6
ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski Cineforum Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski “Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce” Blaise Pascal, Pensieri, 277 Biografia del regista Krzysztof Kieślowski (Varsavia, 27 giugno 1941 – Varsavia, 13 marzo 1996) è stato un regista, sceneggiatore e documentarista polacco. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi in diversi festival cinematografici. Il cinema di Kieślowski è caratterizzato dall'assenza di effetti speciali o spettacolari, dai dialoghi scarni e da sceneggiature che concentrano laceranti dilemmi etici ed esistenziali. Il grande regista Stanley Kubrick 1 , che nutriva una sincera ammirazione per il regista polacco, una volta ebbe a dire: «Sono sempre restìo a sottolineare una caratteristica specifica del lavoro di un grande regista, perché ciò tende inevitabilmente a semplificarne e sminuirne il lavoro. Ma riguardo a questa sceneggiatura (Decalogo N.d.R.), di Krzysztof Kieślowski e del suo coautore, Krzysztof Piesiewicz, non dovrebbe essere fuori luogo osservare che essi hanno la rarissima capacità di drammatizzare le loro idee piuttosto che raccontarle solamente. Esemplificando i concetti attraverso l'azione drammatica della storia essi acquisiscono il potere aggiuntivo di permettere al pubblico di scoprire quello che sta realmente accadendo piuttosto che semplicemente raccontarglielo. Lo fanno con tale abbagliante abilità, che non riesci a percepire il sopraggiungere dei concetti narrativi e a materializzarli prima che questi non abbiano già raggiunto da tempo il profondo del tuo cuore.» PRESENTAZIONE DEL DECALOGO E' un corpo unico di dieci film, pensati e girati per la televisione polacca di circa un'ora di durata ciascuno. Il riferimento ai dieci comandamenti è il pretesto culturale che anima quest'opera certamente laica, ma ricca di una propria religiosità interiore, di un'accorata tensione metafisica. Ogni comandamento offre la traccia per raccontare una storia, per rappresentare un caso. Casi della vita di tutti i giorni, apparentemente banali, che agitano invece, sotto la superficie, problematiche complesse. Una visione del destino 1 http://it.wikipedia.org/wiki/Stanley_Kubrick#Filmografia Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 1

Decalogo uno

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Scheda di presentazione e commento al film di Krzysztof Kieślowski Decalogo 1

Citation preview

Page 1: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

Cineforum

Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

“Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”

Blaise Pascal, Pensieri, 277

Biografia del regista

Krzysztof Kieślowski (Varsavia, 27 giugno 1941 – Varsavia, 13 marzo 1996) è stato un regista, sceneggiatore e documentarista polacco. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi in diversi festival cinematografici.

Il cinema di Kieślowski è caratterizzato dall'assenza di effetti speciali o spettacolari, dai dialoghi scarni e da sceneggiature che concentrano laceranti dilemmi etici ed esistenziali. Il grande regista Stanley Kubrick1, che nutriva una sincera ammirazione per il regista polacco, una volta ebbe a dire:

«Sono sempre restìo a sottolineare una caratteristica specifica del lavoro di un grande regista, perché ciò tende inevitabilmente a semplificarne e sminuirne il lavoro. Ma riguardo a questa sceneggiatura (Decalogo N.d.R.), di Krzysztof Kieślowski e del suo coautore, Krzysztof Piesiewicz, non dovrebbe essere fuori luogo osservare che essi hanno la rarissima capacità di drammatizzare le loro idee piuttosto che raccontarle solamente. Esemplificando i concetti attraverso l'azione drammatica della storia essi acquisiscono il potere aggiuntivo di permettere al pubblico di scoprire quello che sta realmente accadendo piuttosto che semplicemente raccontarglielo. Lo fanno con tale abbagliante abilità, che non riesci a percepire il sopraggiungere dei concetti narrativi e a materializzarli prima che questi non abbiano già raggiunto da tempo il profondo del tuo cuore.»

PRESENTAZIONE DEL DECALOGO

E' un corpo unico di dieci film, pensati e girati per la televisione polacca di circa un'ora di durata ciascuno.

Il riferimento ai dieci comandamenti è il pretesto culturale che anima quest'opera certamente laica, ma ricca di una propria religiosità interiore, di un'accorata tensione metafisica. Ogni comandamento offre la traccia per raccontare una storia, per rappresentare un caso. Casi della vita di tutti i giorni, apparentemente banali, che agitano invece, sotto la superficie, problematiche complesse. Una visione del destino

1 http://it.wikipedia.org/wiki/Stanley_Kubrick#Filmografia

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 1

Page 2: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

incombente ma non totalizzante, il disorientamento della coscienza tra valori e contraddizioni, tra rigore morale e trasgressione costituiscono le premesse esistenziali del Decalogo. La struttura ricorrente vede l'azione crescere pian piano, fino a trovare un evento imprevisto che evidenzia il dramma morale. La ricerca di un percorso etico per l'uomo contemporaneo conduce Kieslowski a costruire una serie di quadri che magistralmente sanno instaurare un rapporto profondo con i precetti biblici e con la sensibilità dello spettatore: dalla crisi religiosa che scaturisce, violenta, nel primo episodio, ai toni sobri, da commedia di Decalogo 10, i temi toccati non si possono definire in alcun modo dogmatici, bensì espressione sincera di un confronto dialettico con i valori dell'esistenza.

Il fascino narrativo del Decalogo sta infatti nella concreta umanità che l'autore riesce a conferire ai propri ambienti, ai propri personaggi: il microcosmo che avvolge ogni singolo episodio è un moderno quartiere alla periferia di Varsavia. Non è vacuo divertissement2 individuare l'accavallarsi, il congiungersi di una storia con l'altra: il viavai di protagonisti che abitano nei grandi casermoni, la citazione del tema di Decalogo 2 come esempio morale proposto in Decalogo 8, persino una breve sequenza sui francobolli che anticipa, in Decalogo 10, l'episodio seguente. Questo amalgama composito, che Kieslowski riesce a creare, dà spessore al canovaccio dei racconti, modella con naturalezza situazioni e dialoghi.

Ma il Decalogo ha pure una sua straordinaria personalità estetica. Motivato dalla destinazione televisiva, il regista tiene la camera a ridosso dei suoi personaggi: primi piani essenziali, una direzione degli attori di intensa naturalezza, brevi e significativi segnali premonitori per i momenti cruciali (l'inchiostro del primo episodio, la vespa nel secondo...). Il tutto in un'omogeneità di stile che non perde colpi e che, anzi, acquista forza e scioltezza nel succedersi degli eventi.

Con l'aria dimessa del racconto episodico, con la sublime ambiguità dei suoi precetti dimenticati, Decalogo si configura davvero come uno degli eventi della cultura cinematografica dei nostri giorni, quasi un nuovo breviario morale per il cinefilo anni 90.

Fonte: Ezio leoni - pieghevole LUX-ASTRA - maggio-giugno 1990, e.l. Quaderno del COMUNE DI PADOVA: Serate d'autore alla Reggia Carraresi - agosto 1990

2 Interessanti a questo proposito le riflessioni che Luigi Zoja fa nel suo saggio Giustizia e Bellezza, Bollati Boringhieri, Torino, ristampa novembre 2011, p.104 di cui riporto uno stralcio: “Gli eroi semplificati dell'industria dello spettacolo ci intra-[t]tengono, ma non raccontano l'uomo. Si limitano a facilitarci il compito di riempire le porzioni di tempo che sentiamo vuote, il non-tempo che sta fra (intra-) gli impegni più «produttivi». Sono scacciapensieri, intra-tempo, passa-tempo che combatte il non-tempo. Conservano una segreta parentela con il vuoto che a malapena nascondono. Finito il racconto, può restare in noi una sensazione vagamente piacevole: eppure, l'intrattenimento non lascia la mente in attività; si dimentica. Non avendo profondità, le sue storie non proiettano ombra: non resta, così, né un buio ad illuminare né una zona grigia da esplorare. Ci lasciano un rilassato distacco, invece di un turbata identificazione. Ci tranquillizzano, forse davvero ci an-estetizzano: infatti, seguitando a consumare questi spettacoli, perdiamo il senso estetico. Per contrasto, l'industria dello spettacolo ci ha riportato alla cultura greca: solo l'eroe tragico accende l'identificazione, ispirando terrore e pietà. [Aristotele, Poetica, 6 1449b]. Questo significa anche che il vero eroe è tragico e on si può racchiudere nelle tradizionali categorie di bene e male. Il suo paese è la complessità, la sua casa è nella zona grigia”

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 2

Page 3: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

Decalogo 1 – scheda del filmTitolo originale Dekalog, jeden Paese Polonia Anno 1988 Durata 55 min Colore colore Audio sonoro Rapporto 4:3 Genere drammatico Regia Krzysztof Kieślowski Soggetto Krzysztof Kieślowski e

Krzysztof Piesiewicz Sceneggiatura Krzysztof Kieślowski e

Krzysztof Piesiewicz Produttore Ryszard Chutkowski Fotografia Wiesław Zdort

Montaggio Ewa Smal Musiche Zbigniew Preisner Scenografia Halina Dobrowolska Costumi Hanna Ćwikło e

Małgorzata Obłoza Interpreti e personaggi Henryk Baranowski: Krzysztof Wojciech Klata: Pawel Maja Komorowska: Irena Artur Barciś: l'uomo con la

giacca di montone Maria Gladkowska: la ragazza Ewa Kania: Ewa Jezierska Aleksandra Kisielewska: la donna Aleksandra Majsiuk: Ola

Breve biografia dello sceneggiatore Krzysztof Piesiewicz

Sceneggiatore polacco. Avvocato di Solidarność3 negli anni ’80. È noto soprattutto come sceneggiatore e alter ego del regista K.Kieslowski, con il quale inizia a lavorare nel 1984 per il film Bez Konca (Senza fine, 1984). È sua l’idea di un ciclo di dieci storie, ciascuna delle quali corrispondente a uno dei dieci comandamenti, che è all’origine del Decalogo (1987-89). Con il regista polacco sceneggia anche La doppia vita di Veronica (1991) e la trilogia sui colori della bandiera francese e, di conseguenza, al motto della rivoluzione francese, "Liberté, Égalité, Fraternité": Film blu (1993), Film bianco (1994) e Film rosso (1994).

Trama del Decalogo 1

È la storia di un uomo e di suo figlio [Pawel], che vivono da soli in una grande città. Il padre è professore universitario, specializzato in linguistica, e ha un rapporto di complicità con il figlio, che ha circa dieci anni. Giocano insieme a programmare il computer, fanno partite a scacchi, parlano di pattinaggio sul ghiaccio. La zia gli è vicina e cerca di riequilibrare con delicatezza, per mezzo di qualche considerazione religiosa, un'educazione alquanto razionalista: vuole iscrivere il bambino al catechismo, nonostante lo scetticismo del padre. Un giorno quest'ultimo calcola al computer la resistenza del ghiaccio, per sapere se il bambino può andare a pattinare; la risposta è favorevole. Tuttavia, inspiegabilmente, il ghiaccio si rompe sotto i piedi del bambino (almeno così si suppone, giacché [l'accaduto] non viene esplicitato). Dopo aver pianto davanti allo schermo del computer, il padre rovescia l'altare e le icone di una chiesa vicina. Del fanciullo non resta altro che un'immagine in un servizio televisivo4.

3 Sindacato Autonomo dei Lavoratori "Solidarność - Solidarietà" è un sindacato fondato in Polonia nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica e guidato inizialmente da Lech Wałęsa (premio Nobel per la pace nel 1983 e successivamente presidente della repubblica negli anni 1990-1995.

4 Vincent Amiel, Kieślowski – la coscienza dello sguardo, Ed. Le mani,Genova, 1998, p. 76-77. Aggiunte tra parentesi quadre mie.

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 3

Page 4: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

Intervista al regista Krzysztof Kieślowski a cura di Malgorzata Furdal

Małgorzata Furdal5 . Ne cogliamo diversi [segni] in Decalogo 1: una bottiglietta d'inchiostro che si rompe da sola, il computer che impazzisce... Kieślowski. Ma si tratta di segnali diversi. In Bez końca (Senza fine) avevamo un uomo morto ma che vaga ancora per il mondo. È morto, se ne è andato e nello stesso tempo si trova da qualche parte, ci osserva, lascia il segno della sua presenza, talvolta senza volere. Nel caso di Decalogo 1 abbiamo piuttosto un sistema di segnali provenienti dall'aldilà ma non si sa chi li invii, gli avvertimenti che ci dicono di fare attenzione, che ci siamo spinti troppo in là, che dobbiamo fare un passo indietro. Spesso non siamo in grado di riconoscerli. L'inchiostro versato sarà bene o male?

Małgorzata Furdal. In Decalogo 1 c'è anche un altro "segnale", le lacrime della Madonna quando il padre disperato si ribella... già, contro chi insorge, contro il destino ingiusto, o forse contro il Dio. Ma se ne ha sempre negato l'esistenza. Kieślowski. Sì, questo è un problema molto interessante. Ribellandoci arriviamo a riconoscere che quel qualcuno che ci sembrava non esserci esiste. La ribellione è una manifestazione della fede che si nega. Se ci ribelliamo significa che abbiamo oltrepassato una certa soglia. Indubbiamente lui si ribella anche contro Dio.

Małgorzata Furdal. E le lacrime allora? Kieślowski. È la cera delle candele che si fonde, quell'uomo rovescia l'altare provvisorio, cadono le candele che ornano il quadro e la cera liquefatta ci gocciola sopra. Che ci posso fare io se va a gocciolare proprio in quel punto?

[…] scrivendo le sceneggiature avevamo fatto in modo che un nesso, per quanto sottaciuto, velato, esistesse, ma non miravamo affatto alla semplice illustrazione. Ci premeva anche evitare il tono moralistico, i "buoni consigli", le lezioncine. A Piesiewicz come a me non piace il tono propinato dalla televisione e dai giornali, io addirittura lo detesto. Con una vita così complessa, con i tanti problemi che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, non c'è modo di trovare una ricetta buona per tutti. Non solo non ho il diritto di prescriverne, ma non ne conosco affatto! Posso soltanto dialogare con lo spettatore sulle cose che considero essenziali. E qui sta il segreto di quegli aneddoti, di quelle storie.

La parola del critico

«Per quanto grande possa essere il mistero della morte, ancora più grande è il mistero di una vita che non è la nostra, che non partecipa alla nostra e che, come ignorandoci, celebra feste alle quali noi guardiamo con un certo imbarazzo, come ospiti sopravvenuti per caso e che si esprimono con una lingua diversa», scrive Rilke6.Mostrando il teleschermo che deforma il volto ridente di un bambino [il riferimento è alla prima scena dove la zia Irena guarda sconsolata da una vetrina il monitor di un televisore], Kieślowski mette in evidenza la questione della «traduzione»

5 Intervista raccolta a Varsavia, luglio e agosto 1989, traduzione di Małgorzata Furdal e Paolo Gesumanno, pubblicata in Kieślowski, a cura di Małgorzata Furdal e Roberto Turigliatto, Museo Nazionale del Cinema, 1989, pp. 13 – 35.

6 Rainer Maria Rilke, Worpswede, in Del paesaggio e altri scritti, tr. it. Di G.Zampa, Cederna, Milano 1949, pp.36 s.

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 4

Page 5: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

necessaria alla conoscenza dell'altro, di cui parla Rilke: quella della rappresentazione. Costruendo tutto il primo Decalogo intorno a questa immagine-domanda, sottolinea l'importanza che vi attribuisce. D'altra parte, questo primo film della serie inaugura anche quel modo straniante di narrare che costituisce la misteriosa unità del Decalogo, dove gli spettatori si immergono in un universo tenuto insieme più dalle sue impressioni che dai suoi punti di riferimento. Fin dal principio, e sarà così nella maggior parte degli episodi seguenti, il montaggio propone scene senza unità di senso, centrate su personaggi minimamente caratterizzati, in uno spazio difficilmente collocabile. […] Anche se la trama trova ben presto una strutturazione semplice, il principio delle giustapposizioni senza articolazioni comprensibili dura per tutto il film. […] Attorno all'asse narrativo appaiono e si incrociano gli elementi di un mondo dalle articolazioni più incerte e più sensibili. La ragione, la logica e le dimostrazioni diventano secondarie rispetto agli equilibri reciproci tra le emozioni7.

Quello di Kieślowski è un lavoro tumultuoso contro tutte quelle barriere, quelle difese del pensiero che ci spingono a mettere a tacere, a evitare di pensare quando ci “capitano” certe cose. Le situazioni, gli accadimenti sono posti in un rilievo tale da scuoterci, da chiamarci fuori dai luoghi comuni affibbiati a vicende comuni, fino a stanarci dalla poltrona in cui ci siamo accomodati con l'idea di vedere un film. Diventano insopportabili perché non vogliamo credere che sono le nostre stesse storie, che possono capitarci nella vita, quando avviene che gli accadimenti ci chiamano a decidere e ciò che abbiamo in mano per farlo non ci aiuta, gli argomenti della logica non sono risolutivi, e non possiamo attardarci in ragionamenti e in calcoli. […] Il volo di uno stormo di piccioni, il loro battito d’ali ci conducono rapidamente verso l’alto, alla finestra di Paweł; il suo sguardo, quello di un bambino di 8, 9 anni, ci invita a stare nei suoi occhi, nella sua percezione, nei suoi pensieri, forse l'unico modo per guardare la storia. Allora tutto si rivela molto più sottile di quanto sembra, la finezza di certi dettagli, dei segni che accadono, inavvertiti, è la traccia da seguire per arrivare fino in fondo. È uno sguardo diverso quello di un bambino, che fa posto a certi fatti della realtà, a certi incontri che si presentano come stridenti, che disturbano fino a scardinare una certa forma di vita in cui ci siamo arrangiati. Siamo liberi, naturalmente, di non farne nulla, di tirar dritto o di esserne angosciati e impotenti come Krzysztof, il padre del bambino, invece di coglierli e farne qualcosa. […] Essi fanno le cose insieme, condividono anche degli interessi, è tutto normale ma ci accorgiamo quasi subito che vivono diversamente: mentre il bambino, fin dall'inizio della sua giornata, è pronto a cogliere e a tenere quei segni di cui parlavamo, a pensarci, a fare domande, Krzysztof preferisce ignorarli, si trova a doverli subire come molesti nelle domande del figlio, che disturbano la sua giornata. […] Paweł riprova invano a stanare il padre e da questa scena [nella quale Pawel pone delle domande al papà dopo aver visto il cane morto] iniziamo a percepire un pericolo: chi saprà cogliere tutti i segni che verranno, chi veglierà sul destino di questo bambino? Certo non qualcuno che lo sorveglia, che si preoccupa, che lo accudisce, ma qualcuno che osa pensare con lui e tratta con lui ciò che accade.8

7 Vincent Amiel, Kieślowski – la coscienza dello sguardo, Ed. Le mani, Genova, 1998, p. 79-80.8 A cura dell’Associazione Psicoanalitica Salus col patrocinio del Comune di Pordenone Assessorato alla cultura. Primo incontro,

tenutosi nella saletta del convento di San Francesco a Pordenone, il 20 marzo 2007. Relazione a cura di Sandra Puiatti, incarico di natura professionale ex art. 27 lett. c) denominato “Tutela della Salute Mentale in età evolutiva” afferente alla S.C. Neuropsichiatria Infantile . Fonte: http://www.salusaccessibile.it/Kieslowski.htm

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 5

Page 6: Decalogo uno

ACGiovani, Credo di ragionare – Cineforum, Decalogo 1 di Krzysztof Kieślowski

I films del Decalogo sono da un lato delle costruzioni intellettuali, delle finzioni, delle rappresentazioni, ma dall’altro lato sono dei veri e propri accadimenti psichici: essi colgono qualcosa del reale psichico che è in noi. Questo reale psichico è presentato a ciascuno, individualmente, nella forma di una domanda, o più esattamente di un’istanza: Come avresti agito tu in simili circostanze? Cosa avresti fatto se fosse capitato a te?9

Conclusione

OLTRE LA FORESTA

Fratello ateo, nobilmente pensoso,

alla ricerca di un Dio

che io non so darti,

attraversiamo insieme il deserto.

Di deserto in deserto andiamo oltre

la foresta delle fedi

liberi e nudi verso

il nudo essere

e là

dove la parola muore

abbia fine il nostro cammino.

Padre Davide Maria Turoldo, Da “Canti Ultimi”.

Segui il percorso

diocesano

9 Ibidem, relazione di Moreno Manghi.

Cremona, domenica 14 ottobre 2012 – Scheda a cura di Antonio Ariberti 6