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67 n. 12 • 15 marzo 2012 • anno 119 Dossier Informatica… mente i nativi digitali con gli automi Dossier Dossier inserto estraibile Ovvero: Informatica della mente per la Scuola Primaria di domani La tecnologia? È quasi umana! Parola di “nativo digitale” Secondo un progetto di ricerca internazionale, i bambini capiscono al volo le nuove pos- sibilità di internet e dei dispositivi che ci circondano. Per una volta sono stati fatti salire in cattedra, con risultati sorprendenti e una nuova filosofia: lo Sharism. “la Repubblica”, 31 gennaio 2012 La collana di Didattica della Matematica, Informatica della mente e metacognizione Dal 2009 ho avviato con Silvano Ferrarese editore di Book-jay.it una collana di e-books con il titolo sopra indicato. La collana, che conta ormai undici titoli, mentre diversi altri sono in preparazione, si pro- pone di esplorare il vasto territorio che si è aperto nell’ area di intersezione tra la didatti- ca e le neuroscienze cognitive. È mia convinzione che da questa area di intersezione la scuola potrà trarre le innovazioni più importanti per aggiornare i suoi metodi di insegnamento dell’Informatica e della Ma- tematica. M i è venuto da sorridere leggendo un articolo comparso il 31 gennaio su Repubblica (di cui riporto nel riquadro il titolo e il sottotitolo) in cui si presenta come una novità il fatto che i bambini si trovino a loro agio con i computer e con internet! Dopotutto sono secoli che raccontiamo le favole ai nostri figli e nipoti e, attraverso questi rac- conti, svolgiamo una parte importante della loro educazione. Da quasi venti anni io svolgo in prima persona corsi di Informatica per bambini in diverse classi della Scuola Primaria e della Scuola dell’Infanzia. Come coautore di Iperlogo, un linguaggio di programmazione per bambini che affonda le sue radici nelle teorie costruzioniste di Piaget e Papert, uso sistematicamente il mio linguaggio nelle sue versioni più recenti, accompa- gnandolo con giochi, metafore e racconti e sviluppando con esso progetti di Matematica, Mu- sica, storie multimediali interattive e via dicendo. I miei interventi vengono quindi parallelamente e sistematicamente riproposti nei corsi uni- versitari di Didattica della matematica e dell'informatica per i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università Cattolica e la Lumsa di Roma. Grazie anche alle numerose tesi di laurea e a una collana di pubblicazioni (vedi riquadro) su questi argomenti, ho avuto modo di mettere a confronto le capacità dei bambini, trattati come adulti, ovvero come piccoli matematici, con quelle dei loro futuri maestri, trattati come bam- bini, perché riflettano in prima persona sui processi di apprendimento e insegnamento basati sulla metacognizione. A cura di: Giovanni Lariccia SIM_12_pp_67_78:Layout 1 20/02/12 14.27 Pagina 67

Lariccia x scuola italiana moderna 2012 03-15

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Introduzione all' informatica centrata sul concetto di automa. Introduzione al linguaggio Iperlogo. Figure di rotazione. Poligoni.

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Dossier Informatica… mentei nativi digitali con gli automi

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Ovvero: Informatica della mente per la Scuola Primaria di domani

La tecnologia? È quasi umana! Parola di “nativo digitale”Secondo un progetto di ricerca internazionale, i bambini capiscono al volo le nuove pos-sibilità di internet e dei dispositivi che ci circondano. Per una volta sono stati fatti salire incattedra, con risultati sorprendenti e una nuova filosofia: lo Sharism.

“la Repubblica”, 31 gennaio 2012

La collana di Didattica della Matematica, Informatica della mente e metacognizione

Dal 2009 ho avviato con Silvano Ferrarese editore di Book-jay.it una collana di e-bookscon il titolo sopra indicato. La collana, che conta ormai undici titoli, mentre diversi altri sono in preparazione, si pro-pone di esplorare il vasto territorio che si è aperto nell’ area di intersezione tra la didatti-ca e le neuroscienze cognitive. È mia convinzione che da questa area di intersezione la scuola potrà trarre le innovazionipiù importanti per aggiornare i suoi metodi di insegnamento dell’Informatica e della Ma-tematica.

Mi è venuto da sorridere leggendo un articolo comparso il 31 gennaio su Repubblica (dicui riporto nel riquadro il titolo e il sottotitolo) in cui si presenta come una novità il fatto

che i bambini si trovino a loro agio con i computer e con internet!Dopotutto sono secoli che raccontiamo le favole ai nostri figli e nipoti e, attraverso questi rac-conti, svolgiamo una parte importante della loro educazione.Da quasi venti anni io svolgo in prima persona corsi di Informatica per bambini in diverse classidella Scuola Primaria e della Scuola dell’Infanzia. Come coautore di Iperlogo, un linguaggiodi programmazione per bambini che affonda le sue radici nelle teorie costruzioniste di Piagete Papert, uso sistematicamente il mio linguaggio nelle sue versioni più recenti, accompa-gnandolo con giochi, metafore e racconti e sviluppando con esso progetti di Matematica, Mu-sica, storie multimediali interattive e via dicendo.I miei interventi vengono quindi parallelamente e sistematicamente riproposti nei corsi uni-versitari di Didattica della matematica e dell'informatica per i corsi di laurea in Scienze dellaFormazione Primaria presso l’Università Cattolica e la Lumsa di Roma.Grazie anche alle numerose tesi di laurea e a una collana di pubblicazioni (vedi riquadro) suquesti argomenti, ho avuto modo di mettere a confronto le capacità dei bambini, trattati comeadulti, ovvero come piccoli matematici, con quelle dei loro futuri maestri, trattati come bam-bini, perché riflettano in prima persona sui processi di apprendimento e insegnamento basatisulla metacognizione.

A cura di:Giovanni Lariccia

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effetti a Turing noi dobbiamo il model-lo di computer inteso come macchinalogica universale.A volte racconto ai miei piccoli allieviche Turing mi è apparso in sogno e miha invitato a darmi da fare perché ibambini italiani diventino capaci di co-struire degli automi, oltre che, come giàsuccede, di acquistarli già belli e co-struiti nei Paesi dell’Estremo Oriente.Gli automi secondo Turing non sonodelle macchine umanoidi – per quelliusiamo il termine robot! – ma sempli-cemente degli “schemi di comporta-mento algoritmico”, cioè preciso, effi-cace e quindi prevedibile.La cosa importante è che lo stesso com-puter può essere visto come un auto-ma. Anche i sistemi operativi comeWindows e le applicazioni più comu-ni, come Word, Paint e Power Point,possono essere visti come automi par-ticolari, che ubbidiscono alle regoleche ha imposto loro chi li ha inventa-ti (costruiti).Ma la novità dell’approccio basato sullinguaggio Logo e sulla sua versioneoriginale italiana di Iperlogo è che noipossiamo far vivere gli automi anchenella nostra mente: basta che siamo ca-paci di programmare (prevedere, pro-gettare) una sequenza di azioni tale chel’automa sia capace di eseguirla e cheserva a raggiungere un certo scopo, adesempio, nel caso più semplice, la rea-lizzazione di un disegno di caratteregeometrico.

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Il principio di realtà di Emma CastelnuovoUna delle persone che più hanno inci-so nella mia vita di docente e ricercato-re nel campo della didattica è stata Em-ma Castelnuovo che ha avuto la straor-dinaria capacità di rimettersi in giocoinfinite volte senza mai perdere il con-tatto diretto con i bambini e con la sto-ria della conoscenza scientifica, in par-ticolare di quella matematica.Emma Castelnuovo alcuni anni fa hascritto delle pagine molto belle sui frat-tali, in particolare sul fiocco di neve ocurva di Koch, sulla base del fatto chela Matematica nella Scuola deve privi-legiare lo studio dei fenomeni realiprima che di quelli astratti, proprioper condurre i bambini all’astrazio-ne (principio di realtà).Trovo che la stessa cosa valga per l’Iin-formatica: sulla base del principio direaltà possiamo affrontare concettimolto importanti partendo, tuttavia,dall’esperienza concreta e, possibil-mente, dalla manipolazione di materia-li concreti.Vedremo come questo principio è statotenuto presente in due serie di inter-venti che ho fatto sull’infinitamentegrande e sull’ infinitamente piccolo conbambini di terza e quarta classe.

Gli automiSempre a proposito dell’uso di idee po-tenti per avviare i bambini all’astrazio-ne, voglio parlare della efficacia e della

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opportunità di usare con i bambini unapproccio all’Informatica basato sulconcetto di automa.Il concetto di automa è un concettomolto potente capace, se affrontato conil taglio giusto, di favorire un buon li-vello di astrazione nell’avvicinamentoall’Informatica.Naturalmente il concetto di automanon va presentato come un concetto,ma introdotto attraverso racconti e me-tafore, in una organizzazione fantasiosache credo possiamo a buon dirittochiamare sfondo integratore.Durante il primo incontro con unaclasse comincio sempre parlando deinostri amici automi, che a volte, spe-cialmente con i più piccoli, confondovolutamente con i “marziani”. Gli au-tomi hanno un loro linguaggio, che noipossiamo imparare. Ci sono tanti tipidi automi e tanti tipi di linguaggi. Noipossiamo parlare con loro, se imparia-mo a pensare come pensano loro.Anzi, come vedremo, noi possiamo ad-dirittura inventare degli automi sem-plicissimi e giocare con loro per sco-prire come si riesca a far fare loro dellecose straordinarie, con il loro linguag-gio fatto di pochissimi ordini, chieden-do loro di ripeterli come e quante voltevogliamo noi.Spesso parlo loro anche della figura diAlan Turing, un matematico morto sui-cida in età relativamente giovane, chegli Inglesi celebrano come uno dei piùgrandi scienziati del secolo scorso. E in

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In questo modo, come vedremo piùavanti, possiamo giocare a fare gli au-tomi anche in una classe senza compu-ter, usando il nostro corpo per simula-re quei comportamenti che vogliamosuccessivamente far eseguire ai nostriautomi.

Informatica della mente e metacognizioneDopo diversi anni di interventi svolticon i bambini, con gli studenti univer-sitari con i loro maestri, ho deciso diformalizzare questo approccio basatosulla capacità di riflettere sulle proprieazioni e sulle regole che sono richiestein un determinato contesto e l’ho chia-mato Informatica della mente.Da diversi anni uso ormai questo ter-mine, sia con gli allievi dei miei corsiuniversitari che con gli insegnanti del-le scuole in cui svolgo degli interventiformativi.Il termine Informatica della mente nonsi limita, ovviamente, al gioco degli au-tomi, ma abbraccia tutta l’Informaticache si può fare con la nostra mente,avendo soltanto presente l’esistenza de-gli automi (computer, dispositivi digi-tali, siti interattivi e quantaltro) e lapossibilità di programmarli.Perché parlare di Informatica della men-te? Proprio perché, se distinguiamo ilconcetto (comportamento) di un auto-ma dalle sue realizzazioni concrete,possiamo renderci conto che molte ca-pacità informatiche e cognitive dibase sono presenti nella nostra men-te sin da quando siamo piccoli, forsesin dalla nascita.Sulla base di studi recenti a cui facevariferimento l’articolo citato nel riqua-dro riportato all’ inizio, i bambini di og-gi sono stati definiti “nativi digitali”,per la naturalezza con cui si muovononel mondo digitale [Ferri, 2011].Recenti studi nelle neuroscienze co-gnitive hanno dimostrato che la no-stra mente è naturalmente portata afare Matematica. Si parla di un nu-

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1 Mi fa piacere riconoscere che l’idea di partire dal concetto di automa la devo a Mario Fierli, che ha insegnato per molti anni informatica presso l’IstitutoFermi di Roma e si è poi occupato del piano nazionale di informatica presso il Ministero della Pubblica Istruzione.

cleo matematico innato [Dehaene,1999].La scoperta di tante capacità cognitivedi base – cito ancora un altro bellissi-mo libro di Dehaene su I neuroni dellalettura – dovuta al raffinamento deglistrumenti di rilevazione e di osserva-zione scientifica della mente umanache può far ipotizzare che le capacitànecessarie per interagire con un com-puter, un dispositivo digitale o con In-ternet siano anch’esse in parte innate o,come potremmo anche dire, natural-mente disponibili alla mente umana.Ma il mio discorso vuol andare moltopiù in là. Nella misura in cui gli stru-menti digitali si umanizzano e si avvi-cinano alle capacità naturali dell’uomo,diventa sempre più facile che la lororappresentazione venga immersa nellarappresentazione del mondo reale. Gliautomi, in altre parole, sono ormai inmezzo a noi e sono qui per restare.Gli strumenti digitali (videogiochi,smartphone, computer e internet inprimis) fanno parte ormai della vitaquotidiana. Essi, sono, tra l’altro ormaiben presenti nell’immaginario colletti-vo tanto che molte espressioni del lin-guaggio comune sono prese in prestitodall’Informatica.Questo vuol dire che le persone comu-ni e ancora di più i bambini sono ingrado di ragionare su oggetti di tipo in-formatico e possono, se ben guidati, fa-cilmente organizzare il loro pensiero infunzione del raggiungimento di obiet-tivi di carattere informatico. In parolepovere, sono capaci di dialogare conuno strumento digitale o, se vogliamo,di programmare un computer.Perché allora non sfruttare questa situa-zione per spingere al massimo l’eserciziodi queste capacità? Perché non portare ibambini direttamente a programmare uncomputer?Dal 1969 esiste una famiglia di lin-guaggi di programmazione per bam-bini che risponde al nome di Logo.Noi abbiamo portato in Italia questo

linguaggio negli anni ottanta e negliultimi venti anni abbiamo fatto espe-rienza diretta di avviamento alla pro-grammazione con bambini di diversecittà italiane.

La metafora degli automi1Dunque il mio intervento in una classecomincia di solito raccontando che insogno Alan Turing mi ha chiesto di in-segnare ai bambini italiani a costruireautomi piuttosto che a comprarli belli efatti. Ci sono molti Paesi – l’India e laCina, il sud-est asiatico in primis! – incui l’educazione matematica e informa-tica è molto più sostenuta, dal governoe dalle famiglie, di quanto non accadada noi. Così nascono i geni, mentrenoi, che abbiamo quasi paura della bra-vura dei nostri figli, finiamo per com-prare loro giocattoli robotizzati che so-no dispositivi chiusi e non incoraggia-mo a investigarne il funzionamento.Ma veniamo agli automi e alla metafo-ra con cui essi possono essere introdot-ti in una classe di scuola primaria. Chi sono gli automi?La definizione più semplice che fun-ziona sia con i bambini sia con gliadulti non esperti – è quella di esecu-tore fedele di ordini ben formati,cioè chiari, precisi e ben riconosci-bili.Con il termine “esecutore fedele”esprimiamo il fatto che l’automa fasoltanto quello che diciamo noi, nonsi sogna di prendere alcuna iniziativase non è istruito a farlo. Ordini chiari, precisi e ben formativuol dire prima di tutto che gli ordinidevono essere perfettamente com-prensibili ed eseguibili dall’automa: inpoche parole: devono essere datiusando il linguaggio dell’automa. Il linguaggio degli automi solitamen-te è fatto di poche parole, molte dimeno di quelle che è capace di com-prendere un bambino di otto anni.

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E inoltre: si possono costruire degli au-tomi che conoscono soltanto due otre comandi, e questi automi sono ca-paci di svolgere compiti tutt’altro chebanali!Il secondo passo della mia introdu-zione è quello di dire: attenzionebambini, anche noi siamo (o ci com-portiamo come) automi, in certe cir-costanze. Quando facciamo la fila perandare al cinema ci comportiamo inmaniera prevedibile. Se siamo educa-ti – come sono educati gli automi, tut-ti gli automi sono educati! – cerche-remo di non scavalcare le personenella fila. Agiremo quindi in manieraprevedibile.Quando contiamo ci comportiamocome automi e così anche quandoeseguiamo delle operazioni aritmeti-che. I matematici dicono che eseguia-mo degli algoritmi. Ma torniamo ai nostri automi perbambini.

Il gioco dell’automa Tarta (sul pavimento)Il primo gioco che ci aiuta a capire chi

sono e che cosa fanno gli automi sichiama il gioco dell’automa da pavi-mento, che per tradizione viene chia-mato Tarta, più avanti vedremo perché.Si prende un bambino che impersonal’automa Tarta, lo si mette in piedisul pavimento, davanti alla classe e glisi dice: «Tu adesso impersoni l’auto-ma Tarta e quindi ubbidirai agli ordi-ni che un tuo amico ti darà. In questomodo ti sposterai sul pavimento se-guendo la sua volontà». L’amico vienenominato seduta stante conducentedi Tarta.Volendo si può introdurre un terzoruolo, che è quello del segretario diTarta, il quale ha il compito di scri-vere sulla lavagna la successione diordini che il conducente dà a Tarta.E per fare le cose in grande possiamointrodurre anche un quarto ruolo,quello di simulatore di Tarta, asse-gnandolo a un bambino a cui diamoil compito di disegnare sulla lavagnail percorso che Tarta esegue sul pavi-mento.Al bambino che svolge il ruolo di au-toma Tarta chiederemo di stare moltoattento perché in quanto automa, de-

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Qui e làUlteriore proposta sul tema è inclasse quinta – Matematica, Scienzee Tecnologia: pagg. 125-126

2 Abbreviazione della parola AVANTI, che tuttavia viene usata in una modalità più avanzata quando si aggiunge un argomento per indicare di quanti passidi tartaruga il nostro automa deve avanzare: ad esempio il comando AVANTI 77 indica che la tarta da schermo deve avanzare nella direzione del suo nasodi 77 piccoli passi di tartaruga.

ve riconoscere soltanto gli ordini chedecidiamo, prima dell’inizio del gio-co, che lui deve conoscere e saper ese-guire. Di solito si comincia con due soli co-mandi che possiamo chiamare AVA eDES. Se riceve il comando AVA2 ilbambino-Tarta deve fare un passo inavanti nella direzione del suo naso. Se riceve il comando DES dal suoconducente il bambino-Tarta deveruotare su se stesso di un quarto di gi-ro (fig. 1). A qualunque altro comando il nostroautoma Tarta deve fare orecchi damercante! Adesso chiediamo al con-ducente di Tarta di condurre il suoautoma sul pavimento in modo dafargli “disegnare” un quadrato.

La tartaruga sullo schermoIl terzo passo è quello di aprire il pro-gramma Iplozero, facendo notare aibambini l’analogia tra la tartaruga dapavimento impersonata dal loro com-pagno e la tartaruga sullo schermoschematizzata con un triangolo iso-scele.

Figura 1 – Tre bambini di una scuolaamericana degli anni ’70 giocano algioco dell’automa Tarta: la bambinaimpersona la Tarta, il bambino a sini-stra la guida dandole i comandi.

Figura 2 – Il gioco dell'automa tarta svolto durante ilprimo incontro con i bambini della scuola di Nostra Si-gnora del Suffragio a Roma.

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Chiederemo quindi al guidatore ditartaruga e ai suoi compagni di rifarecon la tartaruga da schermo lo stessopercorso che hanno fatto fare alla tar-taruga da pavimento (figg. 3 e 4).La differenza subito evidente è che latartaruga da schermo lascia una trac-cia sul suo percorso per cui la formadell’otto viene disegnata sullo scher-mo nella cosiddetta finestra di Tarta.Con questo gioco si può andare avan-ti per un bel po’ chiedendo a tutti ibambini di progettare sul quaderno icomandi da dare a Tarta per farle di-segnare tutte le lettere dell’alfabetosempre nella forma schematica digita-le che hanno sui pannelli delle auto-strade.

Alcune figure di rotazioneNella seconda lezione si portano ibambini a riflettere sul fatto che con-viene sfruttare gli automi per farequello che per noi è lungo e faticoso,non per fare le cose che ci riesconobene naturalmente.Possiamo subito scoprire un dominiodi applicazioni in cui la tartaruga daschermo è bravissima e ci fa scopriredelle cose stupende.Cominciamo dalle figure di rotazione,

anzi per essere più precisi comincia-mo dagli orologi colorati.Occorre premettere che le lezioni coni bambini si svolgano in un clima gio-coso in cui è lecito inventare delle pa-role nuove o dei termini che non ap-partengono alla Lingua italiana mache rievocano qualche oggetto del lin-guaggio comune per poi spiegare alnostro automa come si realizza que-st’oggetto.A volte diciamo che usiamo un lin-guaggio criptico, con i ragazzi parlia-mo di “linguaggio delle spie”, un lin-guaggio per addetti ai lavori: un lin-guaggio tutto nostro che noi costruia-mo e arricchiamo gradualmente.Il programma Iplozero in questo è unottimo complice perché ci consente didefinire delle nuove parole. Iplozeroin altre parole è un automa capace diimparare.Nel nostro linguaggio di spie chiame-remo orologio una figura che nellarealtà non esiste, ma che assomigliaal quadrante stilizzato di un orologioanalogico.Per disegnare un orologio basta dareall’automa Tarta i seguenti comandi:• AVANTI 250• INDIETRO 250• DESTRA 30• …

E tutto questo per dodici volte! Il no-stro automa si presta, tuttavia, a dellepotentissime abbreviazioni. Si puòscrivere A per AVANTI, I per Indietroe D per Destra.La ripetizione dei tre comandi che ab-biamo visto sopra si può riassumerecon la seguente espressione:• RIPETI 12 [A 250 I 250 D 30]Già l’uso delle abbreviazioni e dei co-mandi potenti rende estremamenteaccattivante l’uso dell’automa Tartasullo schermo.Ancora di più se riassumiamo quellariga di comandi con una sola parola:OROLOGIO.Diremo che l’automa Tarta e il suo ca-po Iplozero sono capaci di impararenuove parole se noi soltanto le defi-niamo sul foglio.Sul foglio scriveremo dunque:• PER OROLOGIO• RIPETI 12 [A 250 I 250 D 30]• FINE

Colori e spessoriCon il programma Iplozero – che fun-ziona in ambiente Windows – è possi-bile cambiare lo spessore e il coloredel pennello con cui Tarta lascia unatraccia quando si sposta sulla sua fi-nestra.

Figura 3 – Il primo congegno elettromec-canico associato al Logo nel 1971 presso ilLogo Lab del Mit assomigliava vagamentead una tartaruga: di qui il nome è rimastoanche per l’automa simulato sullo schermo.

Figura 4 – Un dettaglio della tartaruga elet-tromeccanica da pavimento realizzata conun guscio trasparente.

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In questo modo è possibile creare dellefigure già piuttosto interessanti e piut-tosto difficili da realizzare senza il com-puter: ecco a che cosa servono gli au-tomi!

Lancette più sofisticateAnche in Iplozero si possono creare de-gli automi in modo gerarchico. Anzi,conviene sempre suddividere il pro-cedimento in modo gerarchico. Perogni funzione introdurre una proceduraspecifica con un nome che rispecchiaquello che fa la procedura stessa. Questo corrisponde al fatto di avereuna impresa in cui ogni membro svol-ge una funzione semplice, e una sola,e consente di mantenere meglio ilcontrollo del nostro progetto.Prendiamo l’esempio dell’orologio co-lorato che abbiamo appena disegnato.Possiamo introdurre la proceduraLANCETTA che realizza quello chenormalmente, in un orologio analogi-co, è proprio la lancetta delle ore.Giacché ci troviamo in un mondo difantasia ci prendiamo anche la libertàdi disegnare una lancetta che finiscecon un cerchio. Scriviamo dunque:• PER LANCETTA1• AVANTI 250 CERCHIO 50 INDIE-TRO 250• FINEA questo punto il nostro orologio, l’au-toma orologio, può essere riscritto uti-lizzando l’automa LANCETTA:

La gerarchia degli automi

Gli automi non si trovano qua-si mai da soli, ma vengono qua-si sempre in gruppi e sono ge-neralmente organizzati in mo-do gerarchico. Non sarà diffici-le insieme con i bambini indivi-duare con loro in un cer tocontesto chi è l’automa checomanda e chi sono i suoi col-laboratori.Tanto per cominciare possia-mo affermare che il computerstesso è un automa. Con que-sto intendiamo riferirci al com-puter senza alcun programma,prima ancora che sia stato in-stallato un sistema operativo. Prendiamo adesso un compu-ter su cui è stato installato il si-stema operativo Windows: di-remo che il computer è il ca-po di Windows. Tutti i program-mi che girano sotto Windowssono dei sudditi di Windows.In particolare tra questi suddi-ti considereremo Iplozero, chetra i suoi sudditi annovera an-che l’automa Tarta.Nel regno degli automi vale unordine gerarchico fatto in ma-niera tale che le leggi dell'au-toma più potente valgono atutti i livelli degli automi a luisottoposti.Quindi se io mi trovo nel do-minio computer, poi entro nelregno di Windows e poi ancoranel regno di Iplozero, devoconfrontarmi con tutte le leggidei domini che sono superioria quello in cui sto operando.Quindi quando sono dentroIplozero e vedo delle finestrecon una x in alto a destra, soche posso chiuderle semplice-mente cliccando sulla x, perchéqueste sono le leggi che valgo-no nel regno di Windows.

Figura 5 – Esempio di OROLOGIO Figura 6 – Esempio di OROLOGIO conLANCETTA SBRONZA

• PER OROLOGIO• RIPETI 12 [LANCETTA1 DESTRA30]• FINEIn questo modo, utilizzando le capaci-tà di Windows e di Iperlogo di cambia-re il colore e lo spessore del pennello,siamo in grado di creare delle belle fi-gure, che chiamiamo ancora orologi.A questo punto possiamo introdurredelle varianti che a volte nascono ad-dirittura da una svista o da un errorema che poi, prese sul serio, rendono ilgioco estremamente creativo. Suppo-niamo di modificare la nostra proce-dura LANCETTA in questo modo:• PER LANCETTA2• AVANTI 250 CERCHIO 50 INDIE-TRO 200• FINECon i bambini abbiamo chiamatoOROLOGIO.UBRIACO, che si ricavautilizzando la LANCETTA2.• PER OROLOGIO.UBRIACO• RIPETI 12 [LANCETTA2 DESTRA30]• FINEUna seconda variante consiste nel so-stituire un poligono regolare al cer-chio: questo è facile da fare grazie alfatto che in Iplozero si può usare un co-mando molto semplice per realizzareun poligono regolare. Ad esempio, PO-LIGONO 5 30 realizza un pentagono dilato 30. Quindi se noi modifichiamoancora la lancetta nel modo seguente:• PER LANCETTA3

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tanto sette azioni elementari che con-sentono di spostarsi nel piano da unesagono all’altro. Un cenno a partemerita l’approfondimento che è statofatto sulla costruzione dei colori par-tendo dai tre colori base rosso verdeblu, che sono tricolori base presi daWindows.

Le pavimentazioni di San Giorgio del SannioPer completare questa panoramicavogliamo fare un rapido cenno a unaltro esperimento, molto importante,fatto con sessanta bambini di terzasuddivisi in due classi.L’esperimento ha avuto luogo all’in-terno di un progetto Pon finanziatodalla comunità europea nella ScuolaPrimaria di San Giorgio del Sannio eha visto impegnati, per 30 ore, duegruppi di venti bambini ciascuno.L’esperimento non avrebbe potutoavere luogo se non ci fosse stataun’importante partecipazione di alcu-ne maestre della scuola in funzione ditutor.Le prime lezioni si sono svolte in ma-niera del tutto analoga a quelle dellascuola romana. Abbiamo realizzatodiverse figure con Iplozero (fig. 7), maa un certo punto abbiamo sperimen-tato un importante approccio al di-scorso delle tassellazioni basato sucartoncino, riga, compasso, squadra,forbici e colla (figg. 8 e 9).

Suffragio” è stato la realizzazione di unpavimento fatto con tassellazioni esa-gonali. Questa esperienza è stata portata avan-ti nell’arco di due o tre incontri sia nel-la scuola “Nostra Signora del Suffragiodi Roma”, sia in una scuola di SanGiorgio del Sannio in provincia di Be-nevento, nell’ambito di un corso rivol-to a sessanta bambini di classe terza.Qui faremo riferimento soprattutto allaprima esperienza – in quanto assoluta-mente normale! – facendo qualche ac-cenno alla seconda che però si è svi-luppata nell’ambito di un progettoPon, finanziato dal Fondo sociale eu-ropeo.In questa esperienza dobbiamo sotto-lineare una fase che nella precedentenon era stato necessaria, vale a dire lacreazione delle primitive di un mi-cromondo. Per fare gli alveari, le tas-sellazioni esagonali, bisogna poter fa-re un esagono partendo dal centro,quindi spostarsi nel centro di uno deisei esagoni adiacenti. Per fare questooccorre utilizzare un numero fissoche dà la misura dell’apotema, par-tendo dal lato. Ovviamente non è ne-cessario spiegare ai bambini l’originedi questo numero fisso, ma soltantodire che “esiste”. Ricordo che un tem-po, alle Scuole Elementari, veniva in-trodotto anche il numero fisso percalcolare l’apotema partendo dal lato.Si viene così a creare un micromondo,cioè un mondo in cui sono valide sol-

• AVANTI 250 POLIGONO 5 30 INDIETRO 200• FINEOtteniamo un orologio ubriaco cheha come elemento decorativo un pen-tagono anziché un cerchio.

Prime conclusioniAbbiamo tratteggiato il percorso fattonelle prime tre lezioni con i bambinidi una classe quarta di una scuola del-la periferia romana.Da notare che le lezioni si sono svoltein parte in una classe dove c’era sol-tanto un computer portatile e una la-vagna tradizionale di ardesia. Soltantoin un secondo momento ci siamo re-cati nell’aula di computer dov’era sta-to installato il programma Iplozero.I bambini hanno seguito perfettamen-te tutto l’itinerario concettuale, si so-no immersi nello sfondo integratorebasato sulla teoria degli automi, han-no accettato il linguaggio convenzio-nale e la possibilità di dare nomi stra-ni a oggetti strani.Le lezioni hanno avuto luogo una vol-ta la settimana per la durata di un’oracirca. I risultati riportati sui quadernitestimoniano il clima di entusiasmo edi partecipazione della classe.

Mosaici e tassellazioniUn altro argomento affascinante cheabbiamo trattato con i bambini di quar-ta della scuola di “Nostra Signora del

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Dopo avere realizzato con Iplozerodelle mattonelle ottagonali, ci siamodivertiti a rifare le stesse mattonellecon il cartoncino e a creare delle pa-vimentazioni con i cartoncini colora-ti e la colla. I bambini si sono dimo-strati entusiasti e forse hanno godutoanche di più nella manipolazione dioggetti concreti, anche se si sonosempre dimostrati consapevoli dicontinuare a svolgere un gioco similea quello dell’automa Tarta. Con le tassellazioni in cartoncino ibambini hanno avuto la percezionedella possibilità di ripetere un certonumero di mattonelle ripetendo lastessa configurazione, quindi hannoavuto un’idea concreta del concetto diinfinito in Matematica.

Informatica della mente:ieri, oggi e domaniCome siamo passati dal programma Lo-go a Iperlogo? Quali sono le prospettive, nella scuola dioggi, di Iperlogo e dei suoi derivati?Il Logo nasce presso la Bolt Beranek &Newman, a Boston, nel 1969. Si diffon-de rapidamente in molti paesi, tradottoin diverse lingue, sotto la spinta ideo-logica e rivoluzionaria di Seymour Pa-pert, un epistemologo che ha lavoratoprima con Piaget e poi con Minsky. InItalia arriva nel 1983 con un progettopromosso da Mauro Laeng e diretto dalsottoscritto. Dopo diverse traduzionidall’Inglese, finalmente nel 1985 esce lanostra prima versione originale, chia-mata Superlogo.Nel 1997 con Giovanni Toffoli svilup-piamo Iperlogo, un Logo potente inambiente Windows che consente di ge-stire la multimedialità e l’ipermedia-lità. Nel 2006, su suggerimento di Da-niela Pessina, nasce QQ.storie, una ver-sione di Iperlogo che consente la crea-zione di storie multimediali interattivecon una interfaccia a icone.

Alla ricerca di MatelandiaQQ.storie è una applicazione conteni-tore, capace di ospitare numerose sto-

rie che nascono le une dalle altre.Ogni qq.storia è caratterizzata da unascatola di attrezzi che le consentonodi esplorare certi mondi fantasticipiuttosto che altri. QQ.storie rappre-senta così il tentativo di realizzarel’utopia che Seymour Papert ha defi-nito Matelandia: un paese virtualein cui la Matematica è la linguanaturale, parlata da tutti e quindiè facile da imparare, come tutti noiabbiamo imparato senza difficoltà lalingua materna.Il termine QQ è un termine un po’scherzoso, volutamente vicino al lin-guaggio infantile, che vuole indicaretutto quello che si può fare con unQuaderno a Quadretti molto specia-le. Con le applicazioni di QQ.storie ab-biamo così imitato la pittura di Kan-dinsky, giocato con i volti stilizzatiche si possono costruire con dei cer-chi, creato la visita al parco naziona-le dello Stelvio, giocato con i fratta-li, in particolare con i fiocchi di nevedi Koch.QQ.storie si riallaccia ad una serie diriflessioni sull’origine della Matema-tica nella nostra mente e sul ruolo chedovrebbe avere l’educazione matema-tica nella nostra civiltà. Sul pianoconcreto QQ.storie è stato sviluppatoin Iperlogo e quindi con QQ.storie sipuò fare tutto quello che si può farecon Iperlogo. Ma l’interfaccia è tal-mente semplice e intuitiva che è statacollaudata con bambini di soli tre an-ni, in una scuola in provincia di No-vara: io stesso ho fatto un corso conbambini di quattro anni e mezzo.

La scoperta della ipermedialitàQuando Giovanni Toffoli e il sotto-scritto hanno progettato e realizzatoIperlogo per trasportare l’esperienzadel Superlogo in ambiente Windows,si sono resi conto di avere a disposi-zione uno strumento formidabile perrealizzare un prodotto innovativo.Iperlogo consente infatti di usare del-

le finestre che contengono dei docu-menti ipertestuali. È possibile, quindi, utilizzando addi-rittura Word, creare una storia, e farlagestire da Iperlogo. Dentro la storiaWord si possono quindi inserire dellefigure e dei collegamenti Ipertestualia immagini, suoni, procedimenti cheIperlogo realizza in tempo reale. Nonsolo: ma lo stesso documento Html –che può essere preparato usandoWord – si presta a costruire dei menùche fanno fare a Iperlogo quello chevogliamo. Ad esempio, gestire suoni,brani musicali, animazioni. Ma so-prattutto a creare degli oggetti, tra-sformarli in moduli e di qui prosegui-re, senza rendersene conto, nella logi-ca della costruzione modulare di og-getti complessi.

Quaderno.a.quadrettiL’applicazione che ha segnato il pas-saggio da Iperlogo, un linguaggio diprogrammazione comandabile con leparole, a QQ.storie, un’applicazionebasata su un’interfaccia a icone sichiamava Quaderno.a.quadretti ed ènata per servire a una sperimentazio-ne in alcune scuole dell’obbligo di Mi-lano e dintorni che oggi afferiscono alprogetto www.bambinoautore.it idea-to e diretto da Stefano Merlo.L’idea di base è quella di ridurre lafinestra della tartaruga a una grigliacomposta da n x n quadretti, dove ilbambino muove un cursore usandole quattro freccine della tastiera delcomputer – quindi con soli quattrotasti! – e quando lo ritiene colora ilquadretto su cui si trova il cursore. In questo modo la finestra di tarta siriduce a 8 x 8 quadretti ed è moltosimile al quaderno a quadretti che ilbambino usa a scuola, da cui il no-me, appunto, dell’applicazione. Ilbambino può così provare sul pro-prio quaderno a quadretti le figureche, dopo un po’ di pratica, impare-rà a fare direttamente sullo schermo. Si tratta di figure molto semplici, mache hanno il loro fascino.

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Successivamente il bambino impare-rà a conservare e a recuperare i suoilavori da una chiavetta e a ripetere lefigure, collocandole secondo ritmi(stampini) di vario tipo. Con l’aiutodi un adulto, sceglierà un’immagine– eventualmente la sua fotografia –per identificare e successivamente ri-prendere la pagina realizzata, a cui,nel tempo, potrà aggiungere altre pa-gine.Quaderno.a.quadretti è stato pensatoin modo specifico per la Scuola d’In-fanzia e per le prime due classi dellaScuola Primaria. Alcune applicazioni,come QQ.quadretti sono state tuttaviautilizzate con successo anche in altriambiti:• nel secondo ciclo della Primariapresso l’Istituto “Maddalena di Ca-nossa” di Monza; • presso la Scuola Secondaria di I gra-do “A.Balabanoff” di Roma;• nei Laboratori di Didattica dellaMatematica per l’indirizzo di Scuoladell’Infanzia del Corso di Laurea inScienze della Formazione Primaria,Università Cattolica di Milano.

Le prime applicazioniPossiamo far risalire alle idee di basedi QQ.storie anche altre applicazioniche sono state costruite dalla Prof.ssaPessina con i suoi allievi con il miosupporto per la messa a punto finale.

Storia.di.pinnaLa storia di un pescecane buono inmezzo al mare dove ci sono tanti pe-scecani meno buoni di lui. Anche que-sta storia è stata realizzata dai bambinidi una classe seconda dell’Istituto del-le Canossiane di Monza, sotto la dire-zione della loro insegnante D. Pessina.

Storia.di.violaLa storia di una bambina di nomeViola che compie un viaggio in Fran-cia alla scoperta di tante cose belle.Questa storia è rappresenta la sintesidei lavori realizzati dai bambini diquarta e quinta dell’Istituto delle Ca-nossiane di Monza, sotto la direzionedella loro insegnante D. Pessina.

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Presentiamo una piccola galleria diesempi sviluppati da bambini delleCanossiane di Monza (fig. 10) e dagliallievi dei Laboratori di Didattica del-la Matematica nell’ambito del corsodi Scienze della Formazione dell’Uni-versità Cattolica di Milano (fig. 11).I primi tre rappresentano la riprodu-zione dei famosissimi mosaici di Ra-venna, mentre gli ultimi tre rappre-sentano le illustrazioni di una storiasulle quattro stagioni. Il programma usato in entrambi i casiè QQ.storie, partendo dalla qq.storiache usa la tecnica dei quadretti colo-rati sulla griglia.

Iperlogo e la MatematicaIperlogo è un linguaggio fortementeorientato alla Matematica. Con questonon vogliamo dire che per usare Iper-logo occorre essere bravi in Matema-tica. Anzi: Iperlogo consente di avvici-narsi alla Matematica come a unalingua viva, una lingua madre. Che co-sa c’è di più semplice che imparare lalingua madre in un ambiente in cui tut-ti la parlano?

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Chi ha fatto che cosa (sinora)L’idea di QQ.quadretti e QQ.storie nascedai “laboratori per l’apprendimento”tenuti da Giovanni Lariccia nell’ambi-to di corsi di Informatica, didattica del-la Matematica e Scienze cognitive te-nuti all’Università e presso numerosescuole primarie e dell’Infanzia.Molte applicazioni sono state svilup-pate nell’ ambito di corsi che, seguen-do la stessa tradizione, hanno tenutoaltri insegnanti, usando il linguaggioIperlogo. Tra questi un ruolo del tuttoparticolare ha avuto Daniela Pessina,insegnante di informatica presso l’Isti-tuto Maddalena di Canossa di Monza,che è responsabile anche della super-visione didattica di tutte le applica-zioni proposte in questa collezione.

Alcuni capolavori realiz-zati con QQ.quadrettiSe QQ.quadretti si presenta come ungioco, quando i bambini si impegna-no diventa un gioco molto serio, chesi avvicina all’ artigianato – o all’arte?– del mosaico, del punto a croce edell’illustrazione dei libri per ragazzi.

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Chiedere a un bambino di cinque o seianni di creare un pavimento utilizzandoquattro mattonelle di base di dimen-sioni e colori diversi non è difficile (fig.12). Ma nel disporre le mattonelle sulpavimento, completando i ritmi e tap-pando i buchi, il bambino fa Matema-tica senza saperlo. Se è un bambino do-tato, troverà nella composizione delpavimento una grande soddisfazioneintellettuale. Se è un bambino menodotato, comunque qualche pavimentoriuscirà a tirarlo fuori e pian piano a co-stuire dei modelli originali, tutti suoi.Non avrà mai la sensazione che qual-cuno lo giudichi, ma sentirà la “mis-sione” di completare il suo lavoro. Nonè difficile immaginare quante combi-nazioni diverse possa creare un bam-bino di cinque anni con delle matto-nelle “intriganti”. Mentre il pavimentosi compone, il computer registra lemosse ed è in grado di riprodurle suc-cessivamente, su richiesta del bambinoo dell’insegnante, con tempi, ritmi, ef-fetti speciali a piacere. Dal semplice pa-vimento si passa così, senza soluzionedi continuità, a un… pavimento multi-mediale, anzi – perché no? – a un veroe proprio spettacolo multimediale dalcosto molto contenuto!

Apprendimento costruttivo e lavoro collaborativoTutte le applicazioni di Iperlogo si ispi-rano ai principi dell’apprendimento co-struttivo riassunti dalla frase “Se faccio,

cidere di conservare il suo lavoro. Nonè necessario che gli dia un nome: è ilcomputer stesso a trasformare il dise-gno in un’icona e a conservare il lavoroassociandolo a questa icona, che ilbambino sarà in grado di ricordare fa-cilmente. Così può conservare anchediversi stadi del suo lavoro senza com-piere sforzi eccessivi. Alla fine, conl’aiuto dell’insegnante, può eliminaregli stadi intermedi e può anche asso-ciare al suo nome l’icona del lavoro.L’idea di fondo di questo progetto è cheprogrammare un computer significamemorizzare una sequenza di azioni, eche la responsabilità di questo compi-to può essere data allo stesso computer.Con QQ.quadretti, dunque, il bambinodeve soltanto riflettere sulle proprieazioni e, con l’aiuto dell’insegnante,porsi degli obiettivi di tipo creativo chesiano proporzionati alle sue capacità dischematizzazione e di astrazione. Al re-sto ci pensa il computer. QQ.quadretticonsente di realizzare splendidi mosai-ci colorati con griglie da 8 x 8 a 64 x 64quadretti e 256 colori diversi.

Il futuro dell’Informaticadella mente nella scuolaL’avvento dell’Informatica nella nostrasocietà presenta una serie di aspetti en-tusiasmanti. Mentre all’inizio dell’epocadel computer nella Scuola, negli anniottanta, prevaleva il senso di rifiuto daparte della maggior parte degli opera-tori scolastici, oggi, forse, c’è un sensodi paura per la presa di coscienza del-l’esistenza di un gap generazionale, do-vuto al fenomeno dei nativi digitali.Eppure la constatazione che i nostri al-lievi sono naturalmente predisposti perquesta tecnologia, sono più adatti dinoi a navigare in questo tipo di societàdella conoscenza, dovrebbe stimolarcia crescere e a creare delle opportunitàper far crescere le loro menti.Un rischio molto forte è quello che, in-vece di affrontare il problema in pro-fondità, ci si adatti a cercare di domi-nare questa rivoluzione, riempiendosidi gadget.

capisco”: soltanto provando e ripro-vando a fare e rifare gli esempi e con-frontandoli con i modelli si capisconoa fondo i principi del pensiero infor-matico. Un secondo principio fonda-mentale è che si impara meglio lavo-rando assieme: gli alunni lavoranocon gli altri alunni e con gli insegnanti;gli insegnanti lavorano con gli altri in-segnanti, le scuole con le altre scuole.In questo modo si impara a costruireopere complesse, che oggi sono mosai-ci e ricami riprodotti sul computer, do-mani potranno essere programmi com-plessi che controllano una centrale nu-cleare o il traffico di una città.

QQ.quadrettiNel corso dell’anno scolastico 2003/2004 abbiamo definito e cominciato asperimentare un’applicazione chiama-ta QQ.quadretti, successivamente con-fluita in QQ.storie. QQ.quadretti si basa,l’abbiamo detto, sulla metafora del qua-derno a quadretti: quello che il bambi-no vede sullo schermo è una griglia diquadratini che assomiglia in tutto e pertutto alla pagina vuota di un classicoquaderno a quadretti. Su questa grigliai bambini si muovono spostando unquadratino che può essere colorato otrasparente. Con un po’ di astrazione,essi possono realizzare qualunque figu-ra, approssimandola, come si fa con iblocchi di legno delle costruzioni.Tutte le azioni che il bambino ese-gue sul computer sono memorizza-te e, alla fine, il bambino stesso può de-

Figura 12

Le quattro mattonelle di baseutilizzato da Francesco

Il pavimento realizzato da Francesco con lequattro mattonelle

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La stessa introduzione delle lavagne in-terattive nelle scuole non è stata prepa-rata da una riflessione profonda suquello che l’Informatica è in grado diportare nei processi di apprendimento.La Scuola deve vedere nell’Informa-tica la fase finale (attuale) di un pro-cesso che coincide con il progressostesso del sapere scientifico. L’Infor-matica poggia su tutto l’edificio del sa-pere scientifico, sull’evoluzione dellascienza e della cultura. Abituare i bam-bini a essere consumatori di gadget emiracolosi, senza stimolare in loro lacuriosità di sapere come funzionanoqueste cose e senza proporre di capirecome si costruiscono, ci sembra deci-samente diseducativo.

Se faccio, capisco

È la conclusione di un proverbio cine-se che è stato preso come titolo di ungrande progetto di insegnamento dellaMatematica, sviluppato negli anni ses-santa in Gran Bretagna, dalla fondazio-ne Nuffield.Proprio perché il pensiero informaticoè strettamente collegato al pensiero ma-tematico, anche se possiamo immagi-nare che ci siano degli elementi di dif-ferenziazione, dobbiamo utilizzareper insegnare l’Informatica un ap-proccio basato sul fare per capire.Ma uno degli aspetti più entusiasman-ti per chi ha seguito lo sviluppo dell’In-formatica nel nostro pianeta è la colla-borazione tra persone di razze, popoli,nazioni assolutamente lontane tra diloro. Le più grosse imprese informati-che poggiano sulla collaborazione dimigliaia di persone.Ci sembra importante associare l’ap-prendimento dell’Informatica all’ap-prendimento della progettualità e al-l’esercizio della collaborazione fin daiprimissimi livelli della scuola.L’Informatica della mente, associata a unlinguaggio di programmazione per

bambini, rende possibile lo sviluppoprogetti grandiosi anche se assoluta-mente proporzionati alle risorse ditempo, economiche, intellettuali, di-sponibili in una scuola italiana di oggi.È per questo che stiamo immaginandodi mettere in piedi una rete di scuoleche scambiano i loro prodotti e i loroprogetti: maggiori informazioni sul sitohttp://iperlogonet.wikispaces.com.

Pensare per moduliSeymour Papert, matematico, episte-mologo, collabotore di Piaget, sostieneche l’uso del Logo, inteso come un lin-guaggio di programmazione potenteorientato ai bambini serve a impararea pensare. Una delle cose più belle cheho scoperto proponendo l’Informaticadella mente con un approccio misto traIplozero e costruzioni concrete è la ric-chezza e la potenza del pensiero mo-dulare. Pensare per moduli è il segretodi qualunque grande progetto. Impara-re a suddividere un compito complessoin moduli, un problema in sottoproble-mi, è il cuore dell’intelligenza matema-tica e informatica, ma serve anche intutte le circostanze della vita. La pro-grammazione di Iperlogo induce natu-ralmente a creare moduli a comporlitra di loro in vario modo. In questosenso educa al pensiero modulare. Pen-sare per moduli è la conseguenza piùnaturale del concetto di automa: i mo-duli infatti possono essere pensati co-me i lavoratori di una grande impresa,organizzata a diversi livelli gerarchici.Pensare per moduli è la premessa per la-vorare in gruppo in modo ordinato e pro-duttivo. È una delle cose più importan-ti della nostra civiltà e lo sperimentarlaa scuola è una grande opportunità, chepuò avere conseguenze molto importantia tutti i livelli, sia nella scuola che, in se-guito, a livello lavorativo.

Grandi progetti in reteLa capacità di pensare per moduli e lapossibilità che Internet ci offre di colla-borare senza limiti di tempo e di spa-zio, ci permettono di immaginare pro-

spettive molto importanti per l’Infor-matica della mente. Ci limitiamo qui apresentare tre progetti che sono statigià avviati con alcune scuole con i cor-si universitari tenuti al sottoscritto.

Una mappa del cielo stellatoAbbiamo cominciato a creare con Iplo-zero alcune delle principali costellazio-ni che si possono osservare nel nostrocielo. Realizzando queste costellazionicon la Geometria della tartaruga, che èuna Geometria relativa, non è difficileimmaginare di rappresentare le costel-lazioni nelle diverse ore del giorno edella notte o nelle diverse stagioni.Questo esempio di applicazione delprincipio di realtà a un argomento in-terdisciplinare che chiama in causa an-che la didattica di Scienze della terra.

Un atlante storico economicoL’idea di partenza, associata a una tesidi laurea, è quella di rappresentare icommerci delle materie prime all’epo-ca degli antichi romani. Anche qui i la-vori da svolgere sono tanti, ma graziealla struttura modulare resa possibileda Iplozero, il compito può essere sud-diviso tra tante persone e, quindi, allafine fattibile.

Rappresentazione del movimen-to del proprio corpoAbbiamo già più volte creato delle rap-presentazioni in fil di ferro del corpoumano fermo o in movimento. Questeimmagini possono dare luogo a delleanimazioni molto caratteristiche, uti-lizzando la tecnica conosciuta con ilnome di stop motion.

Che cos’è Iperlogo oggi?Iperlogo rappresenta:• un linguaggio di programmazione ditipo universale;• un metodo pedagogico per imparareil computer secondo i principi dell’In-formatica della mente;• lo strumento condiviso da una co-munità di utenti che collaborano scam-biandosi artefatti cognitivi, cioè pro-getti e programmi utilizzabili nellascuola a vari livelli.

Se ascolto, dimentico.Se vedo, ricordo

Se faccio, capiscoAntico proverbio cinese,

forse Confucio

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Giovanni Lariccia docente di Matematiche

Elementari

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Un linguaggio universaleIn quanto linguaggio di programma-zione Iperlogo è universale3 nel sensoche possiede i costrutti di base che gliconsentono di accettare la descrizionedi qualunque algoritmo o procedimen-to matematico e informatico. E, infatti, da quando è nato (nel 1997)Iperlogo è stato utilizzato, dal sotto-scritto e da alcuni programmatori perrealizzare progetti anche molto ambi-ziosi, soprattutto di carattere educativoe divulgativo. Iperlogo non è un lin-guaggio particolarmente efficiente: ilsuo valore sta nell’essere particolar-mente vicino al modo di pensare de-gli esseri umani, oltre al fatto di esse-re stato concepito completamente im-merso nella Lingua italiana.

Un linguaggio a più livelliUna delle caratteristiche più importan-ti di Iperlogo, che lo rende uno stru-mento estremamente flessibile e perso-nalizzabile per l’ educazione, è il fattoche può essere usato a più livelli.Al livello più alto (dal punto di vistadella difficoltà) operano i programma-tori più esperti, che preparano gli spa-zi di lavoro per i livelli inferiori. Al se-condo livello ci possono essere gli in-segnanti. Al terzo livello, quello piùbasso, ci sono solitamente gli allievi,bambini, ragazzi o studenti universita-

tomobile – per raggiungere un deter-minato obiettivo non ci muoviamo sullabase delle coordinate dell’obiettivostesso, ma pianificato una serie di spo-stamenti in termini di AVANTI, INDIE-TRO, DESTRA, SINISTRA, dove questicomandi sono ovviamente riferiti allaposizione e alla direzione che noi oc-cupiamo nel momento in cui ese-guiamo il comando. La Geometria euclidea, invece, fa rife-rimento a delle figure che sono collo-cate in uno spazio assoluto. Quandopensiamo un quadrato, lo pensiamoimmerso in un piano, pensiamo alletrasformazioni che lo conservano, manon pensiamo mai al percorso che unodeve fare per disegnarlo.Può sembrare, a prima vista, che la Geo-metria relativa sia di un livello piùbasso, mentre quella assoluta può sem-brare la Geometria più nobile.E tuttavia è interessante notare come lateoria della relatività di Einstein poggiasu un riferimento relativo, anziché as-soluto.La Geometria di una telecamera, o diuna cinepresa, e anch’essa di tipo rela-tivo, e riflette in qualche modo il rap-porto tra il nostro occhio e la realtàesterna.

S. Dehaene, Il pallino della ma-tematica, Mondadori, Milano2000.

P. Ferri, Nativi digitali, Monda-dori, Milano 2011.

G. Lariccia, Informatica dellamente, Book-jay.it, Torino2010.

G. Lariccia, I fantastici mondidi Iperlogo, Book-jay.it, Torino2010.

segnasitididainfo.wikispaces.comSito di riferimento per il corso di Fondamenti di Lo-gica e informatica per la didattica ( = Didattica del-l’Informatica) tenuto da G. Lariccia alla Lumsa.

didainfogonzaga.wikispaces.comSito di riferimento per la Scuola Primaria “Gonzaga”di Fondi dove Annamaria Aprà ha condotto la speri-mentazione sui fiocchi di neve (curva di Koch).

didainfo-sgdelsannio.wikispaces.comSito di riferimento per il corso Pon di matematica einformatica svolto con 40 bambini della scuola ele-mentare di San Giorgio del Sannio

geoco.wikispaces.comSito di riferimento per il corso di aggiornamento per

gli insegnanti di Vedano Olona (VA) tenuto da G. La-riccia. Su questo sito si troveranno nei prossimi mesidiversi progetti in Iplozero e QQ.storie.

iplozero2009.wikispaces.comSito di riferimento per scaricare Iplozero 2009, che vapoi registrato inviando il codice a [email protected] con il titolo per cui si ha diritto ad averlo (es-sere in possesso dei libri di G. Lariccia o far parte diuna scuola della rete iperlogonet di sperimentatori diIperlogo).

qqstorie.wikispaces.comSito di riferimento per scaricare QQ.storie, che va poiregistrato inviando il codice a [email protected] con il titolo per cui si ha diritto ad averlo (es-sere in possesso dei libri di G. Lariccia o far parte diuna scuola della rete iperlogonet di sperimentatoridi Iperlogo).

ri. La struttura del linguaggio appareidentica a tutti e tre i livelli, ma le pa-role che vengono usate per dare i co-mandi e quindi per costruire gli arte-fatti possono essere molto diverse, co-me vedremo. Per gli allievi – utilizzato-ri finali! – si tenderanno a privilegiareparole molto semplici e a usare il me-no possibile i meccanismi logici e ma-tematici che Iperlogo, tuttavia offre ai li-velli superiori.

Iperlogo e la Geometria relativaL’idea di base Iperlogo consiste nel fareGeometria costruendo le figure con unautoma tracciatore (l’automa Tarta) as-sumendo un riferimento relativo piut-tosto che assoluto. Con il termine “re-lativo” intendiamo relativo al soggettoin movimento. È la Geometria cheadotta chiunque dia delle indicazioni dipercorso a un veicolo mobile.Questa Geometria e in un certo sensoopposta alla Geometria con un riferi-mento assoluto, la Geometria in cui gliassi cartesiani sono il punto di riferi-mento di qualsiasi descrizione nume-rica di figure geometriche o di figureferme o in movimento.Nella vita quotidiana possiamo affer-mare che il riferimento relativo è asso-lutamente prevalente. Quando noi cispostiamo – a piedi in bicicletta o in au-

3 Questo in base a un famoso teorema di due matematici italiani, Corrado Böhm e Giuseppe Jacopini chehanno fissato dei criteri perché un linguaggio di programmazione si possano dichiarare universali.

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