6
:::l bcsllore icolore le I tingenti. I. la forma- ntativo di da quel- concetto una spie- "antispiri- uscitò :iplina ~Iogo pen- ...• !tura . con- I rroto. Boas nnpo reo il L e il .esso Jia e le la 'cto. l nei ner- hìo- !ville rno .iro- stto ad ] di 101- '>0), llisi, 9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane e fisiche --------------------~------------------------------------- gia culturale, in questo senso, ha ripercorso i sentieri della scienza contemporanea, attenta a fornire ipotesi attendibili e suscettibili di essere cambiate di fronte ai dati dell'esperienza, piuttosto che pronta a sposare definitivamente l'una o l'altra tesi. Così, il campo dell'antropologia culturale novecentesca si presenta come una mappa con tante macchie di colore, la cui intensità e ampiezza indicano il peso delle varie correnti e dei vari autori. Una di queste macchie, che attrae inevitabilmente gli occhi del lettore di fatti sociali e antropologici, è indubbiamente costituita dalla scuola statunitense di cultura e per- sonalità, che si inserisce da un lato nell'ampio dibattito sulla cultura cui abbiamo accennato sopra, risentendo però anche dell'influenza delle europee psicologia della forma e psicoana- lisi. I principali rappresentanti possono essere considerati Abram Kardiner (1891-1981), Alcune personalità allievo di Boas, elaboratore del concetto di «personalità di base», basato sull'interiorizzazio- della scuola ne da parte degli individui di modelli culturali comuni che sorreggono le medesime strJittu- statunitensè ré pSlcologlche di fondo; Rulli Benedlct (1887-1948), sostenitrice della teoria per cui i para- dlgml dl personalità e i criteri psicologici di base dell'individuo sono condizionati in profon- dità dai modelli culturali, di cui ella tentò di elaborare alcuni tipi in un'opera famosa, Modelli di cultura, del 1934; infine Margaret Mead (1901-1978), protagonista e narratrice di celebri ricerche sul campo (Samoa, Nuova Guìnea) dagli ampi riflessi educativi, convinta assertrice del.fatto che i modelli di personalità e di comportamento sono determinati dalla cultura e noq biologicamenié, divulgatrice instancabile dei nsultati dell'antropologia culturale e infine impegnata a moCFtficarealcuni tratti della società statuuitei-se in senso i.'1 •.. crculturale, tentan- do di correggerne stereotipi sociali negativi considerati immutabili . Una delle scuole antropologiche più significative del Novecento è quella funzionalista, il cui massimo rappresentante è Bronislaw Malìnowski (1884-1942). Polacco di origine e con 6. MaliJiowski una formazione di tipo fisico-matematico, si trasferì in Inghilterra aprendosi agli interessi si serve antropologici. Le sue ricerche sul campo nelle isole Trobriand (Nuova Guinea), cultural- del concetto mente melanesiane, diventarono un punto di riferimento classico per la ricerca antropologi- di funzione ca, anche perché furono affidate a resoconti ben curati anche da un punto di vista formale e per interpretare letterario, Tra i titoli più rinomati di Malinowski occorre menzionare almeno Argonauti del la società Pacifico occidentale del 1922, Delitto e' costume nella società primitiva del 1926, Sesso e repres- sione sessuale tra i selvaggi del 1927, Magia, scienza e religione uscito postumo nel 1948, Polemico nei confronti delle tendenze evoluzionistiche dell'antropologia culturale, la sua analisi partecipante ruota intorno al concetto di funzione, a partire dalla sua dimensione bio- logica, secondo cui un organo compie lr funzione cui è preposto, sia singolarmente, sia in relazione agli altri organi. Una società è perciò un complesso funzionale, ìn cui ogni realtà sìngola, ogni attività, ogni credenza, ogni forma culturale è indispensabile al sistema nella sua globalità. Vi è cioè, per Malinowski, una ìnterrelazione funzionale tra tutte le parti di un insieme, e proprio la cultura e le istituzioni servono er soddisfare i bisogni (pnmari e secon an l una socle . on meravig la c e a religione e la magia a biano attratto l'oc- chio critico dell'osservatore, Infatti, per Malinowski la religione svolge una funzione utile, perché sociale e rispondente ai bisogni dell'uomo nei confronti dell'ambiente. Sono proprio i bisogni che suscitano risposte culturali anche di tipo simbolico, come ad esempio la cono- scenza, il linguaggio, la religione, la magia. La religione aiuta a dare corpo alla speranza e a L'utile funzione placare l'ansia di fronte a quegli eventi "esistenziali" (malattia, morte, successo nel lavoro) della religione che sfuggono al controllo razionale dell'uomo. Ancor di più la magia contribuisce a liberare e della magia l'uomo, come ha scritto l'antropologo polacco: «dal punto di vista psicologico [la magia] porta ad un'ìntegrazione mentale, a quell'ottimismo e a quella fiducia in presenza del rischio che ha fatto vìncere all'uomo più di una battaglia contro la natura e contro avversari umani». Essa si presenta come un insieme di atti rituali finalizzati a raggiungere scopi che non sareb- bero conseguibili dalle sole forze umane senza aiuto, naturalmente nel quadro classicamen- te magico di un comportamento prescritto e ritualmente trasmesso che sia capace di influire sul corso della natura. La differenza fondamentale tra magia ecr...el· ~i.f''''-t: :. che la prima-è legata a fini pratici, la seconda no. È chiaro tuttavia che, fino al punto- ìn cui la tecnica svolge la sua funzione, la magia non entra affatto ìn gioco. Ma di fronte ai rischi forti della pesca o a quelli connessi alla costruzione di una buona canoa, la magia interviene ad integrare i limiti della scienza e della tecnica. Comunque, l'insieme delle osservazioni anche acute dell'antro- ---.... ... , .... -------------

Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

Embed Size (px)

DESCRIPTION

prima parte

Citation preview

Page 1: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

:::l bcslloreicolore le

I tingenti.I. la forma-

ntativo dida quel-

concettouna spie-"antispiri-

uscitò:iplina~Iogopen-

...•!tura

.con-I rroto.

Boasnnporeo ilL e il.essoJia ele la'cto.l neiner-hìo-!villerno.iro-sttoad

] di101-

'>0),llisi,

9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche--------------------~-------------------------------------gia culturale, in questo senso, ha ripercorso i sentieri della scienza contemporanea, attenta afornire ipotesi attendibili e suscettibili di essere cambiate di fronte ai dati dell'esperienza,piuttosto che pronta a sposare definitivamente l'una o l'altra tesi.

Così, il campo dell'antropologia culturale novecentesca si presenta come una mappa contante macchie di colore, la cui intensità e ampiezza indicano il peso delle varie correnti e deivari autori. Una di queste macchie, che attrae inevitabilmente gli occhi del lettore di fattisociali e antropologici, è indubbiamente costituita dalla scuola statunitense di cultura e per-sonalità, che si inserisce da un lato nell'ampio dibattito sulla cultura cui abbiamo accennatosopra, risentendo però anche dell'influenza delle europee psicologia della forma e psicoana-lisi. I principali rappresentanti possono essere considerati Abram Kardiner (1891-1981), Alcune personalitàallievo di Boas, elaboratore del concetto di «personalità di base», basato sull'interiorizzazio- della scuolane da parte degli individui di modelli culturali comuni che sorreggono le medesime strJittu- statunitensèré pSlcologlche di fondo; Rulli Benedlct (1887-1948), sostenitrice della teoria per cui i para-dlgml dl personalità e i criteri psicologici di base dell'individuo sono condizionati in profon-dità dai modelli culturali, di cui ella tentò di elaborare alcuni tipi in un'opera famosa, Modellidi cultura, del 1934; infine Margaret Mead (1901-1978), protagonista e narratrice di celebriricerche sul campo (Samoa, Nuova Guìnea) dagli ampi riflessi educativi, convinta assertricedel.fatto che i modelli di personalità e di comportamento sono determinati dalla cultura enoq biologicamenié, divulgatrice instancabile dei nsultati dell'antropologia culturale e infineimpegnata a moCFtficarealcuni tratti della società statuuitei-se in senso i.'1 •..crculturale, tentan-do di correggerne stereotipi sociali negativi considerati immutabili .

Una delle scuole antropologiche più significative del Novecento è quella funzionalista, ilcui massimo rappresentante è Bronislaw Malìnowski (1884-1942). Polacco di origine e con 6. MaliJiowskiuna formazione di tipo fisico-matematico, si trasferì in Inghilterra aprendosi agli interessi si serveantropologici. Le sue ricerche sul campo nelle isole Trobriand (Nuova Guinea), cultural- del concettomente melanesiane, diventarono un punto di riferimento classico per la ricerca antropologi- di funzioneca, anche perché furono affidate a resoconti ben curati anche da un punto di vista formale e per interpretareletterario, Tra i titoli più rinomati di Malinowski occorre menzionare almeno Argonauti del la societàPacifico occidentale del 1922, Delitto e' costume nella società primitiva del 1926, Sesso e repres-sione sessuale tra i selvaggi del 1927, Magia, scienza e religione uscito postumo nel 1948,Polemico nei confronti delle tendenze evoluzionistiche dell'antropologia culturale, la suaanalisi partecipante ruota intorno al concetto di funzione, a partire dalla sua dimensione bio-logica, secondo cui un organo compie lrfunzione cui è preposto, sia singolarmente, sia inrelazione agli altri organi. Una società è perciò un complesso funzionale, ìn cui ogni realtàsìngola, ogni attività, ogni credenza, ogni forma culturale è indispensabile al sistema nellasua globalità. Vi è cioè, per Malinowski, una ìnterrelazione funzionale tra tutte le parti di uninsieme, e proprio la cultura e le istituzioni servono er soddisfare i bisogni (pnmari esecon an l una socle . on meravig la c e a religione e la magia a biano attratto l'oc-chio critico dell'osservatore, Infatti, per Malinowski la religione svolge una funzione utile,perché sociale e rispondente ai bisogni dell'uomo nei confronti dell'ambiente. Sono proprio ibisogni che suscitano risposte culturali anche di tipo simbolico, come ad esempio la cono-scenza, il linguaggio, la religione, la magia. La religione aiuta a dare corpo alla speranza e a L'utile funzioneplacare l'ansia di fronte a quegli eventi "esistenziali" (malattia, morte, successo nel lavoro) della religioneche sfuggono al controllo razionale dell'uomo. Ancor di più la magia contribuisce a liberare e della magial'uomo, come ha scritto l'antropologo polacco: «dal punto di vista psicologico [la magia]porta ad un'ìntegrazione mentale, a quell'ottimismo e a quella fiducia in presenza del rischioche ha fatto vìncere all'uomo più di una battaglia contro la natura e contro avversari umani».Essa si presenta come un insieme di atti rituali finalizzati a raggiungere scopi che non sareb-bero conseguibili dalle sole forze umane senza aiuto, naturalmente nel quadro classicamen-te magico di un comportamento prescritto e ritualmente trasmesso che sia capace di influiresul corso della natura. La differenza fondamentale tra magia ecr...el· ~i.f''''-t: :. che la prima-èlegata a fini pratici, la seconda no. È chiaro tuttavia che, fino al punto- ìn cui la tecnica svolgela sua funzione, la magia non entra affatto ìn gioco. Ma di fronte ai rischi forti della pesca o aquelli connessi alla costruzione di una buona canoa, la magia interviene ad integrare i limitidella scienza e della tecnica. Comunque, l'insieme delle osservazioni anche acute dell'antro-

---.......,....-------------

Page 2: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

;;"

siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l'uso perfetto e compiuto diogni cosa».

I viaggiatori tra Cinquecento e Seicento alimenteranno la curiosità e il dibattito: daPietro Martire di Anghiera a Girolamo Benzoni, da Filippo Sassetti a Francesco Carletti, daFrancesco Gemelli Careri a Matteo Ricci l'orizzonte dell'''alterità'' si allarga dalle Americhealla Cina, ponendo, in maniera magari ancora implicita, domande sul rapportotra la culturaeuropea e quelle extra-europee, nel quadro di un etnocentrismo che ancora non sollevarimorsi e di acculturazioni più o meno drammatiche e traumatiche. In altri termini, l'Europacomincia ad interrogarsi su ciò che non è e a prendere consapevolezza di uno sviluppo poli-centrico delle civiltà umane.

Rispettivamente all'ingresso e allo sbocco della filosofia dell'Illuminismo, Vico eRousseau esprimono riflessioni dal profondo taglio antropologico sul mito, sui primitivi, suiselvaggi, considerati non in senso evoluzionistico, cioè come prime manifestazioni della sto-ria dell'umanità, ma come una radicale ed enigmatica presenza anche nel cuore delle società

. Nell'Illuminismo civilizzate. Ma non va dimenticato che è proprio nel vivo del dibattito illuministico che emer-si pongono le basi gono i tratti salienti di una «scienza dell'uomo», quando appunto il «selvaggio» viene a tro-dell'antropologia varsi al centro di valutazioni diverse e.perfino contrastanti, che diventeranno degli stereotipi

comparata di lungo periodo (uomo di natura, innocente, ignorante, inerte, pigro, ecc.). Nonostante evi-denti limiti, l'llluminismo apre davvero la possibilità di un confronto tra usi e istituzioni dipopoli geograficamente distanti, lungo i lati di quel triangolo ideale (Europa moderna, civiltàantiche, società esotiche) elaborato dal gesuita Joseph-François Lafiteau (1670-1740), chegetta le solide fondamenta di un'antropologia comparata. Proprio per tentare di capire i pre-supposti dell'origine tardo ottocentesca dell'antropologia culturale come disciplina scientifi-ca, occorre passare in rassegna rapidamente alcuni elementi che caratterizzano il clima sto-rico-culturale tra gli ultimi decenni del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento: certiaspetti della cultura romantica (per esempio Herder e von Humboldt); una forte sensibilitàper l'esotico; il moltiplicarsi dei viaggi di esplorazione e delle missioni religiose, con i relativiresoconti; l'interesse per le culture popolari, tradizionali, orali delle popolazioni europee; lostudio intensificato delle culture e delle religioni del Medio e dell'Estremo Oriente; le ricer-che sul sanscrito, sui geroglifici egizianì, sulla linguistica indo-europea; il tentativo di analisidelle popolazioni senza scrittura; la costruzione di modelli economico-sociali per tentare dicomprendere le civiltà antiche e quelle extra-europee.

l!

La preistoriadell'antropologia

culturalenell'Ottocento

A partire dalla metà dell'Ottocento il concetto generale di evoluzione è riconosciuto come ilcriterio fondamentale di interpretazione dei fenomeni naturali e socio-culturali, anche se nonè ovviamente l'unico. La progressiva scoperta che anche la natura è sottoposta alla leggeevolutiva accompagna l'interpretazione, di matrice illuministica, del progresso e del diveniredei fatti storici. Il fermento intellettuale e le ricerche legate a questo clima producono inve-stigazioni di diseguale spessore scientifico, ma comunque interessanti per intuire la preisto-ria dell'antropologia culturale. Si possono così ricordare gli studi dello svizzero JohannJakob Bachofen, che con la sua opera Le madri l! la virilità olimpica del 1861 studia materia-li classici e fonti etnografiche, approfondendo il problema del primato della discendenzafemminile, di certi miti letti come tracce di uno stadio evolutivo assai antico, dell'istituzionedella couvade (il comportamento del maschio è tale che sembra che sia lui a partorire ilfiglio), alla quale gli antropologi successivi presteranno la massima attenzione. Un motivoevoluzionistico coerente è presente nelle ricerche dell'americano Henry Lewis Morgan che,nonostante seri limiti di metodo.e di contenuto, approfondisce il problema delle strutture diparentela e delle forme linguistiche, influendo sull'opera di Friederich Engels. l

Page 3: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

di

dada

. hetravapalli-

eui:0-tà~r-o-piIÌ-:lità

te

Ì-)-

tià

o"-

;ili

l

r

9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane e fisiche----.,-----------

Ora, è interessante sottolineare che il concetto scientifico di cultura, che nasce con l'an-tropologia culturale e coincide praticamente con questa disciplina, emerge in questo periodoe in questo clima culturale generale, quando cioè ci sono tanti presupposti per avventurarsiin una ricerca che valorizzi pienamente, oltre alla cultura occidentale tradizionale di matriceclassica, anche le culture di quei popoli che venivano definiti «primitivi». Nel 1871 l'inglese L'inglese TylorE. B. Tylor nella sua opera Primitive culture elabora un preciso concetto di cultura su base elabora inevolutiva. Formatosi nel clima positivistico della seconda metà dell'Ottocento, egli si libera Primitive culturedai presupposti rigidamente unilineari dell'evoluzionismo sostenuti da tanti suoi contempo- un'idea di cultura

.ranei e si mostra estremamente sensibile di fronte alla diffusione dei fenomeni culturali. come sviluppoPraticamente egli inaugura il metodo della corriparazione interculturale e analizza a fondo il e progressoprocesso evolutivo della religione, che passa dall'animismo al politeismo al monoteismo. Lacultura in generale è sviluppo e coincide in larga parte con il progresso della conoscenza econ il perfezionamento della ragione. Si legga la prima parte della definizione del concetto dicultura che l'antropologo inglese ci propone in Primitive culture.

UNA DEFINIZIONE "POSITIVISTA" DI CULTURA

La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell'insieme complessoche include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra 2,capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di unasocietà, La condizione dellacultura nelle varie società del genere umano, nella misura in cui può essere indagata sulla 4

scorta di principi generali, è un argomento che si presta allo studio delle leggi del pensiero edell'agire umani. Da un lato, l'uniformità che pervade così estesamente la cultura può essere 6attribuita in larga misura all'azione uniforme di cause uniformi; dall'altro, i suoi vari gradipossono essere considerati come stadi di sviluppo o di evoluzione, ciascuno dei quali è il 8risultato della storia precedente e si appresta a compiere la parte che gli compete nel pla-smare la storia futura. La nostra analisi è dedicata all'indagine di questi due grandi principi lOin diversi settori dell'etnografia, con particolare attenzione per la civiltà delle tribù inferioriin rapporto alla civiltà delle nazioni superiori. 12

Gli studiosi moderni delle scienze della natura inorganica sono in prima fila nel ricono-scere, tanto all'interno quanto al di fuori del loro campo di ricerca specifico, l'unità della 14

natura, la permanenza delle sue leggi, la concatenazione determinata di causa ed effetto percui ogni fatto dipende da ciò che l'ha preceduto e agisce su ciò che deve seguirlo. Essi si 16tengono saldamente ancorati alla dottrina pitagorea dell'ordine onnipervadente del cosmouniversale. Essi affermano con Aristotele che la natura non è piena di episodi incoerenti 18come una cattiva tragedia; essi concordano con quello che Leibniz chiama «il mio assioma,che la natura non procede per salti», così come concordano col suo «grande ptjgpiPio, di 20solito scarsamente impiegato, che nulla avviene senza una ragion sufficiente». E anche nellostudio della struttura e delle abitudini delle piante e degli animali, o perfino nell'indagine 22delle funzioni inferiori dell'uomo, queste idee direttive non vengono ignorate. Ma quandoveniamo a considerare i processi superiori del sentimento e dell'azione, del pensiero e del 24

linguaggio, della conoscenza e dell'arte, si assiste a un mutamento di tono nell'opinione cor-rente. TI mondo in generale è poco propenso ad accettare lo studio generale della vita umana 26

come ramo della scienza naturale e ad eseguire il comando del poeta di «spiegare le cosemorali come cose naturali». Agli occhi di molte persone colte sembra che ci sia qualcosa di 28

presuntuoso e di repellente nella concezione che la storia del genere limano sia parte e por-zione della storia della natura, che i nostri pensieri, le nostre volontà e le nostre azioni si 30

conformino a leggi altrettanto detérminate quanto quelle che governano il moto delle onde,la combinazione degli acidi e delle basi, la crescita delle piante e degli animali. 32

E. B. Tylor, Primitive culture, in P. Rossi (a cura di), Il concetto di cultura.I fondamenti teorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino, 1970, pp. 7-8

Page 4: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

1-12. Si.noti il carattere etnocentrico di questarigorosa separazione tra civiltà inferiori e civiltàsuperiori, che l'antropologia culturale successivatenterà di eliminare o, almeno, di attenuare, senzariuscirvi sempre. Resta tuttavia grande meritò diTylor aver definito lo cultura in un' accezioneampia e innovativa. .13-21. Sicuramente interessante è questo richiamoa due pilastri del pensiero filosofico occidentale:Aristotele e l.elbnlz: Nel caso leibniziano, è noto

come il principio di ragion sufficiente sia basilareper lo sua filosofia: esso regge in particolare leverità di fatto' che sono logicamente contingenti.21-32. La polemica di Tylor risente della sua forma-zione positivistica. Da rimarcare è il suo tentativo dinon separare lo storia del genere umano da quel-la della natura. Probabilmente, il suo concettoetnologicamente ampio di cultura trova una spie-gazione anche in questa precisa volontà "antispiri-tualistica".

L'eredità di Tylore lo scuola di Boas

Che lo definizione tyloriana di cultura avesse fatto centro è dimostrato dall'interesse che essa suscitòper parecchi decenni: prendendo il concetto di cultura come base strutturale della nuova disciplinache si chiama antropologia culturale, gli studiosi si rifaranno frequentemente al lavoro dell' antropologoinglese, che può essere effettivamente considerato come il punto di partenza di una corrente di pen-siero antropologico che, in Europa e in America, dibatterà a fondo il concetto scientifico di culturaalmeno fino al secondo conflitto mondiale. Siè trattato di un dibattito fecondo, anche se i risultati con-seguiti sono stati tutt'altro che omogenei. Un momento forte di questa discussione è rappresentato,negli Stati Uniti d'America, dalla cosiddetta «scuola boasiana», che deriva il suo nome da Franz Boas(1858-1942), studioso di origine tedesca che insegnerà in America dal 1899. Figura di rilievo nel campodell'antropologia per le sue ricerche sul campo (presso gli eschimesi, gli indiani, ecc.), Boas sottolinea ilvalore di un metodo rigoroso di raccolta di dati, evitandone qualsiasi generalizzazione frettolosa, e ilpeso delle differenze culturali. Coerentemente, egli respinge il comparativismo legato ad un processoevoluzionistico lineare. Il suo ampio concetto di cultura comprende pure lo linguistica e l'archeologia ediventa la chiave di volta di interpretazione dei gruppi e delle popolazioni umane, al punto che loscuola antropologica statunitense rimane fortemente legata al concetto di cultura da lui elaborato.Aspetti impod'anti di questo dibattito, come per esempio il carattere determinante della cultura neiconfronti ciei membri di un gruppo, oppure il temo, ':'.Ì gronde fortuna, del relotlvìano culturole. emer-gono proprio àll'interno della «scuola boasiana». Per valutare questo lascito di Boas è sufficiente richia-mare alla mente alcuni protagonisti della ricerca antropologico-culturale novecentesca, quali MelvilleJean Herskovits (1895-1963), specialista di culture afro-americane che ha offerto contributi sul temadell' accUiturazione e dell' antropologia economica e ha radicalizzato il concetto di relativismo cultura-le che aveva derivato da Boas; Alfred Lewis Kroeber (1876-1960), il cui nome resta legato al concettodi «superorganico», secondo il quale lo cultura è un fenomeno specifico e autonomo, irriducibile ad ,aspetti psicologici, sociali, ecc.; Robert Heinrich Lowie (1883-1957), che riprende le linee di ricerca diBoas attuando ampie ricerche sul campo, scartando ipotesi evoluzionistiche e dando rilievo alla mol-teplicità delle cause che producono un determinato modello culturale; Clyde Kluckhohn (1905-1960),acuto studioso degli indiani Navajo, che nel suo percorso di ricerca si incontrerà con lo psicoanalisi,dando un contributo autorevole agli studi della cosiddetta di «cultura e personalità».

, NTI SALIENTI DELL' ANTROPOLOGIA CULTURALE"tENTESCA: IL FUNZIONALISMO

:~~;L,.;:~~.t::~~Z:~~";W::::'"O:J,:.:'Z::;J.U"""~.r=:'"~

Se si considera che l'antropologia è una scienza assai giovane, non meraviglia che nellaprima metà del Novecento le piste e gli indirizzi di studio intrapresi si siano moltiplicati· conentusiasmo generoso, dando !'impressione di una ricerca a volte un po' vorace di metodolo-gie che potessero essere credute finalmente salde e imbattibili. Ma il tragitto dell'antropolo-

Page 5: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

pologo polacco sul diritto e sul costume dei «primitivi», sulla loro organizzazione sociale,sulla funzione del padre (alcuni studiosi parlano di un netto ridimensionamento dell'univer-salità del conflitto edipico freudiano), sul «kula», cioè su un interessante scambio cerimonia-le di collane di conchiglie e di bracciali di conchiglie che ha scarsissima rilevanza economi-ca, ma altissimo valore simbolico, va collegato al suo concetto di cultura, alla cui elaborazio-ne egli ha profuso parecchie energie. E a questo proposito occorre ricordare l'identìfìcazìo-

la cultura come ne profonda tra cultura e società, all'interno di una rivendicazione della base biologica dellauncomplesso cultura stessa: la cultura è dunque il complesso delle risposte ai bisogni della natura umana

sistema di risposte che, una volta soddisfatti, generano ulteriori bisogni, magari di livello.superiore. Non mera-degli uomini viglia che Malinowski, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, si sia cimentato in una

aipropri bisogni stimolante analisi e definizione di una «teoria scientifica della cultura» a partire dalla dialetti-ca di fondo bisogni-risposte. Si legga il seguente brano tratto dall'opera Teoria scientificadella cultura del 1941, nel quale Mallnowski definisce il concetto di cultura.

TESTO 2 UNA TEORIA SCIENTIFICA DELLA «CULTURA»

All'inizio sarà bene dare uno sguardo sintetico alla cultura, nelle sue varie manifestazioni.2 Essa evidentemente è il tutto integrale consistente degli strumenti e dei beni di consumo,

delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti sociali, delle idee e delle arti, delle creden-4 ze e dei costumi. Sia che noi consideriamo una cultura molto semplice o primitiva o una cultu-

ra estremamente complessa o sviluppata, noi ci troviamo di fronte a un vasto apparato, in6 parte materiale, in parte umano e in parte spirituale con cui l'uomo può venire a capo dei con-

creti, specifici problemi che gli stanno di fronte. Questi problemi sorgono dal fatto che l'uomo8 ha un corpo soggetto a vari bisogni organici e vive in un ambiente che è il suo miglior amico

giacché fornisce i materiali grezzi del lavoro umano, e anche il suo nemico più pericoloso.10 In questo giudizio un po' approssimativo e certamente senza molte pretese, che sarà ela-

borato pezzo per pezzo, noi abbiamo implicato per prima cosa che la teoria della cultura deve12 prender posizione sul fatto biologico. Gli esseri umani sono una specie animale. Essi sono

soggetti a condizioni elementari che debbono essere soddisfatte affinché gli uomini sopravvi-14 vano, la razza continui e tutti gli organismi siano mantenuti in grado di funzionare. Ancora,

col suo intero apparato di manufatti e con la sua capacità di produrli e valutarli, l'uomo crea16 un secondo ambiente. Fin qui non c'è nulla di nuovo e si sono spesso date ed elaborate defini-

zioni simili della cultura. Noi, comunque, ne trarremo una o due conclusioni addizionali.18 In primo luogo, è chiaro che il soddisfacimento dei bisogni organici o fondamentali del-

l'uomo e della razza è una serie minima di condizioni imposte a ciascuna cultura. Si devono20 risolvere i problemi avanzati dai bisogni nutritivi, riproduttivi e igienici dell'uomo. Essi sono

risolti con la costruzione di un ambiente nuovo, secondario o artificiale. Questo ambiente,22 che non è né più né meno che la cultura stessa, deve essere continuamente riprodotto, man-

tenuto e diretto. Ne consegue ciò che potrebbe essere descritto nel senso più generale del24 termine come un nuovo livello di vita, che dipende dal livello culturale della comunità, dal-

l'ambiente e dall'efficienza del gruppo. Un livello culturale di vita, inoltre, significa che nuovi26 bisogni si manifestano e nuovi imperativi o determinanti sono imposti al comportamento

umano. Chiaramente, la tradizione culturale deve essere trasmessa da ciascuna generazione28 alla successiva. Metodi e meccanismi di carattere educativo debbono esistere in ogni cultu-

ra. L'ordine e la legge debbono essere mantenuti, giacché la cooperazione è l'essenza di30 ogni realizzazione culturale. In ogni comunità debbono esistere misure per sanzionare il

costume, l'etica e la legge. Il sostrato materiale della cultura deve essere rinnovato, e mante-32 nuto in grado di funzionare. Perciò, alcune forme di organizzazione economica sono indi-

spensabili, anche nelle culture più primitive.34 Così l'uomo deve, innanzitutto, soddisfare tutti i bisogni dell'organismo. Deve creare

dispositivi e compiere attività per-nutrirsi, riscaldarsi, alloggiare, vestirsi o proteggersi dal36 freddo, dal vento e dalle intemperie. Egli deve proteggere se stesso e organizzare tale prote-

Page 6: Antropologia culturale da fare filosofia temi vol3-

l

9. L'antropologia culturale: una disciplina di confine tra scienze umane efisiche--------.------------------------------------------------.--~~zione contro nemici e pericoli esterni, fisici, animali o umani. Tutti questi problemi primaridegli esseri umani sono risolti mediante prodotti, mediante l'organizzazione in gruppi coo- 38

perativi, e anche mediante lo sviluppo della conoscenza, il senso dei valori e l'etica. Noi cer-cheremo di mostrare che si può sviluppare una teoria in cui i bisogni fondamentali e il loro 40

soddisfacimento culturale possono essere connessi con la derivazione di nuovi bisogni cultu-rali; che questi nuovi bisogni impongono all'uomo e alla società un tipo secondario di deter- 42

minismo. Noi potremo distinguere gli imperativi strumentali -- che sorgono da attivitàcome quella economica, quella normativa, quella educativa e quella politica - e gli imperati- 44

vi integrativi. Fra questi elencheremo la conoscenza, la religione e la magia. Le attività arti-stiche e ricreative potremo riferirle direttamente a certe caratteristiche fisiologiche dell'or- 46

ganismo umano e potremo anche mostrare la loro influenza e dipendenza da modi di azioneconcordata, da credenze magiche, industriali e religiose [...] L'analisi ora delineata, in cui 48

noi tentiamo di definire la relazione fra un'azione culturale e un bisogno umano, fondamen-tale o derivato, può essere chiamata funzionale. Infatti la funzione non può essere definita 50altrimenti che come il soddisfacimento di un bisogno tramite un'attività in cui gli esseriumani cooperano, usano prodotti e consumano beni. Tuttavia questa stessa definizione 52implica un altro prirtcipio con cui possiamo integrare concretamente ogni fase del comporta-mento umano. Qui il concetto essenziale è quello di organizzazione. Al fine di realizzare un 54certo intento, raggiungere un certo fine, gli esseri umani debbono organizzarsi. Come oramostreremo, l'organizzazione implica uno schema o "Una struttura ben definiti, icui principa- 56li fattori sono universali 'in quanto applicabili a tutti i gruppi organizzati, che, ancora, nellaloro forma tipica, sono universali per tutta l'umanità. 58

B. Malinowski, Teoria scientifica della cultura e altri saggi,trad. it, di G. Faina, Feltrinelli, Milano, 1971, pp. 44-47

1-9. Si tenga presente questa concezione organi-cistica e integrata della cultura, che mira a coglie-re tutte le attività produttive dell'uomo, dal pianomateriale a quello simbolico: è questo uno deitratti salienti di una concezione antropologicadella cultura.10-33. Il richiamo ali' esistenza di forme economi-che anche in culture primitive probabilmenteesprime una polemica contro quelle concezioniche, invece, negavano a tali culture uri tratto cosìevidente nelle società sviluppate come un'econo-mia più o meno complessa.34-45. La religione e la magia rappresentano duerealtà essenziali nei modelli di società studiati "sulcampo" dall'antropologo polacco.45-58. L'attenzione del Malinowski per la funzio-ne e per l'organizzazione sociale a volte sembraaccentuare aspetti della ricerca sul campoin cui antropologia e sociologia si mescolano

continuamente, superando i rispettivi confini di-sciplinari.In definitiva, il funzionalismo malinowskiano espri-me senza dubbio una visione della culturà organi-ca e ricca. Tuttavia, esso non è andato affattoesente da crltiche. Infatti il funzionalismo è stato.accusato di tenere in scarsa considerazione i bi-sogni, di essere finalistico (scambiando la causadei fenomeni con il loro effetto), di non tenere nelconto dovuto i conflitti e le lotte all'interno di unasocietà e, quindi, di trascurare il mutamento stori-co e sociale. Tutte rimostranze, queste, che hannodelle ragioni. Non bisogna però tacere che il fun-zionalismo di Malinowski ha costituito l'esempio diun nuovo modo di fare ricerca antropologicc:i,come dimostra il fatto che ammiratori e detrattori,per decenni ancora dopo la sua scomparsa, han-no dovuto continuare a fare i conti con la sua con-cezione della cultura.

All'interno della cornice funzionalistica va ancora collocato, in una posizione certamenteautonoma e originale, Alfred Reginald Radcliffe-Brown (1881-1955), che a partire dagli anniTrenta-Quaranta del Novecento accentua il peso della struttura sociale e limita il terreno delfunzionalismo. In gioventù aveva subito l'influsso del sociologo francese Durkheim e di Frazer,teorico quest'ultimo del diffusionismo culturale e autore della celebre opera Il ramo d'oro(1911-1915), straordinaria raccolta di dati sociali, antropologici e religiosi di popoli primitivi.Mentre Malinowski dà grande rilievo alla cultura, Radcliffe-Brown concepisce l'antropologia

"