36
XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche 15 - 17 settembre 2016 Sezione 10 Studi regionali e politiche locali (Regional studies and local policies) Panel 10.2 “Convergenza o divergenza? La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politicsChair: Mattia Casula, [email protected] Mariano Marotta, [email protected] Giulia Massari, Università di Bologna [email protected] La crisi economica e le fusioni di Comuni: quale relazione?

XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

  • Upload
    others

  • View
    3

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

XXX Convegno SISP

Società Italiana di Scienza Politica

Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze

Sociali e Politiche 15 - 17 settembre 2016

Sezione 10 Studi regionali e politiche locali (Regional studies and local policies) Panel 10.2 “Convergenza o divergenza? La riorganizzazione degli enti locali italiani tra policy e politics” Chair: Mattia Casula, [email protected] Mariano Marotta, [email protected]

Giulia Massari, Università di Bologna [email protected] La crisi economica e le fusioni di Comuni: quale relazione?

Page 2: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

La crisi economica e le fusioni di Comuni: quale relazione? *

Giulia Massari

Sommario: 1. L’insostenibilità di un regime comunale uniforme – 2. Alla rincorsa dell’adeguatezza – 3. Risvegli – 4. L’Italia nel panorama europeo: alcuni dati e una riflessione critica – 5. L’approccio dello Stato – 6. Conclusioni

1. L’insostenibilità di un regime comunale uniforme

Per descrivere efficacemente il ruolo del Comune italiano, o dei suoi omologhi negli ordinamenti stranieri, sono state utilizzate immagini di vario genere: la più frequente e intuitiva è quella che lo assimila alla cellula del corpo umano, poiché l’uno e l’altra, attraverso l’esecuzione costante di attività elementari, consentono il funzionamento di un organismo complesso e ne garantiscono la sopravvivenza.

Il paragone biologico ha il pregio, fra l’altro, di restituire la naturalità tipica dell’ente comunale1, che si vuole, al pari della famiglia, preesistente allo Stato, sì che esso sarebbe “trovato”, non “creato”, dalla legge2. Proprio questo

* Il testo di questo paper è stato pubblicato, con il titolo I piccoli Comuni di fronte alla crisi e l’alternativa della fusione: uno sguardo critico, sulla rivista elettronica Federalismi.it, n. 6, 2016.

1 In contrapposizione alla «artificialità» della Provincia, come fa notare BONINI F., Comuni e Province, circoscrizioni (All. A), in Storia Amministrazione Costituzione, annale ISAP, 23/2015, pp. 58-59.

2 «La Commune est comme la famille avant l’État; la loi politique la trouve, elle ne la crée pas» : queste parole furono utilizzate, invero, ormai due secoli fa, dal politico francese Pierre-Paul Royer-Collard, e si ritrovano citate in AUCOC L., Les controverses sur la décentralisation

Page 3: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

indiscriminato meccanismo di riconoscimento postumo, tuttavia, è all’origine della marcata frammentazione3 che connota il territorio italiano, scisso, appunto, in una miriade di Comuni, tanti quanti erano gli agglomerati abitativi spontaneamente formatisi entro i confini degli Stati preunitari4. Così, nel 1861, si contavano 7.720 Comuni, divenuti 8.383 nel 1871, con l’acquisizione al Regno d’Italia del Veneto e dello Stato pontificio. Tra essi, a dieci anni dall’unificazione, 800 registravano meno di 500 residenti e, all’opposto, talune città presentavano una popolazione superiore a 100.000 individui, prima fra tutte Napoli, con i suoi 448.335 abitanti5.

Nonostante l’abisso che inconfutabilmente già intercorreva tra il villaggio rurale e la metropoli in via di urbanizzazione, nonostante «la più assoluta generalità» insita nel concetto di Comune6, si scelse di improntare

administrative, Bureaux de la Revue politique et parlementaire, Paris, 1895, p. 32.

3 Il termine “frammentazione” viene qui utilizzato per la sua capacità descrittiva, benché non si ignori che esso fornisce una «definizione fuorviante del fenomeno se non altro perché la suddivisione in frammenti presuppone una integrità precedente, che non c’è mai stata»: così ROTELLI E., Comuni capaci di politiche pubbliche, cioè autonomia, in Amministrare, n. 1, 2009, p. 147.

4 I Comuni, naturalmente, esistevano già secoli addietro, ma il giurista «deve oggi dire in modo fermo e chiaro che non vi è un ponte tra il problema dei Comuni nello Stato moderno e la realtà dei Comuni dell’Evo medio»: GIANNINI M.S., I Comuni, in ID. (a cura di), I Comuni, Atti del Congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, Neri Pozza, Vicenza, 1967, p. 12.

5 I dati sono tratti dalla pubblicazione curata dalla FONDAZIONE IFEL, 1861-2011. L’Italia dei Comuni, 150 anni di Unità, Ograro, Roma, 2011.

6 ROMANO S., Il Comune, in ORLANDO V.E. (a cura di), Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano, Società Editrice Libraria,

Page 4: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

l’ordinamento locale italiano (comunale, ma anche provinciale e regionale) al principio di uniformità. Un principio di derivazione franco-piemontese che imponeva l’omogeneizzazione di strutture organizzative e di competenze tra tutti gli enti locali di pari livello, classificati così alla stessa maniera, a prescindere da estensione territoriale, densità abitativa e condizioni economiche.

L’opzione per l’uniformità prevalse con nettezza per due ordini di ragioni: da un lato, essa si ergeva a baluardo dell’unità appena conseguita, contro le spinte centrifughe esercitate dalle aree più forti, dall’altro si poneva quale diretta e univoca conseguenza del principio di uguaglianza dei sudditi, come se un diverso trattamento tra Comune e Comune, nella fattispecie, implicasse una ingiustificabile discriminazione tra uomini, a danno dei rispettivi residenti7.

Milano, volume II, parte I, 1908, ora in ID., Gli scritti nel Trattato Orlando, Giuffrè, Milano, 2003, p. 427. L’Autore proseguiva annotando che il Comune risulta «tanto più variabile nei suoi aspetti, quanto più numerosi, più complicati e più eterogenei sono gli elementi che su di esso influiscono».

7 Tali ragioni si trovano compendiate in STADERINI F., Principi di diritto degli enti locali, Cedam, Padova, 1978, p. 59 e sono definite «imperiose» da ROMANO S., Il Comune, cit., p. 432. Santi Romano, con riferimento particolare alla protezione dell’eguaglianza dei cittadini, magistralmente scriveva: «quei medesimi motivi che avevano imposto la più rigorosa applicazione del principio d’eguaglianza fra gl’individui, richiedevano che al principio medesimo non si venisse meno per le più elementari aggregazioni politiche di quest’ultimi». Contra, fra i contemporanei, TRENTIN S., L’odierna crisi dei Comuni in Italia ed i suoi rimedi amministrativi, in Riv. dir. pubbl., 1911, p. 237 ss.

Page 5: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Questo criterio incontrò presto i biasimi di parte della dottrina, che ne marcò gli inconvenienti e ne evidenziò le iniquità8: l’idea che un soggetto giuridico di poche decine di anime avrebbe potuto operare come un ente con centinaia di migliaia di abitanti e che, viceversa, quest’ultimo avrebbe dovuto agire entro i limiti fissati per il primo, appariva, a taluni, un effetto collaterale da correggere, piuttosto che una conquista da celebrare.

Nondimeno, il canone dell’uniformità attraversò indenne la prima metà del Novecento e non venne rinnegato dalla Costituzione repubblicana. La Carta del ’48, pur inquadrando l’autonomia degli enti territoriali e il decentramento amministrativo tra i principi fondamentali (art. 5), stabiliva che l’autonomia dei Comuni e delle Province dovesse esercitarsi «nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica», incaricate – codeste leggi – di delineare le funzioni degli enti “minori” (art. 128, abrogato).

Con il progresso economico e la conseguente crescita del divario tra Comuni di piccole e grandi dimensioni – per limitare il discorso al solo ente che qui interessa –, la persistenza di un regime omogeneo apparve sempre meno ragionevole. Già nel 1971 Massimo Severo Giannini denunciò la miopia del legislatore nazionale, che aveva «proseguito nella strada di considerare i Comuni come se fossero un’unica categoria», perseverando, fra l’altro, nel mantenimento in vita dei cosiddetti “Comuni-polvere”, qualificati senza circonlocuzioni «cose artificiose» e,

8 In particolare, ZANOBINI G., L’amministrazione locale, Cedam, Padova, 1932, p. 153 e BORSI U., Regime uniforme e regime differenziale nella autarchia locale, in Riv. dir. pubbl. giust. amm., 1927, p. 7 ss.

Page 6: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

addirittura, «ridicolaggini giuridico-sociali»9. Analoga censura giunse di lì a breve dalle fila del celebre gruppo di Pavia10, coordinato da Umberto Pototschnig, il quale – come egli stesso scrisse poi – considerava «l’assoluta e paradossale uniformità della disciplina, malgrado le diversità radicali esistenti tra gli ottomila Comuni italiani», il «limite maggiore dell’ordinamento»11. Mentre Giannini illuminò, quale possibile rimedio, la via degli accorpamenti, Pototschnig propese per il rilancio dell’associazionismo12, che avrebbe consentito ai Comuni di rispondere adeguatamente alle istanze dei cittadini senza perdere per questo la loro soggettività giuridica.

E fu proprio lo studio del gruppo di Pavia a gettare le basi scientifiche e culturali della riforma realizzata nel 199013. La legge 142/1990, e l’art. 3 in particolare, operò una “scalfittura”, piuttosto che una vera rottura, del principio di uniformità14, e costituì la prima tappa di un

9 GIANNINI M.S., Il riassetto dei poteri locali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, p. 455.

10 Si veda il progetto di legge di riforma dell’ordinamento locale illustrato in POTOTSCHNIG U. (a cura di), Legge generale sull’Amministrazione locale, Cedam, Padova, 1977.

11 POTOTSCHNIG U., Le forme associative tra i Comuni: una riforma senza obiettivi, in Le Regioni, 1985, p. 681.

12 Come ricorda MASSA M., L’esercizio associato delle funzioni e dei servizi dei piccoli Comuni. Profili costituzionali, in Amministrare, n. 2, 2013, p. 253.

13 ONIDA V., La Costituzione, in Amministrare, n. 3, 2001, p. 347, si riferisce alla ricerca del gruppo di Pavia come ad una «premessa, per certi versi anche nei contenuti, del nuovo ordinamento delle autonomie locali».

14 L’espressione «scalfittura del principio di uniformità» è tratta da CARLONI E., Lo Stato differenziato. Contributo allo studio dei principi di uniformità e differenziazione, Giappichelli, Torino, 2004, p. 164, al

Page 7: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

percorso verso la progressiva affermazione del principio opposto, quello di differenziazione, corroborato dalla legge 59/1997 e assurto al rango supremo dell’ordinamento con la riforma costituzionale del 200115. L’attuale art. 118, che non sarà modificato, sul punto, dal progetto di revisione costituzionale ora in corso di approvazione in Parlamento, prevede quindi l’assegnazione delle funzioni amministrative, in prima istanza, ai Comuni e fonda il riparto delle stesse tra gli enti territoriali sul trittico sussidiarietà-differenziazione-adeguatezza, ove la differenziazione indica la promessa di un trattamento calibrato alle peculiarità di ciascun soggetto, l’adeguatezza intende – riprendendo le parole della legge Bassanini I – la «idoneità organizzativa dell’amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associativa con altri enti, l’esercizio delle funzioni»16 e la sussidiarietà, nel senso di «assetto flessibile delle

quale si rinvia per uno studio completo sul superamento del regime uniforme. L’Autore sottolinea l’innovatività solo potenziale della nuova disciplina, che per diventare effettiva avrebbe dovuto essere seguita da interventi mirati delle Regioni, in collaborazione con Comuni e Province.

15 L’emersione graduale del principio di differenziazione, fino al progetto di revisione costituzionale della Commissione bicamerale del 1997, è tratteggiata da VANDELLI L., Dalle aree metropolitane ai Comuni minori: riordino territoriale e forme di collaborazione, in Le Regioni, n. 5, 1997, p. 831 ss.

16 Richiama le disposizioni della legge 59/1997, per fornire una definizione dei principi menzionati, FOLLIERI E., Le funzioni amministrative nel nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, in AA.VV., Annuario 2002 – Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2003, p. 445.

Page 8: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

competenze»17, acquista significato attraverso l’applicazione dei primi due criteri18.

Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province e Città metropolitane (art. 114 Cost.) e ne stabilì la potestà regolamentare «in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite» (art. 117, comma 6, Cost.).

2. Alla rincorsa dell’adeguatezza

Ebbene, il sigillo costituzionale al canone di differenziazione, unito al principio di adeguatezza, avrebbe dovuto inaugurare una stagione di grandi riforme per gli enti locali, con le Regioni – affidatarie della potestà legislativa residuale – alla guida della metamorfosi. Poiché la risposta alle suggestioni provenienti dalla legislazione ordinaria pregressa (la legge 59/1997, appunto, poi il d.lgs. 267/2000, sorto dalle ceneri della legge 142/1990) non era stata soddisfacente, malgrado l’attribuzione alle Regioni di compiti puntuali19, si auspicava che gli slanci

17 BIN R., L’amministrazione coordinata e integrata, in Le Regioni, n. 5, 2002, p. 1009.

18 Molto successo hanno riscosso le parole di BIN R., La funzione amministrativa nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, n. 2-3, 2002, p. 370, ad opinione del quale la “differenziazione” è «uno degli strumenti della “adeguatezza”, che per altro non è che il moto ascendente della “sussidiarietà”».

19 Come il compito di trasferire le funzioni amministrative alla generalità dei Comuni alla stregua dei «livelli ottimali» di esercizio delle medesime, previamente individuati, al fine di incentivare la

Page 9: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

verso il decentramento dei Costituenti del nuovo millennio venissero ripagati con una maggiore collaborazione regionale e un accresciuto entusiasmo da parte dei Comuni.

Le aspettative, invece, non sono state esaudite, anche a causa del disinteresse del legislatore statale. Alla perdurante inerzia delle Regioni ha corrisposto la perdurante resistenza dei Comuni al cambiamento, di talché, salvo marginali distinzioni relative al sistema elettorale, alla composizione degli organi, al personale e alla contabilità20, la differenziazione è rimasta sulla carta (costituzionale, peraltro) e il principio di adeguatezza non ha conosciuto svolgimento. I Comuni hanno in prevalenza continuato ad esercitare le stesse funzioni, che avessero 300 o 300.000 abitanti, con tutte le conseguenze in termini economici, politici e sociali che inevitabilmente ne sono discese.

I Comuni piccoli, per convenzione quelli con meno di 5.000 abitanti, sono da sempre i più svantaggiati: senza una distribuzione di funzioni coerente con la taglia, ad essi risulta assai difficile incarnare il ruolo di amministrazioni di prima e ultima istanza loro connaturato21, e perciò garantire un riscontro tempestivo alle richieste della cittadinanza, erogare i servizi di base, provvedere al

cooperazione strutturata tra i soggetti di minori dimensioni demografiche (art. 33, Tuel).

20 GARDINI G., Crisi e nuove forme di governo territoriale, in Ist. fed., n. 3, 2015, p. 550.

21 Il concetto è marcato da PIZZETTI F., Piccoli Comuni e grandi compiti: la specificità italiana di fronte ai bisogni delle società mature, in FORMICONI D. (a cura di), Comuni, insieme, più forti!, EDK editore, Bergamo, 2008, spec. p. 60.

Page 10: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

proprio sostentamento, al punto che – si è detto – l’autonomia di cui tali enti formalmente godono, in base agli artt. 5 e 114 della Costituzione, verrebbe nella sostanza vanificata da un’organica incapacità di reazione22.

Per sopperire alla differenziazione mancata, allora, lo sguardo si è rivolto all’adeguatezza. In altri termini, non riuscendo a commisurare i compiti alle dimensioni dei Comuni, il decisore ha tentato di percorrere la strada inversa, ossia di commisurare le dimensioni dei Comuni ai compiti che questi dovrebbero svolgere e ciò attraverso due modalità, l’associazione e l’aggregazione. Con la prima, privilegiata fino agli anni più recenti23 e persino

22 GIANNINI M.S., I Comuni, in ID. (a cura di), I Comuni, Atti del Congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, Neri Pozza, Vicenza, 1967, p. 46. Più di recente, anche SPALLA F., L’accorpamento degli enti locali di base, in Il nuovo governo locale, n. 2, 1998, p. 11, ha rilevato come l’autonomia istituzionale fosse «insidiata presso enti troppo piccoli dalla scarsità di risorse di cui essi possono disporre, in termini sia finanziari sia di personale. Presso questi Comuni non viene implementata la maggior parte delle politiche pubbliche, limitandosi essi alla routine delle funzioni necessarie». Ancora, analoghe osservazioni sono formulate da D’ALOIA

A., La qualità della vita nei piccoli Comuni (e l’eguaglianza ‘sostanziale’ dei loro abitanti): una variazione sul tema del rapporto tra territori e politiche sociali, in BALBONI E. (a cura di), La tutela multilivello dei diritti sociali, vol. I, Jovene, Napoli, 2008, p. 464, ove l’Autore scrive: «La perdita quasi totale della effettività gestionale e della capacità amministrativa si è tradotta alla fine in una consumazione dell’idea stessa di democrazia locale».

23 VANDELLI L., Enti locali. Crisi economica e trasformazioni del governo locale, in Libro dell’anno del Diritto 2012, Treccani, Roma, 2012.

Page 11: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

resa obbligatoria per i Comuni inferiori ai 5.000 abitanti24, gli enti di prossimità intrecciano forme di collaborazione “a distanza”, mantenendo personalità distinte e limitandosi ad operare, per certi versi, in società, mentre la seconda stravolge gli assetti consolidati, con la creazione di un soggetto nuovo e la contestuale dissoluzione di soggetti preesistenti. Si tratta, in quest’ultimo caso, del processo di fusione, suggerito per vero a più riprese sin dalla legge 142 del 1990 e pur sempre soggetto alla competenza legislativa delle Regioni e alla previa consultazione delle «popolazioni interessate», come l’art. 133 della Costituzione prescrive.

Le forme associative e le fusioni hanno incontrato il favore legislativo a fasi alterne e simmetriche, sì che, per sommi capi, al rilancio delle prime è corrisposto un abbandono delle seconde e (in misura minore) viceversa25. Anche nei momenti di massimo sostegno statale agli accorpamenti, comunque, il buon esito dei processi avviati è stato compromesso dall’attaccamento dei Comuni alle proprie radici, che a fatica hanno accettato di divellere, per il timore di smarrire – insieme al nome e

24 Dal decreto legge 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge 122/2010 e più volte ritoccato, che stabilisce la gestione associata obbligatoria per le cosiddette funzioni fondamentali (art. 14, commi 25-30). Il termine di attuazione della norma ha subito continui rinvii, l’ultimo dei quali, operato con il d.l. 210/2015 (Milleproroghe 2016), differisce il compimento della disciplina al 31 dicembre 2016.

25 Per una panoramica sulle fortune variabili delle fusioni sia consentito il rinvio a MASSARI G., Le fusioni di Comuni, in ALMEIDA

CERREDA M., TUBERTINI C., CRUZ SILVA P. (a cura di), La Racionalización de la Organización Administrativa Local: las Experiencias Española, Italiana y Portuguesa, Civitas, Madrid, 2015, p. 275 ss.

Page 12: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

alle istituzioni politiche – la storia, le tradizioni e la loro stessa identità26.

Molte Regioni, d’altra parte, non sono state di supporto neppure in questo senso, tradendo il ruolo chiave che la riforma costituzionale del Titolo V, nonché la legislazione ordinaria immediatamente precedente, avevano loro devoluto, nel quadro di una razionalizzazione complessiva della mappa amministrativa nazionale. Spettava ad esse, in effetti, la regia del riordino territoriale, da compiersi attraverso una programmazione puntuale e l’incentivazione di moduli associativi e aggregativi tra i Comuni contermini, mancata, invece, sino ad epoca assai recente.

Non pare azzardato sostenere che il fallimento della configurazione immaginata, a premessa della quale – a buon diritto – stava l’idea che le Regioni potessero occuparsi del livello locale più e meglio dello Stato27, sia dipeso anche da logiche opportunistiche degli apparati regionali, servitisi della frantumazione del territorio in

26 Dedica ampio spazio all’«attaccamento quasi antropologico della popolazione rispetto al proprio Comune» PIZZETTI F., Piccoli Comuni e grandi compiti, cit., p. 46 ss. Del resto, anche STELLA RICHTER P., Livelli e contenuti della pianificazione territoriale: conclusioni al IV Convegno nazionale AIDU, in Riv. giur. edilizia, n. 1, 2001, parte II, p. 5, rileva come «La storia dimostri che l’unica collettività alla quale il cittadino si sente di appartenere è quella comunale».

27 Sulle orme di quanto indicato dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 marzo 1969, n. 38, secondo cui l’ente regionale sarebbe «innegabilmente più idoneo ad avvertire ed apprezzare la volontà e gli interessi locali dei cittadini», con riferimento, nella fattispecie, all’istituzione di nuovi Comuni e alle modifiche delle loro circoscrizioni e denominazioni.

Page 13: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

miriadi di piccoli Comuni per preservare intatta la propria supremazia politica28.

3. Risvegli Quando i venti della crisi economica hanno iniziato a

sferzare anche l’Italia, il policy maker nazionale si è visto costretto a rinunciare al quieto attendismo sin lì osservato. Sotto le pressioni più o meno esplicite dell’Unione europea29, l’indolenza si è tramutata in un’altrettanto insalubre foga interventista, che non ha risparmiato l’organizzazione del governo territoriale, fonte – è parso – di sprechi e cattiva amministrazione.

Così, oltre ad operare tagli lineari alle risorse a disposizione degli enti locali, il Governo, assai più del

28 Lo afferma, ad esempio, D’IGNAZIO G., L’assetto territoriale, in GAMBINO S. (a cura di), Diritto regionale e degli enti locali, II ed., Giuffrè, Milano, 2009, p. 428, che parla di “centralismo regionale” e suggerisce che le Regioni siano rimaste inadempienti per mantenere a sé l’esercizio delle funzioni amministrative.

29 Forti le perplessità sollevate, tra tutte, dalla lettera della Banca centrale europea, a firma di Mario Draghi e Jean-Claude Trichet, inviata il 5 agosto 2011 al Presidente del Consiglio italiano, ove si sollecitava il Governo a porre in essere una serie di misure tese a contenere gli effetti della crisi e a recuperare la fiducia degli investitori, tra cui l’abolizione di livelli amministrativi intermedi, «come le Province». V., sul punto, STIPO M., Una lettera “anomala” (la lettera Trichet-Draghi indirizzata al Primo Ministro italiano – Frankfurt/Rome, 5 August 2011), in AA.VV., Studi in onore di Claudio Rossano, vol. IV, Jovene, Napoli, 2013, p. 2391 ss. e OLIVITO E., Crisi economico-finanziaria ed equilibri costituzionali. Qualche spunto a partire dalla lettera della BCE al Governo italiano, in Rivista AIC, n. 1, 2014.

Page 14: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Parlamento, si è avventurato in interventi radicali, incidendo in profondità sul disegno autonomistico: le vicissitudini delle Province, prosciugate dall’interno sino ad apparire involucri impalpabili, ne sono la dimostrazione più immediata30. Quanto al tessuto di base, non potendo, vigente l’art. 133 Cost., scortare i piccoli Comuni verso accorpamenti coatti, lo Stato è ricorso a strumenti di persuasione e ha stabilito una gamma di incentivi economici e di facilitazioni procedurali per i Comuni che spontaneamente decidano di fondersi31 o, con le opportune variabili, di associarsi, oltre ad aver imposto – in questo caso sì – la gestione condivisa delle funzioni fondamentali agli enti con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti (3.000 se appartenenti o appartenuti a Comunità montane).

Ad una iniziale fase convulsa, caratterizzata da misure estemporanee e prive di una logica unitaria (che non fosse

30 Della progressiva involuzione delle Province si occupano, per taluni aspetti, i contributi di GARDINI G., TUBERTINI C. e BIANCHINI S. in questo volume.

31 Prima della legge 56/2014, l’art. 31, comma 23, della legge di stabilità 2012 (legge 183/2011), ad esempio, ha stabilito che «gli enti locali istituiti a decorrere dall’anno 2011 fossero soggetti alle regole del patto di stabilità interno dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione»; l’art. 20 del d.l. 95/2012, meglio noto come decreto spending review, convertito con modifiche dalla legge 135/2012, ha rivisto, in melius, l’ammontare dei contributi straordinari dello Stato a favore dei Comuni che si fondono e ne ha fissato l’erogazione a decorrere dal 2013; l’art. 1, comma 730, della legge di stabilità 2014 (legge 147/ 2013) ha destinato ai Comuni istituiti a seguito di fusione una quota del fondo di solidarietà comunale non inferiore a 30 milioni di euro.

Page 15: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

la massiccia contrazione dei capitoli di spesa)32, ha fatto seguito, se non altro, un periodo di più spiccata propensione verso la sistematicità.

Sui contenuti il giudizio può divergere, ma è innegabile che la legge 7 aprile 2014, n. 56 (cd. legge Delrio), inaugurale della nuova stagione, sia portatrice di un disegno organico, destinato ad evolvere con la revisione costituzionale che verrà. In questo disegno è la figura del Comune a stagliarsi con nitore, poiché è al Comune che lo Stato e le Regioni devolvono, in prima battuta, le funzioni non fondamentali delle moriture Province, è il Comune ad eleggere e a formare gli organi delle Province stesse e delle neoistituite Città metropolitane, è il Comune a qualificarsi, insomma, sempre più, come «componente essenziale dell’intelaiatura del nostro ordinamento locale»33. Poiché, peraltro, è dalla robustezza delle fondamenta che dipende la stabilità di un edificio, risulta quanto mai necessario, oggi, assicurare ai Comuni la capacità di “fare i Comuni”, anche a costo di stravolgerne gli assetti consolidati, che tanto gelosamente taluni custodiscono.

La valorizzazione, in particolare, delle fusioni, operata dalla legge Delrio, dunque, non è soltanto funzionale ad un risparmio di cassa – che pure avrà luogo, quanto meno nel

32 GARDINI G., Le autonomie ai tempi della crisi, in Ist. Fed., n. 3, 2011, p. 458 parla di «interventi a ondate», dall’«approccio squisitamente economico», riferendosi agli interventi degli anni 2010-2011, proseguiti con immutati caratteri, per la verità, sino alla fine del 2012.

33 TUBERTINI C., Area vasta e non solo: il sistema locale alla prova delle riforme, in Ist. Fed., n. 2, 2014, p. 201.

Page 16: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

lungo periodo34 –, ma si pone altresì in continuità logica con il ruolo di primo piano assegnato ai Comuni nel processo di ristrutturazione del governo locale: solo raggiungendo dimensioni adeguate, gli enti più piccoli diventano padroni della propria autonomia e acquisiscono gli strumenti per adempiere alle funzioni loro devolute, per partecipare fattivamente alla posa e alla manutenzione dei gradini superiori della piramide, per tenere insieme le tessere di un puzzle gettate sul tavolo senza un ordine apparente.

Le norme, però, offrono risposte solo parziali a chi si interroghi sull’effettiva soglia di vitalità dei Comuni35. Gli indizi sono schiaccianti con riguardo alle unioni e alle convenzioni, dal momento che il legislatore, ai fini della gestione associata obbligatoria delle funzioni fondamentali, fissa il limite demografico minimo in 10.000 abitanti (3.000 se i Comuni appartengono o sono appartenuti a comunità montane), ma non è affatto automatico che questo costituisca il parametro ideale anche per i soggetti nuovi, sorti da fusione.

Se qualche anno fa, sulla base dei dati contenuti nei bilanci comunali, v’era chi individuava in 5.000 abitanti la

34 Cfr. PACELLA R., MILANETTI G., VERDE G., Fusioni: quali vantaggi?, su http://www.interno.gov.it/sites/default/files/fusione_dei_comuni.pdf, febbraio 2015.

35 Alludeva ad una dimensione minima di «vitalità», sotto la quale le prerogative di un Comune vengono in sostanza poste nel nulla, GIANNINI M.S., come riportato nel disegno di legge d’iniziativa dei Senatori Dujany e Riz, Atto del Senato della Repubblica n. 2100, X legislatura, 1990.

Page 17: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

popolazione ottimale36, oggi il numero è cresciuto e si attesta piuttosto intorno ai 20.00037, fermo restando che un discrimine demografico sconta il limite dell’eccessiva astrattezza e non rappresenta perciò un criterio unanimemente accettato38.

36 CASTRONOVO G., L’accorpamento dei piccoli Comuni, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2010: un lavoro, questo, interamente teso a dimostrare l’irrazionalità e – persino – l’incostituzionalità della persistenza dei Comuni polvere sul territorio italiano.

37 MERLONI F., Ruolo degli enti territoriali e riordino dei territori regionali: spunti per il dibattito, in Astrid Rassegna, n. 19, 2015, p. 6, autorevolmente considera i 20.000 abitanti come la dimensione, addirittura, minima. RAMAZZA S., Fusioni di Comuni in Emilia-Romagna: stima dei vantaggi sulla base dell’analisi dei dati dei bilanci consuntivi e del censimento del personale del 2013, in Ist. Fed., n. 2, 2015, p. 477 ss., invece, avvalendosi dei bilanci comunali come già Castronovo (cfr. nota precedente), ravvisa le migliori performance «nei Comuni compresi nelle fasce demografiche tra 7.500 e 12.500 abitanti e, per alcuni indicatori, fino a 20.000 abitanti» (p. 493).

38 Già SANTI R., Il Comune, cit., p. 436, ammoniva che la maggiore o minore popolazione «non costituisce la misura della capacità di amministrarsi da sé: esistono infatti dei Comuni relativamente piccoli che hanno il carattere di vere città, laddove agglomerazioni molto più numerose di abitanti, in alcune Regioni, presentano l’aspetto di Comuni rurali». Riprende queste riflessioni BIN R., Chi ha paura delle autonomie?, in AA.VV., Scritti in memoria di Paolo Cavaleri, in corso di pubblicazione, ad opinione del quale le obiezioni mosse da Santi Romano oltre un secolo fa restano a tutt’oggi valide.

Vale la pena sottolineare, a latere, che quella della dimensione ottimale degli enti di prossimità è questione largamente dibattuta anche a livello europeo. Abbondano infatti gli studi ad essa dedicati, tra i quali si segnala, per attualità e sistematicità, DENTERS B., GOLDSMITH M., LADNER A., MOURITZEN P.E., ROSE L.E., Size and Local Democracy, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2014.

Page 18: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Vero è, d’altra parte, che, al 2015, ben il 43% dei Comuni italiani contava meno di 2.000 abitanti39, popolazione assai lontana anche dalla più bassa delle soglie indicate: come può un ente di tal fatta concorrere allo svolgimento di funzioni di area vasta, come può far sentire la propria voce in seno alla Città metropolitana e dialogare efficacemente con la Regione, se fatica ad accordare ai suoi stessi cittadini servizi e prestazioni accettabili?

Ebbene, la legge 56 del 2014 ha deviato dalla «storia di rimozione, di sostanziale accantonamento del problema» dei piccoli Comuni40 e, sulla scorta dei passi compiuti nel triennio precedente41, mostra, viceversa, comprensione e animo risolutore. Ci si riferisce ai commi 116-134 dell’articolo unico di cui il provvedimento si compone, che dispiegano ogni immaginabile forma di sostegno – economico e procedurale – agli accorpamenti intermunicipali42 e istituzionalizzano la figura della fusione per incorporazione, già prevista da alcune leggi regionali, in base alla quale un Comune assorbe uno o più Comuni attigui, così che cessino i secondi mentre sopravviva il primo.

39 Dati Istat 2015. 40 Come identificato da D’ALOIA A., La qualità della vita nei piccoli

Comuni, cit., p. 463. 41 Cfr. nota 31. 42 Per una rassegna analitica delle diverse disposizioni promozionali

si rinvia a VANDELLI L. (a cura di), Città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni, Maggioli, Rimini, 2014, spec. p. 232 ss., e a TUBERTINI C., La nuova disciplina della fusione di Comuni, in STERPA A. (a cura di), Il nuovo governo dell’area vasta. Commentario alla legge n. 56 del 2014, Jovene, Napoli, 2014, p. 268 ss.

Page 19: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Sulla stessa traiettoria si muovono le successive disposizioni riguardanti le fusioni, contenute nelle leggi di stabilità 2015 e 2016, che sgravano i Comuni istituiti a seguito di fusione da vincoli e limitazioni relativi a facoltà assunzionali e rapporti di lavoro a tempo determinato, per i cinque anni seguenti (art. 1, comma 450 della l. 23 dicembre 2014, n. 190)43, aumentano il contributo per i medesimi dal 20 al 40% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, pur nel limite delle dotazioni finanziarie previste e in misura non superiore a 2 milioni di euro44, confermano le risorse statali stanziate per le fusioni, pari a 30 milioni di euro, e consentono ai neonati enti di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa per il personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente (art. 1, rispettivamente commi 17 e 229 della l. 28 dicembre 2015, n. 208).

4. L’Italia nel panorama europeo: alcuni dati e una riflessione critica

43 A patto che tali Comuni abbiano un rapporto tra spesa di personale e spesa corrente inferiore al 30% e fermi restando il divieto di superamento della somma delle spese di personale sostenute dai singoli enti nell’anno precedente alla fusione e il rispetto del limite di spesa complessivo definito a legislazione vigente.

44 Era stato il d.l. 24 giugno 2014, n. 90, in parziale dissonanza rispetto alla legge Delrio appena emanata, a commisurare il contributo straordinario per i Comuni istituiti da fusione al 20% dei trasferimenti erariali attribuiti per il 2010, fissando il tetto massimo in 1,5 milioni di euro.

Page 20: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Le agevolazioni predisposte hanno colto nel segno. Nel corso del 2014 sono state portate a termine 24 fusioni, involgenti in totale 57 Comuni, nel 2015 le fusioni concluse sono state 6, a fronte della soppressione di 16 Comuni, e, al 1° gennaio 2016, si registra il perfezionamento di altri 25 procedimenti, con la contestuale soppressione di 68 Comuni. All’esito di tali aggregazioni, peraltro in progressivo aumento, gli 8.093 Comuni censiti il 31 dicembre 2013 sono scesi a 8.003 il 1° gennaio 2016, marcando una netta inversione di tendenza rispetto ai decenni precedenti45. Ove si consideri, poi, che dal 1990 – anno di emanazione della legge 142 – al 2013 le fusioni sono state in totale soltanto 11, i 55 accorpamenti realizzati nell’ultimo triennio paiono la concretizzazione di un miraggio.

Certo, i risultati sono ancora distanti da quelli conseguiti in altri Paesi europei, parimenti interessati da politiche di fusione intermunicipale, ma non va dimenticato che, nella maggior parte di questi, i processi sono stati innescati d’imperio, senza una previa consultazione della cittadinanza, da cui in Italia, invece, non è dato prescindere.

Già nel secolo scorso accorpamenti autoritativi si sono avuti, ad esempio, in Gran Bretagna, dove, tra il 1960 e il 1975, il numero di Municipalities è sceso da 1.349 a 52146;

45 Il numero dei Comuni, precipitato nel 1931 per effetto di accorpamenti coatti, ha ripreso immediatamente a salire e ha subìto un’impennata nel ventennio seguente (da 7.311 a 7.810 unità), sino ad arrivare agli 8.101 Comuni del 2001 [i dati sono tratti dal sito web dell’Istat].

46 SANCTON A., Merger mania: the assault on local government, McGill-Queen’s University Press, Montreal, Québec, 2000, p. 46. Un taglio così

Page 21: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

in Danimarca, in cui la riforma del 1970 ha prodotto una caduta verticale da 1.389 a 275 Comuni47; in Svezia, sul territorio della quale i Comuni sono crollati nel 1974 a 278, dai 2.498 del 195248; in Belgio, che ha conosciuto un calo da 2.359 a 596 Communes grazie all’implementazione del regio decreto del 17 settembre 1975, convertito nella legge del 30 dicembre 197549; o, ancora, nella Repubblica federale tedesca, i cui 24.000 Gemeinden, alla fine degli anni Settanta, hanno subìto una decurtazione di quasi il 70%, sino a diventare 8.50050.

drastico trova origine nei risultati della ricerca condotta tra il 1966 e il 1969 dalla Royal Commission on Local Government in England, presieduta da Lord Redcliff-Maude, da cui prende il nome il rapporto conclusivo in tre volumi.

47 La riforma che ha disposto le fusioni viene descritta come «the first, the most prolonged and in many ways the most complicated and radical reform of the entire complex of local governments reform»: HANSEN K., Towards a new Municipality? On the status and the role of Municipality in the Danish system of governance, in Arbejdspapirer: Institut for Økonomi, Politik og Forvaltning, Aalborg University, n. 1, 1996, p. 6.

48 Con la cosiddetta “Municipal Block Reform”: ERLINGSSON G., ÖDALEN

J., WÅNGMAR E., Understanding large-scale institutional change: social conflicts and the politics of Swedish municipal amalgamations 1952-1974, in www.academia.edu, 2013.

49 Approfondisce il vasto processo di fusione in Belgio LATOUR G., L’esperienza belga di fusione di Comuni, in Problemi di amministrazione pubblica, n. 3, 1976, p. 99 ss.

50 WOLLMANN H., Territorial local levels in the East German regional States (Länder), in Local Government Studies, vol. 126, n. 2, 2010, pp. 251-271, descrive il meccanismo utilizzato dai Länder della Germania dell’Ovest per mettere in atto le fusioni in termini di “bastone e carota”: inizialmente si dava modo all’ente locale di discutere e di valutare l’opportunità, lo si incoraggiava con incentivi finanziari (carota), ma in ultimo si interveniva con una legislazione cogente

Page 22: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Alcuni Paesi del Nord Europa, poi, sono stati scossi da una seconda ondata di fusioni eteroimposte all’apertura del nuovo millennio. È il caso della Danimarca, il cui Governo, nel giugno 2004, ha stabilito che i Comuni avrebbero dovuto contare almeno 30.000 abitanti, lasciando alle singole amministrazioni il compito di raggiungere la taglia indicata, ossia di selezionare il partner al quale unirsi; così, nel 2007, quando la riforma è stata implementata, i Comuni danesi, già ridotti dell’80% con il primo ciclo di riforme, hanno affrontato un ulteriore taglio del 64% (solo 98 sono sopravvissuti), con comprensibile trauma dei cittadini51. Anche la maggior parte dei Länder tedeschi ha proseguito lungo il sentiero delle fusioni, con modalità simili a quelle danesi52, concedendo ai Comuni libertà sul quomodo ma non sull’an e portando il numero complessivo di Gemeinden (della Germania unita) al di sotto di 12.00053.

Più correttamente, invece, l’Italia potrebbe essere affiancata agli Stati che hanno rimesso alle amministrazioni la scelta sull’opportunità dell’accorpamento, come la Finlandia, con il Project to

(bastone). Offre una visione completa delle riforme del governo locale realizzate in Germania in quegli anni REICHARD C., Local public management reforms in Germany, in Public Administration, vol. 81, n. 2, 2003, p. 345 ss.

51 BLOM-HANSEN J., Municipal amalgamations and common pool problems: The Danish local government reform in 2007, in Scandinavian Political Studies, vol. 33, n. 1, 2010, p. 51 ss.

52 Modalità definita “quasi volontaria” da MUSILOVÁ K., HEŘMÁNEK J., Factors of Voluntary Mergers of Municipalities: a case study of the Czech Republic, in Slovak Journal of Political Sciences, vol. 15, n. 4, 2015, p. 299.

53 Ad agosto 2015 la Germania conta 11.092 Comuni.

Page 23: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Restructure Local Government and Services (c.d. PARAS) del 2005, oppure l’Olanda, o ancora la Svizzera e l’Islanda. Anche il confronto con i Paesi appena menzionati, però, si rivela impietoso, dal momento che essi, in maniera graduale, hanno ottenuto riduzioni davvero significative nel numero dei Comuni: un quarto dei Municipi finlandesi, negli ultimi dodici anni, è stato soppresso in seguito a fusione (da 431 nel 2006 a 317 nel 2014)54; in Olanda il ritmo delle aggregazioni si mantiene costante di anno in anno, al punto che i 913 Comuni del 1970 sono divenuti 393 nel 201555; in Svizzera quasi tutti i Cantoni hanno sposato la causa e, se nel 1990 i Comuni erano 3.021, nel 2014 sono state rilevate quasi 700 unità in meno (2.352 in totale)56; in Islanda, infine, i 229 enti di prossimità del 1950 sono scesi a 74 nel 201357.

Un’altra obiezione, tuttavia, potrebbe agevolmente muoversi, poiché i numeri appena riportati rappresentano pur sempre il frutto di un lavorio lento e risalente, mentre

54 Come attesta KETTUNEN P., The Finnish Municipal Reform, in Public Policy, 2015, p. 61. La Finlandia, peraltro, sta guidando i suoi Comuni verso ulteriori fusioni, con il Programma New Municipalities 2017.

55 I dati sull’Olanda si ricavano dalla combinazione della lettura di OECD Territorial Reviews 2014: Netherlands, OECD Publishing, 2014, p. 266, su http://dx.doi.org/10.1787/9789264209527-en e di OECD Environmental Performance Reviews 2015: the Netherlands, OECD Publishing, 2015, p. 104, su http://dx.doi.org/10.1787/9789264240056-en.

56 KAISER C., Functioning and Impact of Incentives for Amalgamations in a Federal State: The Swiss Case, in International Journal of Public Administration, vol. 37, n. 10, 2014, p. 626.

57 KARLSSON V., Amalgamation of Icelandic Municipalities, Average Cost, and Economic Crisis: Panel Data Analysis, in International Journal of Regional Development, vol. 2, n. 1, 2015, p. 20.

Page 24: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

in Italia una seria politica “pro fusioni” è iniziata – si è visto – soltanto due anni fa, con la legge Delrio, pensata ed emanata in un contesto di incalzante crisi economica. Alla luce di ciò, dunque, andrebbero piuttosto utilizzati come termini di paragone Paesi quali la Spagna e la Francia, ove l’interesse per le unificazioni territoriali è parimenti esploso in epoca di crisi e il decisore ha tenuto fede ad un approccio bottom-up, fondato sulla volontarietà58.

Ecco allora dischiudersi scenari più confortanti, non troppo dissimili dal paradigma italiano. In Spagna, anzi, il bilancio è persino deteriore: la legge 27/2013 di

58 La Grecia, infatti, che pure ha agito sotto il pungolo della recessione, ha conosciuto viceversa una politica top-down: le autorità locali di primo livello («Municipi» e «Comunità») sono state forzate alla fusione, attraverso il c.d. Kallikratis Program (legge 3582/2010), che le ha ridotte da 1.033 a 325. Sul punto si rimanda ad AKRIVOPOULOU

C., DIMITROPOULOS G., KOUTNATZIS S.G., The “Kallikratis Program”. The Influence of International and European Policies on the Reforms of Greek Local Government, in Ist. Fed., n. 3, 2012, p. 653 ss. Meccanismi analoghi sono stati impiegati in Lettonia, nel 2009, con una riforma radicale che ha abbattuto il numero di autorità locali, da 525 a 118, compresi 109 Municipi (Novadi) e 9 Città: cfr. FRÉCON J.-C., LEUBA P., Rapporteurs del Congress of Local and Regional Authorities, Consiglio d’Europa, Local and Regional Democracy in Latvia, 30 settembre 2011, su https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=1844425&Site=Congress. Il Portogallo, invece, si colloca in una dimensione a sé stante: malgrado il Memorandum of Understanding on Specific Economic Policy Conditionality, siglato il 17 maggio 2011 con la Troika, prevedesse di «ridurre significativamente» il numero di Municipi e Parrocchie (Freguesias), solo le seconde sono state incise, passando da 4.259 a 3.091, mentre i primi erano e rimangono 308: cfr. BATALHÃO C.J., A fusão de municípios, in ALMEIDA CERREDA M., TUBERTINI C., CRUZ SILVA P. (a cura di), La Racionalización de la Organización Administrativa Local, cit., p. 531 ss. e, tre anni prima, CRUZ E SILVA P., La riforma del potere locale in Portogallo, in Ist. Fed., n. 3, 2012, p. 639 ss.

Page 25: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

Racionalización y Sostenibilidad de la Administración Local (27 dicembre 2013), che ha predisposto forti incentivi alle fusioni e ha introdotto a tal fine uno strumento nuovo, il c.d. convenio de fusión, non ha prodotto esito alcuno. L’unica fusione realizzata si è conclusa sei mesi prima dell’entrata in vigore della riforma, con la pervicace resistenza degli 8.122 Comuni residui59. In Francia la situazione sembra essersi sbloccata con l’adozione, il 16 marzo 2015, della legge n. 2015-292, che irrobustisce la precedente legge n. 2010-1563 del 16 dicembre 2010: se, nella prima decade del Duemila, il numero di Comuni aveva continuato inesorabilmente a crescere, ora si assiste ad un movimento inverso, grazie al quale hanno visto la luce, dal 1° gennaio 2015 al 1° gennaio 2016, 300 Communes nouvelles, con la simultanea fusione di 1.013

59 Ad avviso di ARIAS MARTÍNEZ M.A., La fusíon de municipios, in ALMEIDA CERREDA M., TUBERTINI C., CRUZ SILVA P. (a cura di), La Racionalización de la Organización Administrativa Local, cit., pp. 135-136, uno dei motivi del fallimento risiede nelle modalità di approvazione del convenio de fusión, che avviene a maggioranza semplice degli elettori dei Comuni interessati: gli organi di governo, a fronte della facilità con cui un accordo potrebbe essere raggiunto, non si arrischiano a proporlo ai propri cittadini, «poniendo en peligro su estabilidad y la del proprio municipio fusionado». Individua diverse ragioni – macroscopiche – dell’insuccesso CALONGE VELÁZQUEZ A., La fusión de municipios, único instrumento de la Ley 27/2013, de 27 de diciembre, de racionalización y sostenibilidad de la Administración Local para la modificación de la planta municipal: una oportunidad perdida, in REALA Nueva Época, nº extraordinario, 2015. Gli aspetti problematici dei convenios de fusión sono indagati anche da ALMEIDA

M., Un nuevo instrumento para el redimensionamiento de la planta municipal española: el convenio de fusión entre ayuntamientos, in Ist. Fed., n. 2, 2015, p. 331 ss., il quale si arrende all’evidenza che «este nuevo instrumento tendrá un impacto muy limitado en la reconfiguración de la planta municipal española» (p. 356).

Page 26: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

unità locali. La soglia psicologica di 36.000 Comuni è stata, così, simbolicamente abbattuta60.

Tutte le cifre sin qui snocciolate, comunque, rivestono un’utilità in fin dei conti relativa, non foss’altro perché ogni Paese possiede un sistema locale specifico e caratteristiche geo-morfologiche peculiari, che giocano un ruolo preminente anche nello svolgimento dei processi di fusione. Una comparazione rigorosa, pertanto, presupporrebbe un’analisi approfondita delle singole realtà coinvolte, che non è possibile compiere ora. La rassegna, però, reca di per sé un’informazione interessante: oltre ad offrire spunti per il perfezionamento dei dispositivi aggregativi interni, essa mostra come l’intera area europea sia percorsa da un fremito riformatore favorevole agli accorpamenti intercomunali, talvolta partito da lontano, ma che ha trovato, in questi anni di crisi, una conferma puntuale.

L’attrazione nei confronti delle fusioni è, insomma, un dato unificante del nostro continente61. Il favor dei Governi poggia su vari ordini di valutazioni, tra le quali

60 Ad oggi in Francia si contano 35.945 Comuni, stando ai calcoli della Direction Générale des Collectivités Locales (DGCL), riportati su ww.lagazettedescommunes.com. Nel Novecento era stata la c.d. loi Marcellin, del 16 lu glio 1971, a promuovere gli accorpamenti, per un totale di 928 fino al 1999 (benché, nel contempo, si siano verificate anche 180 “défusions”, ossia disgregazioni di Comuni precedentemente fusi): si veda il Projet de loi de réforme des collectivités territoriales a cura del Senato francese, Rapport n. 169, 2009-2010, su http://www.senat.fr/rap/l09-169/l09-16921.html.

61 Sebbene non manchino casi emblematici anche in altri continenti, segnatamente in Giappone per l’Asia, in Australia per l’Oceania, in Canada per l’America.

Page 27: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

primeggia la promessa di economie di scala, ricavabili, appunto, dall’aumento dimensionale delle unità di governo. Enti locali più grandi, peraltro, possono esercitare più funzioni e ciò accresce altresì le probabilità che i cittadini partecipino alla politica, determinando, in ultima istanza, un avanzamento della democrazia; ancora, enti locali più grandi paiono più efficaci nelle politiche di pianificazione e di sviluppo economico e potrebbero contribuire a ridurre i fenomeni di free riding62.

Se le aspettative sono dunque evidenti, e hanno convinto la quasi totalità dei decisori europei – alle prese con tagli di budget necessitati – ad incentivare o ad imporre le fusioni, non altrettanto chiari sono i risultati effettivi che da tali manovre discendono63. Numerosi studi condotti ex post in Stati pionieri, infatti, disvelano panorami non esattamente rispondenti alle attese, dove i costi di transizione superano i risparmi e dove, in generale, si ravvisano «effetti collaterali negativi»64, in

62 L’elencazione accurata degli auspicati benefici sottesi ad ogni progetto di fusione si deve a SWIANIEWICZ P., If Territorial Fragmentation is a Problem, is Amalgamation a Solution? An East European Perspective, in Local Government Studies, vol. 36, n. 2, 2010, pp. 185-186.

63 In questo senso le conclusioni di DE CEUNINCK K., REYNAERT H., Outcomes for efficiency after amalgamation, Paper presentato alla PSA 65th Annual International Conference, 30 marzo - 1 aprile 2015, Sheffield, UK.

64 «Analyzing the process of reforms implicated by the need to upscale sub-national government, does not present a pleasant picture. The process is full of conflict, ideology, fear, and negative side effects»: così DE VRIES M.S., SOBIS I., Consolidation in local government. An international comparison of arguments and practices, Paper presentato

Page 28: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

termini monetari, organizzativi e sociali. Sorprende leggere, poi, che «le economie di scala non dovrebbero essere date per scontate, i risparmi di bilancio potrebbero essere inconsistenti e i sevizi pubblici non sono necessariamente ottimizzati attraverso le fusioni»65; neppure la democrazia ne uscirebbe vittoriosa, trovandosi i cittadini di un Comune “allargato” sempre più distanti dai luoghi di esercizio del potere e perciò incapaci di comprenderlo appieno ed influenzarlo66.

Una prospettiva ben lontana da quella dipinta dai sostenitori degli accorpamenti, in Europa al pari che in Italia.

5. L’approccio dello Stato

alla 21st NISPAcee Annual Conference, 16-18 maggio 2013, Belgrado, Serbia.

65 «... economies of scale should not be taken for granted, ... budgetary savings may be elusive and ... public services are not necessarily improved through amalgamation»: ALLERS M.A., GEERTSEMA J.B., The effects of local government amalgamation on public spending and service levels. Evidence from 15 years of municipal boundary reform, SOM Research Paper 14019-EEF, University of Groningen, 2014, p. 29. Illuminante è, invero, l’intera ricerca dei due studiosi olandesi.

66 L’opinione che i singoli cittadini hanno dei propri mezzi, per la comprensione e il condizionamento delle politiche pubbliche, viene chiamata Internal political efficacy (IPE) e, secondo LASSEN D.D., SERRITZLEW S., Jurisdiction Size and Local Democracy: Evidence on Internal Political Efficacy from Large-scale Municipal Reform, in American Political Science Review, vol. 105, n. 2, 2011, p. 238 ss., essa risente fortemente dell’ampliamento dimensionale susseguente a fusione: «When the size of municipalities increases, Internal political efficacy drops» (p. 255).

Page 29: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

La teoria della fusione come panacea di tutti i mali che affliggono il governo locale si dimostra, alla resa dei conti, irrealistica e fallace. Non è automatico che una fusione generi plusvalenze, né che ottimizzi la prestazione dei servizi alla cittadinanza. Ciò vale tanto per i Comuni piccolissimi, l’aggregazione dei quali produrrebbe un Comune pur sempre minuto, quanto per i Comuni medi, che, fusi, rischierebbero di oltrepassare la dimensione ottimale – ammesso che esista –, dando vita ad un’entità ipertrofica.

Se l’obiettivo torna ad inquadrare il solo contesto italiano, tuttavia, l’indispensabilità degli accorpamenti intermunicipali non viene revocata in dubbio. Anche evitando di fare affidamento sui dati elaborati dalla Corte dei Conti67, e dunque lasciando in disparte l’argomento dei risparmi di spesa, resta ferma convinzione di chi scrive, infatti, che accorpare i Comuni sia una tappa ineludibile del percorso riformatore avviato.

Naturalmente le ragioni finanziarie hanno un peso elevato, forse addirittura schiacciante, per chi in concreto sceglie di assoggettarsi a fusione (quale Comune lo farebbe senza la promessa di benefici economici?), ma, allargando il campo visivo, altrove va individuato il fattore trainante, anche perché, dopotutto, solo l’8% del debito

67 In base ai quali, su un campione di Comuni unitisi nel 2014, le fusioni «hanno prodotto un risparmio di spesa di circa 10 milioni di euro»: CORTE DEI CONTI – SEZIONE DELLE AUTONOMIE, Audizione “La gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, 1° dicembre 2015, p. 30, su http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2015/audizione_1_12_2015.pdf

Page 30: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

pubblico è scritto nei bilanci delle amministrazioni locali68. Ebbene, il vero movente, che deve continuare a sospingere il legislatore nella direzione intrapresa, trae origine da un’osservazione formulata più sopra in questo stesso scritto: i Comuni, nel disegno tracciato dalla legge Delrio, sono i basamenti del sistema locale, titolari di parte delle funzioni dismesse dalle Province, responsabili della formazione e dell’operatività degli enti di area vasta, interlocutori diretti delle Regioni e dello Stato per il governo del territorio. La fusione consente loro, per lo meno, di accettare la sfida.

Come si colloca in un simile disegno il progetto di riforma costituzionale Renzi-Boschi? È noto che, in base ad esso, cessano di esistere le materie di competenza concorrente e lo Stato contestualmente si riappropria in via esclusiva di alcune materie che la revisione del 2001 aveva affidato alle Regioni, prima fra tutte l’«ordinamento (...) di Comuni e Città metropolitane». Questo cambio di passo, che riapre la “signoria” dello Stato sugli enti locali69, è indice, prima ancora che di una rinnovata tendenza

68 Delle Regioni e, in misura minore, delle (vecchie) Province e dei Comuni, mentre il restante 92% deriva dai bilanci delle amministrazioni centrali: TROVATI G., Regioni e Comuni: investimenti a rischio blocco, in Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2015, p. 3.

69 Come fa notare CARLONI E., Differenziazione e centralismo nel nuovo ordinamento delle autonomie locali: note a margine della sentenza n. 50/2015, in Dir. pubbl., n. 1, 2015, p. 161, richiamando le parole utilizzate all’approvazione della riforma costituzionale del 2001 da MERLONI F., Il destino dell’ordinamento degli enti locali (e del relativo Testo unico) nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Le Regioni, n. 2-3, 2002, p. 413.

Page 31: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

accentratrice70, del declino del regionalismo e della frustrazione del ruolo delle Regioni71. Assegnare allo Stato la disciplina dell’ordinamento dei Comuni non significa automaticamente riportare verso l’alto l’intera gamma dei poteri di amministrazione del territorio, riducendo l’autonomia dei soggetti istituiti per disporne, mentre significa senz’altro esautorare le Regioni dal controllo incondizionato degli enti locali, controllo che, dal 2001 ad oggi, escludeva soltanto la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali, in quanto profili già attribuiti alla competenza esclusiva dello Stato.

La nuova formulazione dell’art. 117, comma 2, lett. p), dunque, benché indiscutibilmente peggiorativa per le Regioni, non rappresenta un male certo anche per i Comuni, nel cui affrancamento dagli indirizzi regionali, anzi, v’è chi ha riconosciuto una conquista72; in questo senso, nell’ottica di consolidamento del livello di prossimità, la revisione costituzionale di imminente ratifica si pone in continuità logica con la legge Delrio, difesa su tutti i fronti – non a caso – dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 50/201573. Che

70 Pur innegabile, cfr. GARDINI G., Crisi e nuove forme di governo territoriale, cit. e, amplius, BOLGHERINI S., Navigando a vista. Governi locali in Europa tra crisi e riforma, Il Mulino, Bologna, 2015, spec. p. 48 ss.

71 Già prima della divulgazione del ddl Renzi-Boschi lo segnalava MANGIAMELI S., Le Regioni italiane tra crisi globale e neocentralismo, Giuffrè, Milano, 2013.

72 MORRONE A., Questioni di principio per la riforma costituzionale, in federalismi.it, n. 8, 2014, p. 4.

73 La quale, per di più, poggia le sue argomentazioni proprio sul testo nuovo della lett. p), non ancora entrato in vigore al momento dell’emanazione della pronuncia. I commenti alla sentenza, in

Page 32: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

l’estromissione delle Regioni dalla vita quotidiana degli enti locali, poi, costituisca un fatto da deplorare, neppure è vero in assoluto. Se esse avessero assolto ai compiti loro conferiti, se avessero mostrato determinazione e spirito collaborativo nell’attuazione del piano di decentramento voluto a inizio secolo, non vi sarebbe stata questione; il rivolgimento cui assistiamo ora altro non è che la conseguenza di un’inerzia protratta troppo a lungo.

Il discorso è valido anche con riferimento specifico alle fusioni. Solo di recente, dopo la legge Delrio, le Regioni – e non tutte – hanno preso ad occuparsi con serietà della programmazione delle fusioni entro i propri confini, compito che il legislatore statale ha mantenuto, appunto, in capo ad esse. Poiché però – come detto – l’esigenza di accorpare Comuni è divenuta stringente, lo stesso legislatore si è premurato di indirizzare il cammino regionale e ha tentato di irreggimentare un processo che,

dottrina, sono numerosi: si vedano, esemplificativamente, CARLONI E., Differenziazione e centralismo nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, cit., p. 145 ss.; TUBERTINI C., La riforma degli enti locali dopo il giudizio di legittimità costituzionale, in Giorn. dir. amm., n. 4, 2015, p. 489 ss.; STERPA A., GRANDI F., FABRIZZI F., DE DONNO M., Corte costituzionale, sentenza n. 50 del 2015: scheda di lettura, in federalismi.it, n. 7, 2015; SALERNO G.M., La sentenza n. 50 del 2015: argomentazioni efficientistiche o neo-centralismo repubblicano di impronta statalistica?, in federalismi.it, n. 7/2015; SPADARO A., La sentenza cost. n. 50/2015. Una novità rilevante: talvolta la democrazia è un optional, in Rivista AIC, n. 2, 2015; VANDELLI L., La legge “Delrio” all’esame della Corte: ma non meritava una motivazione più accurata?, in Forum di Quaderni costituzionali, n. 2, 2015.

Page 33: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

altrimenti, avrebbe continuato a viaggiare a venti distinte velocità74.

Mentre tanti si chiedono se lo Stato avrebbe dovuto essere meno invadente, ora ci si domanda all’opposto: avrebbe potuto esserlo di più? La piana lettura dell’art. 133, comma 2, Cost. lo escluderebbe tout court, ma un passaggio della citata sentenza n. 50/2015 della Corte costituzionale cattura l’attenzione dell’interprete e induce ad una riflessione ulteriore. Laddove la Corte, discorrendo della concreta istituzione delle Città metropolitane da parte della legge Delrio, asserisce che «una significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica (...) giustifica la mancata applicazione delle regole procedurali contenute nell’art. 133 Cost., che risultano riferibili solo ad interventi singolari, una volta rispettato il principio, espresso da quelle regole, del necessario coinvolgimento delle popolazioni locali interessate, anche se con forme diverse e successive», sembra sancire in realtà un criterio di ordine generale, estensibile, quindi, anche al caso che ci occupa. Con questo passaggio75 pare quasi che la Consulta intenda circoscrivere l’applicabilità delle norme della Costituzione disciplinanti le variazioni territoriali, poste a tutela

74 Anche PINELLI C., Gli enti di area vasta nella riforma del governo locale di livello intermedio, in corso di pubblicazione su Ist. Fed., sostiene che «il processo poteva venire sbloccato solo dal centro».

75 Definito «cruciale» da TUBERTINI C., La riforma degli enti locali dopo il giudizio di legittimità costituzionale, cit., p. 497: l’A. per prima, infatti, rileva come esso, «se sganciato dal contesto, (...) potrebbe essere utilizzato in futuro dal legislatore per proporre riforme radicali e generalizzate anche del territorio di altri enti locali, come le Province, o i Comuni».

Page 34: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

dell’autonomia degli enti costitutivi della Repubblica, alle ipotesi di mutamenti meno “significativi”, rimettendo le metamorfosi radicali alla completa discrezione del legislatore.

Un’interpretazione pedissequa del ragionamento della Corte indurrebbe allora ad accettare l’idea che le fusioni di Comuni, ove iscritte in un progetto riformatore di ampio respiro, possano legittimamente essere imposte dall’alto, con un coinvolgimento debole (ed ex post) della cittadinanza. Ciò, tuttavia, non sovvertirebbe soltanto le regole procedurali dell’art. 133 Cost., ma lo stesso concetto di autonomia al quale – se le parole hanno un senso – l’ordinamento continua ad essere improntato: anche lo studioso che auspica lo sviluppo delle fusioni non può tollerare un costo così elevato, quale la distorsione della Costituzione sarebbe.

6. Conclusioni Si rende a questo punto opportuno tornare sul rapporto

esistente tra crisi e rilancio delle fusioni di Comuni, non prima, però, di aver formulato una considerazione di ordine generale, con cui si assume che non tutti i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni sulla disciplina del governo locale siano da imputare direttamente alla crisi economica, affondando le radici, invece, molto più lontano. La crisi ha funzionato semmai da campanello di allarme, come una spia rilevatrice di fumo segnala un incendio già divampato: in altri termini, i malfunzionamenti esistevano da tempo, e da tempo erano censurati, l’emergenza di cassa ha soltanto squarciato il

Page 35: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

velo, davanti agli occhi di chi li osservava piuttosto che sulla superficie dei fenomeni, nient’affatto ignoti agli addetti ai lavori. Mettendo a nudo meccanismi già deteriorati, li ha resi, nei fatti, non ulteriormente tollerabili.

La «sterilizzazione politica» delle Province76, la creazione delle Città metropolitane, gli incentivi all’associazionismo e agli accorpamenti intercomunali, dunque, sono reazioni ritardate a storture preesistenti, reazioni che trovano nel collasso delle finanze pubbliche – questo sì – il dispositivo di innesco.

Nello specifico, poi, l’impulso alle fusioni costituisce una replica solo mediata alla crisi. Quest’ultima, infatti, ha sollecitato un riordino della mappa amministrativa territoriale, che, a sua volta, implica un irrobustimento delle cellule su cui si innesta l’intero sistema di governo, i Comuni. Nella prospettiva qui adottata, pertanto, le aggregazioni di Municipi italiani non rispondono direttamente alle istanze della crisi, bensì mirano a concretizzare le risposte primarie che alle stesse istanze sono state date.

Per garantire analogo risultato, un’alternativa alle fusioni potrebbe rinvenirsi nell’attuazione – finalmente – del principio di differenziazione delle funzioni, di modo che siano solo i Comuni già solidi a prendere parte attiva al complesso intreccio di relazioni scaturente dalla riforma in corso. In tale ipotesi, però, gli enti minori verrebbero completamente abbandonati a se stessi, salva la facoltà (o l’obbligo) di associarsi a Comuni vicini al fine di svolgere,

76 Espressione mutuata da BIN R., Chi ha paura delle autonomie?, cit.

Page 36: XXX Convegno SISP Società Italiana di Scienza Politica · Per di più, a rinforzo dell’opzione selezionata, la l. cost. 3/2001 sancì l’autonomia statutaria di Comuni, Province

quanto meno, le funzioni fondamentali e di evitare l’intervento del livello di governo superiore. Le fusioni, al contrario, lungi dal comportare un abbandono delle realtà più piccole, la cui rilevanza storica, culturale e di tutela del territorio non è in discussione, propongono delle medesime un rafforzamento.

Quando i Comuni comprenderanno che fondersi non significa abdicare, quando, più in generale, si smetterà di ragionare in termini di “sconfitta” e di “vittoria” nei rapporti tra enti territoriali, poiché sulla loro compresenza è edificata la Repubblica e se cade uno cadono tutti, allora, forse, quello che sino adesso è stato un timido segnale di apertura nei confronti delle aggregazioni diventerà un consenso convinto, diffuso e contagioso.