LA GLOBALIZZAZIONE INSOSTENIBILE:
IL DIVARIO NORD SUD DEL MONDO Materiali di riflessione
Selezione di materiali dal web_Prof.ssa Cristina Galizia
www.arringo.wordpress.com
Il Sud, tra problemi ambientali e
problemi economici
Problemi ambientali
Siccità
Molte aree ai limiti dei deserti sono soggette a periodi di
siccità anche prolungati, che fanno calare drasticamente la
produzione agricola, insufficiente per sfamare tutta la
popolazione
Percentuale di popolazione che ha accesso all'acqua potabile.
Fonte: WHO / UNICEF Joint Monitoring Programme (JMP) for Water
Supply and Sanitation
Esaurimento terreno:
desertificazione
In alcune regioni le aree vengono coltivate usando l’acqua
presa da pozzi che, non più riforniti dalle piogge, si
esauriscono in breve tempo lasciando il territorio deserto .In
molte zone, la poca erba che riesce a crescere viene distrutta
dal bestiame, lasciando il terreno nudo.
Problemi indotti da politiche
economiche
Iniqua spartizione delle risorse
alimentari
Alcuni paesi hanno risorse in abbondanza o, in ogni
caso,i mezzi economici per procurarsele, mentre altri
mancano sia di prodotti agricoli sia di mezzi economici
per comprarli.Questo porta in molti casi a sprechi di
alimenti:il costo dei trasporti e il calo dei prezzi a volte
non rendono conveniente neppure la raccolta della
produzione agricola.
Monocoltura per l’esportazione
In molte nazioni arretrate, a fianco di zone agricole rimaste a
livello di sussistenza, sono state create vaste piantagioni con
coltivazioni a monocoltura altamente meccanizzate destinate
all’esportazione, che nella maggior parte dei casi sfruttano
troppo il terreno, mentre non contribuiscono a soddisfare il
fabbisogno locale.
Monocoltura di
zucchero in
Brasile
Monocoltura di ananas, olio di
palma e tek (legno) nel Benin,
Golfo della Guinea, Africa
Il sottosviluppo: gli indicatori
Quando parliamo di sottosviluppo intendiamo riferirci a una condizione di
povertà, di arretratezza e di miseria, talora estreme. Esiste il problema di
quantificare il fenomeno attraverso dati precisi da confrontare tra loro.
Per avere una radiografia ampia delle condizioni sociali ed economiche di uno
Stato dal 1990 il Programma per lo sviluppo dell’ ONU ( UNDP, United Nations
Development Program ) ha elaborato un indicatore di sviluppo combinando tre
dati:
- il livello di salute, rappresentate dalla speranza di vita alla nascita;
- il livello di istruzione, basato sul grado di alfabetizzazione;
-il livello di reddito, calcolato sul PIL ( Prodotto Interno Lordo ) pro capite.
I dati vengono elaborati in un unico indicatore, l’ ISU , rappresentato da un
numero, in base al quale si può redigere una classifica tra :
•Paesi a sviluppo umano molto elevato ( ISU superiore a 0,900)
•Paesi a sviluppo umano medio-alto, (ISU da 0,899 a 0,750 )
•Paesi a sviluppo umano medio-basso, (ISU da 0,749 a 0,331)
•Paesi a sviluppo umano molto basso, ( ISU al di sotto di 0,331)
• Cause di tipo naturale come le difficoltà del clima, della morfologia e la scarsa qualità dei suoli, che impediscono il passaggio da un’agricoltura di pura sussistenza a un’agricoltura commerciale;
• l’influenza di alcuni modelli culturali e delle credenze religiose;
• un periodo più o meno lungo di dominazione coloniale da parte di una delle grandi potenze;
• scambio ineguale (forte differenza di valore economico tra ciò che i paesi poveri sono in grado di esportare, solitamente materie prime minerarie e prodotti di piantagione e ciò che devono importare) .
Le cause del divario Nord Sud
Aspetti economici del divario
Squilibrio
Dislocazione produzione delle multinazionali
Sfruttamento lavoratori
Connivenza governi del Sud
Monocolture
Indebitamento
Ricatti, assenza diritti
Mancanza agricoltura interna e di sussistenza
•Povertà
•Denutrizione
•Mancata
alfabetizzazione
•Mancanza
assistenza
sanitaria
Che cosa sono le multinazionali?
Le multinazionali sono imprese ( o
meglio società) che possiedono altre
imprese dislocate in vari Paesi del
Mondo. L’insieme di tutte le imprese
che appartengono a una stessa
multinazionale formano un GRUPPO
MULTINAZIONALE. Quando il
gruppo è molto grande si parla di
conglomerato. All’interno del gruppo
si distinguono la società proprietaria di
tutto, che si chiama “Holding” o “capo-
gruppo”
La delocalizzazione Le industrie tentano costantemente di diminuire il prezzo del lavoro. Per questo i
padroni cercano di utilizzare qualunque metodo. In questi ultimi anni molti industriali
piuttosto che rinnovare i macchinari delocalizzano, cioè trasferiscono intere industrie
in paesi in via di sviluppo, dove il costo della manodopera è più basso. È un fenomeno
già sperimentato, ma negli ultimi tempi sta assumendo nuove dimensioni. Infatti anche
paesi dove le industrie hanno delocalizzato possono delocalizzare a loro volta in paesi
ancora più poveri. Un operaio di Singapore costa un quinto di un operaio dell'Europa
occidentale; a sua volta il salario medio di un operaio di Singapore è dieci volte quello
di un operaio vietnamita.
A favorire il fenomeno della delocalizzazione hanno concorso:
•la diminuzione dei costi di trasporto (tra l'altro spesso le materie prime si
trovano proprio dove si delocalizza);
•una diminuzione delle tasse e dei dazi doganali;
•la presenza, specialmente in Asia, di una manodopera più disciplinata e
obbediente, nonché dotata di buone competenze tecniche che permettono la
delocalizzazione non solo delle lavorazioni meno qualificate, ma anche di quelle
ad alta tecnologia.
L’appalto
Accanto alla delocalizzazione, un altro metodo per trasferire
la produzione all'estero è l'appalto, cioè far produrre ad
un'altra azienda ciò che si ha in mente di vendere. Nei paesi
ricchi rimane la progettazione, la pubblicità e la vendita, in
quelli dove la manodopera costa poco si svolge la produzione
vera e propria.
Questo sistema è particolarmente usato dalle multinazionali
che producono giocattoli, abbigliamento e scarpe
Perché la delocalizzazione? Il lavoro minorile è presente quasi ovunque nel Mondo, ma perché le
multinazionali preferiscono proprio i Paesi sottosviluppati per impiantare sedi di
lavoro under-age? Quali sono le condizioni ritenute più favorevoli?
La causa principale del lavoro minorile è la povertà. Un bambino viene obbligato
a lavorare, di solito, per contribuire ad un reddito familiare misero.
Ma questo, a lungo termine, non solo non rappresenta la soluzione ad una
condizione di povertà sempre più cronica, ma addirittura abbatte lo standard
socio-culturale.
Perché i lavoratori minorenni sono sottopagati e sfruttati, perché sono costretti a
rinunciare agli studi (per motivi logistici ed economici), perché l’analfabetismo
genera analfabetismo e l’ignoranza impedirà al giovane, una volta adulto, di
difendere i propri diritti, non solo di lavoratore.
Si tratta di una specie di circolo vizioso, un loop dal quale le multinazionali
traggono vantaggi economici assoluti, non portando alcuna ricchezza nei luoghi
“ospitanti” e tarpando le ali dello sviluppo dei popoli autoctoni.
Il rovescio della medaglia della delocalizzazione: la
disoccupazione al Nord
Dal momento che le multinazionali delocalizzano al Sud,
al Nord vengono a mancare i posti di lavoro.
Disoccupazione e sfruttamento sono i rovesci della
medesima medaglia, ovvero il guadagno di pochi
La monocoltura
Negli anni ‘50 e ‘60 in molte regioni asiatiche, tra cui l’India, sono stati
introdotti modelli di produzione agricola basati sulla monocoltura,
sull’impiego massiccio di pesticidi e diserbanti e su una politica di
mercato dettata dal monopolio di poche multinazionali. Questa forma di
assoggettamento, definita ha imposto metodi di produzione intensiva in
molti territori del sud “bioimperialismo”del pianeta. .
Conseguenze della monocultura
•La realizzazione di imponenti opere idriche, promossa da alcune multinazionali
occidentali per privatizzare l’acqua ad uso agricolo e alimentare, causa ogni anno
l’allagamento di vaste aree con la conseguente scomparsa di interi ecosistemi e la
migrazione forzata di popolazioni.
•Il disboscamento di zone di foresta pluviale e la conversione alla monocoltura di
alberi a crescita veloce per il commercio del legname creano da decenni seri danni al
suolo, privato di preziosi elementi nutritivi e non più in grado di drenare le acquee
piovane, e impediscono agli indigeni di procurarsi alimenti e piante officinali per uso
medico dalle aree boschive.
•In agricoltura l’enorme diffusione di sementi geneticamente modificati, brevettati e
privatizzati, ha dato vita a estese monocolture ad alta resa per le logiche del
mercato internazionale ma assai poco resistenti e molto costose per i contadini:
all’elevato prezzo delle semenze, applicato senza modifiche al mercato americano,
africano, europeo e asiatico, si aggiungono i costi dei macchinari agricoli
indispensabili per lavorare ampi appezzamenti di terra, l’impiego di carburante fossile
per il loro utilizzo e i prodotti chimici adoperati per preservare il raccolto dall’attacco
di batteri o agenti atmosferici
Monocoltura
Debito iniziale per avviare la monocoltura: la multinazionale fa
indebitare il contadino fornendo in prestito i mezzi di produzione
Se il raccolto va bene, il contadino viene pagato, anche se con percentuali
basse
Se il raccolto va male, la multinazionale non
compra il raccolto al contadino, che non
guadagna ma mantiene il debito da saldare
Perdita della biodiversità dell’ambiente e perdita
della autonomia dei contadini
Desertificazione dovuta alla agricoltura intensiva/ Povertà, no salute, no
alfabetizzazione contadini
DANNI AMBIENTALI
Cosa paghiamo quando compriamo le scarpe?
Convertire in euro
Molti soldi alla pubblicità
Il costo del lavoro è quello che incide meno di tutti sul prezzo finale di
un paio di scarpe.
Le somme spese dalle multinazionali in pubblicità sono da capogiro.
Si ritiene che Michael Jordan guadagni 3 miliardi all’anno per
promuovere le scarpe della Nike.
Nel complesso Nike spende ogni anno dai 300 ai 500 miliardi per
pagare gli sportivi che promuovono le sue scarpe.
Infine è stato calcolato che il costo di un solo annuncio pubblicitario
lanciato in televisione da Nike o Reebok basterebbe a raddoppiare il
salario annuo di un centinaio di donne che producono scarpe in Cina o
nelle Filippine.
I prodotti: il caffè
Dove si coltiva?
Il Caffè si coltiva in Brasile, Costa D’Avorio, Colombia, Indonesia,
Etiopia,Vietnam, ma i principali esportatori si trovano in America
Latina.
In queste zone il Caffè si coltiva in due modi: in piccoli
appezzamenti non più grandi di un ettaro, o in media, grandi
piantagioni che raggiungono i mille ettari.
Ma ci sono anche altre multinazionali che forse stupisce
trovare immischiate con il caffè: PHILIP MORRIS ad
esempio che è un gigante del tabacco, o la PROTECTER &
GAMBLE che conosciamo di più per i prodotti di pulizia.
Ciò avviene perché una delle caratteristiche delle
multinazionali è la diversificazione
Leader nazionale è il gruppo torinese LAVAZZA con un
fatturato che si aggira sui 900 miliardi. Esso controlla il 48%
del mercato nazionale e il 70% dei consumi familiari.
Testimonianze Rigoberta Menchù è nata in Guatemala dove da piccola
veniva maltrattata; ha sempre lottato per i diritti del suo popolo e alcuni anni fa ha vinto il premio nobel per la pace.
“Ho lavorato fin da piccola e, anche se non guadagnavo, aiutavo però la mamma, che doveva sempre portarsi in spalla il mio fratellino mentre raccoglieva il caffè. Mi faceva pena vedere il volto di mia madre coperto di sudore, e poi non ce la faceva a completare la sua
produzione, per cui dovevo aiutarla.
Altre volte, all’età di 5 anni, badavo a mio fratello di 2 mentre
mia madre raccoglieva caffè. Quando compii 8 anni cominciai a guadagnare: mi proposero di fare una produzione di 35 libbre di caffè al giorno e per questa quantità a quel tempo
mi pagavano 20 centesimi.
Piano piano iniziai a raccogliere sempre più libbre di caffè, lavoravo come un adulto, quando raggiunsi le 70 libbre mi
pagavano 35 centesimi, mi sentivo una donna!!!”
Altre testimonianze dal Guatemala Le condizioni di lavoro sono allucinanti, i braccianti stanno nei campi 10 ore al
giorno per 7 giorni e spesso sono accompagnati dai loro figli che hanno anche meno di 10 anni.
Usano di frequente pesticidi e erbicidi molto tossici che irrorano senza alcun tipo di vestiario protettivo.
A mezzogiorno, quando è l’ora del pranzo, si siedono nei campi senza togliersi la spruzzatrice di dosso e mangiano la loro zuppa, mentre hanno le mani ancora bagnate di veleno.
Per di più l’acqua da bere e per lavarsi è conservata nei recipienti di plastica che in precedenza contenevano gli stessi prodotti chimici.
I salari sono di 50 centesimi al giorno ben al di sotto del minimo legale previsto dal governo.
I prodotti: la banana
La banana è un frutto che cresce in tutta la fascia tropicale ed equatoriale.
I maggiori produttori di banane sono: l’America centrale e meridionale, l’Asia, l’Indonesia, l’India e l’Africa.
I maggiori paesi esportatori di banane sono: l’Ecuador, il Costa Rica, l’Honduras, la Colombia, Panama, le Filippine
La banana: frutto esotico
La società che ha il monopolio dell’intermediazione fra i
contadini del Windwards e i consumatori europei è una
multinazionale minore che si chiama Geest.
Ma in tutti gli altri paesi comandano Dole, Chiquita e Del
Monte.
Esse non si limitano a comprare le banane prodotte dalle imprese
agricole locali, ma gestiscono esse stesse migliaia di ettari di
piantagioni in varie parti del mondo.
Chiquita, ad esempio, possiede circa 155.000 acri di terra in
Costa Rica, Panama, Honduras e altri 45.000 li ha in affitto.
Analisi e divisione del prezzo
• Nelle Filippine, nelle piantagioni della Del Monte, un bracciante guadagna 50 centesimi di dollaro all’ora, per un totale giornaliero di 4 dollari. Ma visto che per garantire i bisogni fondamentali ad una famiglia di 6 persone ci vogliono 7 dollari, queste famiglie, non avendo tutti questi soldi, sono costrette a vivere in povertà.
• L’orario settimanale è di 49 ore, e in caso di malattia il lavoratore ha diritto a 45 giorni di paga (se si ricovera in ospedale), altrimenti a 14 giorni, purché abbia lavorato almeno un anno nella piantagione. Il lavoratore ha diritto ad una settimana di ferie all’anno e in caso di licenziamento ad una buona uscita di due settimane, purchè abbia lavorato almeno un anno nella piantagione.
Testimonianze dalle Filippine
• Nelle Filippine migliaia di contadini sono vincolati a Dole e Del Monte attraverso la firma di particolari contratti di produzione.
• Il contratto impegna il coltivatore a produrre il tipo di banana richiesto dalle multinazionali e a non vendere a nessun altro che a loro. In cambio le multinazionali devono corrispondere un prezzo sufficiente a coprire i costi di produzione e a garantire al contadino un margine di profitto. Ma sì dà il caso che le multinazionali non tengono conto delle spese effettivamente sostenute dai contadini ma di costi teorici che esse formulano a tavolino. Per questo può succedere che i prezzi non coprono neanche le spese.
Testimonianze dal mondo per riflettere
PAKISTAN: TUTTO IL GIORNO A CUCIRE PALLONI.
LATIF HA 11 ANNI, CUCE PALLONI DA QUANDO NE AVEVA 7.
“Il lavoro minorile credo che sia vietato, ma da queste parti non conosco un
ragazzino che non lavori, ho incominciato aiutando un parente. Adesso sto sotto un
padrone, 9-10 ore al giorno a cucire palloni, a fare lo stesso lavoro mi rovino le dita
e non imparo a fare altro. I palloni che mi arrivano da cucire hanno nomi diversi,
molti li conosco, credo siano famosi in mezzo mondo; anche se io non mi interesso
di calcio… Ma tanto chi ha tempo di giocare…!”
PERÙ:
SPACCAPIETRE E MINATORI.
PEDRO HA 10 ANNI, LAVORA DALL’ANNO SCORSO PER 10 ORE AL GIORNO IN
UNA CASA DI PIETRE.
“Siamo quasi tutti i ragazzi a lavorare con martello e piccone. Ci siamo passati
la voce di questo lavoro e la mattina veniamo su in gruppo, con l’autobus per
un’ora e poi a piedi. A volte un camion ci da un passaggio. Non è un lavoro che
mi piace, faccio tanta fatica che a volte mi sento morire. Ma cos’altro posso
fare? Non ho finito neanche due anni di scuola, siamo poveri e i soldi ci
servono. Spero solo di non farmi male perché qui ci sono spesso incidenti;
comunque è meglio qui che in miniera.”
NEPAL:
TAPPETI FATTI A MANO.
“Ci sorveglia un adulto. Si accerta che lavoriamo in
continuazione. Quando si arrabbia, ci picchia con la
bacchetta; è da un anno che lavoro qui con le altre
bambine. Alcune avevano solo cinque anni quando
hanno iniziato, mangiamo e dormiamo nel laboratorio,
c’è poco spazio e l’aria è piena di polvere di lana. Per
ogni tappeto quattro bambini hanno un mese di
tempo. Il capo dice che ha prestato dei soldi ai nostri
genitori e dovremo lavorare finchè non sarà ripagato il
prestito. Ci possiamo riuscire solo se lavoriamo sedici
ore senza ammalarci. Spesso mi chiedo quanto dovrò
rimanere ancora accanto al telaio…Quando tornerò a
casa.”
Iqbal Masih
Iqbal Masih nacque nel 1983 in una famiglia molto
povera. Quando aveva cinque anni la sua famiglia si
indebitò per pagare le spese matrimoniali del
primogenito. Iqbal fu venduto dal padre e cominciò a
lavorare in condizioni di schiavitù.
Iqbal fu costretto a lavorare incatenato a un telaio per
circa quattordici ore al giorno, al salario di 1 rupia al
giorno, l'equivalente di 3 centesimi di euro attuali. Cercò
parecchie volte di sfuggire al direttore della fabbrica, che
lo puniva gettandolo in una sorta di pozzo nero quasi
senza aria, che Iqbal chiamava "la tomba". In seguito si
scoprì che, la prima volta che Iqbal cercò di scappare, il
padrone corrompendo i poliziotti se lo fece restituire.
Un giorno del 1992 uscì di nascosto dalla
fabbrica/prigione e partecipò, insieme ad altri
bambini, ad una manifestazione del Fronte di
Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF in
inglese). In quella manifestazione, che celebrava
la «Giornata della Libertà», Iqbal decise
spontaneamente di raccontare la sua storia e la
condizione di sofferenza degli altri bambini nella
fabbrica di tappeti in cui lavorava.
Gli avvocati del sindacato contribuirono a
liberarlo dal lavoro minorile e il segretario del
BLLF, Eshan Ullah Khan (che un giorno aveva
trovato il bambino rinchiuso nella cavità
sotterranea e per questo aveva fatto arrestare il
direttore della fabbrica), lo indirizzò allo studio e
all'attività in difesa dei diritti dei bambini.
Dal 1993 Iqbal cominciò così a tenere una serie di conferenze
internazionali sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale sui
diritti negati ai bambini nel suo paese e contribuendo al dibattito
sulla schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell'infanzia.
Nel dicembre del 1994 ottenne un premio di 15.000 dollari
sponsorizzato dall'azienda calzaturiera Reebok, con i quali Iqbal
avrebbe voluto finanziare una scuola nel suo paese.
In una conferenza a Stoccolma affermò che "Nessun bambino
dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici
strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano
sono penne e matite".
A causa del duro lavoro e dell'insufficienza di cibo, Iqbal non era
cresciuto correttamente: all'età di 10 anni aveva già il volto di un
vecchio e le mani rovinate per il lavoro ininterrotto cominciato
dall'infanzia; a dodici anni pesava ed era alto come un
bambino di sei
Il 16 aprile del 1995, il giorno di Pasqua, Iqbal Masih
venne assassinato mentre, nella sua città natale
Muridke,, si stava recando in bicicletta in chiesa (era
cattolico caldeo). Aveva 12 anni.
Il processo che vide imputati gli esecutori materiali
dell'omicidio non chiarì del tutto i dettagli della
vicenda, sebbene apparve certo che il suo assassinio
fosse opera di sicari della locale "mafia dei tappeti".
La polizia pakistana, molto probabilmente collusa con
tale mafia, aveva scritto nella sua relazione:
«l'assassinio deriva da una discussione tra un
contadino ed Iqbal».
Dei testimoni hanno però affermato di aver visto una
macchina dai finestrini oscurati avvicinarsi a lui
mentre era in bici e qualcuno al suo interno aprire il
fuoco contro Iqbal.
Fonti
http://www.cnms.it/index.phphttp://www.slideshare.net/gan
dolfodominici/lez08-
globalizzazionehttp://kidslink.bo.cnr.it/besta/lavoro/svilupp
o/delocaliz.htm
http://www.missionelavoro.tgcom24.it/le-multinazionali-e-
lo-sfruttamento-del-lavoro-minorile/
http://lacasadelsole.forumfree.it/?t=55010694
http://www.slideshare.net/maruzells/la-globalizzazione