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N°7, 1-14 MARZO 2015
ISSN: 2284-1024
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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 15 marzo 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Alessandro Tinti Maria Serra
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Weekly Report N°7/2015 (1-14 marzo 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net
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FOCUS
EGITTO ↴
Si è tenuto a Sharm el-Sheik, nel Sinai meridionale, l’attesa Conferenza sullo Svi-
luppo Economico dell’Egitto (13-15 marzo). L’appuntamento ha visto la parteci-
pazione di delegazioni provenienti da 80 Paesi e di 23 organizzazioni internazionali,
tra cui il Segretario di Stato USA John Kerry, il Principe ereditario saudita Muqrin, il
Direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, il Ministro degli Esteri
russo Sergej Lavrov e il Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi. La confe-
renza di Sharm el-Sheik è stata l’occasione per fare il punto sullo stato di salute
dell’economia egiziana – che naviga ancora in cattive acque anche a causa del lento
processo riformista che sta portando avanti il governo –, per accrescere gli investi-
menti diretti esteri nel Paese e, infine, per rilanciare l’immagine dell’Egitto nel mondo.
La Conferenza è stata inoltre una vetrina politica per il governo di Abdel Fattah
al-Sisi e del Primo Ministro Ibrahim Mahlab che attraverso la presentazione ufficiale
del piano quadriennale per lo sviluppo economico nazionale, della nuova legge sugli
investimenti esteri, del progetto di espansione del distretto della capitale, di quello
riguardante il raddoppio del Canale di Suez e della stipula di diversi accordi bilaterali
con i Paesi invitati, sono riusciti a dare un’immagine positiva e intraprendente
dell’Egitto post-Primavere Arabe.
I cambiamenti normativi presentati a Sharm el-Sheik dal governo riguarde-
ranno quattro settori (legislativo, grandi opere, energia, riforme finanziarie) e
avranno come principale obiettivo quello di mutare radicalmente lo scenario econo-
mico egiziano, favorendo la creazione di piccole e medie imprese private, una minore
burocrazia amministrativa e legislativa, una maggiore efficienza nella spesa pubblica
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e una capacità di attrarre in maniera determinata gli IDE nel Paese. Per far ciò il
governo al-Sisi si è posto come obiettivo sia la riduzione del deficit di bilancio al
10% del PIL entro il 2018 rispetto al 15% dell'anno precedente, sia un ulteriore
taglio dei sussidi alimentari e energetici, che incidono per circa il 25% del budget
statale.
Nelle intenzioni del governo cairota la kermesse economico-politica darà l’opportunità
alle autorità nazionali di firmare accordi economici per svariati miliardi di dollari. Il
Ministro degli Investimenti, Ashraf Salman, stimava che prima dell’avvio dei lavori
fossero firmate intese per 15-20 miliardi di dollari, diretti in particolare nei com-
parti energia e agricoltura, settori, questi, estremamente colpiti dalla crisi attraver-
sata dal Paese in questi ultimi quattro anni. A garantire una svolta politica in tal senso
è entrata in vigore la nuova legge sugli investimenti esteri che emenda quattro
testi varati tra il 1981 e il 2005 e che punta a ridurre soprattutto gli ostacoli burocra-
tici agli IDE delegando l’intero iter amministrativo al GAFI (General Authority for In-
vestment and Free Zones), che avrà il compito di approvare o rigettare i progetti che
saranno realizzati nelle zone speciali individuate dal governo. In precedenza per ot-
tenere le autorizzazioni per investire in Egitto esistevano 78 enti che gestivano l’intera
macchina burocratica. Il nuovo strumento normativo prevede inoltre la creazione di
uno sportello unico per gestire il flusso di capitali provenienti dall’estero.
Obiettivo della legge è la riduzione dei costi di produzione e lo sviluppo di progetti
infrastrutturali per la rivalutazione ambientale ed economica di aree depresse come
quelle dell'Alto Egitto o dell’Egitto Occidentale.
Si inseriscono infatti in questo contesto le firme di accordi bilaterali in ambito
energetico-infrastrutturale da parte dell’Egitto con Arabia Saudita, Emirati Arabi
Uniti, Kuwait (che hanno riconfermato nuovi investimenti per 12 miliardi di dollari),
Germania e soprattutto Italia. Proprio la presenza di Renzi – unico Capo di governo
occidentale presente al consesso, insieme al vice Ministro per l’Economia Carlo Ca-
lenda – ha confermato ancora una volta il rafforzamento dell’asse politico-commer-
ciale tra Italia ed Egitto. Roma si è impegnata ad investire nel Paese nei pros-
simi anni 10 miliardi euro nei comparti infrastrutture ed energia: un progetto
molto importante è quello riguardante il cosiddetto “Golden Triangle” (Safaga, Qena,
al-Quseir, nell’Alto Egitto), relativo allo sviluppo minerario, industriale, logistico, turi-
stico, agricolo della regione. Il progetto dovrebbe portare nell’arco di 20 anni alla
creazione di circa 300.000 nuovi posti di lavoro diretti, mentre altre 200.000 nuove
opportunità di impiego deriverebbero dall'indotto. Di particolare rilevanza è anche il
programma da 5 miliardi di euro proposto da ENI che si è assicurato l’esplora-
zione e la trivellazione di petrolio e gas delle aree off-shore a sud del Mar Rosso
egiziano e del Mediterraneo Orientale, e nelle zone on-shore nei pressi dell’Oasi di
Siwa nel Deserto occidentale, vicino al confine libico
Proprio il dossier Libia e più in generale quello terrorismo legato allo Stato
Islamico sono stati i temi affrontati con maggiore attenzione da al-Sisi con
tutti i leader internazionali presenti, dai quali ha ottenuto un generico impegno a
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contrastare efficacemente l’avanzata radicale islamista in Nord Africa. Se l’Italia e
Matteo Renzi hanno espresso una maggiore partecipazione a sostegno del governo
egiziano in ottemperanza però alla posizione comune assunta dall’ONU con-
tro i terroristi dell’IS, il Segretario Kerry non ha chiuso la porta al Cairo alla possibilità
di ricevere nuovi e più tecnologicamente avanzati sistemi di arma per contrastare i
jihadisti in loco. Pur apprezzando le tiepide aperture da parte di Washington – con la
quale le relazioni nell’ultimo biennio hanno conosciuto una nuova fase di assesta-
mento –, il Presidente al-Sisi ha invocato la necessità di poter disporre a breve di
carri armati, missili, aerei e altre strumentazioni ritenute indispensabili nella war on
terror egiziana contro l’IS.
Forniture tuttavia che potrebbero giungere presto dalla Russia attraverso una
parte del finanziamento giunto grazie ai fondi dell’Arabia Saudita. Il 4 marzo scorso
il Ministro della Difesa Sergej Shoigu aveva affermato alla stampa locale che i governi
di Egitto e Russia avevano deciso di svolgere entro il 2015 nel Mar Mediterraneo –
probabilmente nei pressi di Alessandria dove è in costruzione una base militare russa
– un’esercitazione navale congiunta ed «esercizi anti-terrorismo che coinvol-
gono le forze di intervento rapido» delle due parti. La decisione è stata annunciata in
occasione della visita a Mosca del Ministro della Difesa egiziano Sedki Sobhi per par-
tecipare alla riunione della commissione bilaterale per la cooperazione tec-
nico-militare Russia-Egitto. La visita di Sobhi a Mosca ha visto anche la firma di
una serie di accordi per la fornitura di armamenti, dopo quelli già firmati nel novembre
2013 per un valore di 3,5 miliardi di euro.
Intanto non conoscono sosta gli attentati nel mainland (in particolare al Cairo, di-
stretto della capitale e Alessandria d’Egitto) e nel Sinai settentrionale (al-Arish e
Sheikh Zuweid) dove si segnalano attacchi di bassa-media intensità contro in-
frastrutture civili e militari e dove si sono registrati globalmente tre morti e di-
verse decine di feriti. La continua escalation di violenze e l’incapacità delle forze
dell’ordine d’interrompere questa scia di attacchi ha portato il Presidente al-Sisi a
cambiare il Ministro degli Interni Mohammed Ibrahim e a sostituirlo con il
General Magdi Adbel Ghaffar, già a capo ai tempi di Mubarak del Dipartimento
della Sicurezza Nazionale. Ufficialmente Ibrahim avrebbe pagato le sue dichiarazioni
a difesa degli agenti che avevano represso duramente i manifestanti in occasione del
quarto anniversario della Rivoluzione del 2011, che avevano provocato inoltre l’ucci-
sione dell’attivista di sinistra Shaimaa Sabbagh, avvenuta in circostanze non del tutto
chiarite. Tuttavia a costare il quarto cambio di Ministro degli Interni dal 2011 sarebbe
stata ufficiosamente la mancanza di incisività nella gestione dei dossier relativi
alla sicurezza del Paese, dal terrorismo jihadista alla repressione dei Fratelli Mu-
sulmani. La nomina di Abdel Ghaffar è avvenuta all’interno di un inaspettato rimpa-
sto di governo promosso da al-Sisi il 5 marzo scorso, che ha coinvolto diversi
Dicasteri tra cui quelli del Turismo, della Cultura, delle Comunicazioni, dell’Istruzione,
della Formazione Tecnica, delle Infrastrutture e dell’Agricoltura.
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IRAQ/SIRIA ↴
La battaglia di Tikrit volge verso la liberazione della città, da oltre otto mesi
nelle mani dello Stato Islamico (IS). La complessa operazione di terra, condotta con-
giuntamente dall’esercito regolare iracheno e dalle milizie sciite raccoltesi nel Fronte
di Mobilitazione Popolare, era scoccata il 2 marzo. Le forze governative sopraggiunte
da Samarra e Diyala hanno dapprima acquisito il controllo della periferia, tagliando
le linee di rifornimento ed eliminando le postazioni jihadiste concentrate lungo la riva
orientale del Tigri. Seppur rallentata dalle scorrerie dei miliziani islamisti, che hanno
disseminato le strade di trappole esplosive e dato alle fiamme alcuni pozzi petroliferi
al fine di ostacolare gli aggressori, l’offensiva ha portato all’accerchiamento di Tikrit.
Sarebbero meno di cento i guerriglieri dell’IS asserragliati nel capoluogo della pro-
vincia di Salah ad-Din. Nelle dichiarazioni del Ministro della Difesa Khaled al-Obeidi
la riconquista di Tikrit è un tassello essenziale per il prossimo scontro su Mosul,
simbolo e roccaforte del Califfato in territorio iracheno.
Sebbene la tensione resti altissima, come comprovato dal violento attacco su Ramadi
e dall’esplosione di un’autobomba a Baghdad nella sola giornata dell’11 marzo, la
disfatta di Tikrit sembra poter marcare un punto di svolta nella campagna bellica
contro lo Stato Islamico sia per gli aspetti di debolezza emersi nella tenuta difensiva
dei miliziani islamisti, sia per l’efficace coordinamento delle forze di sicurezza
irachene con i gruppi paramilitari sciiti. Per quanto riguarda il primo punto, è
opportuno segnalare che l’esercito iracheno sta conducendo un’operazione minore
nei pressi di Garma, nell’Anbar sunnita, mentre i Peshmerga curdi sono impegnati
nell’area di Kirkuk per rimuovere definitivamente l’impronta jihadista. Per quanto in-
vece concerne il composito fronte espresso dalle istituzioni irachene, l’avanzata su
Tikrit ha visto la collaborazione tra le truppe regolari (circa tremila unità), poche
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centinaia di combattenti tribali e le ben più cospicue milizie sciite, stimate in ventimila
combattenti al servizio di Baghdad ma dirette da Teheran.
A questo proposito, le autorità irachene e i media iraniani non hanno nascosto la
presenza sul campo di numerosi ufficiali della Guardia Rivoluzionaria ira-
niana. Il Generale Qassem Suleimani ha personalmente preso parte all’operazione
assumendo il comando delle milizie sciite. Benché escluso dalla coalizione internazio-
nale adunata dagli Stati Uniti, l’Iran è in prima linea nella crisi irachena sia in termini
militari, che di influenza politica. Tuttavia, la violenta ostilità interconfessionale su cui
il Califfato ha costruito le proprie fortune rende controverso l’intervento iraniano.
Convocato dalla commissione per le relazioni esterne del Senato statunitense lo
scorso mercoledì, il Capo dello Stato Maggiore congiunto Martin Dempsey ha valu-
tato positivamente il coinvolgimento militare di Teheran nella battaglia di
Tikrit, ma ha espresso forte preoccupazione circa possibili ritorsioni contro la popo-
lazione civile nella provincia di Salah ad-Din (in maggioranza sunnita) e rispetto alla
solidità di un governo centrale rappresentativo delle diverse componenti etniche e
settarie. Intervenuto in occasione della stessa audizione, il vertice del Pentagono
Ashton Carter ha esplicitamente accennato alla minaccia di una incipiente
“metastasi” dello Stato Islamico al di fuori dello scenario strategico siro-iracheno,
sollecitando il Congresso ad approvare e finanziare l’autorizzazione per l’uso
della forza militare proposta dall’amministrazione Obama, che non pone vin-
coli geografici alla repressione del terrorismo di matrice islamica. Tuttavia, la bozza
dell’esecutivo raccoglie dissensi tanto nel campo repubblicano, quanto in quello de-
mocratico.
Analogamente a quanto avvenuto in Iraq, anche in Siria il Califfato è proteso a
rinsaldare le difese attorno a Raqqa lasciando sguarnita la provincia di Hasakah,
dove la pressione curda si è rivelata insostenibile. Le infiltrazioni nelle provincie di
Homs e Damasco attestano una riconfigurazione della strategia jihadista, piuttosto
che il suo graduale sfaldamento. Nella prima settimana di marzo, le uniformi nere
dell’IS hanno intrattenuto ripetuti scontri con l’esercito siriano regolare nei pressi di
diversi giacimenti petroliferi a est di Homs e a sud di Albu Kamal.
Intanto, la formazione a Homs e Hasaka di due gruppi pro-regime, coordinati
e diretti da Hezbollah e dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana, apporta benefici
alle forze leali a Bashar al-Assad. Nel fronte ribelle, l’annientamento del gruppo Ha-
rakat Hazm, cui le potenze occidentali guardavano con favore in vista di un rovescia-
mento del governo di Damasco, consolida la supremazia di Jabhat al-Nusra. Il movi-
mento islamista, ancora legato alla rete di al-Qaeda, ha tuttavia subito un attentato
(5 marzo) in cui avrebbe perso la vita il comandante militare Abu Humam al-Shami
e sarebbe rimasto ferito il leader Abu Mohammed al-Joulani.
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STATI UNITI ↴
Invitato da un Congresso con entrambe le Camere a maggioranza repubblicana, il
Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, a sua volta alla vigilia delle elezioni
parlamentari nel suo Paese (17 marzo), ha pronunciato un importante discorso a
Capitol Hill. Al centro dello speech è stata, come ampiamente preventivato dagli ana-
listi, la questione del dossier nucleare dell’Iran, che Tel Aviv percepisce come
una minaccia vitale per la sua sopravvivenza a differenza dell’amministra-
zione Obama, che cerca di inserire Teheran nel grande gioco mediorientale in qualità
di potenza legittimata pur senza dotarla della bomba atomica.
Netanyahu ha affermato che «nessuno ha più interesse di noi a trovare un accordo
che limiti questa minaccia. Ma dobbiamo scegliere tra due strade: una porta a un
pessimo accordo, che porta verso un Iran con le armi nucleari e quindi alla guerra;
l’altra, per quanto complicata, porta a un Iran privo di armi nucleari. Se l’Iran vuole
essere trattato da Paese normale, si comporti da Paese normale». Quella posta dal
Paese sciita, ha continuato, è una «minaccia non solo per Israele, ma per il mondo
intero»; l’accordo attualmente in discussione nei negoziati di Ginevra è un
«un cattivo accordo» che garantisce «troppe concessioni» a Teheran: «in questo
modo si consentirà all’Iran di creare comunque il suo arsenale nucleare» benché gli
Stati Uniti non lo vogliano.
La Casa Bianca, che già aveva fatto sapere di non gradire la presenza di Neta-
nyahu a Washington in una fase così delicata per i negoziati e per il futuro di
Israele, ha reagito stizzita al discorso: «è solo retorica», ha affermato una fonte
all’interno dello staff presidenziale, «nessuna idea nuova, nessuna alternativa con-
creta». Barack Obama ha aggiunto: «non ho visto il discorso di Netanyahu, ho letto
la trascrizione, ma non c’era nulla di nuovo». Netanyahu ha ricordato agli Stati Uniti,
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circondato da un tripudio di applausi, che pensare di legittimare le ambizioni dell’Iran
al fine di averlo al proprio fianco nella lotta allo Stato Islamico è un’idea pericolosa:
con un’espressione ad affetto, ha infatti affermato che «il nemico del mio nemico è
mio nemico».
Si è intanto concluso un altro round dei negoziati tra il P5+1 e l’Iran in Sviz-
zera. Dopo tre giorni di trattative, il Segretario di Stato, John Kerry, e il Ministro degli
Esteri iraniano, Mohammad Zarif, hanno mostrato fiducia in vista di un possibile
accordo da raggiungere entro l’estate. Anche se, hanno fatto sapere dal Diparti-
mento di Stato, non sarà così facile: «come in un cubo di Rubik, fintanto che ogni
pezzo non è al suo posto, la soluzione non è accettabile». Zarif ha annunciato che le
controparti sono «molto vicine» a definire un accordo anche se rimane «molto da
fare»; rispondendo a distanza a Netanyahu, ha aggiunto che «una volta compresa»
la necessità dell’accordo e «una volta che l’isteria sarà svanita» diverrà chiaro al
mondo che ciò che verrà firmato «non nuocerà a nessuno», incluso Israele. Le parti
si sono date nuovamente appuntamento al 15 marzo.
Al di là delle questioni mediorientali, Washington resta attiva anche sul fronte emi-
sferico. Obama ha approvato una nuova tornata di sanzioni al Venezuela, im-
plementando in via definitiva il Venezuela Defense of Human Rights and Civil Society
Act del dicembre 2014, che colpirà, nel caso specifico, sette funzionari governativi
vicini al Presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ritenuti colpevoli di aver violato i
diritti umani e di atti di corruzione pubblica. La Casa Bianca ha inoltre chiesto a Ca-
racas di liberare tutti i detenuti politici
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BREVI
GRECIA, 9 MARZO ↴
Il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha
definito «lontana dall’essere completa» la lista di ri-
forme presentata il 9 marzo dal Ministro delle Finanze
greco Yanis Varoufakis, aggiungendo che la Grecia non
riceverà aiuti nel mese di marzo. All’approvazione del
pacchetto di riforme è condizionata l’erogazione di un prestito di 7,6 miliardi di euro
necessario a coprire le spese ordinarie del governo ellenico, compresi gli stipendi
degli impiegati pubblici. Peraltro, in marzo scadranno i termini per il rimborso di circa
1,5 miliardi dovuto al Fondo Monetario Internazionale (FMI). Jeroen Dijsselbloem ha
aggiunto che la ripresa positiva dei negoziati sul debito greco dipende dall’accetta-
zione da parte dell’esecutivo presieduto da Alexis Tsipras di una visita ispettiva dei
funzionari della “troika”, ossia dell’organismo di controllo che sintetizza la posizione
congiunta di Commissione europea (CE), Banca Centrale Europea e FMI. Il Presidente
della CE, Jean-Claude Juncker, si è affrettato a dichiarare che l’uscita della Grecia
dall’Eurozona non sia un’ipotesi realistica, ma Atene avverte la possibilità di un refe-
rendum sulle politiche europee in caso di bocciatura degli aiuti. Il programma elabo-
rato dal governo Tsipras è incentrato sulla riforma della pubblica amministrazione e
del sistema tributario, oltre alla previsione di misure assistenziali per intervenire sulle
fasce meno abbienti della popolazione.
LIBIA, 4 MARZO ↴
Sono ricominciati a Rabat, in Marocco, i negoziati di
pace tra i delegati dei governi di Tripoli e Tobruk me-
diati dal Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite
Bernandino Leon, con l’aiuto di Marocco e Algeria, mi-
ranti a stabilire l’istituzione di un esecutivo di unità na-
zionale grazie ad un compromesso politico condiviso
tra le parti in lotta. Dopo il momentaneo blocco delle
scorse settimane, provocato dal ritiro dei delegati di Tobruk dai dialoghi, ora le parti
stanno procendendo lentamente verso una discussione positiva e costruttiva per una
risoluzione del conflitto. Come spiegato dallo stesso Leon, i rappresentanti di Tripoli
e Tobruk stanno discutendo intorno alla road-map composta da 11 punti proposta
dalla MANUL (Missione di sostegno dell’ONU in Libia) che riguarda la formazione di
un governo di unità nazionale, la scelta del futuro Primo Ministro e i vice Primi Ministri,
le soluzioni per il problema della sicurezza, l’entrata in vigore di un cessate il fuoco
permanente o quanto meno duraturo, il ritiro dei gruppi armati, il controllo delle armi
ed i meccanismi di funzionamento e di controllo dello stesso processo di pace.
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Parallelamente al processo ufficiale di pace, le diplomazie della regione nordafricana
continuano a muoversi nell’ombra per contenere la minaccia libica soprattutto in
termini di sicurezza. Secondo il portavoce del Ministero degli Esteri egiziano Badr
Abdel Atty, i delegati dei governi di Egitto, Algeria, Tunisia e Italia dovrebbero
approfondire tali argomenti la prossima settimana al Cairo. Intanto sul campo si
registrano soprattutto le iniziative delle milizie legate alle cellule dello Stato Islamico
(IS) a Derna e a Sirte. I jihadisti avrebbero preso il controllo (5 marzo) dei pozzi e
delle infrastrutture dei giacimenti di al-Bahi e di al-Mabrouk (500 chilometri a est di
Tripoli) e, secondo fonti dell’esercito libico legato alle forze di Tobruk, avrebbero
messo nel loro mirino anche il campo di al-Dahra. Il Colonello Ali al-Hassi (vicino a
Tobruk) ha affermato a Reuters che l’aviazione libica ha colpito il terminal petrolifero
di Sidra e l’aeroporto di Mitiga, vicino Tripoli, entrambi controllati dagli islamisti. Se
sul campo la situazione rimane confusa, la questione umanitaria peggiora
costantemente tanto che FRONTEX (Agenzia europea per la gestione della
cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione
Europea) ha lanciato lo scorso 6 marzo un nuovo e preoccupante allarme sul numero
di migranti in attesa di imbarcarsi in Libia per l'Italia, stimati tra 500 mila e un milione
di unità. Nel timore di nuovi sbarchi incontrollati, l’Italia ha proposto a livello
internazionale l’idea di un blocco navale, una misura di guerra tesa a impedire
l'entrata e l'uscita di imbarcazioni dai porti nemici. Pur non essendo considerata la
Libia “nemica” o “ostile” all’Italia, la misura sarebbe rivolta esclusivamente a
contenere i flussi delle imbarcazioni partite da Zawya (Tripolitania Occidentale) e
dirette verso le coste italiane. Nel concreto l’azione sarebbe basata su una
sorveglianza marittima con fregate, corvette, navi anfibi e pattugliatori posizionati a
tre miglia dalle coste libiche e con soldati dispiegati sulle spiagge della Tripolitania
con compiti puramente umanitari. In questo caso la misura sarebbe estesa a livello
europeo e internazionale e dovrebbe godere del consenso massimo anche dell’ONU.
NIGERIA, 8-13 MARZO ↴
Gli eserciti di Ciad e Niger hanno lanciato
un’operazione di terra, supportata dall’aviazione,
contro le postazioni di Boko Haram nella Nigeria nord-
orientale, riconquistando le città di Malam Fatouri e
Damasak, da tempo controllate dai miliziani islamici.
L’operazione ha rappresentato la prima grande
incursione all’interno della Nigeria dell’esercito del
Niger, che finora si era semplicemente limitato a difendersi, mentre il Ciad era già
penetrato con i suoi soldati all’interno di alcune aree di confine. Anche l’esercito
nigeriano ha riconquistato alcuni villaggi situati lungo la strada Damaturu-Biu, dove
è stata scoperta una fabbrica artigianale di esplosivi. Da quando Niger e Ciad si sono
uniti a Nigeria e Camerun nella lotta a Boko Haram almeno 30 villaggi sono stati tolti
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alle milizie islamiche e riportati sotto il controllo governativo. Nel frattempo i Capi di
Stato appartenenti alla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEEAC)
hanno confermato il loro sostegno a favore della lotta contro Boko Haram, adottando
un piano di guerra del valore di 80 milioni di dollari. Le difficoltà incontrate sul campo
hanno spinto la setta islamista nigeriana, in passato ritenuta vicina ad al-Qaeda, a
ricercare una nuove alleanze. In un video rilasciato il 7 marzo scorso, il leader di Boko
Haram Abubakar Shekau ha annunciato l’adesione allo Stato Islamico (IS) e la
sottomissione al suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, definito dai suoi seguaci come
“Califfo Ibrahim”, unico leader legittimo dei musulmani di tutto il mondo. La pronta
risposta è giunta attraverso un messaggio audio diffuso online giovedì 12 marzo, in
cui il portavoce dell’IS, Abu Mohammed al-Adnani dichiara che la sua organizzazione
ha accettato l’affiliazione di Boko Haram, e rivolge un invito ai musulmani che non
possono recarsi in Siria ed Iraq ad andare a combattere in Nigeria, al fianco dei
“fratelli africani”.
RUSSIA, 7 MARZO ↴
A pochi giorni dall'omicidio di Boris Nemtsov, ex vice
Premier e leader del partito di opposizione russa Parnas
assassinato a Mosca lo scorso 27 febbraio, il Servizio
Federale per la Sicurezza (FSB) russo ha arrestato Zaur
Dadayev, ex ufficiale del Battaglione Sever (unità di
polizia del Ministero dell'Interno ceceno), Anzor
Gubashev e con loro almeno altre tre persone (Shagit Gubashev, Ramzat Bakhayev
e Tamerlan Eskerkhanov) sospettate di essere coinvolte nell'omicidio. Un sesto
ricercato, Beslan Shavanov, ritenuto implicato nella vicenda, si è fatto saltare in aria
a Grozny dopo essere stato accerchiato dalla polizia. Dadayev, in stato di fermo fino
al prossimo 28 aprile e che si sarebbe riconosciuto inizialmente colpevole, ha in
seguito ritrattato la propria confessione alimentando dubbi su un movente
dell'omicidio legato alle dichiarazioni di Nemtsov sull'Islam e sulla vicinanza da questi
espressa ai vignettisti di Charlie Hebdo. Restano dunque ancora in piedi tutte le
ipotesi investigative, sia quelle collegate ad una possibile ridefinizione dei rapporti di
forza tra gli apparati federali (coinvolgendo dunque il leader ceceno Ramzan
Kadyrov), sia quelle che estendono la vicenda allo scenario ucraino e alla crisi
valutaria (Nemtsov avrebbe dovuto guidare una marcia contro la guerra in Ucraina e
contro la crisi economica), sia quelle relative ad un possibile delitto su commissione.
Un altro oppositore di Putin, Ilya Yashin, leader del movimento Solidarietà, ha chiesto
alle autorità russe di trovare i veri colpevoli e non i capri espiatori, promettendo la
pubblicazione di un dossier dettagliato che comproverebbe i legami dell'omicidio con
le vicende ucraine. Il Parlamento Europeo il 12 marzo ha votato un testo che definisce
il caso come «il più grave assassinio politico della storia recente russa», chiedendo
perciò l'apertura di una commissione d'inchiesta internazionale.
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RUSSIA-BALTICO, 26 FEBBRAIO ↴
La Federazione Russa ha ufficialmente avviato una
serie di esercitazioni militari su larga scala nelle basi
sud-occidentali del Paese. Sono oltre 2000 i militari
impegnati in operazioni addestramento in almeno 12
basi nei distretti Federali della Crimea, degli Urali (più
precisamente nelle regioni di Kemerovo, Celjabinsk e
Orenburg) nonché delle regioni caucasiche settentrionali dell'Abkhazia e dell'Ossezia
del Sud. Le esercitazioni, condotte da unità di difesa dell'aviazione con il compito di
simulare il respingimento di attacchi aerei e missilistici, e che dovrebbero durare
almeno fino ai primi giorni di aprile, sarebbero secondo quanto dichiarato dal vice
Ministro della Difesa Anatoly Antonov un'adeguata risposta alle attività della NATO
che secondo l'intelligence del Cremlino si starebbe intensificando in prossimità delle
frontiere della Russia. Il portavoce del Ministero degli Esteri russo, Aleksandr
Lukashevich, ha affermato che circa 300 militari statunitensi della 173esima Brigata
aereotrasportata di stanza in Italia (Vicenza) sarebbero in arrivo nella città ucraina
occidentale di Lviv per addestrare i soldati di Kiev. Oltre un centinaio di mezzi
cingolati statunitensi sarebbero inoltre diretti in Lettonia nell'ambito della missione
Atlantic Resolve. Mosca ha peraltro denunciato numerose manovre dell'Alleanza
Atlantica nel Mar Nero, come confermato dal NATO Maritime Command (MARCOM).
Queste vedono la partecipazione dell’incrociatore lanciamissili statunitense
Vicksburg, delle fregate canadese, turca, italiana e rumena Fredericton, Turgut Reis,
Aliseo e Regina Maria, nonchè della nave rifornimento tedesca Spessart. Chiaramente
inserite anch'esse nel contesto della crisi ucraina, dal 10 marzo anche la Norvegia ha
avviato Joint Viking nella regione settentrionale di Finnmark, in Lapponia, al confine
con la Russia, sul Mar di Barents, mobilitando 5000 militari di tutti i reparti e 400
automezzi. Le esercitazioni norvegesi sono significative non solo perché si tratta della
più grande operazione di simulazione dal 1967, ma anche perché dalla fine della
Guerra Fredda Oslo e Mosca avevano sviluppato un'importante cooperazione in
ambito militare suggellata dalle esercitazioni congiunte "Pomor" quali uno dei
capisaldi della collaborazione tra Russia e Alleanza Atlantica fino a prima della crisi
ucraina. Il Ministro della Difesa svedese, Peter Hultqvist, ha intanto dichiarato che
Stoccolma rafforzerà la propria presenza militare nell'isola del Gotland, tra la Svezia
continentale e la Lettonia, nel Mar Baltico, come parte del piano del nuovo governo
svedese di aumentare il budget della spesa militare per i prossimi cinque anni.
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SAHEL, 11 MARZO ↴
Il Ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian ha
annunciato l’accentuazione della presenza militare
francese nel Sahel per contrastare l’infiltrazione del
gruppo islamista Boko Haram nella regione. Parigi
offrirà sostegno logistico e intelligence alle forze
regolari di Ciad, Niger e Camerun attraverso
l’istituzione di una cellula di coordinamento e contatto all’interno della linea di
comando dell’Operazione Barkhane, che dal febbraio 2014 dirige la campagna anti-
terrorismo promossa dall’Eliseo allo scopo di scongiurare la disintegrazione di un’area
cruciale per gli interessi strategici d’oltralpe. A fronte di una riduzione delle unità
schierate in Repubblica Centrafricana nell’ambito dell’Operazione Sangaris, Le Drian
ha comunicato un modesto incremento (non ancora quantificato) degli effettivi
impegnati nel Sahel, dove già sono presenti più di tremila soldati francesi. Inoltre,
Parigi intensificherà le azioni di sorveglianza aerea. La manovra è motivata dalla
temuta espansione di Boko Haram oltre i confini nigeriani e dalla persistente
instabilità regionale aggravata dalla crisi libica, che alimenta il contagio del
radicalismo islamico. Il potenziamento del dispositivo di sicurezza delineato da Parigi
è parallelo all’offensiva lanciata l’8 marzo da Ciad e Niger nello Stato di Borno, nel
nord-est della Nigeria, dove imperversano i miliziani di Boko Haram.
UCRAINA, 2 MARZO ↴
Dopo le dichiarazioni del Cremlino e di Gazprom circa
un imminente taglio delle forniture di gas all'Ucraina, il
2 marzo Mosca e Kiev (rappresentate dai Ministri per
l'Energia Alexander Novak e Volodymyr Demchyshyn)
con la mediazione del Commissario europeo Maroš
Šefčovič hanno raggiunto un accordo sulla
salvaguardia dell'applicazione – almeno fino alla fine del mese di marzo – del
cosiddetto “pacchetto invernale”: Naftogaz si è difatti impegnata ad onorare il
sistema dei prepagamenti, evitando dunque un'interruzione dei flussi verso l'Europa,
mentre Gazprom a condurre 114 milioni di metri cubi di gas nei punti stabiliti. Restano
invece controversi gli approvvigionamenti nelle aree di Donetsk e Lugansk – che
attualmente ricevono le forniture dalla Russia –, che saranno oggetto di una
discussione separata, mentre per la fine di marzo è stata indetta una nuova riunione
per discutere di un “pacchetto estivo”. Sul fronte bellico, il portavoce Andriy Lysenko
ha dichiarato che le Forze Armate ucraine hanno completato la quarta fase del ritiro
delle armi pesanti dalla linea di contatto, mentre i separatisti avrebbero violato il
cessate il fuoco in almeno 25 occasioni. Nonostante la tregua sembri sostanzialmente
tenere (le esplosioni sono per lo più dalla parte opposta a Donetsk, Lugansk,
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Debaltseve e Mariupol), Poroshenko è tornato a richiedere agli USA l'invio di
equipaggiamento letale. Washington si è nel frattempo (11 marzo) limitata ad
imporre nuove sanzioni nei confronti di otto personalità ucraine e della Russian
National Commercial Bank. Anche l’UE, sulla base della decisione del Consiglio Affari
Esteri del 29 gennaio, ha annunciato (13 marzo) l'estensione di tutte le misure
restrittive per ulteriori 6 mesi (fino al prossimo 15 settembre).
UNIONE EUROPEA, 9 MARZO ↴
La Banca Centrale Europea, sul modello della Federal
Reserve statunitense, ha ufficialmente lanciato il suo
programma di quantitative easing (o alleggerimento
quantitativo) che intende da un lato scongiurare il
rischio di deflazione riportando l’aumento dei prezzi al
2% e dall’altro a riattivare il credito per cittadini ed
imprese all’interno dell’Eurozona. Attraverso le banche
centrali dei singoli Paesi, salvo nel caso greco, la BCE ha iniziato ad acquistare titoli
di Stato, obbligazioni di Istituzioni europee, titoli cartolarizzati e altre obbligazioni
garantite ad un ritmo di sessanta miliardi di euro al mese. «La reazione riscontrata
sui mercati all'avvio del piano di allentamento quantitativo varato lunedì dalla BCE»,
ha affermato il Presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, «dimostra che il piano di
acquisti funziona; la ripresa economica può gradualmente ampliarsi e probabilmente
rafforzarsi». Draghi ha però messo in guardia l’Europa: a Francoforte «siamo
consapevoli che le nostre misure possono comportare dei rischi alla stabilità
finanziaria ma questi rischi sono contenuti», soprattutto perché il QE della BCE non
rappresenta un surrogato per i Paesi europei alternativo alle riforme strutturali che,
soprattutto nell’Europa meridionale, restano necessarie ed impellenti. Gli acquisti di
titoli di Stato, infatti, restano «condizionati alla piena applicazione delle misure
annunciate» in sede comunitaria e approvate dalle principali Istituzioni europee. Alla
luce dell’attivismo della BCE, il Ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, ha
dichiarato che, considerando «le misure prese dal governo in Italia, mi aspetto che
la crescita aumenterà e sarà più ricca di lavoro di quanto sarebbe stato altrimenti».
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ALTRE DAL MONDO
COREA DEL NORD, 12 MARZO ↴
Fonti ufficiali del Ministero della Difesa sudcoreano hanno rivelato che la Corea del
Nord ha effettuato il test di sette missili terra-aria nelle acque del Mar del Giappone.
Il lancio, avvenuto mentre era in corso l’annuale esercitazione congiunta tra gli Stati
Uniti e la Corea del Sud, ha riguardato il lancio di missili di tipo SA-2 e SA-3, che
hanno un raggio d’azione di 12 km, ed un SA-5 che ha invece una gittata di 200 Km.
Al lancio era presente il leader Kim Jong-un.
COREA DEL SUD, 5 MARZO ↴
L’Ambasciatore statunitense a Seoul, Mark Lippert, è stato colpito, in maniera non
grave, da un uomo armato con un rasoio, che gli ha causato alcune ferite ai polsi e
al volto. Lippert, che è il più giovane Ambasciatore USA mai nominato a Seoul, è
stato ferito mentre si apprestava a partecipare ad una riunione sui rapporti inter-
coreani al Sejong Art Center. L’attentatore è stato subito bloccato e identificato
nell’attivista nazionalista, sostenitore della riunificazione tra le due Coree, Kim Ki-
jong.
GIAPPONE-FRANCIA, 13 MARZO ↴
È stato firmato a Tokyo un importante accordo di equipaggiamento e trasferimento
di tecnologie militari tra Giappone e Francia. L'accordo incoraggia la cooperazione
bilaterale di difesa, garantendo che la tecnologia e le attrezzature acquisite dal Giap-
pone non saranno fornite a un Paese terzo senza il consenso di quello di origine (in
questo caso la Francia). L’intesa, la terza in pochi anni dopo quelle con Regno Unito
e Australia, si inserisce in un contesto nazionale e regionale in piena evoluzione: da
un lato la decisione del governo Abe di rivedere le restrizioni in ambito di sicurezza e
di difesa nazionale poste dall’art. 5 della Costituzione nipponica, dall’altro le tensioni
con i vicini regionali, in particolare con la Cina, in merito alle rivendicazioni territoriali
nel Mar Cinese Orientale.
ISLANDA, 13 MARZO ↴
Con un comunicato inviato alla Lettonia, che attualmente detiene il semestre di pre-
sidenza dell'Unione Europea, il governo islandese ha formalmente sospeso i negoziati
di adesione all'UE per un orizzonte temporale di almeno due anni. Le trattative, av-
viate solo nel 2009, si erano di fatto arenate dopo la vittoria del Partito dell'Indipen-
denza, euroscettico, di Bjarni Benediktsson nelle elezioni del 2013. La decisione di
Reykjavik sarebbe in particolar modo determinata dalle quote sulla pesca in vigore
nell'UE.
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MESSICO, 4 MARZO ↴
È stato arrestato a San Pedro Garza Garcia, nello Stato messicano di Nuevo Leon,
Omar Treviño Morales, leader dei Los Zetas, uno dei gruppi narco-militari più perico-
losi dell’intero Messico. Treviño Morales, noto anche con lo pseudonimo di “Z42”, era
divenuto boss del cartello criminale dopo l’arresto nel luglio del 2013 del fratello e
leader del gruppo Miguel Angel. Z42 è stato catturato grazie ad un’operazione con-
giunta della polizia federale e dell’esercito nazionale. La cattura di Treviño Morales ha
fatto seguito di appena una settimana quella di Servando Gómez Martínez, capo dei
cartello dei Caballeros Templarios
SOMALIA, 9 MARZO ↴
Le elezioni generali dell’autoproclamato Stato del Somaliland, regione situata
nell’area nord-occidentale della Somalia, sono state posticipate di nove mesi. Il por-
tavoce delle Commissione elettorale Saed Ali Musse ha rivelato alla stampa che la
decisione è stata presa a causa del poco tempo a disposizione per intraprendere il
processo di registrazione elettorale. Lo scontro tra il governo del Presidente Silanyo
e le opposizioni, in vista delle elezioni generali, aveva esacerbato fortemente la sfera
politica del Somaliland, unica regione della Somalia a godere di una certa stabilità.
STATI UNITI, 12 MARZO ↴
Risale la tensione a Ferguson, piccola cittadina statunitense nel Missouri coinvolta
dallo scorso agosto da violenze di natura razziale. Due poliziotti sono stati attaccati
con un’arma da fuoco durante una manifestazione di protesta tenutasi davanti al
dipartimento di polizia locale. I due sono rimasti feriti. Il Presidente, Barack Obama,
ha riconosciuto che le proteste sono legittime ma «chi ricorre alla violenza non rap-
presenta la protesta pacifica, è solo un criminale. E i criminali vanno arrestati».
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ANALISI E COMMENTI
AL DI LÀ DELLE ANDE: LA CRESCITA ECONOMICA DEL PERÙ
FRANCESCO TRUPIA ↴
Grazie a un’economia simile a quella cilena, un welfare paragonabile al socialismo
venezuelano e ad un sistema politico che sembra ripercorrere lo scenario del “kirche-
rismo” argentino, il Perù è divenuto arena strategica del soft-power internazionale
nonostante tipici retaggi negativi del passato possano minare l’esponenziale crescita
economica del Paese. Oggi il Perù è riconosciuto come “Migliore destinazione culinaria
dell’intero Sud America” dal World Travel Award, “Best Potential Tourist Destination”
per i turisti cinesi e uno fra i “Dieci Nuovi Paesi Emergenti” per crescita industriale
secondo le stime dell’Istituto Coface – for Safe Trade. Il Report su “Prospettive e
Situazione Economica Mondiale” (WESP) delle Nazioni Unite evidenzia come i tassi di
crescita peruviani si attestino intorno al 6,3% per l’intero 2015, affermando il Paese
come seconda economia più veloce tra quelle latino-americane e della comunità ca-
raibica (…) SEGUE >>>
L’IRAN AL GUADO. LA POSIZIONE DI TEHERAN NEL NEGOZIATO SUL NUCLEARE
STEFANO LUPO ↴
Vi è qualcosa di molto particolare nel discorso che il Premier israeliano Benjamin
Netanyahu ha tenuto il 3 marzo al Congresso USA. Pressoché monotematico, benché
si sapesse già in anticipo, l’attacco a tutto campo contro il possibile accordo interna-
zionale legato al nucleare della Repubblica islamica dell’Iran rivela più della preoccu-
pazione d’Israele per una siffatta congiuntura a cui si oppone da sempre. Nello spi-
rito, nel tono di voce, nell’atteggiamento di Netanyahu si colgono i segni quasi di una
battaglia finale per cercare di strappare a Washington un’improbabile inversione di
tendenza. Certamente, questa mossa alla brinkmanship è dettata dalla preoccupa-
zione per la tornata elettorale del prossimo 17 marzo, nella quale la sorte potrebbe
non essere benigna per l’attuale Primo Ministro (…) SEGUE >>>
RUSSIA-TURCHIA: UN ASSE DEGLI ESCLUSI?
FILIPPO URBINATI ↴
Poco meno di un decennio fa, nel 2006, Fiona Hill e Omer Taspinar scrissero un sug-
gestivo saggio dal titolo “Turkey and Russia: Axis of the Excluded?”. L’articolo ana-
lizzava le relazioni che si stavano consolidando dall’inizio degli anni 2000 che, in quel
periodo, avevano raggiunto un notevole grado di profondità al punto dall’essere con-
siderate le più cordiali di sempre. Le caratteristiche di tale asse erano molteplici; un
rapporto privilegiato tra i due leader (Putin ed Erdoğan) che incontravano una serie
di affinità nello stile adottato tanto negli affari domestici quanto nella proiezione
esterna. Entrambi stavano portando avanti campagne di riabilitazione del passato
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imperiale (zarista e ottomano) considerati come i capisaldi della propria identità (…)
SEGUE >>>
GIORDANIA E CALIFFATO: L’IMPEGNO BELLICO E LA GUERRA MEDIATICA
SARA BRZUSZKIEWICZ ↴
Fin dalla comparsa sulla scena mediorientale nel 2012 nelle sue mutate forme – dap-
prima come Stato Islamico di Iraq, successivamente come Stato Islamico di Iraq e
al-Sham (Levante) e, infine, come Stato Islamico (IS) –, il fenomeno IS e la minaccia,
concreta o presunta, da esso rappresentata ha condotto i Paesi del cosiddetto Grande
Medio Oriente ad affrontare un complicato reshuffle delle proprie alleanze e degli
equilibri politico-strategici attualmente vigenti nell’area. In questo “grande gioco” che
sta rivoluzionando gli assetti mediorientali, la Giordania ha sicuramente assunto un
ruolo di primaria importanza, politica e militare. Il coinvolgimento giordano è andato
riconfigurandosi, infatti, a seguito della brutale uccisione del pilota Muath al-Kas-
sesbeh, divenuto nuovo eroe nazionale, da parte dei combattenti del DAISH. La rea-
zione giordana e la suddetta riconfigurazione sembrano incardinarsi su due elementi
distinti: l’effettivo impegno bellico e la guerra simbolica e mediatica ingaggiata contro
il Califfato (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net
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