CONCETTO MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO SVIZZERO DI LOVERCIANOAuthor(s): EZIO FRANCESCHINISource: Aevum, Anno 45, Fasc. 1/2 (GENNAIO-APRILE 1971), pp. 57-75Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25821005 .
Accessed: 14/06/2014 02:15
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR todigitize, preserve and extend access to Aevum.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
EZIO FRANCESCHINI
CONCETTO MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943
AL RIFUGIO SVIZZERO DI LOVERCIANO
Concetto Marchesi1 il 24 luglio 1943 stava riposando nella sua casa del Cavo, alPisola d'Elba, da dove mi scriveva a quella stessa
data:
? Non ho potuto resistere: e sono venuto a traseorrere nel mio asilo predilet to un paio di settimane. Sono qui da venerdi 16: e ci restero ? siccome desi
dero ? fino a domenica 1 agosto. In agosto dovro forse venire a Milano e non
escludo che debba trattenermi. Tu ci sarai, allora? Quando puoi, scrivimi ed in dirizza a Filettole (Pisa): la collina dove sono le mie due donne ? 2.
Egli era, come tutti, ignaro di quello che sarebbe accaduto Pin domani in Italia: dopo un breve periodo di quiete, avrebbe ripreso la sua vita, fatta anche di segreti contatti con gli esponenti, civili e
militari, delPantifascismo, che attendevano e preparavano la sua caduta.
Invece la ?caduta? avvenne improvvisa, dalPinterno, per la
presa di posizione del Gran Consiglio del 25 luglio. Marchesi traverso in fretta lo stretto di Piombino, aiutato da una
signora arnica a trovare una barca 3. Che cosa abbia fatto nei giorni che seguirono dice questa lettera, a me diretta da Roma, dove abi tava in via Linneo 10, nella casa delPammiraglio Sechi, suo parente, il 16 agosto:
1 Sia lecito rimandare semplicemente alle mie due commemorazioni: all'Universita di Padova (Con cetto Marchesi, Lo studioso e Vuomo, in ? Annuario per l'anno accad. 1957-58 ?, pp. 623-687) e ai Lincei
(? Rendic. della Glasse di Scienze morali, storiche e filologiche ?, serie VIII, vol. XVI, fasc. 1-2, gennaio febbraio 1961, pp. 61-76). Concetto Marchesi mori a Roma il 12 febbraio 1957 all'inizio del suo 80? anno di eta (era nato a Catania il 1? febbraio 1878). Nel 1943 aveva 65 anni.
2 La moglie Ada, figlia di Remiglio Sabbadini, lo storico dell'Umanesimo, e la figlia Lidia. 3 Cfr. C Marchesi, Parole aWombra, Padova 1946, p. 87.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
58 E. FRANCESCHINI
? Sono sbattuto da circa venti giorni tra una citta e l'altra. Dall'Elba sono
venuto via subito, chiamato telegraficamente a Milano, dove le molte faccende
mi hanno impedito di venirti a trovare: da Milano ho dovuto correre a Roma:
e poi di nuovo a Milano, e di nuovo a Roma: si che ho potuto godermi anche le incursioni 4. Sono stato anche a Padova, qualche giorno. Un'estate senza tregua.
Ma riconosco che devo correre, anche se non sia chiaro ancora verso quale di
rezione. A Milano dovro ritornare entro questo agosto o ai primi di settembre.
E verro questa volta indubbiamente in cerca di te. .. Gli Accademici 5, pur
troppo, ancora permangono. In alto loco c'e chi vuole restino ancora, insieme
col Senato. Quod differtur* , . In questo scorcio di mese il mio indirizzo h a Fi lettole (Pisa). Penseranno le mie donne a rinviarmi la posta se io non ci sono.
Non dovro ripartire di qui prima di giovedi: e forse piii in la: perche aspetto amici da Milano ?.
Invece il primo settembre fu nominato Rettore delPUniversi ta di Padova dal Governo Badoglio, ne mai scelta fu piu felice 6.
Tenne infatti la carica con autorita, decoro e fermezza anche dopo Pinfausto otto settembre 7, quando gli altri rettori ?badogliani? erano stati deposti o se n'erano andati, e molta gente
? ignara della
realta, credula solo delle apparenze ?
gia pensava ad una conniven
za, impossibile per un comunista convinto 8 e dichiarato com'era lui.
4 Le terribili incursioni aeree su Milano del 12-15 agosto 1943. Le parole della lettera spiegano anche la sua presenza a Roma nei giorni 11-12 agosto per l'ordine del giorno del 12 del Comitato antifascista romano (cfr. UItalia dei quarantacinque giorni, in ? Quaderni del Movimento di Liberazione in Italia ?, 1969, p. 123).
5 Allude all'Accademia d'ltalia, che rimase in vita, intatta, anche dopo il 25 luglio. L'Accademia Naz. dei Lincei era stata soppressa. La rimettera in piedi poi Giulio Emanuele Rizzo con il validissimo aiuto del Marchesi stesso, che in una lettera del Natale 1945 mi scrivera: ? Senza Fopera mia ? lo dico aper tamente ? e quella di Giulio Emanuele Rizzo quella Accademia sarebbe stato il luogo di riflusso della eccellentissima Accademia d'ltalia. Ora la faccenda h bene risoluta: non senza contrasti. E si passera alle nuove nomine... Mi sento lontanissimo dagli studi, da ogni consuetudine di studi: e mi pare di avere
perduta quella cara esistenza di raccolta solitudine. Ma forse non sara cosi?. 6 Dal ministro Severi. La cerimonia d'insediamento awenne il 7 settembre con un cordiale saluto
al suo predecessore, il prof. Carlo Anti, di cui il Marchesi ricordo ? Tamore costante per l'Universita che
per lunghi anni era stata oggetto delle sue cure quotidiane ?. 7 Dopo l'armistizio dell'8 settembre rassegno subito le dimissioni, dichiarando che con la nomina
dei nuovi Commissari ministerial ? veniva meno ogni buona ragione della <sua> permanenza nelTuf ficio ? (15 settembre). Ma queste dimissioni vennero respinte dal nuovo ministro Biggini (28 settembre); ed egli decise di rimanere al suo posto ? col proposito di preservare per qualche tempo TUniversita da estranee ingerenze e di assicurarne il decoro da vent'anni perduto ? (? II Lavoratore ?, 1 dicembre 1943, p. 2). In generale, sulTopera di Marchesi come Rettore cfr. E. Meneghetti, in ? Mercurio ? (Roma), II
(1945), 16, pp. 178-83; e Anonimus, VUniversita di Padova durante Voccupazione tedesca, Padova 1946, pp. 54-131.
8 Le ragioni del suo permanere nella carica sono da lui stesso ripetute conscio delle critiche, so
prattutto nel suo partito suscitate, nel famoso proclama agli studenti, datato del 1? dicembre 1943: ? Sono rimasto a capo della vostra Universita finche speravo di mantenerla immune dalla offesa fascista e dalla minaccia tedesca; fino a che speravo di difendervi da servitu politiche e militari e di proteggere con la mia fede pubblicamente professata la vostra fede costretta al silenzio o al segreto. Tale proposito
mi ha fatto resistere, contro il malessere che sempre piu m'invadeva, nel restare ad un posto che ai lon tani e agli estranei poteva apparire di pacific a convivenza, mentre era posto di ininterrotto combatti
mento. Oggi il dovere mi chiama altrove . . . ?. Cfr. l'intero proclama nelle due commemorazioni cit. nella nota 1. II Marchesi apparteneva al P.C.I, fino dal 1921, anno della sua fondazione, dopo essere stato iscritto al P.S.I, fino dal 1895.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 59
Ridiede le dimissioni ai primi di ottobre: anche quest a volta furono respinte9. Cosi si giunse alia secca negazione al Comando
Militare Germanico, che ne aveva fatto richiesta per installarvi una
stazione radio, dei locali delPIstituto di Fisica (1? novembre 1943) e piu ancora alia famosa inaugurazione accademica del 9 novembre 10.
Ma si giunse anche alia irritata lettera al prefetto di Padova Fumei, di von Frankenberg, capo del comando germanico, del 18
novembre: ? Mi pare si offra Poccasione di controllare Fattivita del rettore in quanto che costui sotto certi aspetti potrebbe, con la sua
influenza sugli studenti, destare agitazioni. Prego farmi conoscere il
risultato del vostro esame e di farmi sapere a quali pratiche avete
dato luogo ?.
Le cose ormai precipitavano. II 23 novembre, dopo un colloquio con me, Concetto Marchesi, che pure aveva resistito alle reiterate
pressioni del suo partito, si convince ad abbandonare il rettorato,
passa brevi ore, prima nella farmacia del mio amico Oreste Bareggi alPinizio di via del Santo, poi in casa del prof. Zancan 11 ? tutt'al tro che sicura ? e inline, dopo una visita del compagno di fede Felice
Platone, per concertare il da farsi, accompagnato dal tenente Paride
Brunetti e dalla signora Turra, si reca a casa di quest'ultima, piu appartata (viale Codalunga, 6) e meno sospetta, benche il marito di lei, Leone, fosse in quel tempo il responsabile del P.C.I, nella
provincia di Padova.
Qui egli rimase fino al 29 novembre, scrivendo la lettera di di missioni irrevocabili da Rettore (28 novembre) e il testo del famoso
9 ? II ministro dell'Educazione Nazionale non ha accettato le dimissioni presentate da Concetto Mar chesi dalla carica di Rettore delTUniversita di Padova ?: da ? II Veneto ? del 5-6 ottobre 1943. La si tuazione venuta cosi a crearsi era paradossale e spiegabile solo con la confusione che regnava sovrana in quelle settimane. II ministro Severi era stato sostituito da C. A. Biggini, il quale non voile accettare le dimissioni da rettore di Marchesi, comunista, anzi ne accettava le condizioni. Marchesi, antifascista, rimaneva rettore con ministro e governo neofascisti, malgrado le proteste degli antifascisti. . . Ma l'amore di Marchesi per la sua Universita e il desiderio di salvare il salvabile spiegano tutto.
10 Per la quale egli stesso dira nel proclama agli studenti del 1? dicembre: ?Nel giorno inaugurate dell'anno accademico avete veduto un manipolo di questi sciagurati, travolti sotto l'immensa ondata del vostro infrenabile sdegno ?. Era presente, in forma privata, il ministro Biggini. La prolusione venne
interpretata favorevolmente in senso sociale dal nuovo governo della Repubblica. Una descrizione del
l'inaugurazione del 722? anno accademico dell'Universita di Padova b in Anonimus, V Universita di Pa dova durante Voccupazione tedesca, cit., pp. 68-79; e anche in G.F. Fabris, Una laurea sotto il pagliaio, Roma 1964, pp. 57-66: in maniera piu spigliata e vivace. Cfr. pure D. Valeri, VUniversita di Padova contro la tirannide, ne II diritto delVuomo al sapere, Padova 1946, pp. 29-36. II discorso di Marchesi apparve anche nelT? Annuario per l'anno accademico 1943-44 ?, Padova 1944, pp. 13-17, quand'egli era gia da tem
po bandito e fuggiasco: alFetto e coraggio di amici, o svista della censura nazifascista? Oppure, piu sem
plicemente, perche ritenuto ? spiccatamente fascista ? (cfr. ? Gazzetta di Savona ?, 15 febbraio 1947)? Un bel commento al discorso fece celebrandone il ventennale Enrico Opocher (cfr. VUniversita di Padova nella Resistenza, Padova 1964, pp. 7-27).
11 In via C. Battisti 98. L'invito gli era venuto indubbiamente dalla prof. Paola, allora assistente di Storia antica e sua affezionata scolara. Non sicura era la casa per la presenza del prof. Lanfranco Zan
can, uno dei piu attivi rappresentanti del Movimento di Liberazione a Padova fin dalle origini.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
60 E. FRANCESCHINI
proclama agli studenti, stampato in alcune migliaia di copie nella tipo grafia di Remo Turra, fratello del suo ospite, e datato del 1? dicembre
perche Marchesi voleva essere sicuro che sua moglie e sua figlia, che erano tornate, nel frattempo, alle Mixraccia 12, sul crinale fra Lucca e Pisa, fossero avvertite prima e si mettessero al sicuro dalle inevi
tabili rappresaglie fasciste e tedesche 13.
II29 novembre, sempre accompagnato dal fido Brunetti, raggiunse col nome e le carte di Antonio Martinelli, in treno Milano 14 dove il
rappresentante del suo editore, Alberto Violi Zuccoli, gli trovo un
alloggio. Quella sera stessa, giunsi io dalle Muraccia.
Ci vedemmo il 1? dicembre e poi il 9 dicembre. Poi sempre piu spesso. Egli ando anche per pochi giorni a Camnago Lentate, presso quel parroco, don Vittorio Branca, ma poi venne ad abitare a Milano, in viale Regina Elena (ora Tunisia) 30 15: non era uomo da vivere
12 In una casetta tutta cinta di ulivi, e con un fattore, accanto ad una torre medievale diroccata. II Marchesi l'aveva acquistata con i primi proventi della sua Storia delta letteratura latina (2 voll., 1925-27).
13 Leone Turra bruci6 l'autografo del proclama, divenuto troppo pericoloso. Nel lasciare la casa
ospitale Marchesi disse alia signora Turra che la prima porta cui avrebbe battuto, qualora fosse ritornato a Padova, sarebbe stata la sua. Durante quei primi giorni clandestini Marchesi fece una fugace visita anche a casa Tamassia (cfr. M. Tamassia, L'attesa nell'ombra, Padova 1946, pp. 64, 66-67). Ad av vertire la moglie e la figlia di Marchesi andai io stesso, il 26 novembre, con un viaggio drammatico per bombardamenti, che mi costrinse a passare la notte sulle tavole della stazione di Ripafratta (a 8 km. circa da Lucca). L'indomani, alTalba, salii a piedi alle Muraccia. Quando mi vide, la moglie mi sbarro
gli occhi addosso: ? L'hanno arrestato? ?. Alia mia afFermazione che era al sicuro, ma che loro dove vano immediatamente abbandonare quel luogo, sospir6: ? E triste abbandonare tutto questo ?; e la fi
glia Lidia, sopraggiunta, di rimando: ? Ma h piu bello avere un padre come il mio! ?. Arrivai a Milano la sera del 29 novembre e l'indomani ricevetti questa lettera: ? Quando sarai tomato
dal viaggio intrapreso per amor mio ti prego di lasciarmi (anche per telefono) un appuntamento presso il mio editore per il giorno appresso. Col piu vivo desiderio di rivederti ti saluto carissimamente. Tuo Concetto Marchesi?. La lettera, recapitata a mano, era datata del 30 novembre '43. Telefonai immedia tamente alPEditore Principato e l'indomani, 1 dicembre, rividi il professore e gli diedi notizie della moglie e della figlia. II 4 dicembre ero di nuovo a Padova, dove ancora non si sapeva del suo allontanamento dal la citta, ne ancora era stato diffuso il proclama agli studenti (lo sara l'indomani, 5 dicembre). Qui, re catomi di notte col fido bidello Attilio Agostini nell'appartamento del palazzo Papafava (via Marsala, 35) vi asportai in una valigia tutto cib che poteva essere utile al professore (appunti, posta
? fra cui una lettera, che bruciai subito, in cui la sua scolara Celina Trieste rivelava il suo nascondi
glio ?
pochi libri appuntati, ecc). L'8 dicembre ero ancora a Milano, dove trovai un'altra sua
lettera, datata il 6: ?Mio caro, ho vivissimo desiderio di rivederti e di avere le notizie che mi
porterai. E non so dirti quanto io senta in questo momento la gioia di avere accanto un grande cuore di amico. Domani e dopodomani (7, S. Ambrogio; 8, l'Immacolata) sara vacanza e lo sta bilimento h chiuso. Ci vedremo il nove, giovedi: io sar6 presso l'editore tutta la giornata dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio. Ti saluto carissimamente. Tuo Antonio Marti nelli? (il primo nome assunto dandosi a vita clandestina). Mi recai all'appuntamento accompagnan dovi anche la moglie e la figlia, che nel frattempo (7 ed 8 dicembre) avevano raggiunto con il fratello
maggiore di lui, Salvatore Marchesi, Milano e si erano messi in contatto con me. L'incontro fu commo ventissimo.
14 Cfr. la descrizione del suo arrivo in Intermezzo svizzero, in Divagazioni, Venezia 1951, pp. 136 137.
15 In una lettera successiva a me diretta dalla Svizzera e datata del 1? settembre 1944, a proposito di questa sua dimora segreta in Viale Regina Elena (ora Tunisia) cosi egli stesso ricorda: ?... Quando mi parli della situazione italiana mi pare ritrovarmi con te in quella piccola camera del sesto piano: in cui avevo te solo in certe ore della sera: e mi pareva ci fossero tutti quelli a cui volevo bene. Unus thea trum mihi. Oh questo benedetto latino! Ma certe verita paiono incise in quella lingua. Ti abbraccio ?.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 61
nascosto, senza destare sospetti, con la sua spiccata personality, in un paese. E neppure a Milano dove, malgrado il cambio di abitazioni, il cerchio si andava restringendo intorno a lui... Fu cosi, che dopo lun
go e paziente lavoro, riuscii a fargli riconoscere che assai piu utile sa
rebbe stata Popera sua in Svizzera, dove egli avrebbe avuto la possibili ty di entrare in contatto con gli inglesi e gli americani che poteva no fornire aiuti concreti, in armi e munizioni, ai patrioti dell'alta
Italia e particolarmente del Veneto, dove cominciavano a radunarsi
sulle montagne e in pianura, raccogUendo il suo stesso monito. EgU non ne era convinto; ma d'altra parte vedeva inutile la sua opera a
Milano, dove nulla poteva fare.
Interrogo allora la Direzione del suo partito. Questa si disse molto favorevole alia sua andata in Svizzera, ma di non essere in grado nello stesso tempo di trovaigli un passaggio sicuro. Quest'ultima con
fessione lo amareggio. Gli dissi subito che avrei pensato io stesso al suo passaggio, per la via di Maslianico, comoda e sicura, che tenevo
in serbo per persone anziane e di riguardo 16.
La sera del 6 febbraio 1944 preparammo insieme ? lui, suo fra
tello Salvatore 17, io ? le sue valigie i cui oggetti erano personal mente controllati da lui. Non libri, ma medicine e povere cose d'uso
quotidiano, fra le quali vidi, con stupore, due rotoli di carta igienica: ? Sai ? mi disse sorridendo ? cosi sei, e ti senti piu sicuro di te ?.
II primo tentativo fu fatto il giorno 7 febbraio. Ma sul lungo lago mi venne incontro il noto maresciallo, avvertendomi che era
stata intensificata la guardia su quel lato di confine e per quella notte non c'era nulla da fare. Ritentassi. Marchesi era esultante: e mi fece
promettere che, se anche il secondo tentativo non fosse riuscito, sa
rebbe rimasto con me a Milano. Ma due giorni dopo (9 febbraio 1944) tutto ando liscio, secondo i piani, ed egli passo la notte insonne, nel
16 Funzionava semplicemente. Io accompagnavo, di sera, con i treni affollati della Nord, gli espa triandi fino a Como, e passeggiavo con loro sul lungo lago. Qui venivo awicinato da un maresciallo della
finanza, certo Varana, che li prendeva in consegna e li affidava poi a due donne, le quali avevano il compito di condurli all'ultimo spettacolo di cinema. Uscendo poi con la folia e raggiunta rapidamente la frazione di
Maslianico, si awicinavano ad una specie di stalla, nei pressi del confine, dove attendevano il momento pro
pizio. A questo punto, entravano in scena due uomini che, in grande silenzio, accompagnavano gli
espatriandi fino alia rete: alzata la quale, anche gli uomini scomparivano. E gli altri andavano avanti,
per un viottolo, finche s'imbattevano in guardie svizzere. Per questa via, nella quale nessuno fu preso (le 10.000 lire che costava non erano poche, nel 1943-44), passarono, fra gli altri, Diegoj Valeri ? condannato a 30 anni di prigione per aver diretto, in epoca badogliana, il ? Gazzettino ? (passaggio il 5 aprile '44); Libero Marzetto, del Partito d'Azione, condannato a vent'anni per motivi politici (26 aprile '44) e Giulio
Zammatto, noto intenditore d'arte di Padova, ricercato per ragioni razziali (12 maggio '44). Avevo ? ereditato ? la via ? come tante altre cose ? dal cappuccino P. Carlo da Milano, valorosissimo com
battente per la liberta, mandato dai superiori in un convento della Bergamasca, per sottrarlo alTarresto
nazista. Sui passaggi tormentati in Svizzera, la grande e misericordiosa samaritana del '43-45, cfr. il bel
volume di A. Bolzani, Oltre la rete, Varese 1946. 17 Morto dopo di lui, il 28 gennaio 1965, a 89 anni di eta, a Roma.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
62 E. FRANCESCHINI
casermone svizzero presso il confine, a Vacallo, pensando d'essere ancora a Padova, fra i suoi libri e i suoi scolari 18.
Dopo una breve visita a Mendrisio alia signora Ines Clerici 19, il 12 febbraio era gia nella villa di Loverciano, ospite di mons. Angelo Jelmini, vescovo di Lugano, come risulta da questa lettera 20 da
tata il 14 febbraio 1944:
?Eccellenza, mons. Camponovo, amico e protettore nostro umanissimo, mi comunica l'offerta di una generosa ospitalita che accetto con animo commosso
e riconoscente. Cosi in questa villa di Loverciano, in questo magnifico asilo di
ristoro e di pace, mi giunge il segno di una solidale fraternita non dimenticabile in un mondo stordito e abbrutito dai furori della devastazione e della morte.
Tra i ricordi di questa nobilissima terra ospitale, Loverciano mi sara primo, e
sara un ricordo pieno di immagini serene e di gratitudine devota. Con profondi
ossequi, obbl.mo Concetto Marchesi?.
I primi giorni furono di riposo, dopo cosi vasto turbinio di avve nimenti, di cui egli era stato al centro. I pochi, ma intensissimi mesi
di rettorato all'Universita di Padova; Pabbandono ? con altro nome, e di notte ? della citta sopra ogni altra amata 21; Tansia per la sal vezza delle sue ? donne ?; i giorni di Milano, con la fuga in Svizzera, tutto questo doveva averlo stancato, malato di cuore com'era e non
18 Cfr. Intermezzo svizzero, cit., p. 133 e p. 136. Qui e pure descritto (p. 137) il passaggio in Svizzera, nella sua parte finale, tratto da La bisaccia di Cratete.
19 Nella lettera scritta ad Alberto Violi Zuccoli, della Casa Editrice Principato, senza data, ma an teriore al 16 febbraio, ne b cenno (G. Campagna, Concetto Marchesi, Sapri 1963, p. 147; qui, pp. 147-51, sono pubblicate le prime lettere di Marchesi dalla Svizzera ad Alberto Violi).
20 La lettera, datata per una svista del 4 invece che del 14, mi fa data in fotocopia da mons. Giulio
Nicolini, del ? Giornale del Popolo ? di Lugano, attuale possessore della copiosissima documentazione degli esuli nostri che trovarono rifugio nel Canton Ticino durante Fultimo conflitto. II Nicolini, che ringrazio di cuore,parlo anche con mons. Camponovo il quale nel 1943-45 dirigeva la villa di Loverciano per incarico del Vescovo: ma ne trasse appena un vago ricordo. Ad opera dello stesso Nicolini ? L'Osservatore romano ? del 6 luglio 1968 pubblico un articolo nel trigesimo di mons. Jelmini (J profughi italiani trovarono un padre nel vescovo di Lugano) in cui si parla di questa lettera di Marchesi e di una seconda del 21 marzo 1944: ? Ec
cellenza, nel giorno in cui lascio la villa di Loverciano non posso non rivolgere a Lei il piu grato pensiero e Fassicurazione del piu devoto ricordo. Nelle inquietudini che travagliano la mia esistenza d'italiano fuori della patria, devo a questo ospizio generoso e cortese molte ore di calma e il piu confortevole senso di cristiana assistenza. Accolga, Eccellenza, il mio devoto e riconoscente saluto. Obbl.mo Concetto Mar chesi ?.
21 Alle frasi citate in Concetto Marchesi, lo studioso e Vuomo, cit. (cfr. la nota 1) si aggiunga questa: ? Signora mia, lei non ama Padova. Io Fadoro. Per me Padova e quanto
? dopo Finfanzia ? mi e caro
talvolta ricordare. Padova significa per me affetti di amicizie tenaci, garbatezza e morbidezza di vita, portici brutti e belli dove sono collocate alcune impressioni della mia esistenza, di quelle che non si can cellano. E poi, la ci sono le mie osterie, le mie farmacie, la mia vecchia casa, la Universita che mi e cara, e anche la stanza di suor Terenzia, che ormai considero come il primo rifugio padovano, al mio prossimo ritorno... e ora in questa maledetta citta (Roma) che mi awelena giornalmente, quando voglio ricorrere a un pensiero caro e a una immagine confortante, me ne scappo a Padova. Purtroppo, col solo desiderio... ?: da una lettera alia signora Wanda Scimone, del 2 febbraio 1946. E rispondendo ad una lettera del prof. Carlo Anti del 7 novembre 1953 aggiungeva: ? L'Universita di Padova b una grande cosa, anzi b la gran de cosa della mia esistenza. Qui ho lavorato come altrove non ho potuto di piu; qui ho goduto delFaffetto e della stima di colleghi e scolari indimenticabili; qui ho trascorso la piu lunga e meno triste parte della
mia vita... ?. Cfr. pure qui la lettera del 15 marzo 1944, cit.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 63
piu giovane (65 anni). II soggiorno a Loverciano, da solo, in terra
straniera, con una camera tutta sua dove aveva acqua corrente e
poltrona, e canape ? e la possibility di accomodarvi per bene, ad una
ad una, come brave educande, le sue ore di noia ? 22, dovette essere
provvidenziale. Unico suo tormento era Fincertezza sulla sorte delle sue valigie, che non arrivavano mai: e la cui perdita gli sarebbe parsa un disastro 23.
Tutto questo, e le prime preoccupazioni economiche, traspari scono chiare da una lettera, datata sempre da Loverciano il 18 feb
braio 1944 alFallora Presidente del Tribunale federate svizzero, Plinio Bolla, che nella sua qualita di Presidente del Comitato per Fassistenza
agli universitari itahani rifugiati o internati in Svizzera dopo Farmi
stizio del settembre 1943, gli aveva mandato cortesi parole di saluto.
?Onorevole Signor Presidente, non poteva giungermi dalla nobilissima
terra che mi ospita un piu gradito e generoso saluto. E ne traggo motivo di grande
conforto in queste ore scure e inquiete d'italiani smarriti e quasi sperduti. Gra
zie, dal profondo del cuore. Ho lasciato i rifugi nascosti e malsicuri della patria con la ferma fiducia di potermi guadagnare in Svizzera la mia giornata di la voro. Per invitarmi a esporre le mie condizioni Ella adopera una parola di squi sita delicatezza. Le parlo, dunque, come a ? confessore ?. Sono venuto solo, senza famiglia:
e il bagaglio, dov'erano tutte le mie indispensabili cose, e rima
sto dietro alle mie spalle, ne so se dovro considerarlo perduto. DalFufficio di
polizia di Bellinzona sono stato liberato dal campo di concentramento e autoriz
zato a risiedere provvisoriamente a Loverciano nell'ospizio Maghezzi, sotto
controllo militare, con retta giornaliera a mio carico. Non ho presentato alcuna
domanda di liberazione. Dispongo di soli duecento franchi svizzeri; a mio ga rante mi si dice si sia offerto il signor Giorgio Diena, mio caro amico, residente da piu mesi a Lugano (clinica S. Rocco), emigrato anch'esso in Svizzera 24. Ma io non sopporterei di vivere su largizioni e prestazioni, per quanto spontanee e
affettuose, di amici. Ho bisogno soprattutto, anzi unicamente, di lavorare in
qualunque modo, in qualunque luogo. Stimerd grande fortuna potere riprendere
l'opera mia di maestro in qualcuno dei campi universitari per studenti italiani:
o anche nel campo liceale dei rifugiati civili italiani al castello di Trevano, che mi terrebbe vicino alle frontiere d'ltalia. Spero che non mi tardi l'occasione
di esprimerle personalmente la mia intima, commossa riconoscenza per questa voce di amicizia e di aiuto che mi giunge in un momento non dimenticabile
della vita. Coi piu cordiali saluti mi creda sempre suo Concetto Marchesi? 2S.
22 II libro di Tersite, p. 39. 23 Prima lettera ad Alberto Violi Zuccoli (allora dirigente della Casa Editrice Principato) dopo il
passaggio, senza data, ma anteriore al 16 febbraio: ? ... la sola grossa nube di queste mie giornate e la mancanza delle valigie e il timore che o per mala sorte o per mala intenzione degli uomini non abbiano
piu a giungermi: il che considererei come un disastro? (spaziato dallo stesso Marchesi). Cfr. G.
Campacna, Concetto Marchesi, cit., p. 147. 24 Su Giorgio Diena cfr. E. Franceschini, Ricordo di Giorgio Diena (1897-1960), nella rivista
? Padova e la sua provincia?, XVI (nuova serie), aprile 1970, pp. 3-9. 25 Plinio Bolla, mi fece avere, a suo tempo, delle fotocopie del suo carteggio con Marchesi (lettere
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
64 E. FRANCESCHINI
Ma intanto le valigie, che avevo affidato a mani lente ma si
cure, arrivano al valico di frontiera; e il prof. Marchesi e felice: a
tal punto che parrebbe usare espressioni esagerate, per chi non sap
pia il valore di povere cose, ma proprie, in un esule che in ognuna di esse vede un frammento della sua vita, una continuita delle sue
abitudini, un legame col passato:
? Mio carissimo E., ? mi scrive in una lettera datata da Loverciano il 28
febbraio 1944 ? mi hai reso felice. Stamani in macchina sono ritornato al varco e ho trovato il mio bene. Ho riscontrato tutto, non manca nulla. Adesso mi sono
levata la spina. E condurro in pace, come potrd, la mia nuova esistenza. La quale non e certamente noiosa ne inoperosa. Non mi difettano le visite quotidiane de
gli amici e degli ignoti, da ogni parte del paese. E gli ospiti svizzeri, tra cui per sone di alta autorita pubblica, si adoperano nell'usarmi ogni cortesia e nel pro curarmi quanto le leggi permettano e possa giovare alle mie comodita. La stampa,
comprese quelle francese e tedesca 26, ha illustrato ed esaltato la mia azione po
litica, senza accennare alia mia presenza in questa terra 27.
Molto difficile si presenta per ora la mia assunzione universitaria, anche
pei soli campi di internati italiani. Varie sono le ragioni. II divieto di occupazione e di prestazioni lucrative ed anche gratuite opposto dal governo federate e ?
piu di tutto ? la diffidenza e la gelosia delle caste accademiche, comprese le italiane, nei riguardi della mia persona. Sono stato invitato dai rettori di Lo
sanna e di Neuchatel a tenere un ciclo di conferenze: il che faro assai volentieri,
quando mi sard piu ordinatamente sistemato.
Mi vengono offerte di garanzie di ospitalita da parte di privati e di organiz zazioni. Appena arrivato, dopo due sole notti di campo, sono stato liberato e la
sciato solo sotto il controllo militare. E col permesso, facilissimo ad ottenere, potrd andare dove voglio. Nell'orfanotrofio dove sono stato ospitato, in compa
gnia di due senatori e di un misterioso personaggio, che pare appartenga a qual cuna delle dinastie a spasso, faccio vita da gran signore: c'e ogni bene di Dio: e me ne vergogno, pensando agli altri, ai tanti altri, che stanno in pessime con
dizioni.
La giornata se ne va quasi tutta nel ricevere le visite e nel rispondere alle
tante lettere. Ma rimpiango la vita passata: mi pareva e mi pare giusto, dove
roso, restare nelFombra, quando l'ombra non sia comoda e non sia inattiva.
Avro tempo a ripensarci. Per ora non posso rimproverare la oziosita o la inuti
del 18 febbraio, del 26 febbraio, del 3 marzo e del 26 marzo). Sono molto grato alia signora Laura Colon
netti, che le rintraccio: senza di lei mi sarebbe sfuggito interamente uno degli episodi piu belli della cor tesia svizzera, mentre la guerra infuriava in tutti i campi. Sul grande giurista Plinio Bolla, morto a
Morcote il 28 luglio 1963, cfr. G. Broggini, Plinio Bolla (1896-1963), in ? Rivista di diritto svizzero ?, LXXXII (1963), pp. 213-223.
26 Per omettere il resto, tutta la prima pagina, con l'articolo di fondo, della ? National-Zeitung ? di Basilea del 23 febbraio 1944 b dedicata a lui. Sotto il titolo Hat sich die italienische Intelligenz gleich schalten lassen? (II ceto intellettuale italiano si e lasciato strumentalizzare?) si fa una breve storia del ceto in tellettuale italiano e si parla a lungo, dopo Groce, di Marchesi, di cui b riassunta la risposta a Gentile che aveva lanciato un appello (? Corriere della sera ?, 28 dicembre 1943) all'unita degli italiani. E conclude dicendo che si sta preparando ? nel dolore, nel sacrificio, nel coraggio, la nuova classe italiana, realmen te degna di operare nella riottenuta liberta ?.
27 Si dice sempre, di lui come di altri, per evident! ragioni di discrezione politica, che si b rifugiato ?in neutrale Ausland? (?National-Zeitung?, 23 febbraio 1944).
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 65
lita alia mia esistenza attuale. Piu tardi, forse, si: quando la troppa sicurezza
mi dara fastidio.
Avverti le mie care donnine, awerti don Salvatore che sto bene: che ho
sempre, continuamente vivo, il pensiero di quella mia piccola cara famiglia, di
quelle mie compagne di vita che vivono ora piu che mai nell'animo mio. E tu, Ezio, stai bene. Per quello che hai fatto, che continui a fare a mio sollievo, non
posso dirti proprio nulla. So che nell'avermi messo lungo la tua strada, la Prov
videnza mi e stata infinitamente benigna. Ti abbraccio. Tuo Martinelli?.
? P.S. Mi dicono che la voce di Londra la sera del 27 e la sera del 28 ha par lato del rettore e degli studenti dell'Universita di Padova. Le notizie delle nuove rovine e delle nuove stragi di Padova mi rattristano profondamente. A quest'ul timo approdo della mia vita mi sento sempre piii fortemente legato ?.
E in un'altra lettera scritta a me prima del 15 marzo (data di arrivo del corriere), subito dopo la precedente:
? Mio caro Ezio, spero avrai ricevuto la mia precedente in cui ti davo no
tizia del mio bagaglio arrivato in perfettissimo ordine e in cui ti esprimevo la mia felicita per il recupero di questo mio tesoro. Ora non sono piii
? in grazia tua ? un uomo in cenci. E posso affrontare con fermezza l'avvenire. Le notizie
che do alia mia Ada sono anche per te. Credo che potro fare del bene qui: e mi
pare di averlo gia fatto a tanta gente che confida anche solo nella mia presenza. Non credevo di dover subire, venendo qua, tanta sopravalutazione della mia
persona e tanta svalutazione dei miei poveri soldi. Grazie delle notizie padovane. Da Padova e dagli amici e dai miei studenti non posso staccarmi col pensiero: ed e una costante forza per me. La mia situazione economica va migliorando: e ormai non ho piii incertezze da questo lato. Ma questo non basta a cancellare
il mio malessere, in certe ore in cui vorrei trovarmi di la dai monti che vedo cosi
vicini. Saluto caramente e fraternamente gli amici e ti abbraccio. Tuo Concetto
Marchesi?.
Le lettere, malgrado le prime difl&colta incontrate nei suoi pro
positi d'insegnamento, sono piene di ottimismo. Si direbbero sotto Pin
flusso delle valigie ritrovate... Marchesi, a dieci e piu giorni dalTen trata in Svizzera, e ormai riposato, e gia pensa, come era solito, al
fastidio che provera fra poco. Gli e assolutamente indispensabile una
nuova attivita che lo giustifichi soprattutto davanti alia sua coscienza
della pace che gode. Sara una nuova intensissima attivita politica e
militare, con cui si apre un nuovo periodo della sua vita di esule. Per
ora si e soltanto sottratto alle persecuzioni dei suoi avversari.
Ma neppure in quei dieci giorni e rimasto inattivo, a parte cio che dice nella lettera a me, e che non poteva assolutamente riempirgli la vita. Egli scrisse ? fra il 18 e il 27 febbraio (le valigie non sono ancora arrivate)
? un racconto intitolato La bisaccia di Cratete. Me lo
vidi recapitare un giorno in una busta tutta gualcita che portava,
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
66 E. FRANCESCHINI
in alto a sinistra, questa nota a penna: ? Caro Ettore 28, ti prego di
mettere questi fogli fra le mie carte. Li brucero al ritorno. Sono po veri ricordi di giorni lontani e recenti: che ho buttati gia nelle ore oziose delPospizio di Loverciano. Ti abbraccio, Martinelli ?. E piu sotto, a matita La bisaccia di Cratete (frammento).
Quando lo lessi, lo trovai bellissimo. Per questo qui lo trascrivo a conclusione di queste pagine, anche se non e inedito 29.
La bisaccia di Cratete
Don Tommaso Ardizzone era canonico della chiesa dei Minoriti, la piu aristocratica del Corso, dove alia messa delle undici conveniva
la devota nobilta cittadina. Ossuto, asciutto, metodico custodiva le
sue consuetudini di vita domestica come altrettanti riti. Contro la
sentenza comune che la collera acceca, egli mi dimostro piu volte
con Pesempio che la collera apre gli occhi. Quando era tranquillo e
soddisfatto, allora scorreva senza pensiero sulla superficie delle cose; ma quando era in collera scendeva nelle profondita e illuminava le
tenebre delle coscienze. E per ottenere risultati cosi grandi bastava
un niente, giacche si incolleriva per poco o almeno per cio che ad
altri sembra poco. Bastava che due sfaccendati discorressero a ora
tarda sotto la sua finestra, che gli lasciassero aperto uno spiraglio di
corrente mentr'era seduto a tavola, che gli portassero una camicia
di bucato senza bottone alia manica, e la luce era fatta.
Come quella volta, in un pomeriggio della settimana Santa. Era
vamo noi due soli, in casa sua, nello stanzone da pranzo contiguo alia
cucina. I suoi occhi parevano intenti alPangolo del camino e nel volto,
fermo, era il segno infallibile della contrarieta. Dopo qualche minuto di silenzio, si alzo e comincio a passeggiare:
? ? Non so ? disse ?
quella benedetta donna dove Pabbia messo ... Proprio, non lo so.
Da che mondo e mondo e stata sempre la ... la ? e indico Porlo del
camino ? e ora, nossignore, non c'e... ?.
Quella benedetta donna era la signora Rosalia sua sorella e la
cosa che mancava era la scatoletta del lucido per le scarpe. Sentivo
aria di burrasca e, nelPattesa, tacevo. ? E non c9e ? prosegui ? non
c'e forza umana che riesca a trovarla. Per che fame, Pha presa?
28 Era il mio nome nella vita clandestina. 29 Tre brani soltanto lo sono e appariranno qui in nota.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 67
Domando io, per che fame? Per le sue scarpe, no, perche in queste
giornate solenni lei mette quelle verniciate, di pelle doree... Di solito vanno insieme lei e quell'altra signora di laggiu, del primo pia no, la signora Margherita, anzi Rita, la mia pietosa e bella parroc chiana. E adesso ... sono le quattro del pomeriggio: ne abbiamo fino alle sei, fino alPora della benedizione. In questo momento sono a confessarsi, Puna dopo Paltra, da padre Michele, il cappuccino, quello che ha fatto il quaresimale Tanno scorso, che ha gettato tanto
balsamo nelle anime delle mie care penitenti, delle nobili signore della parrocchia dei Minoriti: anime caritatevoli alPessenza della
carita, ben tappate e chiuse, come le bottigliette dei profumi, perche non
svaporino. .. ?.
Ci siamo, pensai. Aveva parlato lentamente, a voci rotte, come
fra se. Smise di passeggiare e mi pianto gli occhi in faccia. ? Anche l'onorevole avvocato ?
riprese ? il signor avvocato Benedetto Ro
spigliosi, quello del palazzo di contro, quello col grosso neo peloso sul la guancia, e andato a confessarsi con la piu santa compunzione.
.. ?.
S'interruppe e si passo la mano sulla fronte. ? Cinque persone ?
prosegui con voce tagliente ?
cinque persone stanno patendo la fame in una casa dove non c'e altro rifugio che tra le braccia di una ma
dre sfinita. Stamane gli uscieri hanno portato via la mobiiia: sono
rimasti i letti: e fra sette giorni saranno sulla strada. Lui, la causa di
questa rovina, come di tante altre. Lui, l'onorevole avvocato Ro
spigliosi. Ma questo non e peccato; peccato sarebbe il contrario, tra
dire gli interessi del proprio cliente. Aguzzare l'intelletto nel trovare
il cavillo infame della legge, adoperare l'astuzia nel corrompere il
giudice, inventare o storcere le testimonianze, questo e agire secondo
coscienza, nelTinteresse del cliente. E se il cliente e un briccone, pa zienza. II patrocinio e come l'ospitalita. Si accorda a chiunque batte
alia nostra porta. Cosi si dice, ragazzo ? e mi afferro per un braccio ?,
cosi si dice. Non c'e parola dolce, mielata, che non si convenga alle
colpe piu nere. Ma lui e un'anima devota, si e confessato e domani si accostera alia mensa eucaristica ?... Batte un pugno forte sul ta
volo, e scatto: ? No, no: e im'infamia! ?... Socchiuse gli occhi. Mi
pareva che avesse finito, e invece era entrato nella zona della luce.
Continuo a parlare con un tono che si elevava sempre piu: ? L'amore...
si, lo sappiamo: l'amore cristiano, il magico ponte gettato dal cielo tra la carne e lo spirito dell'uomo. Grande cosa questa per chi la
intende, ma grandissima per chi la vive, per chi ha potuto operare l'ineffabile distacco e consegnare al dominio dello spirito il suo gra vame mortale, questo corpo qui... Ma quanti lo intendono questo? E quanti lo vogliono? Perche bisogna volerlo, ragazzo, bisogna vo
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
68 E. FRANCESCHINI
lerlo... Pace in terra agli uomini di buona volonta. Hai sentito ?
Agli uomini di buona volonta, a loro soltanto. Agli altri, a tutti quelli che non si sono staccati dal mondo, perche non hanno voluto, la
voce cristiana ha dato un terribile annunzio di guerra perpetua. La pace e al di la della storia; e nel miracolo delPindividuo che si e donato tutto a Dio. Ma gPinnumerevoli uomini che non
possono convertire servitu e patimenti in liberta e gaudio spirituale,
quelU a cui dolore accresce dolore e Pingiustizia accresce ingiustizia,
quelli seguiteranno a provvedere sempre la carne da fatica e da ma
cello? Ditelo voi, cristiani; ministri della Chiesa, devoti della Chiesa, ditelo voi: in nome del Crist o dovremo continuare in quest a offerta
di moltitudini umane ai carnefici dell'umanita? E se non e possibile intenerire il loro cuore di bestie rapaci, non sara necessario strappare loro gli artigh? ?.
Si accosto rapidamente alia porta della cucina, e la richiuse.
?Amore cristiano? Concordia di cuori? Quando il male scorre ar
mato per il mondo, quando Pingiustizia ha per se i fiori e i frutti della terra, quando la menzogna e norma di verita e Piniquita e an
cora legge, allora la pace delle anime e deserto delle anime, allora
Pordine e devastazione, allora la concordia degli spiriti e notte degli spiriti, e uno scuro che piomba sulla nostra stanchezza e non ci fa
vedere piu nulla e nasconde alia nostra memoria e ai nostri occhi
il volto del nemico. . .
Concordia di spiriti? Con chi? Quale mano io devo stringere, quale cuore devo accostare al mio? La mano che ha trucidato il mio
compagno di viaggio? II cuore che batte piu forte per aver fermato i
battiti di altri cuori? Io posso abbracciare il mio nemico sui cumuli
della mia casa rovinata e dei miei beni distrutti; posso chiamare a me nelPamplesso delPagonia colui che mi ha inflitto la ferita mortale e chiedergli magari perdono del rimorso che morendo potrei lasciargli: e farmi santo e farmi, nel mio orgoglio smisurato, simile a Dio. Ma il
maleficio fatto agli altri nessuno ha il diritto di assolvere ? 1. Si sentiva rumore di passi e di voci per le scale, e un aprire di
porte. Era lei, la signora Rosalia. Entro lievemente, zoppicando: ? Ohi, Ohi! Quanto ho camminato oggi! E queste scarpe mi brucia no... Non devo metterle piu... piu... ?. Prese fiato, si appoggio al tavolo e finalmente si mise a sedere. Aveva un grosso involto tra
le mani; lo apri adagio, elencando: ? Chiodi di garofano, caffe, rotella
1 . . .prima che sia confessato ed espiato. Espiato. Altrimen
ti assoluzione e complicita: aggiunto nel mio manoscritto.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 69
pei ravioli, zucchero vanigliato e poi... poi... ah, il lucido per le
scarpe, di quello buono pero, che non risecchisca come quell9altro che ho dovuto buttar via... ?.
Guardo in faccia il fratello silenzioso: ? Che hai, cosi annuvolato? Che t9e successo? T'han fatto inquietare? ?. ? No ?
rispose ? ero
qui a mettere in chiaro certe storie con questo ragazzo... soltanto, volevo dire che se una cosa serve male bisogna lasciarla al suo posto finche non sia venuta Paltra cosa che serve bene. Alle volte anche cio che serve male puo far comodo. Peggio di tutto e il niente ?.
Un'altra volta investi se stesso, la propria ? bestialita ?, come
diceva. Era andato in villeggiatura estiva a Trecastagne, un borgo etneo, per riposarsi. Dopo una lunga arrampicata, lo andai a trovare
nella casa ove dimorava, affidato alle cure di brava gente rispettosa. Una casa rustica. Saliti i tre gradini di pietra e attraversato il ve
stibolo dove un cane spelato gironzava, fui introdotto nella sua camera. Era adagiato su una sedia a braccioli, alquanto sconnessa: e aveva davanti una gran ciotola di caffe e latte. Mi ricevette con un sonoro ? buon giorno: anche tu, qui? ? ? Si ? risposi ?. Torno giu
oggi, per la via di Belpasso. ? ? ? Di Belpasso ? ripete. ? Io, no; io continuo a ristorarmi di quest'aria balsamica; di questo ozio sa
lutare, di questa bella, bellissima villeggiatura. Mi trovavano patito,
laggiu, e di cattivo umore. Ora, invece, sto ingrassando come un ma
iale di novembre, e crepo di contentezza. E benedico i parenti e gli amici che mi hanno spinto su questa montagna dove c'e ogni bene di Dio: latte, ova, formaggi freschi, salami, polli, carne di manzo, di
vitello, di capra, olive, vino di quello che risuscita i morti... che vuoi di piu? Che potrei volere di piu? C'e la massaia, il massaio, il cane, i gatti, due gatti, le mosche. Le vedi, le mosche? Si? No, caro, non vedi nulla ancora; aspetta il pomeriggio: vedrai tappeti di mo
sche, ferme per terra, sul tavolo, sulPorlo dei bicchieri; ed altre che
ti volano dal naso ai capelli agli occhi alle mani. Questo vuol dire che c'e aria fine, di montagna. Ci sono anche le pulci: te le senti a
poco a poco ai polpacci, nelle legature delle calze dove gratti, gratti, quando la pulce e scappata, finche spunta la bolla. E anche questo fa bene, grattarsi, perche il sangue si mette in movimento e non ri
stagna. Sicuro. E poi ci si abitua alia vita semplice, a lavarsi con poca
acqua, perche acqua ce n'e poca, ma buona: buona che e una delizia,
leggera, leggera, presa alia fonte piu vicina, a dorso di somaro ?.
Trasse un sospiro, e si fermo: subito dopo riprese: ? Si, mio caro:
torna, torna a Catania, domani. E non sognare mai e poi mai di ri
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
70 E. FRANCESCHINI
farti la salute e Pumore venendo a sbattere nei luoghi ameni, fuori
di casa tua. A casa tua tutto ormai e accomodato per te: la tua stanza, i tuoi barattoli, le tue abitudini. La, quando ti alzi al mattino, ti senti subito circondato dalle cose che appartengono solo a te; e non
hai da pensare a novita, fuori che a quelle che ti vengono improvvise dalla finestra aperta sulla strada o da quell9altra invisibile finestra
aperta sulPanima tua ? . . . Chiuse gli occhi, come preso da un grato ricordo: ? II mondo e sempre cosi bello ?
soggiunse ?
quando si esce per ritornare nella propria tana ?. Si interruppe: poi concluse con voce pacata: ? Resta nella tua tana, figliolo. E un luogo dove
ti possono giungere le grazie piu inattese. La potrai ricevere comoda mente anche la mala fortuna; e non avrai bisogno di andarle incontro con la valigia sulle spalle ?.
Bisogna provarle, certe cose. Bisogna provare, ad esempio, ad essere un altro, a dovere essere un altro, per non finire di essere tra
gli uomini ? mangiatori di pane ? come diceva Omero. Io, col nome
che ho sempre avuto, con la mia casa, con le mie cose, col mio lavoro consueto ero rimasto la, da dove ero partito. Ora avevo altro nome e altro mestiere: e portavo un po' di robba nella valigia, di quella ne
cessaria, senza nulla che attestasse la mia persona. Chiunque poteva rubarla, quella valigia, e proclamare che era propria 2. Ero Pavvocato
tale. Ripassavo tacitamente le mie nuove generalita, che non avessi a confonderle. Ne ero sicuro: Pavvocato tale. Mi sarebbe piaciuto trovare intanto una persona, la prima, a cui potessi o dovessi annun
ciare quello che ero adesso, la mia professione, il mio nome soprat tutto, per celebrare il nuovo battesimo.
Non mi era possibile uscire fino alle sei del mattino. Cera il coprifuoco e lo scuro fondo delle notti di dicembre. In tale circostanza
ogni mortale, in qualunque condizione si trovi, sia pure il beniamino
della fortuna o della sfortuna, non pud concepire la Prowidenza al tro che in forma di letto dentro una camera qualsiasi con un po' di
caldo e di luce e acqua corrente per lavarsi: una camera d'albergo, che adesso apparisce come uno dei castelli fatati sorti per incantesimo.
2 Come chiunque avrebbe potuto essere nei miei panni, dacche avevo tolto dalPunico vestito Petichetta del sarto e della citta. E
nella testa svagata nessun pensiero mi riportava ai giorni trascorsi; nelPanimo si, qualcosa c'era ancora, che cominciava a scolorirsi, a diventare gia un ricordo, cioe qualcosa che non era piu: aggiunto nei mio manoscritto.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 71
Una volta, uscendo dalla stazione, si passava in mezzo allo sfolgo rio di tante lampade, tra file di gallonati portieri che gridavano il nome delle locande, nomi famosi per il mondo: si passava quasi in
fastiditi da quelle voci postulanti che aspettavano un nostro minimo cenno. Ora scuro e silenzio sepolcrale: ne portieri, ne vetturali, ne
autisti: qualche facchino appena, che inoperoso ti attraversa il cam
mino, senza guardarti. II treno giunse alia stazione alle due di notte. Si va brancolando
per le strade notturne, verso le locande che in altri tempi ci hanno
accolto e confortato. Albergo Manin, sinistrato; albergo Regina, re
quisito; quest'altro, tutto preso: neanche un buco. Si prova a tele
fonare? Si prova. Nessuna risposta, oppure la solita: tutto preso. Non ero solo. Due persone erano nel vestibolo semibuio, sedute sulle va
ligie: due donne. Aspettavano i loro uomini andati in cerca di alloggio. Volevano fumare e non avevano fiammiferi. Li chiesero a me. Cosi
comincio il lungo colloquio. Allegrissime donne: giovani, attrici di varieta; una di loro, la piu attempata, si diceva anche poetessa, e
Paltra, la piu estrosa, insisteva perche avessi anch'io un saggio di
quelle mirabih poesie. Sulla scaletta sotterranea che portava alia
caldaia spenta del termosifone restava un avanzuccio di calore del
giorno avanti. La fanciulla piu giovane seguitava a dondolarsi sulle
gambe aperte e si accompagnava con un motivo di canzone: ? Ti sei
fatta una veste scullata ?... Volevano essere napoletane le parole, ma non erano. II motivo, si, era quello: un motivo che veniva da
lontano, da anni e anni, che avevo sentito laggiu e che avevo ripetuto anch'io molte volte, allora, quando la giovinezza coltivava tante
aiuole, se anche nessuna ne fioriva 3. Si sentivano gia i tocchi di una
3 Perche la fanciulla lombarda, ora, dondolandosi sulle gambe muscolose e scure, mi ricantava il vecchio motivo? Come quell9altra, un giorno, in una chiara mattinata tra mari e monti a Messina, pri ma che la citta fosse due volte distrutta... O terra mia di Sicilia
che non rivedro piu!... Nella camera entrava una striscia di sole
dalla finestra aperta sul giardino. Lei pettinava adagio, davanti allo specchio, il gran volume dei capelli. Guardavo il collo bianchis simo sotto la chioma nera e gli occhi pieni di gioia, una volta, e la bocca capricciosa. ? Tuo padre
? domandavo ? dov'e? E di quel
Taltro, non hai saputo piu nulla? ? Non rispondeva: non voleva dir niente di lei, ne saper niente di me. Voleva soltanto che le restassi
vicino, senza premura, senza voglie frettolose, a raccontare, come
si faceva una volta, storielle buffe: perche lei, come certe anime a
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
72 E. FRANCESCHINI
campana: la prima luce era dunque vicina. Continuavo a guardare la fanciulla lombarda che aveva smesso di agitarsi, e mi gridava: ?Verrai dunque a sentirci ? ? Si, certamente. ?
Quando? ?
Stasera. ? Ma no, stasera non si prova nemmeno. Giovedi sera. ?
Va bene, Giovedi. ? Prometti? ? Giuro. ? Bravo. Cosi mi piac ciono gli uomini, quando hanno gentilezza. Sei viaggiatore, tu? ?
Si, come tutti i disgraziati che capitano in albergo. ? Non capisci.
Domando se sei viaggiatore di commercio. ? No, sono avvocato ?.
Oh, bella! Lo dicevo io a sentirti parlare. E come ti chiami? ? Mar tinelli... awocato Antonio Martinelli ? ?.
Cosi, dopo tanti anni dal primo, ricevetti il mio secondo batte
simo: e mia madrina fu lei.
La sera appresso ripartivo. Le tettoie della stazione avevano ce
duto al risucchio delle bombe: e lasciavano vedere il cielo limpido e gelido. Di notte, quando si e troppo smarriti sulla terra, ci si sente a volte vicinissimi al cielo se l'improwiso scintillio di una Stella ci chiami a una qualche immensa speranza. Mancava quasi un'ora: ma
il treno era pronto. Nei vagoni pieni di buio la gente saliva e spiava se c'era posto. Poco dopo c'eravamo tutti; una signorina e sette uo
mini. Uno, da un angolo, con una lampadina, s'illuminava il giornale che leggeva con intensa cura: il giornale, suo vangelo quotidiano. Poi
prese a parlare col vicino. II principio del discorso mi sfuggi; ma quando la voce si fece piu risoluta, potei ascoltare. Diceva: ? Io sono comu
nista fascista ?. E Paltro: ? Ma come! Da vent'anni abbiamo detto che il comunismo e la peste: e ora ci diciamo comunisti? ?. ? Si, ap punto. Che vuol dire questo? Vuol dire che se il comunismo vuole levare la proprieta ai ricchi, ai pescecani, per darla ai lavoratori, io sono comunista; ma se il comunismo vuole abolire la religione, la
famiglia, la patria, sono anticomunista; se vuole un solo pastore e
tutto il resto pecore, sono anticomunista. Ha capito, ora??. E Paltro, ad ogni svolta di frase, ripeteva invariabilmente: ? Storie, storie, storie ?. II primo ricomincio: ? E i Russi sono peggio delle pecore. Sa
fondo amaro o nate a sfortuna, s'incantava per talune inezie gio cose. E ne ricordava ancora qualcuna, di quelle mie: e le ripeteva: si che mi prendeva una commozione improwisa a quegli echi del passato che sgorgavano da una bocca femminile dentro un raggio di sole. Lei ne aveva fatti, di pianti: e ora non voleva piu. Cantare voleva: e cantare quella canzone, proprio quella.
. . aggiunto nel
mio manoscritto.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 73
perche si battono e si fanno ammazzare? Lo sa perche? Glielo dico io:
perche di fronte hanno le mitragliatrici tedesche e alle spalle hanno
quelle russe. Ecco perche si battono ?. E Paltro: ? Storie ?. Quello monto in furia. ? Ma che storie e storie! Sono verita queste, altro che
storie! Ma lei e un bolscevico, non e un italiano; e se e un bolscevico, stia zitto; abbia almeno il pudore di stare zitto, altrimenti sono ca
pace di farla arrestare. Ha capito? La faccio arrestare io, ne? ?.
Intervenne la voce accorata di un terzo, che stava di fronte: ? Calma,
signori, calma, per carita. Siamo tutti italiani. Alia luce del giorno strappiamoci pure gli occhi; quando ci si vede bene in faccia; ma un
po9 di pace almeno allo scuro! ?. Gia: concordia degli spiriti, notte
degli spiriti. Cosi aveva sentenziato in quel pomeriggio lontano don Tommaso Ardizzone, il maestro spirituale della mia adolescenza e
forse di tutta la mia vita.
Passarono due mesi. In una sera di febbraio un tale mi accom
pagnava per un sentiero ripido e stretto. Procedeva cauto con ripe tuti cenni di silenzio. Ero stanco. II sentiero fini e comincio la cam
pagna: una campagna sparsa di cespugli. E una casa sorgeva scura
sul poggio. Quello mi sospinse senza parlare dentro una specie di covile in muratura, che non osassi sporgermi. Poco dopo altri
passi si udirono, vicini. I due mi trassero di la, frettolosi, quasi con
violenza. Dopo un breve tratto mi fecero curvare per terra: solleva
rono una rete, strisciai per Pangusta apertura; una voce sussurro
?sempre diritto?. E scomparvero, come fantasmi. Non vidi piu nessuno. Era il plenilunio. Davanti a me si stendeva un'erta mala
gevole e spinosa; dietro un cane latrava furiosamente. Tra le stelle
velate dalla luna, Giove brillava di una divina bianchezza. Certe
volte il cielo e stupendo sulPaffanno delPuomo. Mi arrampicavo a stento nelPincertezza pesante del cammino, sino a che uno
scintillio di lume mi avverti che avevo lasciato la patria. Dieci
giorni dopo dalPospizio di Loverciano guardavo PItalia, da cui ero uscito. Perche? Chi mi aveva mandato via dal mio
paese per ridurmi cosi, come ora mi sentivo, sperduto e mendico?
Chi? I miei nemici, gli oppressori del mio paese, no. Gli amici e i com
pagni mi avevano fatto esulare per essere sicuri della mia liberta
e della mia vita. Essi avevano voluto salvarmi dalla morte. Ma che
significa ?salvare dalla morte?? Guardavo PItalia, di fronte. Un velo di nebbia dorata awolgeva la valle di Mendrisio e i monti di Brunate. La dietro avevo lasciato il mio bagaglio, messo insieme
con la cura ed il gusto onde i poveri sanno scegliere le cose loro piu nuove e utili e belle. Un tesoro, forse sperduto, che aspettavo da
dieci giorni, lunghi come anni. Con gli occhi smarriti nei vapori del
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
74 E. FRANCESCHINI
vespro cercavo un esempio di antica saggezza per consolarmi. Pen savo ad Aristippo che per andare piu lesto e non rischiare la vita
comando al servo di gettare via il carico d'oro nelle sabbie del de serto africano. Mi pareva che Pesempio calzasse bene: invece no, non tornava: un carico come quello non sarebbe stato mio in nessuna
parte del mondo. E poi, Aristippo, una volta traversata la Libia,
giunto a Cirene, chi sa che calzari belli avrebbe trovato e che mantelli
fini di lana milesia! Pensai alia bisaccia di Cratete e al verso famoso: ? In mezzo al fosco oceano delPorgoglio v'e una citta, la mia bisac
cia ?. No: adesso le citta non stanno piu nel sacco da montagna: esse hanno preso almeno le dimensioni di una grossa valigia: come
la mia, rimasta laggiu dietro quei colli che dileguavano fluttuanti nelle ombre della sera.
Don Tommaso, maestro grande e inascoltato, lo dicevi tu: ? Re sta nella tua tana ?. Bella massima, e vera. Ma le belle massime ap
pariscono tali, quando non giovano piu.
Questo racconto e stato pubblicato dalla ? Nuova Antologia ?
(vol. 183, I, gennaio-aprile 1945, pp. 26-32) a Roma, dove Mar chesi si era recato in volo da Lione il 10 dicembre 1944, su invito del Governo Bonomi. Poi, com'era solito fare, Marchesi se ne servi ancora: e la prima parte (dalPinizio fino a . . . con la valigia sulle
spalle: qui, pp. 66-70, r. 13) fu usata per Canonici di altri tempi, in
Divagazioni, 1951, pp. 21-26 30; la seconda (da Bisogna provarle, certe cose . . . a un po? di pace, almeno allo scuro: qui, pp. 70-73, r. 11) per Cane di terracotta, 1954, pp. 17-20 81; la terza infine (da Passa rono due mesi a stupendo suWaffanno deWuomo: qui, p. 73, rr. 15-28) per Intermezzo svizzero, ancora in Divagazioni, p. 137 32.
3? Con queste sole varianti: p. 67, r. 7 dopo padre Michele, e omesso il cappuccino; p. 67, r. 27, dopo corrompere aggiunge o nelVingannare; al posto di mielata c'e zuccherata, p. 67, r. 32.
31 Con le seguenti varianti: p. 70, r. 16 ? mangiatori di pane ? come diceva Omero b omessa; id. con le mie cose di p. 70, r. 17; le mie nuove generalita di p. 70, r. 22; alia parola stazione (p. 71, r. 8) e aggiun to ? ed e particolare importante perche ci permette di identificare con sicurezza il viaggio con quello Padova-Milano del 29 novembre 1943 ? di Milano; invece di va (ibid.) c'e andava; invece di preso, c'e
occupato (p. 71, r. 11); invece di Ti sei fatta una (p. 71, r. 22) Te si fatta 'wo. Si omette Continuavo a
guardare (p. 72, r. 1), che (subito dopo). Al posto di Giuro (p. 72, r. 5) si legge Sicuro ma deve essere errore di stampa, troppo ? mar che si ana ? (di Marchesi narratore) essendo la lezione giuro; a p. 72, r. 9 h omesso Oh hella ... parlare. A p. 72, r. 13 la Sera appresso, c'e Molte sere dopo. A p. 72, r. 21 si omette il giornale suo vangelo quotidiano; id. a p. 72, r. 30 la patria, sono anticomunista; id. a p. 72, r. 32 per il terzo storia. A p. 73, r. 3 al posto di russe si legge sovietiche.
32 A p. 73, r. 15 al posto di due si legge tre; subito dopo si omette difebhraio, e ? nella riga appresso
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
C. MARCHESI DAL 25 LUGLIO 1943 AL RIFUGIO DI LOVERCIANO 75
Inedito e solo il racconto, meraviglioso, della fanciulla messi
nese, prima del terremoto (1908). Sono ricordi commossi della giovinezza di Marchesi ? lonta
nissima ? del canonico che gli insegno la giustizia; motivi di canzoni che fiorivano forse sulle sue labbra a Catania, a Messina, a Firenze; Pim
magine, soprattutto, della ragazza di Messina che si pettinava, adagio, davanti allo specchio, il gran volume dei capelli e voleva udire sol tanto la canzone: Te si fatta 'na veste scullata... Ora rimbalzano la, a Loverciano: e le riudiva un uomo di sessantacinque anni, famoso
si, ma solo e fuggiasco, senza nulla, se non duecento franchi svizzeri; che meraviglia se non sa trattenere un grido di disperata nostalgia: 0 terra mia di Sicilia che non rivedrd piu... ?
Sono anche ricordi piu vicini: e nel brano finale e Tironia amara di chi tutto ha perduto, perfino le valigie. L'apologo classico e, in fondo, per consolarsi della perdita, che egli giudicava irrepa rabile.
II Marchesi, come si e visto, pubblico il racconto nel nr. di gen naio-aprile della ?Nuova Antologia ? edita a Roma (da non con
fondere col nr. di gennaio della stessa rivista edito da Mondadori a
Milano, di ben altro contenuto e tono): ma vi tolse, forse per un senso
di intimo pudore autobiografico, il ricordo lontanissimo della Sicilia: che non appare mai, in nessuna parte delPopera sua posteriore. In vece il racconto, cosi com'e, dipinge meravigliosamente il Marchesi
delPospizio svizzero di Loverciano, alia fine di quelFagitato feb
braio del 1944.
? ero; a p. 73, r. 20 b omesso M non osassi sporgermi; a p. 73, r. 24, id. come fantasmi e a p. 73, r. 28-30,
id. la frase Mi arrampicavo... /a patria.
This content downloaded from 185.44.77.146 on Sat, 14 Jun 2014 02:15:31 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions