Strategie assistenziali nella
Malattia di Alzheimer
Michela Marcon
U.O. Neurologia Vicenza
26 ottobre 2013
I bisogni assistenziali e i costi
sociali di una “malattia familiare”
La demenza di Alzheimer è una malattia cronico degenerativa a
forte impatto assistenziale.
Oggi in Italia sono presenti circa 520.000 malati di Alzheimer e i
nuovi casi sono circa 80.000 all’anno. (CENSIS, 2007)
Di questi circa l’80 % sono assistiti direttamente dai familiari.
(CENSIS, 2007)
La famiglia ha un ruolo fondamentale nel trattamento della
malattia e nel sostegno indispensabile del malato.
Come stare vicini ad
una persona affetta da
demenza
Quando viene diagnosticata una demenza, nel
nucleo familiare ci si trova a dover affrontare
momenti di crisi che possono prolungarsi anche per
molti anni.
Come stare vicini ad
una persona affetta da
demenza
La definizione di demenza si fonda sul
peggioramento o sulla perdita di alcune funzioni
cognitive (ossia delle operazioni che ci permettono
di conoscere il nostro ambiente e di organizzare il
nostro comportamento e la nostra vita)
o sulla comparsa di turbe del
comportamento.
Memoria
PUO’ SUCCEDERE CHE…
si dimentica dove ha messo gli oggetti… ….
non ricorda il nome di alcune persone… ….
non si presenta agli appuntamenti… ….
non ricorda di avere già posto la stessadomanda
si perde lungo percorsi anche familiari… ….
dimentica eventi della propria storia personale… …
E QUINDI…
passa molto tempo a cercarli
preferisce non parlare con loro
non va più regolarmente dal dentista, dal
parrucchiere, ecc
la ripete più volte
non trova la strada di casa
non comprende i familiari che ne parlano
Linguaggio
PUO’ SUCCEDERE CHE…
Abbia difficoltà a trovare la parola giusta
fatichi a seguire la conversazione tra più persone…
non comprenda comandi più complessi
E QUINDI
…usa spesso parole come “coso”, “affare”, “aggeggio”,..circonlocuzioni…o parole al posto di un’altra (es. “sale”-”zucchero”)
…durante le riunioni di famiglia può sembrare distratto o a disagio
…non capisce frasi come–prima di fare il
bagno,accendi la stufetta, che ieri avevi il
raffreddore-
Attenzione e ragionamento
PUO’ SUCCEDERE CHE
presti attenzione ad uno
stimolo per volta…
se la cassiera del
supermercato gli parla…
…. quando viene
interrotto…
E QUINDI
…se ci sono più stimoli si
distrae continuamente
non riesce a controllare il
resto
…non riesce a
completare il compito che
aveva iniziato
Capacità visuo-spaziali
PUO’ SUCCEDERE CHE
abbia difficoltà a
localizzare gli stimoli…
fatichi a stimare le
distanze…
non si orienti in luoghi
non familiari…
E QUINDI…
….è maldestro
…urta gli stipiti delle porte..è
insicuro quando scende
le scale
…percorre strade meno
funzionali per
raggiungere una
destinazione
Agnosia
PUO’ SUCCEDERE
Abbia difficoltà a
riconoscere i volti….
non distingua i sapori e
gli odori…
sia inconsapevole del
proprio stato di malattia…
..E QUINDI
…non sa chi si trova
davanti, non conosce i
personaggi pubblici
…il cibo non è
interessante o predilige i
gusti forti
…nega le proprie
difficoltà
Aprassia
PUO’ SUCCEDERE
abbia difficoltà a
utilizzare gli oggetti….
non riesce ad
eseguire semplici
gesti…
..E QUINDI
…non sa riassemblare la
caffettiera o ripulire il rasoio
elettrico
…non sa togliere il tappo
del dentifricio, infilare il
cappotto, allacciare le
scarpe
Stare con l’altro diventa difficile quando
l’altro sembra vivere in un mondo
diverso.
(Moser, Pezzati, Luban-Plozza, 2002)
• Il decorso della malattia è lungo ed eterogeneo, per cui non puó esistere un unico approccio al paziente demente
• Non esistono terapie farmacologiche incisive per controllare la malattia e proprio per questo motivo è opportuno valorizzare al massimo il ruolo dell’assistenza.
• Obiettivo principale: ritardare il piú possibile la perdita dell’autosufficienza; data la lunga sopravvivenza del malato, riuscire a mantenerlo in discrete condizioni per il maggior tempo possibile si puó considerare un successo etico, economico e sociale.
• Lo sforzo richiesto agli operatori che assistono i pazienti dementi non è indifferente. La tranquillità, la serenità, la disponibilità che vengono richieste sono pari alla competenza necessaria ed il rischio del burn-out è sempre in agguato. E’ indispensabile perciò un costante e qualificato supporto formativo.
PRINCIPI CUI ATTENERSI PER IMPOSTARE UNA PIANIFICAZIONE
ASSISTENZIALE PER UN ANZIANO AFFETTO DA DEMENZA
Tutti gli studi psico-comportamentali fra paziente e caregiver
confermano che il livello di stress/malessere decorre
parallelamente tra loro
La malattia di Alzheimer:
la realtà assistenziale in Italia
La famiglia rappresenta oggi il principale supporto per l’anziano
non autosufficiente > l’80-85% dell’assistenza è fornita dai familiari
Una donna di 60 aa su tre ha ancora in vita la madre di età
compresa tra 80 e 90 anni >>>nel 33% dei casi la cura di una persona
molto anziana ricade perciò su una persona già anziana
Il 36% degli anziani non autosufficienti vive con un figlio adulto,
generalmente una figlia
L’80% dei familiari presta assistenza al proprio congiunto non
autosufficiente sette giorni su sette e per 6-7 ore al giorno
Oltre il 50% dei familiari che assistono anziani non autosufficienti va
incontro ad una sindrome da disadattamento
Caregiver
Nella maggior parte delle famiglie è individuabile il principal
carer,ossia il famigliare di riferimento che più direttamente e
per più tempo si occupa dell’ammalato.
Il caregiver designato, dovendo affrontare quotidianamente
crescenti problemi di ordine cognitivo, comportamentale, di
vita quotidiana e di tipo fisico, si trasforma spesso in un
“prigioniero” del malato e le due vite rischiano di consumarsi
giorno dopo giorno insieme.
Cambiamenti che i
caregiver devono
affrontare
Organizzazione del tempo da dedicare alla sorveglianza, alla cura,
alla conciliazione con gli altri impegni lavorativi e relazionali
Gestione dei rapporti sociali extrafamiliari, per cui spesso sorge
una tormentosa preoccupazione riguardo cosa potrebbe dire la
gente dei comportamenti del malato, si sperimenta il disagio di
come gestirlo, per esempio negli spazi aperti o troppo affollati
Esperienza di un ribaltamento dei ruoli che da sempre
caratterizzavano la struttura familiare, succede cosi che il malato,
un tempo genitore capace di cure e di sostegno, diviene egli stesso
bisognoso di cura e attenzione
Percorso psicologico del caregiver
Negazione
(rifiuto di credere vero ciò che accade)
Atteggiamento iperprotettivo
(bisogno di fare sostituendosi al malato)
Rabbia
(verso il malato, gli altri famigliari
e il contesto sociale)
Senso di colpa
(scatenato dal ricordo dei conflitti con il malato)
Delusione
(constatazione dell’inesorabile ingravescenza
della malattia)
ACCETTAZIONE
Principali bisogni del
caregiver
•Riconoscimento della funzione che ricoprono da parte della società e
degli operatori sanitari con cui entrano in contatto nel corso della
malattia del loro famigliare
•Informazioni sulla malattia, sui servizi territoriali a disposizione, sulla
tipologia, modalità e qualità dell’attività svolta
• Sostegno all’assistenza di questi ammalati con particolare riferimento
alla gestione dei disturbi del comportamento
• Sostegno psicologico, che deve prevedere un intervento tempestivo e
attivato fin dalle prime fasi della malattia, quando, più efficacemente, è
possibile affrontare le conseguenze che si prospettano al caregiver.
Perché dare supporto
al caregiver Caregiver:
- Miglioramento qualità della vita percepita intesa come benessere psicologico, che
prevede
accettazione di sé;
padronanza ambientale (strategie di coping);
autostima (autoefficacia percepita);
autonomia (locus of control interno);
relazioni positive con gli altri;
- Riduzione utilizzo di psicofarmaci
-Utilizzo mirato dei servizi socio-sanitari (riduzione revolving-door)
Paziente (effetti indiretti):
- Permanenza al domicilio/differimento dell’istituzionalizzazione;
- Riduzione dell’incidenza dei comportamenti problematici;
- Utilizzo mirato dei servizi socio-sanitari (riduzione revolving-door).
(Brodaty et al., 2003)
Il ruolo della famiglia
La permanenza del malato in famiglia costituisce
la migliore strategia per:
contenere il ritmo di decadimento delle funzioni
mentali
contenere i costi di assistenza
In Italia la quasi totalità degli anziani (anche degli
anziani colpiti da demenza) vive in famiglia
La letteratura evidenzia importanti conseguenze
sulla salute fisica e mentale dei familiari conviventi
(in particolare del caregiver ma non solo)
Qualche stima ISTAT 2011
• 409 mila anziani (65 anni e oltre) colpiti da
demenza che vivono in famiglia
141 mila uomini e 268 mila donne: poco meno di 2
donne per ogni uomo.
72% degli uomini e 84% delle donne sono anche
disabili
• 405 mila famiglie e 472 mila familiari
I familiari di un anziano con demenza sono
mediamente più anziani: 55 vs. 42 anni
• Circa 900 mila persone coinvolte direttamente
Le strutture familiari delle persone con demenza
-100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100
65-69
70-74
75-79
80-84
85+
TotalePersona sola
Coppia
Coppia con figli
Monogenitore
Anziani che vivono con
famiglia del figlioAltre famiglie
Serie7
COPPIA_m
Cfm
MONO_M
AGG_M
ALTR_M
Uomini Donne
Le donne vivono
prevalentemente “sole”
Gli uomini vivono
prevalentemente in coppia:
la donna caregiver
ISTAT 2011
Si conferma impatto negativo sulla salute dei familiari che convivono con un anziano affetto da demenza (nonostante l’impossibilità di individuare con certezza il caregiver)
Maggior effetto negativo della presenza di un anziano con demenza rispetto alla presenza di un anziano disabile (senza demenza)
Maggiore impatto negativo sul coniuge del malato e sui familiari dei malati gravi (non autosufficienti)
Si conferma l’inefficacia degli “aiuti”: possibili problemi di appropriatezza degli aiuti offerti alle famiglie; il ruolo positivo dei servizi di accoglienza diurna del malato per alleviare il peso del ruolo di cura (Zarit et al.1998)
Impatto sulla salute dei familiari:
Obiettivi degli interventi psicosociali:
promuovere
Qualità della vita delle persone con demenza
Qualità della vita delle persone che e se prendono cura
Benessere delle persone con demenza, dei loro familiari e degli operatori
Adattamento alla malattia
Uso ottimale delle risorse disponibili e delle capacità residue
RETE DI SERVIZI
Solo una rete di servizi coordinati e integrati può offrire un corretto
appoggio terapeutico a chi soffre di demenza.
I servizi devono agire su livelli diversi: ambulatoriale, domiciliare,
ospedaliero, riabilitativo, residenzialità diurna o continuativa.
Nuclei Alzheimer nella nostra
Azienda ULSS "Vicenza"
"Cà Arnaldi" di Noventa Vicentina --> ospiti del Nucleo Alzheimer n. 16
"Raggio di Sole" di Barbarano Vicentino -->ospiti del Nucleo Alzheimer n. 19
IPAB "Casa di Dueville" -->ospiti del Nucleo Alzheimer n. 24
Residenza "Monte Crocetta" dell'Ipab di Vicenza -->ospiti del Nucleo Alzheimer n. 26
Fondazione "Gaspari Bressan" di Isola Vicentina -->ospiti del Nucleo Alzheimer n. 24
Residenza "Villa Caldogno" -->ospiti del Nucleo Alzheimer n. 14
Liste di attesa per entrare in RSA
presso ULSS Vicenza
n. 58 persone in graduatoria per entrare nei suddetti Nuclei
Alzheimer con profilo SVAMA 16 "problemi comportamentali
prevalenti, discreta autonomia"e 17 "problemi comportamentali,
dipendente" (per la precisione n.45 persone con profilo 16 e n. 13
persone con profilo 17)
n. 101 persone in gradutoria per l'ingresso nei Nuclei di primo livello
(bassa intensità) con profilo SVAMA 7 "confuso, deambulante" e
profilo 8 "confuso, deambula assistito".
Sostegno Psicologico ULSS 6
Servizi per il sostegno psicologico a favore dei caregivers sono:
Associazione dei Familiari AVMAD di Vicenza
Centro Rindola di Vicenza.
Servizi di Sostegno psicologico presso:
- il Comune di Vicenza con Gruppi di Auto Mutuo Aiuto,
- il Centro di Servizio "Gaspari Bressan" a Isola Vicentina
- a Bolzano Vicentino in collaborazione con la Cooperativa Margherita.