sulla mucosa orale, gastrica ed intestinale.

Viene utilizzata sotto forma di decotto. I fiori ele foglie, che contengono la stessa mucillagine pre-sente nelle radici, vengono utilizzati, sempre comeemollienti, sotto forma d’infuso.

Lino. La droga è costituita dai semi di Linum usi-tatissimum L. (Fam. Linaceae).

È un’erba annua, alta circa 80 cm (Fig. 11.11),con foglie alterne sottili. Il fusto nella parte termi-nale è ramificato in sottili rami che terminano conpiccoli fiori solitari blu o bianchi. Il frutto è una ca-psula globosa. I semi sono ovali, appiattiti di colo-re bruno (Fig. 11.12).

Fig. 11.9 Althaea officinalis L.: (a) ramo con foglie; (b) fiorie radice

a

b

Descrizione della droga. I semi sono piccoli: 4-6mm di lunghezza, 2-2,5 mm di larghezza e circa1mm di spessore; nell’acqua rigonfiano e diventa-no viscidi perché si ricoprono di mucillagine.

Al microscopio i semi polverati presentano cel-lule pigmentate e cellule sclerosate del tegumento,frammenti dei cotiledoni e dell’albume, con cellulepoligonali ripiene di olio e di granuli di aleurone.

Componenti principali. I semi di lino contengonouna mucillagine (circa il 5%) che per idrolisi pro-duce galattosio, ramnosio, arabinosio ed acido ga-latturonico. Nel tegumento si trovano glicosidi de-gli esteri metilici degli acidi p-cumarico e caffei-co. I protidi sono abbondanti (20-25%). I lipidi rap-presentano dal 30 al 40% e sono costituiti soprat-tutto da trigliceridi degli acidi linolenico (fino al

120 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.10 Radice di altea al microscopio:1 amido; 2 fibre liberiane; 3 legno; 4 raggimidollari; 5 frammento di vaso; 6 pori; 7 druse di ossalato di calcio; 8 cellule mu-cillaginose

1

5

6

7

8

2 3

4

Fig. 11.12 Linum usitatissimum L.: semiFig. 11.11 Linum usitatissimum L.: pianta

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 121

50%), linoleico (25%), oleico (10-18%) e da mi-nori quantità di acidi grassi saturi (5-10%). È pre-sente anche una piccola quantità di un glicosidecianogenetico che si decompone in acido cianidri-co, glucosio e acetone.Usi. I semi sono utilizzati sotto forma d’infuso co-me emollienti e protettivi. I semi macinati costitui-scono la farina di lino che viene usata per catapla-smi emollienti ed antinfiammatori. L’olio è dotatodi proprietà vitaminiche (vitamina F). Nell’industriaè usato per le vernici e le pitture.

Psillio

Lo psillio (= piantaggine, psillio indiano, psilliobiondo o ispagula) è costituito dai semi di Plan-tago ovata Forsk (= P. ispaghula Roxb.), (Fam.Plantaginaceae), pianta spontanea in India, Paki-stan e Stati Uniti d’America. Si tratta di una pian-ta erbacea annua, con stelo ramificato, con foglielanceolate, dentate e pubescenti, con fiori bianchiraggruppati in spighe cilindriche e con frutti ca-psulari deiscenti recanti due logge che racchiudo-no un solo seme (Fig. 11.13).

I semi sono ovali (1,5 × 3,5 mm), lisci, lucen-ti, di colore rosso-beige; la superficie convessa èchiaramente carenata e presenta una macchia mar-rone che si estende per un quarto della lunghezzacomplessiva del seme. Il tegumento del seme, ri-dotto in polvere, presenta cellule ricche di mucil-lagine e cellule tendenti al marrone; il seme con-tiene anche albume, nel quale sono immersi granulidi aleurone e goccioline di olio, e granuli di ami-do. Sia il seme (Fig. 11.14 a) che il solo tegumen-to (o cuticola) (Fig. 11.14 b) si rigonfiano a con-tatto dell’acqua: l’indice di rigonfiamento è nonmeno di 9 per il seme e non meno di 40 per il te-gumento.

Lo psillio è un termine usato indifferentemente perindicare il seme, il tegumento ed anche la pianta.

Lo psillio contiene quantità significative di mu-cillagine (circa il 30%); inoltre triterpeni, aucubina,steroli, lipidi, proteine, ecc. La mucillagine è perl’85% un polisaccaride solubile rappresentato da D-xilosio; la struttura di base è uno xilano con legami1→3 e 1→4 irregolarmente distribuiti nel polimero.I monosaccaridi identificati nella catena principalesono D-xilosio, L-arabinosio e α−D-galatturonil –

Fig. 11.13 Plantago ovata: pianta Fig. 11.14 Psillio: semi (a) e cuticola (b)

b

a

(1→2) – L-ramnosio. Oltre agli xilani è presente nel-lo psillio cellulosa, sia nel seme che nel tegumento.

Lo psillio possiede un effetto lassativo che di-pende dalla sua capacità di richiamare liquidi nel lu-me intestinale e di gonfiarsi: l’effetto bulk formingche ne deriva rende morbide le feci e stimola la pe-ristalsi (Fig. 11.15). Una volta somministrato peros, lo psillio viene solo parzialmente digerito nel lu-me del primo tratto dell’intestino, dato che i com-ponenti polisaccaridici dello psillio sono resistentiall’idrolisi operata dagli enzimi digestivi. Giunti nellume del colon, i polisaccaridi subiscono una fer-mentazione, ad opera della flora batterica residen-te, con conseguente formazione di AGCC (acidigrassi a catena corta) e gas (idrogeno, diossido dicarbonio). Gli AGCC abbassano il pH del lume delcolon e favoriscono lo sviluppo di una flora batte-rica acidofila a scapito di specie batteriche ad azio-ne putrefattiva. A parte l’azione antiputrefattiva, gliAGCC rappresentano un substrato ottimale per lecellule della mucosa colica che si rinnovano facil-mente (azione trofica).

Una caratteristica dello psillio è poi quella di mi-gliorare il peso e la consistenza della massa fecalesia nella stipsi che nella diarrea, contribuendo ulte-

riormente a normalizzare il transito intestinale del-la massa fecale (vedi Fig. 11.16).

Lo psillio provoca anche una riduzione dell’iper-glicemia postprandiale (si ipotizza che l’aumentataviscosità intraluminale causata dallo psillio riducal’assorbimento dello zucchero) ed abbassa i livelliematici di colesterolo e di LDL proprio come i ga-lattomannani e le pectine. In quest’ultimo caso lopsillio incrementa la eliminazione degli acidi biliarie del colesterolo con le feci e quindi ne riduce l’as-sorbimento; inoltre, gli AGCC prodotti dalla florabatterica residente inibiscono la sintesi epatica di co-lesterolo e questo riduce ulteriormente il tasso di co-lesterolo circolante.

La FDA ha da alcuni anni approvato l’uso dellopsillio come lassativo di massa e la CommissioneE tedesca riporta che lo psillio può esere utile neicasi di costipazione cronica e nei casi di emorroidie ragadi anali. Lo psillio è considerato utile anchenei casi in cui si richiede un’evacuazione non for-zata (in gravidanza, negli anziani, dopo interventichirurgici al colon-retto).

La dose consigliata è di 3-5 g da prendere 1-2volte nella giornata; la dose è decisamente ridottanei casi in cui lo psillio è associato ad altri prodot-

122 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.15 Stimolazione dellaperistalsi da parte del conte-nuto intestinale

Fig. 11.16 Lo psillio nella diar-rea e nella stipsi

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 123

ti ad azione lassativa oppure quando è richiesta lanormalizzazione delle funzioni intestinali piuttostoche un vero e proprio effetto lassativo.

Lo psillio è controindicato nei casi di stenosipilorica, di ostruzione intestinale (fecalomi), di ri-stagno delle feci, e va consigliato con cautela incaso di megacolon (perché altera la motilità del co-lon) ed in pazienti trattati con ipocolesterolemiz-zanti (ne potenzia l’azione).

Polisaccaridi delle alghe

Le alghe rosse e brune contengono polisaccaridicon proprietà addensanti e gelificanti, sono inoltrefonte di sali di potassio e di iodio e contengono mol-ti metaboliti secondari ad alto potenziale terapeuti-co; la loro utilizzazione, sia in campo alimentareche terapeutico, risale, almeno nei Paesi orientali,a 3000 anni a.C.

Alghe rosse

Le alghe rosse, caratterizzate dalla presenza di unpigmento rosso, la ficoeritrina, contengono poli-saccaridi solforati che si accumulano nelle pareticellulari o negli spazi intercellulari.

Agar. L’agar è costituito da polisaccaridi ottenuti dadiverse specie di Rodoficeae, appartenenti soprat-tutto al genere Gelidium. Si prepara per trattamen-to delle alghe con acqua bollente; l’estratto viene fil-trato a caldo, concentrato ed essiccato. L’agar si pre-senta sotto forma di strisce o di scaglie traslucide,bianco-giallastre (Fig. 11.17), ed esiste in commer-cio in diverse qualità, di cui la più importante è l’a-gar del Giappone che si ricava da Gelidium corneume da G. cartilagineum, alghe tipiche del litoralegiapponese che crescono anche lungo i litorali del-la California.

Composizione. L’agar è una miscela di due frazio-ni, agarosio e agaropectina. L’agarosio è una mo-lecola lineare costituita da unità di β-D-galattosioparzialmente metilate e di 3,6 anidro α-L-galatto-sio, unite con legami alternati 1-3, 1-4.

L’agaropectina è composta da agarosio con per-centuali variabili di acido solforico, acido galattu-ronico ed acido piruvico.

Le proporzioni della miscela, costituita ancheda polisaccaridi a struttura intermedia tra i dueprincipali, varia profondamente a seconda dellaspecie da cui la droga deriva.Proprietà ed usi. Nell’acqua fredda l’agar assorbeacqua e si rigonfia, mentre nell’acqua calda si scio-glie e, per raffreddamento, forma un gel elastico eresistente. Non è tossico, è indigeribile, non fer-menta e può essere utilizzato come lassativo (mec-canico) perché aumenta la massa e l’idratazionedelle feci. Viene anche utilizzato per la preparazio-ne di agenti gastroprotettivi. È inoltre utilizzato nel-le industrie alimentari e come medium in colturecellulari in vitro.

Carragenina. La carragenina (carrageen), è otte-nuta da varie Rodophyceae delle famiglie delle Gi-gartinaceae, delle Solieraceae, delle Hypneaceae edelle Furcellariaceae, dopo trattamento con acquacalda e precipitazione con etanolo, metanolo, 2-pro-panolo o potassio cloruro. Deve contenere non me-no del 15% e non più del 40% di zolfo, espresso co-me solfato.Composizione. La carragenina è costituita da unacatena lineare di D-galattosio, legato con legami al-ternati 1-3, 1-4 e che presenta gruppi fosforici sulcarbonio 2, 4 o 6. Nella catena si trovano ancheunità di 3,6-anidrogalattosio.

La carragenina presenta strutture diverse a se-conda della specie da cui si ottiene [si estrae so-prattuto da Chondrus crispus, una piccola alga ma-rina, con un tallo ramificato (Fig. 11.18), diffusasulle coste dell’oceano Atlantico, ma anche da al-tre rodoficee (Gigartina, Ahenfeltia, Gymnogon-grus, Eucheuma ecc.)]. La capacità di formare gele le proprietà di questo gel dipendono dalla struttu-ra del polisaccaride.Usi. I carragenani vengono utilizzati nella prepara-zione di paste, creme ed emulsioni per applicazio-ni diagnostiche e terapeutiche: nella protezionedella mucosa in proctologia, nel trattamento dellacostipazione, nelle diete dimagranti. Trovano ancheampia utilizzazione nell’industria cosmetica ed inquella alimentare.Fig. 11.17 Agar

Alginati

L’acido alginico è una miscela di acidi poliuroniciottenuta da diverse alghe Feoficeae; Laminaria spp.(Laminariaceae), Macrocystis pyrifera (Lessonia-ceae), Fucus serratus e F.vesiculosus (Fulaceae).Composizione. L’acido alginico è un polimero li-neare dell’acido D-mannuronico e dell’acido L-gu-luronico, legati con legame 1-4b. La proporzione trai due acidi varia al variare della specie da cui l’a-cido alginico è stato ottenuto. Gli alginati sono sa-li di sodio, calcio o magnesio.Proprietà ed usi. L’acido alginico è insolubile nel-l’acqua. I sali di sodio e magnesio sono invece so-lubili e formano soluzioni viscose che, a bassa con-centrazione, mostrano un comportamento pseudo-plastico. La viscosità della soluzione è stabile en-tro un largo intervallo di pH (4-10). Il pH inferio-re a 4 o l’aggiunta di ioni polivalenti (calcio), por-ta alla formazione di un gel elastico.

Gli alginati sono utilizzati nelle patologie dige-stive e vengono incorporati in preparazioni antiaci-de. L’acidità dello stomaco libera l’acido alginicoche forma un gel protettivo sulla mucosa gastrica.

Vengono inoltre usati nella preparazione di prodot-ti cosmetici e parafarmaceutici.

L’alginato di calcio è utilizzato per bende e gar-ze emostatiche.

Pectine

Le sostanze pectiche sono componenti strutturalidelle cellule vegetali e sono localizzate prevalen-temente nella lamella mediana della parete cellu-lare. Si trovano principalmente nei frutti e nellepiante erbacee dove conferiscono una certa rigiditàai tessuti e sembrano giocare un ruolo nel control-lo dei movimenti dell’acqua e dei fluidi durante lacrescita della piante. Le sostanze pectiche sono po-limeri dell’acido poligalatturonico che si differen-ziano per il grado di metilazione dei gruppi car-bossilici dell’acido.

Possono essere distinte in:– acidi pectici: quasi privi di gruppi metilici;– acidi pectinici: parzialmente metilati;– pectine: solubili in acqua, con più alto grado di

metilazione.Estrazione. Le sostanze pectiche vengono estrattedalla polpa dei frutti, principalmente dai residui del-la lavorazione degli agrumi e delle mele. Il mate-riale viene sottoposto ad ebollizione per inattivaregli enzimi e viene quindi trattato con soluzione aci-da a caldo. L’estratto, contenente le sostanze pecti-che, viene filtrato, privato dell’amido per tratta-mento con amilasi, e trattato con propanolo nel qua-le le sostanze pectiche sono insolubili. Il precipita-to viene filtrato, lavato ed asciugato. Le condizio-ni di estrazione (temperatura, pH, durata del tratta-mento acido) condizionano il grado di metilazione(DM) del prodotto, che però può essere successi-vamente demetilato.Composizione. Alcune pectine sono costituite daunità di α -D- acido galatturonico legate con lega-me 1-4. Queste pectine, altamente metilate, sonopiuttosto rare.

La maggior parte sono invece costituite da cate-ne di acido α- D-galatturonico interrotte, più o me-no regolarmente, da unità di α-L-ramnosio, legate,con legame 1-2. In molti casi, sul C-4 del ramnosiosono presenti oligosaccaridi costituiti da arabinosioe galattosio.Proprietà. Le proprietà delle sostanze pectiche di-pendono dal peso molecolare e dal grado di meti-lazione. La caratteristica principale delle sostanzepectiche è quella di formare soluzioni colloidali chegelificano in presenza di adeguate quantità di zuc-cheri e acidi.

124 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 11.18 Chondrus crispus: pianta (a) e ramo (b)

a

b

Capitolo 11 • Droghe contenenti carboidrati 125

Usi. Le sostanze pectiche sono ampiamente usatenella preparazione di prodotti farmaceutici per for-mare soluzioni viscose che regolarizzano il tempodi transito intestinale. Vengono anche utilizzate neltrattamento sintomatico del vomito e della diarreanei bambini. Insieme alla cellulosa e alla ligninafanno parte delle cosiddette “fibre alimentari”, chepossono essere usate in dietetica per prevenire l’o-besità e regolarizzare la funzionalità dell’apparatogastrointestinale. Inoltre agiscono efficacementenel controllo dei livelli ematici del colesterolo.Vengono anche utilizzate nell’industria alimentarecome gelificanti e stabilizzanti.

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Con il termine di lipidi si intende un’ampia classedi composti, con caratteristiche chimiche eteroge-nee, accomunati dalla proprietà di essere solubiliin solventi non polari e di essere insolubili in ac-qua. Dal punto di vista dell’interesse biologico sipossono classificare in composti semplici come gliacidi grassi e gli steroli, ed in quelli complessiquali gli esteri degli acidi grassi (trigliceridi, cere,glicerofosfolipidi e sterolo-esteri) e i derivati N-acilati della sfingosina (ad es. sfingomielina, unosfingo-fosfolipide). Una posizione centrale nel-l’articolata famiglia dei lipidi è occupata dagli aci-di grassi, catene carboniose in genere a numeropari di atomi di carbonio, con un’estremità metili-ca ed una carbossilica. Gli acidi grassi in naturasono presenti in tracce in forma libera, mentre laloro forma naturale è quella esterificata con glice-rolo (trigliceridi), alcoli a lunga catena (cere), ste-roli ed aminoalcoli (ad es. sfingosina). Le formuledi struttura di trigliceridi ed altri lipidi complessisono riportati in Fig. 12.1.

I fosfolipidi sono i costituenti principali dellemembrane cellulari e nelle piante; accanto a que-sti, si ritrovano anche dei galattolipidi, tipici dellamembrana dei cloroplasti. Fra i fosfolipidi costitu-

tivi delle membrane non cloroplastiche, la fosfati-dilcolina è il più importante sia quantitativamenteche dal punto di vista metabolico. Altri componen-ti delle membrane sono gli steroli, detti fitosteroli,per distinguerli da quelli di origine animale, pre-senti come liberi o derivati di acidi grassi e zuc-cheri (esteri e glicosidi). Le cere usualmente sonocomponenti delle parti esterne, epidermide, dellefoglie e dei frutti, con la funzione di prevenire leperdite d’acqua. Nelle piante i trigliceridi sono lo-calizzati principalmente nei semi, mentre neglianimali si concentrano nel tessuto adiposo. La fun-zione primaria è la riserva energetica, ma hannoenorme importanza economica, in quanto sonosfruttati dall’industria alimentare, farmaceutica,cosmetica ecc.

Di natura lipidica, in quanto sostanze biologica-mente derivate da acidi grassi insaturi, sono anchele prostaglandine e sostanze ad esse assimilabili.Le prostaglandine sono considerate essenzialmentedi origine animale, ma strutture ad esse correlabili(ad es. l’acido jasmonico) si riscontrano anche nelregno vegetale.

La biosintesi degli acidi grassi inizia con la car-bossilazione dell’acetil-CoA a malonil-CoA e coin-volge diversi sistemi enzimatici, che nelle piantesono localizzati nel cloroplasto. Enzimi desaturasipermettono l’introduzione dei doppi legami nellacatena dell’acido grasso. I triglicerdi sono formatiper reazione di acil-CoA con glicerolo-3-fosfatoper mezzo di aciltransferasi. Gli alcoli a lunga ca-tena derivano probabilmente dalla stessa via bio-sintetica degli acidi grassi.

Oli e grassi

Oli e grassi sono esteri di acidi grassi con glicerolo(mono-, di- e trigliceridi o acilgliceroli). Gli acidigrassi che esterificano i tre gruppi ossidrilici pos-sono essere a catena satura o insatura, con uno o

DROGHE CONTENENTI LIPIDICapitolo

12

Fig. 12.1 I lipidi di deposito e di membrana presenti innatura.

P, fosforo

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

più doppi legami. Nella nomenclatura abbreviata,due numeri separati da due punti seguono la letteraC. Il numero davanti alla punteggiatura indica lalunghezza della catena, il numero che segue indicail numero dei doppi legami. Nei vegetali gli acidigrassi più rappresentati sono quelli a catena di 16-18 atomi di carbonio; gli acidi grassi a catena piùcorta o più lunga, da C20 in su, sono molto rari. Lapresenza e il numero dei doppi legami influisconosulle caratteristiche dei trigliceridi: a temperaturaambiente, quelli composti da acidi grassi saturi so-no solidi (grassi), quelli dove dominano gli acidigrassi insaturi sono liquidi (oli).

Esempi di acidi grassi saturi

C 10:0 Acido decanoico Acido capricoC 12:0 Acido dodecanoico Acido lauricoC 14:0 Acido tetradecanoico Acido miristicoC 16:0 Acido esadecanoico Acido palmiticoC 18:0 Acido octadecanoico Acido stearicoC 20:0 Acido eicosanoico Acido arachidicoC 22:0 Acido docosanoico Acido beenicoC 24:0 Acido tetracosanoico Acido lignocericoC 26:0 Acido esacosanoico Acido cerotico

Esempi di acidi grassi insaturi

C 18:1 Acido9-octadecanoico Acido oleico

C 18:2 Acido 9, 12-octadecadienoico Acido linoleico ω-6

C 18:3 Acido 9, 12, 15-octadecatrienoico Acido α-linolenico ω-3

C 18:3 Acido 6, 9, 12-octadecatrienoico Acido γ-linolenico ω-6

C 20:4 Acido 5, 8, 11, 14-eicosatetraenoico Acido arachidonico ω-6

C 22:1 Acido 13-docosaenoico Acido erucico

Impieghi

In generale gli oli e grassi vegetali si ottengono daisemi, ma possono derivare dal pericarpo del frutto(oliva), per pressione con presse idrauliche, centri-

fugazione o estrazione con solvente. La pressionepuò avvenire a freddo fornendo gli oli “vergini” oa caldo. Quello che resta del seme dopo l’estrazio-ne dell’olio viene riutilizzato per l’alimentazionedei bovini. La produzione degli oli serve soprattut-to per l’alimentazione ma anche per l’industria far-maceutica, quella di vernici, lubrificanti, saponi ecolori. L’industria farmaceutica impiega gli oli egrassi per le proprietà emollienti, come veicoli nel-le preparazioni farmaceutiche o come agenti dellanutrizione parenterale. Taluni hanno un impiegomedicamentoso vero e proprio come, ad es., l’oliodi ricino.

Saggi chimici per il controllo di qualità

Diversi saggi sono disponibili per determinare l’i-dentità, la qualità e la purezza degli oli e grassi.L’indice di acidità indica l’ammontare di acidigrassi liberi presenti nell’olio o grasso, misura ilnumero di mg di KOH necessario per neutralizzaregli acidi grassi liberi in 1 g di sostanza e serve perstabilire il grado di irrancidimento. L’indice di sa-ponificazione misura il numero di mg di KOH ne-cessari per neutralizzare gli acidi grassi liberi e peridrolizzare gli esteri contenuti in 1 g di sostanza.L’indice di esterificazione si ottiene per differenzadegli indici di saponificazione ed acidità. L’indicedi iodio fornisce una valutazione del grado di insa-turazione e misura il numero di grammi di iodioconsumati per 100 g di sostanza. L’indice di peros-sidi è il numero che esprime in termini di millie-quivalenti di ossigeno attivo, la quantità di perossi-di in 1000 g di sostanza. Altre costanti fisiche qua-li il punto di fusione, l’indice di rifrazione e la gra-vità specifica sono usate per il controllo di qualità.I requisiti degli oli riportati nelle Farmacopee, oliodi arachide, mandorle dolci, oliva e ricino, sonoelencati in Tabella 12.1. Ad esclusione dell’olio diricino, gli altri oli quando sono utilizzati per prepa-razioni iniettabili devono avere indice di aciditàminore di 0,5, indice di perossidi minore di 5 e ilcontenuto di acqua minore dello 0,3%.

128 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 12.1 Le caratteristiche analitiche degli oli secondo la FU e altre Farmacopee

Olio Indice di acidità Indice di perossidi Indice di iodio Indice di saponificazione

Arachide < 0,6 < 5 86-106 188-196Mandorle < 1,5 < 12 99-103 183-208Oliva < 2 < 15 79-88 185-196Ricino < 2 < 5 82-90 176-187Cocco 7-11 250-264Fegato di merluzzo 155-180 180-190

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 129

Oli vegetali

L’olio di cocco si ottiene per pressione dall’endo-sperma del frutto di Cocos nucifera L. (Fam. Pal-mae), pianta largamente distribuita ai tropici. L’o-lio, semisolido a 20 °C, contiene 80-85% di glice-ridi saturi, principalmente acido laurico e miristico,ma anche acidi grassi a media catena quali acidocaprilico (C8:0) e caprico (C10:0). L’alta propor-zione di gliceridi di acidi grassi a catena media ren-de l’olio più facilmente digeribile e suggerito per laterapia nutrizionale enterale o per soggetti con pro-blemi di assorbimento dei grassi.

L’olio di mandorle si ottiene per pressione daisemi di Prunus amygdalus Batsch (Fam. Rosa-ceae), una specie che esiste in due varietà, dulcis eamara. La presenza di amigdalina, un glicosidecianogenetico di sapore amaro, distingue le due va-rietà. La pianta è nativa dell’Asia Minore ma è col-tivata e naturalizzata nelle regioni tropicali e a cli-ma mite. L’olio di mandorle viene prodotto da am-bedue le varietà, coltivate in Sicilia, Spagna, Fran-cia e Africa del nord. L’eliminazione dell’amigda-lina si ottiene per macerazione delle mandorle inacqua, in modo da indurre l’idrolisi della sostanza.La mandorla dolce (2-3 cm di lunghezza) ha unapice arrotondato ed uno appuntito, la testa sottiledi color bruno cinnamomo, che si rimuove per la-vaggio in acqua calda. La mandorla amara ha lestesse caratteristiche, ma è di dimensioni più pic-cole (1,5-2 cm). Il seme ha due cotiledoni piano-convessi, una piumetta ed una radichetta. La pre-senza delle mandorle amare in campioni di man-dorle dolci si evidenzia con il saggio del picrato disodio per i glicosidi cianogenetici. L’olio di man-dorle contiene gliceridi di acidi oleico (77%), lino-leico (17%) e altri acidi. È usato in tecnica farma-ceutica, per la formulazione di cosmetici e nell’in-dustria alimentare. Per via orale può essere unblando lassativo alla dose di 30-50 ml.

L’olio di oliva si ottiene dal frutto maturo diOlea europaea L. (Fam. Oleaceae). L’olivo è dif-fusamente coltivato nei Paesi mediterranei e attual-mente anche nel sud-ovest degli Stati Uniti e in al-tre regioni sub-tropicali. Ci sono parecchie varietàa cui è dovuta la grande variabilità di dimensione,colore, contenuto e composizione dell’olio. Laqualità dell’olio di oliva presente sul mercato di-pende dal metodo di fabbricazione: quello di qua-lità superiore (extra-vergine) è ottenuto per debolepressione a freddo dei frutti raccolti a mano, dopoaverli privati dell’endocarpo. Se i frutti sono la-sciati fermentare si ottiene un’olio con un alto gra-do di acidità. La composizione dell’olio di oliva

varia notevolmente in funzione del luogo di colti-vazione, ma contiene principalmente gliceridi del-l’acido oleico (65-85%).

L’olio di oliva contiene anche un gran numerodi composti di diversa natura: steroli, alcoli e aciditerpenici, tocoferoli in quantità inferiore a quellapresente in molti oli di semi, e una miscela di com-posti polari a struttura fenolica (componenti mino-ri polari: CMP). I CMP sono costituiti da acidi fe-nolici (caffeico, cumarico, siringico, p-idrossiben-zoico, vanillico, gentisico, protocatechico ecc.), ti-rosolo e idrossitirosolo, liberi o esterificati a for-mare strutture secoiridoidi quali oleuropeina, ligu-stroside e sostanze analoghe (Fig. 12.2). La quan-tità di CMP nell’olio, 200-500 mg/l, dipende da di-versi fattori (cultivar, grado di maturazione delleolive, metodo di pressione e stato di conservazionedell’olio) ed è molto elevata nell’olio extra-vergi-ne. La componente fenolica dell’olio contribuisceal caratteristico aroma e sapore; inoltre, è indicedella qualità dell’olio e, grazie alle proprietà an-tiossidanti, concorre alla stabilità all’ossidazione.Infatti si è vista una correlazione negativa fra con-

Fig. 12.2 Composti minori polari dell’olio di oliva

HO

HO OH idrossitirosolo

tirosoloHO OH

O — Glu

HO

HO

HO

O O

H

O

oleuropeina

ligustroside

COOCH3

O — Glu

COOCH3H

O O

O

tenuto di CMP e accumulo di perossidi nel tempo.Il composto che maggiormente contribuisce allastabilità dell’olio sembra essere l’idrossitirosolo.

Il saggio per la presenza di olio di arachide, co-tone e sesamo deve essere negativo. L’olio di olivaha principalmente un uso alimentare, ma viene pro-dotto anche per la fabbricazione dei saponi e perpreparazioni farmaceutiche iniettabili.

L’olio di ricino si ottiene dai semi di Ricinuscommunis L. (Fam. Euphorbiaceae) (Fig. 12.3). Neiclimi temperati la pianta è annua, mentre nei climitropicali può raggiungere i 15 m d’altezza. I fruttisono capsule triloculari spinose che contengono unseme per loculo. La dimensione (8-15 mm di lun-ghzza; 4-7 mm di larghezza) e il colore (dal grigioal bruno) del seme possono differire in manieranon indifferente; sono ellissoidali, schiacciati, la te-sta è dura, marmorizzata. Ad una delle estremità èpresente una caruncola giallastra, da dove si diparte

un rafe che termina nella calaza leggermente rial-zata. Per produrre l’olio la testa viene triturata frarulli e separata dall’endosperma oleoso da cui lafrazione lipidica viene pressata, a freddo per usomedicinale, a caldo per ottenere un olio più sca-dente per uso industriale. L’olio di ricino contieneprincipalmente gliceridi dell’acido ricinoleico, unacido insaturo e idrossilato. L’azione purgante èdovuta alla liberazione dell’acido ricinoleico adopera delle lipasi nel duodeno.

Inoltre i semi contengono delle proteine glicosi-late molto tossiche, dette ricine e un alcaloide nonparticolarmente tossico, la ricinina, con strutturaanaloga alla nicotina.

L’olio di ricino era usato come purgante, primadi interventi chirurgici o nei casi di intossicazionialimentari (5-15 ml nei bambini e 15-60 ml per l’a-dulto). L’impiego dell’olio di ricino oggi è princi-palmente industriale per la fabbricazione di saponi,vernici, e per l’estrazione dell’acido undecilenico,una sostanza antifungina e usata come conservantein cosmetologia. Comunque, di recente è stato os-servato che l’olio di ricino (capsule da 0,9 ml, trevolte al giorno per 4 settimane) può essere utilenell’osteoartrite (risulta meno attivo del diclofenac,ma più sicuro).

L’olio di arachide si ottiene per pressione daisemi di Arachis hypogaea L. (Fam. Fabaceae), unapianta coltivata in Africa tropicale, Brasile, India,America del sud e Australia. I frutti maturano nelterreno da cui sono raccolti e i semi sgusciati mec-canicamente. L’olio di arachide contiene triglicerididi acido oleico, linoleico, arachidico, stea rico e aci-di C22 e C24. È uno dei maggiori adulteranti del -l’olio di oliva. Si usa nell’industria alimentare e co-me veicolo di farmaci per iniezioni intramuscolari.

L’olio di semi di soia viene prodotto dai semidi Glycine max L. Merr (Fam. Fabaceae), unapianta importante come fonte di cibo e foraggio.L’Italia è fra i maggiori produttori europei, ma lacoltivazione maggioritaria nel mondo è negli StatiUniti. I semi contengono 35% di carboidrati, fino a50% di proteine e il 20% di olio. L’olio ha un altocontenuto di acidi grassi insaturi (25-56% di acido

130 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 12.3 Ricinus communis: a pianta intera e b semi

a

b

I semi di ricino sono citati nel papiro di Ebers e l’olioveniva usato nel mondo greco-romano come com-bustibile e come purgante. Durante il Medio Evo lapianta del ricino verrà coltivata in Europa e il suo olioutilizzato per curare le malattie della pelle. Caduto indisuso, verrà riutilizzato come purgante verso la metàdel XVIII secolo.

Cenni storici

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 131

linoleico e 27-60% di acido oleico) per cui è unafra le maggiori materie prime dell’industria dellamargarina, ottenuta per idrogenazione dei grassi in-saturi. La frazione non saponificabile contiene unalto contenuto di steroli vegetali, stigmasterolo esitosterolo, substrati per la sintesi chimica degli or-moni steroidei. L’importanza economica dell’oliodi soia è dovuta anche alla presenza di lecitina, unintegratore alimentare che possiede attività ipoco-lesterolemica e antilipidemica. Anche le proteinedi soia sono usate in sostituzione delle proteineanimali nelle diete di soggetti con metabolismo li-pidico alterato (ipercolesterolemie).

L’olio di semi di lino è ottenuto dai semi diLinum usitatissimum L. (Fam. Linaceae), una pian-ta che cresce nei climi temperati e tropicali. L’olioha un alto contenuto di acidi grassi insaturi, in par-ticolare l’acido α-linolenico (52%) che lo rendenon adatto per l’uso alimentare. Se esposto all’ariasi ossida facilmente formando una massa bruna so-lida, proprietà che viene sfruttata nella preparazio-ne delle pitture. I semi di lino sono anche utilizzatiper il contenuto in fibre (vedi mucillagini).

L’olio di mais è ottenuto dall’embrione dei semidi Zea mays L. (Fam. Poaceae); talvolta prende an-che il nome di olio di germe di grano. Gli embrionisono separati per flottazione dai semi durante il pro-cesso per ottenere la farina, liberati dal glutine esottoposti a pressione a caldo. L’olio viene poi chia-rificato, per filtrazione e sedimentazione. Si eliminal’eccesso di acidi grassi liberi e si sterilizza. È co-stituito da gliceridi di acido linoleico (30-60%) eoleico (19-50%). Ha un uso alimentare ed entra fragli ingredienti della nutrizione parenterale. Quandoidrogenato diventa componente delle margarine.

L’olio di enagra si ottiene dai semi di Oenotherabiennis L. (Fam. Ogranaceae) (Fig. 12.4), una pian-ta originaria dell’America del nord, ma che cresce

nelle zone costiere del Mediterraneo e dell’Atlanti-co. È coltivata in Gran Bretagna per la raccolta deisemi che contengono una quantità considerevole diolio (25%) ricco in acidi grassi insaturi, tra cui l’a-cido γ-linolenico (C18 6, 9, 12-triene). L’olio si ot-tiene per pressione a freddo. È usato per le formu-lazioni in cosmetica e negli articoli da toeletta; hainoltre un interesse perché sembra prevenire le ru-ghe e mantenere l’elasticità della pelle. Ne vienesuggerito l’impiego nel trattamento delle forme dieczema atopico e per il trattamento dei dolori pre-mestruali (la prostaglandina E2 in questa situazionepotrebbe essere deficitaria). Gli effetti benefici del-l’olio di enagra potrebbero essere relazionati allapossibilità di fornire il precursore delle prostaglan-dine in quei soggetti deficitari del sistema di con-versione (Δ6-desaturasi) da acido linoleico ad aci-do γ-linolenico. Il dosaggio dell’olio di enagra di-pende dalla patologia da trattare: per l’eczema ato-pico si consiglia 6-8 g per l’adulto e 2-4 g per ilbambino. Per i dolori premestruali e nella mastal-gia si consiglia una dose giornaliera di 3-4 g. Que-ste dosi sono calcolate su un contenuto standardiz-zato di acido γ-linolenico dell’8%. Potreb bero esse-re necessari lunghi trattamenti (3 mesi) prima chevenga osservato un effetto.

Altre sorgenti che possono fornire l’acido γ-lino-lenico sono l’olio di semi di borraggine (Borago officinalis L.), di Ribes nigrum L. e R. rubrum L.

Attività farmacologica. L’acido γ-linolenico el’acido diomogammalinolenico sono precursoridelle prostaglandine PGE2 (proinfiammatoria) ePGE1 (antinfiammatoria e antiaggregante). L’inte-grazione alimentare con acido γ-lino lenico condu-ce ad una modifica del rapporto diomogammalino-lenico/arachidonico a favore del primo. La desatu-razione dell’acido diomogammalinolenico ad acidoarachidonico, precursore della PGE2, è piuttostolenta nell’uomo e rappresenta il passaggio limitan-te. Inoltre i livelli di acido γ-linolenico dipendonodalla conversione di acido linolenico facilmente sa-turabile. Questa conversione sembra essere defici-taria in situazioni quale diabete, eczema atopico,sindrome premestruale. L’integrazione con acido γ-linolenico bypassa le reazioni limitanti, con il ri-sultato di modificare il rapporto PGE2/PGE1 a fa-vore di quest’ultima.

Eczema atopico: in questa patologia si osservauna ridotta Δ6-desaturazione di natura congenita edelevati livelli del precursore acido linolenico. Instudi in doppio cieco e randomizzati la sommini-strazione di acido γ-linolenico ha migliorato signi-ficativamente la sintomatologia. Esistono peraltro

Fig. 12.4 Oenothera biennis: particolare della pianta (E. Bosisio)

alcune controversie circa i benefici della sommini-strazione di acido γ-linolenico, in quanto non tuttigli studi sono concordi con questi risultati.

Mastalgia ciclica e non ciclica e sindromepremestruale: la PGE1 modula l’azione della pro-lattina. Bassi livelli di PGE1 sembrano responsabi-li dell’eccessiva azione periferica della prolattina ebassi livelli di acido γ-linolenico sono stati riscon-trati nella sindrome premestruale. Al trattamentocon acido γ-linolenico risponde meglio la mastal-gia ciclica rispetto alla aciclica. Invece ci sono daticontroversi sull’efficacia del trattamento nella sin-drome premestruale.

Neuropatia diabetica: il diabete si associa aduna ridotta capacità di desaturare gli acidi grassiessenziali e ciò condurrebbe ad anomalia dellamembrana neuronale. Studi sull’animale e sull’uo-mo hanno dimostrato un miglioramento della neu-ropatia dopo trattamento con acido γ-linolenico.

Grassi e oli animali

Il burro di cacao si ottiene dai semi di Theobromacacao L. (Fam. Sterculiaceae), come sottoprodottodella preparazione del cacao. I semi sono fatti fer-mentare e successivamente tostati e la frazione li-pidica è ottenuta per pressione a caldo. Contieneessenzialmente trigliceridi di acidi stearico, palmi-tico, arachidico, oleico. Si usa come base per sup-poste e nelle pomate per le labbra.

Il lardo è grasso animale ottenuto dall’addomedel maiale per trattamento con acqua a 57 °C. Con-tiene circa il 40% di gliceridi saturi (acido palmiti-co, miristico e stearico) e il 60% di gliceridi insatu-ri (acido oleico). Irrancidisce facilmente e quindi siusa di rado come base per unguenti.

L’olio di fegato di merluzzo viene estratto dalfegato del merluzzo Gadus callarias e altre speciedi Gadus. Questi pesci vivono nelle acque delNord Atlantico; Norvegia e Islanda sono i maggio-ri produttori della materia prima. Il fegato vieneprelevato dal pesce con l’accortezza di escluderela cistifellea, e trattato a vapore in ambiente di ani-

dride carbonica per evitare l’ossidazione dell’olio.Successivamente l’olio viene portato a temperaturesotto zero per separare la stearina che precipita eviene allontanata per decantazione e filtrazione. Ilcontenuto di vitamine è aggiustato per miscelazio-ne con oli a livelli maggiori o minori di vitamine.L’olio di fegato per uso medicinale deve contenerenon meno di 600 Unità di vitamina A e non menodi 85 Unità di vitamina D. L’interesse terapeuticodell’olio di fegato di merluzzo e di altri oli di pescedipende dall’alta percentuale di gliceridi di acidigrassi insaturi (85%) fra cui sono presenti quellidella serie ω-3: acido eicosapentaenoico (C20:5),acido docosaesaenoico (C22:6) e acido docosapen-taenoico (C22:5). Le proprietà medicinali dell’oliodi fegato dipendono oltre che dalla presenza dellevitamine, dall’effetto ipotrigliceridemizzante e an-tiaggregante piastrinico degli acidi grassi ω-3.

Cere

Le cere sono esteri di acidi grassi con alcoli prima-ri a lunga catena. Si distinguono dai grassi (trigli-ceridi) in quanto si saponificano solo con alcali inambiente alcolico, mentre i grassi si possono idro-lizzare anche in ambiente acquoso. Questa diffe-renza viene sfruttata per evidenziare la presenza diadulteranti. Nelle piante, le cere si trovano superfi-cialmente per proteggere l’epidermide di foglie,frutti e fusti dall’evaporazione dell’acqua. Esempiodi cere di origine vegetale sono la cera di carnaubae l’olio di jojoba. Alcuni possono anche essere diorigine animale, ad es. la cera d’api, lo spermacetie la lanolina. La Tabella 12.2 riporta le caratteristi-che analitiche richieste dalla FU e altre Farmacopee.

Le cere sono impiegate in Farmacia e in cosme-tica per la preparazione di unguenti e creme. Indu-strialmente sono usate per rivestimenti protettivi,nei lucidi da scarpe e nelle cere per automobili.

Cera di carnauba. Si ottiene dalle foglie di Co-pernicia prunifera (Mueller) H.E. Moore [Coper-nicia cerifera (Arruda da Camara) Martius] (Fam.

132 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 12.2 Le caratteristiche analitiche delle cere secondo la FU ed altre Farmacopee

Cera Indice di acidità Indice di esterificazione Indice di saponificazione Indice di iodio

Cera d’api gialla 17-22 70-80 87-102 8-11Cera d’api bianca 17-24 70-80 87-104 –Lanolina anidra < 1 – 90-105 18-32Lanolina idrata < 0,8 – 67-79 –Spermaceti < 1 – 115-135 < 8Carnauba 4-7 – 10-14

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 133

Arecaceae), una palma del Brasile e Argentina. Ècostituita essenzialmente da miricil cerotato. Si usanella manifattura delle candele e per lucidi del pel-lame e dei mobili. Si può usare in sostituzione del-la cera d’api in cosmetica.

Olio di jojoba. È una cera liquida a temperatura am-biente che si ottiene per pressione dai semi di Sim-mondsia chinensis (Link) Scheider (Fam. Buxa-ceae), arbusto nativo del Messico e Stati Uniti delsud-ovest. La composizione è molto simile a quelladella cera di capodoglio ed è una miscela di esteri diacido (Z)-11-eicosaenoico [20:1(n-9)], acido (Z)-13-docosaenoico [22:1(n-9)] e (Z)-11- eicosen-1-olo e(Z)-13-docosen-1-olo. Per idrogenazione si ottieneuna cera cristallina con le caratteristiche dello sper-maceti. È molto usato in cosmetica come emolliente.

Spermaceti. La cera naturale, ora non disponibile,si otteneva da una cavità della testa del capodoglio,mammifero dell’Oceano Indiano, Pacifico e Atlan-tico, oggi specie protetta. Viene so stituita dall’oliodi Jojoba idrogenato o con la cera preparata persintesi di esteri ceti lici (alcoli C14-C18 con acidigrassi saturi C14-C18).

Cera d’api. Ne esistono di due tipi, la cera biancae la cera gialla. Quella gialla si ottiene liquefacen-do in acqua calda il favo delle api dopo aver ri-mosso il miele; una volta raffreddato, lo si filtra elo si fa solidificare in stampi. È costituita essen-zialmente da miricil palmitato (80%) e da acidocerotico (15%). Si utilizza come agente indurente,per le candele e in cosmetica. La cera bianca siprepara da quella gialla per sbiancamento al sole o chimicamente e si usa per la preparazione di unguenti.

Lanolina. È la sostanza “grassa” che si ottiene dal-la lana di pecora. Nella forma idrata contiene il25% di acqua, è di colore bianchiccio-giallo palli-do, è costituita da esteri del cole sterolo, lanostero-lo, alcoli alifatici a lunga ca tena, insaturi e ramifi-cati e loro esteri con acidi grassi (7-41 atomi di car-bonio). La la nolina anidra viene ottenuta per sbian-camento e disidratazione. È usata come base nellepomate e negli unguenti per applicazione topica difarmaci. Possiede inoltre proprietà emollienti.

Prostaglandine, eicosanoidi e sostanze affini

Le prostaglandine e composti ad esse correlati, noticon il termine di eicosanoidi, derivano dall’ossida-zione degli acidi grassi polinsaturi (AGP) a 20 atomidi carbonio: acido diomo-γ-linolenico (C20:3, acido8,11,14-eicosatrienoico), acido arachidonico (C20:4,acido 8, 11, 14, 17-eicosatetraenoico) e acido 5, 8,11, 14, 17-eicosapentaenoico (C20:5). Le prosta-glandine sono analoghi di un composto non naturaleche prende il nome di acido prostanoico (Fig. 12.5).

Nei mammiferi gli eicosanoidi sono sinte tizzatiattraverso due principali vie ossidative (Fig. 12.6) cheutilizzano ossigeno mole colare come co-substrato:

Fig. 12.5 Formula di struttura dell’acido prostanoico

COOH

Fig. 12.6 Le vie metaboliche della ciclossigenasi e della lipossigenasi

la via della ciclossigenasi e quella della lipossige-nasi. L’acido grasso liberato dai fosfolipidi dimembrana ad opera di una fosfolipasi, viene tra-sformato in prostaglandine, trombossano e prosta -ciclina dal complesso enzimatico ciclossi genasi(Fig. 12.7). Oppure è il precursore di leucotrieni, li-possine ed idrossiacidi, quando diventa substratodella lipossigenasi (Fig. 12.8).

La nomenclatura delle prostaglandine usa lelettere dell’alfabeto A-I per distinguere le variestrutture (Fig. 12.9); a loro volta la classificazioneprimaria si differenzia ulteriormente in tre serieidentificate con il suffisso 1, 2 e 3 a seconda delnumero di doppi legami presenti nelle catene late-rali R1 e R2 della molecola. Le prostaglandine de-rivate dall’acido arachidonico sono della serie 2.Le altre serie, 1 e 3, derivano rispettivamente dagliacidi C20:3 e C20:5. Nell’uomo, essendo l’acidoarachidonico dominante, sono preponderanti leprostaglandine della serie 2; nei pesci sono dimaggiore rilevanza i composti della serie 3 inquanto l’acido grasso dominante nelle specie ac-quatiche è il C20:5.

In generale, prostaglandine ed eicosanoidi sonodistribuiti prevalentemente nei vertebrati superiori,anche se la loro presenza è stata descritta in anima-li inferiori, funghi, batteri, alghe e piante.

Metabolismo di AGP nelle piante

Prostaglandine nelle piante. Alcune pubblicazioniriportano la presenza di prostaglandine nelle pianteanche se a livelli molto piccoli. PGF2a e prostaglan-dine della serie A e B sono state riscontrate in Phar-bitis nil, Kalanchoe blossfeldiana v. Poelln e in al-cune specie di Allium. L’attendibilità dei metodianalitici per l’identificazione delle prostaglandine èun grosso problema e per alcune pubblicazioni al ri-guardo, che risalgono a tempi non recenti, le meto-dologie analitiche non sono convincenti. Rimango-no inoltre da definire due questioni che riguardanola biosintesi: quale sia il precursore e quale la viametabolica. Gli acidi grassi precursori a 20 atomi dicarbonio sono molto rari e a livelli molto bassi nel-le piante, se si escludono muschi e felci che conten-gono alte concentrazioni di acido arachidonico.

134 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 12.7 Metaboliti della ciclossigenasi

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 135

Non ci sono a tutt’oggi evidenze circa la presenzadel complesso ciclossigenasi nelle piante. Omoge-nati di Allium cepa, L. Allium sativum L. e Alliumporrum L. trasformano in vitro l’acido arachidonicoin prostaglandine e trombossano. Tuttavia l’approc-cio sperimentale non consente di concludere che ilcomplesso enzimatico ciclossigenasi sia presente inqueste piante. D’altra parte la lipossigenasi isolatadai semi di soia è in grado di sintetizzare l’anello ci-clopentano tipico dei prostanoidi.

La via metabolica della lipossigenasi. Le lipossi-genasi sono una classe di enzimi che catalizzanol’ossidazione di AGP con formazione dei corri-spondenti idroperossidi (Fig. 12.10) e sono ubiqui-tarie. Nelle piante superiori i principali substratidelle lipossigenasi sono l’acido linoleico (C18:2) eα-linolenico (C18:3) che possono essere ossidatiin posizione 9 o 13 formando rispettivamente il 9-idroperossido e il 13-idroperossido. Gli idroperos-sidi sono altamente instabili e sono successiva-mente metabolizzati attraverso due processi cata-lizzati dall’enzima idroperossido-liasi (1); daglienzimi idroperossido-deidrasi e allene ossido ciclasi (2).

Fig. 12.8 Metaboliti della lipossigenasi

5-LOX

12-LOX

15-LOX

5-HPETE

LTA45-HETE

12-HPETE

12-HETE

15-HETE

15-HPETEHOO

OOH

COOH OOH

COOH

COOH

LEUCOTRIENI

COOH

Fig. 12.9 Struttura degli anelli delle prostaglandine e deltrombossano

A B C

D E F

G, H

I

TXA

O O OR1 R1 R1

R2 R2 R2

R1

R2

R1

R2

R1

R2

OH

O OH OH

O OH

OH

R1

R2

R1

R2

R1

R2

OO

O

O

O

Quando interviene (1), la catena dell’acido gras-so si spezza a livello del gruppo idroperossido dandoluogo a un ω-chetoacido e a un’aldeide. I prodottidella reazione sul 13-idroperossido sono un’aldeidea 6 atomi di carbonio e l’acido 12-cheto-cis-9-dode-cenoico. Quest’ultimo isomerizza nel composto piùstabile l’acido 12-cheto-trans-10-dodecenoico, notocon il nome di traumatina che può essere ossidataper via non enzimatica ad acido traumatico. Sia latraumatina che l’acido traumatico sono sintetizzatiin circostanze particolari come risposta della piantaalle ferite per stimolare la riproduzione cellulare.

Analoghi delle PGs nelle piante. Dagli idroperos-sidi per azione di (2) si formano composti con unanello ciclopentano che richiama la struttura pro-stanoide. Fra queste la più nota è l’acido jasmonico(Fig. 12.11). Si forma dal 13-idroperossido, per ri-duzione e β-ossidazione del metabolita intermedio,l’acido 12-cheto-fitodienoico, (12-cheto-PDA, daphytodienoic acid = PDA). L’acido jasmonico e ilsuo metilestere giocano un ruolo importante neimeccanismi di difesa della pianta verso le ferite el’attacco degli organismi patogeni. Attraverso la

136 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 12.10 Metaboliti delle lipossigenasi nelle piante

R CH CH CH2CH CH R'

R C CH CH CH CH R'

O2

Lipossigenasi

OOH

ACIDO LINOLENICO

Lipossigenasi

Lipossigenasi

13-idroperossi-linolenico

H

O H

O

traumatinaCOOH

Fig. 12.11 Metabolismo dell’acido jasmonico

Acido linolenico

Lipossigenasi

Allene ossido ciclasi

COOH

Acido 12-chetofitodienoico

Riduzione

β-ossidazione

COOH

O

O

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 137

stessa via metabolica si formano l’acido cromomo-rico (Fig. 12.12) ed altri composti a 18 atomi dicarbonio con anello ciclopentano insaturo, isolatidalle parti aeree di Chromolaena morii e C. cha-slae (Fam. Asteraceae). Non si sa se questi compo-sti sono tipici di queste specie e non se ne conosco-no le funzioni fisiologiche.

Aspetti nutrizionali e farmacologici dei lipidi

Pur rimandando a pubblicazioni specializzate latrattazione di chimica e biochimica degli acidi gras-si, si ritiene utile fornire qualche informazione ge-nerale per una migliore trattazione del loro ruolobiologico e della loro importanza nutrizionale.

Vengono distinti per lunghezza di catena, in ge-nere a numero pari di atomi di carbonio, e per lapresenza o meno di doppi legami. I più comuni innatura e nella nostra alimentazione hanno tra 14 e18 atomi di carbonio, mentre acidi grassi con più di20 atomi di carbonio sono in genere meno rappre-sentati (con qualche eccezione). Gli acidi grassi sipossono distinguere sulla base della presenza o me-no di doppi legami in: saturi, monoinsaturi e polin-saturi (due o più doppi legami). I doppi legami con-tigui nella catena carboniosa sono separati da unponte metilenico e la loro posizione viene indicatacontando gli atomi di carbonio a partire dall’estre-mità carbossilica. Esempi tipici delle varie categoriedi acidi grassi sono: tra i saturi il palmitico (16:0) elo stea rico (18:0); tra i monoinsaturi l’oleico (18:1Δ9); tra i polinsaturi, il linoleico (AL, 18:2 Δ9, 12)e l’α-linolenico (ALA, 18:3 Δ9, 12, 15).

Mentre gli acidi grassi saturi e monoinsaturi pos-sono venire sintetizzati negli organismi animali, apartire da acetato, e pertanto essi non sono nutrizio-nalmente essenziali, gli acidi grassi polinsaturi(AGP) AL e ALA non possono venir sintetizzati nelnostro organismo (acidi grassi essenziali). Tale con-dizione, unitamente alla importanza delle funzionibiologiche da essi direttamente o indirettamentesvolte, li rende composti essenziali da un punto divista nutrizionale. Gli animali infatti non sono in

grado di introdurre nuovi doppi legami tra il doppiolegame in posizione 9 nell’acido oleico e l’estremitàmetilica della molecola. Essi sono tuttavia capaci diintrodurre nuovi doppi legami tra l’estremità carbos-silica ed il doppio legame ad essa più vicino. Poichétale porzione della molecola rimane immodificatanel corso del metabolismo, si è introdotto il criteriodi classificare gli acidi grassi come appartenenti aserie metaboliche definite dalla distanza tra il metileed il doppio legame ad esso più vicino: la serie ω 9(o n-9) o dell’acido oleico, la serie ω 6 (o n-6) o del-l’acido linoleico (AL) e la serie ω 3 (o n-3) o dell’a-cido α-linolenico (ALA). Gli acidi grassi essenzialiAL e ALA vengono sintetizzati nel mondo vegetalee trasferiti al mondo animale attraverso la catena ali-mentare (consumo di vegetali o di animali erbivori).Nei tessuti degli organismi animali si trovano, oltread AL e ALA, anche i loro prodotti di ulteriore tra-sformazione, composti a 20 e 22 atomi di carbonio ea 4 o più doppi legami. Tali acidi grassi altamenteinsaturi si trovano esclusivamente nel mondo ani-male. Tra i derivati dall’AL, il principale (sia quanti-tativamente che dal punto di vista dell’importanzabiologica) è l’acido arachidonico (AA, 20:4 Δ5, 8,11, 14 n-6), mentre tra i derivati dall’ALA troviamogli acidi eicosapentaenoico (EPA, 20:5 Δ5, 8, 11, 14,17 n-3) e docosaesaenoico (DHA, Δ4, 7, 10, 13, 16,19, 22:6 n-3). AA, EPA e DHA si formano dai ri-spettivi precursori a 18 atomi di carbonio attraversoreazioni di allungamento (catalizzate da elongasi) edi desaturazione (desaturasi), a livello del sistemareticolo endoplasmico di moltissimi tipi cellulari,ma prevalentemente nel fegato (Fig. 12.13). È suffi-ciente ricordare in questa sede che:1) le conversioni dei precursori ai prodotti, nelle

due serie, sono indipendenti;2) le reazioni limitanti della conversione totale

sono quelle di desaturazione (Δ6 e Δ5) e sonoanche influenzate da fattori nutrizionali ed endocrini;

3) la desaturazione in Δ4 nella sintesi dei polinsa-turi a 22 atomi di carbonio (DHA) richiede unacooperazione tra reticolo endoplasmico e peros-sisomi;

4) vi è competizione tra le due serie metabolicheper gli stessi enzimi, e pertanto uno sbilancia-mento nel rapporto AL/ALA, più che una varia-zione assoluta dell’apporto di un singolo com-ponente provoca un diverso accumulo dei pro-dotti finali delle due serie.Come conseguenza della competizione di acidi

grassi insaturi delle diverse serie per gli stessi enzi-mi, si verifica che nella carenza totale di acidi gras-si essenziali, l’acido oleico, che normalmente non

Fig. 12.12 Formula di struttura dell’acido cromomorico

COOH

O OH

viene ulteriormente convertito, si converte ad acidoeicosatrienoico (20:3 n-9), normalmente pressochéassente nell’organismo. L’accumulo di 20:3 n-9 asso -ciato alla riduzione di AA per mancato apporto delprecursore, porta ad aumento del rapporto 20:3 n-9/20:4 n-6, che viene pertanto considerato un indi-ce biochimico della carenza di acidi grassi essenziali.

Lipidi e alimentazione

L’assunzione di oli e grassi vegetali e animali at-traverso la dieta rappresenta la fonte di energia piùconsistente. Il rapporto fra apporto di grassi animalie vegetali cambia a seconda dei diversi Paesi, manei Paesi occidentali i grassi vegetali sono circa unterzo della energia introdotta.

Gli acidi grassi saturi sono prevalentemente, manon esclusivamente, presenti nel mondo animale. Inparticolare i grassi di animali ruminanti (bovini) so-no particolarmente ricchi di saturi, così come i deri-vati dal latte di tali mammiferi. Tuttavia quantità ap-prezzabili di polinsaturi (ad es. AL) sono presenti

nei grassi di suini e nel pollame, anche in rapporto arecenti cambiamenti nella preparazione di mangimi.Il mondo vegetale contiene quantità apprezzabili diacidi grassi essenziali in quanto essi vengono sinte-tizzati nelle piante. Acidi grassi saturi possono tutta-via essere presenti anche nel mondo vegetale, so-prattutto in piante tropicali (cocco, palma).

L’acido oleico, il più abbondante monoinsaturoin natura, è tipicamente presente nell’olio di oliva,ma è ben rappresentato anche in altre fonti vegeta-li (colza e girasole, varietà ad alto contenuto acidooleico) e animali (pollame, suino).

Per quanto riguarda le fonti di acidi grassi, l’a-spetto nutrizionalmente più rilevante concerne gliacidi polinsaturi. La crescente evidenza che questisvolgono importanti azioni favorevoli in vari si-stemi biologici, con un ruolo diversificato per ivari composti, ha infatti sollecitato i ricercatori adefinire gli apporti ottimali (e pertanto non solominimi) dei singoli acidi polinsaturi per garantirelo stato di salute, ed i nutrizionisti a ricercare lefonti alimentari più consone per garantire apportiadeguati.

138 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 12.13 Conversione metabolica degli acidi grassi polinsaturi: PGs = prostaglandine; LT = leucotrieni

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 139

In questi ultimi anni si è infatti chiarito che unapporto ottimale di AGP si fonda su un bilanciocorretto tra AGP ω-6 e ω-3, e tra AGP a 18 atomi dicarbonio (AL e ALA) e AGP a 20 e 22 atomi dicarbonio (AA, EPA e DHA). È convinzione ormaigeneralmente accettata che l’alimentazione umana,specialmente nel mondo occidentale, si è progres-sivamente modificata, soprattutto negli ultimi duesecoli, non solo per l’incremento del consumo tota-le di grassi e tra questi, di acidi grassi saturi, ma an-che, per quanto riguarda i polinsaturi, per un au-mento dell’apporto di acidi ω 6 con progressiva ri-duzione degli ω-3.

Fonti di acidi grassi polinsaturi

Abbondanti fonti di acidi grassi polinsaturi (AGP)sono tipicamente rappresentate da oli vegetali edin particolare dagli oli di semi (mais, girasole, car-tamo, soia, cotone, vinacciolo), in cui i polinsaturitotali AL + ALA possono superare il 50% degli aci-di grassi, in genere con grande prevalenza di AL.In alcuni oli vegetali si possono trovare concentra-zioni apprezzabili anche di acidi grassi ω-3 (ALA),come nel caso degli oli di soia e di colza (varietàsenza acido erucico), garantendo pertanto un ap-porto più equilibrato tra ω-6 ed ω-3.

Quantità apprezzabili di AGP si trovano nel pol-lame e nei grassi di suino (ad es. lardo) anche in

Fig. 12.14 Composizione percentuale in acidi grassi dei lipidi animali e vegetali

Tabella 12.3 Livelli di acido linoleico, di α-linolenico erapporti ω-6/ω-3 in oli e grassi

AL ALA ω-6/ω-3 Oli e grassi

1,8 0,2 9 Olio di cocco3,2 0,7 4,6 Burro9,4 0,3 31,3 Olio di palma3,7 0,2 18,5 Grasso di bue

10,7 1,1 9,7 Lardo19,5 2 9,7 Grasso di pollo53,2 7,8 6,8 Olio di soia10 1 10 Olio di oliva32,5 0,5 65 Olio di arachidi60,5 1,5 40 Olio di mais67,2 0,8 84 Olio di girasole78 0,1 780 Olio di cartamo

9,8 0,2 49 Olio di cartamo (alto oleico)20 9,8 2 Canola (colza)

conseguenza di un arricchimento dei mangimi conAGP, in particolare AL. La composizione degli aci-di grassi di vari tipi di grassi ed oli alimentari, vege-tali ed animali, è riportata sia nella Fig. 12.14 chenella Tabella 12.3. Il contenuto in saturi è compresotra il valore del 6% (olio di colza) fino al 77% delgrasso di cocco, mentre tra gli oli naturali, l’olivapresenta il massimo contenuto in monoinsaturi (conl’eccezione della variante di cartamo ad alto oleico).Altri polinsaturi si trovano, tra gli oli vegetali, nelcartamo, girasole e mais, e tra i grassi animali, il pol-lo contiene oltre il 20% di polinsaturi. Tuttavia, gran

parte degli oli vegetali contiene un eccesso di ALcon rapporti ω-6/ω-3 di gran lunga superiori a 10,considerato un valore limite massimo per le qualitànutrizionali di un grasso. Gli oli di colza, soia ed oli-va presentano un rapporto bilanciato ω-6/ω-3.

AGP a lunga catena. AGP a 20 e 22 atomi di car-bonio si trovano esclusivamente nel mondo animale.L’acido arachidonico (20:4 n-6), il più abbondanteAGP a 20 C nel mondo animale, è contenuto seletti-vamente in molecole fosfolipidiche, e si trova per-tanto in organi ad alto contenuto in fosfolipidi, qua-li il tuorlo d’uovo, il fegato, il cervello, dove però leconcentrazioni raggiunte non superano in genere i100 mg/100 g di tessuto. Più abbondanti sono le fon-ti di AGP a lunga catena della serie n-3 (EPA eDHA). I pesci soprattutto di mari freddi e ad altocontenuto in grassi ne contengono quantità dell’or-dine del grammo o più/100 g di pesce, raggiungendolivelli dell’ordine di decine di grammi/100 ml neglioli da essi ottenuti.

Proprietà biologiche degli acidi grassi polinsaturi

Dal lontano momento della loro scoperta, all’iniziodegli anni ’30, a tutt’oggi grandi progressi si sonorealizzati nelle conoscenze sul metabolismo e sullefunzioni biologiche degli AGP, tanto che sarebbeimpossibile trattarli in modo adeguato in questobreve capitolo.

È sufficiente, in questa sede, elencare varie atti-vità attribuite ai diversi composti.

Acido linoleico. È il più abbondante AGP in natu-ra ed il più studiato fino ad un decennio fa. La suacarenza provoca nell’animale e nell’uomo (pochicasi osservati) rallentamento dell’accrescimento,alterazioni in vari organi (cute, fegato, sistemi ri-produttivi), e la comparsa del tipico marker bio-chimico di carenza, l’innalzamento del rapporto20:3 n-9/20:4 n-6 nei lipidi plasmatici e tissutali.Un apporto alimentare di almeno l’1% delle calo-rie è richiesto per prevenire la carenza, ma si va-luta che il fabbisogno adeguato sia nell’ordine del3% delle calorie, con valori superiori, fino al 5%,in gravidanza, durante l’allattamento, e nell’in-fanzia. Studi che iniziarono negli anni ’60 hannodimostrato che un incremento del consumo di ALal di sopra del 5% e fino al 10% delle calorie, so-prattutto se associato al contenimento del consumodi grassi saturi, provoca una riduzione della cole-sterolemia, importante fattore di rischio per la patologia aterosclerotica. Questo si associa anche

ad una minore tendenza delle piastrine ad aggre-gare e ad altre modificazioni favorevoli. Tuttavia,ricerche più recenti hanno valutato in modo piùconservativo il fabbisogno di AL, che non do-vrebbe superare il 4-5% delle calorie, aumentan-do invece il consumo di acidi grassi ω-3, siaALA, intorno all’1% delle calorie, che degli acidiω-3 a lunga catena (EPA e DHA), con quantitàcorrispondenti a 1-2 g/die.

Acido α-linolenico. Le fonti di ALA sono limitate,come emerge dalla tabella delle composizioni di olie grassi animali e vegetali. Tuttavia, in aggiunta adalcuni oli (ad es. colza e cartamo) che ne contengo-no quantità apprezzabili, fonti aggiuntive sono leparti verdi di varie verdure (spinaci, lattuga ecc.)ed i legumi, in cui l’ALA raggiunge concentrazionielevate (fino al 50%) del sia pur modesto contenu-to in lipidi totali (0,2-0,4% del peso fresco nelleverdure, 3-6% nei legumi).

Acidi grassi e malattia arterosclerotica. Una dietaricca in acidi grassi saturi aumenta il rischio di ma-lattia arteriosclerotica e sue complicazioni, mentreacidi grassi monoinsaturi (ad es. l’acido oleico) e po-linsaturi hanno un effetto ipocolesterolemizzante. Acausa di ciò si consiglia un apporto in grassi che nonsuperi il 30% delle calorie totali e che i grassi saturisiano il 10% delle calorie/giorno. L’effetto favore-vole dell’assunzione di olio di oliva sull’incidenzadell’arteriosclerosi sembra essere associato non soloall’azione ipocolesterolemica dell’acido oleico, ben-sì anche alla presenza delle sostanze fenoliche. Infat-ti si è osservato che queste ultime riducono l’ossida-bilità delle lipoproteine a bassa densità, diminuisco-no l’aggregazione piastrinica e la produzione di ei-cosanoidi e leucotrieni da parte dei leucociti.

L’osservazione, al termine degli anni ’70, che inpopolazioni con forte consumo di pesce, quali glieschimesi, la mortalità per patologia cardiovasco-lare fosse molto bassa, ha stimolato una gran moledi studi sui fattori protettivi nel pesce. Gli acidi n-3EPA e DHA rappresentano la componente più atti-va esplicando una serie di azioni su vari tipi di cel-lule e in vari sistemi biologici, che possono essereriassunte nella Tabella 12.4.

Gli effetti biologici degli ω-3 vengono in parteattribuiti alla modulazione della cascata degli ei-cosanoidi (minore formazione di metaboliti dell’a-cido arachidonico, produzione di eicosanoidi me-no attivi), ma sono state documentate anche azionia livello delle funzionalità di membrana (canali io-nici, enzimi di membrana ecc.), di processi meta-bolici (attività perossisomiali, sintesi e cataboli-

140 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 141

smo lipoproteico) e dell’espressione di proteine(riduzione della espressione di interleuchine ed al-tre citochine ecc.).

EPA e DHA possono essere introdotti mediante as-sunzione di pesce: si ritiene che, se consumato 2-3volte la settimana, questo alimento fornisca un ap-porto ottimale di tali composti. Ultimamente sonodisponibili preparazioni farmaceutiche arricchite inEPA e DHA (trigliceridi o esteri etilici), cosi comeprodotti commerciali integrati con tali acidi grassi(uova, pasta, pane ecc.), da utilizzare da parte dicoloro che non gradiscono il pesce.

Acidi grassi e patologia diabetica. Alla patologiadiabetica si accompagnano complicanze di tiponeurologico e vascolare: iperaggregabilità dellepiastrine, aumento della viscosità del sangue, ac-cresciuta adesività degli eritrociti. L’etiopatogenesidella neuropatia periferica nel paziente diabeticosembra coinvolgere una irrorazione deficitaria perun danno ipossico provocato da un ispessimentodella parete vasale e da una insufficiente produzio-ne di prostanoidi vasodilatatori, per carenza del-l’enzima Δ6-desaturasi. Questo enzima rappresentauna tappa critica nella conversione di acidi grassipolinsaturi in γ-linolenico (GLA), EPA e DHA,precursori delle prostaglandine della serie 3, vaso-dilatanti e antiaggreganti. Sulla base di queste os-servazioni, l’integrazione dietetica con acidi grassidelle serie ω-6 e ω-3 ha effetti favorevoli al ripri-stino della funzione motoria e sensoria.

Droghe di interesse farmaceutico per il loro contenuto lipidico

Serenoa

È data dai frutti di Serenoa repens (Bartram) Small[Sabal serrulata (Michaut) Nutall et Schultes] (Fam.

Palmaceae). Serenoa in onore a Sereno Watson, bo-tanico del Connecticut; repens, cioè che striscia, ri-ferito al rizoma; Sabal è il nome indigeno della pian-ta; serrulata, cioè seghettata, riferito alle foglie.Habitat. Florida, Alabama, Luisiana. Vegeta neiterreni sabbiosi subtropicali e nel meridione degliStati Uniti fino al Messico.Descrizione della pianta. Si tratta di una palma na-na alta circa 2 m con uno scapo ramoso avvolto inuna guaina fibrosa. Le foglie sono coriacee, pic-ciolate, profondamente incise e munite di aculeilungo i bordi. I fiori, di colore bianco, sono picco-li e riuniti in spadice. Il frutto è una bacca nerastraall’interno si trova un seme ellissoidale fatto di tes-suto bianco translucido (Fig. 12.15).Parti usate. Frutto.Raccolta e preparazione della droga. Il frutto viene raccolto quando è maturo, cioè quando ilsuo colore passa dal rossastro al nerastro. L’es-siccamento avviene in stufa ad una temperatura di45-50 °C.Descrizione della droga. La serenoa fa pensare,per dimensioni (2-3 cm di diametro) ed aspetto(ovoidale), ad una oliva nera raggrinzita. Presen-ta un pericarpo a parete sottile con un epicarpo ne-ro ed un endocarpo marrone. Ha un sapore primadolciastro e poi pungente e sgradevole. Il frutto di

Tabella 12.4 Principali azioni biologiche degli acidigrassi ω-3

• Sistema circolatorio – Attività antiaritmica– Vasodilatazione– Riduzione della pressione arteriosa– Attività antiaggregante piastrinica– Riduzione dei trigliceridi plasmatici

• Sviluppo e funzione del sistema nervoso centrale (in particolare della funzione visiva)

• Attività antinfiammatoria• Attività di modulazione immunitaria

Fig. 12.15 a Serenoa repens pianta e b frutti

a

b

S. repens può essere confuso con quello di Sabalpalmetto, detta “palma cavolo” che non è offici-nale.Componenti principali. Lipidi; polisaccaridi (28,2%)ad alto peso molecolare; flavonoidi (rutina, iso-quercitrina, kaempferolo ecc.); un olio essenziale(1,5%); acidi organici; fitosteroli (β-fitosterolo,camposterolo, stigmasterolo ecc.) ecc. I processidi essiccamento e conservazione provocano unaidrolisi parziale dei gliceridi con formazione diacidi grassi liberi e glicerina. I polisaccaridi, i gli-ceridi e gli steroli sembrano essere i responsabilidell’azione della serenoa nella ipertrofia prostaticabenigna.Proprietà ed impiego terapeutico. Studi condotti invitro su cellule epiteliali prostatiche mostrano chela serenoa inibisce la conversione del testosteronein diidrotestosterone, il metabolita responsabiledell’ingrossamento della ghiandola prostatica; inol-tre la serenoa impedisce al diidrotestosterone di le-garsi al suo recettore ed ostacola la proliferazionedi linee prostatiche tumorali. Questi meccanismi so-no per alcuni di scarso rilievo clinico; ciò nono-stante alcune revisioni sistematiche riferiscono chela serenoa allevia i segni ed i sintomi della ipertro-fia prostatica benigna (dolore nella minzione, flus-so urinario ridotto, nicturia, disuria ecc.). La sere-noa risulta comunque meno attiva dei farmaci pro-statici convenzionali (finasteride, antagonisti α-adrenergici), ma è meglio tollerata, non altera lafunzione sessuale e non modifica il PSA (antigeneematico specifico per la prostata). Nella maggiorparte degli studi clinici è stato utilizzato un estratto

lipido-sterolico di serenoa contenente l’80-90% diacidi grassi. Alcuni consigliano anche la droga inpolvere (0,5-1g/die).Effetti collaterali, tossicità. Studi post-marketingindicano che la serenoa è ben tollerata. Occasio-nalmente causa disturbi gastrointestinali (stipsi,diarrea).

Pruno africano

È dato dalla corteccia di Pygeum africanum(Fig. 12.16) Hook o Prunus africana (Fam. Rosa-ceae), un albero sempreverde che cresce spontaneo

142 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

È un ingrossamento della ghiandola prostatica chepuò rendere difficile la minzione. È frequente negliuomini con l’avanzare dell’età ed è probabilmentelegata alle variazioni di testosterone. I primi sintomisi hanno quando il soggetto ha difficoltà nell’urina-re. Successivamente la minzione si avverte come in-completa e si ha necessità di urinare spesso e di not-te. La diagnosi si esegue palpando la prostata subi-to davanti al retto (esplorazione rettale), misurandole dimensioni della prostata con una ecografia e ri-velando il tasso ematico dell’antigene prostaticospecifico (test del PSA). Se non ci sono complicazio-ni (ritenzione urinaria, sangue nelle urine, infezionedelle vie urinarie) l’IPB non richiede alcun tratta-mento; viceversa si ricorre alla finasteride (per ri-durre il volume della prostata) ed agli α-bloccanti(per rilasciare alcuni muscoli della prostata e facili-tare il passaggio dell’urina). Dei fitoterapici la Com-missione E tedesca consiglia la serenoa, l’ortica ed isemi di zucca.

Ipertrofia prostatica benigna (IPB)

Fig. 12.16 Pygeum africanum a pianta e b corteccia

a

b

Capitolo 12 • Droghe contenenti lipidi 143

nelle regioni montuose (1000-2500 m) e piovosedell’Africa occidentale (Ghana, Cameroun), Afri-ca orientale (Etiopia, Kenia, Uganda, Congo), Ma-dagascar e Sud Africa (Angola, Zambia, Zim-babwe). Il tronco è eretto, alto 30 m e più, ricopertodi una corteccia striata longitudinalmente, di colo-re che va dal rosso al bruno scuro. I rami sono pen-duli; le foglie opache o lucide, coriacee, di formaovale (lunghe 15 cm e larghe 5 cm), munite di pic-ciolo rosa o rosso; i fiori, di un colore bianco-cre-ma, sono piccoli e riuniti in grappoli penduli; i frut-ti sono acheni coriacei, di un colore rosso o rossoscuro (a maturazione).

La corteccia di P. africanum è stata utilizzata findai tempi antichi in Africa per curare problemi uri-nari (dolori della vescica, disturbi legati alla min-zione).

Il pruno africano contiene sostanze lipidiche(acidi grassi come palmitico, linoleico, oleico, stea-rico, beenico, miristico ecc.), steroli, sostanze ter-peniche (acido ursolico, idrossiursolico, oleanolicoecc.), alcoli ed eteri dell’acido ferulico, acido abie-tico, docosanolo, ecc.

La droga deve la sua attività soprattutto alla fra-zione lipidica, oltre che ai fitosteroli ed all’acidoabietico. Queste sostanze interfericono con lo svi-luppo della IPB. L’acido abietico e i triterpeni (aci-do ursolico ed oleanoico) potrebbero invece essereresponsabili dell’attività antiedemigena.

Una recente revisione degli studi clinici, relati-vi a 2262 pazienti, mostra che il pruno africano, sot-to forma di capsule molli contenenti lo 0,5% di n-docosanolo, allevia i sintomi associati all’IPB lie-ve e moderata. La dose consigliata è di 100 mg peros per 6-8 settimane. Il prodotto è ben tollerato; ra-ramente causa lievi effetti gastrointestinali.

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Aminoacidi

Gli aminoacidi presenti nelle piante sono circa 300,ma soltanto una ventina viene utilizzata per dar luo-go a peptidi, proteine e più in generale a sistemi en-zimatici necessari per catalizzare le reazioni bio-chimiche che avvengono nei vegetali. Alcuni ami-noacidi sono anche dei precursori di metabolitisecondari come gli alcaloidi, i glicosidi isotiocianatied i glicosidi cianogenetici, che verranno trattati aparte. Un certo interesse viene anche attribuito al-le lectine, altri composti naturali che derivano da-gli aminoacidi.

Lectine

Le lectine [dal latino lego, legere (lectum), legge-re, scegliere] sono proteine e/o glicoproteine capa-ci di legarsi ad un determinato zucchero sulla mem-brana cellulare, in un modo specifico e reversibile,senza svolgere attività enzimatica. Le lectine si tro-vano nelle piante, nel tuorlo d’uovo, in numerosi or-ganismi marini e nei mammiferi. Nelle piante su-periori le lectine sono localizzate nei semi: si for-mano durante la maturazione e scompaiono con lagerminazione. I semi di piante appartenenti alla fa-miglia delle Fabaceae ne sono particolarmente ric-chi. Molte lectine hanno la capacità di agglutinareglobuli rossi; alcune mostrano un’azione più spe-cifica mentre altre si comportano in modo aspeci-fico in quanto agglutinano eritrociti di più gruppisanguigni. Ad es., una lectina presente nei semi dilima (Phaseolus lunatus L.) agglutina in modo spe-cifico gli eritrociti del gruppo sanguigno A. Graziealle proprietà agglutinanti le lectine vengono uti-lizzate nella diagnosi dei gruppi sanguigni. Un’al-tra proprietà delle lectine è quella di stimolare la mi-tosi nei linfociti: è questo il caso della concanava-lina A, presente nei semi di Canavalia ensiformis

(L.) DL, che agisce in modo specifico sui linfocitiT. Le proprietà mitotiche di alcune lectine possonoessere utilizzate per differenziare le cellule norma-li da quelle tumorali. Alcune lectine sono piuttostotossiche se date per via parenterale in quanto nonvengono distrutte dagli enzimi del tratto gastroin-testinale; questo è il caso della abrina, presente neisemi di Abrus precatorius L., o della ricina, pre-sente nei semi di Ricinus communis L. L’intossica-zione si manifesta dopo 2-3 ore dalla ingestione convomito, diarrea emorragica e shock. Altre lectinepresentano invece interessanti proprietà farmaco-logiche; è questo il caso delle viscotossine e dellelectine presenti nel Viscum album.

Vischio bianco

È dato dalle foglie e dai rami di Viscum album L.(V. vulgare) Perk (Fam. Loranthaceae). Viscum, ri-ferito alla sostanza appiccicaticcia che si ricava daifrutti; album, per il colore bianco dei frutti; vulga-re, perché comune. Il vischio è stato utilizzato findai tempi antichi come ipotensivo, spasmolitico edantitumorale; comunque i primi studi scientifici ri-salgono alla seconda metà del XIX secolo, in se-guito alla iscrizione di questa droga nella 1a Far-macopea Tedesca del 1872.Habitat. Europa, dal mare alle colline, Africa set-tentrionale, Asia.Descrizione della pianta. Suffrutice sempreverdedi 30-40 cm, ramificato, con foglie sessili, oppo-ste, coriacee e fiori dioici, tetrameri, di circa 2 mm,di un verde-giallastro, riuniti in gruppi di 3-5 all’apice dei peduncoli in ombrelle. Il frutto è unabacca globosa, gelatinosa, semitrasparente, somi-gliante ad una perla (Fig. 13.1). È una pianta emi-parassita fornita di speciali radici (gli austori) chepenetrano nel legno degli alberi ospiti: vive su diverse piante come melo e pioppo (ssp. Platy-spermum, vischio delle lati foglie), abete bianco

AMINOACIDI, PEPTIDI ED ENZIMICapitolo

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(ssp. abietis, vischio dell’abete), pino, larice edabete (ssp. laxum, vischio del pino). Non va con-fuso con V. cruciatum (presenta bacche rosse) enemmeno con Castanea vesca, detta vischio quer-cino (presenta bacche gialle).Parti usate. Parte epigea della pianta (foglie e ra-metti).Raccolta e preparazione della droga. La raccolta sieffettua prima che si formino i frutti. Foglie e ramisi essicano, dopo che sono stati separati, ad unatemperatura di 40-50 °C.Descrizione della droga. Le foglie, opposte e privedi picciolo, larghe 1-2 cm e lunghe 4-5 cm, sono dicolore verde scuro, coriacee, a margine intero, diforma lanceolato-spatolata, con tre nervature cen-trali molto evidenti. I rami o virgulti sono dicoto-mi ed hanno una corteccia di colore verde-grigia-stro, sottile ed elastica.Componenti principali. Lectine; polisaccaridi (vi-scotossine); alcaloidi, terpenoidi (amirina ecc.);flavonoidi (quercitina ecc.) e flavoni; amine (ace-tilcolina, istamina ecc.); acidi grassi; acidi organi-ci (ferulico, caffeico ecc.). I principali componentiresponsabili delle azioni farmacologiche del vischiosono le amine, le lectine ed i flavonoidi.Proprietà ed impiego terapeutico. L’effetto ipoten-sivo del vischio è stato studiato in diverse specie ani-mali ed attribuito alla presenza nella droga di ace-tilcolina, tiramina, acido γ-aminobutirrico e di fla-voni. L’intimo meccanismo non è stato ancorachiarito, ma si sospetta che avvenga attraverso unastimolazione del parasimpatico ed una inibizione delcentro vasomotore. Del vischio sono state studiateanche le azioni immunostimolanti e citotossiche (an-titumorale) ed è stato osservato che preparati di vi-schio stimolano la fagocitosi e più in generale la ri-sposta immunitaria umorale e cellulare; inoltre sti-molano la sintesi di mediatori dell’infiammazione(TNF-α, IL-1, IL-6) con conseguente ridotta vitalitàdelle cellule tumorali e maggiore sensibilità di que-sta verso il processo apoptotico. Queste azioni ven-gono attribuite in gran parte alla presenza di lectinee di polisaccaridi presenti nei preparati finali. Nu-merosi trials clinici hanno valutato di recente la ef-ficacia del vischio in pazienti con tumori localizza-ti in organi e tessuti diversi (colon, stomaco, pol-mone, rene ecc.). Purtroppo questi studi non sonostati condotti con rigore scientifico e quindi, pur mo-strando risultati positivi, non consentono di trarreconclusioni sulla reale efficacia del vischio come an-titumorale. Ciò nonostante la Commissione E tede-sca lo consiglia come terapia palliativa in quanto mi-gliora la qualità della vita del paziente. La dose con-sigliata è di 2-6 g di droga essiccata oppure 1-3 ml

di estratto liquido (1:1 in 25% di alcol) 3 volte algiorno o 0,5 ml di tintura (1:5 in 45%). Si consigliaanche un succo ricavato per spremitura da piante di2 anni lasciato fermentare per 4-6 settimane in pre-senza di Lactobacillus plantarum e diluito alla finein modo da avere una soluzione al 10%. La fer-mentazione riduce significativamente la tossicitàdel prodotto.

La British Herbal Pharmacopoeia riporta le se-guenti dosi standard di Viscum album (da sommi-nistrare 3 volte al giorno):• Foglie essiccate: 2-6 g (o in infuso)• Tintura (1:5) (alcol 45%): 1-3 ml• Estratto fluido (1:1) (alcol 25%): 0,5 m• Estratto acquoso essiccato (4:1): 100-250 mgEffetti collaterali, tossicità. Il vischio può provocareleggera piressia, mal di testa ed una lieve leucocito-si, ma anche ipotensione ortostatica, rigonfiamentodei linfonodi ed aumento della pressione intracrani-ca se si prolunga nel tempo la terapia e si ricorre adosi elevate. È preferibile assumerlo solo dietro con-siglio medico. Inoltre non deve essere somministra-to a pazienti in terapia con farmaci cardiaci e con far-maci che agiscono sulla coagulazione del sangue.

146 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 13.1 Viscum album: ramo con foglie e frutti (R. Longo)

Capitolo 13 • Aminoacidi, peptidi ed enzimi 147

Enzimi di origine vegetale

Gli enzimi sono dei particolari composti di naturaproteica che possono essere localizzati in diversiorganuli cellulari (lisosomi, ribosomi, mitocondri,reticolo endoplasmatico ecc.) o diffusi in forma so-lubile nel citoplasma. Hanno la capacità di cata-lizzare, in maniera altamente specifica, reazioni divario tipo, indispensabili per la sopravvivenza de-gli organismi viventi, modulandone la velocità el’intensità. Nei tessuti gli enzimi agiscono coordi-natamente, accelerando in maniera controllata lasequenza dei vari passaggi delle reazioni chimiche,il cui insieme costituisce il metabolismo degli esseri viventi.

Strutturalmente gli enzimi sono costituiti daaminoacidi legati tra loro con legame peptidico e di-sposti secondo una sequenza che è definita a livel-lo genico e che determina la funzione dell’enzima.Oltre alla componente proteica, molti enzimi, perpoter espletare la loro funzione, richiedono la pre-senza di una parte non proteica (cofattore) che puòessere costituita da ioni metallici o molecole orga-niche a basso peso molecolare; queste ultime, quan-do sono legate alla parte proteica con legami cova-lenti o legami di coordinazione, prendono il nomedi gruppi prostetici.

I coenzimi sono molecole organiche, derivateprincipalmente da vitamine del gruppo B, che par-tecipano al processo catalitico insieme all’enzima.Il complesso proteina-cofattore o coenzima è chia-mato oloenzima, mentre la sola parte proteica pren-de il nome di apoenzima.

Anche se un sempre più vasto numero di pato-logie viene attribuito alla carenza di un qualche en-zima specifico, l’impiego in terapia degli enzimi èmolto limitato, in quanto la mancanza di un enzi-ma raramente può essere ovviata dalla sommini-strazione dello stesso: ciò a causa sia del fatto chegli enzimi per agire devono essere incorporati inparticolari strutture od organuli delle cellule in cuidifficilmente riescono a penetrare se somministra-ti per via sistemica, sia per la natura stessa dell’en-zima. Infatti, essendo di natura proteica, gli enzimi,somministrati per via orale, possono essere inatti-vati dall’acidità del succo gastrico o dagli enzimipresenti nel tratto gastrointestinale. Se sommini-strati per via parenterale possono indurre reazioniantigeniche con manifestazioni allergiche o con for-mazione di anticorpi specifici che ne determinanol’inattivazione.

In terapia gli enzimi vengono adoperati princi-palmente per:

– correggere le insufficienze digestive determina-te da ridotta secrezione del pancreas esocrino(ad es. fibrosi cistica);

– lisare trombi vascolari attivando la fibrinolisi;– facilitare la cicatrizzazione di ferite ed ulcere

torpide per solubilizzazione del materiale ne-crotico;

– prevenire le aderenze peritoneali e la formazio-ne di briglie cicatriziali;

– trattare stati infiammatori;– trattare alcune forme leucemiche.

La maggior parte degli enzimi adoperati nel-l’industria è di origine batterica o fungina. Solo al-cuni vengono ricavati da piante superiori o tessutianimali, ed in quest’ultimo caso sono ottenuti co-me sottoprodotti della macellazione.

Per la produzione di enzimi da microrganismipossono essere adoperate tecniche di colture in su-perficie o, molto più comunemente, di colture som-merse in fermentatore.

Misura dell’attività enzimatica

L’attività enzimatica viene espressa in unità e laEnzyme Commission of International Union of Bio-chemistry (IUB) ha definito una unità enzimatica(UE) come la quantità di enzima necessaria per tra-sformare una micromole di substrato in un minuto,a 25 °C ed in condizioni ottimali di concentrazionedi substrato e di pH. Il numero di unità di attività en-zimatica presenti in 1 mg di preparazione enzimati-ca rappresenta l’attività specifica dell’enzima.

Successivamente, dalla stessa IUB è stato rac-comandato l’uso di una nuova unità di attività en-zimatica denominata katal (kat) definita comel’attività enzimatica che catalizza la trasforma-zione di una mole di substrato in 1 secondo. Unkat è uguale a 63.107 U. Poiché l’attività di un katal è troppo elevata per i comuni usi industria-li, di norma l’attività è espressa in microkatal(mkat) e nanokatal (nkat) che determinano rispet-tivamente la trasformazione di una micromole o diuna nanomole di substrato in un secondo (Ph. Eur.,IV ed. 2003).

Amilasi

Enzimi capaci di catalizzare la depolimerizzazionedell’amido e del glicogeno, sono molto diffusi innatura e possono essere ottenuti da cereali trasfor-mati in malto, pancreas di bovini e suini, colturebatteriche o fungine.

In base al legame glucosidico che idrolizzano,vengono divisi in α-amilasi, β-amilasi e glucoami-lasi.

Le α-amilasi, dette anche endoamilasi in quan-to scindono la macromolecola nella parte mediana,idrolizzano il legame α-D-1-4-glucosidico in ma-niera casuale dando luogo a destrine contenenti le-gami 1-6 glucosidici (come nel caso dell’idrolisidell’amilopectina, componente ramificato dell’a-mido), oligosaccaridi e monosaccaridi. Sono pre-senti nella saliva umana (ptialina), nel pancreas deimammiferi, nel malto di orzo, e sono prodotte dacolture di Bacillus subtilis amyloliquefaciens e sac-charolyticus, Aspergillus candidus, Aspergillus ory-zae, Pseudomonas saccharophyla.

Le α-amilasi sono dei metallo-enzimi che richie-dono un atomo di calcio legato saldamente ad ognimolecola proteica per una ottimale attività e stabilità.

Le β-amilasi, presenti praticamente solo nei ve-getali, idrolizzano il legame α-D-1-4-glucosidicosolo all’estremità non riducente della catena glu-cosidica, per cui sono dette anche esoamilasi, at-taccano il substrato all’inizio della catena e stacca-no due molecole di glucosio sotto forma di β-mal-tosio. Le β-amilasi si ottengono dal malto di orzo,semi di soia, patate dolci, grano, segale.

Le glucoamilasi, o isoamilasi, sono degli enzi-mi deramificatori, in quanto scindono i legami siaα-D-1-4 che α-D-1-6 glucosidici nel punto di ra-mificazione delle molecole polisaccaridiche. Ini-zialmente identificati in diversi microrganismi, so-no presenti anche in tessuti animali, specie nel fe-gato. Industrialmente si ottengono principalmenteda Rhizopus spp., Aspergillus niger, Saccharomy-ces diastaticus e Clostridium acetobutyricum.

Altri enzimi capaci di scindere il legame α-D-1-6-glucosidico sono gli R-enzimi [α-D-(1-4)(1-6)-glucan 6-glucanoidrolasi] che si ritrovano in diver-si tessuti vegetali e vengono estratti principalmen-te da Vicia faba e da cereali non germinati; leamilo-(1-6)-glucosidasi, ottenute dai muscoli sche-letrici e le isoamilasi [α-D-(1-4)(1-6)-glucan 6-glucanohydrolasi], simili agli R-enzimi, vengonoisolate da funghi e lieviti.

Gli enzimi amilolitici vengono adoperati in te-rapia per la pre-digestione dei glucidi e, associati adaltri enzimi digestivi, nella ridotta secrezione di sa-liva, ipochilia gastrica o intestinale, insufficienzapancreatica e nelle insufficienze digestive per ga-stroresezione.

Le amilasi trovano impiego nell’industria ali-mentare (preparazione del pane, birra), per la pro-duzione di glucosio e nella fabbricazione di carta etessuti.

Enzimi proteolitici

Bromelaina

La bromelaina è costituita da una miscela di enzi-mi proteolitici presenti nel fusto e nei frutti maturied immaturi di Ananas comosus (L.) Merr. (Fam.Bromeliaceae). Industrialmente viene prodotta perpressione in appositi mulini dei fusti maturi e pri-vi di foglie, prelevati dopo la raccolta dei frutti. Dalsucco, per filtrazione e successiva purificazione conacetone, si ottiene l’enzima.

È una polvere di colore beige scuro, scarsamentesolubile in acqua, che in 1 mg deve contenere 2500unità Rorer o 3,75 unità FIP.

Una unità Rorer di attività proteasica è la quan-tità di enzima che idrolizza un substrato standarddi caseina a pH 7 ed a 25 °C in modo da determi-nare un aumento dell’assorbanza a 280 nm di0,00001/min.

Una unità FIP di attività di bromelaina corri-sponde alla quantità di preparazione standard cheidrolizza un substrato di caseina ad una velocità ini-ziale tale che la quantità di peptide, non precipita-bile con uno specifico reattivo precipitante le pro-teine, liberato in un minuto, dà a 275 nm la stessaassorbanza di 1 mole di tirosina.

La bromelaina è adoperata per il trattamento lo-cale o sistemico di flogosi ed edemi dovuti in par-ticolare a traumi, interventi chirurgici o processitromboembolici.

Ficina

È un enzima che si ottiene dal latice di diverse spe-cie del genere Ficus, in particolare Ficus carica, F.insipida Wild. e F. glabrata L. (Fam. Moraceae).Il latice viene ottenuto per incisione del tronco; vie-ne quindi filtrato e sottoposto a concentrazione si-no ad ottenere una polvere fortemente irritante, dicolore bruno ed odore acre. La ficina, come la pa-paina, ha un tio-gruppo libero che è essenziale perl’attività proteolitica. Si ricorda poi che il frutto edi semi di Ficus possono essere utilizzati nel tratta-mento sintomatico della stipsi.

Papaina

La papaina è ottenuta dal latice dei frutti imma-turi di Carica papaya L. (Fam. Caricaceae). Il pericarpo del frutto viene inciso superficialmenteed il latice viene fatto colare in contenitori nei qua-li è coagulato per agitazione. Il latice è essiccato

148 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 13 • Aminoacidi, peptidi ed enzimi 149

alla temperatura di 50-55 °C sino a contenere cir-ca il 5-8% di acqua. È una polvere granulare oamorfa di colore bianco o grigiastro, parzialmen-te solubile in acqua, con odore caratte ristico. Secondo la Farmacopea Statunitense (USP), la papaina deve contenere non meno di 6000 UE per mg.

La papaina è in realtà una miscela di enzimi pro-teolitici, costituita principalmente da papaina e chi-mopapaina, che idrolizza specialmente polipeptidicontenenti aminoacidi basici, leucina e glicina. Èadoperata nelle insufficienze digestive e per ri-muovere i depositi proteici dalla superficie dellelenti a contatto.

La chimopapaina differisce dalla papaina per lamobilità elettroforetica, la solubilità e la specificitàper il substrato. Viene adoperata per la chemionu-cleolisi (asportazione del nucleo polposo dei dischiintervertebrali prolassati), per il trattamento delleernie dei dischi intervertebrali lombari, in quanto at-tacca la frazione proteoglicanica del nucleo polpo-so, senza ledere il collagene. La dose raccomanda-ta è di 3-5 nkatal per disco, con un massimo di 10nkatal per soggetto.

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I terpeni, o terpenoidi, sono composti presenti so-prattutto nelle piante aromatiche, cioè ricche di oliessenziali. Derivano dalla condensazione di unitàisopenteniliche a 5 atomi di carbonio, strettamentecorrelate all’isoprene: per questo sono denominatianche isoprenoidi. Le unità isopreniche risultanolegate in modo testa-coda nella struttura terpenoi-dica e a seconda del numero di queste unità si par-la di monoterpeni (2 unità), sesquiterpeni (tre unità),diterpeni (quattro unità), triterpeni (sei unità), te-traterpeni o carotenoidi (otto unità). L’isoprene de-riva dall’acetato attraverso la via dell’acido meva-lonico, il quale, prima di prendere parte a reazionibiosintetiche, viene trasformato in isopentenil pi-rofosfato, che rappresenta l’isoprene “attivo”, cioèil nucleo di base presente nelle strutture terpeniche.

A parte i terpenoidi, in natura esistono altri com-posti detti meroterpenoidi, formati da unità iso-preniche ed unità non isopreniche. Meroterpenoidisono ad es. gli alcaloidi della segale cornuta, la chi-nina, i cannabinoidi, i tocoferoli (vitamina E), i fil-lochinoni (vitamina K).

I terpenoidi, di cui sono state isolate circa 20.000strutture, comprendono il gruppo più vasto di pro-dotti naturali presenti nelle piante, dove sembranosvolgere un ruolo importante nelle interazioni pian-ta-pianta, pianta-animale e pianta-microrganismo.Sono note: strutture “regolari”, presenti negli oli es-senziali; strutture “irregolari”, che partecipano allaformazione delle piretrine e alla composizione di al-cuni oli essenziali delle Asteraceae; strutture cicliz-zate in metilciclopentani (iridoidi).

In campo umano trovano applicazione comeagenti terapeutici in diversi tipi di patologie del-l’apparato respiratorio, gastrointestinale e nervoso.

I monoterpeni, di cui sono note più di millestrutture, sono stati isolati quasi tutti da piante su-periori (Asteraceae, Lauraceae, Lamiaceae, Gentia -naceae, Scrofulariaceae ecc.), ma si trovano anchein organismi marini e, occasionalmente, in secretidi insetti. Queste sostanze volatili e di odore in-

tenso, componenti principali degli oli essenziali,sono responsabili del sapore e della fragranza dimolte piante aromatiche; la loro principale fun-zione consiste nella facilitazione dell’impollina-zione e nella protezione da insetti e da infezionimicrobiche. L’utilizzo in campo terapeutico è li-mitato alla preparazione di balsami, antisettici,amari, spasmolitici, sedativi. In campo farmaceu-tico si utilizzano anche per migliorare l’odore edil sapore dei me di ca men ti, mentre in campo ali-mentare si usano per aromatizzare il cibo e renderequesto più appetibile e digeribile. Un vasto cam-po di applicazione è rappresentato poi dalla pro-fumeria.

TERPENICapitolo

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Le piante aromatiche, ricche in oli essenziali, sonostate usate fin dai tempi antichi per le loro proprietàantibatteriche e per conferire aroma e sapore al cibo.Nell’antico Egitto con le piante aromatiche si imbal-samavano i cadaveri per arrestare la crescita batteri-ca e prevenire l’imputridimento. Ippocrate, conside-rato il padre della medicina, prescriveva suffumigicon piante aromatiche. Le proprietà farmacologichedelle piante aromatiche sono in parte attribuite aglioli essenziali, indicati per la prima volta con il termi-ne “quinta essenza” da Paracelso nel XVI secolo. Lamaggior parte delle piante aromatiche è usata per lapreparazione di infusi (menta, arancio ecc.) e di for-me officinali e/o magistrali. Diverse piante aromati-che vengono anche utilizzate per preparare oli es-senziali di interesse terapeutico (come antisettici peruso esterno) oppure per aromatizzare medicinali peruso orale. Comunque, a partire dalla seconda metàdel XX secolo, gli oli essenziali sono stati utilizzati so-prattutto in profumeria, cosmetica e nel settore ali-mentare per aromatizzare dolci, salse, salumi, prodot-ti caseari, bevande ed altro. Da alcuni anni i compo-nenti degli oli essenziali vengono utilizzati per la sin-tesi di sostanze per uso farmaceutico, di vitamine e disostanze profumate (vedi ad es. il safrolo, estratto daspecie di Cinnamomum ed utilizzato per sintetizzarel’eliotropina, sostanza impiegata in profumeria).

Cenni storici

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I monoterpeni possono essere classificati in ba-se al loro grado di ossidazione in idrocarburi (li-monene, pinene), alcoli (geraniolo, linalolo e men-tolo), aldeidi (citrale e citronellale), chetoni (tujo-ne, canfora e mentone), eteri (eucaliptolo) e fenoli(timolo e carvacrolo). L’isomeria ottica è una ca-ratteristica comune ed alcuni composti come il car-vone possono essere presenti in più di una forma ot-ticamente attiva. Un discreto numero di monoter-peni è stato rinvenuto nelle piante non solo allostato libero, ma anche in forma di glicosidi (ad es.geranil glucoside).

I diterpeni, a parte quelli triciclici presenti neltasso, raramente trovano applicazione in campo te-rapeutico nonostante siano dotati di proprietà far-macologiche: si veda ad es. la forskolina (Coleusforskolii) con proprietà antipertensive; la prostrati-na (Homalanthus mutans) con proprietà antiretrovi-rali; il tanshinone ed il miltirone (Salvia miltiorrhi-za) interessanti nel trattamento di disturbi cardiacie dell’alcolismo; il boriatriolo (Sideritis mugronen-sis) con proprietà analgesiche ed antiflogistiche, op-pure lo stevioside (Stevia rebaudiana), con proprietàdolcificanti. Alcuni diterpeni sono invece dei potentiveleni e le specie vegetali che li contengono sonopericolose sia per l’uomo che per gli animali, comead es. alcune Ericaceae, Euphorbiaceae e Thyme-laceae che contengono esteri del forbolo (Crotonflavens) ed alcune Asteraceae che contengono car-bossiatractiloside (Atractylis gummifera) ed alcunepiante del genere Rhododendron. Altri, come la sal-vinorina (Salvia divinorum), si comportano da allu-cinogeni. Il ruolo fisiologico dei diterpeni non è deltutto noto. A parte le gibberelline, che stimolano lacrescita, alcuni sembrano svolgere un ruolo protet-tivo contro i predatori mentre altri, essendo dei co-stituenti dei rivestimenti del fogliame, potrebbero li-mitare la perdita di acqua.

I triterpeni, di cui sono note più di 4000 strut-ture, sono composti a 30 atomi di carbonio che ori-ginano dalla ciclizzazione dell’epossidiidrosquale-ne o direttamente, anche se raramente, dallo squa-lene. Presentano una omogeneità strutturale tra diloro e con gli altri steroidi considerati dei triterpe-ni tetraciclici, dai quali è possibile differenziarli sol-tanto considerando la biosintesi. I triterpeni trova-no applicazione come agenti terapeutici in diversitipi di patologie dell’apparato respiratorio, ga-strointestinale e nervoso.

I sesquiterpeni, assieme ai monoterpeni, sonodei comuni costituenti degli oli essenziali e pertantopossono contribuire alle proprietà farmacologiche at-tribuite a questi prodotti, come nel caso del bisabo-lolo, presente nell’olio di camomilla, o del gossipo-

lo, presente nei semi di diverse specie di Gossypium.Un gruppo di sesquiterpeni è caratterizzato dalla pre-senza di un g-lattone. Ai sesquiterpeni appartengo-no anche gli azuleni, composti instabili di colore blu.Oltre che nelle piante superiori i sesquiterpeni sonopresenti negli organismi marini, nei microrganismi enegli insetti; diverse micotossine sono di natura se-squiterpenica (ipomeamarone, tricoteceni).

I terpeni sono presenti in tutte le droghe che con-tengono oli essenziali.

Essenze o oli essenziali

Sono prodotti volatili di composizione chimicacomplessa, presenti in più di 17.000 piante appar -tenenti ad un numero limitato di famiglie: Apia-ceae, Asteraceae, Cupressaceae, Lamiaceae, Lau-raceae, Myrtaceae, Piperaceae, Poaceae, Ruta-ceae, Zingiberaceae. Nella stessa pianta l’olioessenziale può avere una compo sizione diversa aseconda dell’organo in cui è localizzato. Ad es.l’olio di cannella, che si ricava dalla corteccia deltronco e dei rami di Cinnamomum zeylanicum L.,contiene il 65-75% di aldeide cinnamica, quelloche si ricava dalle foglie contiene il 90% circa dieugenolo e quello che si ottiene dalla cortecciadelle radici contiene prevalentemente canfora.Così pure, nel caso dell’arancio amaro (Citrus au-rantium L., ssp. aurantium), il pericarpo del frut-to si utilizza per preparare l’essenza di arancioamaro (essenza di Bigarade), i fiori per produrrel’essenza di neroli, e le foglie, i ramoscelli ed ipiccoli frutti per ottenere, per distillazione in cor-rente di vapore, il petitgrain oil: questi tre oli es-senziali presentano una diversa composizione chi-mica. Possono esistere poi, per la stessa pianta, deichemiotipi diversi associati ad una diversa com-posizione dell’olio essenziale: del timo (Thymusvulgaris L.), ad es., si conoscono 7 chemiotipi dif-ferenti a seconda del composto dominante (timo-lo, carvacrolo, linalolo, terpineolo, geraniolo, tuja-nolo, cineolo). Così pure di Pimenta racemosa(Miller) J. Moore, var. racemosa, si conoscono trechemiotipi: un tipo clove, ricco in eugenolo (36%)e cavicolo, un tipo lemon, ricco in geraniale (40%)e nerale (30%) ed un tipo anis, ricco in metileu-genolo (48%) ed estragolo (37%).

La composizione dell’olio essenziale può poivariare in funzione del ciclo vegetativo [nel co-riandolo (Coriandrum sativum L.), ad es., la quan-tità di linalolo è più alta del 50% nel frutto matu-ro che in quello immaturo] ed è influenzata da fat-tori ambientali come la temperatura, l’umidità e la

152 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 14 • Terpeni 153

durata del giorno (Tabella 14.1). Questo avviene soprattutto in quelle piante i cui organi di deposito(ad es. i tricomi ghiandolari delle Lamiaceae) sonosuperficiali. Quando questi organi sono più profon-di la composizione dell’olio essenziale è più co-stante. È inoltre influenzata dalle tecniche di colti-vazione, dalla composizione del terreno (presenzadi Na, P e K) e dal metodo di preparazione (duran-te la distillazione in corrente di vapore, ad es., l’ac-qua, l’acidità e la temperatura possono indurre rea-zioni di idrolisi, isomerizzazione, racemizzazione,ossidazione, modificando la composizione chimicainiziale dell’olio). Gli oli essenziali si ottengonomediante distillazione semplice o in corrente di vapore, o mediante procedimenti di spremiturameccanica o per estrazione con solventi opportuni(vedi Cap. 7).

Alcuni oli essenziali non possono essere uti-lizzati allo stato naturale (come ottenuti dal mate-riale vegetale), in quanto contengono sostanze diodore non gradevole o composti che risultano ir-ritanti per la pelle. In questo caso devono esserepurificati tramite la tecnica della distillazione fra-zionata che consente di isolare una singola so-stanza chimica da una miscela. Spesso le essenzevengono deterpenate: questo perché i monoterpe-ni sono irritanti per la cute e sono particolarmen-te instabili in quanto vanno incontro a processi diossidazione e di polimerizzazione con conseguentivariazioni delle caratteristiche organolettiche delprodotto. Le essenze deterpenate hanno general-mente un maggior potere battericida ed una mag-giore stabilità chimica.

Dal punto di vista quantitativo i livelli di olio es-senziale sono sempre piuttosto bassi, spesso ancheal di sotto dell’1%.

Gli oli essenziali hanno carattere lipofilo, sonopoco solubili in acqua, solubili in solventi organi-ci; generalmente sono liquidi a temperatura am-biente, ma non mancano esempi di oli essenzialisolidi a temperatura ambiente (canfora); rifrango-no la luce e sono otticamente attivi. Alcuni pre-sentano alla luce UV un colore e un grado di fluo-rescenza caratteristici.

Le famiglie botaniche comprendenti piante adalto contenuto in oli essenziali sono: Asteraceae(camomilla), Lauraceae (canfora), Apiaceae (aniceverde), Rutaceae (limone), Liliaceae (aglio), Ma-gnoliaceae (anice stellato), Cupressaceae (gine-pro) e Pinaceae (pino).

L’origine biochimica delle essenze dipende dal-la loro struttura: gli idrocarburi hanno origine dalmetabolismo dei carboidrati tramite processi di ossidazione, riduzione, idratazione ecc., mentre i

Tabella 14.1 Influenza dei fattori ambientali sulla com-posizione dell’olio essenziale: alcuni esempi

Mentha piperita L. Giornate lunghe e notti umide in-crementano la produzione di olio dimenta ed i livelli di mentofurano. Alcontrario notti fredde incrementanola formazione di mentolo

Laurus nobilis L. Le foglie esposte a sud contengonouna maggiore quantità di olio ri-spetto a quelle esposte al nord

Citrus spp. La quantità di olio è tanto maggiorequanto più alta è la temperatura delluogo

È una pratica che sfrutta le proprietà salutistiche eterapeutiche delle piante aromatiche e degli oli es-senziali. Il termine “aromaterapia” venne coniato nel1928 dal francese René-Maurice Gattefossé; il suointeresse per gli oli essenziali ed il loro impiego inmedicina fu tale da indurlo nel 1937 a scrivere unlibro su questo argomento dal titolo Aromathéra-pie: le huiles essentielles hormones végétales. Co-munque l’uso di piante aromatiche per ottenerebenefici sia fisici che psichici è molto antico. I cine-si furono i primi a scoprire le proprietà salutistichedelle piante aromatiche; inoltre usavano bruciareincenso per creare armonia ed equilibrio tra il cor-po, la mente e l’ambiente. Gli egiziani, molto pro-babilmente, praticavano una rudimentale estrazio-ne di oli essenziali che utilizzavano per curare ma-lattie, temprare il corpo, imbalsamare cadaveri edinoltre per ottenere buoni auspici durante le ceri-monie religiose. Ad Heliopolis era in uso, ad es., bru-ciare un miscuglio di erbe aromatiche (Kiphi) inonore di Ra, il dio del sole, affinché egli facesse sor-gere il sole anche il giorno seguente. Le virtù dellepiante aromatiche erano note anche agli antichigreci e romani che le utilizzavano per risolvere so-prattutto affezioni respiratorie. Presso costoro erain uso una preparazione a base di mirra ed olio fis-so (Megaleion) che serviva come profumo e per cu-rare infiammazioni cutanee e ferite. Con il persianoAvicenna, nell’XI secolo, e con l’abate tedesco Ilde-gardo, nel XII secolo, si ottengono i primi oli es-senziali tra cui quello di lavanda. A Paracelso sem-bra che si debba il termine “essenza” e lo studio accurato delle piante aromatiche come medicine.Durante il XX secolo le conoscenze dei componen-ti degli oli essenziali verranno sfruttate per crearefarmaci di sintesi. Gli oli essenziali sono dei princi-pi attivi puri, pertanto devono essere utilizzati conestrema prudenza: non devono essere applicatisulla cute come tali ma diluiti; possono causare reazioni allergiche; sono sconsigliati durante la gra-vidanza, in soggetti asmatici ed epilettici e neibambini; non tutti gli oli essenziali sono adatti perl’uso in aromaterapia; non vanno presi interna-mente; sono infiammabili.

Aromaterapia

terpeni contengono la struttura di base dell’isopre-ne (C5H8); altri composti possono derivare dagliaminoacidi.

Le funzioni biologiche che vengono riconosciu-te agli oli essenziali, pur rimanendo piuttosto oscu-re, riguarderebbero in particolare la possibilità diinterazione pianta-pianta o anche pianta-animale(sia in senso positivo come l’attrazione per le spe-cie impollinatrici, sia in senso negativo come pro-tezione contro agenti infestanti). È stato ipotizzatoanche un ruolo degli oli essenziali nella rimargina-zione delle ferite o come agenti nutritizi di riserva:certamente non sono da considerarsi prodotti di ri-fiuto della pianta.

L’attività farmacologica dell’olio essenziale nondeve essere confusa con quella della pianta di pro-venienza. Ad es. l’olio essenziale di rosmarino è unagente antibatterico mentre la pianta si usa tradi-zionalmente sotto forma di infuso nelle dispepsie,per le sue proprietà spasmolitiche e coleretiche, ri-conducibili probabilmente alla presenza di fenoli.Inoltre, mentre è semplice definire la farmacologiadi un monoterpene o di un sesquiterpene isolato epurificato, è complicato, se non impossibile, fare lostesso per un olio essenziale, che è una miscela dipiù sostanze. Le potenziali azioni farmacologichefondamentali degli oli essenziali sono qui di segui-to schematizzate:(i) azione antibatterica: numerosi studi indica-

no che diversi oli essenziali (di timo, origa-no, santoreggia, cannella ecc.) si comportanocome agenti antibatterici nei confronti di di-versi microrganismi (Listeria, Salmonella,Shigella, Bacillus, Escherichia ecc.), anche diquelli resistenti ai classici antibiotici: Pseu-domonas aeruginosa, Klebsiellae e Steno-trophomonas maltophilia, resistenti agli ami-noglicosidi; Staphylococcus aureus, resisten-te alla meticillina; Enterococci, resistenti aiglicopeptidi; ecc. Alcuni oli essenziali sonoanche attivi contro funghi, responsabili dimicosi e lieviti (Candida). Molti agenti anti-batterici oggi in uso in ambito ospedaliero, ol-tre ad avere una limitata azione, possono dan-neggiare la cute delle mani, principale veico-lo di patogeni, e modificare la microflorabatterica, incrementando il rischio di tra-smissione di microrganismi patogeni. Alcunistudi riferiscono che l’uso di preparati conte-nenti l’olio essenziale di tè non causa pro-blemi dermatologici, non modifica la florabatterica presente sulla cute ed è efficacecontro microrganismi resistenti agli antibio-tici. Gli oli essenziali potrebbero essere usa-

ti non solo in alcune infezioni respiratorie erenali (polmoni e reni sono gli organi mag -giormente coinvolti nei processi di elimina-zione degli oli essenziali; a livello respirato-rio gli oli essenziali svolgono anche un’azio-ne espettorante ed analettica), bensì anche nelcontrollare le infezioni da Helicobacter pylo-ri e nel prevenire la placca dentaria ed infe-zioni del cavo orale. Il meccanismo con ilquale gli oli essenziali inibiscono i microrga-nismi è, almeno in parte, dovuto alla loroidrofobicità che consente loro di penetrarenello strato lipidico della membrana cellula-re, renderla più permeabile e quindi espostaalla perdita di sostanze vitali per la cellulabatterica. Il deterioramento dei sistemi enzi-matici della cellula batterica potrebbe essereun altro meccanismo. Composti come timo-lo, carvacrolo, citrale, geraniolo e linalolo so-no dei potenti antisettici, più attivi (da 5 a 20volte) del fenolo. Le dosi richieste per l’atti-vità antibatterica sono generalmente basse e quelle determinate in esperimenti in vitro sono quelle indicate per l’uso esterno.

(ii) azione antivirale: alcuni oli essenziali, comequelli di artemisia (Artemisia arborescens),melissa (Melissa officinalis), menta (Menthapiperita), eucalipto (Eucaliptus globulus), diSantolina insularis e di Lippia junelliana e tur-binate, si sono dimostrati efficaci nell’ostaco-lare le infezioni da Herpes simplex (di tipo I eII). Le infezioni da Herpes sono piuttosto co-muni e mostrano una certa resistenza nei con-fronti di antivirali di sintesi (aciclovir). Pertan-to gli oli essenziali potrebbero rappresentareuna valida alternativa ai farmaci antivirali disintesi, anche perché meno tossici. L’olio es-senziale inattiva direttamente le particelle vira-li, prevenendo l’assorbimento di queste da par-te della cellula ospite; inoltre è in grado di ini-bire la glicosilazione dei polipeptidi virali.

(iii) azione antiossidante: diversi oli essenziali (dibasilico, cannella, noce moscata, origano, ti-mo, chiodi di garofano, melaleuca, menta, me-lissa, salvia, achillea) manifestano azione an-tiossidante in diversi test sperimentali, graziealla presenza in essi di sostanze quali timolo,carvacrolo, nerale, geraniale, citronellale, ter-pinene e 1,8-cineolo. Pertanto, come potenzialiantiossidanti naturali, gli oli essenziali potreb-bero entrare nella composizione di integratorialimentari da utilizzare sia nella prevenzionedello stress ossidativo che di molte malattie degenerative.

154 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 14 • Terpeni 155

(iv) azione transdermica: la cute è una via di som-ministrazione per molti farmaci che assunti per os non sono assorbiti o non superano labarriera gastrica. Il problema però è superarelo strato corneo, cioè lo strato più esterno delmantello cutaneo. Gli oli essenziali (di basili-co, niaouli, eucalipto, chenopodio ecc.) ed al-cuni componenti (mentolo, cineolo, limoneneecc.) allo stato puro, da soli o addizionati adacidi grassi (acido oleico), incrementano lapermeabilità cutanea facilitando il trasporto dicomponenti attivi dall’esterno all’interno del-l’organismo. Quest’azione potrebbe esseresfruttata in tecnica farmaceutica per la prepa-razione di farmaci per uso topico. Inoltre, gra-zie all’elevato potere di penetrazione, gli oli es-senziali incrementano il flusso sanguigno neicapillari, promuovono una sensazione di calo-re e provocano una lieve anestesia. Per questeragioni gli oli essenziali sono presenti in lini-menti, creme ed unguenti utilizzabili nei casidi distorsione, strappi e dolori articolari. Pervia interna si comportano invece da irritanti;incrementano la motilità delle cellule epitelia-li dei bronchi e quindi entrano nei preparatiespettoranti; inoltre stimolano la diuresi.

(v) azione spasmolitica: diversi studi eseguiti in vitro hanno mostrato che alcuni oli essenziali(di angelica, basilico, camomilla, menta, timo,chiodi di garofano) riducono le contrazionidell’ileo isolato di cavia o della catena tra-cheale. L’ipotesi formulata è che quest’azio-ne sia riconducibile ad una inibizione dei ca-nali del calcio. Ad ogni modo questi risultatilasciano ipotizzare un impiego degli oli es-senziali come spasmolitici. Comunque gli oliessenziali stimolano la secrezione gastrica,facilitano la digestione e possono risultareutili nella dispepsia e migliorare l’insonnia edil nervosismo che spesso accompagnano unacattiva digestione.

(vi) azione antitumorale: è ben noto che gli oli es-senziali ed i monoterpeni esercitano attivitàchemioterapica in diversi modelli di tumorisperimentali. La loro azione si basa essenzial-mente su due approcci: chemioprevenzione echemioterapia. La chemioprevenzione riguar-da la fase iniziale della carcinogenesi e cioè laprevenzione della interazione carcinogeno/DNA, grazie alla induzione degli enzimi del-la fase I e II che detossificano il carcinogeno.La chemioterapia riguarda la fase di promo-zione e cioè inibizione della proliferazionedella cellula tumorale. Diversi studi hanno

mostrato che alcuni monoterpeni ed alcune so-stanze fenoliche (miristicina, citrale, timochi-none, limonene, mircene) presenti negli oli es-senziali di Miristica fragrans, Nigella sativa,Citrus aurantium, Foeniculum vulgare mani-festano l’attività chemiopreventiva e chemio-terapica in modelli sperimentali di carcinoma.Anche i composti sulfurei volatili dell’olio es-senziale d’aglio (diallilsulfide, diallildisulfideecc.) rappresentano un potenziale gruppo diagenti chemiopreventivi e chemioterapici.

(vii) azione antitrombotica: la trombosi è in gene-re associata all’attivazione delle piastrine ed alrelease di eicosanoidi che aggravano lo statotrombotico. Gli antiaggreganti in uso sono ef-ficaci, ma presentano diversi effetti indeside-rati: erosione gastrica (aspirina), agranulocito-si (ticlopidina), complicazioni emorragiche.Per queste ragioni sono stati studiati alcuni oliessenziali giungendo alla caratterizzazione del-l’azione antiaggregante dell’olio di Lavandulahybrida, Allium cepa ed A. sativum. L’ampiopotenziale terapeutico di questi prodotti e la lo-ro disponibilità sul mercato porta spesso ad unaautoprescrizione, che può risultare pericolosa.

Mentre è poco nota la tossicità cronica degli oliessenziali, al contrario sono ben note le conseguen-ze di una intossicazione acuta legata all’introduzio-ne di dosi massive di essenze, come ad es. essenzecontenenti tujone (assenzio, salvia), sostanza que-sta che ha un effetto neurotossico ed anche aborti-vo per il suo tropismo nei confronti delle cellulemuscolari uterine. Possono verificarsi in soggettipredisposti anche manifestazioni allergiche in con-seguenza della somministrazione di oli essenziali.In linea generale i bambini, i soggetti anziani e ledonne in gravidanza richiedono particolare cautelain quanto le essenze, comunque vengano sommini-strate, possono raggiungere per via sistemica unamolteplicità di organi, esercitando di conseguenzadiversi effetti dannosi.

Droghe che contengono prevalentementeoli essenziali

Le droghe che contengono oli essenziali sono tal-mente tante da non poter esser tutte trattate in untesto che sostanzialmente prende in esame quellepiù usate in farmacia e nell’industria farmaceutica.Pertanto tratteremo quelle di maggiore interesse far-maceutico, riportando per alcune il relativo poten-ziale di tossicità.

Anice comune o verde

La droga è data dai frutti di Pimpinella anisum L.(Fam. Apiaceae), pianta erbacea annua tipica delleregioni mediterranee (Spagna, Italia, Balcani, Tur-chia, Nord Africa), con foglie pennato-composte, alobi dentati, cordiformi alla base, trifidi all’apice, adivisioni lineari. Il frutto, chiamato impropriamen-te “seme” (Fig. 14.1a), è un diachene, ovoide o pi-riforme, di colore giallo-verdastro (3-5 × 3 mm).Contiene polisaccaridi, lipidi (15-20%), flavonoidi,un glucoside dell’acido idrossibenzoico ed un olioessenziale il cui costituente principale è l’anetolo(80-95%), oltre a linalolo (0,1-1,5%), estragolo (0,5-6%), anisaldeide (0,1-3,5%), a-terpineolo (0,1-1,5%) ed idrocarburi monoterpenici (< 1%). All’a-nice si attribuiscono proprietà estrogene, attivitàquesta attribuita allo stilbene, una sostanza che siforma dall’anetolo per dimerizzazione. Usato a lun-go come carminativo, spasmolitico, galattogeno edespettorante, viene oggi raccomandato dalla Com-missione E tedesca per il trattamento di disturbi ga-strointestinali (flatulenza, eruttazioni, cattiva dige-stione, gonfiore epigastrico) ed inoltre (per os o perinalazione) come mucolitico, in presenza di un ec-cesso di muco nell’albero respiratorio. Si presta par-ticolarmente all’uso pediatrico. Per distillazione incorrente di vapore dei frutti maturi ed essiccati (FF) si ottiene l’olio essenziale di anice, usato co-me aromatizzante nell’industria farmaceutica, deiprofumi (dentifrici, acqua da toilette) ed in quella li-quoristica (anisetta). La conservazione della drogaè piuttosto difficile in quanto la concentrazione del-l’olio essenziale diminuisce rapidamente con la con-servazione (1% per mese). Ben noto è anche l’ani-ce stellato (badiana o anice della Cina), dato daifrutti di Illicium verum Hooker (Fam. Illiaceae),pianta originaria dell’estremo Oriente (Cina, Viet-nam). Si tratta di un piccolo albero sempreverde (4-5 m), di aspetto piramidale, con foglie intere,

lanceolate e fiori isolati, bianco-giallastri o rosati. Ifrutti legnosi, composti da 6-11 follicoli disposti astella (Fig. 14.1b) intorno ad un asse centrale dettocolumella, hanno una composizione chimica moltosimile a quella dei frutti di P. anisum, oltre ad oliograsso e acidi organici e l’impiego è lo stesso.

Finocchio

La droga è data dai frutti di Foeniculum vulgareMiller var. vulgare (Fam. Apiaceae), pianta erba-cea perenne originaria delle regioni mediterranee(Fig. 14.2). Alta 80-100 cm, presenta un fusto ra-mificato, verdastro, lucido, pieno, con foglie di unverde-blu scuro divise in lacinie filiformi, munite

156 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.2 Foeniculum vulgare: pianta (a) e semi (b)

b

a

Fig. 14.1 Pimpinella anisum (a) e Illicium verum (b): frutti

a b

Capitolo 14 • Terpeni 157

di guaina molto sviluppata e fiori gialli, piccoli,raccolti in ombrelle terminali. I frutti sono dei dia-cheni glabri, cilindrico-affusolati, striati; si raccol-gono quando il loro colore passa dal verde scuroal giallo. La droga contiene un olio essenziale (var.dolce) composto per l’80% e più da anetolo, perl’1-5% da estragolo (metilcavicolo) e da fencone(< 5%). Sono inoltre presenti furanocumarine e di-versi idrocarburi terpenici (α-pinene, α-fellandre-ne, limonene). Nell’olio della varietà amara si tro-va il 50-80% di anetolo, il 3-20% di estragolo e fi-no al 24% di fencone. Il finocchio è una fontenaturale di anetolo. Si utilizza nei casi di dispepsiaproprio come l’anice. La radice di F. vulgare vie-ne tradizionalmente utilizzata (come infuso) peraumentare la diuresi.

Apiaceae che trovano gli stessi usi di P. anisume F. vulgare in campo fitoterapico sono: Anethumgraveoleus L. (aneto), Carum carvi L. (cumino),Coriandrum sativum L. (coriandolo) e Apium gra-veolens L. (sedano). Anche il prezzemolo [radici,foglie e frutti di Petroselinum crispum (Mill) A. W.Hill.] possiede proprietà diuretiche.

Camomilla comune

La droga è costituita dai capolini di Matricaria recutita L. o Chamomilla recutita L. Rauschert(Fam. Asteraceae). Matricaria, dal latino matrix =utero, per la sua azione emmenagoga; chamomilla,da cama› = sul suolo e mÉlon = mela, per l’odoredi alcune specie che assomiglia a quello della me-la renetta; recutita significa mozzata.Pianta nota, insieme alla camomilla romana, findall’antichità e sfruttata a scopo medico dai tempidi Dioscoride e Plinio.Habitat. Cresce spontanea nei luoghi erbosi, dallapianura alla collina, in Europa centro-meridionalee Asia Minore. È coltivata in Europa, America delnord e Australia.Descrizione della pianta. Pianta erbacea annuaeretta, alta 30-50 cm, con caule glabro, scanalato,ramificato, con foglie isolate, brevemente picciola-te, bi e tri-pennatosette in lacinie sottilissime. Leinfiorescenze presentano capolini di 10-17 mm didiametro, formati da un ricettacolo cavo con nu-merosi fiori ermafroditi tubulari gialli circondati da12-20 fiori femminili ligulati bianchi (Fig. 14.3). Ifrutti sono rappresentati da piccoli acheni (1 mm),gialli o bruni, senza pappo, contenenti un seme.Parti usate. Sommità fiorite.Raccolta, preparazione e conservazione della dro-ga. Le infiorescenze ben sviluppate vengono rac-

colte in maggio-luglio, disposte su telai in stratisottili ed essiccate in luogo ombroso e ben aerato oin essiccatoi. In commercio i capolini possono es-sere accompagnati da peduncoli, frammenti di fo-glie e di cauli. Va consevata in recipienti ben chiu-si, al riparo dalla luce e dall’aria.Descrizione della droga. Capolini di forma conica,giallastri, fragili, di odore aromatico e sapore ama-rognolo. Ciascun capolino porta un residuo del pe-duncolo (1-2 cm), un involucro di 12-17 brattee di-sposte in 3-4 serie, glabre, un ricettacolo nudo, cioèprivo di pagliette e peli all’esterno e cavo all’inter-no, recante alla base una corona di una quindicina

Fig. 14.3 Chamomilla recutita: pianta (a) e fiori (b)

a

b

circa di fiori ligulati bianchi (2 × 10 mm), e su tuttoil ricettacolo serie concentriche di fiori tubularigialli (lunghezza 2,5 mm). Odore caratteristico, for-temente aromatico, sapore amarognolo.

La FU X prescriveva un contenuto minimo di 4ml/kg di olio essenziale. La FU XII riporta l’estrattoidroalcolico secco titolato di camomilla comune checontiene non meno dell’1-2% di apigenina totale.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa le squame dell’involucro della camomillacomune presentano, tra due epidermidi sprovvi-ste di peli, un mesofillo con al centro un fasciovascolare; nel ricettacolo si notano canali secreto-ri ripieni di goccioline oleose. Nella stessa sezio-ne, la ligula mostra sotto l’epidermide superiore,un mesofillo lacunoso a cellule irregolari attraver-sato da vasi, con presenza di druse di ossalato dicalcio e una epidermide inferiore ricca di ghian-dole. La polvere della camomilla comune contie-ne numerosi granuli di polline spinosi, frammentidi corolle con epidermide a cellule papillose eghiandole, frammenti di squame, frammenti di ri-cettacolo con canali secretori.Componenti principali. La droga contiene 0,25-1%di olio essenziale, composto principalmente da bisa-bololo con i suoi ossidi e azuleni come matricina ecamazulene. Contiene anche flavonoidi come ad es.apigenina-7-glucoside (presente soprattutto nei fioriligulati), luteolina, quercitrina e cumarine (Fig. 14.4).Proprietà ed impiego terapeutico. La camomillaviene utilizzata sia per uso interno come spasmoliti-co nei disturbi gastrointestinali, sia per uso esternoper il trattamento di infiammazioni della cute e delcavo orale, oltre che come emolliente e protettivo

nell’industria cosmetica. L’attività antinfiammato-ria viene ascritta al camazulene e all’a-bisabololo,mentre l’attività spasmolitica si ritiene legata allacomponente idrofila (apigenina e altri flavonoidi).Da citare inoltre l’effetto protettivo esercitato dal-l’a-bisabololo nei confronti dell’ulcera gastrica, ol-tre a proprietà antibatteriche e fungicide.Effetti collaterali, tossicità. Sono stati segnalatirari casi di allergia: l’uso è sconsigliato nei sog-getti con ipersensibilità individuale alle Astera-ceae. Sembrano essere le cumarine gli agenti re-sponsabili di fotodermatiti conseguenti all’usodella droga.

Camomilla romana

La droga è data dai capolini di Anthemis nobilis L.(Fam. Asteraceae). Il nome deriva dal greco e si-gnifica pianta ricca di fiori di particolare pregio(Anthemis da ¿nãemon = fiorellino, e nobilis, perle sue proprietà medicinali).Habitat. Cresce su prati sabbiosi e secchi nelle zo-ne europee occidentali e meridionali; ampiamentecoltivata in Europa e Nord America.Descrizione della pianta. Pianta erbacea perenne,prostrata o ascendente, alta 15-40 cm, con caulepeloso, ramificato, di aspetto cespuglioso, con fo-glie isolate o alterne, bi- e tri- pennatosette in laci-nie più brevi, ma più fitte di quelle della camomil-la comune, vellutate per la presenza di peli. I fiorisono quasi tutti ligulati, bianchi, inseriti su un ricettacolo pieno: i capolini che costituiscono ladroga sono sferici (diametro 8-20 mm), con l’invo-lucro ridotto a 2-3 ordini di brattee embricate. Ifrutti sono acheni giallo-verdastri, lunghi meno di1 mm e molto sottili (Fig. 14.5).Parti usate. Capolini.

158 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

a

b

HO

OH

HO

OH O

O

Fig. 14.4 Alcuni componenti della camomilla comune: a-bisabololo (a) e apigenina (b)

H

Fig. 14.5 Anthemis nobilis: pianta

Capitolo 14 • Terpeni 159

Raccolta, preparazione e conservazione della dro-ga. I capolini fioriti vengono raccolti da giugno asettembre, stesi su telai ed essiccati all’ombra o inessiccatoi ad aria secca. I fiori essiccati vengonoconservati al fresco, in recipienti chiusi, al riparoda luce ed umidità.Descrizione della droga. I capolini, di colore bianco-giallognolo, si differenziano da quelli della camo-milla comune in quanto: hanno forma emisferica;sono più grandi (diametro da 0,8 a 2 cm); il residuodel peduncolo è peloso; l’involucro è costituito da2-3 serie di brattee embricate, pelose, allungate; ilricettacolo, meno conico, è internamente pieno edesternamente provvisto di pagliette scariose; i fioriligulati bianchi occupano quasi tutta la convessitàdel ricettacolo. Odore aromatico, diverso da quellodella camomilla comune, sapore amarognolo.Esame microscopico della droga. A parte la pre-senza di pagliette e di palee, la camomilla romanapresenta peli tettori uniseriati sui peduncoli, squa-me e pagliette. La polvere mostra rari granuli polli-nici, sferici, spinosi e frammenti di ligule con epi-dermide a cellule papillose e con ghiandole.Componenti principali. Polifenoli, come derivatidell’acido cinnamico, caffeico, ferulico; cumarinee flavonoidi (apigenina, quercitrina, luteolina), oltreall’olio essenziale (0,6-1%), composto per l’85% daesteri dell’acido angelico, tiglico, crotonico ecc. Glialtri componenti sono monoterpeni (cineolo, pinene)e sesquiterpeni del tipo degli azuleni.

La FU X prevedeva un contenuto minimo inolio essenziale di 7 ml/kg.Proprietà ed impiego terapeutico. Lo spettro di attività è sovrapponibile a quello della camomillacomune, almeno per le proprietà spasmolitica e antinfiammatoria.

Gli infusi di camomilla vengono utilizzati an-che come sedativi nei disturbi del sonno: tale effet-to potrebbe essere correlato alla presenza non solodi flavonoidi, ma anche di sostanze benzodiazepi-nosimili.Effetti collaterali, tossicità. Non sono noti effettitossici alle dosi terapeutiche.

Lavanda

La lavanda è data dai fiori di Lavandula angustifo-lia Miller (Fam. Lamiaceae), un suffruttice alto cir-ca 50-80 cm, a fusto eretto non ramificato, con fo-glie lineari, sessili, coriacee e fiori disposti in verti-cilli a formare una pseudospiga lungamente pedun-colata (Fig. 14.6). Cresce nelle regioni mediterra-nee, ma anche in Nord Africa e negli Stati Uniti.

La droga è rappresentata dai fiori raccolti primadella schiusa, formati da calici tubulari, di colorebluastro e petali fortemente raggrinziti, saldati a for-mare un tubo di colore grigio-blu: il profumo è in-tensamente aromatico. La droga contiene l’1-3% diolio essenziale, costituito in maggioranza di mono-terpeni: il 35-55% di acetato di linalile, il 30-40% dilinalolo (Fig. 14.7) e poi cineolo, canfora, limonene.

H3C OH

H3C

C

CH3

Fig. 14.7 Formula di struttura del linalolo

Fig. 14.6 Lavandula angustifolia: pianta (a) e fiori (b)

a

b

Contiene inoltre il 5-10% di tannini, derivati cuma-rinici, fitosteroli e flavonoidi. La lavanda, per la suablanda azione sedativa e spasmolitica, viene utiliz-zata negli stati di agitazione accompagnati da irrita-bilità gastrica e disturbi intestinali.

Melissa

La melissa è data dalle foglie di Melissa officinalisL. (Fam. Lamiaceae). Melissa, dal nome greco del-l’insetto (ape) che la impollina. È detta volgarmen-te “erba limoncina” o anche “citronella”.Habitat. Cresce spontanea nei luoghi umidi e om-brosi dell’Asia occidentale, Africa settentrionale edEuropa meridionale, comune anche in Italia.Descrizione della pianta. Pianta erbacea perennedall’intenso odore di limone, alta circa 70-100 cm,con fusto eretto, ramificato, con foglie picciolate, op-poste, di forma ovale-allargata, lucide sulla paginasuperiore, glauche sull’inferiore (Fig. 14.8). All’a-scella delle foglie superiori si trovano piccoli fascet-ti brevemente peduncolati di 3-5 fiori, con bratteeovali-lanceolate e calice tubuloso-campanulato, concorolla bianco-rosea. La pianta presenta tre tipi dipeli: 1) i più grandi (2-3 mm) radi, setolosi, visibili aocchio nudo sui piccioli, sulle lamine fogliari e suicalici; 2) i medi lunghi circa 1 mm, sono piuttosto ra-di e visibili con una lente; 3) i più piccoli, fitti su tut-ta la superficie della foglia, visibili solo al microsco-pio. Il frutto è rappresentato da un tetrachenio.Parti usate. Foglie.Raccolta, preparazione e conservazione della droga.Le foglie vengono raccolte alla fine di aprile o inmaggio, cioè prima della fioritura, che va da giugnoalla fine dell’estate. Si fanno essiccare rapidamenteall’aria e all’ombra. La droga deve essere conservatain recipienti ben chiusi, al riparo dalla luce e dall’u-midità e rinnovata ogni anno.Descrizione della droga. Le foglie, di forma ovale-allargata (3-5 × 6-8 cm), con picciolo lungo in media3-5 cm, hanno lamina sottile, leggermente rugosa,margine crenato con 10-20 grandi denti, pagina su-periore di colore verde scuro con peli e quella infe-riore glabra, di colore verde più chiaro, con nervatu-re sporgenti. Una volta seccate sono leggerissime edi odore molto meno intenso rispetto a quelle fre-sche. Per il riconoscimento possono essere sufficien-ti i peli, visibili anche a occhio nudo e piuttosto radi.Esame microscopico della droga. Le cellule dell’e-pidermide della faccia superiore hanno pareti ondu-late-sinuose, quelle della faccia inferiore hanno si-nuosità più marcate. Oltre a peli conici, corti, ap-puntiti, piccoli, a cuticola liscia, sono presenti peli

pluricellulari, lunghi, a parete robusta e isolatamen-te peli ghiandolari con peduncolo a 1-3 cellule a ca-pocchia, oltre a peli ghiandolari con base unicellu-lare e apici larghi e arrotondati, formati da 8 cellule.Gli stomi presenti principalmente sulla faccia infe-riore della foglia sono di tipo diacitico.Componenti principali. Le foglie contengono unolio essenziale, composto da monoterpeni (> 60%)quali citronellale 30-40% e citrale (Fig. 14.9), oltre asesquiterpeni (> 35%) quali β-cariofillene e germa-crene D. Altri componenti sono acido rosmarinico,caffeico e clorogenico e diversi flavonoidi. La drogaofficinale deve contenere almeno lo 0,5% di olio essenziale.Proprietà ed impiego terapeutico. Trova impiegonei disturbi del sonno, nei disturbi gastrici di origine

160 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.8 Melissa officinalis: pianta (a) e foglie (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 161

pregiato se contiene elevate quantità di mentolo(non meno del 50%) ed un basso livello di mento-ne (responsabile dell’odore aspro dell’olio).

Alla menta si attribuiscono proprietà spasmoli-tiche, antiflogistiche, antivirali ed antitumorali. LaCommissione E tedesca raccomanda la menta nelladispepsia, nei casi di spasmi intestinali e delle viebiliari e l’olio di menta nei casi di coliche epatiche,nella sindrome dell’intestino irritabile e negli statiinfiammatori delle prime vie aeree. La sommini-strazione rettale di olio di menta, fatta prima dellacolonscopia, riduce la frequenza degli spasmi dellamuscolatura intestinale rendendo del tutto inutile lasomministrazione di spasmolitici di sintesi per viaendovenosa. I componenti attivi della menta bloc-cano i canali del calcio ed inibiscono il release di ei-cosanoidi (PGs e LTs). La menta è una droga abba-stanza sicura. Gli effetti indesiderati sono rari; quel-li che più di frequente si sono manifestati nel corsodi studi clinici sono: disturbi gastrointestinali (nau-sea, vomito, bruciori di stomaco) e disturbi visivi.La menta è controindicata in pazienti con ostruzio-ni biliari (calcoli epatici), disturbi epatici, reflussogastroesofageo e calcoli renali.

psicosomatica, nelle nevrosi, per la sua attività se-dativa e spasmolitica, legata probabilmente ai ter-peni. Per le proprietà antivirali, attribuite a sostan-ze polifenoliche presenti nella droga, la melissa èpresente in preparati antierpetici.

A Parigi nel XVII secolo si usava come sedati-vo l’“acqua di melissa dei Carmelitani”, preparataassociando alla melissa altre droghe vegetali.Effetti collaterali, tossicità. Gli effetti secondari do-vuti all’uso di questa droga sono trascurabili. È op-portuno comunque controllare la funzionalità tiroi-dea perché è stato segnalato il rischio di un’azioneinibitoria a livello ipofisario sulla secrezione di TSH,probabilmente ad opera dell’acido rosmarinico.

Menta

La droga è data dalle foglie di Mentha piperita L.(Fig. 14.10). Huds (= Mentha officinalis Sol.) (Fam.Labiatae), considerata un ibrido fra M. acquatica L.e M. spicata L. Si tratta di una pianta erbacea pe-renne spontanea in Europa. Presenta un caule dirit-to, alto 50-100 cm, ramificato; i rami portano fo-glie opposte ovato-oblunghe, brevemente picciola-te, acute all’apice, arrotondate alla base, a bordoseghettato-dentato. I fiori sono rossi, piccoli, riuni-ti in spicastri terminali. Le foglie devono essere rac-colte durante la fioritura ed essiccate a 42 °C. Benconservate mantengono il loro caratteristico odoreforte, penetrante; il sapore è particolare, piccante.La droga contiene lipidi (acido palmitico, linolei-co, linolenico), tocoferoli, acido ascorbico, minerali(K, Ca, Mg, Fe, Mn, Zn, Cu, Cr, Se), flavonoidi(12%), acido salicilico (< 0,2 mg/kg) ed un olio essenziale (non meno di 12 ml/kg) i cui principa-li componenti sono: mentolo (53-60%), mentone (25-32%), isomentone (2-8%), 1,8-cineolo o euca -liptolo (5-13%). L’olio essenziale di menta è più

Fig. 14.10 Mentha piperita: pianta (a), fiori e foglie (b)

a

b

CH3 CH3

CCH3H3C

H3C CH3

CHO

a b

Fig. 14.9 Formula di struttura del citronellale (a) e del ci-trale (geraniale) (b)

OHC

Eucalipto

L’eucalipto è dato dalle foglie di Eucalyptus globu-lus Labill. (Fam. Myrtaceae): il nome deriva da eu+ caluptw, ben + coperto, perché i fiori in bocciosono coperti dal lembo del calice che poi cade co-me un coperchio; globulus, globoso, per la formadel frutto.

Habitat. Originario dell’Australia, viene coltivatonelle zone sub-tropicali e mediterranee, compresal’Italia.Descrizione della pianta. Albero alto fino a 60 mnelle zone di origine, fino a 20-30 m in Italia, di ra-pida crescita, sempreverde, con corteccia grigio-rossastra o bruno-giallastra, desquamante sponta-neamente, con legno molto duro, con giovani ramiquadrangolari, recanti foglie opposte, sessili, ovali,biancastre, cerose, con rami adulti rotondeggianti,recanti foglie alterne, picciolate, falciformi, di unverde-lucido, coriacee, con fiori solitari, ascellari edi colore glauco, costituiti da una formazione atrottola o ad urna, con frutto a capsula legnosa qua-drangolare, aprentesi con 4 fenditure a croce chelasciano uscire numerosi e minuti semi (Fig. 14.11).Parti usate. Foglie falciformi e peduncolate dei ra-mi adulti.Raccolta, preparazione e conservazione della dro-ga. Le foglie vengono raccolte in estate o in autun-no e poi seccate al sole. Si conservano in recipien-ti ben chiusi per non più di un anno.Descrizione della droga. Foglie a lamina intera,falciformi (2,5-4 × 10-30 cm), con apice appuntito,con picciolo contorto, con margine intero, di colo-re verde grigiastro, con punteggiature traslucide(dovute alle ghiandole contenenti l’essenza), connervatura pennata a nervo mediano pronunciato enervi laterali numerosi e poco evidenti che a 1-2mm dal margine si anastomizzano in un cordonci-no parallelo al margine stesso. L’odore è aromati-co, balsamico, canforico; il sapore è appena amaroe resinoso.

Dalle foglie secche o fresche si ottiene, per di-stillazione in corrente di vapore, l’essenza di euca-lipto, liquido incolore o giallognolo o verdastro, areazione neutra, di odore gradevole, di sapore fre-sco, aromatico e pungente. All’aria si ispessisce as-sumendo una colorazione bruna e col tempo formaun sedimento, per cui va conservata in flaconi benchiusi, pieni ed in luogo fresco.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa si osserva: 1) epidermide della faccia supe-riore a cellule poligonali con qualche stoma del ti-po delle ranuncolacee; 2) tessuto a palizzata a 2-4file di cellule con druse di ossalato di calcio e congrosse ghiandole contenenti essenza; 3) epidermidedella faccia inferiore come quella superiore, ma piùricca in stomi.

La polvere presenta: druse di ossalato di calcio,frammenti di epidermide con stomi; frammenti ditessuto spugnoso.Componenti principali. L’olio essenziale (0,5-2,5%)ha come componente principale (70-85%) l’1,8-cineolo o eucaliptolo (Fig. 14.12) oltre ad altri composti terpenici (pinene, canfene, eucaliptene,

162 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.11 Eucaliptus globulus: pianta (a), foglie (b) e frut-to (c) (intero ed in sezione)

a

b

c

Capitolo 14 • Terpeni 163

azulene ecc.), aldeidi (valerianica, butirrica, caproi-ca ecc.), tannini, resine, pectine, acido gallico, feru-lico, caffeico, ossalato di calcio ecc.

Secondo la FU l’olio essenziale deve contenerealmeno il 70% di eucaliptolo.Proprietà ed impiego terapeutico. Qualunque siala via di somministrazione, dopo l’assorbimento,l’olio essenziale viene eliminato per via polmona-re, dove esercita un’azione antisettica, balsamicaed espettorante (soprattutto secretolitica, ma anchesecretomotoria). Per questo l’eucalipto viene uti-lizzato nelle malattie da raffreddamento e nellebronchiti sotto forma di tisane e di inalazioni, sci-roppi, caramelle. L’eucaliptolo è preferibile all’olioessenziale perché quest’ultimo contiene sostanzeirritanti per le mucose delle vie respiratorie (aldei-de butirrica, aldeide valerica, aldeide caproicaecc.). L’eucaliptolo entra anche nella composizionedi unguenti antireumatici oltre che balsamici (FUXII). È stata dimostrata anche un’attività antibatte-rica dell’eucaliptolo nei confronti di diversi tipi dimicrorganismi.Effetti collaterali, tossicità. Si deve tener presenteche l’essenza di eucalipto determina a livello epa-tico un incremento della velocità di metabolizza-zione, che può modificare l’azione di farmaci as-sunti contemporaneamente. L’olio di eucaliptousato per via esterna non è tossico, mentre ingeri-to, non diluito opportunamente, può causare di-sturbi gastrointestinali (nausea, vomito e diarrea).L’uso nei bambini non è privo di rischi, specie inconcomitanza di stati febbrili, per la possibilità diconvulsioni.

Rosmarino

Il rosmarino è rappresentato dalle foglie e dallesommità fiorite di Rosmarinus officinalis L. (Fam.Lamiaceae), arbusto cespuglioso sempreverde, ti-pico dell’area mediterranea (Fig. 14.13). Sui ramiesili con corteccia grigiastra si inseriscono le fo-glie sessili, opposte, lineari, coriacee, con la pagi-na inferiore opaca per la presenza di peli, mentre

la pagina superiore è lucida. I fiori, di colore az-zurro-violetto, sono riuniti in spicastri ascellari. Ladroga contiene un olio volatile, costituito da α- eβ-pinene, canfene, limonene, cineolo, borneolo,canfora, oltre a flavonoidi e fenoli, come acidocaffeico e clorogenico. Il rosmarino è dotato diproprietà spasmolitiche, antibatteriche, antiossi-danti, epatoprotettrici e viene utilizzato oltre chenelle forme dispeptiche, per i suoi effetti stoma-chici, anche nelle affezioni delle vie respiratorie.

Salvia

È data dalle foglie di Salvia officinalis L. (Fam.Labiatae/Lamiaceae). Salvia, dal latino salvare =guarire, da cui il detto Cur murietur homo, cui sal-via crescit in horto, per le numerose virtù curati-ve che gli antichi le attribuivano. Secondo altri dalgreco swzw-swo© = conservo e bio© = vita, perlo stesso motivo; officinalis, delle officine farma-ceutiche. Si tratta di un suffrutice alto 70-90 cm(Fig. 14.14), spontaneo in tutta l’Europa meridio-nale. Di portamento cespuglioso, presenta fusti er-bacei eretti, quadrangolari nelle parti apicali, fo-glie opposte, picciolate, ellittiche, biancastre infe -riormente per la presenza di peli. I fiori, blu-violacei

Fig. 14.12 Formula di struttura dell’eucaliptolo

CH3

O

Fig. 14.13 Rosmarinus officinalis: pianta (a) e foglie (b)

a

b

sono da 3 a 6 per verticillo; il frutto è un tetra-chenio ovoidale. Le foglie si raccolgono primadella fioritura, essiccate e conservate in recipien-ti a chiusura ermetica. L’odore è aromatico, il sa-pore amaro, aromatico.

La salvia contiene un olio essenziale (8-25 ml/kg),flavonoidi (1-3%), acidi fenolici (rosmarinico), tri-terpeni (acido ursolico, acido oleanolico e derivati)ecc. L’olio essenziale è caratterizzato dalla presenzadi α- e β-tujone (fino al 60%) (Fig.14.15), canfora(4,5-24,5%), cineolo (5,5-13%), umulene (0,5-12%)ecc. La FU riporta che la droga essiccata deve con-tenere non meno di 15 ml/kg di essenza. La salvia eratenuta in grande considerazione dagli antichi. Ippo-crate ne raccomandava l’impiego sotto forma di ca-taplasmi per detergere le piaghe; per Dioscoride lasalvia era un buon diuretico ed un ottimo emmena-gogo. La Scuola Medica Salernitana la chiamava Sal-via salvatrix, per le sue molteplici proprietà medica-mentose. La salvia per le sue proprietà antisettiche,dovute all’olio essenziale, ed antiossidanti, dovute all’acido rosmarinico, viene ancora utilizzata sotto forma di collutori nel trattamento di flogosi del cavoorale e della gola, mentre per le proprietà spasmoliti-

che, legate alla presenza di terpeni e di flavonoidi, puòessere impiegata, in associazione con altre droghe, neltrattamento sintomatico di diversi disturbi digestivi. Èinoltre utile nelle infezioni erpetiche ricorrenti (ap-plicata localmente). La Commissione E tedesca ri-porta che gli estratti alcolici di salvia e l’olio essen-ziale sono controindicati in gravidanza e che il lorouso prolungato può causare convulsioni epilettiche.

Cumino

È dato dai frutti di Carum carvi L. (sin. Apium car-vi L., Sesali carum L.), (Fam. Apiaceae/Umbellife-rae), pianta erbacea bienne o perenne, originariadelle zone temperate dell’Asia, ed ora ampiamen-te distribuita in Europa centro-settentrionale, Sibe-ria, regioni del Caucaso, Mongolia, Marocco, NordAmerica, Nuova Zelanda ed alcuni Paesi del SudAmerica. Alta dai 30 cm ad 1 m presenta: un fustoesile, ramificato alla base, glabro, scanalato longi-tudinalmente; foglie alterne, suddivise in laciniestrette, picciolate quelle inferiori, sessili quelle superiori; fiori piccoli, di colore bianco o rosa pal-lido, disposti in ombrelle. Il frutto è un achenio gri-gio-marrone, glabro, generalmente incurvato, lun-go 3-7 mm e largo 1-2 mm, con 5 prominenti ner-vature che conferiscono al frutto tagliato in sezionetrasversa la forma di un pentagono irregolare (Fig.14.16). I frutti si raccolgono quando assumono uncolore marrone, si essiccano ad una temperaturanon superiore ai 35 °C e si conservano in ambien-ti asciutti, l’odore è molto aromatico, il sapore pic-cante. In commercio si possono trovare anche i frut-ti di C. capticum L (cumino indiano); che conten-gono una essenza ad elevato titolo di timolo (circail 40%) ed i frutti di Cuminum cimynum, dai qualisi ottiene una essenza, costituita da aldeide cumi-nica (35% circa), che viene utilizzata soprattuttonella preparazione di bevande alcoliche (Kummel).

Nel cumino è presente un olio essenziale (3-8%);gli acidi fenilcarbossilici (circa lo 0,35%) tra cui

164 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.14 Salvia officinalis: pianta

Fig. 14.15 Formula di struttura del β-tujone

OH

β-tujone

Capitolo 14 • Terpeni 165

il clorogenico, il 4-caffeoilchinico, il 3-caffeoil-chinico e gli acidi cumaroilchinico e feruloilchi-nico; i flavonoidi (circa lo 0,4%); ecc. L’essenzacontiene soprattutto carvone (dal 50 all’80%), re-sponsabile dell’aroma del cumino, e limonene (fi-no al 49%): questi due componenti possono da so-li rappresentare il 90-98% del contenuto totale diolio essenziale. Degli altri componenti ricordiamo:mircene, α-fellandrene, p-cimene, β-cariofillene,cis- e trans-diidrocarvone e terpinolene; per la Ph.Eur. la droga deve contenere non meno di 30 ml/kgdi olio essenziale ed il contenuto di carvone deveessere del 50% circa.

Il cumino stimola la secrezione salivare, del suc-co gastrico e della bile. Possiede anche azioni spa-smolitiche ed antibatteriche. Questi effetti sullefunzioni secretive e motorie del digerente, dovuti alcarvone, hanno favorito l’impiego di questa droganell’inappetenza e soprattutto nelle dispepsie di di-versa natura. Studi piuttosto recenti mostrano chel’olio essenziale di cumino è molto attivo nell’ini-bire selettivamente la crescita di un numero di mi-crorganismi della flora intestinale potenzialmentepatogeni (Candida albicans, Clostridium spp., Bac-teroides fragilis). A differenza dell’olio di cumino,quelli di finocchio (Foeniculum vulgare dulce),menta (Mentha arvensis e M. piperita) ed anice (Illicium verum) si sono rivelati egualmente attivisia sui componenti patogeni che su quelli non

patogeni. Questa selettività dell’azione antibatteri-ca svolta dall’olio di cumino merita ovviamente diessere approfondita.

Il cumino viene in genere associato alla mentae ad altre droghe come nel caso della preparazioneIberogast®. Il cumino è considerato sicuro se as-sunto quando necessario, alle dosi consigliate e perperiodi brevi.

Il cumino viene utilizzato sotto forma di infuso(1-5 g in 150 ml). Per gli adulti la dose giornalieraè di 1,5-6 g; per i bambini di 1-4 anni: 1-2 g al gior-no; per i bambini al di sotto di 1 anno: 0,5-1 g algiorno. Del cumino si utilizza anche l’olio essen-ziale (5-6 ggt al giorno) da solo o in associazionecon l’olio di menta, di finocchio o di anice, oppureun estratto idroalcolico (in associazione con la ca-momilla) alla dose di 50-100 mg/die.

Cardamomo

È dato dai frutti di Elettaria cardamomum (L.) Ma-ton (Fam. Zingiberaceae) (sin. Amomum racemo-sum Lemk.), una pianta erbacea (rizomatosa) pe-renne, spontanea in India (sulle coste del Malabare nelle foreste ombrose ed umide di Travancore eMadhura tra i 700 ed i 1500 m) ed oggi coltivatain India, Sri Lanka, Guatemala, Tanzania, Mada-gascar e Nuova Guinea. (Elettaria, da elettari, no-me indigeno della pianta nel Malabar; cardamo-mum, dal greco nomadrac = nasturzio, perché ilcardamomo ha un odore che ricorda il nasturzio).Amomum, dall’indiano hamuma, odoroso; race-mosum, per le infiorescenze a grappolo. La piantapresenta uno stelo, di 2-3 m, dato dalle guaine del-le foglie. I fiori sono riuniti in grappoli di 4 e pre-sentano un colore bianco-verdastro. I frutti, di co-lore verde e lunghi 6-20 mm, sono capsule trilo-culari arrotondate e contengono numerosi semibruni molto profumati (Fig. 14.17). I frutti si rac-colgono in ottobre-dicembre ed i semi si essicca-no esponendoli al sole per 1-2 settimane. Diversitesti riportano due varietà (grande e piccolo) equattro tipi (verde, bianco, rossastro e nero) di car-damomo. Quello piccolo e di colore verde o bian-co rappresenta il vero cardamomo; quello rosso ilgrande cardamomo e quello nero con chiazze il car-damomo tripide. Il cardamomo ha un odore cherassomiglia alla canfora ed un sapore aromatico,lievemente pungente. La droga del commercio de-ve contenere non meno del 4% di olio essenziale.

Nel cardamomo è presente un olio essenziale(3,0-7,5%); acido idrossicinnamico e derivati; ami-do (20-45%); un olio fisso (1-4%), steroli (β-sito-

Fig. 14.16 Carum carvi: pianta (a) e frutti (b)

a

b

sterolo) ecc. L’olio essenziale è presente sia nel frut-to che nei semi (4-10%). I principali componenti del-l’essenza sono: α-terpinil acetato (28-50%), 1-8 ci-neolo (20-35%), sabinene (3-5%), limonene (2-14%),mentone (fino al 6%), linalil acetato (1,6-7,7%), linalolo (0,4-3,7%), β-fellandrene (3%), β-terpineolo(0,7-2,1%) e poi α-terpineol, α-pinene, mircene, geraniolo, nerolo, borneolo ecc.

Il cardamomo stimola la secrezione biliare eprotegge la mucosa gastrica da insulti di vario tipo.Inoltre manifesta una discreta attività antiflogistica,antiproliferativa e pro-apoptotica, incrementa l’at-tività dell’enzima antiossidante glutatione-S-tran-sferasi e simultaneamente riduce i livelli della pe-rossidazione lipidica in animali (topi albini) tratta-ti con una sostanza carcinogena. Alla luce di questenuove acquisizioni è stato ipotizzato un potenzialeimpiego del cardamomo nella chemioprevenzionedel cancro colon-retto.

Nei sistemi di medicina ayurvedici ed unani ilcardamomo si utilizza per fare gargarismi nei casidi mal di denti ed arrossamento delle gengive.Inoltre la droga viene utilizzata nelle affezioni epa-tiche, nella gonorrea e nei casi di calcoli renali (as-sociata ai semi di melone). Il cardamomo vieneinoltre associato a diverse droghe vegetali per ot-

tenere preparati da utilizzare nei casi di digestionedifficile e nel meteorismo. Del cardamomo è statoutilizzato anche l’olio, che applicato sulle palpebresembra che ne allevi l’infiammazione. La Medici-na Tradizionale Cinese (MTC) utilizza, tra l’altro,il frutto di cardamomo (Alpinia oxyphylla) in asso-ciazione con le radici di Dioscorea oppositae e diLindera strychifoliae (il preparato si chiama Suoquan wan) nel controllo della ipersalivazione.

Il cardamomo viene utilizzato come tale oppu-re sotto forma di decotto, estratto fluido e tintura.Le dosi sono di 15-30 grani/die (ogni grano corri-sponde a 0,0648 g) di semi ridotti in polvere o piùsemplicemente 0,6-1g/die di droga, 5-30gtt/die diestratto fluido o un “sorso” (5-10gtt) di tintura.

Dopo lo zafferano e la vaniglia, il cardamomoè la spezia più costosa: per questo viene chiamatoQueen of spices, mentre il King of spices è il pepenero.

Resine e derivati

Le resine sono costituite da una miscela di più so-stanze [terpeni, composti alifatici ed aromatici, re-seni (prodotti di ossidazione dei politerpeni)]; sipresentano in massa amorfa (o pastosa) che ram-mollisce con l’aumentare del calore. Insolubili inacqua, rappresentano il residuo della distillazione diuna oleoresina. Le oleo-resine sono miscele di re-sine ed oli essenziali, di consistenza molle o semiliquida, particolarmente abbondanti nelle Conifere (trementina) ed in alcune Dicotiledoni (Pistachia spp., Canarium luzonicum, Copaiferespp. ecc.). Le gommo-resine sono miscele di so-stanze resinose e gomme (ad es. la gommagutta,l’essudato di Garcinia hanburyi) e le oleo-gommo- resine miscele di resine, gomme e composti vo latili.La frazione resinosa di questi prodotti è rap pre sen -tata da triterpeni (gommo-resine ed oleo-gommo-resine) e da diterpeni e sesquiterpeni (oleo-resine).

Si tratta di prodotti di secrezione della pianta(fanno eccezione la gomma lacca, prodotto di se-crezione di un insetto, e l’ambra, concrezione del-l’intestino del capodoglio), dalla quale trasudanospontaneamente (sono presenti nei peli ghiandola-ri, nelle cavità e nei dotti schizolisigeni) o in seguitoa lesioni provocate dall’uomo: la sostanza secretaè in genere liquida, ma si trasforma gradualmentein una massa vischiosa, semisolida, in seguito a pro-cessi di polimerizzazione ed ossidazione dei com-posti terpenici ed aromatici. Si classificano in baseal tipo di vegetale (o animale) da cui si formano, inbase alla struttura chimica dei loro componenti (ter-

166 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.17 Elettaria cardamomum: pianta (particolare) (a),frutti e semi (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 167

peni, fenoli ecc.) ed in base alle caratteristiche fisi-che (durezza, solubilità in solventi organici ecc.).

Le resine e derivati si utilizzano soprattutto perla preparazione di vernici (gommalacca), suppel-lettili (ambra) e prodotti di bellezza (saponi, pro-fumi). Alcune vengono comunque utilizzate nelsettore farmaceutico per le loro proprietà analge-siche (mirra).

Mirra

È una oleoresina che si ricava incidendo la cor tecciadi Commiphora molmol Engler (Fam. Burseraceae),un piccolo albero spinoso che cresce spontaneo inSomalia, Etiopia, Kenia ed Arabia (Fig. 14.18).Commiphora, deriva dal greco e significa “cheproduce gomma”, mentre il termine mirra derivadall’arabo murr, o dal semitico mor, che significaamaro. La mirra contiene sesquiterpeni (furanoen-desma-1,3-diene, curzarene ecc.), un olio volatile,resine (25-40%), gomme (60% circa) ecc. La mir-ra possiede proprietà astringenti ed analgesiche. Co-me astringente si utilizza da sola (tintura di mirra)o in associazione [tintura di mirra (50%) e di rata-nia (50%) FU XII] nei casi di infiammazione del cavo orale e faringeo (gargarismi o pennellature).Come analgesico è stata utilizzata nei casi di cefa-lea e di dolori di diversa origine in alcuni Paesi afri-cani. In campo clinico è stato osservato che una pa-sta composta da mirra (50 mg), mescolata a propo-

li e miele (800 g), è efficace nel guarire ferite pu-rulenti, mentre una pasta dentifricia contenentemirra (Paradontex) utilizzata tre volte al giorno per21 giorni non produce alcun vantaggio in soggetticon gengivite e placca dentaria. Un tempo si uti-lizzava il vino mirroso per alleviare il dolore di qua-lunque genere. L’apostolo Marco (capitolo 15, vv.21-33) riferisce che a Cristo poco prima di esserecrocifisso fu offerto da alcune donne, tra cui Mad-dalena, vinum murratum per alleviargli la sofferen-za della crocifissione. Matteo invece (capitolo 27,vv. 29-40) parla di vinum cum falle mistum, cioè vi-no misto a bile. Apicius riporta che presso i roma-ni c’era l’abitudine di offrire un vinum (pozionecomposta da più ingredienti) per alleviare le penedei condannati a morte. Nonostante ne fosse igno-rato il meccanismo d’azione, l’uso del vino mirro-so come analgesico è giunto sino ai giorni nostri(Medicamenta, VI edizione, 1965). Oggi sappiamoche la mirra contiene dei sesquiterpeni ad azioneanalgesica che agiscono sugli stessi recettori deglioppiacei. Oltre all’azione morfino-simile, i sesqui-terpeni curzarene, furanodiene e furaneudesma-1,3-diene provocherebbero anche un blocco selet-tivo e reversibile dei canali del sodio che si tradu-ce in un effetto anestetico locale. Alla mirra, graziealla presenza di altri sesquiterpeni (furanodiene-6-1, metossifuranoguaia-9ene-8-1), vengono attribui-te anche proprietà antibatteriche e antinfiammato-rie. La mirra è considerata sicura; ciononostante sene sconsiglia l’uso in gravidanza (olio di mirra), du-rante l’allattamento, in pediatria e in pazienti conproblemi epatici. Inoltre la presenza di eugenolopuò indurre una inibizione dei sistemi microsomialiepatici con conseguente aumento della tossicità diquei farmaci che vengono metabolizzati a livelloepatico. Comunque, nonostante siano scarsi gli stu-di clinici, la Commissione E tedesca raccomanda latintura di mirra (al 20%) e la polvere dentale (al10%) nelle infiammazioni del cavo orale. In com-mercio si possono trovare mirre di diversa prove-nienza, come la mirra africana (C. abyssinica) e lamirra indiana (C. mukul), quest’ultima ad azioneipocolesterolemizzante.

Balsami

I balsami sono liquidi vischiosi di consistenza sci-ropposa. Detti anche oleoresine, si distinguono dal-le resine per il loro maggiore contenuto in oli es-senziali (20-30%) che rende questi prodotti fluidi.Sono in genere semiliquidi, ma esposti all’aria finiscono per indurirsi. I balsami sono anch’essiFig. 14.18 Myrrha commiphora: pianta (a) e resina (b)

a

b

prodotti di secrezione delle piante da cui fuorie-scono in seguito ad incisioni (che interessano tuttolo spessore della corteccia del tronco) o di eventitraumatici. I balsami contengono elevate quantità diacido cinnamico o benzoico o entrambi, o esteri diquesti acidi; si tratta di sostanze che possiedonoproprietà antisettiche e disinfettanti. I balsami ven-gono usati sia per via interna, come disinfettantidelle vie urinarie e contro le bronchiti croniche edaltre affezioni delle vie respiratorie (balsamo delTolù e del Perù), che per via esterna, dato che go-dono di pronunciate proprietà antiparassitarie (scab-bia) ed antimicotiche.

Oggi i balsami (del Perù, del Tolù, Copaive, Storace, di Gurjun, del Canada ecc.) trovano sem-pre minore applicazione in campo medico per la loro instabilità.

Il balsamo del Perù si ricava da Myroxylon bal-samum (L.) Harms var. pereirae (Fam. Fabaceae),leguminosa dell’America centrale, frequente so-prattutto lungo le coste di El Salvador. Myroxylon,dal greco m‡ron = olio odoroso e x‡lon = legno:legno odoroso, per il balsamo che da esso stilla. Èun albero alto circa 25 m che si ramifica già a 2-3 mdal suolo. I rami sono muniti di foglie composte, afoglioline ovali; i fiori sono disposti in grappoliascellari ed il frutto è un legume lungo da 6 a 8 cm,rigonfio all’apice ed appuntito e percorso longitudi-nalmente da una sporgenza a guisa di cresta.

Il balsamo del Perù, nonostante fosse ben notoalle primitive popolazioni del centro e del sudAmerica, fu introdotto in Europa solo verso la metàdel 1500. Il nome deriva dal fatto che venivaesportato dal porto di Lima in Perù. Il balsamo nonpreesiste negli alberi sani; la sua formazione è diorigine patologica. Si segnano sull’albero dellestriscie di corteccia, che vengono battute con unbastone. Dopo una settimana le parti danneggiatedella corteccia si staccano ed il balsamo inizia a co-lare. L’essudazione del balsamo può arrestarsi do-po alcuni giorni per cui la parte traumatizzata vie-ne scottata con una torcia; nel giro di pochi giorniil balsamo ricomincia a defluire in abbondanza. Laraccolta del balsamo dura tutto l’anno anche se èpiù indicata durante la stagione secca (dicembre-aprile).

Il balsamo del Perù si presenta come un liquidosciropposo di colore marrone, di odore simile aquello della vaniglia, di sapore amaro, acre. Nonappiccica e non si dissecca all’aria. Dà una soluzio-ne limpida con alcol (aggiunto in ugual peso) men-tre con solfuro di carbonio (tre parti di balsamo eduna parte di solfuro di carbonio) mescolato con ac-qua impartisce a questa miscela una reazione acida.

I principali componenti (60-65%) sono esteri del-l’acido cinnamico (benzil cinnamato – cinnameina– cinnamil cinnamato – striracina) e benzoico, (ben-zil benzoato); sono presenti anche resine (25-30%),acido cinnamico libero, tracce di vaniglia, un alcol(peruviolo).

Il balsamo del Perù è un componente di un-guenti e pomate ad azione antisettica. Per la suaproprietà astringente si utilizza poi in preparati an-tiemorroidari. Somministrato per os è poco tollera-to dal tratto gastrointestinale.

Il balsamo del Tolù (Tolù, piccola città dellaColombia) si ricava da Myroxylon balsamun (L)Horms var. balsamum (Fam. Fabaceae), legumi-nosa del Venezuela e della Colombia. M. balsa-mum si differenzia da M. pereirae perché ramificaa notevole altezza e per la grandezza delle foglie edei frutti (10-12 cm di lunghezza). La raccolta delbalsamo si effettua dopo aver praticato incisioni aforma di V sulla corteccia del tronco. Il balsamodel Tolù si presenta come un liquido sciropposo,quasi trasparente, di colore giallo, di odore di vani-glia e di benzoino, di sapore aromatico, debolmen-te acre. Con il passare del tempo il balsamo solidi-fica gradualmente; secco ha aspetto resinoso, fria-bile, colore rosso-bruno. È solubile in alcol e in al-tri solventi organici. La soluzione alcolica si colorain verde con percloruro di ferro.

Il balsamo del Tolù contiene il 75-80% di esteridell’acido cinnamico con alcoli resinosi, il 20-25%di acidi balsamici liberi, tracce di vanillina. Il bal-samo del Tolù è sofisticato con colofonia, trementi-na e resina. Si utilizza come antisettico, espettoran-te e balsa mico in preparati per la gola ed i bronchie per aromatizzare sciroppi medicinali, chewinggum, confetture e profumi. I preparati per la gola(pastiglie, caramelle ecc.) sono trattenuti in boccaper 5-15 minuti mentre si disciolgono. Il balsamodel Tolù, oltre ad agire come antisettico, facilita lasalivazione per il suo aroma. L’aumentata saliva-zione promuove il riflesso di deglutizione riducen-do lo stimolo della tosse.

Iridoidi

Gli iridoidi sono dei monoterpeni caratterizzati daun anello del tipo ciclopentanotetraidropirano, notoanche come iridano. Di questo gruppo fanno parteanche i secoiridoidi, composti che presentano un’a-pertura dell’anello ciclopentanico tra C-7 e C-8. Gli iridoidi ed i secoiridoidi noti sono circa 500: diquesti più di 300 sono iridoidi glicosidici, più di 100secoiridoidi glicosidici e più di 100 iridoidi non gli-

168 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 14 • Terpeni 169

cosidici. Il termine iridoide deriva dalle formiche delgenere Iridomyrmex: da queste furono isolati com-posti coinvolti nei meccanismi di difesa dell’inset-to (iridodiale, iridomirmecina e composti correlati).Queste sostanze sono presenti anche nelle piante ga-mopetale. La maggior parte degli iridoidi glicosidi-ci sono glucosidi; solo alcuni presentano nella por-zione zuccherina della molecola un oligosaccaride(ramnoside). Gli iridoidi non glicosidici possono es-sere alcaloidi, composti policiclici (plumericina) opoliesteri (valepotriati), mentre i secoiridoidi nonglicosidici sono rari (Olea spp.).

Lo studio dell’origine biosintetica degli iridoi-di fu stimolato dal ruolo chiave svolto dalla seco-loganina nella biosintesi degli alcaloidi recanti unastruttura monoterpenoidica. Gli iridoidi originanodall’isopentenil difosfato via 10-idrossi geraniolo.Questo composto si ossida e per ciclizzazione siforma l’anello ciclopentanico.

La estrazione di questi composti è piuttosto de-licata per la loro instabilità, che spiega il colore scu-ro che ha luogo subito dopo la raccolta della partedella pianta che contiene iridoidi. L’importanza te-rapeutica degli iridoidi e dei secoiridoidi è piutto-sto limitata. Alcuni (valepotriati) manifestano un ef-fetto sedativo, altri (aucubina, verbenalina, logali-na) un marcato effetto antiflogistico se applicatilocalmente (per os sono poco attivi), altri ancorahanno un sapore amaro (gentiopicrina).

Valeriana

È data dalle radici e dal rizoma di Valeriana offici-nalis L. (= V. sylvestris Black Dool.) (Fam. Vale-rianaceae). Valeriana dal latino valere = star beneriferito alle virtù terapeutiche della pianta; offici-nalis, da impiegare nell’officina farmaceutica; syl-vestris = selvatica, per il fatto che cresce spontaneaun po’ ovunque. L’uso della pianta sembra risaliregià ai tempi dei greci e dei latini.Habitat. Cresce spontanea nei luoghi umidi e om-brosi, dal mare alla montagna, in Europa centro-set-tentrionale e Asia del nord. È estesamente coltiva-ta nei Paesi europei e in Giappone.Descrizione della pianta. Pianta erbacea perenne,con rizoma verticale piuttosto breve e tozzo(1 × 4-6 cm), con stoloni e radici fascicolate, concaule eretto (80-200 cm), cilindrico, cavo, solcato,ramificato, con foglie opposte, impari pennate, lan-ceolate (o ovate), a margine dentato (o intero), confiori a corimbo terminale e con frutti rappresentatida un achenio dotato di un pappo piumoso conte-nente un solo seme (Fig. 14.19). La pianta fiorita

emana un gradevole profumo etereo, che non hanulla a che vedere con l’odore della droga secca.Greci e latini chiamavano questa pianta phu e Dio-scoride e Plinio la descrivevano come una specie dicardo selvatico.Parti usate. Radici e rizoma formanti il ceppo ra-dicale.Raccolta e preparazione della droga. La raccoltaviene fatta in aprile, prima dell’inizio del periodovegetativo, oppure in agosto-settembre, da piante al2º-3º anno di vita. I ceppi radicali, una volta sradi-cati, vengono mondati delle parti aeree, lavati ed es-siccati in locali aerati o in essiccatoi ad aria calda.Nel rizoma le cellule che contengono l’olio essen-ziale sono localizzate nell’ipoderma, costituito da

Fig. 14.19 Valeriana officinalis: ramo con foglie e fiori (a)e ceppo radicale (b)

a

b

cellule grandi con pareti sottili, per cui la droga vatrattata con cura ed essiccata ad una temperaturanon superiore a 40 °C. La droga una volta essicca-ta viene custodita in recipienti ben chiusi, al riparodall’umidità e dalla luce.Descrizione della droga. Ceppo radicale (Fig. 14.19b)costituito da un rizoma di forma conico-ovoidale,cavo, di colore bruno, con striature longitudinali; leradici sono numerose, sottili, ramificate, di forma ci-lindro-conica, di colore marrone, lunghe 8-10 cm.Possono essere presenti degli stoloni che sono sot-tili come le radici, ma cavi e portano nodi e squame.La radice fresca è inodore, ma durante l’essicamen-to si liberano acidi come butirrico, valerianico, iso-butirrico, isovalerianico e capronico, che imparti-scono alla droga un odore nauseante. Il sapore è aro-matico, dapprima dolciastro, poi amarognolo.Esame microscopico della droga. Le radici in se-zione trasversa, dalla periferia al centro, presentano:epidermide con peli tettori conici unicellulari; ipo-derma a cellule poligonali contenenti tannino ooleoresina; ampio parenchima corticale a cellule po-ligonali con granuli semplici o composti di amido;endoderma a cellule rettangolari ricche di oleoresi-ne; nel cilindro centrale un sottile strato di paren-chima amilifero circonda la zona del libro; cambiofestonato, esile, a cellule schiacciate; legno a cellu-le più grosse con raggi e fasci vascolari; midollo acellule poliedriche e con sclereidi rettangolari. Il ri-zoma in sezione trasversale è costituito dagli stessitessuti della radice, ma la presenza di numerosi fa-sci legnosi che originano dalle radici ne rende piùcomplessa la struttura ed il midollo centrale, volu-minoso, comprende delle lacune.

La polvere presenta: granuli di amido (3-20 μm),scleridi rettangolari, frammenti di epidermide con pe-li conici, unicellulari, frammenti di parenchima.Componenti principali. L’olio essenziale (0,3-0,7%)contiene isovalerato di bornile, acetato e formiatodi bornile, acido valerenico e acetossivalerenico(Fig. 14.20) e sesquiterpenoidi (β-cariofillene, vale -

ranale, valeranone). Inoltre contiene una miscela diiridoidi noti come valepotriati, presenti nella drogafresca e in quella essiccata a temperatura inferiorea 40 °C. La droga contiene anche tracce di alcaloi-di (pirril-α-metilchetone e valerianina).

Per la FU la droga deve contenere non meno del15% di sostanza estrattiva. Per la Ph. Eur. la dro-ga essiccata deve contenere non meno di 5 ml/kgdi olio essenziale mentre quella tagliata ne devecontenere non meno di 3 ml/kg e non meno dello0,17% di acidi sesquiterpenici, espressi come aci-do valerenico.Proprietà ed impiego terapeutico. La valeriana vie-ne comunemente utilizzata come sedativo nei di-sturbi del sonno e negli stati di agitazione. Co-munque in questi ultimi anni la valeriana è stataestensivamente studiata per caratterizzare megliosia l’azione farmacologica che i componenti che nesono responsabili. Circa il meccanismo d’azione cisono buone ragioni per rite nere che la valerianaagisca sul GABA stimolandone la sintesi ed ilrelease ed inibendone il re-uptake ed il cataboli-smo. Alcuni trials clinici mostrano poi che la va-leriana è efficace nell’insonnia e nell’ansia. Uno diquesti riporta anche una eguale efficacia della va-leriana e dell’oxazepam nel migliorare la qualitàdel sonno. Altri trials mostrano invece una scarsaefficacia della valeriana. Dall’analisi di questitrials si evince comunque che un trattamento pro-lungato, e non singole somministrazioni, risulta ef-ficace e quindi costituisce un utile approccio tera-peutico. Oggi si ritiene poi che la valeriana si com-porti da ansiolitico e antidepressivo, ma non dasedativo e miorilassante.Effetti collaterali, tossicità. La valeriana può cau-sare, a dosi eccessive e per un uso prolungato, emi-crania, insonnia, eccitabilità, diminuzione della fre-quenza cardiaca, aumento della pressione, diminu-zione della secrezione renale. I valepotriati sem-brano essere citotossici a causa del potere alchilantedel gruppo epossidico: quest’effetto però non si ma-nifesta se la droga viene assunta per via orale inquanto nel tratto gastroenterico vengono demoliti aprodotti non epossidici. I valepotriati col tempo sidecompongono; pertanto una tintura di valerianaconservata per 1-2 mesi è meno tossica di una ap-pena preparata.

Arpagofito

È dato dalle radici secondarie (tuberi) di Harpa-gophytum procumbens e H. zeyheri (Fam. Pedalia -ceae). Harpagophytum deriva dal greco e significa

170 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.20 Struttura chimica dell’acido valerenico (R=H)e dell’acido acetossivalerenico (R=OCOCH3)

RH

COOH

Capitolo 14 • Terpeni 171

uncino, gancio, in riferimento all’aspetto delle ra-dici. H. procumbens comprende due sottospecie:procumbens (Purch) de Candolle e transvaalenseIhlanfeld e Hartmann. H. zeyheri ne comprende 3:schiffii Ihlanfeld e Hartmann, sublobatum (Engler)Ihlanfeld e Hartmann e zeyheri Decaisne.Habitat. Sud Africa, Namibia, Botswana, Angola,Zambia, Mozambico.Descrizione della pianta. H. procumbens è una piantaperenne, rampicante, tuberosa, alta 1,5-2 m. I caulioriginano da un tubero primario (o madre): da questosi sviluppano delle radici lunghe 25 cm e larghe 6 cmcirca che danno a loro volta tuberi secondari e nuo-ve radici (secondarie) che occupano un’area circola-re di 1,5 m (Fig. 14.21). Le foglie sono opposte, lo-bate e di un colore blu-verde. I fiori sono isolati e diun colore lilla che tende al rosa. I frutti, legnosi, lun-ghi circa 15 cm, sono provvisti di escrescenze simi-li ad uncini, da cui il nome artiglio del diavolo: con-tengono numerosi semi neri.Parti usate. Radici secondarie.Raccolta e preparazione della droga. Le radici, rac-colte quando i tuberi secondari raggiungono le giustedimensioni, vengono tagliate a rotelle e immediata-mente essiccate in stufa a circa 50 °C. La presenza diradici primarie rappresenta una sofisticazione.Descrizione della droga. La droga si presenta indischi, di 2-6 cm di diametro e dello spessore dicirca 5 mm, di colore bianco-grigiastro, circonda-ti da un sughero il cui colore può variare dal gri-gio-giallognolo al bruno. La frattura della droga èmolto dura e liscia.Componenti principali. Glicosidi iridoidi (1,3-3%)quali arpagoside, procumbide, arpagide e 8-para-cumaroil-arpagide; flavonoidi (kaempferolo, luteo-lina ecc.); acidi organici (clorogenico, caffeico,cinnamico ecc.); triterpeni e poi fitosteroli, acteo-side, arpagochinone ecc.Proprietà ed impiego terapeutico. All’arpagofito so-no state attribuite diverse proprietà: antiflogistiche,antireumatiche, analgesiche, spasmolitiche, ipogli-cemiche, digestive. Di queste soltanto le proprietà an-tiflogistiche ed analgesiche sono state approfonditein questi ultimi anni utilizzando modelli sperimen-tali più appropriati, come l’artrite da adiuvante, l’e-dema da carragenina ed i crampi addominali da aci-do acetico. I risultati della maggior parte degli studisperimentali concordano nel ritenere l’arpagofito at-tivo quanto l’aspirina e l’indometacina. Comunque,studi rivolti a chiarire il meccanismo d’azione mo-strano che l’arpagofito inibisce la lipossigenasi equindi la formazione di leucotrieni, al contrario deifarmaci aspirino-simili che inibiscono la ciclossige-nasi e quindi le prostaglandine. Dagli studi speri-

mentali si rileva comunque che l’ambiente gastricoinattiva l’arpagofito. Gli studi clinici evidenziano chel’arpagofito allevia il dolore, riduce l’infiammazio-ne muscolare e migliora la mobilità delle articola-zioni in pazienti con patologie artritiche, dolori mu-scolari e tendinite. Dagli studi clinici si evince poiche la dose giornaliera di arpagofito deve corrispon-dere a non meno di 60 mg di arpagoside se si vuoleottenere una risposta terapeutica soddisfacente.Effetti collaterali, tossicità. L’arpagofito è una dro-ga sicura, raramente provoca lievi disturbi ga-

Fig. 14.21 Harpagophytum procumbens: pianta (a), radi-ce e frutto (b)

a

b

strointestinali (flatulenza, dispepsia, diarrea). Poi-ché inibisce gli enzimi del citocromo P450, depu-tati al metabolismo dei farmaci, si sconsiglia l’usocontemporaneo di farmaci antipertensivi, anticoa-gulanti o antidiabetici. Inoltre è da vietare l’uso del-l’arpagofito in gravidanza, nei diabetici ed in pa-zienti con ulcere gastro-duodenali.

Genziana

È data dalla radice essiccata di Gentiana lutea L.(Fam. Gentianaceae), un’erba perenne alta 1 m confoglie larghe, ellittiche e decussate e grandi fiorigialli (Fig. 14.22). La pianta cresce nelle aree mon-tuose dell’Europa centrale e meridionale. La radi-ce, che può essere lunga oltre 1 m, è raccolta dapiante di 2-5 anni. La genziana contiene iridoidi(principi amari), come il gentiopicroside (3,5-10%)ed in misura minore amarogentina (0,01-0,5%),amaroswerina (0,03-0,1%), amaropanina (0,02-0,2%), gentiobiosio (0,08-0,12%) e swertiamarina;inoltre sono presenti il gentianosio (un trisaccarideamaro) e l’alcaloide gentianina (0,6-0,8%). I prin-cipi amari amaroswerina e amaropanina sono ca-ratteristici di altre specie di Gentiana (G. pannoni-

ca, G. punctata, G. purpurea). Secondo la Ph. Eur.IV e la Commissione E tedesca, la droga (Gentia-nae radix) deve avere un indice di amarezza non in-feriore a 10.000.

La genziana stimola le papille gustative e au-menta il flusso di saliva e le secrezioni dello sto-maco per azione riflessa. Studi effettuati sui canihanno dimostrato un aumento (fino al 30%) dellasecrezione acida gastrica, mentre altri studi effet-tuati sulle pecore hanno evidenziato un aumentonella secrezione di enzimi digestivi. Le proprietàamare della droga sono responsabili di tale attività.L’amarezza della droga è attribuita principalmenteall’amarogentina (che ha un indice di amarezza di58.000.000) ed al gentiopicroside, che ha un indi-ce di amarezza di 12.000 (ma è presente in quan-tità molto maggiore). Amaroswerina e amaropani-na hanno rispettivamente un indice di amarezza di58.000.000 e 20.000.000. La genziana possiedeanche proprietà coleretiche, che potrebbero coa-diuvare le proprietà digestive della droga; inoltreaumenta la secrezione bronchiale.

L’uso della genziana come eupeptico e stimolan-te dell’appetito è molto diffuso, specialmente tra glianziani. La genziana viene raccomandata dalla Com-missione E tedesca per i disturbi dispeptici, per laperdita dell’appetito, per contrastare il senso di pie-nezza e per il trattamento della flatulenza. Gli Auto-ri di una revisione sistematica hanno evidenziato, tral’altro, l’esistenza di uno studio clinico randomizza-to. Questo studio riporta che la genziana (da sola oin associazione a boldo, cascara e rabarbaro), som-ministrata per un periodo di 28 giorni a 359 pazien-ti con disturbi funzionali lievi o moderati, era supe-riore al placebo nel ridurre i sintomi dispeptici e nelcontrastare la riduzione di appetito. Gli Autori di unaltro studio non controllato hanno altresì dimostratoche un estratto di genziana (equivalente a 0,2 g didroga) stimolava la secrezione acida gastrica e losvuotamento della colecisti.

La genziana è considerata una droga sicura. Dal-l’analisi degli studi clinici non emergono effetti col-laterali di rilievo. La Commissione E tedesca riportache la genziana (come tutte le droghe amare) puòcausare occasionalmente mal di testa in personeparticolarmente suscettibili ed è controindicata inpazienti con ulcera gastrica e duodenale (la gen-ziana, infatti, stimola la secrezione acida gastrica).Si ritiene, inoltre, che la genziana sia controindica-ta in individui ipertesi, sebbene non esistano basiscientifiche che confermino questa asserzione.

La Commissione E tedesca raccomanda unadose giornaliera di 2-4 g di droga secca. Le prepa-razioni indicate sono la tintura (1-3 g) e l’estratto

172 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.22 Gentiana lutea: pianta

Capitolo 14 • Terpeni 173

fluido (2-4 g). La Ph. Eur. VI riporta la monogra-fia relativa alla tintura di genziana (Gentianaetinctura), che si prepara da una parte di droga smi-nuzzata e 5 parti di etanolo (70% V/V). Il valoreamaricante minimo è 1000. La FU XII, invece, ri-porta la monografia relativa all’estratto fluido(Gentianae extractum fluidum). L’estratto si pre-para dalla droga polverizzata per trattamento conalcol al 30% (V/V).

In alcuni studi clinici non controllati è stato dimostrato che una dose di 0,2 g di droga secca è in grado di aumentare la secrezione acida gastrica.

Olivo

Si tratta di un albero (Olea europea L., Fam. Pede -liaceae) sempreverde originario dell’Asia Minore.Considerato dagli antichi sacro a Minerva, è alto 8-10 m e presenta un tronco grigio e foglie lanceo-late, coriacee, di un color verde cupo su pe rior mentee bianco-argento inferiormente. I fiori sono riunitiin grappoli biancastri. Il frutto è una drupa ovale,con polpa ricca di olio (Fig. 14.23). Le foglie con-tengono glicosidi secoiridoidi (oleuropeina e pro-dotti correlati), sostanze ad attività vasodilatatricee antiossidante. Decotti ottenuti con le foglie es-siccate ed estratti di foglie contenenti il 20% dioleuropeina sono ritenuti utili nei casi di iperten-sione, gotta e reumatismi. La Commissione E te-desca pur riportando che le foglie di O. europeapossiedono proprietà ipotensive e coronarodilata-trici, non raccomanda il loro impiego nell’iperten-sione. Anche la corteccia essiccata di O. europeaviene utilizzata dalla medicina popolare sotto for-ma di decotto come febbrifugo ed antinevralgico.L’uso dell’olivo non provoca effetti indesiderati, nési conoscono controindicazioni.

Carotenoidi

I carotenoidi comprendono numerosi tetraterpenoi-di, composti a 40 atomi di carbonio, con un siste-ma di doppi legami e due anelli terminali alle dueestremità della catena carboniosa. Il nome è stato lo-ro attribuito in seguito alla scoperta del β-carotenenelle carote (Daucus carota). Si tratta di pigmentigialli e rossi, ma anche verdi, che agendo nelle pian-te come collettori di energia luminosa svolgono unruolo importante nel processo di fotosintesi. Si sud-dividono in caroteni e xantofille: i primi sono idro-carburi, i secondi dei derivati idrossilati. Tutti i ca-rotenoidi derivano dal fitoene, un idrocarburo in-

colore che si forma, come lo squalene, dalla con-densazione di due molecole di geranil-difosfato. Lasequenza di reazioni che porta alla formazione deicarotenoidi viene catalizzata dall’enzima fitoenesintetasi, isolato dai cloroplasti di Capsicum. Leproprietà biologiche dei carotenoidi possono esse-re così riassunte:(i) i carotenoidi, in particolare il β-carotene, vengo -

no degradati nel lume intestinale a retinolo (vi-tamina A), utile per gli occhi e la cute (una ca-renza di vitamina A causa xeroftalmia ed iper-cheratosi). Il β-carotene è presente nelle carote,nei meloni cantalupo, nei broccoli, negli spina-ci e poi in uova, fegato, pesce e olio di palma.

(ii) studi epidemiologici lasciano intendere cheesiste una stretta relazione tra consumo di frut-ta e verdura contenenti carotene e bassa inci-denza di tumori. Studi sperimentali e clinici

Fig. 14.23 Olea europea: pianta (a), foglie e frutti (b)

a

b

mostrano però che non c’è alcuna relazione traincidenza di cancro e livelli plasmatici di β-ca-rotene. Anche se resta ancora da chiarire il ruo-lo preventivo del carotene nel cancro ed in al-tre patologie cardiache, rimangono evidenti ibenefici di una dieta ricca di frutta e verdura.

(iii) i carotenoidi incrementano i livelli di glutatio-ne ed inibiscono l’ossidazione del DNA e delleLDL e la perossidazione lipidica. È stato in par-ticolare dimostrato che il licopene, un isomeroaciclico del β-carotene, può essere utile nelprevenire alcuni tumori, soprattutto il cancro al-la prostata. Il licopene è presente soprattutto nelpomodoro, ma anche nell’anguria, nella papaia,nel pompelmo e nella pera gialla. L’olio d’oli-va e i trigliceridi a catena media facilitano l’as-sorbimento del licopene che viene tanto più as-sorbito quanto più il pomodoro è cotto (ragù >sugo semplice > pomodoro crudo).

(iv) i carotenoidi interferiscono con i processi di fo-tosensibilizzazione e pertanto sono utilizzati neltrattamento della fotosensibilizzazione legataalla porfiria e dermatite di origine fototossica(orticaria, lupus eritematoso, fotosensibilizza-zione da farmaci). Questi prodotti (β-carotene,cantaxantine) vengono dati per os ; sono contro -indicati in caso di glaucoma e malattia retinica.

(v) i carotenoidi, opportunamente utilizzati, colo-rano la cute sulla quale vengono spalmati, manon proteggono dai raggi UV. Pertanto entranonella composizione di preparati abbronzanti.

(vi) i carotenoidi, in particolare luteina e xantina(presenti nei cereali, rosso d’uovo, broccoli, le-gumi, lattuga, kiwi, mango, arancia), preven-gono il rischio di cataratta e di degenerazionedella macula.

I carotenoidi sono disponibili in due forme: co-me microcristalli sospesi in un olio vegetale o comepolvere da disperdere in acqua (o atomizzati in unaemulsione olio/acqua). Questi coloranti naturali so-no utilizzati come tali nel settore farmaceutico ed ali-mentare (il codice identificativo è 160: β-carotene =E160a; licopene 160d; xantofille = E161 ecc.).

I carotenoidi sono presenti, oltre che nella frut-ta e nella verdura, in alcune droghe vegetali, qualipeperoncino e zafferano.

Capsico (peperoncino)

Noto anche come peperoncino rosso o della Cajen-na, è il frutto essiccato di Capsicum frutescens L. (= C. minimum (Mill.) Roxb, C. fastigiatum, Blumao C. baccatum) (Fam. Solanaceae). Al genere

Capsicum appartengono anche C. annuum, var. lon-gum e dulcis (il comune peperone dolce), C. tetra -gonum, C. oblongum, C. acuminatum ed altre spe-cie e varietà utilizzate per scopi alimentari. Capsi-cum, dal latino capsa = scatola, perché i semi sonochiusi come in una scatola oppure dal greco χαπτώ= mordo, perché dal sapore pungente; frutescens acespuglio; minimum perché piccolo di dimensioni;fastigiatum, con i rami ritti contro il fusto. Origina-rio del Messico e dell’America del sud (Brasile, Perùecc.) fu introdotto in Europa nel sec XVI dagli spa-gnoli e diffusamente coltivato nelle regioni tropica-li e subtropicali. Si tratta di un arbusto perenne altocirca 1 m, con fusto glabro, ramificato, con fogliealterne (o isolate) a lamina intera e fiori giallastri odi un colore grigio. Il frutto è una bacca allungata(lunga 2-3 cm) e leggermente ricurva all’apice, dicolore rosso bruno (Fig. 14.24). Con l’essiccamento

174 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.24 Capsicum annuum: pianta (a) e frutti (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 175

(al sole o a temperature di circa 40 °C) la superficieesterna del pericarpo si presenta lucida e rugosa altatto mentre quella interna è opaca. All’interno ilfrutto presenta due logge che contengono numerosisemi appiattiti e giallognoli.

Il capsico presenta un odore lieve, caratteristicoed un sapore forte, piccante. Contiene capsaicinoi-di (circa l’1,5%), tra cui la capsaicina, un olio vola-tile (0,17-1,25%), caroteni, vitamine B2, A e C), aci-di malonico e citrico, un olio fisso (8-18%) ecc. Se-condo la FU XI il frutto maturo essiccato di C.frutescens deve contenere non meno dello 0,4% dicapsaicinoidi, calcolati come capsaicina. La capsai-cina agisce su alcuni recettori (detti dei vanilloidi)localizzati sulle fibre sensoriali gastriche attivando-li prima (questo causa un rilascio di sostanze algo-gene tra cui la sostanza P) e poi desensibilizzando-li (il prolungato release di sostanze algogene de-sensibilizza le fibre sensoriali determinando unaridotta percezione del dolore). La desensibilizza-zione dei recettori per i vanilloidi rappresenta unpromettente approccio terapeutico per il controllodei dolori muscolari (per os) e reumatici (per appo-sizione) e per quello epigastrico in pazienti con dispepsia funzionale. Inoltre, studi sperimentali edepidemiologici suggeriscono che l’assunzione dicapsico può ridurre o prevenire l’ulcera gastro-duodenale. La dose di capsico consigliata è di 2,5 g/die (si consigliano capsule di gelatina per vei-colare la droga in polvere). Il capsico si utilizza an-che sotto forma di pomata (2,5%) e di tintura. L’u-so continuo di capsico può alterare la motilità inte-stinale (provocando diarrea e coliche addominali) ecausare problemi respiratori (reazioni allergiche inpersone allergiche e frequenti colpi di tosse). La ca-psaicina aumenta la biodisponibilità della teofillina,se assunta contemporaneamente, e provoca la tossein pazienti in trattamento con ACE inibitori.

L’uso analgesico di preparazioni contenenti ca-psaicina è noto da anni. In Cina si usava strofinareestratti di capsico sullo scroto degli eunuchi primadella castrazione. L’unguento che contiene estratti otintura di capsico è usato esternamente per combat-tere dolori come lombaggini e la nevralgia post-er-petica. La capsaicina, somministrata invece comeaerosol, raggiunge la mucosa nasale ed esercita ef-fetti positivi sulla rinite vasomotoria.

Zafferano

È dato dagli stimmi di Crocus sativus L. [= C. of-ficinalis Pers., C. autumnalis Smith. (Fam. Irida-ceae)]. Crocus dal greco ceoco© o ceocon = zaf-

ferano; secondo Ovidio la pianta prende il nome daCrocus, amato dalla giovane Smilax e cambiato perdisperazione in fiore; autumnalis perché fiorisce inautunno; officinalis, delle officine farmaceutiche.Usato come correttivo dei sapori nella pratica culi-naria, allo zafferano è stata di recente attribuitaun’azione antidepressiva.Habitat. Originario dell’Asia occidentale, Siria edIran, è ampiamente coltivato in alcune regioni ita-liane quali Abruzzo, Calabria, Sicilia, Sardegna.Descrizione della pianta. Pianta erbacea alta circa20 cm, con un bulbo rivestito di tuniche fibrose bru-ne e foglie lineari, acute, recanti una striscia bian-ca nella pagina inferiore. I fiori sono solitari, vio-lacei, a forma di bulbo allungato, con tre stami e trestimmi (Fig. 14.25).Parti usate. Stimmi.Raccolta e preparazione della droga. I fiori si rac-colgono al mattino, quindi si separano gli stimmiche si lasciano essiccare ad una temperatura di 35 °C. Una temperatura più alta conferisce alla

Fig. 14.25 Crocus sativus: pianta (a) e stimmi (b)

a

b

droga una colorazione di un azzurro intenso o ne-rastra mentre una temperatura più bassa favoriscela formazione di muffe. Per ottenere un chilo-grammo di droga essiccata occorrono circa 90.000fiori.Descrizione della droga. Si presenta come unamassa di filamenti flessibili, untuosi al tatto, dicolore rosso mattone i più grossi, gialli i più pic-coli, corrispondenti ai residui dello stilo. Gli stim-mi sono tubulari, lunghi 2-4 cm se secchi; gli sti-li sono lunghi 5 mm. La presenza di fili bianco-giallini indica la presenza di residui dello stilo. Lozafferano ha un odore particolare e sapore amaroed aromatico; masticato tinge di giallo la saliva.Lo zafferano, per il suo altissimo costo, viene difrequente adulterato. Per la Ph. Eur. la droga ri-scaldata con idrato di potassio non deve svilup-pare ammoniaca; inoltre una parte di zafferano inpolvere deve colorare di giallo 500.000 parti diacqua.Componenti principali. Carotenoidi quali crocetinae crocina; un eteroside amaro, la picrocrocina (cir-ca il 4%); un olio essenziale (0,4-1,3%) che con-tiene principalmente safranale, oltre a cineolo e pi-nene; inoltre licopene e zeaxantina; vitamine delgruppo B; gomme; ecc. Crocina, crocetina e safra-nale sono considerati i principali responsabili del-l’azione biologica dello zafferano, ma non si puòescludere un’azione sinergica tra questi composti edaltri presenti nella droga.Proprietà ed impiego terapeutico. Citato anche da Omero, presso gli antichi lo zafferano vantavaproprietà spasmolitiche, digestive, emmenagoghe,espettoranti, diaforetiche, antitumorali, ansiolitiche,ipnotiche ed antidepressive. Molti di questi impie-ghi sono stati scientificamente convalidati. Studi re-centi hanno ad es. mostrato che lo zafferano migliorala memoria e l’apprendimento di topi e ratti. Lo stes-so effetto provocano la crocina e la crocetina. Inol-tre la crocina migliora il flusso sanguigno nella re-tina lasciando ipotizzare un impiego di questa so-stanza nei disordini neurovegetativi e nella dege-nerazione della macula. Diversi studi hanno poi mo-strato che lo zafferano ed i suoi componenti attivi(crocina e derivati) prevengono la formazione di tu-mori. I meccanismi ipotizzati sono diversi: inibi-zione della proliferazione cellulare, induzione del-l’apoptosi, inibizione della sintesi degli acidi nu-cleici intracellulari, inibizione dei radicali liberi.Questi dati giustificano l’uso dello zafferano comeantitumorale e chemiopreventivo nei Paesi orienta-li. Di recente è stata anche mostrata una proprietàafrodisiaca dello zafferano e della crocina, ed una lo-ro interazione con il sistema oppioide. Comunque,

nei Paesi orientali, la più importante applicazionedello zafferano riguarda la depressione. Studi clini-ci piuttosto recenti hanno mostrato un’efficacia del-lo zafferano nella depressione lieve e moderata,equiparabile a quella di antidepressivi etici (imipra-mina, fluoxetina). Per gli studi clinici i ricercatori sisono avvalsi di un estratto idroalcolico di zafferano,titolato in termini di safranale. In uno studio clinicoè stato anche utilizzato un estratto di petali di C. sa-tivus ed il risultato è stato equiparato a quello otte-nuto con estratti di stimmi di C. sativus. Visto il co-sto elevato degli stimmi, questo risultato, se confer-mato su di un numero più ampio di pazienti,potrebbe essere di enorme interesse clinico e prati-co. Negli studi clinici sono state utilizzate capsulecontenenti 15 mg di estratto idroalcolico secco dizafferano, equivalenti a 0,3 mg di safranale. La do-se giornaliera è stata di 30 mg (2 capsule) e la dura-ta del trattamento è stata di 6 settimane. L’estratto èstato preparato esaurendo 120 g di droga in 1800 mldi etanolo (all’80%) a 35-40 °C ed infine portandoa secco l’estratto.Effetti collaterali, tossicità. Lo zafferano può causa-re, in un ristretto numero di pazienti, disturbi lievi emomentanei quali mal di testa, nausea, perdita di ap-petito e dolore gastrico. La Commissione E tedescariferisce che dosi di 5-10 g (molto elevate e non com-parabili con quelle terapeutiche) provocano aborto edemorragie diffuse. L’estratto di petali è molto menotossico perché non contiene alcaloidi e saponine. Lozafferano è controindicato in gravidanza. Non sonoriportate interazioni con farmaci etici.

Curcuminoidi e gingeroli

Si tratta di composti (curcuminoidi, gingeroli) co-lorati (presenti nella curcuma) e pungenti (zenzero)diffusi in diverse specie appartenenti alla famigliadelle Zingiberaceae. In questi ultimi anni diversistudi hanno delucidato le proprietà biologiche del-lo zenzero e della curcuma ed il loro impiego incampo clinico.

Zenzero

È dato dal rizoma di Zingiber officinale Roscoe(Fam. Zingiberaceae). Zingiber dall’indiano zen-gibil o zingibi; officinale, in riferimento all’impie-go della droga nell’officina farmaceutica.Habitat. India. Oggi viene coltivato in alcuni Pae-si asiatici, in Australia, Giamaica e nelle regioni tro-picali dell’Africa.

176 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 14 • Terpeni 177

Descrizione della pianta. Pianta erbacea perenne,voluminosa, con rizoma ramificato, caule (pseudo-caule) alto circa un metro, cavo, con foglie basaliinguainanti, lanceolate le superiori, lunghe 10-20 cme peduncoli fiorali con fitte infiorescenze (Fig. 14.26).Parti usate. RizomiRaccolta e preparazione della droga. La droga siraccoglie in autunno-inverno e si essicca rapida-mente ad una temperatura di circa 50 °C.Descrizione della droga. Il rizoma è lungo 4-13 cme largo 1-2 cm. Si presenta compresso sui lati e re-ca 3-4 lobi (prolungamenti) appiattiti, ottusi alleestremità e lunghi 1-3 cm. In commercio si trova lozenzero bianco (decorticato), quello nero o bruno(munito di corteccia) e quello grigio-biancastro.Presenta una frattura fibrosa e granulare, odore aro-matico e sapore caldo, pungente.Componenti principali. Una oleoresina che contie-ne gingeroli (3%) e prodotti omologhi (shogaoli) ol-tre a gingedioli, metilgingedioli ed i loro diacetati;

un olio essenziale (1-3%), i cui componenti princi-pali sono β-bisabolene, zingiberene, geraniolo, ne-rale ecc.; capsaicina; diterpeni; ecc. Lo zingerone,uno dei componenti dell’oleoresina è stato il primocomponente dello zenzero ad essere determinatochimicamente.Proprietà ed impiego terapeutico. Lo zenzero è uncomune condimento nei Paesi asiatici ed anche unrimedio contro i disturbi gastrointestinali. In annirecenti è stato osservato che lo zenzero ed i suoicomponenti attivi (gingerolo, shogaoli, galanolat-tone) bloccano a livello gastrico i recettori 5-HT3della serotonina (implicati nella genesi del vomi-to) e di conseguenza riducono la possibilità che ilsegnale emetico dallo stomaco arrivi a livello cen-trale (cervello). Nel contempo, il blocco dei recet-tori serotoninergici gastroenterici causa un au-mento del release di Ach con conseguente aumen-to della motilità gastrica. Lo zenzero protegge poila mucosa gastrica da insulti provocati dai far maciaspirino-simili o dall’alcol e riduce i livelli emati-ci di colesterolo (impedendone la sintesi, ma anche l’assorbimento intestinale). Gli studi clinici ed al-cune revisioni sistematiche raccomandano lo zen-zero nel vomito gravidico, ma non in quello po-stoperatorio o cinetosico (da movimento). La Com-missione E tedesca consiglia 2-4 g/die di drogaessiccata. La dose di zenzero utilizzata in alcunistudi clinici è di 1 g/die di droga, mentre in altri èdi 300-600 mg/die di un estratto acetonico (rap-porto droga:solvente 10-20:1).Effetti collaterali, tossicità. Gli studi clinici mo-strano che gli effetti indesiderati dello zenzero so-no sovrapponibili a quelli del placebo; pertanto ladroga è da considerarsi sicura.

Curcuma

È data dal rizoma di Curcuma longa L. (= C. do-mestica Val.) (Fam. Zingiberaceae). Curcuma, dalsanscrito Kum-Kuma o dall’indiano Kur-Kum; lon-ga, per la forma dei rizomi. Si tratta di una piantaerbacea alta circa 1 m, con un rizoma verticale dalquale partono inferiormente numerose radichette esuperiormente 5-10 foglie lunghe anche un metro,picciolate e con un lembo ellittico o oblungo edacuminato alla sommità. Le foglie contornano unainfiorescenza a spiga formata da piccoli fiori gial-li o bianchi. Il frutto è una capsula, divisa interna-mente in 3 logge contenenti diversi semi piuttostopiccoli. Originaria dell’Asia meridionale (India,Pakistan, Malesia) è oggi presente nella maggiorparte dei Paesi tropicali. I rizomi si raccolgonoFig. 14.26 Zingiber officinale: pianta (a) e radice (b)

a

b

quando le parti aeree sono secche, si privano di ra-dici, si essiccano ulteriormente al sole e meccani-camente si mondano eliminando scaglie e strati su-perficiali della corteccia. La droga del commerciosi presenta in pezzi cilindrici, ingrossati al centro,affusolati alle estremità, con evidenti cicatrici deigetti delle foglie. Il colore è giallo, la frattura è net-ta, l’odore aromatico ed il sapore caldo e alquantoamaro (Fig. 14.27).

La droga proviene per l’80% dall’India ed inparticolare dagli stati di Andhra Pradesh, TamilNadu e Orissa. Contiene curcuminoidi (fino all’8%),sostanze colorate di giallo, strutturalmente corre-late al fenilpropano (più precisamente al diarilep-tano), un olio essenziale (4,2-14%) composto dimonoterpeni (curcumene), sequiterpeni (bisabo-lani e germacrani), amido (45-55%) ecc. I prin -cipali curcuminoidi sono: curcumina (50-60%),

dimetossicurcumina e bisdemetossicurcumina. Se-condo la Com missione E tedesca la droga devecontenere non meno del 3% di curcuminoidi, cal-colati come curcumina, e non meno del 3% di olioessenziale.

La curcuma è largamente usata in estremooriente (India, Cina, Malesia ecc.) come rimedionelle epatopatie e come diuretico; inoltre si usa co-me colorante e come condimento (entra nella com-posizione del curry, un tipo di salsa usata anchein Inghilterra). In Europa fu introdotta dagli olan-desi i quali la importarono dalle loro colonie delleIndie orientali. Nel 1905 fu iscritta nella Farma-copea Olandese e circa vent’anni dopo compar-vero i primi studi farmacologici e clinici. Di re-cente è stato mostrato che la curcuma incrementail flusso biliare agendo sia sulla produzione di bi-le che sulla motilità delle vie biliari. I responsabi-li di questa azione sembrano essere i componentidell’olio essenziale piuttosto che i curcuminoidi,scarsamente assorbiti per os. È stato anche vistoche la curcuma possiede proprietà antiflogistiche(inibisce la produzione di mediatori endogeniproinfiammatori ed il metabolismo epatico delcortisone con conseguente aumento di steroidicircolanti; aumenta la produzione di steroidi en-dogeni), antiossidanti (inibisce la perossidazionelipidica) ed antivirali (inibisce la replicazione del-l’HIV). Uno studio randomizzato, condotto di re-cente su 116 pazienti con dispepsie di vario tipo(acida, atonica, con flatulenza), mostra che un trat-tamento quotidiano con 2 g di curcuma per 7 gior-ni dava una risposta soddisfacente, se confrontatacon il placebo. La Commissione E tedesca racco-manda la curcuma nelle dispepsie, non segnala ef-fetti indesiderati, ma avverte che è controindicatanei casi di ostruzione delle vie biliari; inoltre se-gnala che la curcuma di Giava (C. xanthorrhizaRoxb) può provocare disturbi gastrici.

Droghe che contengono terpenoidi ed altricomponenti attivi

Agnocasto

L’agnocasto è dato dai frutti di Vitex agnus castus L.(Fam. Verbenaceae). Vitex = annodare, riferito ai ra-mi flessibili usati per fissare i tralci; agnus = agnelloe castus = casto, cioè grato al Signore. L’agnocastoviene da secoli impiegato per normalizzare il ciclomestruale e soprattutto nella sindrome premestruale.Habitat. Europa meridionale. Si coltiva nei Paesitropicali e subtropicali.

178 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.27 Curcuma longa: pianta (a) e rizoma (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 179

Descrizione della pianta. Arbusto eretto, alto 1-6 m,ramificato, grigiastro, con foglie picciolate, oppo-ste, palmato-composte, con 5-9 foglioline lanceo-late, lunghe anche 10 cm e larghe 0,5-2 cm, di co-lore verde e glabre nella pagina superiore, bianchee tomentose inferiormente. I fiori, di un blu-rosa (ta-lora bianchi) sono raccolti in spighe terminali. Ilfrutto è una drupa di un colore rossiccio scuro, ten-dente al nero (Fig. 14.28).Parti usate. Frutti.Raccolta e preparazione della droga. Si raccogliein ottobre quando il colore passa dal verde al rossoscuro o nero e si essicca in stufa a circa 40 °C.Descrizione della droga. Il frutto è piccolo (2-4 mmdi diametro), globoso, estremamente duro, quadrilo-culare, con un seme per ogni loggia, ma uno soltan-to raggiunge la maturità. Ha un odore aromatico edun sapore amaro, lievemente pungente, che ricordaquello del pepe. Il frutto di V. agnus castus può es-sere confuso con quelli di V. negundo, V. rotundifo-lia o V. trifolia, specie asiatiche più povere in prin-cipi attivi. I frutti di queste 3 specie sono più grandi(4-6 mm di diametro) e di sapore dolce o legnoso.

Componenti principali. Flavonoidi (casticina 0,01-0,25%, penduletina, tetrametiletere di 6-idrossican-ferolo ecc.); glicosidi iridoidi (aucubina, agnusideecc.) terpeni (mono-, di- e sesquiterpeni) tra cui vitexilattone e rotundifurano; alcaloidi (vaticina).Sono inoltre presenti un olio essenziale (0,51-2,0%)i cui principali componenti sono acetato di bornilee 1,8-cineolo, un olio grasso (5,5%) ecc. Flavonoi-di, diterpeni ed iridoidi sembrano concorrere tutti assieme all’azione farmacologica dell’agnocasto.Proprietà ed impiego terapeutico. Diversi studisperimentali mostrano che l’agnocasto inibisce laprolattina agendo su di un recettore specifico per ladopamina (D2); inoltre sembra che prevenga l’ossi-dazione della dopamina stessa. L’azione dopa mi -ner gica della droga viene attribuita ai diterpeni, manon si può escludere la compartecipazione dei fla-vonoidi e degli iridoidi. I componenti attivi dell’a-gnocasto sembra che agiscano anche sui livelli diendorfine endogene attraverso una interazione con irecettori oppioidi μ, k e λ. Studi clinici randomiz-zati, in doppio cieco e con placebo, mostrano chel’agnocasto riduce significativamente i sintomi del-la sindrome premestruale e normalizza il ciclo me-struale. L’agnocasto può anche agire da antiflogisti-co (casticina e artemetina sono dei potenti inibitoridella lipossigenasi). La Commissione E tedesca

Fig. 14.28 Vitex agnus castus: pianta (a) e frutti (b)

a

b

È rappresentata da un insieme di sintomi fisici (ce-falea, dolore e tensione mammaria, vampate, in-sonnia, nausea e vomito, palpitazioni, meteorismoecc.) e psicologici (agitazione, confusione, depres-sione, difficoltà di concentrazione, ipersensibilitàemotiva ecc.) che precede di poche ore o di diversigiorni il periodo mestruale. Riguarda il 20-50% del-le donne in età riproduttiva e di queste il 5% accu-sa una grave SPM detta “disturbo disforico preme-struale”. Le cause sono da attribuire alle oscillazionidei livelli di estrogeni e progestinici che si hanno du-rante il ciclo mestruale. In vicinanza della meno-pausa i disturbi possono persistere durante e dopoil periodo mestruale mentre nelle adolescenti puòaversi dismenorrea. Nel corso della SPM possono ag-gravarsi disturbi già presenti come ad es. quelli re-spiratori (congestione del naso e delle prime vie aeree) e della vista (congiuntivite). La SPM è sem-plice da diagnosticare perché i sintomi scompaionocon l’inizio delle mestruazioni. Il trattamento mira aridurre i sintomi. Comunque, prima di ricorrere ai far-maci si cerca di ridurre l’apporto di sodio (per atte-nuare la ritenzione idrica) e di caffeina (per allevia-re nervosismo ed agitazione); si consiglia poi l’as-sunzione di integratori di calcio (1 g al giorno) e divitamina B6, anche se la loro utilità non è stata con-fermata da studi clinici. I farmaci consigliati sono:diuretici (per ridurre l’accumulo di liquidi), antin-fiammatori non steroidei (per combattere cefalea edolori), e antidepressivi (per ridurre l’irritabilità e ladepressione). I fitoterapici più affidabili sono l’agno -casto, la cimicifuga, l’achillea.

Sindrome premestruale (SPM)

raccomanda l’uso dell’agnocasto nella sindromepremestruale, nei casi di irregolarità del ciclo me-struale e per alleviare la mastalgia. La droga puòessere somministrata come polvere (30-60 mg/die),tintura (1:5, 20 gtt 2-3 volte al giorno) o estrattoidroalcolico standardizzato (la dose giornaliera de-ve corrispondere a 40-60 mg di droga essiccata).Effetti collaterali, tossicità. L’agnocasto è una dro-ga abbastanza sicura. Gli studi clinici riportati in let-teratura mostrano che una bassissima percentuale dipazienti trattati con agnocasto manifesta effetti in-desiderati di lieve entità (prurito, eruzioni cutanee,cefalea e gonfiore del seno) che regrediscono conl’interruzione del trattamento.

Ortica

È data dalle parti aeree e dalle radici di Urtica dioi-ca L., urens L. o pilulifera L. (Fam. Urticaceae).Urtica, dal latino urere, per i peli urticanti; urens,bruciante, che provoca bruciore; pilulifera, per leinfruttescenze a forma di pillole. Di U. urens si hauna sottospecie europea (dioica) ed una americana(gracilis).Habitat. Luoghi incolti, lungo le strade, nei pressidi ruderi e fossati, dal mare alle regioni montuose.Descrizione della pianta. Pianta erbacea bienne operenne, alta 50-90 cm, con rizoma strisciante ne-rastro, munito di radici fibrose. Il caule si presentaquadrangolare, eretto, peloso; le foglie sono oppo-ste, picciolate; i fiori sono piccoli, verdi, dioici, riu-niti in grappoli; i frutti sono degli acheni. Caule efoglie sono rivestiti di peli ghiandolari silicizzaticontenenti sostanze urticanti (istamina, serotonina,acetilcolina ecc.) che al tatto provocano una vio-lenta reazione cutanea (Fig. 14.29).Parti usate. Parti aeree e radici.Raccolta e preparazione della droga. Le parti ae-ree vengono raccolte durante la fioritura ed essic-cate in luoghi secchi ed ombrosi. Le radici vengo-no raccolte in autunno ed essiccate al sole.Descrizione della droga. La droga, costituita dalleparti aeree, è data dalle foglie e dal caule. Le fogliesi presentano raggrinzite, con margine seghettato,pagina superiore di colore verde scuro, quella in -feriore verde chiaro e con nervature sporgenti, congrossi peli urticanti e piccioli con peli setosi. Il caule presenta profonde scanalature ed un colore daverde a marrone.

Le radici si presentano in pezzi irregolarmenteripiegati, di colore grigio-bruno, con evidenti sca-nalature longitudinali, cave al centro e di fratturabianco-crema.

Componenti principali. Polisaccaridi; lectine; li-gnani; curarine (scopeletina) e poi tannini, terpeniecc. La frazione biologicamente attiva è data dai po-lisaccaridi (35%), dalle proteine (1%) e da acido ia-luronico (35%). È stato osservato che i lignani han-no una spiccata affinità per la globulina umana chelega l’ormone sessuale SHBG e che la lectina UDA(urtica dioica agglutinina) stimola la produzione diγ-interferone. Nelle foglie sono presenti diversiacidi (caffeilmalico ecc.), minerali (2%), clorofilla,amine (istamina, serotonina ecc.).

180 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.29 Urtica pilulifera: particolare della pianta (a) e ra-dici (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 181

Proprietà ed impiego terapeutico. L’ortica inibiscesia l’edema da carragenina che l’artrite da adiuvan-te, tests comunemente utilizzati per caratterizzarel’azione antiflogistica dei farmaci aspirino-simili.Quest’azione antiflogistica, studiata negli animali edattribuita ad una inibizione dei principali mediatoridella infiammazione (eicosanoidi, citochine), è sta-ta approfondita in campo umano. Diversi studi cli-nici, alcuni dei quali randomizzati ed in doppio cie-co, riferiscono un miglioramento dei sintomi in pa-zienti con malattie infiammatorie (osteoartrite,artrite reumatoide, rinite). Altri studi clinici mostra-no poi un significativo aumento della sintomatolo-gia (flusso urinario, nicturia, frequenza nell’urina-re) in pazienti con ipertrofia prostatica benigna. L’a-zione prostatica dell’ortica sembra sia dovuta ad unainibizione degli enzimi 5α-reduttasi (deputati allaconversione del testosterone in diidrotestosterone),ad una riduzione dei livelli di HLE (human leukocyteelastase) e ad una ridotta attività del legame testo-sterone/SHBG (sex hormone binding globuline).L’ortica possiede anche proprietà diuretiche ed emo-statiche: queste proprietà non sono state però ap-profondite in campo umano. La Commissione E te-desca raccomanda una dose giornaliera di 4,6 g didroga essiccata. Negli studi clinici sono stati utiliz-zati estratti di ortica alla dose di 600-1200 mg/die.Effetti collaterali, tossicità. L’ortica è considerata si-cura. Raramente causa in alcuni pazienti disturbi ga-strici, allergie cutanee ed iperidrosi. È sconsigliata inpazienti diabetici, con problemi pressori ed in quel-li in terapia con deprimenti centrali (ne potenzia glieffetti). Inoltre è sconsigliata in gravidanza, durantel’allattamento ed in prossimità del ciclo mestruale.

Cimicifuga

È data dai rizomi e dalle radici di Cimicifuga race-mosa (L.) Nutt. [= Actaea racemosa L. (Fam. Ra-nuncolaceae)]. Cimicifuga dal latino cimex = cimi-ce e fugare = mettere in fuga, allusione all’odore cheallontana le cimici; racemosa, per i fiori a racemo;Actaea, dal greco αχτεα = sambuco, allusione allebacche che assomigliano a quelle del sambuco. Lacimicifuga viene da secoli impiegata per alleviare isintomi fisici e psichici della menopausa.Habitat. Nord America (Ontario, Missouri, Geor-gia, Florida). Oggi si trova anche in Europa.Descrizione della pianta. Pianta erbacea alta fino a2 m, con foglie composte, grandi e fiori piccoli ebianchi. Esistono due varietà di Cimicifuga, la va-rietà racemosa (Fig. 14.30), con foglie tripennate,e la varietà dissecta, con foglie tetrapennate.

Parti usate. Radici e rizomi.Raccolta e preparazione della droga. La droga viene raccolta in autunno da piante di alcuni anni(3-5 anni) ed essiccata a 35-45 °C.Descrizione della droga. Il rizoma, lungo 2-15 cme largo 0,5-3,0 cm, è di colore bruno-scuro; presentauna struttura fibrosa, dura e frattura cornea. L’odo-re è sgradevole ed il sapore acre, amaro. Le radici,lunghe 3-16 cm e larghe 1-5 mm, sono di coloremarrone scuro, raggrinzite longitudinalmente, fria-bili; mostrano una frattura breve.

Fig. 14.30 Cimicifuga racemosa: pianta (a) e radice (b)

a

b

Componenti principali. Glicosidi triterpenici, fla-vonoidi (biocanini, formononetina, kaempferolo),acidi aromatici (ferulico, caffeico ecc.). alcaloidi(citisina ecc.), tannini, acidi grassi (oleico, linolei-co, palmitico), saponine, zuccheri ecc. I glicosiditriterpenici sono diversi e del tipo del cicloartano.I principali sono acteina, diossiacteina e cimirace-moside. I triterpeni ed i flavonoidi sono i principa-li responsabili dell’azione farmacologica della ci-micifuga.Proprietà ed impiego terapeutico. La cimicifuga èstata utilizzata per alleviare nella donna i doloripost- partum e più in generale quelli muscolari edarticolari. Più di recente è stata invece utilizzata neltrattamento dei sintomi della menopausa, causati dauna riduzione dei livelli di estrogeno e progestero-ne. La validità di questo impiego ha trovato con-ferma in diversi studi clinici randomizzati ed indoppio cieco. In alcuni di questi studi la efficaciadella cimicifuga è stata trovata equivalente a quel-la di estrogeni coniugati. In genere si utilizzanoestratti alcolici al 40-60%, contenenti il 5% di tri-terpeni; estratti secchi contenenti il 2,5% di terpe-ni oppure 1-3 g di droga essiccata e polverizzata.Effetti collaterali, tossicità. La cimicifuga è ben tol-lerata se impiegata in modo appropriato. In alcunisoggetti può causare cefalea, disturbi gastrici, rashcutanei. Dosaggi elevati (5 g di droga o 12 g diestratto fluido) possono causare mal di testa, verti-gini, disturbi visivi e circolatori.

Ginkgo

Il ginkgo è dato dalle foglie di Ginkgo biloba L.(Fam. Ginkgoaceae), pianta considerata un fossilevivente in quanto unica specie rappresentante diuna famiglia e di un ordine (Ginkgoales) che risaleall’era mesozoica. In Oriente la pianta è semprestata coltivata in prossimità dei templi, come albe-ro sacro. Questa droga, di uso relativamente recen-te, è assente nella FU, mentre è presente in alcuneorientali, come quella cinese.Habitat. Pianta originaria della Corea, Cina e Giap-pone, introdotta in Europa come pianta ornamenta-le a metà del XVIII secolo.Descrizione della pianta. L’albero di Ginkgo bilo-ba può raggiungere anche 40 m di altezza con untronco di 1 m di diametro. I rami lunghi portanofoglie sparse mentre i rami corti portano foglieapicali, spiralate. Le foglie, a forma di ventaglioed a nervatura libera, sono caduche; da verdi di-vengono in autunno di un colore giallo molto in-tenso (Fig. 14.31). Le gemme da cui originano le

foglie formano anche la parte riproduttiva: insie-me alle foglie gli esemplari maschili portano mi-crosporofilli con le sacche polliniche, mentre gliesemplari femminili portano gli ovuli isolati o acoppie inseriti su un peduncolo. I frutti carnosi, dicolore giallo-bruno, simili a piccole prugne, sonocommestibili, ma a completa maturazione diven-tano di odore sgradevole per la presenza di acidobutirrico.Parti usate. Foglie.Descrizione della droga. La foglia, con lembo al-largato a ventaglio, è polimorfa: può essere forte-mente sezionata, bilobata o pressoché intera. Il pic-ciolo ha dei fasci di tessuto conduttore che si divi-dono nella sua parte superiore e poi nel lembo fo-gliare dicotomicamente dando alla foglia un aspet-to molto caratteristico.

182 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.31 Ginkgo biloba: pianta (a) e foglie (a)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 183

Componenti principali. I costituenti principali sono:glicosidi flavonici (quercetina, kaempferolo, luteo-lina); diflavoni (ginkgetina, bilobetina); diterpeni(ginkgolidi A, B, C, M, J); acidi ginkgolici (deriva-no dall’apertura dell’anello lattonico dei ginkgoli-di); antocianosidi.Proprietà ed impiego terapeutico. I flavonoidi sicomportano da scavenger dei radicali liberi; inoltrediminuiscono la permeabilità e aumentano il tonodella parete dei piccoli vasi (capillari, venule). Perqueste attività le foglie di ginkgo vengono utilizzatenei disturbi della circolazione periferica (degli arti) enell’insufficienza circolatoria cerebrale: il suo cam-po terapeutico di applicazione va dalle arteriopatieobliteranti degli arti inferiori alla malattia di Ray-naud, dalla perdita di memoria alle sindromi caratte-rizzate da vertigini, emicrania, tinniti. Il ginkgolideB è ritenuto, tra i componenti dell’estratto, il mag-giore antagonista del PAF (platelet activating fac-tor), mediatore intracellulare implicato nei processidi aggregazione piastrinica, formazione di trombi,reazioni infiammatorie. Il ginkgolide B può essereutile in caso di asma, in quanto svolge un effettoprotettivo sulla broncocostrizione indotta dal PAF.

Nei mercati orientali vengono venduti i semi diginkgo come antielmintici. La pianta viene usataanche in campo cosmetico.Effetti collaterali, tossicità. I frutti carnosi hannoazione urticante sulla pelle, per la presenza di acidoginkgolico e altre sostanze fenoliche tossiche,mentre per ingestione provocano disturbi dell’ap-parato digerente, respiratorio e circolatorio. I semicontengono la tossina 4-O-metilpiridossina, cheviene ritenuta responsabile di intossicazioni ali-mentari in Giappone e in Cina. I sintomi principalisono convulsioni, perdita di coscienza e morte, par-ticolarmente nei bambini.

Per quanto riguarda l’utilizzo cronico dell’e-stratto, gli effetti secondari osservati nell’uomo so-no molto rari e si riferiscono solo a disturbi digesti-vi di poco conto. Comunque, a causa del contenutoin acidi ginkgolici, ritenuti potenti allergeni da con-tatto, non si può escludere il rischio di allergie.

Artemisia

Del genere Artemisia (Fam. Asteraceae/Compositae)si conoscono almeno 400 specie, alcune delle qualiritenute di interesse officinale. Nel caso di Artemisiavulgaris si tratta di una pianta erbacea o suffrutice,in genere aromatica, alta dai 30 ai 150 cm, che ve-geta nelle aeree aride e semiaride di Europa, Asia,America e Nord Africa. Presenta caule eretto, scana-

lato, ramificato (non sempre) e foglie alterne, pen-natosette o bipennatosette, a segmenti acuto-dentati.I fiori sono piccoli, tubulosi, gialli o giallo-verdastri,di solito penduli o riuniti in infiorescenze racemose,panicolate o capitate (Fig. 14.32). In genere si utiliz-zano le infiorescenze oppure i fiori e le foglioline siaper preparare rimedi erboristici che aperitivi/digesti-vi. L’Artemisia, cioè pianta sacra ad Artemis, è cita-ta nel papiro di Ebers e con ogni probabilità era l’ab-sintion dei greci, un rimedio utilizzato in diverse cir-costanze. Nel Medio Evo l’artemisia sarà il principalecomponente di un enolito, detto wermuth, e più tar-di verrà impiegata come antipiretico contro la mala-ria. Il genere Artemisia è caratterizzato dalla presen-za di sesquiterpeni come l’artemisinina. Sono inoltrepresenti un olio essenziale (0,3-0,4%) i cui compo-nenti principali sono tujone, epossicimene (26-47%)e camazulene; flavonoidi (artemetina, casticina ecc.);cumarine (scopoletina, scoparone, scopolina ecc.); li-pidi; ecc. L’artemisinina è un potente antimalarico,agisce selettivamente sul Plasmodium (falciparum,vivax, ovale) prevenendone la moltiplicazione nelsangue. L’OMS da alcuni anni raccomanda l’uso diquesto composto e dei suoi derivati (artesunato, ar-temetere, arteetere) in quelle aeree geografiche doveil parassita, in particolare il P. falciparum, risulta re-sistente alle terapie antimalariche classiche. L’usodell’artemisia come antipiretico è molto raro in Eu-ropa mentre in Asia è ancora molto diffuso. In Ger-mania è presente in alcuni preparati utilizzati per sti-molare l’appetito e curare le dispepsie. L’uso pro-lungato può causare vertigini, malessere diffuso edanche convulsioni. Oggi si coltiva soprattutto la spe-cie A. annua per l’estrazione di artemisinina.

L’uso dell’artemisia come antimalarico è molto dif-fuso in Estremo Oriente, soprattutto tra coloro chericorrono alla medicina tradizionale. Al contrario, inOccidente si usa raramente in fitoterapia per i suoiben noti effetti indesiderati (malessere diffuso finoa convulsioni). Piuttosto, le specie di Artemisia ven-gono coltivate per l’estrazione dell’artemisinina, unantimalarico efficace e poco tossico. L’estrazionedell’artemisinina dalla pianta è risultata più econo-mica e meno complessa della sintesi (a partire dalpulegone o b-pinene), emisintesi (dall’acido arte-misinico) o estrazione (da colture cellulari). Sia l’ar-temisinina che i suoi derivati (artesunato, arteme-tere, arteetere ecc.), somministrati 1-2 volte al gior-no per una settimana migliorano i segni ed i sintomidella malaria nel 98% circa dei pazienti senza che siabbiano effetti collaterali seri. Questi antimalaricinormalizzano rapidamente la temperatura corporeanel 90% dei pazienti e riducono la parassitemia en-tro 48 ore dall’inizio del trattamento.

L’artemisia ed i nuovi antimalarici

Issopo

La droga è data dalle sommità fiorite e dalle fogliedi Hyssopus officinalis L. (Fam. Lamiaceae), pian-ta perenne spontanea nei terreni calcarei della re-gione mediterranea fino ai 1800-2000 m.

Alta 20-60 cm, presenta un fusto legnoso, ra-mificato e foglie piccole, intere, glabre, opposte,lanceolate, con nervature in rilievo. I fiori, di colo-re blu-violaceo, sono riuniti in spicastri terminali.Il frutto è un tetrachenio che racchiude un seme ne-ro, rugoso. La droga emana un odore forte, aroma-tico; il sapore è leggermente amaro. Contiene fe-noli, flavonoidi, di- e triterpeni (marrubina, acidooleanolico), tannino, diosmina ed un olio essenzia-le (> 3 e < 10 ml/kg) i cui principali costituenti so-no i chetoni isopinocanfone (34-50%) e pino-canfone; inoltre β-pinene (13-23%), limonene (1-4%), sabinene (2-3%). L’issopo è stato usato nelledispepsie e poi come antisettico, bechico ed espet-torante nelle affezioni bronchiali (per os) e comedecongestionante per la mucosa nasale in caso diraffreddore (come spray). Viene ancora utilizzatonella preparazione di liquori e di vermouth ed in ce-lebrazioni liturgiche della chiesa cattolica. L’olio diissopo è neurotossico: il pinocanfone è responsabi-le dell’attività epilettogena dell’olio.

Andrografis

È dato dalle foglie di Andrographis paniculata(Burm) Nees (Fam. Acanthaceae). Del genere An-drographis si conoscono diverse specie distribuiteper lo più nelle regioni tropicali asiatiche.Habitat. Originaria dell’India, la pianta è oggi dif-fusa in Cina, Thailandia, Sri Lanka, Malesia, Java.Descrizione della pianta. Pianta erbacea annua, ar-bustiforme, alta circa un metro, con caule ramifica-to, foglie lanceolate e fiori bianchi, con macchie ro-sa-porpora sui petali, riuniti in racemi terminali(Fig. 14.33). Il frutto, una capsula lunga 18-22 mme larga 3 mm, racchiude 6-12 semi giallo-marroni,ovoidali, glabri.Parti usate. Foglie.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie ven-gono raccolte in primavera ed essiccate al sole o instufa ad una temperatura di 35-40 °C. È inodore edi sapore amaro.Descrizione della droga. Le foglie, di colore verdescuro, sono lunghe, appaiate, lanceolate, glabre.Nelle foglie sono presenti cistoliti e cristalli acicu-lari di ossalato di calcio.Componenti principali. Lattoni diterpenici (andro-grafolide, 14-diossiandrografolide, 14-diossi-11,12-

184 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.32 Artemisia vulgaris: pianta (a) e foglie (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 185

dideidroandrografolide, neoandrografolide); sostan -ze amare; un olio essenziale; flavonoidi ecc. L’andro -grafolide è il componente più rappresentativo; adesso si attribuiscono la maggior parte delle azionifarmacologiche della droga. Nelle radici sono pre-senti anche alcuni xantoni.Proprietà ed impiego terapeutico. Numerosi studisperimentali attribuiscono all’andrografis ed ai suoicomponenti attivi proprietà antiflogistiche, antipi-retiche, immunomodulanti, antitumorali e digesti-ve. Studi rivolti a chiarire il meccanismo d’azionehanno evidenziato che l’andrografolide inibisce ilrelease di citochine proinfiammatorie, l’espressionedella COX-2 e l’espressione del gene che presiedealla adesione e trasmigrazione dei neutrofili (azio-ne antiflogistica); inoltre incrementa la prolifera-zione di linfociti e la produzione di IL-2 (azione im-munostimolante), arresta lo sviluppo di differenti li-nee cellulari tumorigene (azione antitumorale) edaumenta la secrezione di bile e di enzimi digestivi(azione digestiva). Comunque l’andrografis viene

utilizzato soprattutto nelle infezioni delle vie re-spiratorie (IVR), sia in Asia che nei Paesi scandi-navi. Studi clinici, alcuni dei quali piuttosto recen-ti, anche se metodologicamente mediocri, mostra-no una buona efficacia dell’andrografis nel ridurrela durata e la gravità dei sintomi che caratterizzanole IVR. I risultati sembrano migliori se il tratta-mento ha inizio 36-48 ore dalla comparsa dei pri-mi sintomi (starnuti, mal di gola, gocciolamento delnaso ecc.). In uno studio comparativo l’androgra-fis è risultato poi efficace quanto il paracetamolo,un classico antiflogistico/antipiretico. Negli studiclinici sono state utilizzate capsule o tavolette con-tenenti la droga essiccata e polverizzata. La dosegiornaliera è stata di 1,5-2 g di droga essiccata (ti-tolata in modo da contenere 5,25-5,5 mg di andro-grafolide per ogni 100 mg di droga). È possibile uti-lizzare anche un estratto (100 mg 2 volte al giornoper 5 giorni). Dalle foglie si ottengono per estra-zione alcolica preparazioni concentrate e standar-dizzate (al 10% in andrografolidi) utili per l´im-piego in fitoterapia.Effetti collaterali, tossicità. L’andrografis raramen-te causa effetti indesiderati come mal di testa, stan-chezza, disturbi gastrointestinali; inoltre può la-sciare un sapore amaro/metallico. Si consiglia dievitare l’uso contemporaneo di andrografis e far-maci antiaggreganti piastrinici o ipoglicemizzanti,anche se una interazione con questi farmaci non èstata mai dimostrata. È invece controindicato in pa-zienti con disturbi gastrici (bruciore di stomaco, ul-cere). Se ne sconsiglia infine l’uso in gravidanza edurante l’allattamento.

Arnica

È data dai fiori di Arnica montana L. (Fam. Aste-raceae/Compositeae), una pianta erbacea perenne,diffusa in tutta Europa, in Russia meridionale e nelNord America. Cresce sui prati e sui pascoli dellemontagne medie ed alte. Arnica da ptarn© = star-nuto, perché i fiori e le radici fanno starnutire;montana, che cresce in montagna. La pianta, de-nominata margherita di montagna, presenta unostelo semplice, alto circa 60 cm e 1-3 paia di fo-glie, semplici, opposte quelle caulinari. Le infio-rescenze a capolino misurano 6-8 cm di diametro;sono provviste di fiori radicali di un colore giallo-arancione: i fiori femminili sono ligulati mentrequelli ermafroditi sono tubulosi. I frutti sono degliacheni muniti di pappo semplice. I fiori si raccol-gono in giugno-luglio e si essiccano a 35-38 °C.L’odore è aromatico, il sapore lievemente amaro,piccante. Secondo la FU gli elementi estranei nel-

Fig. 14.33 Andrographis paniculata: pianta (a) e foglie (b)

a

b

la droga devono essere inferiori all’1%; inoltre lesostanze estraibili con acqua non devono essere in-feriori al 17%.

Nell’arnica sono presenti soprattutto terpenoidi(0,3-1,0%), flavonoidi (0,4-0,6%) ed un olio vola-tile (0,3-1,0%). Per quanto riguarda i terpenoidi sitratta di lattoni sesquiterpenici di tipo pseudo-guaianolide come elenalina, 11,13-diidroelenalina eloro esteri con acidi carbossilici (acetico, isobutir-rico, metacrilico, tiglico ecc.). Questi composti, se-condo la Ph. Eur., non devono essere inferiori allo0,4% ed espressi come elenalina tiglato. I fiori del-le diverse specie di Arnica contengono in generepiù dell’80% di diidrossielanina oppure più del 70%di elanina e diidrossielanina. I flavonoidi sono pre-senti come agliconi e come glicosidi (isoquercitri-na, astragalina, luteolina-7-glicoside ecc.). L’oliovolatile, normalmente presente per lo 0,3%, con-tiene timolo e derivati, fellandrene, mircene, umu-lene, cadinene ecc. La droga contiene anche deri-vati dell’acido caffeico (acido clorogenico, cinari-na, acido caffeoilchinico ecc.), tracce di alcaloidi(tussilagina, isotussilagina), amine (betaina, colinaecc.), mucillagine, polisaccaridi (inulina), sostanzeamare (arnicina) ecc.

In Europa ed in America l’arnica viene utilizzatada secoli per ridurre l’infiammazione ed il dolorenei casi di distorsioni, contusioni e ferite e per ma-scherare i geloni. Si utilizza una pomata (unguen-to o gel) al 5-25% oppure una tintura o un estrattofluido (1:5-1:10). Più raro è il suo impiego per viainterna nel trattamento dell’aterosclerosi e di spa-smi venosi. Attualmente si usano le preparazioniomeopatiche di arnica, sia localmente che per viasistemica.

Calendola (o calendula)

È data dai fiori (capolini interi o fiori ligulati se-parati dal ricettacolo) di Calendula officinalis L.(sin. Caltha officinalis Moench.), Fam. Astera-ceae/Compositeae [Calendula, dal latino Calendae,il primo giorno del mese, allusione al fatto che lapianta fiorisce ogni mese quasi tutto l’anno, anched’inverno se non è troppo rigido. Gli antichi la chia-mavano Solsequium, cioè che segue il sole, perchéi fiori si aprono al sorgere del sole e si chiudono alcalare dello stesso e sono sempre rivolti verso di es-so; officinalis, in riferimento al suo utilizzo in far-macia. Caltha, nome virgiliano dal greco kalaqo©= canestro, allusione alle infiorescenze simili ad uncesto di fiori]. Originaria della regione tra Tetuane Tangeri, oggi la troviamo coltivata nelle regioni

temperate dell’Asia, dell’India, del Giappone, del-l’Africa settentrionale e dell’America centro-set-tentrionale come pianta ornamentale ed officinale.Si tratta di una pianta erbacea annua con fusto so-litamente ramificato, alto 30-50 cm, lignificato al-la base, di colore dal bianco-giallognolo al brunochiaro. Le foglie sono alterne, spatoliforme (le in-feriori) o oblungo-lanceolate (le superiori), coper-te di peluria, lunghe circa 15 cm e larghe circa 4cm, di un colore verde-giallo. I capolini, del dia-metro di 2-5 cm, sono singoli, lungamente pedun-colati, con fiori tubulari, ermafroditi e fiori ligula-ti femminili. Il capolino è costituito da un involu-cro a forma di ciotola; l’interno è occupato danumerosi fiori, di un colore che va dal giallo all’a-rancione (Fig. 14.34). I capolini una volta raccoltidevono essere essiccati il più rapidamente possibi-le, all’ombra o ad una temperatura di 35-45 °C. Incommercio si trovano capolini interi o parzial-mente frammentati, soprattutto la varietà a capoli-no pieno (più cerchi di fiori nel capolino).

L’impiego della calendola come medicamentorisale a Santa Ildegarda (1098-1197), badessa del

186 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 14.34 Calendula officinalis: pianta (a) e fiori (b)

a

b

Capitolo 14 • Terpeni 187

convento di Ruprtsberg che nei suoi libri Causae etcurae e Physica riporta l’impiego della calendolanei disturbi digestivi e per curare piaghe, scottatu-re ed eczemi.

Nella calendola si trovano principalmente triter-peni (2-10%), flavonoidi (0,25-0,88%), polisaccari-di (13-15%), steroli ed un olio volatile. I triterpenisono presenti ampiamente come glicosidi dell’acidooleanolico: questi (denominati anche saponosidi)sono distribuiti nelle infiorescenze (3,57%), nelleparti aeree (5-10%), nelle radici (2,55%) e nel cau-le (0,55%). La calendola contiene poi pectine(9,67%) ed emicellulosa (5,92%).

Alla calendola vengono attribuite proprietà an-tiflogistiche, antimicrobiche ed antivirali. Le sonostate anche riconosciute proprietà coleretiche, anti-tumorali ed ipolipemizzanti

L’uso interno della calendola è piuttosto raromentre sotto forma di pomata trova molteplicipossibilità di impiego: ferite a cicatrizzazione tor-bida, affezioni cutanee (dermatosi secche, eczemi,acne, ragadi delle labbra e dei capezzoli), disturbicircolatori venosi (vene varicose, flebiti, emorroi-di) e piaghe da decubito. Apposta localmente la ca-lendola accelera la cicatrizzazione ed ostacola l’in-fiammazione e le infezioni da stafilococchi. La ca-lendola migliora infine l’irrorazione cutanearendendo questa più elastica e quindi più resisten-te agli insulti meccanici. Queste applicazioni nonsono suffragate però da rigorosi studi clinici ran-domizzati. Comunque, la Commissione E tedescaconsiglia l’impiego di una pomata al 2,5%, da applicare 3-4 volte nella giornata. In alternativa siconsiglia una tintura (1/1: in alcol al 40% o 1/5: alcol al 90%) da diluire (1/3) con acqua prima di applicarla La calendola è presente in diversi cosmetici e preparati omeopatici. Per i preparatiomeopatici si utilizzano le parti aeree fresche, rac-colte alla fioritura, che si lasciano macerare in eta-nolo per almeno 10 giorni; il contenuto finale dietanolo deve essere di circa il 60%. La calendolaè una droga sicura.

Tanaceto

È dato dalle parti aeree (sommità fiorite e foglie) diTanacetum parthenium L. Schultz Bip., Fam. Com-positae [Tanacetum, dal greco q¿nato© = la mor-te, da cui Tanatos, il dio della morte, allusione aifiori che facilmente appassiscono, al contrario de-gli “immortali” (= aq¿nato©). Secondo altri daonioqla = guarisco o da qaa aisan = immorta-lità, per le virtù che gli antichi attribuivano alla

pianta. Parthenium, in riferimento, alla morte di ungiovane durante la costruzione del Partenone; se-condo altri dal greco parthenios = vergine, presu-mibilmente a causa della reputazione di questapianta come antidoto contro le “malattie delle don-ne”]. Si tratta di una pianta erbacea perenne alta cir-ca 1 m, indigena dell’Europa e dell’Asia occiden-tale. In Italia cresce nei luoghi incolti, sugli argini,sulle macerie e lungo le strade e le linee ferrate, dalmare alla zona montana.

Presenta numerosi fusti ramificati, eretti, stria-ti, pubescenti nella parte superiore, con foglie ova-li, picciolate le inferiori, sessili le superiori, glabreo leggermente vellutate, di colore verde giallastroe grossi capolini di fiori peduncolati, tutti tubulosi,gialli e profumati, raccolti in corimbi terminali fol-ti e compatti (Fig. 14.35).

Il tanaceto contiene una miscela di mono e se-squiterpeni; un olio essenziale (0,2-0,5%: 0,1-0,3%nella pianta fiorita fresca, 0,2-0,3% nella pianta fio-rita secca, 0,25-0,60% nei fiori, 0,30-0,45% nellefoglie) ed altri costituenti quali flavonoidi, tannini,piretrina e melatonina. Il sesquiterpene più abbon-dante è un germacranolide, il partenolide (inizial-mente chiamato champakina), presente per circal’1% nelle foglie secche.

Il tanaceto ed i suoi componenti attivi possie-dono diverse proprietà farmacologiche che potreb-bero, almeno in parte, giustificarne l’uso nella pro-filassi dell’emicrania e negli stati flogistici. Studi invitro hanno in particolare mostrato che il tanacetointerferisce con la secrezione della serotonina daparte delle piastrine ed inibisce il release di istaminadai mastociti: sia la serotonina che l’istamina sonostati associati con l’etiologia dell’emicrania. Il ta-naceto è in grado anche di ostacolare l’attivazionedell’NF-kB, un fattore trascrizionale coinvolto ne-

Fig. 14.35 Tanacetum parthenium: pianta

gli attacchi di emicrania, oltre che nei processi in-fiammatori. Comunque gli studi clinici riportati inletteratura non consentono di raccomandare il ta-naceto nella profilassi dell’emicrania.

Le informazioni che si hanno sulla dose giorna-liera di tanaceto sono piuttosto limitate. Per la pro-filassi dell’emicrania si raccomandano 2-3 fogliefresche, 50 mg di foglie secche o 50-200 mg di par-ti aeree, equivalenti a 0,2-0,6 mg/die di partenolide.In commercio sono disponibili capsule contenenti 50mg e capsule contenenti 200 mg di droga polveriz-zata, (1 capsula/die per alcuni mesi) standardizzataallo 0,2-0,6% di partenolide. Sono anche disponibi-li estratti alcolici (143 mg/die di estratto secco cor-rispondente a 0,5 mg di partenolide) ed un estrattopreparato in CO2 (MIG-99) e somministrato in ca-psule gelatinose a diversi dosaggi (2,08 mg/die cor-rispondenti a 0,17 mg di partenolide; 6,25 mg/diecorrispondenti a 0,5 mg di partenolide e 18,75mg/die corrispondenti a 1,5 mg di partenolide e ad1,05 g di droga secca). In Canada ed in altri Paesiindustrializzati i preparati di tanaceto contengononon meno dello 0,2% di partenolide.

Peonia

La droga è data dalle radici essiccate di Peonia lac-tiflora Pallas e P. veitchii Lynch. Si tratta di unapianta ornamentale recante maestosi fiori di 20 cmdi diametro, di colore rosa, bianco o rosso. La peo-nia è presente in diverse prescrizioni appartenentialla medicina tradizionale cinese e giapponese(kampo). In commercio si trova la peonia bianca(haishao), decorticata, bollita in acqua ed essiccatae quella rossa (chishao). Il principale costituente èla peoniflorina (0,5-0,6%), un monoterpene glico-sidico; altri costituenti, sempre di origine monoter-penica, sono l’oxipeoniflorina, il peflorigenone, ipeonilattoni, i suffruticosidi ecc. La peoniflorinapossiede proprietà spasmolitiche, sedative, antiflo-gistiche ed antiaggreganti. La droga è abbastanza si-cura e viene impiegata tradizionalmente come anal-gesico e miorilassante.

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L’isolamento della salicina dalla corteccia del salicee l’idrolisi di questa sostanza in glucosio ed alcol sa-licilico (saligenina), realizzata successivamente daRaffaele Piria, fece ben presto comprendere che nelregno vegetale esistono numerose sostanze che me-diante idrolisi con acidi o enzimi (glicosidasi) for-niscono, accanto ad una o più molecole di gluco-sio, composti di natura glucosidica(1).

Successivamente furono isolate sostanze dellostesso tipo, ma contenenti una componente glicidicadiversa dal glucosio (galattosio, ramnosio ecc.); que-sti composti vennero inclusi sotto la denominazionegenerale di glicosidi, ma indicati in particolare comeglucosidi (se la porzione glicidica è il glucosio), ga-lattosidi (galattosio), ramnosidi (ramnosio) ecc.

La parte zuccherina del glucoside (glicone) puòessere unita alla parte non zuccherina (aglicone ogenina) mediante un legame con l’ossigeno (O-gli-coside), con l’azoto (N-glicoside), con il carbonio(C-glicoside) o con lo zolfo (S-glicoside). Gli O-gli-cosidi sono i più numerosi in natura ed anche i piùeterogenei. In base alla natura dell’aglicone questisi distinguono in glicosidi steroidei (o cardiocineti-ci), antrachinonici (aloine ecc.), cianogenici (amig-dalina, prunasina), solforati (isotiocianati), saponi-nici (glicirrizina, ginsenosidi), alcolici (salicina), al-deidici (glucovanillina), fenolici (arbutina) ecc.

In base alla natura del glicone si possono inve-ce distinguere in glicosidi derivati dai pentosi, da-gli esosi ecc.

La biosintesi dei glicosidi comprende l’aglico-ne ed il legame glicidico. La biosintesi dell’aglico-

ne dipende dalla sua natura e quindi è diversa daaglicone ad aglicone. Il legame dello zucchero conl’aglicone avviene invece allo stesso modo, indi-pendentemente dalla struttura dell’aglicone. La pri-ma tappa è la fosforilazione (P) dello zucchero (Z)con formazione di zucchero monofosfato (ZP):questo reagisce con uridina-trifosfato (UTP) per da-re zucchero-uridina-difosfato (Z-UDP) e fosfatoinorganico (PPi).

Il complesso Z-UDP interagisce successiva-mente con l’aglicone (AG), dando origine al glico-side e UDP libero:

UTP + ZP → Z-UDP + PPiZ-UDP + AG → glicoside + UDPI glicosidi possiedono azioni farmacologiche

importanti. I loro effetti sono determinati dalla na-tura dell’aglicone, ma sono modificati (quantita-tivamente) dalla parte zuccherina. I più interes-santi sono indubbiamente i glicosidi cardiotonici,le cui genine contengono il nucleo del ciclopenta-no-peridrofenantrene, comune a molte altre so-stanze biologicamente attive (ormoni sessuali, or-moni corticosurrenalici, vitamine ecc.); questi gli-cosidi agiscono sul miocardio modificando insenso positivo l’inotropismo. Importanti sono anchei glicosidi catartici che si distinguono in antrachi-nonici e resinosi; nei primi l’aglicone è costituitodai prodotti di ossidazione dell’antrachinone, neisecondi (presenti in droghe quali gialappa, scam-monea, coloquintide ecc.) da acidi organici o ani-dridi. Questi ultimi si comportano da purganti dra-stici e come tali non trovano più impiego in campoterapeutico.

I glicosidi cianogenici, contenuti nelle mandor-le amare e nei semi di pesco e di altre Rosaceae (ci-liegio, albicocco ecc.), per idrolisi liberano acidocianidrico, sostanza responsabile di gravi avvele-namenti.

I glicosidi solforati, presenti nella senape (nerae bianca), per idrolisi liberano isotiocianati (iso-solfocinato di allile ecc.) ad azione revulsiva.

GLICOSIDICapitolo

15

(1) Durante l’isolamento dei glucosidi primari dalle droghebisogna tener conto della contemporanea presenza di en-zimi (glicosidasi) onde poter intervenire per evitare la lo-ro idrolisi. Un rapido essiccamento della droga e la fran-tumazione del materiale fresco della pianta in presenza disolfato di ammonio solido riducono il rischio di idrolisidei glicosidi.

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

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Anche i glicosidi fenolici ed alcolici, presentinell’uva ursina (arbutina), nel salice (salicina) o nel-la gaulteria (gaulterina) possiedono un’azione far-macologica che dipende dalla natura dell’aglicone(idrochinone nel caso dell’arbutina, alcol saliciliconel caso della salicina, salicilato di metile nel casodella gaulterina).

Carattere glicosidico hanno poi alcune sostanzeamare presenti in diverse droghe eupeptiche (gen-ziana ecc.) ed alcuni antibiotici (streptomicina, ka-namicina, neomicina ecc.).

I glicosidi, una volta somministrati per via ora-le, vengono in parte idrolizzati ed in parte assorbi-ti come tali e l’azione farmacologica che ne conse-gue è diversa, perché riferita unicamente alla natu-ra dell’aglicone.

Circa il metabolismo, alcuni si fissano tenace-mente nei tessuti (glicosidi cardiotonici), altri ven-gono lentamente inattivati, altri escreti immodifi-cati, o dopo idrolisi, con le urine.

I glicosidi vengono trattati come un gruppo a sé,e non a seconda dell’aglicone; fanno eccezione iglicosidi steroidei che sono trattati nel Capitolo 16.

Antrachinonici e diantronici

Nei vegetali si trovano numerosi glicosidi conte-nenti agliconi correlati strutturalmente all’antra -cene. Questi glicosidi danno origine, dopo idrolisi,a differenti agliconi che possono essere di-, tri- otetra idroantrachinoni o composti che derivano dalla ridu zione dell’antracene, antranoli e antroni(Fig. 15.1). I derivati antrachinonici sono glicosidie spesso lo zucchero è il glucosio o il ramnosio. Lastruttura base di questi composti è il 9,10-antrachi-none e le loro differenze consistono nell’arrangia-mento dei sostituenti legati. Le molecole hanno incomune una doppia idrossilazione in posizione 1 e8. Nel regno vegetale le specie contenenti glicosi-di rappresentati da 1,8-idrossiantrachinoni sono li-mitate alle famiglie delle Liliaceae, Poligonaceae,Ramnaceae e Cesalpiniaceae. Composti antrachi-nonici sono comunque presenti, anche se in tracce,in microrganismi (genere Aspergillus e Penicil-lum), felci, muschi ed inoltre nelle cocciniglie, in-setti che forniscono il colorante carminio.

194 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

antrachinone

aloe - emodina

frangula - emodina

antrone

crisofanolo

reina

Fig. 15.1 Struttura chimica dell’antrachinone, dell’antrone e di alcuni agliconi di glucosidi antrachinonici

Capitolo 15 • Glicosidi 195

Gli antrachinoni sono molecole scarsamente so-lubili in acqua fredda, ma solubili in alcol e altri sol-venti organici; generalmente sono composti coloratiin rosso-arancio.

Due reazioni permettono di identificare la pre-senza di questi composti: la reazioni di Bornträger,per i derivati idrossiantrachinonici, e di Schoutetenper gli antroni. La prima risulta positiva solo per gliantrachinoni liberi; per questo motivo è necessarioprocedere ad un’idrolisi preliminare e gli eventua-li antroni devono essere ossidati ad antrachinoni. Ichinoni sciolti in soluzione acquosa alcalina mo-strano un colore rosso.

L’identificazione degli antroni si basa sullareazione con p-nitrosometilalanina che originaun’azometina colorata. I C-glicosidi in forma ri-dotta (antranoli) possono essere rivelati dallafluorescenza ottenuta mediante aggiunta di bora-to sodico.

Gli agliconi dei glicosidi antrachinonici sono i principi farmacologicamente attivi. I derivatidell’1,8-antrachinone esplicano un effetto lassativo.L’attività è correlata alla struttura di questi compo-sti: gli O-glicosidi dei diantroni, gli antrachinoni ei C-glicosidi degli antroni sembrano essere le strut-

ture più interessanti per le loro proprietà farmaco-logiche. I glicosidi degli antroni monomerici sti-molano eccessivamente la motilità intestinale e perquesto motivo le droghe che li contengono vengo-no utilizzate solo dopo un lungo periodo di conser-vazione (circa 1 anno).

Il loro meccanismo d’azione è stato alquantochiarito in questi ultimi anni; si pensa che i glico-sidi antrachinonici non siano assorbiti dal tratto ga-strointestinale e che perciò, dopo somministrazio-ne orale giungano immodificati all’intestino crasso(Fig. 15.2). Nel colon la flora batterica intestinaleivi presente li degrada, ossidandoli, ed è in tale for-ma che i composti sembrano esercitare la loro mas-sima attività. Il processo attraverso il quale si for-mano i metaboliti attivi nel colon richiede un in-tervallo di tempo (circa 6 ore) tra l’assunzione delladroga e l’effetto lassativo. I principi attivi favori-scono un accumulo di liquido intraluminale (secre-zione > assorbimento); inoltre, modificano il tonodella muscolatura liscia intestinale e quindi l’atti-vità peristaltica e soprattutto rilasciano la muscola-tura liscia circolare.

L’intimo meccanismo d’azione di questi compostiprevede, tra l’altro, l’inibizione della Na+-K+ATPasi

Fig. 15.2 Metabolismo degli antrachi-noni

ed il release di sostanze endogene (autacoidi, mo-nossido d’azoto).

A parte l’azione lassativa, gli antrachinoni (l’a-loe-emodina in particolare) inibiscono la sintesiproteica in alcuni batteri Gram negativi quali Pseu-domonas, Vibrio, Salmonella e Shigella, riducono lapresenza del batterio che converte gli acidi biliari co-niugati in acidi biliari liberi (Bacteroides fragilis),responsabili di disturbi epatici e biliari; possiedonoinoltre proprietà antiflogistiche, analgesiche ed an-titumorali (reina, emodina). Il loro uso può provo-care crampi addominali e/o flatulenza, in conse-guenza del metabolismo che subiscono nel lume del-la parte terminale dell’intestino (colon).

Un uso quotidiano continuato, specie di prepara-zioni non standardizzate, può produrre effetti inde-siderati come melanosi (Fig. 15.3), iperaldosteroni-smo, ipokalemia, diarrea e danno renale (Fig. 15.4).

Aloe

È data dal succo che si ricava dalle foglie di Aloeferox Miller, A. barbadensis Miller [= A. vera (L.)Burm o A.vulgaris Lamark], A. arborescens Miller(Fam. Liliaceae). Aloe deriva dal greco ¿l©, alfi©= mare, perché la pianta vegeta in prossimità del ma-

196 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.3 Schema della patogene-si nella melanosi del colon. L: lassa-tivo; F: frammento cellulare; M: ma-crofago; Ma: macrofago con corpiapoptotici; Mp: macrofago ricco dipigmento; Dl: digestione lisoso-miale; VL: vaso linfatico; LM: linfo-nodo mesenterico; CE: cellula epi-teliale; LP: lamina propria; MM; mu-scularis mucosae

Droga antrachinonica(Uso continuato)

Diarrea(Perdita di H2O e di elettroliti)

Disidratazione

Stimolata secrezione di aldosterone(iperaldosteronismo secondario)

Incrementato riassorbimento di Na+ ed H2O

Secrezione di K+

(colon, rene)

Ipokalemia

Danno renale

Fig. 15.4 Sovradosaggio e/o abuso di lassativi: conse-guenze metaboliche

Capitolo 15 • Glicosidi 197

re; oppure dall’arabo alloeh o dall’ebraico halel e si-gnifica sostanza brillante amara. Ferox sta per sel-vaggio. Del genere Aloe si conoscono circa 600 spe-cie distribuite in Africa, ma anche in altri Paesi delmondo. Si tratta di piante arboree (A. ferox, A. afri-cana, A. spicata ecc.) alte dai 2 ai 5 m, cespuglioseo erbacee (A. barbadensis, A. perryi ecc.), succu-lenti, con radici robuste e fibrose, foglie lanceolate,acute, piuttosto grandi (lunghe più di 50 cm e spes-se anche 5 cm), alquanto incurvate verso l’alto, conl’apice munito di una robusta spina, dentellate aibordi: in alcune specie le foglie formano una ro-setta all’altezza del terreno (A. perryi), in altre all’estremità del fusto (A. ferox). Dal centro della rosetta di foglie si erge lo scapo fiorifero, alto ancheil doppio del fusto, che termina in grossi racemi di fiori penduli di colore rosso (A. perryi), giallo o

giallo-arancione (A. vera, A. ferox) (Fig. 15.5). Ladroga si raccoglie tra agosto e settembre. Le fogliesi tagliano alla base e si mettono a colare al sole (ilsucco che si ottiene è puro e viene concentrato) o sitagliano in pezzi grossolani che vengono torchiati epestati (il succo che si ottiene si lascia decantare prima di essiccarlo per allontanare le impurezze) osi lasciano macerare in acqua (quindi il succo si se-para dall’acqua e si concentra). Il succo è presentein speciali cellule del periciclo, situate al di sotto dell’epidermide fogliare. Una volta raccolto, il suc-co viene fatto bollire fino a consistenza tale da formare, a freddo, una massa vitrea, splendente, dicolore che va dal nero al giallo verdastro (aloe lucido), oppure una massa opaca, di colore rosso-bruno (aloe epatico). La frattura è concoide, fria-bile; l’odore è aromatico, il sapore molto amaro.

Fig. 15.5 Aloe ferox: pianta (a) e succo essiccato (b)

L’aloe sembra che sia stata usata da tempi antichi co-me pianta capace di combattere gli spiriti maligni; eracoltivata attorno alla Mecca ed adornava l’ingresso del-le abitazioni dei mussulmani. Anche il suo uso comemedicamento è assai antico. Nefertite e Cleopatra ri-correvano all’aloe per ringiovanire la pelle e proteg-gerla da infezioni. Dioscoride, Plinio il Vecchio, Galenoed altri dottori dell’epoca utilizzavano l’aloe per rimar-ginare le ferite e per curare i disturbi gastrointestinali(costipazione, emorroidi). L’aloe verrà introdotta in Eu-ropa verso la fine del XVI secolo e molto più tardi (1893) citata nella Farmacopea Italiana come lassativo.

Cenni storici

Detto anche aloe vera, si ricava dalle foglie frescheappena recise da piante di 4 anni. Il gel è presentenelle cellule (parenchimatiche) più interne mentre ilsucco è presente nelle cellule (pericicliche) periferi-che della foglia. L’estrazione del gel viene fatta reci-dendo alla base la foglia e lasciando fuoriuscire il suc-co giallognolo contenente antranoidi; quindi si aprela foglia longitudinalmente e si asporta dalla partecentrale la sostanza gelatinosa che viene trattatacon carbone (per sequestrare le sostanze inquinan-ti), filtrata, pastorizzata (2-3 minuti a 80 °C) ed addi-zionata di conservanti (0,3% di sorbato di K). Il gel co-sì ottenuto contiene circa il 30% di polisaccaridi (glu-comannani, acemannani), steroli, acidi organici,enzimi, vitamine, minerali, carboidrati, lipidi, acidosalicilico, aminoacidi, tracce di aloine ecc. L’aloe gel siutilizza esternamente (pomate, unguenti) come ci-catrizzante nei casi di abrasioni, scottature e ferite;trova inoltre applicazione nelle contusioni, nella pso-riasi e nei casi di Herpes simplex e H. genitale; risultainefficace nei casi di lesioni cutanee provocate da ra-diazioni. Internamente (per os) è stato utilizzato nel-le iperlipidemie con buoni risultati.

Aloe gelb

a

I principali componenti dell’aloe sono degli antra-noidi (5-30%), presenti come glicosidi (aloina A eB); glicoproteine (aloctine); un olio essenziale; aci-di grassi; ecc. Il contenuto degli antranoidi è sog-getto a variazioni stagionali: può raggiungere ancheil 24% nel periodo aprile-luglio mentre nel periodoinvernale non supera il 14%. L’aloe viene utilizza-ta, per le sue proprietà lassative, nei casi di stipsi.La dose di 0,25 mg provoca un effetto lassativo do-po 6-12 ore, che può persistere per giorni. In generesi utilizza in associazione con altre droghe lassative(senna, cascara ecc.) o con droghe che aumentanoil flusso biliare (boldo, carciofo ecc.) per risolvere

alcuni tipi di stipsi (acuta, atonica, dischezia retta-le). Se ne sconsiglia invece l’uso nei casi di stipsispastica, di stipsi associata a proctite o emorroidi,nei casi di disfunzione renale, nel periodo delle me-struazioni e poi in gravidanza e durante l’allatta-mento, anche se non è stata mai dimostrata un’a-zione abortiva di questa droga. Per la FDA l’aloe èconsiderata alla stregua di un farmaco e per la Com-missione E tedesca l’uso non deve prolungarsi perpiù di 1-2 settimane. Come tutte le droghe antra-chinoniche può provocare crampi addominali, fla-tulenza, meteorismo. All’aloe sono state attribuitenumerose altre proprietà, sia come succo, che comegel ed estratto totale.

Rabarbaro

Il rabarbaro è dato dal rizoma di diverse specie diRheum. In particolare, il rabarbaro cinese è rap-presentato dal rizoma di Rheum officinale Baillon(rabarbaro del Sud o cinese) e di R. palmatum var.tanguticum L. (rabarbaro del Nord o tibetano)(Fam. Poligonaceae). Il rabarbaro indiano e quel-lo pakistano sono invece costituiti dai rizomi di R.emodi Wallich e di R. webbianum Royle rispetti-vamente. Rheum deriva da rha, antico nome delfiume Volga. Rha nell’antica lingua della Mosco-via significava radice, cioè radice per antonoma-sia; in effetti sulle rive del Volga vegetava unaspecie di rabarbaro. Officinale, delle officine far-maceutiche.Habitat. Erba perenne originaria delle regioni mon-tuose della Cina e dell’India (Fig. 15.6): ora esi-stono anche delle piantagioni in Europa (R. rha-ponticum, R. undulatum, R. compactum).Descrizione della pianta. Pianta erbacea perennedotata di rizoma verticale e radici voluminose, cau-le corto (1-2 m) di colore nero, più o meno ramifi-cato, foglie basali (radicali) lungamente picciolate(30-50 cm), cuoriformi, profondamente divise in lo-bi (3-5), provviste di stipole e guaina (ocree), fioririuniti in racemi e formanti una pannocchia e frut-to ad achenio.Parti usate. Rizoma.Raccolta e preparazione della droga. In primaverao autunno (settembre-ottobre) si dissotterrano i cep-pi ipogei più grossi (di piante di 6-10 anni). I rizo-mi vengono mondati, decorticati per raschiamento,tagliati in pezzi ed essiccati per diverse settimane inlocali riscaldati. I pezzi più voluminosi vengono ta-gliati in senso longitudinale e venduti come rabar-baro piatto, quelli più piccoli, provenienti dallaparte inferiore del rizoma, vengono tagliati in senso

198 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

La stipsi (o costipazione) è un disturbo, non una ma-lattia, che interessa l’1-6% delle persone di mezza etàed il 70-80% degli anziani. Si manifesta di meno negliuomini (1-2%) e di più nelle donne (2-4%), soprattut-to in quelle di razza nera. Si ha stipsi quando le feci so-no dure, emesse di rado e con sforzo, senza la sensa-zione di soddisfazione liberatoria. Può dipendere dacause organiche sistemiche (ipotiroidismo, diabete, di-sidratazione, porfiria, morbo di Parkinson, depressio-ne, anoressia ecc.), da ostruzioni intestinali intralumi-nali (stenosi, tumori ecc.) ed extraluminali (tumori, ernie, gravidanza ecc.), da lesioni anali (ragadi, emor-roidi ecc.) o da alterazioni muscolari o infiammazionedella mucosa (proctosigmoidite). La stipsi può anchedipendere dall’assunzione di farmaci (analgesici, anal-gesici stupefacenti, anoressizzanti, antibiotici, antiaci-di, antineoplastici, spasmolitici, diuretici ecc.). Co-munque nel 95% dei casi si tratta di stipsi primitiva ofunzionale, cioè il risultato della interazione di distur-bi della motilità intestinale ed errate abitudini diete-tiche, oltre che di una ridotta attività fisica. Una ali-mentazione povera di fibre (frutta, verdura, cereali) edi apporto idrico e la sedentarietà rallentano il transi-to intestinale e rendono difficile l’espulsione di feci chesi sono nel frattempo indurite. La defecazione inoltreviene spesso rimandata e questo comporta una esa-gerata distensibilità dell’ampolla rettale che contri-buisce alla insorgenza della costipazione. In gravi-danza poi la lassità dei muscolari addominali e del pa-vimento pelvico compromettono l’efficienza deltorchio addominale, utile nel mantenere regolare l’al-vo. Un trattamento non farmacologico della stipsiconsiste nell’assunzione giornaliera di fibre alimenta-ri (20-30 g), nell’introduzione di circa 2 litri di acquanelle 24 ore e nel consigliare una paziente rieduca-zione dell’alvo; nei casi in cui non si riesce a rimuove-re la stipsi si ricorre ad un lassativo che può essere unlubrificante (olio vegetale o minerale), un agente cheforma volume nel lume intestinale (psillio, guar ecc.)o una droga antrachinonica (senna, cascara, rabarba-ro, frangola, aloe). La droga antrachinonica deve esseresomministrata non più di 1-2 volte nella settimana ead un dosaggio tale da agire soltanto sulla motilità in-testinale e non anche sull’accumulo intraluminale diliquidi. L’uso prolungato deve essere vietato.

Stipsi

Capitolo 15 • Glicosidi 199

trasversale e forniscono il cosiddetto rabarbaro rotondo (5-8 × 5-7 cm). In Europa la droga è rac-colta da piante più giovani (4-5 anni) e si presentain frammenti più piccoli; il rabarbaro europeo vie-ne utilizzato quasi esclusivamente in liquoreria.

Descrizione della droga. Pezzi legnosi, piano-con -vessi (10-15 × 7-8 cm) o cilindro conici (5-6 × 5-7cm), di consistenza dura, pesanti, di colore gialloocra, venato di arancione. La superficie esterna, de-corticata, è segnata da un reticolo biancastro a ma-glie a losanga o ovali che spicca sullo sfondo gial-lastro. Le losanghe corrispondono alle sezioni deiraggi midollari; il reticolo deve il suo colore chia-ro all’amido o all’ossalato di Ca. In sezione tra-sversa si osservano numerosi corpi stellati (0,2-0,4cm) rossastri, costituiti da anormali sistemi libro-le-gnosi (fasci vascolari). Questi sono disposti rego-larmente ad anello all’interno della zona legnosa inR. palmatum; sono disposti irregolarmente e sonopiù grandi (0,2-0,6 cm) in R. officinale. La drogaha un odore caratteristico ed aromatico.Esame microscopico della droga. In sezione trasver -sa, dall’esterno all’interno, si nota: residui di su-ghero a piccole cellule appiattite; libro sottile sud-diviso da numerosi raggi midollari a 2-3 file di cel-lule; cambio bruno fatto da numerose file di celluleschiacciate; legno sottocorticale diviso da raggimidollari a 2-3 file di cellule e costituito da un pa-renchima a cellule poligonali e druse di ossalato diCa; midollo con parenchima a cellule poligonali,ricche di granuli di amido e di druse di ossalato diCa, con raggi midollari a 2-3 file di cellule che in-ternamente s’intrecciano.

La droga in polvere mostra: granuli di amido (4-8 mm) con ilo stellato o puntiforme, druse di os-salato di Ca (20-200 mm), frammenti di parenchi-ma di cellule amilifere e cristallifere e di vasi reti-colati. La quantità di ossalato di Ca è più elevata(15%) nel rabarbaro cinese, meno (6%) nel rabar-baro europeo: questo è utile per la scoperta di sofi-sticazioni (esame delle ceneri).Componenti principali. Glicosidi antrachinonici(2-4,5%) quali crisofanolo, aloemodina, emodina,fiscione. Oltre alle strutture monomeriche ridot-te sono presenti resinoidi A e B (antranoli) e C-D(antroni), forme ridotte dimeriche, sennosidi A-D.Le forme ossidate raggiungono livelli elevati du-rante il periodo estivo, modesti nel periodo in-vernale.

Sono inoltre presenti tannini. L’azione lassativadella droga è dovuta soprattutto alla presenza deisennosidi A e B, profarmaci che nell’intestino ven-gono trasformati in reina. Nel rabarbaro europeo èpresente il glicoside raponticina, un derivato stil-benico su cui è basato un saggio per distinguerequesto dal rabarbaro cinese.Proprietà ed impiego terapeutico. È un lassativo,nonostante la presenza di tannini. Si usa in asso-ciazione con altre droghe antrachinoniche. Possiede

Fig. 15.6 Rheum officinale: pianta (a); radice (b); rizomi divarietà diverse di Rheum (c-e) e sezione trasversale di R. officinale (f)

a

b

fe

c d

anche proprietà coleretiche, antitumorali, antiflogi-stiche ed eupeptiche. A parte l’impiego farmaceu-tico, come lassativo, il rabarbaro viene di frequen-te impiegato nella preparazione di bevande ad azio-ne eupeptica (rabarbaro europeo).Effetti collaterali, tossicità e controindicazioni. Ilrabarbaro provoca gli stessi inconvenienti delle al-tre droghe antrachinoniche. Impartisce alle urineuna colorazione bruno-giallastra (se acide) o rossa(se alcaline).

Senna

È data dalle foglie secche di Cassia angustifoliaVahl (Fam. Cesalpiniaceae), nota come senna diTinnevelly, o di C. acutifolia Delile, nota come sen-na Alessandrina. Cassia deriva dal greco kas›a,termine usato da Dioscoride per indicare la cor-teccia del Laurus cassia (cannella della Cina);senna deriva dall’arabo senha, sinha o sena, anti-ca denominazione locale della pianta la cui fogliaera considerata “propria” a dare salute. Lo stessoProfeta consigliava: “Procuratevi della senna, chesarà per voi rimedio d’ogni male, salvo che per lamorte”. Angustifolia = stretta foglia, per le fogliemolto strette (Fig. 15.7); acutifolia = aguzza foglia,per le foglie accuminate.Habitat. Entrambe le specie hanno origine deserti-ca; C. acutifolia cresce spontanea lungo la regionedell’alto Nilo, C. angustifolia cresce spontanea nel-l’Africa orientale, dall’Arabia alla Somalia fino alMozambico. C. acutifolia viene coltivata nel Sudan,mentre la seconda è coltivata abitualmente in Paki-stan ed India.Descrizione della pianta. Arbusto alto 1,50-2,00 m(fino ad 1 m nel caso di C. acutifolia), con caule eret-to verde pallido; foglie composte, paripennate (5-9paia di foglioline; 4-5 paia di foglioline nel caso diC. acutifolia), alterne; piccoli fiori venati di rosso

scuro e riuniti in grappoli terminali (gialli nel casodi C. acutifolia); il frutto è un legume che termi nacon una punta, residuo dello stelo (Fig. 15.8).Parti usate. Foglioline e frutti.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie ven-gono raccolte quando i frutti sono completamenteformati, ma ancora immaturi: i frutti quando sonoprossimi alla maturità (settembre-ottobre). Entram-bi si essiccano al sole. Le foglie non devono conte-nere più del 10% di rachidi.Descrizione della droga. Le foglioline di C. angu-stifolia sono strette (0,7-1,2 cm) e molto lunghe (3-6 cm), lanceolate, a punta aguzza, con pedun colobrevissimo, glabre o poco pelose (Fig. 15.8 b). Ilfrutto, di dimensioni 1,2-1,82 × 4-6 cm, è appiatti-to, quasi dritto, con margini arrotondati e superfi-cie liscia appena bozzoluta in corrispondenza deisemi (6-8 cm per legume); osservato in trasparen-za mostra, oltre alle ombre dei semi, una venaturatrasversale che corre dall’una all’altra nervaturalongitudinale (Fig. 15.8 c).

Le foglioline di C. acutifolia sono alquantostrette e corte (2-3 cm), ovate e appuntite all’apice,con peduncolo breve, finemente pubescenti. Il frut-to, di dimensioni 1,8-2,5 × 4,5 cm, ha margini al-quanto incurvati (il ventrale appare concavo o drit-to, il dorsale fortemente convesso, con aspetto re-niforme del legume), superficie liscia e rigonfia incorrispondenza dei semi (4-9 per legume). In tra-sparenza mostra una venatura trasversale.Esame microscopico della droga. In sezione trasver -sa si osserva nelle foglioline: epidermide superio-re a cellule poligonali appiattite, con stomi e con peli unicellulari conici un po’ ricurvi; tessuto a pa-lizzata ed una sola fila di cellule allungate, conte-nenti druse di ossalato di Ca, tessuto a palizzata

200 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

La senna era sconosciuta agli antichi. Serapide il Vec-chio, medico arabo del IX-X secolo, fu il primo a de-scrivere le proprietà lassative della senna nel suo Pan-dectae, libro tradotto in latino e pubblicato a Valen-cia nel XV secolo. Isacco Giudeo, un altro medicoarabo del X secolo, nel citare la senna afferma che lamigliore qualità si trova nella Mecca. Questi due me-dici usavano i frutti mentre Mesuè, anch’esso medicoarabo, utilizzerà le foglie per ottenere un drastico ef-fetto purgativo. La pianta della senna verrà coltivatain Italia nel 1500. Dal IX secolo ad oggi la senna è sta-ta ininterrottamente utilizzata come lassativo.

Cenni storici

Fig. 15.7 Cassia angustifolia L.: ramo con foglie e fiori

Capitolo 15 • Glicosidi 201

pressocché identico al precedente; epidermide in-feriore a cellule poligonali.

La droga in polvere presenta: peli unicellulari,conici, ricurvi, di diversa lunghezza (12-25 × 70-260mm); cristalli di ossalato di Ca (prismi di 4-25 mmo druse di 8-30 mm); frammenti di epidermide e ditessuto a palizzata e spugnoso.Componenti principali. Glicosidi diantronici (1,5-3% nelle foglie; 2-5% nei frutti), soprattutto, sen-nosidi A e B; piccole quantità di sennosidi C e D,di glicosidi monomerici e di antrachinoni liberi(1,0-1,5%) (aloe-emodina, crisofanolo, reina). Inol-tre mucillagine (10%), sostanze resinose amare,canferolo, isoramnetina (glucoside fitosterolico), al-col miricilico, olio etereo ecc.

I sennosidi sono dei profarmaci e quindi di persé inattivi; nel colon la flora batterica metabolizzaquesti in reina e reinantrone attraverso la forma-zione di prodotti intermedi. La reina è il vero prin-cipio attivo della senna.Proprietà ed impiego terapeutico. La senna è unlassativo, stimola la secrezione intraluminale diacqua e di elettroliti e modifica la motilità delcrasso, sia direttamente che attraverso il releasedi autacoidi. È probabile che anche gli ioni Ca efattori neuroumorali svolgano un ruolo importan-te nell’azione lassativa della senna. È consigliatanella costipazione atonica, nei casi di costipazio-ne acuta e prima di un esame endoscopico del trat-to intestinale. Si somministra in associazione adaltre droghe lassative e/o coleretiche/colagoghe(boldo) oppure da sola, sotto forma di infuso (1-2 g), macerato, estratto fluido (2 ml), sciroppo(8 ml). Il macerato, preparato lasciando macera-re in acqua (100 ml) a temperatura ambiente circa2 g di droga, è più attivo dell’infuso, (contiene piùsennosidi); inoltre provoca difficilmente crampi edolori addominali, perché contiene solo una mi-nima quantità di sostanze resinose. Il frutto, ri-spetto alle foglie, esercita un’azione lassativa piùblanda.Effetti collaterali, tossicità. La senna può causarecrampi e dolori addominali. Un uso prolungato (oabuso) può causare melanosi (vedi Fig. 15.3), per-dita di elettroliti (potassio in particolare) ed altri in-convenienti ancora (vedi Fig. 15.4).

Impartisce alle urine una colorazione bruno-giallastra (se acide) o rossa (se alcaline). Da alcunianni si parla di un’azione mutagena e carcinogenadella senna, dovuta all’aloe-emodina presente nelladroga: questo tuttavia non è avvalorato da studi spe-rimentali e clinici. Anzi, studi recenti condotti suanimali di laboratorio dimostrano che la senna,somministrata quotidianamente per 6-12 mesi, non

Fig. 15.8 a Cassia acutifolia: pianta; b foglie di Cassiaacutifolia (1) e C. angustifolia (2); c frutti di Cassia angu-stifolia

a

b

1

2

c

provoca tumori intestinali. Studi di carcinogenesidella durata di 2 anni hanno poi dimostrato che lasenna non solo non provocava alterazioni neopla-stiche o tumorali, ma addirittura inibiva la forma-zione di tumori indotti da un carcinogeno (azossi-metano). Studi epidemiologici più recenti hanno in-fine mostrato che non c’è correlazione tra as sunzionedi senna e cancro colon-retto.

Pazienti che prendono glicosidi cardiaci, antia-ritmici, diuretici, corticosteroidi, devono consultareil medico prima di assumere senna. La senna nondeve, infine, essere consigliata a pazienti con di-sturbi gastrointestinali.

Cascara

La cascara è la corteccia essiccata del tronco e deirami di Rhamnus purshiana DC (Fam. Rhamnaceae)o cascara sagrada. Cascara sagrada deriva dallo spa-gnolo e significa corteccia sacra, in riferimento ad al-cune piante appartenenti alla stessa famiglia e dettespine di Cristo perché utilizzate per fare la corona dispine imposta a Cristo; Rhamnus, da r¿mÆo© = ro-stro, per le spine ricurve di talune specie; purshianain onore di Federico Trangott Pursh che agli inizi del1800 descrisse la pianta.Habitat. Spontanea nell’America settentrionale(Canada e stati americani di Washington e Oregon)e lungo le coste del Pacifico (Messico). Coltivatain Africa (Kenia), Europa (Italia), Colombia.Descrizione della pianta. Alberello alto 5-6 m (neiPaesi di origine può raggiungere anche 20 m), contronco rugoso a scorza bruniccia, con rami non spi-nosi a scorza bianco-grigiastra, liscia, con foglieovato-ellittiche (2,5-70 × 5-15 cm), brevemente pic-ciolate (Fig. 15.9), ad apice ottuso, a base arroton-data, a margine dentato, pennatinervie (10-12 ner-vature), con piccoli fiori bianchi riuniti in ombrelleascellari; il frutto è una drupa nera ovoidale.Parti usate. Corteccia del tronco e dei rami.Raccolta e preparazione della droga. Inizia a pri-mavera e va avanti fino a luglio su piante di 9-15anni con rami di oltre 10 cm di diametro. La cor-teccia viene asportata in grandi pezzi, praticandodelle incisioni longitudinali sulla superficie e quin-di ridotta in frammenti più piccoli, essiccata al so-le e conservata per almeno un anno prima di usar-la per preparazioni medicinali.Descrizione della droga. Pezzi piatti o a doccia oarrotolati (2-10 × 10-20 cm), dello spessore di 1,5-4 mm. La superficie esterna è grigio-bruna, grigio-olivastra o bruno-purpurea, liscia, con lenticellebiancastre poco evidenti. La superficie interna è li-

scia, giallastra, striata in senso longitudinale. Lafrattura è granulosa all’esterno, fibrosa all’interno.Il sapore è amaro e nauseante.Esame microscopico della droga. In sezione trasver -sa, dall’esterno all’interno, si osserva: sughero ab-bastanza spesso, costituito da 10-18 file di celluleappiattite; strato collenchimatoso fatto di 3-6 file dicellule allungate; parenchima corticale a cellule po-ligonali, contenenti druse di ossalato di Ca, granu-li di amido ad ilo eccentrico ed ammassi di cellulesclerosate; libro primario a cellule poligonali equalche tubo cribroso; libro secondario fatto di cel-lule poligonali più piccole.

La polvere mostra: cellule sclerose, granuli diamido (3-8 mm) ad ilo eccentrico; cristalli di ossala-to di Ca; frammenti di sughero e di tubi cribrosi.Componenti principali. Composti antrachinonici

202 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.9 Rhamnus purshiana: pianta (a) e corteccia (b)

a

b

Capitolo 15 • Glicosidi 203

in parte sotto forma glucosidica (6-9%) (cascarosi-di A-D), in parte liberi (emodina, acido crisofani-co); una sostanza amara a funzione lattonica, tan-nino (2%), ecc. Nei cascarosidi A e B l’aglicone èl’antrone aloe-emodina, in quelli C e D è il criso-fanolo. I cascarosidi vengono metabolizzati dallaflora batterica intestinale (colon) in un composto at-tivo, il crisofanolo.Proprietà ed impiego terapeutico. L’azione lassativadella cascara è più blanda di quella della senna, ma èutilizzata di meno per il suo costo. Risulta comunquepresente in diverse preparazioni lassative, in associa-zione con altre droghe antrachinoniche.

Frangola

La frangola è la corteccia essiccata del tronco e deirami di Rhamnus frangula L. (= Frangula alnusMiller) (Fam. Rhamnaceae). Frangula deriva dafrangere: rompere, cioè che rompe le rocce sullequali vegeta, oppure per la fragilità dei rami che sispezzano facilmente.Habitat. Spontanea nei boschi e nelle siepi (terrenisabbiosi ed umidi), fino ai 1000 metri di altitudine,di tutta l’Europa centro-meridionale, dell’Asia oc-cidentale e dell’Africa settentrionale. Coltivata inEuropa (Italia). Il carbone del legno di R. frangulaera pregiato per la preparazione delle polveri nereda sparo e come carbone medicinale.Descrizione della pianta. Arbusto alto 2-5 m, conpochi rami alterni, non spinosi, con foglie caduche,alterne, brevemente picciolate, ovalo-ellittiche (4-7× 6-10 cm), glabre (quelle adulte), a margine inte-ro, pennatinervie (6-8 nervature secondarie paralle-le per lato che si incurvano in prossimità del lembofogliare) (Fig. 15.10) e fiori in fasci ascellari e confrutti a forma di piccole drupe nerastre (se mature).Parti usate. Corteccia del tronco e dei rami.Raccolta e preparazione della droga. Maggio-luglio,durante il periodo di fioritura (perché la corteccia sistacca più facilmente). Sul tronco e sui rami si pra-ticano delle incisioni che servono a delimitare la par-te della corteccia che si vuole distaccare; quest’ope-razione, fatta con cura, consente alla pianta di so -pravvivere. La corteccia si lascia essiccare all’aria edall’ombra. Nel primo anno presenta intensa azioneemetica che scompare con il tempo, per cui deve es-sere usata dopo almeno un anno dalla raccolta, op-pure riscaldata a 100 °C per un’ora (tale trattamen-to facilita la trasformazione degli antroni in antra-chinoni, meno irritanti). La droga in commercioproviene principalmente dalle regioni dell’Europaorientale, dai Balcani alla Polonia.

Descrizione della droga. Pezzi a doccia o arrotola-ti (2,5 × 10-15 cm), dello spessore di 1-2 mm. Lasuperficie esterna è bruno-rossiccia (rami giovani)o grigio-bruno-olivastra (rami vecchi), liscia, congrandi lenticelle verrucose, bianco-grigiastre. La su-perficie interna è finemente striata per il lungo, lu-cida, giallo-rossastra (Fig. 15.10 b). La frattura ègranulosa all’esterno e fibrosa all’interno. Il sapo-re è amaro/sgradevole. La frangola si differenziadalla cascara per i seguenti caratteri: (i) sughero piùsottile, sfaldabile, di colore più scuro e cosparso dilenticelle bianche, (ii) superficie interna più scurae lucente, (iii) sapore meno amaro, (iv) assenza dicellule sclerosate nel parenchima corticale.Esame microscopico della droga. In sezione trasver -sa, dall’esterno all’interno, si nota: sughero costi-tuito da 10-20 file di cellule appiattite; strato col-lenchimatoso (presente nelle cortecce più giovani)fatto di 6-7 file di cellule prismatiche; parenchimacorticale fatto di cellule poligonali contenenti gra-nuli di amido e druse di ossalato di Ca; libro a pic-cole cellule poligonali impilate radialmente, per-corso da raggi midollari a 2 file di cellule, con am-massi di fibre liberiane e druse di ossalato di Ca.

Fig. 15.10 Rhamnus frangula: pianta (a) e corteccia (b)

a

b

La polvere mostra: granuli di amido, druse di os-salato di Ca, frammenti di parenchima, fasci di fi-bre liberiane.Componenti principali. Composti antrachinonici(4,5-7%) sotto forma glucosidica quali glucofran-gulina A/B (frangula-emodina + glucosio + ram-nosio/apiosio) e frangulina A/B (fran gula-emodina+ ramnosio/apiosio), ed in minima parte liberi qua-li crisofanolo, emodina. Nella droga fresca le glu-cofranguline sono presenti nella forma ridotta, inquella esiccata nella forma ossidata.

I glucosidi vengono metabolizzati dalla florabatterica intestinale (colon) a composti attivi (emo-dine). L’effetto lassativo dell’emodina è paragona-bile a quello di un estratto di senna.Proprietà ed impiego terapeutico. La dose racco-mandata (adulti, anziani e ragazzi sopra i 12 anni)in casi di costipazione acuta è di 20-30 mg di glu-cofranguline e franguline (pari a 1,2-1,8 g di droga).L’effetto lassativo si ha dopo 6-24 ore.Effetti collaterali, tossicità. Si veda la senna.

Iperico

È dato dalle parti aeree (sommità fiorite) di Hy-pericum perforatum L. (Fam. Guttiferae). Hype-ricum dal greco ereich = erica e upo = sotto, cioèpianta che vegeta sotto le eriche, oppure eicwn =al di là, riferito al fatto che la pianta si utilizzavaper esorcizzare gli spiriti maligni e per questochiamata scacciadiavolo; perforatum, per le fogliepicchiettate di piccole ghiandole trasparenti che incontroluce danno l’idea di forellini. La pianta èdetta anche erba di San Giovanni, in quanto fio-risce in prossimità della festa che è il 24 giugno.La Ph. Eur. riporta la tintura madre di iperico, uti-lizzata per la preparazione di omeopatici.Habitat. Originaria dell’Europa, la pianta è stata na-turalizzata in Asia, Africa, Australia, America. InItalia è diffusa nei luoghi sassosi, lungo le scarpa-te stradali e ferroviarie, nei boschi e nelle zone col-linari e montuose fino ai 1600 m.Descrizione della pianta. Pianta erbacea di 90 cmcirca con caule esile eretto, ramificato, con fogliesessili, opposte, da lanceolate a ovali, ristrette ver-so la base della lamina, con margine intero e ot-tuse all’apice, ghiandolose per ghiandole scureconcentrate per lo più lungo il margine della pa-gina inferiore della lamina e traslucide su tutta lalamina, tali quindi che, se guardate controluce,diano l’impressione di essere bucherellate (da cuil’epiteto perforatum). I fiori con petali ellittici,asimmetrici, di colore giallo intenso, ghiandolosi

e macchiettati di nero sul margine, irregolarmen-te dentellati o crenati, sono riuniti in corimbi api-cali (Fig. 15.11).Parti usate. Sommità fiorite (fiori, foglie e parti delcaule).Raccolta e preparazione della droga. Si raccoglietra fine giugno ed agosto e si essicca all’ombra o instufa a temperatura non superiore ai 35-38 °C.Descrizione della droga. Le sommità fiorite sono diodore aromatico, balsamico; il sapore è lievemen-te amaro.Componenti principali. Naftodiantroni (0,1-0,3%)come ipericina, pseudoipericina, protoipericina ecc.;acilfloroglucinoli (2%) come iperforina; flavonoidi(circa il 12%) come rutina, iperoside, isoquercitri-na, quercetina ecc.; xantoni; tannini (6-10%); un olioessenziale (0,11-0,26%) contenente 2-metilottano,limonene, pinene ecc.; inoltre vitamina C, carotene,saponine, acidi caffeici ecc. L’ipericina e soprattut-to l’iperforina sono responsabili delle proprietà far-macologiche dell’iperico.Proprietà ed impiego terapeutico. All’iperico sonostate attribuite proprietà ipotensive e diuretiche, mastudi più recenti concordano nel ritenere l’iperico un

204 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.11 Hypericum perforatum: pianta (a) e fiori (b)

a

b

Capitolo 15 • Glicosidi 205

antidepressivo, al punto da considerarlo un “prozacnaturale”. L’azione antidepressiva è la conseguenzadi una inibizione delle MAO (enzimi che catalizza-no la conversione di neurotrasmettitori in cataboli-ti inattivi) ed un blocco della ricaptazione di neu-rotrasmettitori quali serotonina, noradrenalina edopamina. Questo comporta un aumento dei livel-li di neurotrasmettitori nello spazio sinaptico conconseguente adattamento neuronale [aumento del-l’espressione dei recettori serotoninergici (5-HT1e 5-HT2), adrenergici (β1) e dopaminergici (D1)](Fig. 15.12). Oggi è abbastanza chiaro che l’azio-ne antidepressiva dell’ipericina e soprattutto dell’i-perforina viene amplificata dalla presenza di fla-vonoidi. L’efficacia dell’iperico negli stati depres-sivi lievi e moderati è stata riportata in diversi studiclinici. In alcuni di questi l’iperico si è mostrato ef-ficace quanto gli antidepressivi convenzionali(fluoxetina, paroxetina) o addirittura superiore (imi-pramina) nel ridurre i sintomi ansiosi in individuidepressi. L’iperico risulta invece del tutto ineffica-ce nei casi di depressione grave. L’iperico inibiscepoi il re-uptake della dopamina nel tessuto striatodel cervello di ratto e questo lascia supporre un im-piego di questa droga nella dipendenza da nicotina.L’iperico viene raccomandato dalla Commissione Etedesca anche come cicatrizzante, oltre che come an-tidepressivo. Per la guarigione di ferite si usa l’oliodi iperico che si prepara lasciando macerare i fiorifreschi di H. perforatum in olio di oliva (rapporto25:100) al sole fino a quando l’olio non assume unacolorazione rossa. Questo preparato, utilizzato da se-coli per facilitare la cicatrizzazione di ferite edustioni, non è stato rigorosamente studiato in cam-po clinico, né se ne conosce il meccanismo d’azio-ne. Segnaliamo comunque uno studio in doppio cie-co condotto su 21 pazienti con dermatite atopica lie-ve e moderata che mostra l’efficacia di una crema a

base di iperico (contenente l’1,5% di iperforina). LaCommissione E tedesca raccomanda una dose gior-naliera di 2-4 g di droga essiccata corrispondente a0,2-1 mg di ipericina e derivati. In commercio si tro-vano estratti idroalcolici (rapporto droga:estratto 4-7:1) contenenti 0,1-0,3% di ipericina, il 2-4% di fla-vonoidi e fino al 6% di iperforina: la dose giorna-liera di questi estratti è di 900 mg.Effetti collaterali, tossicità. Dagli studi clinici sievince che l’incidenza di effetti indesiderati dell’i-perico equivale a quella del placebo (4-12%), mainferiore per gravità ed incidenza a quella degli an-tidepressivi convenzionali. Gli effetti indesideratipiù frequenti sono: disturbi gastrointestinali, mal ditesta, vertigini, stanchezza, perdita di appetito, pru-rito, rush cutanei. Questi effetti sono lievi e transi-tori. L’iperico è un induttore enzimatico (attiva il ci-tocromo P450); inoltre induce la sintesi della gli-coproteina P a livello intestinale e renale. Pertantosi sconsiglia l’uso contemporaneo di iperico e difarmaci metabolizzati dal sistema microsomialeepatico (ciclosporina, warfarina, indinavir, con-traccettivi orali ecc.) e di farmaci che interagisco-no con la glicoproteina P in quanto si verifica unadiminuzione dei livelli plasmatici di questi farma-ci e quindi una loro ridotta efficacia.

Cianogenici

Diverse piante contengono glicosidi che, per idroli-si, liberano acido cianidrico, da cui il nome glicosi-di cianogenici o cianogenetici(2). L’idrolisi di questi

(2) Sebbene siano spesso indicati come cianogenetici, iltermine cianogenico (che produce cianuro) sembra esserepiù corretto.

neuronepostsinaptico

neuronepresinaptico

iperforina

a

neurotrasmettitori

Aumento della risposta biologica

iperico

Fig. 15.12 Effetto dell’iperforina, uno dei principalicomposti chimici dell’iperico, sui livelli di neurotra-smettitori nello spazio sinaptico.L’iperforina inibisce la ricaptazione di numerosi neuro-trasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina, glu-tammato e GABA) nelle terminazioni nervose presi-naptiche. Bloccando la principale via di rimozione deineurotrasmettitori, l’iperforina determina un aumentodelle concentrazioni sinaptiche dei neurotrasmettitori

composti è catalizzata da β-glicosidasi endogene, epoi da idrossinitril liasi. Le β-glucosidasi e i glico-sidi cianogenici sono presenti in differenti strutturecellulari. Se per una ragione qualsiasi (insetti, uomo,condizioni ambientali) la cellula vegetale subisce undanno, i glicosidi vengono a contatto con gli enzi-mi dando luogo alla formazione di HCN (acido cia-nidrico). La cianogenesi sembra dunque una rea-zione di difesa che il vegetale mette in atto ogni vol-ta che subisce un danno o un’aggressione.

I glicosidi cianogenici si trovano in tutto il regnovegetale, dalle Felci alle Gimnosperme e Angio-sperme e tra queste in modo particolare in alcune fa-miglie: Rosaceae, Fabaceae, Poaceae, Euphorbia-ceae, Passifloraceae ecc. Si possono dividere inquattro gruppi strutturali (Fig. 15.13):1. glicosidi che derivano dal 2-idrossi-2-acetoni-

trile o suoi derivati: amigdalina, prunasina (lau-roceraso);

2. glicosidi con agliconi alifatici saturi: linamari-na (cassava);

3. glicosidi in cui l’aglicone contiene un doppio le-game col gruppo nitrile: acacipetalina;

4. glicosidi con agliconi aliciclici insaturi: ginocar -dina.Questi composti derivano da L-aminoacidi,

attraverso reazioni enzimatiche che partono da una N-

idrossilazione dell’aminoacido seguita da decarbos-silazione e portano alla formazione di un’aldos sima.Il corrispondente nitrile si forma dall’al dossima, conperdita di acqua, e successivamente attraverso un’i-drossilazione forma un α-idrossinitrile, e legandosiad uno zucchero origina un glicoside. L’aldossimapuò, in alternativa, essere prima idrossilata e quindiperdere acqua, dando luogo ad un α-idrossinitrile cheforma il glicoside legandosi ad uno zucchero.

Numerose preparazioni di prodotti vegetali con-tenenti composti cianogenici sono diffusamente uti-lizzate come sostanze aromatizzanti. Circa 20 annifa l’amigdalina venne proposta per una sua presun-ta attività antitumorale; successivamente rigorose in-dagini sperimentali dimostrarono che l’uso di que-sto prodotto come antitumorale non solo non avevaalcuna giustificazione razionale, ma era anche peri-coloso.

La presenza di glicosidi cianogenici si eviden-zia con facilità con l’ausilio di alcuni reagenti (ben-zide/acido rameico o acido picrico/carbonato di so-dio) in grado di sviluppare una reazione colorata seapplicati sul materiale vegetale frantumato.

Lauroceraso

Il lauroceraso è costituito dalle foglie fresche diPrunus laurocerasus L. (Fam. Rosaceae).Habitat. Originario del Caucaso e dell’Asia Mino-re. Oggi è diffuso in tutta Europa come pianta or-namentale, specie per le siepi.Descrizione della pianta. È un arbusto sempre-verde alto 3-6 m, con fiori bianchi raggruppati; ifrutti sono drupe ovoidali rosse, nere quando sonomature.Parti usate. Foglie.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie fre-sche vengono utilizzate per preparare l’acqua di lau-roceraso.Descrizione della droga. Le foglie intere, lunghe12-15 cm e larghe 6-9 cm, sono coriacee e brillan-ti. Il lembo fogliare è intero, oblungo, acuminato.Nella pagina inferiore si trovano delle ghiandoleche nelle foglie secche appaiono depresse. Schiac-ciate, se fresche, liberano un caratteristico odore dimandorle amare. Il sapore è aromatico, amaro edastringente.Componenti principali. Nelle foglie fresche si tro-va la prunasina [(-)-(R) mandelonitrile-β-D-gluco-side] o aurocerasina, che può variare da 1,2 a 1,8 gper 100 g di tessuto, ed un enzima capace di scin-dere il glicoside in glucosio, acido cianidrico ed al-deide benzoica.

206 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

amigdalina

prunasina

acacipetalinalinamarina

ginocardina

HO

OHCN

Fig. 15.13 Struttura chimica di alcuni glicosidi cianogenici

glucosio

glucosio

O - glucosio

glucosio

Capitolo 15 • Glicosidi 207

Proprietà ed impiego terapeutico. Le foglie freschedi lauroceraso sono state impiegate per prepararel’acqua di lauroceraso, il cui titolo in HCN deve essere dell’1‰. In America questo distillato si pre-para utilizzando la corteccia del tronco di Prunusvirginiana o P. serotina Ehrhart (Rosaceae). L’aci-do cianidrico viene titolato con ioni argento e ben-zaldeide mediante una determinazione gravimetri-ca, dopo averlo precipitato come fenilidrazone. Lapreparazione, accuratamente sigillata, va conserva-ta al riparo dalla luce. Possiede proprietà spasmo-litiche e stimolanti il respiro ed ha trovato impiegocome bechico, espettorante e come aromatizzante.Effetti collaterali, tossicità. Le foglie sono ricche diprunasina, mentre i semi hanno una elevata quan-tità di amigdalina. La polpa del frutto invece, la so-la parte della pianta che ha un aspetto ed un sapo-re buono abbastanza da essere mangiata, contienemodeste quantità di glicosidi cianogenici. La diffe-rente distribuzione dei principi attivi tossici nellapianta rende ragione delle notizie contraddittorieche si trovano in letteratura circa le intossicazioniprodotte dal lauroceraso.

Mandorla amara

La mandorla amara è il seme di Amygdalus com -munis o Prunus amygdalus var. amara DC. (Fam.Rosaceae).Habitat. L’albero di mandorle è originario delle re-gioni centrali ed occidentali dell’Asia, ma attual-mente è diffuso e coltivato in tutto il Mediterra-neo e in altri Paesi con le stesse caratteristiche cli-matiche.Descrizione della pianta. È un albero alto 3-5 m,con foglie lanceolate, brevemente picciolate, den-ticolate, glabre; il frutto è una drupa verde, com-pressa, con endocarpo legnoso e duro.Parti usate. Semi.Raccolta e preparazione della droga. Raccolti ifrutti maturi, si essiccano, quindi si recuperano i se-mi che si seccano a loro volta.Descrizione della droga. I semi sono di forma ova-le, rivestiti di un tegumento bruno-rossiccio, reti-colato, allargati alla base, acuminati alla sommità.La droga è oleosa, bianca.Componenti principali. Le mandorle amare con-tengono il glicoside cianogenico amigdalina (1-3%)(Fig. 15.14) ed anche l’enzima (emulsina) che loidrolizza ad acido cianidrico, benzaldeide e gluco-sio. Dai semi si ricava anche un olio fisso (45%).Proprietà ed impiego terapeutico. Le mandorleamare e l’olio di mandorle amare si usano come

aromatizzanti, ma il loro impiego non è completa-mente sicuro a causa del contenuto di acido ciani-drico. Molto più usato è l’olio di mandorle dolci (P.amygdalus var. dulcis), un liquido limpido, giallo,inodore e di sapore dolciastro; questo si adoperacome lassa tivo (20-30 ml) e per la preparazione diemulsioni.Effetti collaterali, tossicità. L’acido cianidrico è re-sponsabile di una sintomatologia tossica: cefalea,vomito, stato confusionale, perdita di coscienza, re-spiro stertoroso (russante e gorgogliante). Pertantole droghe contenenti glicosidi cianogenici sono po-tenzialmente tossiche. A rischio sono anche alcunepiante alimentari, se utilizzate in modo inappro-priato. Così la radice di cassava (o di tapioca), chesi ottiene da Manihot esculenta, utilizzata per otte-nere amido, può essere causa di avvelenamenti se,una volta triturata, non viene lavata accuratamenteper allontanare il glicoside linamarina (presente perlo 0,4%). Anche il fagiolo di Lima, che si ottieneda Phaseolus lunatus L. deve essere triturato e la-vato prima di essere utilizzato come alimento. Gli-cosidi cianogenici sono poi presenti nei semi di al-bicocco, pesco e prugno ed inoltre nel pisello, nelsorgo, nel miglio, nella patata dolce, nei germoglidi bambù, nel crescione ecc.

Comunque l’ingestione accidentale di piantecianogeniche non provoca necessariamente graviintossicazioni, dal momento che per raggiungereconcentrazioni pericolose di HCN (0,3-3,5 mg /kg)si dovrebbero ingerire elevatissime quantità di tes-suto vegetale.

Solforati

I glucosidi solforati, tioglucosidi o glucosinolatisono un gruppo di glucosidi formati da una partezuccherina che si lega all’aglicone attraverso unatomo di zolfo (S-glucosidi) (Fig. 15.15). La por-

Fig. 15.14 Struttura chimica dell’amigdalina

zione zuccherina è sempre glucosio, mentre l’a-glicone può essere alifatico. I glucosidi solforatisono insapori ed inodori, ma per idrolisi enzima-tica (mirosinasi) danno luogo alla formazione diisotiocianati, responsabili dell’odore pungente edel sapore piccante delle droghe. I glucosidi solfo-rati sono presenti in almeno 11 famiglie vegetali,tra cui la famiglia delle Brassicaceae ed in parti-colare nell’olio di semi di colza (Brassica campe-stris L. var. oleifera DC.), in alcuni condimenti(mostarda) ed in alcuni vegetali commestibili co-me cavolo (Brassica oleracea L.) e rapa (Brassi-ca rapa L.). Con la loro presenza nelle piante que-ste sostanze scoraggiano qualsiasi aggressione daparte di insetti. I glucosinolati (mostarda) stimo-lano la secrezione gastrointestinale e possiedonoproprietà revulsiva (cataplasmi senapati) ed anti-tumorale [il carbinolo-3-indolo che deriva dal-l’indolilmetil glucosinolato (presente nella mo-starda) riduce il rischio di tumori mammari estra-diolo dipendenti; il 4-metilsulfinil isotiocianato(presente nei broccoli) induce la formazione di en-zimi antitumorali].

I più importanti glucosidi solforati sono: la sini-grina (Fig. 15.16), contenuta principalmente nella se-nape nera (Brassica rapa L.), nel rafano (Raphanussativus L. var. niger Mill.) e nella barbaforte (Coch-learia armoracia L.); la sinalbina, contenuta nella se-nape bianca (Brassica campestris L. var. oleiferaDC.). I glucosidi solforati si formano per decarbos-silazione di un aminoacido (triptofano, metionina, fe-nil alanina, tirosina ecc.) che dà luogo ad un’aldos-sima. L’atomo di zolfo che lega l’aglicone allo zuc-chero deriva da aminoacidi solforati (cisteina).

Senape nera

La senape nera è costituita da semi di Brassica ni-gra (L) Koch (Sinapis nigra L.) o di B. juncea L.o di altre verietà di Brassica (Fam. Cruciferae).Brassica deriva dal celtico bresic e significa cavo-lo; nigra dal latino e significa nero; juncea dal la-tino e significa giunco. La senape nera è menzio-nata nell’editto di Diocleziano (301 d.C.) come con-dimento mentre Teofrasto, nella sua Storia dellepiante, e Plinio la citano come medicamento. NelMedio Evo la senape fu adoperata soprattutto co-me condimento per insaporire le carni. La popola-rità della senape nera come condimento (mostarda)non ha mai subito flessioni nel corso dei secoli.Habitat. È originaria dell’Europa e dell’Asia sud-occidentale. È molto comune, sia come pianta spon-tanea che come pianta coltivata, in Europa, Asia(India) e Stati Uniti.Descrizione della pianta. È una pianta erbacea an-nua con steli esili ed eretti (50-120 cm), rami alternie foglie picciolate. I fiori (4 petali e 4 sepali dispo-sti a croce) gialli, sono raggruppati in racemi ter-minali. Il frutto è una siliqua eretta, serrata al fusto,contenente numerosi semi.Parti usate. Semi.Raccolta e preparazione della droga. I semi ven-gono raccolti in settembre quando la pianta ingial-lisce ed il frutto è maturo. I semi, neri e pesanti,vengono seccati e quindi triturati per preparare lafarina e la mostarda (si forma una pasta con il vi-no). Il termine mostarda deriva dall’uso dei semicome condimento.Descrizione della droga. I semi sono molto piccoli (1-1,5 mm di diametro), globosi, reticolati da finissi-me nervature, violacei, quasi neri (Fig. 15.17). Bagna -ti si rigonfiano e la superficie diviene liscia. Tritura-ti con acqua formano un’emulsione giallastra di odo-re piccante e di sapore acre e bruciante. L’epidermideè costituita da uno strato di cellule mucillaginose.Componenti principali. La senape nera contiene deiglucosinati (o glucosinolati) come sinigrina (0,7-1,4%), sinalbina e sinapina (0,8-1,1%); un olio gras-so (20%); mucillagine (20%). La sinigrina (presentenei vacuoli), sotto l’azione di una tioglucosidasi (mi-rosinasi), si scinde in glucosio, solfato acido di po-tassio ed isosolfocianato di allile o essenza di sena-pe nera (Oleum sinapis), alla quale è dovuta l’azio-ne revulsiva della droga. Nei semi interi l’idrolisidella sinigrina non avviene, in quanto sinigrina e mi-rosinasi sono localizzate in elementi cellulari diver-si; è necessaria la frantumazione dei semi. Così pu-re la inattivazione dell’enzima (a 60 °C) nel seme onella farina non consente la scissione della sinigrina.

208 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.16 Formule di struttura chimica della sinigrina (a)e dell’isotiocianato di allile (b)

a

b

NOSO3K

CH2 CHCH2 C S C6H11O5

S C N CH2-CH CH2

N- O -SO-3

S-C-R

glucosio

Fig. 15.15 Struttura generale dei glucosidi solforati

Capitolo 15 • Glicosidi 209

Proprietà ed impiego terapeutico. La droga agiscelocalmente come rubefacente ed internamente co-me emetico. In passato, ora raramente, era utilizzataper allestire dei cataplasmi denominati appunto se-napismi. L’effetto terapeutico è dubbio; per di più,se applicati troppo a lungo i senapismi possono pro-durre delle lesioni cutanee.Effetti collaterali, tossicità. Il contatto troppo pro-lungato con la cute può produrre irritazioni e ustioni.

Senape bianca

La senape bianca è costituita dai semi essiccati deifrutti maturi di Brassica alba L. Hooker (Fam. Cru-ciferae).Habitat. Analogamente alla senape nera si trova inEuropa, Asia e Stati Uniti d’America.Descrizione della pianta. È una pianta erbacea (piùpiccola se paragonata a B. nigra), con foglie lanceo-late pennate, o intere, con gruppi di fiori gialli. I frut-ti (silique) sono più arrotondati di quelli di B. nigra.Parti usate. Semi.Raccolta e preparazione della droga. Raccolti ifrutti maturi, si fanno seccare, quindi si estraggonoi semi che si essiccano a loro volta.Descrizione della droga. I semi sono leggermentepiù grandi di quelli della senape nera (2 mm di dia-metro) ed hanno un tegumento bianco-giallastro.Componenti principali. La sinalbina è il tioglucosi-de della senape bianca che, ad opera della mirosina -si, viene idrolizzato a p-idrossibenzilisotiocianato,bisolfato di sinapina e glucosio. Il seme contiene an-che un olio (30%). Il p-idrossibenzil isotiocianato ha

un sapore pungente, ma inodore; inoltre è meno vo-latile dell’isotiocianato di allile.Proprietà ed impiego terapeutico. I semi della se-nape, sia bianca che nera, polverizzati e dispersi inacqua, si possono assumere per il loro effetto eme-tico o applicati localmente per ottenere un effettorubefacente. La senape viene diffusamente utiliz-zata come condimento e aroma alimentare.Effetti collaterali, tossicità. Il suo uso per applica-zione locale può essere vescicante.

Aglio

L’aglio è dato dal bulbo di Allium sativum L. (Fam.Liliaceae), pianta erbacea perenne originaria del-l’Asia centrale, ma da sempre coltivata nelle regionitemperate. Allium deriverebbe dalla parola celticaall = caldo, bruciante: allusione al sapore; sativum,da seminasativum = che si può seminare. La pian-ta, alta 30-80 cm, presenta un bulbo (4-8 cm di dia-metro) da cui parte un caule cilindrico, munito di6-12 foglie guainanti lineari, fistolose. I fiori, di co-lore bianco o rossastro, sono poco numerosi e qua-si sempre sterili. La droga è data dal bulbo, forma-to da 8-12 bulbetti biancastri o rosati, ovoidi, oblun-ghi, compressi lateralmente ed arcuati, avvolti inuna tunica membranosa biancastra; ha odore e sa-pore forte e caratteristico (Fig. 15.18).

I bulbi vengono raccolti nei mesi di maggio- luglio, quando le foglie appassiscono ed essiccati al-l’ombra ad una temperatura di circa 40 °C. I bulbiinteri sono inodori; tagliati emanano un odore carat-teristico. Il sapore è pungente, bruciante, caratteri-stico. La droga contiene enzimi come alliinasi, pe-rossidasi, mirosinasi; un olio volatile (0,10-0,36%)che contiene composti solforati (alliina, allicina (dial-lil tiosulfinato), allilpropildisulfide, ajoene, S-allil-mercaptocisteina, S-metilmercaptocisteina, terpeniecc.); proteine; aminoacidi; minerali (selenio, tellu-rio); flavonoidi; prostanoidi (PGA1, PGD2, PGE2,PGF); vitamine (B, C e D) ecc. Nella droga frescal’alliina è presente per lo 0,5-1%; in quella secca ivalori di alliina possono raggiungere anche il 2%.L’alliina, per azione dell’alliinasi, forma acido piru-vico ed allicina, un prodotto instabile che all’aria edin presenza di acqua si decompone ra pidamente inun prodotto più stabile, l’ajoene (Fig. 15.19), ed inaltri derivati polisulfidici, responsabili tra l’altro delcaratteristico odore e sapore dell’aglio. Secondo laPh. Eur. la droga essiccata e ridotta in polvere devecontenere non meno dello 0,45% di allicina.

L’aglio è stato adoperato fin dai tempi antichi,non solo come condimento, ma anche come medi-camento ed in particolare come antisettico (contro

Fig. 15.17 Brassica nigra: seme

peste e colera), diuretico e antiaging. In questi ulti-mi decenni diversi studi sperimentali e clinici han-no mostrato che l’aglio riduce i livelli ematici di co-lesterolo inibendo l’attività dell’HMG-CoA reduttasie di altri enzimi (lanosterol-14-dimetilasi) coinvol-ti nella biosintesi del colesterolo. Assieme al cole-sterolo risultano ridotti anche i livelli di trigliceridi.L’aglio ha manifestato anche un’azione ipotensiva,per una duplice azione sull’epitelio vascolare (rila-sciandolo) e sul miocardio (azione inotropa positi-va), un’azione antitrombotica (riduce l’aggregazio-ne delle piastrine, la viscosità del sangue e i valoridi ematocrito), antiossidante ed antitumorale. L’ajoe-ne inibisce l’aggregazione piastrinica ed è conside-rato il principale responsabile dell’azione antitrom-botica ed ipocolesterolemizzante della droga, men-tre la PGA1 di quella ipotensiva. L’ajoene sembrainoltre possedere attività antiossidante: neutralizza laformazione dei radicali liberi, la cui presenza è unacostante dei processi degenerativi a livello cardio-vascolare. L’allicina invece ha un’azione antibatte-rica e sembra stimolare il sistema immunitario. L’at-tività antitumorale dell’aglio è attribuita sia all’alli-cina che al solfuro di allile che causano un aumentodi glutatione S-transferasi, deputato alla detossifica-zione di sostanze carcinogene; inoltre si comporta-no da scavengers verso composti nitrosi, altamentecarcinogeni. L’allicina riduce inoltre la conversionebatterica dei nitrati in nitriti, limitando così la for-mazione di nitrosamine e quindi di tumori. L’agliopossiede anche attività batteriostatica e battericida.È stato osservato che 20 mg di succo d’aglio mani-festano lo stesso effetto di 10 μg di ampicillina. Unostudio epidemiologico ha infine evidenziato che uncostante consumo d’aglio protegge contro le infe-zioni da Helicobacter pylori e studi in vitro hannoconfermato la capacità dell’aglio di sopprimerlo.

Una dose giornaliera di 600-900 mg di aglio inpolvere (pari a 1,8-2,7 g di aglio fresco e contenen-te lo 0,6% di allicina) riduce di 12-30 mmHg la pres-sione sistolica e di 7-20 mmHg quella diastolica inpazienti con ipertensione essenziale. Inoltre, assun-to per un mese, riduce del 72-85% l’attività fibri-nolitica, rivelandosi un ottimo antitrombotico. Si usaanche sotto forma di estratto (aglio fermentato), diolio, di tintura. Le capsule che si usano devono es-sere gastroresistenti, perché l’ambiente acido dellostomaco inattiva l’enzima deputato alla trasforma-zione dell’alliina in prodotti attivi (allicina ed ajoe-ne). Per tali ragioni le semplici preparazioni orali(non gastroprotette) risultano poco attive. Per le stes-se ragioni la droga fresca è molto poco attiva; la suaazione dipende dalla quantità di sostanze attive chesi liberano nel cavo orale, prima che la droga passi

210 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.19 Struttura chimica dell’alliina (a), dell’allicina (b),e dell’ajoene (c)

a

c

b

Fig. 15.18 Allium sativum : pianta (a) e bulbi (b)

a

b

Capitolo 15 • Glicosidi 211

nello stomaco. Pertanto l’aglio fresco, per poteresplicare le sue proprietà farmacologiche, deve es-sere masticato a lungo (circa 20 minuti) nella boc-ca (si pensa che siano necessari 0,2-1 g di aglio fre-sco/kg/die perché si abbia un’azione farmacologica).

L’aglio può provocare, se assunto per lunghi pe-riodi, bruciori di stomaco, nausea, vomito. È con-troindicato in gravidanza, durante l’allattamento edin individui predisposti a reazioni allergiche. Nondeve essere associato ad anticoagulanti ed antipia-strinici, perché ne potenzia l’azione.

Saponinici

Le saponine rappresentano un gruppo di glicosidiampiamente distribuiti nelle piante superiori. Conl’acqua formano soluzioni colloidali che schiumeg-giano se agitate, proprio come una soluzione di sa-pone (da ciò il loro nome). Provocano, inoltre, emo-lisi degli eritrociti: aumentano infatti la permeabi-lità della membrana eritrocitaria ed il movimentodegli ioni: sodio ed acqua entrano nella cellula e neesce il potassio, la membrana cellulare si rompe e siha la fuoriuscita di emoglobina nel plasma. Ciò puòessere facilmente evidenziato: una sospensione dieritrociti in soluzione fisiologica è torbida, ma se adessa si aggiungono saponine, diventa trasparente edi un colore rosso vivo. Quest’effetto può esseresfruttato per de terminare l’indice emolitico di estrat-ti di droghe contenenti saponine, cioè la più bassaconcentrazione richiesta per la completa emolisi diuna sospensione contenente una quantità nota di eri-trociti. Per idrolisi acida questi glicosidi liberanozuccheri ed agliconi (sapogenine) che, a seconda

della struttura chimica, si distinguono in steroidei,triterpenici e glicoalcaloidei (Tab. 15.1). Le saponi-ne steroidee determinano una rapida emolisi deglieritrociti, mentre quelle triterpeniche hanno un ef-fetto più lento, al punto da rendere difficile la de-terminazione dell’indice emolitico di saponine diquesto tipo. Per questo spiccato potere emolitico lesaponine possono risultare tossiche se somministra-te per via parenterale, mentre sono innocue per viaorale perché scarsamente assorbite nel lume intesti-nale. Nei pesci invece le saponine continuano ad es-sere tossiche anche dopo ingestione orale; per que-sta ragione piante contenenti saponine sono spessousate per la pesca nei Paesi in via di sviluppo.

Dal punto di vista chimico sono sostanze privedi azoto, generalmente inodori, di sapore amaro (faeccezione la glicirrizina), fortemente irritanti se ina-late. Alcune droghe (liquirizia, ippocastano, camo-milla ecc.) si comportano da antiflogistiche perchéle saponine che contengono interferiscono con ilmetabolismo dei mediatori dell’infiammazione, ini-biscono la degradazione dei corticosteroidi oppureagiscono con più meccanismi. Altre droghe, graziesempre alle saponine che contengono, si compor-

La tossicità delle saponine per gli animali a sanguefreddo era ben nota agli antichi. Questo spiega l’usomillenario nella pesca di alcune piante (ad es. Serja-nia, Balanites, Schima, Antiaris, Barringtonia, Alstonia)contenenti saponine. Dosi di 1-5 ppm di saponine sono in genere sufficienti per provocare la rottura dicapillari bronchiali e compromettere l’equilibrioosmotico e respiratorio del pesce.

Le saponine e la pesca

Tabella 15.1 Classificazione delle saponine

Classe Esempi Provenienza Effetto, uso

Triterpeniche Glicirrizina Glycirrhiza glabra AntiflogisticoEscina Aesculus hippocastanum Insufficienza venosaSenegina Poligala senega BechicoEderosaponine Hedera helix EspettoranteMadecassoside Centella asiatica VenotropoFaradiolo Calendula officinalis AntiflogisticoGinsenosidi Panax ginseng AdattogenoEleuterosidi Eleutherococcus senticosus AdattogenoAcido quillaico Quillaja saponaria EspettoranteActeina Cimicifuga racemosa Disturbi menopausaAstragalosidi Astragalus membranaceus Immunostimolante,

raffreddoreSteroidee Diosgenina Dioscorea spp. Sintesi ormoni

Sarsasapogenina Similar spp. Sintesi ormoniYamogenina Trigonella foenum-graecum IpocolesteromizzanteRuscogenina Ruscus aculeatus Insufficienza venosa

Glicoalcaloidee Solasodina Solanum aviculare Precursore steroidiS. laciniatumS. khasianum

tano da adattogene, venotrope, bechiche ed espet-toranti (Tabella 15.2).

Somministrate in piccole quantità le saponine tri-terpeniche stimolano la secrezione di muco bronchialefluido ed in questo modo facilitano l’espettorazione eprevengono la tosse. L’effetto sembra dovuto ad unairritazione della mucosa gastrica che, per azione ri-flessa, determina un aumento della secrezione bron-chiale. Inoltre le saponine triterpeniche, una voltasomministrate vengono a contatto con il muco e, perla loro capacità di abbassare la tensione superficiale,rendono questo più fluido e facilmente eliminabile.

L’effetto sulla tensione superficiale favorisce l’as-sorbimento di altri composti presenti nella droga (si-nergismo nel fitoterapico) o di altre medicine (poten-ziale interazione con farmaci convenzionali). Impor-tante poi l’azione delle saponine presenti nell’alfa alfa

(medicago), e nella quillaja sull’assorbimento intesti-nale di colesterolo: queste ne riducono l’assorbimen-to, formando dei complessi non assorbibili, e ne ini-biscono nel contempo la sintesi. Molte saponine pre-sentano poi una elevata attività spermicida (alcuni annifa entravano nella preparazione di creme vaginali).

Come ricordato prima, le saponine possono es-sere steroidee e triterpeniche, oltre che glicoalca-loidee. Le prime sono poco diffuse nel regno ve-getale; comunque, considerata la loro somiglianzacon corticosteroidi ed ormoni sessuali, rappresen-tano una importante materia prima per la emisinte-si di ormoni steroidei (Tabella 15.3). Le seconde,largamente diffuse nel regno vegetale, consentonoalle droghe che le contengono un impiego in cam-po terapeutico come espettoranti ed antiflogistiche(glicirrizina, senegina). Le saponine molto tossiche,

212 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 15.3 Genine di saponine steroidee ed emisintesi di ormoni steroidei

Genina Pianta Parte usata Ormoni(contenuto %)

Diosgenina Genere Dioscorea Tuberi (4,5%): vengono raccolti da Progesterone, testosterone(D. composita, mexicana, piante di 4 anni, triturati e lasciati cortisone, contraccettivifloribunda, nipponica ecc.) fermentare per due giorni. La massa orali

fermentata viene fatta essiccare prima dell’estrazione di diosgenina

Costus speciosus Rizomi (2-3%): vengono trattati come sopra

Ecogenina Agave sisalana Foglie (– circa il 2%): pressate e private Glucocorticoidi, delle fibre, vengono fatte fermentare. mineralcorticoidiLa sospensione viene fatta coagulare per facilitare il recupero di ecogenina

Smilagenina Genere Smilax Radici (0,5-1,8%) Steroidie sarsasapogenina (S. officinalis, medica,

febrifuga ecc.)

Genere Yucca Fusti, foglie e semi (0,2-1%) Steroidi

Solasodina Solanum laciniatum Frutti immaturi (2-3%) Steroidi

Stigmasterolo Glycine max Olio dei semi (12-25%): la frazione Ormoni sessualie sitosterolo insaponificabile contiene (progesterone),

stigmasterolo e sitosterolo spironolattone

Tabella 15.2 Classificazione delle droghe saponiniche in base alle proprietà farmacologiche

Proprietà Droga Pianta

Adattogena Ginseng Panax ginsengEleuterococco Eleutherococcus senticosus

Antiflogistica Liquirizia Glycyrrhiza glabraIppocastano Aesculus hippocastanumCalendula Calendula officinalis

Antitussiva (bechica) Poligala Poligala senegaEdera Hedera helixPrimula Primula veris

Venotropica Rusco Ruscus aculeatusCentella Centella asiatica

Capitolo 15 • Glicosidi 213

dette sapotossine, sono invece utilizzate contro gliinsetti ed i molluschi, compresi quelli che veicola-no lo schistosoma. Alle saponine si attribuisconoinoltre proprietà citotossiche (a-ederina, astragalo-side), cicatrizzanti, antitumorali, diaforetiche e diu-retiche (dulcamarina, onocerina). Come emulsio-nanti sono impiegate nell’industria cosmetica perpreparare schiume.

Droghe che contengono saponine a prevalenteattività antiflogistica, venotropa,ipocolesterolimizzante ed ipoglicemica

Liquirizia

La liquirizia è la droga costituita dalle radici o daifusti sotterranei (stoloni) essiccati di Gly cyrrhizaglabra L. (Fig. 15.20), nota in commercio comeliquirizia spagnola (var. typica), di G. glabra var.glandulifera, Wald. e Kit., nota come liquirizia rus-sa, o di G. glabra var. violacea Bois, nota comeliquirizia persiana (Fam. Fabaceae). Glycyrrhizaderiva dal greco gluk‡© = dolce e r›©a = radice,cioè radice dolce; glabra significa liscia e si riferi-sce al frutto levigato (glabro).

Teofrasto la citava come radice dolce della Sci-tia, mentre Plinio e Dioscoride, oltre alla pianta,decantavano i pregi del succo di liquirizia. Il decot-to di liquirizia, assieme ad altre sostanze vegetali, èstato usato per il bagno di Budda, che si fa in occa-sione della sua nascita (l’ottavo giorno dell’ottavomese dell’anno). La pianta di liquirizia si ritrova inItalia non prima del XIII secolo.Habitat. Cresce spontaneamente in molti Paesi del-l’Europa centrale, nella Russia centro-meridionale,in Iran ed Iraq. È coltivata in Spagna, Italia, Ger-mania, Inghilterra e Stati Uniti.Descrizione della pianta. Glycyrrhiza glabra var.typica è una pianta erbacea perenne, alta 1-2 m, consteli eretti e solcati, con foglie alterne, composte,imparipennate con 7-17 foglioline intere. I fiori so-no riuniti in grappoli, eretti all’ascella delle foglie,di colore azzurro porporino. Il frutto è un piccolobaccello appiattito (1,5-2,5 cm). La glandulifera hafiori riuniti in capolino e frutti ricoperti da pungi-glioni. La violacea ha naturalmente fiori violacei.Parti usate. Radici e stoloni.Raccolta e preparazione della droga. Le radici egli stoloni sono raccolti al termine del terzo o quar-to anno di coltivazione. Le piante sono rimosse dalterreno, in autunno, preferibilmente quando nonpresentano ancora i frutti, per assicurare una mag-gior dolcezza. Le radici e gli stoloni vengono poi

lavati ed asciugati all’aria (per quattro-sei mesi),quindi tagliati e legati insieme.Descrizione della droga. Esistono numerose va-rietà commerciali di liquirizia, ottenute da piantespontanee o semispontanee, tra cui quella spagnola(typica), russa (glandulifera) e persiana (violacea).Le radici di liquirizia, caratterizzate da un odore edun sapore tipici, vengono tagliate in bastoncini di10-15 cm di lunghezza. Presentano una superficiegrigio-bruna, striata longitudinalmente e con cica-trici lasciate dalle radichette secondarie. La frattura, fibrosa tanto nella regione corticale che inquella legnosa, è di colore giallastro. Gli stolonihanno un midollo sottile di colore grigio scuro; leradici ne sono prive. Ha un odore terroso ed un sa-pore dolce, mucillaginoso. Conservata a lungo, la

Fig. 15.20 Glycyrrhiza glabra: pianta (a) e radici (b)

a

b

liquirizia diventa di colore bruno, acquista odoredi muffa (si fa friabile) ed il sapore è sgradevole.Osservazione microscopica della droga. La drogapolverata rivela la presenza di frammenti di fibrefloematiche allungate e parzialmente lignificate, dicolore giallo (700-1200 × 10-20 mm), con paretiispessite, e agglomerati di cellule contenenti cri-stalli prismatici di ossalato di calcio. Sono presentivasi xilematici con pareti spesse e reticolate e gran-di quantità di amido.Componenti principali. Terpenoidi (saponine triter-peniche) come glicirrizina (1-15%), una miscela disali di potassio e di calcio dell’acido glicirrizico(Fig. 15.21), che è composto dall’aglicone dell’aci-do glicirretinico e da due unità di acido glucuronico;inoltre, glicirretolo, glabrolide, acido liquiritico, β-amirina; contiene poi glicosidi flavonoidici (liqui-ritina, isoliquiritigenina, liquiritoside, ramnoliquiri-tina ecc.); derivati cumarinici (erniarina, umbellife-rone); inoltre un olio essenziale (0,047%) con più di80 componenti fra cui anetolo ed eugenolo, aminoa-cidi, steroli, mannitolo, glucosio, diidrostigmastero-lo e circa un 20% di amido. La glicirrizina è circa150 volte più dolce del saccarosio. Per idrolisi perdeil sapore dolce e dà origine ad acido glicirretico oglicirretinico e due molecole di acido glicuronico.La glicirrizina è presente anche nelle radici di Ta-verniera cuneifolia (Roth) Arn. in quantità pari al3%. La pianta è endemica nel nord-est dell’Africa enel sud dell’Asia; le sue radici hanno un sapore dol-ciastro simile a quello delle radici di G. glabra. Vie-ne indicata come liquirizia indiana ed utilizzata co-me la comune liquirizia nella medicina ayurvedica.Proprietà ed impiego terapeutico. La liquirizia pos-siede proprietà antiflogistiche, espettoranti e spas -molitiche. La glicirrizina allo stato puro (un tempoin commercio con il nome di Carbenoxolone®) aumenta i livelli plasmatici di secretina e di conse-

guenza (i) aumenta il tono dello sfintere pilorico ri-ducendo il reflusso duodeno-gastrico e l’esposi zionedella mucosa gastrica all’azione lesiva della bile, (ii)aumenta la secrezione degli HCO3

- pancreatici equindi innalza il pH nel lume duodenale e (iii) ridu-ce la secrezione acida gastro-duodenale (Fig. 15.22);inoltre riduce a livello gastrico la secrezione di pe-psina (responsabile delle lesioni ulcerose gastriche)e l’attività peptica, rallenta il turnover delle celluleepiteliali allungandone la vita media, aumenta la pro-duzione di muco da parte delle cellule mucipare e ini-bisce la 15-iidrossi prostaglandin deidrogenasi e laΔ13-prostaglandin reduttasi consentendo un accumu-lo gastrico di prostanoidi citoprotettivi. Per queste ra-gioni la glicirrizina ed i preparati di liquirizia sonostati impiegati nell’ulcera peptica.

Attualmente la glicirrizina non viene più utilizza-ta come tale per i suoi ben noti effetti mineralcorti-coidi (ritenzione idro-salina sino allo sviluppo diedemi, ipertensione, riduzione di K+ plasmatico),esercitati attraverso un’inibizione dell’11-β-idros si -ste roidoidrogenasi, un complesso enzima microso-miale presente soprattutto nel fegato e nei reni che ca-talizza la conversione del cortisolo (ad elevata attivitàmineralcorticoide) a cortisone inattivo. Questo effet-to mineralcorticoide è molto meno evidente con l’u-so di estratti totali di liquirizia in quanto il fitocom-plesso rende la glicirrizina meno biodisponibile. Inol-tre i flavonoidi ed i calconi presenti nella drogaamplificano l’azione antiflogistica ed antimicrobicadel fitocomplesso e ne migliorano l’azione antiulcera.

214 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.21 Struttura chimica dell’acido glicirrizico

CH3

COOH

CH3 CH3

CH3

CH3CH3

CH3

COOH

COOHO

O

O

O

HOHO

HOHO

OH

O

Fig. 15.22 Possibili meccanismi d’azione della glicirrizina

Capitolo 15 • Glicosidi 215

Alla liquirizia viene anche attribuita un’attività antiestrogena dovuta sia alla glicirrizina, che possie-de una affinità (anche se debole) per le globuline chelegano gli ormoni sessuali, che ai flavonoidi. La li-quirizia riduce poi gli spasmi della muscolatura lisciabronchiale e fluidi fica il muco; per questo è presen-te in preparati utili nei casi di tosse, raffreddore, bron-chite. Comunque, di recente è stato osservato che ilflavonoide isoliquiritigenina agisce sia da spasmoli-tico (blocca i canali del calcio) che da spasmogeno(attiva i recettori muscarinici). È stato inoltre mostratoche il composto gabridina si comporta da antifungi-no e che l’acido glicirretinico ostacola le infezionivulvo-vaginali da Candida albicans.

In genere si utilizzano infusi o decotti (1-4 g 3 volteal giorno) oppure un estratto di liquirizia (0,6-2 g).

In commercio si trova infine il sugo di liquiriziao la liquirizia in bastoncini che si prepara schiac-ciando e macinando le radici di G. glabra. Si ottieneuna polpa che si fa bollire con acqua, quindi si de-canta, si comprime e si evapora al fuoco. Una voltaconcentrato, l’estratto si lavora ancora caldo su lastredi marmo oleate per ottenere le forme e le dimensionidesiderate, quindi si essicca. I bastoncini di liquiri-zia si presentano nerastri o bruno-nerastri, lucenti; lafrattura è netta, lucente, il sapore zuccherino. Con-tiene acqua (8-15%), glicirrizina (9-12%), zuccheri(20-30%), sostanze insolubili in acqua (10-35%).Effetti collaterali, tossicità. La liquirizia è una dro-ga sicura. Comunque, assunta in elevate quantità(1,3 g/die) e per un periodo lungo (3 mesi), può mo-dificare il metabolismo dei carboidrati e dei mine-rali; può inoltre provocare ritenzione di acqua e ipo-potassemia, ma non ipertensione. Da utilizzare, co-munque, con cautela negli ipertesi, nei cardiopaticie nei pazienti con insufficienza renale ed inoltre neipazienti trattati con digitalici o corticosteroidi. Alriguardo è stato dimostrato che la liquirizia come ta-le non provoca ipertensione e ritenzione di acqua, alcontrario dei suoi componenti allo stato puro.

Ippocastano

L’ippocastano è dato dai semi essiccati di Aesculushippocastanum L. (Fam. Hippocastanaceae). Ae-sculus è il nome di un albero di alto fusto (quercia)sacro a Giove = Ischio; esculus, da esca, nel sensodi nutrimento, per le ghiande che sono commesti-bili; hippocastanum, dal greco ippo© = cavallo ekastanon = castagna, cioè castagne del cavallo(nome dato perché si riteneva che il seme potessegiovare ai cavalli). L’ippocastano fu importato inEuropa dalla Persia (Iraq) nel XVI secolo dai turchi,

ma le sue proprietà terapeutiche, già note nella me-dicina popolare dell’Asia Minore, vennero valoriz-zate molto più tardi e rese note da Artanet de Ve-vey tra il 1896 ed il 1909.Habitat. Originario dell’Asia occidentale alligna inIndia, Iraq, Turchia e nel sud-est d’Europa, dai Bal-cani al Caucaso. Viene coltivato nei parchi, nei via-li e nei giardini.Descrizione della pianta. È un albero ramificato mol-to alto (20-30 m) con una corteccia grigia e fogliegrandi, palmato-composte, lungamente picciolate. Ifiori, irregolari e fragranti, hanno petali bianchi mac-chiati di rosso e sono riuniti in racemi terminali. Ilfrutto è una capsula tonda, carnosa, spinosa; racchiude1-3 semi (Fig. 15.23).Parti usate. Semi.

Fig. 15.23 Aesculus hippocastanum: pianta (a), frutto eseme (b)

a

b

Descrizione della droga. I semi sono globosi, gros-si (2-4 cm di diametro), lisci, con area ilare chiara,ampia. Il tegumento è di un colore chiaro (biancocremoso) nel frutto immaturo; assume una colora-zione marrone durante la maturazione. I cotiledonisono carnosi, oleosi, spesso fusi, con una linea difusione abbastanza visibile. Il sapore è amaro edacre. Si identifica per le sue caratteristiche micro-scopiche, per le ceneri totali (>4%) e per la presenzadi flavonoidi (reazione della cianidina).Componenti principali. Saponine triterpeniche, lacui miscela prende il nome di escina; flavonoidi(kaempferolo, quercetina, rutina); cumarine e tan-nini (presenti soprattutto nella corteccia del tronco);proantocianidine (presenti nel tegumento che vie-ne eliminato quando si prepara la droga); amido(40-50%); lipidi (6-8%); ecc. La FU XII riporta chela droga deve contenere non meno del 3% di gli-cosidi triterpenici, calcolati come escina anidra econ riferimento alla droga essiccata.Proprietà ed impiego terapeutico. Le proprietà an-tiflogistiche, antiedemigene, antiessudative e veno-toniche dell’ippocastano e del suo principale costi-tuente, l’escina, sono state ampiamente dimostrate indiversi modelli sperimentali (edema, granuloma,pleurite, safena di cane isolata in vitro). In esperi-menti sugli animali l’attività dell’ippocastano sul to-no vascolare si accompagna ad una attività antiossi-dante e ad una attività sulla resistenza (che aumen-ta) e sulla permeabilità (che diminuisce) dei capillari.L’attività antiflogistica dell’escina è molto più evi-dente dell’estratto di ippocastano nelle fasi inizialidel processo flogistico: interferisce con gli enzimi li-sosomiali (ostacola l’attività della ialuronidasi, manon della elastasi) e con la sintesi degli autacoidi (ei-cosanoidi, serotonina). Nel caso di estratti totali diippocastano, bisogna tener conto anche della pre-senza dei flavonoidi e delle proantocianidine nelladroga, dei loro effetti sui capillari e delle loro bennote azioni antiflogistiche, antiossidanti ed antien-zimatiche (inibiscono l’attività delle elastasi, colla-genasi e ialuronidasi). A partire dal 1990 diversi stu-di clinici hanno evidenziato l’efficacia dell’ippoca-stano nel trattamento dell’insufficienza venosacronica. La Commissione E tedesca raccomandal’ippocastano nel trattamento dei sintomi dell’insuf-ficienza venosa cronica (sensazione di pesantezza al-le gambe, crampi notturni ai polpacci, prurito e gon-fiore alle gambe). I preparati contenenti ippocastanoo escina vengono utilizzati per via orale (compresse)o per via topica (gel, pomate ecc.).

L’ippocastano raramente causa effetti indeside-rati (prurito, disturbi gastrici); non sono riportaticontroindicazioni né particolari cautele per l’uso.

Rusco

Il rusco (o pungitopo) è dato dal rizoma di Ruscusaculeatus L. (Fam Liliaceae). Gli antichi apprez-zavano molto il rusco come rimedio. È menziona-to da Dioscoride e da Plinio e nel Medio Evo se-guitò ad essere utilizzato come diuretico, febbrifu-go e tonico del sistema venoso. In Francia vieneadoperato nella preparazione dello sciroppo dellecinque radici, assieme a finocchio, sedano, asparagoe prezzemolo.Habitat. Boschi e sottoboschi (fino ai 700 m) di tut-ta Europa, soprattutto le regioni del Mediterraneo.Descrizione della pianta. Pianta perenne dioica, al-ta 30-40 cm, con un rizoma obliquo, bianco-gri-giastro, dotato di radici brunastre ed uno o più fu-sti eretti, glabri, ramificati, recanti numerosi clado-di (cauli appiattiti che sembrano foglie). I fiori sonoverdastri ed inseriti sui cladodi o al centro di unapiccola brattea. Il frutto è una bacca scarlatta cheimpartisce ai rami un valore ornamentale: contiene1-2 semi grandi e giallastri (Fig. 15.24).Parti usate. Rizomi.Raccolta e preparazione della droga. Il rizomaviene raccolto in autunno da piante adulte, priva-to delle radici, lavato ed essiccato in stufa o al sole.Si conserva in recipienti ben chiusi ed al riparodella luce.Descrizione della droga. Il rizoma, lungo 3-6 cm edello spessore di 2-4 mm, si trova in commercio inframmenti nodosi, giallognoli, di 5 mm di spesso-re, con una superficie che mostra sottili anelli di 1-3 mm di diametro. L’odore è debole, di tremen-tina; il sapore è dolciastro, poi amaro. Si riconosceper le sue caratteristiche microscopiche (rafidi diossalato di calcio, cellule sclerenchimatiche) e perla presenza di ruscogenina.Componenti principali. Saponine steroidee (circa il6%, soprattutto ruscogenina e neoruscogenina), fla-vonoidi, derivati benzofuranoidici e piccole quan-tità di un olio essenziale.Proprietà ed impiego terapeutico. Diversi studisperimentali hanno mostrato che gli estratti di ru-sco prevengono la dilatazione dei vasi venosi sot-toposti ad un carico dinamico. L’azione sembra do-vuta alla stimolazione dei recettori α-adrenergicipost-giunzionali delle cellule muscolari lisce dellaparete vascolare. Il rusco, diversamente dall’ippo-castano, agisce soprattutto sulle elastasi; inoltrepossiede proprietà contratturanti ed antiflogisticheche possono essere di giovamento in caso di insuf-ficienza venosa cronica (IVC). Alcuni studi clinicimostrano che il rusco migliora i sintomi dell’IVCe la Commissione E tedesca ne raccomanda l’uso

216 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 15 • Glicosidi 217

in queste circostanze. Viene anche consigliato nei casi di emorroidi e ragadi anali, per alleviare il do-lore ed il prurito. I preparati contenenti rusco o ru-scogenina vengono impiegati per os (capsule) o lo-calmente (supposte, gel, pomate). Il rusco rara-mente causa effetti indesiderati; non sono riportatecontroindicazioni né particolari cautele per l’uso.

Centella

È data dalle parti aeree di Centella asiatica (L.) Ur-ban (= Hydrocotyle asiatica L.) (Fam. Apiaceae).Centella, per la forma che ricorda la scodella d’ac-qua; asiatica, di provenienza asiatica. Si conosco-no almeno 3 varietà: la typica (asiatica), la florin-dena (americana) e la abyssinica (africana).

La pianta è stata utilizzata nella medicina ayur-vedica fin da tempi remoti per curare malattie del-la pelle e disordini nervosi (epilessia, isteria). In Ci-na viene prescritta per numerose indicazioni (diar-rea, ulcera, eczema ecc.).Habitat. Cina, India, Sri Lanka, Indonesia, Mada-gascar ed altri Paesi tropicali e subtropicali.Descrizione della pianta. Pianta erbacea piuttostopiccola, perenne, con fusto strisciante, sottile, di co-lore dal grigio al rosso grigiastro (Fig. 15.25). I fusti

Fig. 15.25 Centella asiatica: pianta

È il risultato di uno scompenso del funzionamento del-le vene delle gambe e di un danno dell’endotelio venoso, oltre che di una stasi venosa. È presente nel 10-15% degli uomini e nel 20-30% delle donne e puòessere secondaria a disturbi venosi (varici ecc.) o pri-mitiva, cioè dovuta ad un eccessivo lavoro delle venedegli arti inferiori. I sintomi sono diversi: gonfiore e pe-santezza degli arti, crampi notturni, dolore, arrossa-mento locale della cute, ecc. L’IVC se trascurata può darluogo a varici, trombosi venosa e ulcerazioni. È buonanorma prevenire i sintomi evitando di restare in piediper un lungo periodo di tempo, camminando per cir-ca un’ora quotidianamente, evitando di esporre legambe a fonti di calore, correggendo l’obesità, evi-tando l’uso di contraccettivi orali ed evitando altricomportamenti non idonei (abiti che costringono gliarti, calzature con tacco troppo basso o troppo alto,ecc.). In caso di necessità si ricorre a calze elastiche, adantinfiammatori non steroidei che alleviano il dolore,a laser terapia e scleroterapia ed a fitoterapici qualicentella, rusco, meliloto, ippocastano, amamelide.

Insufficienza venosa cronica (IVC)

Fig. 15.24 Ruscus aculeatus: pianta (a) e parti di rizoma (b)

a

b

di più piante si intrecciano tra di loro dando luogo aduna rete piuttosto fitta. La pianta presenta inoltre lun-ghi stoloni e foglie palminervie, di colore grigio-ver-de, lungamente picciolate. I fiori, di colore rosso oviolaceo, sono piccoli e riuniti in ombrelle; i frutti re-ticolati sono dei piccoli acheni di colore rosso-bruno.Parti usate. Foglie, piccioli e stoloni (parti aeree).Raccolta e preparazione della droga. Le parti ae-ree si raccolgono al momento della fioritura o in al-tri periodi dell’anno e si essiccano ad una tempera-tura di circa 40 °C.Descrizione della droga. Le foglie sono reniformio rotondeggianti, con margine dentato; i piccioli so-no sottili, espansi alla base e di un colore rosso seesposti al sole; gli stoloni sono di colore rossastro.La droga è inodore ed insapore.Componenti principali. Saponine triterpeniche comeasiaticoside (0,3%), madecassoside (1,5-2%), acidoasiatico, centelloside, ecc: flavonoidi quali querce-tina, kaempferolo ecc.; aminoacidi (alanina, serina,aspartato, glutammato ecc.); un olio volatile (0,8-1%), detto vellarina, che contiene soprattutto β-ca-riofillene, β-farnesene, germacrene, α e β pinene;tannini (circa il 25%); resine (circa il 9%) e poi aci-di grassi, alcaloidi (idrocotilina), sostanze amare ecc.Proprietà ed impiego terapeutico. Numerosi studisperimentali documentano una azione vasoprotettivae cicatrizzante della centella e dei suoi componentiattivi (i triterpeni). In seguito ad un trattamento conestratti di centella l’elasticità delle vene migliora e laparete dei vasi risulta rafforzata. Il meccanismo d’a-zione ipotizzato riguarda: (i) la riduzione di acido ia-luronico e di enzimi lisosomiali nel tessuto connetti-vale vasale, (ii) l’aumento della sintesi di collagenee di altri fattori che favoriscono la formazione di epi-telio vascolare, (iii) l’aumento di fattori antiossidan-ti (superossido dismutasi, catalasi, glutamina peros-sidasi, ecc.). La centella possiede inoltre proprietà an-tiflogistiche (inibisce la sintesi di prostanoidi) edantitumorali (agisce direttamente sulla sintesi delDNA). Diversi studi clinici riportano poi che la cen-tella migliora i sintomi in soggetti con disturbi ri-conducibili ad una IVC (dolore, prurito agli arti in-feriori, spossatezza, crampi notturni ecc.). Nellamaggior parte degli studi è stata utilizzata una fra-zione triterpenica di centella, composta da acidoasiatico (30%), acido madecassico (30%), asiatico-side (40%). La dose giornaliera utilizzata è stata di60 mg nei casi di vene varicose, di 90-180 mg neicasi di insufficienza venosa cronica.Effetti collaterali, tossicità. Gli studi clinici rileva-no una elevata tollerabilità del preparato fitoterapi-co adoperato, al punto da consentirne l’impiego perperiodi prolungati senza che si abbiano effetti in-

desiderati. Alcuni sconsigliano l’uso contempora-neo di centella e farmaci antiepilettici (carbamaze-pina, fenitoina, fenobarbitone).

Fieno greco

Il fieno greco è dato dai semi di Trigonella foenum-graecum L. (Fam. Fabaceae) [Trigonella dal grecotrigano© = triangolare (da trei© = tre e gwnia = an-golo), o dal latino = piccolo triangolo, allusione allaforma della corolla il cui stendardo e le ali formanoun triangolo; foenum-graecum = antico nome dellapianta che svela la sua origine orientale]. Si tratta diuna pianta erbacea annua, molto profumata, nativadell’Asia ed oggi coltivata nel Nord Africa, in Europacentrale e nelle regioni mediterranee. Alta 20-130 cm,presenta un fusto eretto, ramificato e foglie alterne,pennato-trifogliate, lungamente picciolate. I fiori,bianco-giallastri, solitari, sessili o peduncolati, sonoposti all’ascella delle foglie superiori o riuniti in bre-vi racemi. Il frutto è un legume piuttosto lungo (8-10 cm), eretto, arcuato, compresso o cilindrico, ter-minante con una punta aguzza lunga 2-3 cm. I semi,in numero di 10-20, sono appiattiti, quasi quadrati,duri, di odore sgradevole e sapore amaro (Fig. 15.26).

218 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.26 Trigonella foenum-graecum: pianta (a) e semi (b)

a

b

Capitolo 15 • Glicosidi 219

Il fieno greco contiene saponine steroidee (0,6-1,7%); flavonoidi; alcaloidi piridinici come trigo-nellina (fino allo 0,13%); mucillagini (30%); lipidi(5-8%); cumarine; un olio essenziale (circa il 4%)che può contenere fino all’82% di anetolo; proteine(23-25%) e aminoacidi. Nel fieno greco sono statiinoltre identificati tannini, sostanze resinose (17%),cellulosa (25-29%), fitosteroli (0,5%). Delle sapo-nine (sostanze che nel tratto gastrointestinale ven-gono trasformate in sapogenine) la più interessanteè la fienogrechina; sono anche presenti le saponinesteroliche diosgenina, yamogenina, tigogenina e gi-togenina, utili in campo farmaceutico (soprattutto ladiosgenina) per la sintesi degli ormoni steroidei. Glialcaloidi presenti nel fieno greco sono di tipo piri-dinico: i principali sono la trigonellina (circa 0,13%)e la gentianina. Le mucillagini sono per il 50% so-lubili in acqua e per il 20% insolubili in acqua.

Il fieno greco incrementa i recettori per l’insu-lina e ne stimola la secrezione da parte delle cellu-le β del pancreas; inoltre inibisce l’attività di alcu-ni enzimi intestinali (α-amilasi e saccarasi) coin-volti nel metabolismo dei carboidrati.

L’azione ipoglicemizzante del fieno greco è stataattribuita alla frazione dei semi privi di grassi e allapresenza di acido nicotinico e cumarina.

Il fieno greco possiede anche un’attività ipoco-lesterolemizzante. In questo caso un ruolo impor-tante viene svolto dalla mucillagine, presente inquantità significative nel fieno greco. Questa, unavolta raggiunto il lume intestinale, si gonfia, ispes-sisce lo strato di muco che riveste la mucosa inte-stinale ed ostacola l’assorbimento di zuccheri, lipi-di ed altri nutrienti con conseguente riduzione deilivelli ematici di glucosio e colesterolo. Il fieno gre-co incrementa, inoltre, l’escrezione di acidi biliari,diminuendo la riserva di colesterolo epatico. Il ri-sultato finale è una riduzione dei livelli ematici dicolesterolo totale, di LDL e di trigliceridi.

Diversi studi clinici sono stati eseguiti con l’in-tento di valutare la reale efficacia del fieno greco neldiabete di tipo 1 e di tipo 2. Questi studi, anche sesuggeriscono che il fieno greco possiede effetti ipo-glicemici, non consentono di trarre delle conclusionidefinitive perché sono metodologicamente mediocrie perché non sono chiari i criteri di selezione dei pa-zienti impiegati. Inoltre sono inconsistenti le infor-mazioni sulle preparazioni di fieno greco adoperate,sui dosaggi e sulla valutazione dei risultati. Infine,nessuno studio è stato condotto su un numero con-sistente di pazienti e per un periodo piuttosto lungo.

In letteratura non sono riportati effetti indesideratidi una certa gravità per cui il fieno greco viene consi -derato abbastanza sicuro se usato in modo appropriato.

La dose giornaliera raccomandata per il tratta-mento e prevenzione del diabete di tipo 1 è stata di100 g di droga essiccata e ridotta in polvere (e pri-vata di grassi), suddivisa in due dosi da 50 g cia-scuna. Per il trattamento del diabete di tipo 2 si con-sigliano 2,5 g di droga in polvere (2 volte al giornoper 3 mesi). Il fieno greco è stato anche impiegatoper trattare l’iperlipidemia (2,5 g 2 volte al giornoper 3 mesi). In commercio sono disponibili capsulecontenenti la droga in polvere, semi polverizzati chepossono essere aggiunti all’acqua, tisane ed estrattiacquosi: questi ultimi da utilizzare alla dose giorna-liera di 2,8 g, suddivisi in 3 dosi. Nei casi di disap-petenza la Commissione E tedesca raccomanda in-fine una dose giornaliera di 6 g di droga essiccata.

Droghe che contengono saponine ad attività bechica ed espettorante

Poligala

La poligala è una droga costituita dalle radici diPolygala senega L. o di P. senega var. latifolia Torr.e Gray (Fam. Poligalaceae) (Fig. 15.27). Poligala

Fig. 15.27 Polygala senega: pianta (a) e radici (b)

a

b

da pol‡© = molto e g¿la = latte: che favorisce laproduzione del latte; senega dal nome della tribùindiana del Senega. La droga era usata dagli indianidel Nord America come rimedio contro le morsica-ture dei serpenti a sonagli. Tennent, medico inglesestabilitosi in Virginia, sperimentò la poligala nellemalattie polmonari (polmonite, pleurite) tra il 1730e 1734. Qualche anno dopo (1738) questo nuovomedicamento fu accolto in tutta Europa.Habitat. Originaria dell’America del nord e del Ca-nada, P. senega è oggi coltivata principalmente inGiappone.Descrizione della pianta. È una pianta erbacea pe-renne che cresce spontanea nei luoghi boscosi erocciosi sotto forma di piccolo cespuglio. Gli steli,sottili ed eretti, raggiungono un’altezza di 20-30cm; le foglie, alterne, sessili, sono ovali ed a bordiinteri o denticolati; i fiori, di colore bianco-verda-stro, sono riuniti in grappolo; il frutto è una cassu-la ovale compressa.Parti usate. Radici.Raccolta e preparazione della droga. La radiceviene raccolta in autunno da piante adulte, monda-ta ed essiccata al sole. Si conserva in recipienti benchiusi ed al riparo dalla luce.Descrizione della droga. La radice, lunga 8-20 cme dello spessore di 5-10 mm (il diametro va pro-gressivamente diminuendo verso l’estremità) pren-de origine dal ceppo (corona) della pianta, di colo-re grigio-bruno, irregolare, ingrossato, che portanumerosi residui dei germogli (cauli). È semplice,talvolta sinuosa, spesso contorta, oppure porta del-le ramificazioni che si dividono in diverse branche,talora ripiegate. La superficie esterna, striata, pre-senta rilievi semianulari ed una linea (corona) spor-gente, angolosa, che decorre a spirale la radice intutta la sua lunghezza (cresta). Ha un colore giallo-gnolo o grigio-bruno; la frattura è netta. Masticataproduce bruciore e salivazione.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa la radice mostra una struttura irregolare incorrispondenza della corona, in quanto il cambioproduce in maniera irregolare (ineguale) legno e li-bro. La polvere, di colore bruno-chiaro, presentaframmenti longitudinali del tessuto legnoso, costi-tuito da cellule a forma di tracheidi. Mancano ami-do, cristalli e sclereidi.Componenti principali. Contiene saponine triterpe-niche (10%) correlate alla senegina, poligalitolo, l’a-nidride del sorbitolo (di sapore dolce), un olio (4%),salicilato di metile (responsabile dell’odore caratte-ristico della droga), steroli ecc. La senegina per idro-lisi dà origine alla genina triterpenica senegenina.

Proprietà ed impiego terapeutico. La poligala vie-ne ancora impiegata come espettorante, sotto for-ma di infuso, di decotto (3%) e di estratto molleidroalcolico (ottenuto per estrazione della polveredi poligala con metanolo al 90%). Spesso è stataprescritta con altri espettoranti quali ipecacuana ecarbonato di ammonio.Effetti collaterali, tossicità. La poligala può provo-care, a dosi elevate, vomito, diarrea, disturbi car-diaci ed ipotensione.

Edera

L’edera è costituita dalle foglie e dai rami di Hedera helix L. (Fam. Araliaceae). Hedera, dal latino hae -rere = essere attaccato, perché si attacca agli alberied ai muri; helix, dal greco eilew = avvolgo, strin-go, perché si avvolge agli alberi. Leclerc riporta chel’edera era nota fin dall’antichità e che nel corso deisecoli ha sempre trovato le più vaste e le più varieapplicazioni nella medicina popolare. L’edera, persecoli simbolo di fedeltà e di longevità, è stata le-gata al dio Bacco, come d’altronde la vite.Habitat. Europa meridionale, Africa settentrionale,India, Giappone. Comune in tutta Italia fino ai1000 m.Descrizione della pianta. Liana con fusto legnoso,vigoroso, che si aggrappa ai muri, alle rocce ed aglialberi perché munita di radici avventizie. Le fogliesono coriacee, alterne, picciolate, di forma triango-lare o palmato-lobata, acuminate, di colore verdescuro. I fiori, giallo-verdi (settembre, ottobre), so-no riuniti in piccole ombrelle sferiche con numerosiraggi. Il frutto è una drupa globosa, nera, con 5-6semi rosa (Fig. 15.28).Parti usate. Foglie.Raccolta e preparazione della droga. Si utilizzanole giovani foglie, raccolte in estate (agosto-settem-bre), private del picciolo, opportunamente essicca-te e conservate in contenitori ben chiusi, al riparodalla luce, in ambienti asciutti.Descrizione della droga. Le foglie dei rami sterili so-no divise in 3-5 lobi triangolari (8-10 × 10-12 cm)mentre quelle dei rami fioriferi (fertili) sono intere,ovato-romboidali, acuminate (6-8 × 4-6 cm). L’odo-re è aromatico, il sapore amaro. Si riconosce per lesue caratteristiche microscopiche (dotti secretori cir-condati da cellule protettive a parete grossa) e per lapresenza di ederasaponina C (non meno del 2,5%).Componenti principali. Saponine (5-8%) di cui leprincipali sono l’ederasaponina B e l’ederasaponi-na C (5-7%), steroli, flavonoidi (rutina), esteri caf-feici dell’acido quinico, germacrene B, poliacheni

220 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 15 • Glicosidi 221

(falcarinolo, falcarinone, 11-diidrofalcarinolo), al-caloidi, minerali (zinco, manganese, rame, litio, al-luminio), b-carotene ecc.Proprietà ed impiego terapeutico. Analogamentead altre droghe saponiniche l’edera inibisce i movi-menti pendolari dell’intestino isolato e le contra-zioni indotte da acetilcolina. Il principale responsa-bile di questa azione spasmolitica è l’a-ederina.All’edera si attribuiscono anche proprietà espetto-ranti e mucolitiche. Uno studio clinico mostra chebambini con asma e bronchite ottenevano risultatisoddisfacenti se trattati per 3 giorni con 35 mg diestratto di edera. La Commissione E tedesca racco-manda l’edera per il trattamento sintomatico delleinfezioni croniche del tratto respiratorio (0,3 g/diedi droga secca). Non vengono riportati effetti col-laterali associati ad un uso appropriato della droga.

Sono stati riportati casi di dermatite e di erosionecutanea (attribuiti al falcarinolo) che scompaionorapidamente.

Primula

La droga è data dai fiori essiccati di Primula veris(L.) Hill. (Fam. Primulaceae), pianta erbacea pe-renne diffusa in Europa, alta circa 30 cm, con fogliea rosette ovali, verdi, crespate, picciolate e fiori diun giallo vivo, riuniti in ombrelle semplici su pe-duncolo radicale nudo. I fiori si raccolgono in apri-le-maggio e si essiccano all’ombra o in stufa. Con-tengono flavonoidi (gossipetina) e saponine (circa il2%). Le saponine sono presenti anche nelle parti sot-terranee (radici) della pianta (dal 5 al 10%). I fiori,ma anche le radici, vengono impiegati per trattare isintomi del raffreddore e problemi cutanei (abra-sioni, punture di insetti ecc.). La Commissione E te-desca raccomanda la primula nei casi di catarrobronchiale; può provocare reazioni allergiche.

Droghe che contengono saponine adattogene

Ginseng

Il ginseng è una droga costituita dalle radici diPanax ginseng C. Meyer (Fam. Araliaceae) (Panax,dal greco pÄn = tutto e ¿ko© = rimedio, cioè ri-medio per tutte le malattie; ginseng dal cinese jin= uomo e chen = ternario, che vuol dire la ternacon l’uomo (ed il Cielo). Nella medicina cinese ilginseng viene utilizzato da circa 2000 anni. Ladroga, anche se era considerata una panacea pertutti i mali, veniva usata soprattutto contro l’in-vecchiamento, l’impotenza sessuale ed i disturbigastrointestinali; questi usi, assieme ad altri (dia-bete, anemie ecc.) si ritrovano ancora oggi nellamedicina orientale.Habitat. Originario della Corea, del Nepal, dellaCina e della Siberia orientale, P. ginseng è oggicoltivato un po’ ovunque in Asia (ginseng asiati-co). In America ed in Canada si coltiva il P. quin-quefolium (o ginseng americano). Altre specie pu-re coltivate sono il P. notoginseng (ginseng san-chi), P. pseudoginseng (ginseng himalaiano) edEleutherococcus senticosus (ginseng siberiano).Descrizione della pianta. È una pianta erbacea pe-renne alta 40-60 cm, con fusto eretto, foglie palmato-composte (4-5 foglioline) di colore verde, fioribianchi con sfumature giallo-verdastre raggruppatein infiorescenze ad ombrella. I fiori producono

Fig. 15.28 Hedera helix: pianta (a) e foglie (b)

a

b

grappoli di bacche rosso-brillanti, contenenti 2 se-mi (Fig. 15.29).Parti usate. Radici.Raccolta e preparazione della droga. La radiceviene raccolta da piante di 3-6 anni, mondata edessiccata al sole. L’essiccamento al sole della radi-ce, dopo asportazione degli strati più superficiali,produce il ginseng bianco; il ginseng rosso si ottie-ne invece esponendo prima la radice al vapore,quindi colorandola artificialmente ed essiccandolaal sole. La droga più pregiata proviene dalla Corea.Descrizione della droga. La radice, lunga fino a 20cm, spessa 0,5-2,5 cm, si presenta fusiforme, rami-ficata, rugosa in senso longitudinale (Fig. 15.29 b).Nella parte superiore è presente un residuo di gem-ma a forma di capocchia con cicatrici anulari. Lasuperficie, di colore bruno-chiaro tendente al gial-lo, è dura e friabile, con sezione farinosa giallo-biancastra. Masticata è leggermente piccante eamarognola all’inizio, poi dolciastra e leggermentemucillaginosa. L’odore è tenue e caratteristico.Esame microscopico della droga. La corteccia ed illegno contengono druse di ossalato di calcio. Lapolvere, di colore giallastro, contiene granuli diamido, rotondeggianti o spigolosi (4-10 mm di dia-metro) e druse di ossalato di calcio, le cui dimen-

sioni variano da 40 a 50 mm di diametro e vasi reti-colati, spiralati, con lume di 14-45 mm di diametro.Componenti principali. Saponine triterpeniche opentacicliche, correlate all’acido oleanoico (ginse-nosidi, panaxosidi, chikusetsusaponine), polisacca-ridi (panaxani), steroli, vitamine (D) ecc. I ginse-nosidi descritti sono una quindicina, di questi ilginsenoside Rg sembra essere il più importante(Fig. 15.30). I panaxosidi, anch’essi diversi, dannoper idrolisi acido oleanoico.Proprietà ed impiego terapeutico. Studi sperimenta-li piuttosto recenti hanno messo in evidenza che ilginseng agisce sugli animali aumentandone la resi-stenza, se sottoposti a esercizi fisici forzati, allungan-done la sopravvivenza, se posti in condizioni sfavo-revoli (freddo, radiazioni, digiuno) e proteggendolida stimoli di diversa natura. Questi effetti sembra chesiano la conseguenza di una stimolazione del ginsengsull’asse ipotalamo-ipofisi con liberazione di ACTHche va a stimolare le surrenali a produrre più cortico-steroidi. Il ginseng agisce poi sulla memoria miglio-randola, normalizza la pressione arteriosa, abbassa ilivelli ematici di glucosio e colesterolo ed inibiscel’aggregazione piastrinica. Inoltre agisce sulla florabatterica intestinale promuovendo la crescita dei bifi-dobatteri ed inibendo quella dei clostridi. Numerosi

222 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.29 Panax ginseng: pianta (a) e radice (b)

a

b

In Asia l’uso del ginseng è antichissimo ed era un pri-vilegio esclusivo della famiglia imperiale, degli alti fun-zionari e dei mandarini. Le piante erano consideratemonopolio dello stato; venivano guardate a vista not-te e giorno da sentinelle e raccolte da persone dellacorte imperiale. Tutto ciò perché era opinione cor-rente che il ginseng potesse curare ogni malanno efosse in grado di prolungare la vita, da cui la denomi-nazione “radice dei miracoli o della vita”. Il ginseng co-reano era considerato il più efficace, soprattutto sel’uomo si fosse avvicinato alla pianta soltanto primadella raccolta. In Europa le prime notizie sul ginsengsi hanno nel XVII secolo, grazie a due gesuiti: padre Samedo (1585-1658) e padre Martino Martini (1614-1661). Nel 1680 il ginseng verrà offerto, per le sue pro-prietà afrodisiache, a Luigi XIV di Francia dagli emis-sari del re del Siam. Negli anni a seguire questa dro-ga verrà utilizzata dai medici di mezza Europa comeafrodisiaco e neurotonico nei casi di impotenza, con-valescenza, esaurimento nervoso, debolezza e stan-chezza. Nel XIX secolo il ginseng verrà utilizzato an-che come febbrifugo, lenitivo e blando stomachico.Nel 1949 Medicamenta riporterà il ginseng per le sueazioni cardiache e secretolitiche, ma di lì a poco que-sta droga verrà considerata una “fraudolenta sofisti-cazione” della Poligala virginiana ed esclusa dalle Far-macopee e dal Dispensatory americano. L’interesseper questa droga come adattogeno è storia recente,risale agli anni ’80 del secolo appena trascorso.

Cenni storici

Capitolo 15 • Glicosidi 223

studi clinici hanno valutato la reale efficacia del gin-seng in soggetti con ridotte capacità fisiche e menta-li e nei casi di disfunzione erettile. I risultati sono sta-ti contraddittori in quanto questa droga adattogenanon sempre ha migliorato la qualità della vita dei pa-zienti trattati. Ciò nonostante la Commissione E te-desca raccomanda il ginseng nei casi di debolezza fi-sica e mentale, per aumentare la capacità lavorativa edi concentrazione e come ricostituente, nei casi diconvalescenza, ad una dose giornaliera di 1-2 g didroga essiccata per un periodo non superiore ai 3 me-si. In commercio si trovano estratti contenenti il 4-6% di ginsenosidi e l’8% di polisaccaridi: la dose è di200 mg/die, corrispondente ad 1 g di droga essiccata.Effetti collaterali, tossicità. Dosi giornaliere di10-15 g di droga possono provocare ipertensione,irritabilità, alterazioni delle funzioni regolate dagliormoni sessuali (amenorrea, ingrossamento del se-no, aumento del desiderio sessuale), diarrea, rashcutanei, depressione. È controindicata nei casi ditrombosi coronarica, emorragie, stato acuto dellemalattie, diabete e nei pazienti in terapia con anti-psicotici, antidepressivi (genetrina), calcioantago-nisti, anticoagulanti (warfarina). Comunque laCommissione E tedesca non riporta alcuna con-troindicazione per il ginseng.

Eleuterococco (ginseng siberiano)

È dato dalle radici e dai rizomi di Eleuterococcussenticosus Maxim (= Acanthopanax senticosus

Rupr.) (Fam. Araliaceae). Eleuterococcus, dal gre-co eleuteros = libero e coccos = seme o semenza;senticosus = pieno di spine, allusione alle spine cherivestono la pianta. Si tratta di un arbusto spinosodiffuso nella Siberia occidentale, da Amur all’isoladi Sakhalin, Korea e Giappone. Alto 2-3 m, presen-ta numerosi rami ricoperti di spine (i più vecchi so-no glabri), infiorescenze giallastre o violacee, riunitiin ombrelle e per frutto una drupa nera (Fig. 15.31).L’eleuterococco contiene polisaccaridi (eleuterani),fenoli (cumarine, lignani, acidi fenilpropanoici) edeleuterosidi; questi ultimi sono una miscela di tri-terpenoidi (eleuterosidi I-M) e di altre sostanze qua-li isofraxoside (eleuteroside B1), glicosidi di sirin-garesinolo (eleuterosidi D-E), alcol sinapilico e me-til estere del galattosio (eleuteroside C), sesamina(eleuteroside B4) e daucosterolo (eleuteroside A). InRussia l’eleuterococco è considerato un adattogenoal pari del ginseng e quindi utilizzato per norma -lizzare condizioni patologiche e per rinvigorire

Fig. 15.31 Eleuterococcus senticosus: pianta (a) e radice (b)

a

b

Fig. 15.30 Struttura chimica del ginsenoside Rg

CH2OH

CH2OH

H3C

H3C CH3

CH3

CH3 CH3

OH

OH

OH

HO HO

HO

HO

OHO

O

O

OH

H

l’organismo nei casi di pesantezza ed affaticamen-to. È stato utilizzato dagli atleti russi durante leOlimpiadi del 1980 e dagli astronauti russi. L’eleu-terococco è stato poco studiato, ciò nonostante laCommissione E tedesca lo raccomanda per contra-stare debolezza e fatica, per aumentare la capacitàdi lavoro e di concentrazione e come ricostituentedurante gli stati di convalescenza.

Aldeidici

I glicosidi aldeidici sono presenti in diverse piante.I più noti sono la gluco-vanillina e l’alcol gluco-va-nillico, presenti nel frutto di alcune specie di Vanilla.

Vaniglia

È la droga costituita dai frutti completamente svilup-pati, ma non ancora maturi, di Vanilla planifolia An-drews [sin. V. fragrans (Salis) Ames] (vaniglia mes-sicana o di Bourbon), di V. tahitensis J.W. Moore (va-niglia di Tahiti) e di V. pompona (vaniglia delle Indieoccidentali) (Fam. Orchidaceae). Vanilla deriva dal-lo spagnolo vania e significa baccello simile ad unaguaina; illa significa piccolo; plantifolia deriva dal la-tino planus che significa piatto e folium, foglia, perle foglie quasi piane. La vaniglia era usata in Messi-co già presso gli aztechi per aromatizzare il ciocco-lato. La droga fu introdotta in Europa dagli spagnoli.Habitat. La pianta, originaria delle foreste del Mes-sico orientale, è attualmente coltivata non solo inMessico, ma anche in tutto il Centro America e nel-la parte settentrionale del Sud America e in altre re-gioni tropicali, dove la temperatura non scende sot-to i 18 °C e dove l’umidità è elevata.Descrizione della pianta. V. planifolia è una pian-ta rampicante perenne, epifita, che si attacca altronco degli alberi (per es. Casuarina equiseti -folia) mediante radichette aeree. Fiorisce dopo 2-3 anni e la produzioni dei frutti va avanti per 30-40 anni (Fig. 15.32).Parti usate. I frutti ben sviluppati, ma non maturi.Raccolta e preparazione della droga. I frutti sono rac-colti immaturi, quando nella loro porzione superiorediventano gialli (6-10 mesi dopo l’impollinazione).Vengono poi sottoposti ad un processo fermentativo(che richiede circa 2 mesi) durante il quale sono con-servati sopra dei teli al sole durante il giorno e chiu-si in recipienti la notte. A volte il processo viene av-viato immergendo i frutti in acqua bollente.Descrizione della droga. I frutti sono baccelli ap-piattiti, lunghi 15-20 cm e larghi 8-10 mm. La su-perficie rugosa del frutto è di colore bruno violetto,

brillante, untuosa, solcata longitudinalmente. Sullasuperficie si possono osservare dei cristalli aghifor-mi di vanillina.

I frutti sono flessibili e possiedono odore e sa-pore caratteristici.

In commercio la vaniglia si presenta in baston-cini molli, flessibili, lunghi fino a 30 cm e spessi10-15 mm.Componenti principali. I frutti freschi contengono dueglucosidi, glucovanillina (aveneina) ed alcol gluco-vanillico. Il primo si scinde durante la fermentazio-ne, liberando la vanillina (aldeide vanillica). Anchel’alcol glucovanillico dà, per idrolisi, alcol vanillicoche durante la fermentazione si ossida a vanillina (Fig.15.33). La droga contiene anche il 10% di zuccheri,il 10% di olio fisso ed ossalato di calcio. Queste so-stanze modificano le caratteristiche organolettichedella vaniglia, conferendole un aroma ed un saporemigliori rispetto a quelli della vanillina. La vanillinaè una polvere fine bianco-giallastra, costituita da cri-stalli aghiformi che hanno sapore ed odore che ri-cordano quelli della vaniglia. La vanillina può esse-re estratta dalla vaniglia, oppure sintetizzata a parti-re dalla coniferina (presente nel pino), dall’eugenolo(presente nei chiodi di garofano) o dalla lignina (granparte della vanillina deriva dalla lignina).Proprietà ed impiego terapeutico. La tintura di va-niglia si utilizza come eccipiente farmaceutico e co-me aromatizzante. Come aromatizzante si usa an-che l’etilvanillina, un analogo sintetico della vanil-lina, di minor valore.Effetti collaterali, tossicità. Non sono riportati.

224 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.32 Vanilla planifolia: pianta (particolare) (a) efrutti (b)

a

b

Capitolo 15 • Glicosidi 225

Fenolici

I glicosidi fenolici (o idrochinonici) sono presenti indiverse piante. I più noti sono l’arbutina e la meti-larbutina, presenti nelle foglioline di Arctostaphylosuva-ursi, nelle sommità fiorite di Calluna vulgaris enella Pyrola rotundifolia. Dalla loro idrolisi si libe-rano glucosio ed un aglicone a carattere fenolico(idrochinone o metilidrochinone) con proprietà anti-settiche sulle vie urinarie. Altri esempi di glicosidi fe-nolici sono rappresentati dalla iridina, presente nei ri-zomi di alcune specie di Iris (I. pallida, I. germani-ca, I. florentina ecc.), dalla baptisina, presente nelleradici di diverse specie di Baptsia, dalla esperidina,presente nei frutti di diversi Citrus, dalla floridzina,presente nella corteccia di radici di diverse Rosaceae.

Uva ursina

L’uva ursina è data dalle foglie di Arctostaphylosuva-ursi Sprengel o di altre varietà quali coactylis oadanotricha Fernald e Mc Bride (Fam. Ericaceae).Arctostaphylos, dal greco ¿rkto© = orso e staƇlh= uva, cioè uva dell’orso; in latino uva ursi.

La pianta di A. uva-ursi è un piccolo arbustosempreverde (non supera il metro di altezza) spon-taneo in Europa (centrale e settentrionale), Asia edAmerica settentrionale. Presenta rami striscianti eflessibili, foglie brevemente picciolate, fiori riuni-ti in grappoli terminali di colore bianco-rosso e perfrutto una bacca rossa a cinque lobi (Fig. 15.34).

Sembra che l’uva ursina fosse già usata nel se-colo XII in Europa settentrionale. Descritta per laprima volta da Clusio, si diffuse in Italia nel secoloXVIII ad opera di Girardi. Nel secolo XIX l’uso del-la droga entrò a far parte della medicina scientifica.Descrizione della droga. Le foglie, lunghe 1-2 cme larghe circa 1 cm, sono coriacee, spatoliformi o obovali, ad apice ottuso, brevemente peziolate,glabre se adulte (se giovani sono fornite di molti

peli), a margine intero. Sono di colore verde scuro,lucenti di sopra, di colore più chiaro di sotto. Le duefacce (specie le inferiori) sono ricoperte da un finereticolo che dà alla foglia un aspetto zigrinato. Allostato secco sono inodori, ma di sapore astringenteed amaro. Si raccolgono in tutte le stagioni, sce-gliendo le foglie più giovani. Frequente è la sosti-tuzione con foglie di Vaccinium vitis-idaea L. subs.vitis-idaea (mirtillo rosso) (Fig. 15.35).Componenti principali. Glicosidi fenolici quali arbu-tina e metilarbutina, tannini (15-20%), flavonoidi (1-2% tra cui quercetina, isoquercitrina), triterpeni co-me acido ursolico ed il corrispondente alcol uvaolo.Per la FU la droga deve contenere non meno del 6%di derivati idrochinonici, calcolati come arbutoside.Proprietà ed impiego terapeutico. L’azione antisetti-ca e diuretica dell’uva ursina è attribuita ai composti

Fig. 15.33 Struttura chimica del va-nilloside (a), dell’alcol vanillico (b) edella vanillina (c)

a b c

CH2OH CH2OH CHO

OCH3 OCH3 OCH3OHOHO-glucosio

Fig. 15.34 Arctostaphylos uva-ursi: pianta (a) e foglie (b)

a

b

arbutina (Fig. 15.36 a) e metilarbutina, presenti in unaconcentrazione pari al 10%. Questi nel lume intesti-nale si idrolizzano dando idrochinone (Fig. 15.36 b)che è considerato responsabile dell’azione antisetti-ca della droga. Per anni si è pensato che l’azione del-l’uva ursina fosse legata al mantenimento dell’alca-linità dell’urina, realizzabile con una dieta ricca di lat-te, patate ed altri cibi alcalini o con il consumo di 6-8g di bicarbonato di sodio nelle 24 ore. Uno studio cli-nico piuttosto recente ha però dimostrato che il pHalcalino delle urine non migliora l’attività antisetticadell’idrochinone; d’altronde i fenoli si comportano daantisettici nello stato indissociato. Ulteriori osserva-zioni (l’estratto grezzo di uva ursina è più attivo del-l’arbutina; la concentrazione di idrochinone nelle uri-ne è talmente bassa da non poter spiegare l’azione an-tisettica e diuretica dell’uva ursina) fanno infinesupporre che l’azione della droga sia legata al fito-complesso piuttosto che ad un unico componente.D’altronde, alcuni sostengono che acido ursolico eisoquercitrina contribuiscono all’azione diuretica del-l’arbutina e che l’acido gallico possa impedire la de-gradazione dell’arbutina nel tratto gastrointestinale.La Commissione E tedesca raccomanda l’uva ursinanei casi di infezioni ed infiammazioni delle vie urinarie, anche se non esiste una evidenza clinica.

Piuttosto è stato osservato che l’uva ursina previeneepisodi di cistite, da sola o associata a tarassaco. Co-sì pure associata a luppolo e menta giova a pazienticon strangurie, enuresi o minzione dolorosa. I pre-parati di uva ursina (infuso, tisane) devono essere im-piegati per brevi periodi, sia per la tossicità degli idro-chinoni (provocano disturbi gastrointestinali) che perla eccessiva presenza di tannini (questi possono es-sere in parte eliminati lasciando macerare la droga inacqua fredda per 12-24 ore). I preparati di uva ursi-na non vanno consigliati in gravidanza, durante l’al-lattamento, nei bambini al di sotto di 12 anni ed inpazienti con disfunzioni renali.

Alcolici

Diverse specie di Populus e soprattutto di Salix (S.purpurea, S. fragilis, S. alba) contengono un gli-coside denominato salicina. Si tratta di alberi o ar-busti diffusi in Europa e America del nord. La cor-teccia di questi alberi contiene, oltre alla salicina (3-9% nel S. purpurea; 1-10% nel S. fragilis; 0,5-1%nel S. alba), glicosidi fenolici (salireposide, picei-na, triandrina, salicortina), esteri dell’acido salici-lico, tannini (8-20%), salicilati, flavonoidi ecc.

La salicina, una volta somministrata, viene idro-lizzata a saligenina (alcol salicilico), quindi ossidataad acido salicilico, composto ad attività antireuma-tica (Fig. 15.37). La corteccia di salice può essereutilizzata sotto forma di estratto fluido (1:1, 25% dialcol) nel reumatismo. Per avere un effetto apprez-zabile la corteccia deve essere prelevata da rami dialberi di 2-3 anni, contenere non meno del 7% disalicina ed essere polverizzata finemente.

Il decotto di salice è poco praticabile perché, perpoter essere efficace, dovrebbe essere preparato uti-lizzando circa 100 g di droga e questo è difficile da

226 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.36 Struttura chimica dell’arbutina (a) e dell’idro-chinone (b)

a b

Fig. 15.35 Nell’uva ursina (a) è evidente la disposizione delle nervature a rete e l’apice è ottuso. Nel mirtillo rosso (b) lanervatura a rete è assente e l’apice è leggermente smarginato; inoltre si nota la presenza di punteggiature scure

ba

Capitolo 15 • Glicosidi 227

realizzare, perché richiederebbe una quantità enormedi liquido. Inoltre, l’eccessiva presenza di tannini nel-la droga rende questo dosaggio improponibile.

La salicina è anche presente nei fiori di Spiraeaulmaria o Filipendula ulmaria, un’erba perenne checresce spontanea nei luoghi umidi. Oltre alla sali-cina sono presenti nella spirea aldeide salicilica(70%), salicilato di metile, acido salicilico, spirei-na; inoltre flavonoidi, tannini (1-12%), oli volatili,

acido ascorbico ecc. Anche la spirea si può utiliz-zare come antireumatico, sotto forma di estratto al-colico. La spirea possiede anche proprietà antidiar-roiche, antiulcera e broncodilatatrici.

Quantità significative di salicilato di metile so-no, infine, presenti in un olio essenziale (olio diwintergreen) che si ricava dalle foglie di un arbu-sto che cresce in Canada e negli USA [Gaultheriaprocumbens L. (Fam. Ericaceae)]. L’olio di gaul-teria possiede proprietà analgesiche ed antiflogisti-che, ma presenta anche gli stessi inconvenienti (di-sturbi gastrici) e la stessa identica tossicità dei sa-licilati (da tenere presente che 1 ml di salicilato dimetile equivale a 1,4 g di acido acetilsalicilico).

L’isolamento e la purificazione della salicina(nel salice), dell’aldeide salicilica (spirea) e del sa-licilato di metile (gaulteria) hanno consentito intempi diversi e con modalità diverse di pervenire alla sintesi dell’acido salicilico (Fig. 15.38). L’ace-

Fig. 15.37 Struttura chimica della salicina (a) e dellasaligenina (b)

a b

CH2OHCH2OH

O C6H11O5 OH

Corteccia di salice(salice)

(effetto sulla malaria; 1760, Stone)Estrazione: 1826-1829,

Brugnatelli, Fontana; Leroux

Fiore di spirea(spirea)

Distillazione: 1831,Pagenstecher

Olio di gaulteria(gaulteria)

Estrazione: 1843,Procter; Cahours

Salicina(effetto sulla febbre reumatica;

1874-1876, Maclagan)

Aldeide salicilica(salicilaldeide)Ossidazione:1835, Lowig

Metil salicilato(salicilato di metile)

Idrolisi:1843, CahoursIdrolisi e ossidazione:

1838, PiriaSintesi:1852, Gerland;1860, Kolbe, Lautemann

Acido salicilico (“spirsaure”)(effetto sulla febbre reumatica

1876, Riess, Stricker)Acetilazione:

1863, Gerhardt; 1893, Hofmann

Salicilato di sodio(effetto sulla gotta,

artrite ecc.1877, See)

Acido acetilsalicilico (aspirina)(effetto sulla febbre reumatica: 1899, Witthauer,

effetto sul dolore; 1900, Witthauer)

562

113

3

Fig. 15.38 Origine dell’a-spirina

tilazione di questo composto ha portato successi-vamente alla sintesi dell’acido acetilsalicilico, cioèdell’aspirina. Il termine aspirina deriverebbe dal te-desco spirsaure, cioè Spirea, genere le cui piantecontengono salicilati, oppure da S. Aspirinius, ve-scovo napoletano invocato nei casi di mal di testa.

228 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 15.40 Felix Hoffman (a). Le prime preparazioni com-merciali di aspirina (b, c)

Le piante contenenti salicilati (Salix spp., Spiraea spp.,Myrtus communis ecc.) erano già in uso presso gli an-tichi egiziani, greci e romani per attenuare il doloreed abbassare la febbre. Nel papiro di Ebers, scopertoa Luxor nel 1862 e fatto risalire a 1550 anni prima diCristo, è riportato un decotto di mirto (foglie), da ap-plicare sulla schiena e sull’addome per combatteredolori di qualsiasi genere.Circa 1000 anni dopo, Ippocrate, il padre della me-dicina, raccomandava il salice (corteccia e foglie) percombattere il dolore del parto e per normalizzare latemperatura corporea; inoltre consigliava un succodi spirea nei casi di disturbi oculari. Le proprietà an-tiflogistiche ed analgesiche degli estratti di salice edi spirea vennero in seguito sfruttate da Celso (nelprolasso dell’utero), Plinio il Vecchio (nella sciatica,nella gotta e per ridurre callosità) e Galeno (nelle fe-rite ulcerose). Più tardi Dioscoride, nel suo De Mate-ria Medica, descriveva il decotto di salice (cortecciae foglie) come un eccellente rimedio contro la got-ta, il mal di orecchio ed il dolore mestruale e colico(iliaca passio).Nel Medio Evo e fino a tutto il Rinascimento inoltra-to, impiastri e decotti di piante contenenti salicilatisaranno utilizzati in tutte le forme di reumatismo, do-lori mestruali, emicrania, ferite ed ulcere. L’uso diqueste piante si diffonderà anche in Sud Africa, NordAmerica, Persia e Cina (Salix aegyptiana e S. babylo-nica nella cura dell’emicrania; Salix purpurea nel trat-tamento del raffreddore).Il reverendo inglese Edward Stone (metà del XVIIIsecolo) sarà il primo a condurre una ricerca siste-matica sulle proprietà curative del salice. Circa unsecolo dopo le ricerche di Stone, verrà isolata inmodo indipendente da un farmacista francese (Le-roux), da un chimico tedesco (Buchner) e dagli ita-liani Fontana e Brugnatelli la salicina da prepara-zioni di salice. Contemporaneamente verranno iso-lati l’aldeide salicilica da Spirea ulnaria ed ilsalicilato di metile dall’olio di gaulteria. Dopo alcu-ni anni sarà sintetizzato l’acido salicilico e quindiper acetilazione l’acido acetil salicilico (Gerhardt,1850).Comunque sarà Felix Hoffman, della Bayer Chemi-cal Company tedesca ad evidenziare il potenzialeterapeutico del prodotto che verrà messo in com-mercio nel 1900 con il nome “aspirina” (Figg. 15.39e 15.40 BAYER aspirin e aspirin). Settantuno annidopo Vane (1971) chiarirà il meccanismo d’azionedi questo farmaco (inibizione della sintesi di pro-staglandine), ancora oggi molto in uso in tutto ilmondo.

Piante e salicilati: storia

Fig. 15.39 Certificato di registrazione dell’aspirina pres-so il “German Imperial Patent Office” di Berlino, il 1° Feb-braio 1899

a

c

b

Capitolo 15 • Glicosidi 229

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230 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

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I glicosidi cardiaci sono presenti in natura (Tabella16.1) e formano un gruppo molto omogeneo sia daun punto di vista chimico che farmacologico. Lastruttura chimica è caratterizzata da un nucleo ci-clopentanoperidrofenantrene (Fig. 16.1) compren-dente 3 anelli del cicloesano (A, B, C) fusi nell’ar-rangiamento non lineare ed un anello del ciclopen-tano (D). Questa struttura di natura steroidea(genina o aglicone) è legata da un lato (in posizio-ne 3) ad una catena zuccherina rappresentata da mo-nosaccaridi (da 1 a 4) e dall’altro (in posizione 17)ad un anello lattonico a 5 o a 6 atomi di carbonio(Fig. 16.2). Questi ultimi caratterizzano rispettiva-mente i cardenolidi ed i bufadienolidi. I bufadie-nolidi, meno rappresentati nel regno vegetale, si ri-trovano soprattutto nel veleno dei rospi del genereBufo, donde il nome. La genina è responsabile del-l’azione farmacologica mentre gli zuccheri ad essa

uniti possono influenzare le caratteristiche farma-cocinetiche quali l’assorbimento, l’emivita ed il me-tabolismo. L’acetilazione o la metilazione delle mo-lecole di zucchero influenzano infatti il comporta-mento farmacocinetico in quanto influenzano leproprietà chimico-fisiche della molecola di base.Complessivamente sono note alcune centinaia diglicosidi cardioattivi. Le famiglie botaniche conte-nenti glicosidi cardioattivi includono: Apocinaceae,Liliaceae, Scrofulariaceae, Ranunculaceae (Ta-bella 16.1).

I glicosidi cardiaci sono molto attivi da un pun-to di vista farmacologico, ma presentano anche uno

GLICOSIDI CARDIACICapitolo

16

Fig. 16.1 Struttura del ciclopentano: relazione struttura-attività farmacologica. L’attività cardiaca è legata all’agli-cone (o genina). Le molecole di zucchero non partecipa-no direttamente all’attività, ma la loro presenza potenzial’attività e la modula modificando la polarità del compo-sto. La presenza di alcuni elementi strutturali ne favoriscel’attività: (a) presenza dell’anello lattonico insaturo in po-sizione 17. L’insaturazione di questo anello lattonico è unacondizione indispensabile in quanto la saturazione causaperdita del 90% dell’attività cardiotonica; (b) glucidi lega-ti all’ossidrile in posizione 3 del nucleo steroideo; (c) un os-sidrile in posizione 3 ed uno in posizione 4 svolgono unruolo importante nel determinismo dell’azione

Fig. 16.2 Tipo di anello lattonico legato alla genina di na-tura steroidea

cardenolide bufadienolide

Tabella 16.1 Fonte botanica dei glicosidi cardioattivi

Famiglia Specie

Liliaceae Convallaria majalisUrginea maritima

Ranunculaceae Adonis vernalisHelleborus niger

Scrofulariaceae Digitalis purpureaDigitalis lanata

Apocinaceae Acokanthera ouabaioNerium oleanderStrophantus kombèStrophantus gratusStrophantus hispidus

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia© Springer-Verlag Italia 2011

stretto margine di sicurezza (ristretta zona di ma-neggevolezza). Ciò nonostante si utilizzano nel-l’insufficienza cardiaca congestizia per la loro spic-cata azione sulle funzioni cardiache (sistolica e dia-stolica). La digossina è il prototipo di glicosidecardioattivo e viene estratta dalle foglie di Digita-lis purpurea o lanata (digitale). Sebbene esistanooggi diversi farmaci inotropo positivi di sintesi, iglicosidi cardiaci sono ancora usati in clinica (di-gossina).

La digossina è un agente inotropo positivo. Perdefinizione gli inotropo positivi sono quei farma-ci che aumentano la contrattilità miocardica du-rante i periodi di diminuita funzionalità ventrico-lare sinistra. Essi vengono utilizzati quando la for-za di contrazione cardiaca è ridotta ed il ventricolosinistro non può espellere il sangue secondo le ne-

cessità metaboliche dell’organismo. Quando ciòaccade insorge una condizione patologica nota co-me insufficienza cardiaca (Fig. 16.3). Lo scopo deltrattamento dell’insufficienza cardiaca è quello diaumentare la funzionalità ventricolare, dunque lagittata cardiaca.

L’abilità del ventricolo di espellere sangue è ilrisultato dell’attivazione sincronizzata degli ele-menti contrattili di ciascuna fibrocellula cardiaca(miocita). Il sistema contrattile della muscolaturastriata è strettamente dipendente dalla presenza diioni calcio. Il calcio determina contrazione legan-dosi alla troponina C. Il complesso troponina-cal-cio attiva l’actina, permettendo il formarsi di le-gami trasversali fra actina e miosina. Le concen-trazioni fisiologiche di calcio intracellulare ed ex-tracellulare sono dell’ordine rispettivamente di

234 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 16.3 Cuore con insufficienza cardiaca. Da MH Beers e coll. (2003)

Disfunzione sistolica

Il ventricolo sinistro dilatatosi riempie di sangue

Il ventricolo pompa menodel 40-50% del sangue

Disfunzione diastolica

Il ventricolo rigido si riempiecon una quantità di sangueinferiore rispetto al normale

Il ventricolo pompa circa il60% del sangue,

ma la quantità può essereinferiore al normale

Normale

Il ventricolo si riempie normalmente di sangue

Il ventricolo pompa il 60%del sangue

Diastole(riempimento)

Sistole(pompaggio)

Capitolo 16 • Glicosidi cardiaci 235

10–7 e 10–3 M. Tutte le funzioni cellulari, compre-sa la contrazione, dipendono da questa differenza(10.000), cioè da questo gradiente nella distribu-zione del calcio. L’omeostasi del calcio vienemantenuta da un gruppo di canali e pompe ioni-che che sono localizzati all’interno del sarcolem-ma. Se i livelli di calcio dovessero rimanere alti, ilcuore resterebbe in uno stato costante di contra-zione. Il calcio in eccesso viene rimosso attraver-so due vie. La prima coinvolge lo scambioNa+/Ca2+ attraverso la membrana ad opera di unaproteina scambiatrice. Questo movimento di cal-cio e sodio è di notevole entità, poiché modifica-zioni del sodio intracellulare possono influenzarei livelli cellulari di calcio. Il bilancio di sodio è ri-pristinato dall’enzima di membrana Na+/K+ AT-Pasi. L’altra via di rimozione è costituita dalla ri-captazione del calcio all’interno del reticolo sar-coplasmatico. È generalmente accettato che i gli-cosidi cardioattivi determinano un aumento dellacontrattilità cardiaca aumentando la disponibilitàdi calcio intracellulare e quindi la reattività degliioni Ca2+ con le proteine contrattili. Sebbene l’e-satto meccanismo sia stato oggetto di dibattito,esistono attualmente significative evidenze che ta-le incremento sia il risultato dell’inibizione del-l’ATPasi di membrana Na+/K+ stimolata. La piùattuale ipotesi sul meccanismo è che un piccolo,ma significativo, aumento della concentrazioneintracellulare di Na+ sia in grado di inibire l’ef-flusso di Ca2+ accoppiato all’afflusso di Na+. Èanche possibile che l’inibizione della pompa pro-vochi l’aumento di calcio con un altro meccani-smo, cioè aumentando l’afflusso di calcio accop-piato all’efflusso di sodio che si ha durante l’ecci-tazione delle membrane. In ogni caso il risultato èsempre un aumento intracellulare di calcio.

La principale azione della digossina consistenel suo effetto inotropo positivo. Inoltre essa pos-siede effetti additivi a carico del sistema nervosoautonomo a livello del quale esercita effetti sia va-gomimetici che simpaticolitici.

L’azione inotropa positiva consiste in un pro-gressivo aumento della forza e della velocità dicontrazione: in questo modo si verifica una dimi-nuzione della durata della sistole ed un aumentodella tensione massima prodotta dal muscolo. Leripercussioni circolatorie si traducono in un au-mento della gittata cardiaca con diminuzione deivolumi telesistolici e telediastolici e delle relativepressioni. In definitiva si ha da una parte una di-minuzione delle dimensioni cardiache, della pres-sione venosa, dell’iperattività adrenergica riflessa

e dall’altra un aumento della portata plasmaticarenale e ripresa della diuresi con riduzione dell’e-dema. Un altro effetto clinicamente utile della di-gossina è rappresentato dal rallentamento dellafrequenza ventricolare. L’effetto cronotropo è ri-conducibile alla stimolazione del nervo vago edalla soppressione della scarica simpatica al cuore.

L’insufficienza cardiaca, detta anche scompenso car-diaco, è una patologia in cui il cuore pompa sanguein maniera inadeguata causando una riduzione del-la gittata cardiaca e del ritorno venoso al cuore, con-gestione venosa e polmonare e altri cambiamentiche possono compromettere ulteriormente il mio-cardio. Sebbene possa verificarsi in soggetti di qual-siasi età, sono gli anziani quelli più predisposti al-l’insufficienza cardiaca perché le modificazioni fun-zionali legate all’età riducono la funzione del cuoreche è quella di pompare il sangue nelle arterie e diaspirarlo dalle vene. Se questa pompa è insufficien-te, cioè se il cuore non riesce a svolgere un ruoloadeguato alle richieste dell’organismo, la perfusio-ne tessutale (il sangue che arriva ai tessuti) è ridot-ta e il sangue di ritorno al cuore si accumula nellevene (congestione venosa). Il ristagno del sangue di-retto al cuore sinistro (pro veniente dai polmoni)causa congestione polmonare e difficoltà respira-torie, mentre il ristagno del sangue diretto al cuoredestro (proveniente dal resto del corpo) causa con-gestione in altri comparti con accumulo di liquido(edema) negli arti inferiori ed ingrossamento di or-gani come il fegato (per questa ragione si parla an-che di scompenso cardiaco congestizio). Lo scom-penso cardiaco colpisce oggi un soggetto su 100,ma nel futuro sarà più frequente, perché si è allun-gata la vita media e perché sono in aumento i fat-tori di rischio (fumo, ipertensione, eccessiva quantitàdi sale nell’alimentazione, diete ad alto contenuto digrassi, sovrappeso, ipo- e ipertiroidismo, insufficien-za renale ecc.). I soggetti con scompenso cardiacoavvertono stanchezza, debolezza muscolare, son-nolenza, confusione e nei casi più gravi edema agliarti inferiori (caviglie, piedi, gambe) (scompensocardiaco destro) e dispnea, edema polmonare, lab-bra bluastre (scompenso cardiaco sinistro). Un esa-me obiettivo del paziente (polso debole, pressionearteriosa ridotta, cuore dilatato, accumulo di liquidonei polmoni, edemi agli arti inferiori, labbra cianoti-che) può già consentire al medico una diagnosi diinsufficienza cardiaca. I fattori che contribuiscono al-l’insorgenza dell’insufficienza cardiaca possono es-sere ridotti o eliminati apportando delle semplici va-riazioni allo stile di vita: limitare l’assunzione di salee di grassi animali, evitare di fumare e di bere alco-lici, passeggiare quotidianamente per almeno un’ora. L’insufficienza cardiaca può essere trattata condiuretici, β-bloccanti, inibitori dell’enzima di con-versione dell’angiotensina (ACE), vasodilatatori efarmaci inotropo positivi, da soli o in associazione, aseconda della gravità della patologia.

Insufficienza cardiaca

Il meccanismo principale è ascrivibile ad unaazione sulle cellule dei barocettori a livello del-l’arteria carotidea. In altri termini i glicosidi car-diaci amplificano la sensibilità dei barocettori al-le variazioni pressorie.

I glicosidi cardiaci in seguito a dosaggi eleva-ti e/o a trattamenti prolungati causano aritmie, ag-gravate in presenza di ipokalemia che insorge perun uso contemporaneo di diuretici, e disturbi ga-strointestinali (fastidi addominali, nausea, vomi-to, diarrea, anoressia). Dato il basso indice tera-peutico di questi composti (si accumulano facil-mente) è importante controllare i loro livelli pla-smatici.

■ Biogenesi: i glicosidi di tipo cardenolidi origi-nano dalla condensazione di un derivato del pre-gnano (pregnenolone) con una unità a due atomi dicarbonio (acetato).

Droghe digitaliche

Le droghe digitaliche sono state da sempre suddi-vise nei seguenti 3 gruppi: quelle digitaliche vere eproprie, comprendenti la digitale, ad azione lentama protratta; quelle di tipo strofantinico, compren-denti lo strofanto, l’ouabaia ed altre, ad azione piùrapida e meno durevole; quelle del tipo della scil-la, comprendenti la scilla, l’adonide ed altre ad azio-ne rapidissima e fugace.

Nelle droghe ad azione digitalica, oltre ai gli-cosidi cardioattivi, sono sempre presenti delle sa-ponine, prive di azione sul cuore, ma provviste diazione locale irritante e sistemica emolitica.

Digitale

È data dalle foglie di Digitalis purpurea L. o di D.lanata Ehrh. (Fam. Scrophulariaceae). Digitalis,dal latino digitas = dito, da cui ditale: allusione allaforma della corolla; purpurea per il colore rosso delfiore; lanata per il rivestimento denso e di aspettolanoso dello stesso. Delle altre varietà di Digitalisutilizzate nel passato ricordiamo la lutea L., lathapsi L., la ferruginea L. e la grandiflora Ali.Habitat. Europa centro-occidentale: in Italia è fre-quente in Sardegna e nei luoghi silicei, umidi emontagnosi. Coltivata in diversi Paesi.Descrizione della pianta. D. purpurea subsp. pur-purea è un’erba bienne o perenne, con radice afittone e, nel 1° anno di vita, una rosetta di fogliebasali ovali, mentre nel 2° anno si sviluppa un

caule eretto (0,5-1 m), cilindrico, coperto di pelu-ria, con foglie caulinervie alterne, lanceolate, acu-te, progressivamente più piccole andando versol’alto ed anche con pseudo picciolo sempre piùcorto fino a diventare sessili, per cui le più altesono ridotte a brattee alla cui ascella nascono ifiori a forma di ditale e di colore rosso porpora(Fig. 16.4). Il frutto è una capsula acuminata con-tenente piccoli semi grigi.Parti usate. Foglie.Raccolta. Si raccolgono nel 2° anno di vegetazionee prima della fioritura, che ha luogo nel periodo lu-glio-agosto. Si scartano le radicali e si collezionanoquelle della rosetta e della parte inferiore del caule.Descrizione della droga. La foglia, ovale o lan-ceolata, può raggiungere una lunghezza di 30 cmed una larghezza di 20 cm (quella basale). Le duepagine sono venato-reticolate (reticolo bianca-stro), con nervatura mediana ben evidente, rossa-stra; quella superiore è rugosa e di colore verdecupo, quella inferiore è pubescente e di un verdechiaro. Il bordo della foglia è crenato. Il piccioloè costituito dalla nervatura mediana e dai duelembi della foglia. Una formazione tipica delladigitale è rappresentata dai denti che costituisco-no la crenatura del margine della foglia. Osserva-ti al microscopio, hanno la forma di una sezionedi mammella e terminano con una punta a capez-zolo.

236 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 16.4 Digitalis purpurea, pianta e fiori (a); Digitalis lanata, pianta e fiori (b); foglia (c)

a b

c

Capitolo 16 • Glicosidi cardiaci 237

Componenti principali. Glicosidi cardenolidi (0,1-0,5%), saponine, flavonoidi, antrachinoni. Deiglicosidi ricordiamo la digossina, la digitossina(nota anche come digitalina), la gitossina e la gita -lossina. Comunque i glicosidi presenti nella dro-ga sono molto più complessi (purpurea-glicosidiA, B ed E), ma in seguito ai processi di estrazio-ne, perdendo un gruppo glucidico e forse ancheacetilico, si riducono a quelli appena riportati. Iglicosidi digitalici si alterano facilmente in unveicolo acquoso mentre sono molto più stabili inun veicolo alcolico.

Proprietà farmacologiche. La digitale esercita sulcuore sano, ma soprattutto su quello scompensato,azione inotropa positiva (aumento della forza dicontrazione), cronotropa negativa (riduzione dellafrequenza cardiaca) (Fig. 16.5), batmotropa positi-va (aumento dell’eccitabilità del miocardio) e dro-motropa negativa (diminuizione della velocità diconduzione dell’impulso e conseguente aumentodel periodo refrattario). La digitale possiede ancheproprietà diuretiche.

Strofanto

È dato dai semi di Strophanthus hispidus DC, S. kombé Oliver, S. sarmentosus DC o di S. gratusFranc. (Fam. Apocynaceae). Stro phanthus, dal gre-co stroÆ‹ = giro o stroÆ¿© = tortuoso e ¿não© =fiore, per i lobi del fiore contorti a spirale; kombé èil nome di un veleno ricavato dai semi della pianta. Habitat. Africa centro-orientale.Descrizione della pianta. S. kombè è un arbustorampicante (liana), alto 5-8 m, con fusto sottile,glabro, con foglie opposte brevemente picciolate,pelose, a lamina intera, ellittica o lanceolata, acu-minata all’apice, penninervia, con fiori bianco-giallastri, riuniti in infiorescenze terminali, confrutti costituiti da 2 follicoli appiattiti, fusiformi,appuntiti all’apice, arrotondati alla base, che a ma-turità deiscono, divaricando le due valve e liberan-do numerosi semi (Fig. 16.6).Parti usate. Semi.Raccolta. Si raccolgono in giugno-luglio, quando ifrutti hanno raggiunto la piena maturità. Quando,una volta raccolti, si aprono, si recuperano i semi

Fig. 16.5 Azione della digitale sul cuore

La digitale forse era sconosciuta agli antichi. Fu pro-babilmente usata nel Medio Evo come rimedio tera-peutico in alcune regioni d’Europa. La sua comparsanelle Farmacopee risale alla fine del XVIII secolo. Fu-chs la descrisse con il nome Campanula sylvestris. FuWithering, medico di Birmingham, a descrivere perprimo le proprietà cardiache di questa droga.Lo strofanto era già noto nei secoli scorsi agli indige-ni dell’Africa che lo utilizzavano per avvelenare le lo-ro frecce. Livingstone nel 1860 fu il primo a darne no-tizia, descrivendo il veleno che gli indigeni delle re-gioni dello Shire (detto Kombi) preparavano primadella caccia. Fraser nel 1885 isolò dai semi di strofantola strofantina, consigliandone l’uso in medicina.La scilla era ben nota agli antichi per le sue proprietàdiuretiche. Nota agli Egizi, fu descritta da Teofrasto econsigliata da Plinio e Dioscoride; quest’ultimo de-scrisse il metodo di preparazione del vino scillitico. Inseguito i medici arabi introdussero il miele scillitico.Sia il vino scillitico che il miele scillitico sono due pre-parazioni galeniche ancora in uso nella metà del se-colo appena trascorso.

Cenni storici

che vengono mondati ed essiccati all’aria. Si con-servano in contenitori chiusi ed in ambienti asciut-ti per non più di 1-2 anni.Descrizione della droga. I semi sono fusiformi(lunghi 1,5-2 cm) ed alquanto schiacciati (larghi0,3-0,5 cm), grigio-verdastri o giallo-verdognoli,con estremità inferiori arrotondate, con rafe marca-to, con peli fitti e lunghi. L’estremità superiore por-ta un prolungamento piumoso (pappo) (Fig. 16.7)che si stacca facilmente durante il processo di essi-camento. La frattura è netta. L’odore è inesistente oappena viroso, il sapore amaro.Componenti principali. Glicosidi cardenolidi (2-8%)che vengono detti strofantine: si distinguono in K, He G, a seconda della pianta di origine. La strofantinaK è costituita da una miscela di tre glicosidi (k-stro-fantoside, k-strofantina e cimarina). La strofantina kha un’attività simile a quella dei glicosidi della digi-tale, ma se ne differenzia per un’insorgenza d’azio-ne più rapida, per una minore durata d’azione e perun minore accumulo. Non essendo assorbita daltratto gastrointestinale viene somministrata endove-na o intramuscolo. La strofantina G è detta ouabainaperché contenuta anche nel legno di Acokantheraouabaio. La ouabaina iniettata endovena è circa duevolte più potente della k-strofantina. La ouabaina,non più di impiego clinico, viene comunementeadoperata a scopo sperimentale come mezzo per

inibire l’ATPasi di membrana. Un aspetto interes-sante è stato l’individuazione nel plasma umano dipiù fattori endogeni, simili alla ouabaina, che ven-gono prodotti dal surrene. Ciò naturalmente apre in-teressanti prospettive nella definizione ed interpre-tazione della patogenesi di malattie cardiocircolato-rie nonché nello studio di nuovi farmaci. Inoltre,l’esistenza nell’uomo di strutture recettoriali che ac-colgono ligandi endogeni pone il regno vegetale edanimale sulla stessa linea di evoluzione. Sono inol-tre presenti cimarolo, olio grasso (30-35%), trigo-nellina, mucillagini, colina ecc.Proprietà farmacologiche. Cardiotonico di tipo digi -ta lico, ma ad azione pronta e fugace. Lo strofanto erapreferito nei casi in cui era necessario un effetto ino-tropo positivo rapido (ad es. nell’edema polmonare).

Scilla

È data dalle squame mediane del bulbo di Urgineamaritima (L.) Baker (Fig. 16.8), U. scilla Steinh oScilla maritima L. (Fig. 16.9) (Fam. Liliaceae).

238 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 16.7 Semi di diverse specie di Strophanthus: hispidus(a), sarmentosus (b), asper (c), gratus (d)

a b

c d

Fig. 16.6 Strophanthus hispidus: frutto e semi

Capitolo 16 • Glicosidi cardiaci 239

Urginea da Ben Urgin, località presso Bona in Al-geria, dove fu raccolta e studiata per la prima volta;maritima, delle zone marittime; scilla dal grecoskullá = tormento, allusione alle proprietà vene-fiche del bulbo, da Sk‡lla = Scilla, la bellissimaninfa trasformata da Circe in mostro marino perchéinnamorata di Glauco, o da sk¤llw = inaridisco(dissecco), perché la pianta nasce nei luoghi secchi.Habitat. Zone aride e sabbiose del litorale mediter-raneo (Calabria e Sicilia) e delle Isole Canarie.Descrizione della pianta. Pianta erbacea perennecon grosso bulbo squamoso (del peso di 2-3 kg)dal quale si dipartono foglie lanceolate piuttostograndi (lunghe 30-50 cm e larghe 5-10 cm), carno-se, parallelinervie ed uno scapo fiorifero lungo cir-ca 1 metro, recante un grosso racemo di fiori bian-chi (Fig. 16.8). Il frutto è una capsula.Parti usate. Squame mediane del bulbo.Raccolta. A fine agosto i bulbi vengono dissotterratie privati delle squame esterne, secche, membranose,rossastre e di quelle interne, mucillaginose e bian-

che. Le squame mediane vengono isolate, tagliate infettucce o listarelle di 1 cm ed essiccate rapidamen-te in stufa a 70-80 °C, dato il notevole contenutod’acqua (80% circa). Si conservano in recipienti benchiusi, lontano dalla umidità, per non più di 1 anno.Descrizione della droga. Listerelle piatte o lieve-mente arcuate, strette (lunghe 3-6 cm e larghe 4-10mm), flessibili, giallastre o rosse a seconda dellavarietà da cui provengono. La droga è inodore e disapore acre ed amaro.Componenti principali. Bufadienolidi (circa l’1%)come proscillaridina A, flavonoidi liberi e glicosi-dati, mucillagini (3-10%), triterpeni ecc.Proprietà farmacologiche. Cardiotonico di tipo di-gitalico. Possiede inoltre azione diuretica ed espet-torante.

Altre droghe cardioattive

Altre droghe (oleandro, convallaria, adonide, elle-boro), con azioni simili alla digitale, sono state persecoli usate in medicina nel trattamento dello scom-penso cardiaco. Queste droghe oggi, non pre sen -tando alcun vantaggio rispetto alla digitale, sono

Fig. 16.8 Urginea maritima: pianta

Fig. 16.9 Scilla maritima: pianta

usate occasionalmente solo in alcuni Paesi dell’EstEuropa e del Sud America. Contengono glicosidicardioattivi con azioni farmacodinamiche di tipo di-gitalico. Le differenze farmacocinetiche consistonoin una più rapida eliminazione e in una minore du-rata d’azione. Il contenuto in glicosidi delle variedroghe è anche di interesse tossicologico.

■ Oleandro. È dato dalle foglie di Nerium olean-der (Fam. Apocynaceae) (Nerium dal greco n‹rion= umido, per i luoghi umidi dove vegeta la pianta;oleander per la somiglianza delle sue foglie conquelle dell’olivo), pianta coltivata a scopo orna-mentale in Italia, in Francia ed in altri Paesi del ba-cino mediterraneo (Fig. 16.10). Le foglie sono bre-vemente picciolate, lanceolate, acuminate, a super-ficie granulosa, lunghe 10-15 cm e larghe 2-3 cm.Il più importante glicoside estraibile allo stato cri-stallino è un monoside, l’oleandrina, la cui geninaè costituita dalla 16-acetilgitossigenina. Dall’o-leandro è stato inoltre estratto un olio particolare,l’oleandrosio, ed un eteroside, la nerina, ad azionestrofantino-simile.

■ Convallaria. È data dalle parti aeree, rizomi eradici di Convallaria majalis (Fam. Liliaceae)(Convallaria, nome formato dall’unione del latino

convallis = convalle, pendio di una valle e dal gre-co le›rion = giglio, allusione ai piccoli fiori pro-fumati come quelli del giglio). Si tratta di unapianta erbacea spontanea dei luoghi boschivi edombrosi. Presenta un rizoma corto e strisciante,uno scapo nudo, eretto (alto 15-20 cm), sottile, re-cante alla base una guaina membranosa. Le foglie,in numero di due, sono amplessicauli, ovali-lan-ceolate, parallelinervie, con lunghi piccioli scan-nellati (Fig. 16.11). I fiori sono profumati, pen-denti in grappolo unilaterale. La pianta si racco-glie all’epoca della fioritura. La convallaria (omughetto) contiene tracce di un olio essenziale ecirca 40 glicosidi cardiaci, fra cui il convallosidee la convallatossina: entrambi hanno come agli-cone la strofan ti dina.

■ Adonide. È dato dalle parti aeree di Adonis ver-nalis (Fam. Ranunculaceae), un’erba perenne dif-fusa in Italia, Spagna, Svizzera, Germania, Turchiaecc. (Adonis da Adone, ucciso da un cinghiale. Ilsuo sangue fu cambiato in fiori da Venere: allusio-ne alla specie a fiori rossi; vernalis, di primavera).La pianta presenta un caule eretto (10-15 cm), fo-glie alterne, squamose le inferiori, erbacee le altre,sessili e fiori solitari sul caule, di colore giallo o ros-so (Fig. 16.12). Oltre all’A. vernalis, sono da ri-cordare altre specie di adonide, meno attive, qualiA. autumnalisis, A. aestivalis, A. cupaniana ecc. Nelsecolo scorso l’adonide era raccomandata comesuccedaneo della digitale. Contiene una miscela diglicosidi di cui l’adonitossina e la cimarina sono,dal punto di vista farmacologico e tossicologico, ipiù importanti cardenolidi.

■ Elleboro. È dato dal rizoma di Helleborus nigerL. (Fam. Ranunculaceae), detto anche rosa di Na-tale, coltivato nei giardini per i suoi fiori invernali.

240 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 16.11 Convallaria majalis: pianta

Fig. 16.10 Nerium oleander: pianta (a), fiore e foglie (b)

a

b

Capitolo 16 • Glicosidi cardiaci 241

La droga si presenta in frammenti lunghi 2-8 cm,nerastri, nodosi, segnati da cicatrici radicali. Con-tiene glicosidi bufadienolidi ed una protoanemoni-na, responsabile di dermatiti allergiche. L’elleborooggi non viene utilizzato per la sua tossicità.

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Fig. 16.12 Adonis vernalis: pianta (a), parti aeree (b)

a

b

Con il nome generico di fenilpropanoidi s’indica-no alcuni prodotti naturali che derivano dagli ami-noacidi fenilalanina e tirosina o da intermedi delmetabolismo dell’acido scikimico. Questi compo-sti aromatici presentano una catena laterale propi-lica attaccata ad un anello fenilico e sono privi diazoto, a differenza degli alcaloidi e dei glicosidi cia-nogenetici. I fenilpropanoidi sono presenti in nu-merose specie vegetali, nelle quali vengono utiliz-zati anche come building units nella formazione dipolimeri ad alto peso molecolare e possiedono pro-prietà biologiche molto diverse. Sebbene siano nu-

merosi, i fenilpropanoidi che verranno presi in esa-me in questo capitolo saranno le cumarine, i ligna-ni, i flavonoidi, le antocianine ed i tannini.

Cumarine

Le cumarine, derivati del 5,6-benzo-2-pirone, sonosostanze comunemente diffuse nelle piante, sia li-bere che come glicosidi. Attualmente sono note cir-ca 700 sostanze cumariniche, diverse soprattutto neisostituenti legati all’anello benzenico (Fig. 17.1).

FENILPROPANOIDI E FLUOROGLUCINOLICapitolo

17

Fig. 17.1 Formule di struttura di alcune sostanze cumariniche

5, 6-benzo-2-pirone cumarina psoralene

umbelliferone

dicumarolo

aflatossina B1

esculetina angelicina

O O O O O O O

4'4

3

5'

O O OO

HO

HOOOHO

OH OH

OO OOO

O

O O

O

HH

OCH3

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

La cumarina è stata isolata da circa 160 specievegetali appartenenti a più di 30 famiglie, tra cuiDipteryx odorata e D. oppositifolia (Fam. Lamina-ceae), Anthoxanthum odoratum (Fam. Poaceae), Me-lilotus albus e M. officinalis (Fam. Laminaceae), Ga-lium trifolium, (Fam. Rubiaceae), Tri folium praten-se (Fam. Laminaceae). Comunque, è stata per la pri-ma volta isolata dalla fava di Tonka, il seme di Dip-teryx odorata (Aublet) Wildenow, pianta della Gui-nea il cui nome locale è coumarou. La cumarina èuna sostanza cristallina, incolore, di odore caratte-ristico che ricorda il fieno appena tagliato, di sapo-re amaro aromatico, solubile in alcol. In soluzioneammoniacale dà, alla luce UV, una fluorescenza bluo blu-verde. Sia la cumarina che gli estratti di favadi Tonka sono stati utilizzati per aromatizzare be-vande alcoliche (rum), oltre a preparazioni farma-ceutiche e prodotti per uso alimentare. Quest’im-piego è oggi vietato perché la cumarina è epatotos-sica e cancerogena ed anche perché interagisce conmolti farmaci. Tuttora si usano in campo farma-ceutico alcuni derivati della cumari na come escu-letina, umbelliferone, dicumarolo, psoralene, ange-licina, scopoletina.

L’esculetina e l’umbelliferone hanno la pro-prietà di assorbire le radiazioni UV 280-315 nm,dannose per la pelle, ma non le radiazioni UV 315-400 nm, che causano l’abbronzatura. L’esculetinaè l’aglicone dell’esculina, glucoside estratto dallefoglie e dalla corteccia di Aesculus hippocastanumL. (Fam. Hippocastanaceae). L’umbelliferone siestrae per distillazione dalle resine di alcune Apia-ceae. Queste sostanze entrano nella composizionedi filtri solari. L’esculetina è anche in grado di ini-bire la produzione di prostanoidi e quindi potrebbeessere utilizzata in futuro come antiflogistico ed an-che antiasmatico.

Il dicumarolo è presente nelle foglie e nelle in-fiorescenze di Melilotus officinalis L. Pallas (Fam.Fabaceae), ma si prepara per sintesi. È un anticoa-gulante e si utilizza nella profilassi e trattamento del-le trombosi venose e degli emboli polmonari. Agi-sce interferendo con l’azione della vitamina K cheè necessaria per la formazione dei fattori della coa-

gulazione (II, VII, IX e X). Poiché l’azione anti-coagulante si manifesta dopo 24-72 ore, si utilizzacome terapia di mantenimento.

Lo psoralene e composti analoghi (xantotossi-na, bergaptene, imperatorina, trimetilpsoralene)causano fotosensibilizzazione. Infatti un consumoo un diretto contatto della pelle con piante conte-nenti psoraleni (diverse Apiaceae e Rutaceae), seseguito dalla esposizione al sole, può causare unadermatite.

Gli psoraleni si utilizzano nella fotochemiote-rapia, trattamento che consiste nella somministra-zione per os (o nell’applicazione topica) di uno pso-ralene al paziente che successivamente viene espo-sto a radiazioni UVA (320-400 nm). Oltre alla viti-ligine (affezione cutanea caratterizzata da macchiebianche sulla pelle) rispondono bene alla fotoche-mioterapia la psoriasi (caratterizzata da un’anoma-la produzione dello strato più esterno della pelle),la micosi fungoide (caratterizzata da alterate fun-zioni del sistema immunitario) e l’alopecia areata.Lo psoralene è capace di interagire con diversestrutture biologiche (Tabella 17.1). Particolarmen-te interessante è l’interazione con gli acidi nuclei-ci ed in primo luogo con il DNA. L’interazione av-viene in due fasi successive: dapprima si forma uncomplesso di intercalazione al buio; tale comples-so, se irradiato, si addiziona alla macromolecola.Gli psoraleni hanno, in pratica, due siti fotoreatti-vi, i doppi legami 3,4 e 4',5'. Questi legami posso-no essere coinvolti in reazioni di fotocicloaddizio-ne con substrati recanti un legame olefinico, e nelDNA le basi pirimidiniche hanno appunto il doppiolegame 5,6 che si presta ad una reazione di questotipo. Lo psoralene, intercalandosi nel DNA, inibi-sce la replicazione e la trascrizione del DNA e quin-di la sintesi di RNA e proteine e la divisione cellu-lare. L’inibizione della sintesi di DNA da parte dipsoraleni può spiegare l’azione terapeutica di que-ste sostanze nella psoriasi, ma non nella vitiligine.Ciò nonostante da anni si utilizzano estratti prepa-rati con frutti di Ammi majus L. (Fam. Apiaceae) ocon frutti di Psoralea corylifolia (Fam. Legumino-sae) per curare la vitiligine. L’estratto viene appli-

244 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 17.1 Bersagli cellulari degli psoraleni

Bersaglio Meccanismo d’azione

Nucleo Interazioni con DNA e cromatina

Citoplasma Interazioni con proteine, inattivazione di enzimi, ribosomi ecc.

Membrana cellulare Interazioni con recettori di membrana (e citoplasmatici), perossidazione lipidica, formazionedi legami crociati nelle proteine di membrana, cicloaddizioni ad acidi grassi insaturi e lecitine

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 245

cato sulla zona della cute depigmentata o sommi-nistrato per os e dopo 1-2 ore il paziente viene espo-sto al sole; dopo 6-12 ore si sviluppa un arrossa-mento seguito da una forte colorazione marrone do-po circa 48 ore. Ammi majus è una pianta erbaceaalta dai 20 agli 80 cm, a fusto striato o ramoso, afoglie divise in lobi. Il frutto è un diachenio ovoi-dale lungo 2-2,5 mm e largo 0,5-0,75 mm. È diffu-sa in Europa meridionale, Asia occidentale e cen-trale, Africa del nord, America del sud (Argentina),Australia. Nei frutti di A. majus si trovano diversi de-rivati dello psoralene, come bergaptene (0,04%), im-peratorina (0,3%) e xantotossina (0,5%) (Fig. 17.2).Bergaptene e psoralene sono presenti anche nelle fo-glie di Ficus carica L. (Moraceae); per questo le fo-glie di fico, se strofinate sulla cute, sono causa di der-matosi. Questi composti sono presenti anche nel ber-gamotto (Citrus bergamia Ris. e Poit.; Fam. Ruta-ceae) mentre nella angelica (Angelica archangelicaL.; Fam. Apiaceae) sono presenti bergaptene, impe-ratorina, fallopterina (nei frutti) ed angelicina (nelleradici): le radici di A. archangelica possiedono azio-ne sedativa dovuta in parte all’angelicina.

La scopoletina è un’altra cumarina, presentenella corteccia di alcune Caprifoliaceae; alla sco-poletina vengono attribuite proprietà antispastiche.Una recente applicazione delle cumarine, in parti-colare degli psoraleni, consiste nella sterilizzazio-ne fotosensibilizzata dei componenti del sangue. Lasterilizzazione comporta l’inattivazione di micror-ganismi patogeni e di virus (AIDS, epatite) senzaalterare le funzioni dei componenti del sangue.

Derivati delle cumarine sono poi le aflatossine,sostanze prodotte soprattutto dalla muffa Aspergil-lus flavus, che si sviluppa nei cereali (fave, piselliecc.), sulla pasta e su altri alimenti (mandorla, ara-chide, cocco ecc.), soprattutto quando questi sonoconservati in ambienti umidi. Una volta prodotte, leaflatossine restano nelle derrate alimentari anchedopo distruzione delle muffe di origine tramite sterilizzazione. Le aflatossine sono sostanze molto

tossiche per il fegato e sono cancerogene. Causanoinfiltrazione grassa del fegato, lesioni delle celluleepatiche e carcinoma. La DL 50 negli animali di la-boratorio è di 1-10 mg/kg. La tossicità delle afla-tossine fu scoperta nel 1960, in seguito ad una mo-ria di polli nutriti con farina di arachidi ammuffite.Sono intensamente fluorescenti e questo permetteuna loro facile identificazione e quantificazione an-che a concentrazioni estremamente basse. La FUXII riporta (pag. 330) la determinazione della afla-tossina B1 nelle droghe vegetali.

Lignani

Sono dei derivati del fenilpropano presenti nei tes-suti legnosi della pianta. Possiedono proprietà an-tibatteriche, antifungine ed antifeedant, grazie allequali le piante si difendono dalla aggressione di mi-crorganismi. I lignani sono anche degli ottimi anti-tumorali e per questo sono delle sostanze di enor-me interesse farmacologico.

■ Podofillo. È dato dal rizoma e dalle radici diPodophyllum peltatum L. (Fam. Berberidaceae),pianta erbacea perenne diffusa nel Nord America.Podophyllum, dal greco poÜ©, podfi© = piede eƇllon = foglia, per le foglie a forma di piede; pel-tatum, dal greco p¤lth = pelta, scudo rotondo: al-lusione al picciolo che si inserisce nel mezzo dellembo fatto a forma di scudo.

Il rizoma, lungo fino ad 1 m, presenta ad inter-valli regolari delle articolazioni nodose dalle qualipartono le radici (Fig. 17.3). Può essere tri o bifor-cato e recare delle strie longitudinali. In commerciosi trovano pezzi di circa 5-20 cm di lunghezza, dicolore giallo-rossastro, a superficie liscia, se raccoltiin autunno, o raggrinzita, se raccolti in primavera.Se masticata la droga è prima di sapore dolciastro epoi amaro ed acre. In sezione trasversa presenta unostrato sugheroso piuttosto sottile, un parenchina

Fig. 17.2 Derivati dello psoralene

piuttosto sviluppato con cellule amilifere e qualchedrusa di ossalato di calcio ed una zona legnosa da-ta da fasci cribro- vascolari disposti a cerchio.

Nel podofillo è presente una resina (3,5-6%) laquale contiene diversi lignani (podofillotossine,20%; α-peltatina, 10%; β-peltatina, 5%) come talio come glicosidi; questi ultimi però, essendo solu-bili in acqua, si perdono durante la preparazionedella resina. Un anello lattonico nella configura-zione trans conferisce ai lignani del podofillo pro-prietà citostatiche e purgative: il trattamento conuna base debole produce epimerizzazione con for-mazione di cis isomeri stabili, inattivi. Il podofillodeve contenere non meno del 5% di resina.

La resina di podofillo, detta podofillina, si ri-cava versando in acqua acidificata (HCl 1%) unestratto alcolico di podofillo e portando a secco ilprecipitato dopo averlo lavato in acqua per 2 volte.Si ottiene una polvere amorfa, irritante (per gli oc-chi e per le mucose in genere), di colore giallicciotendente al verde o al bruno (la resina cambia co-lore se esposta alla luce o se viene conservata a tem-peratura superiore ai 30 °C), di sapore amaro acre.A parte i lignani, contiene amido e quercetina. La

podofillina possiede proprietà caustiche e si usaesternamente per il trattamento di certi papillomi (sifa una soluzione al 25% in alcol o in olio di vase-lina). È stata anche usata come purgante; oggi peròsi preferiscono lassativi più blandi e meno perico-losi (la podofillina può causare perdite ematiche eprovocare il colon catartico).

L’etoposide, un derivato semisintetico della po-dofillotossina, è usato, in associazione con che-mioterapici, nel trattamento di tumori ovarici epolmonari. È inoltre impiegato nel trattamento deilinfomi e della leucemia linfoblastica. Agisce ini-bendo la richiusura della catena del DNA (vedi an-che M.1). Con un meccanismo simile sembra agi-re il teniposide, un altro derivato semisintetico della podofillotossina. Il teniposide sembra utile nei casi di linfomi e di leucemie pediatriche (vedianche M.1).

Flavonoidi

I flavonoidi sono diffusi nelle felci e nelle piante su-periori, sia allo stato libero che sotto forma di glico-sidi; attualmente sono noti circa 4000 composti. Daun punto di vista chimico sono dei derivati del fla-vone (2-fenil-γ-benzopirone); il flavone per idroge-nazione dà il flavanone (2,3-diidrossiflavone), men-tre la sostituzione dell’atomo di idrogeno con un os-sidrile in posizione 3 dell’anello pironico porta al fla-vonolo (3-idrossiflavone). Flavonoidi sono anche iderivati del calcone e dell’antocianidina (Fig. 17.4).

Queste sostanze di colore giallo (dal latino fla-vus = giallo), ma anche di colore arancione, rossoe azzurro (antocianidine), sono diffuse nei fiori,frutti, cortecce, semi, radici. Il colore giallo è tan-to più intenso quanto maggiore è il numero degliossidrili. Con la dieta si assume fino ad 1 g di fla-vonoidi nelle 24 ore.

Molti flavonoidi costituiscono l’aglicone (geni-na) di glicosidi naturali che si formano dal legamedi uno o più zuccheri nella posizione 7 del flavone(o 3 del flavonolo). I glicosidi sono solubili in ac-qua ed in alcol bollente, insolubili nei solventi or-ganici; le genine sono poco solubili in acqua, ma so-lubili in etere.

Considerata la loro facile reperibilità ed il lorointenso colore, prima dell’avvento dei colorantisintetici venivano largamente utilizzati nell’indu-stria tintoria. Un tempo erano considerati dei pig-menti inerti; oggi si sa che svolgono più di una fun-zione nella pianta: protettiva contro i raggi UV, che-lante in presenza di elementi metallici, antiossidanteed antienzimatica. I flavonoidi sono coinvolti anche

246 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.3 Podophyllum peltatum: pianta (a) e radice (b)

a

b

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 247

nel trasporto di energia, nella regolazione della cre-scita, nell’attività ormonale, nei processi di respi-razione, di fotosintesi e di morfogenesi, nella de-terminazione del sesso e nei sistemi di difesa con-tro infezioni. Recenti osservazioni suggerisconopoi un ruolo dei flavonoidi nella espressione del ge-ne. È stato inoltre osservato che la pianta rispondead un insulto (fisico o microbiologico) incremen-tando la sintesi di flavonoidi (fitoalexine-isoflavoni)nella parte offesa.

Per quanto riguarda la biogenesi, l’anello A delflavone si forma a partire dall’acetato mentre l’a-nello B prende origine dall’acido scikimico. I treatomi di carbonio, che uniscono gli anelli A e B,prendono origine dal fosfoenolpiruvato. Successi-ve idrossilazioni e riduzioni portano alla formazio-ne di differenti flavonoidi (Fig. 17.5).

I flavonoidi si disciolgono negli alcoli produ-cendo soluzioni colorate (in giallo o arancione cheper aggiunta di acidi diventano incolori).

Il primo a prospettare un impiego terapeuticodei flavonoidi fu il biochimico ungherese Szent-Györgyi in seguito alla scoperta, nel 1935, dell’a-zione vasoprotettiva della citrina, una miscela didue flavonoidi (eriodictiolo ed esperidina) presen-ti nella buccia di limone (Citrus limon; Fam. Ruta-ceae) e nella paprica (Capsicum annuum L.; Fam.Solanaceae). La citrina fu anche chiamata vitami-na P (P da permeabilità) perché è in grado di dimi-nuire non solo la permeabilità, ma anche la fragi-lità capillare. Sebbene l’effetto sui vasi non sia sta-to chiaramente dimostrato, si consigliano ancoradiete contenenti agrumi per prevenire e curare va-sculopatie. La rutina è un altro flavonoide adope-

Fig. 17.4 Strutture chimiche del cromone e di classi differenti di flavonoidi (R1, R2, R3 possono essere H, OH o CH3)

cromone

flavonolo

flavone

calconi antocianidine

flavanololo

A

B

rato per aumentare la resistenza dell’endotelio va-sale. È presente in alcune specie quali Sophora ja-ponica L. (Fam. Fabaceae), un albero indonesiano,Fagopyrum esculentum Moench (Fam. Poligona-ceae), Eucalyptus macrorhyncha F. Muell. (Fam.Mirtaceae) e Sambucus nigra L. (Fam. Caprifolia-ceae). In commercio è presente un prodotto semi-sintetico della rutina, l’idrossietilrutoside (Venoru-ton®). Anche la diosmina, presente nel Citrus limon(Fam. Rutaceae), Sophora microfilla (Fam. Legu-minosae) e Zanthoxylum avicennae (Fam. Ruta-ceae), si utilizza nelle vasculopatie (Daflon®, Ar-venex®, Venosmine®, Arvenum® ecc.).

A parte l’azione vasoprotettiva, i flavonoidi so-no oggi noti anche per gli effetti antiflogistici, ga-stroprotettivi, antitrombotici, antitumorali, antibat-terici ed antiepatotossici (silibina) che provocano,perché interagiscono sia con sistemi enzimatici checon alcune funzioni cellulari.

Nel vino rosso sono presenti, ad es., flavonoidiad azione antiossidante ai quali oggi, grazie anchealla presenza di acido salicilico, si attribuisce l’a-zione protettiva nei confronti dell’aterosclerorsiprodotta dal vino rosso quando utilizzato con mo-derazione. Anche nel propoli sono presenti diversiflavonoidi (~ 3%) (vedi Cap. 11). Le preparazionidi propoli presenti in commercio devono contene-re non meno del 2% di flavonoidi, espressi comegalangina.

Sostanze correlate ai flavonoidi sono la kellina,i kava-pironi ed il rotenone. La kellina si ottienedai frutti di Ammi visnaga Lam. (Fam. Apiaceae),pianta endemica nei Paesi mediterranei, coltivata

oggi in Australia, Argentina, Cile, Messico e Stati Uniti.

I frutti di visnaga, lunghi 1,5-2,5 mm, larghi cir-ca 0,9 mm, ricordano i frutti di ammi (A. majus L.).La kellina, per le sue proprietà broncodilatatrici ecoronaro-dilatatrici, è stata impiegata nel tratta-mento dell’asma e dell’angina; oggi è poco usata pergli effetti collaterali che provoca (nausea e vomito).Studiando analoghi della kellina si giunse nel 1969alla scoperta del cromoglicato sodico, sostanza chepreviene la degranulazione dei mastociti e la suc-cessiva liberazione di istamina e leucotrieni.

Il rotenone, infine, è un potente insetticida equindi non utilizzabile come farmaco. Si ricava dal-le radici di Derris elliptica Benth. e D. malaccen-sis Prain (Fam. Fabeceae), piante dell’Asia sud-orientale, oggi diffuse anche in Indonesia, Filippi-ne e Malesia.

Derris può contenere anche il 13% di rotenone;viene utilizzato come veleno per i pesci dagli indi-geni sotto forma di polvere o estratto. Con la mes-sa al bando del DDT, il derris (ed il piretro) è ri-tornato in auge.

Cardo mariano

Il cardo mariano è dato dai frutti maturi di Silybummarianum (L.) Gaertner (= Carduus marianum)(Fam. Asteraceae/Compositae), utilizzati da anniper il trattamento delle malattie del fegato e dellevie biliari. Silybum = ciuffo, termine utilizzato daDioscoride per indicare la pianta; marianum = diMaria, perché la Madonna nell’allattare il bambino

248 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.5 Biosintesi dei flavonoidi

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 249

Gesù fece cadere alcune gocce di latte sulle foglieche risultano chiazzate di bianco; carduus = spinoso.Habitat. Europa, Canarie, Asia occidentale. In Ita-lia è frequente lungo i bordi delle strade e tra i ru-deri, dal mare al piano submontano (100-1100 m).Descrizione della pianta. Pianta erbacea, annua obienne, alta 50-150 cm, ragnatelosa sul caule, confoglie chiazzate di bianco lungo le nervature ed amargini dentati, con fiori grandi color porpora, e perfrutto un achenio pendulo, oblungo (Fig. 17.6).Parti usate. Frutti.Raccolta e preparazione della droga. Il frutto si rac-coglie in estate avanzata, quando è completamentematuro. Si sottopone quindi a battitura, per separa-re gli acheni che vengono successivamente privatidel pappo. Per essiccare la droga sono preferiti luo-ghi caldi e ventilati.

Descrizione della droga. Il frutto, di colore nero-brunastro, lucente o bruno-giallastro, opaco, è gla-bro e compresso (lungo 7-9 mm, largo 2,5-3 mm,spesso 1,5 mm). L’estremità superiore presenta unaprotuberanza cartilaginea, quella inferiore un ilo ca-nalicolato. Racchiude l’embrione e due cotiledoniappiattiti contenenti granuli di aleurone. È inodoree di sapore amaro.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa si osserva: cellule epidermiche a pareti ispes-site, incolori, allungate a palizzata; cellule paren-chimatose a pareti sottili, picchiettate le più inter-ne e contenenti prismi di ossalato di calcio; una fi-la di cellule con pareti robuste; cellule embrionalia pareti sottili, contenenti druse, cristalli globularie gocce di grasso.

La polvere, di colore giallo-bruno, presentaframmenti di cellule epidermiche che si colorano inrosso con cloralio idrato, prismi di ossalato di cal-cio e rottami dell’embrione.Componenti principali. Una miscela di flavonoli-gnani chiamata da Wagner silimarina. I principalicomponenti sono: silibina (50%), isosilibinina, diidrossisilibinina, silidianina e silicristina. Contie-ne inoltre tannini, una sostanza amara, tiramina, unolio grasso, flavonoidi, saponine, istamina ecc.

La droga deve contenere non meno dell’1% disilimarina, calcolata come silibina.Proprietà ed impiego terapeutico. Studi sperimenta-li e clinici hanno evidenziato le proprietà epatopro-tettive del cardo mariano e della silimarina, rivalu-tando l’uso tradizionale di questa droga nelle epato-patie. Sia la droga, come estratto, che i suoi compo-nenti attivi, la silimarina e la silibina, proteggono ilfegato, sia integro che non ancora danneggiato in ma-niera irreversibile, impedendo alle sostanze tossichedi penetrare nella cellula epatica (epatocita). A par-te l’azione stabilizzante sulla membrana dell’epato-cita, il cardo mariano e la silimarina/silibina stimo-lano la sintesi proteica facilitando la riparazione diepatociti lesi e la produzione di nuovi: questo è do-vuto al fatto che la silibina stimola selettivamentel’RNAPI, enzima che catalizza la sintesi di RNA. Lasilibina è anche in grado di inibire il rilascio di ALTe di LAD (markers del danno cellulare), di antago-nizzare le alterazioni biochimiche e morfologichecausate da sostanze tossiche (tossine, alcol ecc.) e dafarmaci (paracetamolo, indometacina, lorazepam,tolbutamide, clofibrato ecc.), di ostacolare l’uptakedella falloidina e/o dell’α-amanitina da parte dellamembrana epatocitica, di inibire la sintesi epatica dicolesterolo, deprimendo l’attività dell’enzima HMG-CoA (deputato alla sintesi epatica di colesterolo) e la perossidazione lipidica (azione antiossidante).Fig. 17.6 Silybum marianum: pianta (a) e frutti (b)

a

b

Alcuni studi hanno poi mostrato che la silimarina an-tagonizza gli effetti epatotossici dei farmaci antitu-morali e nel contempo ne potenzia la citotossicità(azione antitumorale). La silimarina stimola anche laproduzione di prolattina e questo giustifica il suo im-piego come galattagogo. La Commissione E tedescaraccomanda il cardo mariano nella dispepsia digesti-va, nelle intossicazioni epatiche da funghi e da so-stanze velenose e come terapia di supporto nell’in-sufficienza epatica e nella cirrosi alcolica. La biodi-sponibilità della silimarina/silibina è stata migliorataformando dei complessi con emisuccinato e con fo-sfatidilcolina, oppure micronizzandola. In pratica siusa una dose giornaliera di 200-400 mg di silimarinaequivalente a 12-15 g di droga essiccata. Il Legalon®

del commercio è un prodotto a base di silimarina.Effetti collaterali, tossicità. Il cardo mariano è ab-bastanza sicuro. Negli studi clinici gli effetti colla-terali sono risultati simili, se non inferiori, al pla-cebo. Il più comune è un blando effetto lassativo;alcuni soggetti hanno accusato flatulenza, gonfioreaddominale, mal di testa, reazioni cutanee. Questieffetti spiacevoli regrediscono immediatamente conla sospensione del trattamento.

Kava-kava

La kava è data dal rizoma (e dalle radici) di Pipermethysticum Forst. (Fam. Piperaceae). Piper, da pe-pe, e methysticum, che intossica, in riferimento alleproprietà tossiche della droga. In Polinesia ed in al-tri Paesi dell’Oceania la kava è usata da secoli per lapreparazione di una bevanda rilassante.Habitat. Polinesia, Nuova Guinea, isole delleHawaii. Si coltiva in diversi Paesi.Descrizione della pianta. Arbusto eretto di circa 3 m(Fig. 17.7). I rami, nodosi, recano foglie ovali, pic-ciolate. I fiori, piccoli e numerosi, for mano un’in-fiorescenza a forma di orecchio. Le radici sono pic-cole, numerose e contorte.Parti usate. Rizoma (e radici).Raccolta e preparazione della droga. In autunno siraccolgono i rizomi che vengono essiccati in stufaa 40-50 °C.Descrizione della droga. Il rizoma, largo circa 1,25 cme lungo circa 5 cm, è carnoso, biancastro o di un lie-ve grigio-marrone esternamente e giallognolo, conisolate macchie marroni, internamente. Spesso la dro-ga reca radici contorte che s’intrecciano tra di loro econ il rizoma. Fresca è inodore, di lieve sapore ama-ro; masticata causa salivazione e torpore della lingua.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa si osserva una zona centrale circondata da unmarcato xilema radiato con un largo numero di rag-

gi midollari e da una corteccia piuttosto sottile. I ri-zomi vecchi presentano numerose fessure e fori de-rivanti dalla distruzione del parenchima.Componenti principali. Kavapironi (kavaina, 1-2%;diidrokavaina 0,6-1%; metisticina, 1,2-2%; diidro-metisticina, 0,5-0,8%; yangonina; ecc.). Contieneinoltre calconi (flavokavina A e B), acidi organici(acidi ossalico, capronico, benzoico, cinnamico ecc.),acidi emidici (pipermetistina ecc.), ketoni, steroli (β-sitosterolo ecc.), alcoli alifatici (n-dodecanolo, n-te-tradecanolo, n-octadecanolo, trans-fitolo, n-docosa-nolo ecc.), glicosidi, polisaccaridi, sostanze resinose.Proprietà ed impiego terapeutico. Kavaina e metisti-cina riducono l’eccitabilità del sistema limbico, pro-prio come le benzodiazepine. I kavapironi mostranoanche effetti anestetici locali comparabili con cocainae benzocaina. La droga si usa sotto forma di infuso(5-7 g di droga) o di estratto come ansiolitico, neglistati di agitazione e tensione nervosa. Al contrario de-gli oppiacei, la kava non provoca dipendenza fisica epsichica. La droga deve contenere non meno del 3,5%di kavapironi, calcolati come kavaina. L’uso dei pre-parati di kava non deve eccedere i 3 mesi. In Poline-sia è d’uso preparare una bevanda ad azione rilas-sante, preparata lasciando macerare in acqua la dro-ga opportunamente triturata, quindi filtrando il tutto.Effetti collaterali, tossicità. I kavapironi possonocausare, a certe concentrazioni, arresto cardiaco; taleeffetto è la conseguenza di una attività batmotropanegativa di questi composti. Un uso cronico della

250 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.7 Piper methysticum: pianta (particolare) (a) e ri-zoma (b)

a

b

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 251

kawa causa la comparsa sulla cute del dorso dichiazze rosee, finemente squamose, cercinate, ton-deggianti, accompagnate da scarso prurito (pitiria-si). Un altro sintomo dell’avvelenamento da kava èl’ittiosi, discheratosi caratterizzata da secchezza,rugosità e desquamazione della cute, determinata daeccessiva produzione o ritenzione di cheratina. I ka-vapironi, depositandosi, grazie alla loro lipofilia, neltessuto epidermico, sono considerati i componentiresponsabili di questi disturbi cutanei (pitiriasi, it-tiosi). Sono stati segnalati, infine, casi di epatite ne-crotizzante e letargia in seguito all’impiego di estrat-ti alcolici concentrati di kava (circa il 71% di kava-pironi). Da tener presente, comunque, che l’assun-zione di alcol (acuta o cronica) può svolgere un ruo-lo nella epatotossicità della kava [può generare me-taboliti reattivi via CYP2EI (assunzione cronica) oinibire enzimi epatici (assunzione acuta)].

Carciofo

Il carciofo è dato dalle foglie (e dalle radici) di Cy-nara scolymus L. (Fam. Asteraceae). Cynara deri-va, secondo Columella (I sec. d.C.), dalla consue-tidine di concimare la pianta con la cenere (a cine-re); secondo altri deriva dal greco kin¿ra, nomecomune a diverse piante spinose; secondo altri an-cora Cinara sarebbe il nome di una giovane tra-sformata in carciofo. Scolymus, dal greco skfilu-mo© (da skálo©) = spina.Habitat. Regioni mediterranee. Si coltiva in diver-si Paesi.Descrizione della pianta. Pianta erbacea bienne, tal-volta perenne, eretta, alta dagli 80 ai 150 cm (Fig.17.8). Il caule è pieno e solcato in senso longitudi-nale, le foglie sono alterne, pennatosette oppure lo-bate, verdi sulla pagina superiore, biancastre suquella inferiore. Le foglie caulinari sono sessili, piùpiccole. I fiori, blu-violacei, sono riuniti in un ca-polino di grosse dimensioni (circa 15 cm di dia-metro), con brattee carnose, eduli. Il frutto è unachenio, ovoide, compresso, con pappo bianco.Parti usate. Foglie (e radici).Raccolta e preparazione della droga. In primavera-estate si raccolgono le foglie del primo anno chevengono essiccate in stufa a 40-45 °C o utilizzateallo stato fresco.Descrizione della droga. Le foglie basali sono mol-to allungate (lunghe 30-60 cm e larghe 5-10 cm) eprofondamente divise; presentano una nervaturacentrale prominente e segmenti dentati sprovvisti dispine. A sviluppo completo, si mostrano verdi e gla-bre nella pagina superiore, più chiare e rivestite dipeli lunghi e finissimi nella pagina inferiore.

Componenti principali. Flavonoidi (0,1-1%) qualiscolimoside, cinaroside ecc.; acidi fenolici (fino al2%) quali acido caffeico e derivati dell’acido caf-feilchinico (cinarina, acido clorogenico ecc.); oliovolatile, acidi organici (glicirico, malico, citricoecc.). Contiene inoltre fitosteroli (taraxasteroloecc.), tannini, inulina, enzimi (perossidasi), cinaro-picrina (sostanza amara), glicosidi antrachinonici,vitamine (B1 e B2). La radice, i frutti ed i fiori so-no privi di cinaropicrina.Proprietà ed impiego terapeutico. Gli acidi caffeil-chinici ed i flavonoidi conferiscono al carciofoproprietà coleretiche, ipocolesterolemizzanti, diu-retiche e rigeneratrici della cellula epatica. La ri-generazione della cellula epatica è la conseguenzadi un incremento del numero di epatociti e del con-tenuto di RNA e della stimolazione della divisionecellulare indotti da questi composti. Comunque,uno studio pilota mostra che il carciofo è ineffica-ce nell’epatite cronica. Il carciofo inibisce poi il co-lesterolo ematico con un triplice meccanismo: ini-bizione della sintesi di colesterolo, eliminazione delcolesterolo sotto forma di acidi biliari, inibizionedell’ossidazione del colesterolo in LDL (lipopro-teine aterogene).

Fig. 17.8 Cynara scolymus: particolare della pianta (a) efoglie (b)

a

b

Degli altri componenti del carciofo la cinaropi-crina sembra possedere proprietà antitumorali.

Grazie alle proprietà coleretiche ed ipocoleste-rolemizzanti, il carciofo si utilizza in alcuni distur-bi gastrointestinali, metabolici e cardiocircolatorisotto forma di infuso, estratto secco idroalcolico otintura. L’estratto di carciofo deve contenere nonmeno del 4,5% di acidi caffeilchinici, titolati comeacido clorogenico, e non meno dello 0,5% di flavo-noidi, titolati come cinaroside.

Il carciofo possiede anche proprietà antiemeti-che (effetto che potrebbe essere sfruttato in oncolo-gia se opportunamente approfondito) e spasmoliti-che (effetto che potrebbe essere utile nella stipsispastica e nel colon irritabile).Effetti collaterali, tossicità. L’uso prolungato diquesta droga può causare disturbi addominali (fla-tulenza) e reazioni allergiche. È controindicato neisoggetti predisposti a reazioni allergiche, nei casi diocclusione del dotto biliare e nelle colelitiasi (for-mazione di calcoli biliari).

Passiflora

La droga è data dalle parti aeree di Passiflora in-carnata L. (Fam. Passifloraceae). Passiflora = fio-re della Passione, con riferimento alla passione diGesù. Secondo la tradizione il calice del fiore rap-presenta la corona di spine, gli stili (tre) i chiodiusati per la crocifissione, gli stami le cinque piaghe,i sepali ed i petali gli apostoli (con l’esclusione diGiuda e Pietro, per averlo tradito il primo e rinne-gato il secondo); incarnata, per la corona color por-pora al centro e violetto o rosa alla periferia. PapaPaolo V la fece coltivare con molta cura a Roma,considerando la pianta una rivelazione divina.Habitat. È diffusa negli Stati Uniti (Virginia, Flo-rida, Texas, Nord Carolina, Missouri), Perù, Brasi-le, Messico. Vegeta anche nel Nord Africa ed è col-tivata nella regione mediterranea.Descrizione della pianta. Arbusto rampicante al-to 6-9 m, a fusto legnoso quadrangolare, di un co-lore verde-grigiastro, striato longitudinalmente(Fig. 17.9). Foglie alterne, lungamente picciolate,divise in 3 lobi ovali, acuti, finemente dentati e dicolore verde scuro. All’ascella delle foglie si tro-vano esili cirri. Fiori solitari, lungamente piccio-lati, grandi e colorati. Il frutto è una bacca ovoide,carnosa, rosso-bruna, contenente piccoli semi ap-piattiti, nerastri e rugosi. La pianta non va confu-sa con P. rubra di S Domingo, con foglie a 2 lobi.Parti usate. Le parti aeree della pianta (rami fogliutie fioriti).

Raccolta e preparazione della droga. La droga, rac-colta quando si sviluppano i primi frutti, (maggio-giugno), si essicca ad una temperatura di 40-45 °C.Descrizione della droga. I rami sono di un coloreverde, striati, cavi, ricoperti di minuta peluria. Lefoglie sono trilobate ed alla base del picciolo fo-gliare sono presenti due ghiandole nettarifere. I fio-ri sono grandi (5-9 cm di diametro) e complessi: calice cupuliforme a 5 sepali (verdi all’esterno ebianchi o violacei all’interno), corolla formata da 5petali (bianchi o violacei) ed una doppia corona difilamenti di varia forma e colore, ovario vellutatomunito di 3 carpelli con 3 stili e 3 stigmi.Componenti principali. Flavonoidi (0,8-2,5%) qua-li vitexina, isovitexina, orientina, safonarina, ipero -side, schaffoside, vicenina-2; glicosidi cianogenici

252 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.9 Passiflora incarnata: pianta (a) e parti aereefrantumate (b)

a

b

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 253

(ginocardina); olio essenziale (1 ml/kg) ed inoltrecumarine, maltolo (0,05%), acidi fenolici e traccedi alcaloidi indolici (ppm) quali armano, armolo, ar-mina. La droga in commercio dovrebbe contenerenon meno dello 0,8% di flavonoidi, espressi comevitexina (secondo altri non meno dello 0,3% di fla-vonoidi, calcolati come iperoside).Proprietà ed impiego terapeutico. La medicina tra-dizionale conferisce alla passiflora proprietà sedativee spasmolitiche; inoltre la ritiene utile nell’insonnia,nell’ansia, nei disturbi della menopausa, in alcune ne-vralgie, nell’asma e nei casi di anormalità del ritmocardiaco. Sia i flavonoidi che gli alcaloidi ed il mal-tolo sembrano (secondo alcuni, ma non secondo al-tri) responsabili dell’azione sedativa della passiflora.

La droga viene somministrata sotto forma diestratto fluido o di infuso, da sola o in associazionecon altre droghe sedative (valeriana, biancospino,camomilla, lattuga virosa ecc.). La passiflora inte-ragisce con gli inibitori delle MAO potenziandonegli effetti.

Biancospino

Il biancospino è dato dalle foglie e dalle sommitàfiorite di Crataegus laevigata Poir. o oxyacantha eCrataegus monogyna Jacq. (Fam. Rosaceae). Cra-taegus, dal greco krataifi© = forte, allusione alladurezza del legno; oxyacantha, dal greco ox‡© =aguzzo e ¿kanãa = spina, per le spine acuminate;monogyna, dal greco monogen‹© = unigenito, peril seme unico.Habitat. È diffuso in Europa, Africa settentrionale,Asia occidentale e America settentrionale.Descrizione della pianta. Arbusto o piccolo alberomolto ramificato, alto 2-5 m, con rami spinosi, fo-glie di forma da ovale a rombica profondamente odebolmente incise, fiori bianchi con uno o più stili aseconda della specie, disposti in infiorescenze co-rimbose e frutti a forma di bacca di colore dal rossoal giallo-bruno, con all’interno una polpa bruno-gialla con 1-3 semi (Fig. 17.10).Parti usate. Foglie e sommità fiorite.Raccolta, preparazione e conservazione della droga.Si conserva in recipienti chiusi, al riparo dalla luce.Descrizione della droga. Le foglie, glabre, breve-mente picciolate, di colore verde scuro sulla paginasuperiore e più chiaro sulla inferiore, con una retedi nervature in rilievo, sono a 3-5 lobi ottusi, pocoprofondi (in C. laevigata) o a 3-7 lobi acuti, piùprofondi fino quasi alla nervatura centrale (in C.monogyna). Nelle sommità fiorite, gli steli, brunoscuri, lignificati, portano all’estremità numerosi

fiori bianchi a 5 petali rotondeggianti e 5 sepalitriangolari, riuniti in infiorescenze a corimbo. C.monogyna ha peduncoli fiorali vellutati, sepali pu-bescenti, antere nere, 1 stilo e 1 carpello; C. laevi-gata ha peduncoli fiorali e sepali glabri, antere rosse, 2-3 stili e 2-3 carpelli.

Odore debolmente profumato, sapore da legger-mente dolce a leggermente amaro.Esame microscopico della droga. La foglia presentaepidermide superiore formata da cellule irregolar-mente poligonali, con cuticola fortemente striata, edepidermide inferiore con cellule poligonali, a paretisinuose con cuticola lievemente striata e numerosigrandi stomi; mesofillo bifacciale con tessuto a pa-lizzata formato da due file di cellule strette; in tutti iparenchimi si notano cellule con druse di ossalato dicalcio. I peli protettori, unicellulari, sono presentispecialmente sulle nervature. Sulle dentature delmargine si possono trovare peli a ciuffo. L’epidermi-de dei sepali e del ricettacolo è simile a quello dellefoglie, ma con stomi poco numerosi: all’interno pre-senza di peli protettori. L’epidermide dello stilo edei filamenti degli stami è formata da cellule papil-lose, allungate e con pareti striate trasversalmente.

La polvere, di colore verde-bruno, presenta:frammenti dell’epidermide superiore ed inferioredelle foglie, cristalli di ossalato di calcio, peli uni-cellulari a pareti spesse e rari peli a ciuffo.

Fig. 17.10 Crataegus laevigata: pianta (particolare) (a) efoglie (b)

a

b

Componenti principali. Oltre a triterpeni, come l’a-cido ursolico, sono presenti nella droga 1-3% diprocianidine oligomere (epicatechina), 1-2% di fla-vonoidi (iperoside, vitexina, quercetina), amine esteroli (Fig. 17.11).

La FU prescrive un contenuto di flavonoidi,calcolati come iperoside, non inferiore allo 0,7%.Proprietà ed impiego terapeutico. Il biancospino rap-presenta un fitocomplesso molto utile nelle fasi ini-ziali dell’insufficienza coronarica e nelle cardiopatieassociate alla senilità: infatti l’acido ursolico svolgeazione coronarodilatatrice, mentre i flavonoidi mo-dulano il movimento di calcio intracellulare e le pro-cianidine hanno un’azione protettiva sull’endoteliovascolare, per la loro attività antiossidante. Nel com-plesso ne deriva un’azione inotropa positiva, senzaaumento del consumo di ossigeno da parte del mu-scolo cardiaco, associata ad una azione cronotropanegativa e diuretica. La modesta attività diuretica puòessere ascritta ai flavonoidi, alle amine ed all’olio es-senziale. Inoltre, associato alla canfora, incrementa lapressione sanguigna e le funzioni cognitive negli an-ziani. Infine svolge sul SNC un’azione sedativa.

Effetti collaterali, tossicità. È sconsigliata la pra-tica dell’automedicazione, anche se non sono sta-ti segnalati particolari effetti tossici.

Antocianine

Il termine antocianina fu coniato per indicare le so-stanze responsabili del colore del fiore (anthos =fiore e kuanos = blu). Si tratta di pigmenti solubiliin acqua responsabili del colore blu, rosso, giallo,lilla e violetto, di molti frutti e fiori; si trovano anche nelle foglie (ad es. di Coleus forskohlii), nelpicciolo (di Rheum palmatum), nelle radici (diRaphanus sativus) o nel bulbo (di Allium cepa, var.rossa). Questi pigmenti sono presenti in natura co-me glicosidi (antocianine) e gli agliconi (antocia-nidine) più comuni sono pelargonidina (di colorescarlatto), cianidina (cremisi) e delfinidina (porpo-ra). Le antocianine originano dal metabolismo ge-nerale dei flavonoidi; 2,3-trans-diidro-3,4-cis-dii-drossiflavonoli sono i diretti precursori delle anto-cianine. Queste sostanze sono solubili in acqua edin alcol, insolubili in solventi organici ed instabiliin un medium neutro o alcalino. Le antocianine, gra-zie ai loro colori vivaci che attraggono gli insetti egli uccelli, svolgono un ruolo importante nei vege-tali in quanto contribuiscono all’impollinazione edispersione dei semi. Nei mammiferi manifestanoimportanti proprietà biologiche: diminuiscono lapermeabilità e la fragilità dei capillari, impedendola degradazione del collagene; riducono gli edemi,si comportano da scavengers dei radicali liberi.Grazie a queste azioni (venotropa, antiedemigenaed antiossidante) le droghe contenenti antocianinee le rispettive preparazioni vengono impiegate neicasi di insufficienza venosa cronica e di fragilità ca-pillare. Inoltre trovano impiego in oftalmologia,perché migliorano la rigenerazione della rodopsina,una sostanza che migliora la visione notturna, e nor-malizzano i disordini circolatori della retina. Per laloro bassa tossicità trovano infine impiego come co-loranti naturali sia in campo farmaceutico che ali-mentare. Le droghe vegetali che contengono quan-tità significative di antocianine sono il mirtillo neroe la vite.

Mirtillo nero

È dato dal frutto e dalle foglie di Vaccinium myr-tillus L. (Fam. Ericaceae). Vaccinium, deriverebbeda nacinqo© = giacinto o da vacca, perché piantapreferita dalle mucche; myrtillus, diminutivo di

254 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.11 Alcuni componenti del biancospino: acido ur-solico (a) e vitexina (b)

a

b

CH2OH

HOHO

HO

HO

OH

OH O

O

O

H

H

H

OH

O

HO

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 255

myrtus e cioè piccolo mirto, in riferimento alla for-ma dei frutti e delle foglie.Habitat. Europa (in Italia Alpi ed Appennini tra i1200 ed i 1800 m), Asia, America settentrionale.Descrizione della pianta. Arbusto di circa 50 cm confusto ramificato e rizoma strisciante, foglie ovali,brevemente picciolate, a margine seghettato e fiorisolitari ascellari di colore rossastro. Il frutto è unabacca blu-nerastra, globosa, di 3-6 mm di diametro,che racchiude numerosi semi sagomati a mezzalu-na e di un colore rosso-bruno lucente (Fig. 17.12).Parti usate. Frutti.Raccolta e preparazione della droga. Il frutto si rac-coglie a maturazione, tra giugno e settembre e si es-sicca rapidamente al sole o in stufa.Descrizione della droga. Il frutto, blu-nerastro, èlievemente depresso alla sommità; essiccato si pre-senta raggrinzito ed immerso nell’acqua assume im-mediatamente un colore rosso che vira al verde peraggiunta di alcali. In sezione si presenta tetra o pen-

taloculare. Ha un sapore acidulo. Non deve essereconfuso con il frutto di V. uliginosum, (detto mir-tillo blu), simile, ma con una polpa bianco-rossastrae gelatinosa e non rosso-violacea (mirtillo nero).Del mirtillo nero si utilizzano anche le foglie, in so-stituzione dell’uva ursina.Componenti principali. Antocianine (cianidina,peonidina, petunidina, delfinidina ecc.), polifenoli(tannini catechici ecc.), acidi organici (citrico, ma-lico ecc.), vitamine (C ed A) ecc.Proprietà ed impiego terapeutico. Al mirtillo nerovengono attribuite diverse proprietà farmacologi-che: antiossidanti, venotrope, antibatteriche, car-diovascolari, antidiarroiche, ipolipidemiche ed ipo -glicemiche. In questi ultimi anni è stata appro -fondita l’azione venotropa ed è stato osservato chequesta droga blocca la formazione di radicali li-beri, impedisce l’ossidazione delle LDL, inibiscel’aggregazione delle piastrine e soprattutto rilasciala muscolatura liscia dei vasi con un meccanismoche vede coinvolto il release di prostacicline; inol -tre normalizza il flusso ematico, ostacola l’azionedelle elastasi (enzimi proteolitici che degradano lafibra elastica dei vasi) e l’accumulo di glicopro-teine sulla parete dei vasi ed infine stimola la sin-tesi di collagene migliorando la resistenza dei va-si e dei capillari. In clinica il mirtillo è stato studia -to soprattutto in pazienti con IVC (vedi Cap. 15).Una recente rassegna sistematica ha evidenziato laefficacia di questa droga nel ridurre la sintomato-logia della IVC (dolore, pesantezza alle gambeecc.) e nel rimuovere la stasi venosa migliorandola microcircolazione dei piccoli vasi (venule e ca-pillari). È stata anche approfondita l’azione delmirtillo nero sulla visione notturna, ma i risultaticlinici sono stati del tutto deludenti. La Commis-sione E tedesca raccomanda una dose di 20-60 gdi droga nella IVC; negli studi clinici è stato peròutilizzato un estratto di mirtillo (contenente il36% di antocianosidi) alla dose giornaliera di240-520 mg.Effetti collaterali, tossicità. Raramente il mirtillonero causa disturbi gastrointestinali e cutanei. Nonsono note interazioni e controindicazioni.

Vite

Si usano le foglie e gli acini (bucce e semi) di Vitisvinifera (Fam. Vitaceae). Vitis, che dà vita; viniferaper il vino che si ricava dagli acini. La FF riportache le foglie di vite rossa devono contenere non me-no del 4% di polifenoli totali e non meno dello 0,2%di antocianine. L’interesse per queste parti dellaFig. 17.12 Vaccinium myrtillus : pianta (a) e frutti (b)

a

b

pianta risiede nel fatto che si possono ottenere ef-fetti benefici nei casi di insufficienza venosa.Habitat. Bacino del Mediterraneo e del Medio Orien-te. Coltivata in quasi tutti i Paesi a clima temperato.Descrizione della pianta. Arbusto ramificato confusto contorto ed in parte legnoso, lungo anche20-30 m, con foglie lungamente picciolate, alter-ne, tondeggianti (5-23 cm di diametro), dentate eseghettate ai margini. I fiori sono piccoli, di co-lore verde, opposti alle foglie, riuniti in infiore-scenze a grappolo. Il frutto è una bacca (acino)ovale, giallognola, rossastra o nerastra; contiene1-4 semi (Fig. 17.13).Parti usate. Foglie e frutti.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie ven-gono raccolte dopo la vendemmia, quando acqui-stano un colore rossastro; i frutti quando sono ma-turi. Le foglie ed i semi vengono essiccati in stufaa 40 °C circa.Descrizione della droga. Le foglie, di forma ovaleo tonda, presentano un lembo sottile, profondamen-te inciso in 5-7 lobi, glabro superiormente, peloso oquasi glabro inferiormente. I semi si presentano piriformi o ovoidali e di consistenza legnosa.

Componenti principali. Flavonoidi (quercetrina, ru-tina, kaempferolo, luteolina ecc.); procianidine [det-te anche oligomeri procianidolici (OPC), leucoanto-cianine, picnogenoli]; sostanze fenoliche (malvidina,dalfinidina, cianidina, resveratrolo ecc.). Il resvera-trolo (Fig. 17.14) è presente in quantità significativenelle foglie malate (infettate da Botrytis cinerea, Pla-smopara viticola, Uncinula necator) o irradiate daUV mentre è assente nelle foglie sane. Comunque ilresveratrolo è presente in quantità decisamente su-periori nelle radici e nei rizomi di Polygonum cu-spidatum. Altri composti attivi sono i flavani-3-oli ecioè catechine, epicatechine, gallocatechine ecc.Proprietà ed impiego terapeutico. Le procianidine,ma anche gli estratti di vite, determinano una ridu-zione o una normalizzazione della permeabilità ca-pillare in diversi modelli sperimentali di incrementa-ta permeabilità vascolare. Il meccanismo d’azione èmolto probabilmente riconducibile ad una vasoco-strizione causata dalle procianidine. La vite ed i suoiprincipali componenti (procianidine, resveratrolo, fla-vonoidi) possiedono anche proprietà epatoprotettive,cardioprotettive, antimicrobiche, antiossidanti (inibi-scono la formazione di radicali liberi) ed antiprotea-siche (ostacolano l’azione deleteria delle proteasi, en-zimi che degradono il collagene, l’elastina e l’acidoialuronico). Le proteasi e le forme attive dell’ossige-no, presenti in quantità eccessive, compromettono laelasticità e la robustezza dei piccoli vasi causando unainsufficienza venosa periferica ed altri disordini va-scolari. Inoltre sono antimutageni e cioè impedisco-no la formazione di sostanze mutagene. La efficaciadelle procianidine e di estratti di vite in alcune pato-logie venose (vene varicose, insufficienza venosa cro-nica) è stata riportata in alcuni studi clinici rando-mizzati ed in doppio cieco ed in uno studio osserva-zionale. In commercio è reperibile un estratto titolato,preparato utilizzando le foglie, ed un altro ottenuto apartire dalla cuticola esterna dei semi di V. vinifera.Il primo contiene il 4% di flavonoidi e si consiglia alla dose giornaliera di 360-720 mg per 1-2 mesi;

256 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 17.13 Vitis vinifera (particolare): pianta Fig. 17.14 Struttura chimica del resveratrolo

OH

OH

HO

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 257

il secondo contiene il 15% di catechine, l’80% diepicatechina gallato ed il 5% di pentameri, esame-ri, eptameri e loro gallati e viene consigliato alla do-se di 300 mg/die per 2-3 mesi. Esistono anche pre-parati contenenti resveratrolo e/o procianidine.

È stato infine osservato che un estratto di semid’uva riduce i livelli ematici di glucosio in un mo-delllo di diabete di tipo II.Effetti collaterali, tossicità. Uno studio osservazio-nale ha mostrato che gli estratti di vite non provo-cano effetti indesiderati; studi negli animali hannodimostrato che le procianidine, somministrate per6 mesi (60 mg/kg/die) sono ben tollerate e non pro-vocano effetti tossici.

Tannini

I tannini sono composti organici non azotati, di sa-pore fortemente amaro, dotati di attività astringen-te e tannante: sono cioè in grado di trasformare lepelli in cuoio precipitando le proteine e formandocon esse dei composti insolubili.

Le sostanze tanniche applicate localmente ed abasse concentrazioni, provocano una notevole di-minuzione della permeabilità cellulare, vasocostri-zione e disinibizione del tessuto connettivo. Appli-cate invece in forti concentrazioni possono avereun’azione caustica perché provocano profonde mo-dificazioni delle strutture proteiche. In terapia i tan-nini vengono utilizzati esternamente (collutori, gar-garismi) come astringenti ed emostatici; per la loroazione vasocostrittrice sono impiegati come antie-morroidari. In passato erano usati anche come anti-settici. Nei prodotti cosmetici trovano impiego inlozioni antiseborroiche ed antiforfora.

In natura i tannini si trovano in forma comples-sa (tannoidi) e a volte in combinazione con gli zuc-cheri (tannosidi). Dal punto di vista chimico posso-no essere classificati in tre gruppi: tannini idrolizza-bili, tannini condensati e tannoidi. I primi sono co-stituiti da varie molecole di acido gallico (gallitan-nini) o di acido ellagico (ellagitannini): i più sem-plici, detti anche depsidi, sono esteri di acidi polife-nolici (acido gallico); i più complessi, per idrolisidanno uno zucchero (o un polialcol) ed acidi polife-nolici e sono anche detti tannini glicosidici. I tanni-ni condensati sono polimeri del catecolo, non sonoidrolizzabili con acidi diluiti né con tannasi, sonoprivi di zucchero e poco solubili in acqua. Se tratta-ti a caldo con acidi forti e con ossidanti vengonotrasformati in flobafeni (o rossi di tannino). I tanni-ni condensati sono molto diffusi nel regno vegetaleed anche i più utilizzati nell’industria conciaria.

I tannoidi, chiamati anche tannini del caffè, so-no derivati dell’acido clorogenico (estere dell’aci-do caffeico con acido chinico). Sono molto diffusinel caffè, noce vomica, tabacco, tè, matè.

Le droghe vegetali più utilizzate come fonte ditannini sono l’amamelide, la ratania, l’ippocastanoe le galle di noce.

Amamelide

L’amamelide è data dalle foglie di Hamamelis vir-giniana L. (Fam. Amamelidiaceae). Hama signifi-ca stesso tempo, melis significa frutto, virginianaderiva da Virginia, luogo di provenienza. L’ama-melide per secoli è stata utilizzata in America perla cura delle distorsioni e contro le emorragie ute-rine. All’inizio del XX secolo la droga è stata in-trodotta in Europa.Habitat. Foreste umide dell’America settentriona-le (Virginia, Carolina del nord, New Brunswick,Tennessee, Minnesota) e del Canada. È diffusa an-che in Florida e Texas.Descrizione della pianta. Arbusto o piccolo albe-ro di 3-6 m, con fusto tortuoso, ramificato. I rami,flessibili, recano foglie alterne picciolate, pu -bescenti (Fig. 17.15). I fiori sono raggruppati in

Fig. 17.15 Hamamelis virginiana: pianta (particolare) (a)e foglie (b)

a

b

fascetti ascellari, il frutto è una piccola capsula lo-culicida.Parti usate. Le foglie (e la corteccia).Raccolta e preparazione della droga. In estate siraccolgono le foglie che vengono essiccate all’ariaevitando di esporle ai raggi del sole; in questo mo-do la droga secca conserva il colore verde.Descrizione della droga. La foglia mostra un lem-bo obovato, ottuso o acuto all’apice; lunga 10-12cm e larga 7-8 cm, presenta un margine sinuato-dentato ed una nervatura mediana ben evidente dal-la quale partono, ad angolo acuto, nervature se-condarie che terminano sui denti del margine. Lenervature terziarie si anastomizzano formando unreticolo irregolare. La pagina superiore è di colorebruno-verdastro mentre quella inferiore, rivestita dipeli unicellulari, è di colore verde chiaro. Il lembofogliare presenta delle scleridi. La droga ha saporeleggermente amaro ed astringente.Esame microscopico della droga. Le cellule epi-dermiche presentano, osservate in superficie, pare-ti ondulate. Gli stami esistono solo nella pagina in-feriore e sono accompagnati da quattro cellule an-nesse di cui due allungate parallelamente all’ostio-lo. Il mesofillo presenta una sola assise di cellule apalizzata; nel parenchina lacunoso si osservanodruse di ossalato di calcio. Sull’epidermide i peli,lunghi 200-500 mm, sono disposti a rosetta (ciuffidi 4-12 peli). La polvere, verde brunastra, mostrapeli in ciuffi, fibre pericicliche e druse di ossalatodi calcio.Componenti principali. Tannini (circa l’8%) comeamamelitannino, derivati dell’acido gallico, flavo-noli (kaempferolo, quercetina ecc.) ed i loro glico-sidi, un olio volatile (0,5%) contenente safrolo(0,2%), β-ionone (1%), α-ionone (3-5%), acetal-deide (3,2%), α-esenolo (9,7%), eugenolo e se-squiterpeni. Altri componenti sono: olio fisso (0,6%),resina (amemelina, amamelitannino), cera, saponi-ne, colina, sostanze amare.Proprietà ed impiego terapeutico. L’amamelide siusa come astringente, antiflogistico ed emostaticonel trattamento di ferite superficiali (in lozioni, po-mate) e come antiemorroidario (supposte). Inter-namente si usa per trattare disturbi venosi quali va-rici e flebiti (tintura, infuso, estratto fluido) e lediarree aspecifiche. L’infuso si prepara utilizzan-do 2-3 g di foglie secche in 150 ml di acqua (2-3volte nella giornata). Comunque è l’estratto idroal-colico il più utilizzato in quanto contiene quantitàconsiderevoli di tannini ed è un ottimo astringen-te. In commercio si trova anche l’acqua distillatadi amamelide che si prepara lasciando macerare irametti d’amamelide, parzialmente essiccati, ed ag-

giungendo, dopo filtrazione, alcol in modo da ave-re un estratto finale al 14-15% di alcol. Questa pre-parazione viene empiricamente utilizzata per le sueproprietà astringenti.

All’amamelide si attribuiscono anche proprietàantivirali ed antiossidanti.

Spesso l’amamelide si associa al viburno ed al-l’idraste.Effetti collaterali, tossicità. Non sono riportati ef-fetti collaterali e controindicazioni. Il safrolo, can-cerogeno, è presente in quantità trascurabili e quin-di tali da non destare preoccupazioni. Un uso ec-cessivo (o dosi alte) può provocare disturbi gastri-ci ed epatici.

Galle

Sono delle escrescenze che si formano sulle gem-me e sui giovani rami di Quercus infectoria Oli-vier e di altre specie di Quercus (robur L., pube-scens Willd, cerris L., ilex L., suber L.), in segui-to alla deposizione delle uova di un insetto ime-nottero (Cynips o Diplolepis gallae tinctoriae)(Fig. 17.16 a). L’insetto punge le gemme ed i ra-mi della pianta e depone un uovo nella ferita. Losviluppo della larva determina nei giovani tessutiuna rapida divisione cellulare. Si ha di conse-guenza una crescita abnorme del tessuto e forma-zione di una galla, le cui cellule producono acidotannico e gallico. Se la galla non viene raccoltaprima, l’insetto una volta maturo fuoriesce all’e-sterno provocando una parziale ossidazione del-l’acido tannico e rendendo la galla più porosa.

Le galle di Aleppo sono le più pregiate (Fig.17.16 b). Si raccolgono in Siria, Iraq, Grecia e Cipro, da piccoli alberi alti circa 2 m. Una voltaessiccate perdono circa il 50% del peso. Si presen-tano globose (1-2 cm di diametro) crestate, munitedi un piccolo picciolo, dure, pesanti. Sono inodorie di sapore astringente. La varietà azzurra e quellaverde sono le più richieste sul mercato mentre la va-rietà bianca, forata per la fuoriuscita dell’insetto, èmeno pregiata in quanto in essa il tannino si è de-composto. Contengono acido tannico (50-70%),acido gallico (2-4%), acido ellagico, amido, una re-sina ed ossalato di calcio.

Le galle cinesi o giapponesi (Fig. 17.16 c) so-no prodotte da un afide (Schleehlendaria sinensis)sul picciolo delle foglie di Rhus javanica o R. chi-nensis Mill. Si presentano irregolari, striate allabase, vellutate (ricoperte di lanuggine), fragili, cave internamente. Contengono dal 50 al 60% ditannino. Meno pregiate sono le galle ungheresi e

258 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 17 • Fenilpropanoidi e fluoroglucinoli 259

quelle italiane, piuttosto grosse (4-5 cm di diame-tro), prodotte dalla Cynips lignicola su Quercusrobur.

Le noci di galla si utilizzano soprattutto per l’e-strazione di acido tannico da utilizzare per la pre-parazione di inchiostri; sono anche impiegate per lapreparazione di rimedi ad azione astringente.

Fluoroglucinoli

Luppolo

È dato dalle infiorescenze di Humulus lupulus L.,(Fam. Cannabaceae). Humulus dal latino humeo =essere umido, in quanto la pianta preferisce terreniumidi o da humus = suolo, in quanto la pianta siestende sul terreno; lupulus, dal latino lupus = lu-po perché proprio come il lupo che non consente divivere ad altri animali nella propria area, impedi-sce la vegetazione ad altre piante. Sconosciuto nelmondo greco-romano, almeno come medicamento,è stato utilizzato dagli arabi come depurativo delsangue. In Europa il luppolo viene utilizzato percombattere i disturbi digestivi, l’insonnia ed i di-sturbi della menopausa.Habitat. Originario della Mongolia, oggi la piantadel luppolo viene coltivata in Europa, Caucaso, Au-stralia, Nord America.Descrizione della pianta. Pianta erbacea perennemunita di un rizoma ramificato dal quale partonoesili fusti, lunghi anche 6-7 m, cavi, ricoperti di acu-lei. Le foglie sono picciolate, opposte, a forma dicuore, con 3-5 lobi seghettati, ruvide al tatto. I fio-ri, di colore chiaro, sono riuniti in pannocchie(quelli maschili) oppure raggruppati in coni alleascelle delle foglie (quelli femminili) (Fig. 17.17).Parti usate. Infiorescenze.

Raccolta e preparazione della droga. La droga siraccoglie 4-5 settimane dopo la fioritura e si essic-ca esponendola ad una temperatura di 38 °C.Descrizione della droga. Il fiore è di forma ovoi-dale, acuminato alla estremità superiore (ricorda latrottola). È lungo 2-5 cm ed è munito di un pedun-colo. Presenta delle brattee fogliacee giallastre chea maturità si ricoprono l’un l’altra assumendo unaconsistenza cartacea. I fiori femminili sono ricchidi ghiandole che secernono una sostanza resinosa,giallastra, amara, utilizzata per aromatizzare la bir-ra. I fiori femminili hanno un caratteristico odorearomatico.Componenti principali. Acidi (α e β) amari qualiumulone (35-70%), lupulone e loro derivati ed unolio essenziale (0,005-3%) i cui principali compo-nenti sono mircene, umulene, cariofillene, farnese-ne; tannini (2-4%); flavonoidi; calconi (0,01-0,5%);ecc. Il luppolo viene impiegato nella preparazionedella birra; gli α-acidi, molto amari, conferisconoalla bevanda il gusto amaro, l’aspetto schiumosoquando si versa e ne consentono la conservazione.

Fig. 17.16 Ramo di quercia con galla (a); galla d’Aleppo(b); galle cinesi (c)

c

b

a

Fig. 17.17 Humulus lupulus: pianta (a) e fiori (b)

a

b

Proprietà ed impiego terapeutico. Al luppolo ven-gono oggi attribuite diverse proprietà farmacolo-giche, prima fra tutte quella sedativa ed ipnotica,legate alla presenza nella droga del metilbutanolo.L’azione sedativa si manifesta, comunque, soloquando vengono somministrate dosi elevate (250-500 mg/kg) di estratti etanolici di luppolo. Diver-si studi sperimentali indicano poi un’azione anti-convulsivante, analgesica, batteriostatica, batteri-cida (i bat teri maggiormente sensibili sono i grampositivi e l’azione è attribuita ai ketoenoli) ed an-titumorale. Il luppolo è anche in grado di rilascia-re l’endotelio vascolare con un meccanismo checoinvolge la NOS e la prostaciclina. Al luppolo èstata inoltre attribuita un’azione estrogena in se-guito ad alcune osservazioni quali: (i) fanghi pro-venienti dalle fabbriche di birra, contenenti circa il30% di estratti di luppolo, lenivano i disturbi del-la menopausa; (ii) donne impiegate nella raccoltadel luppolo presentavano turbe mestruali indipen-dentemente dal periodo del ciclo. La sostanza re-sponsabile sembrerebbe l’8-prenilnaringenina, unasostanza che possiede un’alta affinità di legame peri recettori specifici per gli estrogeni. Gli studi cli-nici riportati in letteratura mostrano un migliora-mento dei sintomi in pazienti che soffrono di in-sonnia, di disturbi della menopausa, di colecistitie di incontinenza urinaria. In tutti gli studi il lup-polo è stato associato alla valeriana, al biancospi-no, all’uva ursina o ad altre droghe ancora (cico-ria, menta ecc.). Resta pertanto difficile attribuireal luppolo le proprietà terapeutiche poc’anzi ri-portate, anche perché gli studi clinici di riferimen-to sono di qualità modesta. La dose consigliata dal-la Commissione E tedesca è di 0,5-1 g di droga es-siccata, 0,5-2 ml di un estratto etanolico (1:1 in45% di etanolo) oppure 1-2 ml di tintura (1:5 in60% di etanolo).Effetti collaterali, tossicità. Il luppolo raramentecausa mal di testa, perdita di appetito, irritazioni cu-tanee. Se ne sconsiglia l’uso a pazienti in terapiacon sedativi o con antitumorali (tamoxifene).

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Gli alcaloidi costituiscono una numerosissima fa-miglia di composti azotati presenti nel regno vege-tale e risultano molto eterogenei sia per strutturachimica che per attività farmacologica. L’atomod’azoto, il quale in base alla sua posizione può ave-re un’apprezzabile basicità, rende gli alcaloidi fa-cilmente distinguibili dal punto di vista chimico daaltri metaboliti secondari. Nella maggior parte deicasi l’azoto è presente in una struttura eterociclica(il nome protoalcaloide è dato ai composti in cuil’azoto non è eterociclico). Gli alcaloidi spesso mo-strano una pronunciata attività farmacologica (atro-pina, morfina, chinina) o tossicologica (alcaloididell’ergot, tubocurarina, coniina) rendendo le mo-lecole molto interessanti da studiare. Diversi alca-loidi sono usati clinicamente come tali (la morfinacome analgesico, la stricnina come stimolante cen-trale, l’atropina come midriatico, la pilocarpina co-me miotico, l’efedrina nel trattamento dell’ipoten-sione, ecc.) o utilizzati per l’emisintesi di nuovi far-maci (omatropina, butilscopolamina, atracurioecc.). In attesa di una precisa definizione, il termi-ne alcaloide è normalmente usato per indicare icomposti azotati di origine vegetale, con proprietàbasiche, che hanno effetti farmacologici sugli uo-mini e sugli animali.

Gli alcaloidi hanno una ristretta distribuzionenel regno vegetale. Ne sono sprovvisti alghe, mu-schi, licheni e la maggior parte dei funghi, così co-me sono poco presenti nelle conifere e nelle felci.Tra le monocotiledoni, le famiglie delle Liliaceaee delle Amaryllidaceae sono ricche di alcaloidi.Questi si trovano anche nelle dicotiledoni ed in par-ticolare nelle famiglie delle Apocinaceae, Astera-ceae, Berberidaceae, Euphor bia ceae, Fabaceae,Lauraceae, Loganiaceae, Magnoliaceae, Papavera-ceae, Ranunculaceae, Rubiaceae, Rutaceae, Sola-naceae ecc. Determinati alcaloidi sono presenti solo in particolari famiglie, come ad es. la ioscia-mina nelle Solanaceae e la colchicina nelle Lilia-ceae. Altri alcaloidi possono trovarsi in un numero

piuttosto ampio di famiglie, come ad es. la nicoti-na; questo alcaloide ha però una struttura biosinte-ticamente semplice. La presenza degli alcaloididell’ergot nel fungo Claviceps purpurea ed in al-cune specie di Ipomea (Convolvulaceae) è un’altraeccezione e può essere attribuita all’evoluzione dialcune complesse vie biochimiche.

Gli alcaloidi si possono trovare in varie parti (or-gani) della pianta, ma di solito uno o più organi han-no un contenuto più alto rispetto agli altri. Così glialcaloidi tropanici sono presenti nelle foglie e nelleradici di belladonna, gli alcaloidi dell’oppio nei va-si laticiferi del papavero. Nella cellula gli alcaloididi solito si accumulano nei vacuoli e non nel proto-plasma o nella parete cellulare. L’organo con il con-tenuto maggiore di alcaloidi non è necessariamentel’organo dove questi sono sintetizzati. Gli alcaloiditropanici della belladonna sono ad es. sintetizzatinelle radici e trasportati nelle foglie per l’immagaz-zinamento; viceversa gli alcaloidi del lupino sonosintetizzati nel fusto e poi trasportati nelle radici. Pergli alcaloidi nicotinici la situazione è più comples-sa; sono sintetizzati nelle radici della pianta del ta-bacco e trasferiti nelle foglie, ma una piccola quan-tità è sintetizzata anche nel fusto.

Il trasporto degli alcaloidi dalle radici alle fogliesembra avvenire attraverso i vasi; attraverso il floe-ma può invece avvenire il trasporto degli alcaloidisintetizzati nelle foglie o nel fusto. Il ruolo degli al-caloidi nella pianta non è ancora chiaro. Molti al-caloidi hanno un sapore amaro o proprietà tossichee gli animali imparano dall’esperienza ad evitare lepiante che li producono.

L’azione protettiva degli alcaloidi nei confrontidel bestiame è un’ipotesi. Gli alcaloidi possono anche proteggere la pianta contro gli insetti ed i virus; il contenuto di selenio nelle patate, ad es., aumenta quando la pianta è attaccata da microrga-nismi. Un’altra ipotesi è che gli alcaloidi si forma-no quando la pianta neutralizza le sostanze veleno-se nel corso del suo normale metabolismo. È stato

ALCALOIDICapitolo

18

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

anche ipotizzato che l’azoto presente negli alcaloi-di possa rappresentare una riserva nutritizia per lapianta. Altri ritengono gli alcaloidi regolatori deifattori di crescita.

I sali degli alcaloidi sono solubili in acqua, men-tre le basi sono solubili in solventi organici. Questopermette un facile isolamento e purificazione deglialcaloidi. Per l’estrazione di questi composti il ma-teriale vegetale viene polverizzato, quindi umettatocon acqua e mescolato con idrossido di calcio, ilquale scinde i sali e trasforma gli alcaloidi in basilibere. Gli alcaloidi vengono poi estratti con solventiorganici (cloroformio, etere, acetato d’etile, benze-ne, toluene o etere di petrolio). L’estratto è purifi-cato agitando con acido diluito (in controcorrente)e gli alcaloidi si trasformano in sali. I singoli com-ponenti della miscela grezza di alcaloidi devono es-sere poi separati, ma questo processo è spesso mol-to complesso. Parecchi alcaloidi sono solidi cristal-lini (molti alcaloidi ossigenati); pochi sono amorfio liquidi (coniina, nicotina, sparteina). La forma cri-stallina dei sali di alcaloidi è spesso un utile indizioper l’identificazione microscopica.

Gli alcaloidi si formano a partire dagli aminoa-cidi ed incorporano l’azoto in uno scheletro co-

struito grazie ad una serie di reazioni biochimiche.Viceversa, i cosiddetti pseudoalcaloidi sono sinte-tizzati da precursori che non contengono azoto. Ar-rivati alla fase finale della loro biosintesi, gli pseu-doalcaloidi acquistano il loro azoto attraverso unareazione di transaminazione. Nell’ultimo caso quin-di l’aminoacido funziona come donatore d’azoto,ma esso non è incorporato nella struttura finale.

I nomi degli alcaloidi possono derivare: (i) dal-l’attività fisiologica (emetina), (ii) dal nome delloscopritore (pelletierina), (iii) dal nome generico del-la pianta (atropina), (iv) dal nome specifico delladroga (cocaina) e (v) dal nome comune della dro-ga (ergotamina). È frequente l’uso di un suffisso daaggiungere al nome dell’alcaloide principale per di-stinguere un altro alcaloide della stessa famiglia(chinina, chinidina). I nomi degli alcaloidi termi-nano generalmente in ina.

In funzione della struttura che contiene l’azo-to, gli alcaloidi possono essere distinti in numero-se classi chimiche. Alcune di queste strutture sonoriportate nella Fig. 18.1. Qui di seguito sono trat-tate le principali classi di alcaloidi e le molecolepiù rappresentative, che hanno un’interessante at-tività biologica.

264 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

chinolina piridina piperidina

indolo imidazolo isochinolina

Fig. 18.1 Principali strutture presenti negli alcaloidi

purina tropano fenantrene

Capitolo 18 • Alcaloidi 265

Alcaloidi fenilalchilaminici

Sono strutture relativamente semplici che derivanodalla fenilalanina o dalla tirosina. Assomigliano al-le catecolamine (nor) adrenalina e dopamina e qual-che volta svolgono una potente azione sul SNC.Poiché l’azoto non è eterociclico, tutte le strutturesono protoalcaloidi. Alcuni composti (efedrina, ca-psaicinoidi) possono essere anche classificati comepseudoalcaloidi: sebbene derivanti dalla fenilalani-na, l’aminoacido è deaminato proprio all’inizio delprocesso biosintetico. L’azoto presente nelle lorostrutture finali si origina quindi da un processo ditransaminazione. Nella Figura 18.2 sono riportatialcuni alcaloidi fenilalchilaminici o aminici.

La capsaicina è una sostanza pungente presentenei frutti di numerose specie (e varietà) del genereCapsicum: C. annuum (paprica) var. longum e gros-sum, C. frutescens (peperoncino rosso o di Cayenna),C. acuminatum, C. tetragonum ecc. (Fam. Sola -naceae). Si tratta di arbusti alti circa 1 m (30-60 cmnelle specie coltivate), con fusto glabro, ramifica-to, con foglie alterne e fiori di colore dal grigio algiallo. Si utilizzano i frutti costituiti da bacche ca-psuliformi. Il contenuto dei capsaicinoidi (capsai-cina e capsaicino-simili) varia considerevolmentetra una specie e l’altra. I frutti sono usati come ad-ditivi (aromatizzanti) dei cibi, perché provocanouna forte stimolazione dei sensi. L’inconfondibilefastidio che si avverte in bocca dopo aver mangia-to un pasto condito con peperoncino può essere ef-ficacemente attenuato bevendo latte. Il latte con-

tiene circa il 3% di caseina, una proteina lipofila chespiazza i capsaicinoidi dal loro recettore moderan-do il bruciore. Probabilmente la tradizione di man-giare cibo condito con peperoncino risale alle cul-ture primordiali in Messico e nel nord dell’Americameridionale, dove gli indigeni lo usavano comepianta domestica.

La capsaicina è il più potente dei componentinaturali studiati ad effetto pungente, doloroso e de-sensibilizzante. Questi effetti sono dovuti alla pre-senza di un gruppo 4-idrossi-3-metossibenziliconella sua struttura, oltre ad un legame amidico e aduna catena alchilica con un doppio legame. Varia-zioni di uno o più di questi gruppi (lunghezza del-la catena, ramificazioni, presenza o assenza di dop-pi legami) determinano l’intensità del processo didesensibilizzazione.

L’uso analgesico di preparazioni contenenti ca-psaicina è noto da anni. In Cina si usava strofinareestratti di capsico sullo scroto degli eunuchi primadella castrazione. L’unguento che contiene estrattio tinture di capsico è usato esternamente, come re-vulsivo, per combattere dolori come lombagini e lanevralgia post-erpetica. La capsaicina, sommini-strata invece come aerosol, raggiunge la mucosa na-sale ed esercita effetti positivi sulla rinite vasomo-toria.

Studi recenti indicano che la capsaicina è in gra-do di legare specifici recettori di membrana, presentisui neuroni afferenti primari, i quali hanno un ruo-lo determinante nei fenomeni nocicettivi e nell’in-fiammazione neurogena. La desensibilizzazione ditali recettori (effetto antagonista) rappresenta un pro-

(-)-catinone

efedrinamescalina

capsaicina

Fig. 18.2 Alcaloidi fenilalchilaminici

H3CO

H3CO OH

HN –

CH3

CH3

NH2

OCH3

NH2

H3C OCH3

CH3

CH3

HO CH2-NH- C - (CH2)4 -CH = C - CH

O HO

CC

H

mettente approccio terapeutico per il controllo deldolore. L’uso della capsaicina, tuttavia, è limitato dalsuo effetto pungente; pertanto la ricerca farmaco-gnostica è indirizzata alla scoperta di nuove mole-cole con maggiori capacità desensibilizzanti e mi-nore effetto irritante. Attualmente sono stati identi-ficati quattro gruppi di composti ad alta affinità peri recettori della capsaicina (Fig. 18.3).

Il primo gruppo è ovviamente costituito dalla ca-psaicina e comprende altri composti strutturalmentesimili presenti nelle spezie come la piperina, il prin-cipio attivo del pepe nero (Piper nigrum) e lo zin-gerone, isolato dallo zenzero (Zingiber officinale).

Al secondo gruppo appartiene la resiniferatos-sina, isolata dal latice del cactus Euphorbia resini-fera (euforbio). Poiché la capsaicina e la resinife-ratossina condividono un gruppo vanillinico essen-ziale per l’attività biologica, questi composti ven-gono chiamati vanilloidi ed i recettori su cui essiagiscono recettori dei vanilloidi. Rispetto alla ca-psaicina, la resiniferatossina è potenzialmente unanalgesico migliore poiché è più potente e meno ir-ritante; sono in corso studi clinici che utilizzano la

resiniferatossina come analgesico in pazienti affet-ti da neuropatia diabetica.

Il terzo gruppo di sostanze naturali capaci di le-garsi con i recettori dei vanilloidi è costituito dalledialdeidi 1-4 insature, il cui composto principale èl’isovellerale, isolato dal fungo Lactarius velle-reus. Le dialdeidi 1-4 insature hanno proprietà pun-genti e, diversamente da capsacina e resiniferatos-sina, non possiedono il gruppo vanillinico all’in-terno della loro struttura chimica.

Una quarta classe di composti naturali è costi-tuita dai fenoli triterpenici il cui capostipite è rap-presentato dallo scutigerale, isolato dal fungo edu-le Albatrellus ovinus. Questo composto, a strutturanon-vanillinica, rappresenta il primo membro di unaclasse di composti non irritanti, ma capaci di lega-re i recettori dei vanilloidi.

Il catinone è presente nel khat, droga data dallefoglie di Catha edulis (Fam. Celastraceae), un ar-busto che cresce nell’Africa orientale e nella penisolaarabica. Il khat è comunemente masticato dalle po-polazioni di queste regioni. Il catinone, una sostan-za che ha una struttura e un’attività farmacologica

266 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

resiniferatossina

isovellerale scutigerale

Fig. 18.3 Struttura chimica dei principali ligandi dei recettori della capsaicina (recettori dei vanilloidi). È da notare chequesti composti, a differenza della capsaicina, non sono alcaloidi

O

O

O

O

CHO

CHO

OH

O

O

OH

CHO

HO

H

H

OH

HO

OCH3

Capitolo 18 • Alcaloidi 267

simile alle amfetamine, è un composto instabile. Du-rante l’essiccamento delle foglie il composto è tra-sformato dagli enzimi a catina (norpseudoefedrina)e norefedrina. Quest’ultima sostanza mostra solo unaparte dell’attività della droga di partenza. Ad es. neitopi il catinone è 7-10 volte più potente della catina,mostrando un più rapido inizio ed una più breve du-rata d’azione. Questo è dovuto alla più alta liposo-lubilità del catinone, che ne facilita il passaggio nelsistema nervoso centrale. Per far sì che conservi lasua potenza, il khat è spesso avvolto nelle foglie dibanana e mangiato fresco.

Il valore di mercato delle foglie di khat corri-sponde al loro contenuto di catinone. Il khat, se ma-sticato, provoca euforia, diminuzione del senso difatica, della stanchezza mentale e della fame. Gli ef-fetti collaterali più comuni includono ritenzione uri-naria, anoressia, costipazione e tossicità fetale. Lapianta è stata classificata dall’OMS tra le sostanzeche danno abuso.

L’efedrina ed il suo stereoisomero pseudoefe-drina, come l’analogo N-demetilato norefedrina ela norpseudoefedrina (catina), sono presenti in di-verse specie di Ephedra (E. sinica, E. equisetina, E.distachya, E. gerardiana, E. nebrodensis ecc.), (Fam.Ephedraceae) (Fig. 18.4). Sono suffrutici dioici al-ti dai 40 cm ai 2 m, diffusi in Cina, India, Europaed America. Recano foglie ridotte a scaglie e caulee rami striati longitudinalmente ed angolosi. La droga(parti aeree) viene raccolta in autunno, quando ilcontenuto in efedrina è massimo (0,8-1%). La droga(efedra = ma huang) può essere utile sotto forma diinfuso nell’asma bronchiale e di natura allergica, dasola o in associazione con lobelia e stramonio. Co-munque l’efedra viene utilizzata soprattutto perl’estrazione dell’efedrina. L’efedrina è un agonistasimpaticomimetico ad azione diretta (recettori a eb) ed indiretta (rilascio di noradrenalina); si com-porta da bronco dilatatore, decongestionante nasaleed anoressizzante. È anche uno stimolante del SNC,sebbene in misura minore rispetto all’amfetamina.La pseudoefedrina, avendo simili effetti farmaco-logici, è usata come decongestionante nasale. Ilcomposto ha un effetto non significativo sulla pres-sione sanguigna, mentre l’efedrina non dovrebbeessere usata in pazienti ipertesi. La pseudoefedrinadetermina anche una minore stimolazione del SNC.Entrambi i composti sono stati inclusi in passato inalcuni prodotti da banco (OTC).

La mescalina è il più importante alcaloide psi-chedelico presente nel peyote (Lophophora wil-liamsii) e nel più comune cactus di San Pedro (Tri-chocereus pachanoi) (Fam. Cactaceae), cactus checrescono in Messico e nel Sud-Ovest degli Stati

Uniti. Nel peyote sono presenti parecchi altri com-posti (analamina ecc.), ma sono tutti farmacologi-camente inattivi. Il peyote viene masticato o usatoper preparare tisane: in questo caso si utilizzano lesommità fiorite, essiccate. Il cactus di San Pedroviene invece tagliato in pezzi e mangiato fresco osecco. In genere viene assunto un equivalente di200-500 mg di mescalina. Sebbene la mescalina sia3000 volte meno potente dell’LSD, gli effetti psi-chedelici sono molto simili. Questi consistono in al-terazioni sensoriali e della percezione del tempo e in allucinazioni brillanti e colorate. Probabilmen-te la mescalina, come l’LSD, agisce sul recettore 5-HT2 della serotonina. Il composto può anche essere facilmente sintetizzato; questo comporta lapresenza della mescalina pura sul mercato (vedi anche Cap. M2).

Fig. 18.4 Ephedra sinica: pianta (a), rami (b)

a

b

Alcaloidi isochinolinici

Le strutture isochinoliniche sono tutte caratterizza-te da atomi di azoto non eterociclici. Comunque,l’azoto si può anche trovare sotto forma di base diSchiff, reagendo con un chetone o con un derivatoaldeidico appropriato. Poi la chiusura ad anello av-viene attraverso una condensazione di Mannich,che dà un alcaloide con un azoto eterociclico ed unastruttura basica isochinolinica. Quest’ultima può es-sere biosinteticamente modificata in altri derivatichimici. Gli alcaloidi isochinolinici si trovano inmolte famiglie di piante non correlate tra di loro.Tra queste i morfinani, rappresentati dagli alcaloi-di dell’oppio (morfina, codeina), sono le sostanzepiù utilizzate clinicamente.

Idraste

L’idraste è costituita dal rizoma e dalle radici diHydrastis canadensis L. (Fam. Ranunculaceae).Hydrastis dal greco idrÒ© = umido e ast‹ = indi-geno, allusione ai luoghi umidi dove alligna; cana -densis perché originaria del Canada; ranunculaceada ranunculus, ranocchio, perché come questo vivein luoghi ricchi di acqua. Nota agli indiani Cherokeegià prima della scoperta dell’America, veniva utiliz-zata per tingere le stoffe e come rimedio antiemor-ragico. Nel 1759 fu introdotta in Inghilterra da Mil-ler e nel 1883 gli studi di Schatz, ginecologo di Rostock, ne diffusero l’impiego in tutta l’Europa.Habitat. Originaria del Canada, vive spontanea ol-tre che in questa regione anche nel Nord America(Minnesota, Georgia, Carolina ecc.). Preferisce iterreni ricchi di detriti legnosi, umidi e acquitrino-si. È coltivata sia nel Nord America che in Europa.Comunque gran parte della droga commercializza-ta è ottenuta da piante coltivate in Arkansas e nel-l’area della Blu Ridge Mountain.Descrizione della pianta. È una pianta erbacea pe-renne, alta 15-40 cm, con due cauli pelosi, gialla-stri, ciascuno provvisto alla base di catafilli (fogliesquamose prive di clorofilla) ed in alto di un’am-pia foglia (o due, di cui una sessile, la superiore el’altra, inferiore, picciolata). Le foglie sono palma-to-lobate (5-7 lobi), palmatinervie, vellutate, a mar-gini dentellati. La pianta presenta un corto, nodosoe duro rizoma orizzontale, munito spesso di nume-rose radici lunghe e sottili (Fig. 18.5).Parti usate. Il rizoma e le radici.Raccolta e preparazione della droga. La raccolta sieffettua in autunno, al 3°-5° anno di vegetazione se

la pianta proviene da semi, al 2° anno se da rizomio getti. Il rizoma, sterrato e mondato dei germogli(le gemme terminali sono ripiantate), è lavato e sec-cato in luogo aerato, protetto dal sole e dalla ru-giada. La droga secca è tagliata in piccoli frammentied esportata in balle.Descrizione della droga. Il rizoma ha un aspettoquasi cilindrico, 4-5 cm di lunghezza e 2-10 mm didiametro, nodoso, rugoso, giallo-bruno, con cica-trici crateriformi nella faccia superiore (dei cauli) eresidui di esili radichette friabili nella faccia infe-riore. La droga può anche presentarsi in segmentiinarcati o tortuosi.

Le radici, le quali si originano sulle superficiventrale e laterale, nella droga commerciale sonorotte ad una distanza di circa un centimetro dal ri-zoma. La droga si rompe con una corta frattura, net-

268 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.5 Hydrastis canadensis: pianta (a), rizoma e radici (b)

a

b

Capitolo 18 • Alcaloidi 269

ta, liscia o cornea, che mostra un tessuto interno dicaratteristico colore giallo-zolfo. Ha un particolareodore ed un gusto amaro. Una sezione trasversaledel rizoma mostra una corteccia spessa e gialla, unanello legnoso diviso da larghi raggi midollari in10-30 cunei gialli ed al centro un midollo volumi-noso di colore giallo chiaro.Componenti principali. Gli alcaloidi idrastina (1,5-4%) (Fig. 18.6), berberina (0,5-6%) e canadina.Inoltre fitosterina, un olio etereo, resine, amido ecc.La berberina è solubile in acqua, mentre l’idrasti-na in cloroformio. I sali della berberina formano cri-stalli gialli.Proprietà ed impiego terapeutico. L’uso dell’idra-ste per controllare le emorragie uterine e comeamaro stomachico è empirico. Uno dei componentidell’idraste, la berberina, è anche presente in di-verse specie di Berberis come B. aquafolium (oMahonia), B. vulgaris e B. asiatica, nella specieCoptis (Ranunculaceae) e nell’Arcangelica flava(Menispermaceae).

Queste specie sono usate nella medicina tradi-zionale orientale nelle gastroenteriti, nella diarreaacuta e nella leishmaniosi dermica. Si è suppostoche l’attività antidiarroica della berberina sia dovutaai suoi effetti antimicrobici, spasmolitici ed antise-cretivi. La berberina causa anche vasodilatazioneche può portare ad ipotensione. La droga cinesehuang lian (rizoma di Coptis sinensis), che contie-ne berberina come costituente attivo, viene usataper il trattamento dell’ipertensione. Questa vasodi-latazione sembra che sia dovuta ad un blocco del ri-lascio di Ca2+ intracellulare dai depositi presenti nelmuscolo liscio vasale. Inoltre, l’effetto sembra di-pendere parzialmente dall’endotelio. L’attività an-tisecretiva ed ipotensiva della berberina può ancheessere la conseguenza di una sua parziale azione

agonista sui recettori a2-adrenergici. Inoltre, per laberberina è stata dimostrata un’attività antitumora-le nel topo. L’(+)-idrastina, presente anche in Cory-dalis stricta (Fumariaceae), è invece un potente antagonista selettivo dei recettori per il GABA.L’(–)-idrastina è, al contrario, inattiva.

Boldo

Il boldo è costituito dalle foglie di Peumus boldusMol. (o Boldoa fragrans) (Fam. Monimiaceae). Peu-mus: nome cileno della pianta; boldus da Boldo, bo-tanico spagnolo; fragrans dal profumo (di canfora)che la foglia di P. boldus esala quando viene sfrega-ta. L’uso del boldo nelle affezioni epatiche è inizia-to dopo la casuale scoperta in Cile che armenti af-fetti da disturbi epatici, sopravvivevano se mangia-vano boldo. L’uso del boldo è stato successivamen-te esteso alle affezioni urogenitali ed intestinali.Habitat. Originario del Sud America (Cile), è col-tivato in Europa ed in Africa (Marocco, Tunisia,Algeria).Descrizione della pianta. La pianta è un arbusto sem-preverde, cespuglioso, alto 5-8 m, con giovani ramisottili e scuri, con foglie opposte, brevemente pic-ciolate, con fiori bianco-giallastri riuniti in corimbi,(Fig. 18.7). Vive spontaneo nelle zone aride, colli-nose (o montagnose) del Cile e del Perù. È stato col-tivato con successo in diverse regioni mediterranee.Parti usate. Le foglie.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie pos-sono essere raccolte durante tutto l’anno, ma si pre-ferisce l’autunno. Le foglie raccolte si essiccano al-l’ombra; questo trasforma il colore verde origina-rio in grigio-verdastro o bruno-verdastro (invec-chiando la droga assume un colore marrone scuro).La droga in commercio deve contenere non più del7% di rami.Descrizione della droga. La foglia, brevementepicciolata, ha una lamina intera, ovale o ellittica,spessa, dura, coriacea, fragile. Sulla pagina supe-riore reca numerosi punti rialzati più chiari o gri-gio-biancastri, che rendono la droga ruvida al tatto(a lingua di gatto o a grattugia). La base e l’apicesono in genere arrotondati. La nervatura mediana èsporgente sulla faccia inferiore; le nervature latera-li sono crenate alla periferia. Osservata con una len-te si nota su ogni punto rialzato l’impianto di un pe-lo semplice o stellato. L’odore è aromatico, similea quello del chenopodio; il sapore è canforaceo,pungente, amarognolo.Componenti principali. Gli alcaloidi sono aporfi-noidi (0,5-3,0%) ed includono la boldina (Fig. 18.8),Fig. 18.6 Struttura chimica della idrastina

il principale costituente, la isoboldina, la isocoridi-na, la lauretanina; un olio volatile (2%) che contie-ne ascaridolo (16%), cineolo (16%), p-cimene(28%), terpinen-4-olo (2,6%), flavonoli ed i loroglucosidi. Altri costituenti sono cumarina (0,5%), re-sina, tannini. La boldina è presente anche in alcunespecie che appartengono alle famiglie delle Laura-ceae, Magnoliaceae, Monimiaceae ecc. La boldinaha mostrato un ottimo effetto antiossidante in espe-rimenti in vitro. Chimicamente correlata alla boldi-na è la glaucina [(S)-1, 2, 9, 10-tetrametossiaporfi-na], presente nelle parti aeree di Glaucium flavumCrantz (Fam. Papaveraceae). La glaucina, a diffe-renza della boldina, è un efficace antitussivo.Proprietà ed impiego terapeutico. Il boldo esercitaeffetti coleretici, diuretici, stomachici e colagoghi.L’attività diuretica è stata attribuita all’olio essen-ziale, mentre quella coleretica agli alcaloidi. Il bol-

do, associato a cascara, rabarbaro e genziana, è uti-le contro i disturbi epatobiliari, le dispepsie ed icrampi allo stomaco ed all’intestino. Il boldo, as-sociato alla cascara, fa aumentare il flusso biliaresenza alterare la composizione della bile.

Il boldo da solo si usa sotto forma di infuso (1,5-3 g). La dose media che provoca effetto coleretico èdi 3 g al giorno. Dosi eccessive o un uso prolunga-to possono causare irritazioni renali, per la presenzadell’olio volatile che contiene circa il 40% di asca-ridolo, un componente tossico. Per tali ragioni sisconsiglia l’uso eccessivo della droga, soprattutto ingravidanza. È sconsigliato anche l’olio di boldo, untempo usato contro la gonorrea ed i disturbi epatici.

Colchico

Il colchico è una droga data dal bulbo e dai semi diColchicum autumnale L. (Fam. Liliaceae). Colchi-cum, dal greco kolcikfin = da Colchide, un di-stretto de ll’Asia Minore, ad est del Mar Nero, ovela pianta fu dapprima notata; autumnale, perché lapianta fiorisce in autunno, quando è priva di foglie.

Noto agli antichi greci e romani per la sua tos-sicità e per la sua attività antigottosa, è stato inin-terrottamente usato fino agli anni ’70 in terapia; ol-tre ai tuberi sono stati utilizzati anche i semi. Lapianta cresce spontanea in diverse aree temperate(Europa centro-meridionale, Africa settentrionale,ecc). In Italia è diffusa nelle zone submontane emontane centro-settentrionali. Si tratta di un’erbabienne o perenne, provvista alla fioritura (ottobre)di un grosso bulbo (largo 5 cm), ovoide o pirifor-me con una faccia appiattita (dall’aspetto di unagrossa castagna), recante in basso un ciuffo di ra-dici (Fig. 18.9). Il bulbo, privo della tunica esterna,è di colore bianco e presenta un solco sulla facciaappiattita nel quale alloggia un cilindro bianco che

270 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.8 Struttura chimica della boldina

Fig. 18.7 Peumus boldus: particolare della pianta (a) efoglie (b)

a

b

Capitolo 18 • Alcaloidi 271

in alto si libera (fusticino), si ricopre di squame etermina con fiori (2-6) solitari di colore lilla-rosa-to. I bulbi si raccolgono in estate, prima della fio-ritura; sono mondati, privati della tunica squamosae del cilindro centrale (fusticino) ed essiccati al so-le o in stufe a modica temperatura, interi o affetta-ti. La frattura è breve, farinosa e mostra un tessutobianco, spugnoso. L’odore è nullo, il sapore primadolciastro, poi amaro. I semi, sferici-piriformi, du-ri (ne è difficile la polverizzazione), bruni o rosso-bruni, zigrinati all’esterno, si raccolgono in estate,quando i frutti sono maturi. Una volta seccati i frut-ti deiscono e liberano i semi che, raccolti median-te setacciatura, vengono conservati in recipienti benchiusi per non più di un anno. Il colchico contienecolchicina (0,4-0,5%) (Fig. 18.10), colchicoresine,olio grasso (6-17%), zuccheri (5%), amido, proti-di, tannini (in tracce).

La droga è stata utilizzata come antigottoso ed an-tinevralgico, sotto forma di estratto fluido (titolo

0,35% di colchicina) (1-6 gtt 2-3 volte al giorno) odi tintura al 10% (10-30 gtt 2-3 volte nella giornata).

Oggigiorno la droga grezza così come il caule so-no usati per l’estrazione della colchicina. Per la pri-ma volta l’alcaloide fu isolato nel 1820. Il compostoè caratterizzato da un anello aromatico, da un anel-lo eptamero e dal tropolone, mentre l’atomo d’azoto,che è debolmente alcalino, è esociclico. La colchici-na, come composto puro, è usata contro la gotta, unamalattia caratterizzata da episodi acuti e ricorrenti diartrite, associati con la presenza di cristalli di uratonel liquido sinoviale ed in alcuni casi dalla presenzadi depositi di urati nelle articolazioni. Provoca unadrastica remissione dell’attacco acuto di gotta e, setempestivamente assunta, lo previene. La colchicinariduce l’attività e la capacità migratoria dei neutro-fili nell’area infiammata riducendo la successiva li-berazione di acido lattico e di enzimi lisosomiali. Ri-duce inoltre il release di istamina e di altri autacoi-di flogogeni e controlla la produzione nei neutrofilidi una glicoproteina infiammatoria dopo la fagoci-tosi dei cristalli di urato senza però interferire con ilivelli plasmatici di acido urico. La colchicina non èsolo un antiflogistico, è anche un antimitotico; è in-fatti capace di legare le proteine dei microtubuli in-terferendo con la formazione dei fusi mitotici. Que-sto provoca depolimerizzazione e scomparsa dei mi-crotubuli nei granulociti ed in altre cellule che mi-grano nel focolaio infiammatorio.

La colchicina è, comunque, molto tossica ed iltrattamento della gotta deve essere fatto con accor-tezza. Come agente antimitotico, il composto è an-che ampiamente usato sperimentalmente nella ci-togenetica, soprattutto per la produzione di piantepoliploidi. Come inibitore della divisione cellularenon trova invece una pratica applicazione come an-titumorale perché tossica. Un più ampio margine disicurezza possiede la demecolcina, un prodotto delsuo metabolismo, usata contro la leucemia mielo-genica cronica ed il linfoma maligno.

Fig. 18.10 Struttura chimica della colchicina

Fig. 18.9 Colchicum autumnale: pianta e foglie (a); semi (b)

a

b

Curaro

Il curaro è il succo concentrato estratto dalle cor-tecce e dalle radici di piante dei generi Chondro-dendron (C. tomentosum Ruiz e Pavon) (Fam. Me-nispermaceae), Strychnos (S. castelnaeana Wed., S. toxifera Bent., S. crevanxii G. Planch.) (Fam. Lo-ganiaceae), Curarea (C. toxicofera (Wedd.) Barn. etKruk., C. candicans (Rich.) Barn. et Kruk.) (Fam.Menispermaceae), Virola (V. elongada (Benth) War.,V. calaphylloidea Markg., V. calophylla (Spruce)War. (Fam. Myristicaceae) ecc.Il termine curaro deriva da urari o woorari, parolaindiana che significa veleno. Gli animali colpiti dal-le frecce avvelenate (Fig. 18.11) con il curaro ca-dono paralizzati e dopo pochi minuti muoiono perparalisi respiratoria. La carne dell’animale uccisocon il curaro può essere consumata senza rischio diintossicazione perché il veleno viene assorbito inminima parte per os ed eliminato rapidamente.

Le prime notizie sul curaro giunsero in Europanel 1516, grazie a Pietro martire d’Anghera che locitò in alcune lettere dirette a Giovanni de’ Medi-ci. Nel 1781 Felice Fontana descrisse le principaliproprietà biologiche del curaro nel trattato sul ve-leno americano. Comunque la composizione delcuraro fu a lungo circondata dal più grande miste-ro perché gli Indi del Rio delle Amazzoni e del-l’Orinoco, i principali preparatori di questo veleno,la tennero gelosamente segreta. Nonostante la di-versità delle piante usate (Menispermaceae, Loga-niaceae, Myristicaceae, Piperaceae, Rubiaceae), ilmetodo di preparazione è basato, nella maggiorparte dei casi, sulla lenta ebollizione di cortecce eradici giovani, con aggiunta di tanto in tanto di ma-cerati ed infusi vegetali diversi (Fig. 18.12). Il pro-dotto finale è una massa vischiosa e nerastra, dal-l’aspetto piceo, dal sapore amaro e dall’odore em-

pireumatico. Parzialmente solubile in acqua dà unliquido rosso scuro. Un altro metodo di prepara-zione semplice e rapido, praticato dagli Yanoamadell’Alto Orinoco, consiste in una torrefazione, seguita da percolazione, di frammenti di corteccee radici di piante del genere Strychnos e Chondro-dendron.

I diversi tipi di curaro sono stati classificati nelpassato, a seconda del contenitore utilizzato per laconservazione, in: calabassocuraro (zucca vuota),tubocuraro (tubo di bambù) e vasocuraro (vasod’argilla) (Fig. 18.13). Oggigiorno i curari sono im-portati in recipienti di stagno che contengono cir-ca 1 kg di prodotto e classificati secondo la com-posizione chimica in: curari delle Menispermaceae(alcaloidi di tipo isochinolinico) e curari delle Lo-ganiaceae (di tipo indolico). Un’altra classifica-zione proposta è quella che tiene conto dei meto-di di preparazione: curari di ebollizione e curari ditorrefazione e percolazione. Nel passato, con l’ar-rivo dei primi campioni di curaro, furono più vol-te tentate in Europa applicazioni terapeutiche delcuraro, soprattutto negli stati spastici della musco-latura (tetano, Parkinson). Il primo vero uso si eb-be però nel 1912 da parte di Lawen (Leipzig) cheusò il curaro durante un intervento di chirurgia ad-dominale. La somministrazione sistematica del

272 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.11 Faretra con frecce avvelenate (per cerbottana)con curaro (E. Biocca)

Fig. 18.12 Preparazione del curaro presso gli aborigeni(E. Biocca)

Capitolo 18 • Alcaloidi 273

curaro fu praticata invece a Montreal nel 1942 daGriffith e Johnson. Da allora, l’uso del curaro e disostanze curaro-simili ha notevolmente cambiato letecniche anestetiche e si è potuta somministrareuna minore dose di anestetico generale. La com-posizione chimica dei costituenti farmacologica-mente attivi dei curari delle Menispermaceae dif-ferisce da quella presente nei curari delle Loga-niaceae. Nel primo caso, gli alcaloidi presenti so-no derivati isochinolinici. Un esempio è la (+)- tu-bocurarina (Fig. 18.14). I secondi contengono prin-cipalmente dimeri del tipo stricnina (C-toxiferinaI) ed hanno una struttura indolica che origina daltriptofano. Entrambi i gruppi di costituenti, co-munque, hanno la stessa attività farmacologica,cioè un’azione antagonista non depolarizzante sulrecettore nicotinico localizzato sulle placche neu-romuscolari del muscolo scheletrico. Come conse-guenza di questo blocco neuromuscolare, il mu-scolo scheletrico si paralizza. La paralisi è pro-gressiva: l’azione paralizzante interessa inizial-mente prima i muscoli brevi del capo e del collo,poi i muscoli brevi degli arti, quindi i muscoli lunghi degli arti, i muscoli intercostali ed infine il

diaframma. Tutti i componenti attivi del curaro so-no grosse molecole rigide e presentano almeno ungruppo aminico quaternario. La natura cationica diquesti composti impedisce che siano assorbiti daltratto gastrointestinale; questo spiega perché gli ani-mali cacciati con le frecce velenose potevano esse-re mangiati. I curari si utilizzano in campo aneste-siologico come coadiuvanti nell’anestesia genera-le, per ottenere un completo rilassamento muscola-re durante gli interventi chirurgici. Il curaro cometale non è usato per l’incostanza della sua compo-sizione. Trovano invece impiego in ambito ospe-daliero alcuni derivati di sintesi come l’atracurio(Acuremil®, Atracurium® ecc.) ed il paneuronio(Pavulon®). Questi prodotti devono essere conser-vati in armadio chiuso a chiave (FU, Tabella 3).

Ipecacuana

L’ipecacuana è data dalle radici di Cephaelis acu-minata (Karsten), di C. ipecacuana (Brot.) Tussae(Fam. Rubiaceae) o da entrambe. Le droghe corri-spondenti sono note in commercio con il nome diipecacuana di Costa Rica (o Cartagena) e del Ma-to Grosso (o di Rio o brasiliana) rispettivamente.

Cephaelis deriva da due parole greche, (keÆal‹+ eÖdo©) che significano testa + aspetto (somi-glianza), per le infiorescenze che assomigliano aicapolini; ipecacuana è un termine portoghese e si-gnifica pianta erbacea che provoca nausea e vomi-to; acuminata per gli apici acuminati delle foglie;rubiacea da rubens, a tipo di rovo, o da ruber, ros-so, in riferimento al colore delle radici.

La droga è stata usata come repellente contro gliinsetti e come amebicida dagli indigeni del SudAmerica. Fu citata per la prima volta come espet-torante ed antiemorroidaria dal monaco portoghe-se Tristan (1570-1600). Fu introdotta in Europa dal

Fig. 18.13 Recipienti usati per la conservazione del curaro: calabasso (a), vaso (b) e tubo (c) (E. Biocca)

a

cb

CH3H3C

OCH3

OH

H CH3

OCH3

OH

O

ON

N

+

+

Fig. 18.14 Struttura chimica della tubocurarina

medico francese Le Gras nel 1672 e dal 1690 fu im-piegata in medicina.Habitat. C. ipecacuana cresce in Brasile ed in par-ticolare nella foresta umida del Mato Grosso e delMinas Garaes; è coltivata in Malesia, Burma, Indiae Bengala dell’ovest. C. acuminata cresce nel Norddella Colombia, in Nicaragua ed in Panama.Descrizione della pianta. Le piante sono arbusti pe-renni, con breve rizoma e con radici fibrose, con fu-sto eretto (alto 30-50 cm), quadrangolare, con fo-glie opposte, lanceolate, a margine intero, breve-mente picciolate e di colore verde intenso, con fio-ri bianchi riuniti in cime e come frutto una drupaviolacea (Fig. 18.15).Parti usate. Le radici, usate per le preparazioni ga-leniche e per l’estrazione di emetina.Raccolta e preparazione della droga. La droga è rac-colta tutto l’anno, ma in particolare durante la sta-gione delle piogge (gennaio-marzo), quando il ter-reno, reso soffice dalla pioggia, consente di estrar-re le radici lasciando in situ il rizoma e la pianta che

l’anno successivo darà altre radici. Si preferisconopiante di 3-4 anni di età. Il raccoglitore, usando unbastone appuntito, sradica la pianta dal terreno e, do-po aver rimosso le radici, la ripone nel terreno, do-ve normalmente vive, per produrre nuove radici.Queste sono mondate, private di radichette, lavateed essiccate al sole per alcuni giorni. Quindi si ri-ducono in pezzi e si imballano per la spedizione.Descrizione della droga. La droga è costituita da pez-zi contorti lunghi fino a 15 cm e con 6 mm di dia-metro. Il colore della superficie esterna varia dal bru-no-chiaro al bruno-nerastro; questo dipende dal tipodi suolo in cui la pianta è cresciuta. Le radici sonocontorte, marcatamente anellate (i solchi tra anelloed anello possono presentarsi come spaccature cheraggiungono il legno); data la facilità con la quale lacorteccia si stacca dal legno si possono osservare trat-ti nudi di quest’ultimo, bianco e filiforme.

La radice presenta una frattura breve, compattae mostra una corteccia spessa ed un legno piccoloe denso. La droga ha uno scarso odore, ma è irri-tante quando è in polvere, ed ha un gusto amaro. Leprincipali differenze tra l’ipecacuana di Cartagenae di Rio sono elencate nella Tabella 18.1.

Una sezione trasversale della radice mostra unsughero sottile e marrone, le cui cellule contengonoun materiale bruno e granulare. Tra questi all’inter-no c’è la corteccia secondaria (felloderma) le cui cel-lule sono parenchimatiche e contengono granuli(15-20 mm di diametro) e cristalli di ossalato di cal-cio. Al centro lo xilema è composto da piccoli vasitracheidali, tracheidi, fibre e parenchima xilematico.Componenti principali. Contiene gli alcaloidi emeti -na, cefelina (Fig. 18.16), psicotrina, ematamina ecc.La droga contiene anche ipecoside (un glucosideisochinolinico) ipecacuanina (un tannino glucosi-dico cristallino), amido e ossalato di calcio. L’ipe-cacuana di Costa Rica (o Cartagena) ha un conte-nuto di alcaloidi totale che raggiunge il 2,0-2,5% e

274 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.15 Cephaelis ipecacuanha: pianta intera (a) e radi-ci (b)

a b

Tabella 18.1 Differenze tra l’ipecacuana di Cartagena (C. acuminata) e di Rio (C. ipecacuanha)

Caratteristiche Ipecacuana di

Cartagena o di Costa Rica Rio o del Mato Grosso

Grandezza della radiceDiametro 5-6 mm 2-4 mm

Aspetto della radiceTortuosità meno tortuosa più tortuosaRigonfiamenti circolari più regolari e meno marcati irregolari e profondi

Colore bruno chiaro bruno nerastro

Componenti chimiciAlcaloidi-totali 2,0-2,5% > 2%

Rapporto emetina/cefelina emetina < cefelina emetina > cefelina

Capitolo 18 • Alcaloidi 275

il rapporto tra emetina e cefelina è di 1:2. Nell’ipe -cacuana del Mato Grosso il contenuto di alcaloiditotali è superiore al 2% ed il rapporto tra emetina ecefelina è 2:1. L’emetina viene così identificata: simiscelano 0,5 g della droga in polvere con 20 ml diacido cloridrico e 5 ml di acqua; si filtrano e a 2 mldi filtrato si aggiungono 0,01 g di cloruro di potas-sio; in presenza di emetina apparirà un colore gial-lo che, lasciato riposare per 1 ora, cambierà gra-dualmente in rosso.Proprietà ed impiego terapeutico. L’ipecacuanapossiede azione emetica, espettorante ed antiame-bica. La cefelina ha più azione emetica che nonespettorante ed antiamebica, al contrario dell’eme-tina. L’effetto emetico della cefelina e dell’emeti-na consegue all’azione irritante locale di questi al-caloidi sull’intero tratto gastrointestinale e sullaChemoreceptor Trigger Zone (CTZ).

L’azione emetica dell’ipecacuana è molto piùlenta dei singoli alcaloidi purificati, per la contem-poranea presenza nella droga di tannini ed antra-chinoni che, sebbene con meccanismo diverso, ri-ducono l’assorbimento intestinale degli alcaloidi.Come emetico si usa ancora oggi lo sciroppo di ipe-cacuana nei centri antiveleno; questo si prepara uti-lizzando 14 ml di estratto fluido di ipecacuana, 20ml di glicerina e sciroppo semplice qb a 500 ml. Ladose usuale negli adulti è di 30 ml, seguita da 1-2bicchieri di acqua.

Nalla FU XII (p. 1196) è riportato, comunque,lo sciroppo emetico di ipecacuana che ha la se-guente composizione:

ipecacuana estratto fluido g 70acido cloridrico ml 2,5glicerolo ml 100saccarosio g 500acqua depurata qb a ml 1000Gli alcaloidi totali, espressi come emetina, de-

vono essere non meno dello 0,13% m/V e non più

dello 0,14% m/V. Lo sciroppo emetico di ipecacua-na è obbligatorio in farmacia (FU XII, Tabella 2).

L’ipecacuana, inoltre, aumenta e fluidifica la se-crezione bronchiale e pertanto può essere usata co-me espettorante, sotto forma di infuso all’1%, di tin-tura o di sciroppo. L’uso dell’ipecacuana, e soprat-tutto dell’emetina o del cloridrato di emetina, comeamebicida, per il trattamento della dissenteria ame-bica (una malattia tropicale causata dal protozooEntamoeba histolytica), della piorrea alveolare e dialtre malattie amebiche, è stato largamente abban-donato poiché oggigiorno sono utilizzati prodottifarmaceutici di sintesi più sicuri. Infatti l’emetinasi accumula nell’organismo e può causare effetti le-tali (tossicità cardiaca). Questo può essere messo inrelazione al fatto che il composto, agendo sulla su-bunità ribosomiale 40S, esercita una potente inibi-zione della sintesi proteica.

Oppio

L’oppio è un latice condensato ottenuto per inci-sione delle capsule immature di Papaver somnife-rum var. album L., (Fam. Papaveraceae). Il termi-ne oppio deriva dalla parola greca opfi©, cioè suc-co della pianta; papaver, forse dal latino pappa, consignificato di alimento per nutrire e far addormen-tare i bambini; somnus + ferre, sonno + portare,perché l’oppio induce il sonno; album, bianco per-ché ha semi bianchi. Oltre al P. somniferum var. al-bum ricordiamo le var. nigrum e glabrum (papave-ro nero) e la var. setigerum. Sembra che le proprietàsedative ed analgesiche dell’oppio fossero già no-te e sfruttate dagli antichi egizi che preparavano aTebe sia l’opfi©, il latice delle capsule, che il mhcÒ-nion, un estratto della pianta intera. Queste prepa-razioni furono impiegate dai greci e dai latini; si dif-fusero poi nell’Asia Minore, in Persia e poi in Ci-na, India ed Estremo Oriente. Ricettari e Farmaco-pee riportano sia le capsule che l’oppio, il cui usoè arrivato fino ai nostri giorni.Habitat. La pianta è probabilmente originaria del-le regioni nord-orientali del Mediterraneo, dovel’oppio fu prodotto inizialmente. Oggi è coltivata inmolti Paesi del mondo. Il P. somniferum var. albumè coltivato in India; la var.glabrum in Turchia; lavar. nigrum in Europa; la var. setigerum nel sud del-l’Europa. Il P. somniferum può anche crescere inPaesi più freddi come la Russia e la Scandinavia.La coltivazione del papavero per la produzione del-l’oppio e dei suoi alcaloidi è controllata dall’Inter-national Narcotics Control Board of the United Nations. La Turchia, l’Iran, la Jugoslavia e l’India

N

H H

H H

HNOCH3

OR

CH3O

CH3O

R – H cefelinaR – CH3 emetina

Fig. 18.16 Struttura chimica di alcuni alcaloidi dell’ipeca-cuana

sono stati importanti produttori di oppio, ma at-tualmente la pianta è coltivata soprattutto per la pro-duzione degli alcaloidi morfina, codeina e papave-rina. Oggi in molti Paesi c’è una produzione ille-gale di oppio, in particolare nella cosiddetta regio-ne del triangolo d’oro (Birmania, Thailandia, Laos)e della falce d’oro (Pakistan, Afganistan ed India).L’oppio è prodotto anche in Cina ed in Corea, do-ve è utilizzato nella medicina tradizionale.Descrizione della pianta. Si tratta di una pianta er-bacea annua, alta circa 1-1,5 m, di odore sgrade-vole, glabra. Il fusto è eretto, robusto, cilindrico,semplice o poco ramificato, verde-glauco, con fo-glie alterne, sessili, amplessicauli, ovate oblunghe,acuminate all’apice, a margini incisi in lobi irrego-lari, ondulati e dentati, con fiori solitari bianchi efrutti a capsula ovoide del tutto indeiscente. Fiori-sce in febbraio-marzo, fruttifica in giugno-luglio.La var. nigrum si differenzia perché è meno alta(50-80 cm), più ramificata, ed inoltre per il coloredei fiori (rosei, rosso-purpurei o violacei) e per lecapsule che a maturità si aprono permettendo lafuoriuscita di semi neri. La var. setigerum presen-ta invece foglie pelose e capsule che si aprono spon-taneamente. Ogni pianta porta da 5 a 8 capsule, diforma ovoidale (Fig. 18.17). La capsula ha all’api-ce un disco a scudo, formato dall’unione radiale de-gli stimmi. La capsula è fissata allo stelo da un pen-ducolo che termina con un rigonfiamento anulare.La capsula contiene numerosi semi reniformi, bian-chi, neri o giallastri, con dimensioni da 0,5 a 1 mmdi diametro e reticolati. Essi hanno un ilo giallastro,un endosperma bianco ed un embrione ricurvo. Èdurante la formazione dei semi che la pianta pro-duce morfina; quest’alcaloide si ritrova in ogni par-te della pianta, fatta eccezione dei semi.Parti usate. Le capsule, usate per l’estrazione del-l’oppio.Raccolta e preparazione della droga. Quando lecapsule sono di circa 4 cm di diametro ed il colo-re sta cambiando da verde a giallo sono allora pron-te per la raccolta del latice. Vengono incise con uncoltello a lamina multipla ed il taglio (o i tagli) puòessere fatto lungo la circonferenza della capsula overticalmente. All’inizio, un unico taglio è suffi-ciente perchè il latice è ancora fluido, i vasi latici-feri sono tutti collegati e la pressione è massima al-l’interno di questi condotti. Il taglio non deve pe-netrare nella parte interna della capsula, altrimen-ti il latice si perderà. Quando si compie il taglio, illatice, che subito fuoriesce, è molto liquido e nondeve essere raccolto.

Il latice, che è bianco, rapidamente si rappren-de all’aria e diventa brunastro. Il taglio si fa tra

mezzogiorno e sera; il giorno seguente l’oppio viene raschiato con un arnese speciale (una spa-tola di ferro o un coltello umettato di olio) primache il calore lo renda duro. Ogni capsula può es-sere incisa 8-10 volte. Per otterene 1 kg di oppiosono necessarie circa 20.000 capsule. Durante laraccolta, il clima dovrebbe essere secco e caldo.La pioggia nel periodo tra il taglio e la raccoltadell’oppio ne rovinerà la raccolta. Man mano chesi raccoglie il latice, si formano prima dei piccoliammassi, poi delle focacce che si essiccano all’a-ria (il contenuto di acqua si riduce del 20%). Dopo1-2 mesi dalla raccolta, al prodotto viene data la

276 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.17 Papaver somniferum: pianta (particolare delfiore) (a) e capsule (b); raccoglitore di oppio (c)

b

a

c

Capitolo 18 • Alcaloidi 277

forma commerciale definitiva, avvolto nelle fogliedi papavero ed essiccato all’ombra. I pani sonosuccessivamente spolverati con frutti di Rumexprima di essere imballati. Un tempo si preparava-no pani del peso di 200-700 g, di solito tondeg-gianti; oggi si tende a preparare pezzi variabili aseconda della provenienza (Tabella 18.2). Di re-cente sono stati sviluppati dei processi di estra-zione della morfina e degli altri alcaloidi sia dal-le capsule mature triturate che dalle foglie di pa-pavero, ottenute dagli steli essiccati.Descrizione della droga. L’oppio è di colore mar-rone-verdastro o grigio-oliva. È più o meno plasti-co quando è fresco e diventa duro e fragile quandoè conservato. Internamente è grossolanamente gra-nulare o quasi liscio, di un marrone rossastro. Difrequente presenta aree chiare e lucenti. L’oppio haun odore forte, molto caratteristico e il suo saporeè amaro. Esaminato al microscopio non deve con-tenere granuli di amido, né cristalli di ossalato, masolo ammassi residui di foglie e frammenti della pa-rete delle capsule. L’oppio richiede un’accorta pre-parazione (essiccamento a 100 °C) e immagazzi-namento (in anaerobiosi) se il contenuto di morfi-na deve essere mantenuto costante. La perdita dimorfina è attribuita ad una perossidasi detta oppiasi.

Componenti principali. Nell’oppio sono presen-ti circa 40 alcaloidi; inoltre flavonoidi (kaempfe-rolo), antocianidine (pelargonidina), acidi aro-matici (caffeico, ferulico ecc.), tannini, sali mi-nerali, resine, gomme, enzimi (catalasi, perossi-dasi ecc.). Gli alcaloidi più importanti vengonoraggruppati, in base alla loro struttura chimica, infenantrenici e benzilisochinolinici (Tabella 18.3e Fig. 18.18). La morfina fu il primo alcaloide adessere isolato e descritto nel 1806 da un farma-cista tedesco ventiduenne (Serturner). Altri alca-loidi sono la narceina, la protopina, la laudanina,la laudanosina, la codeina, la criptopina, la lan-topina e la meconidina. L’oppio contiene anchel’acido meconico (3-5%), che può essere libero olegato alla morfina e ad altri alcaloidi. Esso for-ma cristalli rombici che sono solubili in acqua edin alcol. Grazie alla presenza di acido meconicol’oppio colora di rosso una soluzione di cloruroferrico che persiste anche dopo aggiunta di acidocloridrico diluito. Questa reazione è stata sfruttataper lungo tempo per evidenziare un’eventualepresenza di oppio. Ora si suppone che alcune spe-cie di Papaver che non producono morfina, maaltri morfinani, possano ugualmente contenerequest’acido.

Tabella 18.2 Varietà di oppio

Oppio Forma Peso % di morfina

Turco Cubi 2 kg 12-15%(o di Smirne) (10-13 cm di lato)

Jugoslavo Piatti o ovoidi 0,2 kg 16-17%(o serbo o di Salonicco)

Indiano Squadrati 5 kg 8-13%(o di Benares) (avvolti in carta bianca cerata)

Persiano Bastoncini 0,3 kg 5-10%(10 cm lunghi ed avvolti in carta rossa)

Egiziano Masse tonde Diverso peso 3-7%(o Tebaico) (8-10 cm di diametro)

Cinese Diversa forma Diverso peso 3-5%

Tabella 18.3 Contenuto medio dei principali alcaloidi presenti nell’oppio

Tipo Alcaloide Contenuto %

Fenantrenico Morfina 4-21(analgesico-narcotici; agiscono sul SNC ed il loro Codeina 0,8-2,5uso prolungato dà luogo alla farmacodipendenza) Tebaina 0,5-2,5

Benzilisochinolinico Papaverina 0,5-2,5(miorilassanti; non provocano farmacodipendenza) Noscapina 4-8

Narceina 0,05-0,2

Gli alcaloidi fenantrenici, congiuntamente ai loro derivati e succedanei semisintetici e sintetici vengono chiamati oppiacei; oppioidi sonoinvece chiamati i peptidi endogeni di cui gli oppiacei imitano l’azione

Proprietà ed impiego terapeutico. L’oppio pos-siede proprietà analgesiche e narcotiche, comed’altronde la morfina, il suo principale e più ab-bondante componente attivo. Tuttavia la sua azio-ne analgesico-narcotica non può essere identica a quella della morfina, sia per la presenza di altricomposti con azioni che si sovrappongono ed in-terferiscono con quelle della morfina, sia perchégli alcaloidi sono presenti nell’oppio sotto formadi sali poco solubili. In particolare, alcuni com-ponenti (codeina, laudanosina) migliorano l’azio-ne centrale della morfina (sedativa), mentre altri(papaverina, kaempferolo) migliorano quella an-tidiarroica. Così pure la laudanosina ostacola l’ef-fetto miotico della morfina causando midriasi,mentre la criptopina ne ostacola l’effetto depri-mente sul centro del respiro eccitandolo. A livello

oculare ci sono alcuni alcaloidi (tebaina, criptopi-na e protopina) che riducono la pressione intrao-culare, mentre altri (narcotina) la incrementano.L’oppio è stato utilizzato per le sue proprietà anal-gesiche ed antidiarroiche in polvere (oppio croca-to), sotto forma di tintura (1% morfina), sciroppo(1% morfina), ecc. La tintura di laudano (oppiocrocato) e lo sciroppo di morfina (Tabella 18.4) so-no risultati utili nel controllo della diarrea di va-ria eziologia e dopo interventi chirurgici alla re-gione anorettale (ragadi, polipi anali, emorroidi).Oggi si ricorre all’impiego di alcaloidi naturali oderivati di sintesi:– la morfina (da Morfeo, dio greco del sonno) si

usa in terapia come analgesico in caso di do-lori profondi (carcinoma) e come costipante(emorroidectomia, asportazione di polipi ana-li, ragadi anali). Come tutti gli oppiacei è eufo-rizzante (effetto narcotico); inoltre deprime ilcentro del respiro (fino a paralisi respiratoriaper sovradosaggio), provoca nausea e vomito(effetto emetico), riduce il flusso urinario ecausa prurito;

– la codeina si usa come bechico perché produceun effetto antitussivo a dosi che non evocanouna significativa analgesia (possiede solo il 20%della potenza analgesica della morfina). Anchese potenzialmente basso, rimane per la codeina(e per il diidrocodeinone) il pericolo di una far-macodipendenza (il rischio è molto alto per lamorfina);

– la papaverina è un miorilassante. In passato èstata usata per aumentare il flusso ematico ce-rebrale nei pazienti con insufficienza cerebra-le. Inoltre è efficace contro gli spasmi intesti-nali ed è stata utilizzata nella terapia farma-cologica dell’impotenza (deficit dell’erezio-ne). Iniettata all’interno dei corpi cavernosidetermina un rilassamento delle fibre musco-lari lisce a cui fa seguito una vasodilatazionecon conseguente erezione con tumescenza e ri-gidità appropriate (oggi non viene più utiliz-zata);

278 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 18.4 Preparazione dell’oppio crocato e dello sciroppo di morfina

Oppio crocato Sciroppo di morfina

Oppio polvere grossolana 15 g Morfina cloridrato 3,2 gZafferano 5 g Alcol 95° 60 mlCannella 1 g Sciroppo semplice 100 mlGarofano (chiodi di) 1 g Zafferano tintura 30 gttAlcol a 60° 70 g Acqua qb a 320 mlAcqua 70 g

R = H morfina, R = CH3 codeina

papaverina

Fig. 18.18 Struttura chimica dei principali alcaloidi del-l’oppio

Capitolo 18 • Alcaloidi 279

– il metadone è uno dei più importanti analoghi disintesi. Poiché provoca, rispetto alla morfina,una dipendenza psichica meno forte ed una sin-drome di astinenza meno grave (eliminazionelenta), è stato utilizzato nel trattamento della far-macodipendenza da oppiacei;

– la loperamide è un succedaneo di sintesi dellamorfina. Occupa i recettori degli oppiacei a li-vello intestinale, con una penetrazione nel cer-vello molto scarsa: trova pertanto applicazionecome antidiarroico.I semi di papavero vengono pressati per ottene-

re olio (usato in alcune formulazioni e per condirecibo ed insalata) e la pasta residua serve da alimentoper il bestiame.

Alcaloidi indolici

Il triptofano è il precursore di un gruppo molto am-pio di alcaloidi che vanno da semplici derivati del-la triptamina ai più complessi derivati monoterpe-nici. In molti esempi l’azoto che è contenuto nel-l’anello indolico (2-3 benzopirrolo) del triptofanoè ancora presente nella struttura finale, anche se ilprecursore è passato attraverso un’ampia serie dimodificazioni biosintetiche.

Questi composti, classificati come alcaloidi in-dolici, sono numerosi e con diverse e moltepliciazioni biologiche. Sono stati estratti da diversepiante appartenenti alle famiglie delle Apocinaceae,Rubiaceae, Leguminosae, Loganiaceae e da funghidelle Clavicipitaceae. Alcaloidi indolici sono la re-serpina, la vinblastina, la fisostigmina, l’ergotami-

na, la yoimbina, la stricnina e la brucina. Questi ul-timi due alcaloidi, estratti dalla noce vomica, con-tengono anche un nucleo chinolinico; pertanto al-cuni Autori preferiscono classificarli come alcaloi-di chinolinici.

Rauvolfia

La rauvolfia è la radice di Rauvolfia serpentina (Lin-neo) Bentham (Fam. Apocinaceae), un piccolo ar-busto (1 m di altezza) originario dell’India e dei Pae-si confinanti, dove preparazioni della droga grezzasono state usate per secoli per curare una grande va-rietà di malattie, che vanno dal morso di serpente aidisturbi neuropsichiatrici. Fu chiamata Rauvolfia, inonore di Leonhard Rauwolf, un botanico tedescovissuto durante il XVI secolo; il termine serpentinasi riferisce invece alle lunghe radici della pianta, si-mili ad un serpente (secondo altri perché ritenuta ef-ficace contro il veleno dei serpenti). Ci sono più di100 specie di Rauvolfia e la stessa R. serpentina con-tiene almeno 50 alcaloidi. Comunque la reserpina èstato il composto più studiato ed usato e nessun al-caloide della Rauvolfia differisce qualitativamenteda questo nelle proprietà farmacologiche e terapeu-tiche (Fig. 18.19). Gran parte dell’interesse per la re-serpina è legato ai suoi effetti ipotensivi; provoca de-plezione della noradrenalina nei neuroni adrenergi-ci e a livello centrale. Gli effetti sedativi e tranquil-lanti sono dovuti alla deplezione delle amine nelSNC. Oggigiorno sia la droga che gli alcaloidi puridella rauvolfia non sono consigliati in medicina per-ché il loro uso può essere causa di affaticamento ede pressione mentale. È stato anche riportato un pos -

Fig. 18.19 Struttura chimica della reserpina

sibile coinvolgimento degli alcaloidi della rauvolfianel cancro al seno come promotori del processo car-cinogenico. Comunque la reserpina è stata il primorimedio efficace contro la psicosi ed ha rivoluzio-nato il trattamento dei disturbi mentali.

Fava del Calabar

La fava del Calabar è il seme di Physostigma ve-nenosum Bal. (Fam. Fabaceae), una pianta rampi-cante, perenne, legnosa, lunga 15 m, che cresce sul-le sponde dei corsi d’acqua nell’Africa occidenta-le, in particolare lungo la costa del Golfo di Gui-nea. Il frutto è un legume lungo circa 15 cm, con-tenente da 1 a 3 semi reniformi, i quali sono lunghi2-3 cm (Fig. 18.20).

Il termine Physostigma è greco (ÆÜsa + st›gma)ed indica uno stimma gonfio (simile alla vescica),venenosum è latino e significa pieno di veleno. I semi erano comunemente usati in alcuni Paesi afri-cani come un veleno di giustizia per verificare l’in-nocenza o la colpevolezza di persone accusate dicrimini (le fave pressate venivano mangiate oppu-re si beveva l’estratto acquoso della fava). La favadel Calabar contiene molti alcaloidi (0,5%) tra cuifisostigmina (eserina), fisovenina, eseramina, ge-neserina, N-8 norfisostigmina, calabatina, calaba-

cina. La fisostigmina (Fig. 18.21) è il principale al-caloide presente nei semi (0,04-0,3%). Il compo-sto inibisce reversibilmente l’acetilcolinesterasi,l’enzima che metabolizza l’acetilcolina, e quindiaumenta la trasmissione colinergica. Il compostopuro è ancora usato, sotto forma di salicilato o disolfato nei colliri, per il trattamento del glaucoma.L’alcaloide antagonizza gli effetti di alcuni sedati-vi, stimola la peristalsi intestinale e può essere usa-to in caso di atonia intestinale postoperatoria. Lafisostigmina è stata utilizzata come struttura di par-tenza per lo sviluppo di numerosi farmaci anti -colinesterasici.

Yohimbe

Lo yohimbe è la corteccia di Pausinystalia yohim-be Pierre o Corynanthe yohimbe K. Schum (Fam.Rubiaceae), un albero che cresce nelle regioni del-l’Africa occidentale (Camerun, Gabon, Congo).Pausinystalia, dal greco paÜsi© = pausa en‡staxi© = sonnolenza, cioè pianta che vince lasonnolenza; corynanthe dal greco kor‡nh = clavae anão© = fiori, per i boccioli fiorali che hanno for-ma di clava. La droga si trova in pezzi piatti o leg-germente pieghettati, lunghi fino a 75 cm e spessi2 cm. La superficie interna è di un colore bruno-ros-sastro ed è striata. Il sapore è amaro.

Lo yohimbe contiene circa il 6% di un miscu-glio di alcaloidi. L’alcaloide principale è la yohim-bina, un composto strutturalmente correlato alla re-serpina.

Lo yohimbe e la yohimbina (Fig. 18.22) sonoconsiderati tradizionalmente degli afrodisiaci, cioèsostanze che stimolano il desiderio e le perfor-mances sessuali. Una preparazione consiste nelbollire 6-10 cucchiaini da tè pieni di pezzetti di corteccia in 200 ml di acqua per pochi minuti e poifiltrare e bere. Come afrodisiaco è stato anche

280 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

O

HN O

CH3H3C

CH3N

N

H

CH3

Fig. 18.21 Struttura chimica della fisostigmina Fig. 18.22 Struttura chimica della yohimbina

N

NH H

H

H

OHO

O

H3C

Fig. 18.20 Physostigma venenosum: seme (a) e ramo confoglie e fiori (b)

a b

Capitolo 18 • Alcaloidi 281

utilizzato il cloridrato di yohimbina, da solo, in do-si di 5,4 mg, o in unione con altri stimolanti sessuali(stricnina, metiltestosterone, ormoni tiroidei). Al-cuni utilizzano lo yohimbe per ottenere effetti sti-molanti e leggermente allucinogeni. Diversi studicondotti su topi maschi hanno dimostrato inequi-vocabilmente un effetto su alcuni parametri asso-ciati all’attività sessuale. Sebbene studi clinici su-gli effetti della yohimbina nell’uomo mostrino ri-sultati contraddittori, si è generalmente ritenutoche il composto abbia un modesto effetto su alcu-ni pazienti con impotenza di natura psicologica. Ladroga dilata i vasi sanguigni (abbassando la pres-sione) ed aumenta l’eccitabilità riflessa nella re-gione sacrale del midollo spinale. Pertanto layohimbina influenza il comportamento sessualemediante un antagonismo sul tono inibitorio cen-trale e determinando un effetto diretto sui mecca-nismi erettili.

Lo yohimbe è un inibitore delle MAO, quindi icibi che contengono tiramina (formaggio, fegato, vi-no rosso ecc.) ed i decongestionanti nasali dovreb-bero essere evitati quando la droga è usata. Così an-che gli individui con ipotensione, diabete, schizo-frenia, malattie renali o epatiche dovrebbero essereconsapevoli dei possibili rischi associati alla som-ministrazione di yohimbe. La yohimbina, il suo prin-cipale componente, causa ansia e psicosi nelle per-sone che soffrono di schizofrenia e psicosi. Pertan-to l’uso di yohimbe in questi pazienti è sconsigliato.

Noce vomica

La noce vomica è costituita dal seme di Strychnosnux-vomica L. (Fam. Loganiaceae). Strychnos, dalgreco struÆnfi© = amaro, acre, aspro (termineusato per indicare varie piante amare, velenose, ap-portatrici di morte); nux-vomica deriva da due pa-role latine ed indica una noce che provoca il vo-mito. La pianta (alta circa 12 m) è originaria delle

zone tropicali dell’Asia (Sri Lanka, Thailandia,Laos, Cambogia, Vietnam, Sri Lanka, India, Ben-gala ecc.) ed è anche presente nel nord dell’Austra-lia. Il frutto è una bacca grande quanto un’arancia;l’epicarpo è sottile, giallo-arancio a maturità, lapolpa è bianca, mucillaginosa, amara e contiene 3-5 semi. I semi sono estratti dalla polpa, lavati ed es-siccati prima dell’esportazione (Fig. 18.23). La dro-ga è estremamente dura, di colore grigio-verdastro,ha forma circolare, con un diametro di 10-30 mm e4-6 mm di spessore. Il bordo è arrotondato o acutoe la superficie è lucida e vellutata per la presenza dipeli sottili, sericei, disposti a raggiera attorno al cen-tro delle facce. Al microscopio i peli si presentanounicellulari, con base ingrossata a forma di ampol-la e piegati ad angolo ottuso.

Al centro di una delle facce c’è un ilo distinto,da cui parte una linea in rilievo (rafe) che terminasul bordo, in corrispondenza di una piccola pro-minenza di questo (calaza). Al centro del seme c’èuna cavità simile ad una fessura. I semi quando so-no secchi non hanno odore, ma percossi e lasciatiin acqua per 1-2 giorni sviluppano un odore sgra-devole. Il sapore è amaro. La droga contiene alca-loidi (1,5-5,3%) quali stricnina (1,23-1,50%) ebrucina (1,55%) (Fig. 18.24). Altri alcaloidi sono

Fig. 18.23 Strychnos nux-vomica: semi

Fig. 18.24 Struttura chimica della stricnina (a) e della brucina (b)

N

NH

O O

H

a b

CH3

CH3

O

O N

N

H

H

H

H

O

la 2-colubrina, la b-colubrina, l’icaina, la vomici-na, la novacina ecc. La droga contiene anche unglucoside (la loganina), acido clorogenico, un oliofisso (circa il 3%), galattani, mannani, tannini ecc.La stricnina è, da un punto di vista farmacologico,molto più attiva della brucina.

La droga fu introdotta in Europa nel XV secoloe descritta nei particolari da V. Corda. Gli indigenidell’India usavano già da tempo la corteccia del-l’albero. In Europa nel sec. XVI la droga fu utiliz-zata soprattutto come veleno per gli animali (cani,gatti, volpi). Oggi la stricnina è usata raramente co-me veleno per gli animali domestici. Provoca unastimolazione dei centri bulbari respiratorio e vaso-costrittore. Le dosi richieste per ottenere quest’ef-fetto non sono però molto inferiori a quelle con-vulsivanti. La stricnina compete con la glicina, unneurotrasmettitore, per dei recettori stricnino-sen-sibili, localizzati prevalentemente a livello del mi-dollo spinale; l’azione convulsivante è la conse-guenza di questo antagonismo. Le proprietà ana-lettiche della stricnina sono state sfruttate nel cor-so di intossicazioni da barbiturici o di altre sostan-ze neurodeprimenti. La stricnina, ma anche la dro-ga come tale, è stata utilizzata in dosi molto bassecome ingrediente nei cosiddetti tonici, farmaci uti-lizzati durante la convalescenza ed in condizioni didebilitazione. Oggi la stricnina non viene più pre-scritta come tonico ed analettico, per il suo bassoindice terapeutico. Rimane comunque un impor-tante strumento di ricerca nel campo della neurofi-siofarmacologia. Occasionalmente si osservano in-tossicazioni acute da stricnina (convulsioni tonicheiperestensorie subentranti) in quanto quest’alcaloi-de può essere usato per tagliare l’eroina ed altre dro-ghe stupefacenti.

Una dose di 30-50 mg di stricnina può causaremorte, per contrazione del diaframma e dei muscolitoracici (muscoli respiratori). La brucina è moltomeno attiva della stricnina. Ha un gusto piuttostoamaro e può essere usata come denaturante per l’al-col e come standard per valutare l’indice di ama-rezza.

Segale cornuta

La segale cornuta o ergot è lo sclerozio essiccato diun fungo, Claviceps purpurea (Fries) Tulasne (Fam.Clavicipitaceae), che si sviluppa sulla segale e sualtre graminacee. Segale, da Secale cereale, piantail cui ovario viene parassitato da C. purpurea; cor-nuta, perché gli sclerozi spuntano dalla spiga di segale come cornetti; claviceps, per la forma clava-

ta dei periteci del fungo; purpurea, per il coloritopurpureo della capocchia del fungo; ergot significasperoni di gallo (dal francese), perché i cornetti aquesti rassomigliano; sclerozi, da sklhrfi© = duro,perché i cornetti sono duri (Fig. 18.25).

La segale cornuta, conosciuta fin dai tempi anti-chi (tavolette assire del 600 a.C.) come contaminantedella segale, è diventata in anni recenti uno scrignodi sostanze biologicamente attive e clinicamente uti-li. Il consumo di farina inquinata dal fungo fu cau-sa in passato di avvelenamento acuto e cronico (er-gotismo) che imperversava sotto forma epidemica suintere popolazioni, soprattutto dopo annate moltopiovose. Le prime notizie di queste epidemie si ri-trovano negli annali dell’Abbazia di Xanten (867).Gravi epidemie si verificarono in Francia nel 945,994 e 1090, seguite da altre corrispondenti all’epo-ca delle crociate. Nel Medio Evo fu detto fuoco diSant’Antonio o fuoco sacro, per la sensazione di bru-ciore che si avvertiva alle estremità nei primi stadidell’avvelenamento. Si verificarono con frequenzaanche casi di aborto e quest’osservazione fece sì chela droga venisse usata per indurre il parto. Questapratica però fu messa da parte verso la metà dell’800,per l’elevato numero di nati morti, e l’uso della drogafu limitato al controllo dell’emorragia post-partum.

282 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.25 Claviceps purpurea: spiga di segale con sclero-zi (a), sclerozio germogliato (b), asco con ascospore (c),sclerozi (d)

a

b

c

d

d

Capitolo 18 • Alcaloidi 283

Epidemie di ergotismo si verificarono in Germanianel 1581, nel 1587, nel 1696 e ad intervalli in Polo-nia fino al 1777. L’ultima epidemia di ergotismo siverificò in Russia nel 1927, mentre nel 1953 si ve-rificarono in Francia casi sporadici. L’ergotismo ècaratterizzato da gangrena (necrosi) delle estremitàdel corpo che può portare alla perdita di mani e pie-di e morte per setticemia. Un’altra forma di ergoti-smo è caratterizzata da convulsioni e turbe psichi-che che si verificano in concomitanza con la caren-za di vitamina A; in questo caso la morte soprag-giunge per asfissia conseguente a fenomeni convul-sivi. L’avvelenamento acuto, piuttosto raro, è inve-ce caratterizzato da formicolii, disturbi gastrointe-stinali (nausea e vomito, diarrea), confusione e per-dita della conoscenza.Ciclo evolutivo del fungo. Gli sclerozi rappresenta-no la forma di resistenza del fungo e servono per losvernamento. Una volta caduti nel terreno con la mie-titura, sopravvivono (periodo di conservazione) finoalla prossima primavera, quando germogliano (pe-riodo riproduttivo) sviluppando piccoli funghi for-mati da un peduncolo sormontato da una capocchia(sferidio) rosso-porpora (Claviceps purpurea). Lacapocchia presenta esternamente delle cavità filifor-mi allungate (periteci) contenenti aschi (formazionifusiformi ripiene di mazzetti di ascospore filiformi).Con l’apertura degli aschi le spore si liberano e, tra-sportate dagli insetti e dal vento, raggiungono gli ova-ri delle spighe. L’ovario, una volta contaminato, de-genera (Sfacelium segetum) per ché le spore germo-gliano formando ife filamentose che penetrano nelduro tessuto. L’ifa forma un ammasso di tessuto co-nosciuto come micelio, il quale produce un altro ti-po di spore (spore asessuali, conosciute come coni-diospore) ed una secrezione dolce chiamata melata.Gli insetti sono attratti da questa melata e portanoquesta e le conidiospore sulle altre piante, diffon-dendo così la contaminazione e la formazione di nuo-vi sfaceli in altri ovari (periodo di moltiplicazione).Più tardi, nel periodo della vegetazione, l’ifa penetrasempre più profondamente e diventa più compatta edi colore porpora più scuro, formando un corpo di so-stegno, conosciuto come sclerozio (Sclerotium cla-vum). In autunno lo sclerozio normalmente cade sulterreno, dove iberna (durante l’inverno); nella suc-cessiva primavera germina (producendo spore edascospore sessuali) ed il ciclo riprende.Descrizione della droga. Lo sclerozio è lungo 1-4cm e largo 2-7 mm; di solito è fusiforme (appunti-to alle due estremità) e leggermente curvo (rasso-miglia ad uno sperone di gallo). La superficie ester-na, di colore nerastro o violaceo scuro, è longitu-dinalmente scanalata (due solchi) e può recare pic-

cole incrinature trasversali. La droga si rompe conuna corta frattura e mostra una zona centrale bian-co-rosata di pseudoparenchima in cui possono es-sere visibili linee scure che si irradiano dal centro.Ha un odore particolare e un sapore sgradevole. Al-l’ultravioletto la droga in sezione assume un fortecolore rossastro per mezzo del quale può essere de-terminata la sua presenza nella farina. Così pure ladroga polverizzata, fatta reagire con una soluzionedi idrossido di sodio al 10%, sviluppa un forte odo-re di trimetilamina (salamoia) e si colora in viola-ceo. La polvere, bianco-grigiastra ed untuosa, de-ve essere preparata estemporaneamente perché ir-rancidisce con facilità.

Osservato al microscopio il tessuto del fungo ri-sulta costituito da cellule indifferenziate. All’inter-no delle cellule si notano goccioline oleose e gra-nuli proteici.Componenti principali. Alcaloidi indolici (0,2-1,5%),basi aminiche, lipidi (30%), carboidrati (mannito-lo, glicogeno), sali minerali (15%), pigmenti ecc.Gli alcaloidi della segale cornuta mostrano una co-mune base chimica costituita dal nucleo ergolini-co che rappresenta la stuttura di base dell’acido li-sergico (Fig. 18.26); a seconda delle catene poli-peptidiche legate con legame amidico al carbossi-le dell’acido lisergico si distinguono in derivatisemplici dell’acido lisergico (alcaloidi aminici oamidi dell’acido lisergico), solubili in acqua, ed inalcaloidi aminoacidici (ergopeptine) (80% degli al-caloidi totali), insolubili in acqua (Tabella 18.5).Gli alcaloidi che rivestono attualmente interesse te-rapeutico sono l’ergometrina, l’ergotamina, la me-tilergotamina, la diidroergotamina, la diidroergo-tossina e la bromocriptina. Gli alcaloidi della se-gale cornuta sono poco stabili; in seguito all’ir-rancidimento del grasso resinificano nella droga.Inoltre sono sensibili alla luce, alla temperatura al-ta, agli acidi, agli alcali ed all’ossigeno.

Fig. 18.26 Struttura chimica dell’acido lisergico (R = OH),LSD [R = N (CH2 – CH3)2]

O

H

HN

N

R

Proprietà ed impiego terapeutico. La segale cornutaprovoca vasocostrizione e contrazione dell’utero,proprietà quest’ultima sfruttata in ostetricia nelpassato. Oggi alla droga si preferiscono i singoli alcaloidi, estrattivi o di sintesi ed i derivati di que-sti. Gli usi terapeutici degli alcaloidi della segalecornuta (e di derivati di sintesi) sono diversi (Tabella 18.6) e comprendono la cura e la profilas-si dell’emicrania (ergotamina, metisergide ecc.),l’atonia uterina (ergonovina ecc.), l’infertilità periperprolattinemia (bromocriptina), l’acromegalia,l’ipertensione (ergocriptina), gli stati confusionalidell’anziano (ergotossina), il parkinsonismo (bro-mocriptina e pergolide). Questo ampio spettro d’a-zione trova una spiegazione nella somiglianza strut-turale esistente tra il nucleo ergolinico e la struttu-ra della noradrenalina, dopamina e serotonina, checonferisce un’attività (agonista, antagonista, o en-trambe) sui recettori delle amine biogene. Esistonocomunque delle diversità tra i vari alcaloidi, poichéa gran parte di essi manca un’interazione selettivacon uno specifico recettore o con un suo sottotipo.

Inoltre, la loro attività spesso dipende dallo stato fi-siologico e fisiopatologico dell’organismo. In ge-nerale le semplici amidi mostrano una più alta af-finità per la dopamina e per i recettori della seroto-nina rispetto ai recettori a-adrenergici, mentre gliergopeptidi mostrano una più alta affinità per que-st’ultimi. L’ergotamina (ergonovina) ha un potenteeffetto utero-stimolante, probabilmente per un ef-fetto a-adrenergico e serotoninergico sul miome-trio. Ad alte dosi il composto può indurre un’intensacontrazione, tanto che non può essere usato per in-durre il travaglio. Comunque, l’ergometrina e lametilergometrina (di origine semisintetica) sono uti-lizzati dopo il parto per arrestare le emorragie ute-rine. L’erg otamina, un agonista parziale del recet-tore a-adrenergico e della serotonina, con nessuneffetto sui recettori della dopamina, è un potente va-socostrittore sia delle arterie che delle vene. È usa-ta negli attacchi acuti di emicrania.

Il composto semisintetico diidroergotamina, conla presenza dell’acido lisergico idrogenato, è menovasocostrittore ed ha una più forte attività antago-

284 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 18.6 Proprietà farmacologiche ed impiego clinico dei principali alcaloidi (e derivati) della segale cornuta

Farmaco Recettore Effetto Uso Effettifarmacologico terapeutico indesiderati

Ergotamina α-adrenergico ↑ Vasocostrizione Attacco acuto Nausea, vomito,Diidroergotamina Serotoninergico↑ (dei vasi encefalici di emicrania disturbi epigastrici

in particolare) diarrea, mialgie(rigidità dei muscolidelle cosce e del capo)

Ergonovina α-adrenergico↑ Contrazione uterina Emorragia post-partum Nausea, ipertensione

Metilergometrina α-adrenergico↑ Contrazione uterina Emorragia post-partum Nausea, ipertensione

Metisergide Serotoninergico↓ Prevenzione vasocostrizione Profilassi emicrania Reazioni fibroticheiniziale (dei vasi encefalici)

Bromocriptina Dopaminergico↑ Sopprime la lattazione; Galattorrea Nausea, vertiginiriduce i livelli dell’ormone acromegalia, amenorrea,della crescita infertilità femminile,

morbo di Parkinson

Codergocrina Dopaminergico↑ Vasodilatazione Stato confusionaleSerotoninergico↑ (anziano), ipertensione

↑ agonista; ↓ antagonista

Tabella 18.5 Alcaloidi della segale cornuta

Amidi dell’acido lisergico Ergopeptine

Ergometrina, ergobasina, ergonovina Ergotamina, ergosina,(gruppo dell’ergometrina) (gruppo dell’ergotamina);

ergocristina, ergocriptina, ergoconina(gruppo dell’ergotossina);ergoptina, ergonina, ergobutina,(gruppo dell’ergoxina)

Capitolo 18 • Alcaloidi 285

nista sui recettori a-adrenergici. È usato nel tratta-mento degli attacchi acuti e nella profilassi dell’e-micrania.

La metisergide, un derivato semisintetico del-l’ergometrina, possiede un’elevata attività 5-HT1 e5-HT2-antagonista e teoricamente non possiedenessun effetto sugli altri tipi di recettori. Essa nonmostra nessuna attività vasocostrittrice ed è usatanella profilassi dei pazienti con emicrania. L’idro-genazione dell’ergotossina (attualmente una mi-scela di ergocornina, ergocristina ed a- e b-ergo-criptina) porta alla diidroergotossina (o codergo-crina), una miscela che ha un effetto sui sistemi do-paminergico, adrenergico e serotoninergico. Essa haun effetto positivo nell’insufficienza cerebrale; sipensa che questo sia dovuto ad una induzione del-la vasodilatazione cerebrale, ma anche ad un effet-to diretto sul metabolismo cerebrale. Un altro com-posto semisintetico, la bromocriptina, ottenuta dal-la bromurazione dell’a-ergocriptina, è un agonistadopaminergico ed è usata per sopprimere la latta-zione mediante l’inibizione della secrezione di pro-lattina. Mimando l’azione della dopamina, essa èanche usata nel parkinsonismo.

Uncaria

È data dalle radici e dalla corteccia di Uncaria to-mentosa (Willd. et Schult) DC. (Fam. Rubiaceae),un arbusto rampicante indigeno della foresta amaz-zonica e di altre aree tropicali del Sud e del CentroAmerica [Uncaria, dal latino uncus = ricurvo, un-cino, per le spine a forma di uncino presenti sul tron-co; tomentosa, dal latino tomentum = lana, pelo, perla peluria che riveste le foglie]. La pianta, denomi-nata dagli spagnoli “uña de gato”, presenta un fu-sto alto fino a 20 m, a sezione quadrangolare e do-tato di caratteristiche spine uncinate larghe 4-7 cme lunghe 9-17 cm, rivolte verso il basso; le foglie,di colore verde e con margine ondulato e giallastro,sono opposte, brevemente picciolate, ovalo-oblun-ghe, ricoperte di peluria. I fiori, rossastri, sono rac-colti in glomeruli terminali (Fig. 18.27).

Nell’uncaria sono presenti alcaloidi, glicosididell’acido chinovico, triterpeni polidrossilati etannini. Altri composti biologicamente attivi sonole procianidine, le catechine e gli steroli come ilβ-sitosterolo. Gli alcaloidi identificati nell’unca-ria sono di due tipi, tetra- e pentaciclici, ossindo-lici ed indolici.

All’uncaria si attribuiscono proprietà antivirali,antitumorali, immunostimolani e soprattutto anti-flogistiche. Sembra che l’azione antiflogistica del-

l’uncaria non coinvolga l’inibizione degli eicosa-noidi. Circa i componenti attivi, sembra che i gli-cosidi dell’acido chinovico siano i principali re-sponsabili di questa azione anche se in molti pen-sano che un sinergismo tra questi ed altri composti(alcaloidi, procianidine) amplifichi l’azione antiflo -gistica dei preparati di uncaria. Alcuni studi clinicihanno mostrato che l’uncaria migliora i sintomi dell’artrite reumatoide. È stato anche osservato che in associazione con sulfasalazina o idrossiclorochi-na, riduce il gonfiore ed il dolore delle articolazioni.

Fig. 18.27 Uncaria tomentosa: pianta (a) e corteccia (b)

a

b

Un altro studio, condotto su pazienti con osteoar-trite, mostra un miglioramento dei sintomi in queipazienti trattati con un estratto secco di uncaria (100mg/die). Questi trials, comunque, essendo pochi ed“approssimativi” non consentono di consigliarel’uncaria nell’osteoartrite. Ad ogni modo il tratta-mento con uncaria risulta abbastanza sicuro; rara-mente si sono manifestati effetti indesiderati, qua-li diarrea e dispepsia.

La dose giornaliera di uncaria è di 25-100 mg diestratto (capsule), oppure fino a 5 g di droga (deco-zione). In commercio esistono anche dei preparatiformulati in modo da contenere prevalentementealcaloidi.

Vinca

La vinca è l’intera pianta di Catharanthus roseus G.Don (o Vinca rosea L. o Lochnera rosea (L) Reichb.) (Fam. Apocinaceae), un’erba o suffrutice pe-renne originario del Madagascar. Le foglie sono sta-te usate nella medicina popolare per il trattamentodel diabete. Studiando l’attività antidiabetica dellapianta, fu scoperto negli anni ’50 che estratti dellefoglie sopprimevano transitoriamente le funzionidel midollo osseo. Le ricerche rivolte all’identifi-cazione dei principi attivi portarono alla scopertadella vincristina e vinblastina, sostanze ad attivitàantitumorale (vedi Cap. M.1). Questi alcaloidi so-no presenti solo in tracce nella vinca (per produrre1 kg di vincristina devono essere usati quasi 500 kgdi droga). Per aumentare la resa di questi alcaloidisi è fatto ricorso a tecniche di coltura cellulare; que-ste hanno consentito di incrementare significativa-mente il contenuto in vinblastina.

La vinca è un esempio di droga vegetale utiliz-zata prevalentemente per l’isolamento di alcaloidipuri piuttosto che per allestire preparazioni gale-niche.

Botanicamente la Vinca rosea è in stretta corre-lazione con la Vinca minor L.

Alcaloidi chinolinici

Gli alcaloidi chinolinici sono composti la cui strut-tura consta di due nuclei, l’uno chinolinico, l’altrochinuclidinico, legati tra loro da un gruppo alcoli-co secondario. L’attacco del nucleo chinuclidinicosul nucleo chinolinico avviene in posizione 4.

Gli alcaloidi chinolinici si diversificano tra lo-ro per la diversità dei radicali legati ai due nuclei.Di questi alcaloidi i più importanti da un punto di

vista terapeutico sono la chinina (scoperta da Pel-letier e Caventon nel 1822), la chinidina (da Os-sian nel 1833), la cinconina (da Gomez nel 1811)e la cinconidina (da Winckler nel 1847). Biosin-tenticamente originano dal triptofano e dalla se-cologanina, mentre strictosidina e corinanteale so-no degli intermediari.

China

La china è la corteccia degli alberi che appartengo-no al genere Cinchona (C. succirubra Pavon, C. pu-besces Vahl, C. ledgeriana (Howard) Moens ed Tri-men, C. calisaya Weddell, C. officinalis L.) (Fam.Rubiaceae). Fu chiamata cinchona in onore dellaContessa di Chinchon, moglie del Viceré del Perù;succirubra è il nome spagnolo che in Perù indica lacorteccia di un albero (secondo altri per il succo ros-so); ledgeriana, in onore di Carlo Ledger che in-trodusse la china nelle Indie orientali. L’habitat na-turale di questo albero tropicale di grosse dimen-sioni (anche 30 m di altezza) è il Sud America (Perù,Bolivia, Ecuador), dove cresce sulle Ande all’alti-tudine di 1000-3000 metri. L’albero della china ècoltivato in India, Indonesia, Java ed in altri Paesidell’Africa e dell’America centrale. Richiede un cli-ma caldo (la temperatura media dovrebbe essere di15-20 °C) e umido tropicale (75-95% di umidità);la piovosità dovrebbe essere di 1500-2000 mm peranno. Sono utilizzati alberi di 8-10 anni e la cor-teccia è raccolta dall’intero albero (Fig. 18.28). Laraccolta della droga in origine veniva fatta dai ca-scarilleros (raccoglitori indigeni); questi abbatte-vano gli alberi e staccavano la corteccia dal troncoa striscie che poi essiccavano disponendole le unesulle altre e con dei pesi sopra (china piatta); la cor-teccia dei rami si lasciava invece essiccare libera-mente (china arrotolata). In questo modo gli albe-ri spontanei di china incomiciarono a diventaresempre più rari. Per scongiurare la completa scom-parsa della pianta nel XIX secolo, in seguito ancheall’enorme richiesta di china, furono tentate colti-vazioni in tutte le parti del mondo.

Oggi la china proviene da piante coltivate ed imetodi di raccolta sono essenzialmente due: (i) dapiante di 8-10 anni si staccano alternativamente li-ste longitudinali di corteccia e quest’operazione siripete quando le strisce staccate si sono rigenerate(circa 12 anni), asportando ovviamente quelle la-sciate con il primo intervento; (ii) piante di 8-10 an-ni si abbattono a poca altezza dal suolo e si decor-ticano; quest’operazione si ripete quando la piantanata dalla ceppaia ha raggiunto un sufficiente svi-luppo. Prima di essere seccata la corteccia viene

286 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo 18 • Alcaloidi 287

mondata, allontanando muschi e licheni. L’essicca-mento viene fatto al calore artificiale, evitandotemperature troppo alte o troppo basse che com-prometterebbero le proprietà organolettiche e far-macologiche della droga.

Le qualità commerciali sono comunque rappre-sentate dalla china rossa, dalla china gialla e dallachina grigia. I caratteri morfologici più importantisono riportati nella Tabella 18.7. L’importanza dellaconoscenza di questi caratteri è molto diminuita oggi in quanto nelle piante coltivate, spesso ibridi,tali caratteri non sono più così netti. D’altronde incommercio spesso si trovano frammenti, scaglie orasure di china e non la china in pezzi.

La china ha odore aromatico, sapore intensa-mente amaro ed astringente, frattura corta nellaparte esterna e fibrosa nella parte interna. La pare-te interna è inoltre striata e cambia colore da mar-rone-giallo ad un profondo marrone-rossastro. Esa-minato al microscopio il parenchima corticale mo-stra negli strati più interni delle grandi lacune con-tenenti una oleoresina e tannino (questi elementiscarseggiano nella corteccia di piante coltivate) edun libro che contiene fibre fusiformi.

La china contiene alcaloidi (5-9%) ed acidi qua-li chinico (4-8%), chinotannico (3%), clorogenico,caffeico, protocatechinico; inoltre antrachinoni, tan-nini (5%), chinovina (1-2%), un glucoside che per

Fig. 18.28 Cinchona officinalis pianta (a); particolare diCinchona succirubra (b) e campioni di corteccia (1, piatta;2, arroto lata; 3, di C. calisaya; 4, di C. officinalis) (c); raccogli-tore di china (d)b

d

a

c

4

3

2

1

idrolisi dà acido chinovico e chinovosio; inoltre unolio essenziale, cere, resine, rosso di china (un co-lorante che deriva dalla decomposizione dell’acidochinotannico), steroli, zuccheri, sali inorganici, si-lice, ossalato di calcio ecc.

Per quanto riguarda i costituenti principali, glialcaloidi più importanti sono rappresentati da duecoppie di isomeri: chinina, chinidina, cinconina ecinconidina. Di questi i primi due sono utilizzati interapia. Il contenuto di questi alcaloidi è molto va-riabile, in rapporto alla specie, alle condizioni am-bientali ed al metodo di raccolta della corteccia. Inalcuni ibridi, soprattutto C. ledgeriana e C. succi-rubra, si è riusciti ad ottenere un contenuto mediodel 15%. Oltre ai composti appena citati, sono sta-ti estratti dalla china almeno altri 20 alcaloidi (pa-ricina, chinamina, conchinamina, cincomina, chi-nicina, epichinina, epichinidina, dicinconina, java-nina, cincofillina ecc.), alcuni dei quali con un nu-cleo indolico (chinamina, cinconamina, cincofilli-na ecc.). Sia gli alcaloidi chinolinici che indolici so-no presenti anche nelle foglie di Cinchona; utiliz-zando questo materiale vegetale è stato possibile ot-tenere diversi alcaloidi della china mediante coltu-re cellulari. La china per uso farmaceutico, prove-niente da C. succirubra e dai suoi ibridi, deve con-

tenere non meno del 6,5% di alcaloidi totali di cuinon meno del 30% e non più del 60% deve esserecostituito da alcaloidi del tipo chinina.

Gli alcaloidi della china possiedono numeroseproprietà farmacologiche per cui l’attività biologicadella droga è la risultante di quella dei suoi principiattivi alcaloidei ed in piccola parte anche di altri com-ponenti (Tabella 18.8). Pertanto l’azione antimalari-ca della droga non è identica a quella degli alcaloidichinolinici presi singolarmente: entrano in gioco, neldeterminare l’effetto complessivo, sinergismi ed an-tagonismi tra gli alcaloidi e tra questi e gli altri com-ponenti; inoltre tannini ed antrachinoni potrebbero di-minuire l’assorbimento degli alcaloidi nell’intestino.

La china ha trovato larghissima applicazione co-me amaro sia nella preparazione di aperitivi che disostanze eupeptiche. L’impiego è legato al saporeamaro degli alcaloidi che è avvertibile anche a di-luizioni molto spinte. La china provoca un aumen-to della secrezione cloropeptica dello stomaco perstimolazione delle terminazioni gustative del glos-so-faringeo e del trigemino situate sul palato e sul-la lingua. Alle dosi utilizzate la china non modifi-ca i processi digestivi enzimatici dello stomaco;questi vengono piuttosto inibiti per dosi alte, per lapresenza nella droga di tannini.

288 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 18.7 Qualità di china, contenuto alcaloideo, impieghi industriali e caratteristiche morfologiche

Specie Alcaloidi Settore Caratteri della corteccia

% industriale Colore Dimensioni Rughe longitudinali Fessure trasversali

C. ledgeriana 4-17 Farmaceutico Giallo 20-40 mm* ++ +(chinina) 2-6 mm**

C. calisaya 0-6 Liquoristico Giallo 15-25 mm* ++ +(aperitivi) 2-5 mm**

C. officinalis 2-8 Liquoristico Grigio fino a 12 mm* – +++(aperitivi) 1-1,5 mm**

C. succirubra 4-8 Farmaceutico Rosso 20-40 mm* ++ +(preparazioni 2-6 mm**eupeptiche)

* diametro; ** spessore; – assenti; + da scarse a +++ numerose

Tabella 18.8 Proprietà farmacologiche dei principali costituenti della china

Composti Attività/Azione

Chinina Antimalarica, antipiretica, antidolorifica, antinfiammatoria, fungicida

Chinidina Antiaritmica, antimalarica, anticolinesterasica, azione inotropa negativa

Cinconina Antistaminica, antiaritmica, antimalarica, azione inotropa negativa

Cinconidina Antiaritmica, antimalarica

Epichinina Azione inotropa negativa sul cuore

Acido clorogenico Antistaminica, azione stimolante sul SNC

Tannini ed antrachinoni Influenzano l’assorbimento degli alcaloidi a livello intestinale (i tannini li rendonopoco solubili mentre gli antrachinoni ne riducono il tempo di assorbimento)

Capitolo 18 • Alcaloidi 289

Tra le preparazioni officinali di china ricordia-mo il decotto di china al 5% (bollito per 30 minu-ti, decantato e filtrato a caldo), l’estratto fluido (10gtt nella giornata), la tintura (5-10 gtt da prendere2-3-volte nella giornata) semplice o composta (chi-na: noce vomica: genziana nel rapporto 2:3:1), l’e-lisir di china (estratto fluido di china 25 g, estrattofluido di arancio amaro 5 g, alcol etilico 95° 250 g,acqua distillata 380 g, zucchero 350 g).

Come antimalarico la china è stata del tutto sop-piantata da prodotti più attivi e meglio tollerati co-me la chinina e la clorochina, derivati di sintesi. Lachinina (Fig. 18.29) espleta la sua azione antima-larica essenzialmente sui merozoiti ematici di tuttele specie di plasmodio; l’azione è più rapida ed in-tensa sul P. vivax, meno su quello malariae, ancormeno sul falciparum. Rappresenta tuttora il farma-co di scelta nella terapia di forme gravi di malariada P. falciparum (malaria cerebrale) sostenuta daceppi clorochino-resistenti. Il meccanismo d’azio-ne non è ancora del tutto chiaro; sembra tuttaviaconsistere nell’interferenza con il DNA plasmodia-le (azione chelante), nell’alterazione dell’emoglo-bina e nell’aumento del pH nelle vescicole intra-cellulari del parassita. Per la sua azione antibatteri-ca la chinina è stata anche usata come antisettico edisinfettante per applicazioni locali (congiuntiviti,gonorrea, ferite ecc.) e come chemioterapico nel-l’influenza. Possiede inoltre una discreta azioneanestetica locale, antipiretica, analgesica. Deprimeil metabolismo protidico e glucidico e determina nelSNC dapprima lieve eccitazione, quindi depressio-ne. Per somministrazioni ripetute può manifestarsivomito, diarrea, cefalea, tinnito (cinconismo); glieffetti più gravi si hanno comunque a carico degliapparati acustico (ronzio, vertigini, sordità) ed ocu-lare (lesioni della retina e del nervo ottico). La chi-nidina è efficace almeno quanto la chinina come an-timalarico, ma possiede proprietà antiaritmiche piùspiccate.

Alcaloidi imidazolici

Questi alcaloidi presentano un anello imidazolico esono biosinteticamente correlati all’istidina. Solopochi esempi esistono in natura; quelli di maggiorinteresse si trovano nelle foglie di diverse specie diPilocarpus (jaborandi).

Jaborandi

Jaborandi è la droga data dalle foglie di Pilocar-pus jaborandi Holmes, P. pennatifolius Lemaire oP. microphyllus Strap. (Fam. Rutaceae), arbusti ra-mificati (alti 1-2 m) originari del Brasile e dell’In-dia. Pilocarpus deriva dal greco pÖlo© + karpfi©,cioè berretto di feltro senza falde + frutto, per i frut-ti a forma di tale copricapo; jaborandi, da zhabo-rande, nome indigeno del Sud America (Brasile,Paraguay) di piante che inducono salivazione;micro phyllus dal greco mikrfi© + Ƈllon = piccole+ foglie, per le foglie piccole a differenza di altrespecie; pennatifolius da pinnatus + folia a formadi penna + foglia, per le foglie pennato-composte.

P. jaborandi presenta una corteccia liscia, grigiae punteggiata di bianco, foglie composte impari-pennate, suddivise in 3-15 foglioline ellittiche o lan-ceolate (Fig. 18.30). Le foglie, raccolte dopo la sta-gione delle piogge, vengono rapidamente essiccate.

Fig. 18.30 Pilocarpus jaborandi: ramo con foglie e fioriFig. 18.29 Struttura chimica della chinina

Se ben conservate, presentano un breve picciolo, unalamina spessa, coriacea, verde-bruna o giallo-ver-dastra, con margine intero, con apice ottuso, con ner-vatura penninervia (i nervi secondari in prossimitàdel margine si curvano e si anastomizzano forman-do un reticolo sinuoso parallelo al margine stesso).In trasparenza mostrano punti traslucidi dovuti alleghiandole oleifere. Sfregate tra le dita emanano unodore di bruciato; il sapore è amaro, aromatico. Ma-sticate provocano salivazione.

La droga contiene alcaloidi imidazolici (0,5-2%), quali pilocarpina (0,4-1%), isopilocarpina, pi-locarpidina, jaborina, pilosina, isopilosina, carpili-na ecc.; inoltre un olio etereo (0,2-1%), resine, pec-tine, tannini, acidi organici ecc. Il contenuto alca-loideo della droga varia a seconda della pianta for-nitrice (Tabella 18.9). Conservata per 1 anno, la droga perde la metà degli alcaloidi contenuti; dopo2 anni ne è completamente priva. Impiegata per se-coli come scialagogo e diaforetico dagli indigenidel Sud America, la droga fu introdotta nella me-dicina europea solo nel 1847. È stata utilizzata inpassato come tintura o infuso per stimolare le se-crezioni sali vare e sudorale. Così pure la pilocarpi-na (Fig. 18.31) è stata usata in oculistica nella tera-pia del glaucoma e delle ipertensioni endoculariacute. Se somministrata per via sistemica provocaun’intensa secrezione delle ghiandole salivari, su-doripare e lacrimali. Inoltre la pilocarpina vieneguardata con grande interesse nella terapia della de-menza senile e dell’Alzheimer, dopo l’osservazio-ne che la stimolazione dei recettori muscarinici cen-trali facilita l’apprendimento.

Alcaloidi piridinici e piperidinici

Lisina e ornitina sono coinvolti nella biosintesi degli alcaloidi che contengono un anello piridinicoo piperidinico. Alcaloide a nucleo piridinico è l’are -colina, mentre a nucleo piperidinico abbiamo la lobelina, la coniina, la pelletierina e la piperina. La nicotina è invece un alcaloide che contiene i nuclei piridinico e pirrolidinico (Fig. 18.32).

L’arecolina è un alcaloide liquido che si trova nelseme di Areca catechu Linneo (Fam. Palmaceae).Areca è il nome spagnolo (e portoghese) della nocedi betel; catechu è il nome indiano per indicare unestratto o un succo astrigente. La pianta è una palmaalta 15-17 m che cresce in India, Sri Lanka, Indone-sia e Africa orientale. Il frutto è una noce che con-tiene un solo seme (Fig. 18.33). I semi sono rimos-si dai frutti e bolliti in acqua contenente calce ed es-siccati. In molti Paesi africani ed orientali si usa av-volgere in una foglia fresca di Piper betle, semi diAreca, calce spenta e sostanze aromatiche (nocemoscata, canfora ecc.); questa miscela viene masti-cata e l’effetto è rinfrescante, rilassante e stimolan-te. In India la miscela si chiama punsupari. L’arecacontiene arecolina (l’alcaloide più abbondante e fi-siologicamente più attivo), arecaidina, guvacina e gu-vacolina (il contenuto totale di alcaloidi può rag-giungere lo 0,45%). L’areca contiene inoltre tannini(circa 15%), lipidi, un olio volatile e gomme. L’are-colina è un agonista colinergico e si lega sia ai re-cettori muscarinici che nicotinici.

290 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 18.9 Quantità (%) di alcaloidi nelle foglie di di-verse specie di Pilocarpus

Specie Alcaloidi totali%

P. jaborandi 0,50-0,72P. microphyllus 0,50-0,84P. pennatifolius 0,25-0,50P. tachilophus 0,30-0,42P. spicatus 0,05-0,16

H3CCH3H

H

O

N

NO

Fig. 18.31 Struttura chimica della pilocarpina

Fig. 18.32 Struttura chimica di un alcaloide piridinico/pirrolidinico (nicotina), piperidinico (coniina) e tetraidro-piridinico (arecolina)

nicotina

(+)-coniina

arecolina

Capitolo 18 • Alcaloidi 291

L’areca può dar luogo a fenomeni di dipenden-za simili a quelli che si hanno con il tabacco. In al-cuni Paesi viene ancora masticata per le sue pro-prietà rinfrescanti ed euforizzanti. L’arecolina vie-

ne invece utilizzata come vermifugo in campo ve-terinario; agisce sia sui vermi che sull’intestinoumano stimolando la peristalsi e facilitando l’e-spulsione del verme.

La coniina si trova nei frutti immaturi di Coniummaculatum L. (Fam. Apiaceae), una pianta biennevelenosa con caule maculato (chiazze di colore ros-sastro), originaria della Bretagna e dell’Europa. Ilfrutto, lungo 4-6 mm e largo 3-4 mm è ovato, glo-boso, compresso lateralmente, di colore verde chia-ro, di odore e sapore leggero. La droga, reagendocon soluzioni di idrossido di potassio, sviluppa unforte odore, simile a quello dell’urina di topo, a cau-sa della liberazione di coniina. La coniina è il prin-cipale alcaloide e rappresenta circa il 90% degli al-caloidi contenuti nella pianta; gli altri alcaloidipresenti sono la g-coniceina, l’N-metilconiina, laconidrina, la pseudoconidrina, il conidrinone e laconiceina (18 volte più tossica della coniina). I frut-ti immaturi hanno un alto contenuto di alcaloidi(circa il 2% che scende allo 0,7 quando il frutto ma-tura) rispetto alle foglie ed ai fiori freschi che con-tengono circa lo 0,2% di alcaloidi. La coniina, unasostanza oleosa, è estremamente tossica; porta amorte in seguito a paralisi respiratoria. La droga (ci-cuta) è di interesse storico perché fu usata dai gre-ci per preparare una pozione con la quale i crimi-nali venivano messi a morte; con una certa proba-bilità Socrate bevve una pozione che conteneva ci-cuta quando fu condannato a morte. La coniina fuil primo alcaloide ad essere sintetizzato ed usato inmedicina sotto forma di bromidrato come spasmo-litico; l’alcaloide e la droga non si utilizzano in me-dicina da più di 90 anni.

La nicotina si trova nelle foglie di Nicotiana tabacum L. e specie affini (rustica L.) (Fam. Sola-naceae). Nicotiana, in onore di Jean Nicot, un di-plomatico francese che introdusse il tabacco in Eu-ropa; tabacum è il nome che gli indiani del NordAmerica usavano per indicare la pipa o il tubo ado-perato per fumarla. Con la scoperta dell’Americal’uso del tabacco si estese ben presto al resto delmondo. La pianta è un’erba annua, alta 1,5-2 m, ori-ginaria dell’America tropicale. La preparazione deltabacco richiede un lento essiccamento ed un’ac-curata fermentazione, operazioni importanti perchédeterminano il colore marrone e l’aroma del tabac-co. Comunque la qualità del tabacco dipende so-prattutto dall’origine botanica (specie, varietà ecc.)e da come è stato “conciato”.

Il tabacco contiene nicotina (0,05-9%), norni-cotina, anabasina (N. glauca Graham è ricca di ana-basina). La nicotina ha un anello piridinico ed unopirrolidinico; il primo si origina dall’acido aspartico.

Fig. 18.33 Areca catechu: pianta (a) e frutti (b)

a

b

La nicotina è un liquido oleoso, volatile, con odo-re pungente e sgradevole ed un gusto amaro e bru-ciante. Inalata con il fumo del tabacco penetra fa-cilmente attraverso le mucose della bocca e dellevie respiratorie e attraverso la cute integra. Possie-de sia effetti centrali che periferici. A basse dosi (ades. il fumo) migliora l’attenzione e l’apprendimen-to, ad alte dosi provoca paralisi respiratoria centra-le e grave ipotensione. Gli effetti periferici della ni-cotina sono complessi e comprendono aumentodella pressione sanguigna e della frequenza cardia-ca, della peristalsi e delle secrezioni. I pazienti iper-tesi non devono fumare perché la nicotina è una po-tenziale causa di aumento della pressione sangui-gna. Inoltre, può diminuire il flusso coronarico, acausa di vasocostrizione, e questo provoca graviproblemi ai pazienti con angina. A dosi più alte lapressione sanguigna diminuisce, in seguito a bloc-co gangliare e cessa l’attività della muscolatura siadel tratto gastrointestinale che della vescica. La ni-cotina è utilizzata per smettere di fumare. In nu-merosi studi, che hanno interessato più di 27.000pazienti, la te rapia di sostituzione con nicotina(usando gomme, cerotti, spray nasali e inalatori) èrisultata sempre più vantaggiosa del placebo nel-l’aiutare coloro che fumano a rimanere lontani dal-le sigarette per 6 mesi o più.

È un veleno potente, usato come insetticida(per la distruzione degli afidi) soprattutto nel giar-dinaggio.

Lobelia

La lobelia, o tabacco indiano, è data dalle foglie diLobelia inflata L. (Fam. Lobeliaceae o Campanu-laceae). Fu chiamata Lobelia in onore del medicoe botanico olandese Mathias de l’Obel, inflata peril frutto rigonfio (dopo la fecondazione l’ovario cre-sce e si rigonfia formando una cassula vescicolosa).La droga fu usata dagli indiani del Nord Americasia come farmaco (nell’asma e nel vomito) che co-me sostituto del tabacco.Habitat. L. inflata è originaria delle regioni centralied orientali del Nord America (Stati Uniti e Canada).Descrizione della pianta. Pianta erbacea annua a fusto eretto, alto 40-60 cm, peloso, con macchieviolacee alla base; foglie alterne, di forma ovato- ellittica, pelose su entrambe le lamine e con mar-gine irregolarmente dentato. La grandezza delle fo-glie diminuisce gradualmente verso l’apice del cau-le, fino a ridursi a brattee che accompagnano l’in-fiorescenza costituita da un racemo ascellare di pic-coli fiori di colore viola-blu chiaro (Fig. 18.34).

Parti usate. Le foglie, per preparazioni galeniche.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie so-no raccolte in agosto o settembre. Dopo l’essicca-mento vengono compresse ed esportate in balle.Descrizione della droga. Le foglie sono ovate oovato-lanceolate. Il margine è irregolarmente den-tato e dalle dentellature si generano pori acquosi.L’epidermide superiore della foglia è composta dacellule sinuose e da cellule papillari con le pare-ti anticlinali che mostrano le nervature. Le cellu-le dell’epidermide inferiore hanno pareti corte constomi e all’esterno sono presenti speciali celluledi riserva. I peli unicellulari si originano su en-trambe le pareti dell’epidermide. Numerosi poriacquosi si trovano sulla parete superiore dei mar-gini dentati.Componenti principali. Alcaloidi (0,2-0,4%), di cuiil più importante è la lobelina (Fig. 18.35). Altri alcaloidi sono la lobelidina, la lobelanina, la lobe-lanidina, l’isolobinina. Ulteriori componenti sonol’inflatina (sostanza cerosa), tannini, un olio es-senziale.Proprietà ed impiego terapeutico. I preparati gale-nici di lobelia sono stati usati come espettoranti;

292 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.34 Lobelia inflata: pianta

Capitolo 18 • Alcaloidi 293

quest’effetto è stato attribuito all’isolobinina (irri-ta fortemente le mucose), un composto instabiledella lobelina. L’effetto antiasmatico dell’isolobi-nina è una conseguenza dell’azione riflessa dovutaall’azione irritante sulla mucosa dello stomaco.Comunque i derivati piperidinici della lobelinahanno una certa affinità per i recettori nicotinici equindi molti effetti sono simili a quelli della nico-tina. Così, come la nicotina, la lobelina è uno sti-molante gangliare, ma meno potente.

La lobelina è attualmente usata per studiare lacomplessa struttura del recettore nicotinico. Lostudio dei recettori nicotinici (centrali) è utile percomprendere meglio la fisiopatologia di malattieneurologiche, quali l’Alzheimer, per la quale èstata ipotizzata una disfunzione dei recettori ni-cotinici. Come la nicotina, la lobelina è utilizza-ta per smettere di fumare, sebbene manchino stu-di clinici attendibili che forniscano prove a tal riguardo.

Alcaloidi tropanici

Gli alcaloidi tropanici sono presenti in natura in di-verse piante appartenenti alle famiglie delle Sola-naceae [Atropa belladonna, Hyosciamus niger (al-bus, aureus ecc.), Datura stramonium (ferox, me-teloides, metel ecc.) Scopolia carniolica (o japoni-ca), Duboisia myoporoides, Mandragora officina-lis, Solanum nigrum], Eritroxylaceae [Erytroxylumcoca], Brassicaceae [Cochlearia officinalis], Con-volvulaceae [Convolvulus scammonia] Euforbia-ceae [Peripentadenia spp.].

Gli alcaloidi tropanici sono esteri di alcoli tro-panici (tropina, scopina, teloidina, ecgonina) conacidi alifatici o aromatici (tiglico, angelico, ben-zoico, acetico, tropico, fenilacetico ecc.). Gli alca-loidi di questo gruppo (atropina, scopolamina, co-caina ecc.) trattati con acido nitrico fumante e, do-po aver portato a secco, con acetone ed una solu-zione alcolica di KOH al 10% sviluppano una co-lorazione violetta intensa che vira al rosso. Posso-no anche essere identificati con tecniche cromato-

grafiche (HPLC) e con metodi biologici che sfrut-tano le proprietà farmacologiche di questi compo-sti. Il tropano è un composto biciclico costituito daun anello pirrolidinico (formato dall’ornitina) e unanello piperidinico. Il 3-idrossil-derivato del tro-pano è conosciuto come tropina. La sua esterifi -cazione con acido tropico produce l-iosciamina,che può racemizzare per formare l’atropina o d-l- iosciamina (questo alcaloide non è presente nel-la droga fresca, bensì in quella secca). L’acido tro-pico possiede un carbonio chirale, pertanto esisto-no due enantiomeri. L’atropina è una miscela equi-molare di d- e l-iosciamina, ma l’attività farmaco-logica risiede esclusivamente nell’isomero l. Lascopolamina (l’estere dell’acido tropico con la sco-pina che si forma per ossidazione della iosciamina)è la l-ioscina, molto più attiva della d-ioscina.

Le droghe più importanti in questo gruppo so-no la belladonna, lo stramonio, il giusquiamo e lacoca.

Belladonna

La belladonna è costituita dalle foglie (e radici) diAtropa belladonna L. (Fam. Solanaceae). Atropadal greco atropo© = crudele, da cui Õtropo© =una delle tre Parche, quella che recide il filo dellavita (allusione alle proprietà velenose della droga);belladonna si riferisce al fatto che il succo dellabacca instillato negli occhi dilata le pupille e que-sto esaltava la bellezza femminile. L’estratto di bel-ladonna è usato per controllare un eccesso di atti-vità motoria del tratto gastrointestinale e gli spasmidelle vie urinarie.Habitat. Originaria dell’Europa centrale e del suddell’Asia Minore, oggi A. belladonna è coltivata inmolti altri Paesi come Inghilterra, Germania, Indiae Stati Uniti; la fonte principale di rifornimento sono i Balcani.Descrizione della pianta. La pianta è un’erba pe-renne alta circa 1,5-1,8 m, con radici a fittone, ungrande rizoma e uno stelo eretto, robusto e ramifi-cato (Fig. 18.36).

Fig. 18.35 Struttura chimica della lobelina

Le foglie sono appaiate, una foglia grande eduna più piccola, presentano un picciolo lungo cir-ca 1,5 cm e fiori solitari e brevemente picciolati,che sbocciano verso l’inizio di giugno. I frutti so-no nero-purpurei ed hanno la stessa grandezza diuna ciliegia; contengono iosciamina, causa di fre-quenti avvelenamenti nei bambini che li ingeri-scono (2-3 frutti possono portare a morte un bam-bino, mentre sono necessari 7-8 frutti per causarela morte di un adulto).Parti usate. Foglie e radici. La belladonna non devecontenere più del 3% di steli con un diametro che su-pera i 5 mm.Raccolta e preparazione della droga. Le foglie so-no raccolte alla fine di giugno o a luglio (una posi-zione soleggiata produce foglie con una maggiorequantità di principi attivi rispetto ad una posizioneombreggiata) da piante di circa tre anni di età. Le fo-glie, se non sono immediatamente essiccate, si dete-riorano ed emettono ammonio. È meglio far essiccarele foglie in strati sottili con una temperatura mode-rata (30-35 °C), che viene progressivamente au-mentata (60 °C) e poi gradualmente fatta diminuire.Descrizione della droga. Le foglie presentano unalamina sottile, friabile, verde-bruniccia che tendeal marrone, ovale, intera (lunga 3-10 cm e larga 5-20 cm). Il margine è intero e l’apice acuminato. Lasuperficie superiore è glabra, mentre quella infe-riore è pelosa. I più importanti caratteri diagnosti-ci per identificare la droga sono le nervature e la

ruvidità della superficie. Quest’ultima è dovuta al-la presenza di ossalato di calcio in alcune celluledel mesofillo che causa la comparsa di piccoli pun-ti bianchi sulla superficie fogliare dando l’impres-sione che sia cosparsa di sabbia. L’odore sgrade-vole delle foglie fresche scompare quando questevengono essiccate.Componenti principali. La belladonna contiene dal-lo 0,3 all’1,7% di alcaloidi di cui il principale è la io-sciamina (ne costituisce l’83-98%). Sono presenti an-che la scopolamina, l’apoatropina, la belladonnina ederivati quali atropina e tropina (Fig. 18.37). La dro-ga contiene anche quercetina, kaempferolo, flavoniglucosidici, acido clorogenico, ossalato di calcioecc. La radice di belladonna può contenere finoall’1% di alcaloidi: iosciamina e scopolamina sonopresenti anche nello stramonio, nel giusquiamo, nel-la duboisia, nella scopolia e nella mandragora.

Il rapporto iosciamina/scopolamina varia consi-derevolmente in queste droghe. La belladonna fo-glia contiene solo piccole quantità di scopolamina,mentre giusquiamo e stramonio ne contengonoquantità significative (Tabella 18.10).Proprietà ed impiego terapeutico. Atropina e sco-polamina bloccano i recettori muscarinici, provo-cando l’inibizione di tutte le funzioni parasimpati-che. Essi, pertanto, provocano midriasi e ciclople-gia, riducono la motilità gastrointestinale e della ve-scica urinaria, provocano broncodilatazione, ridu-cono le secrezioni (salivare, sudoripara ecc.) edhanno un potente effetto spasmolitico. Le azioni sul

294 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.36 Atropa belladonna: pianta

H3C

OHH

O

O

N

H

Fig. 18.37 Struttura chimica dell’atropina (a) e della sco-polamina (b)

a

H3C N

O

O

O

OH

b

Capitolo 18 • Alcaloidi 295

sistema cardiovascolare sono più complesse; infattil’atropina a piccole dosi provoca una diminuzionedella frequenza cardiaca, mentre a dosi più alte lafrequenza aumenta. La scopolamina attraversa labarriera ematoencefalica più facilmente rispetto al-l’atropina e quindi ha un effetto centrale più pro-nunciato; pertanto, al contrario dell’atropina, lascopolamina provoca sedazione. Poichè può pro-vocare a determinate dosi anche euforia, è stata og-getto di abuso. L’apoatropina è più attiva dell’a-tropina come antistaminico. Comunque l’azionecomplessiva della belladonna non dipende solodalle interazioni che si stabiliscono tra questi al-caloidi. Degli altri componenti, infatti, i flavonoi-di sinergizzano l’azione spasmolitica degli alca-loidi, ma antagonizzano l’azione di questi sulla ri-tenzione urinaria; l’acido clorogenico, a sua volta,sinergizza l’attività antistaminica degli alcaloidi,ma anta gonizza gli effetti centrali di questi. Deter-minare (titolare) quindi il contenuto di iosciamina,il componente più attivo e più abbondante o laquantità totale di alcaloidi dice poco circa la qua-lità terapeutica della droga.

La belladonna, per le sue interessanti proprietàspasmolitiche, è molto efficace in alcune affezionia carico del digerente (coliche biliari, spasmi inte-stinali, ipersecrezione gastrica, scialorrea) e dellevie urinarie (coliche renali). Per la sua azione bron-codilatatrice ed antisecretiva può essere poi di gio-vamento nell’asma bronchiale. Nel passato è statautilizzata nella cura del parkinsonismo postencefa-litico (cura bulgara). Questa consisteva nel som-ministrare dosi crescenti di un decotto di radici dibelladonna al 2%. L’efficacia della cura è stata at-tribuita in gran parte alla presenza di scopolamina,alcaloide che deprime il SNC. La belladonna puòinfine essere utile in alcune intossicazioni.

Comunque oggi, per le difficoltà che si hannonel titolare e quindi prevedere con accuratezza l’a-

zione dei preparati di belladonna, si preferiscono al-la droga i suoi componenti allo stato puro. Così l’a-tropina è usata nella medicazione preanestetica (inquanto riduce il rischio di ostruzione delle vie ae-ree e della polmonite postoperatoria) e come spa-smolitico nel caso di disordini gastrointestinali eurogenitali; è inoltre applicata localmente come mi-driatico. Anche la scopolamina, per i suoi effetti se-dativi, può essere utile nella medicazione preane-stetica. Ad ogni modo la scopolamina è il farmacopiù efficace per la profilassi ed il trattamento delmal d’aria, d’auto e di mare. Per questo motivo èspesso somministrata transdermicamente. Analoghisintetici o semisintetici degli alcaloidi della bella-donna vengono poi utilizzati nel trattamento delmorbo di Parkinson (triesifenidile, benztropina), co-me antiasmatici e nelle malattie polmonari ostrut-tive [ipratropio (Atem®, ecc.)] e nel trattamento del-l’ulcera peptica.

Stramonio

Lo stramonio è costituito dalle foglie secche e dal-le infiorescenze di Datura stramonium L. (Fam. So-lanaceae). Datura deriva dall’indiano dhatura odall’arabo tatorah = frutti spinosi, nomi indigeniche indicano la pianta; stramonium deriva dal fran-cese stramoine che significa erbaccia o dalla con-trazione di str‡cnon + man›a, cioè pianta che pro-voca pazzie furiose, termini usati da Dioscoride perindicare questa pianta.Habitat. Asia occidentale, Stati Uniti, Messico,Europa: in Italia è frequente nei luoghi incolti ric-chi di humus, lungo le strade, le siepi, i campi, dalmare alle zone montane. È coltivata in Ungheria,Francia, Germania ed Inghilterra.Descrizione della pianta. Erba annua, alta fino a 2 m, con radice fusiforme, con fusto verde scuro,

Tabella 18.10 Contenuto alcaloideo di alcune droghe tropaniche

Droga Alcaloidi totali Iosciamina Scopolamina(%) (%) (%)

Belladonna*foglia 0,09-1,7 83-98 Tracceradice 0,3-1 82-90 0,05-2,6

Giusquiamo 0,04-0,23 50 50

Stramonio 0,2-0,4 50-90 10-40

Duboisia 3

Scopolia 0,2

Mandragora 0,2

* La belladonna non deve contenere più del 3% di caule

glabro, cavo, ramificantesi per biforcazione, congrandi foglie isolate o alterne, lungamente piccio-late, ovali, con fiori ascellari bianchi, e che ha co-me frutto una capsula ovata, spinosa, contenentenumerosi semi (Fig. 18.38).Parti usate. Foglie.Raccolta e preparazione della droga. A luglio, quan -do inizia la fioritura, si raccolgono le foglie che ven -gono essiccate in luogo caldo e ventilato. In agosto,a completa fioritura, viene fatta una seconda rac-colta.Descrizione della droga. La foglia mostra un piccioloappiattito, lungo 3-6 cm ed una lamina verde scuro,sottile, glabra, ovato-allungata (5-10 × 10-20 cm), si-nuato-dentata ai margini, con apice acuminato, connervatura penninervia a nervo mediano pronunciato.Si distingue dalle foglie di altre specie di Datura (me-tel, innoxia ecc.) in quanto ha dentellature che divi-dono le sinuosità. La foglia fresca ha un odore viro-so. Il sapore è amaro, acre, sgradevole.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa si osserva: epidermide della pagina superio-re a cellule con pareti sinuose, ricoperte da una cu-ticola liscia, con stomi del tipo delle crucifere, conrari peli tettori, verrucosi, conici, uniseriati e con al-cuni peli ghiandolari con peduncolo unicellulare etesta clavata, pluricellulare; tessuto a palizzata aduna fila di cellule; tessuto spugnoso, con cellulecontenenti druse di ossalato di Ca2+; epidermide in-feriore come la superiore, più ricca in stomi e conpiù peli. La polvere mostra frammenti epiteliali concellule sinuose; druse di ossalato di Ca2+, peli tet-tori di 1-6 cellule, peli ghiandolari, frammenti dimesofillo con cellule contenenti ossalato di Ca2+.Componenti principali. Alcaloidi tropanici (0,2-0,7%) in gran parte rappresentati da l-iosciamina escopolamina. Contiene inoltre mucillagini, tannini

ecc. Questi alcaloidi sono presenti anche nei semi(0,4%, soprattutto iosciamina).Proprietà ed impiego terapeutico. I medesimi del-la belladonna e del giusquiamo. Le foglie di stra-monio sono state anche impiegate per preparare si-garette come rimedio contro l’asma. Lo stramonioè più tossico del giusquiamo e della belladonna. Sefumato, provoca allucinazioni. In passato, nei ritimagici, venivano ingerite preparazioni di semi di D.stramonium per indurre allucinazioni.

I sintomi dell’intossicazione sono: pupille di-latate, visione offuscata, aridità della pelle, sec-chezza delle fauci, allucinazioni e perdita di co-scienza. Lo stramonio è stato qualche volta utiliz-zato, per i suoi effetti psicotropi, dagli adolescen-ti per “drogarsi”. L’abuso causa morte per de-pressione del SNC, collasso cardiocircolatorio edipotensione.

Giusquiamo

Il giusquiamo è dato dalle foglie di Hyoscyamus ni-ger L. (Fam. Solanaceae). Hyoscyamus da Ü©, ufi©+ k‡amo©, maiale + frutto a capsula, perché i frut-ti sono velenosi per i maiali; niger, per la reticola-tura nero-violacea dei fiori. Noto per la sua vele-nosità, fu usato anche come medicamento dagli an-tichi greci e romani. Cadde in disuso per poi esse-re introdotto nella medicina nel 1762.Habitat. Asia orientale, Africa settentrionale edEuropa: in Italia è frequente nei luoghi incolti e ru-derali. È coltivato in Inghilterra, Germania, Un-gheria, Russia e nel Nord America.Descrizione della pianta. Pianta erbacea annua obienne, alta 0,5-1,5 m, fetida, vischiosa, con gros-sa radice carnosa a fittone, con caule solcato lon-gitudinalmente, peloso, verde-grigiastro, ramifica-to, con foglie molli, pelose sulla pagina inferiore,di un verde pallido, picciolate e grandi le basali, ses-sili e amplessicauli le superiori, a lamina ovata, amargine sinuato-dentato, ad apice acuminato (Fig.18.39), con fiori giallini all’ascella delle foglie su-periori e con frutto a pisside contenente piccoli se-mi grigi, reniformi.Parti usate. Foglie.Raccolta e preparazione della droga. Da maggio aluglio, durante la fioritura, da piante bienni. Le fo-glie si staccano dalla pianta sradicata e si lascianorapidamente seccare in luoghi asciutti o in essicca-toi a 40-50 °C.Descrizione della droga. La foglia mostra un pe-duncolo piatto, lungo fino a 5 cm (manca nelle fo-glie superiori), una lamina pelosa, specie alla base,

296 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.38 Datura stramonium: pianta con frutti

Capitolo 18 • Alcaloidi 297

ovato-allungata, profondamente sinuato-dentata aimargini, con insenature profonde, acute, a 2-6 den-ti, con apice triangolare, con nervatura penninervia,a nervo mediano prominente. La foglia fresca ha unodore viroso, fetido. Il sapore è acre, spiacevole,amarognolo. La Tabella 18.11 sintetizza le principalicaratteristiche della belladonna, del giusquiamo edello stramonio.Esame microscopico della droga. In sezione tra-sversa si osserva: epidermide della pagina supe-riore a cellule appiattite, coperte da una cuticola li-scia, con stomi del tipo delle crucifere, con peli tet-tori conici dati da 2-4 cellule e con peli ghiando-lari a testa sferica unicellulare o pluricellulare; tes-suto a palizzata ad una sola fila di cellule; tessuto

spugnoso a cellule irregolari, ricche di cristalli diossalato di Ca2+; epidermide della faccia inferioreuguale a quella superiore, ma più ricca di stomi edi peli.

La polvere mostra: frammenti di epidermide constomi, peli tettori conici e peli ghiandolari sia conlungo peduncolo pluricellulare e capocchie uni- opluricellulari, che con breve peduncolo unicellula-re e capocchie pluricellulari.Componenti principali. Alcaloidi tropanici quali sco-polamina (50%) e l-iosciamina (50%). Inoltre piccolequantità di tannini, mucillagini, ossalato di Ca2+.Proprietà ed impiego terapeutico. I medesimi del-la belladonna e dello stramonio. Possiede inoltreun’azione ipno-narcotica.

Fig. 18.39 Hyoscyamus niger : ramo (a) e foglia (b)

a

b

Tabella 18.11 Principali caratteristiche e tempo di raccolta della belladonna, dello giusquiamo e dello stramonio

Belladonna Giusquiamo Stramonio

Alterne e brevemente picciolate Alterne, sessili Lungamente picciolateLembo ovale intero Lembo ovale con lobi dentati ai bordi Lembo ovale con 5-7 lobi dentati ai bordiPelose Pelose PeloseVischiose e maleodoranti Vischiose e maleodoranti Vischiose e maleodorantiPeli protettori Peli protettori Peli protettoriPeli ghiandolari (uni- e pluricellulari) Peli ghiandolari (pluricellulari) Peli ghiandolari a parte verrucosaCellule sabbiose di ossalato di Ca2+ Cristalli prismatici di ossalato di Ca2+ Cristalli stellati (druse) di ossalato di Ca2+

Raccolta in giugno-luglio Raccolta in maggio-luglio Raccolta in giugno-luglio

Coca

La coca è costituita dalle foglie di Erythroxylum cocaLam. (Fam. Erytroxylaceae), nota come coca di Hua -nuco (o boliviana) o di E. truxillense Rusby, nota co-me coca di Truxillo (o peruviana). Erythroxylum, dalgreco eruãrfi© = rosso e x‡lon = legno, per il le-gno rossastro dell’albero; coca, nome indio dellapianta; truxillense da Truxillo, città costiera del Perù.Habitat. Bolivia e Perù. È coltivata in America delsud (Cile, Argentina, Brasile), in Asia (Sri Lanka,Giava) ed in Africa (Madagascar).Descrizione della pianta. Arbusto sempreverde, al-to 1,5-2,5 m, con corteccia di colore bruno-rossa-stro, con foglie alterne, brevemente picciolate, confiori in piccole cime ascellari di colore bianco-gial-lastro, con frutto a drupa oblunga, di colore rosso,contenente un solo seme.Parti usate. Foglie.Raccolta, preparazione e conservazione. Le foglievengono raccolte 3-4 volte all’anno da piante alquinto anno di vegetazione e continua fino al deci-mo anno. L’essiccamento viene fatto al sole o arti-ficialmente a modica temperatura. La droga delcommercio proviene da coltivazioni che si pratica-no ad una altitudine tra i 400 ed i 2000 metri e aduna temperatura costante di 20 °C.Descrizione della droga. La foglia, brevemente pic-ciolata, presenta un lembo ovale, verde-giallastro, adapice acuto, a margine intero. Le nervature seconda-rie che si staccano da quella centrale si ramificano esi anastomizzano dando una fitta rete. Sulla pagina in-feriore 2 linee sono visibili ai lati della nervatura cen-trale; queste, unendosi alla base ed all’estremità dellafoglia, delimitano una zona affusolata (area). Questedue linee o pseudonervature sono i segni dovuti alladisposizione della lamina fogliare nella gemma (Fig.18.40). La coca ha un odore che ricorda il tè, saporeamarognolo, astringente, lievemente piccante; se ma-sticata rende insensibile la lingua per un po’ di tempo.Esame microscopico della droga. L’epidermide su-periore della foglia è fatta da cellule poligonali, l’in-feriore da cellule papillose, per cui vista in sezionetrasversa appare dentellata.Componenti principali.Alcaloidi tropanici (0,6-1,5%)del tipo della ecgonina, quali cocaina (Fig. 18.41),cinnamil-cocaina, a e b-truxillina ecc.; inoltre alca-loidi del tipo della tropina e del tipo della igrina (Tabella 18.12).Proprietà ed impiego terapeutico. Le proprietà te-rapeutiche della coca sono note da secoli alle popo-lazioni peruviane e boliviane che la masticavano perattenuare il senso di fatica, della fame e della sete eper aumentare le prestazioni muscolari. La coca dà

inoltre una sensazione di benessere e di euforia: co-munque presa più volte può dare allucinazioni. Lacocaina, il principale componente della coca, nonpossiede le proprietà farmacologiche tipiche deglialcaloidi tropanici della belladonna. La cocaina è unpotente stimolante centrale: fa aumentare la pron-

298 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.40 Erythroxylum coca: pianta (a) e foglie (b, c)

b

a

c

Capitolo 18 • Alcaloidi 299

tezza mentale ed induce una sensazione di benesse-re ed euforia. Inoltre, provoca manifestazioni tipi-che dell’attivazione del sistema simpatico e cioè ta-chicardia, ipertensione, dilatazione pupillare e va-socostrizione periferica. Le azioni farmacologichedella cocaina sono dovute, in gran parte, al bloccodella ricaptazione neuronale delle catecolamine (no-radrenalina, serotonina e dopamina) da parte deineuroni presinaptici. Tale blocco potenzia le azionidelle catecolamine endogene, sia a livello centraleche a livello periferico (attività sul sistema simpati-co). In particolare, il potenziamento dell’azione del-la dopamina nel sistema limbico (parte del SNC checontrolla le sensazioni di piacere) potrebbe essere re-sponsabile degli effetti piacevoli ed euforici indottidalla cocaina. L’uso cronico di cocaina porta adesaurimento dei depositi di dopamina a cui fa se-guito depressione e desiderio di assumere altra co-caina. La cocaina è, inoltre, un ottimo anestetico lo-cale: causa un blocco graduale e reversibile dellaconducibilità degli impulsi nervosi (dolorosi, poiman mano termici, tattili, propriocettivi, muscolari).L’azione anestetica è legata al blocco della condu-zione delle fibre nervose, principalmente per ridu-zione della permeabilità agli ioni sodio.Effetti collaterali, tossicità e controindicazioni. Ladroga dà assuefazione. Sembra però che la coca diafenomeni di avvelenamento cronico meno appari-

scenti di quelli che si osservano con l’uso di cocai-na. Questo fa nascere il sospetto che la cocaina nonsia il principale componente della coca. È noto chela cocaina è presente nel sangue già 30 minuti do-po l’inizio della masticazione di coca e che rag-giunge un picco ematico dopo 1-2 ore per poiscomparire dopo 5-7 ore. Probabilmente con la ma-sticazione di coca si assimilano lentamente quantitàmolto basse di cocaina (15-50 mg). Questo potreb-be spiegare perché il masticare coca è meno peri-coloso dell’impiego di cocaina.

Alcaloidi purinici

Gli alcaloidi purinici sono correlati chimicamenteall’adenina ed alla guanina, dai quali derivano at-traverso semplici N-metilazioni. La biosintesi del-le purine è piuttosto complessa, poiché numerosemolecole concorrono alla formazione dell’anellopurinico (Fig. 18.42a).

Fig. 18.42 a Origine dei diversi atomi del sistema ciclicopurinico. b Alcaloidi purinici

a

b

Tabella 18.12 Tipi di alcaloidi presenti nella coca

Derivati della

Ecgonina* Tropina Igrina

Cocaina Tropococaina IgrolinaCinnamil-cocaina Valerina Cuscoigrinaα-Truxillinaβ-TruxillinaIsococainaOmococaminaCocamina

* Solo i derivati della ecgonina sono commercialmente impor-tanti. La coca boliviana, rispetto a quella peruviana, contiene unamaggiore quantità di alcaloidi; comunque la coca peruviana con-tiene una quantità di cocaina superiore

O

O

O

O

CH3

H3C N

Fig. 18.41 Struttura chimica della cocaina

Gli alcaloidi purinici non hanno proprietà basiche,ciò nonostante vengono classificati come alcaloidiperché contengono azoto e perché possiedono spic-cate proprietà farmacologiche. Detti anche basi xan-tiniche, non si trovano liberi nelle piante bensì com-binati a sostanze tanniche, fenoliche e glucidiche conle quali formano composti più stabili. Durante i pro-cessi di fermentazione, di tostatura e/o essiccamentodella droga si ha la scissione di questi composti: i tan-nini danno luogo a flobafeni insolubili (bruno di ca-cao, rosso di cola) e gli alcaloidi rimangono liberi. Glialcaloidi purinici più comuni sono la caffeina, la teo-bromina e la teofillina (Fig. 18.42 b). La caffeina èpresente in diverse piante (Tabella 18.13), ma vieneestratta dai residui del tè; si ottiene anche durante latostatura del caffè perché sublima e può essere facil-mente raccolta. La teobromina è presente nei rive-stimenti esterni dei semi di Theobroma cacao, daiquali viene estratta, mentre la teofillina si trova neltè, ma in quantità basse per essere convenientemen-

te isolata, per cui si preferisce prepararla per deme-tilazione dalla caffeina o per sintesi totale. Gli alca-loidi purinici possiedono molteplici azioni biologi-che: la caffeina stimola il SNC (a dosi di 100-200 mgcausa diminuzione del senso della fatica e aumentodell’attenzione, a dosi superiori ad 1 g provoca ansiae tremori), aumenta l’attività del cuore (effetto ino-tropo e cronotropo positivi) ed agisce come un diu-retico; la teobromina e la teofillina rilasciano la mu-scolatura liscia bronchiale e si comportano da diure-tici. Gli alcaloidi purinici stimolano inoltre la secre-zione gastrica (i soggetti con ulcera peptica devonoevitare bevande contenenti basi xantiniche) e la li-polisi. In terapia la caffeina si usa in associazione conalcaloidi della segale cornuta (nelle cefalee) o con an-tipiretici-antinevralgici; la teofillina trova impiego neltrattamento delle crisi asmatiche.

Nella Tabella 18.14 è riportata la quantità dicaffeina assunta in alcuni Paesi attraverso diversebevande.

300 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella 18.13 Piante contenenti caffeina

Pianta Parte della pianta Caffeina Bevandappm

Camellia sinensis Foglia 3.810-93.000 TèPaullinia cupana Seme 25.000-76.000 GuaranàCoffea arabica Seme 600-32.000 CaffèPaullinia yoko Corteccia 3.000-27.300 YokoCola acuminata Seme 10.000-25.000 ColaIlex paraguariensis Foglia 2.000-20.000 MatèTheobroma cacao Seme 500-12.900 CioccolatoTheobroma bicolor Frutto 158-184 CioccolatoCitrus limon Fiore 0,5-50 LimonataCitrus sinensis Foglia 0,4-6 Aranciata

In tutto il mondo la caffeina viene assunta quotidianamente perché presente in bevande di uso comune

Tabella 18.14 Quantità di caffeina (mg/persona/die) assunta in alcuni Paesi sotto forma di caffè, tè, matè e cioccolato

Paese Caffè Tè Matè Cioccolato Caffeina totale

Argentina 43 1 52 5 101Australia 202 29 0 0 231Brasile 26 1 10 4 41Canada 180 18 0 12 210Colombia 126 0 0 9 135Cina 2 14 0 0 16Danimarca 354 15 0 21 390Francia 215 8 0 16 239Germania 292 9 0 12 313India 1 26 0 0 27Italia 198 3 0 8 209Giappone 119 44 0 5 168Norvegia 379 8 0 13 400Olanda 369 38 0 6 413Paraguay 51 1 101 3 156Russia 26 40 0 7 73Regno Unito 92 96 0 14 202Stati Uniti 143 12 0 12 167Svezia 388 12 0 7 407Svizzera 275 11 0 1 287

Dati riportati da Fredholm e coll. (1999)

Capitolo 18 • Alcaloidi 301

Caffè

Il caffè è dato dal seme di Coffea arabica L. (Fam.Rubiaceae), arbusto originario del Sudan e deglialtipiani d’Etiopia, oggi coltivato in Centro e SudAmerica. Altre specie diffuse e coltivate nei Pae-si tropicali sono: C. liberica W. Bull. et Hiern (Li-beria e Sierra Leone) e C. canephora Pierre etFroehner (Congo, Zaire).

La pianta presenta foglie opposte, coriacee e fio-ri bianchi. Il frutto di C. arabica è una drupa di co-lore rosso, simile ad una piccola ciliegia; nella pol-pa sono presenti due semi ovoidali (Fig. 18.43).

Il frutto viene raccolto quando è completamen-te maturo. Dopo la raccolta il seme viene separatodalla polpa del frutto o mediante essiccazione al so-le o all’aria calda o tramite un processo di fermen-tazione (in acqua) della durata di 14-42 ore.

Il chicco di caffè ottenuto viene infine tostato a200-250 °C; questo processo conferisce al caffè ilsuo colore bruno ed il suo aroma (attribuito al caf-feolo, un olio costituito per il 50% di furfurolo, contracce di acido valerianico, fenolo e piridina). Ilcaffè contiene più di 100 sostanze tra cui caffeina(1-2%), in combinazione con l’acido clorogenico,un olio volatile (10-13%), circa il 15% di glucosioe destrina, trigonellina (0,25%), tannini (3-5%).

Il caffè si utilizza per preparare una bevanda sti-molante; il caffè decaffeinato contiene non oltre lo0,08% di caffeina. Gli effetti eccitanti dell’infuso dicaffè sono dovuti alla caffeina ed in minima parteal caffeolo ed all’acido clorogenico. Una tazzina dicaffè contiene circa 100-150 mg di caffeina, men-tre una tazza di caffè istantaneo (solubile) ne con-tiene 25-100 mg. In comparazione una tazza di tène contiene 60-75 mg, una tazza di cacao 5-40 mg,una lattina di cola (1/3 l) 40-60 mg.

La produzione annua di caffè supera i 4 milio-ni di tonnellate. Il Brasile è il maggior produttoredi caffè (circa 18 tonnellate) seguito dalla Colom-bia (circa 0,6 tonnellate); l’Africa produce circa unquarto della produzione mondiale e l’Asia (Indo-nesia, Sri Lanka) circa un ventesimo. Da ogni al-bero si ricavano 0,5-5 kg di caffè.

Il tè è dato dalle foglie di Thea sinensis (L.) Kun-tra (Camellia sinensis, C. thea Link (Fam. Tea-ceae), un albero di 5-10 m (se coltivato rimane unarbusto di circa 2 m di altezza), originario del sud-est asiatico (Birmania) e coltivato in India, SriLanka, Indonesia, Cina, Giappone, Africa e SudAmerica. Ha foglie alterne, sempreverdi, coriacee,brevemente picciolate, lanceolate-acute (lunghe 2-5 cm, larghe 10-18 mm), dentellate solo sui mar-gini superiori (Fig. 18.44 a). I fiori, di colore bian-co, sono ascellari; i frutti sono capsule bianco-ro-sacee e profumate. In sezione le foglie presentanoun tessuto a palizzata (un’unica fila di cellule), untessuto lacunare (con druse di ossalato di calcio) egrandi scleriti isolati che raggiungono le due epi-dermidi (Fig. 18.44 b e c).

Il tè è stato introdotto in Europa nel XVI seco-lo dalla Compagnia Olandese delle Indie, ma solosuccessivamente (circa un secolo più tardi) è statoutilizzato sotto forma di infuso (soprattutto in In-ghilterra). I principali produttori di tè sono Cina, SriLanka, Giappone, India e Russia. La droga si ot-tiene dalle foglie o dai fiori. I fiori si raccolgono nelmomento in cui il calice è sul punto di appassire eforniscono una varietà di tè molto pregiata, intro-dotta sul mercato nel XX secolo. Le foglie si rac-colgono quando la pianta ha 3 anni e la raccolta puòcontinuare per 20-40 anni. Le foglie vanno in com-mercio come tè verde, tè nero e tè scuro. Il tè ver-de (green tea), prodotto quasi esclusivamente in Ci-na ed in Giappone, si ottiene da foglie leggermen-te torrefatte dopo la raccolta, quindi arrotolate a ma-no e seccate a fuoco dolce; con questo sistema ven-gono distrutti gli enzimi e si evita ogni successivafermentazione. Pertanto il tè mantiene il suo colo-re verde durante il processo di essiccamento.

Il tè nero (black tea), molto diffuso in Europa,si ottiene con un procedimento più lungo e com-plesso. Le foglie sono prima essiccate al sole (per15-36 ore), poi frantumate e lasciate fermentare a30 °C per 30-120 minuti. Con la fermentazione sicompletano le reazioni di ossidazione iniziate conla frantumazione (le ossidasi fenoliche interagi-Fig. 18.43 Coffea arabica: pianta

scono con i polifenoli presenti nel fluido cellurare)e si avrà un tè di colore bruno scuro. Dopo la fermentazione, il materiale foliaceo viene torrefat-to a 115-120 °C e arrotolato. Il procedimento puòvariare nei particolari a seconda del Paese produt-tore. Il tè scuro (oolong tea) è una varietà di tè nero.Poco noto in Europa, è solo parzialmente fermen-tato. Il tè nero, il tè verde ed il tè scuro possono essere di qualità più o meno pregiata in base alla zona di provenienza, al ti po di materiale utilizzato(giovani germogli > foglie giovani > foglie vecchie)ed al metodo di preparazione. Si distinguono cosìvari tipi di tè: imperiale, pekoe, lapsang, su-chong,pon-aurl, ton-kay, darjeeling ecc. Il tè contiene tan-nini (8-20%) tra cui epigallocatechina-3-O-gallato(EGCG), caffeina (2,5-5,5%), teobromina (0,07-0,17%), teofillina (0,002-0,013%), un olio volatile;inoltre vitamine (del gruppo B), composti polifla-vonici (teoflavina e tearubigina) ecc.

Alla caffeina ed alla teofillina è attribuita l’a-zione eccitante del tè sul SNC. Queste due xanti-ne hanno anche un’azione stimolante sul miocar-dio e di rilassamento della muscolatura bronchia-le. Caffeina e soprattutto teofillina possiedono poiun effetto diuretico, ma è l’EGCG il componentepiù interessante, perché sembra che conferisca altè effetti chemiopreventivi verso il tumore prosta-tico. L’EGCG presenta anche un’affinità per i can-nabinoidi. Comunque il tè sembra che stimoli an-che la motilità gastrica senza modificare la secre-zione; inoltre ai tannini si deve la leggera azioneastringente del tè.

Più che come farmaco il tè è usato come be-vanda tonica per la sua azione eccitante sul SNC;in terapia si può sfruttare la sua azione astringente(antidiarroica) e diuretica, preparandone un infusocon circa 5 g di droga. L’assunzione continua di tè,ma anche di altre bevande contenenti basi xantini-che, provoca un certo grado di tolleranza e di di-pendenza psichica. L’abuso di tè (teismo) è un pro-blema sociale in alcuni Paesi quali Egitto e Tunisia.

Matè

Il matè è dato dalle foglie e dai rami giovani di Ilexparaguariensis St Hilarie (Fam. Aquifoliaceae), pian-ta alta fino a 20 m, originaria del Brasile meridiona-le, Paraguay ed Argentina settentrionale. Se coltiva-ta, la pianta viene mantenuta allo stato di arbusto equindi è di dimensioni più modeste (Fig. 18.45). Lefoglie sono alterne, lanceolate, leggermente ottuse al-la sommità, con margine seghettato di colore verde.La nervatura mediana, prominente nella faccia infe-

302 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.44 Thea sinensis: pianta (a) e foglie (b, c)

a

b

c

Capitolo 18 • Alcaloidi 303

riore, dà luogo a delle nervature secondarie che sianastomizzano formando delle nervature terziarie. Lacuticola della pagina superiore è spessa, increspata esenza stomi, quella inferiore è liscia ed ha stomi cir-colari. I fiori sono ascellari e di colore bianco. Il frut-to è una drupa sferica di colore rosso. Ha un odorecaratteristico ed un sapore leggermente amarognolo.La droga è in effetti costituita da una polvere gros-solana di colore verde, data da frammenti di foglie,piccioli e ramoscelli. Si prepara tostando le parti ter-minali dei rami appena raccolti, quindi essiccando epolverizzando il materiale vegetale.

Contiene caffeina (0,13-1,85%), tracce di teo-bromina, sostanze tanniche (3,5-7%) quali acidocaffeotannico (acido clorogenico), fenilpropanoidi(circa il 10%), piccole quantità di olio essenziale,vitamine ecc. Il matè, detto anche tè dei Gesuiti (leprime coltivazioni risalgono ai Gesuiti), si preparamettendo la droga, detta yerba in Sud America, inuna piccola zucca, detta matè, nel versarci sopra ac-qua bollente e nel sorseggiarla con una cannuccia

d’argento o di bambù. L’infuso può anche esseresorbito per mezzo della bombilla, una palla d’ar-gento forata immersa nell’infuso e collegata ad untubicino di bambù e di argento.

Il matè è usato soprattutto nel Sud America, sottoforma di infuso, come bevanda stimolante e nervi-na, dato il suo contenuto in caffeina. Al matè si at-tribuiscono anche proprietà dimagranti, lassative,diuretiche e antifungine (vs. Malassezia furfur).

Guaranà

La droga è costiuita dai semi di Paullinia cupanavar. sorbilis Martins (Fam. Sapindaceae), piantarampicante che cresce spontanea nel Brasile ed intutto il bacino del Rio delle Amazzoni. I semi, da 1a 3, sono contenuti in una cassula rossa piriforme,uni-triloculare; sono ricoperti da un guscio crosta-ceo, sottile, hanno la grandezza di una nocciola ela forma di una castagna d’India. Presentano una su-perficie liscia, brillante, di colore nerastro.

Ciascun seme presenta un arillo bianco (ricco dicarboidrati) ed una parte centrale marrone scuro, con-tenente testa, embrione e cotiledoni (Fig. 18.46 a).

Per la preparazione della droga i semi vengonotorrefatti, subito dopo la raccolta, e trattati con ac-qua calda in modo da ottenere una pasta molle conla quale si procede alla confezione di pani o di ci-lindri di varie dimensioni che vengono essiccati alsole o in stufa (Fig. 18.46 b).

Fig. 18.45 Ilex paraguariensis: pianta (a) e frammenti difoglie (b)

a

b

Fig. 18.46 Paullinia cupana: semi (a) e pasta di semi (b)

b

a

In commercio si trovano cilindri lunghi 15-25 cme larghi 3-5 cm, duri, di colore rosso-bruno, diaspetto lucente e frattura granulosa e lucente, tal-volta con frammenti di semi. Ha odore debole, sa-pore amaro astringente. La droga contiene caffei-na (3,5-5,8%), legata sotto forma di complesso or-ganico alla guaranatina, sostanza analoga alla ko-latina; inoltre tannini (8%), tracce di teobromina,saponosidi, amido, resine, grassi ecc. Nel guaranàla caffeina è contenuta in quantità notevolmente su-periori rispetto alle altre droghe caffeiche. Il gua-ranà non trova applicazioni in terapia, anche se adesso si attribuiscono proprietà antidiarroiche e di-magranti.

Le bevande di guaranà vengono usate soprat-tutto in Sud America, come stimolanti e rinfre-scanti; si somministrano con cautela ed a stomacopieno per evitare irritazioni della mucosa gastroin-testinale.

Cola

La droga è costituita dai semi di diverse specie di Cola, C. acuminata Schott ed Endl., C. veraSchumann, C. nitida Chew, C. verticillata Stapfecc.) (Fam. Sterculiaceae). Si tratta di alberi di10-15 m, spontanei in Africa occidentale (SierraLeone, Guinea) e coltivati oltre che in questa an-che in altre regioni tropicali ed in altri Paesi qua-li India, Brasile, Giamaica. Hanno l’aspetto delcastagno nostrano. Le foglie sono ovali, intere,con apice acuminato; i fiori, raggruppati in grap-poli ascellari, sono bianchi, striati di porpora; ifrutti sono composti da follicoli dalla superficieverrucosa, spessa e disposti a stella in quanto sal-dati per un apice ad un peduncolo lignificato. Ilfollicolo è oblungo, coriaceo, bruno, rigonfio, alcentro gibboso, percorso da una cresta dorsale eda un solco ventrale. Racchiude da 5 a 10 semi,lunghi 2,5-3,5 cm, larghi 2-2,5 cm e disposti suuna o due file; originariamente ovoidali, i semi as-sumono forma poliedrica per reciproca pressione(Fig. 18.47). Freschi hanno sapore astringentearomatico che diventa amarognolo con l’essicca-mento. Il colore nella droga fresca varia dal bian-co al rosa, al rosso, al violetto, mentre nella dro-ga secca il colore è di un rosso caffè; proprio dalcolore dei semi si distinguono le varietà di C. ni-tida (alba, rubra, pallida ecc.). La cola era sco-nosciuta al mondo antico. Le prime notizie sonoriportate da Lopez nel 1593, ma è Mathews che dà,nel 1789 una descrizione della droga e del suo uti-lizzo come stimolante.

La cola contiene caffeina (1,5-2,5%), teobromi-na (0,2%), tannini (5-10%); inoltre amido (20-35%),gomme (3%), protidi (6,5%), lipidi, zuccheri (2,8-3,1%). Nella droga fresca è presente un eteroside, lacolatina, che per idrolisi dà origine a caffeina, glu-cosio e rosso di cola. Caffeina e teobromina sonocombinate nella droga fresca con sostanze tanniche(colacatechine).

La cola esplica azione stimolante sul SNC; ta-le azione è di breve durata ed è legata al contenu-to di caffeina nella droga. In alcuni Paesi africaniè diffuso l’uso di masticare la cola come voluttua-rio: attenua il senso di fame e di sete e fa soppor-tare la fatica.

In Occidente la cola è presente in alcune be-vande rinfrescanti e dissetanti (coca cola). In tera-pia la cola non viene usata; essa tuttavia entra a farparte di preparazioni ad azione eupeptica, tonica enervina.

Cacao

Il cacao è costituto dai semi di Theobroma cacaoL. (Fam. Sterculiaceae), albero originario dell’A-merica centrale (Messico, Ecuador, Antille) e col-tivato anche in Brasile, Africa (Ghana), Asia. Di-verse specie di Theobroma (T. bicolor, T. angusti -folium, T. ovalifolium ecc.) forniscono prodotti si -mili al cacao, anche se di qualità inferiore. Il cacaoè noto fin dal secolo XVI, epoca della colonizza-zione del Messico da parte della Spagna. L’alberodel cacao raggiunge gli 8-10 m di altezza. Presen-ta foglie sparse, peziolate, ovali-acute, intere; i fio-ri sono brevemente peduncolati, piccoli, rossi, riu-niti in cime che partono direttamente dal fusto; ilfrutto è grande (lungo 12-25 cm), carnoso, con epi-carpo spesso, munito di 10 solchi longitudinali,contenente una polpa giallastra nella quale stanno

304 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. 18.47 Cola acuminata: frutto e seme

Capitolo 18 • Alcaloidi 305

immersi numerosi semi (da 15 a 40) disposti in serielongitudinali. I semi sono ovoidi, lunghi 2-2,5 cme larghi 1-1,5 cm, con superficie ora liscia, colora-ta in rosso, ora rugosa, di colore terreo (Fig. 18.48).Quando il frutto è maturo si separa la polpa e si la-scia fermentare; quando la massa è diventata qua-si liquida si separano i semi che si fanno seccare alsole e tostare. I semi vengono poi sgusciati e sot-toposti a triturazione in modo da ottenere una pol-vere fine. I semi di cacao contengono grassi (40-50%), caffeina (0,07-0,36%), teobromina (1-4%),tannini (2,6-16%), proteine (15%), amidi (15%);inoltre vitamine (vitamine del gruppo B), zuccheriecc. La caffeina sembra che esista preformata neisemi freschi, mentre la teobromina si forma duran-te il processo di fermentazione.

Con i semi del cacao si preparano la polvere dicacao solubile, il cioccolato ed il burro di cacao.Queste preparazioni possono essere sofisticate conl’aggiunta di fecola (cioccolato) o di grassi vegeta-li ed animali (burro di cacao). Il cacao, per il suoalto contenuto di grassi, zuccheri e proteine, ha unelevato potere nutritivo e per questo spesso entranella composizione di polveri nutritive; il suo usoesagerato provoca dispepsia, per una ridotta secre-zione gastrica ed una lenta digestione causata dal-l’elevato quantitativo di grasso presente nella droga.

Il cacao deve essere sconsigliato in caso di ma-lattie dismetaboliche (gotta, artrite, iperuricemia,ecc). Per la presenza di basi xantiniche il cacao

esplica una lieve azione diuretica e stimolante delsistema nervoso. In farmacia si usa come aroma-tizzante ed eccipiente (burro di cacao).

Nella polvere di cacao, e conseguentemente nelcioccolato, sono state di recente identificate delle so-stanze (N-acetiletanolamine) capaci di interagirecon il sistema cannabinoide endogeno. In particola-re è stata identificata l’anandamide, un cannabinoi-de endogeno che si lega ai recettori dei cannabinoi-di e mima gli effetti psicoattivi della cannabis e delD9-THC. Inoltre sono state isolate l’N-oleoiletano-lamina e l’N-linoleiletanolamina: queste sostanze,pur non legandosi ai recettori dei cannabinoidi, so-no in grado di aumentare i livelli endogeni di anan-damide, in quanto inibiscono l’anandamide idrola-si, enzima responsabile della sua degradazione. Direcente è stata poi osservata un’azione antimutage-na (previene il danno del DNA e riduce l’attivazio-ne metabolica dei carcinogeni).

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306 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

MISCELLANEA

Il regno vegetale rappresenta una delle fonti piùimportanti di agenti ad attività antitumorale. Un’in-tensa e sistematica ricerca iniziata dal NationalCancer Institute negli Stati Uniti, negli anni ’60 ebasata anche sulla medicina popolare e l’etnofar-macologia, ha permesso di identificare un numeromolto elevato di principi naturali ad azione cito-tossica, antiossidante e/o attivi nello stimolare la ri-sposta immunitaria, fornendo così nuove strutturechimiche e nuovi meccanismi d’azione. Oltre agliantibiotici ottenuti da microrganismi, quali la bleo-micina, la daunomicina, la doxorubicina ecc., mol-ti principi attivi purificati di origine vegetale e lo-ro derivati semisintetici sono correntemente utiliz-zati nella terapia dei tumori ed agiscono efficace-mente mediante svariati meccanismi.

Molti estratti di droghe vegetali sono propostie talvolta utilizzati come adiuvanti o integratori ali-mentari durante la terapia farmacologica, radianteo chirurgica o sono descritti aneddoticamente co-me efficaci nel prevenire l’insorgenza dei tumori.I principi attivi ad attività antitumorale sono in co-stante crescita e ricadono in tutti i gruppi chimicidei prodotti del metabolismo secondario delle pian-te. Infatti, tale attività è stata riscontrata in terpe-ni, alcaloidi, lignani, chinoni, peptidi, flavonoidiecc., ed una completa descrizione risulterebbecomplessa.

Nel presente capitolo, ampio spazio sarà dedi-cato alle sostanze maggiormente utilizzate in tera-pia, in particolare agli alcaloidi della Vinca, al pa-clitaxel ed ai derivati delle podofillotossine e del-la camptotecina. Saranno anche descritte breve-mente altre sostanze vegetali ad attività antitumo-rale e chemiopreventiva, sebbene adeguati studipreclinici e clinici in vivo, con particolare atten-zione alla valutazione della tossicità, sono neces-sari per confermarne l’interesse terapeutico ed evi-tare facili entusiasmi.

Principi attivi di origine vegetale utilizzatiin terapia antitumorale

Alcaloidi della Vinca

Gli alcaloidi della Vinca sono estratti dalla pervin-ca del Madagascar, Catharanthus roseus G. Don.(= Vinca rosea L.), ora diffusa e coltivata in molteregioni tropicali. C. roseus è una pianta erbaceo-ar-bustiva, legnosa alla base, alta circa 40-80 cm. Lefoglie sono picciolate ed opposte, oblunghe, ad api-ce arrotondato e margine intero. I fiori sono similia quelli della pervinca comune e sono di colore vio-letto, rosa o bianco a seconda della varietà. La dro-ga è rappresentata da tutta la pianta essiccata e sipuò ottenere commercialmente da fonti di diverseregioni geografiche come Africa, India, Thailandia,Australia e Florida. In terapia si utilizzano i princi-pi attivi purificati.Componenti principali. Numerosi alcaloidi sonostati isolati da C. roseus e di questi circa 20 hannoattività antineoplastica. I due alcaloidi indolici di-merici, utilizzati per la loro attività antitumorale, so-no la vinblastina e la vincristina. Entrambi gli al-caloidi sono presenti in scarsa quantità nella droga,rendendo il procedimento di estrazione lungo e co-stoso. Oggi la vincristina viene anche ottenuta dal-la vinblastina sia mediante procedimenti chimiciche per trasformazione microbiologica. Data la cre-scente richiesta, viene attualmente valutata la pos-sibilità di ottenere gli alcaloidi in maggiore quan-tità da colture cellulari di C. roseus, con promettentiprospettive, non escludendo la possibilità futura diricavare gli alcaloidi della Vinca esclusivamente pervia sintetica.Proprietà ed impiego terapeutico. Gli alcaloididella Vinca sono farmaci ciclospecifici, arrestanoil ciclo cellulare in fase G2 o M (profase o meta-

ANTITUMORALICapitolo

M1

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

fase) inibendo la polimerizzazione della tubulinaed inducendo la depolimerizzazione dei microtu-buli già formati. A causa dell’alterata funzionalitàdei microtubuli, la divisione cellulare si blocca; icromosomi in tal caso possono essere ritrovati di-spersi nel citoplasma o aggregati in forma sfericao di stella. L’incapacità di segregare correttamen-te i cromosomi durante la mitosi porta a morte cel-lulare.

La vinblastina (Velbe®, Vinblastina generico) èusata nel trattamento dei linfomi e di alcuni tumo-ri solidi (testicoli, fegato ecc.) mentre la vincristi-na, ormai utilizzata in terapia da oltre dieci anni, èprincipalmente usata per il trattamento delle leuce-mie infantili e del mieloma multiplo in combina-zione con altri farmaci.

La vindesina (vinblastina amide) e la vinorel-bina sono derivati semisintetici della vinblastinae della vincristina, utilizzati in terapia per il trat-tamento dei linfomi Hodgkin e non-Hodgkin, deltumore non a piccole cellule, del polmone e deltumore della mammella. Tali derivati presentanominore tossicità rispetto agli alcaloidi naturali. In-fatti, l’uso della vincristina presenta come effet-to collaterale una severa neurotossicità; la ridu-zione del dosaggio e a volte la sospensione deltrattamento sono consigliati al comparire di di-sfunzioni motorie. La vincristina può anche de-terminare una sindrome iponatriemica per ridu-zione della secrezione di ormone antidiuretico,mentre la mielodepressione è generalmente lieve.Al contrario, la vinblastina determina maggioretossicità a carico del sistema ematopoietico, maminore neurotossicità.

In particolare, la vindesina (Eldisine®) è impie-gata in monoterapia nel trattamento di varie formedi leucemia, tra cui leucemie pediatriche resistentiad altri farmaci. Invece, la vinorelbina (Navelbine®)è indicata per il trattamento del carcinoma polmo-nare non a piccole cellule e del carcinoma mam-mario metastatico. La vinolrebina presenta il van-taggio di poter essere somministrata per via orale.

Un nuovo farmaco appartenente alla classe de-gli alcaloidi della Vinca è la vinflunina. La vinflu-nina è risultata più attiva rispetto agli altri alcaloi-di della Vinca, ed è stata autorizzata nel 2009 (Jav-lor®) per il trattamento del carcinoma a cellule tran-sizionali del tratto uroteliale (un tumore che colpi-sce la mucosa di rivestimento della vescica e il re-sto del tratto urinario) di stadio avanzato o meta-statico. Attualmente sono in corso diversi studi cli-nici per valutare l’efficacia della vinflunina in altritipi di tumore, tra cui il tumore polmonare e dellamammella.

Podofillotossine

Le podofillotossine sono presenti nel podofillo, ri-zoma e radici del Podophyllum peltatum, un’erbaperenne comune in Canada e negli Stati Uniti. Lecaratteristiche della pianta sono state precedente-mente descritte nel Cap. 17. Il podofillo indiano ècostituito dal rizoma essiccato e dalle radici di Po-dophyllum emodi, un’erba perenne che cresce nelTibet, in Afghanistan e in India. La resina ottenutadal podofillo indiano presenta una maggiore quan-tità di podofillotossina che agisce come agente an-timitotico essendo anch’essa in grado di legarsi al-la tubulina e di impedirne la polimerizzazione. Iprincipi attivi hanno tutti attività antitumorale piùo meno spiccata, ma non sono utilizzati in clinicaa questo scopo. Sono invece utilizzati come farma-ci antitumorali i derivati di semisintesi, le epipo-dofillotossine etoposide e teniposide. È singolare ilfatto che questi ultimi composti hanno un mecca-nismo d’azione completamente diverso. Infatti, eto-poside e teniposide inibiscono la topoisomerasi II,un enzima in grado di tagliare e ricongiungere i fi-lamenti di DNA durante il processo di replicazio-ne. Mediante la formazione di un complesso terna-rio con l’enzima ed il DNA, inibiscono la richiusuradella catena del DNA; il conseguente accumulo diframmenti del DNA determina quindi morte cellu-lare. Questi farmaci sono efficaci nel trattamentodel carcinoma a piccole cellule del polmone, in al-cune forme di carcinoma del testicolo e di leucemiae nel carcinoma ovarico (etoposide, Vepesid®, Eto-poside generico), così come nel trattamento dilinfomi e leucemie pediatriche (teniposide). Gli ef-fetti tossici di questi composti sono a carico del si-stema ematopoietico e di quello gastrointestinale.La leucopenia è l’effetto tossico dose-limitante.

Nonostante l’etoposide sia utilizzata in terapiagià da molti anni, tutt’oggi sono in corso studi cli-nici volti a valutare l’efficacia dell’etoposide neltrattamento del neuroblastoma e di alcune forme dileucemia, in associazione ad altri antitumorali co-me i derivati del platino.

Teniposide è attualmente studiato nel trattamen-to del linfoma mantellare in combinazione con ci-clofosfamide, doxorubicina e prednisone (regimeCHVP).

Tassoidi

I tassoidi sono estratti soprattutto dalla corteccia deltasso del Pacifico (frassino; Taxus brevifolia), un al-bero che cresce nell’area nord-ovest della costa del

310 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M1 • Antitumorali 311

Pacifico. L’albero è secolare e quindi a crescita mol-to lenta. Essendo un albero abbastanza comune e po-co decorativo, è stato ritenuto per anni di scarso in-teresse e quindi abbattuto per far posto ad altre col-ture. Dopo l’identificazione del tassolo (Fig. M1.1)e l’acquisizione della sua estrema efficacia nel trat-tamento di vari tipi di tumori, questa pianta è statarivalutata.

La Tabella M1.1 riporta alcune specie di Taxusutilizzate per l’estrazione del tassolo.Componenti principali. Il tassolo (paclitaxel) è unditerpene presente nella corteccia dell’albero. Sia laricerca clinica che l’uso terapeutico di questo com-posto sono stati resi molto difficili dal problema direperire sufficienti quantità di tassolo, poiché l’al-bero deve essere abbattuto per la decorticazione edalla corteccia si estraggono quantità minime diprincipio attivo. Tale ostacolo è stato superato conla scoperta della 10-deacetilbaccatina III, un diterpe -noide che include il complesso sistema tetraciclico

del paclitaxel e che viene isolato con buone rese dadiverse parti della pianta del tasso europeo (Taxusbaccata). Mediante questa via si ottiene anche il do-cetaxel, un analogo del paclitaxel, anch’esso utiliz-zato come agente antitumorale. Un’altra risorsa èrappresentata dal fungo Taxomyces andreanae cheparassita la corteccia del T. brevifolia. Anche il fun-go contiene tassolo, sebbene in piccole quantità, mal’aspetto più interessante è che il T. andreanae pos-siede la via biochimica che sintetizza il tassolo equindi colture cellulari di T. andreanae possono rap-presentare una possibilità di ottenere il principio at-tivo mediante processi biosintetici in laboratorio.Proprietà ed impiego terapeutico. La peculiarità delpaclitaxel, che lo distingue dagli antimitotici inibi-tori della polimerizzazione della tubulina, sta nelsuo particolare meccanismo d’azione. Esso infatti,si lega alla subunità β dell’eterodimero della tubu-lina, accelerandone la polimerizzazione ed allostesso tempo stabilizzando i microtubuli formatisi,

Fig. M1.1 Struttura chimica del tassolo

PhCONH

PhCOO

OAc

OH

Ph

O

O

AcO O OH

O

H

Me

Me

HO

Tabella M1.1 Contenuto di tassolo in alcune specie di Taxus

Specie Provenienza % di tassolo* (parte della pianta)

T. brevifolia USA (costa del Pacifico) 0,02% (corteccia)

T. baccata Europa 0,008% (corteccia)0,0006% (rami)0,003% (foglie)

T. cuspidata Giappone 0,006% (foglie)0,003% (corteccia)0,002% (legno)

T. globosa Messico 0,001% (fusto, foglie, radici)

T. canadensis Canada 0,009% (foglie)0,002% (fusto)

T. wallichiana Cina 0,001% (fusto, foglie, radici)

T. floridiana USA (Florida) 0,004% (corteccia)0,001% (foglie)

T. media** Europa, USA 0,002% (foglie)

* Dalla corteccia intera di un albero di 100 anni si ricava circa 1 g di tassolo, il cui costo equivale a 1000 dollari.** Pianta ornamentale data dall’incrocio di T. baccata e T. cuspidata

inibendone la depolimerizzazione. L’inibizione del-la depolimerizzazione dei microtubuli tra la profasee l’anafase della mitosi porta all’arresto del ciclo didivisione cellulare, con la conseguente morte dellecellule cancerose. Attualmente, il paclitaxel è ap-provato per il trattamento del cancro alle ovaie in sta-to avanzato, del cancro metastatico della mammel-la, del tumore polmonare non a piccole cellule non-ché del sarcoma di Kaposi nei soggetti affetti daAIDS (Paxene®, Paclitaxel generico). Risulta inol-tre promettente nei confronti di altri tumori solidi.Oltre all’attività antineoplastica, il paclitaxel ha an-che azione antimalarica e antireumatica negli animalida esperimento. Gli effetti tossici principali sono rap-presentati da mielosoppressione (neutropenia), neu-rotossicità periferica, reazioni di ipersensibilità e car-diotossicità. Il docetaxel (Taxotere®) è approvato inmolti Paesi per il trattamento del tumore metastati-co della mammella resistente ad altri farmaci anti-tumorali, del tumore al polmone non a piccole cel-lule, del cancro della prostata, dello stomaco nonchédei tumori della testa e del collo. Produce come ef-fetti tossici neutropenia e reazioni di ipersensibilità.

Nuove molecole appartenenti alla famiglia deitaxani sono in studio per la terapia dei tumori solidi.Ad es., il larotaxel è un tassano semi-sintetico chepresenta una minore tossicità rispetto a docetaxel epaclitaxel, e risulta attivo contro cellule tumorali re-sistenti. Sembra, infatti, sorpassare alcuni sistemi diresistenza delle cellule tumorali, come la glicopro-teina P. Inoltre, il larotaxel, poiché supera la barrieraemato-encefalica, può essere utile per il trattamentodi tumori che presentano metastasi cerebrali.

Camptotecine

La camptotecina ed i suoi derivati sono estratti dallegno e dalla corteccia di Camptotheca acuminata(Fam. Cornaceae), un albero che cresce ai climirelativamente caldi delle province sud-orientalidella Cina. Altre piante, quali la Mappia foetida,sembrano contenere quantità anche maggiori dicamptotecina.Componenti principali. I componenti attivi ad azio-ne antitumorale sono alcaloidi a struttura pentacicli-ca insatura correlata agli alcaloidi indolici. Come giàdescritto, questi alcaloidi sono ottenuti medianteestrazione alcolica dal legno e dalla corteccia della C.acuminata. Oggi è possibile ottenere commercial-mente la camptotecina da cellule in coltura di C. acu-minata. La camptotecina (CPT) e molti dei suoi ana-loghi (9-nitro CPT; 9-amino CPT), sono insolubili inacqua ed hanno problemi di ridotta biodisponibilità

ed elevata tossicità. Numerosi derivati semisinteticiidrosolubili sono stati sintetizzati e due di questi, iri-notecano e topotecano, sono attualmente disponibilisul mercato americano e di alcuni Paesi europei peril trattamento di varie forme di tumori solidi.Proprietà ed impiego terapeutico. La camptoteci-na ha un meccanismo d’azione unico tra gli agentinaturali antitumorali. Infatti, nel 1985, si è scoper-to che questa sostanza inibisce la topoisomerasi I,un enzima che interviene in vari processi del DNAquali la replicazione, la trascrizione e la ricombi-nazione. In particolare, l’inibizione dell’enzimaconsiste nella formazione di un complesso farma-co, DNA e topoisomerasi I. Mediante questo mec-canismo, la camptotecina è anche efficace in vitrocontro il tripanosoma e gli organismi responsabilidella malaria. Inoltre, la camptotecina ed i suoi ana-loghi hanno altri meccanismi antitumorali, quali l’i-nibizione della DNA- e dell’RNA-sintetasi e l’inibi -zione della formazione dei microtubuli. La cam pto -tecina ha notevole azione citotossica ed antitumo-rale nei confronti di vari tumori solidi (carcinomapolmonare non a piccole cellule, ovarico, del colon-retto e della mammella). Il suo uso clinico è peròimpedito dalla limitata biodisponibilità e dall’ele-vata tossicità (mielosoppressione, diarrea e cistiteemorragica); infatti la camptotecina non è attual-mente in commercio.

I derivati semisintetici in commercio (irinote-cano e topotecano) sono attivi nei confronti di nu-merosi tumori solidi. L’irinotecano (Campto®) è uti-lizzato per il trattamento del carcinoma del colon-retto nel FOLFIRI (irinotecano, 5-fluorouracile eleucovorina), un regime terapeutico largamente uti-lizzato in clinica.

Studi clinici di fase II hanno evidenziato che l’i-rinotecano produce effetti positivi in pazienti affet-ti da tumori del colon-retto anche in forme ricorrentidopo trattamenti con fluorouracile. È anche effica-ce in combinazione con cisplatino e vindesina neltumore polmonare.

Inoltre, sembra promettente nei tumori dellamammella, dell’ovaio e dello stomaco. Gli effetticollaterali, anche severi e prolungati, comprendo-no mielosoppressione e diarrea.

Il topotecano (Hycamtin®), un derivato idroso-lubile della camptotecina, è utilizzato per il tratta-mento del carcinoma ovarico, anche nelle forme re-frattarie al paclitaxel ed al cisplatino, nonché per iltrattamento del cancro del polmone a piccole cel-lule. Ciò nonostante il topotecano è mielotossico, eproduce neutropenia, trombocitopenia e anemia.Inoltre, più di una dozzina di altri derivati dellacamptotecina sono in varie fasi di sviluppo clinico.

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Capitolo M1 • Antitumorali 313

Altre sostanze di origine vegetale adattività citotossica di potenziale interesseantitumorale

Numerosi principi attivi di origine vegetale possie-dono attività citotossica e possono rappresentare in-teressanti punti di partenza per la sintesi di ulterio-ri farmaci antitumorali. Tra questi ci sono le cefa-lotassine estratte dalla corteccia di alberi originaridella Cina della specie Cephalotaxus ed in partico-lare il C. harringtonia e C. fortunei. Una notevoleattività citotossica è presente nei derivati esterei del-la cefalotassina, l’arringtonina e l’omoarringtonina.Tale attività sembra dovuta alla capacità di inibirela sintesi proteica, sebbene non siano da escluderealtri meccanismi ancora non noti. L’omoarringto-nina ha attività antileucemica ed in particolare sem-bra avere efficacia nella leucemia mielogenica acu-ta e cronica. La maitansina, presente in diverse spe-cie di Maytenus, inibisce la mitosi con azione mol-to simile agli alcaloidi della Vinca e sembra essereun agente antitumorale molto promettente grazie al-la sua potenza (è efficace a dosi molto basse versotumori indotti in modelli animali) e ad un favore-vole indice terapeutico. Tuttavia, le prime prove cli-niche non hanno evidenziato particolare efficacia.Altri maitansinoidi, sebbene presenti nelle piante inminore quantità, così come alcuni derivati di sinte-si e di semisintesi, potrebbero avere una maggioreazione antitumorale. Questi composti possono ot-tenersi anche per semi-sintesi da composti analoghiprodotti da vari microrganismi.

L’ellipticina e la 9-metossiellipticina, alcaloidipiridocarbazolinici presenti in Ochrosia elliptica ein altre piante appartenenti alla stessa famiglia, pos-seggono una potente azione antitumorale, dovutaprincipalmente alla capacità di intercalarsi tra le cop-pie di basi del DNA provocandone uno srotolamen-to. Oltre a questo meccanismo, sono anche in gradodi provocare rottura dei filamenti di DNA, inibizio-ne della topoisomerasi II, alchilazione del DNA egenerazione di radicali liberi. L’ellipticina viene os-sidata in vivo a 9-idrossiellipticina che possiede unamaggiore potenza citotossica. L’uso di questi com-posti naturali è limitato sia dalla elevata tossicità, ca-ratterizzata da emolisi e da disturbi cardiovascola-ri, ed anche dalla ridotta idrosolubilità. Più promet-tenti sono dei derivati semisintetici ottenuti dallaquaternarizzazione della 9-idrossiellipticina, quali il9-idrossi-2-N-metilellipticinio acetato, che sembramolto efficace in tumori renali e della mammella.

Gli alcaloidi pirrolizidinici, quali l’indicina-N- ossido (Heliotropium indicum), nonostante l’efficace

azione antileucemica, non hanno alcun interesse te-rapeutico a causa della elevata epatotossicità. Dun-que, sia l’elevata tossicità che la scarsa efficacia mo-strata durante trials clinici ne limitano l’uso clinico.Molto elevata è anche la tossicità della nitidina, unalcaloide benzofenantridinico presente in Zanthoxy-lum nitidum e varie specie di Fagara. La tilocrebi-na, un alcaloide fenantrenico presente in Tylophoracrebiflora ha effetti incontrollabili a livello del SNCe le cucurbitacine (presenti nelle Cucurbitaceae), puressendo tra i composti a maggiore attività citotossi-ca, grazie alla presenza di gruppi elettrofili che ren-dono questi composti potenti agenti alchilanti, han-no un indice terapeutico troppo basso per giustifi-carne l’uso. D’altra parte, gli alcaloidi benzoisochi-nolinici talicarpina (Thalictrum dasycarpum) e te-trandina (Cyclea peltata), sebbene particolarmenteefficaci in vitro, non hanno mostrato attività duran-te le prove cliniche. In maniera simile il quassinoi-de bruceantina, estratto da Brucea antidysenterica,usata in Africa come antitumorale, è un efficace an-tileucemico sperimentale a bassi dosaggi, per la suacapacità di inibire la sintesi proteica, ma non ha mo-strato una chiara utilità clinica.

Comunque, tutte le sostanze sopra citate, cosìcome altre sostanze naturali, quali l’ipossoside (va-rie specie di Hypoxis), l’indirubina (Baphica-canthus cusia, Polygonum tinctorium, Isatis indi-gotica), i peptidi buvardina e deossibuvardina (Bou-vardia ternifolia), la fillantostatina 1 ed il suo fil-lantoside (Phyllanthus acuminatus), l’elefantofina(Elephantopus elatus), l’emetina (Cephaelis ipeca-cuanha) e la colchicina (Colchicum speciosus), i di-terpeni di Tripterygium wilfordii e le illudine pro-dotte da vari funghi (Clitocybe illudins) hanno unainteressante attività citotossica e possono rappre-sentare interessanti punti di partenza per la sintesidi ulteriori farmaci antitumorali.

Chemioprevenzione dei tumori da parte di fitocomplessi e altri componenti attivi di origine vegetale

La comprensione dei complessi meccanismi chesottendono alle trasformazioni neoplastiche ed allainsorgenza dei tumori apre importanti applicazioninel campo della chemioprevenzione, anche attra-verso una dieta adeguata. Infatti, sono numerose leosservazioni scientifiche relative alla capacità di fitocomplessi di esercitare effetti chemiopreventivisfruttando differenti meccanismi molecolari, anchea causa della grande diversità strutturale dei varicomposti. È ormai noto che molti fitocomplessi

presenti nella dieta agiscono sul genoma umano, di-rettamente o indirettamente (meccanismi epigene-tici), alterando l’espressione di geni specifici. I“nutrinogeni” possono avere effetti chemiopreven-tivi mediante la modulazione dell’espressione di en-zimi coinvolti sia nella eliminazione/inattivazionedei carcinogeni che nella difesa cellulare antiossi-dante. Molti agenti chemiopreventivi sembrano agi-re mediante attivazione e traslocazione nucleare diNrf2 (nuclear factor-erythroid-2-related factor 2),favorendo quindi la trascrizione di geni codificantiper molti enzimi responsivi a stress e citoprotettiviNrf2-dipendenti. Nrf2 sembra anche giocare unruolo importante nei meccanismi di difesa durantel’infiammazione acuta e cronica, implicando uncross-talk tra Nfr2 ed il segnale di trasduzione me-diato dal fattore nucleare NF-kB. A tale proposito,è stato recentemente dimostrato che combinazionidi farmaci antinfiammatori con fitocomplessi natu-rali inibiscono sinergicamente la cancerogenesi inmodelli di roditore. L’attivazione delle vie di se-gnale di Nrf2 insieme a meccanismi antinfiamma-tori ed immunomodulatori sono stati anche identi-ficati come un importante meccanismo con cuiagenti quali alcaloidi, flavonoidi, carotenoidi e iso-cianati solforati, contrastano gli effetti dannosi del-le radiazioni UV. Questi meccanismi potrebbero es-sere alla base dell’azione chemiopreventiva delleBrassicacae, come cavolfiori, cavoletti di Bruxells,broccoli ed altri ortaggi della famiglia delle croci-fere che contengono elevato contenuto di isociana-ti e prodotti di idrolisi dei glucosinolati. Gli isocia-nati (sulforani, fenetilisocianati, benzilisocianati eallilisocianati) hanno dimostrato una spiccata capa-cità di inibire la carcinogenesi in una varietà di mo-delli preclinici di roditore, mediante la stimolazio-ne delle vie citoprotettive Nrf2-dipendenti e l’inibi -zione di NF-kB, come anche induzione dell’apo pto -si e dell’arresto del ciclo cellulare. Inoltre, NF-kBe un secondo fattore di trascrizione (STAT-3) sonostati identificati come i principali regolatori dei pro-cessi infiammatori coinvolti nella cancerogenesi.Tali fattori rappresentano il bersaglio per l’azione dimolti fitocomplessi presenti nelle spezie, come ilpeperoncino rosso (capsaicina), i chiodi di garofa-no (eugenolo), il finocchio (anetolo), il fieno greco(saponine), nel prevenire varie patologie cronichecome il cancro. Molta attenzione si è recentementeconcentrata sulla curcumina, una spezia di coloregiallo-arancio che si ricava dalla pianta Curcumalonga, comunemente usata in India e in Asia sudo-rientale. Il colore giallo brillante deriva principal-mente dai pigmenti dei polifenoli in essa contenuti:i curcuminoidi. Infatti, è stato dimostrato che la cur-

cumina, in grado di inibire l’attivazione di NF-Kb,sopprime potentemente la proliferazione delle cellulecancerose nel cancro della mammella, delle ovaie,del pancreas, della vescica, nella leucemia e mielo-ma multiplo. Come già accennato, tali effetti sem-brano essere mediati dalla complessa regolazione dinumerose cascate biochimiche, che comprendonofattori di trascrizione, fattori di crescita, citochineproinfiammatorie, proteinchinasi ed altri enzimi.Inoltre, alcuni effetti benefici della curcumina po-trebbero essere dovuti alla sua abilità a modulare ilsistema immunitario. Un altro composto naturale diattuale interesse è il resveratrolo, un polifenolo nonflavonoide presente in varie specie vegetali (more digelso, noccioline, uva). Esso è presente anche nel vi-no, le cui proprietà benefiche sono state molto stu-diate negli ultimi anni. La sintesi del resveratrolonelle piante è indotta dall’esposizione alle infezionimicrobiche, alle radiazioni ultraviolette e all’ozono.Questa molecola può quindi essere classificata co-me fitoalexina (antibiotico prodotto dalle piantequando si trovano sotto attacco). Il resveratrolo puòfunzionare come agente chemiopreventivo in quan-to capace di inibire tutte le fasi dello sviluppo tu-morale. Tra le sue molteplici azioni, il resveratroloinibisce vie ossidative cit450-dipendenti, l’invasio-ne cellulare, la trasformazione e l’angiogenesi. Re-centemente è stato dimostrato che il resveratrolo au-menta l’espressione di enzimi antiossidanti, interfe-risce con NF-kB ed induce apoptosi mediante up-re-golazione di p53, attivazione di caspasi e riduzionedi Bcl-2. Similarmente al resveratrolo e alla curcu-mina, l’epigallocatechina gallato (EGCG), un poli-fenolo antiossidante presente nel tè verde, può eser-citare effetti anticarcinogeni e antimutagenici me-diante molteplici meccanismi quali l’azione antios-sidante, l’induzione degli enzimi detossificanti di fa-se II, inibizione del legame del carcinogeno al DNAnonché inibizione della sintesi del DNA e della pro-liferazione cellulare. Inoltre, le proprietà antitumo-rali di EGCG includono inibizione dei segnali mi-totici extracellulari, inibizione del ciclo cellulare infase G1 e induzione di apoptosi. A sostegno, è statorecentemente riportato che EGCG inibisce l’inva-sione e l’angiogenesi, processi che sono essenzialiper la crescita del tumore e le metastasi.

Recenti evidenze suggeriscono che le mele pos-siedono una varietà di attività biologiche che contri-buiscono ad effetti benefici contro patologie cardio-vascolari, asma e disfunzione polmonare, diabete,obesità e cancro. In alcuni studi in vitro è stato di-mostrato che alcuni componenti della mela, come leprocianidine, hanno azioni rilevanti per la preven-zione del cancro quali attività antimutagenica, mo-

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Capitolo M1 • Antitumorali 315

dulazione del metabolismo dei carcinogeni, attivitàantiossidante e attività antiproliferativa. Inoltre, al-cuni costituenti hanno mostrato di prevenire, in alcunimodelli di topo, il cancro della pelle, della mammel-la e del colon. Osservazioni epidemiologiche indica-no che un regolare consumo di una o più mele al gior-no riduce il rischio di cancro al polmone e al fegato.

Uno sguardo al regolatorio

I principi attivi di origine vegetale indicati nella te-rapia antitumorale vengono autorizzati sul mercatoseguendo l’iter autorizzativo classico dei farmaci peruso umano. Devono, pertanto, rispondere ai criteridi qualità, efficacia e sicurezza. A tal proposito, è be-ne ricordare che i primi studi clinici che testano i far-maci antitumorali nell’uomo per la prima volta (firstin man), sono condotti non su volontari sani, ma supazienti, data la loro tossicità e il basso indice tera-peutico (IT). Inoltre, in Europa tutti i farmaci anti-tumorali devono essere autorizzati secondo la pro-cedura centralizzata, in cui è l’EMEA, in particola-re il CHMP (Committee for Medicinal Products forHuman Use), a valutare se il prodotto medicinalepuò essere messo in commercio e a concedere l’au-torizzazione per l’immissione in commercio. Unavolta ottenuta l’autorizzazione, il prodotto medici-nale può essere venduto ed utilizzato in tutti gli Statidella Comunità Europea.

D’altro canto, molti dei principi attivi di originevegetale ad azione antitumorale (vincristina, vino-relbina, etoposide, irinotecano, paclitaxel) oggi so-no farmaci generici. Questi farmaci, a dispetto delloro utilizzo in clinica ormai decennale, restano digrande interesse della comunità scientifica. Infatti,sono testati attualmente in numerosi studi clinicivolti a valutare l’effetto di questi principi attivi perindicazioni terapeutiche nuove, sia in monoterapiasia in combinazione.

Di recente, molecole in fase sperimentale nonancora in commercio (teniposide), come anche far-maci già in commercio (topotecano, irinotecano,vincristina), sono stati designati come “farmaci or-fani”. Questo significa che sono studiati perché cisono evidenze sperimentali che essi possono essereutili ed efficaci nel trattamento di malattie rare. Ades., topotecano e irinotecano sono valutati in clinicaper il trattamento del glioma; la vincristina e la te-niposide per la leucemia linfoblastica acuta.

Altri farmaci orfani risultano l’omoarringtoninaper la leucemia mieloide cronica (CML) e la col-chicina per la sindrome di Behçet e la febbre medi-terranea familiare.

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Gli allucinogeni sono sostanze psicoattive capaci dicausare “sostanziali e transitorie modificazioni del-la percezione, del pensiero e dell’umore”. Possonoessere classificate in base al loro meccanismo d’a-zione oppure in base alla loro struttura chimica.

Entrambe le classificazioni presentano dei li-miti. La prima è poco vantaggiosa perché la cono-scenza della fisiologia del cervello è troppo limita-ta; la seconda non è utilizzabile, in quanto ci sonomolte sostanze con una struttura apparentementesimile, che hanno un’attività farmacologica diffe-rente (cocaina ed atropina) e troppe sostanze conuna struttura chimica apparentemente diversa, chehanno un’attività farmacologica quasi identica.D’altro canto, alcune sostanze hanno effetti cosìristretti da essere classificate in un gruppo, ma inbase alla loro applicazione possono avere effettidifferenti e possono essere classificate in un grup-po diverso. Ad es. l’amfetamina, essendo uno sti-molante del SNC, diviene frequentemente una so-stanza di abuso. Tuttavia, durante l’uso cronico adosi elevate (100 mg o più) o per iniezione endo-venosa, provoca improvvisi “flash” o “rush” tipicidegli allucinogeni.

Un terzo metodo di classificazione delle sostan-ze psicoattive tiene conto della popolarità, del po-tenziale d’abuso, o di qualunque interesse socialepossano suscitare queste sostanze. Questa classifi-cazione, più realistica, divide le sostanze psicoatti-ve in cinque classi che alterano l’umore o il com-portamento: (i) composti ipnotici-sedativi (depri-menti del SNC); (ii) stimolanti e convulsivanti; (iii)analgesici narcotici; (iv) agenti antipsicotici; e (v)psichedelici e allucinogeni.

Tuttavia, lo sviluppo della conoscenza degli effet-ti delle sostanze sul cervello (specialmente dei dannicerebrali irreversibili) e lo sviluppo della chimica deiprodotti naturali e della chimica dei composti sinteti-ci, resero inattendibile la classificazione “classica”,poiché un composto chimico con noti effetti psico -attivi, che è classificato in un gruppo, può produrreeffetti addizionali classificabili nell’altro gruppo.

Negli Stati Uniti, il Comprehensive Drug AbusePrevention and Control Act del 1970 elenca le so-stanze psicoattive comunemente usate, i loro poten-ziali per vari tipi di dipendenza e le divide in quattrogruppi (Tabella M2.1, The Merck Manual, 1992).Questa classificazione sembra essere più vantaggiosa.

ALLUCINOGENI, CANNABIS SATIVA, SALVIA DIVINORUMCapitolo

M2

Tabella M2.1 Sostanze comunemente usate con potenziale di dipendenza

Farmaci Dipendenza fisica Dipendenza psicologica Tolleranza

Deprimenti del SNCOppioidi, narcotici sintetici ++++ ++++ ++++

barbiturici, cloralio idrato,etclorvinolo, metaqualone, etanolo +++ +++ ++

AnsioliticiDiazepam, clordiazepossido + +++ +

alprazolam, ossazepam, temazepam ++ +++ +

Stimolanti del SNCAmfetamina, metamfetamina ? +++ ++++

cocaina 0 +++ ++

AllucinogeniLSD 0 ++ ++Mescalina, Peyote 0 ++ +

++++ molto elevata; +++ elevata; ++ moderata; + molto moderata; 0 nulla; ? dubbia

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

Gli allucinogeni causano pro fonde alterazionisoggettive del senso del tempo e dell’io e sono co-nosciuti anche come psichedelici, psicotomimetici,misticomimetici e psicodislettici.

La dipendenza psichica da allucinogeni variamolto, ma in genere non è intensa. Non esistonoevidenze di dipendenza fisica. Per quanto riguardail problema della tolleranza, per alcuni allucinoge-ni come l’LSD essa si sviluppa in misura notevole,anche se scompare rapidamente. Individui tolleran-ti ad alcune di queste sostanze sviluppano tolleran-za crociata verso altre. I principali pericoli per l’in-dividuo sono gli effetti psicologici ed il danneggia-mento del giudizio, che possono condurre a deci-sioni pericolose o incidenti.

Le risposte agli allucinogeni dipendono da varifattori, che comprendono le aspettative dell’indivi-duo, l’ambientazione e la loro capacità di far fron-te alle distorsioni della percezione. Reazioni sfa-vorevoli agli allucinogeni si manifestano come at-tacchi di ansia, preoccupazione estrema o stato dipanico. Più spesso queste reazioni si riducono ve-locemente con una terapia appropriata in un am-biente tranquillo. Tuttavia alcuni individui, special-mente dopo l’uso dell’LSD, rimangono turbati epossono mostrare anche uno stato psicotico persi-stente. Non è chiaro se l’uso dell’allucinogeno ab-bia provocato o svelato un potenziale psicoticopreesistente o se ciò possa accadere in individuiprecedentemente stabili.

Alcune persone, specialmente fra i consumatoriabituali o cronici di allucinogeni, ed in particolarecon l’uso dell’LSD, possono manifestare determi-nati effetti, dopo che essi hanno interrotto l’usodell’allucinogeno. Riferiti come flashback, questiepisodi più comunemente consistono in illusionivisive, ma virtualmente implicano anche distorsio-ni di ogni allucinazione o sensazione, che riguar -dano la percezione del tempo, dello spazio o del-l’immagine di se stessi. Tali episodi possono esse-re provocati dall’uso della marijuana, dell’alcol odai barbiturici, dallo stress o dalla stanchezza, opossono accadere senza una causa apparente. Imeccanismi che producono i flashback sono sco-nosciuti, ma tendono a decrescere in un periodo di6-12 mesi.

Gli effetti mentali degli allucinogeni possonoessere divisi in quattro categorie: effetti percettivi,effetti emozionali, effetti cognitivi ed effetti sullefunzioni dell’io.

Le alterazioni visive sono gli effetti percettivipiù marcati. I colori appaiono più brillanti, gli og-getti assumono una intensità aumentata e talvoltaappaiono in movimento. Un soggetto, con gli occhi

chiusi, può vedere immagini colorate fluttuare opuò visualizzare immagini complesse, mentre unsoggetto con gli occhi aperti può vedere segnali vi-sivi elaborati all’interno di illusioni o allucinazioni,specialmente se ha assunto una forte dose.

Gli altri sensi sono meno interessati. I rumori difondo diventano più chiari; la sensibilità al tattosembra aumentata ed il tempo sembra scorrere piùlentamente. Durante un’esperienza allucinogena, èstata riportata anche l’insorgenza di sinestesia, os-sia l’apparire di un’immagine mentale riferibile adun senso diverso da quello stimolato.

Gli allucinogeni agiscono sui controlli emozio-nali in modo che, ad es., durante un’esposizione al-l’LSD, i sentimenti del soggetto possono variaredalla rabbia ad una imperturbabile calma. Il riso ole lacrime possono alternarsi rapidamente. L’eufo-ria è comune e sono state osservate sensazioni dibeatitudine. Possono sopraggiungere anche ansia,depressione e stati simili al panico.

Sotto l’influenza dell’LSD o di altri potentiallu cinogeni il processo del pensiero diventa eide-tico – ossia, ciò che è pensato diventa anche “vi-sto”. Spesso si è osservato un flusso di pensieri il-logico e ricco di contenuti fantastici. Le sequenzerispondono alla descrizione e sono state chiamate“movimento del guerriero”, considerando il fattoche esse non seguono il solito e corretto processoinduttivo del pensiero. Il giudizio della realtà èdanneggiato, ma l’orientamento di solito è mante-nuto, eccetto quando vengono assunte dosi alte.Nei test d’intelligenza effettuati durante un’espe-rienza con LSD si sono raggiunti risultati più scar-si, perché il soggetto è disattento al compito, preoc-cupato dalle attività mentali contrastanti, o presentaun calo della motivazione.

Il concetto di sé è alterato anche se la dose diLSD è moderata, e sono frequenti le distorsionidell’immagine del corpo. Quando l’esperienza èintensa, compare la perdita completa della capacitàdi distinguere se stessi dal mondo esterno.

Se i cambiamenti mentali indotti da un alluci-nogeno sono di sufficiente intensità, può risultareuno stato psicotico temporaneo o uno stato trascen-dentale. Entrambi gli stati comportano una perditadella capacità nel pensare razionalmente e una per-dita della consapevolezza di sé, così come un in-tenso fenomeno percettivo ed emozionale. Qualestato si produca dipende dal soggetto.

Il segno più facilmente osservabile dell’assun-zione di una sostanza allucinogena è la dilatazionedelle pupille. Possono anche essere osservati au-mento della pressione sanguigna, della temperaturacorporea, del ritmo del polso e possono comparire

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nausea o sensazione di intorpidimento e freddo.L’andamento delle onde cerebrali, caratteristicadello stato da LSD, è simile ad un normale anda-mento osservato nello stato di veglia.

La rassicurazione che i pensieri bizzarri, le vi-sioni e i suoni sono dovuti alla sostanza e non al“guasto nervoso”, di solito è sufficiente nelle rea-zioni avverse acute agli allucinogeni. Le fenotiazinedevono essere usate con estrema cautela a causa delpericolo di ipotensione, particolarmente se è stataassunta la fenciclidina. I barbiturici a breve duratad’azione o gli ansiolitici minori, come il clordiaze-possido o il diazepam, possono aiutare a ridurrel’ansia opprimente.

Per i grandi consumatori di allucinogeni, la so-spensione dell’allucinogeno è la parte più semplicedel trattamento; alcuni possono necessitare di trat-tamenti psichiatrici per i problemi associati. Puòessere d’aiuto il contatto frequente e lo stabilirsi diun rapporto con un medico disponibile. Il mantene-re le funzioni sociali del paziente può essere piùrealistico che mirare alla completa astinenza.

Disturbi psicotici persistenti o altri disordinipsicologici, richiedono un’appropriata assistenzapsichiatrica. I flashback possono essere passeggerie non troppo stressanti per il paziente, richiedendoun trattamento non specifico. Tuttavia, possono es-sere associati ad ansia e depressione e richiedereuna terapia simile a quella per le reazioni sfavore-voli acute.

Una sola definizione per la farmacodipendenzanon è né consigliabile né possibile. Il termine “far-macodipendenza” mette in evidenza che allucino-geni differenti hanno effetti diversi, incluso il tipo eil rischio di dipendenza che essi producono. La tos-sicodipendenza si riferisce ad uno stile di vita carat-terizzato dall’uso obbligato e dal forte coinvolgi-mento con un allucinogeno; essa può verificarsi conl’assenza di dipendenza fisica. La tossicodipenden-za comporta anche il rischio di danno e la necessitàdi sospendere l’uso dell’allucinogeno, che il tossi-comane lo comprenda e vi acconsenta o meno.

L’abuso farmacologico è definibile solo in termi-ni di disapprovazione sociale e provoca diversi tipidi comportamento: (i) l’uso sperimentale e voluttua-rio degli allucinogeni, che di solito porta al rischio dicomportamento illegale; (ii) l’uso ingiustificato difarmaci psicoattivi per alleviare problemi o sintomi;(iii) l’uso di farmaci, inizialmente per le suddette ra-gioni, ma a causa dello sviluppo successivo della di-pendenza, la continuazione dell’uso per evitare, inparte, i disturbi della sindrome di astinenza.

L’uso voluttuario degli allucinogeni è diventatosempre più parte della nostra cultura, sebbene in

generale non sanzionato dalla società e spesso ille-gale. Consumatori che apparentemente non tollera-no il dolore tendono verso l’uso episodico attraver-so dosi relativamente piccole, che impediscono latossicità clinica e lo sviluppo di tolleranza e dipen-denza fisica. Gli allucinogeni sono spesso “natura-li”, racchiusi nella pianta d’origine e contengonouna miscela di composti, cioè non sono prodottichimici psicoattivi isolati (ad es., oppio grezzo, be-vande alcoliche, prodotti della marijuana, caffè ealtre bevande contenenti caffeina, funghi allucino-geni e la coca). Queste sostanze sono spesso assun-te per via orale o per via inalatoria. L’uso di poten-ti composti attivi somministrati per via iniettiva, dirado è facilmente controllabile. L’uso voluttuario èspesso anche accompagnato da un rituale con unaserie di regole osservate ed è raramente praticatosingolarmente. La maggior parte delle sostanzeusate in questo modo sono psicostimolanti o alluci-nogeni destinati a ottenere un “piacere” piuttostoche alleviare il dolore; gli agenti deprimenti sonoraramente usati in questa maniera.

Due aspetti generali sono frequenti nella mag-gior parte delle forme di farmacodipendenza: (i) ladipendenza psicologica comporta sensazioni disoddisfazione e un desiderio di ripetere l’assunzio-ne dell’allucinogeno per indurre piacere o evitaredisagio. Questo stato mentale è un potente fattoreche comporta l’uso cronico di farmaci psicotropi, econ alcuni farmaci la dipendenza psicologica puòessere l’unico fattore causante il desiderio intenso el’uso obbligato; (ii) la dipendenza fisica è definitacome uno stato di adattamento all’allucinogeno,accompagnato dallo sviluppo di tolleranza e mani-festato dalla sospensione o dalla sindrome di asti-nenza. La tolleranza è definita come il bisogno diaumentare la dose progressivamente, allo scopo diprodurre l’effetto originariamente ottenuto da unaquantità minore. Dipendenza fisica e tolleranzanon accompagnano tutte le forme di dipendenza fi-sica. Una sindrome da sospensione è caratterizzatada cambiamenti psicologici sfavorevoli, che si han-no quando il farmaco è interrotto o quando i suoieffetti sono annullati da un antagonista specifico.

Le droghe che producono dipendenza agisconosul SNC ed hanno uno o più dei seguenti effetti: ri-dotta ansia e tensione; esaltazione, euforia o altricambiamenti d’umore piacevoli per il consumato-re; sensazione di aumentata abilità mentale e fisica;percezione sensoriale alterata; cambiamenti nelcomportamento. Queste sostanze possono esseredivise in (i) quelle che causano soprattutto dipen-denza psichica e (ii) quelle che causano dipendenzasia psichica che fisica. Le sostanze che appartengono

alla prima categoria sono la cocaina, la marijuana,le amfetamine, i bromuri e gli allucinogeni, cosìcome la dietilamide dell’acido lisergico (LSD), lametilen-diossiamfetamina (MDA) e la mescalina.La loro sospensione non provoca una classica sin-drome di astinenza, ma alcune causano tolleranza,ed in alcuni casi le reazioni seguenti la sospensionesomigliano ad una sindrome di astinenza (depres-sione e letargia in seguito a sospensione della co-caina o dell’amfetamina; caratteristico cambiamen-to dell’EEG con l’amfetamina).

Tutti gli allucinogeni, eccetto quelli della seriedel DMT (dimetiltriptamina), sono efficaci se pre-si oralmente. Di solito passa quasi un’ora primache si osservi qualsiasi effetto. Quantità misurabi-li di LSD sono ancora circolanti nel sangue ottoore dopo un’iniezione endovenosa.

La tolleranza all’LSD, alla mescalina e alla psi-locina, è acquisita nell’arco di giorni ed altrettantorapidamente si perde. La tolleranza ad un allucino-geno può essere acquisita attraverso la tolleranzaad un altro, il che indica che gli allucinogeni hannouna via di azione comune. Gli stimolanti aumenta-no lo stato allucinogeno, mentre i sedativi ed i tran-quillanti tendono ad abolirlo.

Sostanze come l’LSD, quando prese da indivi-dui disturbati o privi di una buona sorveglianza,possono provocare reazioni indesiderate prolunga-te e complicazioni si sono verificate in migliaia dicasi. Ansia cronica e depressione sono fra i più co-muni effetti collaterali. Sotto l’effetto dell’LSD, simanifestano tendenze suicide o reazioni di panicoche sfociano in danni casuali, comportamento aso-ciale ed esaurimento delle difese contro sensazioniparanoiche. Inoltre, è comune il prolungamentodelle allucinazioni da LSD e le reazioni schizofre-niche possono protrarsi per giorni o addirittura anni.

Dal 1966 l’LSD, la DMT, la mescalina, la psi-locibina e altri composti analoghi, sono stati ag-giunti alla lista di sostanze coperte dalle normativedi molti Paesi, considerando un crimine la loro fab-bricazione, il trasporto, la vendita, il trasferimentoed il possesso. Molti Paesi del mondo hanno ap-provato anche norme legislative che rendono ille-gale il possesso e l’uso di questi composti. Allostesso tempo, c’è stata una pressione crescente perla legalizzazione della marijuana.

Classificazione chimica. La maggior parte de-gli allucinogeni presenta una struttura indolica(l’indolo è un composto organico ciclico contenen-te azoto) o contiene una struttura indolica. L’LSD,il più potente allucinogeno, fu per la prima vol-ta sintetizzato in Svizzera nel 1938 da Albert Hofmann che, casualmente, cinque anni più tardi,

scoprì i suoi marcati effetti psichici. Gli amidi del-l’acido lisergico ed isolisergico, strettamente corre-lati agli allucinogeni, si trovano in alcune specie dimorning glory (Fam. Convolvulaceae. I fiori dura-no un sola mattina e muoiono nel pomeriggio) tro-picale americana.

In natura la DMT si trova nei semi di un alberodel Sud America simile alla mimosa (Piptadeniaperegrina) e può essere preparata dalla triptamina,un’amina indolica derivante dall’aminoacido trip-tofano. L’allucinogeno bufotenina deriva dalla di-metilazione della serotonina (un neurotrasmettitorederivante dall’idrossilazione della triptamina). Lapsilocina e la psilocibina allo stesso modo possonoessere derivati della triptamina.

La mescalina è una trimetossifeniletilamina,strettamente correlata ad un composto scopertonelle urine degli schizofrenici. Il principio attivo ditutti i preparati di canape (Cannabis sativa) è il te-traidrocannabinolo, che non contiene un unico ato-mo di azoto.

Infine, ci sono molti allucinogeni sintetici chenon hanno nessuna somiglianza chimica con le so-stanze ora menzionate. Sono noti anche molti altriallucinogeni, ma non sono importanti o sono pocoutilizzati al momento.

Sostanze psichedeliche

Queste sostanze sono un ampio gruppo di compo-sti eterogenei, aventi tutti la capacità di indurre vi-sioni, o altre allucinazioni e separare l’individuodalla realtà. Questi agenti possono indurre disturbinella cognizione e nella percezione e, in alcuni ca-si, possono produrre modelli comportamentali chesono stati descritti come simili a quelli psicotici. Acausa di questa larga serie di effetti psicologici, èdifficile assegnare un unico termine che classifichiadeguatamente questi agenti.

È stato ampiamente utilizzato il termine alluci-nogeno, poiché la maggior parte di questi agentipuò indurre allucinazioni, almeno se la dose è ab-bastanza alta. Allucinogeno, comunque, sembra es-sere un termine alquanto improprio, poiché non de-scrive adeguatamente la serie di azioni farmacolo-giche di un tale gruppo di sostanze. A questi com-posti è stato assegnato il termine psicotomimetico,in riferimento alla loro dichiarata simulazione dipsicosi o stimolazione di uno stato psicotico. Tutta-via, l’accurata analisi dell’azione di questi farmaci,indica che i loro effetti sono dissimili dai modellicomportamentali osservati durante gli episodi psi-cotici. Pare che le reazioni comportamentali ad al-

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te dosi di amfetamine somiglino più ad un veroepisodio psicotico.

A causa dell’inesistenza di un termine comple-tamente appropriato che definisca brevemente, macompletamente, la farmacologia di questi farmaci,dobbiamo contare su un termine descrittivo comepsichedelico per intendere che questi agenti hannotutti la capacità di alterare la percezione sensorialee perciò possono essere considerati dilatatori del-la mente.

Gli agenti psichedelici sono stati “scoperti” e so-stenuti dai membri della società moderna comeagenti che “accrescono la percezione”, “espandonola realtà”, “favoriscono la consapevolezza perso-nale” e “stimolano o inducono la comprensione del-lo spirituale o del soprannaturale”.

Classificazione. Gli allucinogeni o psichedelicidifferiscono largamente nella struttura chimica; es-si provocano un’ampia serie di alterazioni del com-portamento. Così, la loro classificazione in base al-la struttura chimica risulta difficile. Comunque, daquando si ritiene che i composti psicoattivi provo-cano cambiamenti comportamentali, come risultatodi alterazioni nei processi di trasmissione sinaptica,è possibile classificare questi in base al trasmettito-re sul quale il farmaco si pensa agisca o al quale ilfarmaco più strettamente rassomigli.

In genere si ritiene che diverse sostanze serva-no da trasmettitori sinaptici nel cervello. Tali so-stanze includono l’acetilcolina (ACh), la norepine-frina (NE), la dopamina e la 5-idrossitriptamina (se-rotonina). Alcuni composti, come la fisostigmina edil diisopropilfluorofosfato (DFP), aumentano lequantità di acetilcolina disponibili a livello delle suesinapsi nel cervello e inducono incubi, confusione,delirio, agitazione e rallentano le funzioni intellet-tuali e motorie. Così, la fisostigmina ed il DFP pos-sono essere considerati come acetilcolin-psichede-lici (fisostigmina, DFP, sarin, soman, malatione, paratione, atropina, scopolamina, muscarina) poi-ché agiscono sulla trasmissione colinergica. Oltrealla fisostigmina e al DFP (entrambi aumentano ilivelli di ACh), ci sono altri agenti psichedelici chebloccano la neurotrasmissione colinergica, in mo-do da diminuire l’attività dell’ACh. Questi inclu-dono l’atropina e la scopolamina.

La stimolazione comportamentale indotta dal-l’amfetamina e dalla cocaina, sembra essere colle-gata al potenziamento della NE. Ad alte dosi, maniae psicosi paranoiche sono indotte ed accompagnateda illusioni, allucinazioni e disturbi nella percezionesensoriale. L’amfetamina e la cocaina potrebberopertanto essere considerate come agenti psichedeli-ci, così come gli stimolanti comportamen tali, e

dovrebbero essere classificate con l’ampia varietàdi composti strutturalmente simili alla NE, comenorepinefrin-psichedelici. Questa classificazioneinclude la mescalina, il DOM (chiamato ancheSTP), il TMA, l’MDA, l’MMDA e certi compostiottenuti dalla noce moscata (miristicina ed elemici-na). Tutti questi composti differiscono tra di loro edall’amfetamina e dalla cocaina, nell’intensità rela-tiva dell’azione psichedelica e della stimolazionecomportamentale. L’amfetamina e la cocaina pro-ducono una maggiore stimolazione comportamen-tale rispetto all’azione psichedelica, laddove il con-trario è vero per i norepinefrin-psichedelici.

La serotonina sembra essere coinvolta (tra le al-tre cose) nella percezione sensoriale. La sintesi delladietilamide dell’acido lisergico (LSD), la scopertadelle sue proprietà allucinogene e la sua somiglianzaalla serotonina, diede il via ad una classe di psiche-delici come i serotonin-psichedelici (LSD, ololiuqui– semi di morning glory – armina), psilocibina, psi-locina (entrambi dal fungo magico, Psilocybe mexi-cana), DMT, bufotenina, muscimolo e acido iboteni-co (questi ultimi due isolati dal fungo velenoso co-nosciuto come fly agaric o Amanita muscaria).

Infine, c’è una quarta classificazione dei “far-maci” psichedelici, definiti anestetici psichedelici.Questi agenti, la fenciclidina e la ketamina, non so-no strutturalmente correlati agli altri composti psi-chedelici.

Acetilcolin-psichedelici. L’attività dell’acetil-colina (ACh) nell’organismo può essere alterata at-traverso almeno tre meccanismi. In primo luogo, ilivelli di ACh possono essere aumentati da farmaciche inibiscono l’enzima che normalmente idrolizzail trasmettitore. In secondo luogo, l’attività dell’A-Ch può essere diminuita da farmaci che bloccano irecettori colinergici, limitando l’accesso dell’ACh aisuoi recettori. Terzo, alcuni farmaci stimolano di-rettamente i recettori colinergici, mimando l’azionedel trasmettitore. I farmaci specifici che produconoquesti effetti sono di seguito discussi.

Inibitori dell’acetilcolinesterasi (AChE). L’a-cetilcolinesterasi (AChE) è l’enzima responsabiledel termine dell’azione trasmettitrice dell’ACh, sianel cervello che nel sistema nervoso periferico. Far-maci che hanno la capacità di inibire o inattivarel’AChE sono chiamati anticolinesterasici o AChE-inibitori. Come risultato dell’inibizione dell’AChE,l’acetilcolina si accumula nello spazio intersinapti-co ed esercita un effetto più potente o più prolun-gato nel cervello e nel sistema nervoso periferico;non deve perciò sorprendere che gli AChE-inibito-ri producano un’ampia varietà di effetti sia a livel-lo centrale che periferico.

Il prototipo dell’AChE-inibitore è la fisostig-mina (vedi Cap. 18), sostanza introdotta in terapiaper il trattamento del glaucoma e della miasteniagrave.

Più recentemente, è stato sintetizzato un nuovotipo di AChE-inibitore. Gli agenti più nuovi pro-ducono un’inibizione dell’AChE estremamente du-ratura, per la capacità di essere irreversibili nella lo-ro azione. Queste sostanze sono composti come ildiisopropil-fluorofosfato (DFP), il malatione, ilparatione, il sarin ed il soman, ma a causa della lo-ro tossicità, alcuni di questi AChE-inibitori irre-versibili sono stati responsabili di un aumentato nu-mero di avvelenamenti accidentali e morti.

Nell’organismo, gli AChE-inibitori aumentanoi livelli di ACh e causano tutti o alcuni degli effet-ti quali contrazione della pupilla, broncocostrizio-ne, contrazione della vescica e della muscolatura in-testinale, salivazione e sudorazione abbondanti, di-minuzione della pressione sanguigna con un ral-lentamento del ritmo cardiaco, diminuzione del to-no muscolare, seguito da paralisi dei muscoli re-spiratori, che porta all’insufficienza respiratoria edeventualmente alla morte. Nel cervello, le altera-zioni comportamentali indotte dall’inibizione del-l’AChE consistono in ansia, irrequietezza, sogni, in-cubi, delirio ed insonnia.

Con dosi maggiori, gli effetti tossici includonodepressione, sonnolenza, confusione, incoordina-zione, atassia, difficoltà nell’articolazione del lin-guaggio, convulsioni, coma e paralisi midollare,che porta all’insufficienza respiratoria ed alla mor-te. L’insufficienza respiratoria, che può provocarela morte, può quindi essere prodotta da entrambi imeccanismi: dalla paralisi diretta dei muscoli re-spiratori o dalla paralisi del centro del controllo re-spiratorio nel bulbo.

Poiché questi agenti bloccano l’enzima che idro-lizza l’ACh, quest’ultima si accumula nelle sinapsi.Un antidoto efficace rimuoverebbe l’AChE-inibitoredall’enzima AChE, in modo da ripristinare la capa-cità dell’enzima di metabolizzare il trasmettitore.Tali antidoti sono disponibili per alcuni AChE-inibi-tori, benché di solito solo nei pronto soccorso ospe-dalieri. Un antidoto inadeguato potrebbe bloccarel’azione dell’ACh a livello recettoriale, sebbene nonsarebbe in grado di rigenerare l’enzima. L’ACh sa-rebbe ancora disponibile in eccesso (a causa dell’ini -bizione dell’AChE), ma non può stimolare il suo recettore. Un tale antidoto incompleto è l’atropina,un farmaco che blocca molti recettori dell’Ach, a livello sia centrale che periferico.

L’ampia serie di effetti comportamentali degliAChE-inibitori (che comprendono la loro capacità

di indurre delirio, incubi, sogni vividi, e così via)impone la loro inclusione come farmaci psicoattivi.Tuttavia, a causa della loro estrema tossicità e deinumerosi effetti collaterali, questi agenti sono rara-mente considerati farmaci di abuso, in quanto il lo-ro abuso è basso ed i rischi associati con il loro uti-lizzo superano i benefici ricevuti.

Bloccanti il recettore dell’ACh (farmaci an-ticolinergici). Gli AChE-inibitori esercitano i loroeffetti attraverso l’aumento dell’attività dell’Ach,come risultato dell’aumento della concentrazionedell’ACh a livello dei recettori dell’ACh. L’atropi-na e la scopolamina diminuiscono l’attività dell’a-cetilcolina attraverso il blocco dei recettori coli-nergici e conseguentemente impediscono la tra-smissione attraverso queste sinapsi.

In generale, le attività dell’atropina e della sco-polamina sulle funzioni dell’organismo sono op -poste a quelle degli AChE-inibitori. Atropina escopolamina riducono la salivazione e la sudora-zione, dilatano le pupille, aumentano il ritmo car-diaco e causano la perdita del tono della vescicaurinaria e del tratto gastrointestinale (vedi ancheCap. 18).

Basse dosi di scopolamina deprimono i centridella veglia nel sistema ascendente reticolare atti-vante (ARAS) del cervello, inducono un andamen-to delle onde cerebrali corticali caratteristico delsonno, e producono sonnolenza, euforia, amnesia,stanchezza, delirio, confusione mentale, sonno sen-za sogni e perdita dell’attenzione. Basse dosi diatropina, comunque, non sembrano aver effettosull’EEG o sul comportamento. Sebbene atropina escopolamina possano provocare delirio ed euforia,poiché offuscano la coscienza, provocano amnesiae non espandono la percezione sensoriale, esse dif-feriscono dai norepinefrin e serotonin-psichedelicidiscussi più avanti in questo capitolo.

In breve, atropina e scopolamina esercitanoun’ampia varietà di effetti, sia nel cervello che a li-vello periferico, portando ad una serie di effetti chevanno dalla secchezza delle fauci e dalla midriasi,all’aumento del ritmo cardiaco e dalla diminuzionedel tono intestinale e vescicale, alla depressionecomportamentale, sedazione, delirio, offuscamentomentale e perdita della memoria recente. La fiso-stigmina antagonizza questi effetti, ma tale antago-nismo è limitato dalla breve durata d’azione dellafisostigmina stessa.

Come agenti psichedelici, atropina e scopola-mina sembrerebbero essere meno piacevoli di quel-li discussi più avanti in questo capitolo, in quantoessi offuscano, piuttosto che dilatare, la coscienza edanneggiano, piuttosto che aumentare, la consape-

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volezza, così che il consumatore non può ricordaremolto dell’esperienza vissuta.

Attivatori dei recettori dell’ACh. Tra i funghiche contengono principi psicoattivi uno dei più no-ti è il fly agaric (Amanita muscaria), un fungo chesi trova in tutta Europa, specialmente in Scandina-via (dove si pensa sia stato usato dai Vichinghi) enella Siberia del nord.

L’Amanita muscaria e l’A. pantherina, si trova-no anche negli Stati Uniti. Entrambi questi funghicontengono, come maggiori principi psicoattivi,l’acido ibotenico e il muscimolo. Un terzo com-posto, la muscarina, si ritrova anch’esso, sebbenedi solito in quantità più basse. Il nome fly agaric perl’Amanita muscaria deriva, apparentemente, dalleproprietà insetticide del fungo. Quando una moscaingerisce l’estratto di Amanita muscaria entra in untorpore prolungato e così può essere uccisa facil-mente.

L’estratto di Amanita muscaria porta ad unostato di depressione (un torpore), con concomitan-te sonno, allucinazioni, delirio e spasmi muscola-ri. Il torpore può essere seguito da eccitamentocomportamentale, accompagnato da allucinazionivisive ed uditive e distorsione dell’input sensoria-le. I composti attivi sono ben assorbiti oralmentee sembrano essere escreti senza essere metaboliz-zati dal fegato. Così, i composti restano in formaattiva nell’urina.

Mentre le proprietà farmacologiche dell’acidoibotenico e del muscimolo, isolati dall’Amanitamuscaria, non sono state chiaramente valutate, lamuscarina stimola direttamente i recettori dell’AChsia nel cervello che nell’organismo, causando su-dorazione profonda, contrazione pupillare, aumen-to del tono vescicale, rallentamento del ritmo car-diaco, aumento della pressione sanguigna e altri ef-fetti simili a quelli prodotti dagli AChE-inibitori.Questa somiglianza non è imprevista, poiché sia la muscarina che gli AChE-inibitori aumentanol’attività dei neuroni dell’ACh.

Curiosamente, gli stessi effetti si presentano incoloro i quali usano l’Amanita muscaria e l’A. pan -therina per scopi voluttuari. L’atropina è stata fre-quentemente somministrata come antidoto. Co-munque, ci sono stati diversi casi di periodi pro-lungati di sofferenza con un’intensificazione deisintomi in seguito all’uso di atropina.

Gli effetti dell’Amanita muscaria e dell’Amani-ta pantherina dimostrano che questi funghi eserci-tano profondi effetti sull’organismo oltre che sulcervello. Questi effetti periferici sembrerebbero li-mitare l’uso voluttuario dell’Amanita, eccetto percoloro i quali preferiscono tollerare sintomi piutto-

sto intensi e sgradevoli allo scopo di raggiungereuna distorsione sensoriale.

Norepinefrin-psichedelici. La sinapsi della no-repinefrina è considerata come il sito di azione didiversi farmaci psicoattivi, come la cocaina, l’am-fetamina, gli antidepressivi, il litio e forse anche itranquillanti antipsicotici. Parecchi farmaci psiche-delici sono strutturalmente simili sia alla norepine-frina che all’amfetamina. Tali agenti psichedelici in-cludono mescalina, DOM (4-metil-2,5-dimetos-siamfetamina, chiamata anche STP), DOB (4-bro-mo-2,5-dimetossiamfetamina), TMA (3,4,5-trime-tossiamfetamina), MDA (3,4-metilendiossiamfeta-mina), MMDA (3,4-metilendiossi-5-metossiamfe-tamina), MDMA (3,4-metilendiossimetamfetamina,chiamata anche ecstasy o XTC), 2C-B (4-bromo-2,5-dimetossifenetilamina, chiamata anche nexus),miristicina ed elemicina.

L’amfetamina è un farmaco stimolante il siste-ma nervoso centrale.

Chimicamente, essa è il racemo della feniliso-propilamina (Fig. M2.1) e, allo stato puro, è un li-quido volatile incolore con un forte odore ed un sa-pore bruciante. In generale, in medicina è usata co-me solfato o fosfato ed è somministrata per viainiettiva o in forma orale.

Le principali differenze strutturali tra l’amfeta-mina e la mescalina si trovano nell’anello della mo-lecola. Sono stati sintetizzati numerosi composti si-mili alla mescalina e molti possiedono la capacitàdi aumentare o distorcere la percezione sensoriale.La DOM, la DOB, le TMA, la MDA, la MMDA, laMDMA, la 2C-B, la miristicina e l’elemicina, ap-paiono esercitare effetti simili a quelli indotti dallamescalina. Basse dosi di questi nove derivati pro-ducono eccitazione del comportamento, un sensodi benessere fisico, sensazioni tattili aumentate, di-minuzione della temperatura corporea e così via.Dosi maggiori possono indurre allucinazioni visivee distorsioni sensoriali che sono essenzialmenteidentiche a quelle indotte dalla mescalina. MDAsembra essere leggermente diversa da DOM, TMAe MMDA; i consumatori presentano minori alluci-nazioni e maggiore lucidità mentale. Dei nove deri-vati della mescalina, la MDA sembra essere l’agen-te migliore, sebbene la comune qualità del farmaco

Fig. M2.1 Struttura chimica dell’amfetamina

sia variabile e spesso quello che viene dichiaratoessere MDA si scopre contenere una combinazionedi LSD, amfetamina e altri agenti. La mescalinastessa di solito non è considerata come molto tossi-ca, persino a dosi elevate. Comunque, le rispostecomportamentali ai derivati sintetici della mescali-na si sviluppano rapidamente, come si aumenta ladose, dall’eccitazione comportamentale e allucina-zioni sensoriali, alla grave iperattività ed iperecci-tabilità, con concomitanti disturbi della funzioneorganica – effetti somiglianti più alla tossicità del-l’amfetamina che ai disturbi sensoriali indotti dallamescalina. Dosi elevate provocano tremori cheeventualmente possono condurre a movimenti con-vulsivi e prostrazione, i quali possono essere segui-ti dalla morte. Poiché questi composti sintetici nonsono disponibili in commercio attraverso fonti leci-te, non esiste una standardizzazione del dosaggio odell’impurità. Per la mescalina questo sembra esse-re un problema poco importante a causa del suoampio margine di sicurezza, ma per i derivati sinte-tici della mescalina più tossici, il margine di sicu-rezza è minore e ci si può imbattere molto più fre-quentemente in dosi eccessive.

Inizialmente l’ecstasy era considerata una dro-ga con pochi effetti sfavorevoli, come lo è statal’amfetamina fino al 1960. Come con l’amfetami-na, comunque, l’uso indiscriminato provocò casi diconfusione, ansia, attacchi di panico, depressione,difficoltà nell’addormentarsi, depersonalizzazione,derealizzazione, allucinazioni, flashback, paranoia,psicosi, tolleranza, sindrome di dipendenza e suc-cessiva dipendenza ai sedativi.

Il termine ecstasy ha ora ampliato il suo signi-ficato per comprendere una classe di farmaci che in-clude, tra gli altri, MDMA, MBDB, MDE, MDA,MDEA e 2C-B. Tuttora questi farmaci differisconol’un l’altro nei loro vari effetti e perciò, a meno chediversamente specificato, il termine ecstasy si rife-risce soltanto all’MDMA.

La miristicina e l’elemicina sono due principiattivi della noce moscata e del mace (rivestimentofibroso), che sono responsabili dell’azione psiche-delica di queste spezie. La noce moscata ed il ma-ce, entrambi facilmente disponibili nelle drogherie,sono ottenuti, rispettivamente, dal seme essiccato edall’involucro del seme dell’albero Myristica fra-grans. La noce moscata ed il mace qualche volta liritroviamo come sostanze di abuso quando non è di-sponibile nessun altro composto. L’ingestione diuna grossa quantità (tra 1 e 2 cucchiaini da tè, di so-lito infusi in un tè) può, dopo un intervallo di 2-5ore, indurre euforia e cambiamenti nella percezionesensoriale, che comprendono allucinazioni visive.

Considerando la somiglianza strutturale dellamiristicina (Fig. M2.2) e dell’elemicina alla me-scalina, queste azioni psichedeliche sono prevedi-bili. Il problema con la noce moscata ed il mace, co-munque, è che queste spezie inducono molti effet-ti collaterali spiacevoli, che includono vomito, nau-sea e tremori.

Mescalina (peyote). Il peyote, un piccolo cac-tus privo di spine (Lophophora williamsii), crescesu entrambe le rive del Rio Grande in Texas e nelMessico settentrionale (Fig. M2.3). Il peyote, dal-la parola azteca peyotl, fu noto agli spagnoli comepianta intossicante fin dal 1591, ed il suo utilizzonei riti religiosi fu proibito dall’inquisitore del Mes-sico il 29 giugno 1620. Il culto del peyote soprav-visse all’editto e continuò come rituale tra gli in-diani Tarahumara e Huichol del nord-ovest delMessico. Nel 1770 gli Apaches appresero la “reli-gione” del peyote e la introdussero negli Stati Uni-ti. Dal 1885 il culto si diffuse tra gli indiani in Ok-lahoma e da allora è stato accettato dalle tribù dal-la California al Mississippi e dall’Oklahoma al Ca-nada. Sebbene chimicamente sia un narcotico, ilpeyote non dà assuefazione e, così come è usato da-gli indiani, non è nocivo. Antropologi che hannostudiato il culto del peyote, sono dell’opinione che

324 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M2.2 Struttura chimica della miristicina

Fig. M2.3 Lophophora williamsii: il cactus peyote

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 325

il cactus è usato nei riti religiosi anche per la suacapacità di guarire malanni.

La dose allucinogena per la mescalina è di cir-ca 0,3-0,5 g (equivalenti a 5 g di peyote essiccato)e dura circa 12 ore. Mentre il peyote generò riccheallucinazioni visive che furono importanti per i cul-ti indigeni del peyote, lo spettro completo degli ef-fetti servì come modello di malattia mentale indot-to chimicamente. La mescalina può essere estrattadal peyote o essere prodotta sinteticamente.

La Tabella M2.2 comprende molti generi e spe-cie di cactus noti come peyote. Comunque non tut-ti hanno una storia come narcotici o allucinogeni.Alcuni sembra siano chiamati peyote soltanto nelnome, mentre altri possono avere usi puramente medicinali.

Pertanto, se Lophophora williamsii è il cactusmaggiormente associato con il nome peyote, mol-ti altri portano questo o altri nomi simili. Ciò è do-vuto al loro uso come inebrianti, grazie agli effet-ti intrinseci, o al loro uso in combinazione conLopho phora williamsii. Questo nome può ancheessere dovuto al fatto di possedere qualche vagasomiglianza a L. williamsii, come Astrophytumasterias, “né narcotico né medicinale”. Ma in al-cuni casi la somiglianza non è apparente, come inmolti Ariocarpus e Mammillaria, noti anche lorocome peyote. Il fatto che alcuni di questi cactusabbiano caratteristiche fisiche simili a L. williamsii(come Obregonia denerii, Strombocactus disci -formir e Turbininicarpus pseudomacrochele) ren-de del tutto più probabile il fatto che gli indiani,o accidentalmente o intenzionalmente, ne utiliz-zarono diverse specie. Poiché L. williamsii è co-munemente noto come una panacea, è probabileche alcune di queste altre specie siano chiamatepeyote, non per la loro efficacia come allucinoge-ni, ma piuttosto per la loro efficacia come agentimedicinali.

Molte di queste specie contengono i potenti al-caloidi tetraidroisochinolina e fenetilamina, ma sa-rebbe sbagliato presumere che gli effetti psicolo-gici mimerebbero quelli di L. williamsii, una spe-cie che contiene più di 60 differenti alcaloidi. L.williamsii è anche l’unica specie analizzata chi-micamente, oltre a molte piante Trichocereus, del-le quali il più importante alcaloide psicoattivo è lamescalina. Con l’eccezione di Aztekium ritterii,Lo pho phora diffusa e Pelecyphora aselliformis,che contengono quantità piuttosto piccole di me-scalina, non è stata scoperta nessun’altra specieche contiene mescalina. Quello che deve esserepreso in considerazione, riguardo ai possibili effetti psicologici di questi vari alcaloidi, è l’uso

religioso e magico di tali cactus nello sciamanismotradizionale.

Si sa che professionisti dello sciamanismo ado-perano numerosi metodi per alterare lo stato di co-scienza; è probabile che tali metodi siano adottatiin concomitanza con l’ingestione di questi cactus,così da alterare la complessiva esperienza psicolo-gica prodotta dagli alcaloidi stessi.

Sfortunatamente la popolazione maggiormenteassociata all’uso di molte specie di peyote, i Tara -humara del Messico, sta scomparendo rapidamenteprima che possano essere fatti ulteriori studi etno-logici ed etnobotanici. Resta ancora non documen-tato come queste specie siano state selezionate, pre-parate e in quali quantità siano state utilizzate.

Serotonin-psichedelici. La serotonina (5-idros-sitriptamina o 5-HT) è un neurotrasmettitore atti-vamente coinvolto, fra l’altro, nella regolazione del-la temperatura corporea, del sonno e della perce-zione sensoriale. La dimetiltriptamina (DMT), labufotenina, la psilocina e la psilocibina somiglianoalla serotonina nello stesso modo in cui l’amfeta-mina, la mescalina, la miristicina ed i derivati sin-tetici della mescalina somigliano alla norepinefri-na. Anche l’LSD e l’armina sono strutturalmente si-mili alla serotonina. Comunque, l’ipotesi che gli ef-fetti psichedelici indotti da questo gruppo di agen-ti siano dovuti ad un’azione sui neuroni serotoni-nergici, non è stata ancora definitivamente prova-ta. Quando i serotonin-psichedelici sono confron-tati con i norepinefrin-psichedelici, appare chiaroche i primi inducono esperienze emozionali e sen-soriali più potenti, ma raramente provocano eccita-zione del comportamento, mania e psicosi tipicheinvece dell’amfetamina.

L’LSD è un potente agente allucinogeno che pro-voca, nel consumatore, l’alterazione del senso del-lo spazio e del tempo. L’LSD, tartrato della dietila-mide dell’acido D-lisergico, fu sintetizzato per laprima volta a partire dall’acido lisergico, un com-ponente dell’ergot, dal chimico svizzero Albert Hof-mann nel 1938. Alcuni anni più tardi egli scoprì ca-sualmente i suoi effetti insoliti sulla mente. Da al-lora c’è stata un’ampia ricerca sull’LSD, una partedella quale ha rivelato informazioni circa la naturachimica delle sinapsi tra le cellule cerebrali.

L’LSD è stato provato nel trattamento dell’alco-lismo cronico, nell’autismo infantile e per accelera-re la psicoterapia, ma non è stato stabilito nessun usomedico per questa sostanza. A partire dal 1961, l’u-so non medico dell’LSD, spesso chiamato “acido”,è di gran lunga aumentato. Da 30 a ben 45 milionidi persone nel mondo, che includono il 4-9% deglistudenti, hanno provato l’LSD qualche volta. Le

326 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M2.2 Lista dei cactus narcotici ed allucinogeni

Pianta Soprannome Alcaloidi*

Ariocarpusagavoides Maqueyitos (piccolo agave) Fenetilaminefissuratus Sunami,Chautle, Peyote cimarron Fenetilaminekotschoubeyanus Pezuna de venado Fenetilamineretusus Falso peyote Fenetilamine, retusin

Astrophytumasterias Peyotillo Fenetilaminecapricorne Peyotillo, Beznaga de estropajo Isochinolinemyrostigma Mitra, Birrete de obispo Fenetilamine

Aztekiumritterii Peyotillo Fenetilamine, mescalina, isochinoline,

pellotina, anhalidinaCarnegiea

gigantea Non noto per essere usato come allucinogeno Fenetilamine, arizonina, dopamina, heliamina, carnegina, gigantina, salsolidina

Coryphanthacompacta Banaka, Bakanawa, Hikuli, Wichuri Fenetilamineelephantidens Comunicazione personale Fenetilamine, macromerina, sinefrinamacromeris Donana Macromerinarunyonii Donana Fenetilamine, macromerina, metanefrina, sinefrina

Dolichothelelongimamma Peyotillo Normacromerina, sinefrina,

Longimammosina, longimammidinaEchinocereus

salm-dyckianus Falso peyote, Pitallito o Hikuritriglochidiatus Pitallito, Alte qualità mentali Fenetilamine, N,N-dimetilistamina

Epithelanthamicromeris Hikuli mulato, Dark skinned peyote Fenetilamine, tiramina

Heyderilongimamma Tarahumaras, Black magic, Peyotillo, Peotillo Sconosciutipectinifera Cochinito (porcino) Sconosciuti

Lophophoradiffusa Nessun soprannome (sconosciuto) Fenetilamine, hordenina, pellotina,

anhalinina, mescalinawilliamsii Peyote Fenetilamine, anhalamine, mescalina

e derivati della peyotina

Mammillariacraigii Wichuri, Peyote de San Pedro Sconosciutiolivae Hikuri Sconosciuti

Neoraimondiamacrostibas Cimora Fenetilamine

Obregoniadenrii Obregona Fenetilamine, hordenina, tiramina

Pachycereusaboriginum Wichowara (insanity) Penetilamine, salsolidina, arizonina,

carnegina, heliamina, isosolsolina, solsolinaPelecyphora

aselliformis Peyote meco Fenetilamine, anhalidina, mescalina, pellotina

Trichocereuspachanoi Cactus di San Pedro, Cimora Anhalonidina, hordenina, mescalina, pellotinawerdemannianus Nessun soprannome Fenetilamine, mescalina, tiraminavalidus Nessun soprannome mescalina (contenuto del 50%)

Turbinicarpuspseudomacrochele Peyotillo Hordenina

* I nomi degli alcaloidi citati da soli denotano alti contenuti

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 327

“teste acide” – individui che lo consumano una vol-ta o due a settimana per anni – sono soltanto una fra-zione di quel numero. La percentuale di consuma-tori adulti è rimasta costante dal 1967 in poi, indi-cando uno stabilizzarsi dell’uso. Comunque, l’usotra gli studenti delle scuole superiori e medie vienesegnalato in aumento. Questo fatto è particolarmentegrave, considerando i possibili effetti dell’LSD sulcervello nel processo della crescita accelerata.

L’esperienza dell’LSD, spesso chiamata “viag-gio”, è caratterizzata da marcate alterazioni dellasensazione, del pensiero, del sentimento e delsenso del tempo e dello spazio. Le alterazioni vi-sive sono le più impressionanti ed includono l’in-tensificarsi del colore e dell’intensità. È riportatoanche l’aumento del significato dell’oggetto per-cepito. Sotto l’influenza dell’LSD, il tempo appa-re scorrere lentamente. Il pensiero diviene simileal sogno e le emozioni diventano mutevoli, pas-sando da una grande gioia all’orrore. L’io può ap-parire stranamente alterato, trasformato, o puòcompletamente scomparire. Qualche volta posso-no essere provate illusioni. Con dosi medie chevanno da 75 a 150 mg, queste alterazioni possonopersistere da 6 a 12 ore.

I segni fisici dell’assunzione da LSD compren-dono pupille dilatate, volto arrossato ed un legge-ro tremore delle estremità. Quasi tutti i test di fun-zionalità psicologica ne mostrano il danneggia-mento e l’esecuzione psicomotoria risulta menoprecisa. L’impressione soggettiva di aumentatacreatività non può essere provata oggettivamente.

Un “buon viaggio” sembra essere una piacevo-le esperienza sensoriale. Un “cattivo viaggio” è unarottura disorganizzante e temporanea con la realtà.Sia il buono che il cattivo viaggio portano a diffi-coltà – un buon viaggio può indurre una persona acomportarsi con la convinzione di grandiosità edonnipotenza, mentre un cattivo viaggio può provo-care panico e comportamento incontrollato.

Il ripetersi dello stato da LSD, settimane o me-si dopo l’assunzione del composto, è noto comeflashback. Questo non è provocato dalla ritenzio-ne dell’LSD nell’organismo, ma rappresenta unapossibile reazione psicologica allo stress, in gene-re dopo molte esposizioni all’LSD. Le complica-zioni più prolungate dell’LSD includono stati diansia cronica o persistenti psicosi simili alla schi-zofrenia.

Sia che l’LSD provochi danno alle cellule cere-brali, sia che produca danno cromosomiale, sonoproblemi che sono stati intensamente indagati, mache non sono stati ancora risolti su basi strettamentescientifiche.

La tolleranza alle alterazioni sia psicologicheche fisiologiche indotta da LSD, si sviluppa rapi-damente. Può anche svilupparsi tolleranza crocia-ta tra l’LSD e gli altri agenti psichedelici, come lamescalina e la psilocibina.

È diventato del tutto chiaro che non si svilup-pa dipendenza fisica all’LSD, persino quando ilcomposto è usato ripetutamente per un prolungatoperiodo di tempo. Infatti, la maggior parte dei con-sumatori accaniti di queste sostanze afferma chesmise di usare l’LSD perché ne era stanco, non neaveva più bisogno o per entrambe le cose. Anchequando la sostanza non viene più usata, a causa dicattivi viaggi, o di un danno fisico o mentale, noncompaiono segni di astinenza.

Sembra che la dipendenza psicologica possaintervenire in quei pochi individui che sono di-ventati “preoccupati” dall’LSD. Di norma, comun -que, tale preoccupazione sembra fare il suo corsoe autolimitarsi. La maggior parte dei consumatorialla fine cessa di usare l’LSD e ritorna agli altriagenti psichedelici meno potenti o ai più tradizio-nali composti ipnotico-sedativi, come l’alcol o lamarijuana.

Alcuni ricercatori hanno tentato di identificareil meccanismo dell’LSD attraverso tre differentiapprocci: paragonando gli effetti dell’LSD alle in-terazioni comportamentali già identificate con ineurotrasmettitori, determinando chimicamentecon quali neurotrasmettitori e recettori l’LSD inte-ragisce ed identificando le regioni del cervello chepotrebbero essere responsabili dell’ampia varietàdi effetti.

Iniziali ricerche trovarono che strutturalmentel’LSD somigliava alla serotonina. Come è noto, laserotonina è implicata nella regolazione di molti si-stemi su cui l’LSD può agire attraverso le vie me-diate dalla serotonina. Ulteriori ricerche rivelaronoche l’LSD non ha soltanto affinità per i recettoridella serotonina, ma anche per i recettori dell’ista-mina, dell’acetilcolina, della dopamina e delle ca-tecolamine: epinefrina e norepinefrina.

Sistema serotoninergico. La maggioranza deineuroni serotoninergici si trova nei nuclei del rafe(RN). I RN sono ubicati al centro del tronco cere-brale dal mesencefalo al bulbo. Essi innervano il mi-dollo spinale, dove sono coinvolti nella regolazionedel dolore. Come il locus caerulens (LC), i RN in-nervano ampie aree del cervello. Insieme con il LC,i RN fanno parte del sistema reticolare attivanteascendente. La serotonina inibisce la trasmissioneascendente nel sistema reticolare, pro babilmenteproteggendo il cervello dal sovraccarico sensoriale.Si ritiene anche che i recettori post-sinaptici della

serotonina nelle aree visive siano inibitori. Perciò,è evidente che un’interruzione dell’attività della se-rotonina provocherebbe la disinibizione, e quindil’eccitazione, di varie modalità sensoriali.

È opinione corrente che il meccanismo dell’LSDsia collegato alla regolazione dell’attività della sero-tonina nei RN. Comunque, i RN sono influenzati an-che dai neuroni colinergici ed istaminergici. Quindiè possibile che alcuni dei suoi effetti possano esseremediati attraverso altre vie.

La mancanza di conoscenza del meccanismodell’LSD è indicativa dei problemi coinvolti nelcollegamento degli universi della psicologia e del-la neurobiologia. Tanto è stato detto circa i ruoli ele interazioni dei vari neurotrasmettitori, dei recet-tori, e su scala più vasta, su porzioni del cervello,ma il “mistero” deve essere ancora sciolto. Con que-sto caveat emptor saldamente nella mente, sembrache la miglior spiegazione degli effetti dell’LSDsia che si comporti come un agonista parziale dellaserotonina ad alta affinità. A seconda della presen-za di altre molecole e della loro stessa concentra-zione, l’LSD può avere effetti sia agonisti che an-tagonisti sui recettori post-sinaptici della serotoni-na. Questa modulazione del comportamento dellaserotonina è probabilmente responsabile di moltidegli effetti attribuibili all’LSD. L’LSD ha ancheaffinità per i recettori di altri neurotrasmettitori,che giocano importanti ruoli nel tronco cerebrale,come la norepinefrina, la dopamina e l’istamina. Èipotizzato anche che l’LSD possa modulare le ri-sposte di questi neurotrasmettitori, attraverso la suaattività sui recettori serotoninergici.

L’ergot (vedi Cap. 18) provoca allucinazioni evisioni epifaniche che alla fine portano ad unamorte lenta e dolorosa.

È stato usato sin dall’antichità a scopo terapeu-tico dalle “streghe bianche” o levatrici. Fu adope-rato come abortivo o come farmaco per diminuirela natalità. Tale uso fu menzionato per la prima vol-ta in uno scritto del 1582. Dal 1824 l’ergot (e deri-vati dell’ergot più recenti: ergonovina, L-2-propa-namide dell’acido D-lisergico, ergina, LA-111 ecc.)è stato usato in medicina principalmente per il con-trollo dell’emorragia post-partum.

La dimetiltriptamina (DMT), sostanza endoge-na presente nel fluido cerebrospinale, sintetizzata nel1957 da S. Szara, non è molto usata negli Stati Uni-ti, ma è invece ampiamente utilizzata in altre parti delmondo. È il principio attivo di vari tabacchi suda-mericani, come il cohoba (preparato dal seme di Pip-tadenia peregrina) e lo yopo (un prodotto simile del-le Indie occidentali). La DMT è in parte responsabi-le delle allucinazioni e della sindrome confusionale

che segue l’inalazione di queste polveri, ma il com-posto bufotenina, che è anch’esso presente, contri-buisce agli effetti. Diversamente dall’LSD, la DMTnon è assorbita nel flusso sanguigno quando è as-sunta oralmente, perciò di solito è inalata attraversoi polmoni, o come polvere o come sigaretta.

Le proprietà psichedeliche della DMT sembra-no risultare prevalentemente da alterazioni dellapercezione visiva o dal manifestarsi di allucinazio-ni reali. Spesso euforia ed eccitabilità del compor-tamento accompagnano le alterazioni sensoriali. Ladurata d’azione della DMT è estremamente breve,in genere soltanto 1-2 ore circa, da qui il suo nomein gergo “LSD degli uomini d’affari”.

La dimetiltriptamina è un costituente di molti ta-bacchi e bevande sudamericani che contengono al-tri derivati indolici psichedelici. La DMT è il prin-cipale costituente della corteccia della Virola ca-lophylla; si trova anche nei semi di Anadentheraperegrina, in quelli della pianta rampicante Mimo-sa hostilis, che viene usata nel Brasile orientale perfare una bevanda chiamata ajuca o jurema, nelle fo-glie di Banisteriopsis rusbyana, che vengono ag-giunte alle bevande di hermalina, ricavate da altrepiante del genere Banisteriopsis per fare ocoyage,e nelle foglie di Psychotria viridis, anch’esse ag-giunte alle bevande contenenti foglie di Baniste-riopsis. La DMT deve essere somministrata in as-sociazione agli inibitori delle monoaminossidasi perdiventare attiva oralmente.

I principali effetti sono avvertiti con circa 50mg, sia che venga fumata o iniettata. La tolleranzasi sviluppa soltanto dopo un uso estremamente fre-quente – nei ratti un’iniezione ogni due ore per tresettimane; in queste condizioni, ma non altrimenti,si presenta anche una tolleranza crociata tra laDMT e l’LSD.

Similmente all’LSD, la DMT provoca sintomisimpaticomimetici: la dilatazione delle pupille,l’innalzamento della pressione sanguigna e l’au-mento del ritmo del polso sono più comuni e piùintensi. Poiché non è assunta per os, gli effetti pro-grediscono immediatamente e possono essere op-primenti. Il termine “mente sbocciante” potrebbeessere stato inventato per questo farmaco. L’espe-rienza fu descritta da Alan Wats come simile ad“essere sparati fuori dalla bocca di un cannone ato-mico”. Pensieri e visioni si affollano a grande velo-cità; sono caratteristici un senso di abbandono o ditempo trascendente ed una sensazione che gli og-getti abbiano perso tutta la forma e si siano dissoltiin un gioco di vibrazioni. L’effetto può essere simi-le ad un trasporto istantaneo in un altro universoper un soggiorno senza tempo. Quando la DMT è

328 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 329

fumata o iniettata, gli effetti hanno inizio in un se-condo, raggiungono un picco in 5-20 minuti e co-minciano a calare dopo mezz’ora circa. Per questoha meritato il nome “viaggio dell’uomo d’affari”.La brevità dell’esperienza rende la sua intensitàsopportabile e, allo stesso tempo, gradevole.

Altri allucinogeni possiedono strutture e pro-prietà molto simili a quelle della DMT: la dietiltrip-tamina (DET) ad es., è un analogo della DMT e pro-voca gli stessi effetti farmacologici, ma è decisa-mente meno potente della DMT. L’α-etiltriptamina(AET) è un altro triptamin-allucinogeno.

Il composto DET è attivo alla stessa dose dellaDMT e gli effetti si protraggono leggermente più alungo, tra un’ora e mezza e le due ore circa. La DPTè a durata d’azione ancora più lunga e possiede mi-nori effetti collaterali di tipo autonomo. In studisperimentali la sua azione continua per 1,5-2 ore adosi di 15-30 mg, e per 4-6 ore a dosi di 60-150mg. Sia la DET che la DPT sono più leggere dellaDMT. Il composto 6-FDET (6-fluorodietiltriptami-na) nei suoi effetti somiglia alla DET. Tutti questicomposti, come la DMT, non sono attivi oralmentee perciò devono essere fumati o iniettati. La dibutil-triptamina (DBT) è inerte, ma altri composti di sin-tesi correlati alla DMT possono essere psicoattivi.

Uno dei più potenti catalizzatori psichedeliciscoperto dagli esseri umani è noto come ayahuasca,una parola indiana Quechua (Perù ed Ecuador) chesignifica, ironicamente, “vite dei morti”. In Co-lombia ed in alcune parti del Brasile, è usato il no-me indiano Tupi Yage, e tra gli adepti ai culti reli-giosi dell’Amazzonia è chiamato Daime.

L’ayahuasca, come sostanza allucinogena, nonsi riferisce propriamente ad un’unica pianta, ma aduna singolare miscela di due specie di piante mol-to differenti. Correttamente, l’ayahuasca si riferi-sce ad una combinazione psichedelica di piante, chevaria in potenza in base all’abilità del preparatore.

Mentre ogni sciamano possiede la propria for-mula segreta per la miscela (probabilmente con duespecie non esattamente simili), è stato stabilito cheil vero ayahuasca contiene sempre sia alcaloidi β-carbonilici che triptaminergici: i primi (harminaed harmalina) di solito ottenuti dalla pianta rampi-cante Banisteriopsis caapi, i secondi (N,N-dimetil-triptamina, o DMT) dalle foglie dell’arbusto Psy-chotria viridis.

La DMT, in qualsiasi quantità, non è attivaoralmente, a meno che non venga usata in combi-nazione con inibitori delle monoaminossidasi(MAO). Questo è precisamente quello che in effet-ti fa l’ayahuasca; gli alcaloidi harmala, nella pian-ta rampicante Banisteriopsis caapi, sono potenti ini-

bitori delle MAO a breve durata che sinergizzanola DMT – contenuta nelle foglie di Psychotria vi-ridis – per produrre quella che è stata descritta co-me una delle più profonde tra tutte le esperienze psi-chedeliche.

La psilocibina e la psilocina sono due agentipsichedelici che si trovano in almeno 15 specie difunghi appartenenti al genere Psilocybe, Panaeoluse Conocybe. Questi funghi crescono in tutto ilmondo, incluse l’America centrale e la porzionenordoccidentale degli Stati Uniti. Psilocybe mexi-cana (riferito anche come Teonanacatl o God’s Flesh) possiede una lunga e colorita storia di usosacerdotale in tutta l’America centrale.

La psilocina e la psilocibina sono i due più im-portanti composti psicoattivi contenuti nel fungo, esono approssivativamente 200 volte meno potentidell’LSD. Diversamente dalla DMT, la psilocina ela psilocibina sono efficacemente assorbite quandosomministrate per via orale, ed i funghi sono man-giati crudi allo scopo di indurre effetti psichedelici.È difficile stabilire quanta psilocibina e/o psilocinasia contenuta in ogni particolare fungo. Esiste unagrande variabilità nella potenza tra le differentispecie di funghi, così come importanti differenzetra funghi della stessa specie. Ad es., la dose usua-le orale di Psilocybe semilanceata (“Cappelli dellaLibertà”) può variare da 10 a 40 funghi. Perciò lespecie devono essere opportunamente identificateper determinare il giusto dosaggio. Inoltre esistonoalcune specie estremamente tossiche di funghi, chenon sono psicoattive e che apparentemente somi-gliano a quelle che contengono psilocibina e psilo-cina. Così, per evitare esperienze spiacevoli, biso-gna avere dimestichezza con tutte le specie alluci-nogene e velenose di funghi.

Per lungo tempo, la psilocina e la psilocibina fu-rono entrambe considerate attive dal punto di vistafarmacologico. Tuttavia, i due composti differisconosoltanto in quanto la psilocibina contiene una mole-cola di acido fosforico (Fig. M2.4). Quello che sem-

Fig. M2.4 Struttura chimica della psilocibina

bra avvenire dopo che il fungo è stato ingerito è chel’acido fosforico è rimosso dalla psilocibina, libe-rando psilocina, l’agente psichedelico attivo.

Sebbene gli effetti psichedelici di Psilocybemexicana abbiano fatto a lungo parte del folkloreindiano, la prima descrizione dettagliata dell’intos-sicazione da Psilocybe non si ottenne fino al 1955,quando Gordon Wasson, un banchiere di New York,viaggiò attraverso il Messico, si unì alle tribù indi-gene e gli fu concesso di partecipare ad una ceri-monia sacra e di assaggiare il fungo magico.

Le allucinazioni e le distorsioni del tempo e del-lo spazio, sono simili a quelle provocate dall’LSD.La durata d’azione della Psilocybe, comunque, èmolto più breve (tra le 2 e le 4 ore) della durata d’a-zione dell’LSD. Si ha tolleranza crociata tra la psilocibina, l’LSD ed anche la mescalina. Comel’LSD, gli effetti collaterali precedono sempre losvilupparsi dell’azione psichedelica. I consumatoriavvertono sintomi associati a reazioni di conflitto/fuga/spavento, in concomitanza agli effetti psicolo-gici così vivamente descritti da Jarvik, nel 1970.

La psilocibina non è così potente come l’LSD,ed è alquanto più facile aggiustare la dose per rag-giungere un livello desiderato di effetto. Basse do-si di psilocibina (4 o 5 mg) inducono una piacevo-le esperienza con rilassamento mentale. Dosi piùelevate (fino a 15 mg) inducono alterazioni dellapercezione, in concomitanza ad allucinazioni oc-casionali.

Bufotenina. Precedentemente in questo capito-lo abbiamo parlato dell’Amanita muscaria e di duedei suoi farmaci psicoattivi, l’acido ibotenico ed ilmuscimolo. La bufotenina (Fig. M2.5) è un altrofarmaco che, insieme all’acido ibotenico ed il mu-scimolo, si trova nell’Amanita muscaria, sebbene lequantità siano piccole. Quantità più significative dibufotenina si possono ottenere dalla secrezionedella pelle e dalle ghiandole parotidi dei rospi. Labufotenina può anche essere ottenuta (come laDMT) dai semi di Piptadenia peregrina, albero checresce ad Haiti ed in Venezuela. Questi semi sonopolverizzati ed inalati come tabacco. Tali prepara-zioni sono riferite con vari nomi, che includono yo-po, parica, epena e cohoba.

Dal punto di vista farmacologico, la bufotenina(nelle dosi da 1 a 16 mg) può indurre distorsioni vi-sive insieme con una sensazione di rilassamento eleggerezza/assenza di peso. Le allucinazioni posso-no o non possono aversi. Gli effetti collaterali del-la bufotenina (aumento della pressione sanguigna edel ritmo cardiaco, visione annebbiata, incrementodel tono muscolare e così via) sono maggiori diquelli prodotti dalla psilocibina o dalla DMT e sono spesso alquanto fastidiosi. Perciò, la bufoteni-na è più tossica della psilocibina ed induce deficitdella funzione motoria con atassia (barcollamen-to), paralisi minore e rigidità muscolare. Poichéquesti effetti collaterali possono essere tremendiper il consumatore, il composto risulta notevol-mente sgradevole da prendere e tali effetti potreb-bero essere confusi con le allucinazioni.

Tlitliltzin e ololiuqui. Descritte con i nomi lo-cali aztechi tlitliltzin e ololiuqui, le piante usate inMessico durante le cerimonie religiose sono state direcente identificate rispettivamente come Ipomoeatricolor Cav. (= I. violacea L.) e Turbina corymbo-sa (L.) Raf (= Rivea corymbosa L.) (Fam. Convol-vulaceae).

I. violacea (morning glory) è una pianta rampi-cante dell’America Centrale. Presenta foglie cor-date e fiori caratteristici, a campanella, che di soli-to sono di colore blu o porpora. Il frutto, ovoide, èlungo circa 1 cm e produce semi allungati, neri, checontengono diversi alcaloidi quali ergina (amidedell’acido lisergico) (Fig. M2.6), lisergolo e diver-se clavine (elimoclavina, chanoclavina). La con-centrazione di questi alcaloidi, anche se molto bassa (alcaloidi totali 0,06%), conferisce proprietà allucinogene ai semi di I. violacea.

L’ergina e gli altri alcaloidi originano dal meta-bolismo del triptofano, via triptina, e sono struttu-ralmente più semplici di quelli presenti nel fungoClaviceps. Pertanto possono costituire dei precur-sori per la sintesi dell’LDS. Questi alcaloidi si tro-vano anche in Rivea corymbosa (alcaloidi totali0,012%), un'altra pianta considerata magica dagliaztechi e da loro chiamata ololiuqui.

L’ololiuqui è un altro agente ritrovato in natura,usato dagli indiani dell’America centrale e meridio-nale sia come veleno che come allucinogeno. L’olo-liuqui viene usato nei rituali come mezzo per co-municare con il soprannaturale, così come sono uti-lizzati estratti di molte piante che contengono so-stanze ad effetto psichedelico. L’uso dei semi diololiuqui in America centrale e meridionale fu de-scritto per la prima volta dallo spagnolo Hernandez,il quale dichiarò che “quando i sacerdoti volevanoessere in comunicazione spirituale con i loro dei,

330 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M2.5 Struttura chimica della bufotenina

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 331

mangiavano i semi di ololiuqui ed appariva loro unmigliaio di visioni ed allucinazioni sataniche”.

Ad accompagnare l’azione psichedelica dell’o-loliuqui sono i soliti effetti collaterali dei seroto-nin-psichedelici: nausea, vomito, mal di testa, in-cremento della pressione sanguigna, dilatazionedelle pupille, sonnolenza e così via. Questi effetticollaterali sono di solito molto intensi e servono alimitare l’uso voluttuario dell’ololiuqui.

L’ergina è presente anche in altre convolvula-cee tra cui Argyreia nervosa, nota come Hawaiianwoodrose, perché produce un fiore simile alla rosa.

L’armina (Fig. M2.7) è un agente psichedeli-co ottenuto dai semi di Peganum harmala, unapianta originaria del medio oriente. Questi semisono stati utilizzati per secoli. L’intossicazione disolito è accompagnata da nausea, vomito, seda-zione ed infine sonno ed eccitamento psichico, checonsiste in distorsioni visive simili a quelle indottedall’LSD.

Anestetici psichedelici

Nell’ultimo decennio, è stata introdotta una nuovaclasse di agenti anestetici. Questi differiscono no-tevolmente dai tradizionali composti ipnotico-se-dativi e sembrano somigliare più strettamente aicomposti psichedelici. Fra tali agenti abbiamo lafenciclidina (PCP) e la ketamina.

Dal 1978, a causa del notevole abuso della fen-ciclidina, essa è stata considerata dalle leggi sani-tarie di molti Paesi un farmaco illegale. Oggi, pra-ticamente, tutta la fenciclidina che si trova sul mer-cato illecito negli Stati Uniti e nei Paesi europei èprodotta in laboratori clandestini.

La fenciclidina, nota più comunemente comePCP, è venduta illegalmente sotto diversi altri no-mi, tra cui Polvere d’angelo, Super-erba, Erba kil-ler, Fluido imbalsamante e Carburante per razzi,nomi che rispecchiano la sua serie di effetti biz-zarri e mutevoli. Nella sua forma pura è una pol-vere cristallina bianca che si dissolve velocemen-te in acqua. Comunque la PCP venduta illegal-mente contiene diversi contaminanti che derivanoda espedienti industriali i quali alterano il colore,che varia dal marrone chiaro allo scuro e la con-sistenza, che va dalla polvere alla massa gommo-sa. Sebbene sia venduta in compresse e capsule co-me pure in polvere ed in forma liquida, la PCP disolito viene applicata a del fogliame, come prez-zemolo, menta, origano o marijuana, e viene cosìfumata.

Gli effetti del farmaco sono tanto svariati quantoil suo aspetto esteriore. Una quantità moderata diPCP spesso provoca nel consumatore un senso di distacco, lontananza ed alienazione dall’ambiente in cui si trova. Il torpore, la disarticolazione del linguaggio e la perdita della coordinazione possonoessere accompagnati da un senso di potenza ed in-vulnerabilità. Lo sguardo fisso privo d’espressione,movimenti rapidi ed involontari degli occhi edun’andatura esagerata, sono tra gli effetti più osser-vabili. Si possono avere anche allucinazioni uditive,distorsioni dell’immagine, gravi disturbi dell’umoreed amnesia. In alcuni consumatori, la PCP può pro-vocare ansia acuta ed un senso di morte incombente,mentre in altri può determinare paranoia e violentaostilità ed in altri ancora psicosi non distinguibile

Fig. M2.6 Struttura chimica (a) dell’acido liser-gico e (b) dell’LSA (amide dell’acido lisergico)

Fig. M2.7 Struttura chimica dell’armina

a b

dalla schizofrenia. L’uso della PCP comporta diver-si rischi e molti sono convinti che essa sia uno degliagenti di abuso più pericolosi. Per quanto concerneil meccanismo di azione, la PCP è un antagonistadel recettore del glutammato del tipo NMDA.

Attraverso modificazioni del processo indu-striale è possibile ottenere degli analoghi chi -micamente correlati, capaci di produrre effetti psichici simili alla fenciclidina. Quattro di questesostanze (N-etil-1-fenilcicloesilamina o PCE, 1-(fenilcicloesil)pirrolidina o PCPy, 1-[1-(2-tienil)cicloesil]piperdiene o TCP e 1-[1-(2-tienil)cicloe-sil]pirrolidina o TCPy) sono state trovate sul mer-cato illegale.

Ketamina. Nell’ambiente dei rave e dei centrisociali, specialmente in Europa, spesso viene ven-duta una sostanza sotto i nomi di Special K o keta-mina. Questa sostanza molto spesso è ketamina me-scolata con diverse altre sostanze tra le quali vi pos-sono essere l’eroina, la cocaina o l’ecstasy. Qual-siasi combinazione di sostanze contenente ketami-na risulta pertanto estremamente pericolosa.

La ketamina (Fig. M2.8) è un anestetico usatoprincipalmente per scopi veterinari. La ketaminablocca le vie nervose senza deprimere le funzionirespiratorie e circolatorie, e perciò agisce comeanestetico sicuro ed affidabile. È comunementeiniettato per via intramuscolare, ma può anche es-sere somministrato oralmente e per via nasale.

È stato riportato che una massiccia “overdose”orale, costituita da più di 1 g di materiale acquista-to per strada, causa prolungati periodi di stupore ocoma. Questo stato può protrarsi per diversi giornie può essere caratterizzato da una depressione re-spiratoria potenzialmente letale, da intensi attacchie dall’aumento della pressione sanguigna. In se-guito a questo periodo di stupore, una lunga fasedi recupero, caratterizzata da illusioni confusiona-li, può protrarsi per più di due settimane. In pochicasi, questo stato confusionale può essere seguitoda una psicosi che dura da diverse settimane aqualche mese.

Cannabis sativa

La canapa da sempre è stata usata come pianta tes-sile. Anche il suo uso come medicamento è assaiantico: un erbario cinese del 2700 a.C. raccoman-da preparati di cannabis per il trattamento di di-verse malattie. Gli arabi, scoperti gli effetti ine-brianti di questa pianta, cominciarono a farne unlargo uso. I musulmani del Libano, “fanatizzati”dal Vecchio della montagna ed “inebriati” dai pre-parati di canape, divennero ben presto i guerrieripiù feroci e temuti dai Crociati (erano chiamati ha-schiachin, da cui il termine assassino). Fu Napo-leone a sottoporre all’attenzone dei medici euro-pei la Cannabis che più tardi (1838-1840) entreràa far parte della medicina occidentale.

La droga è costituita dalle infiorescenze femmi-nili di Cannabis sativa L., var. indica (Fam. Canna-bidaceae), pianta erbacea annua che può raggiunge-re anche i 2 m di altezza (Fig. M2.9). Presen ta uncaule eretto, semplice o ramificato, irto di peli; fo-glie peziolate, ruvide, le inferiori opposte, palmate(con lobi lanceolati e seghettati), le superiori alterne;

332 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M2.8 Struttura chimica della ketamina Fig. M2.9 Cannabis sativa: pianta (A. Poletti)

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 333

fiori ascellari, penduli i maschili, eretti e più picco-li i femminili. Il frutto è un achenio uniloculare. Leinfiorescenze si raccolgono poco prima della fioritura(in aprile) e soprattutto con queste si preparano leprincipali varietà della droga (Tabella M2.3). Innu-merevoli ghiandole diffuse in tutta la pianta secer-nono una resina che si presenta sotto forma di mas-se brune dall’odore caratteristico.

Nella droga sono presenti il Δ9-tetraidrocanna-binolo (THC) e diversi altri cannabinoidi: cannabi-diolo, cannabigerolo ecc. (Tabella M2.4). La pre-senza di questi composti varia notevolmente, a se-conda del clima, del terreno, del tempo di raccoltaecc. Il THC è il composto psicotropo. Sulla base deisuoi effetti clinici viene classificato come sostanzaallucinogena. Tuttavia, i suoi effetti sul cervellosembrano differire da quelli prodotti dagli altri al-lucinogeni, come l’LSD o la mescalina.

Il THC non è utilizzato in terapia e le proposteche affermano che può essere valido nel trattamen-to della depressione o rappresentare un’utile alter-nativa all’uso sociale dell’alcol, non hanno ricevu-to una sufficiente attenzione. Essenzialmente, ilTHC agisce sul sistema nervoso centrale, legando-si a recettori specifici. Gli effetti prodotti dipendo-no dalla personalità del consumatore, dalla dose,dalle modalità di somministrazione e dalle circo-stanze riguardanti il suo utilizzo.

Marijuana

L’uso regolare ad alte dosi della marijuana (o ma-rihuana) provoca una certa tolleranza. Tuttavia, di-

versamente dai narcotici (farmaci come la morfina),dai barbiturici e dall’alcol, l’uso ripetuto della ma-rijuana non causa dipendenza fisica e, semmai fos-se interrotto, non si presenterebbe nessuna sindro-me di astinenza.

L’effetto più consistente della marijuana è ilcambiamento dell’umore. In genere la marijuanaprovoca un senso di benessere (euforia), l’aumentodella stima in se stessi ed una sensazione di rilassa-mento. Frequentemente, questi cambiamenti dellostato d’animo sono accompagnati da alterazionidella percezione sensoriale. Le distanze possonoapparire più grandi e gli intervalli di tempo posso-no sembrare più lunghi di come sono in realtà. Glistimoli sensoriali possono assumere anche unaqualità più piacevole o inusuale, cosicché i solitisuoni e oggetti possono sembrare esteticamente piùgradevoli ed interessanti.

In alcuni casi, la marijuana provoca la diminu-zione del controllo emozionale, che causa l’instau-rarsi di un comportamento impulsivo. Per i consu-matori è più frequente, tuttavia, ritirarsi in sogniintrospettivi. I consumatori di marijuana definisco-no questo livello di intossicazione, come “high” egeneralmente cercano di evitare di prendere unaquantità di droga maggiore di quella necessaria araggiungere tale livello.

Alcuni consumatori di marijuana o di hashishprovano illusioni o allucinazioni visive ed uditive,che qualche volta sono accompagnate da agitazione,sensazione di panico ed altri sintomi psicotici. È oranoto che tali intossicazioni acute non sono necessa-riamente causate da idiosincrasie individuali, comesi pensava in precedenza, ma che, a dosi sufficiente-

Tabella M2.3 Le principali preparazioni di Cannabis

Nome della preparazione Luogo di provenienza Parti della pianta utilizzate

Hashish Libano, Nepal, Europa Infiorescenze(soprattutto femminili)e foglie

Charas India, Asia centrale Infiorescenzefemminili

Ganja India Infiorescenze e steli privati delle foglie

Kief o Kif Nord Africa “ “

Dagga Sud Africa “ “

Djoma Africa centrale “ “

Kabak Turchia “ “

Liamba Brasile “ “

Marijuana Sud America Infiorescenze,foglie e steli

mente alte, il THC, il principio attivo della marijua-na, può provocare tali effetti in molte persone.

La marijuana viene quasi sempre fumata. Poichéil THC risulta più potente quando viene fumato piut-tosto che quando viene assunto per via orale, e poi-ché l’inizio degli effetti è rapido quando la drogaviene fumata, di solito per i consumatori di marijua-na è possibile evitare sovradosaggi, facendo soltantotante inalazioni quante ne sono necessarie per pro-vocare un piacevole “high”. Comunque la marijua-na, specialmente ad alte dosi, ha provocato episodipsicotici in consumatori saltuari che non avevanoprecedenti storie di comportamento psicotico.

Poiché il THC è poco solubile in acqua, una vol-ta che esso è entrato nel torrente circolatorio, tendead essere depositato nei tessuti, specialmente inquelli che hanno alte concentrazioni di lipidi. Poichéil THC è solubile nei grassi, penetra velocementenel cervello; la barriera emato-encefalica non sem-bra impedire il suo passaggio. Il THC può essere ri-trovato in alte concentrazioni anche nel fegato, neireni, nella milza, nei polmoni ed anche nei testicoli.Similmente, il THC attraversa velocemente la bar-riera placentare e raggiunge così il feto. Diversa-mente dagli oppiacei, il THC nel cervello raggiungelivelli paragonabili a quelli ritrovati in altri tessuti.

Il THC viene quasi completamente metaboliz-zato in prodotti inattivi prima di essere escreto.Questo metabolismo avviene principalmente nelfegato, ma può avvenire anche in altri tessuti, comead es. i polmoni.

A differenza dei principali agenti psicoattivi cheabbiamo discusso, i metaboliti del THC non sonoescreti soltanto con le urine, ma anche con le feci,in quantità pressocché uguali. Nonostante sia inala-to, il THC non è escreto dai polmoni come gli ane-stetici gassosi o volatili. La velocità di metaboli-smo ed escrezione del THC è piuttosto lenta. Ap-prossimativamente una metà è escreta in pochigiorni, il resto di solito entro una settimana.

Il possesso e la vendita della marijuana sono il-legali in tutto il mondo. Nella legislazione di moltistati, le sanzioni per la violazione delle leggi sullamarijuana sono severe tanto quanto le pene per ilpossesso o la vendita dei narcotici. L’iniziale proi-bizione dell’uso della Cannabis nel mondo si basa-va sulla convinzione che gli utilizzatori di marijua-na fossero soggetti ad episodi psicotici e propensi acommettere crimini aggressivi e sessuali. Quandole indagini successive non hanno provato questeasserzioni, la continuazione della proibizione dellamarijuana fu sostenuta dalla ragione che l’uso del-la marijuana fosse soltanto un preliminare per lasperimentazione dei narcotici (oppiacei).

Nonostante le sanzioni legali, c’è stato un forteaumento dell’uso della marijuana tra gli studenti.Tra questi gruppi non c’è stato però un aumentocorrispondente delle psicosi croniche, dell’uso deinarcotici o di seri crimini aggressivi; c’è stata anziuna crescente richiesta per la legalizzazione dellamarijuana.

Nella comunità scientifica, molti sono a favoredel mantenimento della proibizione della marijua-na, asserendo che una ripetuta intossicazione auto-indotta risulta pericolosa sia per la manifestazionedi disturbi psichiatrici, sia perché ciò può ritardareil tentativo di un trattamento appropriato. Altriscienziati distinguono tra l’uso saltuario della ma-rijuana e l’uso abituale (pericoloso) da parte di in-dividui con problemi della personalità. Questiscienziati credono che l’uso sporadico della ma-rijuana non sia più pericoloso dell’uso saltuariodell’alcol, ma in genere essi rifiutano il paragonetra la marijuana e l’alcol come valida argomenta-zione per rendere la marijuana (che è un potenteveleno) disponibile liberamente al pubblico. Altriancora suggeriscono che l’attuale uso saltuario del-la marijuana e la bassa incidenza di effetti tossici,potrebbero indurre il consumo, se disponibili, dipreparati più potenti e quindi pericolosi.

C’è stata un’ampia serie di opinioni circa la de-terminazione del comportamento sociale e legalecon la marijuana. Durante gli anni, comunque, co-loro i quali hanno studiato gli effetti della marijua-na hanno concluso all’unanimità che i rischi indivi-duali e sociali associati al suo utilizzo, sono insi-gnificanti.

Molti Paesi che non hanno ancora “depenaliz-zato” il possesso della marijuana, ne stanno accet-tando la realtà dell’uso assai diffuso e ne stannoconsiderando la depenalizzazione. Sta diventandochiaro che esistono scarse evidenze che l’uso dellamarijuana sostituisca quello dell’alcol ed altre dro-ghe psicoattive. Coloro i quali fanno uso della ma-rijuana sono propensi ad utilizzare anche l’alcol,spesso simultaneamente.

Sembra, inoltre, che la società stia accettando etollerando (sebbene non ancora approvando) l’usosociale della marijuana come sostanza voluttuaria.È in esame anche l’approvazione della marijuanaper scopi terapeutici.

Hashish

L’hashish è strettamente correlato alla marijuana,ma è più potente. La potenza si pensa sia determi-nata dalla quantità di THC presente nel preparato.

334 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 335

La marijuana di solito non possiede più del 3% diTHC, mentre l’hashish ne possiede dal 10 al 15%.

L’hashish è stato usato per secoli in tutto il mon-do. Fu, ad es., descritto ne Le notti arabe dello scrit-tore romano Plinio e dal viaggiatore medievaleMarco Polo. Venne utilizzato da artisti e scrittorifrancesi ne Le Club des Hashichins negli anni ’50del secolo scorso.

L’hashish è la forma di Cannabis che è statautilizzata più frequentemente in Europa occidenta-le ed è diventata sempre più popolare negli StatiUniti durante gli ultimi anni ’70. Viene di solito fu-mato in una pipa ad acqua o mescolato con del ta-bacco e fumato in una classica pipa. Può anche es-sere ingerito, ma è meno potente quando viene as-sunto per os.

Gli effetti dell’hashish sono maggiori di quelliprodotti dalla marijuana, ma inferiori rispetto aquelli provocati dall’LSD. L’hashish può indurreun ampio spettro di alterazioni mentali, a secondadella personalità e delle aspettative del consumato-re e del luogo nel quale la droga è utilizzata. Piùfrequentemente, gli utilizzatori descrivono una fan-tasia simile al sogno. Si avvertono inoltre distor-sioni del tempo e dello spazio e, raramente, alluci-nazioni. Possono anche intervenire ansia e panico,ma è più frequentemente riportata una sensazionedi euforia. In alcune persone può aversi un riso in-controllabile. Con l’uso dell’hashish qualche voltasi avvertono anche sonnolenza ed un forte deside-rio di cibo, diversamente dall’LSD, che non produ-ce questi effetti.

Gli effetti del fumo dell’hashish per lunghi pe-riodi di tempo non sono scientificamente noti. Inquei Paesi dove l’uso dell’hashish è tradizional-mente assai diffuso, l’utilizzo di forti dosi è consi-derato dannoso. Tra le caratteristiche dei consuma-tori abituali sono state frequentemente descritteapatia, perdita dell’abilità nel pensare in manieralogica ed un occasionale comportamento bizzarro.Come con gli altri agenti disinibitori, una persona,sotto l’influenza dell’hashish, può perdere il con-trollo e diventare aggressiva. Di norma, comunque,si può incorrere nella passività, ed il consumatorecronico può essere attratto da un gruppo di altriconsumatori abituali, che fanno una esperienzaparticolare fumando hashish.

Recettori per i cannabinoidi

Oggi è nota l’esistenza di recettori specifici per icannabinoidi sui quali interagiscono agonisti endo-geni.

Finora sono state identificate due classi di re-cettori per i cannabinoidi, denominati CB1 e CB2,ed entrambi appartengono alla superfamiglia di re-cettori accoppiati alle proteine G. I recettori CB1 so-no stati localizzati sia nel sistema nervoso centrale(dove medierebbero i caratteristici effetti dei can-nabinoidi, in particolare quelli sulla cognizione, sul-la memoria e sulle funzioni motorie), sia in diver-si neuroni periferici (cuore, intestino, vescica uri-naria, deferente, retina, utero), mentre i recettoriCB2 sono localizzati esclusivamente a livello peri-ferico, particolarmente sulle cellule del sistema im-munitario ed infiammatorio, dove medierebberol’immunosoppressione indotta dai cannabinoidi edeventualmente anche gli effetti antinfiammatori.

In seguito alla scoperta dei recettori dei canna-binoidi sono stati isolati due cannabinoidi endoge-ni: l’arachidoniletanolamide, chiamata anandamide,dal termine sanscrito ananda, che vuol dire “felicitàperfetta” e il 2-arachidonilglicerolo. Esistono pro-ve sperimentali che entrambi questi composti agi-scono come neuromodulatori o come neurotra-smettitori. Infatti essi possono essere sintetizzati daineuroni, vengono rilasciati in seguito a depolariz-zazione delle membrane, ed inoltre, dopo essere stati rilasciati, essi sono rapidamente rimossi dallospazio extracellulare mediante processi di ricapta-zione o di degradazione enzimatica.

Cannabinoidi non psicoattivi

Nella Cannabis sono presenti anche diversi can-nabinoidi non psicoattivi (Tabella M2.4) che agi-scono su diversi target farmacologici (TabellaM2.5). Di questi il più interessante è il cannabi-diolo (CBD), utilizzato in terapia in associazionecon il THC. Il preparato, in commercio con il no-me di Sativex®, è stato sviluppato dalla ditta in-glese GW Pharmaceutical per il trattamento del do-lore neuropatico, degli spasmi muscolari e dell’i-perattività vescicale, nonché di altri sintomi asso-ciati alla sclerosi multipla. A differenza degli altricannabinoidi attualmente disponibili come prodot-ti farmaceutici, ad es. il nabilone o il THC (nomecommerciale dronabinolo), il Sativex® viene otte-nuto principalmente a partire da materiale di ori-gine vegetale piuttosto che da un processo unica-mente sintetico. Si tratta di un medicinale forma toda due estratti, standardizzati in composizione,formulazione e dose: un estratto ad alto contenutodi THC ed un estratto ad alto contenuto di CBD,in rapporto 1:1. Tale formulazione è stata conce-pita per migliorare il profilo farmacologico e la

336 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M2.4 Struttura chimica ed alcune informazioni sui principali cannabinoidi non psicotropi

Cannabinoide Principali informazioni

Il cannabidiolo (CBD) è il principale cannabinoide non-psicotropo. È stato per primo isolato da Adams e colla-boratori nel 1940, ma la sua struttura e la sua stereochi-mica sono state determinate nel 1963 da Machoulam eShvo. Il CBD esercita molteplici effetti farmacologici at-traverso diversi meccanismi d’azione. È stato valutato cli-nicamente in pazienti con ansia, psicosi, disturbi dei mo-vimenti ed utilizzato per contrastare il dolore neuropa-tico nei pazienti con sclerosi multipla (in combinazionecon Δ9-THC, preparazione nota con il nome commercia-le di Sativex®).

La Δ9-tetraidrocannabivarina (Δ9-THCV) è stata isolata nel1970 da Edward Gill e colleghi da una tintura di Canna-bis BPC (British Pharmaceutical Codex, sigla utilizzata perindicare una medicina autorizzata nel Regno Unito). Èparticolarmente abbondante nell’hashish pakistano. LaΔ9-THCV, a basse dosi (meno di 3 mg/kg), antagonizza glieffetti del Δ9-THC, mentre a dosi più elevate (10 mg/kg)ha effetti psicotropi. La Δ9-THCV è un antagonista dei re-cettori CB1 dei cannabinoidi.

Il cannabigerolo (CBG) è un cannabinoide non psicotro-pico isolato nel 1964 da Gaoni e Machoulam. Esercitaun’attività antiproliferativa ed antibatterica. È un poten-te antagonista del recettore TRPM8. Il CBG inibisce, a con-centrazioni micromolari, il re-uptake dell’anandamide.

La cannabidivarina (CBDV) è stata isolata dall’hashish daVollner e collaboratori nel 1969. Poche le azioni farma-cologiche riportate, senza alcuna indicazione sul possi-bile meccanismo d’azione.

(segue →)

Cannabidiolo (CBD)

Cannabigerolo (CBG)

Cannabidivarina (CBDV)

Δ9-tetraidrocannabivarina (Δ9-THCV)

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 337

sicurezza del THC, il quale, somministrato cometale, causa anche effetti psicotropi indesiderati edalterazioni fisiologiche varie, come ad es. la tachi-cardia. Il prodotto farmaceutico è formulato comespray oromucosale da somministrare all’internodella cavità buccale; questa via di somministra-

zione consente un più rapido assorbimento deicomposti cannabinoidi ed una minore insorgenzadegli effetti psicotropi indesiderati. Una singola va-porizzazione spray consente di rilasciare una dosefissa di prodotto costituita da 2,7 mg di THC e da2,5 mg di CBD.

Tabella M2.4 (seguito)

Cannabinoide Principali informazioni

Il cannabicromene (CBC) è stato isolato indipendente-mente da Claussen e i suoi colleghi e Gaoni e Mechou-lam. IL CBC, insieme col Δ9-THC è il principale cannabi-noide presente nelle foglie fresche di Cannabis. Il CBC ècirca 2,5 volte più tossico del Δ9-THC e come questo puòcausare ipotermia, sedazione e ipoattività nei topi. Il CBCesercita attività antinfiammatoria, antimicrobica e mo-deratamente analgesica. È un potente agonista del re-cettore TRPA1 ed un debole inibitore del re-uptake del-l’anandamide.

Il Δ9-THC presenta come analoghi due acidi: il Δ9-THCAA e il Δ9-THCA B. Il Δ9-THCA è un potente agonista deirecettori TRPA1 ed antagonista dei recettori TRPM8.

L’acido cannabidiolico è il principale componente dei pe-li ghiandolari della pianta. Nella droga fresca, il 95% delCBD è presente in forma acida. Il CBD è un antagonistadei recettori TRPM8 e, a concentrazioni micromolari, ini-bisce la ciclossigenasi 2.

Cannabicromene (CBC)

Acido Δ9-tetraidrocannabinolicoR’ = COOH; R’’ = H Δ9-THCA AR’ = H; R’’ = COOH Δ9-THCA B

Acido cannabidiolico (CBDA)

Salvia divinorum

La Salvia divinorum è una pianta allucinogena cheappartiene alla famiglia delle Labiatae/Laminacaeinsieme con le più comuni Salvia officinalis L, Men -tha piperita L, Thymus vulgaris L, Origanum majo-rana L, Calamintha nepeta (L), ed altre dalle qualisi discosta considerevolmente per la presenza di unasostanza psicoattiva tra le più potenti che si cono-scano, la salvinorina. È compresa nel subgenere Ca-losfaceae (cioè le salvie scoperte nel Nuovo Mondo),in cui vengono descritte più di 500 altre specie.

Salvia, da salvus = sano, salvo o salus = salute;divinorum = veggente, divino, denominazione da-ta dagli indiani Mazatechi di Oaxaca (Messico) che,fin dall’antichità, utilizzavano le foglie di questapianta per le pratiche religiose e spiritiche e per cu-rare le più diverse malattie.

Nel 1939 un certo J.B. Johnson riportò l’uso diquesta pianta da parte degli sciamani (curanderos)mazatechi; nel 1952 fu descritta da R.S. Waitlaner esuccessivamente da R.G. Watson ed Albert Hof-mann. Nel 1962 fu identificata come nuova specie diSalvia da Carl Eplin e Carlos D. Jativa, del Botani-cal Istitute of Harward University of Cambridge.

Si tratta di una pianta erbacea perenne, alta 2-3 m,riconoscibile per il suo tipico stelo quadrangolare,vuoto, succulento. Le foglie, di colore verde scuro,lunghe 25-30 cm e larghe più di 10 cm, sono oppo-ste, brevemente picciolate, ellittiche-lanceolate conmargine leggermente dentato, con apice acuto, con

nervatura mediana prominente, dalla quale partononervature secondarie, meno evidenti e da esse le ter-ziarie, che si anastomizzano. La superficie della pa-gina superiore è punteggiata da una peluria velluta-ta, mentre quella inferiore è glabra (Fig. M2.10).

338 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M2.10 Salvia divinorum: pianta

Tabella M2.5 Principali target ed effetti farmacologici dei cannabinoidi

Cannabinoide Principali target farmacologici Principali azionifarmacologiche riportate

Cannabidiolo (CBD) TRPA1 (agonista, EC50: 96 nM) Antipsicotico, antiepilettico, ansiolitico, TRPV1 (agonista, EC50: 1-3 μM) neuroprotettivo, antinfiammatorio, TRPM8 (antagonista, EC50: 80-140 nM ) analgesico, immunosoppressore, GPR55 (antagonista, EC50: 445 nM) antitumorale, antischemico, antiemetico, adenosina (inibitore dell’uptake, EC50: 120 nM) antibatterico, stimolante osteogenesi

Δ9-tetraidrocannabidivarina CB1 (antagonista, pA2: 7,44-7,62) Anoressizzante, antiepilettico(Δ9-THCV) CB2 (agonista parziale)

Cannabigerolo (CBG) TRPM8 (antagonista, EC50: 140-160 nM) Antibatterico, stimolante osteogenesi, Recettore α2 adrenergico (agonista, EC50: 0,2 nM) antiproliferativo5-HT1A (antagonista, Kb: 59 nM)

Cannabicromene (CBC) TRPA1 (agonista, EC50: 60 nM) Antinfiammatorio, analgesico, antibatterico, stimolante osteogenesi, antiproliferativo

Cannabidivarina (CBDV) Non riportati Stimolante osteogenesi

Acido Δ9-tetraidrocanna- TRPM8 (antagonista, EC50: 70-140 nM) Antiproliferativo, spasmoliticobinolico (Δ9-THCA) TRPA1 (agonista parziale, EC50: 240 nM)

Acido cannabidiolico TRPM8 (antagonista, EC50: 0,9-1,9 μM) Antiproliferativo(CBDA)

Capitolo M2 • Allucinogeni, cannabis sativa, salvia divinorum 339

I fiori, ermafroditi, danno luogo a delle infiore-scenze (ascellari o terminali) lunghe anche 35 cm.

La S. divinorum si propaga con estrema facilitàper via agamica: talee di 15-20 cm lasciate in ac-qua sviluppano in circa 5 mesi delle sottili radi-chette bianche.

È originaria del Nord-Est del Messico, della re-gione di Oaxaca, nella Sierra Mazateca, dove è con-siderata sacra e conosciuta come hierba Maria (erba di Maria), hojas de la Virgen (foglie di Ma-ria) o hojas de Maria Pastora (foglie di Maria laPastora).

In anni recenti la S. divinorum, detta anche“Salvia divina” o “menta magica”, è stata usata insostituzione della marijuana dai giovani messicanie coltivata in Europa (Svizzera in particolare) e ne-gli USA (California) per scopi voluttuari. Oggi èvietata sia la coltivazione che l’uso di questa pian-ta. Nelle pratiche religiose si usano dalle 20 alle 80foglie; in genere le foglie si masticano per poi in-ghiottirle, si tritano in mortaio e si beve il succo chefuoriesce, oppure si fumano.

Il responsabile dei suoi effetti è la salvinorina A,un terpenoide appartenente alla classe dei neocle-rodani identificato da Alfredo Ortega nel 1982 edindipendentemente isolato da Leander Valdes nel1984. La salvinorina A è capace di agire sulla psi-che in dosi veramente basse (200 μg). Sotto l’effettodi questa sostanza si percepiscono “colori danzan-ti e disegni tridimensionali” oppure “sorprendentiimmagini colorate dai bordi brillanti”. In alcuni casil’effetto allucinogeno è descritto come uno stato diaumentata sensibilità mentale, interrotta brusca-mente da forti rumori o dalla luce: il tutto si mani-festa dopo 10-30 minuti dall’assunzione e può durare 1-2 ore. Le esperienze variano con l’indivi-duo, la dose e le modalità di somministrazione. I“viaggi” con la salvia/salvinorina vengono valuta-ti con una scala che riflette il termine SALVIA(Tabella M2.6). L’effetto allucinogeno prodotto èmolto intenso, paragonabile a quello determinatodall’LSD (dietilammide dell’acido lisergico) o dalDOB (4-bromo-2,5-dimetossifenilisopropilammina).

Studi piuttosto recenti hanno mostrato che la sal-vinorina A agisce selettivamente sui recettori op-pioidi k (ROK). Visto che gli agonisti dei ROK sicomportano da psicotomimetici, si è supposto chele proprietà psicoattive della salvinorina fosseromediate dai ROK. Oggi, grazie a queste nuove ac-quisizioni, si ritiene che in numerose malattie (de-pressione con caratteristiche psicotiche, allucina-zioni associate a malattie demenziali quali Alzhei-mer, Huntington, Pick ecc.) caratterizzate da allu-cinazioni, svolgono un ruolo chiave i recettori

ROK. Pertanto, la salvinorina, come agonista se-lettivo dei ROK, rappresenta una nuova classe dimolecole candidata per lo sviluppo di nuovi farmaciantipsicotici. Studi recenti hanno anche mostratoche la salvinorina A inibisce la motilità intestinalepreferenzialmente durante un processo flogistico,agendo sui recettori dei cannabinoidi CB1, oltre chesui ROK. Anche in questo caso la struttura della sal-vinorina, secondo alcuni, potrebbe dare il via allasintesi di nuovi farmaci antidiarroici e di farmaci at-tivi sulla ipermotilità che si verifica nelle malattieinfiammatorie dell’intestino.

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Tabella M2.6 Scala di valutazione degli effetti allucino-geni di S. divinorum e della salvinorina A

Livelli Effetti

S Effetti Sottili. la sensazione è che sta acca-dendo qualcosa; si ha rilassamento ed un in-cremento nell’ apprezzamento sensoriale (li-vello 1)

A Percezione Alterata. Lo spazio può risultarealterato, i colori catturano l’attenzione, la me-moria è labile, il pensare diviene meno razio-nale e più scherzoso (livello 2)

L Stato visionario Leggero. Si hanno visioni adocchi chiusi (forme geometriche, tipi di foglieecc.) ed effetti bidimensionali (livello 3)

V Stato visionario molto Vivido. Chiudendo gliocchi ci si allontana dalla realtà e si va versoluoghi lontani, immaginari: si ha la sensazio-ne che il viaggio stia realmente avvenendo (li-vello 4)

I Stato fisico particolare e Immateriale. Anchese alcuni processi mentali sono ancora lucidi,si è completamente coinvolti nell’esperienzavissuta, terrificante per alcuni, piacevole peraltri (livello 5)

A Stato di completa o profonda Amnesia. Nonsi ricorda cosa si è vissuto o provato (livello 6)

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340 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Il controllo farmacologico del sistema immunita-rio si è per anni basato sull’impiego di farmaci ingrado di determinare una soppressione della ri-sposta immunitaria (nelle malattie del collageno,negli stati allergici, dopo il trapianto d’organi).Successivamente la constatazione che alcune pa-tologie sono caratterizzate da un difetto della ri-sposta immunitaria ha prospettato la necessità diavere a disposizione farmaci capaci di stimolare(potenziare), anziché deprimere, la risposta immu-nitaria. Una depressione o un’alterata disregola-zione del sistema immunitario è oggi una condizio -ne di frequente riscontro, a causa dell’intervento dinumerosi fattori (Fig. M3.1):– terapie con farmaci immunosoppressori (cito-

statici, corticosteroidi) impiegate comunemen-te per il trattamento delle neoplasie e delle ma-lattie autoimmuni;

– radioterapia (per il trattamento delle neoplasie);– inquinamento ambientale (radiazioni UV, ra-

dioattività, prodotti chimici);– insorgenza di microrganismi patogeni resisten-

ti ai comuni antibiotici;

– diffusione dell’infezione da virus HIV ed incre-mento dei casi di AIDS;

– neoplasie.A ciò si deve aggiungere che sempre più nume-

rose sono oggi le malattie alla base delle quali vie-ne riscontrata un’alterata regolazione del sistemaimmunitario. Di più, il trattamento e/o la profilassiantibiotica delle malattie ricorrenti delle vie aeree odelle vie urinarie finiscono per essere a lungo ter-mine insoddisfacenti (per l’insorgenza di resistenzemultiple) o addirittura dannosi (effetti collaterali dialcuni antibiotici, insorgenza di allergie).

Di conseguenza, è stata da tempo promossa laricerca di sostanze in grado di stimolare il sistemaimmunitario. Comunque, il concetto di “immuno-stimolante” diventa sempre più vago e semplicisti-co, perché la immunostimolazione può nascere daun effetto immunosoppressore su alcune popola-zioni linfocitarie e viceversa.

È preferibile allora impiegare per queste sostan-ze il termine di “immunomodulatori”.

Tra gli immunomodulatori sono annoverate nu-merose droghe vegetali: per comprenderne il mec-

IMMUNOMODULATORI E ADATTOGENICapitolo

M3

Fig. M3.1 Fattori che de-primono il sistema immu -nitario

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

canismo d’azione è opportuno fare una panoramicagenerale sul sistema immunitario.

L’organismo umano è capace di elaborare unarisposta difensiva di fronte ad agenti biologici coni quali venga a contatto, onde preservare la propriaomeostasi.

La funzione immunitaria consiste nel ricono-scere una sostanza come estranea all’organismo edeliminarla, mediante due tipi di risposta:– risposta immunitaria aspecifica (o naturale),

che prescinde da un precedente contatto con lasostanza estranea: succo gastrico, properdina, lisozima, ferritina, interferone α e β, comple-mento; fagociti circolanti (leucociti PMN) e re-sidenti (macrofagi).Il complemento è un sistema di proteine pla-smatiche, che può essere attivato tanto dall’in-terazione antigene/anticorpo (via classica) quan-to direttamente da antigeni o polisaccaridi ed èin grado di promuovere la lisi cellulare o favo-rire la fagocitosi;

– risposta immunitaria specifica. Per quanto riguarda la risposta immunitaria specifica, essaè costituita da tre sistemi paralleli di ricogni-zione immunologica, ciascuno con un compitodiverso:

a) sistema dei linfociti T CD4+ e degli antigeni diclasse II del sistema di istocompatibilità MHC(o HLA);

b) sistema dei linfociti T CD8+ e degli antigeni diclasse I del sistema di istocompatibilità MHC (oHLA);

c) sistema dei linfociti B ( produttori di anticorpi).I tre sistemi paralleli interagiscono tra loro a vari

livelli nell’elaborazione della risposta immunitaria.A) Sistema dei linfociti T CD4+ (o linfociti T hel-

per) e degli agenti di classe II del sistema di isto-compatibilità MHC (o HLA).Il linfocita CD4 riconosce l’antigene quando

esso si trova alla superficie di una cellula presen-tante l’antigene (APC) (abitualmente costituita daun fagocita) in combinazione con le molecole diclasse II del MHC.

In conseguenza di questa attivazione si produ-cono due sottogruppi di linfociti:i) linfociti Th1, che producono interleuchina-2

(IL-2), interferone-γ (IFN-γ), tumor necrosisfactor β (TNF-β), e sono coinvolti nell’immu-nità cellulare (attivazione per contatto diretto deimonociti-macrofagi); azione helper sui linfoci-ti citotossici;

ii) linfociti Th2, che producono IL-4 e IL-5 e in-ducono i linfociti B a proliferare e differenziar-si in plasmacellule produttrici di anticorpi.

B) Sistema dei linfociti T CD8+ (o linfociti T-suppressor/citotossici) e degli antigeni di clas-se I del sistema di istocompatibilità MHC (oHLA).Il linfocita CD8+ citotossico riconosce l’anti-

gene quando esso si trova sulla superficie di unacellula presentante l’antigene (APC) (abitualmentecostituita da un fagocita) in combinazione con lemolecole di classe I del MHC. Per l’attivazione ènecessario un secondo segnale rappresentato dallecitochine rilasciate da un linfocita CD4+ attivato(T helper). Il linfocita CD8+ citotossico attivato in-teragisce con la cellula bersaglio che presenta insuperficie l’antigene complessato con le molecoledi classe I del MHC (è questo un meccanismo checonsente la distruzione selettiva delle cellule infet-tate da un virus).C) I linfociti B, a seguito di contatto con una so-

stanza antigenica (mediante, come si è visto,l’intervento adiuvante dei linfociti CD4+), sonoin grado di proliferare e differenziarsi in pla-smacellule, cioè in cellule produttrici di anti-corpi (IgG, IgM, IgA, IgE, IgD).Va infine accennata la presenza di altre due po-

polazioni di linfociti: linfociti natural killer (NK),che sono cellule citotossiche che, a seguito dell’in-tervento dei macrofagi attivati, diventano capaci didistruggere le cellule tumorali; linfociti killer (K)che per svolgere l’attività citolitica richiedono l’in-tervento di anticorpi IgG.

Le droghe vegetali ad attività immunomodula-trice attualmente disponibili inducono una stimola-zione aspecifica dei meccanismi di difesa immuni-taria attraverso l’attivazione di cellule (macrofagi,granulociti, leucociti, linfociti NK) e di fattori umo-rali (lisina, interferone, interleuchine, complementoecc.) dell’immunità aspecifica (Fig. M3.2).

Gli immunomodulatori aspecifici risultano uti-li nei casi di terapie a lungo termine con chemio-terapici o immunodeprimenti; possono essere uti-li anche per la profilassi di metastasi, dopo la ri-mozione del tumore primario e di infezioni viralio batteriche delle vie respiratorie ed urogenitali.Così pure sono indicati nei casi di leucopenie e, co-me coadiuvanti, nel trattamento antibiotico di in-fezioni batteriche quali bronchiti, faringiti, sinusi-ti, otiti. È chiaro che le piante ad attività immuno-modulatrice sono più indicate per la profilassi e laterapia di infezioni modeste delle vie respiratorieed urogenitali, mentre i farmaci di sintesi o i com-ponenti puri delle piante sono da preferire nei ca-si di gravi infezioni virali o batteriche. Poiché sisomministrano per un lungo periodo di tempo è ne-cessario che gli immunomodulatori siano sicuri e

342 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M3 • Immunomodulatori e adattogeni 343

che non provochino effetti spiacevoli (allergie,shock anafilattici ecc.).

Le piante che stimolano il sistema immunitariosono diverse (Tabella M3.1); di queste, il 90% è da-to da piante superiori ed il 10% da funghi, alghe olicheni. Il 70% delle piante si utilizza sotto formadi estratti acquosi ed etanolici o tal quale (la drogain polvere). Del restante 20% si utilizzano le fra-zioni e si è osservato che i composti attivi appar-tengono a differenti classi chimiche (Tabella M3.2).Gli studi eseguiti fino ad ora mostrano (i) un in-cremento del numero di cellule immunocompeten-ti (leucociti, polimorfonucleati, macrofagi, celluleNK, cellule-T e -B), (ii) un release di citochine (in-terferone, interleuchine), (iii) un’attivazione del

complemento e (iv) una protezione contro infezio-ni batteriche e virali.

Le piante immunostimolanti sono spesso ancheadattogene, termine riportato da Lazarev nel 1958.Le piante adattogene vengono usate per: (i) incre-mentare l’attenzione e sopportare la fatica; (ii) pre-venire, mitigare o ridurre l’affaticamento (o inde-bolimento) causato dallo stress e i disordini corre-lati con i sistemi neuro-endrocrino e immunitario;(iii) normalizzare le funzioni organiche e rafforza-re i sistemi compromessi dallo stress; (iv) incre-mentare, anche se in modo aspecifico, la resistenzadell’organismo nei casi di stress o di stimoli nocivi;(v) evocare uno stato di aumentata resistenza, in mo-do da adattare l’organismo a uno sforzo eccessivo.

Fig. M3.2 Tipi di risposta immuni-taria e loro reciproche interazioni.Ab, anticorpo; Ag, antigene; APC, an-tigen presenting cell; CD4+, linfocitaCD4+; CD8+, linfocita CD8+; IL, in-terleukina; MHC, major histocompa-tibility complex; TCR, T cell receptor;TGF, trasforming growth factor; Th1,linfocita T Helper 1; Th2, linfocita THelper 2; TNF, tumor necrosis factor

344 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Acanthopanax senticosus (Eleuterococcus senticosus)Achyranthes bidentataAchyrocline satureoidesAconitum (carmichaelli, napellus)Actinidia argutaAeginetia indicaAlbizzia julibrissinAllium sativumAloe veraAlsophila spinulosaAngelica (acutiloba, sinensis)Anthurium wagnerianumAralia mandshurica Aristolochia clematitisArnica montanaArtemisia capillaris, A. iwayomogiAsarum europaeumAstragalus (membranaceus, onobrychis)Atractyloides (japonica, lancea, macrocephala)Avena sativaAzadirachta indicaBaptisia tinctoriaBenincasa ceriferaBryonia dioicaBupleurum chinenseCaesalpinia sappanCalendula officinalisCamelia sinensisCarthamus tinctoriusCaulophyllum thalictroidesCetraria islandicaChelidonium majusChlorella prenoidosaCimicifuga simplexCinnamomum cassiaCistanche salsa Cnidium officinaleCoffea arabicaCombretum micranthumCordyceps sinensisCoriolus versicolorCroton tigliumCurcuma longaDaucus carotaEchinacea (angustifolia, pallida, purpurea)Echinosphora koreensisEmblica officinalisEmipedium alpinumEupatorium cannabinumEuphorbia hirtaFagopyrum cymosumForsythia koreanaGalax aphyllaGanoderma lucidumGeranium macrorrhizium, sanguineumGlycine maximaGlycyrrhiza (uralensis, glabra)Grifola frondosaGuatteria spruceanaGymnema (sylvestre, pentaphillum)

Hedysarum polybotrysHerpestis monnieraHoustonia purpureaJacaranda rhombifoliaJanaica arayalpathraLaetipurus sulphureusLentinula edodesLycium barbarumMorus albaNectandra globosa, trucillensisNicotiana tabacumNocardia rubraNyctanthes arbor-tristisOcimum sanctumOphiopogon japonicusPaeonia albifloraPanax ginsengPetivera alliaceaPhellinus linteusPhellodendron amurensePicrorrhiza kurroaPinellia ternataPinus (armandii, caribaea, sylvestris, taeda, strobilius)Polygala tenuifoliaPolygonatum sibiricumPolygonum multiflorumPolyporus umbellatusPolystictus versicolorPoria cocosPorphyra tenoraPotentilla tormentillaPseudostellaria heterophylla Quillaja saponariaRehmannia glutinosa Rudbeckia bicolorRynchosia phaseoloidesSaccharum officinaleSapium sebiferum Schisandra chinensisSelenostemma argelSerenoa repensSophora subprostrata Spirulina platensisTabebuia barbataTaraxacum platycarpumThuja occidentalisTinospora cordifoliaTremelia fuciformisTrichosanthes kirilowiiTripterygium wilfordiiUlva lactucaUncaria tomentosaViscum albumWithania somniferaZea maysZingiber officinaleZizyphus jujuba

Tabella M3.1 Piante (e funghi) ad attività immunostimolante

Capitolo M3 • Immunomodulatori e adattogeni 345

Echinacea

L’echinacea è data dalle radici e dalle parti aeree didiverse specie di Echinacea (E. pallida, Nutt. E. an-gustifolia DC, E. purpurea (T) Moench) (Fam.Asteraceae), originarie delle zone temperate del-l’America del nord, dal Texas alla Georgia, dal Ne-braska alla Pennsylvania (Figg. M3.3 e M3.4).

Da lungo tempo utilizzata dagli indiani Siouxdel Dakota per curare cicatrici e combattere sifilide

e morsi di serpenti, l’echinacea è stata introdotta inEuropa nel XIX secolo. Completamente dimentica-ta tra il 1930 ed il 1980, è stata riscoperta grazie all’aumentato interesse per le funzioni del sistemaimmunitario. Solo in Germania oggi esistono circa100 prodotti registrati contenenti echinacea da solao in associazione (baptisia, tuia ecc.).

Le specie di Echinacea sono piante erbacee pe-renni, alte dai 30 ai 150 cm (Tabella M3.3), confusto semplice, cavo alla base, con foglie ovali olanceolate, a margine intero o seghettato, con fio-ri terminali, solitari, di colore viola, rosa o bian-co, recanti un grande capolino. Le radici sono fu-siformi, a fittone, di forma cilindrica (lunghe 10-20 cm, larghe 0,5-1 cm), leggermente inanellate,segnate da cicatrici a forma di V di colore nero. Ilsapore è prima dolce e poi pungente; l’odore è debole.

L’echinacea contiene polisaccaridi, presenti inelevate quantità nelle radici di E. angustifolia (inu-lina: 5,9%) e nelle parti aeree di E. purpurea (po-lisaccaridi ad alto peso molecolare: 25.000-50.000);flavonoidi (rutoside), soprattutto nelle foglie e neicauli di E. angustifolia e di E. purpurea; derivatidell’acido caffeico quali echinacoside, acido cico-rico, acido clorogenico, acido cinarinico-3-cicorico,ecc; un olio essenziale contenente borneolo, α-pi-nene e relativi composti aromatici; poliacetileni; al-chilamidi (presenti in elevate quantità nelle radici).Il contenuto di tali composti varia a seconda della

Tabella M3.2 Classi di composti ad attività immunosti-molante

Composti a basso peso molecolare

Alcaloidi (cefarantrina, emetina, vincristina, camptotecinaecc.)

Composti fenoliciAlchilamidi (curculigoside, urusiolo ecc.)Chinoni (lapacone, plumbagina, ubichinone ecc.)Saponine (quillaianina, acido oleanolico, acido glicirrizico

ecc.)Sesquiterpeni (elenalina, zexbrevina A e B , alantolattone

ecc.)

Composti ad alto peso molecolare

Polisaccaridi (inulina, eteroglicani, lentinano ecc.)Proteine (lectine ecc.)Peptidi

Fig. M3.3 Echinacea angustifolia: pianta (R. Longo) Fig. M3.4 Echinacea purpurea: pianta (R. Longo)

Tabella M3.3 Differenze anatomiche tra le specie di Echinacea utilizzate in campo medico

Specie Altezza del caule Colore del polline Foglia

E. angustifolia* fino a 60 cm Giallo Lanceolata, intera e vellutataE. purpurea* 45-150 cm Giallo Ovale, seghettata e quasi glabraE. pallida 30-90 cm Bianco Lanceolata, intera e vellutata

* E. angustifolia ed E. pallida sono state a lungo considerate due varietà della stessa specie. Il genere Echinacea comprende novespecie e due varietà

specie di Echinacea considerata (Tabella M3.4).Sono inoltre presenti alcaloidi pirrolizidinici (tus-silagina, isotussilagina), resine, glicoproteine, ste-roli, minerali ed acidi grassi.

L’echinacea possiede numerose proprietà farma-cologiche (Tabella M3.5), in gran parte caratterizzateutilizzando il succo delle parti aeree di E. purpurea.L’attività antiflogistica e riparatrice del tessuto sem-bra sia dovuta alla inibizione dell’enzima ialuroni-dasi da parte dei componenti polisaccaridici ed inparte delle alchilamidi. Oltre ad aumentare l’acidoialuronico, l’echinacea stimola anche i fibroblasti ela secrezione di ormoni corticosurrenalici, eserci-tando un blando effetto cortisone-simile.

Il succo delle parti aeree di E. purpurea, ma an-che l’estratto acquoso ed alcolico delle radici, hamostrato attività antivirale verso i virus influenza,

herpes, stomatite vescicolare. Oltre al blocco dei re-cettori “virali” sulla superficie cellulare (azione di-retta), l’azione antivirale dell’echinacea può essereuna conseguenza dell’inibizione della ialuronidasi(azione indiretta), visto che l’aggiunta di ialuroni-dasi a colture cellulari riduce significativamentel’effetto dell’echinacea. D’altra parte alcuni virussecernono l’enzima ialuronidasi il quale incremen-ta la permeabilità del tessuto connettivale e con-sente all’organismo di essere più invasivo. L’azio-ne antivirale indiretta dell’echinacea è, molto pro-babilmente, più interessante di quella diretta e coin-volge il release di interferone che stimola tra l’al-tro la sintesi di proteine intracellulari che bloccanola trascrizione di RNA virale.

L’azione antibatterica dell’echinacea è piuttostoblanda, tale da non giustificarne l’uso clinico come

346 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M3.4 Contenuto medio dei principali componenti nelle diverse specie di Echinacea

Componenti Specie di Echinacea

angustifolia purpurea pallida

PolisaccaridiInulina 5,9% tracce tracce

Flavonoidia 0,48% 0,38% 0,25%

Derivati acido caffeicoechinacosideb 0,3-1,3% 0,4-1,2% 0,4-1,7%

Olio essenziale 1% 0,2-0,6%* 1-2%**

Alchilamidi 0,004-0,03% 0,009-0,15% 0,001%

Alcaloidi 0,06% 0,06% –a Il contenuto totale dei flavonoidi è calcolato come quercetinab L’echinacoside si accumula soprattutto nelle radici, ma in piccole quantità si trova anche nelle foglie* 0,2% nelle radici, 0.6% nelle foglie e nei fiori** Fino all’1% nelle foglie e fino al 2% nelle radici (questo valore è del 2,5-4% in aprile e maggio).L’olio essenziale ed i polieni sono apolari e quindi insolubili in acqua e soluzioni idroalcoliche; i derivati dell’acido caffeico, a me-dia polarità, sono solubili in alcol e soluzioni idroalcoliche; i polisaccardi sono solubili in acqua

Tabella M3.5 Proprietà farmacologiche dell’Echinacea

Proprietà Componenti attivi Meccanismo d’azione Usi clinici

Antinfiammatoria Polisaccaridi, alchilamidi Inibizione della ialuronidasi, Ulcere, ferite, scottature,e rigeneratrice tessutale aumentata secrezione di eczema, artrite reumatoide

ormoni corticosurrenalici

Antivirale Polisaccaridi, derivati acido Blocco recettori per i virus Influenza, herpes, stomatitecaffeico sulla superficie cellulare vescicolare

Antibatterica Derivati acido caffeico Prevenzione aderenza batterica Profilassi stati infettivi,infezioni vie respiratorie ed urogenitali

Antitumorale 1,8-pentadecatiene Attività indiretta, via attivazione Coadiuvante nellasistema immunitario chemioterapia e radioterapia

Immunostimolante Polisaccaridi, derivati acido Attivazione del complemento, Infezioni ricorrenti per deficitcaffeico aumento del numero dei globuli immunitario, leucopenie

bianchi, attivazione dellecellule-T e dei macrofagi

Capitolo M3 • Immunomodulatori e adattogeni 347

rimedio antibatterico. Probabilmente l’efficacia del-l’echinacea come antibatterico (contro Staphylo-coccus aureus, Corynebacterium diphtheriae, Pro-teus vulgaris) è la conseguenza della sua spiccataazione immunostimolante. È stato tra l’altro os -servato che 6,3 mg di echinacoside equivalgono a 10 U Oxford di penicillina.

Anche l’azione antitumorale dell’echinacea è ditipo indiretto, via un’azione immunostimolante ge-nerale, nonostante si sia osservato che l’1,8-penta-decatiene, un composto liposolubile presente nelleradici di E. angustifolia e di E. pallida, sembra pos-sedere in vivo un’azione antitumorale diretta.

Comunque l’azione più interessante sembra esse-re quella immunostimolante. L’echinacea attiva unaparte del sistema immunitario, nota come via alter-nativa del complemento, migliorando la migrazionedei leucociti nell’area infetta e/o infiammata, solubi-lizzando i complessi immuni e distruggendo batteri,virus ed altri microrganismi. L’echinacea incrementaanche i livelli di pro perdina, una proteina sierica chestimola la via alternativa del complemento. L’echi-nacea provvede poi ad aumentare i livelli di cellulebianche nel sangue quando questi sono bassi. Le cel-lule più sensibili all’echinacea sono i linfociti T e lecellule NK.

I polisaccaridi dell’echinacea si legano alla su-perficie delle cellule-T ed incrementano la produ-zione di interferone e di altre sostanze che poten-ziano il sistema immunitario: il risultato è la repli-cazione delle cellule-T, l’attivazione dei macrofagie l’incremento del numero di neutrofili circolanti.I neutrofili fagocitano i batteri e le cellule tumora-li e prevengono l’infezione batterica. L’echinaceaattiva anche le cellule NK, la prima linea di difesadell’organismo contro lo sviluppo del tumore, ca-paci di distruggere cellule tumorali o infettate da vi-rus, ed i macrofagi, i monociti ematici che risiedo-no in tessuti aspecifici quali fegato, milza e linfo-nodi. I macrofagi fagocitano batteri, frammenti cel-lulari ed altre particelle estranee. Oltre ad esaltarela fagocitosi, l’echinacea stimola i macrofagi aprodurre il TNF (tumor necrosis factor), l’interfe-rone e l’interleuchina.

La Commissione E tedesca raccomanda le radi-ci di E. pallida per il trattamento dell’influenza e leparti aeree di E. purpurea in casi di raffreddore e in-fezione delle vie respiratorie ed urinarie e come ci-catrizzante (uso esterno); non raccomanda invecel’uso di E. angustifolia. Comunque gli studi clinicieseguiti non sono tutti concordi sulla efficacia del-l’echinacea, anche perché i preparati utilizzati sonotra di loro diversi e non sempre ugualmente titolati.

Per una migliore applicazione terapeutica del-

l’echinacea alcuni suggeriscono di: (a) utilizzare lapianta fresca, (b) utilizzare una combinazione di ra-dici, foglie e fiori di E. purpurea da sola o in asso-ciazione con radici di E. pallida, (c) controllare l’as-senza nella preparazione di Parthenium integrifo-lium o di altre specie di Echinacea (rappresentanouna sofisticazione), (d) stabilizzare il succo frescodi echinacea con etanolo (20-25%), (e) utilizzare,per la preparazione dell’estratto di droga secca, unamiscela di etanolo (55%) e acqua (45%).

Le forme farmaceutiche ed i dosaggi consiglia-ti sono: tisane (polvere di radice secca) 1-2 g; suc-co di parti aeree (2,4% di β-1m 2- fructifirabisudi)2-3 ml; tintura (1:5) 3-4 ml; estratto fluido (1:1) 1-2 ml; estratto secco (3,5% di echinacoside) 100-250 mg. In commercio è disponibile una associa-zione di E. purpurea ed E. pallida (radici, 15 mg).

Le tinture omeopatiche si preparano utilizzan-do piante intere di E. angustifolia ed E. pallida. Te-rapie a lungo termine devono prevedere una pausadi una settimana dopo 7-8 settimane di trattamen-to giornaliero.

L’echinacea può provocare, a dosaggi superiorialla norma ed in seguito a trattamenti prolungati, fe-nomeni allergici e disturbi gastrointestinali (nausea,vomito, dolori addominali, diarrea). Se ne sconsi-glia l’uso in malattie autoimmunitarie in fase acu-ta e durante una terapia con benzodiazepine (ne au-menta la biodisponibilità).

Le infezioni respiratorie sono tra le più frequentimalattie. I sintomi sono: mal di gola, raffreddore, rau-cedine, ecc. Poiché le infezioni del tratto respirato-rio superiore sono in genere causate da virus men-tre solo il 5% dei casi è di origine batterica, il bene-ficio di un trattamento con antibiotici è in genere li-mitato. Il trattamento con antibiotici è indicato in-vece, nei casi in cui si sospetta un’infezione batteri-ca secondaria. Allo scopo di prevenire “un’infezionesecondaria” e di ridurre i sintomi, potrebbe essereutile una terapia con fitoterapici contenenti so-stanze secretolitiche ed antimicrobiche. Soprattut-to a causa della buona tollerabilità i fitoterapici po-trebbero essere una buona scelta per i bambini,soggetti maggiormente esposti alle infezioni respi-ratorie. L’eucalipto (olio) ad es. possiede proprie tàantibatteriche, facilita la secrezione di muco e po-tenzia l’espettorazione: il pino (olio) ha un’azioneanti settica e facilita la secrezione di muco e l’espet-torato mentre il mentolo è un antimicrobico e an-tiossidante. Queste tre sostanze sono presenti inuna formulazione (Pinimenthol® unguento). Co-munque, l’echinacea è spesso consigliata, da sola oin combinazione con altre droghe vegetali, nei casidi infezioni respiratorie.

Infezioni respiratorie

Rodiola

È data dai rizomi di Rhodiola rosea L. (= Sedum rho-diola DC, Sedum rosea L. Scop.) (Fam. Crassula-ceae). Rhodiola, dal greco rodeo©, simile alla rosa;rosea, dal latino roseus, roseo o coperto di rose. Sitratta di una pianta erbacea perenne alta circa 50 cm,diffusa nelle regioni artiche dell’Europa, Asia (Si-beria in particolare) e Nord America; si può trovareanche sui Pirenei e sulle Alpi. Presenta un rizoma vo-luminoso, un caule semplice, foglie alterne e allun-gate e fiori giallo-rossi che emanano un gradevoleprofumo di rose. Il rizoma si raccoglie in autunno dapiante di almeno 3 anni di vegetazione, si taglia a fet-te e si essicca ad una temperatura di 40-45 °C. Larodiola, detta anche “radice dorata”, per le sue pro-prietà terapeutiche, sarà riportata nel 1976 dalla FF.Comunque era ben nota agli antichi. Dioscoride eGaleno la consigliavano nei casi di cattiva digestio-ne; il Mattioli la considerava utile nel mal di testa eper “corroborare” il cervello. La medicina tradizio-nale considera tuttora la rodiola un ottimo rimedionei casi di stress e nei disturbi mentali (depressione,ansia, paura). Nella rodiola sono presenti alcoli mo-noterpenici e loro glicosidi (circa l’1,5%) quali sa-lidroside (0,1-1%), detto anche rodioloside o rodo-sina, rosiridolo, rosina, rosavina, rosarina, rosiridi-na, rodocianoside, lotaustralina; tannini; acidi orga-nici (ossalico, citrico, malico, succinico); proanto-cianidine; flavonoidi; p-tirosolo (0,03-0,2%); un olioessenziale (0,05%) ecc. La rodiola ha manifestato in

studi sperimentali proprietà antiflogistiche ed im-munomodulanti; inoltre aumenta la resistenza deglianimali di laboratorio ad una varietà di agenti chi-mici, fisici e biologici. I principali responsabili diquesta attività adattogena sono il rodioloside e la ro-siridina. Questi composti influenzano a livello delSNC la produzione e l’attività delle monoamine, deipeptidi oppioidi e della 5-HT; inoltre si comportanoda scavangers dei radicali liberi (soprattutto il p-ti-rosolo). Queste azioni sono comunque amplificate daaltre sostanze presenti nella droga (acidi organici,proantocianidine, flavonoidi). Studi clinici hanno, infine, mostrato che la rodiola riduce la fatica men-tale e ha un effetto antidepressivo e stimolante(migliora lo stato fisico e il benessere generale) (Tabella M3.6). Questi studi, anche se preliminari,giustificano l’uso della rodiola nello stress acuto (inquesto caso poco efficaci risultano il ginseng el’eleute rococco), nella depressione lieve e modera-ta e per migliorare la performance fisica e mentale.La rodiola sembra inoltre utile nel danno cardiova-scolare indotto dallo stress. Diversi meccanismi d’a-zione probabilmente contribuiscono agli effetti cli-nici citati; questi includono interazioni con il siste-ma HPA, con le protein kinasi p-JNK, con l’NO econ il sistema proteico di difesa (ad es. heat shockproteins Hsp70 e Fox0/DAF-16). La rodiola è unadroga sicura; dosi eccessive possono pro vocare in al-cuni pazienti insonnia ed irritabilità. In genere si uti-lizzano 100-170 mg di un estratto standardizzato(rosavina 3,6%, salidroside 1,6%, p-tirosolo <0,1%).

348 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M3.6 L’impiego della rodiola (R) in alcuni disturbi: trials clinici

Rodiola/ Indicazioni per l’uso/ Trials Soggetti Grado* diRodioloside attività farmacologica n n raccomandazione

EMEA NSR

Rodiola Affaticamento mentale:R può migliorare la capacità 3 257 A Adi apprendimento

Sindrome da affaticamento:R ha un effetto antiaffaticamento 1 60 A Bnella spossatezza fisica, emotiva e mentale

Depressione lieve:R ha un effetto antidepressivo 1 89 A B

Effetto stimolante:R può migliorare la performance 3 419 B Bmentale e fisica

Rodioloside Effetto stimolante:questo composto può migliorare 1 46 Bla performance mentale e fisica

* Si basa su di una evidenza scientifica ottima (A) o buona (B)

Capitolo M3 • Immunomodulatori e adattogeni 349

Aglio

L’aglio, oltre a prevenire lo sviluppo di tumori, ri-durre i rischi di malattie cardiovascolari, abbassarei livelli di colesterolo e trigliceridi ematici, inibi-re la coagulazione del sangue, migliorare il cir -colo ematico ed abbassare la pressione sistolica (vedi Cap. 15), stimola anche il sistema immu -nitario.

L’azione immunostimolante dell’aglio è statastudiata estensivamente utilizzando un estrattod’aglio invecchiato (aged garlic extracted: AGE).L’AGE si prepara tagliando a fette e lasciando ma-cerare l’aglio in una soluzione di acqua-etanoloper più di 10 mesi a temperatura ambiente. L’A-GE così preparato contiene circa il 15% di mate-riale solido e non meno dello 0,1% di S-allilci-steina. L’AGE stimola l’attività dei macrofagi, del-le cellule NK e dei linfociti T e B. La stimolazio-ne delle cellule del sistema immunitario provocaun aumento della fagocitosi, una proliferazionedelle cellule della milza, un incremento del relea-se di interleuchina-2, TNF (tumor necrosis factor)ed interferone-γ ed un aumento della produzionedi anticorpi.

L’azione immunostimolante dell’aglio è, moltoprobabilmente, il risultato di un’interazione tra i di-versi composti di questa droga (composti solforati,lectine ed altri).

L’AGE, rispetto alle altre preparazioni di agliopresenti sul mercato (polvere d’aglio, olio d’aglio,macerato oleato d’aglio), sembra privo di tossi-cità anche se assunto a dosi elevate e per lunghiperiodi.

Tinospora

La tinospora è data dal caule di Tinospora cordifo-lia Miers (Fam. Menispermaceae), un arbusto ra-mificante originario delle foreste dell’India. È chia-mata amrita in Sanskrito, cioè ambrosia, ed è con-siderata munita di proprietà “divinatorie”.

Presenta un caule glabro, una corteccia dalbianco-crema al verde chiaro, succulenta, recanteprofonde fessure a spirale e lenticelle a rosetta, confoglie cordate. Le radici, aeree, sono esili e presen-tano rigonfiamenti. In sezione trasversale il caulepresenta una struttura a forma di ruota.

La tinospora si raccoglie in maggio. Contienealcaloidi (berberina, palmitina, tembetarina, ma-gnoflorina, tinosporina), glicosidi (giloina, giloi-nina, gilosterolo, cordifoliside A, B, C ecc.), ste-roli (β- e δ-sitosteroli, eptacosanolo, octacosano-

lo ecc.); inoltre tre polisaccaridi, proteine, calcio,fosforo ecc.

La droga è stata studiata in diverse condizionipatologiche (cirrosi, epatite di tipo B, tubercolosi,ustioni, tumore alla mammella) ed è stato osserva-to che l’azione immunostimolante si espleta so-prattutto attraverso l’attivazione dei macrofagi.

Witania

È data dalle radici (ma anche foglie e semi) di Wi -thania somnifera (L.) Dunal (Fam. Solanaceae).L’origine del termine Withania è ancora incerto;somnifera per le proprietà narcotiche delle foglie.Si tratta di un arbusto di circa 1,5 m, spontaneo inIndia, con fusto eretto, ramificato, foglie semplici,alterne, ovate e fiori ascellari bianco-giallognoli. Ifrutti sono piccoli, globosi, rossastri e recano nu-merosi semi giallastri, reniformi. Le radici, tubero-se e piuttosto lunghe, mostrano in sezione una cor-teccia spessa ed uno strato sugheroso marrone. Siraccoglie in autunno o in primavera, prima della fioritura e si essicca in stufa ad una temperatura di50 °C circa. Essiccata è inodore; bagnata emana unodore che ricorda quello dell’urina di cavallo [insanskrito si chiama appunto ashvaganda (ashva =cavallo e ganda = odore)]. Il sapore è terroso,astringente, sgradevole.

La witania contiene alcaloidi (isopelletierina,anaferina, cuscoigrina ecc.), lattoni steroidei (wi-taferina, witanolidi), saponine (sitoindosidi), tro-pina, zigrina, un olio essenziale ecc. Nelle fogliesono presenti anche flavonoidi, acidi organici (clo-rogenico), ecc. La medicina popolare indiana at-tribuisce alla witania proprietà adattogene, da cuiil nome “ginseng indiano”. Di recente sono staticondotti numerosi studi con l’intento di caratteriz-zarne l’azione adattogena e si è osservato che que-sta droga incrementa, anche se in modo aspecifi-co, la resistenza di animali (topi e ratti) sottopostiad uno stress o ad uno sforzo (swimming perfor-mance test) e ne migliora l’apprendimento e la me-moria; inoltre è anche in grado di ostacolare ed ini-bire un processo flogistico e la formazione di tu-mori sperimentali. Circa i meccanismi d’azionesembra che la witania inibisca i livelli di urea e diacido lattico negli animali stressati (azione adatto-gena), incrementi i livelli di enzimi antiossidanti(azione antiossidante), inibisca l’azione della ci-clossigenasi (azione antiflogistica), incrementi ilnumero totale dei leuco citi (azione emopoietica) edinterferisca con il GABA, migliorando la memo-ria e l’apprendimento. Inoltre la witania mostra un

effetto sedativo su diversi tipi di animali (topi, ratti,gatti, cani, scimmie). Questi risultati sperimentalied alcuni studi clinici giustificano, anche se in par-te, l’uso tradizionale della witania come tonico edadattogeno. È stata inoltre osservata l’efficaciadella witania nell’osteoartrite; un altro studio cli-nico ha infine mostrato che un trattamento croni-co (un anno) con witania migliora alcuni parame-tri ematologici (emoglobina, globuli rossi). L’usoappropriato di witania non provoca effetti indesi-derati (decotti o infusi: 2g in 150 ml di acqua; 3-6g/die); può però potenziare gli effetti degli anal-gesici e dei sedativi. È controindicata in pazienticon disordini autoimmuni, in gravidanza e duran-te l’allattamento.

Picrorriza

La picrorriza è data dalle radici (e dalle foglie) diPicrorrhiza kurroa Royle et Benthe (Fam. Scrofu-lariaceae), pianta tuberosa come il rafano, con fo-glie dentate.

Contiene una sostanza amara, picrorrizina(0,5%), acido catartico, kutkina, apocinina, picro-side I, II e III, kutkoside, cera, glucosio ecc.

La picrorriza è ben nota per il suo effetto las-sativo e coleretico. In anni recenti è stato osservatoche la picrorriza potenzia l’ipersensibilità di tiporitardata, incrementa la risposta anticorpale agliantigeni e la fagocitosi dei PMN (polimorfo -nucleati).

In commercio esiste il Picroliv ®, un estrattostandardizzato di rizoma e radici di P. kurroa, checontiene soprattutto glicosidi iridoidi.

Azadiracta

L’azadiracta è data dalla corteccia di Azadirachtaindica A. Juss (Fam. Meliaceae), un albero alto 8-10 m, recante una grossa corteccia che produceuna gomma cremosa.

La pianta presenta foglie piccole e falciformi,fiori bianchi, profumati, frutti piccoli e di coloreverde. Dai semi si ricava un olio che viene utiliz-zato come antielmintico, in casi di infezioni re-spiratorie, di disturbi ginecologici ed intestinali(sindrome del colon irritabile): l’olio viene utiliz-zato anche come contraccettivo. L’azadiracta pos-siede attività immunostimolante aspecifica: sti-mola la produzione di interleuchina-2, interferone-γ e TNF α e incrementa la fagocitosi e la funzionelinfocitica.

Ginseng

Il ginseng stimola la fagocitosi del sistema retico-loendoteliale e la produzione di anticorpi e quindimigliora le funzioni immunitarie. Il ginseng (ginse-nosidi) possiede anche proprietà nootrope: miglio-ra la memoria ed i processi di apprendimento con unmeccanismo che prevede, a livello cerebrale, un in-cremento della sintesi e del release di acetilcolina,una riduzione di 5-HT, un incremento di nucleotidee del metabolismo proteico ed un effetto free radi-cal scavenging. Per ulteriori dettagli vedi Cap. 15.

Altre sostanze attive sul sistema immunitario

Delle altre droghe risultate attive sul sistema im-munitario, ricordiamo: la liquirizia, il ganoderma,il maitake, il shiitake, la tuia, l’astragalo, l’angeli-ca, l’eleuterococco ed il poligonum.

L’azione immunostimolante della liquirizia (ra-dici di G. glabra L., G. inflata Bat., G. uralensis Fi-sch.) è attribuita all’amide dell’acido glicirrizicoche, tra l’altro, aumenta i livelli di PGE2 e di AMPciclico.

Il ganoderma (frutti di Ganoderma lucidum(Leyss. et Fr.) Karst., (Fam. Poliporaceae) contie-ne polisaccaridi (β-D-glucano) che incrementanol’attività dei macrofagi e la sintesi proteica. In Ci-na ed in altri Paesi orientali questa droga (reishi)viene utilizzata in diverse malattie associate all’etàquali disturbi coronarici, ipertensione, bronchitecronica, iperlipidemie, insonnia ecc. Ne viene con-sigliato specificamente l’impiego per il ripristinodelle difese immunitarie nei pazienti sottoposti achemioterapia antitumorale. Come immunostimo-lante, ne viene consigliata l’assunzione unitamen-te alla vitamina C. La droga è disponibile in polveree viene abitualmente preparato un decotto mante-nendo l’acqua per 2-3 ore a temperatura inferiore aquella di ebollizione fino a che il volume originaledel liquido non si sia ridotto di circa due terzi. Sonodisponibili anche preparazioni in capsule, tinture esciroppo.

Altri funghi con attività immunostimolante sono:– il maitake (Grifola frondosa), conosciuto da se-

coli in Giappone, ma presente in Europa, Asiae Nord America, di cui è stata evidenziata un’a-zione nei confronti di alcune neoplasie (carci-noma gastrico e colonretto; leucemie). Il do-saggio è di 3-7 g al giorno di funghi secchi;

– il shiitake (Lentinula edodes) è anch’esso dif-fuso in Europa, Asia e Nord America. Il dosag-gio è di 6-16 g di funghi secchi/die.

350 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M3 • Immunomodulatori e adattogeni 351

L’astragalo (radici di Astragalus membrana-ceus (Fisch.) Bge. (Fam. Leguminosae) regola il si-stema immunitario agendo sui livelli ematici e tes-sutali di cAMP, sui livelli ematici di IgM e di IgEe sull’attività fagocitica delle cellule reticoloendo-teliali. In clinica si usa nel trattamento dell’epatitecronica.

L’angelica (radici di Angelica sinensis (Oli-ver.) Diels. (Fam. Umbelliferae) contiene poli-saccaridi ed acido ferulico che incrementano lasintesi del DNA, la produzione di interleuchina-2,la proliferazione di linfociti e la fagocitosi dei ma-crofagi.

L’eleuterococco (corteccia delle radici diAcanthopanax senticosus (Rupr. et Metim.) Me-tim (Fam. Araliaceae) contiene polisaccaridi cheaumentano i livelli plasmatici di cAMP, i fattoridel complemento, la formazione di interferone(inibendo la degradazione dell’RNA responsabi-le della produzione di interferone) ed il numerodi cellule-T.

Il poligonum (radici tuberose di Polygonummultiflorum Thunb.) (Fam. Polygonaceae) contie-ne lecitine, antrachinoni (reina, emodina, crisofa-nolo), minerali (Ca, Fe, Zn, Mn, Cu, Sr). Alcuni studi hanno dimostrato che questa droga può pro-lungare il ciclo vitale delle cellule somatiche; inol-tre incrementa l’attività antiossidante cellulare el’attività della superossido dismutasi.

La tuia è data dalle parti erbacee di Thuja occi-dentalis L. (Arbor vitae, nome dato da Teofrastoperché la pianta, molto profumata, conforta la vi-ta). La pianta, nota anche come cedro bianco, cre-sce nelle paludi e nelle zone umide del Nord Ame-rica. La droga contiene frazioni polisaccaridichecon peso molecolare compreso tra 20.000 e oltre1.000.000. Questi polisaccaridi si sono rivelati ca-paci di attivare i linfociti CD4+ e di stimolare laproduzione di IL-1 β, IL-2, IL-3, IL-6, γ-IFN, G-CSF, GM-CSF, e TNF-β in colture di linfociti delsangue periferico e di IL-1, IL-3, e IL-6 in colturepurificate di monociti e macrofagi. Il suo impiegoviene proposto nelle infezioni virali e nelle condi-zioni di immunodeficienza acquisita, compresal’infezione da virus HIV.

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352 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

L’uso di prodotti di origine vegetale quali pesticidinaturali è noto fin dall’antichità. Prima dell’avventodel DDT le uniche sostanze di origine vegetale usa-te come pesticidi erano il piretro, il rotenone, la ni-cotina, la sabadilla e la quassina. Attualmente il ro-tenone (estratto dalle radici di leguminose dei gene-ri Derris e Lonchocarpus) è utilizzato solo per un li-mitato numero di coltivazioni avendo evidenziatoeffetti tossici. Il piretro, estratto dai fiori di Chry-santhemum cinerariaefolium (crisantemo della Dal-mazia), trova ancora oggi grande impiego soprattut-to contro alcuni insetti dannosi, alati e atteri, ma nonpresenta applicazioni in pieno campo a causa dellaelevata fotoinstabilità dei suoi principi attivi. L’uti-lizzo della nicotina, estratta dalle foglie di Nicotianae Duboisia spp. e altre Solanaceae, di derivati dellasabadilla (Schoenocaulon officinale, Liliaceae) edella quassina, estratta da Picrasma excelsa o Quas-sia amara (Simaroubaceae) è stato oggi ridotto soloalle applicazioni in luoghi specifici e circoscritti, co-me le serre o ambienti domestici. Molte altre prepa-razioni vegetali usate tradizionalmente come insetti-cidi rivestono a livello locale un interesse commer-ciale limitato, seppur significativo, come ad es. i de-rivati di Ryania spp. (Flacourtiaceae) e Haplophy-ton spp. (Apocynaceae), utilizzati per lungo temponelle Indie occidentali e in Messico.

Benché la scoperta del DDT avesse dato aditoad ottimistiche previsioni di impiego e fosse ap-parsa come la panacea sintetica contro ogni attac-co di insetti, il suo uso prolungato si è però dimo-strato assai dannoso per l’impatto ambientale. Ciòha condotto ad una frenetica ricerca di sostanzesintetiche ritenute più innocue, in particolare idro-carburi cloridrati (aldryn, dieldrin, chlordano edheptacloro). Anche questi composti si sono, tutta-via, rivelati pericolosi sotto l’aspetto tossicologi-co, per l’ambiente e per la forte capacità di indur-re fenomeni di resistenza negli insetti; per questomotivo l’utilizzo di questi fitofarmaci è stato estre-mamente ridotto.

In relazione a tali inconvenienti, nella ricerca dialternative più sicure, l’attenzione si è di nuovospostata sulle sostanze di origine vegetale. In que-sti ultimi anni la ricerca sulle sostanze antifeedant(per antifeedant si intendono quelle sostanze cheentrando in contatto con l’insetto impediscono e/ointerrompono la sua attività trofica) e sulle sostan-ze naturali con possibile attività pesticida si è svi-luppata seguendo tendenze diverse che cercheremoqui di analizzare nei diversi aspetti.

Il mercato degli insetticidi

Il mercato degli insetticidi consta oggi principal-mente di quattro classi chimiche: i composti orga-nofosforici; i carbammati; i piretroidi e i derivatidell’urea. A parte questi ultimi, gli insetticidi elen-cati presentano alcune importanti caratteristiche co-muni, come la capacità di esercitare un’azione rapi-da provocando un abbattimento veloce su un ampiospettro di insetti, lasciando una bassa attività resi-duale. I composti organofosforici, i carbammati ed ipiretroidi esplicano il loro meccanismo di azione alivello del sistema nervoso, mentre i derivati ureiciagiscono sui processi di formazione della cuticola.Molti composti organofosforici e carbammati han-no purtroppo evidenziato anche un alto grado ditossicità a carico di mammiferi, oltreché indotto re-sistenza, nel corso del tempo, negli insetti bersaglio.

Recentemente molti prodotti naturali, compresiquelli derivati da fermentazione di vari materiali ve-getali, hanno occupato una importante nicchia dimercato, proprio in virtù degli effetti indesideratidei pesticidi sintetici e delle crescenti restrizioni sulloro uso, dovute all’elevata tossicità ed all’impattoambientale. Per queste ragioni, ferormoni, antifee-dant e regolatori della crescita degli insetti e dellepiante hanno trovato varie applicazioni commercia-li. Parallelamente, i loro analoghi sintetici o emisin-tetici hanno trovato un mercato altrettanto vasto.

PIANTE CHE CURANO ALTRE PIANTECapitolo

M4

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

È prevedibile che in futuro l’introduzione dinuovi prodotti di sintesi incontrerà sempre maggio-re difficoltà. Gli insetti nocivi, infatti, riescono asviluppare sempre più efficaci meccanismi di resi-stenza acquisendo protezione da differenti tipi diprincipi attivi (resistenza multipla e/o incrociata) oaccentuando la resistenza verso lo stesso principioattivo. L’uso in successione di insetticidi diversiprovoca d’altra parte problemi multipli e rende ilmonitoraggio tossicologico ed ambientale più diffi-cile. In alcuni casi, tuttavia, l’uso di prodotti siner-gici ha dato buoni risultati, come nel caso del trat-tamento delle mosche con il gene super-kdr (superknock-down resistance). Pertanto, potrebbe risulta-re interessante sviluppare la ricerca di composti na-turali in grado di superare la resistenza acquisita.Un secondo campo di intervento è costituito dallavalutazione delle popolazioni di insetti con partico-lari meccanismi di difesa per studiare i processi inbase ai quali essi acquisiscono meccanismi di adat-tamento.

L’interazione insetti-piante

La difesa costituisce una strategia comune a tutti gliorganismi vegetali poiché essendo immobili devo-no evolvere strategie per opporsi ai loro nemici.Due possono essere le tattiche di difesa fondamen-tali: una difesa passiva o strutturale e una difesa in-dotta dall’agente infettivo o dall’erbivoro. Le pian-te hanno sviluppato moltissime strutture morfolo-giche di difesa passiva e sintetizzato numerose so-stanze chimiche accumulandole in tessuti partico-larmente esposti, a scopo difensivo. Tali difese co-stitutive possono impedire, respingere, intossicareo interferire con lo sviluppo o la riproduzione di er-bivori invertebrati e vertebrati.

Il sistema difensivo indotto è invece costituitoda un meccanismo flessibile che fronteggia attacchiall’integrità vegetale quando questi sono in atto.L’intensità della reazione può essere una rispostastabilita o proporzionale al persistere dell’aggres-sione. Sotto questo aspetto, le piante a fiore hannosviluppato diversi meccanismi per inibire l’infezio-ne dei patogeni e per limitare il saccheggio da partedegli erbivori. Le strategie sviluppate per portare atermine questi compiti distinti comprendono: lemodificazioni strutturali che accrescono le difese fi-siche dei tessuti delle piante; il costituire associa-zioni simbiotiche con specie in grado di difenderel’integrità della pianta; la biosintesi di metaboliti se-condari capaci di interferire con la crescita, lo svi-luppo e/o e la riproduzione di organismi nocivi.

Tenendo in considerazione il processo evoluti-vo del mondo vegetale si può notare che, per quan-to riguarda i taxa più evoluti, si è passati dalle gim-nosperme alle dicotiledoni secondo una linea evo-lutiva che ha portato alla progressiva perdita dellecaratteristiche originali. Alle specie arboree, conindividui longevi ed a lenta crescita, sono infattisuccedute specie erbacee annue con individui acrescita rapida. La perdita della legnosità, a favoredella forma erbacea e la conseguente perdita dellerelative difese meccaniche contro gli erbivori ed ipatogeni, è stata compensata con l’introduzione dinuove strategie di difesa basate sulla sintesi di mo-lecole biologicamente attive.

Esistono vincoli fisiologici fra l’elevato tasso dicrescita richiesto per competere con gli erbivori el’instaurarsi di nuove difese chimiche. L’insiemedi genotipi in una popolazione vegetale dipenderàdalle pressioni esercitate dalla concorrenza dellealtre piante e dagli erbivori che si nutrono o infe-stano le piante stesse.

Poiché la biosintesi di sostanze chimiche difen-sive è un processo metabolico dispendioso, il costoin termini energetici per la pianta è molto elevato.In particolare, le sostanze chimiche di difesa ven-gono sintetizzate soprattutto per la protezione dellepiante alte o poco legnose. Queste sostanze biolo-gicamente attive riducono o prevengono la razziada parte degli insetti fitofagi, rendendo le piantesgradevoli al palato o velenose. Si è venuto a crea-re, così, un nuovo rapporto anche tra gli insetti co-me vettori di certe malattie e le piante infestate. So-stanze attrattive, repellenti, stimolanti la nutrizioneo deterrenti sono tutti esempi di allocomposti pro-dotti dal regno vegetale. Questi composti sono disolito metaboliti secondari classificabili quali so-stanze tossiche o inibitrici lo sviluppo degli insetti.

Fin dal 1960 era riconosciuta l’importanza chegli insetti ed i funghi ricoprivano nel selezionaredeterminate vie chimiche dei vegetali superiori.Herms e Mattson (1992) hanno coniato il termine“coevoluzione” per il processo attraverso il qualele piante elaborano difese chimiche e gli insetti svi-luppano meccanismi di resistenza e di tolleranzaverso tali sostanze. Infine, sono state identificatedelle sostanze di origine patogena, gli elicitori, cheprovocano reazioni di difesa delle piante come av-viene nella produzione di fitoalesine antimicrobi-che. In particolare tali elicitori si legano a specificirecettori delle membrane plasmatiche. Si ritieneche l’interazione elicitore-recettore generi segnaliche rendono attivi alcuni geni nucleari che mettonoin atto un meccanismo di difesa delle piante, comeappunto la biosintesi di fitoalesine. Gli elicitori,

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Capitolo M4 • Piante che curano altre piante 355

inoltre, in combinazione con ferite di natura mec-canica, determinano il rilascio di composti, sia inloco che in maniera sistemica all’interno dellapianta, che servono da segnale di richiamo per ipredatori e i parassitoidi dei fitofagi.

Fonti di sostanze con attività antifeedant

Parallelamente al miglioramento delle tecniche fi-tochimiche estrattive sono state potenziate le me-todiche atte ad isolare e identificare nuovi compo-sti chimici. Migliaia di nuovi metaboliti primari esecondari sono stati estratti, identificati e cataloga-ti per classi chimiche a partire soprattutto da pian-te appartenenti alle Angiosperme. A tutt’oggi più di50 famiglie appartenenti al regno vegetale sono sta-te esplorate e studiate per la possibilità di estrarnesostanze con attività antifeedant a carico di insetti.

Studi approfonditi sono stati compiuti soprat-tutto su piante appartenenti alle famiglie delle Me-liaceae, Asteraceae, Labiatae e Leguminosae. Lapotenzialità dei taxa vegetali nel sintetizzare so-stanze antifeedant è risultata essere dote precipuadi certe specie ed è stato accertato che la loro effi-cienza dipende sia dal genotipo, sia dallo stato disviluppo della pianta.

Tra i parametri usati per valutare il grado di tos-sicità sugli insetti delle sostanze con attività biolo-gica antifeedant si includono la mortalità, il tassodi crescita, la fecondità, le variazioni nell’efficien-za digestiva, l’incidenza di anomalie morfologiche,l’incidenza di anormalità comportamentali, la mag-giore incidenza delle malattie, cambiamenti a livel-lo istologico ed altri ancora.

Lo screening delle sostanze antifeedant presen-ti nelle specie vegetali non è stato mai completa-mente standardizzato, per cui l’attività di una so-stanza può variare notevolmente a seconda del me-todo di valutazione adottato. Numerosi tipi di testsono stati utilizzati dai vari ricercatori in relazioneal tipo di insetto e di substrato per valutare l’effica-cia di vari composti.

Importante è anche il metodo con cui si offre ilmateriale vegetale o il substrato trattato. Si può in-fatti offrire solo il substrato trattato oppure propor-re la scelta tra un controllo e il substrato trattato. Ilprimo metodo comunque sembra essere più vicinoalle condizioni in cui si trova l’insetto in natura,specialmente per gli insetti monofagi. Il secondopuò, invece, fornire più informazioni sui meccani-smi antifeedant e sulle possibili applicazioni. Mol-te sostanze potenzialmente antifeedant prendonocontatto con i sistemi sensoriali dell’insetto, svol-

gendo attività deterrente preventiva. Ai fini appli-cativi è necessario rilevare l’effetto che queste so-stanze hanno sull’entomofauna utile; a questo pro-posito alcuni Autori, studiando il meccanismo d’a-zione dei tannini e del catalpolo su Lymantria di-spar, non hanno rilevato nessuna azione negativadi tali allelochimici sul suo parassitoide Compsilu-ra concinnata. Molte sono le classi di composti ve-getali che agiscono come deterrenti per gli insetti,ma le caratteristiche biologiche più promettenti so-no state riscontrate nei terpenoidi, negli alcaloidied in alcuni composti fototossici.

Terpenoidi

Molti generi di piante, appartenenti alla famigliadelle labiate (ad es. Mentha ed Ocimum), presenta-no terpeni volatili con interessanti caratteristichebiologiche. Negli ultimi anni tuttavia sono stati iso-lati da generi quali Ajuga, Teucrium e Plectranthusditerpeni non volatili molto più potenti.

Azadirachta indica (neem tree) è un alberosubtropicale nativo delle regioni aride dell’Asia edell’Africa, coltivato in numerose regioni a climamite. Alcuni estratti di varie parti dell’albero, maspecialmente dei semi, il cui uso a fini insetticidi èda tempo diffuso in India, hanno dimostrato un’at-tività deterrente, repellente e tossica in vari test acarico di differenti insetti. L’azadiractina è effetti-vamente una sostanza deterrente la nutrizione, re-pellente, tossica, e inibitrice della crescita degli in-setti, essendo motivo di alterazioni nella meta-morfosi, interferendo con il meccanismo d’azionee sintesi degli ecdisteroidi. Estratti grezzi o par-zialmente purificati possono infatti essere utilizza-ti per controllare gli insetti nocivi, risultando nelcontempo inattivi per gli animali e per l’uomo.Negli ultimi anni molte ricerche sono state intra-prese per determinare i gruppi funzionali respon-sabili della sua attività biologica. Alcuni insettici-di basati su tale molecola sono attualmente com-mercializzati negli Stati Uniti; essi contengonouna miscela di vari limonoidi, tra i quali l’azadi-ractina risulta essere preponderante al fine di limi-tare l’insorgenza di resistenze.

Altra pianta simile al neem è Melia azeda rach,presente in moltissime regioni africane e asiatiche.I suoi semi contengono numerosi limonoidi, pre-senti anche nei semi del neem, con eccezione peròdella azadiractina. I suoi estratti hanno attività in-setticida, ma manifestano tossicità nei confrontidegli animali a sangue caldo e dunque anche perl’uomo. Estratti etanolici di Cedrela odorata sono

attivi in serra sulle forme adulte di Acalymna vitta-tum, mentre alcuni limonoidi estratti dalla cortec-cia della radice di Trichilia roka presentano attivitàantifeedant per le larve di Spodoptera eridania eper gli adulti di Epilachna varivestis. Il limonoidesendanina, isolato dai frutti di questa pianta, è unpotente inibitore della crescita per Heliothis vire-scens, Spodoptera frugiperda ed Heliothis zea. So-stanze quali timolo, eucaliptolo, canfora e linaloloprovocano elevata mortalità nei confronti dell’aca-ro Varroa jacobsoni, pericoloso parassita di Apismellifera.

Dal punto di vista biosintetico è stato tentato unapproccio utilizzando il farnesil pirofosfato, natu-rale precursore dei terpenoidi, che dopo un proces-so di ciclizzazione e di ossidazione può produrresesquiterpeni con attività antifeedant. Poiché talevia biosintetica naturale è presente anche nellepiante coltivate, un’appropriata espressione del ge-ne della ciclasi può determinare la produzione ditrimetil pirofosfato.

Piante appartenenti alla famiglia delle Astera-ceae, con esclusione della tribù delle Tagetae, pre-sentano un gran numero di lattoni sesquiterpenici,alcuni dei quali caratteristici della famiglia. I se-squiterpeni, infatti, giocano un ruolo importantenelle difese delle parti aeree delle Asteraceae controfitofagi (sia insetti sia mammiferi), oltre ad eserci-tare un’azione allopatica verso le altre piante. In nu-merosi studi su sesquiterpeni è sempre emersa, oltrealle numerose attività biologiche esplicate, l’attivitàdeterrente di tali composti. Queste sostanze sonoparticolarmente abbondanti nei germogli e nei fioridi queste piante, dove possono costituire fino al 5%del peso secco. In particolare, tali sostanze sono lo-calizzate a livello dei tricomi ghiandolari ed in al-cune specie di Parthenium anche nel polline, negliacheni e nelle plantule. Raramente sono presentinelle radici.

Alcaloidi

Gli alcaloidi, derivando da numerosi precursoribiosintetici, esibiscono differenti attività biologi-che e spesso si rivelano altamente tossici. Nume-rosi alcaloidi, come la lupanina e la solanina, sonopresenti in natura come basi libere, ma la maggiorparte di essi è combinata con acidi organici allostato di sale. Uno straordinario costituente alcaloi-deo rinvenuto in piante di Dithyrea wislizenii, è ilditireanitrile: il primo prodotto naturale con dueatomi di zolfo ed un nitrile attaccati allo stessoatomo di carbonio con interessanti attività biolo -

giche. Un altro alcaloide, la tiloforina, isolata daTylophora asthmatica, inibisce completamentel’assunzione di cibo da parte di Spilosoma obliquasia in condizioni di laboratorio sia in campo dovepersiste per almeno due giorni. Questi prodottielencati possono essere usati come prototipi per lasintesi di sostanze ad azione antifeedant non dan-nose ed economiche per applicazioni commercialio su vasta scala.

Numerosi polidrossialcaloidi, con struttura si-mile agli zuccheri piranosi, sono importanti comeinibitori della digestione delle sostanze zuccherinenegli insetti. Questi analoghi del fruttosio sono deipotenti inibitori della α-glucosidasi nelle larve delcoleottero (Callosobruchus maculatus), un insettodannoso per i legumi, ma sono poco attivi per lostesso enzima dei mammiferi. La castanospermina,isolata da Castanospermum australe, è un eccel-lente esempio della attività di tali sostanze. È, in-fatti, un potenziale inibitore di numerose glicosida-si e mostra un’attività biologica ad ampio spettro.Alcuni alcaloidi sono invece metabolizzati da al -cuni insetti e trasformati all’interno del loro stessoorganismo. L’erba tropicale Chromolaena odoratacontiene gli N-ossidi di 5 alcaloidi pirrolizidinici.La cavalletta polifaga Zenocerus variegatus pre -leva l’intermedina e la rinderina dai fiori diChromolaena e trasforma fino al 20% di questi al-caloidi rispettivamente in licopsamina ed echinati-na attraverso l’inversione della configurazione delcarbonio C-3'. La rinderina pura iniettata nellaemolinfa di Zenocerus viene convertita parzial-mente in intermedina, indicando la capacità del-l’insetto di operare una inversione della configura-zione in C-7 dell’alcaloide.

Numerose piante appartenenti alla famiglia del-le leguminose accumulano un’ampia gamma dicomposti azotati a basso peso molecolare, come al-caloidi, amine, aminoacidi non proteici, alcuni deiquali di un livello difensivo straordinariamente alto.

Insetticidi fototossici

Composti fototossici, cioè molecole che diventanotossiche in presenza di luce, sono ampiamente di-stribuiti tra le famiglie vegetali. In virtù della capa-cità di legarsi covalentemente al DNA o di reagirecon l’ossigeno e generare radicali ossidrilici, questicomposti sono tossici per numerosi organismi erbi-vori. Circa 10 classi di composti chimici con carat-teristiche fototossiche sono state estratte da piantesuperiori appartenenti principalmente a 40 famigliedelle Magnoliophyta. Queste sostanze, classificabili

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Capitolo M4 • Piante che curano altre piante 357

chimicamente come acetofenoni, acetileni, benzofe -nantreni, β-carboline, chinoni estesi, furanocumari-ne, pterocarpani e tiofeni, presentano origini biosin-tetiche diverse. In questi composti sono state notatela capacità deterrente la nutrizione, l’inibizione del-la crescita, l’attività sui sistemi di riproduzione e lamortalità sugli insetti adulti. L’azione larvicida, inparticolar modo, costituisce il principale bersagliodell’attività fototossica. In merito, la tossicità deicomposti acetilenici e tiofenici verso le larve di zan-zara (Aedes aegypti) e di mosca nera (Simulium vit-tatum) è già stata ampiamente documentata. Anchenumerose larve di lepidotteri si sono dimostrate sen-sibili all’applicazione topica dell’α-tertienile seguitada una breve illuminazione con la luce UV conun’attività comparabile a quella dei ciano-derivati.

La potenzialità larvicida di 27 metaboliti aceti-lenici/tiofenici è stata studiata successivamente inspecie appartenenti alle Asteraceae. L’α-tertienile(α-T) e fenileptatrine (PHT) sono, tra le sostanzefotosensibili studiate, quelle rivelatesi più attive. α-T, PHT e numerosi derivati biosintetici di questicomposti agiscono infatti come potenti inibitori del-la nutrizione in una grande varietà di insetti erbivo-ri. L’azione biologica, per quanto riguarda i tiofeni,sembra esplicarsi attraverso l’interazione tra l’ossi-geno di singoletto prodotto dalla irradiazione UVAsull’α-T con le proteine di membrana e inibendo oinattivando gli enzimi presenti sulle membrane bio-logiche degli insetti.

Anche l’attività insetticida fototossica di alcuneβ-carboline, furanocumarine e alcaloidi isochinoli-nici, come ad es. l’ipericina, è stata ben documen-tata. Rimane poco chiara l’importanza della lucesugli effetti di altre sostanze fotosensibilizzanti. Ilruolo eventuale della luce non è considerato neglistudi sugli effetti letali degli acetofenoni, o neglistudi sull’effetto deterrente la nutrizione delle fito -alesine su un’ampia gamma di insetti erbivori. Perquanto riguarda l’espressione della tossicità dellasanguinarina verso le larve del “looper” del cavol-fiore, la fotoattivazione non sembra giocare un ruo-lo determinante.

Alcuni ricercatori hanno saggiato numerosi tiofe-ni e polieni provenienti da piante delle Asteraceaeper quanto riguarda la loro attività biologica con esenza l’attivazione mediante irradiazione con UVA. Itertiofeni, caratterizzati molecolarmente da un nu-cleo a 3 anelli solforati a 5 atomi di carbonio cherappresentano la base del nucleo dell’α-T, hannomostrato una forte attività dipendente dagli UVA, al-le volte superiore a quella dell’α-T stesso. Al contra-rio, i polieni non hanno dimostrato una significativaattività biologica con o senza l’irradiazione UVA.

Miscellanea di sostanze naturali biocide

Tra le sostanze insetticide vegetali, le saponine ste-roidee, biogeneticamente correlate con i glicoalca-loidi steroidei, rivestono una notevole importanza.Queste sostanze hanno la capacità di ridurre la ten-sione superficiale e di produrre effetti litici a livel-lo delle membrane cellulari. In virtù di questa lorocapacità tali composti possono influenzare la nutri-zione degli insetti. È stato riportato che il triaconta-nolo e composti correlati, ottenuti da Arundo do-nax, presentano una marcata attività antifeedantnei confronti della calandra del grano (boll weevil),Anthonomus grandis. È stato anche notato che laperdita dell’attività dei derivati dei cromoni era inrelazione con la degradazione o la saturazione dientrambi gli anelli eterociclici. Le acetogenine pre-senti nelle Annonacee sono state oggetto di detta-gliate indagini in virtù della loro spiccata attivitàinsetticida, ma presentano a tutt’oggi costi di estra-zione e purificazione troppo elevati, come nel casodell’annonina I, presente tra i metaboliti dell’albe-ro Annona squamosa. Recentemente, alcuni rizomidi Zingiberaceae, tra i quali Curcuma xanthorrhi-za, C. zedoaria, Kaempferia galanga e K. pandu-rata sono stati analizzati al fine di isolare compostiinsetticidi.

I flavonoidi sono sintetizzati ed accumulati innumerose piante erbacee. La maggior parte di essiha attività antifeedant, specialmente contro gli in-setti succhiatori. Alcune sostanze antifeedant natu-rali hanno una modalità di azione sistemica e talecaratteristica rappresenta un enorme vantaggio peril loro impiego. In tale campo i flavonoidi rivesto-no un ruolo importante nella ricerca di strutture persostanze con tale attività. Ad es. alcuni flavonoidisono stati isolati ed identificati ed è stata rilevatauna forte azione tossica per contatto contro le larvedi Spodoptera littoralis. La rutina, come metaboli-ta secondario della solanacea Fabiana imbricata, siè dimostrata altamente tossica nei confronti dell’a-fide Rhopalosiphum padi. Anche alcuni compostifrequentemente presenti nei licheni, l’acido usni-co, l’acido vulpinico e l’acido stictico sono statisaggiati per la loro tossicità e attività antifeedantcontro le medesime larve. L’acido usnico, così co-me l’acido vulpinico, determina una forte morta-lità, un significativo ritardo di crescita e un pro-nunciato aumento del periodo larvale quando som-ministrato per lungo periodo a concentrazioni si-mili o significativamente più basse di quelle pre-senti nei vari licheni. Due cucurbitacine (cucurbita-cina E ed I) sono state isolate da Iberis amara e so-no state identificate mediante spettroscopia UV ed

NMR. È stato dimostrato che il primo compostopresenta potenzialità antifeedant verso la larva diPieris rapae in un test nutrizionale a doppia scelta.Da Aglaria odorata è stato isolato il rocaglamide,un ciclopentatetraidrobenzofurano, che presentauna forte attività insetticida comparabile a quelladell’azadiractina. Questo composto inibisce la cre-scita delle larve e mostra attività insetticida sia perPeridroma saucia che per Spodoptera litura. La se-parazione di estratti metanolici di foglie di A. odo-rata ha portato all’isolamento di sostanze simili alrocaglamide: desmetilrocaglamide, metilrocaglatee rocaglaolo. Il metilrocaglate ha mostrato sia unapotente attività insetticida, mediante inibizione del-la crescita, sia tossicità da contatto, nel verme va-riegato Peridroma saucia.

L’ipotesi che le lectine vegetali non solo espli-chino la loro attività biologica all’interno dellapianta stessa, come riserva di azoto, ma che rap-presentino una difesa dall’attacco di microrgani-smi e di fitofagi, è recente. Uno studio effettuatonel 1994 ha dimostrato che l’ingestione di varielectine da parte di larve di Licilia cuprina causa lariduzione di peso dell’80-90%. In questo caso, ol-tre ad un danno della membrana peritrofica del-l’intestino dell’insetto, è stato dimostrato un le-game tra le lectine e le glicoproteine dei dendritinei neuroni chemiorecettori che ha causato ancheuna accentuata deterrenza all’assunzione di cibo.La riduzione dell’assunzione di cibo sembra an-che il meccanismo d’azione della lectina del ger-me di grano (WGA) e della lectina del Galanthusnivalis (GNA) in Nilaparvata lugens. In questavisione tutte le piante ricche di lectine potrebberoessere protette dall’attacco dei fitofagi, ma po-trebbero anche rappresentare, pur considerando laloro eventuale interazione con altri organismi, unapossibile fonte di molecole da utilizzare come pe-sticidi o antifeedant. Recentemente alcune piantetransgeniche di riso, trasformate con il gene cheproduce la lectina GNA, hanno mostrato attivitàinsetticida contro alcuni insetti dannosi delle gra-minacee.

Altre fonti di sostanze con potenzialità biopesti-cide sono quelle rappresentate dai microrganismi. Ivantaggi di tale fonte sono numerosi, come la pos-sibilità di produrre grandi quantità di materiali me-diante fermentatori liquidi, l’eventualità di una loroapplicazione mediante mezzi convenzionali e, cosaanche più importante, la loro specificità su organi-smi bersaglio. Il microrganismo più importantenella lotta biologica contro gli insetti è il Bacillusthuringiensis, un batterio che produce una tossinaaltamente velenosa verso alcuni insetti specifici in

grado di danneggiare seriamente le cellule epitelia-li del mesentero di lepidotteri, coleotteri e dittericausandone la morte.

Nonostante questo, il mercato degli insetticidimicrobiologici non rappresenta più dell’1% delmercato mondiale degli insetticidi. I prodotti, infatti, sono destinati principalmente ad un mer-cato di nicchia a causa dello scarso rapporto co-sto-efficacia. Una strategia alternativa per l’utiliz-zazione della tossina del B. thuringiensis è quelladi utilizzare piante transgeniche in cui vengonointrodotti i geni che inducono la produzione delleproteine tossiche. Negli Stati Uniti si stanno in-troducendo su larga scala piante transgeniche dicotone, pomodoro e patata con queste caratteristi-che. Ad es. sono state recentemente commercia-lizzate varietà di mais in grado di produrre spon-taneamente l’endotossina.

Per quanto riguarda la possibilità di utilizzarefunghi entomopatogeni come insetticidi, soltantoalcune specie appartenenti ai generi Metarhyzium,Beauveria e Verticillium hanno avuto un certo inte-resse commerciale. Recentemente questa nicchia dimercato ha ricevuto un sensibile impulso dalle ri-cerche inerenti le spinosine A e D, prodotte dall’ac-tinomiceto Saccharopolyspora spinosa, le qualitrovano già applicazioni sul campo nel controllodei lepidotteri nelle piantagioni di cotone. Un’altraclasse di insetticidi fungini è costituita dagli analo-ghi delle dioxapirrolomicine, prodotte da Strep-tomyces fumans e scarsamente impiegate, tuttavia,a causa della loro elevata fitotossicità. In campomedico e veterinario un largo impiego hanno leavermectine. Questi composti (8 in totale), prodot-ti da processi fermentativi da Streptomyces avermi-tilis (microrganismo scoperto nel 1970 in Giappo-ne nei pressi di un campo da golf), mostrano un’e-levata tossicità verso un ampio spettro di artropodie nematodi (Fig. M4.1). Le avermectine sono tossi-che verso gli invertebrati a bassissime dosi, mapresentano una moderata tossicità anche nei con-fronti degli animali da laboratorio.

La modalità di azione degli insetticidi di originefungina (con condizioni di temperatura e di umiditàadeguate per l’infezione) e la relativa lentezza nel-lo sviluppare un’adeguata attività, rappresentanotuttavia un ostacolo alla loro diffusione. Questiprodotti potrebbero comunque rappresentare effi-caci bioinsetticidi per gli ambienti controllati comele serre o i tunnel delle colture protette, ma non so-no sempre applicabili in pieno campo.

Altre sfide sono in atto in vari laboratori per re-perire fitofarmaci microbiologici per il controllodei nematodi, dei marciumi post raccolta e per il

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Capitolo M4 • Piante che curano altre piante 359

grande mercato che si sta aprendo con la proibizio-ne dei geodisinfestanti chimici e la loro drastica ri-duzione per il controllo dei patogeni terricoli.

Considerazioni conclusive

È difficile prevedere che cosa ci riservi il futuroper quanto concerne l’isolamento e l’identificazio-ne di nuovi insetticidi. L’utilizzo di una sempremaggiore concentrazione degli insetticidi sinteticiesistenti evidenzia un rischio sostanziale per l’am-biente e di tossicità per gli organismi non bersa-glio. Inoltre, l’uso di tipi differenti di insetticidi,diversi per struttura chimica, è spesso reso ineffi-cace dall’insorgere di resistenze multiple messe inatto dagli insetti.

I fattori chiave che guideranno la ricerca futurapossono comunque essere così elencati:1. miglioramento e progresso della chimica orga-

nica di sintesi;2. miglioramento dello studio della fisiologia e

della biochimica degli insetti;3. l’impiego sempre più esteso delle tecnologie

informatiche;4. l’applicazione delle innovative tecniche biotec-

nologiche.

Quest’ultimo fattore, probabilmente, sarà quel-lo che darà i maggiori contributi in futuro. Anche laricerca di base in chimica organica ogni anno pre-senta innovazioni e per il futuro potrà darci nuoviinsetticidi sintetici sempre più efficaci e con un ri-dotto impatto ambientale.

Uno tra i più significativi argomenti da ap-profondire in futuro è senza dubbio lo studio del-le piante come base per nuovi insetticidi innocuiper l’uomo e gli animali, di insetticidi legati aprodotti naturali che abbiano una buona biodegra-dabilità e che quindi non lascino residui nocivinell’ambiente.

Negli ultimi anni, i prodotti vegetali secondaricome possibili insetticidi o come possibili farmaciper le grandi patologie del secolo, sono stati rivistiattraverso le nuove tecnologie. L’attuale rinascitadi interesse nei confronti degli insetticidi di deriva-zione vegetale si è concentrata principalmente sul-la flora tropicale. Si è ormai diffusa la convinzioneche la flora tropicale, in virtù della grandissimabiodiversità che presenta, sia la più promettente dalpunto di vista della possibile scoperta e isolamentodi nuovi insetticidi.

Come fonti di nuovi composti, i prodotti natu-rali denotano un enorme potenziale, se non inquanto insetticidi essi stessi, in qualità di molecole

Fig. M4.1 Gruppo chimico delle avermectine, prodotte per fermentazione naturale da S. avermitilis. L’abamectina è la mi-scela di due molecole di avermectine con la maggiore attività acaricida ed insetticida

con un’attività biologica che può essere accentuataattraverso la sintesi di analoghi. La documentazio-ne su piretroidi, precoceni, ecdisteroidi e antifee-dant costituisce la prova dei vari modi nei quali gliinsetti possono interagire con le piante e di come sipossano sfruttare tali conoscenze per limitare i dan-ni degli insetti fitofagi. La misura in cui questo av-viene dipenderà da un più efficace impiego deltempo, dei ricercatori e della loro creatività.

Pur essendo, tuttavia, necessarie maggiori nozio-ni e conoscenze a livello molecolare, si richiede ulte-riore spazio per la ricerca di base su argomenti quali:1. base molecolare del rapporto sostanza antifee-

dant-chemorecettore mediante l’impiego dellenuove tecniche neurofisiologiche;

2. studi di ecologia chimica per decifrare codici discambio tra i vari organismi per poterli utilizza-re come deterrenti;

3. studio sulla biodegradabilità e la fotostabilità dinuovi prodotti in modo tale da non lasciare tos-sicità residua.Non ultimo deve essere preso in considerazione

il costo associato allo sviluppo e all’introduzionesul mercato di nuovi antifeedant.

In conclusione, nella ricerca di nuovi costituen-ti antifeedant, il regno vegetale può essere esplora-to anche dal punto di vista chemiotassonomico.Molte sostanze biologicamente attive sono infattipresenti in specie affini o generi vicini dal punto divista sistematico ed evolutivo. I prodotti di originenaturale rappresentano, inoltre, anche una guida almiglioramento della conoscenza dei sistemi ecolo-gici. Attraverso l’identificazione dei vari metaboli-ti, si sono registrati progressi nella comprensionedei cicli metabolici dei vari organismi, sono statiidentificati gli enzimi correlati alla loro biosintesi esono stati compresi i sistemi genetici che ne dirigo-no la sintesi.

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360 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

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Introduzione

L’abuso e la dipendenza da bevande alcoliche co-stituiscono un problema sanitario a livello mondia-le, sia dal punto di vista medico, sia per quel cheriguarda i costi sociali. Si calcola che, in Italia, cir-ca un milione di soggetti sia alcol-dipendente e chenel 2000 quasi centomila pazienti siano stati di-messi dall’ospedale con una diagnosi clinica attri-buibile all’utilizzo di alcol, per un tasso globale paria 172,2/100.000 persone. L’abuso di alcol e le con-seguenze ad esso correlate (ad es. mortalità alcol-relata, perdita di produttività, assenteismo, ricove-ri ospedalieri ecc.), presentano importanti implica-zioni in termini di costi sociali, incidendo in ma-niera consistente (5-6%) sul prodotto interno lordoitaliano.

Il trattamento riabilitativo dell’alcol-dipenden-za rappresenta un modello di intervento integrato,che contempla in sé il trattamento farmacologicocon i gruppi di auto/mutuo-aiuto, il counseling edil supporto psicologico. Tuttavia, nonostante i pro-gressi compiuti dalla ricerca scientifica, ad oggi nonsiamo in grado di comprendere a pieno gli esattimeccanismi d’azione dell’alcol. Le terapie farma-cologiche attualmente disponibili sono ancora lon-tane dall’essere soddisfacenti, anche se nuove evi-denze indicano l’efficacia e la sicurezza di nuovifarmaci nell’induzione e nel mantenimento dell’a-stinenza alcolica. Nell’ambito degli approcci tera-peutici, recenti studi suggeriscono la possibile uti-lità dei prodotti naturali, nel trattamento della di-pendenza da alcol. Per molti secoli infatti, soprat-tutto in Cina e in India, numerose piante medicina-li sono state utilizzate per il trattamento della di-pendenza da alcol. Un nuovo approccio farmaco-logico al trattamento della dipendenza da alcol po-trebbe derivare quindi dall’uso di sostanze di ori-gine naturale.

Iperico

L’iperico è dato dalle parti aeree di Hypericum per -foratum L., pianta erbacea efficace nel trattamentodei disturbi depressivi di entità lieve-moderata. L’i-perico contiene diversi composti biologicamente at-tivi, tra cui ipericina e iperforina (Fig. M5.1 a e b).

PIANTE E ALCOLISMOCapitolo

M5

Fig. M5.1 a Struttura chimica dell’ipericina. b Strutturachimica dell’iperforina

b

a

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

In accordo con l’alta comorbidità esistente tra glistati depressivi e la dipendenza da alcol è stata esa-minata l’efficacia dell’iperico, un antidepressivonaturale, nei soggetti alcolisti. Alcuni studi hannodimostrato che gli estratti di iperico dimezzanol’assunzione volontaria di alcol in diverse linee diratti alcol-preferenti (sP). Questo effetto sembradovuto al blocco del re-uptake della serotonina edella dopamina, con il conseguente aumento diquesti neurotrasmettitori nello spazio sinaptico. Èstato inoltre mostrato che l’iperforina inibisce lacaptazione del GABA mentre l’iperico ne blocca ilre-uptake.

Gli antagonisti dei recettori degli oppioidi, co-me il naloxone e il naltrexone, sono efficaci nel ri-durre l’assunzione di alcol sia nei ratti che nell’uo-mo. Uno studio pre-clinico ha valutato l’effetto del -l’iperico e degli antagonisti dei recettori degli op-pioidi sull’assunzione di alcol. Tale studio ha ri-portato come la somministrazione intra-gastrica dinaloxone (1 mg/kg) o naltrexone (0,5 mg/kg), pri-ma dell’iperico, ne potenziasse gli effetti nell’atte-nuare l’assunzione di alcol. Questi risultati sugge-riscono un’azione sinergica da parte degli antago-nisti dei recettori degli oppioidi e dell’iperico, nelridurre l’assunzione di alcol negli animali da espe-rimento. Tuttavia il sito d’azione non è stato anco-ra identificato, anche perché, in questi studi, le so-stanze sono state somministrate per via intragastri-ca o intraperitoneale. Ad ogni modo l’iperico, da so-lo o in associazione con altre sostanze, sembra ingrado di ridurre l’assunzione volontaria di alcol neiratti sP. Si ipotizza che possa avere lo stesso effettonell’uomo.

Pueraria

La Pueraria lobata L. (Fam. Fabaceae) è inseri-ta nella farmacopea ufficiale cinese come miori-lassante, antipiretico, antidiarroico ed antiperten-sivo (Fig. M5.2 a). Gli effetti anti-alcol della pue-raria sono noti ai medici cinesi da più di quattor-dici secoli. Le proprietà farmacologiche degliestratti di pueraria, nota anche come kudzu, sul-l’alcolismo sperimentale, sono quelle più estesa-mente investigate tra tutte le piante medicinali.Uno studio sperimentale ha dimostrato come lasomministrazione giornaliera intraperitoneale dipueraria sia in grado di dimezzare l’assunzione dialcol nei criceti della specie Syrian Golden sP. Inquesto studio sono stati identificati due principi at-tivi di questa pianta. Infatti la somministrazionedei due principali isoflavoni presenti negli estratti

di pueraria, daidzina e daidzeina (Fig. M5.2 b), hadeterminato la ridotta assunzione di etanolo neicriceti Syrian Golden sP. La capacità della puera-ria nel ridurre il consumo di alcol negli animali daesperimento è stata ulteriormente dimostrata te-stando una miscela di erbe medicinali tra cui lapueraria. Curiosamente questa miscela è comune-mente utilizzata in Cina per preparare il cosiddetto“tè della sobrietà”.

Infine la puerarina (Fig. M5.2 c) rappresenta l’i-soflavonoide più concentrato presente nel kudzu,anche se non è così potente come la daidzina. Glieffetti positivi della puerarina sull’assunzione di al-col nei ratti e nelle scimmie alcol-preferenti ripor-tati in letteratura, suggeriscono la potenziale utilitàdella puerarina come agente anti-craving.

Sulla base dei dati pre-clinici, uno studio cli-nico preliminare ha esplorato l’effetto dell’estratto

364 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M5.2 a Pueraria lobata, pianta. b Struttura chimicadella daidzina (R=O-glucosio) e della daidzeina (R=OH). c Struttura chimica della puerarina

a

c

b

Capitolo M5 • Piante e alcolismo 365

di radice di kudzu su trentotto pazienti alcol- dipendenti, assegnando in modo randomizzato l’e-stratto di kudzu (1,2 g due volte al giorno) o il pla-cebo. Sono stati valutati sia i livelli di sobrietà, cheil craving per mezzo della scala analogica visiva.Il kudzu non è sembrato essere più efficace del pla-cebo nel ridurre il desiderio di alcol e/o di pro-muovere l’astinenza. C’è però da dire che gli Au-tori non hanno riportato la concentrazione di iso-flavonoidi attivi presenti nell’estratto di kudzuutilizzato per lo studio. Più recentemente è statoeffettuato uno studio, con l’intento di verificarel’efficacia del kudzu in un gruppo di alcolisti, sot-toposti ad un trattamento di 7 giorni. Dopo tale pe-riodo, i soggetti hanno avuto la possibilità di be-re birra della loro marca preferita. Il trattamentocon kudzu ha determinato una significativa ridu-zione del numero di birre consumate, con un au-mento del numero di sorsi e del tempo di consu-mo di ogni birra, ma con riduzione del volume me-dio di ogni sorso. Queste modifiche comporta-mentali si sono verificate, tuttavia, in assenza diun effetto significativo sul craving. Gli Autori han-no comunque concluso che il kudzu può essere unutile coadiuvante nel ridurre l’assunzione di alcol,anche se resta ancora da chiarire l’esatto mecca-nismo attraverso il quale esso sopprime l’assun-zione di etanolo.

Salvia cinese

Le radici secche di Salvia miltiorrhiza, una piantaappartenente alla famiglia delle Labiatae, nativa del-la Cina, sono largamente utilizzate nella medicinapopolare di quel Paese per il trattamento di disturbiquali le emopatie, le cardiopatie, le epatiti, le emor-ragie, i disturbi mestruali, l’edema (uno studio cli-nico indica che la salvia cinese è efficace nel tratta-mento dell’ematoma intracranico traumatico) e l’in-sonnia (Fig. M5.3).

Un recente studio ha mostrato l’efficacia dellaSalvia miltiorrhiza nel ridurre il consumo volon-tario di alcol da parte di ratti Sardinian alcohol-preferring (sP). Questi animali sono stati selezio-nati geneticamente presso alcuni laboratori per laloro preferenza per le soluzioni alcoliche e l’ele-vato consumo di alcol. I ratti sP costituiscono unmodello animale utile nella ricerca scientifica sul-l’alcolismo e, specificatamente, per a) investigarele basi genetiche, biochimiche e comportamentalidella dipendenza da alcol e b) saggiare l’efficaciadi nuovi potenziali farmaci capaci di sopprimere ilconsumo di alcol.

Nello studio condotto con la Salvia miltiorrhiza,ai ratti sP è stata offerta la libera scelta fra due bot-tiglie contenenti, rispettivamente, una soluzione al-colica al 10% ed acqua, in sessioni giornaliere del-la durata di 4 ore (nelle rimanenti 20 ore era di-sponibile solo l’acqua). Dopo un breve periodo diassuefazione a questo protocollo sperimentale, i rat-ti sP consumavano circa 2,5 grammi di alcol puroper chilogrammo di peso corporeo (valore che, te-nuto conto della differenza esistente tra il metabo-lismo dell’uomo e quello del ratto, corrisponde acirca quattro bicchieri di whisky nell’uomo) duranteciascuna sessione giornaliera e rifiutavano l’acquaquasi completamente. La somministrazione gior-naliera, per via orale, dell’estratto di Salvia mil-tiorrhiza induceva una riduzione del consumo di al-col di circa il 50-60% rispetto ai ratti trattati con ilplacebo. Inoltre, si registrava un aumento del con-sumo di acqua, tale da mantenere invariata l’as-sunzione giornaliera di fluidi.

Un esperimento successivo ha dimostrato poiche la dose di Salvia miltiorrhiza efficace nel ri-durre il consumo di alcol nei ratti sP riduceva, dicirca il 60%, l’alcolemia nell’animale da esperi-mento; questo effetto si manifestava quando l’alcolveniva somministrato per via intragastrica, ma non

Fig. M5.3 Salvia miltiorrhiza: ramo con foglie e fiori e radice

per via parenterale. Questi risultati suggerisconoche la Salvia miltiorrhiza va a modificare l’assor-bimento gastrointestinale dell’alcol. A questo mec-canismo sarebbe dunque dovuta la ridotta assun-zione di alcol precedentemente osservata: ad ognimodo la diminuzione della percezione degli effetticentrali dell’alcol (conseguente alla ridotta alcole-mia) potrebbe portare ad una graduale estinzionedel consumo.

Oltre all’azione svolta sull’assorbimento ga -stro intestinale, per la Salvia miltiorrhiza possonoessere ipotizzati anche dei meccanismi centrali. Ènoto che i principali costituenti dell’estratto lipo-filo di Salvia miltiorrhiza sono quattro diterpeniabietanoidi: il tanshinone IIA, il tanshinone I(Fig. M5.4), il criptotanshinone e il miltirone. Iltanshinone IIA possiede attività bloccante sui ca-nali neuronali permeabili al calcio; il blocco far-macologico di questi canali riduce il consumo dialcol in diversi modelli animali di alcolismo, pro-babilmente attraverso il blocco della percezionedegli effetti psicotropi dell’alcol. È stato inoltredimostrato che questi diterpeni possono legarsi alsito recettoriale delle benzodiazepine, sito modu-latorio incluso nel complesso recettoriale GABAA,presente nel sistema nervoso centrale. In accordoa ciò, il miltirone esercita, in un modello speri-mentale di ansia, un’azione ansiolitica simile aquella svolta dalle benzodiazepine. È stato recen-temente dimostrato che i ratti alcol-preferenti sPpresentano un elevato grado di ansia, che vieneparzialmente compensato dal consumo volontariodi alcol; pertanto, gli effetti ansiolitici dell’alcolcostituiscono presumibilmente una parte rilevan-te delle sue proprietà di rinforzo, che mantengo-no e promuovono il consumo volontario di alcolin questa linea di animali. Si può quindi conclu-

dere che vi sia un altro meccanismo d’azione del-la Salvia miltiorrhiza, dovuto alla sostituzionedell’effetto ansiolitico dell’alcol con quello delmiltirone, che comporterebbe una riduzione dellanecessità, da parte del ratto sP, di ricorrere all’al-col per curare la propria ansia.

Tabernanthe

Tabernanthe è la radice di Tabernanthe iboga (Fam.Apocynaceae), un arbusto che cresce nell’Africacentrale (Fig. M5.5 a). Dalla tabernanthe è stata iso-lata l’ibogaina, un alcaloide indolico, i cui effetti sti-molanti, antifatica, antisete ed anoressizzanti, sononoti agli sciamani da secoli (Fig. M5.5 b). La lette-ratura riporta come l’ibogaina sia efficace nel tratta-mento della dipendenza da numerose sostanze stu-pefacenti, tra cui la morfina, la cocaina, l’eroina e lanicotina. Inoltre, è stato proposto che l’ibogainaesercita i suoi effetti anti-craving attraverso la sti-molazione dei sistemi dopaminergici e serotoniner-gici. Di conseguenza la tabernanthe sembra essere ingrado di ridurre notevolmente l’assunzione volonta-ria di alcol nei ratti alcol-preferenti. È interessantenotare come la ridotta assunzione di alcol sia stata os-servata solo negli studi in cui l’ibogaina venivasomministrata per via intraperitoneale o intragastri-ca, ma non quando veniva somministrata per via sot-tocutanea. Questo lascia intendere che l’effetto siadovuto non dall’ibogaina, ma un suo metabolita pro-dotto dal fegato come effetto di primo passaggio. Èstato inoltre ipotizzato che l’ibogaina riduca il con-sumo di alcol attraverso la modulazione dei sistemineurotrasmettitoriali cerebrali, specie quelli dopa-minergico, serotoninergico, oppioidergico e glutam-matergico, nonché di alcuni tipi di canali del calcio.

366 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M5.4 Formuladi struttura del tan-shinone IIA (a) e deltanshinone I (b)

CH3 CH3

CH3CH3

H3C

tanshinone IIA tanshinone I

O

O

O

O

O

O

a b

b

Capitolo M5 • Piante e alcolismo 367

Ginseng

Il ginseng (radice di Panax ginseng C. Meyer;Fam. Araliaceae) è sicuramente la droga vegetalepiù conosciuta, utilizzata nella medicina tradizio-nale cinese e coreana con differenti indicazioni te-rapeutiche quali, ad es., la cura dello stress e del-l’astenia e poi come ansiolitico, ipnotico, antin-vecchiamento, immunostimolante ed antiateroma-sico. È utilizzato anche dalla medicina orientale nel-l’intossicazione acuta da alcol. Inizialmente è sta-to proposto che il ginseng sia in grado di accelera-re il metabolismo dell’alcol, diminuendone i livel-li nel sangue, attraverso l’aumento dell’attività del-l’alcol deidrogenasi e della clearance ematica. Inol-tre, un recente studio pre-clinico, ha dimostrato co-me la somministrazione orale di un estratto di gin-seng rosso sia in grado di alterare l’assorbimento dialcol lungo il tratto gastrointestinale.

Considerazioni conclusive

In definitiva, la letteratura riporta come numerosiestratti di origine vegetale siano in grado di ridur-re significativamente l’assunzione di alcol, specienegli animali da esperimento. Differenti sistemi

neurotrasmettitoriali sono coinvolti nella genesidella dipendenza da alcol. Tuttavia, l’esatto mec-canismo d’azione con cui i fitoterapici agiscono ri-ducendo o addirittura eliminando il craving da al-col, deve essere ancora chiarito. L’importanza el’impiego di questi prodotti nel trattamento dell’al-colismo dipenderà sicuramente dai risultati che siotterranno su ampie casistiche cliniche. Intanto, i ri-sultati positivi già ottenuti nei modelli animali de-pongono per un moderato ottimismo in tal senso.

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368 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

È ben chiaro a tutti che la maggior parte dei farma-ci presenti nell’armamentario farmaceutico provie-ne dalla ricerca condotta nei laboratori di industriefarmaceutiche. Questo processo, esploso verso lametà del secolo appena trascorso, ha portato allascoperta di farmaci sempre più selettivi ed anche piùtollerati. Non per questo, però, bisogna trascurare,o ignorare, un altro processo (o tipo di ricerca) chenel passato, ma anche nel presente, ha portato allascoperta di sostanze di enorme valore terapeutico(morfina, digossina ecc.). Questo processo, basatosulla ricerca di rimedi “caratteristici” della medici-na popolare, ha consentito anche la scoperta di nuo-ve categorie di sostanze che fino a qualche decen-nio fa si riteneva non fossero presenti in natura, sianel regno vegetale che in quello animale. Parliamodei ß-bloccanti, degli ACE-inibitori e soprattutto deicalcioantagonisti. Questi ultimi rappresentano ungruppo eterogeneo di composti che, interferendo con

la cinetica cellulare del calcio, modulano i processifisiologici cellulari. La Tabella M6.1 propone unelenco dei più noti calcioantagonisti.

Canali del calcio

Lo ione calcio svolge un ruolo essenziale nel pro-cesso attraverso il quale una cellula converte unostimolo in una risposta. Il passaggio dello ione cal-cio avviene sia a livello della membrana cellulareche a livello degli organuli intracellulari attraversocanali selettivi.

L’ingresso del calcio all’interno della cellulaavviene attraverso:1. Canali voltaggio-dipendenti (VOC: Voltage Ope-

rated Channels); in base alle caratteristiche elettro-fisiologiche e farmacologiche ne sono stati indi-viduati a tutt’oggi i seguenti tipi: L, T, N, P/Q, R.

PIANTE E CANALI DEL CALCIOCapitolo

M6

Tabella M6.1 Elenco dei più noti calcioantagonisti

Gene α1 Tipo di canale Antagonisti specifici Distribuzione tessutale

Cav 1,1 L- Diidropiridine Muscolo scheletrico, Tubuli trasversiFenilalchilamineBenzodiazepine

Cav 1,2 L- Diidropiridine Cardiomiociti, Neuroni, Cellule endocrineFenilalchilamineBenzodiazepine

Cav 1,3 L- Diidropiridine Cardiomiociti, Neuroni, Cellule endocrineFenilalchilamineBenzodiazepine

Cav 1,4 L- Diidropiridine Fotorecettori retiniciFenilalchilamineBenzodiazepine

Cav 2,1 P/Q- ω-Agatossina Neuroni

Cav 2,2 N- ω-Conotossina Neuroni

Cav 2,3 T- SNX - 482 Neuroni

Cav 3,1 T- Kurtoxina Cardiomiociti, Neuroni

Cav 3,2 T- Kurtoxina, nickel Cardiomiociti, Neuroni

Cav 3,3 T- Kurtoxina Neuroni

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

I canali T sono attivati da deboli depolarizza-zioni, gli altri da forti depolarizzazioni.I canali L, in particolare, sono presenti nelle cel-lule della muscolatura striata, nei cardiomioci-ti, nelle cellule della muscolatura liscia vasco-lare ed in cellule endocrine e neuronali. Nellecellule muscolari intervengono nell’accoppia-mento eccitazione-contrazione e rappresentanoil sito di legame dei calcioantagonisti di sintesiattualmente in commercio. I canali N, P, Q ed Rsono stati identificati nei neuroni. I canali T so-no presenti nelle cellule in rapida crescita, nel-le cellule del nodo seno-atriale e del nodo atrio-ventricolare e nelle cellule della muscolatura li-scia vascolare.I canali constano di cinque subunità (α1, α2, β,gamma e delta) con il sito di legame dei cal-cioantagonisti nei canali L a livello della subu-nità α1. Nei mammiferi almeno dieci geni di-stinti codificano la subunità α1 e i canali vol-taggio-dipendenti possono essere ulteriormentecontraddistinti sulla base delle caratteristichestrutturali della subunità α1. La Tabella M6.1sintetizza le caratteristiche e la nomenclaturaadottata per i vari tipi di canali.

2. Canali non voltaggio-dipendenti; questi com-prendono:– canali recettore-dipendenti (ROC: Receptor

Operated Channels): possono essere attivatiper stimolazione di un recettore α1 adrener-gico, da parte di agonisti fisiologici (nora-drenalina, dopamina, 5 HT) o farmacologici(ergonovina);

– canali del calcio dipendenti da un secondomessaggero: SMOC (Second Messenger-Operated Channels);

– canali del calcio attivati dalla deplezione deidepositi di calcio intracellulari non mitocon-driali (CRAC: Calcium Release ActivatedChannels): l’ingresso di calcio attraverso que-sti canali viene anche definito “ingresso ca-pacitativo di ioni calcio”. Questi canali rien-trano nel gruppo più ampio dei SOC (StoreOperated Channels).

I canali intracellulari del calcio comprendono:(i) recettori rianodinici, localizzati a livello delle ci-

sterne subsarcolemmali;(ii) recettori InsP3, attivati dall’inositolo trifosfato.

L’interesse dell’industria farmaceutica si è finoad oggi incentrato sullo sviluppo di prodotti di sin-tesi, i quali, come si è visto, interagiscono essen-zialmente con i canali di tipo L dei cardiomiociti edella muscolatura liscia vasale. Contemporanea-mente sono oggetto di studio numerose piante con-

tenenti principi attivi ad attività calcioantagonista.Alcune di queste sono note da secoli in Cina comepiante medicinali.

Antagonisti dei canali del calcio di originevegetale

I calcioantagonisti di origine vegetale posseggono,rispetto ai loro analoghi di sintesi, una moderata obassa specificità nei confronti dei canali VOC.Inoltre, interagiscono anche sugli altri tipi di cana-li del calcio, sia a livello della membrana cellulareche intracellulare. L’unica eccezione è rappresentatadal fraxinellone, isolato da Dictamus dasycarpusTurez, che agirebbe solo sui canali VOC. I calcio -antagonisti vegetali sono anche meno potenti dei lo-ro analoghi di sintesi. Per molti di essi gli studi far-macodinamici e farmacocinetici sono ancora in-completi. Pertanto le prospettive di un loro impie-go clinico appaiono oggi limitate.

La tetrandrina è una bis-benzilisochinolina iso-lata da Stephania tetrandra S. Moore (Fig. M6.1).È uno dei composti più studiati ed il meccanismo diazione è stato sufficientemente chiarito. L’attivitàcalcioantagonista si esercita su: i) canali VOC di

370 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M6.1 Stephania tetrandra: ramo con foglie, fiori e ra-dice (R. Longo)

Capitolo M6 • Piante e canali del calcio 371

tipo L, mediante interazione con il sito recettorialedelle benzodiazepine; ii) canali VOC di tipo T (di-mostrata sulle cellule della zona glomerulare del sur-rene con conseguente inibizione della steroidoge-nesi); iii) canali ROC; iv) a livello intracellulare suirecettori CRAC. È stato dimostrato che il farmacorallenta la conduzione atrio-ventricolare, deprime lacontrattilità miocardica e riduce la pressione arte-riosa. Sono inoltre descritte un’azione antiaggre-gante piastrinica ed un’attività immunosoppressivae mutagena in vitro ed in vivo. Non è noto quantoin questi effetti sia dovuto all’attività Ca-antagoni-sta e quanto ad interazioni con altri recettori.

La tetrandrina (Fig. M6.2) è stata impiegata neltrattamento dell’ipertensione arteriosa, della tachi-cardia parossistica sopraventricolare e dell’anginapectoris. Dosi di 3-10 mg/kg non producono effetticollaterali di rilievo, mentre una dose di 40 mg/kg,somministrata 3 volte la settimana per due mesi, pro-voca nel cane necrosi epatocellulare.

La radice (e le parti aeree) di S. tetrandra, uni-tamente alle radici di S. japonica e S. cepharanta,è stata impiegata come analgesico, diuretico ed an-tinfiammatorio.

La tetrametilpirazina (Fig. M6.3) struttural-mente è un analogo dell’amiloride. È presente nel

Ligusticum wallichii Franchat, impiegata in Cinacome pianta medicinale ed inoltre in una pianta diorigine africana, Jatropha podagrica.

Possiede, come la tetrandrina, un’attività calcio -antagonista a livello della muscolatura liscia va-scolare mediante blocco dei canali VOC di tipo Le blocco dei canali ROC; inoltre, sembra che il far-maco sia capace anche di inibire il rilascio di cal-cio da depositi intracellulari, ma presumibilmentequest’effetto sarebbe sempre correlato all’intera-zione con il recettore α1 adrenergico che regola lacinetica dei canali ROC.

La tetrametilpirazina possiede: a) azione vaso-dilatatrice (è stata segnalata un’azione vasodilata-trice selettiva del prodotto sui vasi polmonari); inparticolare, nell’uomo, sarebbe dieci volte più po-tente nell’indurre rilasciamento delle arterie pol-monari di piccolo calibro rispetto alle arterie loba-ri dopo vasocostrizione indotta da PGF2α, b) ipo-tensiva e c) antiaggregante piastrinica.

In Cina viene impiegata nel trattamento delle ma-lattie arteriolari occlusive cerebrali. Anche estratti diLigusticum wallichii Franchat sono stati impiegati inCina nel trattamento delle malattie vascolari.

Le saponine estratte da Panax notoginseng,una pianta medicinale cinese conosciuta anche co-me Tien Chi o San Chi, hanno azione vasodilata-trice; sembra che interagiscano con i canali ROC,ma non a livello del sito recettoriale α-adrenergi-co, in quanto non influenzano il legame della pra-zosina alle membrane microsomiali dell’arteria me-senterica del cane.

Il P. notoginseng (Fig. M6.4) viene impiegato inCina come emostatico ed analgesico.

Il tanshinone IIA e il dashensu sono stati ot-tenuti dalla radice di Salvia miltiorrhiza Bunge. Ilmeccanismo dell’azione calcioantagonista del tan-

Fig. M6.2 Formula di struttura della tetrandrina

Fig. M6.3 Formula di struttura della tetrametilpirazina

shinone IIA non è ben noto: sembra che interagiscacon la subunità α1 del canali VOC e lo stesso pre-sumibilmente vale per il dashensu, che possiede at-tività vasodilatatrice e agonista della morfina.

La radice di Salvia miltiorrhiza Bunge viene uti-lizzata in Cina da secoli per il trattamento dell’an-gina pectoris.

L’irsutina e la rincofillina (Fig. M6.5) sono al-caloidi indolici isolati da Uncaria rhyncophylla.Ambedue interagiscono con i canali VOC e ROCin maniera simile al verapamile. In più, l’irsutina in-terferisce con la liberazione dei depositi intracellu-lari di calcio.

Estratti di U. rhyncophylla (Fig. M6.6) sono sta-ti utilizzati nel trattamento della ipertensione arte-riosa.

Lo scoparone è un derivato cumarinico isolatoda Artemisia capillaris. Il meccanismo dell’azionecalcioantagonista sembrerebbe coinvolgere tantol’ingresso del calcio nella cellula quanto i depositiintracellulari di calcio.

Gli estratti della pianta sono stati impiegati co-me antipiretici e secretagoghi biliari.

Le preruptorine C ed E sono due derivati cu-marinici isolati da Peucedanum praeruptorin Dunn,

372 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M6.4 Panax notoginseng: ramo con foglie e radice (R.Longo)

Fig. M6.5 Formule di struttura dell’irsutina (a) e della rin-cofillina (b)

Fig. M6.6 Uncaria rhyncophylla: ramo con foglie (R. Longo)

N

H

O O

O

H

H

N

H3C

CH3

CH3

N

H

N

C2H5

H3COOC CHOCH3

O

C

a

b

Capitolo M6 • Piante e canali del calcio 373

pianta usata in Cina per il trattamento dei disturbirespiratori e della cardiomiopatia ipertrofica ostrut-tiva.

Il meccanismo dell’attività calcioantagonistanon è sufficientemente noto.

Viene ancora descritta un’attività calcioantago-nista verapamile-simile (ma otto volte meno potentedel verapamile) sui canali VOC e ROC del nora-triolo, isolato da membri della famiglia delle Gen-tianaceae, e del peonolo, un acetofenone isolato daPaeonia suffruticosa.

Attività calcioantagonista possiede anche laquercetina, un flavonoide isolato da Psidium guaia-va: a concentrazioni pari o superiori a 10–5 M esi-bisce un effetto rilassante sulla muscolatura lisciadell’aorta e dell’ileo di cavia. Comunque, preparatidi P. guaiava (infusi di foglie) si utilizzano controla diarrea.

Antagonisti dei canali del calcio di origineanimale

I calcioantagonisti di origine animale possono es-sere esogeni ed endogeni. Quelli esogeni compren-dono la tossina taicatossina presente nel veleno delserpente australiano Taipan (Oxyuyanus S. scutel-latus), la ω-conotossina, presente nel veleno delmollusco Conus geographicus e l’apamina, uncomponente del veleno di api. I calcioantagonistiendogeni includono sostanze presenti nell’uomo:dinorfina A, somato statina, leu-encefalina, me-til-encefalina, mor fina, acetilcolina. Il meccani-smo con cui queste sostanze endogene inibiscono icanali del calcio non è affatto uniforme. La dinor-fina interagisce con i canali del calcio lungo i gan-gli dorsali diminuendone il tempo di apertura; lamorfina e le encefaline sopprimono l’attività dei ca-nali del calcio in seguito all’iperpolarizzazione chequeste sostanze producono; l’acetilcolina regola lafunzione dei canali del calcio attraverso una inibi-zione dell’AMP ciclico.

La taicatossina è un polipeptide (contiene 65aminoacidi) che a concentrazioni nanomolari bloc-ca i canali del calcio di tipo L presenti nelle cellu-le del muscolo; interagisce con la “faccia” extra-cellulare del canale del calcio. Infine, non agisce suicanali del sodio e del potassio.

L’ω-conotossina è un polipeptide (contiene27 aminoacidi) capace di inattivare i canali del cal-cio per un’azione su un sito diverso da quello oc-cupato da verapamile, diltiazem e nifedipina. L’ef-fetto dell’omega-conotossina si reverte lentamente,

interessa i canali di tipo N presenti nei neuroni enon coinvolge un “secondo messaggero”. L’ome-ga-conotossina agisce solo sui vertebrati, mentrela taicatossina agisce sia sui vertebrati che sugli in-vertebrati.

L’apamina è un altro polipeptide (contiene 18aminoacidi) che blocca i canali del calcio. Questopolipeptide presenta due residui di arginina in po-sizione 13 e 14 che sembrano essenziali per l’atti-vità calcioantagonista. L’effetto dell’apamina non èreversibile, interessa i canali del calcio situati nelmuscolo cardiaco e non coinvolge i canali del so-dio. Ciò nonostante, non si può considerare un cal-cio antagonista puro perché blocca anche i canalidel calcio (tetraetilammonio-insensibili) potassiodipendenti.

Considerazioni conclusive

I calcioantagonisti animali e vegetali possono es-sere utili come modelli sperimentali per megliocomprendere la cinetica cellulare dello ione calcio(caratteristiche dei canali del calcio a livello dellamembrana basale e a livello intracellulare: si vedaal riguardo la diversa sensibilità dei canali del cal-cio presenti nel muscolo e nei neuroni alla taica-tossina e alla omega-conotossina).

Rappresentano inoltre un promettente campo diricerca per individuare nuovi prodotti di sintesieventualmente più efficaci e con differente seletti-vità rispetto ai calcioantagonisti di sintesi attual-mente disponibili.

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374 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Introduzione

Nel mondo vegetale esistono moltissime piante uti-li o dannose per la salute umana. La distinzione fraquesti due tipi di azioni è stata fatta dall’uomo findai tempi più antichi sulla base dell’esperienza.

Una testimonianza ci è offerta dai fregi del tem-pio di Bacco a Baalbek, dove il papavero, pianta tos-sica, si alterna al frumento, pianta utile. È comunquedifficile differenziare in modo netto le piante vele-nose da quelle non velenose anche perché, mentre al-cune piante contengono sostanze dichiaratamente ve-lenose, altre contengono sostanze che possono risul-tare tossiche solo se assunte in eccesso. Così pure latossicità delle piante varia in funzione delle condi-zioni ambientali (clima, terreno) per cui non devesorprendere se una pianta tossica risulta innocua seraccolta in un ambiente diverso da quello naturale.Inoltre, la tossicità può dipendere dall’età e dalle par-ti della pianta (radice, foglia, seme ecc.) utilizzate (ades., la pericolosità delle differenti parti del tasso è, inordine decrescente, la seguente: foglie aghiformi →corteccia → legno → coni maschili maturi). Pertan-to le piante devono essere considerate a priori noci-ve, salvo verificare la natura e la gravità degli effet-ti che la loro ingestione normalmente provoca.

L’elenco delle piante medicinali considerate responsabili di fenomeni tossici è piuttosto lungo(Tabella M7.1). In questo breve capitolo sarà nostrocompito esaminare le cause, i sintomi ed i principigenerali della terapia in caso di avvelenamento; ac-cenneremo poi ad alcune sostanze responsabili dieffetti tossici gravi ed all’uso di piante tossiche perla caccia e la pesca. Infine tratteremo, anche se bre-vemente, l’intossicazione da funghi.

Avvelenamento da prodotti naturali

Le cause di avvelenamento possono essere acci-dentali o medicamentose.

Alle prime appartengono tutti quei casi di av-velenamento dovuti ad incauta ingestione di frutti(o di altre parti della pianta) che per aspetto, colo-re, odore e sapore possono essere confusi con frut-ti normalmente ingeriti a scopo alimentare. È suf-ficiente ricordare la possibilità di avvelenamenti dabacche di Atropa belladonna (Fig. M7.1), che ri-cordano molto da vicino quelle del ciliegio (Prunusavium); da frutti del sorbo selvatico (Sorbus aucu-paria), simili a quelli del sorbo comune (Sorbus domestica); da frutti di Ginkgo biloba (Fig. M7.2)

PIANTE TOSSICHECapitolo

M7

Fig. M7.1 Atropabelladonna: frutti

Fig. M7.2 Ginkgobiloba: frutto

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

376 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M7.1 Elenco di piante tossiche

Pianta Parte tossica Sostanza tossica Sintomi iniziali Esito letaledroga

Aconitum napellus erba aconitine bruciore e formicolio +aconito alla boccaAesculus hippocastanum frutti, semi esculetina, esculina gastroenterite, emorragie +ippocastanoAristolochia spp. radici, rizoma acidi aristolochici gastroenterite +aristolochiaArnica spp. fiori lattoni sesquiterpenici irritazioni cutanee (t) –arnica vomito (i) +Artemisia cina fiori lattoni sesquiterpenici mal di testa, nausea +artemisia Atropa belladonna frutti atropina paralisi vagale +belladonnaChamomilla recutita fiori lattoni sesquiterpenici irritazioni cutanee –camomillaCitrullus colocynthis frutti cucurbitacine, elaterina dolori addominali +coloquintideCnicus benedictus frutti lattoni sesquiterpeni irritazioni cutanee –cardo benedettoColchicum autumnale semi colchicina gastroenterite, tremori +colchicoConvallaria majalis erba glicosidi cardioattivi vomito +mughettoConvolvulus scammonia radici glucoresine gastroenterite –scommoneaCorynanthe yohimbe corteccia yohimbina gastroenterite +yohimbeCrocus sativus stimmi safrolo gastroenterite +zafferanoCynara scolimus foglie lattoni sesquiterpenici irritazioni cutanee –carciofoCytisus scoparius parti aeree citisina gastroenterite +ginestraCynoglossum officinale erba alcaloidi pirrolizidinici gastroenterite +lingua di caneCymbopogon spp. foglie olio (safrolo) gastroenterite +citronellaDigitalis spp. foglie glicosidi cardioattivi vomito +digitaleDipteryx odorata semi cumarine reazioni allergiche –fava di tonkaDryopteris filix-mas rizoma filicine gastroenterite –felce maschioEucalyptus spp. foglie olio bruciore epigastrico + eucalipto e dolori addominaliEuphorbia spp. latice resiniferatossina irritazione cutanea +euforbiaGaultheria procumbens foglie olio nausea, vomito +gaulteriaGloriosa superba tuberi colchicina gastroenterite +gloriosaGrindelia spp. erba resine disturbi renali +grindeliaHedeoma pulegioides foglie olio vomito, crampi addominali +mentuccia americanaHedera helix frutti saponine gastroenterite +ederaHypericum perforatum sommità fiorite ipericina fotosensibilizzazione –ipericoIlex aquifolium frutti, semi ilicina gastronterite +agrifoglioIpomea purga tuberi glucoresine gastroenterite –gialappa

(segue →)(t) uso topico; (i) uso interno (come tintura o decotto)

Capitolo M7 • Piante tossiche 377

Pianta Parte tossica Sostanza tossica Sintomi iniziali Esito letaledroga

Juniperus communis bacche olio gastroenterite –gineproLaurus nobilis foglie, frutti olio irritazioni cutanee –alloroLinum usitatissimum semi linamarina paralisi spastica (i) non chiarolinoManihot esculenta radice linamarina paralisi spastica non chiarocassavaMedicago sativa semi canavanina gastroenteriti, anormalità non chiaroalfa alfa ematiche, lupus eritematosoMyristica fragrans semi olio gastroenteriti, convulsioni +noce moscata ipocalcemiaNerium oleander frutti glicosidi cardioattivi gastroenterite –oleandroParthenocissus spp. foglie ossalati solubili ipocalcemia –edera americanaPhoradendron flavescens foglie, frutti foratossine gastroenterite +vischio americanoPodophyllum peltatum radici, rizoma resine gastroenterite –podofilloPrunus laurocerasus foglie, frutti laurocerasina cianurosimile +laurocerasoPsoralea corylifolia frutti psoraleni reazioni allergiche –psoraleaRheum rhaponticum rizoma ossalati solubili ipocalcemia –rabarbaroRicinus communis semi ricina disturbi gastrointestinali +ricinoSassafras albidum radici olio (safrolo) vomito +sassofrassoSenecio spp. pianta intera alcaloidi pirrolizidinici crampi addominali +senecio (retrorsina, jacobina)Strychnos nux vomica seme stricnina convulsioni +noce vomicaSymphytum spp. radici alcaloidi pirrolizidinici crampi addominali +consolida maggioreTanacetum parthenium erba lattoni sesquiterpenici irritazioni cutanee, –partenio olio (tuione) spasmi addominali +Taraxacum officinale rizoma lattoni sesquiterpenici irritazioni cutanee –tarassacoTaxus baccata foglie, frutti tassine gastroenterite +tassoTeucrium spp. parti aeree teucrine dispepsia, dolori gastrici +teucriumThermopsis spp. semi anagirina, termopsina crampi addominali, –termopsis vomito, cefaleaThevetia peruviana frutti glicosidi cardioattivi gastroenterite +oleandro gialloTripterygium wilfordii radici alcaloidi, glicosidi gastroenterite +tripterigiumTussilago farfara foglie alcaloidi pirrolizidinici crampi addominali +farfaraVeratrum album radici veratrine vomito +veratroViscum album erba lectine e viscotossine vomito +vischioXanthosoma spp. parti aeree ossalato di Ca edema della bocca –caladiumZantedeschia spp. parti aeree ossalato di Ca edema della bocca –calla

(t) uso topico; (i) uso interno (come tintura o decotto)

Tabella M7.1 (seguito)

simili alle susine gialle (Prunus domestica); da frut-ti di ippocastano (Aesculus hippocastanum), rasso-miglianti a quelli del castagno (Castanea sativa) ecosì via. In genere è l’aspetto del frutto che trae ininganno i bambini, i soggetti più esposti a questotipo di intossicazione. La diffusione di colture dipiante officinali può costituire un ulteriore perico-lo, dato che in spazi ristretti si possono ritrovarequantità enormi di frutti tossici di piante che allostato naturale (spontanee) sono rare. Valga comeesempio il frutto di Atropa belladonna o di Ginkgobiloba, piante rare allo stato spontaneo, mentre col-tivate rappresentano una facile fonte di attrazioneper il raccoglitore incauto.

Un altro tipo di intossicazione da piante èquello dovuto a cause medicamentose. In questicasi è la possibilità di confondere le diverse spe-cie vegetali (errore di chi raccoglie), e non la so-stituzione dolosa, la causa principale. I frutti di ba-diana del Giappone (Illicium anisatum) confusicon quelli di Pimpinella anisum, la radice di Ve-ratrum album confusa con quella di Genziana lu-tea e quella di Stephania tetrandra confusa conquelle di Aristolochia fang-chi sono al riguardoesempi significativi.

L’incidenza di intossicazione da piante è perfortuna bassa perché la quantità di sostanze tossi-che ingerite è generalmente piccola. L’enorme dif-fusione in questi ultimi venti anni di prodotti fito-terapici impone però un’attenta considerazione delproblema, per la scarsa consapevolezza sul poten-ziale pericolo di molti di questi preparati. A partela tossicità intrinseca di alcune sostanze presentinelle piante (Tabella M7.1), i prodotti fitoterapicipossono risultare tossici per la presenza in essi disali di metalli (mercurio, piombo, arsenico, cad-mio) e di altri contaminanti (pesticidi, aflatossineecc.). Si aggiunga poi che diverse altre cause pos-sono concorrere a determinare la sintomatologiatossica (Tabella M7.2).

I sintomi tossici sono diversi e riguardano piùorgani ed apparati. Un tipo di intossicazione fre-quente riguarda il tratto digerente: nausea, vomito,diarrea e dolori addominali insorgono in 60-90 mi-nuti. Alcune sostanze tossiche (ad es. ricina) pos-sono causare poi gravi gastroenteriti e perdita si-gnificativa di fluidi ed elettroliti.

I cristalli di ossalato di calcio, presenti in alcu-ne piante, a contatto con le mucose possono causa-re, a determinate concentrazioni, dolore pungente,di tipo urente, e conseguente edema delle labbra,della lingua e della faringe ed in casi rari della glot-tide con ostruzione delle vie aeree; inoltre precipi-tano nel sistema renale provocando disfunzione re-

nale e squilibrio elettrolitico. Gli ossalati solubilicreano invece, una volta assorbiti, ipocalcemia secondaria ed in casi estremi danni multipli, tra cui necrosi dei tubuli renali (ad es. foglie di Rheumrhaponticum). Frequenti sono anche le intossica-zioni epatiche e le irritazioni cutanee.

L’identificazione del tipo di pianta è importan-te per un trattamento appropriato. È di fondamen-tale importanza impedire, mediante lavaggio ga-strico, adsorbenti e catartici, l’assorbimento dellasostanza ingerita: il vomito indotto da ipecacuanapuò essere utile solo se il trattamento viene fattoentro pochi minuti dall’intossicazione. Il ricorso apreparati antistaminici giova nei casi di irritazionicutanee, mentre per le manifestazioni tossiche si-stemiche la terapia sintomatica è quella praticabi-le, mancando nella maggior parte dei casi antidotispecifici.

Talora risulta utile mantenere pervie le vie ae-ree e somministrare ossigeno; in alcuni casi è ne-cessario procedere alla ventilazione assistita etrattare, se presenti, coma, convulsioni, aritmie edipotensione.

Alcaloidi pirrolizidinici

Gli alcaloidi pirrolizidinici sono circa 200 e sonopresenti in più di 300 specie di piante appartenentia diverse famiglie (Apocinaceae, Asteraceae, Bora-ginaceae, Celestraceae, Euphorbiaceae, Fabaceae,Graminaceae, Orchidaceae, Ranunculaceae, Rico -phoraceae, Santalaceae, Scopotaceae, Scrophula-

378 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M7.2 Cause che aumentano il rischio di tossicitàdei prodotti fitoterapici

• Presenza di sostanze tossiche: alcaloidi pirrolizidinici,acidi aristolochici, ipericina, furanocumarine, lattoni se-squiterpenici, safrolo, aconitine, estragolo ecc.

• Uso contemporaneo di prodotti vegetali e farmaci disintesi

• Presenza di contaminanti: metalli pesanti, pesticidi, afla-tossine ecc.

• Sostituzione del vegetale, per dolo (più rara) o per erro-re (più frequente)

• Inadeguata preparazione e conservazione del prodottofitoterapico

• Uso di prodotti fitoterapici complessi (miscele di piùdroghe)

• Ricorso a dosaggi elevati e/o a terapie prolungate neltempo

• Automedicazione

Capitolo M7 • Piante tossiche 379

riaceae), alcune delle quali di interesse medico come le Asteraceae (Tussilago farfara, specie di Petasites, specie di Senecio, Alkanna tinctoria, spe-cie di Eupatoria), le Boraginaceae (specie diSymphytum, specie di Heliotropium, Cynoglossumofficinale, Echium plantagineum) e le Fabaceae(specie di Crotalaria).

La struttura base degli alcaloidi pirrolizidiniciè data da due anelli a 5 atomi di carbonio con un azoto in posizione 4, un gruppo idrossimetilicoin posizione 9 ed uno idrossilico in posizione 7(Fig. M7.3); questa strutttura è detta base necina.Diversa è la base otonecina che contiene in ag-giunta una funzione carbonilica in posizione 8 edun gruppo metilico in posizione 4. Per essere tos-sici gli alcaloidi pirrolizidinici devono presentare(i) un doppio legame in posizione 1 e 2, (ii) un’e-sterificazione dei gruppi idrossilici in posizione 9e 7 e (iii) una catena carboniosa in almeno una del-le catene esteree laterali.

Gli alcaloidi pirrolizidinici possono facilmenteossidarsi durante la conservazione del materiale ve-getale (droga); in questa forma gli alcaloidi, moltosolubili in acqua, possono essere facilmente estrat-ti dalla droga.

Gli alcaloidi pirrolizidinici vengono pronta-mente assorbiti a livello intestinale e convertiti nelfegato in sostanze tossiche (derivati del pirrolo) chesi legano alle proteine cellulari, causando dolori ad-dominali accompagnati da vomito e diarrea; nei ca-si più gravi si ha cirrosi ed ascite. Questi alcaloidipossono causare danni anche ai polmoni, ai reni edall’intestino: così pure gli alcaloidi pirrolizidinicisono mutageni e possono provocare tumori, malfor-mazione nei nati ed aborto.

Gli alcaloidi pirrolizidinici, data la loro tossicità,vengono allontanati dalle preparazioni fitoterapichetrattando inizialmente con resine a scambio ionicogli estratti alcolici.

Acidi aristolochici

Gli acidi aristolochici sono presenti in alcune spe-cie del genere Aristolochia (A. clematitis, A. ar-gentina, A. bracteata, A. debelis, A. esperanzae, A.indica, A. kaempferi, A. longa, A. manshuriensis, A.maxima, A. mollissima, A. reticulata, A. rotunda, A.taliscana, A. serpentaria, A. fang-chi). Di queste A.clematitis e A. serpentaria sono state utilizzate incampo medico per le loro proprietà antinfiamma-torie ed antibatteriche (le parti usate erano le radi-ci ed i rizomi).

L’acido aristolochico è una miscela di deriva-ti nitrofenantrenici: i principali sono l’acido ari-stolochico I (acido 3,4-metilendiossi-8-metossi-10-nitrofenantren-1-carbossilico) e l’acido ari-stolochico II (norderivato). Di minore importan-za sono l’acido aristolochico III e IV. Queste so-stanze si accumulano nell’organismo e causanodanni gravissimi al fegato ed al rene: sono inol-tre carcinogene e mutagene. Per tali ragioni i pre-parati di aristolochia furono ritirati dal commer-cio nel 1982-83, incluse le diluizioni omeopatichefino alla D 10.

Fotosensibilizzatori

La fotosensibilizzazione è una reazione della cutequando esposta alla luce ed è dovuta alla presenzanella pelle di sostanze fotosensibilizzanti che di-ventano fluorescenti per assorbimento di un fotonee possono attivare altre molecole. La fotosensibi-lizzazione si manifesta con un eritema. A parte lareazione allergica, l’attivazione delle sostanze fo-tosensibilizzanti porta alla formazione di radicali li-beri che conferiscono a queste sostanze potenzialitàmutagene e carcinogene.

L’ipericina, uno dei componenti dell’iperico, èun sostanza fotosensibilizzante e può provocare se-ri problemi cutanei. Anche le furanocumarine (pso-ralene, angelicina ecc.), sostanze diffuse in diverseombrellifere, sono spesso causa di reazioni foto-sensibili; inoltre possono formare ra dicali liberi chefacilitano la formazione di ponti tra le due catenedel DNA che sono all’origine di mutazioni.

Delle altre sostanze che provocano reazioni al-lergiche ricordiamo i lattoni sesquiterpenici, com-posti aromatici presenti soprattutto nelle specie ap-partenenti alle Asteraceae, Lauraceae, Magnolia-ceae e Frullaniaceae. Queste sostanze si concen-trano nei fiori e nelle foglie, ma quantità conside-revoli si accumulano anche nei peli ghiandolari enei tricomi.

Fig. M7.3 Struttura base degli alcaloidi pirrolizidinici. R1 = residuo acilico; R2 = residuo alchilico

I lattoni sesquiterpenici sono dotati di attività an-tiflogistica, antibatterica, analgesica, antielmintica,antitumorale e cardiotonica (di tipo digitalico). An-che se non tossici, provocano reazioni allergiche siadi tipo immediato che ritardato. La reazione allergi-ca dipende dalla concentrazione dei lattoni sesqui-terpenici presenti nel preparato vegetale, dalla fre-quenza delle applicazioni locali e dalla sensibilità delpaziente. Soggetti sensibili ad una specie vegetale sidimostrano spesso sensibili anche ad altre specie ve-getali. Alcuni sesquiterpeni si sono dimostrati anchemutageni. Per tali ragioni le specie vegetali conte-nenti tali composti sono raramente usate in medicina.

Aconitine

Si tratta di alcaloidi diterpenici (aconitina, mesaco-nitina, jesaconitina) presenti nelle specie del genereAconitum (A. napellus). I diterpeni sono poco tossicimentre le basi norditerpeniche esterificate sono mol-to tossiche. Se la funzione esterea è idrolizzata, la tos-sicità dei composti equivale a quella dei diterpeni.

Tutte le parti della pianta contengono aconitinetossiche; il contenuto di queste sostanze varia du-rante l’anno ed è massimo nel periodo che precedela fioritura.

Le aconitine sono rapidamente assorbite (entropochi minuti) dopo ingestione orale (l’assorbimen-to può avvenire anche per contatto dermico).

Un grammo di droga fresca (contiene 2-20 mgdi aconitine) può portare a morte dopo circa 8 ore.L’intossicazione si manifesta entro 10-20 minutidall’assunzione con una sensazione di bruciore eformicolio alla bocca, lingua e gola; successiva-mente (entro 2-6 ore) si hanno nausea, salivazione,vomito, diarrea, paralisi dei muscoli scheletrici, di-sturbi del ritmo cardiaco, convulsioni ed infinemorte per paralisi respiratoria. Gli effetti tossici pro-dotti dagli alcaloidi dell’aconito sono simili a quel-li degli alcaloidi del veratro (veratrine).

Safrolo

Il safrolo (4-allil-1,2-metilenediossibenzene) è il prin-cipale componente di diverse essenze tra cui quellache si ricava da Sassafras albidum (circa l’80%), daOcotea cymbarum, da Cinnamomum micranthum e daCinnamomum camphora (50-60%). Il safrolo sembraessere presente anche nell’essenza di anice giapponese(Illicium anisatum; circa il 6%) mentre risulta assen-te nell’essenza di anice cinese (Illicium verum).

L’uso di piante aromatiche contenenti safrolo èoggi sconsigliato a causa del potenziale carcinogeno

e mutageno di questa sostanza. Il safrolo causa anchepsicosi ed ipertrofia epatica; inoltre stimola l’attivitàdegli enzimi microsomiali epatici (bifenil idrossilasi,nitroreduttasi, glucuronil transferasi e citocromo P-450). A causa dei suoi effetti cancerogeni, l’uso delsafrolo come additivo (aromatizzante) nelle bevandee nelle preparazioni farmaceutiche è vietato; in alcu-ni casi si tollerano quantità minime (< 1mg/kg nellebevande e negli alimenti; fino a 5 mg/kg nelle be-vande alcoliche contenenti più del 25% di alcol; nonpiù di 100 ppm nei prodotti cosmetici).

Una volta somministrato, il safrolo viene meta-bolizzato nel fegato in prodotti molto più tossiciquali 1-idrossisafrolo e safrolo 2,3-ossido; questo èuno dei motivi per cui si consiglia di evitare che ilsafrolo venga somministrato per via sistemica.

Estragolo

L’estragolo (1-allil-4-metossibenzene) è presente so-prattutto negli oli essenziali di finocchio, anice e ba-diana. Questa sostanza ha un’attività carcinogena piùimportante dello stesso safrolo. A differenza del suoprecursore, l’estragolo è potenzialmente carcinoge-no non solo quando viene somministrato per via in-traperitoneale, ma anche per via orale o dermica.

Piante tossiche utilizzate per la caccia e la pesca

Il Chondrodendron tomentosum è un classico esem-pio di pianta tossica impiegata dall’uomo per ucci-dere la selvaggina. Questa menispermacea vegetanella giungla del Sud America e produce il curaro,una sostanza paralizzante i muscoli scheletrici (vediCap. 18). Un’altra menispermacea utilizzata dall’uo-mo, nonostante la sua tossicità, è Anamirta cocculus.Si tratta di una pianta rampicante che si rinviene lun-go la costa indiana di Malabar e, più in generale, nel-le foreste montane dell’Asia sud-orientale. I frutti diquesta pianta, di un colore rosso scuro, vengono get-tati negli stagni per stordire i pesci e facilitarne la cat-tura. I frutti di A. cocculus contengono picrotossina,una sostanza convulsivante. Delle altre piante utiliz-zate per la cattura dei pesci ricordiamo: Alstonia ma-crophylla Wall, (frutti); Arenga undulatifolia Becc.(frutti); Barringtonia racemosa (L.) Blum, (frutti);Croton tiglium L. (frutti); Derris elliptica (Roxb.)Benth. (radici); Dioscorea hispida Dennst. (legno);Diospyros multiflora Bico (frutti) e Pangium eduleReinw. (corteccia). Le diverse parti della pianta (frut-to, radice, legno, corteccia) vengono frantumate, ri-dotte in poltiglia e gettate negli stagni e nelle anse dei

380 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M7 • Piante tossiche 381

fiumi dove la corrente è più lenta. A seconda dellatossicità e della quantità di materiale vegetale utiliz-zato, i pesci, storditi o addirittura uccisi, risalgono insuperficie entro 30-60 minuti.

Piante utilizzate per avvelenare dardi e freccesono poi Alstonia scholaris e Antiaris toxicaria(Fig. M7.4). Incidendo la corteccia di questi albe-ri si ricava un latice velenoso che viene concentratoal calore, fino ad ottenere un liquido denso ed ap-

piccicoso nel quale vengono intinte le punte deidardi e delle frecce.

Numerose piante contengono, inoltre, sostanzetos siche per gli invertebrati e vengono utilizzate perpro teggere la vegetazione di piante sia per uso alimen -tare che per uso medicinale. È il caso, infine, di segna -lare il latice di Euphorbia splendens, ad attività mol-luschicida, ed una saponina presente nella Phytolac-ca dodecandra, anch’essa ad attività molluschicida.

Fig. M7.4 Piante tossiche utilizzate dagli indigeni dell’isola di Palawan per avvelenare dardi e frecce (a, b, d) e per la pesca (c):Antiaris toxicaria (a), Antiaris toxicaria, particolare del tronco (b), Barringtonia racemosa (c), Alstonia scholaris (d) (D. Novellino)

a

c

b

d

Intossicazione da funghi

Le intossicazioni da funghi sono provocate dalla in-gestione di funghi velenosi, molto spesso scambia-ti con altri utilizzati a scopo alimentare, e si mani-festano con gastroenterite di grado lieve o modera-to; in casi rari si hanno reazioni gravi o mortali.

La pericolosità dei funghi era già nota agli anti-chi greci e romani e prima ancora ai babilonesi. Unadelle prime testimonianze ci viene offerta da Ippo-crate che nel Libro delle Epidemie riporta, tra l’al-tro, un caso di avvelenamento da fungo fresco. Inte-ressante è anche la descrizione dettagliata fatta daPlinio il Vecchio sull’Amanita muscaria. Molti per-sonaggi passati alla storia morirono avvelenati dafunghi come ad es. la moglie ed i figli di Euripide,l’imperatore Claudio, il papa Clemente VI e Carlo V.

Delle specie fungine note circa il 2% è poten-zialmente tossico. Una prima analisi del carpoforoporta a classificare i funghi in tre gruppi: (i) funghiprovvisti di gambo e cappello, (ii) funghi che si pre-sentano a forma di uovo (massa globosa) e (iii) fun-ghi a forma di clava, coppa, alberello o fava. Per l’i-dentificazione delle diverse specie di funghi è ne-cessaria un’analisi botanica più accurata. A parte ilmetodo botanico, macro- e microscopico, non esi-stono altri metodi per accertare se un fungo è edu-le o velenoso: prove empiriche quali quella dell’a-glio o della moneta d’argento (che si anneriscono)

non servono a nulla; saggi chimici non esistono ele prove biologiche, quali quelle di far mangiare ifunghi ad un animale domestico, possono risultarefallaci. Pertanto agli specializzati in materia (mi-cologi), e solo a questi, vanno riservati il compitoe la responsabilità di un sicuro riconoscimento deifunghi velenosi.

I funghi possono essere classificati, in base al-la loro tossicità, in: funghi non tossici, quali ad es.Boletus appendiculatus (boleto radicante), Boletusedulis (porcino), Boletus aureus (porcino nero),Amanita caesarea (ovolo buono o cocco), Morchellaesculenta (spugnola gialla), Russula cyanoxantha(colombina maggiore), Lactarius deliciosus (agari-co delizioso), Tuber magnatum (tartufo bianco),Pratella arvensis (prataiolo), Cantharellus cibarius(gallinaccio), Tuber melanosporum (tartufo nero);funghi poco tossici, quali ad es. Boletus satanas(porcino malefico), Lactarius torminosus (lattaro-lo delle coliche), Tricholoma murinaceum, Lepio-ta rhacodes; funghi tossici, quali Gyromitra (Hel-vella) esculenta (spugnola di primavera), Agaricumxanthoderma (prataiolo giallo), Tricholoma tigri-num, Lepiota helveola, Russula emetica (colombi-na rossa), Amanita pantherina (tignosa bruna),Amanita muscaria (ovolo malefico o ovolaccio);funghi molto tossici quali Amanita phalloides (ti-gnosa verdognola), Amanita verna (tignosa prima-verile), Amanita virosa (Figg. M7.5 e M7.6).

382 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M7.5 Esempi di funghi eduli: Boletus edulis (a), Boletus officinalis (b), Lactarius deliciosus (c) Amanita caesarea (d) (U. Violante)

a b

c d

Capitolo M7 • Piante tossiche 383

Nella Tabella M7.3 sono riportate alcune so-stanze responsabili di avvelenamento e la loro sin-tomatologia. Tra queste le amatossine sono le piùtossiche. Si tratta di una serie di 7 octapeptidi cicli-ci, sostanze che provocano gastroenteriti e diarreeche evocano il colera. Successivamente compaiono

sintomi di epatite tossica nel corso della quale il pa-ziente può morire (80-90% dei casi) per arresto car-diaco. In effetti le amatossine inibiscono l’RNA-po-limerasi B, fatto che blocca l’elongazione dell’RNAmessaggero con conseguente arresto della sintesiproteica. Di conseguenza si ha necrosi delle cellule

Fig. M7.6 Esempi di funghi velenosi: Amanita phalloides (a), Amanita pantherina (b), Amanita muscaria (c), Amanita verna (d)(U. Violante)

a b

c d

Tabella M7.3 Sostanze tossiche presenti nei funghi

Sostanza tossica Fungo Latenza Sintomi

Acido ibotenico, muscimolo, Amanita muscaria 0,5-2 ore Fascicolazionimuscazone A. pantherina ecc. muscolari, sindrome

anticolinergica, allucinazioni*

Acroresine Boletus satanas 0,5-2 ore Vomito violento

Amatossine Amanita phalloides, 6-12 ore Vomito, diarrea,A. ocreata, A. verna crampi addominali,A. virosa, specie insufficienza epatica,di Lepiota o Galerica convulsioni

Coprina Coprinus atramentarius 1-2 ore Effetto antabuse

Micoatropina Amanita pantherina 0,5-2 ore Dispnea, tachicardia,tremori, convulsioni

Monometilidrazina Gyromitra esculenta 6-12 ore Vomito, diarrea, convulsioni, emolisi, epatite, metaemoglobinemia

Muscarina Clitocybe dealbeata, 0,5-2 ore Scialorrea, C. cerusata, Inocybe spp. sudorazione,

vomito, diarrea,miosi

* Vedi Cap. M2

epiteliali gastrointestinali e degli epatociti. Alleamatossine si accompagnano in Amanita phalloidesaltri due tipi di tossine: la fallina e le fallotossine.La fallina viene degradata dagli enzimi digestivi edistrutta a 60 °C: pertanto non può esercitare l’atti-vità emolitica se data per os. Lo stesso vale per lefallotossine. Un cenno a parte meritano anche la mo-nometilidrazina e la coprina. La prima è molto vo-latile e può essere quasi del tutto eliminata facendobollire il fungo per 10-15 minuti; la seconda, unavolta assorbita, viene metabolizzata in ciclopropa-none, inibitore reversibile dell’acetaldeide deidro-genasi. L’interferenza della coprina nel metabolisnodell’etanolo provoca accumulo di acetaldeide ed unarisposta cardiovascolare.

È difficile stabilire per i funghi pericolosi unadose tossica in quanto la quantità di tossine varia dimolto tra i funghi di una stessa specie in funzionesia dello stato di maturazione che delle condizioniclimatiche ed ambientali di sviluppo. D’altra partegli individui possono, per cause genetiche, reagirein modo diverso all’assunzione di un fungo. È in-fatti noto che alcuni individui manifestano una reazione tetanica dopo assunzione di Sclerodermaaurantium, altri diarrea e crampi addominali conAgaricum campestris, altri disturbi renali ed anemiacon Boletus edulis o Patillus involutus, mentre altrinon manifestano alcun segno di tossicità dopo averingerito Gyromitra esculenta. Così pure soggettimolto giovani sono molto più esposti ad intossica-zioni da funghi che non soggetti maturi. L’essicca-mento e la cottura sono poi fattori che riducono dimolto la tossicità del fungo; è questo il caso di Ama-nita rubescens ed Helvella crispa (l’acido elvellicoche contengono perde completamene la sua tossi-cità). Anche la diagnosi non può essere semplice inquanto il paziente può non associare i disturbi al-l’ingestione di funghi se questi insorgono dopo oreo addirittura giorni. È bene comunque ricercare gliavanzi dei funghi e chiedere l’assistenza di un mi-cologo attraverso l’unità sanitaria locale per la loroidentificazione, tenendo presente che i funghi con-segnati per l’identificazione possono non essere glistessi che sono stati consumati.

Talora l’analisi del materiale vomitato potrà ri-sultare utile per il riconoscimento della specie fun-gina responsabile dell’avvelenamento.

L’intervento precoce è importante in caso di av-velenamento perché può risolvere casi anche moltogravi. Il vomito e la diarrea, se presenti, devono ese-re facilitati e non ostacolati perché limitano o im-pediscono l’assorbimento della sostanza tossica. Sel’ingestione risale a poco tempo prima della com-parsa dei disturbi tossici si procederà alla lavanda

gastrica, si somministrerà un emetico (sciroppo diipecacuana 20-30 ml; tartaro emetico 2-3 g; solfatodi zinco 6-10 g) o un lassativo ad azione pronta.Un’ipotensione dovuta alla gastroenterite sarà trat-tata con farmaci adeguati per via endovena. Un’i-poglicemia da Amanita richiederà la somministra-zione di soluzione glucosata ipertonica. Se è pre-sente una sofferenza renale si somministrerà una so-luzione di cloruro di sodio. I pazienti saranno mo-nitorati, soprattutto se si sospetta un’ingestione diAmanita e/o Cortinarius. Dei farmaci utili in casodi intossicazione da funghi ricordiamo la fisostig-mina, che migliora i sintomi anticolinergici indottida acido ibotenico (o muscimolo); l’atropina, che al-levia i sintomi indotti dalla muscarina; la piridossi-na, che si oppone alle convulsioni da monoetilidra-zina ed il blu di metilene, utile per trattare la me-taemoglobinemia; la silimarina che migliora par-zialmente l’insufficienza epatica indotta da amatos-sine. In alcuni casi poi risulta utile l’ossigenotera-pia, la ventilazione assistita ed il trattamento dellearitmie, dell’ipotensione e del coma, se presente.

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384 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Nota come medicina alternativa, la cura dei disturbie delle malattie con mezzi diversi da quelli della me-dicina ufficiale si è notevolmente diffusa in questi ul-timi decenni anche nei Paesi industrializzati. Le ra-gioni sono diverse: il desiderio di autocurarsi con “te-rapie naturali”, il costo esagerato delle terapie con-venzionali, la nuova regolamentazione sugli integra-tori alimentari, gli effetti indesiderati prodotti da far-maci convenzionali. Inoltre, esami accurati sulla vali -dità della medicina ufficiale hanno rivelato che questaè efficace nella cura di traumi, di infezioni di diversaorigine e nei casi di interventi chirurgici, mentre ri-sulta poco efficace nella cura di malattie croniche.

Molti considerano le terapie alternative nuove epertanto poco credibili in quanto non sufficiente-mente sperimentate; in realtà molte di queste sono

antichissime, come ad esempio la medicina ayurve-dica o l’agopuntura. Per molti altri si tratta poi di te-rapie complementari, ma il termine non è appropria-to in quanto il medico allopatico non consentirebbemai l’uso simultaneo di una cura ayurvedica, omeo-patica o cinese senza conoscerne la reale efficacia.

A differenza di quelle classiche, più drastiche, leterapie alternative sono considerate “dolci” perchécercano, in molti casi, di ristabilire lo stato di saluteattraverso la ricerca dell’equilibrio fisico e mentale(con un approccio più spirituale o olistico).

I sistemi terapeutici alternativi sono circa 150 evanno dalle medicine tradizionali alle tecniche cor-poree (shiatsu, t’ai chi ecc.) e a quelle psicosomati-che (yoga, biofeedback ecc.) (Tabella M8.1). Inquesta sede saranno trattati, anche se brevemente,

MEDICINE ALTERNATIVECapitolo

M8

Tabella M8.1 Alcune medicine alternative

Tipo Commento

Cinese Sistema medico che si serve dell’esame della lingua e del polso per la diagnosi, dell’agopuntura, di miscele di erbe, delmassaggio, di esercizi e di diete per la terapia

Ayurveda Principale sistema medico tradizionale dell’India orientale, che si serve di metodi diagnostici basati su rilievi relativi al-la lingua ed al polso; i trattamenti comprendono la dieta, l’attività fisica, l’uso di preparati erboristici, massaggi con olie regimi di eliminazione (con uso di emetici, lassativi ecc.)

Agopuntura Pratica medica cinese che prevede l’introduzione di aghi sottilissimi in determinati punti del corpo (condotti energe-tici chiamati meridiani)

Aromaterapia Sistema terapeutico che prevede l’uso di oli essenziali per bagni, massaggi o inalazioniBiofeedback Sistema terapeutico che prevede l’utilizzo di una macchina computerizzata che trasforma i segnali acustici e visivi in

funzioni biologiche. Grazie a questo congegno biomedico il paziente impara a controllare la frequenza cardiaca, l’at-tività cerebrale, il tono muscolare ed altre funzioni autonome

Chelazione Approccio terapeutico che prevede l’uso di sostanze capaci di chelare ioni metallici. Grazie ad un processo chimico-fi-sico le sostanze chelanti sequestrano e rimuovono dai tessuti cationi metallici presenti in concentrazioni tossiche

Chiroterapia Pratica medica che si basa sulla manipolazione della colonna vertebrale e dei nervi spinali. Lo scopo è quello di in-fluenzare la funzione neuromuscolare

Fiori di Bach Terapia energetico-vibrazionale rivolta a normalizzare le cattive vibrazioni che la psiche mette in atto. Questo sistematerapeutico utilizza infusioni di fiori

Ipnosi Pratica medica che provoca uno stato psicofisico paragonabile alla sonnolenza, inducendo il paziente a rispondere aspecifiche suggestioni

Medicina Pratica medica che si basa sulla spiritualità e l’uso di erbe, diete antroposofiche e movimenti programmati antroposofica (euritmia)

Shiatzu Pratica orientale che prevede una pressione digitale in punti localizzati lungo i meridiani Yoga Pratica orientale che risale al III secolo a.C. Comprende posture, esercizi respiratori e pratiche di purificazione. Patanjali,

padre della filosofia yoga, la definì “la cessazione della modificazione della mente”. In sanscrito yoga significa “unione”Termalismo Pratica medica attribuita a Vincent Priessnitz (1799-1851) che utilizza acqua a diverse temperature

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

quei sistemi di medicina alternativa che hannouna storia consolidata o che presentano una basescientifica.

Medicina Tradizionale Cinese (MTC)

La MTC si basa sostanzialmente su esperienze an-tiche e su concetti filosofici che non sono semplicida trasferire nella pratica medica occidentale. Leantiche Farmacopee cinesi (la più famosa risale al16° secolo ed è la Pen-ts’sao kang Mu del medicoLi-shi-chen), nonostante identificassero le malattiein modo “pittoresco” e con il semplice esame delpolso e della lingua ed ascrivessero gli effetti delle“erbe” a fatti cosmici e filosofici, costituiscono an-cora oggi un punto di riferimento, in quanto rap-presentano un “erbario” inesauribile di formulazio-ni erboristiche di notevole complessità.

Le preparazioni contengono numerose erbe (da 7a 15), la più attiva delle quali, detta “king”, garanti-

sce di norma l’efficacia, mentre le altre dovrebberoamplificare ed armonizzare l’effetto terapeutico inmodo da renderlo blando, ma tale da garantire la nor-malizzazione delle funzioni dell’organismo. Si puòsupporre che tra i diversi componenti delle erbe sistabiliscano interazioni terapeuticamente utili, ma ciònon è stato mai dimostrato. Esistono comunque studiclinici preliminari a favore di una possibile efficaciadi alcune erbe: Glycyrrhiza uralensis nell’eczema to-pico; Ephedra sinica e Ginkgo biloba nell’asma;Tripterygium wilfordi nelle malattie reumatiche;Cordyceps sinensis nell’asma; il fungo reishi (Gano-derma lucidum) sempre nell’asma e un lievito rosso(ottenuto da Monascus purpurus) nell’ipercolestero-lemia (il componente attivo è la monoclina, presentenell’armamentario farmaceutico europeo con il nomecommerciale di lovastatina).

Resta comunque il fatto che l’impiego in tera-pia di molte piante cinesi (Tabella M8.2) è basatopiù sull’immaginazione e sulla tradizione che sul-l’evidenza scientifica. Per questo i rimedi cinesi

386 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M8.2 Piante usate nella Medicina Tradizionale Cinese (MTC)

Nome cinese Nome latino Proprietà o indicazioni

Bai bu Stemona tuberosa Antitussivo, analgesico, antiparassitarioBai guo Ginkgo biloba Demenza, disturbi circolatori, asmaBai hua shi shi Oldenlandia diffusa PsoriasiBai shao Paeonia lactiflora Dismenorrea, spasmi, anginaBai tou weng Pulsatilla chinensis Antipiretico, dissenteria amebica, analgesicoBan xia Pinellia ternata Espettorante, sedativoBai xian pi Dictamnus dasycarpus PsoriasiBei mu Fritillaria verticillata Antitussivo, espettoranteCang zhu Atractylodes chinensis Disturbi digestivi, stimolante, analgesicoChai hu Bupleurum falcatum Disturbi epatici, problemi ginecologici, malattie autoimmuni,

infezioniChai Camellia sinensis Digestivo, stimolante, antiossidanteChiu’tzu ts’ao Ophiopogon japonicus Bronchiti, laringiti, tosseChuan wu tou Aconitum carmichaelii Cardiotonico, analgesico, antidiarroico, antinfiammatorioChuan xiong Ligusticum wallichii Raffreddore, reumatismi, allergie, ischemiaCi wu jia Acanthopanax senticosus Immunostimolante, antitumorale, ipolipidemico, lassativo, tonicoDa huang Rheum palmatum Lassativo, antipireticoDa zao Zizyphus vulgaris Affaticamento, ipertensioneDan shen Salvia miltiorrhiza Disturbi circolatori, epatiti, disturbi mestruali, psoriasiDang shen Codonopsis pilosula Tonico, diabete, ipertensioneDi huang Rehmannia glutinosa Allergie, emorragie, reumatismi, psoriasiDing xiang Syzygium aromaticum Antiemetico, antisettico, anestetico locale

(Eugenia caryophyllata)Dong chong-xia cao Cordyceps sinensis Tonico, ipercolesterolemia, tosse, asma, antiossidante, disturbi

renaliDong quai, tang-kuei Angelica sinensis Menopausa, problemi ginecologici, allergie, antinfiammatorio,

psoriasiFo-ti, he shou wu Polygonum multiflorum Antimicrobico, catarticoFu ling, fushen Poria cocos Espettorante, diuretico, sedativo

(segue →)

Capitolo M8 • Medicine alternative 387

non devono essere assolutamente utilizzati nei ca-si di patologie gravi quali cancro, AIDS, sclerosimultipla, infarto del miocardio ed infezioni di unacerta gravità.

Inoltre i rimedi cinesi possono provocare effettiindesiderati e tossici, vuoi perché contengono dalle7 alle 15 erbe (per esempio il preparato PC-SPES,una miscela di 8 erbe, ha provocato embolia polmo-nare in diversi pazienti), vuoi perché alcune compo-nenti possono essere molto tossiche (Aristolochia

fanghi che provoca nefrotossicità, Sauropus an-drogynous associato a bronchioliti obliteranti, Jinbu buan responsabile di epatotossicità); queste pre-parazioni possono anche contenere metalli pesanti,pesticidi, steroidi ed altri farmaci di sintesi, che dasoli rappresentano una minaccia per la salute.

È bene quindi essere cauti nel consigliare e nelsomministrare prodotti erboristici cinesi, soprattut-to se mancano studi che possono garantire la lorosicurezza ed efficacia.

Gan cao Glycyrrhiza uralensis Epatiti, eczema, tosse, psoriasiGeh gen Pueraria lobata Antipiretico, alcolismo, anginaGua lou, tin hua fen Trichosanthes kirilowii Cancro, AIDS, anginaGui zhi Cinnamomum cassia Diaforetico, disturbi gastrointestinali, carminativo, antisetticoGuo ji zi Lycium chinense Tonico, problemi oculari, antiobesitàHai hua Sophora japonica Emorragie, ipertensione, disturbi epaticiHong hua Carthamus tinctorius Angina, psoriasiHsi hsin Asarum sieboldi Analgesico, espettorante, raffreddoreHu huang lian Picrorrhizza kurroa Antipiretico, asma, vitiligineHuang bai Phellodendron chinense Vaginiti, diarrea, antinfiammatorioHuang lian Coptis sinensis Antipiretico, diarreaHuang qi Astragalus membranaceous Infezioni, fatica, adattogeno, AIDS, immunostimolante, anginaHuang qin Scutellaria baicalensis Allergie, antinfiammatorio, bronchite, enteriti, ipertensioneJi hua Chrysanthemum morifolium Antipiretico, congiuntiviteJiao gu lan Gynostemma pentaphyllum Adattogeno, sedativo, tonico, ipertensioneJie geng Platycodon grandiflora Tonsillite, bronchite, parassitiJin yin hua Lonicera japonica Antipiretico, faringiti, diarreaKu guai zi Momordica charantia Diabete, antimicrobico, AIDSLei gong teng Tripterygium wilfordii Artrite, antinfiammatorio, immunosoppressoreLing chi Ganoderma lucidum Bronchite, antitumorale, allergie, immunostimolanteLo han kuo Momordica grosvernori Antitussivo, digestivo, dolcificanteMa huang Ephedra sinica Asma, sinusite, diuretico, tosseNan sha sheng Adenophora tetraphylla Antitussivo, espettoranteNu zheng zi Ligustrum lucidum Immunomodulante, infezioniPi pa ye Eriobotrya japonica Espettorante, antitussivoQian ceng ta Huperzia serrata Antiossidante, demenzaQuing hao Artemisia annua Malaria, lupus, diarreaRen shen Panax ginseng Tonico, adattogeno, diabete, disturbi cardiaci, cancroSang ye Morus alba Espettorante, raffreddoreSha shen Glehnia littoralis Tosse, espettoranteShan yao Dioscorea opposita Tonico, diabete, digestivo Sheng ma Cimicifuga foetida Mal di testa, febbre, bronchite, tonsillite, infezioniTao ren Prunus persica Problemi mestruali, analgesico, anginaTian qi, tien chan Panax notoginseng Disturbi cardiaci, emorragieTu fu ling Smilax glabra PsoriasiWu wei zi Schizandra chinensis Disturbi epatici, tosse, adattogeno, antiossidanteXin yi Magnolia liliflora Decongestionante, sinusitiYan hu suo Corydalis ambigua Analgesico, ipnotico, dismenorreaYang jin hua Datura metel BroncospasmoYuan zhi Polygala tenuifolia Espettorante, sedativoZi cao Lithospermum erythrorhizon PsoriasiZi su zi Perilla frutescens Raffreddore, tosse, febbre

Tabella M8.2 (seguito)

Nome cinese Nome latino Proprietà o indicazioni

Medicina Tradizionale Indiana (ayurveda)

Ayurveda deriva dalle parole sanscrite ayur, chesignifica vita, e veda, che significa conoscenza.Si tratta del più antico sistema di medicina cono-sciuto dall’uomo (praticato in India sin dall’epocaariana 8.000 anni a.C.) e oggi riconosciuto dalWHO. Per la medicina ayurvedica esiste una bi-lanciata armonia tra il corpo, la mente e lo spirito;pertanto i fattori mentali ed emotivi del pazientesono considerati fondamentali per lo sviluppodella malattia. La diagnosi di malattia è basata sulprincipio che le persone appartengono a 3 tipimetabolici conosciuti come vata, pitta e kapha,

paragonabili ai tipi di corpo magro, muscoloso egrasso. Una volta diagnosticata l’assenza di ar-monia tra corpo, mente e spirito il trattamentoprevede lo shodan (depurazione e disintossicazio-ne), lo shaman (mitigazione), il rasayana (ringio-vanimento) e/o il satvajaya (igiene spirituale ementale). La depurazione e la disintossicazionerichiede il ricorso ad emetici (per lo stomaco),purganti (per l’intestino), clisteri (per il retto), tonici vegetali (per il sangue), docce (per le na -rici). Questa procedura depurante e disintossican-te è conosciuta come panchakarma e può com-prendere anche un massaggio del corpo con olivegetali. Lo shaman prevede l’uso di piante me-dicinali (Tabella M8.3), il digiuno, esercizi fisici e

388 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M8.3 Piante usate nella medicina ayurvedica

Nome indiano Nome latino Proprietà o indicazioni

Bai bu Stemona tuberosa Antitussivo, analgesico, antiparassitarioAdrk Zingiber officinale Antiemetico, raffreddoreAjmood Petroselinum crispum Eupeptico, diureticoAjvini Trachyspermem ammi Antispastico, antimicrobicoAmalaki, dhatri Emblica officinalis Espettorante, antimicrobico, ipercolesterolemiaAnasphal Illicium verum Digestivo, reumatismiAnatamula Hemidesmus indicus Malattie della cute, artriteAnthrapachaka Tylophora asthmatica Asma, diarreaArjuna Terminalia arjuna Cardioprotettivo, diureticoAshwagandha Withania somnifera AdattogenoBahupatra Phyllanthus amarus Epatite, dolore, diabeteBanajwain Thymus vulgaris Antisettico, espettoranteD’hatura Datura metel Asma, spasmi, malattie oculariDalchini Cinnamomum zeylanicum Disturbi gastrointestinaliDhania Coriandrum sativum Antibatterico, antinfiammatorioGarmalu Coleus forskohlii Asma, disturbi cardiaciGingli Sesamum indicum LassativoGobra sala Abies webbiana Espettorante, tonico, carminativoGokshura Tribulus terrestris Disturbi genitourinari, analgesicoGotu kola Centella asiatica Memoria, adattogenoGuduchi Tinospora cordifolia Artrite, epatiteGuggul Commiphora mukul Ipercolesterolemia, artriteHaldi Curcuma domestica Digestivo, artriteHaritaki Terminalia chebula Espettorante, digestivoHing Ferula asa-foetida Flatulenza, antispasticoImli Tamarindus indica Lassativo, digestivoJainaveri, brahmi Bacopa monniera Epilessia, diureticoJethimach Glycyrrhiza glabra Ulcera peptica, faringiteKalmehi, kirata Andrographis paniculata Infezioni, disturbi epatici e cardiaciKalonji Nigella sativa Carminativo, eupepticoKarela Momordica charantia Diabete, adattogenoKattukkazuva Pimenta dioica Analgesico, antidiarroicoKatuvira Capsicum annum Analgesico, influenzaKesar Crocus sativus Eupeptico, emmenagogo, reumatismo, nevralgiaKramuka, supari puga Areca catechu Stimolante, tenifugo

(segue →)

Capitolo M8 • Medicine alternative 389

meditazione; questo trattamento è riservato a pa-zienti debilitati per i quali il panchakarma potreb-be risultare un trattamento troppo aggressivo. Ilrasayana viene in genere praticato dopo il pan-chakarma e serve a ristabilire lo stato fisiologicodel paziente; si utilizzano tra l’altro piante medi-cinali di dimostrata attività sul sistema immunita-rio sotto forma di pillole, polverine, gelatine omarmellate.

Il satvajaya è infine essenziale per la medicinaayurvedica. Un corpo perfettamente in salute è incompleta armonia con la mente e viceversa; inol-tre la mente è vista come un’entità fisiologica piut-tosto che astratta. Sollecitare la coscienza del pa-ziente per ridurre lo stress è uno degli approcci piùusati dei medici ayurvedici. La meditazione tra-scendentale è la tecnica più ricorrente ed anche piùstudiata per gli effetti che provoca: cambiamentimetabolici (livelli di colesterolo ridotti), riduzionedella pressione sanguigna, ridotta ansietà, aumen-tata longevità.

Numerose conferenze internazionali sulla me-dicina ayurvedica hanno avuto luogo in questi ulti-mi anni in tutto il mondo; cosi pure diverse scuole

ayurvediche che prevedono un corso di laurea di 5anni si stanno diffondendo non solo in India, maanche in altre parti del mondo.

La medicina ayurvedica, nonostante sia stataoscurata in questo secolo dalla medicina allopatica,incontra sempre più proseliti in virtù anche deglistudi clinici che vengono progettati di continuo perchiarire il reale valore terapeutico di questa medi-cina alternativa che considera l’individualità biolo-gica essenziale ai fini terapeutici.

Agopuntura

L’introduzione e il movimento di aghi in determi-nati punti del corpo per eliminare il dolore o altrisintomi è chiamata agopuntura. Questa è una dellepiù antiche terapie cinesi: il Nai Ging, un testo dimedicina cinese del V secolo a.C., parla di puntiterapeutici del corpo, collegati da 12 linee meri-diane immaginarie, descrive 9 tipi di aghi usati perl’agopuntura e riporta le malattie per le quali l’a-gopuntura e più indicata. È comunque sotto la di-nastia Sung, intorno al 1000 d.C., che viene redatto

Kutaki Picrorhiza kurroa Infezioni, epatite, immunostimolanteLaung Syzygium aromaticum AnalgesicoMeetha neem Murraya koenigii CarminativoMeshashringi, gurmar Gymnema sylvestre Diabete, colesteroloMethi Trigonella foenum-graecum Diabete, digestivo, colesteroloNeem, arishta Azadirachta indica Antibatterico, malattie cutaneePippali Piper longum Espettorante, digestivoPodina Mentha piperita AntispasticoPushkarmoola Inula racemosa Bronchite, anginaRasna, kulinjan Alpinia galanga Reumatismo, bronchitiRusmary Rosmarinus officinalis Spasmolitico, antitumoraleSafaid jeeza Cuminum cyminum Antitumorale, antimicrobicoSallaki Boswellia serrata AntiflogisticoSanni Foeniculum vulgare Carminativo, diureticoSarpagandha, vijaysar Rauvolfia officinalis Ipertensione, tranquillanteShankapushpi Convolvulus pluricalis Tranquillante, insonniaShatavari Asparagus racemosus Antispasmodico, immunostimolanteShirajira Carum carvi AntielminticoShirisha Albizzia lebbek Malattie atopiche, diarreaSurva Anethum graveolens FlatulenzaTazhutama Boerhaavia diffusa Diuretico, espettoranteTuisi Ocimum sanctum Influenza, malattie renali, diarreaVasuna Crataeva nurvala Disturbi urinariVayambo, vacha Acorus calamus Espettorante, spasmoliticoVilayati Pimpinella anisum Carminativo, espettorante

Tabella M8.3 (seguito)

Nome indiano Nome latino Proprietà o indicazioni

un trattato di agopuntura con più precise indica-zioni dei punti terapeutici e ricco di illustrazioni(Fig. M8.1). Sotto la dinastia Ching, in seguito al-l’ortodossia confuciana (che vietava all’uomo ditoccare le donne) l’agopuntura venne abolita. Og-gi l’agopuntura è praticata in quasi tutto il mondo.Studi significativi che hanno contribuito a miglio-rare le conoscenze dell’agopuntura risalgono aglianni sessanta, quando un gruppo di ricercatori co-reani dimostrò che accanto al sistema vascolare elinfatico esisteva un sistema specializzato di con-dotti chiamati “meridiani”.

L’esistenza dei meridiani è stata successiva-mente confermata dal francese de Vernejbul conl’aiuto di isotopi radioattivi. Questi ed altri studihanno portato ad ipotizzare che (i) esiste un legametra i punti dell’agopuntura, i meridiani e l’attivitàelettrica del corpo (le correnti elettriche scorrono

lungo i meridiani e gli agopunti si trovano in questicondotti), (ii) l’agopuntura stimola il rilascio dicortisolo, endorfine ed encefaline, (iii) l’agopuntu-ra influenza la sintesi e la distribuzione di neuro-modulatori e di neurotrasmettitori. Così, agendosui medesimi punti è possibile indurre con l’ago-puntura sia uno stimolo inibitorio (in caso di spa-smo muscolare si può ottenere la cessazione deldolore) che eccitatorio (in caso di flaccidità mu-scolare si può ripristinare il tono muscolare).

Il medico agopuntore fa una diagnosi dopo aversottoposto il paziente ai seguenti esami: anamnesi,osservazione diretta del paziente, percezione dellecaratteristiche del paziente attraverso l’udito (mododi parlare, tossire, respirare), l’olfatto (acidità del-l’alito, odore delle feci e delle urine) ed il tatto (pal-pazione del corpo). Quindi classifica la malattia edetermina gli organi interessati da questa in base al-le 8 classi nelle quali si raggruppano i sintomi:

ying caldo debole internoyang freddo forte esterno

Ying e yang sono le due forze opposte dell’uni-verso che cooperano quando sono in equilibrio.

Il corpo è diviso in 12 meridiani, ognuno deiquali corrisponde ad un organo e due linee meri-diane (centro anteriore e centro posteriore); linee diconnessione congiungono poi i meridiani e questoconsente di individuare punti attraverso i quali èpossibile influenzare un organo con un altro e sta-bilire un rapporto con le ossa, i vasi sanguigni ed ilegamenti. Per ricercare i punti è necessaria una va-sta esperienza perché attraverso il tatto si indivi-duano i punti sui quali intervenire.

L’agopuntura sembra essere efficace soprattuttonei casi di insonnia, cefalee, nevralgie, ipertensio-ne, forme spastiche intestinali e dolori artritici emuscolari.

Omeopatia

La medicina omeopatica venne fondata verso la fi-ne del secolo XVIII dal medico tedesco SamuelHahnemann. Questi nacque il 10 aprile 1755 aMeissen, in Sassonia, da una famiglia di sempliciartigiani ma, grazie alle sue straordinarie capacità,poté continuare gli studi e laurearsi in medicina aVienna. Una volta medico, Hahnemann incominciòa studiare i sintomi delle malattie ed a riflettere su-gli aspetti del paziente, compreso quello psichico.Questi primi studi lo porteranno a definire uno deipilastri dell’omeopatia: l’esistenza del malato, nondella malattia.

390 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M8.1 Rappresentazione dei punti dell’agopuntura inun’antica illustrazione cinese

Capitolo M8 • Medicine alternative 391

Più tardi Hahnemann fu protagonista di un epi-sodio che si rivelò determinante per i suoi studi.Chiamato per soccorrere un bambino che si erascottato con della colla bollente, trovò la madreche, in attesa dell’arrivo del medico, medicava leferite con grasso sciolto al calore. Ovviamente in-terruppe quella pratica ed incominciò a bagnare lerimanenti parti del corpo ustionate con acqua fred-da. La sorpresa fu che nei giorni a seguire le piaghetrattate con sugna calda erano guarite quasi del tut-to, mentre quelle da lui bagnate con acqua freddastentavano a guarire. A tutto ciò non seppe dare unaspiegazione, ma più tardi, sperimentando su sestesso una preparazione di china, ipotizzò la leggedella similitudine; la malattia poteva essere curatada medicamenti che producevano sintomi analoghialla malattia stessa (similia similibus curantur).Tutto ciò era possibile, secondo Hahnemann, solose il medicamento era somministrato a dosi bassis-sime. Questa osservazione, mai dimostrata, si basa-va sull’ipotesi che, nel corso di una malattia, l’or-ganismo umano sia molto più sensibile ai medica-menti che non quanto gode ottima salute. Pertantodosi molto basse (10-18 g) di medicamento poteva-no essere efficaci dal punto di vista terapeutico.

L’originalità dell’omeopatia deriva, oltre chedalla legge della similitudine e dal principio delladose infinitesimale, dalla concezione olistica dellamalattia e del malato. Per l’omeopata la malattianon è un episodio fine a se stesso, ma una manife-stazione di un tutto dove i singoli episodi espri-mono la sofferenza di un particolare terreno pro-prio di ciascun individuo. Il principio della indivi-dualità biologica è centrale nella medicina omeo-patica. Inoltre il rimedio omeopatico, contraria-mente a quello erboristico, è diluito e dinamizzato.La particolare diluizione porta ad un prodotto conproprietà diverse da quelle di partenza, e in alcunicasi è così spinta che il farmaco risulta pressochéassente. La presenza di effetti biologici delle solu-zioni molto diluite, pur in mancanza di molecoleattive, ha fatto ipotizzare che lo scuotimento (suc-cussione) nel corso delle diluizioni possa determi-nare un’interazione tra le molecole del farmacooriginariamente presenti e l’acqua (teoria dellamemoria). È stato anche ipotizzato che le moleco-le dell’acqua possano immagazzinare e veicolareinformazioni, intendendo per informazione l’ac-quisizione di una configurazione elettromagneti-ca, derivata dalla sostanza base di partenza. S’ipo-tizza infine che il meccanismo d’azione dei rimediomeopatici si realizzi a livello chimico-fisico, at-traverso differenze conformazionali degli isotopie/o formazione di clatrati.

Attualmente è in corso una revisione critica ditutta la letteratura omeopatica. Gli Autori di unarecente revisione sistematica [Shang e coll. (2005)Lancet 366:726-732] hanno analizzato 110 studirelativi all’omeopatia e, per confronto, 110 studidi medicina convenzionale. Sia per la medicinaomeopatica che per la medicina convenzionale,gli studi con un basso numero di pazienti e di sca-dente qualità metodologica riportavano risultatipositivi (omeopatia e medicina convenzionale ri-sultavano superiori al placebo). Al contrario, quan-do si analizzavano soltanto gli studi qualitativa-mente migliori e con un elevato numero di pa-zienti, non si osservava nessuna differenza signi-ficativa tra placebo e rimedi omeopatici, mentre iltrattamento convenzionale risultava comunquesuperiore al placebo. Pertanto, gli Autori hannoconcluso che, a differenza della medicina conven-zionale, esistono scarse evidenze sull’efficaciaclinica dei rimedi omeopatici.

Fiori di Bach

La floriterapia, cioè la cura per mezzo di fiori, ini-zia con Edward Bach, medico inglese nato a Mo-seley il 24 settembre 1886. Bach, come Hahne-mann, è convinto che deve essere curato il mala-to, non la malattia. È altresì convinto che nel fio-re di alcune piante (Tab. M8.4) ci siano vibrazio-ni dotate di un peculiare potere terapeutico. La teo-ria di Bach è piuttosto semplice: ciascuno di noi èavvolto da un campo elettromagnetico, e se que-sto s’interrompe, per una qualsiasi causa, ci am-maliamo. I 38 fiori di Bach possiedono un lorocampo elettromagnetico ed emettono vi brazioniche possono compensare le nostre, ristabilendo lostato di salute.

La floriterapia utilizza estratti che si preparanoin modo piuttosto semplice. Si utilizza un beckerpieno di acqua pura (di fonte); i fiori, in quantitàadeguate e raccolti al massimo della fioritura, si la-sciano galleggiare nell’acqua esponendoli ai raggisolari per 3-4 ore. Una volta rimossi i fiori il liqui-do, arricchitosi di energia vitale, viene versato inun altro contenitore contenente parti uguali di al-cool. Questo metodo è detto metodo del sole.

Per alcuni fiori si usa invece il metodo dellabollitura, cioè il fiore si lascia bollire per 30 minu-ti e, dopo il filtraggio, si diluisce con alcool.

Attualmente sono disponibili in farmacia flaco-ni da 10-20 ml. Secondo i sostenitori della florite-rapia, l’effetto terapeutico dei fiori di Bach si regi-stra dopo 2-3 settimane.

Biofeedback

Fino a qualche decennio fa si è creduto che le fun-zioni vitali regolate autonomamente (battito car-diaco ecc.) non potessero essere condizionate datentativi volontari. Pertanto le rivendicazioni deipraticanti di yoga di controllare con la meditazio-ne il respiro ed il battito cardiaco non sono maistate prese in considerazione. Successivamente siè osservato che tecniche psicosomatiche che sfrut-tano movimenti fisici ed uno stato mentale medi-tativo consentono di controllare funzioni vitali au-

tonome. Il biofeedback (reimmissione di dato bio-logico) è appunto un sistema terapeutico che con-sente di seguire il comportamento di alcune fun-zioni biologiche quali la pressione arteriosa o lafrequenza del polso. Il paziente adopera una mac-china computerizzata che mediante segnalazioneacustica o visiva monitora il comportamento del-le sue funzioni biologiche. Grazie a questo con-gegno biomedico il paziente impara a riprodurrequelle condizioni di riposo e/o di attività che gliconsentono di controllare la frequenza cardiaca,l’attività cerebrale, il tono muscolare e altre fun-zioni autonome.

392 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M8.4 Rimedi utilizzati nella floriterapia

Nome della pianta Periodo di fioritura Metodo di preparazione

Aesculus hippocastanum Marzo-Maggio BollituraAprile-Giugno Al sole

Aesculus hippocastanum carnea Maggio-Giugno BollituraAgrimonia eupatoria Giugno-Agosto Infusione al sole

BollituraBromus ramosus Luglio-Agosto Al soleCalluna vulgaris Agosto-Settembre Al soleCarpinus betulus Aprile-Maggio BollituraCastanea sativa Giugno-Agosto BollituraCentarium umbellatum Luglio-Agosto Al soleCeratostigma willmottiana Agosto-Settembre Al soleCichorium intybus Luglio-Agosto Al soleClematis vitalba Luglio-Agosto Al soleFagus sylvatica Aprile BollituraGentiana amarella Agosto-Settembre Al soleHelianthemum nummularium Giugno-Agosto Al soleHottonia plaustris Maggio-Giugno Al soleIlex aquifolium Maggio BollituraImpatiens glandulifera Luglio-Agosto Al soleJuglans regia Maggio BollituraLarix decidua Aprile-Giugno BollituraLonicera caprifolium Giugno-Settembre BollituraMalus sylvestris Aprile-Giugno BollituraMimulus guttatus Giugno-Luglio Al soleOlea europea Maggio Al soleOrnithogalum umbellatum Aprile-Giugno BollituraPinus sylvestris Maggio-Giugno BollituraPopulus tremula Febbraio-Marzo BollituraPrunus cerasifera Febbraio-Marzo BollituraQuercus robur Aprile-Maggio Al soleRosa canina Maggio BollituraSalix alba sp. vitellina Maggio BollituraScleranthus annuus Luglio-Agosto Al soleSinapis arvensis Maggio-Giugno BollituraUlex europaeus Luglio-Agosto Al soleUlmus procera Marzo BollituraVerbena officinalis Luglio-Agosto Al soleVitis vinifera Maggio Al sole

Capitolo M8 • Medicine alternative 393

Questa pratica terapeutica, una volta imparata,può essere quotidianamente utilizzata dal pazienteper risolvere problemi quali fastidi correlati allostress, ipertensione, asma, disfunzioni muscolariecc. Anche se considerato nuovo, quest’approccioterapeutico risale a migliaia di anni fa.

Chelazione

La chelazione è un processo fisico-chimico in ba-se al quale un catione metallico contrae un legamestabile con una molecola organica della cui struttu-ra entra a far parte. Il prodotto di questa reazione,il chelato, rientra nella classe più generale dei com-plessi anche se si differenzia per la sua strutturaanulare e per una maggiore stabilità. Una rappre-sentazione schematica di queste reazioni che por-tano alla formazione di un complesso e di un che-lato è la seguente:

C⏐

M + 4C → C—M—C complesso⏐C

C⏐

M + 2C—C → C—M—C chelato⏐C

dove M rappresenta uno ione metallico, C un agentecomplessante e C—C un agente chelante. In praticaquando un metallo si combina con un donatore dielettroni (e–) la sostanza che si forma è un compostocomplesso; se invece la sostanza che si combina conil metallo contiene 2 o più donatori di e–, si forma uncomposto chelato. Il termine chelazione deriva dalgreco κελε e significa pinza dello scorpione o bran-ca, in riferimento alla funzione dei donatori di e–.

Nonostante siano numerose le sostanze capacidi chelare ioni metallici, poche sono quelle utiliz-zate per sequestrare e rimuovere dai tessuti cationimetallici presenti in concentrazioni tossiche.

Perché una sostanza possa essere utilizzata peruna chelazione terapeutica occorre che essa abbia iseguenti requisiti: (i) stabilità chimica, (ii) tossicitàtrascurabile, (iii) farmacologicamente inattiva, (iv)potere di chelare selettivo, (v) dare un chelato nontossico e privo di attività farmacologica.

Delle sostanze chelanti utilizzate le più note sono l’acido etilendiaminotetracetico (EDTA) e isuoi sali bisodico (EDTANa2), calcio bisodico(CaEDTANa2) e magnesio bisodico (MgEDTANa2);

l’1,2-dimercaptopropanolo (BAL); la β-mercapto -etilamina; l’acido N-idrossi-etilendiaminotriacetico;la penicillamina; la desferiossamina ed altre.

La chelazione è un approccio terapeutico utileoltre che nelle intossicazioni da metalli, nelle arte-reosclerosi. Se si considera il numero elevato di in-terventi che annualmente vengono eseguiti alle co-ronarie (by-passes) ed ai vasi (angioplasti) e si tie-ne conto del numero significativo di decessi che siverificano durante queste procedure, ci si rendeconto dell’importanza di questa terapia alternativa.Comunque sono ancora molti coloro che si oppon-gono a questa pratica terapeutica, per giunta non ri-conosciuta dalla FDA e da altre organizzazioni bio-mediche. Osservazioni recenti considerano la che-lazione terapeutica utile anche nella talassemia enel morbo di Alzheimer.

Chiroterapia

La chiroterapia o medicina manuale si basa sullamanipolazione della colonna vertebrale e dei nervispinali. Praticata dai popoli orientali fin dai tempiantichi, fu riportata in auge verso la fine del XIXsecolo dal medico statunitense Daniel David Pal-mer. Costui, nell’esaminare un paziente che avevaperso l’udito per una ferita alla schiena riportata an-ni prima, trovò una delle vertebre spostate e cercòdi farla tornare a posto con la manipolazione ma-nuale. Il paziente cominciò a riacquistare l’uditograzie a questa tecnica chiropratica che in breve sidiffuse in tutto il territorio statunitense.

Palmer fondò la prima scuola di chiropratica aDavenport, nell’Iowa, nel 1897. Negli ultimi decen-ni anche in Europa e nei Paesi orientali (Giappone eCina) si sono sviluppate valide scuole che prevedo-no un corso di 4 anni ( Dottore di Chiropratica), si-mile alla laurea in Medicina. La preparazione pro-fessionale si basa soprattutto sull’anatomia e fisio-logia dei sistemi nervoso e muscolo-scheletrico.

La manipolazione chiropratica è una mobiliz-zazione articolare passiva praticata dal medico sulpaziente secondo la schema seguente: (i) rilassa-mento muscolare, (ii) mobilizzazione passiva ripe-tuta per constatare l’avvenuto rilassamento musco-lare, (iii) tensione dell’apparato articolare, (iv) ma-nipolazione della colonna vertebrale, organo alta-mente reflessogeno, o di altre articolazioni, solita-mente accompagnata da un rumore articolare.

Le manipolazioni vertebrali sono ovviamente lepiù importanti perché possono risolvere disturbimolto gravi (Tab. M8.5) ed anche l’ipertensione.Le manipolazioni delle altre articolazioni del corpo

(polso, ginocchio, spalla ecc.) sono indicate nei po-stumi di traumi che hanno richiesto l’uso di appa-recchi gessati per un lungo periodo di tempo.

La chiroterapia è controindicata nei processiflogistici (acuti e cronici) delle ossa e delle artico-lazioni, nelle decalcificazioni ossee, nei tumori os-sei, nelle sciatiche (per ernie discali).

La manipolazione vertebrale è un mezzo tera-peutico alternativo molto valido, se eseguito su pre-cise indicazioni e da esperti, ma non una panacea.

Termalismo

Fin dai tempi antichi, attraverso periodi di entusia-smo e di perplessità, il termalismo è stato tra i mez-zi terapeutici il più usato per molte patologie del-l’apparato locomotore, respiratorio, digerente, uroge -nitale, vascolare e cutaneo. Tuttora, nonostante lenuove acquisizione sulla etiopatogenesi di molte af-fezioni e la scoperta di nuovi mezzi terapeutici (anti -bio tici, ormoni ecc.), le cure termali conservano, siapure limitatamente a precise indicazioni (TabellaM8.6), tutta la loro importanza e validità, grazie an-che alla evoluzione tecnologica che ha consentitonuove tecniche di utilizzazione del mezzo termale edinoltre un ampliamento dei campi di intervento.

Il termalismo, nelle sue diverse espressioni ap-plicative (acque minerali, bagni, fanghi ecc.) si ba-sa sul fatto che stimoli fisici appropriati, quale laesposizione a particolari sostanze e/o ad alte tem-perature, possono (i) attivare una risposta biologicadell’organismo capace di ripristinare uno stato dinormalità, (ii) accelerare la trasformazione di pro-dotti del metabolismo e ridare salute e benessere e(iii) influenzare favorevolmente alcune malattie.

Il meccanismo d’azione è complesso e sottocerti aspetti ancora oscuro. Probabilmente l’azionelocale termica e chimico-fisica del fango e del ba-gno in acque termali causa una vasodilatazioneche aumenta la sensibilità locale a sostanze endo-gene (endorfine, encefaline ecc.). Così pure oli-goelementi (sodio, bromo, rame, iodio, zincoecc.), minerali (calcio ecc.) ed elementi radioatti-vi, una volta attraversata la cute o la mucosa dellevie respiratorie e del tratto digerente, possono rag-giungere il diencefalo ed attivare neurotrasmettito-ri e/o stimolare le surrenali ed il sistema endocrinopreipofisario.

Regimi dietetici appropriati (personalizzati) eduna opportuna attività fisica possono potenziare glieffetti terapeutici delle cure termali e contribuire alrecupero ed al mantenimento di uno stato fisico epsichico ottimale. La permanenza in un ambientetermale consente poi di eliminare, attraverso la cutee gli emuntori renali, sostanze tossiche accumulate-si nell’organismo, sia in seguito a terapie farmacolo-giche che per la permanenza in ambienti inquinati.

La efficacia delle cure termali dipende sostan-zialmente da tre fattori: diagnosi corretta, indica-zione terapeutica precisa, utilizzazione appropriata(intervento personalizzato per tempi e modi).

Le cure termali, come qualsiasi presidio medi-co, presentano delle controindicazioni che possonoessere relative alla natura della patologia, alla fasedella malattia ed a patologie concomitanti.

394 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M8.5 Indicazioni delle manipolazioni vertebrali

Vertebre Indicazionidel tratto

Cervicale Cefalee, cervicobrachialgie artrosiche epost traumatiche, torcicolli, sindrome diNeri-Barri-Lieou, colpi di frusta

Dorsale Nevralgie intercostali, distorsioni costovertebrali

Lombare Lombalgie acute post traumatiche, sciatiche da radicolite lombosacrale

Coccigeo Coccigodinie postraumatiche

Tabella M8.6 Alcune malattie per le quali sono indicate le cure termali

Malattie reumatiche Osteoporosi ed altre forme degenerative, reumatismo extra articolareMalattie delle vie respiratorie Sindromi rinosinusitiche-bronchiali croniche, bronchiti croniche semplici e a

componente ostruttiva (esclusa l’asma e l’enfisema polmonare)Malattie dermatologiche Psoriasi (escluse le forme pustolose), eczema e dermatite atopica, dermatite

seborroica ricorrenteMalattie orecchio-naso-gola Rinopatia vasomotoria, faringolaringiti croniche, sinusiti croniche, stenosi

tubariche, otiti catarrali croniche, otiti croniche purulenteMalattie dell’apparato urinario Calcolosi delle vie urinarie e sue recidiveMalattie vascolari Postumi di flebopatie di tipo cronicoMalattie dell’apparato gastroenterico Dispepsie di origine gastroenterica e biliare, sindrome dell’intestino irritabile

accompagnata da stipsi

Le malattie riportate sono croniche, cronico-degenerative e/o recidivanti. Per alcune di queste la cura termale può essere risolu-tiva, per altre, ed è la maggior parte, si può ottenere un miglioramento sintomatico (migliora il quadro clinico e rallenta l’evolu-zione della malattia)

Capitolo M8 • Medicine alternative 395

Così ad esempio l’idropinoterapia solfurea ècontroindicata nell’ulcera gastrica e la crenotera-pia nelle malattie acute (sia per fase evolutiva cheper natura).

Così pure, nel caso di una flogosi in atto, di unoscompenso d’organo (scompenso cardiaco, insuffi-cienza respiratoria o renale, cirrosi epatica, insuffi-cienza vascolare ecc.) o di una estrema debilitazio-ne, la cura termale deve essere proscritta. Partico-lare attenzione richiedono poi pazienti che hannosuperato gravi eventi (infarto, ischemia cerebrale,forme tumorali ecc.).

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L’impiego di organi animali o di loro preparati nel-la cura delle malattie era praticato fin dall’antichitàe affonda le sue radici in alcune pratiche rituali chevedevano, nel mangiare i visceri della preda o del ne-mico ucciso, il mezzo per assumerne le virtù. Solopiuttosto recentemente, nella seconda metà del secoloscorso, si è scoperta l’esistenza in organi e tessuti ani-mali di principi dotati di importanti effetti fisiologi-ci e farmacologici; primi fra tutti gli ormoni, quindile vitamine, gli enzimi, i fattori della coagulazionedel sangue, le prostaglandine ecc. Tali scoperte han-no permesso di utilizzare, scientificamente e non piùempiricamente, i preparati di origine animale.

Gli organi animali sono stati utilizzati in tera-pia in un primo tempo come tali, allo stato frescoo secco (organoterapia), o sotto forma di estratti(opoterapia, dal greco “opos” = succo) grezzi oparzialmente purificati. Simili preparati erano inuso fino a qualche decennio fa: la VIII Edizionedella Farmacopea Ufficiale Italiana (1972-1985)prevedeva ad es. estratti di fegato di mammiferoche venivano utilizzati nella terapia antianemica.Analogamente venivano usati la bile bovina ed isuoi estratti, come coleretici e stimolanti la peri-stalsi intestinale, nonché preparati di mucosa ga-strica e duodenale nelle dispepsie e in altre di-sfunzioni gastriche e intestinali. In seguito, col pro-gredire delle tecnologie di estrazione e di separa-zione, è stato possibile disporre dei principi animaliin forma purificata; talvolta essi sono stati ancheriprodotti per sintesi, così i preparati puri hanno in-cominciato pian piano a sostituire gli opoterapicie gli organoterapici. L’impiego terapeutico degliorgani in toto o dei loro estratti più o meno grezzipresenta infatti dei limiti che si possono sintetiz-zare nel modo seguente:1. il contenuto in principi attivi è piuttosto basso

perché essi sono dispersi nell’organo animale,quindi le quantità che si possono somministra-re sono limitate;

2. se l’organo contiene più principi attivi con ef-fetti fisiologici diversi, tali principi si ritrova-no tutti nell’estratto totale, che non consentequindi di effettuare una terapia mirata ad otte-nere un solo effetto; ad es. un estratto di ipofi-si posteriore possiede attività ossitocica, anti-diuretica e ipertensiva: l’impiego di un tale pre-parato per ottenere un effetto ossitocico com-porterebbe come effetto collaterale un aumen-to della pressione arteriosa. Questo fatto limital’uso dei preparati totali alla terapia sostitutivain caso di ipofunzione dell’intera ghiandolacorrispondente;

3. gli organo- e gli opoterapici sono somministra-bili quasi esclusivamente per via orale, rara-mente per via sottocutanea quelli parzialmentepurificati, ma mai per via endovenosa, poichéessendo ricchi di materiale proteico eterologopossiedono attività antigenica e possono darluogo a reazioni di ipersensibilità;

4. per la determinazione del contenuto di princi-pi attivi, essenziale per poter stabilire la doseterapeutica, non sempre è possibile utilizzare imetodi chimici, ma spesso è necessario ri -correre ad una titolazione biologica (vedi oltre,paragrafo “La titolazione biologica dei me -dicamenti”) con tutte le difficoltà che essacomporta.Attualmente gli organoterapici e gli opoterapi-

ci sono caduti in disuso; i prodotti animali, utiliz-zati in forma più purificata possibile, sono ottenu-ti oltre che per via estrattiva da organi animali oda materiale biologico umano, anche per via sin-tetica e, in alcuni casi, per via ricombinante. L’im-piego di un composto purificato offre numerosivantaggi: una facile standardizzazione, la possibi-lità di somministrazione anche per via parenteralecon rischio limitato, un’azione più pronta e più de-finita, la possibilità infine di utilizzare dosaggi piùelevati.

SOSTANZE DI ORIGINE ANIMALECapitolo

M9

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

Impieghi farmacologici dei prodotti di origine animale

L’intervento farmacologico può essere fisiologico onon fisiologico. Il primo fa leva sull’organismo, ri-portandolo alla normalità e sollecitandone le difese.Comprende, ad es., le vitamine e gli ormoni, ma so-lo se usati alle dosi richieste per correggere i dannicausati dalla loro carenza. Include anche i vaccini,che attivano le difese immunitarie. Il vantaggio deifarmaci fisiologici è di agire col tramite dei mecca-nismi messi a punto dalla vita, nel corso di un’espe-rienza iniziata un miliardo di anni fa, consentendo diconfrontare miliardi e miliardi di soluzioni. Il lorosvantaggio è di non avere sempre la rapidità d’azio-ne necessaria per fronteggiare i pericoli imminenti. Ifarmaci non fisiologici nascono dall’inventiva del-l’uomo e ne soddisfano in maniera più specifica lenecessità contingenti, di ordine sanitario, ma talvol-ta anche speculativo. Possono essere costituiti sia dasostanze sintetizzate per la prima volta dall’uomo,come i chemioterapici, gli psicofarmaci, gli antiper-tensivi, gli antinfiammatori, sia da sostanze naturali,come le vitamine e gli ormoni se usati con modalitàche ne modificano le proprietà originali (l’Organiz-zazione Mondiale della Sanità definisce farmaci“composti naturali e di sintesi capaci, quando intro-dotti in un organismo vivente, di modificarne una opiù funzioni” – OMS, Rapp. Techn., 1969, 407:6;OMS, Rapp. Techn., 1973, 516:9-10). Anche i far-maci non fisiologici sono sottoposti ad un approfon-dito collaudo, basato su prove in vitro, su modellimatematici dei processi vitali, sull’animale da labo-ratorio e su volontari sani e malati. Questo collaudo,tuttavia, è incomparabilmente meno sicuro dell’al-tro, quello condotto sul campo dalla natura. Entram-bi questi interventi hanno contribuito in modo so-stanziale al miglioramento della qualità e della dura-ta dell’esistenza umana. Quello non fisiologico, tut-tavia, dovrebbe essere riservato a situazioni di emer-genza, quando l’altro fallisce o non è disponibile.

La differenza tra intervento fisiologico e non fi-siologico non dipende dalle qualità intrinseche deifarmaci, bensì dalle modalità del loro impiego. Ilcortisone ed il testosterone appartengono alla com-posizione ed al funzionamento dell’organismo, main quantità non fisiologiche manifestano effetti ab-normi, addirittura antifisiologici. I danni prodottidalla somministrazione di dosi eccessive di vitaminaA sono altrettanto gravi quanto quelli causati dallasua carenza. Essi comprendono tumori e malforma-zioni fetali, queste ultime riportate anche con pre -parazioni cosmetiche incautamente formulate senza

tener conto dell’elevato potere di assorbimento dellacute. Al contrario, un vaccino contiene sostanze in-naturali per l’organismo, in qualche caso addiritturasintetizzate per la prima volta dall’uomo con le tec-niche dell’ingegneria molecolare, ma è fisiologico,in quanto attiva un meccanismo difensivo naturale.

I prodotti di origine animale sono farmaci fisio-logici in quanto possono essere impiegati nella tera-pia sostitutiva in caso di carenza, ma esistono im-pieghi terapeutici che sono non fisiologici per la viadi somministrazione e le dosi impiegate; è ad es. ilcaso del cortisone che viene utilizzato come antin-fiammatorio e immunosoppressore o di alcuni or-moni sessuali impiegati nella terapia anti tumorale.

La titolazione biologica dei medicamenti

Un concetto fondamentale in farmacologia è quellodi dose poiché è dalla dose somministrata che di-pende l’effetto di un farmaco; per stabilire il dosag-gio di un farmaco è però necessario conoscerne ilcontenuto in principio attivo. La titolazione dei me-dicamenti si effettua generalmente o con metodichimico-fisici o con metodi biologici. I metodi chi-mico-fisici (titolazione acido-base, spettrofotome-tria, gas-cromatografia, HPLC ecc.) sfruttano unareazione specifica del principio attivo che si prestaad una quantificazione dello stesso; essi vengonogeneralmente preferiti perché sono semplici da ese-guire, sono rapidi e forniscono risultati riproducibi-li. I metodi biologici si basano sulla quantificazionedi un effetto specifico evocato dalla sostanza in esa-me su di un reattivo biologico che può essere unanimale o un organo isolato di un animale o un flui-do biologico. La titolazione biologica è general-mente più complessa; è più difficilmente ripetibileperché si basa su una risposta biologica che è varia-bile, quindi necessita di essere ripetuta più volte perbilanciare la variabilità; è generalmente più costosae non ultimo pone il problema dell’uso degli ani-mali nella sperimentazione. Tuttavia essa possiededelle peculiarità rispetto al metodo chimico; in par-ticolare, essendo basata sulla quantificazione di uneffetto biologico, permette di titolare l’attività di unpreparato che è dovuta a più principi differentistrutturalmente. È ad es. questo il caso dell’eparina,una miscela di mucopolisaccaridi con peso mole-colare diverso che sarebbe difficoltoso titolare chi-micamente uno ad uno. La titolazione biologicainoltre permette di quantificare l’attività di un pre-parato anche quando non è nota la struttura chimicadel principio attivo. Vale la pena di ricordare a que-sto proposito che quando fu scoperta la penicillina

398 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M9 • Sostanze di origine animale 399

la struttura chimica dell’antibiotico non era ancoranota; per poterlo dosare e utilizzare in terapia si ri-corse allora alla titolazione biologica; oggi, per va-lutare il contenuto di estrogeni nelle carni di vitel-lo si ricorre di nuovo alla titolazione biologica. In-fine la titolazione biologica è l’unica via possibilequando non è stato individuato un metodo chimicodi dosaggio o quando il metodo chimico rischia dialterare i principi attivi. Da quanto detto si evincecome il saggio biologico come mezzo di titolazio-ne dei medicamenti sia tuttora molto attuale, inparticolare per i preparati di origine animale cheper la natura chimica dei principi attivi (spesso sitratta di peptidi o proteine) o per la loro composi-zione (miscele di principi attivi) sono difficili datitolare chimicamente. Nella FU XII (pag. 261) so-no riportati i preparati per i quali è prevista la tito-lazione biologica.Come si esegue. Si misura l’effetto evocato dalpreparato in esame a concentrazioni opportune,scelte in prove preliminari, su un reattivo biologicoche può essere un animale (ormai poco usati) o unorgano di animale o un liquido biologico. L’effettoche viene misurato è generalmente quello che vie-ne sfruttato in terapia, ma in alcuni casi può ancheessere diverso, purché sia un effetto specifico delprincipio attivo e sia proporzionale alla dose som-ministrata. Il saggio viene sempre condotto in con-fronto con una preparazione a titolo noto della so-stanza in esame o con una preparazione di riferi-mento chiamata campione internazionale o Stan-dard Internazionale. È questo un preparato purifi-cato della stessa sostanza o di una sostanza aventela stessa attività biologica, ottenuto con procedi-menti codificati e messo a disposizione general-mente dall’OMS.Come si esprimono i risultati. I risultati ottenutisomministrando una serie di dosi scalari della so-stanza in esame e di quella di riferimento vengonoanalizzati con metodi statistici. L’attività del prepa-rato viene espressa in Unità Internazionali: l’UnitàInternazionale (UI) corrisponde ad una quantità de-finita dello Standard Internazionale.

Prodotti attivi sull’emostasi e sulla fibrinolisi

L’emostasi e la fibrinolisi (trombolisi)

La coagulazione del sangue (Fig. M9.1) è un pro-cesso costituito da una cascata di reazioni enzima-tiche che portano come ultima tappa alla trasfor-

mazione del fibrinogeno solubile in fibrina. I varicomponenti della cascata, chiamati fattori, sonopresenti nel sangue sotto forma di precursori inatti-vi che vengono attivati mediante proteolisi. L’atti-vazione di una piccola quantità di ogni fattore con-sente l’attivazione di una grande quantità del fatto-re successivo, formando un sistema di amplifica-zione che porta rapidamente alla coagulazione.

Il processo di coagulazione viene attivato attra-verso due vie: la via intrinseca, in cui tutti i com-ponenti sono presenti nel sangue, viene attivataquando il sangue è prelevato dai vasi e posto a con-tatto con una superficie artificiale, ad es. di vetro;la via estrinseca, in cui alcuni fattori non sono pre-senti nel sangue, viene attivata nella coagulazionedel sangue all’interno dell’organismo.

La via estrinseca si attiva quando da una cellu-la danneggiata viene liberato il fattore tessutale(una lipoproteina di membrana); questo, in presen-za di fattore VIIa, fosfolipidi e ioni calcio, conver-te il fattore X in Xa attivandolo. Il fattore Xa inpresenza del fattore Va, di fosfolipidi carichi nega-tivamente e di ioni calcio, attiva il fattore II, la pro-trombina, trasformandolo in trombina (fattore IIa).La trombina stacca dalla molecola del fibrinogenopiccoli frammenti peptidici che polimerizzano for-mando una rete di fibrina. La trombina attiva ancheil fattore XIII a XIIIa che stabilizza il polimero difibrina. Altre funzioni della trombina (promozionedell’aggregazione piastrinica e attivazione dellaproteina C) vengono descritte in seguito.

La via intrinseca si attiva quando il fattore XII(fattore di Hageman) aderisce ad una superficie ca-rica negativamente e, in presenza di chininogeno eprecallicreina, viene attivato a fattore XIIa. Questoattiva il fattore XI in XIa, che a sua volta converteIX in IXa. In presenza di ioni calcio, di una superfi-cie di fosfolipidi carichi negativamente e del fattoreVIIIa, il fattore IXa attiva il fattore X e a questopunto la cascata segue il percorso della via estrinse-ca; quindi le due vie, pur partendo da punti diversi,si riuniscono a livello del fattore X. Esistono inoltredei feedback positivi, ad es. la trombina facilita l’at-tivazione sia del fattore V a Va che del fattore VIII aVIIIa, aumentando la velocità di reazione.

Il processo di cascata della coagulazione delsangue è controllato e bilanciato da altri meccani-smi che hanno la funzione di impedire la coagula-zione intravasale. I principali sono:– gli inibitori enzimatici: uno dei più importanti

è l’antitrombina III, una α2-globulina che neu-tralizza la trombina e i fattori IXa, Xa, XIa eXIIa; altri inibitori sono le α2-macroglobuline el’α2-antitripsina;

– l’endotelio dei vasi sanguigni rilascia eparan sol-fato ed eparina, cofattori dell’antitrombina III;

– nell’endotelio normale la trombina è legata adun recettore, la trombomodulina: quando è le-gata essa è inattiva ed è capace di attivare laproteina C che, a sua volta, inattiva i fattori dicoagulazione Va e VIIa e stimola la fibrinolisi;

– l’endotelio normale genera e rilascia prostaci-clina e nitrossido, entrambi inibenti l’aggrega-

zione piastrinica, e l’attivatore del plasminoge-no ad azione fibrinolitica (vedi oltre);

– l’attivazione del sistema fibrinolitico (vedi oltre).

Le piastrine. Le piastrine svolgono un ruolo im-portante nella formazione dei trombi arteriosi enella risposta dei vasi sanguigni alle lesioni. Quan-do una placca aterosclerotica si rompe o un vasoviene danneggiato, oltre ad essere liberato il fattore

400 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M9.1 Schema della coagulazione del sangue. PL, fosfolipide carico negativamente; CH, chininogeno; PK, precallicrei-na. La trombina facilita la produzione dei fattori Va e VIIIa, attivando i precursori V e VIII; il fattore VIIa si forma per attiva-zione del fattore VII (proconvertina).

= Si trasforma in = Agisce su

Capitolo M9 • Sostanze di origine animale 401

tessutale che attiva la via estrinseca della coagula-zione, si verifica l’adesione delle piastrine al colla-gene e la loro attivazione. Questa porta alla libera-zione di diverse sostanze biologicamente attive tracui l’ADP, il fibrinogeno, la 5-idrossitriptamina, ilfattore di attivazione piastrinico (PAF) e il trom-bossano A2 (TXA2), molte delle quali promuovonol’aggregazione piastrinica. L’aggregazione com-porta la formazione di ponti di fibrinogeno che silegano ai recettori localizzati sulle piastrine. Lepiastrine rilasciano anche il fattore IV piastrinicoche è un inibitore dell’eparina. Infine i fosfolipidiacidi, che vengono esposti sulla superficie dellepiastrine dopo l’attivazione, si comportano da sitidi legame per i fattori della coagulazione favoren-do la formazione localizzata di trombina; la trom-bina, oltre a formare la fibrina è un potente attiva-tore dell’aggregazione piastrinica. Le piastrine so-no quindi essenziali ai fini dell’emostasi, ma unaloro eccessiva attivazione può portare a fenomenidi tipo trombotico.

La fibrinolisi. È un processo di lisi del coagulo cheviene attivato contemporaneamente alla cascatadella coagulazione e che ha lo scopo di controllarla.Si esplica attraverso due meccanismi principali:– l’azione degli attivatori del plasminogeno en-

dogeno: attivatore tessutale del plasminogeno(t-PA) e urochinasi (u-PA). Il plasminogeno,una β-globulina del siero, viene depositato al-l’interno del trombo sui fili di fibrina; gli attiva-tori (proteasi seriniche) penetrano all’internodel trombo e liberano dal plasminogeno la pla-smina, enzima noto come fibrinolisina. Questaagisce sulla rete di fibrina degradandola e por-tando alla lisi del coagulo; la sua azione è loca-lizzata sul coagulo poiché gli attivatori agisco-no principalmente sul plasminogeno legato allafibrina;

– l’attivazione della proteina C da parte dellatrombina. La proteina C attivata inibisce i fatto-ri della coagulazione Va e VIIa e stimola la fi-brinolisi.

Preparati di origine animale impiegati neidifetti della coagulazione e della fibrinolisi

Antiemorragici e procoagulanti

Vitamina K. È un cofattore essenziale per la sinte-si epatica dei fattori della coagulazione II, VII, IX eX; le forme di vitamina K e le loro fonti naturali

sono descritte nel capitolo dedicato alle vitamine.La FU X riportava il fitomenadione (Vit. K1) e ilmenadione (Vit. K3). Il fitomenadione è un liquidooleoso, giallo intenso, insolubile in acqua; il mena-dione, un prodotto di degradazione della Vit. K1privata della catena laterale, è una polvere cristalli-na gialla insolubile in acqua.

I preparati di vitamina K, riportati nella FU XII(Tab. 2), vengono impiegati per prevenire le emor-ragie da carenza della vitamina (causata da alimen-tazione inadatta, da terapia antibiotica, da alteratoassorbimento intestinale, da insufficiente produzio-ne ad opera di batteri intestinali ecc.) e per preveni-re o trattare sanguinamenti da anticoagulanti orali.

Frazioni emocoagulative per uso sistemico. Lacarenza di fattori della coagulazione può comporta-re fenomeni emorragici; in particolare la carenza difattore VIII e di fattore IX provocano l’emofilia,una malattia emorragica ereditaria recessiva. Leforme più note sono quella classica o emofilia A(carenza di fattore VIII) e la malattia di Christmas oemofilia B (carenza di fattore IX). Esiste poi la ma-lattia di von Willebrand, anch’essa una condizioneemorragica ereditaria in cui, oltre al fattore VIII ècarente anche il fattore di von Willebrand da cui di-pende l’adesione delle piastrine al subendotelio deivasi nella sede della lesione; in questa patologiaquindi, oltre al difetto di coagulazione, è presenteanche un’alterazione dell’aggregazione piastrinica.

Per il trattamento delle sindromi da carenza deifattori della coagulazione sono disponibili prepara-ti contenenti tali fattori concentrati, ottenuti a parti-re da plasma umano per frazionamento (FU). Ilplasma utilizzato come materiale di partenza è ot-tenuto da donatori sani accuratamente selezionati,risultati esenti da agenti responsabili di infezionitrasmissibili mediante gli emoderivati. Il plasmaviene poi ulteriormente testato per i virus HBV,HCV e HIV e trattato con procedure di eliminazio-ne di questi virus.

Tutti i preparati contenenti fattori della coagu-lazione debbono soddisfare i requisiti di sterilità eassenza di pirogeni; la loro attività viene determi-nata mediante titolazione biologica per confrontocon uno Standard Internazionale (FU XII: 2.7.4;2.7.10.; 2.7.11) ed espressa in Unità Internazionali.Fattore VII (FU XII 2.7.10). Il preparato può con-tenere anche piccole quantità del fattore attivatoVIIa, insieme ai fattori della coagulazione II, IX eX, e alla proteina C.Fattore VIII (globulina antiemofilica). Sono dispo-nibili due tipi di preparazioni, i concentrati liofiliz-zati di fattore VIII (FU XII 2.7.4) e i crioprecipitati.

Questi ultimi contengono, oltre al fattore VIII, ilfattore di von Willebrand e il fibrinogeno; sonopertanto preparati utili, oltre che nell’emofilia clas-sica, anche nella malattia di von Willebrand e, tal-volta, per reintegrare il fibrinogeno.Fattore IX. Anche in questo caso sono disponibilidue tipi di preparazioni, il fattore IX purificato (FU XII 2.7.11) ed il complesso del fattore IX, con-tenente anche i fattori II, VII e X. Entrambi vengonoottenuti dal plasma; il primo viene purificato me-diante cromatografia per affinità, il secondo vieneottenuto dal supernatante del plasma dopo criopreci-pitazione. I due preparati sono indicati nell’emofiliaB; il complesso è preferito per correggere le emorra-gie da emofilia A con resistenza al fattore VIII.Fibrinogeno umano. Può essere somministrato co-me tale, ottenuto da plasma umano, o sotto formadi concentrati liofilizzati di fattore VIII che ne sonoricchi. I preparati sono impiegati nella afribrinoge-nemia.

Emostatici per uso topico

Trombina. L’enzima, che trasforma il fibrinogenoin fibrina, è usato per arrestare emorragie in sediaccessibili, specie a livello della mucosa orale. Latrombina è impiegata da sola in polvere, spray o incombinazione con una spugna di gelatina; è da evi-tare la penetrazione nei grandi vasi ove può provo-care trombosi. È preferibile la trombina di originebovina che non presenta il rischio di virus epatitico.Colla di fibrina. È un preparato costituito da fibri-nogeno umano, fattore XIII umano, trombina uma-na, aprotinina, fibronectina e cloruro di calcio. Lasoluzione viscosa viene ricostituita al momentodell’uso mediante un opportuno solvente; essa ade-rendo alla ferita acquista una consistenza gommo-sa, quindi va incontro a lisi. È utile per l’emostasidi organi parenchimatosi e nella chirurgia delle fe-rite in luogo delle suture.Spugna di gelatina. Viene ottenuta per coagulazio-ne della gelatina a caldo. Il materiale spugnoso, im-bevuto di trombina o inumidito con soluzione fi-siologica o con un antibiotico, una volta applicatosulle ferite favorisce la deposizione di tappi di fi-brina; se lasciato in situ dopo 6 settimane si rias-sorbe.Collagene. Viene utilizzato quello bovino; si appli-ca allo stato secco sulle superfici sanguinanti ove siumidifica, richiama e intrappola le piastrine che siaggregano su di esso attivando la coagulazione. Ilmateriale viene riassorbito nel giro di 7-10 setti-mane lasciando residui minimi.

Anticoagulanti sistemici

Eparina. È una miscela di mucopolisaccaridi sol-fatati con peso molecolare da 3000 a 40000 Dal-ton. Nei tessuti è localizzata nei mastociti, sottoforma di polimero; è anche presente nel plasma enelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni. L’epa-rina per uso clinico viene estratta dal polmone dibue o dalla mucosa intestinale di bue, di maiale odi montone. Poiché i preparati contengono gene-ralmente una miscela di prodotti che possono ave-re potenza diversa, la loro determinazione quanti-tativa viene effettuata mediante titolazione biologi-ca (FU XII 2.7.5) e l’attività viene espressa inUnità Internazionali. Sono disponibili l’eparina so-dica e l’eparina calcica: la prima si somministra pervia endovenosa, la seconda per via sottocutanea.

L’azione anticoagulante dell’eparina si esplicaattraverso una intensificazione dell’azione dell’an-titrombina III, che inattiva diversi fattori della coa-gulazione, in particolare la trombina ed il fattore X.L’eparina legandosi all’antitrombina III ne cambiala conformazione accelerandone così la velocità direazione.

L’eparina è il farmaco di scelta nel trattamentodelle trombosi venose profonde, nelle tromboem-bolie, nella prevenzione delle complicanze trom-boemboliche postoperatorie, nell’infarto del mio-cardio, per prevenire le tromboembolie venose, leembolie arteriose e la riocclusione trombotica do-po trombolisi. Il principale effetto indesiderato è ilsanguinamento spontaneo; esso viene trattato, ol-tre che con l’immediata sospensione della terapia,con somministrazione di protamina. La protaminaè costituita da un complesso di peptidi fortementebasici estratti dallo sperma o dalle uova di pesce,generalmente della famiglia dei salmonidi e deiclupeidi; somministrata per via endovenosa in so-luzione all’1%, forma un complesso con l’eparinainattivandola.Eparine a basso peso molecolare. Sono costituiteda frazioni di eparina con peso molecolare infe-riore a 8000. Si differenziano dall’eparina classicain quanto aumentano l’azione dell’antitrombina IIIsul fattore Xa, ma non sulla trombina; tale seletti-vità d’azione dipende dal fatto che le ridotte di-mensioni delle molecole non consentono loro dilegare contemporaneamente la trombina e l’anti-trombina, come invece accade con l’eparina. Leeparine a basso peso molecolare sembrano causa-re, rispetto a quella classica, una minore incidenzadi emor ragie a parità di efficacia; hanno inoltreuna maggiore biodisponibilità dovuta al minor legame con le proteine plasmatiche. Allo stato

402 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M9 • Sostanze di origine animale 403

attuale trovano impiego nella prevenzione dellatrombosi venosa postoperatoria.Irudina. È un potente inibitore naturale della trom-bina, estratto dalla sanguisuga (Hirudo medicina-lis) e attualmente ricavato con la tecnologia delDNA ricombinante. È in grado di raggiungere einattivare la trombina legata alla fibrina a livellodei trombi e, a differenza dell’eparina, a dosi anti-trombotiche nell’uomo non causa alcun sanguina-mento. La sostanza è attualmente in corso di speri-mentazione cli nica.Antitrombina III. Il concentrato di antitrombina IIIè utilizzato nei difetti congeniti di questo fattore,allo scopo di prevenire o trattare fenomeni trom-boembolici: nei soggetti portatori di tali difetti l’e-parina è inattiva. Il concentrato di antitrombina IIIviene ottenuto da plasma umano che soddisfi i re-quisiti di sicurezza previsti dalla FU. L’attività delpreparato viene determinata mediante titolazionebiologica in confronto ad una preparazione di anti-trombina III umana a titolo noto e si basa sulla suacapacità di inattivare la trombina.

Fibrinolitici

I farmaci fibrinolitici causano una rapida lisi deitrombi per formazione di plasmina (fibrinolisina)a partire dal suo precursore plasminogeno. La pla-smina è un enzima proteolitico che converte la fibrina in prodotti solubili. Vengono impiegati neltrattamento delle malattie trombo-emboliche enell’infarto acuto del miocardio. Quando vengonosomministrati per via endovenosa determinanouno stato di lisi generalizzato con possibile insor-genza di emorragie sistemiche. I fibrinolitici diinteresse terapeutico come l’alteplasi, l’anistre-plasi, la fibrinolisina, la streptochinasi ed altri so-no stati trattati nel capitolo degli enzimi (enzimifibrinolitici).

Antifibrinolitici

Aprotinina. È un peptide di 58 aminoacidi estrattodal polmone di bue che inibisce vari enzimi pro-teolitici (chimotripsina, tripsina, plasmina, attivato-re del plasminogeno ecc.) con i quali forma uncomplesso inattivo. Il principale effetto dell’intera-zione dell’aprotinina con gli enzimi della fibrinoli-si è l’effetto antifibrinolitico da complessazionedella plasmina. Viene utilizzata soprattutto in in-terventi di cardiochirurgia allo scopo di ridurre ilrischio di perdite di sangue notevoli.

Fattori di crescita

La cellula si moltiplica e si differenzia quando l’or-ganismo necessita di un nuovo apporto di cellule(crescita fisiologica, evento patologico) e quandodeve compiere determinate funzioni. La divisione ela differenziazione cellulare sono fenomeni ai qua-li sovraintendono specifici fattori di crescita. Sitratta di proteine (polipeptidi a lunga catena) sinte-tizzate dai ribosomi, organuli citoplasmatici depu-tati alla sintesi proteica.

I fattori di crescita agiscono sulle stesse celluleche li producono (attività autocrina), ma anche sucellule che si trovano nelle immediate vicinanze diquelle da cui vengono prodotte (attività paracrina).La loro azione si esplica mediante recettori specifi-ci presenti sulla superficie della membrana citopla-smatica. Legandosi a questi recettori i fattori dicrescita attivano un sistema che trasmette segnaliall’interno della cellula con conseguente depressio-ne di geni specifici e sintesi di RNA messaggeriper determinate proteine utili alla crescita ed alladifferenziazione della cellula stimolata. Una insuf-ficiente produzione di fattori di crescita o una scar-sa sensibilità verso gli stessi può essere causa dipatologie anche gravi.

I fattori di crescita oggi vengono prodotti me-diante tecniche (fusione cellulare, DNA ricombi-nante) che consentono di attuare sostanze più omo-genee e sicure da un punto di vista terapeutico.

L’impiego dei fattori di crescita in terapia è ipo-tizzabile nella cura delle fratture, delle ustioni edelle neoplasie.

Dei vari fattori di crescita (Tabella M9.1) l’EGFviene considerato con interesse per la cura di ulce-re, per innesti della pelle e per il trapianto dellacornea e del cristallino. L’FGF stimola la crescitadei capillari e viene sperimentato per la cura diustioni, ulcere, piaghe da decubito, ferite chirurgi-che, fratture, strappi ai tendini ed ai legamenti.L’FGF stimola anche la crescita di cellule nervosee pertanto potrebbe trovare un’utile applicazionenella cura di malattie neurodegenerative (Alzhei-mer, Parkinson ecc.). Una trattazione a parte meri-tano infine l’interferone, l’eritropoietina e le inter-leuchine.

Interferone

L’interferone fu scoperto nel 1957 da Isaacs e Lin-denmann nel corso di studi sugli effetti di virus in-fluenzali inattivati con i raggi UV su frammenti di

membrana corionallantoidea di embrione di pollo.L’interferone è una glicoproteina prodotta dalle cel-lule eucariotiche (soprattutto linfociti T e cellule NKattivate), in seguito a stimolazione antigenica o perl’azione di un induttore (virus, batterio, endotossina,sostanza chimica). L’induttore rimuove l’inibizionesul gene che regola la sintesi di interferone: questorichiede alcune ore perché il gene possa esprimersicodificando l’RNA messaggero per la sintesi dellaproteina interferone. In realtà sarebbe più esatto par-lare di interferoni, dato che si conoscono diversi ti-pi: interferone leucocitario, prodotto da leucocitistimolati da virus o mitogeni; interferone fibrobla-stico, prodotto da fibroblasti infettati da virus; in-terferone immune, prodotto da linfociti T, dopo at-tivazione con antigeni e mitogeni.

Gli interferoni sono presenti nelle specie ani-mali più evolute, e presentano una caratteristicaspecificità di specie, essendo attivi su cellule omo-loghe, ma non su cellule eterologhe; la specie-spe-cificità non è tuttavia assoluta. L’interferone si legasu un recettore specifico presente sulla superficiedella cellula bersaglio: il segnale che ne deriva fun-ge da secondo messaggero per la sintesi di nuoveproteine (tramite un RNAm). Le principali azionibiologiche degli interferoni sono: azione antivirale,antiproliferativa, immunomodulatrice.

L’azione antivirale sembra risiedere nella indu-zione della sintesi di enzimi quali proteinchinasi,che inattiva il peptide che inizia la sintesi proteicavirale, oligoadenilato sintetasi, che attiva un’endo-nucleasi che demolisce l’RNA cellulare utile per lareplicazione virale, e di una fosfodiesterasi, cheinibisce la sintesi di nuove proteine. L’azione anti-proliferativa è la conseguenza dell’interazione del-l’interferone con meccanismi che regolano il ciclo

cellulare, la sintesi proteica, la crescita e differen-ziazione cellulare ed il citoscheletro cellulare. L’a-zione immunomodulatrice è infine la conseguenzadi un’aumentata attività dei macrofagi indotta dal-l’interferone.

Per tutte queste attività gli interferoni trovanoimpiego nelle malattie virali, ed in quelle oncologi-che (l’interferone induce remissione della leucemiaa cellule capellute nel 90% dei pazienti); sono statipoi proposti nell’AIDS (sembra che inibiscano lareplicazione del virus HTCV III), nei casi di herpeslabialis e genitalis, condilomi acuminati, cheratiteerpetica.

Eritropoietina

L’eritropoietina o fattore stimolante l’eritropoiesi(ESF) è una glicoproteina complessa prodotta nelfeto dal fegato e nell’adulto dal rene per il 90% edal fegato per il 10%. Agisce sulle cellule stimo-lanti inducendo la loro differenziazione in celluleeritroidi.

Circa il meccanismo d’azione, viene suggeritoche l’eritropoietina può attivare l’adenilciclasi conconseguente produzione di AMPciclico, la produ-zione sequenziale di diversi tipi di RNA, la sintesi diDNA ed infine modificare il microambiente indu-cendo, nei tessuti emopoietici, vasodilatazione e va-soproliferazione con conseguente iperplasia eritroi-de. Nel 1989 la Food and Drug Administration haapprovato l’uso dell’eritropoietina ricombinante peril trattamento dell’anemia cronica indotta da insuffi-cienza renale; il prodotto può essere utilizzato percurare anche altre anemie da deficienze proteiche

404 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M9.1 Fattori di crescita e loro applicazioni

Fattori di crescita Applicazione

EGF (Epidermal growth factor) Guarigione di ferite

CSF (Colony stimulating factor) Terapia con chemioterapici citotossici

FGF (Fibroblast growth factor) Guarigione di ustioni, piaghe e ferite; terapia dell’ischemia cerebrale

PDGF (Platelet derived growth factor) Chirurgia dell’occhio

ANF (Atrial natriuretic factor) Terapia dell’ipertensione

IGF (Insulin-like growth factor) Trattamento delle fratture

LIF (Leukemia inhibitory factor) Terapia della leucemia

NGF (Nerve growth factor) Terapia dell’Alzheimer

TNF (Tumor necrosis factor) Terapia dei tumori

SCF (Sten cell factor) Terapia di anemie

MCP-1 (Macrophage chemotactin protein-1) Terapia di infiammazioni

TGFB (Transforming growth factor B) Terapia di ferite e fratture

Capitolo M9 • Sostanze di origine animale 405

(gravidanza, malattie infettive, neoplasie, AIDS).Altre possibili indicazioni riguardano i pazienti tra-piantati con midollo osseo, nei quali l’eritropoietinapotrà stimolare l’eritropoiesi. L’eritropoietina puòcausare, come effetti collaterali, ipertensione e con-vulsioni.

Interleuchine

Le interleuchine (Tabella M9.2) fanno parte di unafamiglia di proteine glicosilate e non, sintetizzateda diverse cellule in risposta ad infezioni, reazioniimmunitarie, stimoli lesivi ecc.

L’interleuchina più nota è interleuchina-2 (IL-2);questa è stata identificata come un fattore di crescitaautocrino dei linfociti T. Agisce sui linfociti, indu-cendo l’espressione del proprio recettore e provo-cando la divisione e differenziazione delle cellule Thelper e T citotossiche. Può inoltre indurre la proli-ferazione di linfociti B. È stata sperimentata consuccesso nella terapia dei tumori. Provoca, come ef-fetti collaterali, disturbi gastrointestinali, reazionicutanee, febbre, senso di fatica, ipertensione. Un’al-tra interleuchina interessante nella cura di neoplasieè l’IL-1: questa è prodotta soprattutto dai macrofagiattivi ed a sua volta attiva i linfociti B e T e le cel luleNK. Esistono due forme di IL-1, (IL-1α ed IL-1β),codificate da geni diversi, ma riconosciute dal mede -simo recettore. L’IL-1 è importante per il manteni-

mento della risposta immunitaria ed infiammatoria(stimola il release di PG’s ed agisce come fattorechemiotattico per le cellule della reazione infiam-matoria). Causa, come effetti collaterali, febbre, do-lori articolari, proteolisi muscolare ecc. Per le inter-leuchine si sta valutando l’impiego nelle malattieautoimmuni, infiammatorie e tumorali.

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Tabella M9.2 Principali interleuchine e possibili applicazioni terapeutiche

Interleuchina Applicazione

IL-1 Terapia antitumorale; stimolazione dell’ematopoiesi midollare dopo radioterapia e chemioterapia

IL-2 Terapia antitumorale, antibatterica

IL-3 Riattivazione di leucociti (dopo trapianto di midollo osseo, chemioterapia, radioterapia)

IL-4 Terapia antitumorale, antibatterica ed immunostimolante

IL-5 Terapia immunostimolante (durante infezioni)

IL-6 Stimolazione ematopoietica midollare dopo chemioterapia o trapianto di midollo osseo

IL-7 Stimolazione ematopoietica midollare dopo chemioterapia o trapianto di midollo osseo

IL-8 Protezione midollare prima della chemioterapia

IL-9 Riattivazione emopoietica

IL-10 Terapia antirigetto (trapianti) ed antireumatica

IL-11 Riattivazione piastrine e neutrofili dopo radioterapia, chemioterapia e trapianto di midollo osseo

IL-12 Terapia immunostimolante (durante infezioni)

IL-13 Terapia dell’artrite reumatoide e dello shock settico

Elementi e composti formati da uno o più elemen-ti minerali sono stati usati per lungo tempo in far-macia e medicina.

Alcune di queste sostanze hanno attività tera-peutica intrinseca mentre altre sono utili come ec-cipienti. Molte sono poi efficaci senza essere as-sorbite dall’organismo e ciò conferisce loro unabassa tossicità. In genere le sostanze naturali di ori-gine minerale sono usate per problemi gastrointe-stinali o dermatologici. Questo capitolo esamineràl’origine, gli usi (terapeutici o come adiuvanti) e lereazioni avverse delle sostanze minerali di maggio-re interesse farmaceutico.

Allume

L’allume esiste in due forme, l’allume di potassa el’allume di ammonio, il più usato per il suo bassocosto. L’allume di potassa, detto anche allume dirocca (perché gli arabi lo preparavano da minera-li estratti presso Rochka) o allume curdo, è solfa-to di alluminio e potassio con 12 molecole di ac-qua di cristallizzazione. Per allume usto o calci-nato s’intende lo stesso, privato delle 12 moleco-le di acqua di cristallizzazione mediante riscalda-mento a temperatura che non superi i 200 °C. L’al-lume di potassa si presenta in forma di cristalli ot-taedrici incolori, quasi trasparenti, che sfiorisconoall’aria, inodori, di sapore astringente, dolciastro,acidulo (Fig. M10.1). L’allume usto si presenta co-me una polvere bianca, leggera, soffice ed è menosolubile in acqua e di sapore più aspro dell’allumedi potassa. L’allume di ammonio, o allume ammo-niacale, si presenta cristallino, leggermente dolcee di gusto acre.

L’allume può essere estratto dal minerale allu-mite (pietra di allume), oppure preparato da schistialluminosi o da argille, creolite, bauxite ecc.

L’allume è un astringente efficace per la pelle ele mucose. Nel passato è stato incluso nei colluto-

ri ma, a causa degli effetti nocivi sui denti, que-st’uso è stato praticamente abbandonato. L’allumeè più comunemente usato per ridurre l’odore delcorpo associato all’eccessiva sudorazione. Quest’ef -fetto antitraspirante è una conseguenza del bloccodei pori delle ghiandole sudoripare per azioneastringente sulla superficie cutanea. L’interazionecon gli acidi grassi (gliceridi) liberati dall’azionedei batteri sui lipidi della pelle può determinarel’effetto deodorante. I lavaggi detergenti vulvova-ginali e per la leucorrea possono anche contenereallume. Soluzioni dallo 0,5% fino al 5% sono disolito efficaci per effetti locali. L’allume in polve-re può essere usato come emostatico per fermareemorragie di piccoli tagli; talvolta il nitrato di po-tassio è associato all’allume di potassio in una for-ma solida conveniente (Stick). In alcuni casi diemorragie nasali le narici possono essere tampo-nate con cotone impregnato di una soluzione di al-lume. La proprietà dell’allume di indurire la pelleè stata sfruttata dagli atleti per irrobustire la pelledei piedi. Sebbene non comunemente impiegatoper questo scopo, una soluzione (0,5-1%) di allu-me ha un effetto spermicida.

L’ingestione di soluzioni di allume può causareinfiammazioni gastrointestinali, vomito e diarrea.L’antidoto a questo tipo di intossicazione è la som-ministrazione orale di soluzioni emollienti (come il

SOSTANZE DI ORIGINE MINERALECapitolo

M10

Fig. M10.1 Cristalli ottaedrici regolari di allume (F. Capassoe L. Donatelli)

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

latte) e di un antiacido. Altre misure di supportopotrebbero essere necessarie in gravi forme di in-tossicazione.

Altri sali di alluminio

Diversi sali di alluminio sono usati localmente. Que-sti includono l’acetato di alluminio, il solfato di al-luminio ed il cloruro di alluminio o cloridrato di al-luminio. Il primo di questi è conosciuto come Solu-zione di Burow ed è usato come bendaggio esterno olozione (ad una diluizione del 10% o meno) per trat-tare le dermatiti vescicolari acute e le infiammazionicutanee subacute, incluse il piede d’atleta e il rosso-re da pannolini. Essa agisce attraverso un effettocombinato, antisettico, detergente ed astringente.

Come l’allume, il cloruro di alluminio e il clo-roidrossido di alluminio idrato sono usati come an-titraspiranti. Il sale cloruro è talvolta preparato co-me soluzione al 20% in alcol assoluto, mentre ilcloridrato è di solito preparato come soluzione ac-quosa, lozione o pasta. La seconda preparazione èconsiderata di solito meno irritante delle soluzionidi cloruro di alluminio.

Altri composti contenenti alluminio sono statiinvece usati per uso interno per neutralizzare l’aci-dità gastrica. Anche se le sospensioni di fosfato dialluminio (contenenti il 4-5% di AlPO4) sono stateusate come antiacidi, le forme più popolari sonosospensioni colloidali (gel) di idrossido di allumi-nio (contenente 3,6-4% di Al2O3) con olio di men-ta e agenti dolcificanti per l’aroma. Nello stomacoogni molecola di idrossido di alluminio reagiscecon tre ioni di idrogeno facendo così aumentare ilpH intragastrico e neutralizzando l’acido cloridricoprodotto dalle cellule parietali. Nel processo ven-gono prodotti cloruro di alluminio e acqua.

La neutralizzazione avviene lentamente mentregli ioni idrogeno si diffondono nel gel idrato e rea-giscono con gli ioni idrossili. Ogni grammo di geldi idrossido di alluminio neutralizzerà approssima-tivamente 12,5-25 ml di acido cloridrico 0.1 N. Ge-neralmente dopo una dose di circa 10-15 ml di geldi idrossido di alluminio, il pH dello stomaco au-menterà fra 3,5 e 5. All’interno di questo range delpH, la secrezione di pepsina (enzima proteolitico)da parte della mucosa dello stomaco, è, almenoparzialmente, inibita.

Inoltre, la produzione di pepsina dal suo pre-cursore (pepsinogeno) è altamente diminuita inquesto range del pH. Gli ioni di alluminio potreb-bero avere attività inibitoria intrinseca verso la pe-psina anche in condizioni acide.

L’uso principale degli antiacidi che contengonoidrossido di alluminio è nel trattamento di gastriti eulcere peptiche dell’esofago, dello stomaco o delduodeno. Riducendo l’acidità e inibendo l’attivitàdella pepsina, l’antiacido controbilancia questi fat-tori aggravanti permettendo alle ulcere di cicatriz-zarsi. Uno degli effetti collaterali più comuni dell’i-drossido di alluminio è la stipsi. Quindi l’idrossidodi magnesio, che ha un effetto lassativo blando (ve-di oltre), è spesso incluso al fine di alleviare l’effet-to collaterale della stipsi. Sebbene l’alluminio nonsia assorbito prontamente dal tratto gastrointestina-le, alcuni ioni di alluminio possono raggiungere ilcircolo ematico. Se, dopo un uso prolungato, unasignificativa quantità di alluminio si accumula neitessuti, vi è la possibilità di un danno neuronale.L’accumulo di alluminio nel cervello potrebbe esse-re un possibile fattore della malattia di Alzheimer.

L’intossicazione da alluminio è invece una rea-le preoccupazione in malattie renali dove l’idrossi-do di alluminio è usato frequentemente per preve-nire l’iperfosfatemia. Alcune sostanze potrebberoavere il loro assorbimento ridotto dal gel di idrossi-do di alluminio. Fra queste ci sono aminofillina,atropina, tetraciclina, antibiotici e ciprofloxacina.

La forma di dosaggio preferita per l’idrossidodi alluminio è la sospensione liquida. Comunque,la forma anidra del gel di idrossido di alluminiopuò essere confezionata in compresse che possonoessere masticate.

Il gel di idrossido di alluminio e numerosi altripreparati antiacidi sono ampiamente disponibilisenza prescrizione (OTC) e sono comunementeusati dai consumatori per trattare disturbi e aciditàdi stomaco, indigestione e ulcere peptiche immagi-narie o reali. Comunque, questi prodotti sono rara-mente prescritti dai medici nei casi di ulcere inquanto sono indispensabili terapie molto più effi-caci che attaccano un batterio (Helicobacter pylori)che ora si sa essere responsabile delle maggiori for-me di ulcere peptiche.

Il gel di idrossido di alluminio è stato applicatoanche localmente per trattare una varietà di patolo-gie cutanee come impetigine e lesioni eczematose.

Sali di bismuto

Il bismuto è un componente di sali complessi usa-ti esternamente ed internamente. Questi includonoil subcarbonato, il subgallato, il subnitrato, il tar-trato di potassio e il subsalicilato. Il subcarbonatodi bismuto (o carbonato basico di bismuto) è quasiinsolubile in acqua ed è usato internamente come

408 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M10 • Sostanze di origine minerale 409

un ingrediente in miscele utilizzate per la ga-stroenterite e la diarrea.

Il subcarbonato ha il vantaggio, nei confrontidel sale di subnitrato (usato anche in disturbi ga-strointestinali), perché non trattiene lo ione del ni-trato potenzialmente tossico.

Il subcarbonato di bismuto è anche usato ester-namente come lozione, polvere o pomata per lenirel’irritazione della pelle.

Il magma di bismuto è una miscela di idrossidodi bismuto e subcarbonato di bismuto. Questa so-spensione è usata per le stesse indicazioni per cui èutilizzato il subcarbonato di bismuto. Il sale di sub-gallato è prodotto dalla reazione dell’acido gallicocon l’idrossido di bismuto. La polvere, di coloregiallo vivo, è stata usata come astringente/protettivoesternamente e internamente. Il subsalicilato di bi-smuto originariamente è stato studiato per fornireioni di bismuto per azioni astringenti e protettivesul tratto intestinale, e il salicilato per una possibileazione antibatterica. Dopo la somministrazione ora-le il subsalicilato di bismuto è idrolizzato nello sto-maco, trattenendo gli ioni di ossicloruro di bismutoe gli ioni salicilato. Sembra che una sospensionearomatizzata contenente subsalicilato di bismuto siautile nella diarrea del viaggiatore causata da ceppidi E. Coli enterotossici.

Acido borico

Il borato di sodio, conosciuto anche come borace(dall’ebraico boraq, brillante) e altri borati metalli-ci alcalini, sono sali naturali da cui si ricava l’acidoborico. Queste sostanze originariamente erano ot-tenute dalle zone vulcaniche della Toscana e, piùrecentemente, dai deserti della California. L’ele-mento boro è il maggior componente nell’acidoborico e nei suoi sali. L’acido borico una volta erausato comunemente in soluzioni, polveri e unguen-ti come blando antisettico locale per il trattamentodelle infiammazioni delle mucose e della pelle.L’acido borico in soluzione acquosa (una soluzionedel 2,2% è isotonica con il fluido lacrimale) è undebole tampone, e tuttora si usa nei lavaggi ocula-ri. Altri usi di soluzioni acquose di acido borico so-no le irrigazioni della vescica, i lavaggi vaginali ele medicazioni di pustole e di altre alterazioni cuta-nee. L’acido borico un tempo era incluso in polve-ri per gli arrossamenti da pannolini. Questo secon-do uso è oggi considerato pericoloso perché anchequando viene impiegato in polvere, l’acido boricopotrebbe essere assorbito attraverso la pelle irritatatanto da produrre tossicità. Gravi intossicazioni si

sono verificate in neonati dopo l’applicazione loca-le, su scottature, zone denudate o tessuti da cica-trizzare, di soluzioni, unguenti o polveri contenen-ti acido borico.

Se ingerito per via orale, l’acido borico è benassorbito, anche se lentamente. Una seria intossica-zione (nausea, vomito, dolori addominali, diarrea,mal di testa, disturbi della vista) può avvenire conappena 5 g di acido borico. In dosi maggiori (circa20 g negli adulti) ed in individui sensibili, lo shock,con ipotensione, tachicardia e convulsioni, potreb-be portare ad un esito fatale.

Il trattamento per la intossicazione da acido bo-rico include la lavanda gastrica e misure terapeuti-che di supporto.

Sali di calcio

Sostanze che contengono calcio sono usate in tera-pia per sopperire carenze di calcio, per prevenire oridurre l’evoluzione dell’osteoporosi e come antia-cido gastrico. I sali di calcio solubili, come il clo-rato di calcio e il gluconato di calcio, sono stati usa-ti in medicina, ma la maggior parte degli agenti uti-li sono precipitati di calcio. Il carbonato di calcio èinsolubile in acqua ed è stato ampiamente usato co-me antiacido gastrico. Un grammo di polvere neu-tralizza circa 200 ml di HCl 0,1 N, rendendolo equi-valente all’idrossido di magnesio come antiacido.Il carbonato di calcio è soprattutto disponibile incompresse. La dose è di 1 g 4 o più volte al gior-no. Nello stomaco il carbonato di calcio reagiscecon l’acido cloridrico e si trasforma in cloruro dicalcio solubile il quale passa

CaCO3 + 2HCl → CaCl2 + H2CO3

nell’intestino dove reagirà con i bicarbonati in-testinali. Si forma così cloruro di sodio che rias-sorbito restaura la quota di

CaCl2 +2NaHCO3 → 2NaCl + CaCO3+ CO2+H2O

cloruro di sodio ematico mentre il carbonato di cal-cio formatosi, non essendo assorbito, viene espul-so con le feci. La possibilità che si abbiano effet-ti generali è scarsa. Un uso eccessivo di carbona-to di calcio può causare stipsi e secrezione acidadi rimbalzo dovuta alla eccessiva produzione digastrina.

Troppo calcio potrebbe poi essere un fattorepredisponente nella formazione di calcoli renali.

Sali di magnesio

In natura il magnesio esiste come materiale dal co-lore bianco-argenteo. Il magnesio si trova in cibi co-me la carne, le verdure, il latte. Nell’uomo il ma-gnesio è necessario per la produzione dell’energiacellulare, della funzione cardiovascolare normale edella funzione neuronale e muscolare scheletrica. Èstato stimato che un essere umano adulto contienecirca 20 g di magnesio di cui la metà è presente nel-le ossa e un terzo nei muscoli. Una carenza di ma-gnesio può causare irritabilità neuronale, convul-sioni e aritmia cardiaca. Il magnesio generalmenteagisce per controbilanciare gli effetti del calcio neimuscoli e nel tessuto neuronale.

Come l’alluminio, il magnesio è un mineraleutile sia in medicina che in farmacia. Le formeprincipali di magnesio sono il carbonato, il citrato,l’idrossido, il trisilicato, il solfato, l’ossido e lostearato. La sospensione di idrossido di magnesio,conosciuta comunemente anche come latte di ma-gnesio, è ampiamente usata sia come antiacido checome lassativo.

Il latte di magnesio contiene 7-8,5% di idrossidodi magnesio in sospensione. Come antiacido, la do-se comune è di 5 ml e contiene 385 mg di idrossidodi magnesio. Questa dose neutralizza circa 135 ml diacido cloridrico 0,1 N. Agenti aromatizzanti, comel’olio essenziale di menta, sono spesso aggiunti allatte di magnesio per renderlo più gradevole; taloraviene aggiunto lo 0,1% di acido citrico per diminui-re la reazione della sospensione con il vetro del con-tenitore. Come lassativo la dose di idrossido di ma-gnesio è 3-6 volte maggiore della dose richiesta peravere un effetto antiacido. Nello stomaco, l’idrossi-do di magnesio non solubile è trasformato in clorurodi magnesio combinandosi con gli ioni di idrogeno:

Mg(OH)2 + 2HCl → MgCl2 + 2H2O

Ossido di magnesio può anche essere dato oral-mente come antiacido gastrico. Dapprima l’ossidoviene convertito in idrossido nello stomaco, rallen-tando la velocità e l’efficacia della neutralizzazioneacida.

Una piccola quantità (circa 15% di una dose da-ta) di magnesio viene comunque assorbita dall’in-testino, ma questo non crea alcun problema di tos-sicità, poiché il magnesio è utilizzato in parecchieimportanti funzioni dell’organismo, a meno chenon ci sia una funzionalità renale ridotta o un equi-librio elettrolitico non normale.

In rare situazioni in cui gli ioni di magnesio so-no somministrati per via endovenosa, bisogna ave-re grande cura per evitare la tossicità (vedi oltre).

Tre sali di magnesio sono comunemente usaticome lassativi: citrato, solfato e idrossido. Si pensache l’azione lassativa sia principalmente dovuta al-l’effetto osmotico del magnesio e ai suoi ioni chesono scarsamente assorbiti dall’intestino.

Altri meccanismi, inclusa la liberazione di cole-cistochinina e la stimolazione della liberazione diossido d’azoto, sono stati proposti di recente. Co-munque l’azione lassativa causata dal solfato dimagnesio è principalmente dovuta all’accumulo diliquido intraluminale in eccesso, combinato proba-bilmente con gli effetti diretti o indiretti sulla moti-lità intestinale.

L’idrossido di magnesio, come detto prima, èun lassativo alquanto debole, perché solo lo ione dimagnesio entra nel tratto intestinale dove produceil suo effetto osmotico. La soluzione di citrato dimagnesio è preparata per mezzo di una combina-zione di carbonato di magnesio e di acido citrico. Ilcitrato di magnesio è spesso aromatizzato con es-senza di limone ed è reso effervescente con l’ag-giunta di bicarbonato di sodio. Come il latte di ma-gnesio, la soluzione di citrato di magnesio deve lasua azione principalmente ad un singolo ione dimagnesio e quindi per produrre un effetto lassativoè necessario un grande volume (250-350 ml checontengono circa 15 g di carbonato di magnesio) diquesto preparato.

Il solfato di magnesio è forse il più potente deilassativi contenenti magnesio. Questo sale è un co-stituente dell’acqua di molte sorgenti naturali. È sta-to cristallizzato per la prima volta nel 1675 dall’ac-qua proveniente dalla sorgente di Epsom, in Inghil -terra (e perciò detto Sale di Epsom o sale inglese).

Questo sale naturale è molto solubile in acqua,rendendo facile la preparazione di soluzioni iperto-niche. La dose comune di sale di Epsom è di 10-15g (in circa 15-20 ml di acqua): dato a stomaco vuo-to produce feci acquose in circa tre ore.

Il solfato di magnesio è talvolta usato per via si-stemica per trattare anormalità elettrolitiche e con-dizioni come aritmia cardiaca, convulsioni, contra-zioni uterine associate a carenza di magnesio. Incaso di tossicità da sovradosaggio un antidoto effi-cace è il gluconato di calcio, per via endovenosa.

Un altro preparato che merita di essere menzio-nato è lo stearato di magnesio. Lo stearato di ma-gnesio è costituito da magnesio con quantità varia-bili di acido stearico e palmitico e fino all’8% diossido di magnesio. Questa polvere bianca, distruttura fine, ma voluminosa, è insolubile in ac-qua. Non è tossica se ingerita ed è ampiamente usa-ta come lubrificante nella produzione di compressee nella composizione di unguenti e polveri lenitive.

410 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M10 • Sostanze di origine minerale 411

Silicati

Bentonite e caolino sono silicati di alluminio idra-to. L’attapulgite è invece un silicato idrato di allu-minio, magnesio e ferro. La bentonite è una polve-re fine di color crema. Non è solubile in acqua masi gonfia sino a circa 12 volte il suo volume se ag-giunta all’acqua. La stabilità delle sospensioni dibentonite è alterata dal pH, essendo più stabile inambiente alcalino. Essa forma un gel simile ad unapasta viscida, la cui consistenza può essere regola-ta variando la quantità di acqua. Nella sospensioneacquosa le particelle di bentonite sono caricate po-sitivamente. Questa proprietà può giustificare lacapacità della bentonite di chiarificare sospensioniche contengono particelle caricate positivamente.

La bentonite è usata nell’industria farmaceuticae in altre industrie come agente assorbente, stabi-lizzante o sospendente. Una forma comune utiliz-zata in prodotti cosmetici o farmaceutici è il mag-ma di bentonite, preparato come sospensione al 5%(v/v) in acqua caldissima. La bentonite può ancheessere ingerita ma è usata più frequentemente perprodotti per uso esterno.

Il caolino (dal cinese kaoling o ka-ling, nomedi una collina presso Fou-liang dalla quale si rica-va) è un termine generico applicato a vari silicatinaturali di alluminio idrato. Come la bentonite, ilcaolino è un’argilla. Ci sono almeno tre classi diargille classificate come caolino: caolinite, diskitee nacrite. Nella sua forma naturale il caolino è im-puro, essendo contaminato con ossido ferrico chegli dà un colore rosso o con altre impurità come icarbonati di calcio e di magnesio (che come l’ossi-do ferrico alterano il colore del prodotto in natura).Poiché il caolino proveniente da varie fonti natura-li viene considerato di qualità abbastanza modesta,quello per uso farmaceutico viene purificato permezzo di un trattamento con acidi forti, lavandolocon acqua, asciugandolo e setacciandolo. Si ottieneuna polvere fine, sottile, bianca, untuosa al tatto,insolubile in acqua e negli acidi.

Ha spiccate proprietà adsorbenti: s’impiega al-l’interno come antiacido ed antitossico (nelle in-tossicazioni alimentari) ed all’esterno come polve-re aspersoria. Sebbene nel passato il caolino siastato usato per il trattamento di coliti ulcerose, c’època attendibilità per sostenere oggi questo ap-proccio terapeutico. È pratica comune usare il cao-lino in miscela con la pectina (un polimero poliu-ronico ottenuto dai frutti di Citrus o di mela) inpreparati contro la diarrea. La dose orale comunedi sospensioni di caolino/pectina è 60-120 ml dopociascun episodio diarroico; ciò rappresenta appros-

simativamente 10-25 g di caolino per dose. L’ap-plicazione di polveri che contengono caolino perlesioni trasudanti della pelle produce un piacevoleeffetto essiccante. Entra inoltre nella composizionedi dentifrici ed entrava come eccipiente nella pre-parazione di pillole.

L’attapulgite è un’argilla che prende il nomedal luogo di estrazione, Attapulgue, Paese dellaGeorgia (USA) dove è stato rinvenuto il primo gia-cimento. È una polvere finissima, inodore, di un co-lore crema chiaro, o nocciola chiaro, insolubile inacqua ed in alcali. La capacità adsorbente dell’atta-pulgite può essere accresciuta con un opportuno ri-scaldamento. La sostanza così ottenuta (attapulgiteattivata) ha un potere adsorbente 5-8 volte maggio-re del caolino. L’attapulgite ed il caolino sono co-munemente usati in sospensioni orali per trattarediarree blande o moderatamente gravi. Non è rac-comandato l’uso nella diarrea cronica ad eccezionedi un trattamento sintomatico temporaneo finchénon potrà essere individuata la causa della diarrea.Questi preparati non dovrebbero essere usati se feb-bre o sangue nelle feci sono associati alla diarrea. Sipensa che queste sostanze diano una copertura pro-tettiva per la mucosa intestinale irritata e assorbanoacqua per ridurre la fluidità delle feci.

Inoltre, si ritiene comunemente che le tossineassociate a varie forme di enteriti vengano assorbi-te dalle particelle di attapulgite (o di caolino) e re-se incapaci di interagire con la mucosa intestinale.L’attapulgite è di solito usata nella diarrea a dosi di1,2-3 g (30 ml dei preparati commerciali).

Sia l’attapulgite che il caolino riducono l’assor-bimento di un considerevole numero di farmaci. Sipensa che ciò si verifichi attraverso un assorbimen-to fisico sulla superficie delle particelle sospese. Ilsignificato clinico di queste interazioni varierà aseconda del farmaco, della dose e del tempo disomministrazione relativo al preparato usato controla diarrea. I farmaci che sembra che interagisconomeglio con il caolino e l’attapulgite sono i glucosi-di digitalici, gli antibiotici del tipo lincomicina, gliantipsicotici fenotiazine/tioxanteni e le xantine (ades. oxtrifillina, teofillina).

Per prevenire o ridurre l’entità di queste intera-zioni si raccomanda che i preparati contenenti caoli-no o attapulgite vengano somministrati non meno didue ore prima o tre-quattro ore dopo questi farmaci.

Il talco, dall’arabo talak, è idrosilicato di ma-gnesio. Come minerale si trova in tutto il mondo,anche negli Stati Uniti, dove depositi di alta qua-lità esistono nel Nord Carolina. Si distingue il talcofoliaceo dalla steatite. Il primo è in masse squa-mose o lamellari, di lucentezza madreperlacea,

untuoso al tatto. La steatite è una varietà compat-ta di talco, tenera, untuosa al tatto (detta anchepietra da sarto perché da questo utilizzata per se-gnare le correzioni da fare sugli abiti). Per usomedico si adopera il talco bianco, ridotto in pol-vere finissima.

Il fatto di non essere sabbioso e la struttura le-vigata lo rendono particolarmente idoneo comepolvere aspersoria per lenire la pelle irritata. Tendead avere un’azione lubrificante sulla pelle.

I guanti di latice sono spesso ricoperti di talcoche agisce come lubrificante per agevolarne la ri-mozione. Comunque l’uso del talco per guanti chi-rurgici non è senza conseguenze; anche quantitàminime di talco che si depositano sui tessuti posso-no causare la formazione di granuloma.

Dei vantaggi sono stati tratti dalle proprietà deltalco in pazienti con episodi ricorrenti di pneumo-torace. Talco sterilizzato viene spruzzato attraversoun endoscopio nello spazio pleurico dopo la rottu-ra e il collasso del polmone. Ciò produce una blan-da irritazione e aderenza del rivestimento dei pol-moni alla cavità toracica.

Nelle preparazioni farmaceutiche il talco vieneusato come mezzo filtrante per liquidi coprenti ecome lubrificante per confezionare compresse. Es-so è talvolta anche usato nella dispersione di so-stanze scarsamente solubili nell’acqua come oli vo-latili in miscele idroalcoliche o acquose.

Trisilicato di magnesio (ossido di magnesio piùossido di silicio) è talvolta aggiunto ad altri prepa-rati di magnesio, oppure usato da solo come antia-cido. Nello stomaco il trisilicato assume una consi-stenza simile a gel, che potrebbe aderire alle lesio-ni ulcerose e avere un’azione protettiva. Ad ognimodo, il cloruro di magnesio formatosi nello sto-maco reagisce con il bicarbonato di sodio nel duo-deno per produrre carbonato di magnesio (che èeliminato con le feci) e cloruro di sodio (che è ra-pidamente assorbito).

Un effetto collaterale potenziale del consumoeccessivo di trisilicato di magnesio è la formazionedi calcoli renali di silicati. Il trisilicato di magnesioe il carbonato di magnesio non producono effettolassativo.

Sali di zinco

Lo zinco è un importante elemento, richiesto per lanormale attività di numerosi enzimi nell’organismo.Se ingerito, lo zinco agisce come antiossidantecontrastando l’effetto di alcuni tipi di radicali libe-ri. Si pensa anche che questo elemento aumenti l’at-

tività del sistema immunitario e che possibilmenteblocchi la proliferazione di alcuni batteri e rinovi-rus. Si pensa che lo zinco stimoli anche la guari-gione delle lesioni cutanee.

Lo zinco può essere usato in terapia in varieforme, incluso l’ossido di zinco ed i sali: solfato,stearato e cloruro. L’ossido di zinco è una polverebianca insolubile in acqua e alcol. È ampiamenteusato in dermatologia, sia da solo che con altri in-gredienti, per produrre un effetto protettivo e leg-germente astringente. La pomata all’ossido di zin-co è un preparato comune che contiene il 20% diossido di zinco, il 15% di olio minerale ed il 65%di vaselina bianca. Una variante di questa è la pastaall’ossido di zinco (conosciuta anche come la pastadi Lassar) che contiene il 25% di ossido di zinco, il25% di amido e il 50% di vaselina. Questo prepa-rato in pasta è usato quando c’è una trasudazione diliquido dalla pelle.

Il cloruro di zinco è astringente, antisettico edeodorante, con effetti caustici ad una concentra-zione di circa il 30%. Talvolta il cloruro di zinco,a concentrazione compresa tra lo 0,5% e l’1%, èusato per collutori. Il solfato di zinco è una polve-re cristallina incolore che si discioglie rapidamen-te in acqua, ma è insolubile nell’alcol. Il solfato dizinco può essere usato sia esternamente che inter-namente. Per uso esterno è stato impiegato comeastringente ad una concentrazione dello 0,2%-1%. Ad una concentrazione dello 0,25% il solfatodi zinco è stato aggiunto in preparati oculari neltrattamento di congiuntiviti causate da alcune in-fezioni batteriche. Per le lesioni pustolose ed es-sudative della pelle il solfato di zinco è stato com-binato con lo zolfo per formare una lozione ac-quosa lenitiva.

Usato internamente in quantità di milligrammi,il solfato di zinco è talvolta incluso negli integrato-ri di minerali/vitamine. In quantità di grammi ilsolfato è stato usato come antiemetico.

Bibliografia essenziale

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412 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Gli studi epidemiologici sui rapporti tra nutrizionee malattie evidenziano oggi nel mondo due aspetticontrastanti dominati da problematiche diverse:– da un lato, nei Paesi in via di sviluppo, esiste il

problema di un ridotto apporto di nutrienti e unaconsistente parte della popolazione è soggetta aridotto apporto proteico e calorico con associa-te carenze vitaminiche multiple;

– da un altro lato, nei Paesi industrializzati, emer-gono le cosiddette “patologie del benessere”, le-gate a squilibri dietetici prodotti da: (i) esage-

rato apporto di calorie (con insorgenza di obe-sità e diabete); (ii) alto contenuto di grassi sa-turi (con comparsa di dislipidemia, aterosclerosie coronaropatia e vasculopatia pluridistrettualee maggiore incidenza di neoplasie); (iii) bassocontenuto di fibre e (iv) ridotto apporto di ve-getali (frutta e verdure) (con comparsa di ca-renze vitaminiche e ridotta protezione controneoplasie e danno da sostanze ossidanti) (Fig.M11.1). Ad es., in una dieta equilibrata do-vrebbe essere presente un minimo di cinque o

INTEGRATORI ALIMENTARICapitolo

M11

Fig. M11.1 Le patologie delbenessere

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

sei razioni di frutta e verdura al giorno. È sta-to evidenziato che solo il 10-15% degli adulti negli USA ed in Europa si uniforma a questostandard die tetico.Queste abitudini alimentari, poco utili o addirit-

tura pericolose, hanno facilitato la diffusione degliintegratori alimentari, agevolata anche dalla con-vinzione che un supplemento di nutrienti è in gradodi migliorare lo stato di salute, indipendentementedalle errate abitudini alimentari. Il D.L.vo 27 gen-naio 1992, n. 111, che prevedeva una semplice no-tifica al Ministero della Sanità per l’immissione incommercio di prodotti dietetici, ha consentito dimettere in commercio una quantità sempre maggio-re di integratori alimentari (Tabella M11.1).

Contemporaneamente è stata ampliata la listadei nutrienti ammessi (prima del 1992 i nutrientiammessi nei prodotti dietetici erano vitamine, mi-nerali ed alcuni aminoacidi), è stato rivisto il do-saggio delle vitamine e degli aminoacidi e sono sta-ti aggiunti gli estratti vegetali ai prodotti destinatiad una alimentazione particolare.

Tutto ciò ha modificato il “significato” dell’in-tegratore (prima del D.L.vo 111 era considerato unprodotto aggiunto all’alimentazione per fornire so-stanze con valenza di “nutrienti”; successivamenteal D.L.vo 111 una fonte concentrata di sostanzeaventi un effetto “nutritivo” e soprattutto “fisiolo-gico”) ed ha creato delle situazioni borderline, do-ve il confine tra integratore e farmaco è sempre piùsfumato. Questo è il caso della glutamina, presen-te in specialità medicinali con dosaggi giornalieri

pari a 50 mg e negli integratori con dosaggi gior-nalieri pari ad 1 g.

Anche l’EPA (acido eicosapentanoico) ed ilDHA (acido decosaesaenoico) sono presenti in far-maci (dose giornaliera 1g) e negli integratori (dosegiornaliera non inferiore ad 1 g). Lo stesso dicasiper la rutina, la cui posologia come farmaco è di135 mg/die e come integratore di 200 mg/die; peril fluoro il dosaggio come farmaco è compreso tra0,25-1 mg, mentre come integratore il dosaggiogiornaliero consigliato è di 1,5-4 mg. È ovvio chel’uso di integratori dietetici contenenti sostanzepresenti nei farmaci con dosaggi sovrapponibili, oaddirittura superiori, rappresenta un reale rischioper il consumatore, tanto più grave quanto più è in-giustificato l’uso di questi o l’abuso.

Una situazione analoga si è creata anche nel set-tore dei prodotti naturali. Numerosi sono infatti gliesempi di alimenti contenenti estratti vegetali uti-lizzati anche per la preparazione di vari tipi di far-maci (specialità medicinali, OTC, galenici ecc.).L’aspetto più inquietante, in questo caso, è che nonera prevista l’indicazione in etichetta del dosaggiodei vari estratti. Il D.L.vo citato prevedeva solo l’in-dicazione di questi prodotti in ordine decrescente dipeso e non la quantità di ognuno di questi all’in-terno del prodotto. Successivamente, in attuazionedella direttiva 2002/46/CE, emanata per uniforma-re la normativa degli Stati membri in materia di in-tegratori alimentari, è stato approvato il D.L.vo 21maggio 2004 n. 169 (G.U. 164 del 17 luglio 2004)con il quale sono individuate le possibili denomi-

414 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M11.1 Tipi di integratori

Integratore Commento

Integratore sempliceFibre L’uso di alimenti raffinati ha fatto si che la quantità di fibre introdotte col cibo si

sia ridotta con conseguenze negative sul tratto gastrointestinale, e non solo. Gliintegratori di fibre sopperiscono l’uso ridotto di molti alimenti grezzi

Vitaminico e minerale L’uso prolungato di alimenti precotti o preconfezionati ed il ricorso ad una dietapovera di alimenti vegetali (frutta e verdura) può causare ipovitaminosi. L’inte-gratore vitaminico può essere utile in queste circostanze. Spesso alle vitamine siassociano minerali

Proteico Può contenere aminoacidi ramificati (valina, leucina ecc.) o un pool aminoacidi-co; a questo si attribuisce una funzione energetica e plastica

Integratore complessoSostituto del pasto Un’alimentazione povera o sbilanciata richiede l’integrazione con preparati con-

tenenti proteine (ad elevato contenuto biologico), carboidrati (di pronta dispo-nibilità), lipidi (acidi grassi essenziali), vitamine e minerali

Antiossidante Ai radicali liberi sono attribuiti fenomeni regressivi tessutali. Sostanze naturaliantiossidanti neutralizzano le azioni negative dei radicali liberi e prevengonopatologie tipiche dell’età avanzata

Salutare Diversi estratti vegetali sono stati assimilati ai prodotti alimentari e immessi incommercio come “alimenti” per prevenire e curare disturbi e/o patologie

Capitolo M11 • Integratori alimentari 415

nazioni, le sostanze presenti e la loro purezza, lenuove modalità di etichettatura, di produzione, con-fezionamento e di immissione in commercio. Datal’importanza anche economica degli integratori ali-mentari, nel corso degli anni successivi al D.L.vo169/2004 c’è stata una lunga serie di atti normati-vi, quali decreti e circolari ministeriali.

Integratori contenenti vitamine, minerali ed aminoacidi

Secondo i risultati di uno studio della United Sta-tes Food and Drug Administration i tre quarti del-la popolazione adulta sono convinti che un supple-mento in vitamine sia in grado di migliorare lo sta-to di salute e la qualità e la durata della vita; inol-tre un quinto della popolazione ritiene che l’insor-genza di determinate patologie (neoplasie, artrite,raffreddore) sia la conseguenza di una deficienzadietetica di vitamine, minerali ed altri nutrienti(oligoelementi, aminoacidi). Queste ed altre con-vinzioni, come ad es. l’attribuire ad alcuni nutrien-ti la capacità di curare e di prevenire alcune malat-tie e/o disturbi, si sono diffuse in vasti strati dellapopolazione, non solo negli USA, ma anche in Eu-ropa, Giappone e Canada; di conseguenza oggi sifa un abuso di integratori alimentari con il rischiodi provocare effetti indesiderati o tossici.

Alcuni nutrienti, infatti, possono, una volta som-ministrati, accumularsi nell’organismo fino a rag-giungere concentrazioni tossiche; ciò accade, ad es.,con le vitamine liposolubili. Altri nutrienti possono

invece provocare effetti spiacevoli o addirittura tos-sici, in seguito a somministrazioni ripetute ed a do-saggi elevati (Tabella M11.2). È ovvio che l’inte-gratore “naturale” non offre alcun vantaggio rispet-to a quello di “sintesi”, per il semplice fatto che ilnostro organismo, non distinguendo la sostanza na-turale da quella ottenuta per sintesi, metabolizza l’u-na e l’altra allo stesso modo: di conseguenza biso-gna attendersi gli stessi benefici, ma anche gli stes-si inconvenienti. Non è da escludere poi la presen-za negli integratori di sostanze che possono risulta-re tossiche a determinate concentrazioni. C’è poi ilrischio che l’esagerata, ed in molti casi ingiustifica-ta, fiducia riposta in questi prodotti porti, medico epaziente, a sottovalutare sintomi e disturbi che, vi-ceversa, andrebbero curati con farmaci appropriati.

È chiaro che l’impiego di integratori a base divitamine e minerali è da evitare perché inutile e nonprivo di rischi in un soggetto sano; al contrario, ilricorso ad integratori alimentari può essere appro-priato in particolari situazioni fisiopatologiche, op-pure quando un’anamnesi diagnostica abbia messoin evidenza deficit vitaminici e/o di altri nutrienti,causati da abitudini alimentari. I fattori che posso-no condurre a stati carenziali alimentari sono di-versi: dieta insufficiente, aumentato fabbisogno diqualche principio nutritivo, sindromi di malassor-bimento. Comunque il rischio di gravi stati caren-ziali si ha solo nel caso in cui questi fattori (2 o tut-ti e 3) si sommano (Fig. M11.2).

Così, un’integrazione di nutrienti può giovarealla donna in gravidanza e durante l’allattamento.La gravidanza, infatti, comporta un aumento del

Tabella M11.2 Eventi collaterali per un uso inappropriato (esagerato) di nutrienti

Nutrienti Effetti nocivi

Cobalto Ipertrofia della tiroide, insufficienza cardiacaCromo Insufficienza renale, cancro, dermatiteFerro Melena, nausea, dolori addominaliIodio Irregolarità nel battito cardiaco, confusione mentaleMagnesio Nausea, ipotensione, debolezza muscolare, aritmieManganese Insonnia, depressione, impotenzaPotassio TachicardiaRame Nausea, vomito, dolori muscolariSelenio Alopecia, apatia, alterazioni delle unghie, alitosi (odore di aglio)Triptofano Eosinofilia-mialgiaVitamina A Dolori ossei, dermatite a scaglie, epato- e splenomegalia,

nausea e diarreaVitamina C L’ossalato è il principale metabolita della vitamina C, quindi elevate assunzioni di

questa vitamina in teoria potrebbero portare alla formazione di calcoli renalidi ossalato in soggetti predisposti

Vitamina D Ipercalcemia che (i) favorisce la formazione di calcificazioni metastatiche, (ii) pro-voca demineralizzazione delle ossa, (iii) predispone alla formazione di calco-li renali

Vitamina E Segni di malessere ed aumentata affaticabilità

fabbisogno di acido folico, piridossina, vitamina C,niacina, vitamina B6, ferro, calcio, magnesio, zin-co ecc. Inoltre, durante la gravidanza, vi è un ridottoassorbimento intestinale e nel corso dell’allatta-mento un aumento della clearance renale di acidofolico e di altri nutrienti. Così pure, anche se il lat-te materno è un alimento completo, l’allattamentoal seno può rendere necessaria una integrazione divitamina C e di tiamina; l’impiego invece di lattedi mucca richiede un supplemento di ferro, di vita-mina C e di vitamina K (nel neonato vi è in parti-colare una deficienza di vitamina K fino a quandonon si sviluppa la flora batterica intestinale).

Un’integrazione della dieta con opportuni nu-trienti può essere giustificata anche negli alcolisticronici (l’alcolismo causa denutrizione, per insuf-ficiente apporto alimentare e per alterazioni croni-che dell’apparato digerente e del pancreas), nei gio-vani che fanno uso di stupefacenti [anche le droghe,sia leggere (marihuana ecc.) che pesanti (oppiaceiecc.), possono essere causa di denutrizione sia peril ridotto apporto alimentare che per le alterazionifunzionali che causano lungo il tratto digerente] enei pazienti portatori di malattie che interferisconocon i processi digestivi (assunzione, assorbimento,utilizzazione) quali: anoressia nervosa, lesioni e/oprocessi flogistici a carico del cavo orale (ivi com-presa la mancanza di denti), malattia ischemica cro-

nica dell’intestino, parassitosi intestinali, morboceliaco, insufficienza pancreatica (l’assorbimentodei grassi e delle vitamine liposolubili è ridotto),ipoparatiroidismo (l’assorbimento intestinale delcalcio è difettoso), malattia di Hartnup (difettoso as-sorbimento di acidi monocarbossilici e carenza ditriptofano), sindrome carcinoide (neoplasia malignache produce forti quantità di serotonina e di altreamine biogene; l’aumentata sintesi di serotonina ri-chiede un maggiore consumo di triptofano, a dan-no della produzione di niacina). Anche pazienti conmalattie epatiche e renali richiedono un’integra-zione alimentare perché in questi sono compromes -se l’attivazione della vitamina D e la possibilità diimmagazzinare ed utilizzare la vitamina A, la vita-mina B12 e l’acido folico. Così pure pazienti sotto-posti ad interventi chirurgici (resezione gastrica edintestinale) e quelli che presentano errori congeni-ti del metabolismo richiedono la somministrazionedi una dieta adeguata, integrata con vitamine, mi-nerali, aminoacidi.

Richiedono abitualmente somministrazioni ag-giuntive di nutrienti anche (i) i neonati ed i bam-bini che presentano un aumentato fabbisogno diferro, calcio, e vitamine, (ii) gli adolescenti chetendono ad alimentarsi con diete povere di calcio,magnesio, vitamina A, B6 e C e (iii) gli anziani,nei quali il deficit di nutrienti è dovuto al som-

416 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Fig. M11.2 Fattori che causano stati ca-renziali alimentari. Il rischio di stati caren-ziali è (i) molto basso se il paziente si trovanella zona bianca di uno dei 3 cerchi (è in-teressato un solo fattore), (ii) alto se il pa-ziente si trova nella zona di sovrappo -sizione di due cerchi (sono interessati 2fattori su 3), (iii) molto alto se si trova nel-la zona di sovrapposizione dei 3 cerchi(sono interessati i 3 fattori) (F. Capasso eG. Grandolini)

Capitolo M11 • Integratori alimentari 417

marsi di abitudini alimentari più frugali con unaridotta capacità di assorbimento; gli anziani, maanche gli adulti, consumano poi una quantità ele-vata di farmaci che molto spesso determinano unaumento del fabbisogno di certi principi alimen-tari (Tabella M11.3). Lo stesso vale per coloro cheescludono dalla dieta frutta e verdura (in questocaso è necessario integrare la dieta con acidoascorbico), per coloro che usano quasi esclusiva-mente cibi surgelati, preconfezionati, inscatolatio trattati con altre tecniche di conservazione chedistruggono parte delle vitamine (Fig. M11.3) edegli altri nutrienti presenti negli alimenti (essic-camento, sbiancamento ecc.) e per i vegetariani.

Il principale problema di una dieta stretta-mente vegetariana (assenza anche di uova e lat-te) consiste nel riuscire ad introdurre una quantitàsuf fi ciente di proteine e calorie. Le proteine ve-getali hanno un basso contenuto proteico (vege-tali: 1-2 g/100 g; carne 15-20 g/100g) ed un bas-so valore biologico; alcune, inoltre, non sonocompletamente digerite. Per quanto riguarda in-vece le calorie, il contenuto calorico di frutta everdura è 5-6 volte minore di quello della carne(30-50 kcal/100 g di frutta e verdura contro le150-300 kcal di carne). Ciò nonostante, una die-ta ben equilibrata può soddisfare il fabbisogno dicalorie. Seri rischi corrono invece quei soggetti

nei quali il fabbisogno di calorie e proteine risul-ta superiore al normale (bambini, donna in gravi-danza, donna che allatta). In questi casi è neces-sario introdurre nella dieta vegetali che fornisca-no un maggior numero di calorie (fagioli secchi,grano, frutta secca, noci) e di proteine, uova, lat-te ed eventualmente nutrienti come integratori.

Integratori contenenti prodotti naturali

L’impiego degli estratti vegetali come integratorialimentari (o come alimenti) nasce dalla consape-volezza che diversi prodotti naturali sono in gra-do di prevenire malattie nell’uomo. Gli antiossi-danti presenti negli alimenti (tocoferoli, retinolo,β-carotene, acido ascorbico) ed in alcuni estrattidi piante (oligo elementi polifenolici del tipo bio-flavonoidi noti come procianidine, proantociani-dine, leucoantocianidine, picnogenoli, tanniniecc.) sono ad es. utili nel prevenire l’ossidazionedelle lipoproteine e nel sequestrare i radicali libe-ri. Pertanto risulta prudente assumere con regola-rità alimenti contenenti vitamine E, C ed A e ca-rotene. Risulta anche prudente ricorrere all’uso diintegratori contenenti estratti di piante antiossi-danti (Tabella M11.4) quando c’è la possibilità chesi formino nell’organismo radicali liberi (esagera-

Tabella M11.3 Farmaci che possono provocare un deficit di nutrienti

Farmaco Nutriente

Antibiotici Vitamina K, vitamina HAnticonvulsivanti Acido folico, calcio fosfato, vitamina B1, vitamina D3, vitamina KCorticosteroidi Calcio, potassio, vitamina C, vitamina B6, vitamina D3, zincoDiuretici Calcio, magnesio, potassio, zincoContraccettivi orali ed estrogeni Acido folico, vitamina B6, vitamina B12, vitamina C

Anche alcol e fumo possono condurre a stati carenziali di acido folico e vitamina B6

Fig. M11.3 Perdita di valore nutrizionale vita-minico degli alimenti (F. Capasso e G. Grandolini)

ta introduzione di acidi grassi polinsaturi, indut-tori enzimatici, ossigeno iperbarico, inquinamen-to atmosferico ecc.).

Dei vari componenti presenti nelle droghe an-tiossidanti, le procianidine sono state le più stu-diate, anche in campo clinico. Queste sostanze impediscono la formazione di radicali liberi e la perossidazione lipidica, e la degradazione dei prin-cipali componenti della matrice extravasco lare(inibendo collagenasi, elastasi, ialuronidasi e β-glucuronidasi). Le procianidine si trovano in com-mercio sotto forma di capsule contenenti estrattisecchi con un titolo in polifenoli del 97% circa. Ledosi iniziali raccomandate sono di 100-300 mg/diementre le dosi di mantenimento sono di 40-50mg/die. Le procianidine e le droghe antiossidantisono consigliate in caso di stress, tumore, malattiecardiovascolari, condizioni infiammatorie.

A parte gli integratori antiossidanti, oggi le in-dustrie del settore sono sempre più impegnate nel-la ricerca di integratori di estratti vegetali aventi uneffetto fisiologico tale da prevenire o ritardare lacomparsa di disturbi collegati soprattutto all’etàavanzata. È questo il caso, ad esempio, di prodottia base di centella e di rusco, utili nelle varici ed inaltre vasculopatie periferiche, o di senna e cascara,utili per regolarizzare le funzioni intestinali. Moltorichiesti sono poi i prodotti contenenti droghe ipo-colesterolemizzanti ed ipoglicemizzanti (galega,mirtillo, opunzia, aglio, carciofo, olivo, ecc.) o

droghe adattogene ed immunomodulatrici (gin-seng, eleuterococco, echinacea, rodiola, ecc.).

Visto che i prodotti naturali contenenti estrattivegetali vengono sempre di più destinati ad una ali-mentazione particolare (prevenzione di patologie)sarebbe auspicabile definire con chiarezza il lororeale valore “fisiologico” (la capacità di prevenire)e soprattutto la loro innocuità e di delineare in mo-do inequivocabile un confine tra integratore diete-tico (alimento) e farmaco. È chiaro che questa lineadi confine non può essere tracciata in base al modoin cui vengono presentati questi prodotti, bensì inbase al dosaggio e quindi alla reale attività farma-cologica dei diversi componenti del prodotto.

Ciò comporta una definizione del titolo e deldosaggio degli estratti vegetali ed una diversa pre-sentazione al pubblico di questi integratori.

418 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Tabella M11.4 Alcuni esempi di droghe per le quali è stata dimostrata o ipotizzata un’attività antiossidante

Droga Pianta: parte usata Componenti

Aglio Allium sativum: bulbo Allicina, diallilsolfuroBiancospino Crataegus monogyna: Procianidine

parti aereeCarciofo Cynara scolymus: foglia Polifenoli, flavonoidiCardo mariano Sylibum marianum: frutti SilimarinaGinkgo Ginkgo biloba: foglia Proantocianidine,

FlavonoidiPino Pinus pinaster: corteccia PolifenoliRosmarino Rosmarinus officinalis: foglia Fenoli, flavonoidiSalvia Salvia officinalis: foglia Polifenoli, tanniniTè verde Camellia sinensis: foglia TanniniUva Vitis vinifera: seme, acino Procianidine, resveratrolo

• Domanda del produttore o distributore• Etichetta in veste grafica definitiva• Versamento dei diritti• Certificato di libera vendita del Paese di origine se

non U.E.• Razionale• Ingredienti (vitamine, minerali, aminoacidi, acidi

grassi essenziali, fibre e/o estratti di origine vege-tale) e possibili interazioni

• Sicurezza d’uso

Notifica di un integratore “nutritivo” o “fisiologico”

Capitolo M11 • Integratori alimentari 419

Allegato I

Sostanze vitaminiche e minerali consentite per la fabbricazione di integratori alimentari:

A. Vitamine

Vitamina A: retinolo; acetato di retinile; palmitato di retini-le; beta-carotene.

Vitamina D: colecalciferolo; ergocalciferolo.Vitamina E: D-alfa-tocoferolo; DL-alfa-tocoferolo; acetato di

D-alfa-tocoferile; acetato di DL-alfa-tocoferile; succi-nato acido di D-alfa-tocoferile.

Vitamina K: fillochinone (fitomenadione).Vitamina B1: cloridrato di tiamina; mononitrato di tiamina.Vitamina B2: riboflavina; riboflavina-5'-fosfato, sodio.Niacina: acido nicotino, nicotinamide.

Acido pantotenico: D-pantotenato, calcio; D-pantotenato,sodio; dexpantenolo.

Vitamina B6: cloridrato di piridossina; piridossina-5'-fo -sfato.

Acido folico: acido pteroil-monoglutammico.Vitamina B12: cianocobalamina; idrossocobalamina.Biotina: D-biotina.Vitamina C: acido L-ascorbico; L-ascorbato di sodio; L-

scorbato di calcio; L-ascorbato di potassio; 6-palmita-to di L-ascorbile.

B. Minerali

Carbonato di calcio.Cloruro di calcio.Sali di calcio dell’acido citrico.Gluconato di calcio.Glicerofosfato di calcio.Lattato di calcio.Sali di calcio dell’acido ortofosforico.Idrossido di calcio.Ossido di calcio.Acetato di magnesio.Carbonato di magnesio.Cloruro di magnesio.Sali di magnesio dell’acido citrico.Gluconato di magnesio.Glicerofosfato di magnesio.Sali di magnesio dell’acido ortofosforico.Lattato di magnesio.Idrossido di magnesio.Ossido di magnesio.Solfato di magnesio.Carbonato ferroso.Citrato ferroso.Citrato ferrico di ammonio.Gluconato ferroso.Carbonato di manganese.Cloruro di manganese.Citrato di manganese.Gluconato di manganese.Glicerofosfato di manganese.Solfato di manganese.Bicarbonato di sodio.Carbonato di sodio.Cloruro di sodio.Citrato di sodio.Gluconato di sodio.Lattato di sodio.Idrossido di sodio.Sali di sodio dell’acido ortofosforico.Bicarbonato di potassio.Carbonato di potassio.

Cloruro di potassio.Fumarato ferroso.Difosfato ferrico di sodio.Lattato ferroso.Solfato ferroso.Difosfato ferrico (pirofosfato ferrico).Saccarato ferrico.Ferro elementare (carbonile+elettrolitico+riduzione

con idrogeno).Carbonato rameico.Citrato rameico.Gluconato rameico.Solfato rameico.Complesso rame-lisina.Ioduro di potassio.Iodato di potassio.Ioduro di sodio.Iodato di sodio.Acetato di zinco.Cloruro di zinco.Citrato di zinco.Gluconato di zinco.Lattato di zinco.Ossido di zinco.Carbonato di zinco.Solfato di zinco.Citrato di potassio.Gluconato di potassio.Glicerofosfato di potassio.Lattato di potassio.Idrossido di potassio.Sali di potassio dell’acido ortofosforico.Seleniato di sodio.Selenito acido di sodio.Selenito di sodio.Cloruro di cromo (III).Solfato di cromo (III).Molibdato di ammonio (molibdeno (VI)).Fluoruro di potassio.Fluoruro di sodio.

Allegato II

Piante officinali consentite per la fabbricazione di integratori alimentari:

420 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Nome botanico Parti utilizzate

Abies alba Coni, corteccia, foglie, gemme, olio, resinaAbies balsamea BalsamoAbies fraseri BalsamoAbies sibirica FoglieAchillea millefolium Fiori, parte aereaAesculus hippocastanum Corteccia, fiori, foglieAgrimonia eupatoria Foglie, parte aerea, sommitàAgrimonia odorata Foglie, parte aerea, sommitàAgropyrum repens RizomaAlchemilla vulgaris Foglie, parte ipogea Allium cepa Foglie, parte aereaAllium sativum Parte ipogeaAloe vera SuccoAlpinia galanga RizomaAlpinia officinarum RizomaAltheae officinalis Foglie, radiceAltheae rosea Foglie, radiceAmygdalus communis SemeAnanas comosus GamboAngelica archangelica Foglie, frutto, olio, radiceAngelica silvestris Frutto, parte aerea, radice, sommitàAntennaria dioica Fiore, parte aereaAnthemis nobilis FioreApium graveolens Parte aerea, radici, fruttoArctostphylos uva ursi Foglie Arnica montana Foglie, parte aerea, radice, sommitàAscophyllum nodosum TalloAsparagus officinalis Rizoma con radiciAvena sativa Frutto, parte aereaBetula pendula Corteccia, foglie, gemme, resinaBetula pubescens FoglieBorago officinalis OlioCalendula officinalis Fiore, parte aereaCapsella bursa pastoris Parte aereaCapsicum annum OlioCarbo ligni PolvereCarex arenaria RizomaCarica papaya FruttoCarum carvi Essenza, fruttoCaryophyllus aromaticus FioreCassia angustifolia Foglie, fruttoCassia senna Foglie, fruttoCastanea vesca FoglieCentaurea cyanus FioreCentaurium minus Parte aereaCentella asiatica Foglie, parte aereaCeratonia siliqua FruttoCetraria islandica TalloChimafila umbrellata Corteccia, foglie, parte aerea, radice, sommitàCichorium intybus Parte aereaCimicifuga racemosa RizomaCinnamomum ceylanicum Corteccia

(segue →)

Capitolo M11 • Integratori alimentari 421

Nome botanico Parti utilizzate

Citrus aurantium amara Scorza Citrus limonum ScorzaCitrus nobilis ScorzaCitrus sinensis ScorzaCnicus benedictus Foglie, sommità fioriteCocus nucifera Frutto, olioCoriandrum sativum FruttoCrataegus azarolus FoglieCrataegus curvisepala Fiori, foglieCrataegus laevigata Fiori, foglieCrataegus monogyna Fiori, foglieCrataegus nigra Fiori, foglieCrataegus oxyacantha Fiori, foglieCrataegus pentagyna Fiori, foglieCrocus sativus StimmiCroton eleuteria Corteccia, foglieCucurbita pepo SemiCuminum cyminumCurcuma longa RizomaCurcuma zedoaria RizomaCymbopogon nardus Parte aerea, olio, sommitàCynara scolymus FoglieDrosera anglica Parte aereaDrosera intermedia Parte aereaDrosera peltata Parte aereaDrosera ramentacea Parte aereaDrosera rotundifolia Parte aereaEchinacea angustifolia Parte aerea, radiceEchinacea pallida RadiceEchinacea purpurea Parte aerea, radiceElettaria cardamomum FruttoEleutherococcus senticosusele RadiceEquisetum arvense Parte aereaEquisetum fluviatile Parte aereaEquisetum hyemale Parte aereaEquisetum telmateja Parte aereaEscholtzia californica Parte aereaEucalyptus globulus FoglieFerula asa - foetida Radice, gommaFicus carica Frutto, gemme, foglieFilipendula ulmaria (spirea u.) Parte aerea, radice Filipendula vulgaris (spirea v.) Parte aerea, radice Foeniculum vulgare Frutto, essenzaFraxinus excelsior Corteccia, foglieFraxinus ornus SuccoFucus vescicolosus TalloFumaria officinalis Parte aereaGaleopsis segetum Parte aereaGalipea cuspariaGalium odoratum Parte aereaGentiana lutea Radice, rizomaGinkgo biloba FoglieGlycyrrhiza glabra RadiceGrindelia camporum Foglie, sommità fioriteGrindelia humilis Foglie, sommità fiorite

(seguito)

(segue →)

422 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Nome botanico Parti utilizzate

Grindelia robusta Foglie, sommità fioriteGrindelia squarrosa Foglie, sommità fioriteGuajaco officinale Corteccia, resinaGuajaco sanctum Corteccia, resinaGypsophila paniculata RadiceHamamelis virginiana Corteccia, foglieHarpagophytum procumbens RadiceHarunganae madagascariensis Foglie, cortecciaHedera helix FoglieHelichrysum italicum Fiore, sommitàHerniaria glabra Parte aereaHerniaria hirsuta Parte aereaHibiscus sabdariffa FioriHumulus lupulus FruttoHypericum perforatum Fiori, sommità, parte aereaHyssopus officinalis Parte aereaIlex paraguariensis FoglieIllicium verum FruttoJuglans regia Foglie, fruttoJuniperus communis Foglie, frutto, cortecciaKola acuminata SemiLaminaria cloustoni TalloLamium album Parte aerea, fioriLavandula officinalis Fiori, olio, sommitàLeonurus cardiaca Parte aereaLinum usitatissimum Olio, semiMajorana hortensis Foglie, parte aerea, olioMalva sylvestris Fiori, foglieMarrubium vulgare Foglie, sommità con fioriMarsdenia condurango CortecciaMatrecaria chamomilla FioreMelilotus officinalis Foglie, fiori Melissa officinalis FoglieMentha piperita FoglieMentzelia cordifolia Parte aerea, radiceMenyanthes trifoliata FoglieMyristica fragrans SemiOlea europea FoglieOnonis spinosa RadiceOriganum Parte aereaOrtosiphon stamineus Foglie, parte aereaPanax ginseng RadicePapaver rhoeas FiorePassiflora edulis Parte aereaPassiflora incarnata Parte aereaPetroselinum crispum Parte aerea, radice, fruttoPeumus boldus FogliePhaseolus vulgaris BaccelloPimpinella anisum FruttoPimpinella major Parte aerea, radiciPimpinella saxifraga Parte aerea, radiciPinus sylvestris GemmePiper nigrum FruttoPlantago arenaria SemiPlantago lanceolata Parte aerea

(seguito)

(segue →)

Capitolo M11 • Integratori alimentari 423

Plantago ovata (p. Ispagula) Semi, tegumento del semePlantago psyllium (p. Afra) SemiPotentilla anserina Sommità fiorite, rizomaPotentilla argentea Sommità fiorite, rizomaPotentilla erecta RizomaPotentilla reptans RizomaPrimula elatior Fiori, radicePrimula officinalis Fiori, radicePrimula veris Fiori, radicePrimula vulgaris Fiori, radicePrunus serotina Corteccia, fogliePrunus spinosa Fiori, frutto, fogliePterocarpus santalinus CortecciaPtychopetalum olacoides CortecciaPulmonaria officinalis Parte aereaPunica granatum Corteccia, frutto, fioreQuercus petraea CortecciaQuercus robur CortecciaRaphanus sativus RadiceRhamnus catharticus FruttoRhamnus frangula CortecciaRhamnus purshiana CortecciaRheum officinale RadiceRheum palmatum RadiceRosa centifolia Frutto, fioreRosa gallica Frutto, fioreRosmarinus officinalis Olio, foglieRubus fructicosus FoglieRubus idaeus FoglieRuscus aculeatus RizomaSalix alba Corteccia, foglie Salix purpurea Corteccia Salvia officinalis FoglieSambucus nigra Corteccia, fiori, foglieSanicula europea Parte aereaSantalum album CortecciaSaponaria officinalis Parte aerea, radiciSesamum indicum SemiSolidago virga aurea Parte aereaSorbus aucuparia FruttoSpinacia oleracea FoglieSylibum mariano Parte aerea, frutto Syzygium cuminum CortecciaTamarindus indica zTaraxacum officinalis Radici, parte aereaTea sinensis FoglieTheobroma cacao SemiThymus serpillum Foglie, infiorescenzeThymus vulgaris Foglie, infiorescenzeTilia Corteccia, foglie, fiori, gemmeTrigonella foenum grecum SemiTurnera diffusa Fiori, foglie, sommità fioriteUrtica dioica Foglie, parte aerea, radiceUrtica urens Foglie, parte aerea, radiceUsnea barbata Tallo

Nome botanico Parti utilizzate

(seguito)

(segue →)

Bibliografia essenziale

Capasso F, Grandolini G (1999) Fitofarmacia, 2ª ed.Springer-Verlag Italia, Milano

Chevion M (1998) The first regional meeting on medi-cal sciences: free radicals in health and disease. J Me-dicinal Food 1:157-165

Derache R (1988) Tossicologia e sicurezza degli alimenti.Tecniche Nuove, Milano

Gordon MH (1996) Dietary antioxidants in disease pre-vention. Nat Prod Rep 13:265-273

Guidarelli L, Copparoni R, Scarpa B (1997) Prodotti de-stinati ad un’alimentazione particolare. Di RenzoEditore, Roma

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424 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

(seguito)

Nome botanico Parti utilizzate

Usnea plicata TalloVaccinum mirtillus Foglie, fruttoValeriana officinalis RadiciVanilla plantifoliaVerbascum densiflorum FioreVerbena officinalis Parte aereaVeronica officinalis Parte aereaViola odorata Fiori, foglie, rizomaVitex agnus castus FruttoZea mais StigmiZingiber officinale Rizoma

Aconito. È la droga costituita dalla radice di Aconi-tum napellus (Fam. Ranunculaceae), erba perennedelle regioni montane dell’Europa centrale. Di for-ma conica, la droga appare globosa, rugosa, di colo-re bruno. La frattura è netta e di colore bianco. Leradici giovani sono ricche di principi attivi. Conten-gono alcamine (sostanze alcaloidee contenenti unnucleo steroideo). Il più noto principio attivo dell’a-conito è l’aconitina, un alcaloide molto tossico (ladose letale nell’uomo è di 3-6 mg). L’aconitina pre-senta numerosi gruppi ossidrilici, due dei quali sonoesterificati. È necessario, pertanto, essiccare e con-servare la droga in modo opportuno, allo scopo dievitare reazioni di idrolisi che conducano ad unaperdita dell’attività. In passato la droga, per le sueproprietà analgesico-locali, veniva usata come rime-dio nel trattamento della nevralgia del trigemino.Oggi, per la sua tossicità, il suo uso è piuttosto raro.

Agarico. È la droga costituita dal corpo fruttifero diPolyporus officinalis (Fam. Polyporaceae) dettoanche agarico bianco. Polyporus deriva dal grecoπολυς che significa molto e πορος = poro, per imolti pori dello strato imeniale. Cresce nelle regio-ni alpine, nella Russia settentrionale e nella Siberiameridionale ed è parassita dei larici. Il corpo frutti-fero che si sviluppa sul tronco del larice è a formadi zoccolo di cavallo, ha un diametro di 5-30 cm edè giallo, duro e legnoso nella parte esterna, mentrespugnoso e bianco in quella interna. Si utilizza laparte interna dei corpi fruttiferi, essiccata ed im-bianchita al sole e poi battuta per renderla più spu-gnosa. La droga del commercio è costituita dai cor-pi fruttiferi interi o tagliati in pezzi dai quali fuorie-sce una polvere biancastra, farinosa. La droga con-tiene agaricina, agaricolo, una resina amara e fito-sterina. È utilizzata solo come antidrotico control’eccessiva sudorazione e non più come purgante.

Arancio amaro. È la droga costituita dalla buccia delfrutto (o dai fiori o dalle foglie) di Citrus auran-

tium L., subsp. amara (Fam. Rutaceae). Si diffe-renzia dall’arancio dolce per le foglie, dal piccioloalato, e per le spine caulinari verdi; le foglie sonoglabre, lucide, di colore verde scuro. I fiori sonobianchi e profumati; la buccia del frutto, costituitadall’esocarpo o flavedo, è verde nei frutti immatu-ri e giallo-arancione in quelli maturi. Dai fiori, perdistillazione, si ottiene l’essenza di neroli; dalle fo-glie, sempre per distillazione, si ottiene invece l’es-senza di petit-grain, meno pregiata della preceden-te. L’essenza si ottiene anche dalla buccia del frut-to, ma in questo caso la resa è molto bassa. L’es-senza di arancio amaro possiede propietà amaro-digestive, spasmolitiche, antiflogistiche. Contienelimonene (80-90%), linalolo, geraniale, cumarineecc. Si usa come aromatico, correttivo e stomachi-co, raramente come sedativo. Le foglie e la bucciasi usano per preparazioni stomachiche, digestive edantispastiche. La buccia si usa anche in liquoreria(Curacao, Mandarino ecc.); l’essenza di neroli èmolto usata in profumeria.

Assenzio. È la droga costituita dalle foglie e dallesommità fiorite di Artemisia absinthium L. (Fam.Compositae). È una pianta erbacea annuale o pe-renne, spontanea nella fascia mediterranea finoalla zona subalpina. Tutta la pianta ha un aspettoserico-argentato, perché ricoperta di peli. Le in-fiorescenze sono costituite da grappoli unilaterali,da capolini globulari numerosi, composti da brat-tee vellutate dello stesso colore delle foglie, rac-chiudenti piccoli fiori giallastri maschili che cir-condano fiori tubulosi centrali, anch’essi gialli. Ifrutti sono acheni lisci obovati. La distillazionedella droga porta alla separazione dell’olio essen-ziale, costituito da α- e β-tuione, tuiolo, pino-canfone, fenchone e sesquiterpeni proazulenici(artemisina). L’olio essenziale è di colore verde-azzurro se estratto da pianta fresca, giallo se daquella essiccata. Il titolo secondo la F.U. è di 2mg/kg di essenza.

DROGHE OBSOLETE E/O POCO STUDIATECapitolo

M12

F. Capasso et al. (eds.), Farmacognosia

© Springer-Verlag Italia 2011

L’assenzio è legato soprattutto alla storia dell’o-monimo liquore, che si ottiene dalla distillazionecon alcol della droga con altre piante (anice verde,finocchio, issopo, melissa, anice stellato ed altre).Sia il liquore che l’olio essenziale risultano am-piamente tossici a causa del tuione, che è un fortestimolante del sistema nervoso centrale. A bassedosi l’assenzio è tonico e stimolante. Possiede pro-prietà eupeptiche, antielmintiche, emmenagoghe ecolagoghe.

Betulla. È la droga costituita dalle foglie di diversepiante del genere Betula (alba, pubescens o verru-cosa, pendula) (Fam. Betulaceae). Si tratta di albe-ri, spontanei o coltivati, che possono raggiungereanche i 30 metri d’altezza, con foglie caduche,romboidali, alterne, acute con piccoli denti. La pa-gina inferiore è più chiara della superiore. Oltre alle foglie si possono usare anche le gemme, la corteccia di rami giovani ed il succo. La betullacontiene flavonoidi (2-3%), un olio essenziale (0,3-1%), tannini, acido ascorbico. I flavonoidi(quercetina, iperoside e proantocianidine) sembra-no responsabili dell’azione diuretica della betulla.La droga si usa sotto forma di infuso, nei casi di af-fezioni batteriche, flogistiche e spastiche delle vieurinarie (cistiti, uretriti, pielonefriti). Il tannino del-la corteccia fornisce la concia bulgara, e dalla di-stillazione si ottiene il catrame di betulla, per pre-parare il “cuoio di Russia” e un olio balsamico, si-mile al catrame vegetale.

Borsa del pastore. La droga è data dalle parti aereedi Capsella bursa pastoris L. (Fam. Cruciferae).Capsella, dal latino Kapsa, significa scatola, picco-lo contenitore; bursa, dal latino bursa, significapelle. Si tratta di una pianta erbacea bienne, altacirca 50 cm, che si incontra lungo i bordi delle stra-de e nei luoghi incolti. Le foglie inferiori sono rac-colte in una rosetta basale e si presentano spatolatementre le superiori sono lanceolate. I fiori sonobianchi e raccolti in infiorescenze a racemo; il frut-to è una siliqua triangolare-bilobata e contiene nu-merosi semi. I principali componenti della drogasono: aminoacidi (prolina, tiramina ecc.), acidi or-ganici (fumarico, bursinico, malico, silicico ecc.),flavonoidi (rutina ecc.), alcaloidi (bursina ecc.) epoi un olio essenziale, minerali e vitamine (A, K).La borsa del pastore è stata utilizzata nel passatocome rimedio emostatico, diuretico ed ipotensivo.

Calamo. È la droga costituita dal rizoma di Acoruscalamus L. (Fam. Araceae). È una pianta erbaceaperenne con un rizoma strisciante orizzontalmente,

lungo anche oltre un metro, di colore verde nellaparte superiore, più scuro in quella inferiore, da cuipartono le radici carnose. Il rizoma si raccoglie al-la fine dell’estate o in primavera e contiene acori-na, tannino, colina, un olio essenziale, acido cetili-co e palmitico, vitamina B1 ecc. La presenza del-l’asarone conferisce sapore amaro e piccante al ri-zoma. Questa sostanza si trova in percentuale va-riabile nell’olio essenziale (2-9%), insieme ad altricomposti amari. Al calamo sono state attribuiteproprietà aromatizzanti, toniche, digestive, antipi-retiche ed ansiolitiche. Il calamo aromatico è usatoin liquoreria ed in profumeria, per approntare ri-spettivamente liquori amari e profumi particolari.

Cardo benedetto (o santo). È la droga costituita dallesommità fiorite di Cnicus benedictus L. (Fam.Compositae), pianta erbacea alta 30-50 cm., con uncapolino solitario a squame spinose, con lunghissi-mi peli che avvolgono il capolino. È una piantaspontanea nei terreni sabbiosi ed asciutti dell’areamediterranea e viene raccolta al momento dellamassima fioritura, in maggio-giugno. Contiene cni-cina (un lattone sesquiterpenico), un olio essenzia-le, mucillagini, sali minerali, tannini, vitamina Becc. Alla droga si attribuiscono proprietà antibatte-riche, antifungine, antireumatiche, eupeptiche.

Cassia. È la droga costituita dai frutti di Cassia fi-stula L. (Fam. Leguminosae), albero originario deiPaesi tropicali. Il frutto è un baccello cilindrico in-deiscente, lungo 25-30 cm, di diametro di 20-25mm e di colore bruno-nerastro, contenente dai 25ai 100 semi ovali; all’interno è diviso da numerosisetti trasversali che limitano degli spazi contenentii semi. Ciascun seme è immerso in una polpa dicolore nero e di sapore dolciastro. La droga si trovain commercio intera o in pezzi lunghi 10 cm; tal-volta viene commercializzata solo la polpa. La cas-sia contiene acido citrico, tannini, pectine, derivatiantrachinonici e elevate quantità di fruttosio. Ladroga, per le sue proprietà lassative, si usa nei casidi stitichezza cronica.

Centaurea minore. È la droga costituita dai cauli edalle sommità fiorite di Centaurium erythraea Ra-fu. (Fam. Genzianaceae): centaurium, a ricordodel centauro Chirone, esperto di arte medica. Lapianta, diffusa in Europa ed in Africa settentriona-le, nelle zone soleggiate e lungo i margini dei bo-schi, è un’erba annua o bienne, alta 20-60 cm, acauli solitari glabri, quadrangolari, rami eretti allasommità, foglie di un colore verde pallido, a roset-ta le basali, opposte e più piccole le caulinari. I

426 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M12 • Droghe obsolete e/o poco studiate 427

fiori sono disposti in infiorescenze cimose. Con-tiene sostanze amare (eritrocentauroside), resineecc. Si usa spesso nelle preparazioni di aperitivi edigestivi.

Cicoria. È la droga costituita dalle radici di Cicho-rum intybus L. (Fam. Compositae); κιχορα, no-me della pianta, intibus, dal latino intibus, usatoda Virgilio, corrisponde all’italiano indivia, o datubus = tubo, per il fusto cavo. Si tratta di piantaerbacea, alta dai 15 cm ai 2 metri, con radice a fit-tone, caule eretto, ruvido, ramificato, foglie si-nuate o profondamente seghettate, fiori grandi dicolore azzurro. Originaria dei Paesi mediterraneio dell’Asia occidentale, oggi è diffusa quasi dap-pertutto. Contiene inulina, sostanze amare (lactu-cina, lactucopicrina) ecc. È stata usata per prepa-razioni depurative, lassative, diuretiche e digesti-ve. Le foglie di C. intybus sono usate come insa-lata; la radice, torrefatta, è un ottimo surrogatodel caffè.

Cocciniglia. È la droga costituita dall’insetto femmi-na essiccato, Dactylopius coccus, che vive sui cac-tus del genere Opuntia (Fam. Cactaceae). Gli in-setti, lunghi 3,5-5,5 mm, sono di forma ovale. Sonooriginari dell’America centrale, ma commercial-mente derivano anche dal Perù, dalle isole Canariee dall’Algeria. La droga è ottenuta rimuovendodalle foglie del cactus gli insetti con una piccolaspazzola e, successivamente uccidendoli medianteimmersione in acqua bollente o per esposizione aifumi di zolfo o ai carboni ardenti. La coccinigliacontiene il carminio, una sostanza colorante, di co-lore rosso intenso, cere e grassi. Viene adoperata incosmetologia in sostituzione di coloranti sinteticipotenzialmente più pericolosi.

Coclearia. La droga è data dalle parti aeree (o piantaintera) di Cochlearia officinalis L. (Fam. Brassica-ceae), pianta erbacea perenne, alta 30-90 cm, concaule ramificato, eretto, glabro, con foglie lungamen-te picciolate, a forma di cucchiaio (κοχλιαριον =cucchiaio) con fiori bianchi riuniti in racemo. Ilfrutto è una siliqua ovoidale. È diffusa in Europaed è coltivata nei Paesi mediterranei. Contiene unolio essenziale, coclearina (sostanza amara), iodioecc. È stata usata per preparare collutori antisetticio preparazioni antireumatiche ed antigottose.

Colombo. La droga è data dalle radici di Jatrorrhizapalmata (Fam. Menispermaceae), pianta rampi-cante originaria dell’Africa orientale, coltivata inIndia. In commercio si presenta in rotelle tondeg-

gianti larghe 3-6 cm e spesse 0,5-2 cm. La superfi-cie esterna è rugosa e di colore bruno. Di intensosapore amaro, appare inodore. Contiene alcaloidiisochinolinici, palmatina, columbamina e jatrorri-zina; inoltre sostanze amare e soprattutto amido.Per le sue proprietà amare e mucillaginose, la dro-ga può essere impiegata come tonico eupeptico neidisturbi digestivi ed intestinali.

Condurango. È la droga data dalla corteccia deltronco Marsdenia condurango L. (Fam. Asclepia-daceae), arbusto con foglie ovali e numerosi picco-li fiori ascellari. La corteccia, spessa 3-6 mm, pre-senta una superficie esterna rugosa di colore grigioo bruno-rossastro. La superficie interna, al contra-rio, è di colore giallo-bruno e presenta delle striatu-re longitudinali. Cresce nel Perù, in Colombia edEcuador. Ha un odore di cannella. Contiene glico-sidi amari tra cui il principale è la condurangina A,fitosteroli, triterpeni, resine, un olio essenziale, fe-noli ed ossalato di calcio. Ha proprietà analgesichee viene utilizzato, nella medicina tradizionale lati-no-americana, come amaro eupeptico nelle dispe-psie e nelle affezioni gastriche.

Crescione. È la droga costituita dal fusto foglioso diNasturtium officinale R. Br. (Fam. Ombrelliferae);nasturtium da nasus = naso e tortus = torto, per l’o-dore piccante. Si tratta di pianta acquatica, piccola(10-80 cm.), perenne, con fusto prostrato, carnoso,con foglie carnose, di un colore verde scuro, gla-bre, pennate (quella terminale è più grande), confiori bianchi riuniti in grappoli. Contiene glucona-sturtioside (sostanza insetticida), fosfati, iodio, fer-ro, calcio, vitamine (A, B, C, E, PP) ecc. Al cre-scione sono state attribuite proprietà depurative,diuretiche, febbrifughe, antiscorbutiche.

Drosera. È la droga data dalle parti aeree di Drose-ra rotundifolia L. (Fam. Droseraceae); drosera daδροσερα = ricoperta di brina, per le goccioline disecreto che si formano all’apice delle ghiandoleprovviste di peduncolo che si trovano nelle foglie(queste goccioline, ben evidenti alla luce del sole,furono interpretate come goccioline di rugiada); ro-tundifolia = per le foglie rotonde. Trattasi di unapiccola pianta erbacea (10-20 cm) perenne, diffusadalla pianura alla regione submontana di tutta lazona nordica temperata ed artica, munita di una ro-setta di foglie, lungamente picciolate, ricoperte dipeli ghiandolari rossastri. Dal centro della rosettadi foglie spunta un caule sottile, alto 6-12 cm, cheporta fiori bianchi o rosati. Contiene naftochinoni(droserone), flavonoidi, tannini ecc. Alla drosera si

attribuiscono proprietà antibatteriche ed antitussiveed è stata utilizzata nelle affezioni bronchiali e pol-monari.

Farfara. Detta anche tussilagine, è data dalle fogliee dai fiori della Tussilago farfara L. (Fam. Compo-sitae). Tussilago, dal latino tussis = tosse e ago =scaccio. È una pianta perenne, che cresce nei prati,nei pascoli, nei campi umidi, in suoli argillosi ecalcarei dell’Europa temperata. Presenta un fustotozzo e scaglioso, foglie molto larghe e arrotonda-te, incavate a cuore alla base e sono verdi nella pa-gina superiore e biancastre in quella inferiore. I fio-ri, in capolini, sono di colore giallo oro e vengonoraccolti nel periodo che va da febbraio a marzo. Lafarfara contiene mucillagini (7%), tannini, zucche-ri, inulina e sali minerali (20%). Possiede proprietàemollienti, astringenti, decongestionanti e bechi-che. Entra nella composizione di preparati utili incaso di catarri acuti accompagnati da tosse e rauce-dine. Diversi cosmetici antirughe contengono que-sta droga.

Galanga. È la droga costituita dal rizoma di Alpiniaofficinalis Hance (Fam. Zingiberaceae). Alpiniaperché dedicata a Prospero Alpino, medico e bota-nico, direttore dell’Orto Botanico di Padova (1553-1616); officinalis, officine farmaceutiche. Il nomevolgare deriva dal persiano Khulandjan, arabizzatoin Hulangian e Galangian. Originaria della Cina edi Formosa è oggi coltivata in vari Paesi asiatici(Giappone, Vietnam, ecc.). È una pianta erbacea perenne. Si utilizza il rizoma che contiene un olioessenziale costituito da d-α-pinene, cineolo, eu -genolo, galangina, kaempferide, alpinina e terpeni.La galanga possiede proprietà aromatiche, sto -machiche, eupeptiche e carminative simili allo zenzero.

Galega. È la droga costituita dalle parti aeree (o daisemi) di Galega officinalis L. (Fam. Papiliona-ceae), pianta erbacea perenne con fusto ramificato,alto circa 1 m, foglie imparipennate composte da11-17 foglioline lanceolate, acute e fiori bianchi oblu celesti. Il frutto è un legume lungo 2-3 cm, dicolore rosso scuro, contenente 3-5 semi marroni.La porzione aerea della pianta si raccoglie all’ini-zio della fioritura, in maggio-giugno. La galegacontiene derivati guanidinici (galegina), flavonoi-di, sali di cromo, saponine, allantoina, tannino, unalcaloide (peganina), ecc. Per la presenza dei deri-vati guanidinici, la galega viene adoperata comeipoglicemizzante.

Garcinia. È la droga costituita dalle bucce del fruttodi Garcinia cambogia L. (Fam. Glusiaceae), pian-ta legnosa spontanea in India, Vietnam, Cambogia,Filippine. Contiene idrossicitrato, pectine, calcio,ecc. L’acido idrossicitrico blocca la formazione diacetilcoenzima A, un substrato utilizzato nel fegatoed in altri distretti per la sintesi del colesterolo edegli acidi grassi. Pertanto si ha un ridotto accumu-lo di grassi e senso di sazietà. La garcinia si usa perridurre il peso corporeo e per mantenere entro cer-ti limiti i livelli di colesterolo ed i trigliceridi.

Gialappa. Droga data dalle radici tuberizzate diExogonium purga Benth = Ipomea purga Hayne(Fam. Convolvulaceae). Dal greco εξω = fuori eγονη = generazione, perché gli elementi sessuali(stami e pistillo) sporgono fuori dalla corolla. Ipo-mea dal greco ιψ, ιπος che significa verme eομοιος = somigliante, allusione all’avvolgimentodei cauli e all’aspetto delle radici. Il nome gialappaderiva dalla città messicana di Xalappa. È infattioriginaria del Messico, dove vegeta nelle forestepaludose delle Ande (2000 m.), ma è coltivata an-che in Europa e nei Paesi tropicali. È una pianta er-bacea perenne, con radici grosse, tuberizzate, concaule ramoso e volubile. Le foglie picciolate sonoovali, acuminate e cordiformi, i fiori pentameri so-no rosso-violacei, il frutto è una cassula globosa.Le radici tuberizzate, di forma ovoidale allungatacon superficie esterna rugosa, sono di colore gialloscuro, lunghe 5-10 cm, di sapore dolciastro, poiacre e penetrante. La frattura presenta un coloregrigio. Queste contengono una glucoresina com-plessa ricca di convolovulina e gialappina, oltre adamido, gomma e ossalato di calcio. È un purgantedrastico. Può determinare colite, nausea e vomito,perdite ematiche; può inoltre causare alterazionianatomo-funzionali a livello del colon (colon ca-tartico). Pertanto il suo uso è proscritto in campoumano mentre trova applicazione in campo veteri-nario. È controindicata nelle infiammazioni intesti-nali.

Gimnema. È la droga costituita dalle foglie di Gym-nema sylvestre (Retz) R.Br. ex Schultes (Fam.Asclepidiaceae), albero rampicante della Cina, In-dia ed Africa tropicale. La droga contiene acidigimnemici, aminoacidi, colina, betaina, adenina,ossido di trimetilamina, ecc. Gli estratti di gimne-ma e gli acidi gimnemici stimolano la secrezione di insulina, riducono l’assorbimento degli zuccheri edeterminano un calo di peso. La gimnema vieneadoperata soprattutto come dimagrante.

428 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M12 • Droghe obsolete e/o poco studiate 429

Ginepro. È la droga data dai frutti (galbuli) di Juni-perus communis L. (Fam. Cupressaceae), un arbu-sto che raramente raggiunge le dimensioni di un al-bero e che cresce nelle zone mediterranee ed inquelle alpine di diversi Paesi europei. Il frutto èuna pseudobacca formata dalle tre brattee che cir-condano il fiore femminile; queste si sono accre-sciute e saldate tra di loro a formare un frutto sferi-co nero o bluastro, di consistenza carnosa. I frutti siraccolgono a completa maturazione, processo cheavviene in due anni, e si fanno essiccare al sole o instufa, a calore molto moderato. I principali costi-tuenti sono l’olio volatile (0,5-1,5%), zucchero in-vertito (33%) e resina. L’olio di ginepro contienepiù di 60 composti, tra cui i principali sono α- e β-pinene, cariofillene, cadinene e terpinene-4-olo;quest’ultimo composto incrementa la filtrazioneglomerulare. Il ginepro, usato sotto forma di infu-so, è molto attivo come diuretico ed antisettico del-le vie urinarie. Irrita però il tessuto renale e pertan-to se ne sconsiglia l’uso. È probabile che l’irrita-zione ed il danno renale dell’olio di ginepro dipen-da dal rapporto tra terpeni irritanti (idrocarburi) enon irritanti (alcol). Se questo rapporto è basso(3:1) il ginepro non è tossico; viceversa, se è alto(55:1) è nefrotossico e quindi da evitare. Il ginepropossiede anche attività antinfiammatoria.

Gramigna. È la droga costituita dal rizoma diAgropyrum repens L. (Fam. Graminaceae). È unapianta infestante con rizoma strisciante, coriaceo,con molte radichette stolonifere; i culmi sono radi,glabri, sterili e fertili; le foglie sono sottili, lineari eleggermente seghettate. Si raccoglie durante tuttol’anno. Contiene amido, mucillagini, mannite, unolio essenziale (per lo 0,01-0,05% ad attività anti-batterica), vanilloside, polisaccaridi (triticina), salidi potassio. La gramigna, nella pratica erboristica,viene impiegata come diuretico. Il decotto di gra-migna è un vecchio rimedio tradizionale per depu-rare l’organismo, nel periodo primaverile, ed unbuon palliativo nelle infiammazioni del rene e del-la vescica; per migliorare il gusto della gramigna èconsigliabile far bollire per un minuto i rizomi, get-tare l’acqua, aggiungerne dell’altra ed utilizzarequest’ultima decozione.

Guaiaco. È la droga costituita dal legno di Guaja-cum officinale L. e di G. sanctum L. (Fam. Zygo -phyllaceae). Sono piccoli alberi sempreverdi del-l’America tropicale. Il legno, molto duro, si pre-senta sotto forma di masse brune a riflessi verda-stri, con odore leggermente aromatico e saporeacre; è impregnato di una resina che essuda quando

esposto al calore; infatti, la resina, oltre che per in-cisione, può essere ottenuta scaldando al fuoco illegno (le piante appartenenti alle Zygophyllaceaenon hanno apparato secretore e l’essudazione di re-sina, che manifesta il guaiaco, è dovuta alla dege-nerazione delle pareti dei vasi legnosi). Il principa-le componente della resina è l’acido guaiaconico,che viene adoperato sperimentalmente in biologiaper la determinazione delle ossidasi; per le sue pro-prietà antiossidanti si trova spesso in preparazioniper il trattamento della gotta e dei dolori reumatici

Ibisco (carcadé). È dato dal fiore (calice e calicetto) diHibiscus sabdariffa L. (Fam. Malvaceae) var. ruber,pianta erbacea annua originaria dell’Angola ed oggidiffusa un po’ovunque in Africa centro settentriona-le, Tailandia, India, Sri Lanka, America centrale ed in altri Paesi. Presenta uno stelo alto fino a 5 m, le foglie sono alterne, lobate, larghe, picciolate; i fiori sono solitari. Il calice è compatto e bombato in-feriormente mentre superiormente è diviso in 5 lun-ghe lacinie, spesso ripiegate su se stesse. Queste ul-time presentano una nervatura mediana ed unaghiandola nettarifera scura, piuttosto spessa. Il cali-cetto è dato da 8-12 brattee sottili, allargate alla basedel calice. Con la fioritura calice e calicetto diventa-no carnosi e di colore rosso o viola scuro. L’odoredella droga è debolmente caratteristico, il sapore aci-dulo. Oggi si conoscono circa 200 specie del genereHibiscus; di queste alcune sono piante erbacee (an-nue e perenni), altre arbusti, altre piccoli alberi.L’ibisco contiene acidi organici (15-30%); antocia-nine (1,7-2,5%) come delfinidina-3-sambubioside(ibiscina), delfinidina-3-monoglucoside, cianidina-3-monoglucoside, cianidina-3-sambubioside, re-sponsabili della colorazione rossa delle tisane diibisco; flavonoidi come gossipetina, gossipetrina,quercetina, miricetina; polisaccaridi (50-65%) mu-cillaginosi, costituiti per circa il 50% da sali di aci-di uronici e per il resto da ramnosio, arabinosio,galattosio, glucosio, mannosio; steroli (ß-sitostero-lo, ergosterolo): inoltre e poi trigonellina (0,007-0,02%), glicinebetaina (0,7-1,1%) ecc. Degli acidiorganici i più abbondanti sono il citrico ed il mali-co mentre il tartarico, l’ossalico e l’ascorbico sonopresenti in minori quantità. È inoltre presente l’aci-do protocatechinico e l’acido di ibisco, cioè il lat-tone dell’acido allo-idrossi-citrico, presente aquanto sembra soltanto nell’ibisco. Questi acidiconferiscono alle bevande di ibisco un piacevolesapore acidulo. L’ibisco deve contenere non menodel 13,5% di acidi, calcolati come acido citrico.All’ibisco vengono attribuite proprietà antiperten-sive, antiossidanti, antiflogistiche, antipiretiche,

analgesiche, miorilassanti, antibatteriche, antifun-gine, ipocolesterolemizzanti ed infine afrodisiache.Di recente sono stati condotti alcuni studi cliniciintesi a verificare il potenziale terapeutico di questadroga nell’ipertensione e poi come ipocolesterole-mizzante. Purtroppo gli studi sono considerati me-diocri da un punto di vista metodologico (numerodei pazienti piuttosto basso, preparati di ibisco nonstandardizzati, tecniche di preparazione delle for-me farmaceutiche utilizzate non ben definite, as-senza di placebo) e quindi poco attendibile.L’ibisco viene in genere utilizzato sotto forma di tè(1,5 g), da solo o in associazione con altre droghe.La droga è considerata sicura anche se alcuni datiscientifici lasciano supporre che l’ibisco possa agi-re negativamente sulla spermatogenesi ed interferi-re con la cinetica di alcuni farmaci quali paraceta-molo e clorochina.

Lichene d’Islanda. È la droga costituita dal tallo diCetraria islandica L. (Fam. Parmeliaceae). È unlichene alto al massimo 10 cm. Cresce nelle prate-rie, nei boschi, in montagna, sulla corteccia di al-beri e tra il muschio in regioni fredde d’Europa,d’America ed in Groenlandia. È possibile trovarloanche nelle regioni artiche. Il tallo, variamente ra-mificato, è verdastro. La droga si raccoglie in mar-zo-aprile ed in settembre-ottobre. Contiene uncomposto molto amaro, l’acido cetrarico, acidi li-chenici, amido e mucillagine. Alla droga sono sta-te attribuite proprietà immunostimolanti, antiin-fiammatorie, antielmintiche, antiemetiche, anti-diarroiche e digestive. Inoltre è stata usata per atte-nuare il sapore di certi medicinali.

Maggiorana. È la droga costituita dalle sommitàfiorite di Origanum majorana (Fam. Labiatae).Origanum da ορος = monte e γανος = ornamento.È una pianta perenne con la porzione basale ligni-ficata e quella superiore erbacea. Ha caule alto finoa 2 metri e rami eretti, muniti di foglie picciuolate,tomentose. I fiori sono raccolti in spicastri termina-li, di colore bianco o porporino. Il frutto consta diquattro acheni ovoidi, lisci. Fiorisce d’estate e lesommità fiorite si raccolgono da luglio a settembrerecidendo la pianta a 10-15 cm da terra ed evitandola porzione basale lignificata. Contiene olio essen-ziale (terpineolo, canfene, borneolo), acido rosma-rinico, sali minerali. Alla maggiorana sono state at-tribuite proprietà aromatizzanti, digestive, antispa-smodiche, antinevralgiche e sedative. Per usoesterno è un buon rimedio sintomatico dei raffred-dori, poiché contribuisce a liberare dal muco le ca-vità nasali.

Malva. È la droga costituita dai fiori e dalle fogliedi Malva sylvestris e dalle foglie di M. neglecta(Fam. Malvaceae), piante erbacee annuali o bien-nali, alte 30-150 cm, presenti nei prati, nei campie nei terreni incolti di tutta l’Europa temperata. Ilfusto è in parte diritto e vellutato, le foglie sono diforma cordata o rotondeggiante, palmatinervie, amargine dentato, di colore verde chiaro, larghe edarrotondate. La loro superficie presenta peli sem-plici e ramificati; inoltre lungo le nervature sonopresenti anche peli ghiandolari; le foglie inferiorihanno un piccolo picciolo molto lungo che dimi-nuisce in quelle superiori. I fiori, a 5 petali roseo-violetti con striature più scure (M. sylvestris), az-zurri o bianchi, sono raccolti in gruppetti di 2-6all’ascella delle foglie superiori. Il calice è com-posto da cinque sepali triangolari parzialmentesaldati alla base. I fiori si raccolgono prima chesboccino completamente. Le foglie si raccolgonoda giugno a settembre, recidendole senza il pic-ciolo. La droga contiene mucillagini, antociani,acido caffeico ed acido clorogenico. Le mucilla-gini a loro volta contengono acido galatturonico,galattosio ed un metil-pentoso. La malva possiedeproprietà emollienti, antiinfiammatorie e debol-mente lassative.

Melograno (pomo saraceno). La droga è data dallacorteccia delle radici di Punica granatum (Fam.Punicaceae), un alberello o arbusto alto fino a 4m. Originario dell’Asia minore e del Caucaso, ècoltivato e inselvatichito in Italia, soprattutto ascopo ornamentale. Presenta foglie intere, ovali,opposte, di un colore verde lucente nella paginainferiore e fiori solitari piuttosto grandi e di un co-lore rosso-scarlatto. Il frutto è una bacca (denomi-nata balaustio) grande quanto un’arancia, di coloregiallo-arancione; al suo interno è divisa da settimembranosi, ciascuno contenente numerosi semirossi, prismatici. La corteccia delle radici, raccoltain autunno, si trova in commercio in frammenti ir-regolari, grigio giallastri, oppure bruno rossastri. Avolte viene utilizzata la corteccia del fusto e dei ra-mi, ma è meno attiva. La corteccia ed i frutti con-tengono tannini, polifenoli tra cui l’acido ellagicoed alcaloidi quali pelletierina e glicosidi della mal-vidina e pentunidina. Sia la corteccia che l’esocar-po del frutto sono stati utilizzati nel passato neicasi di emorragie vaginali e gastrointestinali, gra-zie alle proprietà astringenti dei tannini. Nel pas-sato la corteccia è stata usata anche come vermifu-ga. Comunque studi piuttosto recenti mostrano chepreparazioni differenti di P. granatum [estratti(frutto), succhi freschi e fermentati (frutto), olio

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(semi)] inibiscono la crescita di diversi tipi di tu-mori (polmone, pelle, colon, prostata). È stato an-che osservato che non solo i polifenoli, bensì an-che gli altri componenti del melograno, interferi-scono con la proliferazione cellulare, con il ciclocellulare e con l’angiogenesi. È stato inoltre mo-strato di recente un effetto benefico dell’olio (se-mi) in soggetti iperlipidemici. Questi ed altri risul-tati, preclinici e clinici, fanno ben sperare in unafutura applicazione terapeutica dei preparati di P.granatum (soprattutto estratti del frutto e olio deisemi) nella cura e prevenzione del cancro, nellemalattie cardiovascolari, nelle iperlipidemie: altrepotenziali applicazioni includono la disfunzioneerettile, le infezioni batteriche, l’artrite, l’obesità el’Alzheimer. Gli estratti di P. granatum risultanosicuri. Comunque alcuni studi condotti in vitro ri-portano che il succo del frutto di P. granatum inte-ragisce con il sistema P450, inibendolo, ed un ca-so clinico, riportato di recente, evidenzia una pos-sibile interazione tra il succo di melograno (frutto)e la warfarina.

Mirto (o mortella). È dato dalle foglie di Myrtuscommunis (Fam. Myrtaceae), un arbusto della re-gione costiera del Mediterraneo e della macchiaboschiva fino agli 800 m. Simbolo di gloria e dionore, con i rami si preparavano ghirlande da of-frire agli dei, agli eroi ed alle spose; inoltre in di-verse funzioni religiose il legno di M. communisveniva bruciato al posto dell’incenso. La pianta sipresenta molto ramificata, tale da formare ciuffisempreverdi, con foglie coriacee, lucide, oppostea 2 a 2, lanceolate, intere e profumate; controlucemostrano piccole ghiandole contenenti un olio es-senziale. I fiori sono bianchi, peduncolati, solita-ri, all’ascella delle foglie; il frutto è una bacca ne-ra, di sapore aspro e resinoso. Il mirto contienetannini, un olio essenziale (pinene, canfene, gera-niolo, nerolo, cineolo ed un alcol sesquiterpenico,il mirtenolo), sostanze resinose, acidi (citrico,malico), vitamina C e dei mirto-commuloni conproprietà antibatteriche simili alla penicillina edalla streptomicina. L’olio essenziale di mirto, as-sociato all’amfotericina B, si è rilevato attivocontro Candida albicans. Il mirto è usato nellamedicina popolare sottoforma di infuso e diestratto fluido contro le affezioni respiratorie epolmonari (raffreddore, tosse, bronchite ecc.) enei casi di contusioni, emorroidi, psoriasi. L’olioessenziale è adoperato in profumeria ed aromate-rapia. Con le bacche si prepara un liquore stoma-chico, mentre la corteccia dei rami si utilizza come antielmintico.

Niaouli. È la droga che si ottiene dalle foglie di Me-laleuca viridiflora (Fam. Myrtaceae), arbusto sem-preverde dell’Australia. La droga, l’essenza diNiaouli o gomenolo, è un olio volatile che contie-ne, oltre a 1,8-cineolo e α-terpineolo, idrocarburiterpenici, terpeni ossigenati, linalolo e diversi se-squiterpeni. Viene usato, per applicazioni locali,come cicatrizzante e disinfettante di ferite, nei casidi punture di insetti ed in altri disturbi a carico del-la cute. Recentemente è stata dimostrata l’efficaciadell’essenza nel trattamento dell’acne vulgaris e diinfezioni vaginali e cutanee. Può essere causa didermatite.

Noce. È la droga costituita dalle foglie o dal mallodi Juglans regia L. (Fam. Iuglandaceae), detto no-ce comune, un albero alto fino a 15 metri, contronco dritto e chioma tondeggiante. Originariodell’Asia, è da tempo coltivato nelle regioni medi-terranee, dal mare alla zona montana. Le foglie so-no ovali-oblunghe e inserite quasi sessili sul pic-ciolo; la superficie è glabra sopra, mentre nella pa-gina inferiore vi sono dei ciuffetti di peli all’attac-catura delle nervature secondarie sulla principale;il mallo è il rivestimento esterno, carnoso, del frut-to (una drupa), che nella parte interna, legnosa,contiene il seme diviso in quattro lobi rugosi. Lefoglie si raccolgono da maggio ad agosto, staccan-dole senza picciolo e si essiccano all’ombra; ilmallo si ottiene in agosto-settembre, quando i frut-ti maturano, proteggendo le mani con i guanti perevitare macchie persistenti sulle dita e, successiva-mente, si essicca all’ombra. Sia le foglie che ilmallo sono ricchi in juglone, un derivato naftochi-nonico; altri principi attivi sono tannini ed un olioessenziale. Per la presenza di iuglone, le fogliehanno proprietà digestive, antielmintiche ed ipo-glicemizzanti. Il decotto trova applicazione ancheper uso esterno, per pelli o mucose arrossate. Ilmallo ha proprietà antisettiche e cheratinizzanti;per la proprietà di tingere in bruno, il mallo è usa-to in cosmetica in prodotti abbronzanti e per tinge-re i capelli.

Ononide. È la droga costituita dalla radice di Ono-nis spinosa L. (Fam. Fabaceae). Ononis, forse de-riva dal greco ο’ νος = asino; spinosus, dal latino =spinoso. È un piccolo arbusto spinoso con il fustospesso, lignificato alla base, ampiamente ramifica-to ed alto fino a 60-70 cm. È comune in tutta l’Eu-ropa, nell’Asia del sud-ovest e nell’Africa del nord.La radice si raccoglie in settembre-novembre; si la-va per eliminare la terra e si divide in pezzi lunghi5-10 centimetri; si essicca al sole o in ambiente

riscaldato. La medicina tradizionale attribuisce al-l’ononide proprietà diuretiche o favorenti l’elimi-nazione di piccoli calcoli renali. La sua azione èdovuta alla presenza di un olio essenziale, conte-nente mentolo, carvone e soprattutto anetolo. Gliinfusi di ononide, per uso esterno, costituiscono unbuon rimedio per gengive molli e sanguinanti.

Papavero selvatico. È dato dai fiori del Papaverrhoeas (Fam. Papaveraceae), pianta annuale a fu-sto diritto, sottile, forte, leggermente peloso, altadai 25 ai 60 cm. La pianta ha foglie molto dentella-te, verde chiaro; i fiori rosso vivo, molto fragili, siraccolgono da maggio a luglio. Cresce nei campi dicereali, sulle scarpate e sui terrapieni di tutta l’Eu-ropa. Purtroppo non si trova più facilmente neicampi a causa dell’impiego sistematico degli erbi-cidi. Contiene l’alcaloide reodina, tannini e mucil-lagini. È utilizzato da tempo in Oriente per la suaefficacia contro la tosse e come sedativo. Ad altedosi può provocare gravi intossicazioni.

Piantaggine. È la droga costituita dalle parti aereedi Plantago major L. (Fam. Plantaginaceae): plan-tago, forse dal latino planta = pianta del piede, perle foglie di alcune specie che somigliano a impron-te del piede. È una pianta erbacea, alta 10-60 cm,con una rosetta di foglie basilari, strettamente ade-renti al suolo e stelo fiorale sporgente sopra le fo-glie. La pianta cresce nelle zone aride ed è diffusain Europa ed Asia. Contiene mucillagini, tannini,sali minerali, glucidi ecc. Alla piantaggine si attri-buiscono proprietà astringenti, cicatrizzanti, depu-rative, espettoranti, diuretiche.

Pruno spinoso. È la droga costituita dai fiori e dal-la corteccia di Prunus spinosa L. (Fam. Rosa-ceae) È un arbusto a foglie caduche alto fino a 3-4 metri; cresce dal mare alla zona montana di tut-ta l’Italia, nei boschi e soprattutto nelle siepi. Ifiori, isolati, hanno un peduncolo glabro; il caliceha cinque sepali triangolari-ovati, la corolla ècomposta da cinque petali bianchi ovali-oblunghi,rotondi all’apice e ristretti alla base. Si raccolgo-no, appena schiusi, in marzo-aprile, si essiccanoall’ombra e si conservano in recipienti al riparodalla luce. La corteccia dei rami è lucida e di co-lore cenere scuro, quella del tronco è nerastra elievemente fessurata; si raccoglie in primavera oin autunno, staccandola dai rami non molto vec-chi; una volta raccolta, si essicca al sole. La cor-teccia viene tradizionalmente usata come astrin-gente ed antinfiammatoria, per il contenuto in tan-nini; l’infuso dei fiori possiede proprietà digestive

e blandamente lassative; tuttavia, la composizionechimica dei componenti responsabili di tali atti-vità non è nota.

Quillaia. È la droga costituita dalla corteccia diQuillaia saponaria (Fam. Rosaceae), pianta origi-naria dell’America latina. La corteccia, inodore edi sapore acre, si presenta di colore nero all’esternoe bianco all’interno. Di dimensioni diverse, è ven-duta in pezzi lunghi 20-100 cm, larghi 8-15 cm espessi 1 cm. Contiene saponine, e il cui componen-te più noto è l’acido quillaico. Si usava come espet-torante e diuretico.

Ratania. È la droga costituita dalla radice di Kra-meria triandra (Fam. Krameriaceae), piccolo ar-busto con rami lunghi circa 1 m. La radice, di colo-re rosso bruno, è nodosa all’estremità superiore, dacui si dipartono delle radici. La corteccia, inodorema di sapore amaro, è rugosa e scagliosa. Crescespontanea in Brasile e sulle montagne andine. Ladroga, per la presenza di tannini, possiede proprietàastringenti.

Rehmannia. Chiamata anche digitale cinese, perl’aspetto simile alla Digitalis purpurea, la droga ècostituita dalla radice e dai rizomi, spessi e carno-si, dal sapore dolce, di Rehmannia glutinosaGaertn. (Fam Scrophulariaceae o Gesneriaceaesecondo alcune classificazioni). Si tratta di unapianta erbacea perenne, tomentosa, con foglie ba-silari per la maggior parte obovate, rugose, le api-cali quasi lanceolate; fiori con corolla tubulare,raccolti in racemo di 5-10 fiori. La droga origina-ria della Cina dove è coltivata nella provincia del-lo Henan, e negli Stati Uniti; si utilizza fresca, es-siccata o trattata al vapore. L’analisi chimica, haevidenziato la presenza di 25 iridoidi, naftopiro-ne, glicosidi fenetil alcolici, catalpolo, diidroca-talpolo, aucubina, acteoside, isoacteoside A e F,polisaccaridi (galattosio, glucosio, xilosio, man-nosio, arabinosio), 15 aminoacidi liberi, esteri de-gli acidi grassi, metil linoleato, metil palmitato,metil-n-octadecanoato, beta-sitosterolo, daucoste-rolo, acido palmitico, acido succinico, composticiclici, stachiosio, minerali in traccia, mannitolo,campesterolo, acido-α-aminobutirrico, mannito-lo, β-sitosterolo. La Rehmannia viene utilizzatain varie forme nella medicina cinese [fresca - es-siccata o al vapore] per la cura delle più diversepatologie. È adoperata nelle insufficienze renali esurrenali (sembra che anta gonizzi la soppressionedell’ettività surrenalica causata dagli ormoni ste-roidei), e nelle malattie autoimmuni quali lupus

432 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M12 • Droghe obsolete e/o poco studiate 433

ed artrite reumatoide come mostrato in uno studioclinico. La somministrazione orale di 10-500mg/Kg di estratto fluido di Rehmannia ha dimo-strato effetti immunomodulatori in un modellosperimentale.Alcuni studi sperimentali hanno ipotizzato che laprincipale funzione del catalpolo, il primo iridoideisolato da rehmannia, sia quella di stimolare la pro-duzione di ormoni surrenalici.Recenti studi hanno poi evidenziato che estratti diRehmannia ed il catalpolo hanno effetti ipoglice-mizzanti, facilitano la cicatrizzazione delle ulcerealle zampe in ratti resi diabetici da streptozotocina,migliorano la funzione renale in ratti parzialmentenefrectomizzati. La rehmannia è ben tollerata. Puòcausare lievi sintomi di vertigini, palpitazioni emancanza di energia, che scompaiono proseguendola somministrazione; dosaggi eccessivi provocanogonfiore addominale (per la formazione di gas) ediarrea. Cautela in gravidanza e allattamento.

Rosa canina (o rosa selvatica). È data dai frutti (falsifrutti detti cinorridi) di Rosa canina L. (Fam. Ro-saceae). Rosa, nome latino di derivazione indo-germanico da wrod; canina, da canis, cane, so-prannome dato alla maggior parte delle rose selva-tiche. Si tratta di un arbusto alto fino a 3 m. Èprovvisto di robusti aculei, con foglie pennate in5-7 foglioline a margine dentato e fiori solitari oraccolti in infiorescenze a corimbo, di colore rosachiaro. Il ricettacolo è allungato-ovoidale: con lafioritura si trasforma nella coccola carnosa di co-lore scarlatto (frutto). La pianta cresce ai marginidei boschi, sui ruderi e nelle siepi. La droga di sa-pore acidulo e odore soave contiene tannini, vita-mine (C ed A), carotenoidi, flavonoidi, acidi (ma-lico, citrico) ecc. con l’essiccamento la droga per-de gra parte della vitamina C (del 5% iniziale si ri-duce all’1%). La rosa canina è stata utilizzata nelpassato come astringente, blando lassativo, diure-tico ed antiscorbutico. Di recente uno studio ran-domizzato e controllato condotto su 29 pazienticon artrite reumatoide ha mostrato che la sommi-nistrazione di rosa canina (5g/die) per sei mesi ri-duceva i sintomi della malattia.

Sabadiglia. È la droga data dai semi di Sabadillaofficinarum L. (Fam. Liliaceae), pianta erbaceadelle Cordigliere americane. I semi sono oblunghi,lanceolati, ricurvi, lucidi, di colore bruno-nero,flessibili. Internamente sono di colore bianco-gial-lo persistente. Contengono alcaloidi, il più impor-tante dei quali è la cevadina. Per anni, l’unguentodi sabadiglia è stato adoperato come antisettico.

Salsapariglia. È la droga costituita dalla radice (cono senza rizoma) di piante (liane) del genere Smilax(Fam. Liliaceae). Le piante più utilizzate sono laS. officinalis Schlech. E Cham. (salsapariglia delMessico o di Vera Cruz), la S. aristolochiaefoliaMill, anch’essa messicana e la S. ornata (salsapa-riglia della Giamaica), che cresce nell’Americacentrale e meridionale. La S. aspera L. (salsapari-glia nostrana) è povera in principi attivi e perciònon viene adoperata. Le radici hanno colore gri-gio-brunastro nella maggior parte delle specie,rosso bruno nella S. ornata. Le salsapariglie con-tengono saponosidi a struttura steroidea. La medi-cina popolare attribuisce alla salsapariglia pro-prietà diaforetiche, diuretiche, antireumatiche escialagoghe; a dosi elevate produce emesi; l’e-stratto fluido viene adoperato come veicolo che fa-vorisce l’assorbimento di altri medicamenti. Lasmilagenina e la sarsapogenina, due stereoisomeripresenti nella salsapariglia, vengono utilizzati co-me composti base per la semisintesi degli ormonisteroidei. In omeopatia si usa la T.M. in caso di co-liti nefritiche, cistiti, prostatiti.

Sambuco. La droga è costituita dai fiori di Sambu-cus nigra L. (Fam. Caprifoliaceae). Si tratta di unapianta originaria dell’Europa e del Caucaso; oggi èuna specie ormai cosmopolita, diffusa in tutte learee temperate dei continenti. In Italia è presente intutte le regioni, dal piano ai 1400 metri circa diquota.Albero piuttosto corto, nodoso e irregolare, conscorza bruno-grigiastra, rugosa e solcata in sensoverticale. Il midollo centrale è candido e soffice.Ifusti sono retti e molto ramificati, con rami ad an-damento arcuato e ricadente. Le foglie sono oppo-ste, decidue, picciolate, lunghe 20-30 cm, provvistedi stipole ovate o tondeggianti (1 cm), acute all’a-pice. Emanano un odore sgradevole. La lamina èimparipennata, composta da 5-7 segmenti ovati, adapice acuminato e margine seghettato.I frutti sono delle drupe globose, succose a matu-rità, viola-nerastre; contengono da 2 a 5 nocciolimonospermi a forma di pinolo.I componenti del sambuco variano nelle diverseparti della pianta.Nei fiori troviamo un olio essenziale, flavonoidi,glicosidi flavoni, acidi fenolici, quercetina, canfe-rolo, rutina, isoquercitrina, iperoside, astragalina,quercitrina, acido p-cumarico, acido caffeico, acidoferulico, triterpeni afla e beta-amirina, acido urso -lico, acido oleanolico, acido ascorbico, alcido pal-mitico, acido linoleico, acido clorogenico,steroli, mucillagini, tannini, pectine, zuccheri. Nelle foglie

troviamo sambunigrina, gliucoside cianogenetico,colina, rutina, quercetina, steroli, sitosterolo, stig-masterolo, campestrolo, triterpeni, alfa e beta-ami-rina, palmitati acido oleanoico ed ursolico, alcani,acidi grassi, stearico, oleico, linoleico, tannini, re-sine, grassi, zuccheri, vitamina C. Nei frutti trovia-mo flavonoidi, rutina, isoquercitrina, iperoside,tannini, antociani, sambucianina, crisantemina,tracce di olio essenziale, sambunigrina, prunasina,zierina, olocaina, zuccheri, acido citrico, acido ma-lico, vitamina A, vitamina C, vitamine del com-plesso B (tiamina, riboflavina), acido nicotinico,ammide, vitamina B6, inositolo, acido pantotecni-co, acido folico, biotina, tirosina. Nella cortecciatroviamo sali di potassio, colina, zuccheri, tracce diolio essenziale, glicosidi cianogenentici, sambuni-grina, alcaloide sambucina, tannini. Infine nei semisono presenti glicosidi cianogenetici. Pertanto, ilsambuco presenta attività ed usi diversi a secondadella parte di pianta adoperata: emolliente, sudorife-ro, diaforetico (fiori); lassativo, diuretico e poi nellemalattie da raffreddamento (frutti); nelle cistiti enelle nevralgie (corteccia). I fiori hanno attivitàastringente sulla pelle, si impiegano per il tratta-mento dei reumatismi. Come emolliente, lenitivosui foruncoli, scottature, emorroidi. Infuso: 5 g difiori in 100 ml di acqua. Fare lavaggi e applicarecompresse imbevute di infuso. La presenza di glico-sidi cianogenetici sconsiglia l’uso interno dei frutti.

Sassofrasso. È la droga costituita dal legno della ra-dice di Sassafras officinale (Fam. Lauraceae), unalbero del Nord America. Il sassofrasso contieneun olio essenziale, di colore giallo arancio, conte-nente safrolo. Sia la droga che l’essenza hanno pro-prietà carminative. Negli Stati Uniti vengono uti-lizzate come condimento ed aromatizzante. Il sas-sofrasso è spesso indicato come droga ad attivitàadattogena, anche se tale supposizione non è sup-portata da dati scientifici adeguati; per la presenzadi safrolo, sostanza considerata carcinogena, l’usodel sassofrasso dovrebbe essere limitato.

Scammonea. È la droga costituita dalle radici diConvolvulus scammonia L. (Fam. Convolvulaceae).È una pianta erbacea perenne che cresce in Grecia,Crimea, Siria ed Asia Minore. Ha radice fusiforme,carnosa e tuberizzata dalla quale si dipartono ognianno numerosi fusti pelosi, a foglie sparse, picciola-te, con lamina saettiforme e triangolare e grandi fio-ri turchini; in commercio si trova in pezzi cilindrici,contorti di color bruno-verdastro e rugosi all’ester-no, lunghi 10-30 cm, di debole odore e di sapore for-te amaro. In terapia non hanno impiego, mentre si

utilizza la gommoresina che si raccoglie dalle inci-sioni praticate nella radice a livello del colletto perfarne uscire il succo. La resina della scammonea sipresenta in masse bruno-verdastre ed è inodore edinsapore. Contiene scammonina, zuccheri, mucilla-gini e gomme. Ha proprietà purgative drastiche, si-mili a quelle della gialappa.

Serpentaria. È la droga costituita dai rizomi e dalleradici di Serpentaria virginiana (Fam. Aristolo-chiaceae), pianta originaria degli Stati Uniti d’A-merica. Le piante appartenenti a questa famigliasono erbe o arbusti legnosi, con foglie alterne, inte-re e fiori solitari o a grappoli ascellari. La drogacontiene acido aristolochico, un olio etereo, acidomalico, sostanze amare. Alla serpentaria sono stateattribuite proprietà diaforetiche, toniche, diureticheed espettoranti. Si utilizza sottoforma di estrattofluido nelle dispepsie atoniche, per stimolare l’ap-petito associata ad altri amari tonici.

Solidago. È la droga costituita dalle sommità fioritedi Solidago virga-aurea L. (Fam. Compositae): so-lidago, nome volgare di incerta origine; virga, dallatino = verga, aureus, dal latino = aureo, con rife-rimento all’infiorescenza. La pianta (alta 120-150cm) cresce nei boschi aridi silicei, nelle macchie esulle rocce, sia in Europa che in Asia, Africa edAmerica; presenta un caule semplice che si ramifi-ca in corrispondenza dell’infiorescenza. Le foglie(ovoidali e con picciolo alato le inferiori, lanceola-te e sessili le superiori) sono vellutate, ruvide aibordi e dentate. I fiori, riuniti in pannocchie termi-nali, sono gialli. Contiene saponine, flavonoidi, cu-marine e tannini. Alla droga sono ascritte proprietàantidiarroiche e diuretiche. Diminuisce inoltre lapermeabiltà capillare e sembra utile nelle enteriti,nefrite acuta ed edemi.

Tiglio. È la droga costituita dalle infiorescenze dialcune specie di Tilia (T. platyphyllos Scop., T. cor-data Miller, T. curapaca) (Fam. Tiliaceae), piantearboree alte anche 30 m, spontanee in tutta Europanelle zone submontane e montane fino ai 600 m.Presentano foglie cuoriformi, alterne, picciolate, amargine seghettato; i fiori, raggruppati in infiore-scenze cimose, sono biancastri e profumati. Il tigliocontiene mucillagini, un olio essenziale, pigmentiflavonici e tannini. Il tiglio sembra possedere pro-prietà emollienti, bechiche, sedative, coleretiche,ipotensive e diuretiche. Il legno della pianta forni-sce un carbone leggero, poroso, impiegato comeadsorbente ed antifermentativo in alcuni disturbigastrointestinali.

434 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Capitolo M12 • Droghe obsolete e/o poco studiate 435

Tinospora. La droga è costituita dalle foglie di Ti-nospora cordifolia (Willd.) Miers ex Hook (Fam.Menispermaceae), un arbusto a foglie caduche chesi sviluppa ad intreccio con uno stelo succoso ecorteccia cartacea, rami da cui si dipartono lun-ghe, filiformi e flessibili radici aeree. Le foglie so-no membranose e cordate, i fiori gialli ascellari eracemi a stelo lungo. I frutti sono drupe portate suun corto stelo ed hanno la forma di pisello ovoide,lucido, di colore rosso. La pianta fiorisce in giu-gno e fruttifica in novembre. Una grande varietà dicostituenti sono stati isolati dalla tinospora: alca-loidi, diterpeni lattonici, glicosidi, steroidi, sesqui-terpenoidi, composti alifatici, polifenoli e polisac-caridi. Le foglie sono ricche di proteine (11,2%),calcio e fosforo. Tinosporina, tinosporidina, e ti-nosporasina presentano proprietà spasmolitiche,anti-infiammatorie ed antipiretiche. Negli studiclinici, estratti della droga hanno determinato unaumento del rapporto NADPH/NADP (indicandouna riduzione dei danni da radicali liberi e una mi-gliore respirazione cellulare). L’attività di SDH(deidrogenasi sorbitolo), che catalizza la conver-sione di sorbitolo in fruttosio, è ridotta anche inmaniera significativa. Con il nome di Guduchi èlargamente utilizzata in veterinaria e nella medici-na ayurvedica come immuno-modulatore, spasmo-litico, antiallergico e per il trattamento di sepsi, ittero, fibrosi epatica, peritonite. Numerosi studieseguiti su roditori hanno mostrato che la drogapossiede proprietà ipoglicemizzanti, immuno- modulatorie, epatoprotettive, antiinfiammatorie ed antiossidanti. Inoltre uno studio clinico in dop-pio cieco ha evidenziato che l’estratto (300 mg ×3/die) di tinospora riduce significativamente l’in-cidenza della sintomatologia in soggetti affetti daHIV. In un altro studio randomizzato e in doppiocieco eseguito di recente è stata dimostrata l’effi-cacia di tinospora nel ridurre la sintomatologiadella rinite allergica.

Tribolo. La droga è costituita dai frutti di Tribulusterrestris (Fam. Zygofillaceae). Tribulus, dal lati-no e significa tribolo, pianta spinosa; terrestris,che si trova in natura, a differenza di una specieacquatica. Si tratta di una pianta erbacea annuanativa delle regioni mediterranee, ma diffusa inIndia, Cina, Australia. Presenta foglie pennato-composte e fiori piccoli di colore giallo. I fruttisono capsule spinose, coriacee. I principali com-ponenti del tribolo sono: saponine steroidee (pro-todioscina, diosgenina, gitonina ecc.), alcaloidi(tribulusamide A e B, armani ecc.), flavonoidi(kaempferolo, quercitina ecc.) ecc. La droga vie-

ne utilizzata per migliorare le prestazioni sessua-li, (è il principale componente di un prodottochiamato Tradamix®), nelle malattie dell’appara-to genito-urinario, nei disturbi epatici.

Trifoglio fibrino. È la droga costituita dalle foglie diMenyanthes trifoliata L. (Fam. Menyanthaceae):menyanthes, nome di incerta etimologia, trifoliatus= trifoglio. La pianta è un’erba perenne che crescenelle paludi umide e basse, nei fossati e nelle zonedi interramento delle acque. Possiede un rizomastrisciante dal quale partono rami fioriferi senza fo-glie, con una brattea sotto ogni fiore, e foglie car-nose, munite di un lungo e grosso picciolo. La la-mina fogliare è divisa in 3 segmenti ellittici, glabri,lucenti. Le foglie contengono la meniantina (unglucoside), glucosidi flavonici, vitamina C, iodio,enzimi. Al trifoglio fibrino si attribuiscono pro-prietà digestive, diuretiche, lassative ed emetiche(a dosi elevate).

Verbasco. È la droga costituita dalle foglie e dai fio-ri del Verbascum thapsus L. (Fam. Scrofularia-ceae), pianta annuale o biennale. Inizialmente siforma una rosetta di foglie basali distese sul terrenoe successivamente si origina un fusto semplice, al-to dai 50 cm fino a due metri. Le foglie sono co-perte densamente con peli stellati, lanuginosi, mol-to ramificati. L’infiorescenza è un lungo racemosemplice o ramificato; i fiori hanno il calice divisoin cinque lobi; la corolla, di colore giallo chiaro, hala parte inferiore tubulare e quella superiore divisain cinque lobi arrotondati. Le foglie si raccolgonoin primavera-estate; i fiori si raccolgono appenaaperti nel periodo giugno-agosto. Il verbasco con-tiene saponine, mucillagini, tracce di olii essenzia-li e fitosteroli. Alla droga sono state attribuite pro-prietà astringenti, antiinfiammatorie, lenitive, de-congestionanti ed espettoranti.

Viburno. È la droga costituita dalla corteccia di Vi-burnum prunifolium (Fam. Caprifogliacee), arbu-sto cespuglioso diffuso negli Stati Uniti. In com-mercio si presenta in forma di frammenti irregola-ri, spessi 1-2 mm. La frattura è granulosa e l’odoregradevole è simile a quello della valeriana. Contie-ne scopoletina, salicina, olio volatile ed acido iso-valerico, tannini e resina. Veniva usato come rime-dio nel trattamento della dismenorrea.

Viola tricolore. È la droga costituita dalle parti aereedi Viola tricolor L. (Fam. Violaceae), pianta erba-cea annuale o bienne, che cresce sia nelle zone marine che in quelle montane. Il fusto è alto fino a

40 cm, semplice o ramificato. Le foglie inferiorisono ovato triangolari, le superiori oblungo-lan-ceolate; i fiori solitari, ascellari e peduncolati, sonformati dal calice con cinque sepali e dalle corollecon cinque petali. Il colore dei petali, a secondadelle numerose varietà, va dal viola, al giallo e albianco, con sfumature color porpora. Il frutto è unacapsula oblungo-ovoidale, racchiusa dal calice per-sistente; a maturità si apre in tre valve ricche dimolti semi brunastri. La pianta si raccoglie durantela fioritura, da aprile a luglio-agosto, si taglia vici-no alla base, viene privata delle foglie ingiallite e siessicca in luogo aerato ed ombreggiato. La violatricolore contiene mucillagini, derivati salicilici,flavonoidi e saponosidi. Nella medicina tradizio-nale viene utilizzata per le sue proprietà diuretiche,diaforetiche e blandamente lassative; esternamenteviene adoperata nelle affezioni cutanee. I saponosi-di, assunti per via orale con l’infuso, provocano ir-ritazione della mucosa gastrica provocando, per viariflessa, la fluidificazione del secreto bronchiale.

Zedoaria. Droga data dalla radice di Curcuma ze-doaria (Fam. Zingiberaceae). È una pianta indige-na delle Indie occidentali e dell’isola di Giava. Haproprietà stimolanti, aromatiche. È indicata nellecoliche e nelle atonie gastriche. Entra nella compo-sizione di liquori amari e di aperitivi.

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436 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

ATTREZZATURE PRESENTI IN UNA FARMACIA ALL’INIZIO DEL XX SECOLO

(ICONOGRAFIA)

Foto 1 Da sn.: “Manuale deimedicamenti per gli OspedaliMilitari”, Tip. Manuzio, Roma,1916; “Farmacopea ufficialedel Regno d’Italia”, II Ed., Para-via, Torino, 1902; “Medicamen-ta”, Coop. Farm., Milano, 1908

Foto 2 I. Guareschi, “Commentario della Farmacopea Italiana”,Unione Tip. Ed., Torino, 1897

438 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Foto 3 Copiaricette e/o co-pialettere a pressione

Foto 4 In alto, da sn.: vasi di porcellana Richard-Ginori (inizio sec. XX); vasi a calice di vetro (fine sec. XIX); vaso di vetro inblu cobalto della Ditta Brioschi. In basso, da sn.: vasi di vetro a tappo smerigliato (fine sec. XIX); vaso di ceramica di Faen-za della Ditta Alberani; vasi di vetro a tappo smerigliato (inizio sec. XX)

Attrezzature presenti in una farmacia all’inizio del XX secolo (iconografia) 439

Foto 5 Flaconi con gocciolatoio ed etichetta a fuoco, con relativi piattini

Foto 6 Vaso di vetro a calice (fine sec. XIX) Foto 7 Bilancia (sec. XIX)

440 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Foto 8 Mortai di vetro

Foto 9 Mortai di porcellana

Foto 10 Mortaio di bronzo (sec. XIX) Foto 11 Mortaio di bronzo (inizio sec. XX)

Attrezzature presenti in una farmacia all’inizio del XX secolo (iconografia) 441

Foto 12 Pallone per riempimento fiale

Foto 13 Lampade ad alcool di ottone e pinze per saldatura di fiale Foto 14 Lampada ad alcool di vetro

442 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Foto 15 Autoclave con relativa lampada di ottone ad alcool

Foto 16 Stampi per candelette e ovuli vaginali

Foto 17 Macchinetta per saldatura dei cachet con relati-vo imbuto e raccoglipolvere

Foto 18 Emulsionatrice

Attrezzature presenti in una farmacia all’inizio del XX secolo (iconografia) 443

Foto 19 Schiacciasugheri

Foto 20 Fornello Primus a petrolio

Foto 21 Portaspago

Foto 22 Orologio a pendolo in stile liberty

Viene qui riportato un formulario, tratto dal For-mulario Nazionale, Sezione C (F.N.); da Medica-menta VI Edizione (Med.); da Prescripciones Far-maceuticas, di L.M. Guerrero (P.F.) e da Fitofar-macia, di F. Capasso e G. Grandolini (FITO).

L’intento è didattico, ma anche pratico ed appli-cativo. Pertanto, per quasi tutte le preparazioni ga-leniche è riportata la composizione, le modalità dipreparazione, l’impiego terapeutico ed il dosaggioconsigliato.

Specie

SPECIE STOMACHICHE E DIGESTIVE (Med.)Composizione:Arancio amaro corteccia p. 20Trifoglio fibrino foglie ” 20Assenzio foglie e sommità fiorite ” 20Cardo benedetto sommità fiorite ” 20Centaurea minore sommità fiorite ” 20

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE ANTISETTICHE-DIURETICHE (Med.)Composizione:

Betulla foglie p. 20Uva ursina foglie ” 20Mais stimmi ” 20Liquirizia radice ” 20Gramigna rizoma ” 20

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE AROMATICHE (Med.)Composizione:

Garofano fiori p. 10Lavanda sommità fiorite ” 10Menta foglie ” 15Salvia foglie ” 10Maggiorana foglie e sommità fiorite ” 15Timo serpillo pianta fiorita ” 10Angelica radice ” 10

Calamo aromatico rizoma p. 10Zedoaria rizoma ” 10

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE CARMINATIVE (Med.)Composizione:

Camomilla fiori p. 30Menta foglie ” 30Cardamomo frutto decorticato contuso ” 10Calamo aromatico rizoma ” 10Valeriana rizoma ” 10

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE DEPURATIVE (Med.)Composizione:

Sassofrasso legno p. 5Pruno spinosofiori ” 5Noce comune foglie ” 15Senna foglie ” 20Finocchio frutti contusi ” 10Viola tricolore pianta ” 20Guajaco legno rasura ” 5Liquirizia radice ” 10Salsapariglia radice ” 10

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE DIURETICHE (Med.)Composizione:

Anice frutto contuso p. 5Ginepro frutto contuso ” 20Prezzemolo frutto contuso ” 5Viola tricolore pianta ” 10Ligustico radice ” 20Liquirizia radice ” 20Ononide radice ” 20

Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE EMOLLIENTI (Med.)Composizione:

Camomilla fiori p. 20Altea foglie ” 20Malva foglie ” 20

FORMULARIO FITOFARMACEUTICO

Lino seme p. 40Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE LASSATIVE (Med.)Composizione:

Sambuco fiori p. 30Senna foglie ” 40Anice frutto contuso ” 10Finocchio frutto contuso ” 10Tartrato sodico potassico ” 10Acqua ” 20

Si sciolgano 10 p. di tartrato di potassio e di sodio in 20 p.di acqua. Si umettino con questa soluzione le 40 p. di fogliedi senna (tagliate grossolanamente), omogeneamente. Siaggiungano, mescolando alle foglie di senna fatte seccare a30-40 °C, le altre droghe.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE DIAFORETICHE (Med.)Composizione:

Anice stellato frutto contuso p. 2Sassofrasso corteccia ” 25Guajaco legno ” 20Liquirizia radice ” 28Salsapariglia radice ” 25

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE NERVINE (Med.)Composizione:

Arancio foglie p. 25Menta foglie ” 25Trifoglio fibrino foglie ” 25Valeriana radice ” 25

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce.

SPECIE PETTORALI (Med.)Composizione:

Tussilagine fiore p. 5Verbasco fiore ” 5Malva fiore ” 10Papavero rosso fiore ” 10Altea foglie ” 10Tussilagine foglie ” 10Timo foglie ” 10Anice stellato frutto contuso ” 5Altea radice ” 10Liquirizia radice ” 25

Si mescoli.Conservare al riparo dalla luce, su calce.

Tisane

TISANA COMPOSTA ALL’ALTEA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Altea radice g 30

Timo erba g 25Finocchio dolce frutti ” 10Piantaggine foglie ” 15Liquirizia radice ” 10Lichene islandico tallo

(Cetraria islandica (L.) Ach. ” 10Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALL’ACHILLEA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Achillea erba g 30Tarassaco erba ” 30Zedoaria rizoma ” 20Menta piperita foglie ” 20

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALL’ANICE (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Anice frutti g 20Camomilla comune ” 20Cumino frutti ” 20Menta piperita foglie ” 20Finocchio dolce frutti ” 20

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (5 g circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALL’ASSENZIO, STOMACHICAE DIGESTIVA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Assenzio erba g 30Genziana radice ” 20Arancia amara corteccia ” 20Centaurea erba ” 20Cannella corteccia ” 10

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA CAMOMILLA, SEDATIVAE CALMANTE (F.N.)

Composizione. 100 g di miscela contengono:Camomilla comune g 25Valeriana radice ” 25Cumino frutti ” 25Menta piperita foglie ” 25

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA CENTAUREA, STOMA-CHICA E DIGESTIVA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Centaurea erba g 35Tarassaco erba ” 35

446 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 447

Genziana radice g 30Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA GENZIANA, STOMACHI-CA E DIGESTIVA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Genziana radice g 30Arancia amara corteccia ” 30Assenzio erba ” 20Centaurea erba ” 20

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA GRAMIGNA, DEPURATI-VA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Gramigna radice g 20Betulla foglie ” 20Solidago erba ” 20Ononide radice ” 20Liquirizia radice ” 20

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA MELISSA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Melissa foglie g 15Valeriana radice ” 25Luppolo coni ” 35Menta piperita foglie ” 25

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA AL SAMBUCO (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Tiglio fiori g 30Sambuco fiori ” 30Spirea olmaria fiori ” 20Rosa canina frutti ” 20

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA SENNA, LASSATIVA (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Senna foglie g 60Menta piperita foglie ” 20Camomilla comune ” 10Finocchio dolce frutti ” 10

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.L’uso continuato può indurre abitudine. Non somministrarea donne in gravidanza. Per i pazienti anziani e per i bambi-

ni le dosi vanno opportunamente ridotte. Le feci, per la pre-senza di antrachinoni, possono assumere colore giallo-arancio, mentre le urine si colorano in marrone.

TISANA COMPOSTA AL TARASSACO (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Tarassaco erba g 30Cardo mariano frutti ” 20Zedoaria rizoma ” 20Menta piperita foglie ” 20Cumino frutti ” 10

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA AL TIGLIO (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Tiglio fiori g 40Sambuco fiori ” 30Spirea olmaria fiori ” 30

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA AL TIMO (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Timo erba g 25Finocchio dolce frutti ” 15Piantaggine foglie ” 35Liquirizia radice ” 25

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

TISANA COMPOSTA ALLA VALERIANA, SEDATIVAE CALMANTE (F.N.)Composizione. 100 g di miscela contengono:

Valeriana radice g 40Luppolo (Humulus lupulus L.) ” 20Melissa foglie ” 15Menta piperita foglie ” 15Arancia amara corteccia ” 10

Preparare la tisana al momento dell’uso per infusione. Uncucchiaio (g 5 circa) per una tazza (250 g circa), 1-3 volteal giorno.

INFUSO ANTIDIABETICO DI GALEGA (FITO)Galega parti aeree g 2Acqua di fonte ml 150

Lasciare in infusione per 5 minuti, colare e bere nella gior-nata 2-3 tazze.

INFUSO DI ORTICA CONTRO L’IPERTROFIA PRO-STATICA (FITO)

Ortica radice g 4Acqua di fonte ml 150

Lasciare in infusione per 15 minuti; colare e bere nellagiornata 3-4 tazze.

Polveri

POLVERE DEL DOVER, ANALGESICA (Med.)Composizione:

Oppio polvere N. 40 g 10Ipecacuana polvere N. 40 ” 10Lattosio polv. sott ” 80

Si mescoli accuratamente.1 g contiene 0,10 g di oppio pari a 1 cg di morfina.

POLVERE DI LIQUIRIZIA COMPOSTA (Med.)Composizione:

Senna polvere N. 40 g 180Liquirizia rad. polvere N. 40 ” 236Solfo sublimato lavato ” 80Finocchio essenza ” 4Zucchero polv. ” 500

Mescolare intimamente l’essenza di finocchio con la metàdello zucchero, aggiungere la quantità rimanente dello zuc-chero e quindi le altre sostanze mescolando accuratamente;passare quindi il tutto attraverso setaccio.

POLVERE ORALE COMPOSTA DI SENNA, LASSATIVA(F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Senna foglie polvere g 40Frangola polvere ” 30Anice polvere ” 30

Le singole polveri, opportunamente setacciate e pesate, simescolano accuratamente. Polvere di colore giallo-verda-stro, di aspetto uniforme, di odore caratteristico. Conserva-re in recipiente ben chiuso, al riparo dalla luce. Usare da1/4 a 1 cucchiaino da caffè di polvere al giorno, ingeritacon acqua, dopo i pasti o prima di coricarsi.

Pillole

PILLOLE ANTISPASTICHE ED ANTINEVRALGICHE(P.F.)Composizione. Dieci pillole contengono:

Giusquiamo estratto p. 1,05Valeriana estratto ” 0,10Chinina bromidrato ” 0,10Zinco ossido ” 1,00

Ridurre in polvere il bromidrato, aggiungere parte dell’os-sido di zinco, poi gli estratti. Regolare la quantità di ossidodi zinco per ottenere un magdaleone di consistenza idonea,che, cosparso di Licopodio polvere, va diviso in dieci parti.Tre pillole al giorno. Conservare in recipienti adeguati.

Capsule

CAPSULE ANTIREUMATICHE DI ARPAGOFITO (FITO)Arpagofito radice polvere mg 250Eccipienti q.b.

La polvere, opportunamente mescolata con l’eccipiente,s’introduce nella capsula fino a riempimento completo.2-4 capsule (gastroresistenti) 2-3 volte al giorno.

CAPSULE SEDATIVE DI VALERIANA (F.N.)Composizione. Una capsula contiene:

Valeriana estratto secco idroalcoolico mg 50Eccipienti q.b.

L’estratto, eventualmente setacciato e mescolato con unaopportuna quantità di eccipienti, si introduce negli operco-li fino a riempimento completo.1-2 capsule, 1-3 volte al giorno. Conservare in recipienteben chiuso, al riparo dalla luce.Tenere lontano dalla portata dei bambini.

CAPSULE TONICHE DI GINSENG (FITO)Composizione. Una capsula contiene:

Ginseng radice polvere mg 250Eccipienti q.b.

La polvere, mescolata con una opportuna quantità di ecci-piente, s’introduce nella capsula fino a riempimento com-pleto. 2-4 capsule al giorno.

CAPSULE PURGATIVE DI OLIO DI RICINO (F.N.)Composizione. Una capsula contiene:

Olio di ricino g 1Conservare in confezione ben chiusa, al riparo dalla luce.Evitare l’impiego cronico.

CAPSULE ANTIMALARICHE DI CHINA E RABAR-BARO (P.F.)Composizione. Due capsule contengono:

China solfato g 0,10Rabarbaro polvere ” 0,10Ferro carbonato ” 0,10Lattosio ” 0,20

Mescolare accuratamente in mortaio. 1-2 capsule, 2-4 vol-te al giorno.

CAPSULE ANTIMALARICHE DI CHINA E RABAR-BARO (P.F.)Composizione. Una capsula contiene:

China solfato g 0,15Rabarbaro polvere ” 0,05Blu di metilene ” 0,02

Omogeneizzare accuratamente in mortaio.1 capsula ogni tre ore. Conservare in luogo fresco.

CAPSULE DIMAGRANTI ED IPOCOLESTEROLEMIZ-ZANTI DI GARCINIA (FITO)Composizione. Una capsula contiene:

Garcinia estratto secco mg 350Eccipienti q.b.

2-6 capsule al giorno, con il consenso del medico.

CAPSULE DIMAGRANTI DI GINNEMA (FITO)Composizione. Una capsula contiene:

Gimnema estratto secco mg 0.350Eccipienti q.b.

2-3 capsule al giorno, con il consenso del medico.

448 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 449

CAPSULE DI SERENOA PER L’IPERTROFIA PROSTA-TICA (FITO)Composizione. Una capsula contiene:

Serenoa estratto secco mg 150Eccipienti q.b.

Una capsula 2-4 volte al giorno

CAPSULE DI PRUNO AFRICANO PER L’IPERTROFIAPROSTATICA (FITO)Composizione. Una capsula contiene:

Pruno africano estratto mg 50Eccipienti q.b.

Una capsula 2 volte al giorno

Confetti

CONFETTI LASSATIVI DI CASCARA (F.N.)Composizione. Una compressa rivestita contiene:

Cascara polvere mg 250Eccipienti q.b.

Conservare in confezione ben chiusa, al riparo dalla luce.Evitare l’impiego cronico.

CONFETTI LASSATIVI DI ALOE E RABARBARO (F.N.)Composizione. Una compressa rivestita contiene:

Aloe estratto secco mg 50Rabarbaro estratto secco ” 50Eccipienti q.b.

Conservare in confezione ben chiusa, al riparo dalla luce.Evitare l’impiego cronico.

CONFETTI SEDATIVI DI VALERIANA (F.N.)Composizione. Una compressa rivestita contiene:

Valeriana estratto secco idroalcoolico mg 50Eccipienti q.b.

Conservare in confezione ben chiusa, al riparo dall’umidità.

Gocce

GOCCE ORALI ANALGESICHE DI LAUDANO; tinturadi oppio crocata; laudano del Sydenham (F.N.)Composizione. 10 ml contengono:

Morfina anidra mg 100Soluzione idroalcoolica aromatizzata q.b.

PreparazioneOppio polvere titolata g 15 (*)Alcool 60° ” 70 (*)Acqua depurata ” 70 (*)Zafferano ” 5 (*)Cannella polvere ” 1 (*)Garofano polvere ” 1 (*)

Si fa macerare in recipiente di vetro ben chiuso per la du-rata di 7 giorni. Si cola e si filtra. Dopo titolazione, il tito-lo può essere corretto con una miscela di alcol a 60°, e ac-qua, in parti eguali, o con alcol a 30°.(*) La quantità di polvere di oppio deve corrispondere a 1,5g di morfina anidra.

Liquido limpido, di colore rosso-arancio cupo, di odore ca-ratteristico e di sapore amarognolo.Conservare in recipien-ti ben chiusi, al riparo dalla luce. 20 gocce in poca acqua.Questa preparazione è soggetta alla disciplina della leggen. 685/1975 Tabella I. Da vendersi dietro presentazione diricetta medica speciale (art. 43).

GOCCE BALSAMICHE PER USO NASALE DI EUCA-LIPTO COMPOSTO PER ADULTI (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Eucalipto essenza g 1,50Canfora ” 0,20Mentolo ” 0,20Timolo ” 0,05Olio vegetale q. b.

Il mentolo, la canfora e il timolo si mescolano; alla misce-la si aggiunge l’essenza e si porta a peso con l’olio.Liquido oleoso, di colore corrispondente a quello dell’olioutilizzato, di odore caratteristico: aromatico del mentolo edell’essenza e penetrante del timolo e della canfora. Con-servare in recipiente ben chiuso, al riparo dalla luce, di ve-tro scuro o di altro materiale idoneo. 2-3 gocce per narice,più volte al giorno. Tenere lontano dalla portata dei bambi-ni. Informazioni sull’uso. Evitare trattamenti prolungati.Non somministrare ai bambini.

GOCCE NASALI ANTISETTICHE E FLUIDIFICANTIDEL MUCO NASALE DI OLIO GOMENOLATO perbambini (1 per cento) e per adulti (2 per cento) (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

1% 2%Niaouli essenza g 1 g 2Olio vegetale 99 98

Preparazione. L’essenza si mescola con l’olio. Liqui-do oleoso, di colore corrispondente a quello dell’olio uti-lizzato, di odore aromatico. Conservare in recipiente benchiuso, al riparo dalla luce. Confezionamento: in flaconecontagocce di vetro scuro o di altro materiale idoneo. 2 - 3gocce per narice, più volte al giorno. La soluzione all’1per cento è per uso pediatrico. Tenere lontano dalla porta-ta dei bambini. Informazioni sull’uso. Evitare trattamentiprolungati.

GOCCE RINOBALSAMICHE DI NIAOULI E MENTO-LO PER ADULTI (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Niaouli essenza g 1,5Mentolo ” 0,5Olio vegetale ” 98

Il mentolo si scioglie nell’essenza, alla quale, eventualmen-te, si è aggiunto poco olio vegetale. La soluzione ottenuta simescola con il resto dell’olio. Si ha un liquido oleoso, dicolore corrispondente a quello dell’olio utilizzato, di odorecaratteristico del mentolo e dell’essenza. Si conserva in recipiente ben chiuso, al riparo dalla luce. Usare 2 - 3 goc-ce per narice, più volte al giorno. Tenere lontano dalla por-tata dei bambini. Evitare trattamenti prolungati. Non som-ministrare ai bambini.

GOCCE AMARE STOMACHICHE E DIGESTIVE (P.F.)Composizione:

Genziana tintura p. 10Colombo tintura ” 10Cassia tintura ” 10Cola tintura ” 10Noce vomica tintura ” 10

Mescolare accuratamente. 20 gocce in mezzo bicchiered’acqua prima dei pasti. Conservare in contenitori adegua-ti, in luogo fresco.

GOCCE ANTISPASMODICHE ED ANALGESICHE(P.F.)Composizione:

Drosera tintura p. 15Aconito tintura ” 3Liquore di Hoffman ” 6

Mescolare accuratamente. Circa 10 gocce al giorno, dosedimezzata per i bambini. Conservare in contenitori ade-guati, in luogo fresco.

GOCCE STOMACHICHE E DIGESTIVE (P.F.)Composizione:

Genziana tintura p. 10Colombo tintura ” 10Zenzero tintura ” 10Cola tintura ” 10Noce vomica tintura ” 5

Mescolare accuratamente. 20 gocce in acqua, prima deipasti. Conservare in contenitore adeguato, in luogo fresco.

GOCCE PER LA TRACHEOBRONCHITE (P.F.)Composizione:

Etil morfina cloridrato p. 0,05Aconito tintura ” 2,05Giusquiamo tintura ” 4,05Acqua di lauroceraso ” 4,05

Sciogliere l’etil morfina in acqua e unire alla soluzione del-le due tinture. 20 gocce in acqua, prima dei pasti. Conser-vare in contenitori con contagocce, in luogo fresco.

GOCCE EMOSTATICHE (P.F.)Composizione:

Amamelide estr. fluido p. 10Idrastis estr. fluido ” 10Viburno estr. fluido ” 10Oppio tintura ” 2Glicerina q.b. a 50

Mescolare gli estratti, aggiungere la tintura ed infine unireagitando la glicerina, 20 gocce, 3-4 volte al giorno.Con-servare in contenitori adeguati, in luogo fresco.

Soluzioni

SOLUZIONE ANTISPASMODICA E SEDATIVA (P.F.)Composizione:

Oppio tintura p. 2Belladonna tintura ” 2

Cloralio sciroppo p. 100Acqua di menta ” 100

Mescolare le tinture e incorporarle allo sciroppo, quindiaggiungere l’acqua di menta. Un cucchiaio ogni tre ore.Conservare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE ANTIEMORRAGICA (P.F.)Composizione:

Segale estr. fluido p. 3Calcio cloruro ” 10Oppio sciroppo ” 40Menta sciroppo ” 60Acqua distillata q.b. a 180

Sciogliere il cloruro in 60 p di acqua. Mescolare gli scirop-pi e l’estratto, incorporare il calcio cloruro, e portare a vo-lume. Filtrare se necessario. Due-quattro cucchiai al gior-no. Conservare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE CONTRO L’ARTEROSCLEROSI (P.F.)Composizione:

Potassio ioduro p. 15Giusquiamo tintura ” 5Diacodio sciroppo ” 40Arancio amaro corteccia sciroppo ” 60Acqua distillata q.b. a 300

Sciogliere lo ioduro in poca acqua. Mescolare gli sciroppi ela tintura, incorporare lo ioduro, e portare a volume. Fil-trare se necessario. Un cucchiaio prima dei pasti. Conser-vare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE CONTRO LA BRONCHITE ACUTA (P.F.)Composizione:

Sodio benzoato p. 3Aconito tintura gtt 30Acqua di lauroceraso gtt 30Sciroppo del tolù ” 8Poligala sciroppo ” 30Acqua distillata q.b. a 150

Sciogliere il sodio benzoato in poca acqua. Aggiungere glisciroppi, quindi la tintura e infine l’acqua di lauroceraso.Portare a volume con acqua distillata. Un cucchiaio ognidue-tre ore. Conservare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE TONICO STIMOLANTE (P.F.)Composizione:

Cola tintura p. 10,0Vaniglia tintura ” 0,5Sciroppo semplice ” 15,0Acqua distillata q.b. a 50,0

Mescolare le tinture ed incorporare allo sciroppo, quindiportare a volume con acqua. Tre cucchiai prima dei pasti.Conservare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE STOMACHICA E LASSATIVA (P.F.)Composizione:

Noce vomica tintura p. 2Cascara sagrada estr.fluido ” 20Acqua di lauroceraso ” 15Sciroppo semplice ” 15Acqua distillata q.b. a 100

450 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 451

Unire l’estratto allo sciroppo, quindi aggiungere la tintura,l’acqua di lauroceraso e l’acqua distillata agitando fino acompleta omogeneizzazione. Tre cucchiai prima dei pasti.Conservare in recipienti adeguati.

SOLUZIONE ESPETTORANTE (P.F.)Composizione:

Sodio benzoato p. 4Aconito tintura gtt 25Acqua di lauroceraso p. 10Codeina sciroppo ” 10Sciroppo del Tolù ” 30Poligala infuso q.b. a 150

Sciogliere il sodio benzoato nell’infuso, aggiungere l’ac-qua di lauroceraso e poi la soluzione gia preparata di sci-roppi e tintura. Agitare bene, filtrare su cotone e portare avolume. Un cucchiaio ogni tre ore. Conservare in recipien-ti adeguati.

ACQUA DI ALIBOUR FORTE CONTRO L’IMPETIGI-NE E DERMATITI VARIE (P.F.)Composizione:

Solfato di rame p. 1,0Solfato di zinco ” 3,5Zafferano tintura ” 0,1Canfora tintura conc. ” 1,0Acqua distillata q.b. a 100

Sciogliere i solfati in parte dell’ acqua, unire le tinture eportare a volume. Lasciare a riposo per 24 ore. Diluire in 5parti di acqua al momento dell’uso. 2-3 volte al giorno.Conservare in contenitori adeguati, in luogo fresco.

MISTURA GASTRICA ANTIEMETICA (P.F.)Composizione:

Colombo tintura p. 10Belladonna tintura ” 5Elisir paregorico ” 5Miscelare bene.

20-30 gocce prima dei pasti. Conservare in recipienti ade-guati.

MISTURA DI RABARBARO E SODA DA USARE CO-ME ANTIACIDO NELL’IPERACIDITÀ (P.F.)Composizione:

Rabarbaro estr.fluido p. 1,5Ipecacuana estr.fluido ” 0,3Sodio bicarbonato ” 3,5Menta essenza gtt 8,0Glicerina ” 20,0Acqua distillata q.b. a 100

Miscelare gli estratti con la glicerina, a parte sciogliere ilbicarbonato in poca acqua. Aggiungere l’essenza di men-ta alla soluzione glicerica, quindi riunire le due soluzioni.Portare a volume con l’acqua. Una cucchiaiata dopo i pa-sti. Agitare prima dell’uso. Conservare in recipienti ade-guati.

SOLUZIONE CONCENTRATA PER INALAZIONI DIPINO COMPOSTO, BALSAMICA ED ESPETTORANTE(F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Eucalipto essenza g 45Pino silvestre essenza ” 45Menta essenza ” 10

Mescolare accuratamente.Liquido limpido, incolore o leggermente giallo, di odore aro-matico caratteristico delle essenze. Conservare in recipienteben chiuso, possibilmente pieno, al riparo dalla luce, a tem-peratura non superiore a 15 °C. Confezionamento: in conte-nitore di vetro scuro, possibilmente pieno. Per suffumigi finoa 10 gocce in i litro di acqua bollente. Tenere lontano dallaportata dei bambini. Nei bambini sotto i 2 anni consultare ilmedico prima di applicare il prodotto. Usare con cautela neibambini fino a 6 anni. Da dispensare con adatto dispositivocontagocce. Tenere lontano da fonti di calore.

Emulsioni

EMULSIONE LASSATIVA DI QUILLAIA (Med.)La tintura di quillaia è un buon emulsionante delle materieresinose e dei prodotti del coaltar (sottoprodotto della di-stillazione del catrame). Dopo aver sciolto la sostanza resi-nosa nell’alcol si aggiunge la tintura e, a poco a poco, il vei-colo. A cagione della tossicità della saponina, che è il suoagente emulsionante, si adopera solo per l’uso esterno. Leemulsioni fatte con questo mezzo possono essere addizio-nate di alcol o di alcali senza dar luogo a separazione.Composizione:

tintura di quillaia coaltarata g 200acqua distillata ” 800

Si versa la tintura nell’acqua agitando continuamente.Questa emulsione si usa diluita con 10 volte il suo peso diacqua. In generale le emulsioni non si conservano a lungo,perché si separano in due strati di cui il superiore è ricco disostanze in emulsione e l’inferiore assai povero; però, agi-tando con forza, la massa riprende un aspetto normale.

EMULSIONE DI OLIO DI MANDORLA E OLIO DIOLIVA (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Olio di mandorla g 20Olio di oliva g 15Veicolo emulsionato edulcorato q.b.

Dopo agitazione, deve essere omogenea. Conservare incontenitori ben chiusi, al riparo dal calore. Agitare primadell’uso. Evitare l’impiego cronico.

Spiriti

SPIRITO EUPEPTICO E DIGESTIVO DI CITRONELLACOMPOSTA (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Citronella essenza g 0,10Limone essenza ” 0,2

Garofano essenza g 0,05Cannella essenza ” 0,05Miristica essenza ” 0,05Alcol ” 80Acqua depurata q.b.

Le essenze si sciolgono, una dopo l’altra nell’alcol e quin-di, lentamente e a porzioni, si aggiunge l’acqua, portando apeso. Uso interno: eupeptico digestivo. Uso esterno: anti-settico, blando revulsivo. Liquido limpido o debolmenteopalescente, di colore giallo pallido, di odore e sapore in-tensi ed aromatici. Conservare in recipiente ben chiuso, alriparo dalla luce. Confezionamento: in contenitore di vetroscuro. Uso esterno: per applicazioni locali, più volte algiorno. Uso interno: 40 gocce, 1-3 volte al giorno in acqua.

SPIRITO DI ARANCIA COMPOSTO VEICOLANTEAROMATIZZATO (P.F.)Composizione:

Arancia essenza p. 20Limone essenza ” 5Cilantro essenza ” 2Anice essenza ” 5Alcol a 95° q.b. a 100

Mescolare le essenze e aggiungere l’alcol.Indicato come veicolante ed aromatizzante. Conservare incontenitori ambrati.

Elixir

ELIXIR DI CHINA, APERITIVO, EUPEPTICO E DIGE-STIVO (Med.)Composizione:

China estr. fluido g 25Arancio amaro estr. fluido ” 5Alcol di 95° ” 250Acqua distillata ” 380Zucchero ” 350

Si sciolga lo zucchero nell’acqua, vi si mescoli l’alcol e quin-di si aggiungano gli estratti. Occorrendo si filtri su carta.

ELIXIR DI CHINA (Farm. militare) (Med.)Composizione:

Tintura alcoolica di china composta g 1000Alcol di 95° ” 1950Zucchero raffinato ” 2800Acqua ” 2550Per g 8000 di prodotto

A moderato calore si fa sciogliere lo zucchero nell’acqua, sifiltra lo sciroppo per manica di lana, si lascia raffreddare,si unisce, agitando, l’alcol e per ultimo la tintura.

ELIXIR DI CAMOMILLA, BLANDO SEDATIVO (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Camomilla estratto secco idroalcoolico g 10Veicolo idroalcoolico sciropposo e

aromatizzato q.b.Liquido limpido o leggermente opalescente, di colore gial-lo paglierino. In dosi da 5-10 ml, secondo prescrizione.Conservare in contenitori ben chiusi.

ELIXIR DI CASCARA, EUPEPTICO LASSATIVO (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Cascara estratto secco acquoso g 50Veicolo idroalcoolico sciropposo e

aromatizzato q.b.Liquido limpido, di colore bruno. In dosi da 5-10 ml, se-condo prescrizione. Conservare in contenitori ben chiusi.

ELIXIR ALCALINO DI RABARBARO, LASSATIVO,ANTIACIDO, CARMINATIVO PER BAMBINI (P.F.)Composizione:

Rabarbaro estr. fluido p. 1,6Idraste estr. fluido ” 0,8Potassio carbonato ” 1,6Cannella tintura ” 6,4Menta piperita estr. alcolico ” 0,8Sciroppo semplice ” 25Alcol diluito q.b. a 100

Sciogliere il carbonato di potassio nello sciroppo, e a partemiscelare le tinture e gli estratti con 625 p di alcol. Riunirele due soluzioni e portare a volume con l’alcol. In dosi da 4ml, secondo prescrizione. Conservare in contenitori ambra-ti, in luogo fresco.

ELIXIR DI AMAMELIDE, EMOSTATICO, VASOCO-STRITTORE, ASTRINGENTE (P.F.)Composizione:

Amamelide estr. fluido p. 15Vaniglia tintura ” 10Alcol ” 40Acqua distillata ” 135Arancia dolce corteccia sciroppo ” 100

Mescolare l’arancia, l’amamelide e la vaniglia, diluire conl’acqua e aggiungere l’alcol. In dosi da 10-15 ml, secondo prescrizione. Conservare in contenitori adeguati, in luogofresco.

ELIXIR DI CASCARA, LASSATIVO (P.F.)Composizione:

Cascara estr. fluido p. 9Glicerina ” 9Arancia dolce essenza gtt 5Cannella essenza gtt 1Alcol a 90° p. 20Sciroppo ” 40Acqua distillata q.b. a 100

Mescolare l’estratto fluido con lo sciroppo e, a parte l’alcole la glicerina. Unire le due soluzioni agitando e aggiunge-re la tintura di cannella e l’essenza di arancio. Assumere15-20 ml, prima dei pasti. Conservare in contenitori ade-guati, in luogo fresco.

ELIXIR FLUIDO DI FIORAVANTI, VEICOLO PER LAPREPARAZIONE DI LINIMENTI (P.F.)Composizione:

Garofano olio essenziale p. 0,5Ginepro olio essenziale ” 1,5Cannella olio essenziale ” 1,5Melissa olio essenziale ” 1,5

452 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 453

Lavanda olio essenziale p. 3,5Trementina essenza ” 5,5Rosmarino olio essenziale ” 6,5Alcol q.b. a 100

Miscelare gli oli e l’essenza, quindi aggiungere l’alcol. Fil-trare e conservare in contenitori adeguati.

ELIXIR DI COLOMBO E NOCE VOMICA, CONTROL’ANORESSIA (P.F.)Composizione:

Colombo tintura p. 50Noce vomica tintura ” 5

Miscelare bene. Un cucchiaio prima dei pasti. Conservarein recipienti adeguati.

Tinture

TINTURA OPPIO CROCATA - Laudano - Vino oppiatocomposto - Laudano liquido del Sydenham (Med.)Composizione:

Oppio polvere grossolana p. 15Zafferano ” 5Cannella ” 1Garofani ” 1Alcol a 60° ” 70Acqua ” 70

Si faccia macerare sette giorni in vaso di vetro chiuso, sicoli e si filtri (circa 1% di morfina). È classificato tra glistupefacenti.

TINTURA EMMENAGOGA DI AGNOCASTO (FITO)Composizione:

Agnocasto estratto fluido g 20Alcol 60° g 80

Si prepara per percolazione, dopo opportuna macerazione.20-30 gtt. al giorno.

TINTURA DI GIALAPPA COMPOSTA - Acquavite ale-manna, contro la stipsi (Med.)Composizione:

Gialappa, polvere grossolana p. 8Resina di scammonea, polvere ” 2Alcol di 70° q.b. a 100

Si prepari per macerazione.

TINTURA AMARA, EUPEPTICA E DIGESTIVA (gradoalcolico 60°) (Med.)Composizione:

Genziana radice p. su mille di alcol 60Centaurea radice ” 60Arancio corteccia ” 40Zedoaria radice ” 20

Si macera per 8 giorni la droga fresca contusa con alcol di95° quindi si filtra.

TINTURA AROMATICA (grado alcolico 60°) (Med.)Composizione:

Cannella corteccia p. su mille di alcol 100Zenzero rizoma ” 40

Galanga radice p. su mille di alcol 20Garofani ” 20Cardamomo fiori ” 20

Si macera per 8 giorni la droga fresca contusa con alcol di95° quindi si filtra.

TINTURA DI CHINA COMPOSTA (grado alcolico 60°)(Med.)Composizione:

China corteccia p. su mille di alcol 120Arancio corteccia ” 40Genziana radice ” 40Cannella corteccia ” 20

Si macera per 8 giorni la droga fresca contusa con alcol di95° quindi si filtra.

TINTURA OPPIO-BENZOICA (grado alcolico 70°) (Med.)Composizione:

Tintura di oppio p. su mille di alcol 50Acido benzoico ” 5Essenza di anice ” 5Canfora ” 5

Si macera per 8 giorni la droga fresca contusa con alcol di95° quindi si filtra.

TINTURA TONICO-AMARA (grado alcolico 60°) (Med.)Composizione:

Foglie di assenzio p. su mille di acqua 100Arancio amaro scorze ” 40Corteccia di china ” 20Radice di genziana ” 20

Si macera per 8 giorni la droga fresca contusa con alcol di95° quindi si filtra.

TINTURA ASTRINGENTE PER GENGIVARIO (F.N.)Composizione. 20 g contengono:

Mirra tintura g 10Ratania tintura ” 10

Liquido limpido, da conservare in contenitori ben chiusi, alriparo dalla luce. Per pennellature.

TINTURA ACQUOSA DI RABARBARO, LASSATIVA(Med.)Composizione:

Rabarbaro contuso p. 6Sodio carbonato ” 2Acqua ” 100

Si versi sul rabarbaro e sul carbonato di sodio l’acqua bol-lente, si agiti, si copra il vaso e dopo completo raffredda-mento si filtri.

TINTURA ETEREA DI VALERIANA, LASSATIVA (lasola in F. U. VI) - Tintura etereo-alcolica di valerianaComposizione:

Valeriana rad., polvere N. 20 p. 2,0Etere ” 2,5Alcol 90° ” 2,5

Si prepari per macerazione.

Tinture vinose

VINO DI BOLDO, COLERETICO E COLAGOGO (Med.)Composizione:

Boldo estr. fluido p. 50Vino di Marsala ” 900Arancio amaro tintura ” 50

Si lasci la miscela in riposo per 5 giorni, quindi si filtri percarta.

VINO CHINATO, APERITIVO E DIGESTIVO. Vino dichina (Med.)Composizione:

China estr. fluido p. 50Vino di Marsala ” 950

Si lasci la miscela in riposo per 5 giorni, quindi si filtri percarta.

VINO DI CHINA FERRUGINOSO (Med.)Composizione:

Estratto di malato di ferro p. 20Vino di china ” 980

Si stemperi l’estratto di malato di ferro nel vino di china, silasci in riposo per qualche tempo, quindi si filtri per carta.

VINO DI CASCARA SAGRADA LASSATIVO (Med.)Composizione:

Estratto fluido di cascara sagradadeamarizzato p. 200

Vino di Marsala ” 750Arancio amaro tintura ” 50

Si lasci in riposo la miscela per 5 giorni, quindi si filtri percarta.

VINO DI CONDURANGO ANALGESICO (Med.)Composizione:

Condurango estr. fluido p. 50Vino di Marsala ” 940Arancio amaro tintura ” 10

Si lasci la miscela in riposo per 5 giorni agitando di fre-quente, quindi si filtri per carta.

VINO CON RABARBARO, LASSATIVO. Tintura vinosadi rabarbaro. (Med.)Composizione:

Estratto fluido di rabarbaro p. 50Vino di Marsala ” 900Tintura arancio amaro ” 50

Si lasci la miscela in riposo per 5 giorni agitando di fre-quente, quindi si filtri per carta.

TINTURA VINOSA AMARA STOMACHICA E DIGE-STIVA (Med.)Composizione:

Assenzio fiori p. 25,5Centaurea ” 25,5Corteccia arancio amaro ” 25,5Trifoglio foglie ” 12,5Genziana radice ” 125,5Vino di Marsala ” 1000,5

VINO DI DIGITALE COMPOSTO CARDIOTONICO. Vi-no di Trousseau. (Med.)Composizione:

Digitale foglie, polvere grossa p. 5,5Squame di scilla ” 7,5Ginepro bacche ” 7,5Potassio acetato ” 50,5Vino di Marsala ” 900,5Alcol a 60° ” 100,5

Si contundano le squame di scilla e le bacche di ginepro edinsieme alla digitale, in recipiente tappato, si facciano ma-cerare, per 10 giorni, col vino di Marsala ed alcol, agitan-do di frequente. Si passi per tela: al liquido ottenuto si ag-giunga l’acetato di potassio e si filtri.

Tinture acetiche

Modo di preparazione. - La preparazione viene fatta per ma-cerazione. L’aceto da usare deve essere possibilmente di vi-no bianco e decolorato, con carbone animale. Deve esserepuro e privo di acidi minerali e contenere il 5-6% di acidoacetico. Per avere un solvente di composizione quanto piùpossibile costante si sostituisce negli aceti medicinali l’acetodi vino con acido acetico concentrato, acqua, alcol.

ACETO AROMATICO - Aceto antisettico - Aceto compo-sto (Med.)Composizione:

Specie aromatiche p. 25Canfora ” 2Acido acetico concentrato ” 15Acqua ” 190Alcol di 90° ” 25

Fatte macerare le specie aromatiche per 10 giorni nell’ac-qua addizionata all’alcol ed a 10 p. di acido acetico, si ag-giunga la canfora sciolta in 5 p. di acido acetico e dopoqualche giorno si filtri.

ACETO SCILLITICO, CARDIOTONICO (Med.)Composizione:

Sfoglie (squame) di scilla, secche etagliuzzate p. 10

Acido acetico concentrato ” 6Acqua ” 84Alcol di 90° ” 10

Si faccia macerare per 10 giorni, quindi si coli. Si spremadebolmente il residuo ed i liquidi riuniti si filtrino.

Alcolati

ALCOLATO AROMATICO COMPOSTO O VULNERA-RIO: (Med.)Composizione:

Assenzio sommità recenti p. 10Lavanda ” 10Maggiorana ” 10Melissa ” 10Menta ” 10

454 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 455

Rosmarino p. 10Salvia ” 10Timo ” 10Fiori camomilla comune ” 20Alcol a 90° ” 240

Si lasci macerare per 24 ore.

ALCOLATO DI CANNELLA (Med.)Composizione:

Cannella p. 60Alcol a 60° ” 300

Si lascino macerare per 24 ore.

ALCOLATO DI COCLEARIA (Med.)Composizione:

Coclearia fresca p. 10Alcol a 90° ” 10

Si lasci macerare per 24 ore.

ALCOLATO DI LAVANDA (Med.)Composizione:

Lavanda fiori p. 6Alcol a 60° ” 30

Si lasci macerare per 24 ore.

ALCOLATO DI MELISSA (Med.)Composizione:

Foglie di melissa p. 10Buccia di limone ” 40Noce moscata ” 20Cannella, garofaniana ” 10Alcol a 60° ” 1200

Si lasci macerare per 24 ore.

ALCOLATO DI MENTA (Med.)Composizione:

Menta verde p. 100Alcol a 80° ” 300Acqua distillata menta ” 300

Si lasci macerare per 4 giorni.

ALCOLATO DI ANGELICA (Med.)Composizione:

Angelica radice p. 16Valeriana radice ” 4Ginepro bacche ” 4Alcol a 75° ” 75Acqua ” 125

Si lasci macerare per 24 ore.

ALCOLATO CARMINATIVO DI SILVIO (Med.)Composizione:

Scorze limone ed arancio p. 100Vaniglia ” 30Cannella Ceylon ” 15Garofani ” 10Cloridrato d’ammonio ” 500Carbonato di potassio ” 500Acqua distillata cannella ” 500Alcol a 80° ” 500

Si lasci macerare per 4 giorni.

ALCOLATO DI GARUS (Codex 1949) (Med.)Composizione:

Aloe g 5Mirra ” 2Garofano chiodi ” 5Noce moscata ” 10Cannella Ceylon ” 20Zafferano inciso ” 5Alcol a 80° ” 5000

Si lasci macerare per 4 giorni.

Sciroppi

SCIROPPO DI ALTEA, EMOLLIENTE (Med.)Composizione:

Altea radice polvere grossa g 20Alcol a 90° ” 10Acqua ” 500Zucchero ” 600

Si faccia macerare per 3 ore, agitando di frequente, la ra-dice nell’acqua mescolata con l’alcol; si coli senza preme-re, si lavi con acqua fino a raggiungere 500 g di colaturaed in essi si sciolga lo zucchero.

SCIROPPO DI ARANCIO AMARO, AROMATIZZANTE(Med.)Composizione:

Arancio amaro bucce tagliuzzate g 20Alcol a 80° ” 10Acqua bollente ” 120Zucchero ” 180

Si macerino per 6 ore in vaso coperto l’arancio e l’alcol;poi vi si versi sopra l’acqua bollente e si lasci il tutto a séper altre 12 ore. Si filtri e nel filtrato si sciolga lo zuccheroa bagnomaria.

SCIROPPO BALSAMO DEL TOLÙ, BALSAMICO(Med.)Composizione:

Estratto fluido balsamo del Tolù g 120Sciroppo semplice ” 880

SCIROPPO DI BUCCE LIMONE, AROMATIZZANTE(Med.)Composizione:

Limone bucce tagliuzzate g 100Alcol ” 50Acqua ” 600Zucchero ” 950

Si macerino le bucce in vaso coperto, vi si versi sopra l’ac-qua bollente lasciando il tutto a sé per altre 12 ore. Si filtri,e nel filtrato si sciolga su bagnomaria lo zucchero.

SCIROPPO DI IPECACUANA, EMETICO (Med.)Composizione:

Ipecacuana tintura di recente preparata g 100Sciroppo semplice ” 900

SCIROPPO DI MORE, AROMATIZZANTE (Med.)Composizione:

More schiacciate g 60Acqua ” 300Zucchero q.b.

Si mescolino le more con l’acqua; si scaldi la miscela agi-tando ed appena entrata in ebollizione si coli subito. In 80p. di colatura si sciolgano 140 p. di zucchero.

SCIROPPO DI POLIGALA, ESPETTORANTE (Med.)Composizione:

Poligala radice contusa g 10Acqua ” 40Acqua bollente ” 80Zucchero ” 180

Si maceri la poligala in acqua, dopo 12 ore si coli e col re-siduo si faccia infusione in acqua bollente. In ultimo vi sisciolga lo zucchero. Diluito con acqua ed agitato dà schiu-ma; con alcali accentua la sua colorazione gialla.

SCIROPPO DI RABARBARO, LASSATIVO (Med.)Composizione:

Rabarbaro contuso g 10Acqua ” 100Carbonato sodico ” 2Zucchero q.b.

Si lasci macerare la droga in acqua con il carbonato. Si ri-scaldi la colatura all’ebollizione e, dopo raffreddamento, sifiltri. In 80 g del liquido si disciolgano 120 g di zucchero.

SCIROPPO DI POLIGALA E NARCEINA, ANTITUSSI-VO (F.N.)Composizione. 100 ml contengono:

Poligala estratto fluido g 2,5Narceina ” 0,05Veicolo sciropposo aromatizzato q.b.

Liquido limpido, di colore giallo, da conservare in conteni-tori ben chiusi, al riparo dalla luce.

SCIROPPO DI RABARBARO, EUPEPTICO, DIGESTI-VO, BLANDO LASSATIVO (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Rabarbaro estratto fluido g 5Veicolo sciropposo aromatizzato q.b.

Liquido limpido, di colore giallo-bruno, da conservare incontenitori ben chiusi, al riparo dalla luce.

SCIROPPO DI CICORIA E RABARBARO, EUPEPTICOE LASSATIVO (Med.)Composizione:

Foglie di cicoria p. 0,50Radice cicoria polvere grossa ” 0,50Rabarbaro polvere grossa ” 1Zucchero ” 16Acqua q.b.

Si lasci digerire a 50-60° con una quantità di acqua suffi-ciente per ottenere 12 p. di liquido. Si coli e nella colaturasi sciolga lo zucchero.

SCIROPPO DI FICHI COMPOSTO, LASSATIVO (Med.)Composizione:

Tintura rabarbaro composta ml 50Estratto fluido sena ” 100Elisir di cascara sagrada ” 50Fichi g 320Zucchero ” 540Acqua q. b. a ml 1000

Coprire i fichi tagliati con 800 ml di acqua bollente e la-sciar digerire per una ora. Si cola e si pressa fino ad otte-nere 800 ml di colatura. Si concentra fino a metà volume, visi scioglie lo zucchero, si aggiungono gli estratti e si portaa 1000 ml con acqua.

SCIROPPO DI RAFANO COMPOSTO, ANTISCORBU-TICO (Med.)Composizione:

Coclearia foglie p. 12Crescione ” 12Rafano radice ” 12Arancio amaro ” 8Cannella ” 1,25Vino di Marsala ” 400Zucchero ” 600

Macera le droghe per due giorni nel vino; cola; nel colatosciogli lo zucchero e filtra.

SCIROPPO DI RAFANO IODATO (Med.)Composizione:

Iodio p. 0,25Ioduro di potassio ” 0, 625Acqua ” 10Sciroppo rafano composto ” 1000

Sciogli iodio e ioduro nell’acqua e aggiungi la soluzione al-lo sciroppo di rafano composto. Agita bene.

SCIROPPO DI SENNA E MANNA, BLANDO LASSATI-VO (Med.)Composizione:

Senna g 15Manna ” 60Alcolato anice ” 1Zucchero ” 200Acqua ” 150

Fare infuso della senna nell’acqua per avere dopo raffred-damento 130 g di colatura. Vi si sciolgano la manna e lozucchero, poi si aggiunga l’alcolato di anice.

SCIROPPO PER L’ASMA BRONCHIALE (P.F.)Composizione:

Grindelia estr. fluido p. 30Belladonna tintura ” 5Lobelia tintura ” 5Sodio ioduro ” 5Acqua distillata ” 2Poligala sciroppo ” 150

Sciogliere lo ioduro in acqua, quindi aggiungere amalga-mando, prima lo sciroppo, la tintura e poi l’estratto fluido.Un cucchiaio, 3-4 volte al giorno. Conservare in recipientiadeguati, in luogo fresco.

456 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Formulario fitofarmaceutico 457

SCIROPPO PER LA TOSSE (P.F.)Composizione:

Acqua di lauroceraso p. 20Aconito tintura ” 2Codeina sciroppo ” 80Sciroppo del Tolù ” 80

Unire la tintura agli sciroppi, quindi aggiungere l’acqua.Tre, quattro cucchiai al giorno. Conservare in recipientiadeguati, in luogo fresco.

SCIROPPO PER LA TOSSE (P.F.)Composizione:

Belladonna tintura p. 6Drosera tintura ” 2Potassio bromuro ” 6Arancia amara corteccia ” 200

Sciogliere il bromuro nello sciroppo, agitando bene, quindiaggiungere le tinture. Un cucchiaio, 3-4 volte al giorno.Conservare in recipienti adeguati, in luogo fresco.

SCIROPPO DI IPECACUANA E OPPIO, DIAFORETI-CO, ESPETTORANTE E SEDATIVO (P.F.)Composizione:

Ipecacuana tintura p. 8,5Oppio tintura ” 8,5Cannella estr. alcolico ” 0,5Sciroppo semplice q.b. a 100

Miscelare le tinture con 20 p. di sciroppo, aggiungere lacannella e portare a volume. 20 gocce 3-4 volte al giorno.Conservare in recipienti ambrati, in luogo fresco.

Paste

PASTA DI ALTEA (Med.)Composizione:

Altea radice p. 3Acqua ” 40Gomma arabica ” 20Zucchero ” 20Acqua distillata di fiori d’arancio ” 3Albume d’uovo q.b.

Si faccia bollire la radice d’altea nell’acqua fino ad ottene-re 10 p. di colatura, nella quale si sciolgano la gomma e lozucchero; si coli, si faccia evaporare a bagnomaria, fino ache il miscuglio abbia consistenza di miele e mescolando siaggiunga a poco a poco per ogni kg l’albume di almenoquattro uova dibattuto con l’acqua d’arancio. Si continui ascaldare, agitando, sino a che la pasta non aderisca più al-le dita; si versi sopra lastra di marmo cosparsa di lattosio,si distenda, si tagli in piccoli pezzi e si conservi, spolveratadi lattosio, in recipienti tappati.

PASTA DI LICHENE - Pastiglie di lichene (Med.)Composizione:

Lichene islandico p. 1Gomma arabica ” 5Zucchero ” 5Acqua distillata di fiori d’arancio ” 1

Albume d’uovo q.b.Acqua q.b.

Si faccia macerare il lichene per 12 ore in 10 volte il suopeso di acqua, si agiti più volte la massa, si decanti e poi silavi con acqua bollente.

Unguenti

UNGUENTO DI BELLADONNA (Med.)Composizione:

Estratto idroalcolico di belladonna p. 10Glicerina ” 5Grasso con benzoino (vaselina) ” 85

Si sciolga l’estratto nella glicerina indi s’incorpori colgrasso.

UNGUENTO CON OLIO DI MANDORLE DOLCI (Med.)Composizione:

Olio di mandorle dolci p. 80Cera bianca ” 10Cetina ” 10

Si fonda a blando calore e si agiti fino a che la miscela siaraffreddata. Secondo i luoghi e la stagione si può diminui-re la quantità di olio e aumentare quella della cera; 1 p. diolio può sostituirsi con altrettanta cera.

UNGUENTO DI SABADIGLIA (Med.)Composizione:

Sabadiglia semi s. p. p. 20Grasso con benzoino ” 79Essenza di trementina ” 1

Si fonda dapprima il grasso benzoinato; alla massa fusa siaggiungano rimescolando intimamente, i semi di sabadi-glia s. p. e da ultimo l’essenza di trementina.

UNGUENTO BALSAMICO PER BAMBINI (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Eucalipto essenza g 8Pino silvestre essenza ” 10Paraffina solida ” 24Vaselina bianca ” 58

La paraffina solida e la vaselina bianca, fuse a b.m., ven-gono omogeneizzate. Si lascia raffreddare e, prima che lamassa sia completamente rappresa, si aggiunge, a porzioni,e si incorpora la miscela delle essenze.Unguento bianco o quasi bianco, translucido, omogeneo, diodore caratteristico delle essenze. Conservare in recipienteben chiuso, al riparo dalla luce. Confezionamento: in tuboo vasetto o confezione monodose di materiale idoneo. Fri-zionare sul petto e sul dorso, 1-2 volte al giorno. Per even-tuali vaporizzazioni, 1 cucchiaino di unguento in acquabollente.

CREMA ALLA CALENDULA EMOLLIENTE, PROTET-TIVA E DECONGESTIONANTE. (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Calendula estratto fluido g 10Crema base idrofila ” 90

Preparazione. L’estratto fluido di calendula si incorpora aporzioni nella crema base mescolando sino a completaomogeneizzazione ed aggiungendo, eventualmente, essenzeper profumazione.Crema di colore giallo pallido. Omogenea, di odore carat-teristico. Conservare in recipiente ben chiuso. Al riparodalla luce. Da usare per applicazioni locali, sino a 4-5 vol-te al giorno. Tenere lontano dalla portata dei bambini. Te-nere lontano da fonti di calore.

UNGUENTO DI OLIO DI MANDORLA CON ZINCO,PROTETTIVO, EMOLLIENTE (F.N.)Composizione. 100 g contengono:

Olio di mandorla g 75Zinco ossido ” 5Cera bianca ” 10Paraffina solida ” 10

Lo zinco ossido, finemente setacciato e pesato, si leviga conuna piccola quantità di olio di mandorla sino ad ottenereuna pasta omogenea senza grumi. A parte si fondono insie-me la cera bianca e la paraffina solida e si riscalda cauta-mente a mite calore l’olio di mandorla. Si riunisce tutto incapsula e si mescola sino a raffreddamento.Unguento bianco, omogeneo, semisolido, di odore caratte-ristico. Conservare in recipiente ben chiuso, non metallico,al riparo dalla luce. Si applica localmente 2-3 volte algiorno.

POMATA CONTRO LE EMORROIDI (P.F.)Composizione:

Ratania estratto p. 1Belladonna estratto ” 0,5Cocaina cloridrato ” 0,20Acqua distillata ” 0,5Vaselina ” 30

Sciogliere il cloridrato in acqua, incorporare la soluzione aparte in poca lanolina, quindi aggiungere gli estratti edomogeneizzare. Incorporare il tutto nella vaselina. Conser-vare in recipienti adeguati.

POMATA DI HELMERICH, CONTRO SCABBIA, TIGNAE PIDOCCHI (P.F.)Composizione:

Zolfo fiori p. 10Potassio carbonato ” 5Sugna ” 35Olio di papavero o di mandorle dolci ” 5

Sciogliere il carbonato in acqua. In mortaio triturare lozolfo, quindi aggiungere gli altri componenti e lavorare fi-no ad omogeneizzazione. Applicare per la notte. Conserva-re in recipienti adeguati.

LINIMENTO SAPONATO CON CANFORA; BALSAMOOPODELDOCH, RISOLVENTE PER APPLICAZIONILOCALI (F.N.)Composizione.100 g contengono:

Canfora g 6,50Ammoniaca ” 3,50Rosmarino essenza ” 3,50Gel saponoso-alcolico q.b.

Gel trasparente di colore paglierino, con forte odore di am-moniaca e di canfora, da conservare in contenitori ben chiu-si, al riparo dal calore. Chiudere bene il flacone dopo l’uso.

LINIMENTO DEL FIORAVANTI, STIMOLANTE NEL-LE AFFEZIONI ARTICOLARI E MUSCOLARI (P.F.)Composizione:

Balsamo del Fioravanti p. 20Alcol canforato ” 10Laudano del Sydenham ” 5Trementina essenza ” 2Cloroformio ” 5

Mischiare il balsamo con l’alcol, poi aggiungere clorofor-mio, trementina e infine il laudano. Agitare prima dell’uso.Conservare in recipienti adeguati, in luogo fresco.

Suppositori e succedanei

SUPPOSTE ANTIEMORROIDALI (F.N.)Composizione. Una supposta contiene:

Ammonio solfoittiolato g 0,075Zinco ossido ” 0,122Bismuto gallato basico ” 0,075Belladonna estratto molle idroalcolico ” 0,015Etile p-aminobenzoato ” 0,045Eccipienti q.b.

Supposte omogenee, di aspetto uniforme, di colore bruno.Conservare in confezione ben chiusa, al riparo dalla luce edal calore.

MICROCLISMI DI GLICERINA, CAMOMILLA E MAL-VA, EVACUANTE ED EMOLLIENTE (F.N.)Composizione. Un microclisma contiene:

g 3 g 6 g 9Glicerolo g 2,25 g 4,5 g 6,75Amido di frumento ” 0,02 ” 0,04 ” 0,06Camomilla estratto fluido ” 0,10 ” 0,20 ” 0,30Malva estratto fluido ” 0,10 ” 0,20 ” 0,30Acqua depurata q.b. q.b. q.b.

Liquido limpido, viscoso, da conservare in confezione benchiusa.

458 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

ACETILCOLINA (Ach): neurotrasmettitore delSNC e periferico. La trasmissione colinergica inte-ressa la giunzione neuromuscolare, le fibre post-gangliari del parasimpatico, le fibre autonome pre-gangliari del simpatico, del parasimpatico e dellamidollare del surrene ed alcune fibre nervose delSNC (putamen, amigdala).ACHENIO: frutto indeiscente secco che deriva daun ovario infero, monocarpellare con un pericarpocoriaceo non aderente all’unico seme in esso con-tenuto. In alcune specie può essere munito di pap-po, utile per la disseminazione.ACIDI BILIARI: principali costituenti della bile,insieme ad i loro coniugati ed ai rispettivi sali.ACIDO GRASSO: composto costituito da una ca-tena carboniosa con un’estremità metilica ed unacarbossilica. Può essere insaturo, cioè senza doppilegami, monoinsaturo, con un solo doppio legamee polinsaturo, con due o più doppi legami.ACIDO GRASSO ω-3: il doppio legame più vici-no al carbossile dell’acido grasso dista di 3 unitàcarboniose.ACIDO GRASSO ω-6: il doppio legame più vici-no al carbossile dell’acido grasso dista di 6 unitàcarboniose.ACROMEGALIA: malattia endocrina causata daun adenoma dell’ipofisi anteriore (adenoipofisi)che provoca un eccesso di produzione dell’ormonedella crescita (GH). Il termine acromegalia vieneusato quando la patologia insorge in soggetti adul-ti, cioè al termine dell’accrescimento scheletrico.ACTH: ormone adrenocorticotropo.ACUMINATO: che termina restringendosi gra-dualmente in una punta sottile.ADP: adenosina difosfato.ADRENALINA (A): neurotrasmettitore che sti-mola i recettori α ed i recettori b del sistema ner-voso simpatico. Particolarmente importanti risulta-no le azioni sul cuore, sulla muscolatura dei vasi esu altri muscoli lisci e gli effetti sui processi meta-bolici. È un potente agente vasopressorio.

AFIBRINOGENEMIA: malattia congenita moltorara trasmessa con carattere autosomico recessivoe caratterizzata da difetto di sintesi del fibrinogeno.La malattia si caratterizza per una diatesi emorra-gica che spesso si manifesta alla nascita con san-guinamento del cordone ombellicale.AFRODISIACO: che stimola la libido.AFTA: lesione superficiale della mucosa orale chedetermina la formazione di piccole ulcere doloroseche creano difficoltà all’alimentazione ed alla fo-nazione.AGLICONE: parte non zuccherina di un glicoside.AGONISTA: sostanza che si lega al recettore in-ducendo una risposta biologica.AGP: acidi grassi polinsaturi.AIC: autorizzazione immissione in commercio.AIDS: Acquired Immuno-Deficiency Syndrome.AL: acido linoleico.ALA: acido a-linolenico.ALBUME: parte del seme che contiene le sostan-ze di riserva.ALEURONE: sostanza costituita da granuli di na-tura proteica; rappresenta il materiale di riserva inmolti semi, specie in quelli oleosi.ALLUCINAZIONE: percezione di qualcosa chenon esiste e che il soggetto interpreta come reale.ALOPECIA: mancanza di capelli o di peli.ALOPECIA AREATA: forma patologica caratte-rizzata dalla comparsa di una o più chiazze prive dicapelli, a limiti netti, senza segni clinici di flogosi.AMARO: che stimola l’appetito e promuove la di-gestione. Stimola le terminazioni nervose gustati-ve e per via riflessa le secrezioni salivare, gastrica,e pancreatica. Può essere semplice (o puro) (china,quassio), aromatico (anice) e mucillaginoso (co-lombo, lichene).AMEBICIDA: sostanza utilizzata nel trattamentodell’amebiasi, parassitosi intestinale ed extrainte-stinale (fegato) determinata dalla colonizzazionedell’organismo da parte del protozoo Entamoebahistolytica.

GLOSSARIO E ACRONIMI

AMFETAMINE: sostanze dotate di attività sti-molante sul SNC. Gli effetti sono euforia, eccita-zione psichica e psicomotoria, anoressia, insonniae miglioramento delle prestazioni fisiche e psichi-che. Assunte in forti dosi possono causare idee pa-ranoidi e comportamenti violenti. Inducono rapi-damente dipendenza psicologica.AMM: Autorisation de Mise sur le Marché.AMPLESSICAULE: picciolo o foglia sessile,slargato ed abbracciante il fusto.ANALETTICO: che stimola i centri nervosi cheregolano le funzioni cardiache e la respirazione.ANALGESICO: che abolisce o mitiga il dolore.ANAMNESI: raccolta dettagliata di tutte le noti-zie relative al paziente ed alla sua famiglia, alle ma-lattie passate, alle modalità d’insorgenza e di de-corso della malattia in atto. È di fondamentale im-portanza per orientare correttamente la diagnosi delmedico.ANEMIA: diminuzione dei valori normali del nu-mero degli eritrociti nel sangue circolante e/o del lo-ro contenuto di emoglobina.ANESTETICO: che provoca una insensibilità lo-cale o generale.ANGINA PECTORIS: sindrome caratterizzata dasensazione di dolore o oppressione precordiale dibreve durata (10-15 minuti) provocata comune-mente da sforzi fisici e causata da stenosi di una odi tutte e due le arterie coronarie che riducono tran-sitoriamente l’apporto di sangue alle cellule mio-cardiche.ANORESSIZZANTE: che toglie l’appetito e tal-volta può determinare disgusto per i cibi.ANSIA: senso di timore indefinito.ANTAGONISTA: sostanza che pur legandosi adun recettore è incapace di produrre un effetto bio-logico e può inibire l’effetto di un agonista che agi-sce attraverso lo stesso recettore.ANTERA: parte del fiore che contiene il polline.ANTIAGING: che previene i processi degenerati-vi dovuti all’invecchiamento.ANTIASMATICO: che previene o cura l’asma.ANTIBIOGRAMMA: tecnica microbiologica me-diante la quale è possibile isolare un microrganismopatogeno e stabilirne la sensibilità ai vari antibiotici.ANTIBIOTICO: sostanza di varia struttura chi-mica, prodotta da microrganismi quali muffe e bat-teri o per semisintesi, con potere batteriostatico obattericida sui germi patogeni.ANTICOAGULANTE: che previene la coagula-zione del sangue.ANTIDOTO: che trasforma le sostanze tossicheintrodotte nell’organismo in prodotti innocui o po-co tossici.

ANTIDROTICO: che arresta o diminuisce la su-dorazione.ANTIELMINTICO: che combatte le infestazionida vermi (elmintiasi).ANTIEMETICO: che mitiga o abolisce il vomitoinsistente.ANTIEMORROIDARIO: che cura le emorroidi.ANTIFEEDANT: sostanza che entrando in con-tatto con l’insetto, impedisce e/o interrompe la suaattività trofica.ANTIFLOGISTICO: che contrasta l’insorgenzadi processi infiammatori.ANTIMICOTICO: che combatte le affezioni fun-gine.ANTIMITOTICO: che inibisce la mitosi (repli-cazione cellulare).ANTINEVRALGICO: che diminuisce la sensibi-lità al dolore riducendone la percezione.ANTIOSSIDANTE: che contrasta lo stress ossi-dativo.ANTIPIRETICO: sintomatico che combatte lafebbre.ANTIREUMATICO: che cura i reumatismi.ANTISETTICO: che elimina i microrganismi pa-togeni o ne inibisce la riproduzione e l’attività me-tabolica, senza danneggiare i tessuti viventi su cuiè applicato.ANTISPASTICO: che calma le contrazioni dolo-rose e previene o riduce gli spasmi e le convulsioni.ANTITROMBOTICO: che impedisce la forma-zione di trombi.ANTIVIRALE: che impedisce lo sviluppo e la re-plicazione dei virus.APOPTOSI: l’apoptosi (morte cellulare program-mata) è un processo al quale vanno naturalmente in-contro tutte le cellule degli organismi pluricellula-ri. L’incapacità di attivare l’apoptosi è un fattore dirischio per lo sviluppo di tumori, mentre un’ampli-ficazione del processo sembra essere la causa di nu-merose patologie neurologiche.ARITMIA: irregolarità del ritmo cardiaco.AROMATIZZANTE: che impartisce odore e sa-pore aromatico.ARTRITE: infiammazione di un’articolazioneacuta o cronica conseguente ad un trauma, oppurea malattia (reumatismo articolare acuto, gotta, po-liartirte cronica evolutiva).ASCELLA: zona tra il fusto ed il picciolo della fo-glia in cui si sviluppa la gemma ascellare.ASMA: patologia su base prevalentemente allergi-ca caratterizzata da difficoltà respiratoria.ASTENIA: indebolimento organico, specialmentea carico della muscolatura. Indica pure uno stato de-presso di origine nervosa.

460 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Glossario e acronimi 461

ASTRINGENTE: che diminuisce o arresta la se-crezione ghiandolare e delle mucose oppure cheprovoca vasocostrizione.ATASSIA: disturbo della coordinazione motoria.ATEROGENO: che favorisce la formazione diplacche aterosclerotiche.ATEROSCLEROSI: processo caratterizzato dal-l’accumulo nella parete delle arterie di lipidi, i qua-li vanno a localizzarsi nell’intima generando suc-cessivamente una lesione che costituisce la placcaaterosclerotica. Essa tende a protundere nel lumedell’arteria provocando restringimento del lume ar-terioso.ATONIA: perdita di tono dei muscoli o di organicostituiti prevalentemente da tessuto muscolare.ATP: adenosina trifosfato.ATTIVITÀ ANTIGENICA: attività esplicata dauna molecola che introdotta in un organismo pro-voca la formazione di un anticorpo specifico in gra-do di neutralizzarla.ATTIVITÀ PROFILATTICA: insieme di prov-vedimenti atti ad impedire o a limitare l’insorgen-za di una determinata patologia.AUTACOIDI: deriva dal greco aétfi© = se stessoed ôko© = sostanza medicinale. Sono sostanze en-dogene con proprietà farmacologicamente diffe-renti.AUTISMO INFANTILE: psicosi che comparenei primi due anni di vita, caratterizzata da isola-mento dalla realtà, con conseguente impossibilità diimparare e assenza o grave alterazione del lin-guaggio.AUTOGAMIA: avviene quando il polline cade su-gli stigmi dello stesso fiore (impollinazione diretta).BACCA: frutto indeiscente carnoso che ha epicar-po sottile (buccia), mesocarpo ed endocarpo carno-so (polpa) ed è generalmente munito di più semi.BALSAMICO: che calma le irritazioni e le in-fiammazioni delle mucose delle vie respiratorie.BARRIERA EMATOENCEFALICA: sistema fi-siologico di regolazione selettiva degli scambi frasangue, encefalo e liquor cerebrospinale. È costi-tuita dai capillari cerebrali, dai plessi coroidei e dal-l’aracnoide.BECHICO: che attenua lo stimolo della tosse.BENZODIAZEPINE: farmaci ad azione sedativasul SNC.BHC: British Herbal Compendium.BHP: British Herbal Pharmacopoeiae.BIOFEEDBACK: reimmissione di dato biologico.Informazione fornita al paziente mediante segnala-zione acustica o visiva del comportamento di suefunzioni biologiche quali la pressione arteriosa o lafrequenza del polso.

BORDER LINE: linea di confine. Al limite.BRATTEA: foglia modificata che accompagna ilfiore o l’infiorescenza.BULBO: organo sotterraneo formato da scaglie otuniche carnose.CALCIO-ANTAGONISTI (O ANTAGONISTIDEI CANALI DEL CALCIO): composti chebloccano l’ingresso degli ioni calcio all’internodella cellula interagendo con siti recettoriali loca-lizzati a livello dei canali del calcio.CALCOLOSI: presenza di calcoli in un organo.CALICE: parte esterna del fiore, costituita da se-pali (di color verde) separati fra loro o fusi in ununico involucro.CALLO: ammasso di cellule indifferenziate.CANALI IONICI: complesso di proteine che, si-tuate nella membrana cellulare, regolano il transi-to di ioni tra la cellula e l’ambiente extracellulare.CANCEROGENO: che è responsabile di un si-gnificativo rischio di stimolazione o promozione diforme cancerose.CAPE: estere feniletilico dell’acido caffeico.CAPOLINO: infiorescenza composta da un ricet-tacolo slargato su cui sono inseriti fiori molto pic-coli e sessili.CAPSULA: frutto deiscente che a maturità si aprepermettendo la fuoriuscita dei semi. È pluricarpel-lare e uni o pluriloculare e può essere setticida, lo-culicida, poricida, circumscissa o carnosa.CARCINOMA: tumore maligno sviluppato a par-tire da un tessuto epiteliale.CARMINATIVO: che diminuisce i gas intestina-li o ne favorisce l’espulsione.CARPOFORO: filamento di origine ricettacolare.CATARTICO: che facilita l’espulsione di feci.CATECOLAMINE: neurotrasmettitori del SNC eperiferico (adrenalina, noradrenalina, dopamina).CAULE: fusto o stelo che reca foglie e fiori.CERA: estere di acidi grassi con alcoli primari acatena lunga.CHELANTE: composto organico capace di le-garsi agli ioni metallici polivalenti per formarecomplessi ciclici. È utilizzato per rimuovere dal-l’organismo ioni metallici responsabili di intossi-cazioni.CHEMIOTERAPICO: che agisce contro agentipatogeni, interferendo con un loro processo vitaleall’interno dell’organismo che li ospita. È anche uti-lizzato nel trattamento dei tumori.CHERATINA: sostanza proteica che si trova neipeli, nelle unghie e nell’epidermide.CHIROTERAPIA: terapia correttiva manuale vol-ta ad eliminare le cause del dolore a carico della co-lonna vertebrale e del bacino.

CICATRIZZANTE: che favorisce il processo diriparazione tissutale.CICLOPLEGIA: paralisi del muscolo ciliare re-sponsabile dell’abolizione dell’accomodamentodell’occhio.CITOGENETICA: branca della genetica che sioccupa dei fenomeni ereditari osservati e studiati alivello cellulare ed in particolare della struttura edelle funzioni dei cromosomi.CITOSTATICO: che inibisce la riproduzione cel-lulare.CLISTERE: introduzione di liquido nel retto o perasportarne le feci (clistere evacuativo) o per intro-durvi medicamenti da far assorbire dalla mucosarettale (clistere medicato).COLAGOGO: che favorisce il deflusso della biledal fegato all’intestino.COLELITIASI: calcolosi della colecisti.COLERETICO: che stimola la produzione e la se-crezione della bile.COLESTEROLO: steroide alcolico presente nelsangue e nei tessuti, di origine endogena ed eso-gena.COLICA: dolore acuto crampiforme dovuto a con-trazione di organi dotati di muscolatura liscia.COLLETTO: zona che fa da passaggio tra la ra-dice ed il fusto e che nella maggior parte delle pian-te scompare e viene inglobata durante l’accresci-mento dal fusto o dalla radice.COMPLEMENTO: sistema costituito da 18 pro-teine plasmatiche che interviene nella risposta adagenti patogeni sia a seguito di interazione tra an-tigene ed anticorpo (via classica), sia mediante at-tivazione non immunologica (via alternativa) e nel-la patogenesi delle lesioni tissutali.CONGIUNTIVITE: processo infiammatorio del-la congiuntiva provocato da batteri, virus, funghi,fattori allergici ed agenti chimico-fisici.CONTAMINANTE: sostanza estranea presentenella droga. Può essere di tipo botanico, chimico,microbiologico.CONVULSIONE: contrazione brusca ed involon-taria, di durata variabile, che può interessare pochio numerosi gruppi muscolari, seguita da rilascia-mento.CORE-SPCS: Core-Summary of Products Char-acteristics.CORIMBO: infiorescenza in cui i peduncoli deifiori pur partendo da diverse altezze dell’asse rag-giungono tutti lo stesso livello.COTILEDONI: foglie embrionali con funzioni diriserva, assorbimento e protezione.COX: ciclo-ossigenasi.cP: un centesimo di Poise (misura).

CPMP: Committer for Proprietary MedicinalProducts.CRENOTERAPIA: dal greco krh´nh = sorgente èl’insieme di trattamenti effettuati con mezzi terma-li. La crenoterapia interna è costituita dall’idropi-noterapia, dalle terapie irrigatorie, inalatorie ed in-sufflatorie. La crenoterapia esterna comprende tut-te le altre metodiche (bagni, fanghi, docce, stufe,ecc.).CROMATINA: sostanza specifica del nucleo del-le cellule costituita da desossiribonucleoproteine.CSP: Code de la Santé Publique.CULMO: caule delle Graminacee e di altre Mo-nocodiledoni, erbaceo o legnoso, di solito cavo ne-gli internodi.DECONGESTIONANTE: che elimina o dimi-nuisce la congestione.DELIRIO: sintomo psicopatologico caratterizzatoda disturbi dello stato di coscienza ed agitazionepsicomotoria.DEPRESSIONE: alterazione psichica caratteriz-zata da senso di tristezza esistenziale.DEPURATIVO: che ha la capacità di accelerarel’eliminazione di sostanze tossiche presenti nelsangue (scorie azotate) attraverso il rene.DERMATITE: infiammazione della pelle di ori-gine varia.DERMATOSI: affezione della pelle caratterizzatada fenomeni prevalentemente degenerativi.DHA: acido docosaesaenoico.DIACILGLICEROLO: v. digliceride.DIAFORETICO: che stimola la secrezione sudo-rale, agendo direttamente sulle ghiandole sudorife-re o indirettamente sui centri nervosi.DIATESI: disposizione dell’individuo ad esseresensibile nei confronti di alcune forme morbose.DIGITALIZZAZIONE: somministrazione di di-gitalici secondo un preciso schema di dosaggio co-sì da ottenere, in modo rapido, il raggiungimento diconcentrazioni terapeutiche di farmaco nell’orga-nismo.DIGLICERIDE: estere del glicerolo ove due grup-pi alcolici sono esterificati con acidi grassi.DIPENDENZA: fenomeno per cui il benesserepsicofisico di un individuo dipende dall’assunzio-ne di una sostanza chimica. Si verifica in seguito al-l’assunzione ripetuta di alcune sostanze. La dipen-denza può essere psichica e fisica. La dipendenzafisica può determinare crisi di astinenza.DISCHERATOSI: alterazione dello strato corneodella pelle.DISMENORREA: mestruazione dolorosa.DISPEPSIA: alterazione della digestione che di-venta difficile e dolorosa.

462 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Glossario e acronimi 463

DISSENTERIA: infezione intestinale accompa-gnata da diarrea spesso con muco e sangue.DIURETICO: che aumenta la diuresi.DNA: acido desossiribonucleico.DOPAMINA: diretto precursore della noradrena-lina, si trova nei gangli della base (SNC) dove agi-sce da neurotrasmettitore.DRASTICO: energico (purgante drastico).DROGA: (a) corpo vegetale, animale o minerale ouna parte di questo che contiene assieme ad altricomponenti inattivi o di minimo interesse farmaco-logico una o più sostanze farmacologicamente atti-ve dette principi attivi della droga; (b) sostanza na-turale (oppio, cocaina, hashish, ecc.) o di sintesi(LSD, amfetamina, barbiturico, extasy, ecc.) capa-ce di modificare temporaneamente lo stato psichicodell’individuo che è alla ricerca di una condizionepatologica del piacere; (c) sostanza utilizzata in cu-cina (aglio, noce moscata, cannella, ecc.) per renderepiù appetibili e digeribili i cibi (dette anche spezie).DROGA ORGANIZZATA: che presenta unastruttura cellulare (foglia, radice, seme, ecc.).DROGA NON ORGANIZZATA: che è priva dielementi cellulari (latice, succo, balsamo, olio es-senziale, ecc.).DRUPA: frutto indeiscente carnoso; può essere fi-broso e generalmente contiene un solo seme.DSHEA: Dietary Supplement Health and Educa-tion Act.ECCIPIENTE: sostanza solida o liquida inertenella quale si scioglie o si incorpora il principio at-tivo.ECZEMA ATOPICO: eruzione cutanea cronica epruriginosa, ad eziologia sconosciuta. Fattori aller-gici, ereditari e psicogeni concorrono alla sua in-sorgenza. Le lesioni si trovano nelle pieghe di gi-nocchia e gomiti, ma possono essere colpite anchealtre aree.EDEMA: presenza di una quantità di liquido su-periore alla norma negli spazi interstiziali dei tes-suti, per ultrafiltrazione del plasma che comporta unanomalo rigonfiamento delle regioni interessate.EDEMA POLMONARE: inondazione acuta deipolmoni da parte di sierosità provenienti da trasu-dazione dei capillari, che si manifesta con grandedifficoltà respiratoria ed espettorazioni spumose. Èuna complicazione temibile delle malattie cardio-vascolari.EFPIA: European Federation Pharmaceutical In-dustries Association.EGCG: epigallocatechina-3-gallato.EHPM: European Herbal Products Manufactures.EICOSANOIDI: composti che derivano dal me-tabolismo di acidi grassi a 20 atomi di carbonio.

EIDETICO (pensiero): che concerne l’attività co-noscitiva sul piano logico-intellettuale (o la facoltàmnemonica fondata sulla percezione visiva).EMBRIONE: uno degli stadi immaturi dello spo-rofito derivanti dall’evoluzione dello zigote, conte-nuto in un seme maturo o in via di maturazione.EMEA: European Medicines Evaluation Agency.EMETICO: che stimola il vomito (dal greco e´me-siV = vomito).EMMENAGOGO: che rende regolari o ristabili-sce le mestruazioni.EMOLISI: processo di dissoluzione dei globulirossi con fuoriuscita di emoglobina.EMOLLIENTE: sostanza che ammorbidisce o le-nisce la pelle attenuando l’infiammazione.EMORROIDI: dilatazione varicosa della rete ve-nosa della sottomucosa del retto (plesso emorroi-dario), caratterizzata da dolore e, nelle forme piùgravi, sanguinamento. Si distinguono in interne, senon fuoriescono dall’orifizio anale ed esterne, se ri-mangono al di fuori dell’ano.EMOSTATICO: che arresta le emorragie con azio-ne vascolare o coagulante.EMPIREUMATICO: che ha sapore ed odore bru-ciante.ENDOSPERMA: tessuto nutritizio aploide dei se-mi delle Gimnosperme.ENTOMOFAUNA: il complesso degli insetti diuna determinata zona o regione.ENURESI: emissione involontaria di urina.ENZIMI LISOSOMIALI: enzimi (idrolasi acide)contenuti in granuli citoplasmatici. Hanno la fun-zione di degradare vari substrati biologici, inter-vengono nei processi di fagocitosi e sono poten-zialmente distruttivi nei confronti di altri costituenticellulari.ENZIMI MICROSOMIALI: enzimi (ossidasi,ecc.) che prendono parte al metabolismo di un grannumero di farmaci.EPA: acido eicosapentaenoico.EPATITE: patologia caratterizzata da processi de-generativi ed infiammatori a carico del fegato e dadisturbi della sua funzionalità.EPICARPO: vedi esocarpo.EPIDERMIDE: strato di cellule che riveste tuttele parti morfologiche con struttura primaria di unapianta (foglie, caule, radici, frutti e fiori).EPISPERMA: involucro esterno del seme.EPISTASSI: emorragia delle cavità nasali.ERGOTISMO: intossicazione da alcaloidi dellasegale cornuta.ERITEMA: arrossamento della cute determinatodall’aumentato apporto di sangue ai vasi sanguignidel derma superficiale.

ESCOP: European Scientific Cooperative on Phy-totherapy.ESOCARPO: strato esterno del pericarpo di alcu-ni frutti. Sinonimo di epicarpo.ESPETTORANTE: che favorisce l’espulsionedell’espettorato dall’apparato respiratorio.ESPIANTO: materiale vegetale da incubare in vitro.ETEROZIGOTE: la condizione per cui in un de-terminato locus di cromosomi omologhi sono pre-senti due forme geniche diverse.EU: Unione Europea.EUFORIA: sensazione di benessere psichico e fi-sico che tende a manifestarsi con vivacità, allegriaed esuberanza non motivati dalla situazione ogget-tiva; può essere patologica, come conseguenza diabuso di determinate sostanze.EUPEPTICO: che stimola la secrezione del suc-co gastrico, favorendo sia l’appetito che i processidigestivi (dal greco eupepto = facile a digerirsi).FAGOCITOSI: processo attraverso il quale le cel-lule inglobano e digeriscono i corpi estranei permezzo di espansioni citoplasmatiche mobili chia-mate pseudopodi.FARMACOPEA (FU): Farmacopea Ufficiale ita-liana (si inserisce nell’ordinamento giuridico ita-liano. È un codice farmaceutico, cioè un insieme didisposizioni tecniche ed amministrative che per-mettono il controllo della qualità dei medicamenti,delle sostanze e dei preparati finali, mediante l’in-dicazione di metodiche analitiche e tecnologiche edi metodi di preparazione e formulazione).FDA: Food and Drug Administration.FF: Farmacopea francese.FIBRINOLITICO: che dissolve il reticolo di fi-brina formatosi in conseguenza dell’emocoagula-zione.FITOFAGO: insetto che si nutre di vegetali.FITOFARMACI: prodotti usati per la cura e laprotezione delle piante (es. antiparassitari agricoli).FITOMEDICINE: preparazioni medicinali conte-nenti estratti vegetali grezzi o purificati.FITOSTEROLI: steroli di derivazione vegetale.FITOTERAPICI: vedi fitomedicine.FLASHBACKS: effetto tardivo dell’LSD e di al-tri farmaci simili che consiste nell’insorgenza di di-sturbi visivi episodici.FLAVEDO: epicarpo sottile e ghiandoloso gialloo aranciato, tipico dei frutti del genere Citrus.FLEBITE: infiammazione a carico delle vene.FLOBAFENI: sostanze che danno alla parete cellu-lare vegetale una speciale colorazione e che servonoa renderla resistente alla marcescenza. Si possono tro-vare nel duramen del legno o nella parte esterna ditronchi di piante erbacee o in alcuni semi (castagno).

FLOEMA: tessuto conduttore adibito al trasportodelle sostanze elaborate dalle foglie a tutte le altreparti della pianta dove vengono utilizzate ed in par-te accumulate.FOLLICOLO: frutto secco monocarpellare, dei-scente lungo il margine di sutura.FORMULARIO NAZIONALE (FN): era parteintegrante della F.U. ed era una raccolta di formu-lazioni atte ad assicurare l’uniformità di composi-zione e di qualità delle preparazioni galeniche.FOTOCHEMIOTERAPIA: si basa sull’uso com-binato di farmaci o sostanze naturali e luce ultra-violetta.FOTOSENSIBILIZZANTE: sostanza che, appli-cata sulla cute o assunta per via sistemica, è in gra-do di provocare una reazione cutanea (eruzioni eri-tematose, urticarioidi, eczematose) in presenza diradiazioni solari.FRUTICE: pianta legnosa ramificata fin dalla ba-se che non supera i 5 metri d’altezza.FRUTTI DEISCENTI: frutti che a maturità siaprono permettendo la fuoriuscita dei semi.FRUTTI INDEISCENTI: frutti il cui pericarpo ri-veste sempre il seme fino a maturità e solo in se-guito può distruggersi per marcescenza. Ricordia-mo tra questi frutti a pericarpo coriaceo, che con-tengono poca acqua e perciò sono secchi e frutti apericarpo ricco di succhi, detti carnosi.GABA: acido γ-aminobutirrico, neurotrasmettitoredel SNC.GALATTOFUGO: che arresta o diminuisce la se-crezione lattea.GALATTOGOGO: che stimola ed aumenta la se-crezione lattea.GALATTORREA: fuoriuscita spontanea e conti-nua di latte dai capezzoli. Possono determinarla lostress, i farmaci neurolettici e antidepressivi, alte-razioni ormonali.GANGLIO: ammasso di cellule nervose situatelungo i nervi del SNC e periferico.GAP: Good Agricultural Practices.GASTROENTERITE: infiammazione acuta ocronica delle mucosa dello stomaco e dell’intesti-no con nausea, vomito, dolori addominali cram-piformi, diarrea e febbricola.GASTRORESISTENTE: che resiste al pH acidodello stomaco.GLABRO: privo di peli.GLAUCOMA: patologia dell’occhio causata da unaumento della pressione endoculare, in seguito adun ostacolo nel deflusso dei liquidi fisiologici in-terni all’occhio, con alterazioni del campo visivo fi-no alla totale perdita della vista.GMP: Good Manufacturing Practices.

464 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Glossario e acronimi 465

GONORREA: malattia sessualmente trasmissibile,molto contagiosa, causata da Neisseria gonorrhoeae.GOTTA: malattia delle articolazioni a carattere ri-corrente legata a condizioni spesso ereditarie di ipe-ruricemia e dipendente dalla precipitazione di cri-stalli di urato a livello delle articolazioni.GRAS: Generally Recognized as Safe.HERBAL MEDICINES (HM): medicine fattecon piante medicinali.HERBAL REMEDIES (HR): prodotti medicina-li contenenti materiale vegetale fresco o secco e lo-ro preparazioni.HDL: High Density Lipoprotein12-HETE: 12-Hydroxyeicosatetraenoic acid.HMPWG: Emea’s ad hoc Working Group on HerbalMedicinal Products.HPA: Hypothalamic Pituitary-Adrenal Axis.IDROPINOTERAPIA: somministrazione di ac-qua minerale per bibite a scopo terapeutico.ILLUSIONE: errata interpretazione di impressio-ni sensoriali.IMMUNOSTIMOLANTE: che stimola la fun-zione del sistema immunitario.INFIORESCENZA: insieme di più fiori dispostisu di un asse comune.INSETTICIDA: che combatte gli insetti dannosi.INTERFERONE: glicoproteina (citochina) ad at-tività antivirale, immunomodulatrice ed antitumo-rale. Si distinguono tre classi di interferoni α (pro-dotto dai leucociti), β (prodotto dai fibroblasti) e g(prodotto dai linfociti attivati).INTERLEUCHINE: proteine prodotte dai ma-crofagi e dai linfociti che intervengono nella rego-lazione delle risposte immunitarie.INTERNODO: tratto compreso tra due nodi con-secutivi.INTROSPEZIONE: analisi del mondo interiore.INVOGLIO (FETALE): involucro (tegumento).IPB: ipertrofia prostatica benigna.IPERALDOSTERONISMO: sindrome provoca-ta da ipersecrezione dell’ormone aldosterone, chedetermina la comparsa di uno squilibrio elettroliti-co caratterizzato da ritenzione di sodio ed aumen-tata eliminazione di potassio.IPERCOLESTEROLEMIA: è caratterizzata dalivelli eccessivamente elevati (>200 mg/dl) di co-lesterolo (e/o trigliceridi).IPERTENSIONE: valore della pressione arterio-sa al di sopra della norma.IPERTROFIA: aumento del volume di un tessutoo di un organo a causa di una proliferazione esage-rata delle sue cellule.IPOCOLESTEROLEMIA: basso valore ematicodi colesterolo.

IPOGLICEMIZZANTE: che riduce i livelli ema-tici di glucosio.IPOKALIEMIA: basso valore ematico di potassio(ipopotassiemia).IPOTENSIONE: valore della pressione arteriosaal di sotto della norma.IRRANCIDIMENTO: processo di alterazione deitrigliceridi ad opera di lipasi, microrganismi ed os-sigeno atmosferico.ISTAMINA: neurotrasmettitore che regola un am-pio spettro di risposte cellulari che comprendonoreazioni allergiche ed infiammatorie, la secrezioneacida gastrica e probabilmente la neurotrasmissio-ne in alcune parti del SNC.ITTIOSI: patologia caratterizzata da cute secca, ru-vida e da continua desquamazione per ipertrofiadello strato corneo.IVC: insufficienza venosa cronica.KATAL (Kat): unità di attività enzimatica.LANOLINA (grasso di lana): sostanza a compo-sizione eterogenea che si ottiene con vari metodi diestrazione e purificazione dall’untume della lana dipecora.LASSATIVO: che causa lo svuotamento dell’inte-stino in 6-8 ore.LDL: Low Density Lipoprotein.LEGUME: frutto deiscente uniloculare, che siapre longitudinalmente sia dalla parte centrale cheda quella dorsale.LEISHMANIOSI: malattia infettiva cronica tipi-ca delle zone tropicali a localizzazione cutanea, mu-cocutanea o viscerale dovuta a protozoi del genereLeishmania.LEUCEMIA MIELOGENICA: malattia mielo-proliferativa dell’età adulta, caratterizzata da un au-mento delle dimensioni della milza e da un’au-mentata produzione di granulociti.LEUCOCITI PMN: leucociti polimorfonucleati(neutrofili, basofili, eosinofili).LEUCOPENIA: diminuzione dei leucociti nel san-gue al di sotto dei normali valori fisiologici.LIGULA: appendice dei fiori periferici simulanteun petalo.LINFOMA: proliferazione tumorale, spesso mali-gna di un tessuto linfoide.LIPIDE: composto di natura chimica eterogenea,solubile in solventi apolari ed insolubile in acqua edin solventi polari.LIPOPROTEINA: macromolecola costituita daproteine e lipidi (colesterolo libero ed esterificato,fosfolipidi e trigliceridi).LIQUIDO SINOVIALE: liquido viscoso, giallastro,contenuto in piccole quantità nelle cavità articolari,che ha la funzione di lubrificare le articolazioni.

LOMBAGGINE: dolore localizzato alla regionelombare della colonna vertebrale.LOX: lipossigenasi.LT: leucotrieni.MAFF: Ministry of Agriculture, Fisheries andFoods.MALARIA: malattia infettiva causata da protozoidel genere Plasmodium (P. falciparum, P. vivax, P.malariae, P. ovale).MALATTIA DI ADDISON: sindrome caratteriz-zata da insufficienza corticosurrenalica cronica.MALATTIA IATROGENA: stato patologico pro-dotto dal farmaco.MAO: monoaminossidasi. Enzima che catalizzal’ossidazione delle amine nelle corrispondenti al-deidi, ammoniaca ed acqua ossigenata.MARKER: sostanza (principio attivo) caratteristi-ca di una determinata specie vegetale.MASTALGIA: dolore alle ghiandole mammarie.MCH: Major Hystocompatibility Complex. È uncomplesso di antigeni, situati sulla superficie dellecellule, responsabili della compatibilità tissutale,del rigetto dei trapianti e delle risposte immunita-rie ad antigeni batterici o virali.MEDICAZIONE PREANESTETICA: associa-zione di farmaci utilizzati prima di un interventochirurgico allo scopo di ridurre l’ansia, alleviare ildolore, ridurre la quantità di anestetico inalatorioutilizzato e gli effetti collaterali (ipersalivazione,bradicardia, tosse e vomito).MEDICINALE: sostanza o composizione con pro-prietà curative, profilattiche o diagnostiche.MEIOSI: processo di divisione cellulare da cui ori-ginano i gameti.MELANOSI: insolito aumento del numero dellecellule melaniche e concomitante produzione dipigmento.MERISTEMA: tessuto embrionale tipico dellepiante giovani e caratteristico, data la sua notevoleattività mitotica, delle zone di accrescimento.META-ANALISI: tecnica clinico-statistica di as-semblaggio di sperimentazioni multiple di uno stes-so trattamento (controllato e randomizzato) checonsente una valutazione quantitativo-cumulativadei loro risultati.METABOLISMO PRIMARIO: insieme di rea-zioni che portano alla sintesi ed alla degradazionedi sostanze indispensabili per lo sviluppo ed il fun-zionamento delle cellule e/o strutture vegetali.METABOLISMO SECONDARIO: insieme direazioni che portano, a partire dai prodotti intermedidel metabolismo primario, alla sintesi di sostanzenon del tutto necessarie allo sviluppo ed al funzio-namento della cellula e/o struttura vegetale.

METABOLITA PRIMARIO: prodotto del me-tabolismo primario (aminoacidi, carboidrati, lipi-di, ecc.).METABOLITA SECONDARIO: prodotto delmetabolismo secondario (alcaloide, saponina, tan-nino, ecc.).METAEMOGLOBINEMIA: presenza di metae-moglobina nel sangue.METALLI PESANTI: elementi particolarmentetossici quali arsenico, cadmio, piombo e mercurio.METRORRAGIA: emorragia uterina.MIDRIASI: dilatazione della pupilla.MIDRIATICO: che produce midriasi.MIOMETRIO: tunica muscolare dell’utero for-mata da fasci di fibrocellule muscolari lisce.MIORILASSANTE: che favorisce il rilassamen-to muscolare.MIOSI: restringimento della pupilla.MITOSI: divisione cellulare asessuata che dà ori-gine a due cellule identiche fra loro.MONOACILGLICEROLO: vedi monogliceride.MONOFAGO: insetto che si nutre quasi esclusi-vamente di un solo alimento.MONOGLICERIDE: estere del glicerolo doveun gruppo alcolico è esterificato con un acidograsso.MORBO DI PARKINSON: malattia caratterizza-ta da rigidità, bradicardia, tremore ed instabilità po-sturale dovuta ad una riduzione della concentra-zione di dopamina nei gangli della base (SNC).MUTAGENO: agente fisico o chimico capace diindurre mutazioni genetiche.NARCOTICO: che induce al sopore.NEUROPATIA: affezione nervosa.NEUTROPENIA: diminuzione del tasso dei gra-nulociti neutrofili circolanti (al di sotto di1500/mm3) dovuta ad un’affezione del midollo os-seo o ad un processo immunitario patologico.NEVRALGIA: dolore acuto e violento, occasio-nale, localizzato lungo il decorso o nell’area di di-stribuzione di singoli nervi.NK: Natural Killer.NODO SENO-ATRIALE: gruppo di cellule car-diache situate nell’atrio destro, a livello dell’in-gresso della vena cava superiore da cui si originalo stimolo elettrico che depolarizza sequenzial-mente gli atri ed i ventricoli del cuore.NSR: Natural Standards Evidenve- Based Validat-ed Grading Rationale.NTA: Notice to Applicants.OCDE: Organizzazione, Cooperazione e Sviluppodelle Nazioni Unite.OLIGURIA: riduzione della eliminazione di uri-na a quantità inferiore ad un litro nelle 24 ore.

466 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Glossario e acronimi 467

OMBRELLA: infiorescenza nella quale i pedun-coli fiorali sono inseriti tutti nello stesso punto e so-no di uguale lunghezza.OMOZIGOTE: quando due geni presenti su undeterminato locus di cromosomi omologhi sonoidentici.OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità.OPC: Oligomeric Procyanidins.OPOTERAPIA: terapia basata sulla somministra-zione di estratti di organi animali (ad esempioghiandole endocrine).ORGANO EPIGEO: che si sviluppa sopra il ter-reno.ORGANO IPOGEO: che cresce sotto terra.ORGANOTERAPIA: sinonimo di opoterapia.OTC: farmaci da banco.PANNOCCHIA: racemo in cui al posto dei pe-duncoli fiorali si formano altrettanti racemi che pos-sono a loro volta portare degli altri piccoli racemi.PAPPO: ciuffo di peli che favorisce la dissemina-zione.PARALISI: perdita della funzione motoria di unoo più nervi o dell’organo bersaglio.PARASIMPATICOLITICO: che ha la capacità dideprimere temporaneamente o paralizzare le ter-minazioni effettrici del parasimpatico.PARASIMPATICOMIMETICO: che stimola ilsistema parasimpatico.PATOGENI: microrganismi dannosi per la salute.PEDICULOSI: affezione cutanea (capo, pube),provocata dall’infestazione di varie specie di inset-ti della famiglia dei Pediculidi.PELI GHIANDOLARI: hanno origine epidermi-ca e su di essa s’impiantano costituendone la partesecernente. Sono formati da uno stipite di una o piùcellule e da una testa secernente.PERICARPO: si forma dall’ovario dopo la fe-condazione e contribuisce alla protezione degliovuli divenuti semi. Rappresenta lo strato esternodel frutto e può essere pluristratificato, carnoso osecco.PEROSSIDAZIONE LIPIDICA: ossidazione dilipidi mediata dai radicali liberi.PESTICIDA: sostanza impiegata per eliminare oprevenire effetti dannosi in agricoltura ed in altre at-tività derivanti da microrganismi, animali e vegetali.PG: prostaglandine.Ph. Eur.: Farmacopea Europea.PIAGA DA DECUBITO: si sviluppa in parti delcorpo a contatto con il piano del letto (regione sa-crale e glutei) nei malati da tempo costretti all’im-mobilità per malattie gravi e debilitanti.PIANTA MEDICINALE: pianta che contiene so-stanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici.

PIANTA OFFICINALE: pianta utile in campofarmaceutico, cosmetico, liquoristico, industriale,ecc.PIORREA ALVEOLARE: patologia infiammato-ria a carattere progressivo o degenerativo dei tes-suti di sostegno del dente.PITIRIASI: affezione cutanea, caratterizzata dadesquamazione finissima di aspetto forforaceo.PLACCA NEUROMUSCOLARE: punto in cuila terminazione di una fibra nervosa motrice vienea contatto con una fibra muscolare.PLASMIDE: molecola di DNA circolare che fun-ziona come un piccolo cromosoma e si autoreplica.POLIACHENIO: frutto formato da parecchi car-pelli che a maturità si separano in altrettanti ache-ni disposti circolarmente.POLICRESTI: sostanze che presentano un ampioquadro sintomatologico.POLIPI ANALI: formazioni molli peduncolateche si formano nella mucosa della cavità anale.POLIPLODIA: condizione in cui una cellula è do-tata di cromosomi in numero superiore a quello nor-male della cellula stessa e precisamente multiplodel numero aploide.PREPARAZIONE GALENICA: preparazionefarmaceutica estemporanea riportata dal Formula-rio Nazionale o dalla Farmacopea.PREPARAZIONE MAGISTRALE: preparazio-ne allestita in farmacia in base a prescrizione me-dica.PRINCIPIO ATTIVO: componente responsabiledell’azione farmacologica della droga.PROSTAGLANDINE: metaboliti di acidi grassi a20 atomi di carbonio con un anello pentaciclico.PROSTANOIDI: composti con struttura assimila-bile a quella delle prostaglandine.PROTOPLASTO: cellula vegetale privata dellasua parete.PSA: antigene specifico per la prostata.PSEUDOMELANOSI: pigmentazione assuntadalla mucosa del colon dopo trattamento prolunga-to (4-9 mesi) con lassativi.PSICHEDELICO (O ALLUCINOGENO): so-stanza che altera la percezione ed induce uno statoonirico (delirante). Ricordiamo l’LSD, la mescali-na, la psilocibina, ecc.PSICOSI: malattia mentale caratterizzata da gra-ve alterazione della personalità, con allucinazioni,delirio e perdita di contatto con il mondo esterno.PSORIASI: dermatosi cronica che si manifesta conchiazze eritematose e squamose.PUBESCENTE: coperto di peli morbidi e corti.PURGANTE: che favorisce l’espulsione di feci li-quide o semiliquide in 1-2 ore.

RACEMO: infiorescenza con asse allungato lon-gitudinalmente che porta fiori peduncolati.RADICALI LIBERI: specie chimiche altamentereattive contenenti un elettrone spaiato nell’orbita-le più esterno. Tra questi ricordiamo lo ione supe-rossido, l’acqua ossigenata, il radicale ossidrile,l’ossigeno singoletto, ecc.RAGADI: disturbi cutanei (dolorosi) verificantisiin prossimità degli orifizi naturali del corpo e con-sistenti in un’ulcerazione lineare dovuta all’allon-tamento dei tessuti determinato da cause meccani-che.RECETTORE MUSCARINICO: recettore perl’acetilcolina, chiamato così perchè attivato dal-l’alcaloide muscarina, presente a livello cardia-co, ghiandolare, cerebrale e della muscolatura li-scia.RECETTORE NICOTINICO: recettore-canaledell’acetilcolina chiamato così perché può essere at-tivato dall’alcaloide nicotina. È presente nelle giun-zioni neuromuscolari, nei gangli autonomi e nellamidollare del surrene.RESPIRO STERTOROSO: respiro fragoroso chericorda il ronfo.REVULSIVO: sostanza che applicata alla super-ficie cutanea ne provoca l’irritazione e l’arrossa-mento, per un maggior afflusso di sangue, deter-minando così la decongestione dei tessuti sotto-stanti.RICOSTITUENTE: che riporta alle condizioninormali un individuo indebolito.RINITE VASOMOTORIA: processo infiamma-torio acuto o cronico delle cavità nasali legato aduna distonia neurovegetativa.RIZOMA: fusto munito di nodi ed internodi che sisviluppa orizzontalmente nel terreno rimanendoipogeo.RNA: Ribo Nucleic Acid.ROS: specie reattive dell’ossigeno (Reactive Oxy-gen Species).ROSETTA: raggruppamento di foglie disposte cir-colarmente intorno al colletto.RUBEFACENTE: sinonimo di revulsivo.SAPONIFICAZIONE: reazione di idrolisi dei tri-gliceridi in mezzo basico.SCAPO: fusto portante i fiori ma sprovvisto di fo-glie.SCIALAGOGO: che favorisce la secrezione sali-vare.SCIALORREA: aumento della secrezione salivare.SCREENING: indagine con intento selettivo.SEMPLICI: medicamenti quali sono forniti dallanatura.SERICEO: rivestito di peli setosi.

SEROTONINA: neurotrasmettiore presente nellecellule enterocromaffini del tratto gastrointestinale,nelle piastrine e nel SNC coinvolto nella regolazio-ne del sonno, del comportamento affettivo, dell’as-sunzione di cibo e delle attività neuroendocrine.SESSILE: mancante di picciolo o di peduncolo.SETTICEMIA: stato morboso infettivo caratte-rizzato dalla penetrazione e dalla permanenza nelsangue di germi patogeni precedentemente localiz-zati in un unico focolaio.SIMPATICOLITICO: che deprime o paralizzatemporaneamente le terminazioni effettrici simpa-tiche.SIMPATICOMIMETICO: che stimola il sistemasimpatico.SINAPSI: connessione tra due cellule nervose (ofra una fibra nervosa e la placca neuromuscolare).SINDROME: complesso di sintomi caratteristici diuna determinata malattia.SINDROME IPONATRIEMICA: sindrome do-vuta ad una riduzione della concentrazione di sodionel sangue al di sotto della norma (iposodiemia).SINDROME PREMESTRUALE: è rappresenta-ta da un insieme di sintomi fisici (palpitazioni, lom-balgie, meteorismo, dolore e tensione mammaria,vampate, ecc.) e psicologici (agitazione, confusio-ne, depressione, ecc.) che precede il periodo me-struale. Il tipo e l’intensità dei sintomi sono sog-gettivi.SINERGICO: che potenzia l’effetto di un’altra so-stanza.SOFISTICAZIONE: sostituzione di pianta medi-cinale con altra priva di attività farmacologica.SOSTANZA IGROSCOPICA: sostanza che as-sorbendo acqua mantiene l’ambiente asciutto.SPASMOLITICO: che risolve la contrattura del-la muscolatura liscia per azione diretta sulle fibro-cellule muscolari lisce o per un’azione sulle fibrenervose.SPC: Safety Product Character.SPECIALITÀ MEDICINALE: medicinale pre-cedentemente preparato ed immesso in commerciocon una denominazione speciale ed in confezioneparticolare.SPERMACETI: cera naturale ottenuta dalla testadi capodoglio.STEATORREA: feci ricche di grasso che tipica-mente sono abbondanti, voluminose e di odore fe-tido.STENOSI PILORICA: affezione conseguente al-l’eccessivo sviluppo della muscolatura a livellodello sfintere pilorico, che riduce notevolmente ildiametro del tratto di congiunzione tra stomaco eduodeno.

468 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Glossario e acronimi 469

STIMOLANTE GANGLIARE: sostanza che sti-mola in maniera transitoria i gangli autonomi.STOMACHICO: che migliora o ripristina le fun-zioni della mucosa gastrica.STOMATICO: che cura le affezioni del cavo orale.STROMA: tessuto di sostegno di un organo.SUBERIFICATO: coperto da uno strato di su-ghero.SUFFRUTICE: pianta perenne con fusto legnosoalla base e rami erbacei.TACHICARDIA: aumento della frequenza dellepulsazioni cardiache oltre i limiti abituali.TALLO: corpo vegetativo delle piante inferiori: al-ghe, funghi e licheni.TASSONOMIA: metodo di descrizione e classifi-cazione degli organismi.TEGUMENTO: strato di tessuto che riveste la nu-cella dell’ovulo.TEMPO BALSAMICO: periodo dell’anno incui la pianta ha la più elevata quantità di principiattivi.TERIACA (TRIACA): antica composizione me-dicinale, costituita da molti ingredienti, che si usa-va quale antidoto contro il morso di serpenti vele-nosi e come rimedio in molte malattie.TETANO: malattia causata dalla tossina prodottadal batterio Clostridium tetani, che genera sporemolto resistenti all’ambiente e che si manifesta conla contrazione continua di tutti i muscoli (paralisispastica) a partire dai piccoli muscoli fino a quel-li respiratori per cui segue la morte per soffoca-mento.TINNITO: sensazione fastidiosa di ronzio alleorecchie che si manifesta come rumore, fischio ofruscio, dovuta ad una stimolazione anomala dei re-cettori sensoriali uditivi.TNF-α: il Tumor Necrosis Factor α è una citochi-na prodotta dai macrofagi che interviene in nume-rosi processi infiammatori, durante infezioni pro-tozoarie (malaria) o virali (virus HIV).TOLLERANZA: diminuzione progressiva dellarisposta ad un farmaco introdotto nell’organismo,per cui per avere lo stesso effetto bisogna aumen-tarne la dose.

TONICO: che aumenta la forza e l’energia del-l’organismo.TOPICO (USO): per uso locale.TRIACILGLICEROLO: vedi trigliceride.TRICOMI: peli.TRIGLICERIDE: estere di acidi grassi con gli-cerolo.TROMBOCITOPENIA: carenza di piastrine, si-nonimo di piastrinopenia.TROMBOFLEBITE: occlusione del lume di unavena a causa di un trombo.TSH: ormone tireotropo.TUBERO: fusto sotterraneo più o meno globoso,irregolare e munito di gemme.TUBULINA: le tubuline a e b sono proteine glo-bulari che fondendosi con ordinamento a spiraleformano dei dimeri che costituiscono i microtubu-li.URENTE: bruciante, detto di peli rigidi che pro-ducono sostanze ad azione caustica (es. ortica).VALIDATO: di cui è stata controllata la riprodu-cibilità.VASOCOSTRITTORE: che contrae i vasi san-guigni.VASODILATATORE: che dilata i vasi sanguigni.VERMIFUGO: che favorisce l’espulsione dei ver-mi intestinali.VERRUCA: formazione cutanea di origine viraleche può avere grandezza variabile, superficie lisciao solcata e che può essere contagiosa ed autoino-culabile.VESCICANTE: che provoca, applicata sulla pel-le, la formazione di vescicole o bolle cutanee. I ve-scicanti sono in pratica dei forti revulsivi.VIRUS HIV: Human Immunodeficiency Virus. Ap-partiene al gruppo dei retrovirus. Si distinguono duetipi HIV1 ed HIV2: il virus è responsabile dell’in-sorgenza dell’AIDS (sindrome dell’immunodefi-cienza acquisita).VLDL: Very Low Density Lipoproteins.WHO: World Health Organization.XILEMA: tessuto legnoso adibito al trasporto del-l’acqua e dei sali minerali in soluzione dalla radicealle foglie.

Droghe e sistema digerente

Stomatici: altea, bistorta, coclearia, echinacea, mir-ra, propoli, pruno spinoso.

Antiacidi, eupeptici: achillea, altea, ammi, angeli-ca, anice, arancio amaro, assenzio, calamo, camo-milla, cannella, capsico, cardamomo, cardo bene-detto, centaurea minore, china, colombo, condu-rango, consolida, coriandolo, finocchio, genziana,lichene islandico, liquirizia, luppolo, rosmarino,salvia, zafferano, zedoaria, zenzero.

Carminativi: angelica, anice, calamo, camomilla,cumino, finocchio, galanga, menta, zenzero.

Lassativi: agar, aloe, cascara, cassia, cicoria, frango-la, frassino, gialappa, gomma karaja, malva, manna,mandorle (olio), podofillo, prugna, rabarbaro, ricino(olio), scammonea, senna, tamarindo, viola tricolore.

Emetici: ipecacuana, lobelia, poligala, senape.

Antiemetici: altea, belladonna, tuja, zenzero.

Antidiarroici, astringenti: aglio, amamelide, liche-ne islandico, mirtillo, ratania.

Stimolanti la motilità intestinale: fava del calabar,menta.

Deprimenti la motilità intestinale: belladonna, ca-momilla, giusquiamo, luppolo, maggiorana, oppio,stramonio.

Epatobiliari: aglio, aloe, assenzio, boldo, carciofo,cardo mariano, cascara, frangola, rosmarino, sal-via, senna, tiglio.

Antiparassitari intestinali: aglio, assenzio, licheneislandico, noce, timo, zucca.

Antisettici intestinali: assenzio, cannella, eucalipto,garofano chiodi, tanaceto.

Droghe e sistema cardiovascolare

Cardiotonici: adonide, astragalo, biancospino, ca-cao, caffè, cola, convallaria, digitale, guaranà,oleandro, salvia cinese, scilla, strofanto.

Vasocostrittori: aconito, efedra, ginestra, ortica, ro-smarino.

Vasodilatatori: achillea, aglio, biancospino, cimi-cifuga, jaborandi, olivo, segale cornuta, tabernante,vischio.

Antivaricosi, antiemorroidari: amamelide, asperu-la, balsamo del Perù, centella, ippocastano, rusco.

Antiischemici: ginkgo.

Antianginosi: biancospino, salvia cinese (tanshino-ne), stefania tetranda (tetrandrina).

Droghe e sistema respiratorio

Antisettici, balsamici: balsami (Tolù, Perù), euca-lipto, pino, timo.

Bechici: edera, castagno, drosera, farfara, grinde-lia, lauroceraso, oppio (codeina), papavero selvati-co, tiglio.

Espettoranti: anice, balsami (Tolù, Perù), ipecacua-na, issopo, jaborandi, liquirizia, lobelia, psillo, pian-taggine, poligala, quillaia, serpentaria, storace, timo.

Spasmolitici bronchiali: belladonna, efedra, elicriso,eucalipto, euforbia, ginkgo, grindelia, stramonio.

INDICE TERAPEUTICO

Analettici respiratori: angelica, anice, caffè, efe-dra, ginestra, lobelia, noce vomica, yohimbe.

Antiinfluenzali: astragalo, echinacea, maggiorana,propoli, sambuco.

Droghe e sistema genito-urinario

Diuretici: bardana, betulla, biancospino, borsa delpastore, carciofo, cicoria, crescione, equiseto, gi-nepro, gramigna, mais, ononide, ortica, piantaggi-ne, quillaia, salsapariglia, scilla, tarassaco, tuja,viola tricolore.

Antisettici urinari: balsamo del Tolù, betulla, euca-lipto, ginepro, mirtillo, uva ursina.

Spasmolitici: ammi, belladonna, lavanda, mais,melissa, menta.

Disturbi dell’apparato genitale: damiana, gin-seng, muira puama, tribolo, yohimbe.

Antiafrodisiaci: luppolo

Prostatici: ortica, pruno africano, serenoa, zucca.

Emmenagoghi: agnocasto, cimicifuga, cumino, vi-burno.

Droghe e sistema nervoso

Sedativi, calmanti, ansiolitici: aconito, calamo, ca-momilla, kava, luppolo, passiflora, valeriana.

Antidepressivi: iperico.

Analgesici, antiemicranici: camomilla, canape in-diana, coca, enagra (olio), eucalipto, garofanochiodi (olio), menta, mirra, oppio (morfina), papri-ca (capsaicina), sambuco, tanaceto.

Droghe e sistema endocrino

Ipoglicemizzanti: aglio, carciofo, fagiolo, galega,mirtillo, noce, opunzia, soia.

Ipocolesterolemizzanti: aglio, carciofo, fieno gre-co, garcinia, olivo.

Dimagranti, anoressizzanti: crusca, fuco, garcinia,gimnema, gomma guar, gomma karaya.

Droghe e sistema cutaneo

Cicatrizzanti, antiflogistici, antisettici: aloe (gel),balsamo del Perù, camomilla, echinacea, enagra(olio), iperico (olio), niaouli, piantaggine, sabadiglia.

Antidrotici: agarico, belladonna, salvia.

Droghe e sistema immunitario

Immunomodulatori: aglio, astragalo, azadiracta,echinacea, ganoderma, ginseng, picrorriza, poligo-num, rehmania, tinospora, tuja, witania.

Droghe e stress

Ginseng, eleuterococco, rodiola, sassofrasso.

Droghe ed alcolismo

Iperico, ginseng, pueraria, salvia cinese, tabernante.

Droghe antitumorali

Camptoteca (camptotecine), enagra (olio), melo-grano, podofillo (podofillotossine), tasso (tassoidi),vinca (vinblastina, vincristina), vischio.

Droghe antibatteriche

Betulla, cardo benedetto, drosera, luppolo, garofa-no chiodi (olio).

Droghe antipiretiche, antireumatiche

Arpagofito, colchico, crescione gaultheria (olio),pioppo nero, rosa canina, salice, spirea olmaria (fi-lipendula), tinospora, verbasco.

Droghe aromatiche e correttive del sapore

Arancio amaro, calamo, cardamomo, cumino, fi-nocchio, galanga, menta, zafferano, zenzero.

472 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

AAbete 145-146

bianco 145Abies sibirica 420Abuso farmacologico 319Acacia 5, 116-117Acacia spp. 5, 116-117Acaciae gummi 116Acacipetalina 206Acalymna vittatum 356Acanthopanax senticosus 223, 344, 351, 386Acemannano 53Aceti medicinali (Acetoliti) 61, 66-67Acetilcolina 146, 180, 221, 280, 321, 327, 350, 373

attivatori del recettore della 321, 327, 350bloccanti il recettore della 321-322, 350

Acetilcolinesterasi (inibitori della) 280, 321Acetilcolin-psichedelici 321Acetoacetato 18Acetoliti 61, 66-67Achillea 21, 154, 179, 420Achillea 21, 154, 179, 420

millefolium 420Achyranthes bidentata 344Achyrocline satureoides 344Acidi

aristolochici 379biliari 15, 122, 196, 219, 251ginkgolici 183grassi 137grassi polinsaturi 133, 137-141, 418lichenici 430pectinici 124polinsaturi 138

Acidoabietico 143abscissico 23acetilsalicilico 227acetossivalerenico 170alginico 124angelico 159

asiatico 218arachidonico 128, 131, 133, 137, 140borico 409caffeico 111-112, 163, 186, 251, 257, 345,430, 433chinico 257chinotannico 288chinovico 285, 288cianidrico 80, 82, 121, 193, 205-207cinnamico 20, 82, 159, 168clorogenico 186, 251-252, 257, 282, 288

294-295, 301, 303, 345, 430, 433crisofanico 203p-cumarico 433docosaesaenoico 137, 414dodecanoico 128eicosapentanoico 137, 414ellagico 257-258, 430folico 416-417, 419, 434α-D-galatturonico 118, 124gallico 163, 226, 257-258, 409giberellico 49glicirretinico 214-215glicirrizico 214, 345, 350D-glucuronico 117-118ialuronico 180, 218, 256, 346ibotenico 321, 323, 330, 383laurico 128-129linoleico 21, 128, 131, 135, 137, 139-140, 433linolenico 21, 131, 136D-lisergico 325, 328D-mannuronico 124meconico 277mevalonico 17-18, 151miristico 128oleanoico 222, 434oleanolico 164, 184, 187, 345, 433oleico 21, 128-132, 137-138, 140, 155palmitico 128, 132, 161, 432ricinoleico 130

INDICE ANALITICO

salicilico 161, 197, 226-228, 248stearico 128, 410tannico 258-259tiglico 159tropico 293ursolico 143, 164, 225-226, 254valerenico 170valerianico 82, 301

Acokanthera ouabaio 233, 238Aconitine 376, 378, 380Aconito 5, 21-22, 33, 78, 376, 380, 425Aconitum napellus 376,380,425Acorus calamus 389, 426Acque

aromatizzate 82cobate 82distillate aromatiche 82

Acroresine 383Actaea racemosa 181Adanotricha 225Adattoggeni 341Adonide 236, 239-240Adonis spp. 240Aedes aegypti 357Aeginetia indica 344Aesculus hippocastanum 211-212, 215, 244, 376,

378, 392, 420Aflatossine 36, 44, 61, 93, 245, 378Agar 123Agarico 382, 425Agaricum xanthoderma 382Agaropectina 123Agarosio 123ω-Agatossina 369Agave 14, 212, 326Agave sisalana 14, 212Aglaria odorata 358, 385Aglio 3, 41, 79, 153, 155, 209-211, 349, 382,

415, 418Agnocasto 178-180Agopuntura 385, 389-390AGP 133-135, 137, 139-140Agrimonia eupatoria 392, 420Agrobacterium

rhizogenes 51tumefaciens 51

Ajoene 209-210Ajuga 355Albatrellus ovinus 266Albizzia julibrissin 344Alcaloidi 263

benzilisochinolinici 277, 313chinolinici 286

della segale cornuta 151, 283-284, 300della Vinca 309, 313dimerici 309diterpenici 380, 435fenantrenici 277fenilalchilaminici 265imidazolici 289-290indolici 279isochinolinici 268piperidinici 290piridinici 290piridocarbazolinici 313pirrolizidinici 376purinici 299steroidei 357tropanici 293, 296

Alcolati 77Alcolaturi 76Alcolismo 363Alcolati 61, 67, 77, 84Aldeidici 109, 193, 224Alghe 60, 109, 116, 123, 134, 263, 343Alginati 124Alkanna tinctoria 379Allicina 209, 418Alliina 209Alliinasi 209Allium 134

cepa 135, 155, 254, 420porrum 135sativum 135, 209

Allucinogeni 317Allume 407-408Alluminio 407, 410Allumite 407Aloctine 198Aloe 5-6, 41, 53, 65, 70, 76, 194, 196, 344,

420Aloe spp. 196Aloe-emodina 53, 196, 201, 203Aloe gel 197Aloine 193, 197Alpinia officinalis 428Alprazolam 317Alsophila spinulosa 344Alstonia 211, 380, 381Alstonia spp. 380, 381Altea 19, 21, 33, 36, 68, 119Alteplasi 403Althaea officinalis 19, 119Amamelide 19, 217, 257-258Amamelitannino 258Amanita spp. 321, 323, 330, 382

474 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 475

Amarogentina 172Amaropanina 172Amaroswarina 172Amatossine 383-384Ambra 166-167Amfetamina 3, 267, 317, 320-321, 324-325Amido 3, 113

di frumento 115di mais 115di patata 115di riso 115

Amigdalina 19, 206Amilasi 124, 147, 219Amygdalus communis 420Ammi 248Ammi

majus 244-245, 248visnaga 47, 248

Amomum racemosum 165Amygdalus communis 420Anadenthera peregrina 328Ananas spp. 148, 420Anandamide 19, 305, 335Andrographis paniculata 184-185, 388Anestetici psichedelici 321, 331Anetolo 156, 214, 219, 314, 432Anethum graveolens 389Angelica 155, 245, 351Angelica spp.Angelicina 243-245, 379Anice 12, 69, 156, 165, 380

cinese 156, 380giapponese 380stellato 153, 156, 426verde 83, 153, 156, 426

Ansiolitici 317, 319, 366Antagonisti dei canali del calcio 370, 373Antennaria dioica 420Anthemis nobilis 22, 158, 420Anthonomus grandis 357Anthoxanthum odoratum 244Anthurium wagnerianum 344Antiaris toxicaria 381Anticoagulanti sistemici 402Anticonvulsivanti 417Antidoti 6-7, 322, 378Antiemorragici 401Antifeedant 355Antifibrinolitici 403Antigeni 342, 350, 404Antimalarici 14, 183Antimonio 5, 9Antinfiammatori 121, 179, 217, 314, 335, 338,

386, 398

Antiossidanti 71, 129, 154, 163, 178, 216, 218,255, 258, 314, 349, 414, 417, 429, 435

Antipsicotici 223, 317, 323, 339, 411Antitumorali 309Antocianidine 216, 246, 254, 277Antocianine 243, 254, 429Antrachinoni 17, 194Apamina 373Apigenina 158Apis

ligustica 110mellifera 110, 356

Apiumcarvi 164graveolens 157, 420

Apoatropina 294Aprotinina 402L-Arabinosio 109, 117, 121Arachide 21, 128, 130, 245Arachis hypogaea 130Arancio 69, 76, 80, 82, 151, 289, 425Arbutina 193, 225Arbutoside 225Arcangelica flava 269Arctium lappa 132, 404, 479Arctostaphylos uva-ursi 19, 225Areca 8, 290

cathecu 290, 388Arecolina 290Arenga undulatifolia 380Argille 407, 411Arginina 111, 373Ariocarpus spp. 325Aristolochia 344, 376, 378, 387Aristolochia spp. 376Armina 325, 329Arnica 34, 185, 376Arnica montana 22, 52, 185, 344, 420Aromatizzazione delle preparazioni 83Arpagide 171Arpagofito 170Arpagoside 171Arringtonina 313, 315Artemisia 183Artemisia vulgaris 183Arteriosclerosi 140Artiglio del diavolo 171Arundo donax 357Asarum europaeum 344Asiaticoside 218Asparagina 119Asparago 216Asparagus officinalis 420Aspartato 18, 218

Aspergillus 148, 194, 245Aspirina 155, 171, 227Assafetida 5Assenzio 22, 155, 425Astragalo 53, 117, 211, 344, 351Astragalus spp. 117, 211, 351, 387Astrophytum spp. 325-326Atractyloides spp. 344Atracurio 263, 273Atropa belladonna 19, 21, 24, 48, 53, 293, 375, 378Atropina 11, 13, 44, 53, 263, 293, 317, 321, 376,

384, 408Attapulgite 411Auxine 23, 79Avena 344, 420Avena sativa 344, 420Avermectine 358Ayurveda 5, 385, 388Azadiracta 350Azadirachta indica 350Azadiractina 355, 358Aztekium ritterii 325Azulene 163

BBacillus 148, 154, 358Bacteroides fragilis 165, 196Badiana 156, 378, 380Bal 280, 393Balsami 167

del Perù 168,del Tolù 168,

Banisteriopsis spp. 328-329Baphicacanthus cusia 313Baptisia tinctoria 344Barbaforte 208Bardana 78Barringtonia racemosa 380Basi xantiniche 300, 302, 305Bauxite 407Beauveria spp. 358Belladonna 18, 73, 76, 293Belladonnina 294Bentonite 411Benzodiazepine 250, 347, 366, 369, 371Benzoino 20, 70, 168Berberidaceae 245, 263Berberina 53, 269, 349Berberis spp. 53, 269Bergamotto 245Bergaptene 244-245Betulla 111, 426Betula spp. 420, 426

Biancospino 78, 253-254, 260, 418Bile bovina 15, 397Biofeedback 385, 392Bioinsetticidi 358Bisabololo 152, 158Bisabolossido 21Bismuto 408Boldina 269-270Boldo 172, 198, 201, 269Boldoa fragrans 269Boletus spp. 382Borace 409Borago officinalis 131, 420Borneolo 163, 166, 345, 430Boro 409Borraggine 131Bouvardia ternifolia 313Brassica

campestris 208nigra 208juncea 208

Bromelaina 148Bromocriptina 283Brucea spp. 313Brucina 279, 281-282Bryonia spp. 344Bufadienolidi 233, 239, 241Burro 139

di cacao 21, 132, 305Buvardina 313

CCacao 300, 304, 423Cactus di San Pedro 267, 326Caesalpinia sappan 344Caffè 300Caffeina 11, 179, 300Calamo 33, 426

aromatico 426Calce sodata 35Calcitonina 44Calendola 186Calendula (vedi calendola)Calendula officinalis 186, 211Calli 4, 23Callosobruchus maculatus 356Calluna vulgaris 225, 392Caltha officinalis 186Camazulene 158, 183Camellia spp. 300, 386, 418Camomilla 76,

comune 157romana 157

476 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 477

Campanula sylvestris 237Campanulaceae 292Camptotecina 53, 89, 309, 312, 345Camptotheca acuminata 14, 53, 312Canape indiana 5Canarium spp. 166Canfora 163Cannabidiolo 333Cannabinoidi 333

recettori 335non psicoattivi 335

Cannabis sativa 47, 332Cannella 3, 8, 12, 22, 36, 80, 82, 111, 152, 154,

200, 278, 427Cantharellus cibarius 382Caolino 7, 111, 411CAPE 111Capsaicina 175, 177, 265, 314Capsella bursa-pastoris 420, 426Capsico 76, 174, 265Capsicum spp. 173, 247, 265, 388, 420Carboidrati 17, 79, 109-110, 112, 130, 153, 197,

215, 219, 283, 303, 414β-Carboline 357Carcadè 429Carciofo 19, 65, 76, 78-79, 198, 251, 376, 418Cardamomo 5, 165Cardenolide 233Cardo 169

benedetto 376, 426mariano 21, 248, 418santo 426

Carduus marianum 248Carex arenaria 420Carica papaya 148, 420β-Cariofillene 160, 165, 170, 218β-Carotene 173-174, 221, 417, 419Carotenoidi 173Carragenan 123Carthamus tinctorius 344, 387Carum

carvi 48, 157, 164capticum 164

Carvacrolo 152, 154Cascara 76, 202Cascara sagrada 202Cascarosidi A-D 203Caseina 148, 265Cassava 206, 377Cassia 5, 426Cassia spp. 19, 200Castagno 78, 304, 378Castanea

sativa 378, 392

vesca 146, 420Castanospermina 356Castanospermum australe 356Casticina 179, 183Catecolamine 265, 299, 327Catecù 406Catha edulis 266Catharanthus roseus 52Catina 267Catinone 265-267Caulophyllum thalictroides 344Cedrela odorata 355Cefalotassine 313Cefarantrina 345Cefelina 274Cellulosa 29, 41, 109, 112, 118, 122, 125, 219Centaurea 426Centaurea cyanus 420Centaurium erythraea 426Centella 217-218, 418Centella asiatica 211, 217Cephaelis spp. 41, 273, 313Cephalotaxus spp. 14Ceratonia siliqua 118, 420Cere 111, 127, 132, 288, 427

d’api 132-133di carnauba 132

Cetraria islandica 344, 420, 430Chamaelirium luteum 133Chamomilla recutita 157, 376Charas 333Chelidonium majus 344Chemioterapici 155, 246, 342, 398, 404China 18, 73, 76, 286Chinidina 264, 286, 288Chinina 11, 19, 286Chinoni 19, 195, 309, 345, 357Chiodi di garofano 3, 154, 224, 314Chiroterapia 385, 393Chlorella prenoidosa 344Chondrodendron tomentosum 272, 380Chondrus crispus 123Chromolaena spp. 137, 356Chrysanthemum spp. 21, 47, 353, 387Cianidina 216, 254, 429Cianogenici 193, 205, 252Cicada orni 112Cichorium intybus 392, 420Cicoria 260, 427Cicuta 22, 291Ciliegio 193, 375Cimarina 238, 240p-Cimene 165, 270Cimicifuga racemosa 181, 211, 420

Cinarina 186, 251Cinaroside 251Cinchona spp. 19-21, 50, 286-288Cinconidina 286, 288Cinconina 286, 288Cinnamomum spp. 151, 420Ciprofloxacina 408Cisplatino 312Cistanche salsa 344Citochine 141, 181, 185, 314, 342Citrina 247Citronella 80, 160, 376Citrullus colocynthis 376Citrus spp. 152, 245, 247, 300Claviceps purpurea 15, 20, 43, 53, 263, 282Clitocybe spp. 313, 383Clordiazepossido 317, 319Clorochina 289, 430Clostridium 165

acetobutylicum 148histolyticum 150

Cnicus benedictus 376, 421, 426Cnidium officinale 344Coactylis 225Coca 4, 18, 47, 293, 298, 304, 319Cocaina 3, 11, 250, 264, 293, 298, 317, 320, 323,

332, 366Cocciniglia 427Cocco 128, 138, 245, 382Cochlearia spp. 208, 293, 427Coclearia 427Cocos nucifera 129Coda cavallina 407Codeina 19, 268, 276Codergocrina 284Coffea spp. 300, 344Cola 300Cola

acuminata 300, 304nitida 304vera 304verticillata 304

Colchicina 14, 20, 263, 271, 313, 315, 376Colchico 270, 376Colchicum

autumnale 14, 270, 376speciosus 313

Coleus forskohlii 52, 254, 388Colofonia 5, 168Colombo 427Coloquintide 5, 193, 376β-Colubrina 282Combretum micranthum 344

Commiphora spp. 167, 388Compsilura concinnata 355Condurango 427Coniina 11, 263, 290Conium maculatum 291ω-Conotossina 369, 373Conus geographicus 373Convallaria 239-240Convallaria majalis 233, 240, 376Convalloside 240Convallotossina 240Convolvulus scammonia 293, 376, 434Copernicia spp. 132Coprinus atramentarius 383Coptis spp. 269, 387Cordyceps sinensis 344, 386Coriandolo 152, 157Coriandrum sativum 22, 44, 48, 152, 157, 388,

421Coriolus versicolor 344Corticosteroidi 202, 211, 215, 222, 341, 417Cortinarius spp. 384Corydalis stricta 269Corynanthe yohimbe 280, 376Corynebacterium diphteriae 347Costus speciosus 212Cotogna 34Cotone 3Crataegus

laevigata 253, 421monogyna 253, 418, 421oxyacantha 253, 421

Crescione 79, 207, 427Cricetus griseus 378Crisofanolo 194, 199, 201, 203, 351Crocus sativus 175, 376, 388, 421Crotalaria spp. 379Croton spp. 152, 344, 380, 421Cucurbita pepo 421Cucurbitaceae spp. 14, 313Cucurbitacine 313, 357, 376Cumarina 111, 219, 243-245, 270Cumarine 243Cumino dei prati 164Cuminum cyminum 389, 421Cupressaceae 80, 152, 429Cura bulgara 295Curarea spp. 272Curaro 4, 272, 380Curbitacina 14Curculigoside 345Curcuma 80, 176Curcuma spp. 178

478 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 479

Curcuminoidi 176, 178, 314Curzarene 167Cuscoigrina 299, 349Cyamopsis tetragonolobus 119Cyclea peltata 313Cymbopogon winterianus 376, 421Cynara scolymus 251, 418, 421Cynips

galla 258lignicola 259

Cynoglossum officinale 376, 379Cytisus scoparius 376

DDactylopius coccus 427Daidzeina 53, 364Daidzina 364Dashensu 371-372Datura spp. 22, 24, 44, 53, 293, 295-296, 387-

388Daucus carota 173, 344Decotti 66, 67Derris spp. 248, 353, 38010-Desacetilbaccatina III 15Destrano 113-114Destrina 111, 301Diabete 132, 198, 219, 221, 223, 257, 281, 286,

314, 386, 413Diazepam 317, 319Dictamus dasycarpus 370Dicumarolo 243-244Digitale 12, 18, 20, 44, 107, 234, 236, 376, 385, 432Digitalici 21, 107, 215, 237, 411Digitalina 4, 11, 53, 237Digitalis spp. 376Digitossina 65, 237Digossina 53, 234, 237, 369Diidroergotamina 283Diidroergotossina 283, 285Diidrokavaina 250Diidrometisticina 250Dioscorea 14, 47, 212Dioscorea spp. 211Diosgenina 14, 50, 211, 219, 435Diosmina 184, 248Diospyros

multiflora 380Dipendenza

fisica 250, 317-319, 327, 333psicologica 317, 319, 327

Diplolepsisgallae 258tinctoria 258

Diterpeni 151

Dithyrea wislizenii 356Dopamina 179, 205, 265, 284-285, 299, 326-328,

364, 370α-idrossilasi 321

Dorema ammoniacum 127Dosaggio biologico 43Droga 3

non organizzata 4organizzata 41

Drogato 3Drosera 421, 427Drosera rotundifolia 421, 427Dryopteris filix-mas 376Duboisia 294, 353Duboisia

myoporoides 20, 293

EEchinacea 345, 418Echinacea

angustifolia 52, 344, 421pallida 344, 421purpurea 344, 421

Echinacoside 345Echinocereus spp. 326Echinospora koreensis 356Echium planytagineum 421Ecogenina 14, 212Ecstasy 323, 332Eczema atopico 131Edera 212, 220, 376Ederasaponine 220Efedrina 11, 53, 263, 265, 267Elephantopus elatus 313Elettaria cardamomum 165, 421Eleuterococco 212, 223, 350, 418Eleutherococcus senticosus 211, 221, 421Elleboro 239-241Ellipticina 313Emblica officinalis 344, 388Emetina 53, 65, 264, 274-275, 313, 345Emipedium alpinum 344Emodina 199, 203Emostasi 399, 401Encefaline 373, 390, 394Endorfine 179, 390, 394Enoliti 66, 78Enzimi 147EPA 137, 139Ephedra spp. 53, 267, 386Epigallocatechina 302, 314Epilachna varivestis 356Epithelantha micromeris 326Equiseto 78

Equisetum arvense 421Erba 34Erbari cinesi 5Ergina 328, 330Ergobasina 284Ergocriptina 284Ergocristina 43, 284Ergometrina 15, 43, 53, 283Ergonina 284Ergonovina 284, 328, 370Ergot 263, 282, 325, 328Ergotamina 53, 264, 279, 283Ergotossina 53, 284Erica cinerea 135Eritropoietina 403Erythraea centarium 426Erythroxylum

coca 298truxillense 298

Escherichia coli 36, 44Escina 214Esculetina 243, 376Eserina 280Esperidina 225, 247Essenze (vedi oli essenziali)Essiccazione 34, 49, 60, 88, 95, 301Estragolo 152, 156, 378, 380Estratti 260

di aglio invecchiato (AGE) 349di fegato di mammifero 397di ipofisi posteriore 397fluidi 69glicolici 66molli 74, 87secchi 74

Etoposide 14, 246, 310, 315Eucalipto 162

essenza di 163Eucaliptolo 162Eucalyptus 248, 376

globulus 162, 421Euforbio 266Eugenia caryophyllata 386Eugenolo 111, 152, 167, 214, 224, 258, 314Eupatoria spp. 379, 392, 420Eupatorium cannabinum 344Eupatorium spp. 344Euphorbia spp. 266, 344, 376, 381Exogonium purga 428

FFabiana imbricata 357Fagara 313

Fagiolo 50, 207Fagopyrum spp. 248, 344Fagus sylvatica 392Farfara 34, 377, 379, 428Farmaco 3

fisiologico 430non fisiologico 430

Farmacodipendenza 277, 319FasciolaFava 244, 280, 376, 382

del Calabar 280di Tonka 244, 376

Ferula 388, 421Fibre 119, 125, 413, 414Ficina 148Ficus spp. 148, 245, 421Fieno greco 218, 314Filipendula ulmaria 227, 421Finocchio 156Fiori di Bach 385, 391Fisostigmina 279, 321, 384Flashback 318, 324, 327Flavonoidi 17, 246Foeniculum vulgare 48, 155, 165, 389, 421Foglie 27Forme farmaceutiche 60Forskolina 52, 152Forsythia koreana 344Frammenti peptidici 399Frangola 65, 76, 198, 203Frangula-emodina 204Frangulina 204Frangula alnus 203Frassino 22, 310Fraxinellone 370Fraxinus spp. 112, 421Frumento 114, 375Fuco 78Fucus spp. 124, 421Fumaria 421Fumaria officinalis 421Funghi 382Furanoendesma-1,3-diene 167

GGadus callarias 132Galanga 357, 389, 420, 428Galangina 111, 248, 428Galanthus nivalis 358Galax aphylla 344Galega 418, 428Galega officinalis 428Galeopsis segetum 421

480 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 481

Galerica 383Galium trifolium 244Galle 257Aleppo (di) 258

cinese 258giapponese 258

Ganja 333Ganoderma 350Ganoderma lucidum 344, 350, 386Garcinia 428Garcinia spp. 166Gaulterina 194Gaultheria procumbens 277, 376Gel

di idrossido di alluminio 408di aloe 197

Gelidium spp. 123Gentiana lutea 22, 172, 378, 421Genziana 73, 172Geranium spp. 344Gialappa 193, 376, 428, 434Giberelline 23Gimnema 428Ginepro 5, 79, 153, 377, 429Ginestra 376Gingeroli 176-177Ginkgetina 183Ginkgo 182-183Ginkgo biloba 182, 375,Ginkgolidi 183Ginocardina 206, 253Ginseng 221, 350, 367Ginsenosidi 193, 211, 222, 350Girasole 10, 21, 50, 138Giusquiamo 4, 12, 41, 65, 78, 293Glaucina 270Glaucium flavum 270Glicirrizina 19, 71, 193, 211, 214Glicosidi 193

alcolici 193, 348, 432aldeidici 193, 224antrachinonici 107, 194, 199, 251cardioattivi 11, 107, 193, 202, 233, 240, 376cianogenici 17, 205difenolici 225digitalici 21, 107, 237fenolici 225saponinici 187, 193, 211solforati 193

Gloriosa superba 376Glucofrangulina A e B 204Glycine spp. 130, 212, 344Glycyrrhiza 211

glabra var. typica 213

glabra var. glandulifera 213glabra var. violacea 213

Gomma 116-119, 167, 350, 421, 428adragante 41, 117arabica 116carrubba 118guar 119karaya 118

Gommalacca 167Gommo-resine 166Gossypium spp. 152Gossipolo 152Gramigna 429Grifolia frondosa 350Grindelia spp. 376Guaiaco 4, 429Guajacum officinale 429Guaranà 300, 303Guarea rusby ????Guatteria spruceana 344Gymnema sylvestre 344, 389, 428Gyromitra esculenta 383

HHamamelis virginiana 19, 257, 422Haplophyton spp. 353Harpagophytum procumbens 170, 422Hashish 3, 41, 333Hedeoma pulegioides 376Hedera helix 211, 220, 376, 422Hedysarum polybotrys 344Helleborus niger 233, 240Helicobacter pylori 154, 210, 408Heliothis spp. 356Helvella crispa 384Herniaria glabra 422Herpestis monniera 344Heyderi spp. 326Hibiscus subdariffa 422, 429Hippocastanaceae 215, 244Hirudo medicinalis 403Homalanthus mutans 152Houstonia purpurea 344Humulus lupulus 259, 422Hybiscus sabdariffa 422, 429Hydrastis canadensis 268Hydrocotyle asiatica 217Hyosciamus

albus 293aureus 293niger 293

Hypericum perforatum 47, 53, 204, 376, 422Hypoxis spp. 313Hyssopus officinalis 184, 422

IIberis amara 357Ibogaina 366Idraste 65, 258, 268Idrastina 269Idrolati 61, 67, 825-Idrossitriptamina 321, 325, 401Ilex

aquifolium 376, 392paraguarienis 300, 302, 422

Illiaceae 156Illicium

anisatum 378, 380verum 156, 165, 380, 388, 422

Illudine 313Immunomodulatori 314, 341, 433, 435Immunosoppressori 341Indigofera tinctoria 53Indirubina 313Infezioni respiratorie 154, 347, 350Infusi 66-67, 69, 83-84, 151, 159, 215, 272, 324,

350, 373, 432Inocybe spp. 383Insetti-piante interazioni 354Insetticidi 353Insufficienza cardiaca 234, 415Insufficienza venosa cronica 216-218, 254, 256Integratori alimentari 413Iosciamina 20, 53, 65, 263, 293Ipecacuana 73, 273Ipecacuanina 274Iperforina 205, 363Ipericina 204Iperico 204, 363Ipomea spp. 263, 376, 428Ippocastano 65, 212, 215Iridoidi 168Irinotecano 312, 315Iris spp. 225Irsutina 372Isatis indigotica 313Isotiocianato di allile 208Isovitexina 252Issopo 184, 426Iuglone 19, 22, 431

JJaborandi 289Jacaranda rhombifolia 344Janaica arayalpathra 344Jatropha podagrica 371Jatrorrhiza

palmata 427Jesaconitina 380

Juglans regia 392, 422, 431Juniperus communis 377, 422, 429

KKabak 333Kaempferia

galanga 357pandurata 357

Kaempferolo 142, 171, 182, 216, 218, 256, 258,277, 294, 435

Kalanchoe blossfeldiana 134Kamala 107Katal 147Kava 248, 250Kavaina 250Kavapironi 250Kellina 248Ketamina 321, 331Khat 266Kief o Kif 333Krameria triandra 432Kudzu 364Kutkina 350Kutkoside 350

LLabiatae 161, 163, 338, 355, 365, 430Lactarius 266, 382Laetipurus sulphureus 344Laminaceae 33, 244Laminaria 112, 124Laminariaceae 124Lamium album 422Lampone 34Lanolina 132Lanosterolo 133Lapacolo 14Lardo 132, 139Larix decidua 392Latice 4, 148, 275, 381Laudanina 277Laudanosina 277Lauro 80Lauroceraso 80, 82, 206-207, 377Laurus nobilis 153, 377Lavanda 159Lavandula

angustifolia 159latifolia 20officinalis 20, 22, 47-48, 422

Lecitina 131Lectine 145, 180Legislazione piante medicinali 91

482 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 483

Lentinula edodes 344, 350Leonurus cardiaca 422Lepidotteri 357Lepiota spp. 382Lichene islandico 68Licilia cuprina 358Licopodio 107Lignani 180, 245Lignina 125, 224Ligusticum wallichii 371, 386Limone 247

essenza di 410Linamarina 206-207, 377Lincomicina 411Lino 119Linum usitatissimum 119, 131Lipidi 118, 127, 137Liquirizia 211, 350Lobelia 76, 292Lobelia inflata 292Lobelina 290, 292Lochnera rosea 286Loperamide 279Lophophora williamsii 267, 324LSD 317, 324, 327Lupino 22, 263Luppolo 259Lupulone 259Lycium barbarum 344Lymantria dispar 355

MMacerati glicerici 67, 79Macrocystis pyrifera 124Madecassoside 211, 218Maggiorana 430Magnoliophyta 356Mais 15, 114, 131, 139, 358Maitake 350Majorana hortensis 48, 422Malattia iatrogena 11Malva 65, 430Malva sylvestris 422, 430Mammillaria spp. 325Mandorla amara 19, 129, 207Mandragora 5, 294Mandragora officinalis 293Manihot esculenta 207, 377Manna 8, 22, 112Mappia foetida 312Marijuana 318, 333Marrubium vulgare 422Marsdenia condurango 422, 427Mastalgia 131

Matè 300, 302Matricaria

chamomilla 21, 47, 157recutita 47, 157

Matricina 158Maytenus spp. 313Medicago sativa 377Medicina

alternativa 385ayurvedica 388complementare 385istintiva 4tradizionale cinese 166, 188, 367, 386

Melaleuca viridiflora 431Melassa 83, 111Melia azedarach 355Meliaceae 350, 355Melissa 68, 160, 426Melissa officinalis 160, 422Meliloto 78, 217Melilotus spp. 244, 422Menta 19, 68, 153, 161Mentha spp. 22, 161Mentone 152, 161, 166Mentuccia 376Mentzelia cordifolia 422Menyanthes trifoliata 422, 435Mescalina 3, 265, 267, 317, 320, 323, 330, 333Metabolismo

primario 17secondario 17

Metaboliti 17Metadone 279Metarhyzium 358Metilergometrina 15, 284Metilergotamina 283Metisergide 15, 284Metisticina 250Micotossine 44, 152Micropropagazione 50, 54Miele 110

rosato 111Miltirone 152, 366Mimosa 320Mimosa hostilis 328Miristicina 155, 321, 323Mirra 76Mirtillo 76, 254Mirto 228, 255, 431Mondatura 4, 34Monosaccaridi 109, 116Monoterpeni 151, 159Morchella esculenta 382More 34, 83, 314

Morfina 11, 19, 276Morning glory (vedi Ipomoea)Morus alba 344, 387Mostarda 208Mucillagini 19, 21, 115Mughetto (vedi Convallaria)Muscarina 321, 323, 383-384Myristica fragrans 324, 377, 422Myroxylon

balsamum 168pereirae 168toluiferum

Myrtus communis 431

NNabilone 335Naftochinoni 19, 22, 427Naftodiantroni 204Nasturtium officinale 427Nauclea latifolia 406Neem tree 355Nematodi 358Nerium oleander 233, 240, 377Neuropatia diabetica 132, 266Niaouli 82, 155, 431Nicotiana tabacum 291, 344Nicotina 11, 263, 290, 353Nilaparvata lugens 358Nocardia rubra 344Noce

d’areca 8di betel 18, 290moscata 3, 8, 154, 290, 321, 324, 377vomica 76, 281

Noci di galla 259Noratriolo 373N-8-norfisostigmina 280Nyctanthes arbor-tristis 344

OObregonia denrii 326Ochrosia elliptica 313Ocimum spp. 344, 355, 389Ocotea cymbarum 380Ocratossina 44Oenothera spp. 21, 131Olea europaea 129Oleandrina 240Oleandro 239, 377Oleoliti 61, 66, 78Oleo-gommo-resine 166Oleo-resine 166Oleum sinapis 208

Oleuropeina 129, 173Oligosaccaridi 109, 112Oli 435Oli essenziali 19, 151Olivo 129, 173, 240, 418Olmaria 78Ololiuqui 321, 330Omatropina 263Omeopatia 390, 433Omoarringtonina 313, 315Ononide 431Ononis spinosa 422, 431Ophiopogon japonicus 344, 386Opoterapici 397Oppiacei 167, 250, 277, 334, 416Oppio 18, 19, 275

crocato 278grezzo 319

Opunzia 418Organoterapici 397Orgoteina 374Origanum majorana 338, 430Ormoni 14, 397Ortosiphon stamineus 422Ortica 78, 142, 180Oryza sativa 115Ossazepram 317Ossigenoterapia 384OTC 13, 101, 267, 408, 414Ouabaina 19, 238Oxyuyanus S. scutellatus 373

PPachycereus aboriginum 326Paclitaxel 309, 311Paeonia spp. 344, 373, 386Panax

ginseng 47, 211, 221, 387, 422notoginseng 371, 387pseudoginseng 221quinquefolium 221

Pangium edule 380Papaina 148Papaver

bracteatum 49rhoeas 422, 432somniferum 19, 22, 47, 275

Papaveraccio 36Papaverina 14, 276Papavero 5, 8, 34, 275

da oppio 21, 48Pappa reale 110, 112Partenio 377

484 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 485

Parthenium integrifolium 347Partenolide 187-188Parthenocissus spp. 377Passiflora 78, 252Passiflora incarnata 252, 422Patillus involutus 384Paullinia spp. 300, 303Pausinystalia yohimbe 280Pectine 70, 109, 122, 124Peganum harmala 331Pelecyphora aselliformis 325-326Pelletierina 264, 290, 430Peltatine 246Penicillamina 393Penicillina 21, 347, 398, 431Penicillium crysogenum 21Pentosani 118Peonia 188Peonia spp. 188Peonolo 373Pepe nero 166, 266Peperoncino 174, 265, 314Pepsina 214, 408Peridroma saucia 358Peripentadenia spp. 293Pervinca 309Pesticidi 15, 39, 44, 52, 61, 77, 85, 102, 353, 358,

378, 387Petasites 379Petroselinum spp. 157, 388, 422Peucedanum praeruptorin 372Peumus boldus 269-270, 422Peyote 3, 267, 317, 324Pharbitis nil 134Phaseolus spp. 145, 207, 422Phellinus linteus 344Phellodendron amurense 344Phoradendron flavescens 377Phyllanthus acuminatus 313Physostigma venenosum 280Phytolacca dodecandra 381Piantaggine 68, 121, 432Picrasma excelsa 353Picroliv 350Picrorrhiza kurroa 344, 350Picrorriza 350Picrorrizina 350Pieris rapae 358Pillole 118, 180, 389, 411Pilocarpina 53, 263, 290Pilocarpus spp. 53, 289Pilosina 290Pimenta racemosa 152Pimpinella anisum 48, 156, 378, 389, 422

Pinellia ternata 344, 386Pino 111, 146, 153, 224, 347, 418Pinus spp. 344, 392, 418, 422Piperidina 264Piperina 266, 290Piper

betle 290methysticum 250nigrum 266, 422

Piptadenia peregrina 320, 328, 330Piretrine 21, 151Piretro 248, 353

di Dalmazia 21Plantago spp. 121, 422, 432Plasmide 50-51Plectranthus 355Podofillina 246Podofillo 245, 310, 377Podofillotossine 246, 309Podophyllum spp. 14, 53, 245, 310, 377Polidrossialcaloidi 356Poligala 74, 83, 211, 219, 222Poligonum 350Polline 112Polygala spp. 219, 344, 387Polygonatum sibiricum 344Polygonum spp. 256, 313, 344, 351, 386Polyporus spp. 344, 425Polystictus versicolor 344Populus spp. 226, 392Poria cocos 344, 386Porphyra tenora 344Potentilla spp. 344, 423Primula 212, 221, 423Primula veris 212, 221, 423Principio attivo 4, 9, 11, 14, 19Procumbide 171Propoli 70, 110, 167, 248Proscillaridina A 239Prostaglandine 127, 131, 133Prostanoidi 135, 141, 209, 214, 218, 244Proteus vulgaris 347Prunasisa 206Pruno

africano 142spinoso 432

Prunusafricana 142amigdalus 207laurocerasus 206, 377

Pseudomonasaeruginosa 36, 44, 154saccharophyla 148

Pseudostellaria heterophylla 344

Psidium guaiava 373Psillio 113, 121, 198Psilocibina 320, 325, 327, 329Psilocybe spp. 321, 329Psoralea corylifolia 244, 377Psoralene 243, 379Psychotria viridis 328Pterocarpus santalinus 423Ptialina 148Ptychopetalum olacoides 423Pueraria 364Pueraria spp. 53, 364, 387Pulegone 183Pulmonaria officinalis 423Punica granatum 423, 430Purpurea glicosidi A e B 237Pygeum africanum 142Pyrola rotundifolia 225

QQuassia amara 353Quassina 353Quercia 215, 259Quercus spp. 258, 392, 423Quillaia 432Quillaja saponaria 211, 344

RRabarbaro 5, 41, 65, 73, 76, 83, 172, 198, 270, 377Rafano 208, 350Raphanus sativus 208, 254, 423Ratania 76, 167, 257, 432Rauvolfia 279, 389Rauvolfia serpentina 24, 279Rehmannia glutinosa 344, 386, 432Reina 53, 194, 196, 199, 201, 351Reserpina 279Resina 20, 76, 167, 246, 258, 270, 310, 333, 420,

422, 425, 429, 434Resiniferatossina 266, 376Resinoidi 199Resveratrolo 256, 314, 418Rhamnaceae 202-203Rhamnus

frangula 203, 423purshiana 202, 423

Rheum spp. 41, 53, 198, 254, 377, 386, 423Rhizopus spp. 148Rhodiola rosea 348Rhododendron 152Rhopalosiphum padi 357Rhus

chinensis 258

javanica 258Ribes 34Ribes spp. nigrum 78, 131Ricina 145, 377Ricino 5, 8, 34, 128, 130, 377Ricinus communis 130, 145, 377Ricophoraceae 378Rincofillina 372Rodioloside 348Rosa canina 392, 433Rosmarino 154, 163, 418Rosmarinus officinalis 163, 389, 418, 423Rosso di china 288Rotenone 53, 248, 353Rubiaceae 17, 41, 244, 263, 272, 279, 285, 301Rubus spp. 423Rudbeckia bicolor 344Rumex 277Rusco 212, 216, 418Ruscus aculeatus 211, 216, 423Russula spp. 382Ruta 214Rutina 142, 204, 220, 247, 256, 414, 426Ryania spp. 353Rynchosia phaseoloides 344

SSabadilla 353Sabadilla officinarum 433Sabal serrulata 141Saccarosio 23, 69, 82, 109, 111, 214, 275Saccharomyces diastaticus 148Saccharopolyspora spinosa 358Saccharum officinale 344Safranale 176Safrolo 151, 258, 376, 380, 434Salice 19, 111, 193, 226Salicilati 19, 226Salicina 193, 226, 435Salix spp. 228Salsapariglia 433Salvia 154, 163, 339, 365Salvia

divinorum 152, 317, 338miltiorrhiza 152, 365, 371, 386officinalis 48, 163, 338, 418, 423

Salvinorina 152, 338Sambuco 181, 433Sambucus nigra 248, 423, 433Sandalo 80Sanguinarina 357Sanicula europaea 423Santalum album 423

486 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 487

Sapium sebiferum 344Sapogenine 211, 219Saponaria 21Saponaria officinalis 423Saponine 211, 216, 218, 236, 249, 258, 314, 345,

349, 357, 371, 376, 428, 432, 434Saponinici 193, 211Sapotossine 213Sarin 321Sarsasapogenina 211Sassafras

albidum 377, 380officinale 434

Sassofrasso 377, 434Scammonea 193, 434Schisandra chinensis 344Schisti alluminosi 407Schleehlendaria sinensis 258Schoenocaulon officinale 353Scilla 6, 33-34, 113, 236-239Scilla maritima 238-239Sciroppo 82

ipecacuana (di) 83, 275, 384morfina (di) 278

Scleroderma aurantium 384Sclerotium clavum 283Sclerozio 282Scoparone 183, 372Scopolamina 20, 293, 321Scopoletina 183, 244, 435Scopolia 294Scopolia spp. 293Scrophulariaceae 236, 432Scutigerale 266Segale cornuta 20, 36, 151, 282, 300Selenostemma argel 344Semi 14, 27, 29Senape 5, 34, 208

bianca 193, 208nera 193, 208

Senecio spp. 377, 379Senegina 211, 220Senna 5, 8, 18-19, 107, 198, 200, 418Sennosidi 19, 199, 201Serenoa 141Serenoa repens 344Serotonina 15, 177, 180, 187, 205, 216, 267, 284,

299, 320, 325, 327, 364, 416Serpentaria 379, 434Serpentaria virginiana 434Sesamum indicum 388, 423Sfacelium segetum 283Shogaoli 177Shiitake 350

Sideritis mugronensis 152Silibina 21, 248Silicati 411Silicristina 249Silidianina 249Silimarina 53, 249, 384, 418Silybum marianum 21, 53, 248Simmondsia chinensis 133Simulium vittatum 357Sinalbina 208Sinapis alba nigra 208Sindrome di astinenza 279, 319, 333Sinigrina 208SIPF 62, 78Smilax spp. 387, 433Soia (proteine di) 131Solanina 356Solanum spp. 14, 21, 49, 115, 211, 293Solasodina 14, 21, 50, 211Solidago 434Solidago virga-aurea 423, 434Sophora spp. 248, 344, 387Sorbo 275Sorbus spp. 375, 423Spagirici 9Sparteina 264Spermaceti 132Spilosoma obliqua 356Spiraea ulmaria 227Spirea 227, 421Spirulina pratensis 344Spodoptera spp. 356Stachys tuberifera 113Staphylococcus

aureus 36, 44, 154, 347Stephania spp. 370, 378Sterculia spp. 118Sterilizzazione 23, 35, 245Stevia rebaudiana 152Stevioside 152Storace 5, 168Stramonio 12, 21, 41, 65, 107, 267, 293Streptomyces

avermitilis 358fumans 358

Stricnina 11, 263, 273, 279, 281, 377Strofantine 238Strofanto 76, 236-238Strombocactus disciformir 325Strophantus spp. 233Strychnos spp. 272, 281, 377Succhi vegetali 78Symphytum spp. 377, 379Syzygium cuminum 423

TTabacco 18, 24, 257, 263, 291, 330, 335Tabebuia spp. 14, 344Tabernanthe 366Tabernanthe iboga 366Tagetae 356Taicatossina 373Talco 82, 411Tamarindo 8Tamarindus indica 388, 423Tanaceto 187Tanacetum parthenium 187, 377Tannini 17, 255, 257Tanshinone IIA 366, 371Tarassaco 78, 226, 377Taraxacum spp. 344, 377, 423Tasso 122, 142, 152, 310, 354, 363, 375, 377Tassoidi 310Tassolo 14-15, 53, 89, 311Taxomyces spp. 311Taxus spp. 14, 52, 310, 377Tè

verde 301, 314, 418nero 301scuro 301

Tearubigina 302Tebaina 49, 277Tempo balsamico 33, 39, 77Teniposide 246, 310, 315Teobromina 300, 302Teofillina 175, 300, 302, 411Tephrosia vogelii 53Teriaca 6Termalismo 385, 394Tetragonum 174, 265Δ9 –Tetraidrocannabinolo 333Tetrandrina 370Teucrium spp. 377Thalictrum dasycarpum 313Thea sinensis 301Theobroma spp. 132, 300, 304, 423Thermopsis 377Thevetia peruviana 377Thuja occidentalis 344, 351Thymus

serpyllum 423vulgaris 152, 338, 388, 423

Thynchosia minima 53Tiglio 82, 434Tilia spp. 423, 434Timo 21, 68, 152, 154Timolo 152, 154, 164, 186, 356Tinospora 344, 349, 388, 435Tinospora cordifolia 344, 349, 388, 435

Tisane 68, 83Tlitliltzin 330Topotecano 312, 315Tossicodipendenza 319Tremelia fuciformis 344Triaca (vedi teriaca)Trichilia roka 356Trichocereus spp. 267, 325Tricholoma 382Trichosanthes kirilowii 344, 387Triesifenidile 295Trifoglio 435Trifolium pratense 244Trigonella foenum graecum 211, 218, 389, 423Trigonellina 219, 238, 301, 429Tripterygium wilfordii 313, 344, 377, 386Triptofano 18, 208, 273, 279, 286, 320, 330, 415Triticum spp. 115Tuber spp. 382D-Tubocurarina 14, 263, 273Tuia 345, 350-351Tujone 152, 155, 164, 183Turbinicarpus pseudomacrochele 326Turbina (Rivea) corymbosa 330Turnera diffusa 423Tussilago 21, 377, 379, 428Tussilago farfara 377, 379, 428Tylophora spp. 313, 356, 388

UUlva lactuca 344Umulone 259Uncaria 285Uncaria spp. 372Uncaria tomentosa 285, 344Unguenti 8, 132, 155, 163, 168, 197, 409Uragoga ipecacuanha 41Urginea spp. 233, 238Urtica spp. 180, 423Usnea barbata 423Uva ursina 19, 107, 194, 225, 255, 260

VVaccinium myrtillus 254Valepotriati 22, 52, 169Valeriana 21, 41, 52, 65, 68, 76, 78, 82, 169, 253,

260, 435Valeriana

officinalis 22, 52, 169, 424sylvestris 169

Valerianina 170Vaniglia 111, 166, 168, 224Vanilla spp. 224, 424

488 Farmacognosia • Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali

Indice analitico 489

Vanillina 111, 168, 224Vanilloidi 175, 266Varroa jacobsoni 356Vaselina 246, 412Veleno 3, 6, 233, 237, 248, 272, 279, 282, 292,

330, 334, 373Veratro 4, 377, 380Veratrum album 377Verbasco 36, 78, 435Verbascum spp. 424, 435Verbena officinalis 392, 424Veronica officinalis 424Verticillium 19, 358Viburno 258, 435Viburnum spp. 435Vicia faba 148Vinblastina 14, 52, 279, 286, 309Vinca 15, 286, 309, 313Vinca spp. 14, 53, 286, 309Vincristina 14, 52, 286, 309, 315, 345Vinum 167Viola 424, 435Viola spp. 424, 435Virola spp. 272, 328Virus 50, 245, 263, 341, 346, 351, 401, 412Viscum album 47, 145, 344, 377Vischio

bianco 145abete (dell’) 146pino (del) 146quercino 146

Vite 220, 254, 329Vitex agnus-castus 178, 424Vitexina 252Vitis vinifera 255, 392, 418

WWithania 349Withania somnifera 344, 388

XXanthosoma spp. 377Xantine 302, 411

YYangonina 250Yohimbe 280, 376Yohimbina 280, 376Yopo 328, 330

ZZafferano 3, 36, 42, 166, 174, 278, 376Zantedeschia spp. 377Zanthoxylum spp. 248, 313Zea mays 115, 131, 344Zedoaria 357, 436Zenzero 80, 176-177, 266, 428Zexbrevina 345Zingiber 176

officinale 176, 266, 344, 388, 424Zizyphus jujuba 344Zucca 34, 142, 272, 303


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