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ITINERARIO 1 La Riviera del Brenta

La Seriola

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ITINERARIO 1La Riviera del Brenta

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IndiceLa Riviera del

BrentaDoloSeriolaMiraOriagoMalcontentaMoranzaniFusina

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IntroduzioneIntroduzioneLa Riviera del Brenta è il territorio attraversato dal "Naviglio del Brenta“. L'area è caratterizzata dalla presenza di moltissime ville, costruite tra il XVI e il XVIII secolo dalle famiglie patrizie veneziane quale testimonianza della loro potenza. All’epoca, il fiume Brenta rappresentava la via privilegiata d’accesso alle sontuose dimore.

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La Riviera del BrentaLa Riviera del Brentall corso d’acqua del Naviglio rivestì un importante ruolo come via di comunicazione tra la laguna di Venezia e il padovano.

Il trasporto delle merci veniva assicurato dai Burchi, imbarcazioni da carico usate anche in laguna.

I passeggeri, mercanti e viaggiatori.., si servivano di una imbarcazione detta Barca da Padova, mentre i nobili veneziani preferivano il Burchiello, più elegante e comodo. Ancora oggi la crociera lungo la Riviera del Brenta costituisce un’attrattiva turistica.

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LEGENDAColore Abbinamento

giallo località

viola chiese

rosso ville

azzurro canali

ITINERARIO

INTERATTIVO

Da Dolo a Fusina in bicicletta

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Il Naviglio del Brenta Il Naviglio del Brenta (all’inizio)(all’inizio)

Il Naviglio del Brenta o Brenta Vecchia è un ramo minore (27,37 km) del fiume Brenta che parte da Stra e sfocia in laguna presso Fusina, attraversando i comuni di Fiesso d'Artico, Dolo e Mira. Tramite il canale Piovego, che collega il Brenta tra Stra e Padova, il naviglio rappresenta il collegamento fluviale fra la laguna di Venezia e Padova.

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DoloIl Comune si trova al centro della Riviera del Brenta e comprende un’isola di deiezione chiamata “isola bassa” o “del maltempo” , nei pressi della quale i Veneziani regolarono le acque del fiume, costruendo una conca di navigazione, i molini e lo squero.

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Il passatoIl primo documento che cita esplicitamente Dolo è un bando del

1540 e riguarda la via Venezia-Padova ad villam Dolli. Un documento del 1451 aggiunge che la località di Dolo era divisa in quattro comuni: Ca’ di bosco, il comun piccolo dei Serragli, il comun dei Serragli e l'isola del Maltempo. La Serenissima sottrasse il territorio a Padova nel 1405 e in seguito lo dominò. Fu questo il periodo di maggior splendore per Dolo che divenne il centro più importante della Riviera del Brenta grazie alla costruzione di mulini. Con Napoleone Bonaparte, Dolo divenne comune del Distretto di Venezia e dopo il 1815 appartenne al Regno Lombardo-Veneto; nel 1866 entrò a far parte del Regno d'Italia.

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L’Isola BassaRacchiusa tra i due rami del Brenta e conosciuta una volta come l’Isola del Maltempo per le devastanti inondazioni, è la parte più antica e più pittoresca di Dolo. Qui si trovavano i molini costruiti nel ‘500, lo Squero e le “Porte”. La deliziosa isoletta ospita ogni quarta domenica del mese un interessante Mercatino dell’Antiquariato

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Le PorteLa conca originaria o “Porte del Dolo”, fu costruita nel 1625 alla confluenza dei due rami del Brenta, di cui uno artificiale e uno naturale, che circondavano l’Isola del Maltempo.

Qui si pagavano i dazi sulle merci: esiste ancora una tabella in pietra, il “Tariffario”, con le tariffe. Accanto c’è un idrometro che rileva le piene del Naviglio Brenta dal 1770 al 1825.Una locanda accanto alla conca, segno di grande movimento di uomini e mezzi, appare sia un’incisione del Costa che in un’acquaforte del Canaletto.

Nel 1934 vennero installate le nuove porte a sud, mediante un breve taglio; di conseguenza si interrò la conca antica che conserva intatta la sua struttura a pianta ovale in pietra d’Istria (“il vaso”). Costa - Le porte di dolo

Costa - Veduta dell’ingresso delle Porte del Dolo

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I Molini

In Terraferma i Molini costituirono la più grande risorsa economica della Serenissima Repubblica. Oggi i molini sono adibiti a bar.

Mulino di Dolo - Bellotto

Mulino oggiMulino oggi

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I Molini

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La Sala Turbine

La Sala Turbine venne ricostruita nel momento della costruzione del Molino, quando le tradizionali ruote vennero sostituite dalle più moderne turbine. Le turbine lavoravano completamente sott’acqua e non sono quindi visibili: si osservano invece i due assi verticali delle due turbine, che entrano in funzione tramite le due volantine poste ai loro lati.

La parte architettonica rimasta più integra e inalterata è quella esterna retrostante con le porte di regolazione delle portate e il ponte di sostegno, da dove si dipartono in discesa i tre accessi ai molini. Le vecchie capriate in legno, le mole in pietra e i meccanismi sono sempre gli stessi di due secoli fa con la polvere, le ombre i rumori e gli odori che ti riportano indietro nel tempo.

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La Madonna Dei Mulini

Un giorno, Giuseppe Candian, cittadino dolese del tempo afflitto da cecità totale, si fermò davanti all’immagine della Vergine e Le rivolse un’accordata preghiera di guarigione, ottenendo all’istante la grazia miracolosa di riacquistare la vista perduta da oltre 40 anni.

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Dal 17 aprile 1813, l’immagine divenne nota presso la gente con il nome di “Madonna dei Molini”. Le truppe napoleoniche la rubarono nell’agosto del 1813: successivamente fu ritrovata casualmente nei depositi del Palazzo Ducale. Il 26 aprile 1814 Francesco I d’Austria la restituì alla popolazione di Dolo.Oggi il dipinto è esposto nel Duomo di San Rocco e sul ponte dei Molini si può trovare una copia dell’originale.

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Duomo di San Rocco

Edificato nella metà del ‘700 in luogo di una antica cappella dedicata al Santo, si distingue per la sobrietà delle linee architettoniche ispirate ai canoni neopalladiani tipici del Settecento veneziano. La facciata, scandita da quattro colonne sormontate da capitelli corinzi, è sovrastata dal timpano ornato con statue. L'interno, a navata unica, riprende la ritmica successione di semicolonne ed è abbellito da pregevoli affreschi della scuola del Tiepolo. Merita particolare attenzione un crocefisso ligneo del XVIII sec. attribuito allo scultore Andrea Brustolon (1662-1732).  Accanto al Duomo si erge slanciato il Campanile, il quale ospita otto campane di pregiata fattura.

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L’Ex Macello

L’ex Macello comunale è un edificio neoclassico situato sull’Isola Bassa dove i due rami del Brenta si riuniscono, in una posizione suggestiva dal punto di vista paesaggistico.

La facciata principale presenta due timpani che sovrastano lo spazioso porticato. La costruzione risale ai primi decenni dell’Ottocento.

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Feste e Fiere

Il mercato settimanale al venerdì.Il mercatino dell’antiquariato, la quarta domenica di ogni mese.Il “Carnevale degli Storti”, con la parata di carri allegorici.La Fiera dell’Agricoltura di San Rocco, il 16 agosto.La Fiera dell’Artigianato, nella seconda metà di settembre.La gara podistica non competitiva Family Run e Venice Maraton a fine ottobre.

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I personaggi

Cesare Musatti, nato a Dolo nel 1897 in località Casello 12, trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Venezia.Iscrittosi alla facoltà di matematica all’Università di Padova, decise poi di intraprendere gli studi di filosofia. Lo scoppio della guerra nel 1915 lo costrinse ad abbandonare la facoltà, che riprenderà solo nel 1919. Allievo ed assistente di Vittorio Benussi, imparò la tecnica ipnotica. Dal 1927 succedette a Benussi nell’insegnamento di psicologia all’Università di Padova.A causa delle sue origini ebree, nell’autunno del 1943 dovette abbandonare Padova perché entrarono in vigore le leggi razziali.A Milano proseguì la sua carriera accademica e lavorativa. Le sue più importanti teorie riguardano la psicoanalisi. Oggi una cartello stradale indica la località della sua nascita.

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Veduta del Dolodi Antonio Canal detto il Canaletto (1697-1768)

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Veduta della Villa del Dolo (G.F. Costa, 1750-1756)

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Veduta del Duomo di San Rocco in una foto del secolo scorso (Archivio Centro Studi Riviera del Brenta)

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Veduta dell’ingresso delle Porte del Dolo (G.F. Costa, 1750-1756)

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La chiusa di Dolodi G.B. Bison (1762-1844)

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Veduta delle Porte del Dolo di Antonio Canal detto il Canaletto (1697-1768)

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Veduta delle Porte del Dolo in una foto del secolo scorso (Archivio Centro Studi Riviera del Brenta)

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Veduta al di là delle Porte verso I Molini (G.F. Costa, 1750-1756)

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Veduta de I Molini di Dolo (G.F. Costa, 1750-1756)

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Veduta del Molino di Dolo in una foto del secolo scorso (Archivio Centro Studi Riviera del Brenta)

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Particolare esterno del Caffé Commercio in una foto del secolo scorso (Archivio Centro Studi Riviera del Brenta)

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Villa Ferretti AngeliLa Villa Ferretti-Angeli fu costruita nel 1608 su progetto di Vincenzo Scamozzi. Da alcune incisioni settecentesche del Costa e del Volkamer, la parte esterna del manufatto appare come è oggi: la facciata scandita da lesene, il pianterreno caratterizzato da un bugnato rustico, i pinnacoli dei camini lungo il prospetto nord. Si possono ammirare le cancellate originarie e i pilastri cilindrici che sorreggono anfore del primo Seicento.

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È del tutto scomparso il giardino all'italiana con le sue aiuole. Già il Costa nel '700 ci mostra il prato che ne ha preso il posto. Non abbiamo più un giardino all'italiana, ma un piccolo parco di gusto romantico con collinetta artificiale, percorsi tortuosi appena accennati ed alberi ad alto fusto che si sviluppano sulla superficie di quello che era stato il frutteto della proprietà. L'orto antico, "il broletto", non esiste più e così pure la strada che portava alla Brenta.

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I cambiamenti più rilevanti riguardano la distribuzione interna. La più recente destinazione d'uso (sede Enaip) ha imposto la creazione di corridoi, per disobbligare le aule ricavate da una suddivisione degli spazi originari, pur rispettando il salone (vestibolo) centrale a doppia altezza. La zona padronale completata dalla Barchessa porticata, dalle cantine, dalle stalle e da una graziosa cappella gentilizia è ancora oggi visibile nella sua fattura originaria.

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Villa Badoer FattorettoIn località Sambruson, tra Via Badoera e Via E.Tito, si trova Villa Badoer Fattoretto, residenza estiva della famiglia, edificata nella prima metà del '700. All’interno della villa è allestita una mostra di attrezzi agricoli “Museo del villano”, frutto di molti anni di ricerca.

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La SeriolaLa Seriola è un canale artificiale che nasce a Dolo e arriva fino ai Moranzani, scavata dal 1610, lunga 13,5 chilometri e larga quasi un metro.L’importanza dello scavo è legata all’approvvigionamento idrico di Venezia. L’iscrizione marmorea: HINC POTUS URBIS (da qui l'acqua potabile per la città) indica il punto da cui la Seriola origina dal Brenta,  Il nome Seriola o Ceriola, nell'antico dialetto veneziano, significa piccolo o stretto corso d'acqua.

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La Seriola, per ordine dei Savi Esecutori alle Acque, doveva restare pulita, per mantenere l'acqua potabile, perciò pesanti multe erano previste per chi la inquinava. Scorreva una distanza dal Brenta perchè lungo il suo percorso doveva acquistare limpidezza; ai Moranzani l'acqua veniva filtrata e purificata attraverso una serie di vasche.

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I Savi Esecutori alle Acque nominavano due Soprastanti con il compito di controllare gli argini e salvaguardare la purezza dell’acqua. La Seriola portava l’acqua potabile ai Moranzani, da dove i burci la trasportavano a Venezia.

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MiraMiraL'area urbana oggi è posta a metà strada tra Padova e Venezia. Il territorio di Mira è il territorio comunale più esteso della Riviera del Brenta, che dall’entroterra arriva alle barene affacciate alla laguna di Venezia, un ambiente costituito da un insieme di isolotti collegati da canali. Oltre al Naviglio il territorio comunale è solcato da numerosi corsi d'acqua, sia naturali che artificiali.

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Situazione idraulica del territorio lungo la Brenta nei secoli ‘600 e ‘700

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Il passatoLa zona di Mira fu compresa nella centuriazione romana e

successivamente intensamente coltivata. Taluni asseriscono che il toponimo derivi da una torre di avvistamento (in latino appunto mira) che serviva alla difesa del territorio. Un vero e proprio centro abitato nacque solo nel Medioevo come porto fluviale per i barcaioli che collegavano Venezia a Padova; originariamente si chiamava Cazoxana. Un’altra interpretazione toponomastica la collega alla patria del patrono San Nicolò, Myra appunto. Dopo l’annessione al Regno d’Italia nel 1866, i tre Comuni di Mira, Oriago e Gambarare si fusero nell’attuale comune di Mira; lo stemma comunale con le tre corone ricorda i tre Comuni originari.

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Tra le ville venete di Mira, è opportuno ricordare: la cinquecentesca Villa Alessandri, impreziosita da una bella foresteria barocca, Villa Bon, Villa Contarini Pisani detta “dei Leoni”per le due belle sculture poste all’ingresso (copia delle originali), Villa Principe Pio, Villa Querini Stampalia, Villa Widmann Rezzonico Foscari, realizzata nel ‘700 dal Tirali ed oggi proprietà della Provincia di Venezia, le barchesse di Villa Valmarana.

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Villa Alessandri

Tipica costruzione cinquecentesca si distingue per l’architettura delle foresterie fatte costruire da Cesare Alessandri tra il 1692 e il 1711. Ancor oggi la foresteria ospita un importante ciclo di affreschi di Gianantonio Pellegrini.

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Villa BonVilla Bon presenta due facciate distinte entrambe caratterizzate da un timpano; la più modesta rivolta verso il Naviglio e l’altra verso il giardino, caratteristica questa presente in pochi edifici della Riviera del Brenta.

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Villa ContariniLa costruzione della Villa Contarini Pisani detta “dei Leoni”, voluta dal Procuratore di San Marco, Federico Contarini, risale alla metà del 1500. E' un palazzo maestoso e compatto la cui struttura interna prevede su entrambi i piani un grande salone centrale e le stanze disposte ai lati.

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Villa Principe PioEdificio d’impianto cinquecentesco caratterizzato dal tipico abbaino molto decorato e dallo stemma della famiglia gentilizia ad impreziosire la facciata sul Naviglio. All’interno interessante è l’affresco “Apollo e le muse” di Nicolò Bambini. Da settembre 2010 la struttura ospiterà l’Eco Museo “Le Terre del Brenta”.

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Villa Querini Stampalia

Lo stile architettonico è quello del Cinquecento, rimaneggiato in epoca successiva. All’interno si trovano numerosi affreschi.

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Villa Widmann-FoscariRealizzata durante il Settecento ad opera del Tirali, questa magnifica villa ha ospitato illustri personaggi come Goldoni, Stavinsky, D'Annunzio. All’interno il Salone delle Feste, arricchito da affreschi e riccamente decorato. All’esterno il grazioso giardino popolato da statue raffiguranti dei, ninfe e amorini è circondato da un parco lussureggiante. Un’imponente barchessa, recentemente ristrutturata, ospita numerosi convegni.

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Barchessa Valmarana

Il complesso architettonico oggi privo del cinquecentesco corpo padronale della villa, abbattuta nei primi anni del '900, impreziosisce una delle anse più suggestive e scenografiche del Brenta.

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Mira Taglio

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Chiesa di San NicolòLa chiesa fu dedicata a San Nicolò, protettore dei barcaioli, a prova del loro ruolo fondamentale nell’economia del paese nei secoli passati. Anche il nome del paese Mira, che sostituì quello più antico di Cazoxana, si rifà a San Nicolò originario proprio di Mira in Turchia. Pur mantenendo l’originale struttura perimetrale, la chiesa subì numerosi rimaneggiamenti. Nel 1488 Allegretto da Padova ed Elia da Como, iniziarono la costruzione dell’edificio che presenta una facciata romanica e un bel campanile emergente dall’abside. All’interno merita attenzione una pala raffigurante “Sant’Antonio da Padova e Gesù Bambino”.

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Mira Porte

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Le conche di navigazioneQuattro sono le conche di navigazione (Moranzani, Mira Porte, Dolo e Stra) che assicurano la navigabilità del Naviglio Brenta da Fusina a Stra, dove il Naviglio incontra il Canale Piovego che conduce a Padova.

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Tecnicamente la conca di navigazione (o bacino di navigazione) è un apparato idraulico che consente alle imbarcazioni di superare due specchi d’acqua di diverso livello. Queste strutture sono composte dai seguenti elementi: due o più paratoie stagne mobili (dette anche “chiuse” o “porte” nel dialetto locale), un invaso (o bacino) situato tra le paratoie, un sistema di tubazioni e valvole per mettere in comunicazione l’invaso con i due corpi idrici al fine di portare il livello del bacino alla quota dell’uno o dell’altro.

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Le quattro conche di navigazione del Naviglio vennero attivate nei primi anni del Seicento per consentire una navigazione più facile e veloce alle numerose imbarcazioni che solcavano le acque della Brenta. 

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Veduta della Miradi G.B. Cimaroli (1687-1753)

Le conche Vinciane, vere e proprie meraviglie di ingegneria idraulica, rappresentano i primi luoghi d’incontro dove si riunivano foresti, nobili e mercanti, durante le soste della navigazione imposte dai lunghi tempi d’apertura e chiusura delle porte.Accanto alle chiuse apparvero le prime osterie dove consumare un pasto caldo, rinfrescarsi o bere un bicchiere di vino.Mentre nobili, artisti e viaggiatori ingannavano il tempo, osservando la frenesia di questi luoghi, mercanti indaffarati provvedevano a concludere buoni affari.

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Veduta di Mira PorteGiambattista Cimaroli, metà XVIII sec.

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Intorno al 1930 alcune anse della Brenta vennero ridisegnate per semplificare il percorso di navigazione delle imbarcazioni e in tale contesto, vennero spostate le chiuse di Mira Porte e Dolo.Queste operazioni dovevano di fatto velocizzare i trasporti; di lì a poco, tuttavia, si sarebbe affermato il trasporto su strada. In questo periodo le conche di navigazione di Mira subirono pesanti trasformazioni; vennero spostate più a sud, al centro di un nuovo tratto di canale artificiale.Oggi rimane l’antica piazzetta delle porte, caratteristica per il suo impianto seicentesco.

Veduta della Mira, particolare Boschetti.

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OriagoOriagoE’ una frazione del Comune di Mira, in provincia di Venezia.

Entrando ad Oriago si incontra un caratteristico cippo di mattoni, chiamato il “Cippo del termine” che a partire dal 1375 servì per segnare il confine tra i territori di Padova e la Repubblica di Venezia.

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Dante Allighieri: Palazzo MoroSulla facciata del palazzo i

versi di Dante ricordano la morfologia del territorio spesso invaso dalle acque e dagli acquitrini.

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Chiesa di Santa Maria MaddalenaLa parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena costruita agli inizi del ‘400 e modificata nel secolo successivo, è a navata unica con cappelle laterali.

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Villa GradenigoLa villa si presenta con forme quadrate come quella dei palazzi cinquecenteschi veneziani. La serliana (il balconcino centrale) nel piano nobile indica ancora la localizzazione del salone principale. Presenta tracce di affreschi nel prospetto principale.

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Villa MocenigoLa Villa risale alla fine del Cinquecento o all’inizio del Seicento. E’ rimasta sostanzialmente identica alle riproduzioni del Costa (XVIII secolo). Nel '700 la villa venne rimaneggiata dai Mocenigo, conservando la planimetria preesistente. La facciata a sviluppo longitudinale, pone in risalto il settore centrale, cui è stato soprapposto un timpano semi circolare ad ammorbidire l'intera struttura. La villa colpisce per la regolarità delle forme e per il giardino retrostante, di notevole regio. Oggi ospita la sede della facoltà di "economia e gestione dei servizi turistici" dell'Università di Venezia.

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Malcontenta

Sin dal Medioevo Malcontenta

è un importante punto di passaggio lungo il percorso fluviale, che collega Venezia a Padova, uno dei primi avamposti veneziani in terraferma.

Nel Rinascimento, con i primi investimenti fondiari veneziani in terraferma, Malcontenta acquista importanza anche come luogo di commercio, scambio e acquisto delle derrate alimentari.

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Diverse sono le ipotesi e le interpretazioni del toponimo:

1- Deriva dall’infelicità della moglie di uno dei fratelli Foscari, infelice (ovvero malcontenta), di vivere relegata nella villa di campagna a causa della sua infedeltà nei confronto del marito.

2- Ricorda lo scontento mostrato dagli abitanti di Padova e Piove Di Sacco per la costruzione del Naviglio del Brenta.

3- Dalle acque del fiume Brenta un tempo difficili da contenere (dal latino male contempta, ovvero “malamente contenute”), e quindi causa di pericolose e disastrose inondazioni.

Dal secolo scorso le anse del Naviglio Brenta dividono Malcontenta in due parti amministrate da due diverse municipalità.

La riva destra, dove sorge Villa Foscari, è amministrata dal Comune di Mira, mentre la sinistra con i recenti interventi di edilizia residenziale dal Comune di Venezia.

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Villa Foscari “La Malcontenta” Villa Foscari, detta “La Malcontenta”, viene costruita da

Andrea Palladio nel 1559 per i fratelli Nicolò e Alvise Foscari. Intorno al 1970, dopo numerosi passaggi di proprietà, la villa è tornata proprietà della famiglia Foscari che, nel rispetto della tradizione, abita l’edificio nel rispetto della tradizione preferendo l’uso di candele all’illuminazione elettrica.

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Splendido esempio di architettura palladiana, la villa poggia su un alto basamento, che separa il piano nobile dal suolo umido e le conferisce magnificenza. La facciata principale, rivolta al Naviglio, presenta un ingresso padronale distinto da quello della servitù. Due rampe di accesso laterali costituiscono una sorta di percorso preferenziale agli ospiti in visita. La facciata posteriore è uno degli esiti più alti fra le realizzazioni Palladiane, con un sistema di forature che rende leggibile la disposizione interna.

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InternoIl ciclo di affreschi all’interno della villa è opera di Giovanni Battista Zelotti e, in misura minore, di Battista Franco. I soggetti affrescati sono in maggior parte di carattere mitologico e si rifanno ai famosi affreschi manieristici del castello di Fontainebleau a Parigi.

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Chiesa di Sant’IlarioL'abbazia di Sant'Ilario o "monastero dei Santi Ilario e Benedetto”, fu un importante monastero benedettino di Venezia tra il IX e il XIV secolo. L'abbazia, oggi scomparsa, si trovava tra le località di Malcontenta e di Gambarare, oggi comprese nei comuni di Venezia e di Mira.Il titolo religioso dell'Abbazia Sant'Ilario è passato nel 1919 alla chiesa della Malcontenta, nel passato dipendente dalla chiesa di Gambarare.

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Il nome Moranzani è cambiato spesso nel tempo: Moranzano, Moranzan, Moranzani. Il toponimo compare a partire dal 1332. Ci sono diverse ipotesi sulle origini della parola la più accreditata, afferma che Moranzan è un toponimo composto da due parole: “ mora” che significa pedaggio e “zona” cioè luogo. Per attraversare il confine tra il territoro della Serenissima e Padova, bisognava pagare un dazio e ciò avveniva alla chiusa dei Moranzani.

La Chiusa dei Moranzani

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Il passatoFin dal Medioevo lungo le grandi vie d'acqua e di terra si dovevano pagare dazi e pedaggi che gravavano molto sui commerci che utilizzavano i fiumi e le strade per il trasporto delle merci. Il denaro riscosso veniva utilizzato per la manutenzione delle strade o degli argini; con l'andare del tempo.

Durante il governo della Serenissima vennero regolati anche i pedaggi alla chiusa dei Moranzani e furono stabilite le esenzioni per alcune merci: carne, pesce salato, lana, provenienti da Gambarare e diretti a Venezia.Per evitare dubbi sulle tariffe da pagare i Savi Esecutori alle Acque chiarirono con decreti qualsiasi malinteso e le tariffe vennero rese note presso i luoghi di maggior transito. Moranzani, nel diciassettesimo secolo, era un centro pulsante, considerato il “porto della terraferma”.Ricche famiglie veneziane presero l'appalto per la riscossione dei pedaggi e dei dazi, e i Pisani divennero padroni anche dell'osteria, del forno, della pistoria (panetteria), e di alcune stalle. Da un documento risulta che l'osteria, il forno, la pistoria, venivano dati in affitto a un tal Perin Lantano per 100 ducati al mese, certamente uno degli affitti più alti riscontrati a quel tempo.Dal Catasto risultano le cifre che le famiglie veneziane, interessate alla zona, avevano pagato per avere il permesso di riscuotere i dazi, risulta anche che le varie famiglie dovevano tenere “in acconcio” tutta la zona, pagare gli addetti ad “aprir e serar” le porte della chiusa, ed occuparsi anche de “il danno che si può ricevere a causa dei giazzi”.Tutto era previsto, anche la possibilità di una gelata invernale.

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Alla chiusa dei Moranzani è possibile vedere le due lapidi che riportano i regolamenti della Serenissima.

In una c'è scritto “che le peote e le barche che transiteranno con le lane che anderano e tornerano da lavarse al Moranzano siano assenti da ogni pagamento et vanno fatte transitare liberamente”. Nell’altra è incisa la dichiarazione dei Savi Esecutori alle Acque del 27 giugno 1613 che fissava le diverse tariffe di pedaggio relative alle imbarcazioni che passavano per la chiusa. L'entità dei pedaggi variava in base alle dimensioni delle barche, al carico di merci e di persone, alla provenienza, al tipo di barca.

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Costruzione

All'inizio del 1500 al Collegio dei Savi Esecutori alle acque fu posto un nuovo problema, (oltre a quello dell'apertura dell'argine di Lizza Fusina) creare in località Moranzani una conca di sollevamento per superare i dislivelli provocati dalle successive arginature, intestadure, e deviazioni artificiali del fiume. Il progetto non ebbe attuazione e fu riproposto verso il 1537. La costruzione venne attuata circa 70 anni dopo, con la delibera del 24 aprile 1602. I lavori durarono circa 7 anni, nel 1609 la chiusa era terminata. La chiusa attuale, in ferro, risale al 1700.

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Acqua potabile a VeneziaFin dalle origini Venezia risolse il problema dell’approvvigionamento idrico con i pozzi artesiani; nel quattordicesimo secolo, a causa del forte incremento demografico, neanche i pozzi bastarono più, così si decise di prelevare l’acqua potabile dai canali dell'entroterra, per portarla a Venezia con i burchi.

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Nel 1425, con decreto del Senato, si decise di usare il fiume Brenta per prelevare l'acqua; a Fusina arrivavano i burchi vuoti e, una volta caricati, vicino all'intestadura (cioè il punto dello sbarramento della foce del Brenta), ripartivano verso la Dominante.

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Tra il 1609 e il 1611 venne realizzato il progetto di Cristoforo Sabbadino, che prevedeva di “tuor l'aqua dolce al Dolo” e incanalarla in una seriola, (piccolo canale); in questo modo l'acqua veniva condotta lungo la Seriola fino ai Moranzani, dove i burchi la caricavano e la portavano a Venezia. L'acqua della Seriola venne usata anche per il lavaggio di stoffe e lane.

La Seriola

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Gli Acquaroli

Gli acquaroli o burchieri da acqua, incaricati di trasportare l'acqua dal Brenta a Venezia con i burchi, si erano costituiti in corporazioni nel 1471.Riempivano i pozzi pubblici della città per mezzo di canalette di legno, lungo le quali facevano scorrere l'acqua trasportata dalle loro imbarcazioni. In città esistevano però anche acquaroli non appartenenti alle corporazioni, perciò abusivi.

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Essi conducevano barche chiamate “forastiere” e potevano vendere acqua soltanto al minuto. Queste imbarcazioni venivano anche dette “scoazzere” perchè erano adibite al trasporto dei rifiuti solidi urbani e per questo erano tenute a caricare l'acqua in appositi tini. Questo lavoro, ritenuto illegale, era però in pratica ben tollerato in cambio del pagamento di un contributo di 20 soldi l'anno alla corporazione.

Gli acquaroli fornivano acqua all'ingrosso anche alle arti cittadine (tintori, lanieri, lavandai, osti, vetrai); avevano inoltre il compito di sorvegliare i pozzi pubblici per prevenire il furto dell'acqua, soprattutto da parte degli artigiani; questa azione di controllo era svolta con un certo interesse perchè l'arte degli acquaroli ricavava più soldi dalla vendita ai privati piuttosto che dalla pubblica amministrazione.

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FusinaFusina era anticamente nota come Lixa o Lizza Fusina (citata per la prima volta nel 1191). Il toponimo significa chiaramente "officina", ma è ancora incerta la derivazione di Lizza.

La teoria più recente e probabile lo avvicina ai verbi lisciare (nel senso di "scivolare") e drizzare, in riferimento all'attività di una macchina utilizzata per trasferire le barche dal Brenta alla Laguna. Il Brenta era infatti stato sbarrato da un argine artificiale detto “de intestadura” (la famosa Tajada, completata nel 1339) costruito per deviare i detriti fluviali che, a forza di accumularsi, avrebbero potuto interrare la laguna e compromettere la sopravvivenza di Venezia.

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Curiosità e tradizioni

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I giardiniSpesso oggi sono scomparsi i giardini che fin dall’inizio furono i veri protagonisti della villeggiatura. In origine erano molto ampi e lo schema rimase immutato fino al Settecento, quando si volle dare più spicco all’elemento della natura e si creò un rapporto di armonia tra paesaggio ed elementi architettonici, quali le colonne, gli archi, i portici, le gradinate, i cancelli ecc. Da sempre l’arte del giardino si rifaceva alla tradizione di ricreare l’universo in miniatura, arricchendolo di alberi da frutto, fiori, laghetti, riserve di pesca e caccia.

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Il giardino era per elezione il luogo degli idilli amorosi e la meta ideale per i veneziani, costretti tra palazzi e rii e bramosi di lasciare per un po’ i traffici cittadini. Questi periodi di villeggiatura si intensificarono specialmente quando non furono più necessarie le fortificazioni. In particolare l’acqua aveva una funzione rilevante, non solo per l’utilità con le peschiere, ma anche perché creava una vera atmosfera musicale. Le fontane infatti erano situate nei punti strategici, mentre i nifei davano adito a recessi segreti.

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Nel tardo Cinquecento anche il giardino divenne mezzo per manifestare il potere e la ricchezza del proprietario: si adornò così di labirinti, belvedere, teatri all’aperto, statue mitologiche, giochi d’acqua. Questo fino al Seicento, quando il giardino riproduceva i capricci, gli svolazzi e gli imprevisti prospettici delle abitazioni. Un cambiamento si avvertì nel tardo Settecento, quando, in conformità con le correnti artistiche e letterarie romantiche provenienti dall’Inghilterra, si manifestò una reazione alla natura razionalmente organizzata dall’uomo.

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Si diffuse pertanto il cosiddetto giardino all’inglese, riproducente il disordine naturalistico e pittoresco della natura, con laghetti, collinette, tempietti neogotici, finte rovine, viali tortuosi, piante esotiche, con l’intento di ricreare il paesaggio naturale. Grandi innovazioni furono apportate da Japelli, che creò intorno alle ville aree di natura spontanea contrapposta ai giardini classici all’italiana.