e perche la riforma Fornero non basta piùDalla <flessibilità> con penalizzazioni per chi esce dal lavoro prima dei 66 anni al super-prelievo suiguadagni alti, torna in at.tività il cantiere delle riforme su previdenza e Fisco
Flessibilita. E questa la parola d'ordine che guida il lavoro del Governo e della maggioranza sulla riforma
delle pensioni, e che sembra destinata a sfociare a settembre in un esame di riparazione della riforma
Fornero. Nelle esigenze di <f lessibi l i ta> ci sono appunto le ragioni per tornare sul tema: i r isparmi
(consistenti ma teorici) prodotti dalla riforma dipendono dall' innalzamenio automatico dei requisiti, che pero
si scontrà con le esigenze delle imprese e degli stessi lavoratori.
Le aziende sono alle prese spesso con processi di ristrutturazione necessari a snellire la struttura e
ringiovanire gli organici, anche per fare fronte in modo piu flessibile a processi produttivi in grado di
mantenere margini anti-crisi, ma si sono viste sfilare il primo,strumento da utilizzare a questo scopo: I'uscita
anticipata dei lavoratori attraverso incentivi e scivoli in grado di accompagnare I'interessato al traguardo
previdenziale.
Chi aveva aituato queste misure prima della riforma ha finiio per creare gli <esodati>, cioe i lavoratori che
avevano siglato accordi con le aziende per un accompaEnamento verso una pensione che pero si e spostata
improvvisamente in avanti, aprendo degli squarcitemporali in cui il lavoratore restava senza reddito e senza
pensione. Con diversi decr:eti i l Governo (Monti) e intervenuto in più puntate per <<salvaguardare> gli esodati,
ma non tutti sono stati ancora abbracciati da queste misure (circa 13Omila sono le persone coinvolte, ma le
diverse stime misurano una'platea che in qualche calcolo arriva a 350mila persone) e soprattutto molte
imprese devono ancora avviare processi di ristrutturazione, con il rischio di creare nuovi <<esodandi>>: che
altro non sono se non nuovi lavoratori che escono dal processo produttivo (e dalle tutele reddituali) troppo
tempo prima di raggiungere itraguardi previdenziali inaspriti dalla riforma Fornero.
Per questa ragione maggio ranzae governo stanno studiando dei ritocchi, chg devono affrontare una doppia
sfida: garantire la possibilita a imprese e lavoratori di affrontare processi di ristrutturazione senza rimanere in
mezza al guado, e non mettere in pericolo una quota eccessiva dei risparmi garantiti per i prossimi anni dalla
riforma Fornero, e che ammontano a 80 miliardi di euro nel solo periodo 2A11-2A21. Proprio questo secondo
aspetto, va detto subito, appare il punto debole deile varie misure che gli esperti di Pd e Pdl stanno
componendo in vista dell'appuntamento di settembre
E questa, appunto, I' idea-guida delle proposte di rifornra, che riprendono meccanismi gia pensati in passato
per provare a coniugare i parametri rigidi della legge Fornero con I'esig enza di imprese e lavoraiori di
garantire una previdenza <anticípata> ll principio è semplice, e sviluppa un nucleo già contenuto nella '
i ' i forma del2411. e possibi le andare in pensione prima dei 66 anni (e un numero di mesi crescente con
I'adeguamento automatico dei mesi alla spera nza di vita media degii i ialiani), ma chi sceglie questa strada
deve pagare pegno con una penalizzazione, mentre chi rimane al lavoro anche dopo il raggiungimento
dellk<età pensionabile> potrà godere di un assegno maggiorato.
Pensioni, ecco come il Governo vuole cambiarle
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Tradotto in cifre, I' ipotesi di base a cui la maggioranza sta lavorando è quella di tagliare dell'8% I'assegno di
chi lascia a 62 anni, del 6% quello di chi lavora f ino a 63 anni, del4% i l conto di chi va in pensione a 64 e
così via, fino alla neutralità di chi "sceglie" le regole generali e lascia l'ufficio a 66 anni. ln modo speculare,
chi lavora fino a 67 anni (piu, come sempre, i mesi aggiuntivi dettati dall 'adeguamento automatico) potrebbe
avere un bonus delZa/o, che sale al 4% per chi rimane al lavoro fino a 68 anni e così via fino all'}o/o
riconosciuto a chi inizia a riposarsí a 70 anni. Semplice, no? Ma le controindicazioni non sono poche
Le difficoltà, appunto, si nascondono nei bilanci, sia in quelli dello Stato sia in quelli dei lavoratori interessati.
I prirni possono apparire lontani, nra I'esperienzadegli ultimi anni ha insegnato che la condizione dei conti
pubblici ha influenza diretta sulla vita quotidiana di lavoratori e contribuenti. Da questo punto di vista,
I'interrogativo principale è legato al fatto che una penalizzazione dell'8% non è sufficiente a mandare in
pensione anticipata un lavoratore mantenendo inalterati i saldi previdenziali. Su ogni stipendio, azienda e
lavoratore pagano un'aliquota complessiva del 33%, per cui se I'uscita anticipata (e la conseguente fine dei
versamenti) non e accompagnata dalla creazione di nuovi posti di lavoro, i saldi previdenziali peggiorano e
quindi occorre trovare una copertura aggiuntiva. Un ostacolo non da poco, come mostrano le travagliate
vicende delle ultime settimane per la ricerca dei finanziamenti per un solo miliardo di euro destinato a
f inanziare i l r invio tr imestrale del l ' lva
Anche dal punto di vista della finanza "personale", i nodi non sono semplici da sciogliere. Proprio a seguito
della riforma Fornero del 2011, tutti i trattamenti sono influenzati in maniera piu o meno profonda dal numero
di anni di contribuzione, Merito del metodo di calcolo coftributivo <<pro-rata>, che anche per i lavoratori con
un'anzianità maggiore conteggia gli anni post-riforma in base al principio <tanto versi-tanto ricevi>.
L'estensione del metodo contributivo nel tempo abbassa di per se il <tasso di sostituzione>>, cioè il rapporto
percentuale fra I'ultimo stipendio e il primo assegno previdenziale. In sostanza, come mostrano i periodici
monitoraggi condotti dalÍa Ragioneria generale dello Stato, le pensioni si abbassano nel tempo a causa dei
nuovi meccanismi di calcolo dell'assegno, e soprattutto per gli autonomi e per chi ha lavori dispontinui il
rapporto fra ultimo stipendio e prima pensione potra arrivare anche al 40-6Q%: su'questa base,
I'applicazione di ulteriori penalizzazioni non è certo indolore.
vAnche per questo, torna d'attualità I'eterno dibattito sulle pensioni <<d'oro>>, cioè sugli assegni superiori a
una certa cifra (ognuno colloca dove meglio crede I'asticella da cui parte il trattamento aureo) che una
recente sentenza della Corte costituzionale ha salvato da ogni prelievo aggiuntivo. l giudici delle legrgi
(sentenza 11612013) hanno cancellato il <contributo di solidarieta> che chiedeva il 5% delle quote di
pensione superiore a 9Omila euro, rl 10o/o di quelle superiori a 15Omila e il 15% della parte che supera i
200mila euro. La Consulta, con un ragionamento analogo a quello con cui aveva cancellato un simile
contributo di solidarietà sugli stipendi dei manager pubblici, ha negato la legittimità costituzionale del
meccanismo, perché per la nostra Carta fondamentale (articolo 53) ogni reddito è uguale e ciascuno paga in
proporzione alla propria <capacità contributiva>>, a prescindere dal fatto che i guadagni derivino da rappotli di
lavoro (pubblici o privati) o da pensione.
Dal punto di vista della finanza pubblica, la questione e tutto sommato secondaria, visto che il contributo disolidarietà sulle pensioni dava 84 milioni all 'anno ai conti dello Stato. ll nodo politico pero è evidente, perchépraticamente tutti i partiti si dicono favorevoli a imporre un sacrificio aggiuntivo sulle pensioni più alte,soprattutto se si tradurrà in pratica il taglio generale per chi va in pensione prima dei 66 anni. Per superare le
obiezioni costituztonali, pero, bisogna intervenire su tutti i redditi sopra un certo livello, come ha prospettatonei giorni scorsi il sottosegretario al Lavoro Carlo Dell'Aringa in Parlamento
La strada piu semplice, gia emersa in passato, sarebbe quella di un'al iquota aggiuntiva su chi dichiara un
reddito superiore a una certa sogl ia: voiendo assumere i 9Omila euro lordi annui a cui si r i fer ivano i vecchi
contr ibuti di sol idarieià, una misura di questo t ipo potrebbe incidere piu o meno pesantemente su 555mila
persone, cioè l '1,35o/o dei contr ibuenti i tal iani.