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Corso di storia della filosofia antica: Aristotele: Fisica I, LM 2013/4, Sapienza, D. Quarantotto.
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fisica di Aristotele
fisica aristotelica
vs fisica
moderna
Indice 1) fisica di Aristotele vs fisca moderna 2) commen4 su un argomento di Ber4 contro l’idea che il primo motore sia una causa finale.
la fisica e la Fisica di Aristotele
La fisica di Aristotele perì physeos historia physike episteme
Fisica (8 libri) De Caelo De genera:one et corrup:one Meteorologica Historia animalium Par:bus animalium De motu animalium De anima Parva naturalia
ProgeAo della scienza della natura Meteorologica 1.1, 338 a 20-‐b 9
In precedenza abbiamo parlato delle prime cause della natura e di tuAo il movimento naturale, e anche dei movimen4 ordina4 degli astri in alto nel cielo, e degli elemen4 corporei, di quan4 e quali sono e della loro trasformazione reciproca, e della generazione e corruzione in generale. Resta da considerare una parte della presente indagine che tuH i nostri predecessori hanno chiamato ‘meteorologia’. Il suo ambito è quello di ciò che si verifica per natura, ma con un ordine inferiore a quello del primo elemento dei corpi, e che ha luogo nella regione più vicina a quella dei movimen4 astrali (…) Dopo che ci saremo occupa4 di tuAe queste cose, vedremo se saremo in grado di fornire un resoconto degli animali e delle piante in maniera conforme a questo metodo, sia in generale che in par4colare. InfaH, quando avremo faAo ciò, potremmo forse dire di aver raggiunto il fine dell’intera ricerca che ci siamo propos4.
fisica/Fisica di Aristotele vs
fisica moderna
1) Essenza vs affezioni/proprietà matema4che 2) Teleologia vs meccanicismo (causa finale vs
causa efficiente, valori vs neutralità assiologica) 3) Unità vs divisione del sapere scien4fico
fisica = conoscenza scien4fica degli en4 naturali
Conoscenza scien4fica di x = conoscenza di x in base alle sue cause, principi ed elemen4
Phys. 1.1 Poiché, in ogni ambito di indagine in cui vi sono principi, cause o elemen4, il sapere (εἰδέναι) e il conoscere in maniera scien4fica (ἐπίστασθαι) derivano dal conoscere (γνωρίζειν) ques4 ul4mi (infaH, riteniamo di conoscere (γνωρίζειν) ciascuna cosa quando ne conosciamo le cause prime e i principi primi fino agli elemen4), è evidente (δῆλον) che, anche nel caso della scienza che ha per oggeAo la natura, bisogna cercare di determinare innanzituAo ciò che riguarda i principi.
principi degli en4 naturali = forma, privazione, sostrato
cause degli en4 naturali = forma/essenza, materia, fine, motore
rivoluzione scien4fica moderna
en4 matema4ci vs
essenze
rivoluzione scien4fica moderna
cause efficien4 vs
cause finali
proprietà matema4che vs
essenza
La scienza moderna è nata nel Seicento da una svolta filosofica: la rinuncia a conoscere l’essenza delle sostanze naturali contentandosi di conoscerne alcune ‘affezioni’, come il luogo, il moto, la figura, la grandezza.
fisica di Aristotele = conoscenza della forma/essenza degli en4 naturali.
fisica galileiana (moderna) = conoscenza delle proprietà quan4ta4ve/matema4che degli en4
naturali.
«O noi vogliamo specolando tentar di penetrar l’essenza vera e intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in no4zia d’alcune loro affezioni. Il tentar l’essenza l’ho per impresa non meno impossibile e per fa4ca non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle
remo4ssime e celes4».
Se invece noi «vorremo fermarci nell’apprensione di alcune affezioni, non mi par che sia da desperar di poter conseguirle anco ne i corpi lontanissimi da noi, non meno che ne i prossimi, anzi tal una per aventura più esaAamente in quelli che in ques4».
InfaH, che sia vano tentare di penetrare l’essenza delle sustanze naturali non impedisce
«che alcune loro affezioni, come il luogo, il moto, la figura, la grandezza» e altre simili, «non possino da
noi esser apprese».
…gli scienzia4 «avendo abbandonate le forme sostanziali e le qualità occulte, si sono rivol4 a ricondurre i fenomeni della natura a leggi matema4che». «il voler traAar le quis4oni naturali senza geometria è un tentar di fare quello che è impossibile a esser faAo».
«la filosofia è scriAa in questo grandissimo libro che con4nuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io
dico l’universo)», ed «è scriAo in lingua matema4ca, e i caraAeri son triangoli, cerchi, e
altre figure geometriche».
«Io sento 4rarmi dalla necessità, subito che
concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme
ch’ella è terminata e figurata di questa o di quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o
piccola, ch’ella è in questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una,
poche o molte, né per veruna imaginazione posso separarla da queste condizioni».
1) Che significa conoscere l’essenza di qualcosa?
2) Che differenza c’è tra la forma/essenza degli en4 naturali e le loro proprietà matema4che?
3) Perché la forma/essenza non è e non può essere un’en4tà matema4ca?
Phys. 1.1
La direzione naturale del percorso [dell’indagine] va dalle cose che sono più note (γνωριμωτέρων) e più chiare (σαφεστέρων) per noi (ἡμῖν) verso quelle che sono più chiare (σαφέστερα) e più note (γνωριμώτερα) per natura (τῇ φύσει). InfaH, le cose che sono più note per noi e quelle che lo sono in assoluto (ἁπλῶς) non sono iden4che tra loro. Perciò è necessario procedere in questo modo: dalle cose che sono più oscure per natura (ἀσαφεστέρων μὲν τῇ φύσει) ma più chiare per noi (ἡμῖν δὲ σαφεστέρων) verso quelle che sono più chiare e più note per natura (σαφέστερα τῇ φύσει καὶ γνωριμώτερα).
Phys. 1.1 All’inizio, a noi risultano eviden4 e chiare (δῆλα καὶ σαφῆ) sopraAuAole cose che sono [come] confuse insieme (τὰ συγκεχυμένα). In seguito, a par4re da queste, divengono no4 i principi per chi divide queste cose. Perciò bisogna procedere dalle cose generali (ἐκ τῶν καθόλου) verso quelle par4colari (ἐπὶ τὰ καθ' ἕκαστα). InfaH l’intero (ὅλον) è più noto per la percezione, e ciò che è generale è un certo intero, in quanto ciò che è generale comprende molte cose come [sue] par4.
Phys. 1.1 In un certo qual modo, la stessa cosa capita ai nomi (ὀνόματα) rispeAo al [loro] discorso [definitorio] (λόγον). InfaH, [il nome], per esempio “cerchio”, ha come significato qualcosa di intero a cui si riferisce in maniera indis4nta (ὅλον γάρ τι καὶ ἀδιορίστως σημαίνει), mentre la sua definizione [lo] divide [determinandolo] fin nei par4colari (ὁ δὲ ὁρισμὸς αὐτοῦ διαιρεῖ εἰς τὰ καθ' ἕκαστα).
MENONE: 80d 5-‐8
!
Ma, Socrate, in che modo cercherai ciò di cui non sai assolutamente che cos’è? E quale delle cose che non conosci ti impegnerai a cercare? E se per caso ti imbatti in essa, come saprai che è quella che cercavi, visto che non la conoscevi?
Ecco, proprio un bell’argomento eristico! Dice che per l’uomo non è possibile cercare né ciò che sa né ciò che non sa. Non potrebbe cercare ciò che sa, perché lo sa e non c’è alcun bisogno di cercalo. E non potrebbe cercare ciò che non sa, perché non sa neppure che cosa cerca.
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Essere
Unità-‐molteplicità dell’essere
Cause/principi degli enF naturali
DisFnzione tra forma e sostrato/materia
Forma = essenza ≠ enFtà matemaFca
Physica 2.2 Dal momento che è stato determinato in quan4 modi [si dice] la “natura”, dopo ciò bisogna considerare in che cosa il matema4co si differenzia dallo studioso della natura (infaH, i corpi naturali hanno superfici, solidi, lunghezze e pun4, che sono oggeAo di studio del matema4co). Inoltre, l’astronomia è una parte della scienza della natura o [una scienza] diversa?
Physica 2.2 In effeH, è assurdo che sia compito dello studioso della natura sapere che cos’è il sole o la luna, e che invece non [debba conoscere] nessuno degli acciden4/concomitan4 che appartengono per sé [al sole o alla luna]; [e ciò è assurdo] anche e sopraAuAo perché è un faAo evidente che gli studiosi della natura discutono anche della figura della luna e del sole, e inoltre della sfericità o meno della terra e del cosmo.
Physica 2.2 Di queste cose, quindi, traAa anche il matema4co, ma non [le traAa considerando] ciascuna di esse come limite di un corpo naturale; e neppure studia [tali] acciden4 [considerandoli] come acciden4 di siffaH [corpi naturali]. Perciò li separa [dai corpi naturali]. InfaH [queste cose studiate dal matema4co] sono separabili – con il pensiero – dal movimento, e la loro separazione non fa alcuna differenza e nulla di falso ne risulta
Physica 2.2 Anche coloro che parlano delle idee fanno questo, ma non se ne rendono conto. InfaH costoro separano le cose naturali, benché esse siano meno separabili di quelle matema4che. [E il faAo che le cose naturali siano meno separabili di quelle matema4che] diventerebbe chiaro, se uno provasse ad esprimere le definizioni di ciascuna di queste cose, sia di esse sia dei loro acciden4. InfaH, da una parte, sarà possibile [definire] il dispari e il pari, il reAo e il curvo, e anche il numero, la linea e la figura senza [menzione del] movimento. Dall’altra, invece, non sarà possibile [definire] la carne, l’osso e l’uomo [senza menzione del movimento], ma ques4 [sono e] si dicono come il naso camuso e non come il convesso.
Physica 2.2 Poiché la natura [è/si dice] in due modi – la forma e la materia – dovremmo studiarla come se indagassimo che cos’è la camusità. Quindi [bisogna studiare] tali cose né senza la materia né secondo la materia.
Physica 1.2 Noi invece par4amo dall’assunto che le cose che sono per natura, o tuAe o alcune, sono in movimento. Ciò è evidente per epagoge.
Camuso Concavo
Physica 2.2 Allora, fino a che punto lo studioso della natura deve conoscere la forma e il che cos’è? Forse come il medico [conosce] i nervi e il fabbro [conosce] il bronzo, [cioè] fino a [conoscere] ciò in vista di cui ciascuna cosa è, e [deve occuparsi di] queste cose che sono separabili per la forma, ma che si trovano nella materia (…). Invece, è compito della filosofia prima determinare in che modo esiste ciò che è separabile e il che cos’è.
teleologia finalismo assiologia
ontologia e valori
La natura non fa nulla invano, ma a par4re dalle possibilità fa sempre ciò che è meglio in relazione all’essenza di ciascun genere di vivente. perciò, se così è meglio, allora è così che è secondo natura (De inc. an. 2, 704b12-‐8)
Physica I 9 (…) posto che esiste qualcosa di divino, di buono e di desiderabile, noi affermiamo che, da una parte, vi è ciò che è ad esso contrario e, dall’altra, ciò che, secondo la sua natura, lo desidera e aspira ad esso (…) la forma non può desiderare se stessa, in quanto non ne è manchevole, né può desiderarla il contrario, in quanto i contrari si distruggono a vicenda. [Ciò che desidera la forma] è piuAosto la materia, come la femmina desidera il maschio e il bruAo desidera il bello (…).
rivoluzione scien4fica moderna
cause efficien4 vs
cause finali
“Non dobbiamo ricercare le cause finali ma solo le cause efficien4 delle cose create. Non dobbiamo cercare la ragione degli en4 naturali nel fine che la natura o Dio si sono da4 nella creazione”
(Cartesio, Principi di filosofia I.28)
“L’uso delle cause finali in fisica ha compromesso l’indagine rela4va a quelle fisiche e ha faAo si che ci si fermasse a cause speciose e oscure, senza neppure cercare seriamente le cause reali e veramente fisiche dei fenomeni. E ciò fu determinato non solo da Platone, ma anche da Aristotele, Galeno e altri… Queste cause sono legiHme nell’ambito della metafisica, ma in quello della fisica non lo sono e, come la zavorra per una nave, esse impediscono il progresso della scienza e inducono la riluAanza a cercare le cause fisiche”
(F. Bacon, Advancement of Learning, iii4, p.141).
“La scomparsa–o la distruzione–del cosmo significa che il mondo della scienza, il mondo reale, non è più visto come un tuAo finito e gerarchicamente ordinato, e quindi qualita4vamente e ontologicamente differenziato, ma come un universo aperto, indefinito e addiriAura infinito, reso unitario non dalla sua struAura immanente ma dall’iden4tà dei suoi cos4tuen4 e delle sue leggi fondamentali (…)”.
(A. Koyrè, 1950/56, pp.7-‐9).
“Questo, a sua volta, implica la scomparsa dal pensiero scien4fico di tuAe le considerazioni basate sul valore, sulla perfezione, sull’armonia, sullo scopo, perché ques4 conceH, che da ora in poi sono considera4 meramente soggeCvi, non possono avere posto nella nuova ontologia. In altre parole, tuAe le cause formali e finali, intese come modi di spiegazione, scompaiono e sono rigeAate dalla nuova scienza e sono rimpiazzate da cause efficien4 e materiali. Solo queste ul4me sono ammesse nel nuovo universo della geometria iposta4zzata”
(A. Koyré, 1950/56, pp.7-‐9).
In precedenza abbiamo studiato gli en4 eterni, “ora rimane da parlare della natura vivente senza trascurare possibilmente nulla né delle cose meno nobili né di quelle più nobili. InfaH, anche quando si traAa delle cose che risultano spiacevoli alla sensazione, la natura che le ha prodoAe offre ugualmente piaceri straordinari a coloro che sono in grado di individuarne le cause e che sono veramente aman4 del sapere (philosophoi). (…) Perciò non bisogna disprezzare puerilmente l’indagine sui viven4 meno nobili, perché in tuAe le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso (thaumaston). Si racconta di Eraclito che, quando alcuni stranieri, che volevano incontrarlo, vedendolo che si scaldava al focolare, si erano ferma4, egli li esortò ad entrare con fiducia dicendo che anche lì vi erano dei. Così, nello stesso modo, bisogna accostarsi senza alcun disgusto alla ricerca su ogni vivente, nella convinzione che in ciascuno di essi vi è qualcosa di naturale e di divino” (De part. an. I 5, 265 a 4-‐23).
De par:bus animalium 3.14 SoAo il diaframma è posto lo stomaco, che ha inizio laddove termina l’esofago negli animali che possiedono questa parte e direAamente in corrispondenza della bocca in quelli che non la possiedono. Per quale causa ogni animale abbia queste par4 è chiaro a tuH. È infaH necessario che il cibo ingerito sia raccolto, e che, una volta u4lizza4ne gli umori, esso sia espulso, e ancora che non vi sia una sola regione des4nata sia al cibo coAo sia al residuo; deve infaH esservi un luogo in cui si effeAui il mutamento. Una parte accoglierà dunque il cibo ingerito, un’altra il residuo superfluo (…)essere dis4n4 anche quanto ai luoghi (...).
De par:bus animalium 3.14 Gli animali vivipari e sanguigni che hanno dentatura completa presentano uno stomaco solo: così l’uomo, il cane, il leone e tuH gli altri polidaHli e anche perissodaHli come il cavallo, il mulo, l’asino e ancora, fra gli ar4odoaHli, quelli che hanno dentatura completa, come il maiale. Fanno eccezione quegli animali che, per via della grandezza del corpo e delle proprietà del loro cibo(...) hanno più stomaci, come il cammello; così (fanno eccezione anche) gli animali provvis4 di corna.
De par:bus animalium 3.14 (Gli animali provvis4 di corna) non hanno dentatura completa (…) Ognuno di ques4 animali ha più stomaci (così ad esempio la pecora, il bue, la capra, il cervo e così via), in modo che, siccome la funzione svolta dalla bocca è insufficiente all’elaborazione del cibo per la mancanza di den4, gli stomaci stessi ricevono uno dopo l’altro il cibo, il primo non elaborato, il secondo più elaborato, il terzo completamente, il quarto già ridoAo in polpa. Perciò tali animali presentano una pluralità di luoghi, cioè di par4, che sono chiamate rumine, re4colo, omaso e abomaso. Per vedere quali siano le posizioni e le forme rispeHve occorre consultare le ricerche sugli animali e le tavole anatomiche.
Metaph. 12.10 In che modo la natura del mondo possiede ciò che è buono e ciò che è migliore, come qualcosa di separato e indipendente o come il suo ordine proprio? Ritengo in entrambi i modi, come avviene in un esercito. L’eccellenza di un esercito risiede sia nel suo ordine interno sia nel suo generale, e sopraAuAo in quest’ul4mo. InfaH, egli non dipende dall’ordine, ma l’ordine dipende da lui. (…)
L'an4ca alleanza è infranta; l'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente
dell’universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo des4no, non è scriAo in nessun
luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre (J. Monod, Il caso e la necessità).
-‐ L’universo supporta i nostri impegni morali? -‐ L’universo fisico ci fornisce ragioni per ritenere che staremo meglio e saremo più felici se seguiremo un percorso di virtù morale piuAosto che l’inverso? -‐ L’universo ci fa sen4re a casa come agen4 morali? -‐ La bellezza e la bontà sono presen4 nel mondo indipendentemente da noi? -‐ Possiamo imparare qualcosa su come condurre le nostre vite dall’osservazione dell’universo?
Timeo 90c-‐d Vi è un solo modo per curare qualcosa: fornirgli il nutrimento e i movimen4 che gli sono propri. E i movimen4 affini a ciò che vi è in noi di divino sono i pensieri e i movimen4 circolari dell’universo. Ques4, certamente, sono i movimen4 che ciascuno di noi dovrebbe seguire. Noi dovremmo correggere le rivoluzioni che hanno luogo nella nostra testa e che sono state deviate alla nascita e dovremmo correggerle studiando le armonie e le rivoluzioni dell’universo. Così dobbiamo rendere il soggeAo della contemplazione simile all’oggeAo contemplato come era all’origine e, una volta resi simili, giungeremo al fine della vita migliore che gli dei hanno predisposto per gli uomini per il presente e per il futuro.
unità/ar4colazione del sapere vs
disa4colazione del sapere sapere diviso in seAori
Il singolo individuo non può più «erigere, in baldanzosa impresa, un’intera costruzione della filosofia», ma deve limitarsi a ques4oni seAoriali perché, «se nel lavoro filosofico affideremo al singolo individuo solo un compito par4colare, come avviene nella specializzazione scien4fica», allora «si guadagna conoscenza su conoscenza in una lenta e prudente costruzione, e ognuno apporta solo ciò che può gius4ficare».
(R. Carnap)
Disunity
this view argues for the replacement of the emphasis on global unity—including unity of method—by emphasizing disunity and epistemological and ontological pluralism
a picture of disunity comes from the members of the so-‐called Stanford School, e.g., John Dupré, Ian Hacking, Peter Galison, Patrick Suppes and Nancy Cartwright. disunity is, in general terms, a rejec4on of universalism and uniformity both methodological and metaphysical.
a picture of disunity comes from the members of the so-‐called Stanford School, e.g., John Dupré, Ian Hacking, Peter Galison, Patrick Suppes and Nancy Cartwright. disunity is, in general terms, a rejec4on of universalism and uniformity both methodological and metaphysical.
from a methodological point of view, disunity is simply the global nega4ve expression of a model of local unity, with an emphasis on a plurality of scien4fic methods (Suppes 1978), a plurality of scien4fic styles, and a disunity of science in terms of plurality of uni4es.
from a metaphysical point of view, the disunity of science can be given adequate metaphysical founda4ons that make pluralism compa4ble with realism (Dupré 1993). Dupré opposes a mechanis4c paradigm of unity characterized by determinism, reduc4onism and essen4alism.
from a metaphysical point of view, the disunity of science can be given adequate metaphysical founda4ons that make pluralism compa4ble with realism (Dupré 1993). Dupré opposes a mechanis4c paradigm of unity characterized by determinism, reduc4onism and essen4alism.
against the universalism of explanatory laws, Cartwright has argued that laws cannot be both universal and true; there exist only patchworks of laws and local coopera4on.
like Dupré, Cartwright adopts a kind of scien4fic realism but denies that there is a universal order, whether represented by a theory of everything or a corresponding a priori metaphysical principle (Cartwright 1983).
like Dupré, Cartwright adopts a kind of scien4fic realism but denies that there is a universal order, whether represented by a theory of everything or a corresponding a priori metaphysical principle (Cartwright 1983).
the empirical evidence, she argues suggests far more strongly the idea of a dappled world, best represented by a patchwork of laws, o¯en in local coopera4on.
l’idea che il mondo sia unitario e che sia reAo da principi universali è solo un postulato. nulla implica che il sapere scien4fico debba essere unitario.
(N. Carthwright)
Stanford Encyclopedia of Philosophy
The Unity of Science (Jordi Cat, 2013) hAp://plato.stanford.edu/entries/scien4fic-‐
unity/
Essere
Unità-‐molteplicità dell’essere
Cause/principi degli enF naturali
DisFnzione tra forma e sostrato/materia
Forma = essenza ≠ enFtà matemaFca
teleologia finalismo assiologia
ontologia e valori
TAVOLA DELLA CRONOLOGIA E DELLA TESTUALITÀ GRECA ANTICA …VIII….VI a.C. Omero Orale/Aurale: esametri daHlici (Epos) VII Esiodo: esametri daHlici (Teogonia, Opere e giorni) VII-‐VI Talete (625-‐550): nessuno scriKo VII-‐VI Anassimandro (610-‐540): prosa (Sulla natura) VI Ferecide di Siro (?): prosa (Teogonia) VI Anassimene (586-‐528) VI-‐V Ecateo (560-‐490) VI-‐V Senofane (570-‐490): esametri daHlici (Sulla natura) VI-‐V Pitagora (570-‐460): nessuno scriKo VI-‐V Eraclito (540-‐470): prosa “ritmica” (Sulla natura) VI-‐V Alcmeone (?): prosa VI-‐V Parmenide (515-‐445) esametri daHlici (Sulla natura) V Anassagora (500-‐428) prosa (Sulla natura) V Empedocle (493-‐432) esametri daHlici (Sulla natura e (?) Purificazioni)
V Zenone (490-‐440) prosa (Sulla natura) V Melisso (485-‐30) prosa (Sulla natura o sull’essere) V Erodoto (485-‐425) prosa (Storie) V Protagora (485-‐420) prosa (RagionamenF demolitori/Sulla verità, AnFlogie, Sugli dei, Sull’essere) V-‐IV Gorgia (480-‐370) prosa (Sul non essere o sulla natura, Encomio di Elena, Difesa di
Palamede, Discorso Olimpico) V-‐IV Socrate (470-‐399): nessuno scriKo V-‐IV Tucidide (460-‐dopo 397) V-‐IV Democrito (460-‐380) prosa (cinquanta scriH aAribui4 dalla tradizione tra cui: La piccola cosmologia, Sulla natura, Sulle forme degli atomi, Sulle parole) V-‐IV Ippocrate (460-‐370) prosa V Trasimaco (460-‐dopo 413) V Crizia (455-‐403) V-‐IV Lisia (445-‐380) V-‐IV Isocrate (436-‐338) V-‐IV Senofonte (430-‐355) V-‐IV Plato (428-‐348): dialoghi (34), Apologia di Socrate, 13 leAere, doArine non scriAe V-‐IV Diogene di Sinope (412-‐323) IV Aristotele (384-‐322): prosa (dialoghi e “traAa4”): 200 4toli di opere (secondo la
tradizione); 50 scriH pervenu4.
De interpreta3one 1, 16a 1-‐9 InnanzituAo bisogna stabilire che cos’è il nome e che cosa il verbo, e in seguito che cos’è la negazione, l’affermazione, l’enunciazione e il discorso. Dunque, le cose che sono nella voce sono simboli (symbola) delle affezioni (pathemata) dell’anima, e le cose scriAe sono simboli delle cose che sono nella voce; e come le leAere non sono le stesse per tuH, così neppure le voci sono le stesse per tuH; ma ciò di cui queste sono innanzituAo segni sono affezioni dell’anima iden4che per tuH; e ciò di cui queste sono rappresentazioni (homoiomata) sono cose (pragmata) già iden4che. Ma di ques4 temi si è deAo nei discorsi sull’anima (en tois peri psyches) – infaH sono propri di un’altra indagine (pragmateia).
De interpreta3one 4, 16b 33-‐17a 7 Ogni discorso è significa4vo (seman:kos), ma non come uno strumento, bensì, come si è deAo, per convenzione (kata syntheken). Non ogni discorso è apofan4co, ma quello in cui vi è l’essere vero o l’essere falso; e questo non vi è in tuH, per esempio la preghiera è un discorso, ma non è né vera né falsa. Gli altri discorsi li lasciamo da parte – infaH la ricerca è più propria della retorica o della poe4ca. Invece il discorso apofan4co è oggeAo della presente indagine.
De interpreta3one 13, 22b 36-‐23a 26
È evidente che non tuAo ciò che può o essere o camminare può anche le cose opposte, ma vi sono cose per le quali non è vero. InnanzituAo le cose la cui possibilità non è secondo ragione (kata logon), per esempio il fuoco può riscaldare e possiede una potenza a-‐razionale (dunamin alogon). Le potenze razionali (dunameis meta logon) sono le stesse per una pluralità di effeH contrari, mentre non tuAe quelle a-‐razionali (alogoi) sono tali, ma – come si è deAo – il fuoco non può scaldare o non scaldare, e non sono tali neppure le altre cose che sono sempre in aAo (energei aei). (…) non ogni potenza (dunamis) è degli oppos4 (…). È evidente da ciò che si è deAo che ciò che è di necessità è in aAo (kat’energeian); quindi, se le cose eterne sono anteriori, anche l’aAo (energeia) è anteriore alla potenza (dunamis). E alcune cose sono aH (energeiai) senza potenze (dunameis), come le prime sostanze, altre sono aH (egergeiai) unite a potenze (dumaneis), ed esse sono anteriori per natura ma posteriori dal punto di vista del tempo, e altre ancora non sono mai aH (energeiai) ma solo potenze (dunameis).
De anima 1.1, 402a 1-‐7. Poiché riteniamo che la conoscenza sia una delle cose belle e degne di onore, e che una conoscenza lo sia più di un’altra per il rigore o perché riguarda oggeH migliori e che suscitano maggiore meraviglia, per entrambi ques4 mo4vi abbiamo buone ragioni per porre la ricerca sull’anima ai primi pos4. Sembra che la conoscenza dell’anima fornisca un grande contributo alla verità tuAa e specialmente alla ricerca sulla natura. InfaH, l’anima è come un principio dei viven4.
De motu animalium 1-‐2.698a 1-‐b 12 Sul moto degli animali, le caraAeris4che proprie di ciascun genere, le differenze e le cause delle qualità proprie di ciascuno, si è compiuta altrove un’indagine par4colareggiata. Ora si traAa di indagare in generale la causa comune del muoversi secondo un moto qualsiasi (infaH alcuni animali si muovono volando, altri nuotando, altri camminando, altri ancora in altri modi simili). È stato stabilito prima che principio degli altri movimen4 è ciò che muove-‐se-‐stesso, e che questo è il non-‐mosso, e che il primo motore è necessario che sia non-‐mosso (…). Ma questo bisogna comprenderlo non solo per definizione e in generale, ma anche a proposito delle cose singole e degli en4 sensibili: perché è proprio in ragione di ques4 che noi formuliamo i discorsi generali, che ad essi pensiamo debbano aAagliarsi.
Anche in relazione a queste cose infaH è evidente che il muoversi è impossibile se qualcosa non sta fermo; e ciò in primo luogo negli stessi animali. Se qualcuna delle par4 si muove, occorre infaH che un’altra sia ferma; ed è per questo che gli animali hanno le ar4colazioni. Gli animali si servono delle ar4colazioni come di un centro: e l’intera parte del corpo, in cui sta l’ar4colazione, diviene ora uno ora due, reAa o flessa, mutando in potenza e in aAo in virtù dell’ar4colazione. FleAendosi e muovendosi, un punto si muove, di quelli che sono compresi nelle ar4colazioni, mentre un altro sta fermo, come se di un diametro i pun4 A e D restassero fermi mentre B si muovesse e desse luogo ad AC (…). I pun4 compresi nelle ar4colazioni sono infaH tali da diventare, in potenza e in aAo, ora un’unità ora una pluralità divisibile.
Ma in ogni caso il principio è quello in prossimità del quale, in quanto principio, il movimento si arresta, mentre con4nua a muoversi la parte che sta soAo, come per esempio il gomito quando si muove l’avambraccio, la spalla quando è tuAo l’arto a muoversi, e il ginocchio è principio della gamba, l’anca di tuAo l’arto. È perciò chiaro che ciascuno deve avere qualche cosa in quiete in se stesso, donde proverrà il principio di ciò che si muove e appoggiandosi al quale si muoverà tuAo in massa o parzialmente. Ma ogni quiete interna è ugualmente priva di valore se non c’è esternamente qualche cosa di assolutamente quieto e immobile. Vale la pena di fermarsi a rifleAere su quanto deAo, perché non riguarda solo lo studio degli animali, ma anche quello rela4vo al moto e allo spostamento dell’universo.
De motu animalium 8.702a 21-‐32 È necessario che ciò che per primo muove l’animale si trovi in qualche principio. E si è deAo che l’ar4colazione è principio di qualcosa e fine di qualcos’altro. Per questo, la natura si serve di essa ora come di uno ora come di due. Quando infaH a par4re da lì ci si muove, è necessario che dei pun4 estremi dell’arto uno sia in quiete e l’altro in moto: che infaH ciò che muove deve far perno su qualcosa che è in quiete, si è stabilito prima. È mossa dunque, e non muove, l’estremità del braccio; e del punto di flessione che è nel gomito una parte è anch’essa in movimento, ossia quella che si trova nel tuAo che è mosso. Ma è anche necessario che vi sia qualcosa di immobile, che diciamo essere in potenza un unico punto, capace in aAo di diventare due: così che, se l’animale fosse un braccio, è lì che sarebbe localizzato il principio dell’anima che presiede al movimento.
Phys. 1.2 184b25-‐185a20 Indagare se ciò che è è uno e immobile, non è indagare la natura. InfaH, come lo studioso di geometria non ha più alcun argomento da avanzare a chi elimina i principi (della geometria), ma (una simile discussione) per4ene a una scienza diversa (dalla geometria) o comune a tuAe, lo stesso vale per chi svolge un’indagine sui principi. InfaH, non si traAa più di un principio, se è solo uno e uno in questo modo. InfaH, il principio è di una o di alcune cose.
Noi invece assumiamo che le cose che sono per natura, o tuAe o alcune, sono in movimento. Ciò è evidente a par4re sulla base dell’esperienza (epagoge). E non è opportuno confutare insieme tuAe (obiezioni), se non quelle false che siano state derivato dai principi, mentre quelle che non sono tali, no, come per esempio è compito di uno studioso di geometria confutare la quadratura del cerchio sviluppata mediante segmen4, ma non quella di An4fonte. Ma, sebbene non svolgano un’indagine sulla natura, costoro sollevano di faAo difficoltà rela4ve alla natura, e quindi forse è bene discuterle un poco. InfaH, l’indagine ha a che fare con la filosofia.
definizione di ente naturale dis4nzione tra en4 naturali e artefaH
Phys. 2.1 192b8-‐23
Delle cose che sono, alcune sono per natura, mentre altre per altre cause. Sono per natura gli animali e le loro par4, le piante e, tra i corpi, quelli semplici, cioè terra, fuoco, aria e acqua. InfaH diciamo che queste e simili cose sono per natura. TuAe queste cose appaiono diverse da quelle che non sono cos4tuite per natura. Ciascuna di queste cose, infaH, ha in se stessa un principio di mutamento e di stasi, alcune secondo luogo, altre secondo crescita e decrescita, altre ancora secondo alterazione.
Un leAo e un mantello, invece, e ogni altro genere di cosa di questo 4po, considera4 dal punto di vista per cui soddisfano tale denominazione e nella misura in cui sono prodoH della tecnica, non hanno nessun impulso connaturato di cambiamento; in quanto, invece, accade che siano cos4tui4 di pietra o di terra o di un misto di ques4, e nella misura in cui sono tali, lo possiedono, poiché la natura è un certo principio e una certa causa del mutare e dello stare in quiete in ciò a cui appar4ene primariamente di per sé e non per accidente/concomitanza.
Metodi di interpretazione: Analisi di un argomento di Ber4 contro l’ipotesi che, secondo Aristotee, il primo motore sia una
causa finale.
L’argomento può essere ar4colato in due par4. La prima parte è finalizzata a screditare l’idea che il pm sia una causa finale screditandone il principale fautore in epoca moderna (D. Ross). La seconda parte è finalizzata a screditare l’intera tradizione che ha sostenuto questa tesi con l’obieHvo di
indebolire con ciò la plausibilità della tesi stessa.
(I)
L’interpretazione standard dell’ul4mo secolo circa la causalità del pm è che il pm sia una causa finale.
Il principale e più influente fautore di questa
interpretazione standard è D. Ross: Ross sos4ene che il pm è una causa finale.
Ross sos4ene che il pm è una causa finale.
La tradizione aristotelica a par4re da Teofrasto sos4ene che il primo motore è una causa finale.
L'idea che il primo motore sia una causa finale non è affermata da Aristotele con la stessa chiarezza con cui è affermata dalla tradizione aristotelica.
La posizione di Ross è l'esito della tradizione
aristotelica (cioè Ross sos4ene questa posizione solo perché è portato a questo dalla tradizione
aristotelica).
Schema dell’argomento circa i mo4vi per cui Ross
ri4ene che il pm sia una causa finale
Tizio in t2 pensa x
Caio in t1 pensa x
Tizio pensa x perché è stato influenzato da Caio.
(II)
L'idea che il primo motore sia una causa finale e che in quanto tale sia oggeAo di emulazione è
platonizzante.
Parte della tradizione aveva l'obieHvo di mostrare la concordia teorica tra Platone e Aristotele.
Quindi l'idea che il primo motore sia una causa
finale non è di Aristotele ma è l'invenzione di una tradizione che ha aAribuito ad Aristotele idee platoniche per mostrare la concordia teorica tra
Platone e Aristotele.
argomento ad hominem:
si scredita chi sos4ene una certa tesi (in questo caso la tradizione) per dedurre che la tesi è falsa.
=
quello che sos4ene la tradizione è un’invenzione mo4vata dallo scopo di mostrare la concordia
teorica tra Platone e Aristotele
generalizzazione indebita:
dal faAo che parte della tradizione aveva l'obieHvo di mostrare la concordia tra Platone e
Aristotele non si può dedurre che ogni interpretazione tradizionale sia l'esito di questo
obieHvo.
NB: Teofrasto sos4ene che il pm è una causa finale, ma non aveva l'obieHvo di mostrare la concordia
teorica tra Platone e Aristotele.
assunzione tacita discu4bile:
il faAo che una teoria o idea sia platonica non
implica che non possa essere anche aristotelica. Lo implica solo se si assume che le filosofie di Platone e di Aristotele sono in neAo contrasto su ogni punto. Ma questo è falso e sarebbe anche
improbabile. Aristotele ha lavorato con Platone per 20 anni prima di fondare il Liceo.