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LA BUONA TAVOLA

Ecco i migliori ristoranti reggianiLa “super guida” selezionata da Prima Pagina per il 2013

La graduatoriaDalla sommatoria deigiudizi delle maggioriguide italiane e nondedicate allaristorazione tra i localidella nostra provinciaemerge una cucinareggiana senza grandinovità, tenacementelegata al territorio esenza eccessi dimodernismo.Probabilmente, propriocome la vogliono ireggiani

di SANDRO BELLEI

Ainizio d’anno non è più sol-

tanto tempo di calendari.Non mi riferisco ai cosiddetti “o-landesi”, che un tempo si appen-devano dietro la porta della cuci-na e, un foglio ogni mese, ricor-davano le scadenze di casa, ma diquelli che, per ognuno dei mesid el l’anno, propongono tornitifondo-schiena televisivi e cine-matografici. Tempo di guide,quelle gastronomiche. Sono le"bibbie" della buona tavola chepuntualmente, in questo periodo,inondano le librerie per il piaceredei buongustai, una raffinata raz-za in via d’estinzione, in cerca disuggerimenti per sedersi alle ta-vole più gettonate.

Alcune, la Michelin, l’E s p re s s o,quella dell’Accademia Italianadella Cucina, sono dei classici, at-tese come un "best seller" e pre-sentate, a Roma o Milano, con lostesso spiegamento mediaticodell'ultimo romanzo di Moccia,l’inventore del libro con annessolucchetto. Altre sono vere e pro-prie novità, i cui curatori hannocapito che una casa editrice serianon può trascurare di nutrire, ol-tre allo spirito, anche lo stomaco.Da qualche anno, sull’onda degliestemporanei successi dei con-duttori di rubriche gastronomi-che in televisione, ce n’è stata unavera e propria alluvione, che for-se ha finito per confondere i let-tori tradizionali, frastornati dagiudizi troppo diversi fra loro. Inquesti casi, infatti , il nomedell’autore conta più dei suoi pa-reri. L’aspetto più discutibile diqueste guide al piacere del cibo,tuttavia, è l’affannosa caccia allo“scoop gastrologico”, allo chefsconosciuto da lanciare sul mer-cato della tavola, che meno di al-tri ha risentito della crisi, e del ri-storante o della trattoria che fa-ranno tendenza nei prossimi 365gior ni.

Gli apocrifi “evang elisti” diqueste guide non sono quasi maid’accordo. Quest’anno, per la pri-

ma volta, i commentatori dell’E-spresso, probabilmente i più a-scoltati, premiano quasi con ilmassimo dei voti (19,75 su 20: “incucina – commentano – non esi-ste la perfezione”) il ristorantemodenese dello “chef patròn”Bottura, La Francescana, anzi-chè quello dell’o n n i pre s e n t eGianfranco Vissani, che a causadei numerosi impegni di rappre-sentanza pare stia passando lamano al figlio Luca. Non sonopiù, insomma, per ovvie ragioni,i tempi politici del risotto cucina-to in diretta da Vissani per D’A-lema nel salotto televisivo di Bru-no Vespa. Qualche tempo fa, delresto, il cuoco più rivoluzionariodel mondo, il catalano Ferran A-drià, patròn di “El Bulli” a Bar-cellona, mi ha confidato che inSpagna nessuno conosce Vissani,mentre Gualtiero Marchesi, an-che stavolta mortificato dalle gui-de dopo molti anni di fulgore as-soluto, gode ancora i favori deigourmet iberici, che apprezzanomolto i tesori della sua cucina.

Dalle nostre parti, i favori dellemaggiori guide, dopo il lungo pe-riodo dei trionfi della “clinica ga-s t ro n o m i c a ” di Arnaldo a Rubie-ra, vanno ancora una volta allostesso chef, che da molti anni è ilvanto della ristorazione cittadinae provinciale, Gianni D’A m at o,“p at r ò n ” del Rigoletto di Reggio-lo. Per avere un quadro il più com-pleto possibile della situazionedelle tavole pubbliche reggiane,ho messo a confronto ristoranti,trattorie e osterie (solo di nome enon di fatto) della città e della pro-vincia, raccogliendo dalle princi-pali guide i giudizi che di loro so-no dati con simboli diversi, "for-chette", "tempietti", "ventesimi" o“centesimi”. Questa super-classi-fica nasce dalla somma matema-tica dei punteggi che ogni risto-rante o trattoria ha ottenuto. Il si-stema per adeguare i voti espres-si in maniera diversa dalle guideè lo stesso che usa una delle piùaccreditate riviste di gastrono-mia italiana, “Civiltà del bere”.

Ne scaturisce una graduatoria at-tendibile (come potrebbe esserediversamente?) che non presentaai vertici molte novità, ma sugge-risce l'inserimento nelle primepiazze di alcuni ristoranti chehanno meritato il riconoscimen-to per la serietà e la continuitàdelle loro proposte. A leggere que-sta classifica anche superficial-mente nasce subito la considera-zione che la provincia pare abbiauna marcia in più rispetto allacittà, così come la Bassa nei con-fronti della montagna. Nei primidieci ristoranti, solo tre sono cit-tadini.

Il “Rigoletto” di Reggiolo conti-nua a giusta ragione a essere ilpiù apprezzato dalle guide, anchese quest’anno ha subito le graviconseguenze dei danni provocatidal terremoto di fine maggio. Leguide col loro consenso hanno e-spresso l’auspicio che il ristoran-te ospitato nella fascinosa VillaManfredini torni in fretta a esse-re una delle massime attrazionidella gastronomia reggiana.Gianni D’Amato, essendo blocca-to dai danni provocati dal sisma,ha portato in giro per mezza Ita-lia la sua sempre applaudita cu-cina. Quest’operazione, evidente-mente, gli ha meritato da parte ditutte le guide la fiducia che gli de-riva dalla grande professionalitàdimostrata in tanti anni. La sua èuna cucina creativa, ma che nondimentica mai di utilizzare i pro-dotti del territorio, come fa im-bandendo le tagliatelle con ragùdi tre carni o i tortelli di patatecon lardo e timo. Un servizio ac-curato, l’eleganza del luogo e lasimpatia del “p at r ò n ” sono il va-lore aggiunto di una tavola chesta rapidamente facendosi valereanche a livello nazionale. L’esem-pio di come si possa sposare latradizione con la fantasia è offer-to, ad esempio, da uno dei miglio-ri piatti in menù, la splendidafrittatina d’uova di quaglia concipollotti, parmigiano-reggiano eaceto balsamico. La lista dei viniha occhio di riguardo verso la

nuova produzione d’eccellenza i-taliana, sta recuperando il terre-no perduto in passato.

Al secondo posto, sebbene conun notevole distacco, si è piazzatoil locale che a Rubiera sembra a-ver sostituito nelle preferenze delpubblico la famosa “clinica ga-s t ro n o m i c a ”, che per tanti anni èstata il baluardo, il blasonatosimbolo, della bontà della cucinareggiana. L’osteria del viandan-te, ospitata in un antico palazzodel centro storico, è divenuta fa-mosa per i piatti di carne che pro-pone. Ogni particolare della tavo-la è curato con elogiabile punti-glio dall’oste (si fa per dire) Ro-berto Gobbi, “maître à couper”,che propone i migliori tagli bovi-ni, teneri, succosi e fragranti, frai quali l’”os à moelle”, il “volg a-re ” ossobuco che fra le sue manidiventa un capolavoro di bontà.Stessa sorte tocca a un altro ta-glio considerato di recupero, il fe-gato di vitello che qui è imprezio-sito dall’accostamento all’uva diR a m a n d o l o.

La trattoria della Ghiara, il piùpremiato dalle guide fra le tavolecittadine, merita una visita perl’apprezzata vocazione a valoriz-zare ciò che offre il territorio. Lapiù azzeccata definizione l’ha da-ta Il Foglio, il giornale di Giulia-no Ferrara, che con voluta tauto-logia ha definito la Ghiara “il mi-glior ristorante di cucina emilia-na in una città emiliana”. Moltointeressante è il recupero di piat-

Nella foto grande la famiglia D’Amato che gestisce il ristorante Rigoletto di Reggiolo