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Camera del lavoro testo relazione Alberto Castagnola "Per una uscita intelligente dalle crisi"

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Materiale a supporto della presentazione di Alberto Castagnola alla Scuola Estiva di Decrescita 2011 a Pesariis (UD)

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Per una uscita intelligente dalle crisi, il contributo dell’altra economia

Alberto Castagnola

1. La fase economica attuale è caratterizzata da alcuni aspetti che rendono meno facilmente

applicabili gli usuali metodi di stimolare la ripresa e di recuperare l’occupazione. La crisi finanziaria ha colpito duramente il sistema dominante e ha portato alla improvvisa e radicale negazione del modello liberista, ampiamente diffuso e imposto, specie ai paesi del Sud. La crisi economica ha costituito uno dei fattori scatenanti della crisi finanziaria (impossibilità negli USA di pagare i mutui concessi senza garanzie a famiglie sull’orlo dell’emarginazione e riduzione del valore degli immobili) ed è con ogni probabilità appena agli inizi. Gli effetti delle due crisi, la prima ancora in corso malgrado i tentativi delle grandi banche americane di riprendere le vecchie pratiche, la seconda che non ha ancora raggiunto il suo picco, rendono sempre più grave la situazione occupazionale, con una riduzione dei posti di lavoro disponibili destinata a protrarsi nel tempo (al di la delle scadenze dei principali sostegni istituzionali)

2. In campo ambientale, dopo la desolante conclusione del G8, assistiamo all’emersione di misure adottate da alcuni paesi più lungimiranti ed ai tentativi di alcune imprese, in genere multinazionali, di delineare una “economia verde”, intesa come l’insieme dei settori vecchi e nuovi che potrebbero svilupparsi per ridurre i danni ambientali. Questa prospettiva, -sostenuta da una nuova impostazione delle pubblicità, che dall’inizio del 2009, hanno sfondi verdi e immagini della Natura a sostegno delle vendite di auto e lavatrici, di cibi e di vestiti, tutti apparentemente senza prodotti chimici e senza trasformazioni industriali, - costituisce per ora solo la ricerca di nuove fonti di profitto, che cerca di trarre dei vantaggi dall’aumento delle percezione di danni ambientali, divenuti ormai insostenibili per il pianeta. Le urgenze di interventi e la necessità di conversioni produttive ovviamente esistono, però sarà necessario distinguere accuratamente le produzioni gabellate come nuove e rispettose dell’ambiente da quelle che continuano a usare senza limiti le risorse naturali e ad aumentare l’uso di energie inquinanti.

3. Le analisi che teorizzano la necessità di una “decrescita”, oltretutto in tempi rapidi, per l’intero sistema economico internazionale, oltre a descrivere i principali danni ambientali e la assoluta necessità di porre dei limiti alle attività produttive industriali che consumano troppa energie, troppa acqua e tropo suolo, si basano su accurate misure della utilizzazione delle principali materie prime negli ultimi decenni e sulla opportunità assoluta di passare ad una “economia del limite”. Alcuni dati sulle produzioni e alcune più recenti valutazioni sui danni arrecati al pianeta, possono illustrare questo aspetto:

• In poche generazioni l’umanità ha consumato le riserve di combustibili fossili

generate in centinaia di milioni di anni, avvicinandosi alla soglia dell’esaurimento

• La concentrazione nell’atmosfera di diversi gas che incrementano l’effetto serra naturale- in particolare l’anidride carbonica e il metano- è aumentata pericolosamente, innescando rapidi cambiamenti climatici

• Circa il 50% della superficie terrestre è stata modificata direttamente dall’intervento umano, con significative conseguenze sulla ricchezza della vita sulla terra (biodiversità) per il ciclo dei nutrienti, per la struttura del suolo e per il clima

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• La quantità di azoto fissata sinteticamente dalle attività agricole attraverso i fertilizzanti chimici è oggi superiore a quella fissata naturalmente negli ecosistemi terrestri nel ciclo naturale di questo elemento

• Più della metà della quantità di acqua dolce accessibile è utilizzata in modo diretto o indiretto dalla nostra specie, e le riserve idriche sotterranee si stanno rapidamente esaurendo in moltissime aree del pianeta (dalla Cina agli Stati Uniti, dall’India all’Iran, ecc.)

• Gli ecosistemi marini e costieri si stanno drammaticamente alterando. Sono stati distrutti il 50% degli ambienti di mangrovie e il 50% delle zone umide

• Circa il 22% delle zone marine di pesca sono state ipersfruttate o esaurite e il 44% è al limite dell’esaurimento

• I tassi di estinzione delle forme di vita sono notevolmente aumentati, sia negli ecosistemi marini sia in quelli terrestri. Siamo nel mezzo di un grande evento di perdita della biodiversità, provocato, per la prima volta nella storia della vita sulla Terra, dalle attività di una singola specie vivente: la nostra.

• Agli inizi del secolo scorso, nel 1900, impiegavamo giornalmente solo l’equivalente di pochi barili di petrolio per ottenere l’energia impiegata a livello mondiale. Oggi consumiamo ogni giorno oltre 80 milioni di barili di petrolio

• Sempre nel 1900 utilizzavamo metalli per una ventina di milioni di tonnellate all’anno, ora siamo passati a oltre 1,2 miliardi di tonnellate

• Il consumo di carta è passato da 4 milioni di tonnellate nel 1900 a circa 160 milioni di tonnellate nel 1998

• La produzione di materie plastiche, praticamente sconosciuta nel 1900, ha raggiunto i 131 milioni di tonnellate nel 1995

• L’economia umana attinge oggi a tutti i 92 elementi della tavola periodica degli elementi, mentre nel 1900 ne utilizzava solo una ventina

• Oggi utilizziamo dagli 80.000 ai 100.000 composti chimici di origine antropogenica, derivanti da attività industriali, dei quali ignoriamo gli effetti sui sistemi naturali e sul nostro organismo. Soltanto di un 2% circa di questi è stata analizzata l’eventuale cancerogenicità.

• Quindici minerali essenziali sono stati già sfruttati per oltre la metà delle risorse conosciute: mercurio (estratto al 95%), piombo, argento e oro (oltre l’80%), arsenico, cadmio, e zinco(circa il 70%), stagno, litio e selenio (60%), manganese, rame, berillio e tungsteno (intorno al 50%)

• Il litio per la sua bassa densità sarà essenziale per la produzione di batterie per auto; le riserve ammontano ad appena 4 milioni di tonnellate, sufficienti solo ad equipaggiare l’attuale parco di auto; anche sequestrando tutta la produzione di litio per le auto, non si potranno produrre più di 60 milioni di auto all’anno

• Il 20% dell’inquinamento della costa americana del Pacifico è di origine cinese a causa delle correnti ad alta quota

4. Se si considerano attendibili queste analisi, emergono alcuni criteri che dovrebbero guidare gli investimenti e le produzioni industriali nell’immediato futuro e conseguentemente le profonde ristrutturazioni dei consumi che dovrebbero impegnare tutti gli Stati del Pianeta. Sono almeno dodici i principi ai quali dovremmo ispirarci:

1) La Terra è un pianeta limitato 2) Perseguire la ricostituzione dei cicli biologici 3) Salvaguardare la capacità di riassorbimento 4) Perseguire usi multipli di ogni risorsa naturale limitata 5) Garantire la conservazione delle risorse naturali

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6) La riconquista della percezione degli elementi costitutivi della natura 7) Il reinserimento dell’uomo nel ciclo del carbonio 8) Il principio di precauzione 9) La conversione all’ambiente di produzioni e consumi 10) La riprogettazione degli oggetti artificiali 11) Adeguare i bisogni alle dimensioni del pianeta 12) Elaborare un modello di evoluzione ambientalmente non dannoso per ogni cultura

5. Di conseguenza dovrebbe essere modificata la struttura dei consumi, non per conseguire stili

di vita più etici nei paesi ricchi o per permettere una migliore qualità della vita nei paesi del cosiddetto sottosviluppo, ma per garantire la sopravvivenza della specie umana sul pianeta. Alcuni esempi di politiche economiche più adeguate alle reali dimensioni del pianeta e delle sue risorse possono evidenziare la portata dei problemi da affrontare:

a) Riutilizzare al massimo le materie prime già estratte b) Usare in modo molto parsimonioso petrolio e gas c) Ridurre drasticamente l’utilizzo di oggetti di plastica d) Ridurre l’uso di energia e acqua nelle produzioni industriali di beni di consumo e) Ridurre al massimo le emissioni di Co2 f) Ridurre il contenuto in rifiuti di ogni oggetto g) Ridurre le esigenze di imballaggi h) Riprogettare gli oggetti dannosi per l’ambiente i) Aumentare la produzione di oggetti biodegradabili o riciclabili e riutilizzabili j) Ampliare al massimo le produzioni agricole biologiche e similari k) Bloccare il processo di omogeneità genetica e recuperare semi e varietà originali l) Bloccare all’origine polveri sottili e particelle metalliche nell’aria e nel suolo m) Modificare le dinamiche che creano i mega agglomerati urbani, moltiplicando le

infrastrutture di uso comunitario

6. Da oltre quindici anni, si sono moltiplicate le attività che hanno alla base logiche e obiettivi ben diversi da quelli che caratterizzano le economie dominanti. Il commercio equo e solidale, forse la più antica, cerca di garantire ai produttori primari un reddito sufficiente ad una vita dignitosa, invece di lasciarli esposti allo sfruttamento di intermediari e multinazionali. Il livello del pagamento della materia prima coltivata viene deciso di comune accordo, tenendo conto delle esigenze dei produttori e non della possibilità di estrarre il massimo profitto dal loro lavoro. Una volta deciso, il prezzo di acquisto viene garantito anche se a livello internazionale varia nel tempo (spesso solo per operazioni finanziarie puramente speculative). Il prezzo di vendita in Italia (e in molti paesi europei) viene fissato ai livelli più alti possibili rispetto alle condizioni del mercato, in modo da permettere una alta retribuzione ai produttori e l’espansione del sistema di vendita basato sulle Botteghe. Questo meccanismo è un esempio di come si possa concorrere sul mercato e subordinare costi e prezzi non al profitto ma ad obiettivi di natura completamente diversa e soprattutto di ottenere prodotti più sani e con meno sfruttamento incorporato.

7. Logiche analoghe sono seguite in tutti i settori dell’economia alternativa. Il riuso e il riciclo

tendono a far emergere il valore degli oggetti che scartiamo ogni giorno, a ridurre l’ammontare dei rifiuti che si accumulano ogni giorno di più, a recuperare le materie prime che abbiamo estratto dalla terra senza porci alcun limite (stiamo già oggi producendo come se avessimo a disposizione cinque pianeti). L’informatica alternativa open source) offre la possibilità di sottrarsi al controllo dei brevetti e delle grandi multinazionali del settore e di contribuire all’evoluzione della tecnologia. I prodotti biologici garantiscono l’assenza di

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prodotti chimici (pesticidi, diserbanti, ecc.) e potrebbero ridurre le peggiori malattie con cause o concause nell’inquinamento ambientale. Anche le attività relazionali e culturali che si ispirano agli stessi principi mettono in evidenza la possibilità di avere molti più rapporti interpersonali e sociali e di sottrarsi ai peggiori condizionamenti esercitati da un sistema concepito solo per garantire maggiori profitti ulteriori espansioni, senza alcuna preoccupazione dei costi umani dei meccanismi di sviluppo indiscriminato e illimitato. Queste attività nel loro insieme, e tenendo conto delle loro dimensioni ancora limitate, possono essere concepite come degli embrioni di una economia alternativa, ovviamente ancora non in grado di soppiantare il sistema dominante, ma che ne dimostra le profonda disumanità e fa intravedere concrete possibilità di in futuro diverso.

8. I tentativi in corso lasciano intravedere concrete potenzialità occupazionali. Lasciando da parte alcuni esempi (come le fabbriche abbandonate rimesse in funzione dagli operai nell’ Argentina della crisi profonda), è evidente che perfino i gruppi di acquisto, se coinvolgono più di 25 famiglie, possono offrire l’occupazione a una persona che a pieno tempo si occupa degli ordini e delle consegne. Inoltre interi settori, resi essenziali dalla assoluta necessità di bloccare i danni ambientali, possono (e devono) diventare una fonte di posti di lavoro anche in piena crisi. Un recente studio CGIL-Legambiente ha stimato in 350.000 i posti di lavoro che possono essere creati ogni anno se si adottassero le proposte contenute nello studio: a) politiche consistenti di risparmio ed efficienza energetica; b) riqualificazione energetica delle abitazioni ; c) sicurezza ambientale (lotta al dissesto idrogeologico, bonifica di aree abbandonate e degradate, bonifica dall’amianto, ecc.); d) potenziamento dei trasporti per i pendolari. Più in particolare, la diffusione su larga scala di impianti solari ed eolici per le abitazioni esistenti e di nuova costruzione darebbe luogo a possibilità di occupazione per montatori e riparatori non appena gli incentivi e le normative mettessero in condizione di finanziare gli impianti tutti i proprietari di case e coloro che ne sono ancora privi.

9. Gli altri settori dell’economia solidale sono ancora in fase iniziale di espansione, ma potrebbero contribuire in misura non irrilevante ad una occupazione stabile e regolarmente retribuita non appena le piccole aree già in attività saranno in grado di collegarsi tra di loro, aumentando gli scambi e le possibili integrazioni produttive. Ad esempio, se tutte le aree protette e i parchi nazionali e regionali diventassero aree di elezione dell’economia solidale, produzioni locali biologiche, vendita di prodotti realizzati localmente senza incidere sulle emissioni dovuti a trasporti da punti lontani, promozione delle attività di piccole industrie e di artigiani che non danneggiano l’ambiente e che non utilizzano materie prime vietate, consumatori e turisti che vengono informati sulle opportunità di una alimentazione sana e rispettosa dell’ambiente, rappresentano altrettante linee di lavoro garantito che si stano sperimentando in vari luoghi d’Italia e molto di più in paesi come la Germania e l’Olanda.

10. Anche i rifiuti possono essere visti come una fonte di materie prime da recuperare (riducendo la pressione sull’estrazione continua dai terreni minerari e aprendo la strada alla utilizzazione plurima della stessa risorsa ormai in circolazione). Ciò comporta naturalmente la raccolta a monte dei rifiuti familiari e industriali e l’esistenza di una rete di impianti di trasformazione accuratamente progettati. Dobbiamo imparare che un mucchio di 800 lattine per bevande rappresenta una bicicletta tutta in alluminio e 70 di esse una macchinetta per il caffè. I Comuni che ancora non hanno avviato la raccolta porta a porta rappresentano una fonte di materie “seconde” che non può più essere trascurata, bruciare i rifiuti anche per produrre energia è uno spreco ormai inaccettabile (senza considerare i danni per la salute), impiegare risorse e parti di territorio per stoccare rifiuti dannosi e fonti di ulteriori inquinamento è una pratica condannata ormai in molti paesi. Una parte importante dei rifiuti

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attuali può infine essere riutilizzata per produzioni artistiche o per la trasformazione in oggetti utili per l’arredamento o per l’abbigliamento, mentre ostinarsi a considerare i rifiuti uno scarto indesiderato e un onere imprescindibile dell’attuale industrializzazione è ormai un segno della incapacità di superare in positivo le tracce di una “civiltà” ormai in fase distruttiva verso il pianeta che la ospita.

11. L’economia alternativa e solidale comprende inoltre un ampio gruppo di attività, in gran

parte non incluse nelle attuali classificazioni statistiche utilizzate per l’elaborazione del calcolo del reddito nazionale (il famigerato PIL, il prodotto interno lordo che rispecchia il modello della crescita illimitata e trascura il lavoro svolto in casa da tante donne), perché nascono dal tessuto di relazioni che nascono o si espandono quando non è più il profitto a regolare i rapporti tra gli esseri umani. Nell’economia alternativa di tipo solidale è evidente che un qualunque prodotto non è considerato solo per il suo costo o il suo prezzo di vendita, ma include la conoscenza del produttore e delle sue scelte, la conoscenza di chi trasforma o semplicemente vende lo stesso oggetto ma anche le loro motivazioni e i loro obiettivi. L’oggetto perde una parte della sua materialità e diventa occasione di conversazioni, di scambio di esperienze, di modi di vivere diversi, di progetti per il futuro; riacquista il significato che la trasformazione industriale anonima e massificata gli ha fatto perdere, e contribuisce a creare e a moltiplicare delle reti di relazioni che piano piano diventano il vero e più importante obiettivo della produzione e del commercio. La scomparsa delle piccole botteghe, dei lavatoi, delle piazze e dei mercati di zona ha ormai rivelato con chiarezza le perdite che abbiamo subito nel recente passato, sottoposto alla mitizzazione del progresso dell’innalzamento della qualità della vista strettamente dipendente dalle tecnologie e dalla industrializzazione forzata. Ovviamente non si tratta di ritornare alle caverne e alle torce, ma di impostare diversamente le modalità di realizzazione e di scambio dei beni, sottolineando la necessità di riconquistare una più intensa e significativa rete di rapporti interpersonali. Questo progressivo processo muterebbe anche il tempo di lavoro e il rapporto tra lavoro subordinato e attività liberamente intraprese. Nella fase attuale, e più concretamente, occorre verificare quali mutazioni sono perseguibili ampliando la sfera di attività ispirata ai principi di una economia alternativa e solidale.

12. Ora è possibile valutare in modo più costruttivo le molteplici attività che in tanti paesi si richiamano ad una economia di tipo solidale. Non tutti i progetti in corso possono essere considerati in modo positivo, molti di essi sono in realtà delle sperimentazioni i cui risultati possono essere diversi dalle aspettative, però è innegabile la spinta che coinvolge sempre più persone nella ricerca di modelli alternativi rispetto a quello dominante Le esperienze avviate negli ultimi dieci anni fuori o contro le logiche del sistema economico dominante sono numerosissime e caratterizzate molto spesso da una creatività eccezionale. Anche quando non sono apertamente osteggiate (specie quando incidono in misura percettibile sul mercato), non sono certo favorite dalla congerie di leggi che regolano la produzione e il commercio, senza però sostenere le attività che cercano di non danneggiare l’ambiente o la salute delle persone. Sono quasi sempre molto chiare le motivazioni che spingono a realizzare tali iniziative (disagio o rifiuto nei confronti del sistema dominante, tentativo di ridurre la pressione e il danneggiamento dell’ambiente, esigenza di salvaguardare la salute della specie umana, della fauna e della flora terrestri, e la necessità di allentare la stretta e lo sfruttamento esercitati sulle popolazioni del Sud del mondo). Invece, è abbastanza difficile incontrare gruppi che siano perfettamente coscienti di essere impegnati nella costruzione di un sistema economico completamente diverso da quello dominante. Forse la libertà e la creatività sono proprio dovuti a questa autonomia di sperimentazione, a questa non dipendenza da modelli precostituiti, ma forse sarebbe opportuno che cominciasse ad emergere una coscienza più

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diffusa della prospettiva in cui di fatto ci si muove. Ciò permetterebbe di non scoraggiarsi di fronte agli inevitabili ostacoli frapposti da un compito così immane e permetterebbe invece di mobilitarsi su vasta scala ogni volta che si cerca di ottenere dei risultati di comune interesse.

La “Carta dei Principi dell’Altra Economia”, elaborata a Roma nel 2004, fa riferimento ai principali settori di una economia diversa, alternativa e solidale: commercio equo e solidale finanza ed assicurazione etica, come microcredito, banche etiche e mutue autogestione gruppi che collaborano in base a principi di cooperazione e solidarietà gruppi di acquisto solidali gruppi che praticano i bilanci di giustizia forme organizzate di consumo critico turismo responsabile riuso e ricicli di materiali e risorse naturali (raccoglitori di rifiuti, cartoneros) informatica open source applicazione di forme di energia rinnovabili agricoltura biologica A questi se ne possono aggiungere degli altri (quasi tutti presenti in Italia): Gruppi di acquisto non dichiaratamente solidali Gruppi di acquisto popolari Campagne per sponsor e tesorerie etiche Campagne per la sovranità alimentare Centri per le tecnologie appropriate Iniziative autonome per la creazione di posti di lavoro (autogestioni, cooperative no profit, autocostruzioni, ecc.) Campagne per la tutela e la diffusione delle energie riproducibili Sostegno a iniziative di sviluppo progettate da locali e immigrati Progetti per la protezione della biodiversità Coltivazioni con metodi alternativi (biodinamica, ecc.) Occupazioni di terre e insediamenti contadini Fattorie didattiche Bio ristoranti, bar e osterie no profit Radio comunitarie e TV di strada Campagna per l’accesso ai farmaci Giornata del non acquisto o degli acquisti trasparenti Mercati per il baratto Banche del Tempo Campagne per la Tobin Tax Scambi e acquisti con monete alternative Programmi di adozione e sostegni a distanza Organismi impegnati nella protezione ambientale LETS, sistemi di scambio gratuiti Artigiani Solidali Produzione di mattoni in terra cruda e di case di paglia CAES, assicurazioni no profit Campagna “Cambieresti” di Venezia Campagna Nuovi stili di Vita di Campobasso

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Condomini sostenibili di Ferrara Campagna “Vispo” di Piacenza Campagna Cambieresti di Biella Campagna Cambieresti di Colorno (Parma) Campagna città equosolidali

13. Anche le esperienze di distretti, circuiti e filiere di economia solidale, città di “altra economia”, sono in fase di moltiplicazione sul territorio nazionale Ogni raggruppamento sul territorio o nei diversi comparti di economia alternativa che sono stati indicati dovrebbe moltiplicare gli scambi di esperienze e di prodotti al suo interno, pur continuando a destinare parte delle risorse umane disponibili all’espansione verso l’esterno di ogni attività avviata. In effetti, è solo quando si cominciano a integrare fra loro le diverse attività (acquisto o scambio reciproco di beni e servizi) che si delinea un sistema economico in fase nascente o embrionale, capace di crescere su se stesso e di ridurre progressivamente i rapporti con il sistema dominante. Questo è il significato dei circuiti, delle filiere, dei distretti, degli ecovillaggi o delle “città” che raccolgono e potenziano questi processi di integrazione produttiva e di rapporti conviviali tra le persone più coinvolte in questa prospettiva, vissuta in comune e profondamente condivisa. Città dell’Altra Economia di Roma Città solidale a Venezia Mestre Altre “città” in corso di realizzazione o allo studio a Livorno, Rieti, Iglesias, Massa, ecc. Coordinamento Ecovillaggi Gli Empori di Fano e Genova Pausa Cafè di Torino Gruppo informale di Trento Contro il pizzo cambia i consumi, Palermo Primovere, Pescara L’isola che c’è, Como Tavolo e Associazione dell’Altra Economia (otto Fiere), Roma Consorzio Cooperative Sociali della Locride, Goel Gruppo informale della Brianza Associazione delle Marche Otromodo, laboratorio di economia solidale a Milano Laboratorio ES di Napoli CasaClima in Alto Adige SpiazzaMercato a Parma Porta a porta per i rifiuti a Montebelluna Semaforo Verde a Pordenone Acquisti bio e verdi a Ferrara Invece delle bottiglie di plastica a Ferrara e a Firenze Il Tesoro di Capitan Eco per la raccolta differenziata ad Avellino Le Ecofeste di Parma Le serate di economia domestica di Colorno e Torrile (PR) Iniziative delle Città Equosolidali I pannolini a Rosà, provincia di Vicenza Riduzione dei flussi d’acqua a Bagnacavallo (Ravenna) Risparmio energetico nelle scuole a Modena e Laveno Mombello, Varese Sportello di economia solidale a Cremona Energia pulita a Napoli, Padova, Brescia,

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14. E’ anche opportuno ricordare alcune esperienze di economia solidale in altri paesi, specie nel Sud del mondo. Le esperienze di maggiore portata e di più antica iniziativa si incontrano più facilmente nei paesi del Sud, in particolare in quelli tormentati da una popolazione in rapida crescita o che sono stati colpiti da crisi economiche pesanti e con duri risvolti sociali. Il Movimento dei Senza Terra in Brasile Le cooperative dei riciclatori di rifiuti in Colombia I raccoglitori di rifiuti di Ahmedabad La cooperativa dei lavoratori della costruzione navale in India La cooperativa dei lavoratori tipografici in India La cooperativa per la produzione di cavi di alluminio e di conduttori in India La cooperativa di produzione di macchinari per cavi in India L’Associazione In Loco in Portogallo Mondragon in Spagna IL microcredito per le donne in Afghanistan Le “ollas comunes” in Cile Le associazioni di donne in India, Sewa L’esperienza di “Tilonia” in India Le reti di attività solidali in Uruguay L’elenco è sicuramente incompleto. Da queste situazioni molto dinamiche è possibile trarre molti insegnamenti, specie se si tiene conto che i fattori legati alla necessità di sopravvivere hanno agevolato l’espansione del fenomeno, mentre nei nostri paesi l’opulenza generalizzata ostacola, in misura che spesso viene trascurata, l’attecchimento e la diffusione dei tentativi fatti nella stessa direzione. Anche il fatto che gran parte delle popolazioni del Sud sono ormai sostanzialmente “fuori mercato” agevola la ricerca delle alternative al sistema dominante, mentre nei contesti dei paesi “ricchi” condizionamenti e vincoli sono molto forti e spesso inavvertiti, e le capacità di riassorbimento delle esperienze alternative da parte del sistema dominante sono indubbiamente maggiori

15. Infine, vi è un aspetto che non deve essere dimenticato in quanto ha notevoli prospettive di espansione, man mano che matura una maggiore consapevolezza sulle questioni ambientali e sulla futura disponibilità di materie prime (non solo il petrolio ma tutte le 40 principali materie prime, anche agricole, di interesse industriale). Tutti i paesi (specie quelli più industrializzati, ma anche quelli che da poco si sono affacciati alla fase dello “sviluppo” industriale, come la Cina e l’India) non possono più pensare ad una prosecuzione pura e semplice, magari con qualche riduzione dei peggiori danni ambientali, del modello attuato negli ultimi 40 anni, quello della crescita illimitata e senza ostacoli. La realtà si presenta in modo molto meno favorevole in termini di disponibilità effettive economicamente convenienti. Come è anche comprovato dalla economia di rapina messa in atto dalla Cina in Africa nei paesi dove sono ancora presenti dei giacimenti non sfruttati e dagli acquisti massicci di terre coltivabili, per mettere in produzione dei prodotti alimentari da esportare nei paesi investitori (senza alcuna preoccupazione per gli abitanti del paese venditore). Sembra quindi opportuno prevedere, anche ai fine del raggiungimento delle riduzioni di anidride carbonica previste per rallentare i fenomeni climatici, delineare una prospettiva di progressiva ristrutturazione dei consumi, dando più spazio a quelli non dannosi per l’ambiente e che consumano meno energia e meno risorse naturali. L’economia alternativa e solidale ha da tempo elaborato criteri e modalità da seguire, i principi ispiratori di un consumo critico e responsabile. E’ infatti necessario superare i condizionamenti al consumo compulsivo imposti a gran parte dell’umanità, e aprire una fase

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di consumi necessari al soddisfacimento di bisogni essenziali, e che tengono conto dei rischi per il pianeta e della necessità di ridimensionare i consumi energetici. Ciò comporta un ruolo e una responsabilità ben diversi per i consumatori (e quindi di tutte le categorie sociali nella loro dimensione di consumatori), comporta una pressione decisa e prolungata per far conoscere le vere caratteristiche dei prodotti offerti e i consumi energetici che sono serviti alla produzione e alla distribuzione di ogni prodotto, in modo che i consumatori possano liberamente e con semplicità scegliere i prodotti meno inquinanti e più sani. Serviranno molti posti di lavoro (taluni completamente nuovi) per ricerche e indagini, per analisi e schedature, per controlli e verifiche, per mezzi di trasporto e di movimentazione innovativi, per le nuove etichette e le nuove certificazioni, per informare e formare i consumatori, per introdurre nelle scuole e nelle università le materie necessarie per far emergere una cultura critica e un senso di responsabilità generalizzato. Un cambiamento che può essere giudicato utopistico e che invece è solo molto realistico, necessario e soprattutto urgente, se non vogliamo trovarci immersi nel giro di pochi anni in fenomeni che sfuggono ad ogni controllo istituzionale.

16. Tutte le considerazioni qui svolte trovano finalmente conferma e sostegno nella approvazione della legge della Regione Lazio per la diffusione dell’altra economia nel Lazio. Tra le sue finalità si trovano la promozione e il sostegno di iniziative e interventi per lo sviluppo delle attività dell’altra economia, la creazione di centri di altra economia, la promozione dei beni e dei servizi dell’altra economia, la promozione della divulgazione delle tematiche connesse e l’organizzazione di incontri. La legge permetterà l’emersione di tutte le iniziative finora realizzate a titolo volontario e su basi fornite da piccoli gruppi, dovrebbe agevolare una conoscenza diffusa su tutto il territorio laziale dell’importanza attribuita a questo particolare settore, dovrebbe sollecitare un più intenso scambio di esperienze con realtà di altre regioni e che operano in paesi diversi. Soprattutto, specialmente se fornita di mezzi finanziari adeguati, dovrebbe permettere all’intero settore di raggiungere dimensioni significative. A oggi, peraltro, non sono stati attribuiti alla legge i fondi necessari per permetterne il funzionamento.

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Economia solidale, sistemi di scambio non monetario

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Consumo critico

Indicazioni bibliografiche essenziali Garbillo Consumo sostenibile, FCE, Bologna, 1996 Francesco Gesualdi Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, 2004 (prima edizione 1999) Aime Fiabe nei barattoli, EMI, Bologna, Gocce di giustizia, miniguida al boicottaggio e al consumo critico, La Tortuga, Padova, 2003 Centro Nuovo Modello di Sviluppo Guida al Consumo Critico, Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole, EMI, Bologna, ultima edizione 2009 Antonella Valer Bilanci di giustizia. Famiglie in rete per consumi leggeri, EMI, Bologna T. Bassanese, Cacao. Così dolce, così amaro. EMI, Bologna Andrea Saroldi, Gruppi di acquisto solidale. Guida al consumo locale, EMI, Bologna G. Bologna, F. Gesualdi, F.Piazza, A. Saroldi, Invito alla sobrietà felice. Come vivere meglio consumando meno. EMI, Bologna AAVV. Economia solidale. Percorsi comuni tra Nord e Sud del mondo per uno sviluppo umano sostenibile, EMI, Bologna, 2002 W. Mutunga, F. Gesualdi, S. Ouma, Consumatori del Nord e lavoratori del Sud. Il successo di una campagna della società civile contro la Del Monte in Kenya. EMI, Bologna, 2003 Andrea Saroldi, Costruire economie solidali, un percorso a quattro livelli, EMI, Bologna, Lorenzo Guadagnucci e Fabio Gavelli, La crisi di crescita, le prospettive del commercio equo e solidale, Feltrinelli, Milano, febbraio 2004 (con bibliografia ragionata e generale) Ugo Biggeri e altri Quotidiano responsabile, EMI Norman Myers e Jennifer Kent, I nuovi consumatori. Paesi emergenti tra consumo e sostenibilità. WWF, Edizioni Ambiente, Milano, ottobre 2004 Virginia Cobelli e Grazia Naletto, Atlante di un’altra economia. Politiche e pratiche del cambiamento, Manifesto Libri, Roma, gennaio 2005 Miriam Giovanzana e Gabriele Mussi Boicotta Nestlè, Edizioni Altraeconomia e Terre di Mezzo, 2005

Page 13: Camera del lavoro  testo relazione Alberto Castagnola "Per una uscita intelligente dalle crisi"

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Francesco Gesualdi, Sobrietà. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti. Feltrinelli, Milano, febbraio 2005 Fà la cosa giusta, guida pratica al consumo critico a Roma e nel Lazio, Terre di mezzo, Editrice Berti, Milano, 2004 Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla società dei consumi, Terre di Mezzo Editore, Milano, marzo 2006 Marco Boschini, In Comune, esperienze concrete semplici ed efficaci, EMI, Bologna, settembre 2006