“Eresia pura”: Nota dell’autore
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© Copyright 2012 by La Lepre Edizioni Via delle Fornaci, 425 – 00165 Roma [email protected] www.lalepreedizioni.com Progetto grafico/Francesca Schiavoni Coordinamento editoriale/Plan.ed www.plan-‐ed.it ISBN 978-88-96052-61-7 La disperata lotta di un uomo a difesa delle proprie idee e della libertà di pensiero sullo sfondo della crociata contro gli albigesi e dello sterminio dei catari. L’appassionante ed enigmatica storia di Giordano Nemorario – matematico e fisico del XIII secolo che in nome dell’amore per la conoscenza e per la giustizia sposa la causa catara condividendone fino in fondo le sorti – si intreccia con quella di una crociata cristiana contro un popolo cristiano. Le ragioni che indussero la Chiesa cattolica a massacrare un’intera popolazione furono solo politiche e teologiche o ci fu anche la necessità di occultare un sapere che non doveva e non poteva essere divulgato? Gli ultimi martiri catari nella rocca di Montségur furono arsi vivi il 16 marzo 1244 e il terribile rogo decretò la fine di quella che per la Chiesa romana era stata una pericolosa e temuta eresia. Le fiamme non riuscirono tuttavia a bruciare le misteriose “Chiavi del sapere”, che contenevano un tesoro di conoscenze decisive per il futuro del genere umano (Risvo l to d i coper t ina della nuova edizione pubblicata nella collana «Visioni» de La Lepre Edizioni) Adriano Petta (Carpinone 1945) è studioso di storia della scienza e storia medioevale. I suoi romanzi Eresia pura, Assiotea (Stampa Alternativa 2010), Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo (La Lepre 2009) e Roghi fatui (La Lepre 2011) sono dedicati a figure storiche che si sono battute per la libertà di pensiero e approfondiscono la tematica del conflitto tra ragione e religione.
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«Eres ia Pura » Lo sterminio dei Catari e il segreto delle “Chiavi del Sapere”
romanzo storico pubblicato da «La Lepre Edizioni» maggio 2012 (ISBN 978-‐88-‐96052-‐61-‐7)
Nota dell’autore Tutti i martiri delle fedi religiose, della libertà e della scienza hanno dovuto disobbedire a coloro che volevano imbavagliarli, se volevano obbedire alla propria coscienza, alle leggi dell’umanità e della ragione. L’essere umano capace solo di obbedire, e non di disobbedire, è uno schiavo. Erich Fromm «V’è il romanzo e v’è la storia. Critici avveduti hanno definito il romanzo un frammento di storia che avrebbe potuto essere, la storia un romanzo che si è svolto nella realtà». Questa considerazione di Gide potrebbe introdurre qualunque romanzo storico. Ma a Eresia pura, e al lettore che intraprende questo non facile cammino, va premesso qualcos’altro. Quasi metà del manoscritto in occitano che costituisce l’ossatura di Eresia pura era illeggibile, si era dissolto nell’aria senza potermi rivelare il suo contenuto. Così ho preso a colmare le lacune con l’invenzione e le interpolazioni. A lavoro ultimato – rileggendo il tutto – ho riflettuto sul mio intervento: oltre a ricucire frasi spezzate e interpretare istintivamente parole che hanno perduto il loro senso originario nel corso dei secoli, ritengo di aver trasmesso a Eresia pura anche molto di personale. Pur consultando testi autorevolissimi, ho “tradotto” l’indignazione, la rabbia che fuoriesce dal manoscritto con un sentimento meno algido, più conforme alla mia “speranza” nel cambiamento. Questi, a grandi linee, i passi che mi hanno portato a scrivere Eresia pura: ultimata la traduzione del manoscritto, con una certa ansia ho proceduto alla verifica delle informazioni indagando fra le pagine della storia: dovevo accertarmi se mi ero imbattuto in un macchinoso falso... oppure in una orribile verità storica. Sono partito dal noto dizionario World Who’s in Science3: Jordanus Nemorarius (o Jordanus Teutonicus, Jordanus Saxo o di Sassonia, Jordanus de Nemore), matematico, fisico, nato in Borgentreich, Vestfalia, secondo Generale dell’Ordine dei domenicani dal 1222, morto in un naufragio al ritorno dalla Terra Santa nel 1237... e, si sottolineava, sotto la sua guida «l’ordine domenicano aveva subìto un forte impulso». Il dizionario passava poi in rassegna le opere e il pensiero scientifico. Niente che accendesse
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la mia curiosità. Lessi poi la Piccola storia della matematica di Egmont Colerus che riporta come, all’inizio del XIII secolo, Leonardo da Pisa – mentre era in vita – trovò un potente rivale nel «tedesco Giordano, frate domenicano che esercitò grande influenza in tutte le direzioni». Ostinato contro ogni umana ragione, ho voluto indagare ancora consultando la Storia della matematica di Carl B. Boyer dove si dice che «Giordano Nemorario o de Nemore (di cui sono incerte le date di nascita e di morte) fu identificato da taluno con Giordano Teutonico o di Sassonia, esponente dell’Ordine domenicano, morto nel 1237; a lui si deve la prima formulazione del piano inclinato»4. Ma le note a piè di pagina mi rimandano alla Scienza della meccanica nel medioevo, opera di Marshall Clagett, dove a pagina 92 finalmente trovo che il Curtze credeva che Giordano de Nemore e Giordano di Sassonia fossero la stessa persona, mentre il Denifle era contrario. E infine Oskar Klein, nel 1964, in Nuclear Physics, scrive che «non sembra plausibile supporre che Giordano di Sassonia si possa identificare con Giordano Nemorario»5. C’erano due studiosi, dunque, che non si accodavano al gregge! Ma com’era nata, allora, quella voce? Chi, per primo, aveva sostenuto questa identificazione? Mi chiudo in biblioteca. E lo scopro: il primo era stato – nel 1314 – uno storico inglese, tale Nicholas Trivet di Norwich… teologo e frate domenicano! Quindi la quasi totalità delle pubblicazioni, testi scientifici e biografi e, danno quasi per certo che Giordano Nemorario altri non sia che il beato Giordano di Sassonia. Ma le domande sorgevano numerose: come mai di questo oscuro Giordano – il precursore di Leonardo da Vinci! – c’è stata tramandata tutta la sua copiosa opera scientifica mentre della sua vita assolutamente nulla? E ancora, chi era questo secondo beato, Giordano di Sassonia, con cui veniva identificato? Risposta: un frate nero... il primo grande inquisitore alla testa degli inquisitori di Lombardia, Toscana, Regno di Sicilia, Germania, Spagna e Francia! Ho provato a immaginare questo scienziato immerso nello studio della matematica... della scienza che – a suo dire – poteva donare a tutto ciò che lo circondava «la bellezza della verità e la verità della bellezza», ho provato a farlo avvicinare, con una torcia in mano, a uno dei tanti orribili roghi, a guardarlo mentre assiste agli spasimi di morte delle povere creature che bruciano vive sotto i suoi occhi. No. Il Giordano che immagino io non avrebbe mai brandito una di quelle torce. Così è iniziato tutto. A partire dalla verifica della storia del manoscritto: l’ambientazione appartiene alla storia conosciuta, quella di Giordano, invece, è una tragedia che
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si è tentato di cancellare col sangue. Dopo tanti secoli è toccato a me dissotterrarla. Se qualcuno ha guidato i miei occhi nelle viscere della terra per testimoniare il massacro di un popolo, poteva contare solamente sulla mia conoscenza dell’occitano e sul mio modo di concepire la scrittura, «affilata di conoscenza e amara di nostalgia se vuol scuotere l’uomo dal suo torpore». L’eminente professore di storia della scienza Alfred Rupert Hall, dopo essersi pleonasticamente chiesto: «Perché ora, piuttosto che prima o dopo?» e «Perché qui anziché là?», ritiene di aver risolto il “busillis” sostenendo che «il problema del verificarsi di un certo evento può essere semplicemente l’inverso del non verificarsi di tale evento » e pontificando che «la rivoluzione scientifica dell’inizio dell’epoca moderna avrebbe anche potuto non aver luogo». Ebbene, a mio parere questa è un’affermazione semplicistica. Negli anni che precedettero la prima pubblicazione di Eresia pura (La Via del Sole, Edis, 1996) mi ero gettato anima e corpo nello studio della storia della scienza. Ancora oggi ritengo questi studi essenziali per comprendere la storia dell’uomo, ed è inevitabile approdare al conflitto tra Ragione e Religione, un conflitto che ha segnato le sorti dell’umanità. Nel 2005 al Museo Archeologico di Napoli ebbe luogo una mostra intitolata «Eureka! Il genio degli antichi». I giornalisti che segnalarono l’evento, rinunciando al loro spirito critico, si accodarono alle parole del ministro per i Beni culturali Rocco Buttiglione, il quale scrisse che «la grande Biblioteca di Alessandria sparì» e che, sì, «in quell’era si produsse una fondamentale rivoluzione scientifica», ma che poi «quell’epoca tramontò, per motivi su cui ancora ci si interroga e difficilmente troveremo una unica e soddisfacente risposta». Ho dedicato parte della mia vita a tentare di spiegare questi “motivi” sui quali ci si interroga ancora. Ho utilizzato testi come La rivoluzione dimenticata, del professor Lucio Russo, ordinario di calcolo delle probabilità all’Università di Tor Vergata, dove si dimostra in modo inoppugnabile a quali livelli fosse giunta la rivoluzione scientifica iniziata dai Greci 2400 anni fa, nel IV sec. a.C., e culminata nel crogiolo di cultura scientifica che fu la Scuola alessandrina. E ho trovato una unica più che soddisfacente risposta, ampiamente e capillarmente documentata nella mia trilogia storica: il cammino filosofico e scientifico dell’uomo è stato arrestato dallo scellerato patto, così lo chiama Gibbon, tra l’Impero romano morente e la Chiesa cattolica nascente, culminato nell’anno 415 d.C. con l’annientamento della scienziata alessandrina Ipazia e di
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tutta la sua scuola. In quell’anno ebbe inizio l’oscurantismo cristiano che ha depredato la specie umana di oltre 1200 anni di progresso. Otto secoli dopo il massacro di Ipazia, un altro oscuro scienziato tentò di far conoscere al mondo le Chiavi del sapere, strappandole alla polvere insanguinata delle biblioteche. Quell’uomo era Giordano Nemorario, e questa è la sua storia. Roma, marzo 2012