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ENOGASTRONOMIA: CIBO E LETTERATURA, RICETTE LOCALI E PIATTI TIPICI DEL PASSATO. CLASSE 2^Al. Liceo linguistico I.I.S. G.Cossali orzinuovi.

Ricette locali e tipiche del passato

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Page 1: Ricette locali e tipiche del passato

ENOGASTRONOMIA: CIBO E LETTERATURA, RICETTE LOCALI E PIATTI TIPICI DEL PASSATO.CLASSE 2^Al. Liceo linguistico I.I.S. G.Cossali

orzinuovi.

Page 2: Ricette locali e tipiche del passato

FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

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LA CUCINA BRESCIANA FRA ARTE E LETTERATURA

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• Brescia in tavola (elementi di curiosità e/o continuità: la tradizione/ le abitudini dei nostri giovani; la panada, la faraona, lo stracotto di cavallo, la cotognata, la rosolada,e biline cotte). Ricette delle terre di confine. La storia, le curiosità e le ricette delle Basse Bresciane…a cura del Bresciaoggi.

• Brescia in tavola (elementi di curiosità e/o continuità: la tradizione/ le abitudini dei nostri giovani; confronti/riscontri con quanto sopra: anatra ripiena di castagne e prugne, galline o capponi lessi e ripieni, stufato di cavallo, pollo con chiodini e polenta) C. BORONI – A. BOSSINI, La cucina bresciana fra arte e letteratura – le ricette- , Ed. Vannini, 2000.

A CURA DI: SONIA FAPPANI, CAMILLA PLATTO, GIANMARCO MARINI

BIBLIOGRAFIA:

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ANATRA RIPIENA DI CASTAGNE E PRUGNE

Ingredienti per 6 persone:• Un’anatra di un kg circa• 200 gr di castagne• 100 gr di prugne secche• 100 gr di burro• Salvia, rosmarino, aglio, sale

Pulire accuratamente l’anatra, svuotarla dalle interiora, fiammeggiarla e lavarla sotto un getto di acqua fredda. Asciugarla, salarla sia all’interno che all’esterno. Arrostire le castagne e, dopo averle sbucciate, introdurle insieme alle prugne e ad una grossa noce di burro nel ventre dell’anatra, cucire bene con del robusto filo bianco; adagiare in una pirofila insieme agli aromi e al restante burro e metterla in forno già caldo alla temperatura di 200°, cuocerla per circa un’ora e mezzo, avendo cura, di quando in quando, di versare l’intingolo sull’anatra e di rigirarla in modo che colorisca uniformemente.

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GALLINA O CAPPONE LESSI RIPIENIIngredienti per 6 persone:• Una gallina o un cappone• 800 gr di costato di manzo • Una carota• Una cipolla• 2 o 3 coste di sedano• 1 ciuffetto di prezzemolo• 3 patate• Sale o 2 cubetti di dado di carne

Per il ripieno:• 250 gr di pane grattugiato• 200 gr di Parmigiano grattugiato• 1 uovo• 1 cucchiaino di spezie macinate miste• 1 cucchiaio d’aglio e prezzemolo tritati• 2 o 3 amaretti• 50 gr di burro

In una terrina mettere il pane grattugiato e il Parmigiano, gli amaretti sbriciolati, fare un buco centrale nel quale mettere il battuto di prezzemolo e aglio. Fare fondere il burro e quando è nocciola versarlo nel buco, rompervi l’uovo e cospargerlo di spezie. Amalgamare tutti gli ingredienti e se l’impasto risultasse un po’ duro ammorbidirlo con del brodo o con dell’acqua. Precedentemente preparare la gallina o il cappone togliendo loro le interiora, le zampe, la testa, lavandoli molto bene e lasciandoli sgocciolare. Salare internamente e introdurre il ripieno, badando che non sia troppo. Ricomporlo cucendolo con del filo da cucina e accomodarlo in una pentola insieme alle verdure, al manzo, al sale o ai dadi e ricoprire tutto d’acqua. Far bollire adagio per 2 ore, punzecchiare dopo circa un’ora e mezza le cosce della gallina. Estrarla dal brodo con cautela, lasciarla raffreddare per 15 minuti, poi aprirla facendo due metà.

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POLLO CON CHIODINI E POLENTAIngredienti per 4 persone:• Un pollo novello fatto a pezzi• 500 gr di funghi chiodini• 2 cipolle• 100 gr di burro• 2 cucchiai da tavola di

conserva di pomodoro• 1 ciuffo di prezzemolo• Sale e pepe

Per la polenta:• 1/2 kg di farina gialla• 2 lt di acqua• 1 cucchiaio di sale grosso

Tritare la cipolla e farla soffriggere in un tegame nel burro, poi fare rosolare lo spezzatino di pollo, quindi unire i funghi, salare e pepare. Lasciare che i funghi cedano la loro acqua e far restringere un poco l’intingolo, che si allungherà con mezzo bicchiere di acqua calda nella quale si stempererà la conserva. Continuare la preparazione a fuoco lento e a tegame incoperchiato. Nel frattempo preparare la polenta che dovrà cuocere per 45 minuti e che si verserà in una teglia da forno imburrata, livellandola. Quando lo spezzatino sarà giunto a metà cottura dopo mezz’oretta, aromatizzarlo con il trito di prezzemolo. Dopo un’altra mezz’ora versare lo spezzatino con il sugo di chiodini sulla polenta e infornare a 200° per qualche minuto.

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STUFATO DI CAVALLOIngredienti per 8-10 persone:• 2 kg di sotto spalla di cavallo intero• Un kg di cipolle bianche• 2 litri di vino rosso• 100 gr di burro• 2 dl d’olio d’oliva• Sale, pepe, noce moscata• Un pizzico di spezie miste

Battere la carne con un mattarello di legno per intenerirla, quindi metterla in una terrina e ricoprirla con il vino e le cipolle affettate lasciandola in infusione per 4 ore. In un tegame dai bordi alti far sciogliere il burro e l’olio e appassirvi le cipolle, senza far loro prendere troppo colore, e disporvi la carne che sarà salata e aromatizzata con le spezie e il pepe, facendola rosolare, poi aggiungere il vino, incoperchiare e cuocere a fuoco lento per 3 ore. Alla fine passare al setaccio le cipolle e affettare la carne disponendola in un piatto di portata caldo ed accompagnarla con la polenta morbida

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LA PANADA O MINESTRA DI PANE RAFFERMO

Ingredienti per 4 persone:•400 gr di pane raffermo•Lardo•1 noce di burro•Poche foglie di salvia•1 ½ lt di brodo di carne

Va preparato un buon brodo di carne, messo a bollire a parte. Intanto, in una pentola andrà messo il pane, fatto a pezzetti, un battuto di lardo, burro e una crosta di formaggio ben pulita. Assieme a questa base non mancheranno salvia e sale. Coprire tutto con il brodo bollente e proseguire la cottura a fiamma bassa per circa 60 minuti. La minestra ottenuta va servita bollente, dividendo con equità la crosta di formaggio

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LA FARAONA ALLA BRESCIANAIngredienti per 4 persone:• Una faraone ruspante di circa 1 kg• Un bicchiere di vino rosso• Olio extravergine• Brodo di carne• 50 gr di pangrattato• 50 gr di grana grattugiato• rosmarino, burro, sale, pepe

Prendere 80 gr di burro, aggiungere il grana padano grattugiato e il pangrattato, un poco di noce moscata, giusto una spolverata e un uovo per legare il tutto. A questo punto il ripieno andrà ancora cotto, per qualche minuto, poi tolto dalla fiamma e lavorato. Infine messo da parte. Inserirlo così nella faraona ( pulita e lavata). Cucire con cura la faraona, con un filo da cucina, infine adagiarla in una teglia leggermente unta con olio. Qualche rametto di rosmarino e dei fiocchetti di burro completeranno la preparazione. In forno la faraona cuocerà per un paio d’ore a 180° irrorata, quando necessario, con una spruzzata di vino e un cucchiaio di brodo. Le patate al forno sono un contorno classico per la faraona, da abbinare a una buona bottiglia di rosso.

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LA COTOGNATAIngredienti:• Mele cotogne• Zucchero • Polpa di un limone• Scorze di arancia

Molte sono le interpretazioni della cotognata e pure le imitazioni, ma possiamo evidenziare una delle possibili base di lavorazione: le mele devono essere cotte a vapore e poi pulite con cura, eliminando torsolo e buccia. Successivamente queste verranno trasformate in una sorta di pasta morbida che dovrà riposare in contenitori di rame. Il dosaggio di zucchero e arance candite completerà la procedura.

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LA RESUMADA O ROSOLADA

Ingredienti per porzione:• 1 uovo• 2 cucchiai di zucchero• Un bicchierino di marsala secco o mezza tazzina di

caffè

È un antico rimedio delle nonne per improvvisi cali di zuccheri, debolezza, recupero post influenzale. Si prepara così: montare a neve il bianco di un uovo, poi aggiungerlo al suo tuorlo con un paio di cucchiai di zucchero. Incorporare un bicchierino da marsala( o un poco di caffè).

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LE BILINE COTTEIngredienti per 4 persone.• 300 gr di castagne secche• ½ litro di latte• ½ litro di acqua• Cannella• Sale

Rivenire in acqua le castagne, fino a quando non sarà possibile togliere ogni traccia della buccia più scura. Poi, una volta scolate, verranno fatte cuocere in acqua e latte, portate a bollore in identiche proporzioni. Aggiungere al brodo di cottura un po’ di sale e una spolverata di cannella. C’è chi ama anche unire tre, quattro pugni di riso. A nostro avviso è meglio gustare le biline nella maniera più semplice. E accompagnarle con un buon rosso.

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FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

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LA BASSA, STORIA ALIMENTARE

In ‘’la cucina bresciana tra arte e letteratura. Le ricette di C. Boroni – A. Bassini, ed Vannini’’

Gussago, BS, 2000, pag. 135-138

Lavoro a cura di:Bertocchi Cristina, Magli

Anita e Zatti Rebecca

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La BassaBruna e fumigante dai solchi profondi dell’aratro nelle giornate ottobrine, oppressa

dalla calura di un sole greve in estate, grigia e persa per molto più che una

stagione tra le spire della nebbia è la Bassa Bresciana, propaggine settentrionale di

quella pianura fertile dell ‘humus ricco del Po e per l ‘accanito lavoro dei contadini.

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E’ dall’aspetto del territorio e dei

suoi prodotti che la cucina trae

elementi e sviluppa la sua vena

creatrice, perciò parlando di Bassa

Bresciana sotto il profilo

gastronomico è gioco forza pensare

alle distese dei campi di granturco,

quindi alla polenta che ha costituito

per secoli uno dei pochi alimenti

della popolazione contadina,

fiaccata per questo dalla pellagra.

La polenta, che in questi territori si

presenta prevalentemente dura, da

tagliare col filo legato al tagliere,

accompagna, oggi che la miseria

almeno qui non è più di casa, piatti di

vario genere, soprattutto a base di

carne.

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Un tempo, fino a cinquant’anni fa, la farina di granturco

costituiva merce di scambio coi ‘’ montagnì’’ che passavano

per le campagne coi carri colmi di castagne proponendole in

baratto. Nelle operose masserie, che in questi luoghi

colpiscono per le loro dimensioni, tanto che in alcuni casi

comprendono una chiesetta, vengono allevati da sempre

numerosi animali da cortile: galline, oche, tacchini, anatre,

faraone, conigli, destinati ad assumere l’aspetto di invitanti

preparazioni cucinarie.Le stalle, nelle quali si riunivano

d’inverno le famiglie intere di contadini, costituivano l’unico

luogo caldo della fattoria, ad eccezione della cucina; il

tepore era fornito dai corpi di mucche, buoi, vitelli e cavalli,

allevati principalmente per sostenere il lavoro nei campi e

non per la macellazione domestica. Solo i vitelli erano

destinati ad essere venduti nei vari mercati, tra cui

famosissimo quello di Montichiari. Il latte prodotto, un tempo

come ora, si utilizza per farne formaggi.

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All’esterno delle masserie venivano tenuti gli orti, nei quali si coltivavano erbe comuni a tutto il Bresciano, e che caratterizzavano le zuppe, piatto base dell’alimentazione contadina.

La sopa dei morcc = porzione gratuita di zuppa, servita la sera della ricorrenza dei defunti nelle osterie (della zona di Montichiari.)

Una pietra miliare su cui si basa la cucina di questa vasta zona del Bresciano è l’allevamento del maiale, entrato nell’abitudine di ogni famiglia contadina sin dall’epoca di Carlo Magno, intorno all’800 d.C. Il maiale, come risaputo, si utilizza in toto: le sue carni, trattate dai cosiddetti masadur, vengono insaccate e trasformate in prelibatezze, soprattutto salami, tra cui il famoso os de stomec, salsicce, coppe, pancette, cotechini. Fiesse è rinomata per i suoi insaccati, e ogni anno qui si rinnova la Sagra del Pursel, dove i maestri di quest’arte lavorano in pubblico. Tipica di queste parti è la preparazione del brozadel, salame che nelle sere d’inverno veniva avvolto in carta da zucchero imbevuta d’olio e poi fatto cuocere sotto la brace.

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A lavoro di insaccatura ultimato, tutti gli scarti

vengono messi in una capace pignatta e fatti

cuocere a fuoco lento. In tal modo le parti magre

divengono croccanti (= cicioi o grepole)

separandosi dal grasso, che una volta raffreddato

costituirà il condimento e la base comune a tutti i

piatti della cucina popolare locale: lo strutto.

Risulta chiaro, guardando l’ubicazione geografica di questi territori, che l’uso

dell’olio non poteva essere intrinseco, poiché i laghi sulle cui rive cresce l’ulivo

non ne fanno parte, ed il burro non era contemplato come derivato della

lavorazione del latte, che veniva utilizzato interamente per produrre formaggi

soprattutto a pasta molle.

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La caccia La caccia costituiva uno dei grandi proventi di proteine per la popolazione, soprattutto

quella che non poteva permettersi l’allevamento del maiale e degli altri animali da

cortile.

Nella pianura, quando ancora esistevano vaste zone boschive, veniva cacciato il

cinghiale; oggi questo è solo un dato storico. La zona offriva abbondanza di lepri,

quaglie, fagiani, allodole, pernici grigie, passeri e stornelli, oltre alle numerose qualità

‘’dal becco gentile’’, delizia degli appassionati dello spiedo, catturati un tempo non solo

col fucile, che si potevano permettere i signori, ma con l’uso di metodi fantasiosi come

reti, archetti, vischio.

Page 22: Ricette locali e tipiche del passato

Oggi che la caccia è uno sport e non è più una necessità

alimentare, è sempre più raro ritrovare sulla tavola questa

selvaggina sotto forma di spiedi, salmì e arrosti, poiché le specie sono giustamente protette da leggi severe che ne tutelano la sopravvivenza. Lo spiedo della

Bassa si presenta essenziale ma gustosissimo: gli uccellini (che di

norma dovrebbero essere ‘’di becco gentile’’), spiumati e

privati degli occhi, alternati ai mumbulì (fettine di lombo di

maiale battute e rosolate su se stesse), vengono infilzati sugli schidioni e cotti lungamente

rigirandoli sulle braci, con il solo ausilio, in questo caso, del burro.

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Lungo le zone fiancheggianti i fiumi Oglio, Chiese e Mella e i corsi d’acqua minori,

il terreno offre funghi chiodini (Armillaria mellea), da prepararsi preferibilmente in

guazzetto…

E orecchioni (Pleorotus ostreatus)

preferibili ai ferri…

Le bose, il pesce gatto, le anguille e le rane, fritte un tempo

nell’onnipresente strutto e accompagnate con polenta, sono

i doni che le divinità acquatiche hanno elargito per saziare

la fame atavica del contadino povero; sono poi divenute

autentiche leccornie per i palati stanchi alla ricerca di sapori

inconsueti, come quello delle lumache, che qui vengono

cucinate a zbrunzù, lessate e poi intinte in olio, pepe e

sale, o quello delle erbe selvatiche, tra cui i grignos

(Taraxacum officinale o cicoria), o le sonze de galina

(Cardamine hirsuta o cardamine).

Page 24: Ricette locali e tipiche del passato

Si è spesso parlato di una scarsa

originalità della cucina bresciana, i cui

piatti risentono della vicinanza delle

provincie confinanti: Verona, Cremona,

Mantova, Bergamo, Trento, Milano; per

questo si pensi al contestatissimo

spiedo rivendicato dai bergamaschi, o

ai casoncelli, reclamati dai mantovani,

ma non risponde al vero che essa non

presenti una sua autenticità, che si

manifesta in quello che Marini

definisce come ‘’modo di intendere la

vita’, cioè nelle abitudini che qui

‘’assumono un’importanza tale da

conferire brescianità al loro attuarsi.

L’osteria, la caccia, la pesca, la

raccolta di erbe e funghi, ma anche di

rane e lumache.

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FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

Page 26: Ricette locali e tipiche del passato

LA CUCINA BRESCIANA FRA ARTE E

LETTERATURA, LE RICETTE, di C.

Boroni-A. Bassini, ed. Vannini, GUSSAGO

(BS), 2000. Lavoro a cura di:Alice Zanini,Matteo Valcamonico,Luca Streparola,Sabrina Ranzenigo.

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“baldus”(Teofilo

Folengo)

“le venti giornate della vera

agricoltura et de piaceri della villa”(Agostino Gallo)

“La Massera da

Be”(Galeazzo degli

Orzi)

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“BALDUS”Per avere una visione delle abitudini mangerecce dei

bresciani, è utile consultare alcune opere scritte nel XVI secolo da Merlin Cocai, pseudonimo di Teofilo

Folengo, che con il suo “Baldus”, ci fornisce un’immagine efficace dei cibi allora consumati, cibi

non accessibili alla povera gente.

Page 29: Ricette locali e tipiche del passato

“Questo era quel che avveniva nei luoghi opulenti del cibo… viene apparecchiato il convito regale. Ci sono più di cento sguatteri agli ordini dei cuochi: c’è chi scanna un maiale, chi allunga il collo ai pollastri, chi si adopera a cavar dalla pancia le interiora, mentre un altro li scortica. Questi spenna i capponi morti dopo averli immersi nell’acqua bollente, quest’altro fa lessare le testine di vitello.

Quello infila nello spiedo le porchette appena raccolte dal grembo di una scrofa. Ficcando il naso dell’una nel culo dell’altra e lardellandole con uno stecco appuntito. Il cuoco maggiore mastro Prosciutto, presiede all’arte leccatoria. C’è chi rigira il fegato avvolto nella reticella,c’è chi sparge lo zenzero piccante sopra la gelatina.

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“Questi intinge gli anatroccoli in una salsa giallognola e quest’altro toglie i fagiani dallo spiedo. Cinque pietre da macchina ruotano senza posa con rapidi giri: da una parte esce la salsa di mandorle, dall’altra scende la peverata.

C’è chi estrae dal forno uno stufato di carne grassa e sopra vi sparge cannella pestata, altri toglie dal paiolo i capponi lessati e li spruzza con acqua di rose e zucchero in polvere. Si apparecchia insomma una cena in grazia della quale i morti potrebbero risuscitare e lascerebbero le loro tombe con le casse attaccate al culo…

Page 31: Ricette locali e tipiche del passato

E, citando la nostra valle: ormai o Valtrompia gozzuta, è ora che tu richiami la tua musa, mi ha messo in tavola i suoi fiadoni più che a sufficienza e la mia pancia ha smaltito a sazietà le sue minestre. Siamo arrivati alla fine del pasto e ogni cosa viene governata a dovere nel ventre ormai pieno. …Quanto a voi, leccate le scodelle!” tratto da “Baldus” di Teofilo Folengo.

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“baldus”(Teofilo

Folengo)

“le venti giornate della vera

agricoltura et de piaceri della villa”(Agostino Gallo)

“La Massera da

Be”(Galeazzo degli

Orzi)

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“LA MASSERA DA BE”Un altro testo considerato pietra

miliare per mettere a fuoco la situazione alimentare nello sfarzoso tardo rinascimento bresciano è “La Massera da Be”, opera di Galeazzo degli Orzi, stampata del 1554 nella

nostra città. La massera è come mille altre donne del tempo, ma quante ne vediamo ancora così, soprattutto nei

nostri paesi … e inevitabilmente erano così le condizioni alimentar-essenziali di molti uomini e donne il questo strepitoso dialogo tratto dal

libro di Galeazzo degli Orzi:

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“signora: ditemi un po’, verreste a star con me per massara?Massera: piuttosto che star sull’aia tutto l’anno lavorare…Veniamo alla città col cesto attaccato al braccio e quelle poche uova che ci fanno le galline, e qualche pollastrello. Si mangia il pane di miglio per tornare a seminare il frumento… Si vendono poi i tralci delle viti per comperare un poco di miglio. Tutto il giorno piangono qua là puttelli perché gelano dal freddo… So dir io che la mi va bene ma poca gente lo sa. Tutto l’anno uscieri a casa per qualche condanna ,o prigioni o qualche taglia. O che ci sono scorrerie di soldati a cavallo, e lì siamo disperate… La va così la nostra vita infino che non si è morti. Per cui, signora, vi dico che voglio restare qui con voi…Signora: Ditemi cosa sapreste fare, se vi prendo a star qui con me ? Riguardo al far da cena e da desinare, come vi comportereste?

Page 35: Ricette locali e tipiche del passato

Massera: Secondo la sorte dei cibi. Se sarà arrosto o lesso, torta, pollame o pesce, io me ne acquisterò onore. Se c’è pesce da padella, lo apro e poi lo lavo molto bene… E quando lo devo friggere lo prendo e l’infarino, lo giro e lo ungo con mano delicata… Poi trito due manciatine dentro il prezzemolo, e poi lo mescolo insieme e prendo poi dello zafferano e delle spezie in polvere… Quando è cotto lo tolgo su, lo metto in un piatto e prendo il pezzo più bello per la signora e il padrone. E so fare del guazzetto, del sguazèt, metter le anguille arrosto, cuocio aringhe, quando preparo le lumache con l’olio e il sale… Se c’è della selvaggina, lepre o cinghiale, daino o capriolo, io so meglio quel che ci vuole che non farebbero loro stessi. Se mi porterete vitello, vedèl, vedrò che taglio è quello, se è coscetto o lombata, o petto o schiena o braciola. O che sia castrato, o manzo, starne, cappone, quaglie, tordi o fagiani, e so fare del sapore, del savòr, di qualsiasi sorta voi vorrete.

Page 36: Ricette locali e tipiche del passato

Riguardo al ripieno, non me lo dite: fiadoni, torte, pasticci, tartare, casoncelli… E so preparare delle uova in vesta di chierico e in frittata, e so fare dell’agliata e salsa di guazzetti. Faccio la gelatina perché ognuno si attacchi a quello che gli sa più buono. Torniamo ora al vitello. Se sarà del cosciotto, faremo delle polpette. Triteremo delle erbe odorifere, dell’aglio, del prezzemolo. Preparo un po’ di lardo. Faremo un impasto, lo vado infilando nello spiedo, un po’ di salvia intorno, preparo il fuoco con tutto quello che ci vuole. Parlerei anche del lesso: mi piglio un pezzo di carne, vado al secchiaio, la lavo e mondo delle rape, presto la vò a schiumà. Le sfetto col cortello, le butto in un secchio, le lavo molto bene. Se sono di qualità amara le si lascia nel laveggio. Quando hanno bollito, ci pesto giù del lardo, lo fo poi bollire tanto che perdono quel sapore. Torniamo a fare l’arrosto di starne e piccioni. Le quaglie e i capponi ognuno li saprà infilare nello spiedo. Ma bisogna guardare l’usanza delle corti. Non appena siano pelati, li caccio nello spiedo e ci fo sopra un addobbo di farina stemperata e metto sotto la leccarda. Se cucino le starne le apro di dietro. Polli, anitrotti e piccioni si nettano senza tante storie. Le lonze del vitello sono buone allo spiedo. Tutti questi si preparano delle braci in giro. Prendete poi un poco di condimento perché lo possiate bagnare. Lasciatelo poi macerare al fuoco di braci.

Page 37: Ricette locali e tipiche del passato

Signora: Ma orsù che sapete fare ancora? Massera: Faccio della minestra, ci trito dentro il sapore, menta, salvia,

coso: e nei ceci il rosmarino. Se fo dei vermicelli li condisco con il burro. Ma se faccio legume gozzuto, cicerchia o fava in brodo, lo metto a bollire. Se è legume secco, lo metto in un recipiente. Faccio delle confetture: aranciata, lecconerie, o cedri o ginocchielli, zucche bianche, pere moscatelle con lo zucchero, con il miele, fò cotognata e gelatina, mostarda con la senape e con sapore d’uva…

Dell’evolversi di una cucina popolare le tracce sono maggiormente presenti nella “letteratura”. La gente cucinava polenta di farina di castagne e zuppe di pane, di fagioli, di ceci e piselli. Nei giorni di festa si usava la mariconda, il solito impasto (con mille varianti) di pangrattato, uova e formaggio cotto nel brodo a cucchiaiate. Erano popolari anche gnocchi e maccheroni, cibi semplici e nutrienti, ma non compare la carne, presente “con tanta monotona dovizia sulle mense signorili”.

Tratto da “La Massera da Be” libro di Galeazzo

degli Orzi.

Page 38: Ricette locali e tipiche del passato

“baldus”(Teofilo

Folengo)

“le venti giornate della vera

agricoltura et de piaceri della villa”(Agostino Gallo)

“La Massera da

Be”(Galeazzo degli

Orzi)

Page 39: Ricette locali e tipiche del passato

“LE VENTI GIORNATE DELLA VERA AGRICOLTURA ET DE PIACERI DELLA

VILLA”

Un altro esempio potrebbe essere Agostino Gallo, che pubblica nel 1569 “Le venti giornate della vera agricoltura et de

piaceri della villa”. Ecco alcuni consigli agricolo-gastronomici:

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È talmente ben coltivato che di sterile, meritatamente acquista il nome di fertilissimo. Come si trae da i monti e dalle valli gran copia di legne e non poca somma di fieni, di castagne e d’altri frutti; si colgono dai colli buoni frumenti, ogli e bevande; specialmente da quel di Cellatica e di Limone; luoghi che fanno le migliori vernacce di tutta Italia. Et i tanti vini e grani che produce il piano di Piedimonte e di Franciacurta e delle terre vicine. Poi chi potrebbe mai esprimere la grandissima fertilità delle innumerevoli possessioni, che ampiamente si adacquano? Le quali rendono gran copia di grani, fieni, vini e legne e abondano talmente di lini bellissimi, che avanzano tutto il resto di Lombardia.

Page 41: Ricette locali e tipiche del passato

Come si fa la polenta: Si piglia tre libre, ponendola nel caldarino che

bolle al fuoco con cinque o sei libbre d’acqua, faciendovi due tagli in croce con un bastone, acciochè ella maggiormente possa passar la farina fin’ in cima; lasciandola poi bollire. Et levata al’hora dal fuoco, si mena benissimo con un bastone tondo e netto fin ch’è totalmente ben rotta e affinata e dapoi tolta fuor dal caldarino si taglia in bei pezzi sottili con un filo e si mangia così calda col formaggio o con la ricotta salata.

Page 42: Ricette locali e tipiche del passato

Come si può far bel pane:

si come è bene battere il fumento, che va seminato quanto più tosto si puote; cosi quello è migliore per far buon pane. Il quale sia anco netto di pietrelle, di sabbia, di terra e di cattive sementi d’herbe e specialmente loglio, quacciola, giottoni e veccia. E poi si pone ben crivellato al sole sopra i lenzuoli e si frega cosi caldo con le mani benissimo per cavarli maggiormente la polvere e dapoi si spruzza leggiermente d’acqua con una scopetta e manda all’hora al molino per luna crescente, facendolo macinare con buone pietre. E volendo il pane saporito, sia fatta la pasta dura e gremolata fin tanto che ella si gonfia e gitta le vesciche e dapoi sia tagliata in pastoni e menata ancora un poco inanzi che si parta in pani.

Page 43: Ricette locali e tipiche del passato

Sapore delicato di ovi freschi e modo di cuocerli:

si batte con un cucchiaro quella quantità di ovi freschi e quel zucchero secondo che ti piacciono piu dolci e manco: è vero che l’uva passa lo fa migliore e anco il succo di limone in luogo dell’aceto. Et comincia à bollire, non cessando finchè non cominciano a prender corpoe all’hora subito si levano dal fuoco e si pongono nei piatti sopra i quali si mette dell’altro zucchero e delle spezie. Si possono cuocere aperti nell’acqua, o nel latte e poi conciarli ne piatti con lo zucchero, succo di limone e cannella; e non meno friggerli nella padella in frittate semplici e con sapori tagliati di citrona, salvia, rosmarino, dragone e altre erbicine simili.

Page 44: Ricette locali e tipiche del passato

Per conservar la carne:

è difficile il conservar le carni non salate al tempo del caldo, però a conservarle per quattro o cinque giorni si cuociono mezzanamente e si pongono in quantità di farina e poi non occorre a farle altro quando si vogliono mangiare, che levarle e finirle di cuocere.

Page 45: Ricette locali e tipiche del passato

Altre cose per honorar gli amici:

si pigliano i ramoscelli ben teneri, lavati , infarinati e fritti che sono perfettamente nell’oglio, si levano dalla padella ben’asciutti e si conciano nei piatti caldi col zucchero ben trito.

tratto dal libro “le venti giornate della vera agricoltura et de

piaceri della villa di Agostino

Gallo, 1569.

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FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

Page 47: Ricette locali e tipiche del passato

Galeazzo dagli Orzi

“La massera da bé”,

a cura di Giuseppe Tonna,

Grafo edizioni,

BS 1978

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GIUSEPPE TONNA

Nato a Gramignazzo di Sissa (Parma) nel 1920, ha studiato alla normale di Pisa. Ha vissuto per diversi anni a Brescia dove ha insegnato al liceo-ginnasio “Arnaldo”. In qualità di narratore e traduttore, ha pubblicato: Le bestie parlano, 1951, Al di qua della siepe, 1955, Il raccoglitore, Uomini, bestie, prodigi, 1976. Traduzioni: Il Baldo di Merlin Cocai, 1958, La cronaca di Salimbene de Adam, 1964, Odissea, 1968, Iliade, 1974.Ha collaborato a diversi giornali e riviste: Palatina, Il Caffè, Il Paragone, Il giornale storico della letteratura italiana. E’ deceduto a Brescia, l’11 Dicembre 1979.

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Signora – Ditemi un po’, verreste a star con me per massara?Massara – Piuttosto che star sull’aia Tutto l’anno a lavorare,o che ho da andar a zapà,o che c’è da mietere,o che non si ha da bereo che non si ha formento,tutto l’anno va fuori, vien dentro,porta qualcosa a vender,e non ci si può difendereda tanta miseria.Veniamo alla cittàcol cesto attaccato al braccioe quelle poche uova che ci fanno le galline,e qualche pollastrello.Si mangia il pane di miglioper tornar a seminare frumento.

Page 54: Ricette locali e tipiche del passato

Quando è là fuori di gennaio,si è nudi nudenti di tutto,e lì restiamo all’asciutto, sul sut.Vi so ben dir io che si stenta.Si vendono poi i tralci secchi delle vitiper comperare un poco di miglio.Tutto il giorno piangono qua là puttelliperché gelano dal freddo,e non abbiamo neanche un letto,che si va a dormire sul fieno.Ah, so dir io che la mi va benema poca gente lo sa.Tutto l’anno uscieri a casaper qualche condanna,o prigioni o qualche taglia.O che ci sono scorrerie di soldati a cavallo,e lì siamo disperate.

( versi 66 a 94)

Page 55: Ricette locali e tipiche del passato

La casa tutta gronda acqua quando piove:non si ha neanche solo un uovoche ci si possa cibare.Ah, lo so che sanno vendemmiare, vendumià,sti traditori sbirracci.Abbiamo noi, almeno il letamedove si sta dentro fino agli occhi:pulci, cimici, pidocchi, piuğche ci scannano da ogni lato.La va così la nostra vitainfino a che non si è morti.( versi 149 a 159)

Per cui, signora, vi dicoche voglio restare qui con voi.

(versi 162 a 163)

Page 56: Ricette locali e tipiche del passato

E so fare del guazzetto, del sguazèt,metter le anguille arrosto.Faccio tutto per bene e alla svelta,anche se sono mal messa.( versi 308 a 311)

lo farei resuscitare.E quando vuole desinare, disnà,gli fo la panatellauna sola minestrinacon un po’ di erbe aromatiche pestee un po’ di amandolataper fargli venire appetito.( versi 331 a 337)

Non vi dico della graticola.Cuocio aringhe.Oh, se porrete ben mentequando preparo le lumachecol guscio, e disguaciatecon l’olio e il sale,gli do un sapore che riescea far levare su un morto.( versi 314 a 321)

Page 57: Ricette locali e tipiche del passato

Quando si mangia di grasso, de grasche sono nella mia cucina,se c’è della selvagginalepre o cinghialeche ha quei dentoni che gli spuntano fuori,o daino o caprioloio so meglio quel che ci vuoleche non farebbero loro stessi, (versi 370 a 377)

Se mi porterete vitello, vedèl,vedrò che taglio è quello,se l’è coscetto o lombata,o petto o schiena o braciola.O che sia castrato,o manzo, starne, cappone,quaglie, tordi o fagiani,se non ve li so cucinare,vi lamenterete di Fiore.(versi 387 a 395)

Page 58: Ricette locali e tipiche del passato

370.Quant es mangia de gras371.che so i la mia cosina,372.se’l gh’è salvadisina,373.legor o porc sengiàr374.ch’ha quei dentò che’c pat,375.o daina o cavriùl,376.e so mei quel che’c vul377.che no i farà lor stes.

371 i = in, la = nella. Dice la mia cosina, perchè non si sente forestiera della casa dei padroni, in quella stanza è lei la regina.372 salvadisina = selvaggina (legor = lepre; porc sengiàr = cinghiale; daina = daino e cavriùl = capriolo)374 che’c par = che gli spuntano fuori (par corrisponde quindi ad apparire, in lingua, nel senso di mostrarsi alla vista)376 e = è, io

Page 59: Ricette locali e tipiche del passato

Riguardo al ripieno, non me lo dite:fiadoni, torte, pasticci,tartare, casoncelli… Dico: che bocca vuoi?E so preparare delle uovain veste da chierico e in frittatae so fare dell’agliata, de la iada,e salsa e dei guazzetti.Quando è il tempo dei capretti, dei cavreğ,faccio la gelatinaperché ognuno si attacchia quello che gli sa più buono.Se ci saranno piccioni,se ne mangia arrosto, a lesso.(versi 398 a 411)

Page 60: Ricette locali e tipiche del passato

Torniamo ora al vitello.Se sarà del cosciotto,faremo delle polpette.

Triteremo delle erbe odorifere,dell’aglio, del prezzemolo.

Per farlo stare bene insieme,preparo un po’ di lardo.

Faremo un impastoa mò di ricciolone.

Lo si fa su un involto,la vado infilando nello spiedo,

un po’ di salvia intornoe così di mano in mano.

E quando l’avrò inschidoniato,allora preparo il fuoco

con tutto quello che ci vuole.(verso 414 a 429)

Page 61: Ricette locali e tipiche del passato

Poiché mi avanza tempo,parlerei anche del lesso.Siccome se ne fa così di

frequente,mi vergogno quasi parlarne

(versi 439 a 442)

Page 62: Ricette locali e tipiche del passato

Mi piglio un pezzo di carne,vado al secchiaio, la lavo,e mondo delle rape,la metto nel laveggio.Come ho mondato un bel pezzo,presto la vo a schiumà.Quando ho finito di mondare,le sfetto col cortello,le butto in un secchio,le lavo molto benefino a che succedeche l’acqua sia limpida.Se sono di qualità amara,le si lascia nel laveggio.Quando hanno bollito un pezzo,ci pesto giù del lardo,le fo poi bollire tantoche perdono quel sapore.(versi 475 a 492)

Page 63: Ricette locali e tipiche del passato

Signora – Mo orsù, che sapete fare ancora?Massara – Faccio della minestra.Pensate che in quello sono così brava!Non sbaglio mai a condire,anche ben poco a salare.Ci trito dentro il sapore,menta, salvia, coso:e nei ceci, il rosmarino.Se fo dei vermicelli,li condisco con il burro,perché piacciono al padrone.

Ma se faccio legume gozzuto,cicerchia o fava in brodo

lo fo prima mondaree poi lo metto in un recipiente,

dentro della lisciva.Essa lo lava e sì il legume si riprende

a star dentro tutta la notte.(versi 649 a 667)

Page 64: Ricette locali e tipiche del passato

Faccio dei fagiolini bazzotti,di quelli per buoni compagni.Ne fo scottare un mucchio.Quando li vado a preparareprendo per ciascuno due manciate,e per me fo tre pugnelli.

Quando è là verso giugno,se sono nei baccelli,

se ho mortadelle,ne cuocio dentro per un anno

quando li ho ben sgusciati,e li metto in una stagnata

e li fo bollire in furia.Ne mangio una mezza pentolaprima che siano lessati,e li tiro fuori dalla stagnata,li butto in una pignatta di terracotta,e con il mestolo da pressoli rigiro nella farina.E chiamo la bambinella,gliene do uno scodellino (versi 671 a

696)

Page 65: Ricette locali e tipiche del passato

Un’oca piene d’erbe aromatiche e lardoè quella che fa la guerra.Metto in terra il laveggio,che ci sia sotto delle braci:e bolle lì a suo bell’agiofintanto che non asciuga fuori il brodo.Metto la stagnata al fuoco,preparo dello zafferano.Quello non lo piglio per condire,ma per darle la coloritura,perché se ne abbia onoretra la gente per bene.Ne facciamo benanche assaiper darne pure ai vicini.La metto poi a freddire.(versi 739 a 753)

Page 66: Ricette locali e tipiche del passato

Faccio delle confetture:aranciata, lecconerìe,o cedri o ginocchielli,zucche bianche, pere moscatellecon lo zucchero, con il miele,

fo cotognata e gelatina,mostarda con la senape e con sapore

d’uva: per farmi onòr.(versi 1192 a 1199)

Page 67: Ricette locali e tipiche del passato

Per certo mi ho pensato di contarvi come faccio del buon pane.

Oh statemi un po' ad ascoltare!Prima piglio un bacino

ben fondo o come ci vuole:

Lo metto in un canto,coperto molto bene di panni.Quando vien su il mattino,sento che viene il fornaio.

Batte alla porta che pare un fabbro.Grida: - Olà, quanto pane? –

(versi 1234 a 1238 – 1271 a 1274)

Page 68: Ricette locali e tipiche del passato

1271.Quant vè su la domà,1272.senti che’l vè el fornèr.1273.El bat che’l sona u frèr.

1274.El crida: - Olà, quat pa? -

1271 vè su la domà = viene su il mattino. Pare che per questa donna non ci sia stata notte. Il sonno per lei assomma nel sentirsi riposata, fresca di energie. Pronta di nuovo, nella nuova giornata, a bodezà.1272 senti = il passo, di lontano, attraverso il cortile. Lei è già sveglia.1273 El bat …. = picchia la porta del palazzo, nel suo giro di città, il garzone del fornaio: con colpi cadenzati, come quelli del fabbro sull’incudine.

Page 69: Ricette locali e tipiche del passato

523.Pòi, nedroğ e piviò

524.es neta almé de bel.

525.Le lonzi del vedèl,

526.a quelli es ga pul stà

527.e i è ac bò spedà.

523 Almeno i polli (pòi), gli anitrotti e i piccioni si puliscono, si svuotano delle interiora senza tante storie (de bel).525 Anche le lombate di vitello (le lonzi de vedèl) possono andare allo spiedo.526 es ga pul stà = ci può stare, si può acconsentire, dir di sì.

Page 70: Ricette locali e tipiche del passato

543.Farì po’ a sto partìt.544.Pìè prest u cortèl,545.vardè l’ o’ l’è più bel,546.forèl in ogni lat,547.e quant l’harì nasàt,548.saverì se’l sarà cot.

545 Perché solo lì, dove è più bello? E non dappertutto? Ma perché alla massera interessa servire bene il padrone! Quella è la parte destinata a lui!

Page 71: Ricette locali e tipiche del passato

FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

Page 72: Ricette locali e tipiche del passato

LA CACCIA

- Agostino Gallo “Della caccia”

-Ricette bresciane

A cura di: Nicoletta Giuliani Laura Alberti Silvia Zucchi

Page 73: Ricette locali e tipiche del passato

DELLA CACCIAAgostino Gallo

Introduzione, trascrizione e note a cura diFranco Nardini

Edizione Ramperto, BS, 1991

Page 74: Ricette locali e tipiche del passato

Introduzione: la caccia e la sua evoluzione

PREISTORIACaccia di animali

e pesca accompagnata da raccolta di radici, erbe e

frutti

Strumenti utilizzati:bastoni, clave, fionde e archi

MONDO CLASSICO

GRECI ROMANI

La caccia era considerata uno sport divertente e utile a irrobustire il corpo

La caccia era riconosciuta con piena libertà, la selvaggina apparteneva a chi la cacciava

Più tardi, la chiesa non ammise la caccia come sport, ma la tollerava solo per le utilità legate al

nutrimento e per salvaguardare l’ uomo da attacchi di lupi o orsi

Page 75: Ricette locali e tipiche del passato

Agostino Gallo

Agostino Gallo nacque a Cadignano, in provincia di Brescia, da una famiglia benestante, forse nel 1499. Rimase orfano del padre e crebbe i casa dello zio paterno a Brescia e si dedicò al commercio dei tessuti. Nel 1534 acquistò da più proprietari circa sette ettari di terra a Borgo Poncarale, affidandola ad un fattore, del quale seguì assiduamente l’ attività. Assunse anche incarichi amministrativi e pubblici. Nel 1563 fu chiamato a far parte nell’ accademia degli occulti, e nel medesimo anno compose “Le dieci giornate della vera agricoltura e de’ piaceri della villa”. il libro ebbe molto successo e Gallo aggiunse prima altre tre giornate, dopo altre dieci. L’opera uscì nella sua versione definitiva nel 1569 a Venezia. L’autore passò a miglior vita un anno dopo.

Page 76: Ricette locali e tipiche del passato

Le venti giornate

Il libro ebbe ventun edizioni e anche una traduzione in francese. Gallo fu un interprete della trasformazione dell’agricoltura nel suo secolo, tanto che il suo libro venne utilizzato come manuale dagli agricoltori. Nella prima metà del Cinquecento infatti,con la scoperta dell’America, la moneta perse valore e i capitali prima accumulati con il commercio vennero investiti in fondi agricoli. L’autore discute sulla scelta dei terreni da acquistare, dell’ allevamento dei bovini, ovini ed equini, di bachi da seta e di api. Gallo sostiene la superiorità della vita in campagna rispetto a quella cittadina. La forma espressiva scelta è il dialogo, in cui l’autore non si mette mai in mostra. Vengono fatti parlare alcuni suoi amici nobili, come Giovan Battista Martinengo, di Bagnolo Mella e Cornelio Ducco, di Quinzanello e Dello. Il loro dialogo è animato dallo spirito del cacciatore, dalla sua passione e dai suoi svaghi e piaceri nel cacciare.

Page 77: Ricette locali e tipiche del passato

Dodicesima giornataDel pigliar quantità di quaglie coi quagliotti

Dialogo tra Giovan Battista Martinengo e Cornelio Ducco

Il metodo più efficace per catturare le quaglie consiste nel pigliare un quagliotto, tenerlo in gabbia al buio dal mese di aprile al mese di maggio e liberarlo successivamente. Cantando bene, il quagliotto attirerà gli altri animali.

-Le quaglie possono essere pigliate contraffacendo il loro verso

Il periodo propizio per pigliarle è verso agosto

La cattura delle quaglie

Page 78: Ricette locali e tipiche del passato

La riproduzione delle quaglie

-Solitamente le quaglie generano due volte: la prima volta in agosto,la seconda mentre dimorano in Africa. -Ogni quaglia fa più o meno sedici uova; le femmine nate da queste per la prima volta ne fanno almeno dieci per una.

Page 79: Ricette locali e tipiche del passato

La caccia delle quaglie

STRUSA Poche quaglie riescono a sfuggirgli. Se ne riescono a catturare centinaia

RETESi uccella con il fresco. Si usano le sonagliere, le filastrocche e parlari rustici. Le quaglie si impauriscono e arrivano alla rete e i cacciatori procurano più rumore e così le quaglie s’ incastrano ancora di più nella rete.

PIOMBINA Si uccella con il caldo. Si danneggiano i campi ma è più piacevole e utile.

Page 80: Ricette locali e tipiche del passato

La caccia delle lepriЀ piacevole quando si trovano lepri robuste che consentono di individuare i cani più capaci. La caccia è divertente, più lunga e più economica. Piace vedere le lepri cacciate dai cani che le inseguono ed esse sono costrette ad arrendersi per la stanchezza.

La caccia di pianura delle lepri

Fasi per la caccia in pianura:1)Si suona il corno in piazza;2) Giungono cittadini, servitori e contadini e ci si incammina per le vie (Il più delle volte verso le campagne);3) Ci sono cani legati e cani liberi: quelli liberi trovano le lepri e successivamente i cani legati vengono a loro volta sciolti e corrono per la campagna; 4) Più cani inseguono una lepre e allo stesso tempo ne compaiono altre.

( Alcuni cacciatori sono in grado di scoprire anche le volpi solo vedendo la punta dell’orecchio, l’unghia o dall’ ansimare. )

Page 81: Ricette locali e tipiche del passato

I cacciatori

I cacciatori valenti corrono dei pericoli per cacciare certe specie di animali, come cervi, caprioli e daini. Ѐ una caccia che soddisfa l’ udito e si può cacciare in ogni stagione.

Si caccia sui monti, colli e valli . Dà piacere guardare questo tipo di caccia

Page 82: Ricette locali e tipiche del passato

Uccellare con la civetta

Questa pratica è ritenuta da molti un passatempo puerile e piacevole.Ѐ possibile praticare questa attività in un luogo ombroso, fresco, ricco di verdure, fiori, arboscelli e verdure.Qui vi si trovano molti uccelletti che cantano e garrullano con diverse voci.In questo modo è possibile attirare i volatili grazie alla presenza della civetta, la quale continua a civettare con diversi movimenti.

Page 83: Ricette locali e tipiche del passato

LA CACCIA

- Agostino Gallo “Della caccia”

-Ricette bresciane

A cura di: Nicoletta Giuliani Laura Alberti Silvia Zucchi

Page 84: Ricette locali e tipiche del passato

Tradizione e modernità della gastronomia italiana. La cucina bresciana. L’arte di essere felici.

A cura di C. Pellizzari

Edizione Sardini, Bornato BS, 2007

Page 85: Ricette locali e tipiche del passato

Beccacce allo spiedo INGREDIENTI

6 beccacceAlloroLardoBurroSale q.b.

PREPARAZIONE

Pulire 6 beccacce , incrociare le zampette sotto le cosce in modo che si trovino dietro il dorso. Servirsi del loro becco come asticciola per accosciarle configgendolo fra le giunture delle cosce. Lardellare e fasciare con foglie di vite e qualche frammento di alloro e mettere a cuocere allo spiedo bagnandola di tanto in tanto con burro profumato al ginepro.

Page 86: Ricette locali e tipiche del passato

Quaglie allo spiedoINGREDIENTI

8 quaglie8 fette di prosciutto8 foglie di viteBurroSale q.b.

PREPARAZIONE

Pulire 7/8 quaglie molto grosse, fiammeggiarle, accosciarle e fasciarle,con una fetta di prosciutto crudo e una foglie di vite in modo che soltanto la metà delle gambe rimanga scoperta; cuocerle allo spiedo e servirle con una fetta di pane fritto al burro.

Page 87: Ricette locali e tipiche del passato

Quaglie in casseruola

INGREDIENTI

6 quaglie7 fettine di lardo7 fettine di prosciutto crudo2 cipolle2 carote2 chiodi di garofano2 bicchieri di brodo1 bicchiere di madera1 tazza di salsa spagnolaSale q.b½ limoni

PREPARAZIONE

Apparecchiate 6 quaglie accosciandole e legandole con un filo, metterle in una casseruola con fettine di lardo e giambone crudo, qualche cipolla, e carote tagliuzzate, 2 chiodi di garofano, sale, poco sugo di limone, due bicchieri di brodo ed uno di madera. Poi far bollire schiumando a suo tempo, indi coprire con carta pergamena e chiudere col coperchio.Quando sono morbide al tatto ripassarle nel sugo e togliere il filo;fate restringere per 20 minuti

Page 88: Ricette locali e tipiche del passato

Lepre in salmì bresciano

INGREDIENTI

1 lepre col sangue1 bicchiere di Malaga4 cipolle1 cucchiaio di farina biancaRosmarino, salviaLardo buonoSale, pepe q.b.

PREPARAZIONE

Tagliare la lepre in pezzi, steccati con chiodi di garofano, mettere in un recipiente coperto di vino rosso, con dentro rosmarino, salvia, qualche fette di lardo, cipolla tagliata, il fegato e il cuore della lepre ed altro.Il tutto resterà in fusione per 24 ore. Il giorno dopo far cuocere mettendo in un recipiente: burro, pestate di lardo e cipolle; aggiungere un cucchiaio di farina e incorporare quest’ultimo ai pezzi di lepre.Quando quest’ultimo avranno assorbito l’ unto aggiungere il vino in cui furono in fusione, insieme al resto degli ingredienti e far cuocere per 2/3 ore.A metà cottura levare le verdure e farle passare allo staccio insieme al sangue della lepre, mettere il tutto nella casseruola aggiungendo un bicchiere di Malaga e finire di cuocere.

Page 89: Ricette locali e tipiche del passato

FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

Page 90: Ricette locali e tipiche del passato

“Ode alla polpetta”

“La bell’arte dell’osteria”

Canti popolari

in “La cucina bresciana fra arte e letteratura – le ricette -, Ed. Vannini, Gussago – BS 2000

Lavoro a cura di Sofia Bresciani, Ilaria Gazzillo e

Chiara Cavalli

Page 91: Ricette locali e tipiche del passato

La bell’arte dell’osteria di Gasparo Gozzi

Le polpette di Alessandro Manzoni

Canti popolari

Ode alla polpetta

Il pastor fido di G. Guarini

Il fachin fedele di P. Melloni

Page 92: Ricette locali e tipiche del passato

Nel XVI secolo vede il successoun “dramma pastorale” in lingua italiana dal titolo “Il pastor Fido” opera del ferrarese Giambattista

Guarini, tradotta in bresciano con il titolo “Il fachin fedele” da Persiano

Melloni

Page 93: Ricette locali e tipiche del passato

 Ferrara, 10 dicembre 1538 – Vene

zia, 7 ottobre 1612

Giambattista Guarini

Page 94: Ricette locali e tipiche del passato

Il pastor fido è un dramma pastorale in endecasillabi e settenari di

Gianbattista Guarini, composto tra il 1583 ed il 1587 e ispirato a una pagina

di Pausania. L'opera venne pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1590, per essere poi rappresentata nel 1595

a Ferrara e nel 1598 a Mantova.

IL PASTOR FIDO

Page 95: Ricette locali e tipiche del passato

IL FACHIN FEDELEO graturola polida e

garbada,consolatio e dilett d’ol me Polpeta;

ec fossi mi xi cara com’t’he ti,

graturola, a stò mond’aventurada

ch’l ta carezza con tanta destresia

ch’un fiul d’un re non è xi rispetat:el ta sgura, el ta

onz; in fi el te basa…

Page 96: Ricette locali e tipiche del passato

Quand pensi a Figadel quat l’è lu bel

e ch’el smini dai pe fin al mostazz,

el ma và na dolcezza fò per i oss…

Em podès j fa i’ gnocbé fagg, bé cuzz e

cògg,ché so ch’elma mangia

se foss’in gnocquel’ol m’fa semper fa

ol cur tich-toch!...

So mi ol furmai, Polpeta,

che stem tù sarò intréga, stagat viva,se no tem tù, sarò drida, e menada.

Page 97: Ricette locali e tipiche del passato

Un elogio alla polpetta, alla carne cotta nei tegami, mentre imperava la carne affumicata e salata, compresi

gli insaccati freschi, come le salsicce, o stagionati, come i salami

Page 98: Ricette locali e tipiche del passato

Nel settimo capitolo dei Promessi Sposi, Manzoni fa entrare Renzo in una taverna, con

due amici, per chiedere un piatto di polpette. L' oste gli assicura che saranno le migliori che

abbia mai mangiato, dicendo «E ora vi porterò un piatto di polpette, che le simili non le avete

mai mangiate.»

Le polpette di AlessandroManzoni

Page 99: Ricette locali e tipiche del passato
Page 100: Ricette locali e tipiche del passato

“La bell’arte dell’ostiere” di Gasparo Gozzi

Io ho udito più volte persone a lodare l’osteria sopra ogni altro diletto del mondo. Quello è un luogo e un’abitazione con una

certa non intesa malia e un certo soave incantesimo che abbaglia e prende il cuore, come l’amo, vestito d’esca, i pesci. Quando si dica fra i compagni: io voglio che tale o tal giorno andiamo a fare uno stravizzo all’oste; subito si ode un sì sì

universale, e si dispongono a mente gli spassi, le vivande, la qualità de’ vini e fino al giorno assegnato quando si rincontrano,

uno dice all’altro: tenete bene a mente tal dì, non mancate di parola; e chi si chiama compare, chi fratello o con altri nomi di

amicizia e tenerezza, perché l’osteria forma una famiglia universale di tutti e una parentela legata e congiunta col messo

del dialetto.

Page 101: Ricette locali e tipiche del passato

La polenta, prodotto molto apprezzato nella nostra Brescia e non solo, fatto con la farina della Bassa, è celebrata in due canti popolari. Il

primo, “Canzone in lode della polenta”, canta:

Oltre l’essere la polentaAll’uom cibo confacént,Economic, che conténta,

Nutitìf ed innocentPorta sec grand’otre glorie,

Che po’ tùte no’s pùl dìDei so effeg l’è de fan storie

Per stampàle a tut podì.

Canti popolari

Page 102: Ricette locali e tipiche del passato

La polenta sia conténtaCh’abbia dit ste quater

versE sta uniò saggia discretacompatisce sto me schers.

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Il secondo, “Polenta e baccalà” recita:

[…]Se’ l mare’l fosse de tòcio larillarà

e i monti de polenta larillaràoi mamma che tociàde oi mamma che tociàde

Se’l mare’l fosse de tòcio larillaràe i monti de polenta larillarà

oi mamma che tociàde polenta e baccalà

E perché non m’ami più?...

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Un altro canto popolare è “Fé scaldà ché la poca minestra”:

Fé scaldà chè la poca minestra,

fè scaldà ch’el ris e fasöi,déghen, déghen a la

Francesca,e po déghen ai so fiöi.

Töte le sére sóm a chèla:‘ndà’ndel lèt sènsa lensöi.

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A coronamento della nostra rassegna proponiamo una canzone “Fonne, fonne, gò i patatòcc”, dove sono vari i cibi celebrati:

Fomne, fomne, gò i patatóccJè isé b ù quand ch’jè bén còcc.

I patatócc.Fomne, fomne, gó i bèi fasöi

Che i ghé piòs a i voster fiöi.I bèi fasöi.

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Fomne, fomne, gó i versulì:Jè isé bù coi salamì.

I versulì.Fomne, fomne, gò i radicì:

Jè isé bù coi üfisì.I radicì.

Fomne, fomne, gò i cornasei:Jè isé bù coi polastrei.

I cornasei.Fomne, fomne gó i bigoi d’ai:

Jè isé bù, ma no i ghè mai!I bigoi d’ai.

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FILE 1:Brescia in tavola, Ricette tra presente e tradizione.

FILE 2Storia globale della Bassa alimentare.

FILE 3Baldus, La Massera da Be, “le venti giornate ..”

FILE 3a

FILE 3b:Agostino Gallo “della Caccia”

FILE 4:“ Ode alla Polpetta.” osteria e cibo canti popolari.

FILE 5:Osterie e cibo, “i promessi sposi.”

FILE 6:Letteratura latina.

FILE 3a:Galeazzo dagli orzi, “La Massera da Be”

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I PROMESSI SPOSI DI ALESSANDRO MANZONI

A cura di: Claudia Saini, Clara Cucchi, Giorgia Bruno e Tania Santini.

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All’interno del romanzo di Alessandro Manzoni “I promessi sposi”, si riscontrano vicende seguite dalla sfera alimentare, importante per la vita quotidiana dei personaggi. Si può dire che il cibo rispecchi la posizione sociale. Gli alimenti citati sono il pane e il vino che rappresentano l’essenza dell’esistenza materiale e religiosa ed alcuni piatti tipici danno l’effetto di realtà. I riferimenti sono presenti nei capitoli III, IV, VI, VII, XIV.

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I temi principali:• Introduzione

• Scorcio di campagna lombarda

• I capponi di Renzo

• La polenta

• Le polpette

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Così, seguendo i passi di padre Cristoforo nella vallata che porta alla casa di Lucia ci immedesimiamo nel paesaggio rurale lombardo.“Un venticello d’autunno, staccando da’ rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere, qualche passo distante dall’albero. A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci ancor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta ne’ campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. La scena era lieta”

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Nella bassa bresciana circola una storiella sul cappone del tutto inventata, ma che vuole giustificare le ragioni culinarie di questo piatto.

“Se non abbiamo un cavallo possiamo ben far trottare un asino: potremmo andare ugualmente al passo, sfoggiare comunque un trotto elegante e forse anche azzardare un repentino galoppo – in verità non so se l’asino

può galoppare. Ma se non abbiamo il cappone?”E come dimenticare nel contesto alimentare e culturale contadino i famosi

“capponi di Renzo”?“<<Bene,>> continuò Agnese:<< quello è una cima d’uomo! Dottor

Azzecca-garbugli. Pigliate quei quattro capponi, poveretti! A cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vote da que’ signori. Agnese, superba

d’averlo dato, levò, a una a una, le povere bestie dalla stia, riunì le loro otto gambe, come se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse

con uno spago, e le consegnò in mano a Renzo; così, attraversando i campi o, come dicon colà, i luoghi, se n’andò per viottole, fremendo, ripensando

alla sua disgrazia e ruminando il discorso da fare al dottor Azzecca-garbugli. Lascio poi pensare al lettore come dovessero stare in viaggio

quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria,

come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare, con le quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a

beccarsi l’un con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”

(cap. III)

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I CAPPONI DI RENZO

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Nel sesto capitolo si racconta di un contadino di nome Tonio che ospita nella sua abitazione Renzo. La scena ritrae Tonio nella cucina di casa sua con il ginocchio sullo scalino del focolare, e che tenendo, con una mano, l’orlo di un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. Manzoni parla di polenta bigia fatta con grano saraceno. Si tratta di un grano povero, originario dell'Asia centrale, che può essere coltivato anche nei paesi meno caldi. Per il popolo bresciano, e quindi per la Bassa, la polenta è una vera istituzione, piatto tipico della tradizione contadina ed alimento base della vita di una volta. La polenta, così come il pane, poteva accompagnarsi ad altro come succede a Renzo, Tonio e Gervasio nell’osteria del paese.“L’oste guardava in viso a lui, come per aspettar gli ordini: egli lo fece venir con sé in una stanza vicina, e ordinò da cena.” (cap.VII)

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Renzo si reca in un’osteria dove l’oste senza permettergli di parlare ordina per lui e i suoi compagni delle polpette, che a detta dell’oste, sono uniche nel loro genere e che potrebbero far resuscitare un morto. (cap. VII)

La polpetta è una pietanza molto spesso a base di carne tritata, spezie, aromi e ingredienti leganti servita a tavola di norma come seconda portata. Esistono comunque anche polpette vegetali di melanzane, di ceci, o di agglomerati vegetali, oppure di pesce: la parola polpetta si riferisce infatti alla preparazione e non agli ingredienti, che possono essere differenti. Una volta preparato l'impasto, si prendono via via tante piccole porzioni le quali vengono schiacciate e lavorate a mano, fino al raggiungimento della caratteristica forma rotondeggiante.

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IL PRESENTE LAVORO È SVOLTO A PURO TITOLO DIDATTICO E

SENZA ALCUN SCOPO DI LUCRO.