5/13/2018 Il Segreto Del Prof. Von Braun - slidepdf.com
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Mandarini Pasquali Pezzotti
Il segreto del prof.
Von Braun
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Edizioni Casa Mia
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Prefazione
“Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…” …tranquilli non si tratta
dell’ennesimo libro ispirato a Guerre stellari, la saga fantascientifica più famosa
degli ultimi anni, ma il fatto è che è passato così tanto tempo da quel giorno che
sembra effettivamente di parlare di un altro mondo.
Sono infatti passati dieci anni dal giorno…, beh forse dovrei dire dalla notte in
cui è cominciato tutto; da quando cioè io, Mariano e Lucio Valerio abbiamo
concepito questa meravigliosa impresa. Era una di quelle serate in cui nessuno
ha voglia di tornare a casa, anche se non si sa di preciso come passare il tempo.
Ci attardavamo in macchina parlando del più e del meno, pensando a quello che
avremmo dovuto fare il giorno successivo, quando, quasi per scherzo, qualcuno,
non mi ricordo più chi, lanciò l’idea di girare un film.
La cosa, anche se ci sembrava strana, (o forse proprio perché ci sembrava
strana) ci entusiasmò subito. Era un’idea talmente strampalata che poteva
funzionare. Tra una risata e l’altra le idee si susseguivano vorticosamente; la
storia stava prendendo corpo, anche se mai avremmo immaginato un risultato
simile.
Il giorno dopo tutti volevano partecipare alle riprese, o con un personaggio
proprio o anche solo come comparsa. Non c’era una sceneggiatura vera e
propria, (avevamo solo un’idea generale di quella che era la storia principale)
dunque i personaggi potevano essere aggiunti o tolti senza particolari problemi.
Al termine delle riprese, dopo tutta una serie di alti e bassi, quello che doveva
essere un cortometraggio senza nessuna pretesa aveva assunto dimensioni
considerevoli, superando le nostre più rosee aspettative.
Ora, dopo le prime proiezioni in casa di amici, tutta la città parlava di noi,
sembrava che tutti lo avessero visto. Perfetti sconosciuti ci fermavano per strada
facendoci i complimenti sia per l’idea che avevamo avuta che per la nostra
recitazione, un giornalino locale ci dedicò un articolo ed addirittura una
televisione reatina ci propose di mandarlo in onda (cosa che declinammo
decisamente). Eravamo nostro malgrado delle celebrità.
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Oggi, a distanza di dieci anni, abbiamo deciso di celebrare questo
anniversario con qualcosa di particolare, di diverso dalla solita pizza in
compagnia, ricalcando quello che altri (ben più illustri di noi) avevano già fatto
per “Star Wars”. Così è nata l’idea di scrivere questo libro che ricalca esattamente
le avventure del film (con tanto di errori e papere da parte degli attori)
integrando quei passaggi che per forza di cose erano rimasti particolarmente
oscuri durante le riprese.
Vi auguro dunque buona lettura sperando che i personaggi del “Segreto del
professor Von Braun” possano divertirvi almeno una briciola di quanto ci hanno
fatto divertire ad impersonarli.
Marco Pezzotti
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Ai lettori
"Se la pubblicazione di questo libro avesse risposto a comuni (seppur bassissimi)
intenti di lucro, come spesso avviene all'indomani dei film di successo, mi sarei
limitato a compiangere gli autori, salutando con rammarico il loro ingresso nel
dubbio Olimpo dei piccoli affaristi. Del resto ci si chiede chi, dopo aver visto il
patetico lungometraggio cui l'opera si conforma, avrebbe avuto la forza -a non
dire la voglia- di spendere tempo e denaro in disutili rievocazioni.
"Ma poiché l'opera persegue unicamente il fine vergognoso di riabilitare a
distanza di un decennio il prodotto deteriore di tre menti malate, un prodotto del
quale speravamo che il tempo avesse ormai fatto impietosa giustizia, sento il
dovere di insorgere in difesa della verità e della buona fede del pubblico. Solo chi
ha sotto mano al tempo stesso l'opera scritta e l'opera filmata può infatti
smascherare (e facilmente) il bieco programma apologetico pianificato dagli
autori a beneficio di sé, mediante una diabolica quanto sistematica mistificazione
dell'evidenza storica.
"Per il bene delle nostre menti e di quelle dei nostri figli, noi a questa
mistificazione dobbiamo saper dire no! No ai cavillosi tentativi di inventare aposteriori una giustificazione narrativa per le incomprensibili improvvisazioni
degli interpreti del film; no alla pretesa tronfia di ricreare un back-ground
esistenziale e uno spessore psicologico ai personaggi, che al di là di ogni
ragionevole dubbio sono degli irrecuperabili cazzumatti; no alla velleità di
interpolare con spiegazioni artificiose e flash-back surrettizi la sceneggiatura
tremendamente lacunosa del film; no alla prepotenza di suggerire tagli artistici e
destrezze di regia laddove invece le scene originali mostrano piatta
approssimazione e nessuna padronanza del mezzo filmico.
"Non si lasci ingannare il lettore dalla potenza persuasiva del racconto: il film è -
era- ben più miserevole cosa. Lì quello che sembra accedere per caso accade per
caso, quello che sembra un errore è un errore, i bagliori che impallano la
fotocamera non sono sottili elogi allo splendore del sole ma intolleranze del VHS
ai contrasti di luce non previsti, le fantasmagorie di colori sulla neve non sono
effetti speciali ricchi di significati allusivi ma tentativi incontrollati della
videocamera di ripristinare il bilanciamento del bianco. Se nella trama del film
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non si capisce un cazzo, non siete voi i fessi come si evince da questo libro, ma è
la sceneggiatura che non esiste. Il regista era un cialtrone, l'operatore aveva il
morbo di Parkinson e la produzione non ha speso una lira per le ambientazioni;
solo le illazioni sui problemi psico-somatici del torturatore hanno forse un fondo
di verità, ma solo perché il torturatore era Bencenzu.
"E poi, cosa credono di dimostrare i redattori del libro riportando i discorsi
diretti dei personaggi con una fedeltà talmente meticolosa da non trascurare gli
anacoluti e i risibili difetti di pronuncia? Credono forse di meglio irretirci,
creando con questi pietosi virgolettati di sapore pasoliniano un'illusione di rigore
documentario? No, non ci caschiamo. Con tutta la vigile coscienza dello Winston
orwelliano noi ci ribelliamo al chiaro progetto di revisionismo retroattivo che
percorre questo libro e invitiamo i lettori a considerare l'opera con lucido
distacco quale emblematico esempio di abuso da parte del potere mediatico.
"Per fortuna la "gag" di Billy Andrix che dovrebbe saper suonare la chitarra
continua a non far ridere. Nemmeno nel libro".
Questa lettera, giunta con preghiera di pubblicazione poche settimane prima che
il libro andasse in stampa, è stata scritta da Mandarini dopo la lettura dellebozze. L'autore, che ha disconosciuto il suo contributo a quest'opera e nega la
sua stessa partecipazione al film tacciando la produzione di manipolazioni
digitali, oggi vive a Rejkyawik inseguendo il suo ideale di donna e sognando che
il mondo si possa un giorno cambiare. Presso di noi ha lasciato il suo Golem, a
svolgere col sorriso sulle labbra le mansioni di sempre. Nella speranza che torni,
e che i vecchi amici possano ritrovarsi, ci auguriamo che queste sue ultime righe
facciano vivere ancora a lungo nel cuore dei lettori la sua anima di merda.
Il Golem
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LO STUDIO
Drinn… drinn…
Il telefono squilla. Evelyn, la segretaria, solleva quasi automaticamente la
cornetta.
- Studio del Professor Von Braun… sì …attenda prego…-
In quello stesso momento il professore sta uscendo dal suo studio. Chiude
a chiave la porta come ogni giorno alla fine del suo lavoro.
- Professore… il Dottor Johnson della Medical S.p.A. . -
Il professore appare seccato: ancora un attimo e non l’avrebbero trovato.
- Pronto… sì… no, no, no… di che cosa sta parland… no, no, no …sì, sì, laformula è pronta, non si preoccupi. Sì, certamente. -
Poco lontano, nell’ombra, una figura inquietante e minacciosa ha
intercettato la conversazione. Il suo ghigno beffardo risuona sinistro.
Ma è un istante, solo il tempo per scorgere in quegli occhi scuri il riflesso
del suo spirito dannato che già scompare sommersa dalla notte.
Quando il professore scende in strada sta già piovendo da qualche ora.
Si chiude nell’impermeabile mentre apre la portiera della sua auto, una
panda dell’87 forse dell’86. In effetti potrebbe essere ancora più vecchia sese ne considera l’aspetto sciatto e trascurato.
Il professore non la cura molto, anzi non la cura affatto. Non ne ha il
tempo, dice, come non ha tempo per tutte le altre ordinarie incombenze
della vita quotidiana. Vive solo, veste alla buona, raramente si rade.
L’unica sua preoccupazione sono lo studio e la ricerca, tutto il resto è
incidentale, accessorio, trascurabile. L’unica cosa che si sforza di
considerare, ma è solo una questione di sopravvivenza, è l’acquisto dei
generi di prima necessità che compie settimanalmente così da
ammortizzare in un tempo accettabilmente lungo lo stress psicofisico che
ciò gli procura. Erano quasi due giorni che si preparava all’evento e la
telefonata del Dott. Johnson stava per mandargli in aria tutto.
Fortunatamente aveva liquidato subito il seccatore ed ora con
concentrazione inalterata poteva dedicarsi a questo olimpico impegno con
la confortevole sicurezza di colui che sa di poter abbandonare un nero
pensiero per ben una lunghissima, infinita settimana.
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Fatto!, ora Von Braun è finalmente a casa, sereno, tranquillo, rilassato a
tal punto che dimentica la sua spesa in auto ed è costretto ad un ulteriore
scatto di praticità tornando indietro a prenderla.
Entra, controlla la posta, posa la “spesa”, si trattiene in soggiornovuotando le tasche sul tavolo e rileggendo distrattamente i suoi appunti.
Si accorge di aver scordato, come sempre, la sua cartella in ufficio, ma non
è un problema. Chissà, forse l’ha fatto ancora una volta volutamente. Più
tardi sarebbe passata Evelyn per portargliela, come sempre. Stavolta però
era deciso : le avrebbe offerto qualcosa da bere e magari stavolta non
sarebbe andato in bianco. Come sempre.
A CASA
Il disgusto provato dall’oscurità che poco prima l’aveva inghiottita fa sì
che l’inquietante e sinistra figura venga da questa vomitata nella luce
dell’androne dell’abitazione del professore. E’ Kemal Taskesen.
Curdo, e maledetto dal suo stesso popolo (ma non solo), è da tempo al
servizio del K.G.B. per il quale compie i più efferati crimini e le piùspericolate e rutilanti azioni di spionaggio.
Da tempo è l’ombra di Von Braun, ne conosce le mosse , le azioni, le
abitudini , i difetti.
Kemal è ovunque, vede tutto, ascolta ogni cosa e, verosimilmente, nulla
gli sfugge. Sa dunque che è giunto il momento, le ultime intercettazioni
non danno adito a dubbi: la formula è pronta e lui se ne impadronirà
stasera stessa, con qualsiasi mezzo.
L’uscio è socchiuso, Kemal sa anche questo, il professore lo dimentica
spesso aperto. Canticchiando mentalmente il tema di Peter Gun, scivola
quasi danzando nello stretto corridoio che porta al soggiorno dove il
professore, ignaro, è chino sulle sue carte.
Sul ritornello Kemal esce dall’ombra e scarica con ritmo perfetto tre
colpi della sua pistola su Von Braun di spalle di fronte al tavolo.
Il lavoro del curdo è perfetto, come sempre; il professore si accascia
senza un lamento a terra restando con la gamba destra appena piegata in
un estremo sussulto di sofferenza e di terrore. Peter Gun continua a
risuonare nella mente fredda e spietata di Kemal mentre con destrezza
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agguanta quello stesso foglio che poco prima era stretto nelle mani del
Professor Von Braun. Lo ripiega accuratamente facendolo sparire nel suo
nero soprabito di pelle mentre con passo felpato si rituffa ghignando nelle
fauci dell’ormai nauseata oscurità che non può far di meglio cheinghiottirlo di nuovo, benché essa ne provi, come è intuibile, un
giustificato ribrezzo.
E’ solo un po’ più tardi quando Evelyn, stringendo tra le braccia la
cartella premeditatamente lasciata in ufficio da Von Braun, sale le scale
dell’abitazione del Professore. La porta è aperta ma non è questo che
allarma la segretaria quanto il fatto che sia quasi spalancata. E’ vero, il
professore è distratto ma non in modo così plateale. Entra e man mano che
avanza verso il soggiorno dove il professore spesso si intrattiene, si fastrada nella mente di Evelyn il sospetto che sia successo qualcosa di
strano.
- Professore, professore… so’ Eveli… professore, dov’è ? – La punta del
ginocchio piegato verso l’alto indica allo sguardo sorpreso di Evelyn
l’intero corpo accasciato sotto il tavolo. Dalla sorpresa all’orrore. Evelyn è
paralizzata, vorrebbe urlare, dovrebbe urlare ma la voce le si ferma in gola
e la tensione che si sarebbe dovuta sfogare nel grido la irrigidisce
facendole sfuggire dalle mani la cartella. La risposta della sua mentepratica ed efficiente di perfetta segretaria è però quasi istantanea. Si
precipita al telefono.
- Centralino presto la polizia… Polizia, polizia hanno ucciso il professore,
venite subito ! – La sua accorata richiesta di aiuto ha un effetto immediato,
anzi istantaneo. Non ha ancora terminato di scandire l’ultima sillaba che si
sente bussare alla porta.
- Chi è ? -
- POLIZIA ! -
Apre interdetta la porta.
Dietro due baffi nerissimi, quasi dipinti, sotto cui compare
intermittentemente una fumosissima sigaretta, si presenta l’ispettore
Calligan. Avvolta in un impermeabile blu scuro, su cui
approssimativamente si intona un altrettanto scuro e improbabile cappello
di tweed, la figura dell’ispettore è smisuratamente imponente a fronte
delle minute fattezze di Evelyn. Un altro poliziotto segue Calligan: è il
sergente O’Brian, uomo sfuggente e silenzioso, l’ombra dell’ispettore e
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suo autentico complemento esecutivo. Sono in due ma sembrano essere
uno: il rapido e implacabile braccio violento della legge.
- Buonasera – esordisce immediatamente l’ispettore – sono l’ispettore
Calligan. Lei dovrebbe essere la segretaria del professore, la signorinaEvelyn. Dov’è il professore ? –
Evelyn è confusa, stordita ed ora anche intimorita dall’incombente
presenza dei tutori della legge, ma la sua risposta è immediata e lucida –
Di qua in soggiorno, venga. –
Calligan la segue. Lancia solo un’occhiata al corpo inerte del professore,
poi si rivolge al suo alter ego – Prego sergente O’Brian, faccia il suo
dovere. –
Come un implacabile uccello da preda, il sergente lascia le spalledell’ispettore e si avventa con meccanica freddezza sul cadavere indifeso
di Von Braun. Sarà la monotonia del lavoro svolto, sarà l’abitualità dei
gesti, ma quando O’Brian comincia a ispezionare il cadavere quel suo
frugare nelle tasche ha qualcosa del borseggiatore, dello sciacallo. Il suo
viso è però inespressivo e distaccato, e benché non tradisca la minima
emozione, sembra evidente che il sergente ha un passato, sicuramente non
onorevole, dal quale ancora non pare essersi definitivamente affrancato. Il
suo lavoro è tuttavia inappuntabile e Calligan, da sempre, lo lascia fare.- Da quanto tempo si trovava qui lei ? – continua Calligan rivolto alla
segretaria
- Da poco tempo – risponde lei
- Lavorava da molto con il professore ? –
- Sì, da molto tempo. –
Calligan fissa Evelyn intensamente, poi all’improvviso ha uno scatto. Il
fumo del sospetto si è insinuato nel suo raffinato naso da segugio: – Cosa
sta facendo l’otto marzo del 1964? – La segretaria è presa in contropiede,
non si aspettava certo quella ficcante insinuazione e resta quasi senza
parole – Ma io ver...- E’ un animale Calligan, un cacciatore feroce, ha
fiutato il sangue, ha seguito la pista e ora sa che è il momento di mordere,
di stringere le sue fauci impietose sul collo ansimante della sua vittima.
Ora o mai più : – E’ stata lei ! –
Evelyn è confusa ma la sua reazione è immediata e decisa: – No non sono
stata io ! –
Calligan la incalza : – E’ stata lei ! –
- No ! -
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- E’ stata lei ! -
- NO ! –
La granitica certezza del poliziotto comincia ad incrinarsi. La
determinata sicurezza con cui Evelyn sta tenendo testa alle sue accusedirette, ai sui modi inquisitori, lo stanno rendendo perplesso. Prova
ancora, vuole essere certo: – Sicuro? -
La segretaria è sempre più convinta: – Sì ! -
Il tarlo del dubbio ha ormai scavato la sua galleria nella mente del
vecchio uomo di legge. Un caso apparentemente semplice si apre a
sviluppi insospettati e drammatici. La galleria è ormai una voragine e
Calligan si rende conto di non poterne più uscire armato delle sue sole
forze e della propria esperienza. Gli secca ammetterlo ma stando così lecose è tagliato fuori, escluso. Altri dovranno fare quel lavoro: altri, non lui.
Il suo volto si chiude in una smorfia di dolore e rassegnazione e con la
morte nel cuore è costretto ad ammetterlo: – Mmmh… E’ il caso di
chiamare la C.I.A. ! –
C.I.A. 1
Sono già passati alcuni minuti da quando Billy Andrix ha ricevuto la
notizia della morte del Professor Von Braun. Il fatto lo ha lasciato
pensieroso. E’ a capo della sezione spionaggio della C.I.A. da molti anni
ormai e sono pochi gli avvenimenti che lo hanno turbato nel corso della
sua lunga carriera; in fondo, con il mestiere che svolge se ne vedono ogni
giorno di tutti i colori, e bisogna avere nervi d’acciaio come i suoi per
mantenere la calma in ogni circostanza. Almeno così credeva fino a questo
momento. La formula del professor Von Braun è troppo importante per
lasciarla cadere in mani sbagliate. Ne va del prestigio della nazione.
Andrix, a dispetto del suo incarico che lo vorrebbe ormai di una certa
età, è un uomo dall’aspetto e dal portamento giovanile. Ciò suscita
l’invidia dei suoi colleghi che, alle spalle, lo accusano di aver ottenuto la
poltrona più per le sue amicizie influenti che per i suoi effettivi meriti. Ma
questo oggi sembra non aver alcun valore, la sua mente è ormai
completamente persa in questo caso.
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Con i piedi poggiati sulla scrivania pensa agli agenti più adatti alla
missione e, imprecando contro l’accendino “Bic” che non ne vuole sapere
di funzionare, accende distrattamente l’ennesima sigaretta.
- Signorina, l’agente Somersault in linea subito per favore. - Finalmente siè deciso. “L’agente Somersault è senz’altro uno dei miei uomini migliori.”
Sembra riflettere mentre attende in linea la comunicazione giocherellando
con una palla da baseball.
In quello stesso momento, dall’altra parte della città, quasi in periferia,
l’agente Somersault sta ancora dormendo. Il suo appartamento, un piccolo
bilocale quasi completamente spoglio, lascia intuire che lo usa molto di
rado, tra una missione e l’altra. Lui al contrario è perfettamente abbigliato;
pronto a scattare per qualsiasi emergenza.Con la sigaretta ancora in bocca risponde al telefono. - Pronto… me lo
passi.- dice, mentre si siede al bordo del letto. - Ah capo è lei… vengo
subito. Ah capo… ma lei non suona la chitarra ? -
- Noo ! Vieni subito ! - gli urla dietro Billy Andrix mentre riaggancia con
violenza la cornetta del telefono.
Riappeso a sua volta il ricevitore, John Somersault accenna finalmente
ad alzarsi, stiracchiandosi nel tentativo di scacciare via il torpore residuo
dalle sue membra.E’ già giorno da alcune ore ed il sole irrompe nella stanza quando John
apre la finestra.
Quasi fosse sul set di “9 settimane e mezzo” si ammira allo specchio
mentre, con mosse studiate, si sistema il vestito stropicciato per la notte
passata. John è sempre stato fiero del suo aspetto; sa di essere un uomo
affascinante e sa come sfruttare al meglio questa sua dote, sia nel lavoro
che, soprattutto, nella vita privata.
Controllata per l’ultima volta la sua fedele “Smith & Wesson” si avvia
verso la porta. - Mickey Rourke me fa ‘na pippa ! -, esclama compiaciuto
per quello che lo specchio gli mostra mentre esce dalla stanza.
L’auto lo attende fuori dal box pronta ad entrare in azione. E’ una
vecchia utilitaria alla quale John è molto legato sentimentalmente; con lei
ha iniziato la sua carriera di agente segreto e con lei, pensa, la chiuderà. I
suoi colleghi possono anche sorridere quando lo vedono passare, lui non
ci fa più caso. La sua “500” lo ha tirato fuori dai guai tante di quelle volte
che ormai la considera la sua migliore amica.
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Senza perdere ulteriore tempo comincia ad equipaggiarla con i più
sofisticati dispositivi che l’agenzia gli ha messo a disposizione: un arco
con due frecce che prova accuratamente prima di riporlo nella vettura, un
triciclo con ruote dentate utilissimo per le strade non asfaltate, un paio disci, un ombrello che sceglie con cura tra i tanti messi a disposizione al
perfetto agente segreto, la valigia con gli effetti personali ed infine, la più
importante di tutte, la sua arma segreta, talmente segreta che nessuno sa
di cosa si tratti. Probabilmente neanche lui.
Finalmente pronto, con la sigaretta sempre in bocca (quasi fosse ormai
un’appendice del suo corpo) avvia il motore dell’auto che parte senza
alcuna esitazione e si incammina lungo il vialetto d’accesso
dell’abitazione. Gli sci, troppo lunghi per il piccolo abitacolo, escono daltettino come la lancia di un antico cavaliere medievale che, cavalcando
nella sua scintillante armatura, si prepara ad affrontare il suo mortale
nemico.
C.I.A. 2
Quando Somersault entra nell’ufficio, Billy Andrix sta nervosamente
giocando con la solita palla da baseball. Non ammette che i suoi agenti
arrivino in ritardo, oggi meno che mai.
Nell’ufficio con lui c’è un altro agente ma i due non si parlano, Billy
preferisce aspettare che siano entrambi presenti per spiegare la natura
della missione.
L’ufficio è piuttosto spoglio. A Billy non interessano queste frivolezze.
L’unica cosa che sente veramente sua lì dentro è un vecchio poster di
Larry Bird che ha attaccato nella parte anteriore della scrivania. Il basket è
infatti la sua unica passione. Oltre al lavoro, chiaramente.
- Somersault, sempre in orario! - esclama quando finalmente lo vede
entrare.
- Ho fatto… -
- No, no, con me non attacca ! - taglia corto Billy Andrix che non è in vena
di sentire le solite scuse. - Mettiti seduto per favore. A proposito, l’agente
K2… per noi Bob Marshall. - Esclama indicando l’agente seduto di fronte
alla scrivania.
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Quest’ultimo, facendo fede al suo nome in codice, è una vera
montagna. Era infatti giocatore di basket ai tempi del college, e forse
proprio per questo, come sostengono i maligni, è entrato nelle simpatie
del capo. Il fisico è ancora atletico come quello di una volta anche se daallora si è un po’ appesantito. Indossa un elegante giacca color cammello,
occhiali scuri e fuma la sua immancabile “Chesterfield”.
- L’agente X2… per noi John Somersault - continua Andrix senza
apparentemente far caso al saluto plateale che i due colleghi si scambiano.
- Ma non ci siamo già visti…- esclama Marshall tentando di ricordare
dove - …forse suonavi in un gruppo rock ? -
- Si ! Capo c’era anche lei ?! -
- No !! Silenzio ! - urla Andrix in uno scatto d’ira. Poi, resosi conto dellareazione forse esagerata, prosegue, quasi a giustificarsi: - Si tratta di una
cosa molto seria. -
I due si siedono allora comodi attendendo le spiegazioni del capo che,
nel frattempo, cammina per l’ufficio fumando nervosamente una
sigaretta.
- Proprio oggi mi ha telefonato l’ispettore Calligan…, de la mobbile. Si
tratta del professor Von Braun…, è stato ucciso…-
- Nooo !! - esclamano in coro Bob e John sorpresi; se voleva attirare la loroattenzione c’era riuscito in pieno.
- …ne la sua abitazione…, tre colpi ne la schiena! -
- Lo supponevo ! - mormora John come se avesse vinto una scommessa
con sé stesso.
- Somersault silenzio ! - Andrix non è il tipo da scherzare sul lavoro, non
quando si tratta di una faccenda così importante.
- I dati in nostro possesso ci lasciano presupporre che si tratti dell’opera di
una spia di una potenza straniera. Come forse già saprete, il professor Von
Braun, ultimamente, stava lavorando per una notissima casa
farmaciuetica Americana, la MEDICAL S.p.A., per la produzione di un
farmaco di importanza straordinaria, mondiale. – La gravità della
situazione gli fa scordare anche le basi della sua lingua. - Tutti i nostri
agenti…, a livello mondiale, sono stati informati e mobilitati. Non si sa né
come, né quando, né perché entreremo in azione… - fa una pausa per dare
più enfasi a ciò che sta per dire, approfittandone per accendersi un’altra
sigaretta. - …ma ci entreremo ! -
- Capo permette una domanda ? - Azzarda a chiedere Bob.
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- Prego. -
- Come, quando e perché entreremo in azione ? -
- Marshall mi stai prendendo per il culo ? - tuona Billy Andrix ora
visibilmente alterato.- No, no capo, scusi. - Bob si ritrae sulla sedia come un cagnolino
bastonato, visibilmente imbarazzato per aver irritato il capo. Il vedere
quel colosso impaurito come un pulcino fa sorridere John; per una volta
non è lui l’oggetto delle attenzioni di Billy Andrix.
- Ok? Sapete, nonostante tutto mi fido di voi. Andate e mi raccomando…,
risolvetemi questo caso… come sempre. -
- Non si preoccupi… - si appresta a rassicurarlo John - ci penseremo noi
due e i nostri due amici…-- I vostri due amici ? - esclama Billy sorpreso.
- …noi due, Smith…-
- …e Wesson. - Conclude Marshall dopo che John, nella fretta di mostrare
la sua pistola, ha fatto cadere a terra il caricatore.
- Ok ! - Non c’è bisogno di aggiungere altro. Billy accenna finalmente a
congedare i suoi uomini che si dirigono verso la porta. - Mi raccomando ! -
dice infine mentre i due si chiudono la porta alle spalle.
Billy torna a sedersi nella sua poltrona quando dalla porta si riaffaccia Bobche, come se avesse dimenticato qualche dettaglio fondamentale, chiede -
Capo scusi ma lei non ha mai suonato la chitarra? -
- NOOO ! - gli strilla dietro Billy tirandogli contro la palla da baseball che
ha sempre tenuto in mano durante tutto il colloquio e mancandolo di un
soffio.
K.G.B. 1
Una luce ambrata si diffonde nella stanza dove in un angolo troneggia
incastonato dietro una monumentale scrivania il capo del K.G.B. Ivan
Petrovic. I lineamenti arrotondati, la folta capigliatura bionda che
fuoriesce dal colbacco posticciamente calzato sul capo ne evidenziano
l’origine ucraina. Il suo aspetto innocuo e pacioso non deve però trarre in
inganno. E’ un uomo forte, ambizioso, di una perfidia tanto strisciante e
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sottile quanto violenta e letale. Sembra aspettare impazientemente
qualcuno. Infatti bussano. – Avanti ! -
Kemal Taskesen compare sull’arco della porta indossando un
modernissimo casco rosso. Kemal ha una vera passione per cappelli ecopricapi, l’unico vezzo concessogli dalla sua natura fredda e crudele.
L’unico punto di colore di una vita in bianco e nero, votata all’odio e ad
una venale, interessata crudeltà. Con passo marziale si avvicina alla
scrivania del capo che ora lo scruta intensamente.
Si sfila rapidamente il casco, batte i tacchi mettendosi sull’attenti, poi
pensando forse di essere spiritoso saluta militarmente il capo in curdo –
Atai Paraflu ! –
Petrovic non è affatto un uomo di spirito ed il solo sospetto di essere siapur lontanamente preso per il culo gli fa puntare istantaneamente la
pistola contro Kemal. La perentorietà di quel gesto fa comprensibilmente
recedere la spia curda dai suoi velleitari intenti cabarettistici.
- Scusi capo ! - Mormora sommessamente e il malinteso rientra.
Il capo è ansioso, vuole sapere della missione.
- Ebbene ? –
Taskesen abbozza un sorriso poi comincia: -Missione compiuta capo. Ho
qui la formula. – Petrovic è visibilmente soddisfatto. Alza il ricevitore efreneticamente compone alcuni numeri. – Signorina me lo passi – Passano
pochi istanti, poi: – Gorby abbiamo l’esclusiva ! – Il volto di Ivan Petrovic
è raggiante e lui stesso gongola roteando sulla poltroncina come uno
scolaretto. – Grazie! – fa infine soddisfatto. Sta per riagganciare quando gli
torna in mente qualcosa. Chiama ancora il centralino: – Ah… signorina
voglio subito qui il dottor Tozzosky.-
La formula non può aspettare: i lavori devono iniziare subito. Prima di
congedare il curdo chiede un rapido resoconto dei fatti, Petrovic oltre
tutto è maledettamente curioso.
- Dunque ? -
Kemal non si fa pregare: - E’ stato facile capo. L’ho seguito fino a la casa e
l’ho freddato con tre colpi a la schiena -
In quello stesso momento bussano ancora alla porta: – Avanti ! – fa
Petrovic. Eccessivamente ossequioso fa il suo ingresso nella stanza il
dottor Tozzosky tecnico di laboratorio stringendo in una mano
nervosamente mobile ancora una siringa per chi sa quale assurdo
esperimento. Senza una parola il dottore raccoglie dalle mani del capo il
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foglio con la formula e in un turbine di inchini rincula verso l’uscio. Saluta
ancora ed esce chiudendo la porta con la stessa mano che stringe siringa e
foglio. La carta rimane però incastrata nella porta chiusa e Tozzosky è
costretto ad un ulteriore ingresso per disincagliarla. Saluta ancora efinalmente se ne va.
Kemal si congeda contenendo a stento la sua novella propensione ad una
pericolosissima comicità: – At… ehm… -
Nella stanza Ivan Petrovic resta solo ancora una volta, visibilmente
soddisfatto e felice del successo.
Improvvisamente il confortevole silenzio che avvolge la scena idilliaca
è rotto da alcuni colpi di pistola e da un grido accorato. Un istante dopo è
Taskesen a fare capolino dalla porta e ad annunciare candidamente –Scusi capo era una spia ! – La sua è però una ingenuità appena simulata.
Sa per esperienza che la presenza di spie dentro la Lubianka non è buon
segno. Forse qualcosa è andata storta ed è meglio tenere gli occhi aperti.
Forse la C.I.A. si sta già muovendo.
IL LABORATORIO
Gli scintillanti ma non modernissimi strumenti scientifici a disposizione
della potente organizzazione di spionaggio sovietica sono pronti e in
attesa che le raffinate menti degli scienziati diano corpo attraverso di essi
alle sconvolgenti intuizioni del professor Von Braun. Certo un
microscopio 25X e un videomicroscopio molto meno potente non sono
quello che si potrebbe definire una strumentazione d’avanguardia, ma la
fantasia e il genio del dottor Rossosky coadiuvato dal già rinculante
dottor Tozzosky non trovano certo in questi piccoli e trascurabili dettagli
invalicabili difficoltà allo svolgimento del proprio lavoro.
I due professori con perfetto sincronismo si incrociano salutandosi
militarmente davanti al tavolo di lavoro sul quale sono già stati
predisposti gli elementi da utilizzare secondo le indicazioni dello
scienziato tedesco.
Uno di fianco all’altro iniziano così l’esperimento. – Lista! – fa il dottor
Rossosky rivolgendosi autoritariamente al suo assistente, il quale, quasi a
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confermare quanto ordinatogli, ripete ogni cosa richiesta dal superiore: –
Lista. -
Sul lato destro del tavolo, nascosto dall’ombra asettica del laboratorio,
segue pedissequamente le istruzioni dei due scienziati un inquietanteessere dai capelli ricci e verdognoli, frutto di chi sa quale atroce
esperimento di ingegneria genetica.
- Formula ! –
- Bisturi ! – L’uomo verde è confuso, ma si riprende rapidamente sa che
ogni suo errore sarebbe senz’altro punito con innumerevoli e sonore
scudisciate dal tremendo Volkov, il torturatore ufficiale del K.G.B.
Il dialogo tra i dottori si fa denso, strettissimo.
- Cucchiaio. -- Cucchiaio. -
- Pinzette ! -
- Pinzette. -
- Prosciutto ! –
- Prosciutto. -
- PRESTO PROSCIUTTO ! -
- Presto, presto ! – il dottor Tozzosky incalza l’uomo verde.
- Ah… prosciutto. - Rossosky lo alza al cielo quasi ad invocarne labenedizione divina annusandolo estasiato, - Forbici ! – continua.
- Forbici – replica Tozzosky.
Il ritmo è frenetico.
- Martello !-
- Martello. -
- Scarpa… -
- Scarpa ? …Scarpa ! -
- Conserva ! -
- Conserva. –
- Patate. -
- Patate… - L’uomo verde sta quasi perdendo il ritmo.
- Cipolle ! -
- Cipolle. -
- Una cipolla ! - Rossosky è stranito, stanco. Le ore di lavoro pesano sulle
sue spalle scarne ed ossute come macigni ma troppa è l’urgenza di
terminare l’immane lavoro, troppa è la curiosità di dare forma definita
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all’eterogeneo impasto sul quale le loro mani stanno faticosamente
operando.
- Uccello. -
- Uccello ? - ripete stupito Tozzosky.- Uccello ! - gli conferma il collega ormai al limite.
Il lamento pietoso dell’animale risuona nel laboratorio ma si spegne
istantaneamente quando viene immerso vivo nell’impasto sinistramente
ribollente.
Pochi attimi ancora di frenetica attività. Poi una breve e intensissima
attesa.
I due scienziati sono raggianti quando sollevano il capo dal tavolo.
Intorno sembra risuonare una musica celestiale. La benedizione invocatacon il prosciutto è scesa su di loro. L’esperimento è compiuto e
pienamente riuscito.
- Abbiamo trovato il PILLOLONE… - gridano all’unisono Rossosky e
Tozzosky mentre sospirano entusiasti, stringendo tra le braccia una
pasticca tondeggiante simile ad una grossa aspirina delle dimensioni di
un 33 giri.
Le grida gioiose dei due professori non passano però inosservate.
Galina Pavlovna, alias Susan Smith, agente della C.I.A. infiltrata nelK.G.B., ha ascoltato tutto e con circospezione corre ad informare via radio
il suo superiore – Capo… ce l’hanno loro ! -
Ora la C.I.A. sa.
C.I.A. 3
Finalmente è giunto il grande momento, la notizia che tutti stavano
aspettando da giorni è arrivata. Ora si fa sul serio.
- La maglia di lana te la sei messa? Fa freddo in Russia, eh! – Affacciato
alla finestra del suo ufficio, in una anonima palazzina nel centro della
città, Billy Andrix sta dando le ultime istruzioni al suo uomo migliore. Sa
che sono perfettamente superflue, che John Somersault non lo
deluderebbe mai, ma non può farci niente, è più forte di lui. Quella
missione è di vitale importanza, ed ogni più piccolo dettaglio, anche il più
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insignificante, può fare la differenza tra la vita e la morte. E questo lui lo
sa. In Russia potrà contare solo su se stesso.
- …quando arrivi telefona, fammi sapere. – continua Billy Andrix
visibilmente preoccupato.Sì, capo, non si preoccupi, non si preoccupi… grazie. – lo rassicura John
che nel frattempo è sceso in cortile – Sì, telefono. – Emozionato per l’addio
non riesce a trattenere una lacrima che, per un attimo, gli solca il viso
subito asciugata da un fazzolettino che poi, con noncuranza, sventola a
mo’ di saluto.
- Sì telefona ! Se ti serve qualcosa… compratela ! – ora Billy ha ripreso il
suo autocontrollo – Sì, sì, no… con le persone che non conosci non ci
parlare… ah… , fuma poco.., FUMA PO-CO… - urla per paura di nonessere stato capito, poi, resosi conto che qualcuno potrebbe spiarli,
abbassa il tono della voce – …fuma poco, capito?–
Quest’ultima raccomandazione fa sorridere John; pare buffo che sia
proprio lui a dirglielo, lui che lo ha avviato al vizio e che non si separa mai
dal suo pacchetto di sigarette.
Billy comunque sembra non far caso a tutto ciò – Le donnacce lasciale
sta’. – continua - Ci stanno in giro tante malattie, no, non ti preoccup… -
Billy si è lasciato prendere troppo la mano, se lo lasciassero fare non sifermerebbe più.
- Sì, capo. – lo interrompe John. La missione non può più aspettare, ogni
istante è prezioso. – Ci vediamo capo, sì capo… - taglia corto salendo in
auto. - Ah, capo, non si preoccupi, la chitarra dalla Russia je la porto io… -
- Billy resta un attimo interdetto dando il tempo a John di accendere la
macchina.
E’ proprio questo istante che probabilmente salva la vita a X2, perché,
sfoderata la pistola, Andrix in preda ad un raptus omicida gli scarica
dietro tutto il caricatore urlando ormai completamente fuori di sé.
- La chitarra, basta, basta maledetto, t’ammazzo maledetto, maledetto… -
Ormai la furia lo acceca, i suoi occhi sconvolti e iniettati di sangue lasciano
intravedere una vena di follia che si sta insinuando nella sua psiche.
– L’ammazzo quel maledetto figlio di puttana, l’ammazzo, sì
l’ammazzo…- Urla ormai a se stesso dopo che la “500” di John è
scomparsa dietro al vicolo e mentre come un pazzo si aggira sconvolto nel
suo ufficio.
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IL VIAGGIO
Neanche lui sa ancora perché ha preferito l’angusto e spartanoabitacolo della sua autovettura alla lussuosa e confortevole poltrona di un
Boeing 747. L’unica giustificazione che John è riuscito a trovare è la sua
smodata e incontrollabile paura di volare; beh…, ripensandoci , forse… è
un motivo sufficiente.
Certo, passare lo stretto di Bering su una piccola utilitaria non è
assolutamente un’impresa facile; dovrà affrontare innumerevoli pericoli
ed ostacoli quasi insormontabili, ma non sarà questo a fermarlo: ci vuol
ben altro.La piccola vetturetta si muove sicura sulle strette ed accidentate strade dimontagna. Il paesaggio ha qualcosa di innaturale; la neve, caduta copiosanei mesi precedenti, attutisce ogni suono, ogni rumore, tutto sembrafermo, immobile, immutabile.La luce del sole che si rifrange sul manto nevoso rende ogni cosamisteriosa, sovrannaturale, quasi magica. Intorno a John è tutto unbalenare di colori: rosso, indaco, verde, giallo. Tutti i coloridell’arcobaleno si alternano in rapida successione quasi a volerloinghiottire, a rallentarlo nella sua marcia.
John non si lascia però intimorire e prosegue senza sosta verso la suadestinazione, fermandosi solo lo stretto necessario ai suoi bisognifisiologici. Tutti fanno affidamento su di lui; e lui non li deluderà.Nel frattempo la leggera pioggerellina che lo aveva accompagnato findalla partenza si sta rapidamente trasformando dapprima in nevischio epoi in neve. I fiocchi cominciano ora a cadere sempre più fitti; la visibilitàsi sta riducendo al minimo e presto tutta la strada sarà coperta da unaspessa coltre di neve.L’andatura dell’auto, che prima avanzava spavalda, comincia ora a farsisempre più incerta. Le ruote, per le quali John aveva dimenticato di
portare le catene, slittano sulla neve ghiacciata e l’auto comincia asbandare pericolosamente. John non è però il tipo da lasciarsi intimorireper così poco. Il suo coraggio, degno di un eroe della mitologia greca, lospinge ad andare avanti, sempre più avanti. Solo quando sarà abbastanzavicino alla meta da poterla toccare (e solo allora) potrà proseguire a piedi,se vorrà, non prima.Quando scende dall’auto il sole sta già calando all’orizzonte. Il calpestarequella neve fresca, immacolata sembra trasportare John ai giorni felicidella sua infanzia quando la guerra, lo spionaggio, la violenza eranosoltanto una scusa per inventare nuovi giochi da fare con gli amici e non
una cruda realtà dalla quale sempre più spesso sente il bisogno di fuggire.
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Quasi a voler scacciare questi cupi pensieri raccoglie una palla di neve daterra e la lancia con tutta la forza di cui dispone verso l’orizzonte.Ma ecco che dal nulla una gragnuola di palle di neve si abbatte su di luiche, stupefatto, è costretto a fare un passo indietro per non perdere
l’equilibrio. Solo allora si rende conto, dopo essersi guardato intorno concircospezione, di essere l’unico essere vivente nel raggio di diverse miglia.Una paura sovrannaturale comincia a far breccia dentro di lui. Ma mentrecerca di recuperare il suo self-control ecco che un’ennesima bordata locolpisce in pieno volto lasciandolo più attonito e guardingo che mai.
K.G.B. 2
La copertura costruita da Galina Pavlovna, alias Susan Smith, appare
perfetta. Non potrebbe essere altrimenti, ne andrebbe del successo della
missione e soprattutto della sicurezza internazionale.
C’è effettivamente un’altra questione che sta a cuore a Susan ed è la
stessa incolumità di John. Da anni tra loro c’è qualcosa che è sicuramente
più di un'amicizia ma forse meno di una vera e propria relazione. Un
sentimento nato all’accademia di Polizia e mai definitivamente conclusosi
con il passare degli anni e l’intrecciarsi delle missioni.Da tempo non si vedevano più e forzatamente avevano interrotto ogni
contatto soprattutto da quando lei era stata infiltrata nel KGB al fine di
meglio controllare le mosse di quel nemico efficiente ed estremamente
attivo. Ma ora John era lì, vicino a lei e, benché le apparenze dovessero
essere perfettamente rispettate, poteva parlargli, stringere le sue mani.
Non era molto ma in quella situazione, in quella particolare vicenda era
già qualcosa. E poi, in fondo, come diceva Zi’ Frate che ricalcava con i
piedi le orme lasciate a terra dal passaggio di una graziosa monachella: “Tuttu fa !”
John Somersault era dunque arrivato ed ora Susan lo stava
accompagnando da Ivan Petrovic al quale l’avrebbe presentato come il più
fido collaboratore di Von Braun. Il piano era infatti questo: una volta
avuto accesso al laboratorio l’esperimento portato a termine dagli
scienziati sovietici doveva essere sabotato, la formula sarebbe stata
recuperata e ogni possibile riferimento alla stessa posseduto dai russi
distrutto. Poi sarebbero tornati a casa e forse il loro inconfessato sogno
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d’amore si sarebbe potuto realizzare. Susan già sognava intimamente quel
momento in cui John in quel localino italiano che tanto amavano le
avrebbe chiesto di sposarlo, e allora sì che la loro vita sarebbe cambiata,
cambiata davvero.Accanto ad X2 Susan sta ora scendendo la ripida scalinata che porta al
bunker dove Ivan Petrovic assieme all’insostituibile curdo sta aspettando
per perfezionare l’accordo con quello che crede essere un semplice
ricercatore americano.
John sente decisamente la responsabilità di quel momento e ha altro per
la mente che teneri sogni d’amore. Lui è l’eroe, è il buono, è Goldrake che
ancora una volta dovrà salvare la terra dalle cupide mani delle malvagie
torme di minidischi del pianeta Vega.Il capo del K.G.B. troneggia tronfio su una lussuosa poltrona di velluto
rosso all’interno del bunker stringendo tra le mani, come un moderno
faraone, i simboli che incarnano il suo potere assoluto: Falce e Martello.
Kemal è in piedi al suo fianco, feroce mastino di un altrettanto spietato
padrone.
- Capo, costui è Heinz Kruger, l’assistente del professor Von Braun che
aspettavamo dall’America. - Esordisce Susan, calandosi perfettamente nei
panni del suo ruolo di Galina Pavlovna.Petrovic è sospettoso ma cordiale – Si accomodi, prego – fa rivolgendosi al
finto assistente. Poi continua – Può dimostrarlo? -
L’agente X2 esibisce con calma una patente di guida perfettamente
falsificata dai tecnici della C.I.A. con le generalità dello scienziato
americano. Petrovic la osserva con attenzione, pare convinto. – Lei sarebbe
in grado di darci informazioni utili sul PILLOLONE ? -
John Somersault con distacco replica – Sì, purché mi diate subito il
compenso pattuito. -
Il capo si rivolge al curdo indicandogli una valigetta accuratamente
sistemata in un angolo della stanza – Kemal… -. Kemal esegue
porgendogli l’oggetto e raccogliendo dalle sue mani i due scettri che
sistema successivamente con cura a fianco del capo su un drappo
vermiglio.
Il capo con molta calma verifica il contenuto della valigetta, poi la porge a
X2 – Tenga. -
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John con altrettanta flemma esegue il suo controllo. Vino, salsicce,
insalata….sì, c’è tutto, i russi sono stati di parola: il prezioso compenso è
completo.
Ivan Petrovic nel frattempo deve essersi distratto perché si rivolge allopseudo dottore americano con un intempestivo – Controlli pure. –
- Mi fido ! - risponde altrettanto distrattamente X2, poi continua – Allora
quando posso cominciare a lavorare ? -
Petrovic lo guarda soddisfatto per l’accordo concluso – Domani stesso
Kemal l’accompagnerà ai nostri laboratori. -
- Grazie. - fa Heinz Kruger congedandosi.
LA STANZETTA BUIA
Kemal in giacca da camera si gingilla comodamente seduto su di un
lussuoso divano immerso nell’atmosfera orientaleggiante del suo
appartamento privato. Tra tappeti, arazzi e antiche scimitarre, mentre
nell’aria si diffondono effluvi di esotici incensi e musiche evocanti distese
sabbiose e luccicanti minareti, aspetta con aria sorniona l’arrivo diqualcuno.
Bussano, il curdo si ricompone velocemente, poi tranquillamente
accorda il permesso ad entrare.
– Avanti. -
E’ Galina Pavlovna l’ospite atteso con tanta dissimulata trepidazione.
Galina, elegantissima, si avvicina con passi misurati a Kemal che la
osserva cupido arroccato lascivo sul divano. E’ bellissima, per quanto
possibile, e il nero lucido del vestito strettissimo che la fascia è una cornice
perfetta per le sue forme sinuose e per i suoi capelli corvini che piegati in
un invitante carré fanno da sfondo ai suoi occhi profondi e scurissimi. A
dispetto dell’aspetto invitante Galina è però brusca, quasi scortese nel
rivolgersi al proprio collega.
- Allora, perché mi hai mandato a chiamare? -
Kemal la fissa spermatico. Galina intuisce ed è ben decisa a mantenere
le distanze: – Kemal sai benissimo che non ho tempo da perdere con te!- Il
curdo neanche la ascolta e continuando a fissarla le fa cenno di
accomodarsi: – Siediti Galina…-
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La ragazza si avvicina ad una delle poltrone che affiancano il divano di
Kemal, che fulmineamente le gela il sangue terminando la frase appena
iniziata: - ...o ti devo chiamare Susan ? - L’americana impallidisce.
– Ti ho visto l’altro giorno dentro il laboratorio mentre spiavi iprofessori, - continua sardonico il curdo – e ti ho sentito quando hai
chiamato la C.I.A. So bene che quel dottore venuto dall’America è un
agente segreto venuto per riprendersi la formula che io stesso ho rubato al
professor Von Braun. -
Ora è chiaro, il sospetto che volontariamente Susan Smith aveva a fatica
ricacciato fino a quel momento in fondo ai suoi pensieri trova nelle parole
chiare e precise di Kemal una drammatica conferma. La copertura è
saltata e la missione si avvia a fallire inesorabilmente.L’americana però non si abbatte. Anni di consumata esperienza gli
suggeriscono di non abbandonarsi al panico, almeno non subito. C’è
sempre una terza via, una soluzione praticabile prima che tutto sia
irrimediabilmente perduto.
Kemal è un uomo avido, assetato di potere e forse quella insolita
convocazione, quello strano modo d’agire non è altro che un preludio di
una via d’uscita comunque onorevole. – Va bene… - fa Susan rompendo il
breve e pesantissimo silenzio che aveva fatto seguito al discorso del curdo– …e adesso che le carte sono scoperte, che cosa devo fare ? -
Susan ha visto giusto, forse una soluzione c’è.
- Siediti qui.- Kemal le fa cenno con la mano di raggiungerlo sul divano.
Senza esitare l’agente della C.I.A. si accomoda ma non può fare a meno di
ritrarsi quando il curdo le si accosta tentando di cingerle le spalle con il
suo viscido abbraccio. Kemal appare leggermente contrariato dal gesto ma
con calma immutata continua: – Sai, io non l’ho ancora rivelato a nessuno,
ma se non farai quello che ti dico penso che sarò costretto a rivelarlo.
- Spiegati. – controbatte Susan ormai costretta in un angolo dal fare
avvolgente del suo interlocutore. Fa ancora la sostenuta, cerca nonostante
tutto di darsi un tono ma sa bene di doversi piegare a qualsiasi richiesta
senza poter porre la benché minima condizione.
Kemal sorride diabolico cosciente dell’immenso potere che si trova ora a
gestire. Sogna questo momento da quando ha incontrato per la prima
volta Susan. Forse avrebbe potuto agire diversamente, magari avrebbe
potuto cercare di conquistare diversamente l’attenzione di quella ragazza
dai capelli corvini e dalle forme appetitose ma il suo aspetto torvo, la sua
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indole infida e strisciante non gli avrebbero mai consentito di chiederle
con successo quanto ora si accinge a soffiarle nelle orecchie, certo che mai
sarebbe respinto e deriso. – Devi venire con me nella stanzetta buia ! –
Susan ha un sussulto. Era sì disposta a tutto, ma giammai avrebbepotuto immaginare che lo spietato orientale potesse spingersi a chiederle
tanto. – Non puoi chiedermi questo ! - replica rassegnata aggrappandosi
all’improbabile speranza di un atto di estrema clemenza.
Il curdo è però irremovibile: – Ne sei costretta - dice – non puoi fare
altrimenti. -
- Curdo maledetto! - gli urla la donna mentre Kemal ghignante la stringe
ai polsi trascinandola nell’oscura e misteriosa stanzetta.
La porta si richiude dietro i due mentre un’incalzante bolero cominciasinistramente a diffondersi nell’appartamento.
Più tardi è il solo Kemal a lasciare la stanzetta buia visibilmente
accaldato, discinto e laidamente soddisfatto.
K.G.B. 3
Solo all’interno del bunker, Kemal Taskesen ripresosi dalla spossante
avventura della stanzetta buia passeggia flemmatico. E’ solo, Ivan
Petrovic è stato urgentemente richiamato al Cremlino ed il comando
dell’operazione Von Braun è per il momento affidato alla sua collaudata
esperienza. Il curdo si avvicina guardingo al seggio principesco
normalmente occupato dal suo diretto superiore e accertatosi dell’assenza
di occhi indiscreti vi si accomoda assaporando per un istante intensissimo
il gusto dolcissimo del potere. Quante volte ha dovuto osservare
l’espressione che ora dardeggia nei sui occhi sul volto di altri, quante volte
ha dovuto ascoltare con sofferta sottomissione quelle parole che avrebbe
voluto più di ogni altra cosa essere lui a dire. Sente ora più che mai
ribollire sotto il suo funereo soprabito la propria sconfinata ambizione
troppo frustrata dai tanti anni di sofferta subordinazione. Sente tuttavia
che le cose stanno cambiando e che proprio l’affare del pillolone potrebbe
rappresentare per lui quel biglietto di sola andata per il successo che da
tempo affannosamente cercava. Quella poltrona sarebbe stata finalmente
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sua e a quella molte altre sarebbero seguite portandolo in alto, sempre più
in alto fino…
Un rumore di passi fa scattare Kemal dal suo seggio dorato. Nel bunker
fanno il loro ingresso X2 nelle vesti di Heinz Kruger, assistente deldefunto professor Von Braun, accompagnato dalla provata reduce delle
inenarrabili vicende della stanzetta buia Galina Pavlovna, alias Susan
Smith. Grande è la prova che per amore del proprio paese e del proprio
uomo l’americana è stata chiamata ad affrontare, ma altrettanto grande è
il vantaggio che con questo immenso sacrificio lei è sicura di aver
ottenuto. A John non ha detto nulla; gli avrebbe spezzato il cuore ma
soprattutto conoscendone il carattere grintoso e sanguigno avrebbe potuto
compromettere con conseguenze ben più disastrose l’intera missione.Quanto è accaduto nella stanzetta buia sarà l’unico segreto che avrà per il
suo John, sarà l’unica cosa che non avrà di lei quando tutto finalmente
sarà finito.
Susan rabbrividisce trovandosi ancora di fronte al suo feroce aguzzino
ma dissimula perfettamente la propria tensione rivolgendogli
direttamente la parola – Il capo ? -
Kemal è sbrigativo nella risposta: – Il capo non c’è oggi. Ha avuto
importanti impegni di lavoro. Ci sono io al suo posto. -Somersault, ignaro di quanto accaduto tra i due, calandosi ancora
perfettamente nel ruolo assegnatogli, interviene discretamente – Sono
venuto per ultimare alcuni lavori riguardanti il pillolone. -
- Benissimo… – esclama Kemal fissandolo ambiguamente – …il
laboratorio è già pronto. Signorina!- conclude il curdo schioccando le dita
e materializzando così dal nulla una procace assistente in camice bianco
che efficientemente esordisce: – Mi ha chiamato capo ? - L’apparizione
lascia interdetti gli astanti mentre Kemal, che in uno dei suoi frequenti
deliri di onnipotenza non ha mancato di considerare la propria origine
divina, sembra più che sorpreso divertito da quella improvvisa
manifestazione di poteri soprannaturali.
Poi, con rinnovata freddezza si rivolge all’assistente – Accompagni il …
“dottore” al laboratorio. -
Le parole del curdo sono piene di allusivo sarcasmo che tuttavia
sembra sfuggire all’agente X2, il quale con disarmante fiducia segue la
signorina verso l’uscita secondaria del bunker. Susan non è però
altrettanto ingenua, ha già capito tutto ma non può fare altro che rivolgere
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il suo sguardo implorante pietà verso il cinico orientale. Tutto inutile. Non
appena X2 varca la soglia una mano violenta lo afferra per la collottola
trascinandolo via. La porta si richiude alle spalle del malcapitato mentre
in lontananza risuonano strazianti grida di dolore invocanti aiuto. Kemalride beffardo, sprofondato nella poltrona accanto al trono del capo che ora
sembra molto meno distante.
Il sacrificio della stanzetta buia è stato totalmente inutile. Il giuramento
del curdo: una beffarda e prevedibile menzogna.
Susan si sente usata, umiliata, e cedendo sotto l’insostenibile senso di
colpa che ora la opprime si scaglia accecata dall’odio contro Kemal
gridandogli: – Porco ! -
Il curdo maledetto para senza difficoltà i colpi della povera ragazzaimmobilizzandole i polsi, poi con in bocca il suo solito, diabolico sorriso la
congeda – Puoi andare Galina. -
A capo chino, immersa in un mare di lacrime amarissime Susan si
allontana mentre nelle sue orecchie ancora risuona l’eco delle urla
accorate del suo amato John.
C.I.A. 4
Quando l’interfono suona Billy Andrix è prontissimo a prendere la
comunicazione.
– Sì,… lo faccia entrare. – E’ nervoso, preoccupato. Gli eventi stanno
precipitando uscendo fuori dal suo controllo e questo non deve accadere.
Deve assolutamente fare qualcosa, qualunque cosa o tutto sarà perduto.
Sono giorni come questi che gli fanno venir voglia di mollare tutto e di
tornarsene a casa, da quella famiglia che non ha mai avuto il tempo, o
forse la voglia, di avere.
Spazientito dal ritardo si avvia verso la porta del suo ufficio come a
voler controllare che il suo agente non si sia perso tra i corridoi del
pianerottolo ma, spalancata la porta, ecco che l’enorme figura di Bob
Marshall gli appare di fronte. Lo slancio preso per bussare gli fa quasi
perdere l’equilibrio ma, grazie all’agilità acquisita in anni di basket, riesce
a riprendersi in fretta lasciando per un attimo il suo capo senza parole.
Istintivamente Billy Andrix cerca di smuovere quella statica situazione
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Il segreto del prof. Von Braun 28_______________________________________________________________________________
porgendo la mano destra a Bob il quale anticipando il pensiero del capo
allunga contemporaneamente la propria. Il fatto è che avendo Marshall la
destra occupata nel bussare utilizza automaticamente la sinistra e il liscio
è inevitabile. Accortisi entrambi dell’imperfetto sincronismo provanocontemporaneamente a rimediare scambiando mano e producendosi in
una ennesima cilecca.
I due si guardano e il capo quasi divertito batte le proprie mani
riaprendole immediatamente in un gesto di disarmata e accondiscendente
rassegnazione – Marshall, Marsh… -Bob Marshall, evidentemente equivocando scambia l’atteggiamento delcapo in un fanciullesco invito al gioco – Capo !- Anch’egli ripete il gestodel capo trascinandolo in un improbabile batti mano al quale Billy Andrix
non riesce suo malgrado a sottrarsi. Istupidito dalla reazione del suoagente si lancia in quel gioco idiota fino a quando la coscienza di quellasituazione assurda e felliniana non gli regala la pietosa immagine dellaloro scena riportandolo finalmente alla realtà.
- Accomodati Marshall, accomodati. – sbotta seccato indicando poi una
comoda poltroncina di fronte alla scrivania.
- Capo… e… - balbetta Bob visibilmente imbarazzato. – Buongiorno capo.
-Bob a dispetto delle apparenze è una persona molto sensibile, con un
profondo rispetto per i propri superiori, quasi reverenziale. Questo è statoun suo grosso limite sin dai tempi del college. La mancanza di fiducia inse stesso lo ha spesso relegato in secondo piano rispetto ai suoi colleghi;ma nonostante ciò, quando Bob è in missione il suo io si trasforma e luidiventa una perfetta macchina da guerra. E’ per questo che nel suo campoè considerato uno dei migliori.
Billy, capita la situazione e conoscendo ormai alla perfezione il carattere
del suo agente, cerca in tutti i modi di metterlo a suo agio.
- Sempre uguale Marshall…, sì, togliti il cappotto. –
- La ringrazio. – replica Bob ormai quasi completamente rinfrancato.- Ma, sempre quegli occhiali da sole Marshall? – aggiunge Billy notando
che il suo uomo non accenna a mettersi comodo.
- Hm…, capo ormai è solo un’abitudine, ma…, mi dica piuttosto come se
la passa l’agente Somersault? – Ormai l’imbarazzo è completamente
passato, sostituito dal proprio attaccamento al dovere.
- Proprio di questo volevo parlarti: lo hanno preso ! – Il volto di Billy fatica
a mantenere un certo distacco, i sensi di colpa che fino a qualche tempo
prima non sapeva neanche cosa fossero, cominciano a farsi sentire. "E’
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tutta colpa mia", sembra voler dire anche se non lo ammetterà mai di
fronte ad un suo uomo.
- No !!! – esclama sorpreso Bob; è la prima volta che John si lascia
sorprendere durante una missione.- Sì, purtroppo non si sa nulla neanche dell’altro agente: Susan Smith. Ma
da altre informazioni presumibilmente l’agente X2 dovrebbe essere tenuto
prigioniero nella città di Tura, in URSS. E, a proposito, ho portato questa
cartina per farti vedere meglio il posto, ecco… -Da dietro la scrivania Billy prende un’enorme raccoglitore dove sonoriportate tutte le mappe dei paesi comunisti ricostruite grazie all’aiuto deisatelliti spia.
Bob, che nel frattempo si è avvicinato al tavolo per vedere meglio, ha
scacciato ogni timore e si è ormai tuffato a capofitto nella missione.
- Dovrebbe essere rinchiuso nella città di Tura e precisamente nel castello
della città di Tura di cui qui abbiamo riportato la cartina… - prosegue
Billy Andrix indicando con un tagliacarte la città sulla cartina. - …per
arrivarci dovrai guadare il fiume, non utilizzare i ponti. Questa porta, che
è la porta del passaggio segreto, la troverai aperta imboccata la quale,
salita questa scalinata, arriverai praticamente in vista della stanza in cui
X2 dovrebbe essere tenuto prigioniero. Da questo punto in poi dipende
tutto da te. -Bob, che da tempo non si stupisce più della perfezione tecnica raggiuntadai satelliti spia, dà una tirata alla sua sigaretta e lo rassicura: – Sarà ungioco da ragazzi, capo. –Billy è soddisfatto; ha fatto bene le sue scelte.- D’altronde sei o non sei l’uomo dai mille volti? –
- Hmm !! – Annuisce fiero di sé Bob Marshall.
- Ma comunque, per facilitarti il compito, ti ho portato questa cosettina.
Ecco per esempio questa arma segreta. – Prosegue Andrix mostrando una
scatola di legno che potrebbe benissimo essere una scatola di colori – Erala stessa in dotazione all’agente X2, ma probabilmente non ha potuto
utilizzarla; e in più ti do questo, apparentemente innocuo giocattolino… –
Gli porge uno “Snoopy” a corda: un’arma micidiale! - …ma mi
raccomando: portalo sempre con te e… utilizzalo.
Bob sorride eccitato dalla possibilità di utilizzare un’arma così potente.
- E ricorda sempre, Marshall: il K.G.B. è come un grande mostro: se gli
passi vicino e non lo disturbi, può darsi che chiuda un occhio e sbuffi e ti
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lasci andare, ma se lo svegli… SI INCAZZA COME UNA BESTIA ! – urla
Billy facendolo trasalire – Capisci, Marshall? -
- Capisco capo! D’altra parte non siamo nuovi a questi lavori… , ma dato
che ci troviamo vorrei chiederle una cosa se non… -- Prego, prego. – fa segno di continuare il capo della C.I.A.
- Lei non si intende di musica? -
Lo sguardo di Billy si fa sempre più sospettoso. – No, ma non capisco
cosa… - si affretta a dire.
- No, perché, sa... è una mia idea stramba…, pensavo che lei suonasse la
chitarra! -
Billy Andrix, ormai sconvolto da quest’ultima affermazione, scoppia in un
pianto isterico. – No, anche lui no, no, no, no, anche lui la chitarra no,anche lui, anche lui la chitarra no, no…- ed esce singhiozzando dalla
stanza sotto gli occhi sconcertati di Bob Marshall.
L’UOMO DAI MILLEVOLTI
La tensione accumulata durante il colloquio con Billy Andrix non si èancora del tutto allentata quando Bob Marshal entra nel suo
appartamento. Fin da quando lo avevano mandato a chiamare aveva
avuto il presentimento che qualcosa fosse andato storto ma questo
superava anche le sue più cupe previsioni; John e Susan erano in pericolo,
catturati da un nemico perfido e pericoloso che non avrebbe esitato un
istante ad ucciderli una volta ottenute le informazioni desiderate.Bob si sentiva molto legato all’agente X2. E’ vero, lo aveva conosciuto solopochi giorni prima, ma quel periodo così breve era stato tuttavia
sufficiente per farlo affezionare a lui, per considerarlo suo amico, il suomigliore amico. John era l’unico nell’agenzia a trattarlo come un essereumano, come un uomo di cui ci si può fidare, e non come un simpatico“gorillone” senza cervello capace solo di ubbidire agli ordini presi. Per luiavrebbe dato anche la vita se ce ne fosse stato bisogno.Questa missione è dunque per Bob la grande occasione, l’opportunità didimostrare finalmente a tutti che lui non è il burattino nelle mani dinessuno, che il posto che ora occupa lo ha conquistato sul campo e nongrazie alle raccomandazioni, ma soprattutto potrà sdebitarsi con John.Questa volta tutti impareranno a rispettare “l’uomo dai millevolti”.
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La sua capacità di camuffarsi affinata in anni di pratica, l’abilità di
assumere in pochi istanti qualsiasi identità, qualsiasi fisionomia, gli
permetterà di arrivare fino al cuore del potere comunista, fino a quel
bunker nella città di Tura dove da giorni ormai erano rinchiusi John eSusan.Gli basta poco, il tempo di passare dietro al séparé, per uscirne fuoritotalmente trasformato. Con estrema disinvoltura assume le sembianzepiù strane e imprevedibili; in un attimo è un emiro arabo con tanto diturbante, subito dopo è una bellissima donna in procinto di uscire per unaserata mondana. E’ come se in quella sua abilità ci fosse qualcosa dimagico, di misterioso, di sovrannaturale. Non c’è fisionomia che nonriesca ad assumere, non c’è personaggio che non riesca ad imitare; dalmafioso siciliano dei primi del secolo con l’immancabile coppola al grande
James Bond nel suo ineccepibile smoking nero, il tutto condito con la suaimpareggiabile ironia.Ma ora non è più tempo per gli scherzi; schioccate le dita l’uomo dai millevolti scompare in una nuvoletta di fumo per ricomparire subito dopo neipanni di un elegante e raffinato playboy dell’alta società.
Bob è soddisfatto, le sue dita non hanno perso il loro tocco magico. Ora
tutto è pronto; tremate Russi: Bob sta arrivando.
BOB ALL'ATTACCO
Fedele agli ordini impartiti, Bob Marshall procede all'espugnazione del
palazzo-bunker in cui la perfida mano sovietica ha rinchiuso il suo leale
collega. Vestito di un'anonima giacca di panno, lo “scuzzetto” di lana in
tinta calzato fin sopra le orecchie, si avvicina guardingo alla sponda del
fiume di Tura: fiume che, nel punto sapientemente scelto dall'eroe per il
guado, appare poco più di una miserevole pescolla, ma che in tratti
diversi del suo corso ha certamente l'aspetto di un fossato lutulento e
insidioso, sul cui letto strisciano immonde creature mordaci.
Sfidando il fango e le sabbie mobili con cui l'impervia natura del luogo
difende l'antica fortezza zarista, Marshall raggiunge la riva opposta del
fiume, ma, come chi sa per consumata esperienza quanto sia rischioso
abbandonarsi in missione a prematuri slanci di ottimismo, continua a
incedere tra mille prudenze, limitandosi a scalciare qualche tocco di zélla
dal carrarmato dei suoi rudi scarponi.
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Penetrato nei sotterranei del palazzo attraverso il segretissimo
passaggio secondario indicatogli da Andrix, Marshall si trova alle prese
con un dedalo intricatissimo di corridoi, camminamenti, anditi, anfratti,
cunicoli e diramazioni nella cui labirintica planimetria sembra riflettersi lastessa perversione del potere nemico. Auscultando con fine sesto senso
ogni porta, ogni accesso laterale dei grigi corridoi, rischiando la follia
nell'eterno ripercorrere i medesimi bracci del tortuosissimo groviglio
architettonico, l'agente riesce infine a scovare una via, una via che
riducendosi in un angusto camminamento cieco termina a ridosso di una
paratia d'acciaio. Vi si accosta con passo felpato, perché lì dietro, ne è
sicuro, è segregato il suo amico.
LA TORTURA
Al centro della squallida stanza dalle pareti imbiancate campeggiano
orrendi strumenti di tortura, tra cui un “sarracco” e un “serricchio”
appoggiati a un ceppo d'albero, ceppo d'albero che reca esso stesso i segni
di qualche incontrollato accesso di brutalità. A ridosso del muro di fondo,seduto su una panca, con una pesante palla al piede e i polsi incatenati
alla parete, giace stremato l'agente X2: il volto pesto e la maglietta lacera
lasciano intuire le inumane sevizie cui già è stato sottoposto. Ma il peggio
deve ancora arrivare.
Come una bestia feroce che ha fiutato l'odore del sangue e già pregusta
lo scempio della preda ferita, entra nella stanza Volkov Adrian Markovich
Fedor Grigor'evich, lo spietato torturatore del K.G.B. deviato.
Ha il volto prognato e il cranio piriforme del degenerato, la postura
cifotica del subumano che ha trascorso forse l'intera esistenza nel chiuso
delle segrete nutrendosi soltanto del dolore altrui. La calzamaglia
aderente di lycra, tenuta su da un paio di bretelle nere, e lo sguardo
lascivo vomitato dagli occhi abbottati sono segni inequivocabili di una
sessualità conculcata.
- Bene - esordisce insinuante, avvicinandosi a Somersault e incombendogli
sul viso, - ci rivediamo signor X2, americano ! - E dà appena un assaggio
della sua cieca violenza lasciando partire una gragnuola di pugni al
torace. La sua voce di maniaco è strisciante.
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- Allora ? Non lo sai che chi fa la spia non è figlio di Maria ? Eh ? Ho
conosciuto tuo zio Carter, Regan... e allora ? Adesso.... aspetta. Adesso ti
darò tante di quelle botte che te la farai sotto, per cui ti metto la padella. -
Queste parole, che gettano una luce sinistra su un vissuto lancinante fattodi repressioni clericali, di umiliazioni infantili e di una abominevoleignoranza in fatto di politica, gettano X2 nel terrore più fondo; ma l'eroicopaladino della libertà occidentale non cede, e benché esausto, tenta direagire quando Volkov, ghignando, gli infila la padella sotto il sedere e glirifila un'altra dose di pugni.
La reazione, tuttavia, non fa che attizzare il sadismo di Volkov – Bene !
Reagisci ? Ma non lo sai chi sono io, eh? Adesso lo sentirai tra poco.
Iniziamo con questa bevanda che ti farà calmare un pochetto... -
Più che le minacce esplicite sono adesso le inumane costruzioni logico-sintattiche del carnefice (sintomo di una fanciullezza negata all'istruzione)
a spaventare X2. Con le movenze rallentate del sado-masochista efferato
Volkov appresta un mefitico intruglio in un boccione corredato di imbuto,
e, sferrando un sinistro al fegato con tanto di urlo ferino – UAH ! -,
obbliga X2 a bere - Bevi, apri la bocca! Buonissima, eh ? -
Poi, guardando la bottiglia con un ghigno soddisfatto, rimette da parte
l'intruglio.
- Com'è ? Com'è ? - domanda sarcastico mentre mena un'altra raffica dipugni.
Sempre più divertito prosegue - Vediamo che cosa posso provare... La
sega ! - e alza il dito come chi ha avuto un'idea brillante.
- Cominciamo dalle parti basse ? Ah, stai fermo ! -
E con la sega, oggetto che risveglia prepotentemente nella sua mente
malata i ricordi tormentati delle sue frustrazioni sessuali, si accanisce
malignamente sulle gambe della vittima producendo uno stridore
agghiacciante di ossa limate.
X2 grida penosamente.Allora Volkov posa la sega e prende un paio di molle da caminetto. Nelgesto si staglia il profilo camuso del subnormale, distorto in una smorfiadeforme dal suo ghigno satanico persistente.Quindi, cattivo come una suocera e frustrato come una vecchia zitella,acchiappa con le molle il naso di X2 e lo torce tra le urla disperate dellavittima, rivivendo così in maniera morbosa gli incubi della sua sessualitàtarpata - Muori, soffri, godi, troia ! - gli urla infatti in faccia raggiungendouna parvenza d'orgasmo.
L'agente X2, pur sfinito, tenta le estreme, deboli reazioni.
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- Stai fermo - ordina Volkov svociato - stai fermo, stai fermo ho detto. Non
lo sai che sono Volkov Adrian Markovich Fedor Grigo'evich? Sai chi sono
io ? Hai sentito chi sono, maledetto americano bastardo ? -
X2 ha sentito, anche se il suo nemico si è impiccato nel pronunciare ilproprio nome, e questa affermazione di sé, fatta con frasi sconnesse elogicamente incoerenti sputate in faccia da vicino, suscita l'eroico orgoglionazionale di X2.
- Sporchi russi.... - sussurra l'agente.
Nella mente binaria di Volkov, la crudeltà si rinfocola con l'odio
partigiano instillato dal sistema.
- Sporchi russi ?!?!? - ripete minaccioso e, deposte le molle, inizia a
frustare selvaggiamente la vittima con un tralcio di salice.
- Adesso - prosegue tronfio impugnando un falcetto da contadino - ti
lancerò… ehm… lascerò un po' di incisioni, un po' di stemmi russi,
maledetto carteriano.- E trafigge cruentemente X2 all'addome.
L'americano urla come un ossesso e, finalmente, sviene. Volkov rimette a
terra il falcetto col suo ghigno irremovibile da apoplettico e, maligno come
un nano, frusta ancora X2. Poi posa anche la frusta. Si vede che è stanco.
Il delirio orgiastico si sta esaurendo nella vuota quiescenza dello
schizofrenico. Forse infierire su un corpo insensibile non gli dà gusto.
Spicca dal muro una delle manette e adagia X2 sulla panca.Ma qualcosa nei recessi della sua anima inquieta lo pungola ancora.
- Vediamo se finge - insinua con perversione. Torce il naso a X2 con un
lungo paio di tenaglie: X2 in un attimo di semi-coscienza reagisce con un
calcione a gambe unite chiaramente mirante ai coglioni, al che Volkov,
felice dell'occasione offertagli, lo frusta di nuovo, e di nuovo gli tormenta
l'addome con la sega.
Poi si aggira incerto per la stanza, quasi rammaricato di aver quasi
esaurito le proprie risorse.- Vediamo un po' che cos'altro posso prendere. Maledetto carteriano... -
Afferra un punteruolo dalla lunga immanicatura in legno di abete, lo
ammira rapito, nuovamente avido di sangue, e con esso infligge dei colpi
atroci all'addome dell'agente.
- Un altro po' di bevanda, eh ? Ci mettiamo anche questi sementi. –
Prende la bottiglia precedentemente accantonata e arricchisce il liquame
con della misteriosa granaglia; agita il composto con perizia alchimistica e
dà nuovamente di piglio all'imbuto.
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- Bevi - intima al malcapitato - stai fermo ! Come sono ? -
Senza attendere risposta, torna a posare la bottiglia con aperta
soddisfazione per la propria ferocia.
- Perché volevi... - Si interrompe e, tanto per gradire, dà ancora un po' dibòtte, poi prosegue.
- ...volevi rubare la formula, eh? - domanda incombendo, brutto e odioso,
sul povero cristo. Naturalmente il riferimento alla giustificazione politica
del suo operato è solo un atomo senza senso che rotola nel buio cosmico
della sua psiche malata. Il vero movente rimane la sua inesausta sete di
sangue.
- Ti sei intrufolato ne le..... stai fermo. No reagire…-
Scarica un'ultima salva di scudisciate sull'ormai flagellato X2; quindi gettavia la frusta. L'opera può dirsi compiuta: rimirando pago le proprie mani
di boia con gli occhi divergenti del maniaco, esce in dissolvenza di scena,
brutto come il debito e perfido come un demonio.
Ancora una volta il male ha trionfato.
LIBERTA'
Quando Bob Marshall entra nella stanza del martirio, Volkov ha appenaterminato il suo scempio ed è andato altrove a cullare la sua gioiaperversa.
- John ! - esclama Bob sconvolto nel vedere l'amico devastato, riverso
quasi esanime sul palancato di legno.
- Basta, basta ! - grida X2 credendo, nel suo stato confusionale, che
l'incubo stia per ricominciare.
Bob lo chiama ancora, cercando di rianimarlo - John ! -Ma l'agente rimane sotto l'effetto del terribile trauma - Basta, basta ! -
continua a implorare verso quello che crede essere il suo carnefice.
- John.. sono Bob, John… - insiste l'altro scuotendolo.
Finalmente il suono della voce amica riesce a sottrarre X2 alle ragnatele
della sua allucinazione: - Bob, grazie a Dio ! -
- Ti hanno conciato piuttosto male vedo. - osserva Bob con virile distacco
mentre aiuta il compagno a liberarsi i polsi.In quella, richiamato dal confabulare dei due agenti, il sanguinario Volkovrientra nella stanza e, armato di un'ascia (attrezzo inedito che nel
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frattempo si è procurato per rimpolpare il suo sempre più variegatostrumentario di orrori), si avventa proditoriamente su Bob Marshall.
- Attento ! - lo ammonisce l'amico salvandogli così la vita (debito che Bob
sarà più tardi pronto a saldare): voltatosi con rapidità felina, Bob riesce adintercettare l'offensiva del sanguinario ma alquanto goffo Volkov,
parandone il mortale fendente e respingendolo con un gancio alla
mascella.
Per qualche interminabile secondo i due nemici, polarmente opposti da
un abissale divario ideologico e morale, si affrontano incerti sul da farsi;
quindi Bob, evidentemente ritenendo che il suo avversario, vuoi per lo
stordimento vuoi per l'accesso di un'improvvisa crisi catatonica, sia
quanto basta fuori gioco, torna a sciogliere le manette di Somersault.
- Finiscilo ! - intima con voce impietosa X2.
- Non c’è tempo - risponde K2 mostrando una poco saggia precipitazione,
dovuta forse ad un leggero insinuarsi del panico nel suo animo di soldato.
Volkov, ripresosi dalla sua momentanea impasse, torna improvvisamente
alla carica brandendo l'accetta.
- Finiscilo ! - urla nuovamente X2, stavolta con perentoria decisione.Con abile tecnica difensiva Bob respinge nuovamente l'attacco:scaraventato violentemente verso il muro, il bieco torturatore perde
l'equilibrio e, cadendo di peso su uno dei suoi più acuminati arnesi dasevizia, si procura una ferita letale.
Bob lo osserva incredulo mentre si accascia esanime nella pozza del suo
stesso sangue, sbigottito che per una qualche forma di altissima giustizia
siano state le stesse armi della sua crudeltà a decretarne la fine,
risparmiando all'eroe giusto e positivo il compito di sporcarsi le mani con
un essere così abbietto.
- Oh! E' morto ! - osserva interdetto.
- Bastardo ! -
- E’ morto ! Oh… Ooohh… è morto ! - ribadisce Bob decisamente sorpreso
dalla spontaneità di quella auto-eliminazione. X2, colmo d'odio, non
spreca invece la minima attenzione per la morte, sia pur singolare, del
verme che lo ha straziato.
- Ma come hanno fatto a prenderti ? - domanda Bob tornando finalmente
ad occuparsi di questioni pratiche e finendo di liberare X2 dai ceppi.
- E’ una lunga storia, dopo ti racconterò. -
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Seppellendo la sua legittima curiosità sotto l'impellenza del momento,Bob Marshall solleva di peso l'amico malconcio, e traboccante di eroicarisolutezza yankee, gli sussurra uscendo dalla sordida prigione - Vieni
John, torniamo a casa ! -
LA FUGA
Bob Marshall e l'agente Somersault, ripresosi a tempo di record daltremendo shock e già rivestitosi di tutto punto, sono all'esterno dellafortezza. Con loro c'è Susan, anche lei coraggiosamente sopravvissuta agliabusi dell'infido Kemal. Il pillolone, sottratto alle brame degli scienziatisovietici e ora custodito amorevolmente da Susan, è vistosamentecresciuto in diametro e spessore rispetto al momento della sua creazione,ma per i tre fuggitivi questo è, al momento, l'ultimo dei problemi.
Con il salvataggio dei due compagni e con il recupero del pillolone la
missione di Bob sembrerebbe infatti felicemente conclusa, eppure
qualcosa è andato storto: forse qualcuno ha scoperto anzitempo il
cadavere di Volkov riverso nella sua officina di strazi, forse il ricercatore
di turno ha rilevato la scomparsa del pillolone e ha sùbito messo il
palazzo in allarme. Qualunque sia stato il rovescio con cui la sorte hadeciso di farsi beffa del loro piano, ora i tre agenti trovano l'intero corpo di
vigilanza del castello di Tura ad attenderli al varco.
- Presto !! - sta ancora incitando Bob quando gli scagnozzi nemici, armi in
pugno, piombano su di loro da un'altura.
- Fermo o sparo - intima il capo della guarnigione spianando il revolver -
vi abbiamo presi maledetti !-Ma i nostri non sono tipi da arrendersi tanto facilmente. Gettatisi al riparodi un muretto, aprono impavidamente il fuoco contro gli agenti russi. I
russi rispondono con prontezza. In pochi istanti è un'orgia di proiettili chefendono l'aria, esplosi da entrambe le parti con colpi ovattati attraverso isilenziatori delle armi automatiche. In tre contro decine di uomini, Bob,Somersault e Susan sanno di non poter reggere a lungo, e strisciandolungo il muro cercano scampo nella fuga attraverso le lande circostanti.La guarnigione sovietica si getta al loro inseguimento: in testa c'è il capodel K.G.B. in persona, cui fa seguito un gruppo eterogeneo di vociantiagenti speciali, evidentemente messi in subbuglio dalla inattesa tenaciacon cui i tre americani resistono alla loro offensiva.
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Il segreto del prof. Von Braun 38_______________________________________________________________________________
A una certa distanza dal gruppo, col passo felpato e l'aria vigile della
spia che lavora da sola, il viscido Kemal batte la tundra con metodo,
deciso a scovare i fuggiaschi senza dover condividere con altri il merito
della cattura e soprattutto la gioia dell'uccisione. Cappotto di pelle eocchiali scuri sul viso, scruta gli orizzonti da sotto la tesa del suo cappello
da gangster.
I tre agenti vendono cara le pelle: hanno il fiato dei Russi sul collo e il
piombo nemico che sibila a un passo da loro mentre la ghenga
schiamazzante li insegue da presso.
A una certa distanza dal gruppo, gli occhi due scanner e il naso da
segugio, lo spregevole Kemal occhieggia da sotto la falda del suo
sombrero in cerca di vendetta.Il cuore degli agenti americani comincia a picchiare nella disperazionedella fuga senza quartiere, mentre i Russi, in una ridda di gridaincomprensibili, guadagnano terreno.
A una certa distanza dal gruppo, con passo felino e il sesto senso allo
spasimo, lo schifoso Kemal dardeggia lampi d'odio da dietro gli occhiali
da sole e da sotto il lembo rigido del suo cappello da esploratore.Schermandosi il capo con le mani nel tentativo irrazionale di deviare lemicidiali pallottole sovietiche, i nostri continuano a correre sull'arido
suolo siberiano, e sempre più vicini, sempre più inutilmente clamorosi, iRussi macinano la campagna.
A una certa distanza dal gruppo, fiammeggiante di rancore e di
ambizione, il turpe Kemal si aggira quatto con in testa la sua bombetta
nera.
Finalmente, con abile diversione, gli agenti americani riescono a
stravolgere la situazione comparendo a sorpresa alle spalle dei loro
inseguitori. C'è solo il tempo per un colpo di pistola ben mirato,
dopodiché i russi realizzano il paradosso della loro posizione e invertono
la marcia tornando a inseguire gli avversari come Cristo comanda. Ma il
disorientamento ha già perturbato la geometrica organizzazione della
guarnigione nemica: ben presto gli agenti sovietici devono arrendersi alla
cocente evidenza di essere stati seminati.
- Ce l’abbiamo fatta - sospira Bob. Lui e i suoi sono riusciti a depistare i
russi e la salvezza è ormai a portata di mano. La Cinquecento di
Somersault li attende tutti e tre per un felice rientro alla base.
Anche X2 apre il cuore alla soddisfazione per il buon esito dell'impresa ed
esclama – Vai ! -
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Ma ecco che lo sportello della Cinquecento si apre e, con movenzaplateale, dall'abitacolo esce Kemal: il suo personale metodo di ricerca haprevalso su tutti gli sforzi elusivi dei nostri e sulle capacità tattiche deisuoi pur addestratissimi compagni.
- Pensavate di farcela – sogghigna - ma io sono troppo furbo ! Vi ucciderò
tutti, cominciando da lui ! -La tragedia si consuma in poche frazioni di secondo: Kemal punta lapistola contro X2, suo nemico giurato, ed esplode un colpo. Somersault èparalizzato dalla sorpresa, ma Susan, mossa a un intervento disperato dalsuo profondo amore per l'agente, grida – NO ! - e si pone sulla traiettoriadel proiettile restandone mortalmente colpita.
X2 è sconvolto mentre Susan, a cui deve la vita, gli scivola esanime tra le
braccia, e mentre Bob, sfoderata l'arma, fredda a sua volta il curdo
maledetto.
Sulle note di "Take my breath away" dei Berlin, Kemal si accascia
lentamente dietro lo sportello della Cinquecento, dando l'estremo addio
alla sua vita da reprobo irredento con la perfida gioia di aver trascinato
qualcuno all'inferno con sé.
X2 guarda impietrito Susan pregando che tutto questo non sia vero e
sussurrando incredulo - No... - Intanto all'orizzonte ricompare il manipolo
degli agenti russi.
- Su, John ! - grida Bob pieno di realismo strattonando il compagno, anchese il suo cuore è dilaniato dalla scena commovente dell'amico che assiste
in lacrime alla morte del suo amore - John, ormai stanno arrivando.
Presto, muoviti …John !!! -Somersault sembra ormai disinteressato all'incolumità personale, e pensasolo a Susan, spoglia inanimata in cui ravvisa ancora il riflessoevanescente della sua segreta passione -Portiamola via. -
- No, non possiamo - gli urla Bob cercando di trascinarlo via - non c’è più
tempo, sbrigati. -
E improvvisamente una morsa di dolore gli avvinghia una gamba.
Evidentemente è stato raggiunto da una pallottola nemica – AAAH !!!! –
geme - devo essere ferito. Scappa tu, scappa, scappa. Ti copro le spalle ! -
E offrendo generosamente la propria vita per salvare l'amico si asserraglia
a ridosso di un muro aprendo il fuoco contro i nemici sempre più vicini.
Somersault raccoglie il pillolone e sale in macchina facendo appello a tutto
il suo coraggio: già sa che una parte del suo cuore resterà per sempre lì,
sull'asfalto di quella strada dell'entroterra sovietico dove l'unica donna
che abbia mai amato scolora lentamente in una pozza di sangue.
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- John scappa ! - grida Bob nella speranza che lo sbigottimento dell'amico
non renda vano almeno questo suo estremo, eroico gesto.
- Bob, vieni ! - dice Somersault avviando il motore.
- No ti copro ! -A questo punto X2 capisce che è tutto finito. Blinda la sua anima straziata
alle voci imploranti della propria umanità che vorrebbero resuscitare
Susan, che vorrebbero salvare Bob a qualsiasi prezzo. Ricorda la fedeltà
giurata alla bandiera e alla sicurezza nazionale: la formula che ha in tasca
e la misteriosa pillola recuperata dalle grinfie del comunismo reale sono
ben più importanti per il mondo di quanto non lo siano i suoi sentimenti
individuali.
Ingrana la marcia e parte alla volta dell'occidente divorando la stradasotto le raffiche dei nemici ormai giunti a pochi passi da lui.
C.I.A. 5
Il ritmico tamburellare della ormai consunta palla da baseball risuona
tra le pareti dell’ufficio. Billy è teso, nervoso, preoccupato per la sorte deisuoi agenti dei quali non ha più notizie da diversi giorni; da quando anche
Bob è partito.
Improvvisamente, mentre tristi presagi cominciano ad affacciarsi nella
mente del capo della C.I.A., la porta si apre mostrando un’enorme pillola
trascinata a fatica dall’agente X2.
- Somersault! Som… - Esclama Andrix sorpreso, ma non di meno felice,
nel vedere il suo uomo sano e salvo.
John attraversa carponi la soglia; è stremato dal lungo viaggio; da
quando ha lasciato il bunker sotterraneo del KGB non si è concesso un
attimo di riposo. Era di fondamentale importanza consegnare la pillola e
la formula il più presto possibile ai cervelloni della scientifica per
effettuare tutte le analisi necessarie. La pillola stava infatti rapidamente
mutando, aumentando di dimensioni. Evidentemente gli scienziati russi
dovevano aver sbagliato qualcosa, interpretato male i caotici appunti del
professor Von Braun, perché ora la pillola era più simile ad una ruota di
carro che a una pasticca; inoltre il profumo di pizza che spandeva per
tutto l’abitacolo aveva qualcosa di inquietante.
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- Capo, ce l’ho fatta ! – Si affretta a dire John dopo aver accuratamente
poggiato a terra il pillolone.
Per nulla meravigliato da quella mostruosa visione, solo ora Billy si rende
conto che John è solo. – Somersault… gli altri ? – chiede dunquepreoccupato per la sorte degli altri agenti.
- Non ce l’hanno fatta ! –
- No !! – Esclama il capo sconvolto.
- Susan è morta poca prima di entrare in macchina… -
- No, no.. – Billy Andrix è sempre più confuso.
- …Bob era ferito e ha preferito coprirmi le spalle. –
Billy, che ha ormai accusato il colpo, si accascia sulla poltrona portandosi
le mani al volto nell’estremo tentativo di arginare le lacrime che uscirannoda un momento all’altro. Mai avrebbe immaginato che due dei suoi
migliori elementi non avrebbero fatto ritorno a casa da una missione. - Se
ne vanno sempre i migliori ! – mormora poi, ormai sconsolato. Non è più
la granitica figura che era una volta, un esempio per tutti gli agenti. La sua
ferma determinazione, il suo coraggio, la sua spavalderia sono scomparsi,
crollati sotto i colpi degli ultimi avvenimenti. Ora più che mai vorrebbe
non aver mai mandato i suoi uomini in quella maledetta missione.
- Comunque, capo, per fortuna ho con me la formula – cerca di cambiareargomento l’agente Somersault temendo che il suo capo non regga alla
tensione accumulata.
Billy Andrix allunga la mano per prendere il foglietto che nel frattempo
John si è tolto di tasca. – Ah, almeno… - Mormora con poca convinzione
osservandolo attentamente, rigirandolo più volte su se stesso come se non
riuscisse a decifrare le scritte e i simboli che vi sono riportati. Poi sempre
più scettico, cercando conferma dal suo agente: – Ma sei sicuro ? –
- Sì ! – Ribatte John tornando con la memoria al momento della fuga. –
L’ho presa dal laboratorio… -
- …dei russi. – lo interrompe il capo scrutando con attenzione quel
foglietto tutto spiegazzato.
- Scì.. ! – John sa che non possono esserci errori; la formula deve
assolutamente essere quella. Billy però, per nulla rinfrancato da
quest’ultima assicurazione, continua ad esaminare la formula. – Ma… mi
sembra la lista di una spesa ! -
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I due si guardano in faccia per un istante; poi, all’unisono, si girano
verso il pillolone come folgorati da un’illuminazione divina : - NO ! Tutto
questo per una lista di spesa !!! –
- Susan… -- … e Bob ! -
Ormai non ci sono più dubbi; quella che il K.G.B. ha sottratto non è la
vera formula del professor Von Braun ma la sua lista della spesa.
Evidentemente Kemal Taskesen nella fretta di compiere il suo sporco
lavoro si è confuso, scambiando il promemoria del professore per la sua
formula. O forse più semplicemente la formula non era neanche sul tavolo
quando il curdo maledetto è entrato nella stanza; probabilmente Von
Braun l’ha dimenticata nel suo studio come sempre più spesso gli capitavacon le cose importanti.
I due uomini sono rimasti senza parole. Questa scoperta li ha lasciati
basiti, confusi; in un attimo gli scorrono davanti gli ultimi drammatici
avvenimenti. Vorrebbero poter fare qualcosa, tornare indietro nel tempo,
ma ormai è troppo tardi. John sa che niente gli ridarà la sua Susan.
Poi qualcosa lo distrae dai suoi tristi pensieri; la sua missione non è
ancora conclusa. Con un balzo si precipita fuori dall’ufficio, come se
avesse scordato qualcosa di vitale importanza. – Capo ho una cosa per lei,gliel’avevo promesso… - fa rientrando subito dopo con una chitarra al
collo. - … la chitarra dalla Russia !! – Pur in quei concitati momenti John
non aveva scordato la sua promessa ed ora, con il sorriso sulle labbra,
aspettava la sua ricompensa.
Billy alla vista della chitarra diventa pallido, lo sguardo gli si fa fisso
nel vuoto, una valanga di tic lo assale : - la chitarra… …la chitarra… …la
chitarra… - continua a balbettare mentre, ormai preda di una fortissima
crisi isterica, esce saltellando dall’ufficio, lasciando X2 nella sua triste
solitudine.
EPILOGO
Sono passati alcuni mesi dai fatti di Russia, quei fatti così difficili dadimenticare. Seduto al tavolo del locale con aria assorta, la cravatta scuratrasandatamente allentata e le maniche della camicia arrotolate sui polsi,Somersault è un uomo distrutto. Dietro le lenti dei Rayban nasconde gli
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occhi gonfi d'alcool e di lacrime versate. Il dolore per la morte di Susan,per la sorte incerta del suo carissimo amico pulsa ancora acerbo nelprofondo del suo cuore, come lo spasimo di una frattura insanabile cheimpedirà per sempre il suo futuro cammino.
- Cameriere un’altra! - ordina versandosi il fondo dell'ennesima birra
mentre una musica soffusa circola nella stanza.Dall'ingresso risuona un lento calpestare di zoccoli, ed ecco che entra nellocale un hippy sciattissimo nelle sue calzature da spiaggia, nel suovariopinto camicione di lana, nei suoi lunghi capelli spettinati. Ha unachitarra poggiata sulla spalla.
Ha una palla da baseball bisunta da far rimbalzare per gioco sul
pavimento.
Attraversa il locale con incedere strascicato, con lo sguardo assente di chi
ha perso il contatto con il mondo reale.E' quella palla da baseball, il tamburellare così familiare di quella lerciapalla da baseball a catturare l'attenzione di Somersault. L'ex-agente scrutal'individuo da sopra gli occhiali e, incredulo, lo riconosce.
- Capo! -
Ma l'estraneo rotea la testa in vano, sospeso nel suo limbo di narcosi.
- Capo! Capo! - insiste Somersault.
Finalmente quello che un tempo era stato il brillante comandante dei
servizi segreti americani recupera un barlume di coscienza. - Somersault!-.- Capo, come si è ridotto? -
- Eh, è una lunga storia! Sai, mi scambiavate sempre per Jimmy Hendrix,
tutti mi scambiavano sempre per Jimmy Hendrix, ma io ero Billy
Andrix…. -
Somersault è colmo di pietà: - Prego si sieda -.
- La ringrazio, Somersault -.
- Questo posto doveva essere di Susan… -
- Eh, certo... - commenta Andrix sedendosi - Sai, ti dicevo, sono impazzito
per questo, mi scambiavate tutti, non sapevo nulla di musica… Adesso
invece, ritiratomi dal lavoro…-. Accenna uno sgangherato accordo di
chitarra.
- Non si preoccupi - tenta di rincuorarlo Somersault - Anch’io... -
- Il nostro lavoro crudele…-
- Non ne voglio più sapere di questa storia - taglia corto Somersault, al
quale il solo ricordo della militanza presso la C.I.A. rinfocola tremende
sofferenze.
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- ...pieno di morti… - continua Andrix perso nella vacuità della sua mente
lesa. - Eh certo, ti dicevo, guarda, adesso suono veramente la chitarra… Sì,
è proprio quella che mi hai portato tu dalla Russia… -
- Almeno qualcosa è rimasto - osserva Somersault con un sorriso amaro.- Eh, certo... - commenta per l'ennesima volta l'altro.
- Comunque con il pillolone abbiamo risolto molti problemi. -
- Sì? Ma... -
- La fame nel mondo... -
- Sì? -
- Sì! -
- La fame nel mondo?! - domanda Billy sorpreso in cerca di maggiori
ragguagli.- Continua a crescere, il pillolone. Sa di pizza! -
- Oh, certo. -
- Continua a diventare sempre più grande ! -
- Eh, ma almeno abbiamo fatto una buona azione. Sai, fare buone azioni è
una gran cosa. Lo diceva sempre lu compare meu! -
- Ha proprio ragione - commenta Somersault colpito dalla puntualità di
questa citazione di saggezza popolare. Poi un dubbio lo investe
irresistibilmente: - Ma… capo…-- Sì? -
- Ma…- fa per dire Somersault.
- Non mi chiamare più capo, Somersault... - inteviene l'altro - ehm... non lo
posso più sentire. Chiamami semplicemente Billy. -
- Billy, ma... il compare suo e il Padrino… sono la stessa cosa? -
Un incredibile colpo di scena fornisce la risposta all'inquietante
interrogativo posto dall'ex-agente: all'improvviso un lampo di luce dal
sapore epifanico inonda la stanza. La figura che sino ad allora era rimasta
nascosta dietro un giornale in un angolo del locale si rivela allo sguardo
dei due nelle sembianze del Padrino parte 1°. Non si sa chi sia veramente.
La possibilità che si tratti di Bob redivivo resta sospesa nell'atmosfera
congelata del pub, come l'istante interminabile di un contraccolpo sistolico
nel petto dei protagonisti. D’altra parte il rimpianto agente K2 era o non
era l’uomo dai mille volti?Deposto con cura il quotidiano, scolpito dalla luce radente della sua auradi mistero, il fantomatico personaggio snocciola con inconfondibile
accento siculo e con la voce abrasiva del memorabile Marlon Brando di
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Coppola la sua somma verità; una verità nel cui alto valore metaforico John e Billy cercheranno per sempre il significato ultimo delle loroesistenze spezzate:
- Il Padrino… sono solo io! -
E mentre i tre eroi campeggiano grandiosi sulla scena, muti
protagonisti di un evento-simbolo che trascende la loro funzione narrativa
sconfinando nel metalinguismo filmico, la colonna sonora del film "Il
padrino" congeda l'avventura e le sue maschere, trascorrendo indolore
nella sigla di coda.
FINE
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Non Commerciale-Non Opere Derivate.Per il testo integrale della licenza si veda:
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