ISTITUTO COMPRENSIVO “A.VIVALDI”
S. Maria delle Mole – Marino
CORSO DI AVVIAMENTO ALLO STUDIO DELLA LINGUA LATINA
Anno Scolastico 2015-2016
Destinatari: alunni delle classi Terze della scuola secondaria di I grado
Docente: prof.ssa A.Ceccacci
Durata: 20 ore
Davide Meloni 3^ F
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« Nunc, fabularum cur sit inventum
genus, brevi docebo.
Servitus obnoxia,
quia quae volebat non audebat dicere,
affectus proprios in fabellas transtulit,
calumniamque fictis elusit iocis. »
« Ora perché sia nato della favola il genere
in breve ti spiegherò.
La schiavitù, ai padroni soggetta,
non osando dire ciò che avrebbe voluto,
traspose le sue opinioni in brevi favole, ricorrendo,
per schivare le accuse di calunnia, a scherzose invenzioni. »
(Fedro, Fabulae, III, prologus, vv. 33-37)
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INDICE
Che cos’è la favola………………………………………………pag. 2
Le caratteristiche della favola……………………….pag. 2
La struttura della favola in breve………………..pag. 3
La storia della favola nel tempo …...……………pag. 5
Esopo: vita e opere…………………………………………….pag. 7
La favola esopica………………………………………………..pag. 9
Il punto di vista della gente…………………………….pag. 9
Fedro: vita e opere…………………………………………….pag. 11
De vitiis hominum………………………………………………..pag. 14
Vulpes et corvus………………………………………………...pag. 15
La volpe e il corvo……………………………………………….pag. 16
Lupus et agnus……………………………………………………..pag. 17
Il lupo e l’agnello………………………………………………….pag. 18
De vulpe et uva…………………………………………………….pag. 19
La volpe e l’uva …………………………………………………..pag. 19
Cervus ad fontem………………………………………………..pag. 20
Il cervo alla fonte……………………………………………….pag. 20
Ringraziamenti……………………………………………………….pag. 22
Elenco degli alunni partecipanti al corso……….pag. 23
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Che cos’ è la favola
Per favola si intende un genere letterario caratterizzato da brevi composizioni, in prosa o in versi,
che hanno per protagonisti di solito animali – più raramente piante o oggetti inanimati – e che sono
fornite di una "morale".
Le caratteristiche della favola
Il termine italiano “favola” deriva dal termine latino “ fabula “, derivante a sua volta dal verbo “
far, faris” che vuol dire, raccontare. Il termine latino indicava in origine un racconto di fatti
inventati.
La favola ha pertanto la stessa etimologia della “ fiaba”. Sebbene favole e fiabe abbiano molti
punti di contatto, oltre alla comune etimologia, i due generi letterali sono diversi :
- i personaggi e gli ambienti delle fiabe ( orchi, fate, folletti)sono fantastici, mentre quelli delle
favole (animali con linguaggio, comportamenti e idifetti degli uomini) sono realistici.
- la favola è accompagnata da una “ morale”, ossia un insegnamento relativo a un principio etico o un
comportamento, che spesso è formulato esplicitamente alla fine della narrazione (anche in forma
di proverbio);la morale nelle fiabe in genere è sottintesa e non centrale ai fini della narrazione.
La favola può essere in prosa o in versi. Dal punto di vista della struttura letteraria, la favola
presenta elementi di somiglianza con la parabola, nella quale tutta via non compaiono animali
antropomorfi o esseri inanimati. Spesso dalla favola , anche se con difficoltà, si possono trarre
anche più insegnamenti. Occorre precisare, comunque, che non sempre le favole si concludono con
una morale espressa esplicitamente nella prefazione o nella conclusione poiché, spesso, l’autore
affida alla perspicacia del lettore la capacità desumere dal testo che intende trasmettere.
(a cura di L.Boria – E.Italiani - M.Lanna – L.Persichini)
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La struttura della Favola in breve
La struttura della favola è molto semplice e lineare. In essa siamo soliti individuare tre parti ben
distinte:
- il prologo, anche di un solo verso, che mira a fissare il principio-base con cui deve essere letta la
favola;
- il corpo centrale, in cui si muovono i personaggi;
- l’ epilogo, nel quale la storia si conclude e dal quale si ricava la morale, quando non vi è
esplicitamente contenuta.
La storia della favola nel tempo
La favola è un genere letterario antichissimo: le sue origini risalgono a narrazioni
assiro-babilonesi e sumere. La più antica favola, tra tutte quelle note, è considerata
la “Storia dei due fratelli”, un componimento egizio del XIII secolo a. C.
Da una prima trasmissione orale, diffusa soprattutto nei paesi orientali, si passa al
grande iniziatore di favole occidentali che è Esopo (autore greco del VI sec. a.C.), la
cui eredità fu raccolta nel I sec. d.C. dal latino Fedro. Nel Medioevo il genere della favola ebbe molta fortuna e molte favole medievali
si ispiravano nel titolo ad Esopo, anche se poi il contenuto delle sue narrazioni
non era più conosciuto.
Nel Rinascimento, le favole furono molto apprezzate soprattutto in Italia dove
anche il genio di Leonardo da Vinci si sbizzarrì ad inventarne alcune
mantenendo sempre fede alla struttura della favola classica. Leonardo
introdusse un elemento di novità: sostituì i tradizionali animali con elementi naturali.
Nel Seicento, grazie ad un autore francese come La Fontaine, fu ripreso il genere favolistico
direttamente da Esopo e Fedro adeguandolo ai tempi, facendo satira sulla corte e l’aristocrazia
francese.
Il secolo d’oro della favola fu il XVIII. Sotto il camuffamento degli animali delle favole, gli
intellettuali illuministi lasciavano emergere la razionalità, vera protagonista del “Secolo dei Lumi”.
Infine, dopo un breve momento di eclissi in cui nel XIX secolo il genere favola venne un po’
trascurato, nel XX secolo si ha un ritorno alla tradizionale favola esopiana grazie anche ad autori
italiani come Belli e Trilussa che, esprimendosi in un colorito dialetto romanesco, hanno regalato
una veste nuova ad un genere
letterario considerato antico. Prima di concludere questo breve excursus sulla favola non vogliamo
dimenticare autorevoli scrittori del Novecento quali Italo Calvino con il suo dolce-amaro
“Marcovaldo” e, in ambito internazionale, George Orwell che cerca di raccontare attraverso “La
fattoria degli animali” la drammatica dittatura comunista sovietica.
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La vita
Esopo è una figura immersa nella leggenda: si ignorano le vicende della sua vita, non
si sa con esattezza quando sia vissuto (VII-VI secolo a.C.), né si conosce alcun
testo certamente suo. Se alcuni studiosi hanno perfino dubitato della sua reale
esistenza, i Greci ne fecero il protagonista di racconti e storielle in cui brillava la
sua acutezza d’ingegno, e soprattutto gli attribuirono la creazione di una ricca
raccolta di favole. L’insieme delle favole di Esopo, riscritte e arricchite nel corso dei secoli per
opera di autori senza nome, arrivò a circa alcune centinaia: tali favole furono spesso imitate o
riprese da scrittori successivi, antichi e moderni. La vita di Esopo è narrata nel “Romanzo di
Esopo”, uno scritto del I-II secolo d.C., il cui primo nucleo risale forse al V secolo a.C. Nel romanzo,
oltre a numerosi dettagli di fantasia aggiunti per dare piacevolezza al racconto, vengono riportate
molte favole, che sarebbero state raccontate dal protagonista in varie occasioni della sua
avventurosa esistenza. Secondo il Romanzo, Esopo sarebbe stato uno schiavo frigio, “schifoso,
pancione, con la testa sporgente e il naso schiacciato, gobbo, olivastro, bassetto, con i piedi piatti,
corto di braccia, storto, labbrone”, inizialmente perfino incapace di esprimersi. Questi particolari,
certamente inventati, vogliono dare l’idea di un individuo di umilissime condizioni che, nonostante le
apparenze, si rivelerà ricco di doti e di ingegno. Come le sue favole, anche il racconto stesso della
vita di Esopo ha un significato morale: non bisogna fidarsi delle apparenze, e non sempre ad un bell’
aspetto corrispondono intelligenza e onestà. Infatti, il deforme Esopo è in grado, con le sue
trovate, di smascherare- senza uso della parola- inganni e sopraffazioni dei suoi compagni schiavi.
Esopo riceve allora, per ricompensa divina, il dono della parola e dell’eloquenza; viene poi venduto a
un filosofo, il quale resta più volte sorpreso, o beffato, dai suoi consigli. Ottenuta la libertà, si
guadagna la fiducia dei cittadini dell’isola di Samo - dove viveva con il suo padrone - consigliandoli in
varie occasioni, spesso per mezzo di favole! Ormai libero, Esopo compie lunghi viaggi in Oriente ed
è ospite alla corte di vari re, dei quali si conquista il favore con le sue sagge risposte a enigmi e
domande di vario genere. Infine, tornato in Grecia, nel santuario di Delfi dedicato al dio Apollo,
Esopo viene condannato a morte per aver denunciato la rozza stupidità degli stessi abitanti di
Delfi. Le favole che anche in questa occasione egli narrò, per invitare i cittadini a non compiere un
tale delitto, non riuscirono a salvarlo.
(a cura di C.Mirabella – L.Borzillo – B.Aytano)
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La favola esopica
Una favola esopica consiste in un brevissimo racconto, presentato in modo chiaro ed essenziale: i
protagonisti sono animali; talvolta anche piante (melograno, melo, olivo, rovo) e perfino oggetti
inanimati (muro, chiodo) o fenomeni naturali (inverno, primavera). Scopo della favola è illustrare,
con il suo svolgimento, le regole che dovrebbero guidare o che guidano (non sempre nel bene) il
comportamento degli esseri umani. Il significato morale di ogni favola è chiarissimo, ma a molte di
esse, in età successiva, fu aggiunta una frase che lo spiega ancora più chiaramente. Spesso le
favole esopiche hanno una funzione di ammaestramento morale che vogliono trasmettere a chi le
legge o ascolta. Molte altre favole esopiche – come fa lo stesso Esopo del Romanzo a lui intitolate-
mettono in ridicolo la stupidità, la meschinità d’animo o la sciocca vanità degli uomini.
Il punto di vista della gente
Anche se le favole esopiche spesso offrono norme di comportamento e condannano i vizi umani (la
stupidità, avidità, la superbia, l’ingiustizia e la prepotenza del debole contro il forte, del ricco
contro il povero), tuttavia esse non propongono quasi mai conclusioni in cui la giustizia prevalga sull’
ingiustizia, la bontà d’ animo sulla cattiveria. Talora, l’unica arma del debole contro la violenza è
l’astuzia oppure la semplice sottomissione. Il fatto che Esopo fosse, secondo la leggenda, uno
schiavo, destinato a subire l’ingiustizia della propria condizione, e che fosse riuscito a ottenere
libertà e considerazione grazie alla propria astuzia, corrisponde perfettamente alla situazione di
molti protagonisti animali delle favole a lui attribuite. La visione del mondo che emerge da queste
favole è, in genere, pessimista (“così va il mondo, male! ma non ci si può far nulla”), ed è la visione
propria della gente del popolo. Le persone umili, con le favole attribuite a Esopo, un servo brutto e
povero ma tutt’altro che stupido, esprimevano così la propria protesta (rassegnata ma non
silenziosa) contro le ingiustizie che erano costrette a subire senza poter sperare in un mondo
diverso e migliore.
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La vita
Nato schiavo, vissuto a Roma nella prima metà del I secolo d.C., Fedro è l’autore
della più importante e apprezzata raccolta di favole della letteratura latina, in cui
egli riprende e sviluppa il modello costituito dalle favole di Esopo. Poco apprezzato
dai suoi contemporanei, fu riscoperto in età moderna; ammirato per il suo stile
semplice ma efficace, a lui si ispirano vari autori moderni di favole. Sulla vita di
Fedro le uniche informazioni in nostro possesso si possono dedurre da alcuni cenni presenti nelle
sue stesse opere: nato forse intorno al 20 a.C. la sua morte deve essere avvenuta verso il 50 d.C .
Egli è uno dei pochissimi autori della letteratura latina di nascita non libera: originario della Tracia,
regione della Grecia, era schiavo di Augusto, da cui fu liberato. Ebbe anche problemi giudiziari
sotto il regno di Tiberio. L’insieme delle sue favole giunge a poco più di novanta, tutte in versi,
divise in cinque libri. Tuttavia, circa una trentina di favole nel corso dei secoli devono essere
andate perdute.
Stile e opere
Nel prologo alla propria raccolta Fedro dichiara esplicitamente di essersi ispirato al modello della
favola esopica: “ La materia che Esopo, il creatore della favola, ha trovato, io l’ho rifinita in diversi
senari. Doppio è il pregio di questo libretto: che suscita il riso e che insegna, con il suo consiglio, la
vita dell’uomo prudente. Se poi qualcuno volesse dir male del fatto che gli alberi parlano, e non gli
animali soltanto, si ricordi che noi scherziamo con favole inventate”.
Fedro è consapevole del valore letterario e morale delle proprie favole: esse divertono, ma
trasmettono anche un messaggio morale. Infatti, come già in Esopo, ogni personaggio animale o
vegetale rappresenta il simbolo di una qualità o, più frequentemente, di un difetto umano. In
questo modo la favola illustra, con la sua trama le regole che dovrebbero guidare o che guidano
(non sempre con giustizia) il comportamento degli esseri umani: l’uomo prudente, cui si riferisce
Fedro, è colui che sa comprendere come va il mondo degli uomini e sa, perciò, evitarne i pericoli. In
modo ancora più netto, nel prologo del terzo libro, Fedro presenta ed esalta la favola come il
(a cura di F.Mondini –V.Bianco)
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mezzo con cui i poveri e gli oppressi possono protestare contro le ingiustizie dei potenti, ma
nascondendo tale protesta in un racconto apparentemente fantasioso. Ecco le sue parole: ” Ora in
breve spiegherò perché sia stato inventato il genere della favola. La schiavitù oppressa, perche non
osava dire ciò che avrebbe voluto, trasferì in favolette i propri sentimenti, ed evitò le accuse per
mezzo di scherzose finzioni. Io ho trasformato i sentieri aperti da Esopo in una via ed ho
escogitato più storie di quante egli ne abbia lanciate. Il mio proposito non è accusare i singoli, ma
mostrare la vita così com’è ed i comportamenti degli uomini”. E’ chiaro che, quasi sempre, i
comportamenti umani che egli illustra sono la prepotenza, l’ arroganza, la vuota superbia , la
stupidità e la vanità, vizi che riscontriamo nell’uomo di tutti i tempi. Ecco la straordinaria attualità
di questo autore per cui ancora oggi viene studiato e apprezzato.
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DE VITIIS HOMINUM ( a cura di D. Meloni)
Duas peras iuppiter imposuit; propriis repletam vitiis, post tergum dedit, alienis vitiis gravem ante
pectus suspendit. Hac re videre nostra mala non possumus ,sed simul alii delinquunt censores
sumus.
SUI VIZI DEGLI UOMINI
Giove diede a noi due bisacce; quella riempita con i propri vizi la pose dietro le spalle, quella
pesante con i vizi degli altri l’appese davanti al petto. Per questo motivo non possiamo vedere i
nostri difetti ma non appena gli altri sbagliano noi siamo giudici.
Francesca Cotirlan 3^ D
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VULPES ET CORVUS ( a cura di G.Zizzari – A. Teseo)
Corvus de fenestra caseum rapit et in altam arborem volat.
Vulpes caseum edere bramat et corvo dicit: ”Corve corpus tuum validum est, pennae tuae
splendidae sunt.
Cur carminbus tuis aures meas non delectas ?”
Stulta avis cantat, caseus de corvi ore cadit et callida vulpes eum dentibus rapit
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LA VOLPE E IL CORVO
Un corvo prende del formaggio da una finestra e vola verso un albero alto. La volpe desidera
mangiare il formaggio e dice al corvo :” O corvo il tuo corpo è robusto, le tue piume sono splendide.
Perché non diletti le mie orecchie con i tuoi canti?”
Lo stupido uccello canta, il formaggio cade dalla bocca del corvo e la volpe astuta lo afferra con i
denti.
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LUPUS ET AGNUS ( a cura di F.Pidalà – A.Quartetti)
Lupus: cur ad hoc rivum venisti, agne ?
Agnus: siti laborabam
Lupus: aquam mihi inquinavisti !
Agnus: hoc fieri non potest. Aqua enim a te ad me decurrit
Lupus: ante hos sex menses mihi male dixisti !
Agnus: nondum natus eram. Cur iurgii causam quaeris ?
Lupus: quod te vorare cupio et te vorabo
quod non tu, sed pater tuus mihi male dixit !
Haec propter illos scripta est homines fabula qui fictis causis innocentes opprimunt.
Davide Meloni 3^F
14
IL LUPO E L’AGNELLO
Lupo: perché agnello venisti a questo ruscello ?
Agnello: soffrivo per la sete
Lupo: tu mi inquinasti l’acqua !
Agnello: questo non è possibile, infatti l’acqua scorre da te a me
Lupo: tu parlasti male di me sei mesi fa!
Agnello: non ero ancora nato. Perché cerchi il motivo di scontro?
Lupo: perché desidero divorarti e ti divorerò perché non tu, ma tuo padre parlò male di me !
Questa favola è scritta a causa di quegli uomini che con falsi motivi opprimono gli innocenti.
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VULPES ET UVAM (a cura di N.Borsa – F.Rossi)
Fame coacta vulpes alta in vinea uvam appetebat summis saliens viribus; quam tangere ut non
potuit, discendens ait: ”Nondum matura est; nolo acerbam sumere.”.
Qui facere quae non possunt verbis elevant, adscribere hoc debebunt exemplum sibi.
LA VOLPE E L’UVA
Spinta dalla fame, una volpe cercava di afferrare l’ uva su un alto pergolato saltando con tutte le
forze. Poiché non poteva raggiungerla, scendendo disse: ”Ancora non è matura; non voglio mangiarla
acerba.”.
Coloro che sminuiscono con le parole quello che non possono ottenere, dovranno attribuire a se
stessi questo esempio.
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Leonardo Boria 3^ D
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CERVUS AD FONTEM (a cura di F.Cotirlan)
Ad fontem cervus bibebat et in aqua effigiem suam vidit. Ramosa corva laudabat et crurum nimiam
tenuitatem vituperabat. Sed subito venatorum voces audivit et per agros fugere coepit. Cursu levi
canes eludit , sed cum ad silvam pervenit, arborum rami cornua retinuerunt et canes saevis
morsibus, eum laceraverunt. Tunc miser cervus exclamat : ”Quam stultus fuit ! Non utilitatem
enim, sed vanam rerum speciem spectavi”.
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CERVUS AD FONTEM
Un cervo stava bevendo presso una fonte, quando vide la sua immagine riflessa nell’ acqua. Lodava
le corna ramificate e disprezzava l’eccessiva fragilità delle gambe. Ma improvvisamente udì le voci
dei cacciatori e cominciò a fuggire per i campi. Con una veloce corsa eluse i cani, ma quando giunse
presso il bosco, i rami degli alberi trattennero le corna e i cani lo lacerarono con morsi crudeli.
Allora il povero cervo esclamò: ”Quanto sono stato stolto! Infatti apprezzai non l’utilità, ma la vana
apparenza delle cose”.
Francesca Cotirlan 3^ D
19
Carissimi ragazzi,
tra una declinazione e l’altra, la coniugazione di un verbo e una versione, un po’ di sconforto ogni
tanto e qualche risata ecco il frutto del vostro lavoro e del vostro impegno.
Tutti avete partecipato con entusiasmo e serietà allo svolgimento delle lezioni e, sebbene lo sforzo
richiesto sia stato notevole visto l’esiguo numero delle lezioni, il profitto raggiunto da ognuno di voi
è stato molto positivo.
Di tutto questo vi ringrazio e vi auguro che questo “fulmineo, ma intenso” (!!) incontro con il Latino
possa costituire un utile bagaglio per affrontare più serenamente il viaggio verso la scuola
superiore raggiungendo traguardi sempre più ambiziosi…senza accontentarvi MAI !!!
Con affetto
La prof.ssa Alessandra Ceccacci
,
�
CHI PIU’ IN ALTO SALE, PIU’ IN ALTO VEDE.
CHI PIU’ IN ALTO VEDE PIU’ IN ALTO SOGNA
(W.Bonatti)
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ELENCO DEGLI ALUNNI PARTECIPANTI AL CORSO
COGNOME NOME CLASSE
1) ZIZZARI GIORGIA 3^ A
2) ONORI DIANA 3^ B
3) BIANCO VERONICA 3^ D
4) BORIA LEONARDO 3^ D
5) BORSA NOEMI 3^ D
6) COTIRLAN FRANCESCA 3^ D
7) MONDINI FEDERICA 3^ D
8) PASQUALI VALENTINA 3^ D
8) SABATINI GIORGIA 3^ D
9) ITALIANI EMANUELE 3^ E
11) LANNA MATTEO 3^ E
12) ROSSI FRANCESCA 3^ E
13) AYTANO BEATRICE 3^ F
14) BORZILLO LUISA 3^ F
15) MELONI DAVIDE 3^ F
16) MIRABELLA CHIARA 3^ F
17) PERSICHINI LORENZO 3^ F
18) PIDALA’ FRANCDESCA 3^ F
19) QUARTETTI AURORA 3^ F
20) TESEO ARIANNA 3^ F