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Ufficio Studi 6.7.2004
1SINTESI DELLE TENDENZE CONGIUNTURALI
1. Economia italiana1
2. Economia internazionale3
nel mondo3
in Europa5
in USA7
in Giappone7
nei paesi “emergenti”8
TENDENZE CONGIUNTURALI ITALIANE9
Conti economici nazionali – 1° trimestre 20049
Conto economico delle risorse e degli impieghi – 1° trimestre 20049
Contributi alla crescita del PIL: variazioni congiunturali – 2° trim. 2003-1° trim. 20049
Produzione industriale e servizi: fatturato, ordinativi, vendite, fiducia10
Indice della produzione industriale10
Indici della produzione industriale per settori di attività economica11
Indici generali del fatturato e degli ordinativi dell’industria11
Indici del valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio a prezzi correnti e per settore merceologico12
Indici del valore delle vendite del commercio al dettaglio per forma distributiva e settore merceologico12
Forze di lavoro13
Stime transitorie degli indicatori principali del mercato del lavoro per sesso e ripartizione geografica13
Indicatori del lavoro nelle grandi imprese14
Indici dell’occupazione alle dipendenze nelle grandi imprese14
Indici delle ore effettivamente lavorate per dipendente nelle grandi imprese15
Ore straordinarie, ore di c.i.g. ed ore di sciopero nelle grandi imprese15
Indici delle retribuzioni nelle grandi imprese15
Indici del costo del lavoro nelle grandi imprese16
Contratti collettivi, retribuzioni contrattuali, scioperi16
Contratti nazionali in vigore, in attesa di rinnovo per settore di attività economica16
Indici generali delle retribuzioni contrattuali17
Retribuzioni di fatto e costo del lavoro (OROS), 1° Trimestre18
Indicatori retribuzioni lorde, oneri sociali e costo del lavoro per ULA18
Esportazioni delle regioni, 1° Trimestre19
Esportazioni per ripartizione geografica e regione19
Commercio estero con UE e mondo19
Esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale con i paesi UE e in complesso20
Commercio estero con paesi extra UE20
Esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale con i paesi extra UE21
Esportazioni, importazioni e saldi con i paesi extra-UE per aree geoeconomiche principali21
Prezzi al consumo22
Indici dei prezzi al consumo22
Indici dei prezzi al consumo per capitolo di spesa22
Prezzi alla produzione23
Indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali23
Indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali per settore di attività23
Mercati monetari e finanziari24
Tendenze congiunturali internazionali25
Europa25
Stati Uniti29
Gli USA e l’Iraq34
Germania42
Francia43
Gran Bretagna43
Giappone46
CALENDARIO46
INDICATORI ECONOMICI E FINANZIARI A CONFRONTO47
L’analisi elabora dati acquisiti fino al 5.7.2004
La sintesi di questa Nota congiunturale è pubblicata su
“Conquiste del lavoro” del 7.7.2004
SINTESI DELLE TENDENZE CONGIUNTURALI
1. Economia italiana
Per la rubrica, che andiamo collazionando, del Come eravamo...
“Gli Stati Uniti ci privilegiano.... è un fatto che Bush ha preferito me piuttosto che il grande presidente dell’Eliseo”, aveva appena finito di dire, un po’ pavone, il primo ministro Berlusconi. Vantava il fatto che il presidente fosse venuto a Roma e scordava che era venuto soprattutto per chiedere al papa di ordinare ai vescovi americani di appoggiarlo: “non sempre sono con me”, s’era lamentato col card. Sodano, ricevendo in risposta l’ “assordante silenzio” del segretario di Stato vaticano.
Berlusconi aveva appena finito di raccontare al mondo quanto fosse stato felice Bush di andarlo a trovare che proprio Bush se ne usciva in Normandia con l’improvvida frase sulla “Francia nostra prima alleata” che gli ha mandato la colazione per traverso...
Berlusconi aveva parlato del “privilegio” a lui riservato da Bush, salutandolo alla partenza per Parigi dove andava per le cerimonie del 50° anniversario dello sbarco alleato. Dove noi, aveva puntigliosamente spiegato il Cavaliere, non è che non eravamo stati invitati ma non ci eravamo “fatti invitare” per risparmiare, magnanimi, qualche imbarazzo ai vincitori della II guerra mondiale. Non tanto imbarazzati, però, anche se nessuno dei nostri prodi giornali al Cavaliere ha osato farlo notare, dal non invitare... Gerhard Schröder, il cancelliere tedesco..., alla cerimonia della vittoria...boh!!!
Dopo le europee, invece, Berlusconi ha detto: “rilanciamo questa politica economica”. E Fini: “rivediamo questa politica economica”. Stanno tutti e due nello stesso governo. E ci restano. Perché loro si sono messi d’accordo. Solo che per farlo, stavolta, hanno dovuto buttare a mare Tremonti. Non è che ci lamentiamo del fatto. Non proprio. Ma adesso bisogna vedere se la cambiano davvero, “questa politica economica”. O se continuano a fare la politica economica di Tremonti senza Tremonti.
Purtroppo non è escluso per niente. Perché, in realtà, quella era – è – la politica economica del Cavalier Berlusconi. Solo che lo spartito era quello del primo commercialista d’Italia, dr. GiulioTremonti. Che, però, le sue idee – si capisce sbagliate e deleterie, secondo noi, per la maggioranza degli italiani – le ha difese fino a perirci sopra. Come aveva minacciato già una volta di fare, dando seguito stavolta alla minaccia.
La sintesi che della situazione economica ha fatto il 22 giugno la relazione svolta al Comitato esecutivo della CISL dimostrava il perché fosse ormai indispensabile cambiare rotta. L’ultimo Rapporto annuale dell’ISTAT dice chiaro che “l’Italia cresce poco e sta gradualmente perdendo fiducia in se stessa: basso tasso di crescita, caduta di competitività, forte divario fra le diverse aree del Paese in termini di ricchezza, occupazione e prelievo fiscale”.
Anche il presidente di Confindustria, chiaro e sincero finalmente coi suoi, ha qualcosa da dire – di molto molto simile a quello che noi diciamo da anni – sulla caduta di competitività: “Basta piangere. Se abbiano perso quote di mercato non è colpa né dell’euro, né del governo o del sindacato di turno. E’ arrivato il momento di guardare in casa nostra. E’ arrivato il momento di agire”. Magari anche facendo qualcosa di più, soggiungiamo noi, sul recupero salariale, indispensabile – come insegnava Henry Ford già un secolo fa – se poi l’industria vuol vendere i propri prodotti ai clienti-lavoratori.
Siamo in coda nelle dinamiche del PIL nell’area europea, a sua volta non poco in affanno. Altrove la crescita va, anche se è distorta da elementi forti di sperequazione e di iniquità. Qui siamo proprio fermi: +0,3% nel 2003, il dato peggiore degli ultimi anni. E il 1° trimestre 2004 segna appena lo 0,4% sull’ultimo del 2003.
La spesa delle famiglie cade di brutto, il reddito disponibile cala e le famiglie hanno difficoltà a spendere.
Gli investimenti in beni strumentali nell’ultimo biennio sono diminuiti di oltre il 5%, anche a tassi d’interesse bassi. Forse, ci dice ora Bankitalia, il 2004 potrà vedere una moderata ripresa dell’accumulazione nel settore manifatturiero per le imprese di maggiore dimensione: quelle che riescono a beneficiare più direttamente della ripresa internazionale, mentre si prevede ancora una contrazione per le aziende con meno di 200 addetti. Cioè, quasi tutte.
Le esportazioni sono calate: dal ’95, in dieci anni, dal 4,5% al 3% come quota italiana degli scambi mondiali. Certo, c’è e c’è stata la crisi. Ma c’è stata per tutti: e la Germania, forse anche più colpita di noi da certi punti di vista, l’export invece l’ha incrementato. I problemi delle esportazioni italiane sono dunque altri: l’innovazione (poca), la qualità (debolezza della produzione di beni tecnologicamente avanzati), la distribuzione (troppo spesso occasionale), il marketing (più inventivo che altro)… Sì, teniamo giù il costo del lavoro – siamo molto più virtuosi dei paesi nostri diretti concorrenti in occidente in questo – ma la nostra virtù non basta a compensare la ridotta competitività sui prodotti.
Per il 2004 le prospettive di crescita del PIL si muovono intorno all’1% (grosso modo, lo 0,9 % del Rapporto di consenso del CNEL e dei tre maggiori centri di ricerca congiunturale e l’1,1 di cui, ottimisticamente, parla l’ISAE). E per il 2005, sempre ben sotto il potenziale, forse l’1,8, massimo il 2% di aumento.
L’occupazione va meglio che altrove in Europa, in assoluto. Però è dall’estate del 2003 che ormai ristagna e che le ore lavorate non crescono, o quasi. Fase sempre negativa per il lavoro nel Mezzogiorno mentre cresce il lavoro atipico.
Nel 2003 le retribuzioni definite dai contratti nazionali sono cresciute nella media del sistema economico del 2,2%, in misura inferiore alla crescita dei prezzi, soprattutto il ritardo nei rinnovi dei contratti. Infatti, adesso che si registra, finalmente, una qualche accelerazione nel raggiungimento delle intese e c’è un po’ di recupero dell’inflazione pregressa, c’è anche una leggera ripresa del potere d’acquisto.
Continua la crisi dei rinnovi contrattuali nel terziario privato: più di ¾ dei dipendenti nei servizi vendibili ha il contratto scaduto e questo governo sta lasciando irresponsabilmente senza rinnovo i contratti di tutto – tutto – il pubblico impiego.
Non si riesce a migliorare il potere d’acquisto soprattutto perché il secondo livello di contrattazione su cui, anche, si fondava l’accordo del ’93 e perché la possibilità di migliorare le dinamiche retributive con la distribuzione degli aumenti di produttività che, pure, ci sono stati resta inagibile per una parte maggioritaria del lavoro dipendente.
La dinamica dell’inflazione si è stabilizzata sul 2,3% dal febbraio al maggio 2004. Ma dietro l’angolo c’è l’aumento annunciato, e già in atto, del prezzo del petrolio oltre a quelli per lo più neanche troppo striscianti di servizi e tariffe che – con l’eccezione delle comunicazioni – restano sempre forti.
Anche per questo trend, peggio da noi che nel resto dei grandi paesi d’Europa, è necessario adesso tornare a fissare il tasso di inflazione programmata per il 2005 con una definizione di consenso e ancorata alla realtà: proprio per non rinunciare a ridurre le aspettative inflazionistiche.
La “forchetta” dovrà quindi partire tra il 2,1 ed il 2,3% per determinare poi quanto è possibile erodere tale livello atteso sulla base dei provvedimenti concordati tra le parti sociali e quelli posti in campo dal Governo. Bisognerà muoversi incidendo su quei prodotti che hanno maggiormente contribuito ad aumentare l’inflazione: gli alimentari, alcuni servizi; intervenendo sui costi dei prodotti energetici: manovrando le accise perché la tassazione italiana sulla benzina è enormemente superiore a qualsiasi tassa imposta dagli sceicchi; e le tariffe, specie a livello locale.
Quanto alla finanze pubbliche, c’è uno slittamento pericoloso verso un PIL oltre la soglia del 3%: che in sé è pericolosa non tanto perché disobbedisce all’Europa (lo fanno altri prima e più di noi: ma nessuno ha il fardello nostro di debito pubblico) ma, soprattutto, perché se sfondiamo anche formalmente – di fatto ci siamo già: sotto il tetto riusciamo a starci solo con i condoni e i trucchi contabili – ci costerà carissimo in termini di aumento del servizio degli interessi sul debito.
Che negli anni del centro-destra è restato inchiodato al 106% del PIL: la Relazione di Cassa del Ministero dell’Economia, pubblicata con grande ritardo, sottende livelli allarmanti del rapporto deficit/PIL, dell’avanzo primario e del debito pubblico. Del resto, sia il Governatore della Banca d’Italia che il Rapporto di consenso al CNEL indicano che nel 2004 l’indebitamento netto eccederà il 3%, collocandosi intorno al 3,5% del PIL. Nei primi sei mesi del 2004, i fabbisogno accumulato tocca i 38,5 miliardi di € che è il 49% in più degli stessi mesi dell’anno scorso.
Quando finiamo di scrivere questa Nota ancora non sappiamo bene come sia andata a finire per il ministro del Tesoro ad interim, Berlusconi. Ma, per un’oretta, ci sarebbe piaciuta la parte del moschino sul muro della sala delle riunioni.
Concludeva Pezzotta al CE che, rimpasto del governo o non rimpasto, “dovrebbero decidersi in fretta… è il momento di affrontare le questioni vere come la crescita e lo sviluppo” ricordandosi, anche alla luce dell’evidenza che dovrebbe convincere perfino loro, ormai, che “la concertazione è l’unico modo per governare e decidere” e che “dove non c’è concertazione, non si decide neanche”.
Si sono decisi, secondo voi? E hanno deciso di riprendere a tessere la tela della concertazione, ora che a chiedere la ripresa del filo di una ricerca del consenso non è solo il sindacato, ma anche l’impresa? Chi sa…
2. Economia internazionale
nel mondo
(I prezzi del petrolio ricominciano a salire di brutto dopo gli attentati, specie in Arabia saudita, e lo scombussolamento della produzione e del clima politico in Iraq e in Nigeria. E si evidenziando un mistero: la maggior parte delle grandi compagnie petrolifere stanno riducendo – dicono di star riducendo – i loro livelli di produzione; ma, contemporaneamente, riferiscono di aumentare le proprie riserve. Il sospetto: la produzione è, in parte crescente, dirottata non alla vendita ma ad aumentare le scorte, in prospettiva di prezzi di vendita più alti domani.
(I ricchi diventano ancora più ricchi, dice un rapporto di CapGemini e Merrill Lynch. I detentori di risorse finanziarie superiori al milione di $, escluse le case, sono cresciuti nel 2003 di mezzo milione: in tutto sono 7,7 milioni, di cui americani risultano il 30%, il 14 % in più del 2002. Ma è la logica ferrea e, a suo modo, meravigliosa dell’economia di mercato, per non dire papale papale del capitalismo: i poveri vanno incoraggiati a lavorare di più riducendone il reddito e i ricchi confortati aumentandoglielo!
(A proposito di amici e/o nemici: come Arabia saudita e Libia…
Il Gran Mufti dell’Arabia saudita, paese amico per definizione – e per tutelare preventivamente il quale gli USA hanno demonizzato l’Iran e, poi, l’Iraq— anche se è vero che entrambi i paesi pensavano di per se stessi a colpevolizzarsi non poco – Abdul Aziz al-Sheikh, ha difeso strenuamente la “gerarchia” religiosa in un durissimo discorso a Riyadh. E ha negato furiosamente che le fatwa, le sentenze religiose, siano influenzate dai desiderata del governo.
Ma ha anche asserito che sarebbe impensabile esprimere interpretazioni divergenti da quelle della monarchia da parte dei religiosi wahabiti che alla monarchia si richiamano. Perché è un fatto che la casa regnante dei Saud è strettamente alleata della potente famiglia al-Sheikh: da quando gli antenati di tutte e due le famiglie fondarono il wahabismo, la stretta versione dell’Islam imposta al paese.
Ora un altro, assai importante, sceicco religioso – che predica nella stessa moschea di al-Sheikh – Omar Abdullah Hassan al-Shebabi, ha pubblicato su un sito web assai popolare nel paese una fatwa che spiega come “i cadaveri dei nemici possano ben essere mutilati come atto reciproco quando vengano sfigurati morti islamici” o quando l’atto, altrimenti empio, “serve a terrorizzare il nemico” o a “rallegrare i cuori dei guerrieri mussulmani”.
Il problema non è, ovviamente, l’opinione di al-Sheikh o di al-Shebabi, ma il fatto che simili interpretazioni autoritative ed estremamente radicali vengano accettate come normali in Arabia saudita e pubblicate su un sito aperto. Dice un opinionista saudita assai noto, Suleiman al-Hattlan, che è vero “usiamo ancora un linguaggio assai blando, qui, quando parliamo del problema di al-Qaeda: non facciamo i conti con l’ideologia di questi gruppi” perché al fondo “è la stessa promossa dal governo. Per cui vengono attaccati soltanto gli individui”, mai le idee.
Conclude il NYT: “Non c’è alcun dubbio che gli USA, per come si muovono in tutto il Medio Oriente, hanno dato una bella mano a trasformare in bersaglio qualsiasi cosa o persona americana. Ma ormai è chiaro a diversi sauditi, inclusi diversi princìpi regnanti, che non basta rispondere alla violenza diffusa ormai nella stessa Arabia saudita dando la colpa agli stranieri”.
In effetti, anche nel mondo arabo sta montando un senso di disgusto, di ripugnanza che comincia a fare opinione contro le atrocità di cui, in nome – dicono loro ma sempre meno mussulmani concordano – di Allah clemente e misericordioso, gli autoproclamati campioni si macchiano e si vantano.
Altre voci autorevoli, e anche – come si dice – fra le più militanti, due noti leaders della preghiera del venerdì di Riyadh, Safar al-Hawali e Salman al-Auda, sbattuti svariate volte dal regime in galera perché troppo estremisti, hanno a metà giugno mostrato, con una durissima dichiarazione di condanna degli e di “spregio” verso gli attacchi ai civili, anche verso gli stranieri non mussulmani, che la linea di al-Qaeda, se guadagna spazio tra molti giovani radicali, ne perde tra altri, pure altrettanto radicali.
E questo, scrive uno dei massimi esperti britannici del terrorismo islamico e di al-Qaeda, “non a causa delle azioni intraprese da Bush e da Blair, ma piuttosto loro malgrado” .
Poi c’è il caso della Libia che, se non era proprio l’impero del male, fino a poco fa poco ci mancava…
Quest’altro paese, riscoperto amico dell’occidente – e dell’America in specie – dopo la bellezza di 35 anni di rottura totale – Gheddafi pretendeva di controllare le ricchezze del paese, il petrolio; e poi, certo, era un bell’estremista (a parole…) – se n’è uscito, al vertice dei paesi arabi di Tunisi, il 22 maggio, con parole che in altri tempi avrebbero suscitato davvero scalpore: politico e diplomatico.
Dopo aver condannato (non senza qualche buona ragione) l’inefficacia e l’impotenza dei consessi dei capi di Stato e di governo della regione – e prima di andarsene dal vertice sbattendo la porta – il suo ragionamento, nel riassunto di chi riporta questa notizia, si sviluppava così: certo, c’è poco che i governi arabi possono fare contro l’occupazione americana e britannica dell’Iraq ma potrebbero collettivamente “minacciare paesi più piccoli, come l’Italia, l’Australia, la Bulgaria che hanno mandato lì le loro truppe”.
“Gli arabi invece – e queste sono proprio parole del colonnello, tra virgolette – non stanno facendo niente per rappresaglia contro questi paesi. Il vertice arabo dovrebbe dunque avvertirli: o ritirano le loro truppe o, altrimenti, si devono considerare in stato di guerra coi paesi arabi”.
Il solito Gheddafi, direte. Già, ma non era ormai l’amico ritrovato?
E la cosa strana è che, a meno di distrazioni sempre possibili, non un solo giornale nostrano abbia fatto rilevare questa filippica non proprio innocua, ci sembra. Per sapere qualcosa della quale, bisognava leggere i giornali stranieri.
Però il nuovo/vecchio amico bisogna tenerselo caro. Il 15 giugno il Dipartimento di Stato americano ha reso noto che gli USA continuavano a trattare con la Libia sul disarmo “anche se risultava che stesse complottando per far assassinare il principe Abdullah bin Abdel Aziz al-Saud”, uomo forte e successore designato, di fatto già reggente, dell’Arabia saudita. Perché “gli Stati Uniti non considerano il complotto per l’assassinio di Abdullah una minaccia legittima (sic!), adesso che è diventata nota e la loro priorità resta quella del disarmo libico”.
Ma...
in Europa
(I segnali di ripresa si rafforzano anche in Europa. Tra i paesi della zona euro la Francia sembra il più pronto ad una ripresa tirata dai consumi. Mentre è la fiacca domanda interna che continua ad ostacolare la ripresa tedesca e quella italiana. Qui c’è, per fortuna, la domanda estera che sta producendo un contributo importante – quello decisivo dovrà comunque venire dalle vendite all’interno – nonostante la penalizzazione della forza dell’euro.
Problematico, in tutte le grandi economie dell’euro, resta il nodo dell’occupazione e della precarietà crescente dell’occupazione; che di per sé, per ragioni che ogni turno elettorale va dimostrando obbliganti, non consentono le riforme strutturali del welfare né riduzioni reali degli squilibri fiscali.
Tra le grandi economie europee, la più “brillante” è quella britannica che viaggia ad un tasso di crescita del 3%. Migliora visibilmente qui anche il mercato del lavoro mentre si comincia a vedere qualche problema sul fronte dell’inflazione, sia per l’incremento delle retribuzioni che per l’aumento dei consumi che per varie bolle speculative – soprattutto quella edilizia – che stanno riscaldando la congiuntura ed inducono la Banca centrale inglese ad intervenire preventivamente con un nuovo ritocco dei tassi di interesse (al massimo tra le grandi economie).
(I ministri degli Esteri europei, è stato riferito a Bruxelles ai margini del vertice dei governi, hanno concordato di aprire un’Agenzia europea di difesa col compito di “supervisionare” le capacità tecniche, logistiche e finanziarie di un qualche progetto specifico, proprio dell’Unione, di ricerca e sviluppo, tecnologia e cooperazione nel campo degli armamenti, politicamente cruciale e delicatissimo.
Ma in realtà, di questo progetto, niente è ancora chiaro per niente. Soprattutto perché gli alleati statunitensi hanno continuato a far pressioni perché l’idea stessa sia mandata al macero, subito. Loro preferiscono che tutto resti sotto il cappello NATO, non foss’altro perché lì ci sono – e come – anche loro. Tra gli europei, dunque, c’è chi ha detto un sì convinto all’Agenzia, chi dice sì ma, insieme, non vorrebbe rischiare di irritare “gli amici americani” – indovinate un po’ di chi mai si tratta – chi, in quel di Greenwich, ha detto sì ma vuole che gli statunitensi abbiano comunque – per evitare doppioni – una specie di diritto di vero sui singoli progetti.
Insomma, Washington i suoi segreti di R&S, di nuove tecnologie militari, ecc., se li tiene e li comunica solo quando vuole. Noi, l’Europa, dovremmo star sempre sotto il droit de régard americano. Perché c’è tra gli europei chi, dell’Europa, continua a coltivare una visione subalterna: un po’ da teenager rispetto al grande papà o, almeno, al Grande Fratello.
(L’Unione ha annunciato il 21 giugno una sovvenzione di 24 miliardi di € ai dieci nuovi paesi entranti “per aiutarli a superare i rilevanti scarti nell’Unione allargata sul piano economico e sociale e contribuire all’integrazione ed alla coesione territoriale”. E’ il problema che è sorto con l’allargamento che dal 1° maggio aumenta del 20% la popolazione dell’Unione ma solo del 5% il suo PIL. La metà dei fondi promessi andranno alle regioni più povere dell’Est: alla Polonia andranno 8,2 miliardi di €, all’Ungheria 1,9, alla Repubblica ceca 1,45. E aiuti non irrilevanti di sostegno al loro sviluppo andranno anche a tutti gli altri paesi entranti, compresi Malta e Cipro.
(Dopo non essere riusciti a scegliere il successore di Prodi al vertice di metà giugno, i governi dell’Unione hanno trovato quindici giorni dopo una soluzione all’unanimità. Ma per riuscire a farlo hanno dovuto basare la scelta sul minimo comun denominatore: il superconservatore (ed ex maoista, nel ‘74 ferocemente critico da sinistra – alla “servire il popolo”, ricordate? – della Rivoluzione dei garofani che liberò il Portogallo e rovesciò il salazarismo) primo ministro del Portogallo, Barroso.
Un politico svelto ed intelligente, sicuro, che per l’Europa di chi dichiara di non nutrire assolutamente nessuna ambizione federalista ma anche, appunto, nessuna repulsione per qualcosa di più della attuale, relativa, impotenza.
Il candidato perfetto degli inglesi che l’Europa, con Blair, sicuramente la vogliono ma la vogliono ai minimi termini: i loro.
Per il prestigio, il ruolo, il peso della Commissione europea – il primo motore di un’Europa più Europa, finora – di primo acchitto, così, sperando naturalmente di essere smentiti dai fatti, spira brutta aria…
(La Microsoft ha mollato: ha pagato sull’unghia, in contanti, e non con garanzia bancaria ha spiegato un po’ meravigliato il portavoce della Commissione per le questioni di bilancio, i 497,2 milioni di € decretati da Monti per violazione dell’antitrust (la multa più salata mai imposta in Europa a una singola impresa). Non ha avuto problemi a pagare, Microsoft, con 50 miliardi di $ di riserve liquide in cassa. Adesso questi soldi andranno in un fondo di garanzia affidato a terzi, avendo Microsoft avanzato appello contro la decisione della Commissione.
(La continua rincorsa delle Banche centrali dietro all’inflazione, anche quanto l’inflazione è ancora un topolino, ricorda propri il vecchio cartone animato di Tom & Jerry: la rincorsa senza fine del gatto dietro alla fuga senza fine del topolino. Comunque, per il poco coraggio – questo è un termine sicuramente sbagliato: ma rende bene l’idea di quel che vogliamo dire crediamo – degli altri, a prendere l’iniziativa – al rialzo o al ribasso che sia – è sempre la Fed.
Ma adesso è toccato alla BCE che, pur a fronte di fondamentali del tutto diversi da quelli americani, non ha osato fare proprio come l’America – il 1° luglio non ha alzato i tassi – ma li ha lasciati dov’erano. Non ha saputo e voluto, cioè, dare la spinta che avrebbe potuto dare alla ripresa: ½ punto in meno nella zona euro e ¼ di punto in più negli Stati Uniti avrebbero dato una bella spinta alla ripresa. Lasciando ancora piuttosto comatosa quel po’ di ripresa che pure comincia ad esserci.
in USA
(Confermati i ritmi di ripresa consistenti attraverso i molteplici indicatori di domanda, di attività produttiva e del mercato del lavoro (quest’ultimo, però, assai discusso e controverso, convince pochi) portando la Federal Reserve ad aumentare subito i tassi di interesse ed a lasciar capire di essere pronta a rifarlo. Fattore che ha innervosito i mercati finanziari (c’è l’impressione, netta, che l’era del denaro a costo basso stia finendo) e creato preoccupazioni in Europa, dove, al contrario, si reclama dal mondo imprenditoriale e dai governi, una riduzione dei tassi di interesse.
L’andamento delle retribuzioni che, secondo la legge della domanda e dell’offerta col surriscaldarsi del mercato del lavoro dovrebbe far salire i redditi da lavoro – ma poi non lo fa – e le preoccupazioni sulla dinamica del prezzo del petrolio e sull’effetto che il perpetuarsi del conflitto in Iraq ha specificamente sul petrolio e poi su tutto il quadro economico su di esso, ha indotto Greespan ad abbandonare gli indugi, anche perché la tornata elettorale si avvicina e, con essa, le possibilità di aumentare lo squilibrio di finanza pubblica: già assai rilevante.
(Questo è stato il mese della morte e dei funerali di Ronald Reagan. Si sa che, dei defunti, non si dice mai male. E cercheremo, dunque, di dare a Reagan quel che è giustamente suo.
Sul piano della politica economica e di quella sociale è stato, in realtà, il presidente del trionfo dell’inuguaglianza— lo documentiamo ampiamente, crediamo, nella versione integrale di questa Nota.
Ma sul piano della politica internazionale, a Reagan è doveroso riconoscere di aver segnato la storia come nessun altro – nessuno – dopo la fine della seconda guerra mondiale, col contributo cruciale che ha dato accelerando l’implosione sistemica dell’Unione Sovietica— ed anche questo lo documentiamo.
(Il 30 giugno la Fed ha alzato di un quarto di punto percentuale, dal più basso livello, l’1%, degli ultimi quarant’anni, all’1,25 il tasso di interesse a breve che direttamente controlla ma attraverso il quale influenza anche tutti gli altri.
Il Comitato “Mercato Aperto”, l’organismo della Banca centrale che fissa i tassi, insiste: “anche dopo questo passo la posizione della politica monetaria resta accomodante e, insieme alla continua crescita sottostante della produttività, fornisce un sostegno in atto all’attività economica. Cresce la produzione e stanno migliorando le condizioni del mercato del lavoro. Anche se i dati dell’inflazione sono alquanto elevati, una parte del loro aumento sembra imputabile a fattori transitori”.
Dove, come fattore temporaneo, probabilmente stanno pensando al prezzo del greggio. Ma è una transitorietà che incertezze geopolitiche e guerra in Iraq – che prosegue (e peggiora) – sembrerebbero proprio smentire. Se dovete proprio giocare sui futures del petrolio, bravi e rari lettori, tenetelo bene presente…
in Giappone
(Migliora a ritmi inaspettati l’economia giapponese, che ogni indicatore dimostra riportare nel corso dell’anno un incremento del PIL ben superiore al 4%. Però è una ripresa tirata quasi solo dall’export e, ora, anche dagli investimenti, mentre i consumi rimangono ancora assai circospetti,. Con aumenti dei prezzi vicini allo zero, i tassi di interesse reale rimangono anch’essi ancorati allo zero quando non negativi. Aspetto che permette di non aggravare, e di mantenere perciò tollerabili, gli squilibri pesantissimi delle finanze pubbliche e di poter finanziare a basso costo i programmi di investimento. Ed è una ripresa che sta migliorando anche il mercato del lavoro, riducendo il tasso di disoccupazione sotto il 5% (dato che va sempre qualificato però – certo non solo qui – con l’aggettivo “ufficiale”: perché secondo molti analisti quel 5% è, nella realtà, almeno un 8-9%).
nei paesi “emergenti”
(La Cina si aspetta una produzione di grano migliore e maggiore dopo aver aumentato di molto nel 2003 l’area coltivabile dedicata a questa varietà di produzione (del 12,5% , per un totale di 9,33 milioni di ettari). La Cina conta su una produzione di 455 milioni di tonnellate di grano a fine 2004. Dovrà continuare ad importarne ancora per quella parte di popolazione – la maggioranza, al Sud del paese – che come alimento base non consumano riso, ma pane.
(Se nel computo delle riserve valutarie cinesi includessimo anche quelle di Hong Kong – sono 120,1 miliardi di $: e, in realtà, come prediceva Deng tsiao-ping – ormai la Cina è diventato un paese solo con due sistemi economici: solo che quello “comunista” ormai è al lumicino – si scoprirebbe che ormai il paese ha le riserve di valuta più ampie al mondo. Dopo vengono Giappone, Taiwan (un altro pezzo di Cina…) e Sud Corea.
(Il numero delle imprese cinesi all’estero è cresciuto nel 2003 di 510 unità e, nello stesso anno, la Cina ha investito all’estero 2.087 miliardi di $, un aumento del 112% sul 2002.
(Rallenta la crescita della produzione industriale: del 17,5% a maggio, a 531 miliardi di $. E’ il terzo mese di flessione consecutiva, non casuale ma cercata dalle autorità di governo per frenare gli investimenti – soprattutto nella produzione di acciaio, di auto e nell’edilizia – e, con essi, una crescita che si andava surriscaldando. Però, anche con queste misure e il risultato di una frenata forte dell’attività produttiva, la produzione di acciaio a maggio è cresciuta del 13,3% anno su anno (dal 20,6 di aprile) e quella di auto del 33,3% (dal 34,6).
(La Banca centrale di Cina informa che i prezzi alla produzione sono scesi, a maggio, dello 0,3%: la prima flessione dal luglio 2003. In particolare, proprio i prezzi dei beni di produzione sono scesi in un mese dello 0,5%: che, però, è ancora un +9,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Anche i prezzi al consumo scendono, a maggio, dello 0,1%. Ma, anche qui, anno su anno, la crescita dell’inflazione a maggio segna un balzo in avanti da aprile: ora al 4,4%, allora al 3,8. Siamo al valore più alto da sette anni.
(Come del resto per le vendite al dettaglio, anch’esse al valore più alto da sette anni: dal +13,2% di aprile al +17,8 di aumento sull’anno prima, per 417 miliardi di yuan (50,3 miliardi di $).
(Gli investimenti effettuati direttamente e per iniziativa degli investitori esteri in Cina, tra gennaio e maggio 2004, sono aumentati dell’11% a 25,9 miliardi di $ mentre gli investimenti cosiddetti pianificati – contrattati dai cinesi con le imprese estere – sono saliti del 50%, a 57miliardi di $.
(In India, la produzione industriale cresce del 9,4% nell’anno, in aprile, con l’inflazione nello stesso periodo al 2,2%.
(Lula s’é visto aumentare dal Senato, in Brasile, la proposta di salario minimo nazionale che aveva presentato. Poi, la Camera ha cassato l’aumento del Senato. E’ la presa di Lula sulla sua maggioranza che comincia a mostrare un po’ la corda?
Il surplus della bilancia dei conti correnti è salito, a maggio, a 1,5 miliardi di $, alzando il totale di dodici mesi a 6,5 miliardi.
TENDENZE CONGIUNTURALI ITALIANE
Conti economici nazionali – 1° trimestre 2004
Nel 1° trimestre del 2004, il PIL, destagionalizzato e corretto per il numero di giorni lavorativi (che, però, è lo stesso del trimestre precedente e ne aggiunge uno rispetto al 1° trimestre 2003), aumenta dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e cresce dello 0,8% sul 1° trimestre di un anno prima. Già la stima preliminare di un mese fa rilevava gli stessi valori.
In questo primo trimestre del 2004, il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,8% in Francia, dello 0,6 in Gran Bretagna e dello 0,4 in Germania (Italia, come sopra detto, +0,4%). E, in termini tendenziali, cioè in un anno (Italia, +0,8%), del 3% in Gran Bretagna, dell’1,7 in Francia e dello 0,7% in Germania.
Nel complesso della zona euro il PIL è cresciuto sul trimestre precedente dello 0,6 e dell’1,3% sull’anno prima.
Negli USA e in Giappone il prodotto interno lordo è salito dell’1,1% nei primi e dell’1,5% in Giappone in questi ultimi tre mesi sull’ultimo trimestre del 2004. Nel tendenziale, invece – 1° trimestre del 2004 su 1° trimestre del 2003 – è salito sia negli USA che in Giappone del 5%.
Rispetto al 4° trimestre 2003, dunque nel dato congiunturale, in Italia in questo 1° trimestre 2004 sono diminuite dell’1,5% le importazioni di beni e servizi (+0,7 su un anno prima) mentre il totale delle risorse (PIL + importazioni) è restato invariato. Le esportazioni sono anch’esse diminuite, del 2,1% (con +0,4 nel dato tendenziale).
I consumi finali del paese sono saliti da trimestre a trimestre dello 0,6% (e in un anno dell’1,5%).
Investimenti fissi lordi che si spingono a +2,5% nel rilievo congiunturale e ad un ben più modesto +0,7 in quello tendenziale.
Spesa delle famiglie residenti che sale dello 0,8% negli ultimi tre mesi e dell’1,6 in un anno.
E, spesa delle PP.AA. che cala nell’ultimo trimestre dello 0,1% e sale in un anno dell’1,1.
Conto economico delle risorse e degli impieghi – 1° trimestre 2004
Dati destagionalizzati e corretti per numero diverso di giorni lavorativi (milioni di eurolire a prezzi del 1995)
AGGREGATI
SEC95
MILIONI DI EUROLIRE 1995
VARIAZIONI %
I trim. ‘04
su
IV trim. ‘03
I trim. ‘04
su
I trim. ‘03
Prodotto interno lordo
261.700
0,4
0,8
Importazioni di beni e servizi fob
70.414
-1,5
0,7
Consumi finali nazionali
206.558
0,6
1,5
- spesa delle famiglie residenti
158.448
0,8
1,6
- spesa della P.A. e ISP
48.109
-0,1
1,1
Investimenti fissi lordi
53.590
2,5
0,7
- macch., attr. e prod. vari
24.149
2,2
0,9
- mezzi di trasporto
6.277
8,2
0,4
- costruzioni
23.165
1,3
0,6
Variazione delle scorte e oggetti di valore
1.757
-
-
Esportazioni di beni e servizi fob
70.209
-2,1
0,4
Contributi alla crescita del PIL: variazioni congiunturali – 2° trim. 2003-1° trim. 2004
AGGREGATI
II/2003
III/2003
IV/2003
I/2004
Domanda nazionale al netto delle scorte
0,2
0,3
-0,2
1,0
- Consumi finali nazionali
0,3
0,5
-0,1
0,5
- spesa delle famiglie residenti
0,2
0,4
-0,1
0,5
- spesa della P.A. e ISP
0,1
0,1
0,0
0,0
- Investimenti fissi lordi
-0,1
-0,2
-0,1
0,5
- Variazione delle scorte e oggetti di valore
0,1
-0,9
0,7
-0,4
Domanda estera netta
-0,4
1,1
-0,5
-0,2
Prodotto interno lordo
-0,1
0,4
0,0
0,4
Produzione industriale e servizi: fatturato, ordinativi, vendite, fiducia
Ad aprile (su base 2000=100) cresce del 2,7%, nel tendenziale, cioè rispetto allo stesso mese del 2003, l’indice della produzione industriale: corretto per i giorni lavorativi – 21 contro i 20 dello stesso mese del 2003 – si riduce ad appena +0,2% che diventa un +0,5 nell’indice destagionalizzato congiunturale. Da gennaio ad aprile 2004, la variazione è nulla rispetto allo stesso quadrimestre del 2003: la produzione industriale, dunque, non cresce assolutamente per niente in un anno.
Industria, quindi, in stallo specie nella produzione di beni strumentali (quelli che servono a fabbricare altri beni), che calano (1%) nel dato tendenziale e anche, meno (-0,1), nella produzione di beni intermedi. In stallo anche la produzione di energia, da anni quasi sempre in aumento – ed è un brutto segnale di attività in sofferenza pesante – con variazione nulla sullo stesso mese del 2003.
Unico dato positivo, sempre sullo stesso mese dell’anno prima, è l’incremento dei beni di consumo, la cui produzione è cresciuta col +2,4% (beni durevoli, +7,9% e non durevoli +1). Positivo, sempre per i beni di consumo, anche il dato destagionalizzato sul mese di marzo immediatamente precedente: +1,5%. E, nel dato congiunturale, positivi anche i dati relativi a beni strumentali (+0,4 ), beni intermedi (+2,8) ed all’energia (+0,4%).
Su base annua, a aprile 2004 rispetto ad aprile 2003, e poi su base congiunturale, e destagionalizzata, questo aprile rispetto al marzo2003) l’indice che misura il contributo specifico di ciascun settore all’attività produttiva registra:
▫ il massimo contributo in un anno da aprile ad aprile, +8,3% dall’industria di produzione di mobili (in un mese, +0,3%); a seguire, +7,4% nell’industria della carta, stampa ed editoria (da mese a mese, però, -3,2%); +5,5% (nel mese, +0,7%) per la produzione di legno e prodotti in legno esclusi i mobili; +5% per il metallo ed oggetti in metallo (nel mese, +2,4%). Seguono gli altri prodotti elencati tutti nella seconda tabella a seguire.
▫ in flessione secca, nell’anno da aprile ad aprile, con un pesante -11,8%, l’industria delle pelli e delle calzature (rispetto ad un mese prima: -1,4%); calano pure produzione di apparecchi elettrici e di precisione (-9,8% e +2,1, rispettivamente nell’anno e nel mese), e i prodotti delle raffinerie di petrolio (-5,2 e -5,1%).
Indice della produzione industriale
(base 2000=100) Aprile 2004
INDICI
VARIAZIONI %
Apr 2004
Apr 2004
Apr 2004
Gen-Apr 2004
Apr 2003
Mar 2004
Gen-Apr 2003
Produzione industriale: dati grezzi
99,1
+2,7
-
+1,5
Produzione industriale: dati corretti per i giorni lavorativi
97,9
+0,2
-
0,0
Produzione industriale: dati destagionalizzati
97,8
-
+0,5
-
Indici della produzione industriale per settori di attività economica
(base 2000=100) Aprile 2004
SETTORI DI ATTIVITA’ ECONOMICA
DATI CORRETTI
PER I GIORNI LAVORATIVI
DATI DESTAGIONALIZZATI
Apr 2004
Apr 2003
Gen-Apr 2004
Gen-Apr 2003
Apr 2004
Mar 2004
Estrazione di minerali
-3,4
-5,7
+22,4
Attività manifatturiere
+0,1
-0,2
+0,6
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
+1,7
+0,8
+4,3
Industrie tessili e dell’abbigliamento
-1,1
-2,6
+2,6
Industrie delle pelli e delle calzature
-11,8
-9,9
-1,4
Industria del legno e dei prodotti in legno (esclusi i mobili)
+5,5
+3,5
+0,7
Industria della carta, stampa ed editoria
+7,4
+9,9
-3,2
Raffinerie di petrolio
-5,2
-1,0
-5,1
Fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche
+2,1
+2,3
+1,6
Produzione di articoli in gomma e materie plastiche
+2,1
+0,2
+4,0
Lavorazione di minerali non metalliferi
-2,1
-3,5
+0,4
Produzione di metallo e prodotti in metallo
+5,0
+3,5
+2,4
Produzione di macchine e apparecchi meccanici
-0,4
-0,8
-0,2
Produzione di apparecchi elettrici e di precisione
-9,8
-8,2
+2,1
Produzione di mezzi di trasporto
-5,2
0,0
0,0
Altre industrie manifatturiere (compresi i mobili)
+9,6
+8,1
+2,1
Produzione di mobili
+8,3
+11,2
+0,3
Produzione di energia elettrica, gas e acqua
+2,1
+2,7
-1,4
Netti i segnali di ripresa dell’indice grezzo del fatturato dell’industria (quello che registra le vendite già effettuate) che cresce ad aprile, sullo stesso mese del 2003, del 7,9% (a marzo era salito intorno a +7% rispetto al marzo dell’anno precedente): +7,5 per il valore delle vendite sul mercato interno e +9,1% su quello estero.
Aumento anche nel dato destagionalizzato del fatturato ad aprile a confronto col marzo precedente: +3,6% (+4,1% dal mercato interno e +2,3 dall’estero).
L’indice degli ordinativi (le vendite non ancora effettuate ma già considerate acquisite) sempre dell’industria e sempre nel mese di aprile 2004 rispetto ad un anno prima (il dato tendenziale) va su del 3,4% (dopo l’exploit del mese scorso quando aumentò nel tendenziale del 14,9%): adesso è +0,1 dal mercato interno e +11,3% dall’estero.
Crescono anche, dell’1,1% nel dato destagionalizzato, gli ordinativi di aprile sul mese precedente: calano dello 0,9% dal mercato e aumentano del 5,7 da quello estero.
Insomma, segnali buoni – ad esempio, dal fatturato: che segna il dato migliore da quattro anni a questa parte – ma non ancora su tutto il fronte: perché resta in generale ancora e sempre fiacca la domanda interna.
Indici generali del fatturato e degli ordinativi dell’industria
(base 2000=100) Aprile 2004
DATI GREZZI
DATI DESTAGIONALIZZATI
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI
VARIAZIONI %
Apr
2004
Apr 2004
Gen-Apr 2004
Apr 2004
Apr 2004
Apr 2003
Gen-Apr 2003
Mar 2004
Fatturato Totale
106,0
+7,9
+2,8
106,4
+3,6
Nazionale
117,0
+7,5
+2,9
106,8
-4,1
Estero
103,4
+9,1
+2,5
105,1
+2,3
Ordinativi Totali
96,7
+3,4
+4,1
99.6
+1,1
Nazionali
95,3
+0,1
+3,9
97,8
-0,9
Esteri
99,8
+11,3
+4,9
103,7
+5,7
Nel mese di aprile 2004, l’indice di sintesi che incorpora sia la dinamica di quantità che quella dei prezzi delle vendite tanto delle grandi imprese della distribuzione quanto di quelle che operano su piccola superficie, ha segnato un incremento talmente esile da non farsi neanche notare, lo 0,8%, rispetto allo stesso mese del 2003, registrando una variazione congiunturale (e destagionalizzata) del +0,2% sul marzo scorso.
Rispetto all’aprile del 2003 aumentano in questo aprile dell’1,6% le vendite di prodotti alimentari, che crescono anche dello 0,3% rispetto al mese di marzo 2003. I non alimentari aumentano anch’essi le vendite, ad aprile 2004, ma molto di meno: +0,3 nel tendenziale e +0,2 nel dato congiunturale, dunque sul marzo precedente.
La ripresa dei consumi resta lentissima e – come è tipico dei momenti di minore fiducia – quel poco che c’è si concentra sui beni essenziali (gli alimentari).
Nell’analisi delle vendite per tipo di distribuzione, l’aumento medio in un anno (+0,8% da aprile ad aprile) è il risultato di un +3,4% nella grande distribuzione e di un infinitesimale +0,8% per le imprese che operano su piccole superfici.
E’ l’incertezza che domina e scoraggia gli acquisti. Ma, qui, pagano anche lo scotto proporzionalmente quanti – dettaglianti, piccoli commercianti più che la grande distribuzione – con l’introduzione dell’euro e anche dopo hanno ritenuto di potersi difendere “ricaricando” sproporzionatamente i prezzi al dettaglio praticati nei loro esercizi. Allontanando così, ancor più dell’impatto generale, congiunturalmente negativo per tutti, clienti e acquirenti.
Indici del valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio a prezzi correnti e per settore merceologico
(base 2000=100) Aprile 2004
SETTORI
MERCEOLOGICI
DATI GREZZI
DATI
DESTAGIONALIZZATI
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI
VARIAZIONI %
Apr 04
Apr 04
Apr 03
Apr 04
Apr 04
Mar 04
Alimentari
116,5
+1,6
115,0
+0,3
Non alimentari
103,1
+0,3
103,5
+0,2
Totale delle vendite
108,4
+0,8
108,0
+0,2
Indici del valore delle vendite del commercio al dettaglio per forma distributiva e settore merceologico
(base 2000=100) Aprile 2004
SETTORI MERCEOLOGICI E
FORME DISTRIBUTIVE
INDICI
VARIAZIONI %
Apr 04
Apr 04
Apr 03
Gen- Apr 04
Gen- Apr 03
Alimentari
Grande distribuzione
119,1
+2,6
+3,4
Imprese operanti su piccole superfici
107,6
- 1,9
- 0,7
Totale
116,5
+1,6
+2,5
Non alimentari
Grande distribuzione
115,2
+6,8
+5,1
Imprese operanti su piccole superfici
101,4
- 0,6
- 0,5
Totale
103,1
+0,3
+0,2
Totale delle vendite
Grande distribuzione
118,3
+3,4
+3,7
Imprese operanti su piccole superfici
102,3
- 0,8
- 0,6
Totale
108,4
+0,8
+1,1
A giugno cresce la fiducia dei consumatori, elemento importante per la ripresa.
L’indice destagionalizzato sale a 99,9 (era 97,2 a maggio).
Migliorano soprattutto le aspettative a breve termine sia sulla situazione generale del paese, sia su quella personale degli intervistati; mentre l’indicatore sulla situazione corrente si attesta su un lieve miglioramento da maggio.
Sale a 106,5 da 104,9 di maggio l’indice disaggregato sulla situazione personale degli intervistati; sale di più, a 88,2 da 83,2 dello scorso mese, quello sul quadro economico generale.
Si rafforza inoltre la percezione che la dinamica corrente dei prezzi stia rallentando: anche se emergono, a causa delle tensioni sui prezzi del greggio, nuovi segnali di preoccupazione.
A maggio, mese per il quale sono disponibili tutti i dati europei sulla fiducia dei consumatori, c’è stato un peggioramento in gran parte dei paesi europei; a giugno, secondo le previsioni, la fiducia sale di nuovo un po’ovunque in Europa e, secondo le prime anticipazioni dell’Università del Michigan, anche negli Stati Uniti, dopo una marcata flessione registrata nel mese precedente.
Forze di lavoro
La tabella che segue – e che inizia una nuova, utile serie – ha bisogna di una precisazione: i dati, riferiti alla settimana tra il 29 marzo ed il 4 aprile 2004 vengono calcolati su stime transitorie basate, dal 1° gennaio, sulla nuova rilevazione continua delle forze di lavoro (continua perché rilevata in tutte le settimane dell’anno). Il prossimo 28 settembre renderà possibile diffondere i dati conclusivi su 1° e 2° trimestre del 2004.
Nella settimana di riferimento, il tasso di attività della popolazione tra 15 e 64 anni è risultato pari al 61,7%, di più per i maschi che per le donne. Il tasso di occupazione è stato inferiore, al 56,3% e quello di disoccupazione è all’8,8: al Nord, 4,6%; al Centro, 7; e al Sud 16,4%.
Stime transitorie degli indicatori principali del mercato del lavoro per sesso e ripartizione geografica
(valori %) Sett.29.3.-4.04. 2004
Principali indicatori del mercato del lavoro
Maschi
Femmine
Maschi e femmine
ITALIA
Tasso di attività 15-64 anni
73,6
49,8
61,7
Tasso di occupazione 15-64 anni
68,8
43,8
56,3
Tasso di disoccupazione
6,5
12,1
8,8
NORD
Tasso di attività 15-64 anni
76,9
57,4
67,2
Tasso di occupazione 15-64 anni
74,6
53,4
64,1
Tasso di disoccupazione
2,9
6,9
4,6
CENTRO
Tasso di attività 15-64 anni
74,2
52,8
63,4
Tasso di occupazione 15-64 anni
70,9
47,0
58,9
Tasso di disoccupazione
4,3
10,7
7,0
MEZZOGIORNO
Tasso di attività 15-64 anni
69,2
38,8
53,9
Tasso di occupazione 15-64 anni
60,1
30,0
45,0
Tasso di disoccupazione
13,0
22,6
16,4
Indicatori del lavoro nelle grandi imprese
Riferiti ad una base 2000 uguale a 100, i dati rilevati sull’ampio campione dell’ISTAT attestano che, ad aprile 2004, l’occupazione nelle grandi imprese dell’industria e dei servizi (quelle con 500 e più addetti che, sul totale di tutti gli occupati, alla data dell’ultima riclassificazione 2000, impiegavano il 21,9% dei dipendenti di tutta l’industria e di tutti i servizi) diminuisce in termini tendenziali, rispetto ad aprile 2003, dello 0,9% al lordo della cassa integrazione guadagni e dell’1,4 al netto. Ed, in termini congiunturali, rispetto dunque al mese precedente, al lordo di c.i.g. scende dello 0,1% e, al netto, dello 0,3%.
In un anno – sempre sulla tendenza che dura da anni – la variazione corrisponde ad altri 16.000 posti perduti. Va qui ben richiamata la solita peculiarità dell’Italia: che appena l’1/5 di tutta la forza lavoro trova posto nelle grandi imprese, mentre il resto dell’apparato produttivo, che impiega i 4/5 del lavoro dipendente, è classificabile come piccola e media, spesso piccolissima impresa, quella con 3-4 addetti che produce innovazione ogni tanto ma empiricamente e fa poca, pochissima, ricerca.
In dettaglio, le cinque tabelle seguenti illustrano il quadro relativo a fine aprile 2004:
• Diminuisce, come si diceva, rispetto allo stesso mese dell’anno scorso il numero dei dipendenti della grande impresa nel suo complesso: nell’industria – comprese le costruzioni – scende al lordo di c.i.g. del 3% ed al netto del 4,1%; nei servizi aumenta dello 0,6% al lordo e dello 0,4 al netto di c.i.g. Ma non riesce, naturalmente, mai a bilanciare la perdita complessiva di occupazione.
• Calano, nel complesso, dello 0,4% in un anno (dallo 0,2 del mese scorso sullo stesso mese del 2003), le ore effettivamente lavorate per dipendente: crescono nell’industria dello 0,7% e scendono dello 0,1% nelle grandi imprese dei servizi.
• Non varia di niente, sempre in un anno e nel complesso della grande impresa, l’incidenza delle ore straordinarie: sia nei servizi sia nell’industria.
• Aumentano, nello stesso periodo, del 5,3%, le ore di c.i.g.: nelle grandi imprese industriali del 12,2% e nei servizi dello 0,8.
• Le ore di sciopero nella grande impresa aumentano, nell’anno (sempre da aprile ad aprile), dell’1,4%: totale ripartito tra il 4,3 dell’industria e il niente dei servizi.
• La retribuzione continuativa per dipendente sale, nel periodo considerato e nel complesso delle grandi imprese, del 3,4%: del 5,4 nell’industria e del 2,3% nei servizi.
• Mentre il costo medio del lavoro per dipendente sale, rispetto all’anno prima, del 3,8%: nell’industria, del 6% e nei servizi solo del 2,5%. Quando il costo del lavoro medio per ora lavorata, però, sale mediamente nella grande industria solo dell’1,5%: il 2% nell’industria e, nei servizi, l’1,2.
Indici dell’occupazione alle dipendenze nelle grandi imprese
(base 2000=100) Aprile 2004
INDICATORI
DATI GREZZI
DATI
DESTAGIONALIZZATI
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI
VARIAZIONI %
Apr.2004
Apr.2004
Apr.2003
Gen.- Apr.2004
Gen.- Apr.2003
Apr.2004
Apr. 2004
Mar. 2004
Industria (a)
Lordo c.i.g.
88,6
-3,0
-2,9
89,0
-0,2
Netto c.i.g.
86,9
-4,1
-3,3
87,3
-0,8
Servizi
Lordo c.i.g.
98,8
0,6
0,4
99,2
0,0
Netto c.i.g.
98,6
0,4
0,3
99,0
-0,1
Totale
(a)
Lordo c.i.g.
94,4
-0,9
-0,9
95,1
-0,1
Netto c.i.g.
93,7
-1,4
-1,2
94,4
-0,3
(a) Indicatori comprensivi dell’edilizia.
Indici delle ore effettivamente lavorate per dipendente nelle grandi imprese
(base 2000=100) Aprile 2004
SETTORI
DATI GREZZI
DATI DESTAGIONALIZZATI
DATI AL NETTO DEGLI
EFFETTI DI CALENDARIO
INDICI
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI
VARIAZIONI %
Apr. 2004
Apr. 2004
Apr. 2004
Apr. 2004
Apr. 2004
Gen.- Apr.2004
Mar.2004
Apr. 2003
Gen.- Apr.2003
INDUSTRIA
103,1
99,7
0,7
102,0
0,8
0,1
SERVIZI
100,7
98,5
0,1
100,2
-0,4
-0,8
TOTALE
101,5
99,0
0,4
100,9
0,1
-0,4
Ore straordinarie, ore di c.i.g. ed ore di sciopero nelle grandi imprese
Aprile 2004
INDICATORI
Apr. 2004
Apr.2004 (c)
Apr.2004 (c)
Gen.- Apr. 2004 (c)
Mar.2004
Apr.2003
Gen.- Apr. 2003
INDUSTRIA
Ore straordinarie (a)
4,3
-
-0,3
-0,3
Ore di cassa integrazione guadagni (b)
35,2
6,4
12,2
5,1
Ore di sciopero (b)
5,1
-6,6
4,3
2,8
SERVIZI
Ore straordinarie (a)
5,3
-
0,2
0,2
Ore di cassa integrazione guadagni (b)
1,9
0,1
0,8
0,8
Ore di sciopero (b)
0,5
-7,7
0,0
2,5
TOTALE
Ore straordinarie (a)
4,9
-
0,0
0,1
Ore di cassa integrazione guadagni (b)
15,4
2,3
5,3
2,5
Ore di sciopero (b)
2,1
-7,6
1,4
2,6
(a) % rispetto alle ore ordinarie effettivamente lavorate.
(b) Rapporto per 1.000 ore lavorate.
(c) Differenze assolute.
Indici delle retribuzioni nelle grandi imprese
(base 2000=100) Aprile 2004
INDICATORI
INDICI
VARIAZIONI %
Apr. 2004
Apr.2004 (a)
Apr.2004
Gen.- Apr. 2004
Mar.2004
Apr.2003
Gen.- Apr. 2003
INDUSTRIA
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
103,7
-1,6
1,5
4,2
Retribuzione lorda media per dipendente
106,8
-
5,5
6,0
di cui retribuzione continuativa
114,1
2,
-
5,4
4,4
SERVIZI
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
100,6
0,4
1,2
2,4
Retribuzione lorda media per dipendente
101,3
-
2,6
2,4
di cui retribuzione continuativa
110,0
-
2,3
1,4
TOTALE
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
102,0
-0,4
1,4
3,1
Retribuzione lorda media per dipendente
103,5
-
3,7
3,8
di cui retribuzione continuativa
111,6
-
3,4
2,6
Indici del costo del lavoro nelle grandi imprese
(base 2000=100) Aprile 2004
INDICATORI
INDICI
VARIAZIONI %
Apr. 2004
Apr.2004)
Apr.2004
Gen.- Apr. 2004
Mar.2004
Apr.2003
Gen.- Apr. 2003
INDUSTRIA
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
103,7
-1,6
1,5
4,2
Retribuzione lorda media per dipendente
106,8
-
5,5
6,0
di cui retribuzione continuativa
114,1
2,
-
5,4
4,4
SERVIZI
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
100,6
0,4
1,2
2,4
Retribuzione lorda media per dipendente
101,3
-
2,6
2,4
di cui retribuzione continuativa
110,0
-
2,3
1,4
TOTALE
Retribuzione lorda media per ora lavorata (b)
102,0
-0,4
1,4
3,1
Retribuzione lorda media per dipendente
103,5
-
3,7
3,8
di cui retribuzione continuativa
111,6
-
3,4
2,6
Contratti collettivi, retribuzioni contrattuali, scioperi
Alla fine di maggio, i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore riguardavano 6 milioni di lavoratori dipendenti (800 mila di più che a fine aprile), per una quota, in termini di monte retributivo contrattuale, che corrisponde al 46,4% – cioè a 40 CCNL – del totale osservato.
La tabella seguente illustra la situazione che resta ancora largamente insoddisfacente e, permanendo com’è (36 accordi collettivi nazionali, dunque il 53,6% del totale, in attesa di rinnovo per 6,3 milioni di lavoratori dipendenti), sconta ormai reazioni anche dure (che poi non si lamentino se gli scioperi aumentano...) nei settori da tempo scoperti.
E’ un quadro assai differenziato, che va dal 94,9% dei contratti in vigore in agricoltura all’89,7 dell’industria in senso stretto (l’edilizia, adesso, è al pieno di contratti rinnovati) e, poi, su quote molto inferiori, al 49,7% nei trasporti, comunicazioni e attività connesse, al 28,7% nel settore dei servizi privati, al 22,8% nel commercio, alberghi e pubblici esercizi.
Ed, infine, all’incredibile ed inaccettabile 0,0% di contratti in vigore, alcuni non rinnovati da anni, in tutti i settori della P.A.— percentuale che definiamo incredibile per l’incoscienza e l’irresponsabilità della parte datoriale, il governo, che poi continua a lamentare l’inefficienza... di una Pubblica Amministrazione che Gli tarpa le ali.
Interessanti, poi – ma ci limitiamo qui soltanto a segnalarle – le tabelle che l’ISTAT produce sulla durata dei periodi di vacanza contrattuale settore per settore, in mesi (e qualche volta, scandalosamente, anche in anni). E che, significativamente, l’ISTAT definisce come Indicatori della tensione contrattuale (cfr. www.istat.it/Comunicati/In-calenda/Allegati/Lavoro/Retribuzio/Rc 0405-1.pdf/).
Contratti nazionali in vigore, in attesa di rinnovo per settore di attività economica
(base dicembre 2000=100) Maggio 2004
Rami e settori di attività economica
Contratti osservati
Contratti in vigore
Contratti in attesa di rinnovo
Totale
Rinnovati
nel 2004
Agricoltura
3,1
94,9
0,0
5,1
Industria
36,5
91,0
30,6
9,0
Industria in senso stretto
31,8
89,7
20,3
10,3
Edilizia
4,7
100,0
100,0
0,0
Servizi destinabili alla vendita
35,2
29,1
6,3
70,9
Commercio, pubblici esercizi, alberghi
12,7
22,8
0,0
77,2
Trasporti, comunicazioni e attività connesse
8,2
49,7
15,2
50,3
Credito e assicurazioni
5,3
12,9
10,1
87,1
Servizi privati
8,9
28,7
4,7
71,3
Attività della pubblica amministrazione (a)
25,3
0,0
34,2
100,0
Totale economia
100,0
46,4
22,0
53,6
(a) La quota di contratti in vigore nel comparto della pubblica amministrazione riportata in tabella resta pari a zero nonostante il rinnovo dei contratti di enti locali e servizio sanitario nazionale (il 34,2%o sul totale della pubblica amministrazione) perché, pur siglati adesso, nel 2004, sono già scaduti: infatti, si riferiscono al precedente biennio contrattuale, quello 2002-2003.
Nel mese di maggio, le retribuzioni contrattuali orarie dei lavoratori dipendenti sono salite dello 0,5% rispetto al mese precedente e del 3,3 rispetto al maggio del 2003. Nei primi cinque mesi del 2004, rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, l’aumento delle retribuzioni orarie contrattuali è stato del 2,7%. Siamo, finalmente, un po’ sopra l’inflazione ma solo per effetto dei trascinamenti di contratti che si chiudono solo ora ma avrebbero dovuto essere rinnovati da mesi e da anni, lasciando comunque di gran lunga sotto la media europea i salari netti. Senza riserva alcuna, accoglie invece il dato sulle retribuzioni il sottosegretario al Welfare Sacconi, secondo cui esso “fa giustizia delle interessate drammatizzazioni”. Certo, aprendo il portafogli la perdita del potere d’acquisto, lui, non ha motivo di notarla.
L’indice delle retribuzioni orarie contrattuali nel 2004, proiettato a fine anno sulla base dell’applicazione dei contratti in vigore al 30 maggio, registrerebbe un incremento delle retribuzioni del 2,4%: più della metà, per l’esattezza, 1,3 punti percentuali, determinata da miglioramenti previsti per l’anno 2004 (per aumenti tabellari già decisi da contratti vigenti, per rinnovi contrattuali, per l’aggiornamento di diverse indennità) ed il resto, l’1,1%, come trascinamento delle dinamiche registrate nel 2003.
I dati sui conflitti di lavoro, adesso disponibili e strettamente limitati a quelli che l’ISTAT considera tali (ad esempio: non sempre valuta come conflitti di lavoro quelli legati a mancati rinnovi contrattuali: ma adesso ha sospeso la pubblicazione di questi ultimi dati in attesa di completare una revisione necessaria da tempo), si riferiscono alle sole segnalazioni delle questure e riguardano, per il 2004, dati che comprendono, ma ancora solo parzialmente, quelli di marzo.
Nei primi tre mesi dell’anno, dunque, il numero totale di ore non lavorate per conflitti (definiti come sopra) è stato di 714.000 (il 20% in meno rispetto al corrispondente periodo dell’anno 2003). Delle ore “perse”, il 36,6 % (261.000) è da imputare direttamente a rivendicazioni economico-normative.
A marzo 2004, le 253.000 ore non lavorate corrispondono a meno della metà di quelle osservate a marzo 2003 (-56%): anche qui, causa prevalente di astensione dal lavoro è quella connessa a rivendicazioni economico-normative.
Indici generali delle retribuzioni contrattuali
(base: dicembre 2000=100) Maggio 2004
INDICI
VARIAZIONI %
Maggio 2004
Mag. 2004
Mag. 2004
Gen.- Mag. 2004
Apr. 2004
Mag. 2003
Gen.- Mag. 2003
Retribuzioni orarie
109,1
0,5
3,3
2,7
Retribuzioni per dipendente
109,1
0,5
3,3
2,7
Retribuzioni di fatto e costo del lavoro (OROS), 1° Trimestre
La rilevazione OROS dell’ISTAT (relativa a occupazione, retribuzioni, oneri sociali e costi del lavoro nel 1° trimestre del 2004: calcolata per ULA, cioè per unità di lavoro equivalente a tempo pieno) completa i dati relativi ai temi indicati integrando insieme, per quanto riguarda i settori dell’industria e dei servizi orientati al mercato, dati amministrativi di fonte INPS con informazioni tratte dall'Indagine mensile sul lavoro nelle grandi imprese: dunque, questa specifica rilevazione vale per tutte le imprese che denunciano la presenza di almeno un dipendente, di tutte le dimensioni.
Retribuzioni lorde
Nel 1° trimestre 2004 le retribuzioni lorde nell’industria e nei servizi hanno registrato un aumento tendenziale (rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente) del 3,2. L’aumento congiunturale, rispetto al trimestre precedente, cioè, e come allora in termini destagionalizzati, è stato dello 0,7%.
La media di crescita delle retribuzioni del trimestre per ULA è stata del 4,1% nell’industria e nei servizi del 2,3%.
Oneri sociali
La dinamica degli oneri sociali per ULA nel 1°primo trimestre del 2004 è stata, nell’insieme dei settori più forte di quella delle retribuzioni, con un incremento tendenziale del 4,7%.
Nell’industria, gli oneri per ULA sono aumentati, nel dato tendenziale, del 5,7%. Nei servizi,del 4,1%. Al netto degli effetti stagionali, gli oneri per ULA hanno segnato variazioni congiunturali a +1,2% nell’industria e +0,8% nei servizi.
Nel settore estrazione di minerali, +7,5%, sopra quello medio dell’industria e al corrispondente incremento delle retribuzioni per ULA.
Ed anche nelle costruzioni, l’aumento degli oneri per ULA (+5,8%) è sensibilmente superiore al corrispondente aumento delle retribuzioni.
Costo del lavoro
Il costo del lavoro per ULA dell’insieme dell’industria e dei servizi è aumentato nel 1° trimestre del 2004 del 3,6% in termini tendenziali, con una dinamica superiore a quella delle retribuzioni lorde per ULA. Variazione congiunturale, sul 4° trimestre del 2003, e a dati destagionalizzati, a +0,8%.
La variazione tendenziale del costo del lavoro è per l’industria del 4,5% e per i servizi del 2,8%.
Indicatori retribuzioni lorde, oneri sociali e costo del lavoro per ULA
(base 2000=100) 1° trimestre 2004
DATI GREZZI
DATI DESTAGIONALIZZATI
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI
VARIAZIONI %
I 2004
I 2004
I 2003
I 2004
I 2004
IV 2003
Industria
- Retribuzioni lorde per Ula
102,4
4,1
110,3
0,9
- Oneri sociali per Ula
102,8
5,7
110,5
1,2
- Costo del lavoro per Ula
102,5
4,5
110,4
1,0
Servizi
- Retribuzioni lorde per Ula
98,4
2,3
108,8
0,6
- Oneri sociali per Ula
99,5
4,1
109,5
0,8
- Costo del lavoro per Ula
98,7
2,8
108,9
0,6
Totale
- Retribuzioni lorde per Ula
100,6
3,2
109,6
0,7
- Oneri sociali per Ula
101,0
4,7
109,4
0,9
- Costo del lavoro per Ula
100,7
3,6
109,7
0,8
Esportazioni delle regioni, 1° Trimestre
Analizzato regione per regione, l’export del paese nel 1° trimestre del 2004 ci dice di:
▫ un aumento dell’1,3% rispetto all’analogo periodo del 2003: positivo nell’Italia meridionale (+6,1%), in quella centrale (+4,7%) e in quella nord-orientale (+2,8%); negativo, invece, nell’Italia nord-occidentale (-0,5%) e nelle isole (-17,9%).
▫ in termini congiunturali, dunque rispetto al trimestre precedente (il 4° del 2003), e con dati destagionalizzati, l’aumento dell’export ha registrato un +2,1% nell’Italia nord-orientale, un +1,7 nell’Italia meridionale ed insulare, un +1,1% nel Centro e un +0,4% anche nell’Italia nord-occidentale.
Esportazioni per ripartizione geografica e regione
Gennaio-Marzo 2003 e 2004
RIPARTIZIONI E REGIONI
2003
2004
2004/2003
Milioni di euro
%
Milioni di euro
%
Variazioni %
NORD-CENTRO
54.602,5
88,6
55.470,4
88,9
1,6
Italia nord-occidentale
26.114,4
42,4
25.996,1
41,7
-0,5
Piemonte
7.220,7
11,7
7.240,8
11,6
0,3
Valle d’Aosta
83,8
0,1
106,4
0,2
27,0
Lombardia
17.826,1
28,9
17.843,2
28,6
0,1
Liguria
983,8
1,6
805,7
1,3
-18,1
Italia nord-orientale
18.957,0
30,8
19.492,1
31,2
2,8
Trentino-Alto Adige
1.089,3
1,8
1.141,7
1,8
4,8
Bolzano-Bozen
566,1
0,9
604,4
1,0
6,8
Trento
523,2
0,8
537,3
0,9
2,7
Veneto
8.484,3
13,8
8.404,3
13,5
-0,9
Friuli-Venezia Giulia
1.897,1
3,1
2.438,1
3,9
28,5
Emilia-Romagna
7.486,3
12,2
7.508,0
12,0
0,3
Italia centrale
9.531,1
15,5
9.982,2
16,0
4,7
Toscana
4.580,3
7,4
4.858,3
7,8
6,1
Umbria
586,0
1,0
584,9
0,9
-0,2
Marche
1.777,2
2,9
2.003,0
3,2
12,7
Lazio
2.587,6
4,2
2.536,0
4,1
-2,0
MEZZOGIORNO
6.813,9
11,1
6.719,3
10,8
-1,4
Italia meridionale
4.696,5
7,6
4.981,3
8,0
6,1
Abruzzo
1.342,2
2,2
1.475,4
2,4
9,9
Molise
146,2
0,2
144,1
0,2
-1,4
Campania
1.546,7
2,5
1.570,8
2,5
1,6
Puglia
1.282,4
2,1
1.372,3
2,2
7,0
Basilicata
317,9
0,5
341,1
0,5
7,3
Calabria
61,1
0,1
77,6
0,1
27,0
Italia insulare
2.117,4
3,4
1.738,0
2,8
-17,9
Sicilia
1.435,1
2,3
1.246,6
2,0
-13,1
Sardegna
682,3
1,1
491,4
0,8
-28,0
Province diverse e non specificate
196,7
0,3
209,0
0,3
6,3
ITALIA
61.613,1
100,0
62.398,7
100,0
1,3
Commercio estero con UE e mondo
Ad aprile 2004 e rispetto all’aprile 2003 (dato tendenziale) saldo commerciale sempre in rosso, per 388 milioni di €, con gli altri paesi dell’Unione europea: in riduzione, rispetto ai 534 milioni dello stesso mese del 2003 ed in riduzione sul mese scorso, così come del resto quello era in riduzione esso stesso sul precedente. Le esportazioni sull’aprile 2003 crescono del 4,1% e le importazioni del 2,8. Il saldo negativo dei primi quattro mesi dell’anno ammonta a 2.270 milioni (2.549 nei primi quattro mesi del 2003), con le esportazioni che sono aumentate del 3,4% e le importazioni del 2,6.
Nei confronti del mese precedente, di marzo, nel dato congiunturale e destagionalizzato, l’export aumenta in aprile del 7,3% e l’import del 4,4.
Quanto all’interscambio complessivo – prodotti, servizi e materie prime con tutti i paesi UE ed extra UE con i quali l’Italia commercia – calcolato rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, le esportazioni crescono in aprile 2004 del 7,6% e le importazioni del 4,6, con saldo commerciale leggermente negativo per 27 milioni di € contro un passivo più consistente di 652 milioni nello stesso mese del 2003.
Nel confronto congiunturale col mese di marzo immediatamente precedente, i dati destagionalizzati danno un amento sia delle esportazioni che delle importazioni al +4,6%.
Nel primo quadrimestre di quest’anno a confronto con lo stesso del 2003, export in aumento del 2,9% ed import dell’1,6, con saldo negativo per 2.469 milioni di € contro i 3.479 dello stesso periodo del 2003.
Esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale con i paesi UE e in complesso
Aprile 2004
DATI GREZZI
DATI DESTAGIONALIZZATI
MILIONI DI EURO
VARIAZIONI %
MILIONI DI EURO
VARIAZIONI %
Apr.2004
Gen-apr.04
Apr.04
Apr.03
Gen-apr.04
Gen-apr.03
Apr.2004
Apr.04
Mar.04
PAESI UE
Esportazioni
12.538
46.529
4,1
3,4
11.947
7,3
Importazioni
12.926
48.799
2,8
2,6
12.417
4,4
Saldi
-388
-2.270
-470
SCAMBI COMMERCIALI IN COMPLESSO
Esportazioni
23.351
85.750
7,6
2,9
22.871
4,6
Importazioni
23.378
88.219
4,6
1,6
22.374
4,6
Saldi
-27
-2.469
497
Commercio estero con paesi extra UE
A partire dal 1° maggio, ovviamente, l’area dei paesi extra-UE non copre più i 10 nuovi aderenti all’Unione (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria), inclusi invece nell’area dei paesi UE.
Per rendere omogenee le comparazioni temporali, inoltre, d’ora in poi i dati dell’interscambio coi paesi extra-UE escluderanno, anche retrospettivamente, i flussi con questi paesi. Il prossimo 21 luglio saranno resi pubblici i risultati relativi ai 25 paesi che sono ormai nell’Unione ed anche il complesso di tutti gli scambi dell’Italia con tutto il mondo (UE ed extra-UE).
A maggio, rispetto allo stesso mese del 2003, sono aumentate del 10,5% le esportazioni italiane verso i paesi extra-UE. Anche le importazioni, crescono dell’8%. Saldo commerciale con questi paesi, dunque, positivo per 94 milioni di €, quando era passivo per 119 milioni a maggio dell’anno scorso.
Da gennaio a maggio, quest’anno, sempre rispetto agli stessi cinque mesi del 2003, le esportazioni sono cresciute del 3,8% e le importazioni dell’1,1: con saldo, però, negativo per 1.746 milioni di €, comunque inferiore a quello degli stessi mesi del 2003 (2.833 milioni).
In termini congiunturali, ed al netto degli effetti stagionali, il dato di maggio – rispetto ad aprile – quest’anno vede però l’export diminuire del 2% e l’import aumentare dell’1,4%.
Sale, in ragione d’anno, da maggio 2003 a questo maggio, un po’ dovunque l’export italiano fra i paesi extra-UE (Russia, Turchia, Cina). Ad eccezione di dove conta di più come percentuale sull’export globale e anche come qualità, cioè valore, di quel che esportiamo.
Verso il Giappone – l’1,7% dell’export totale italiano nei paesi extra UE – calano, appunto, export (-5,6%) ed import (-1,7); verso i paesi dell’OPEC – il 4% del totale – scende (dello 0,6%) l’export ma l’import (il petrolio) aumenta (del +12%).
Ma il crollo più forte riguarda gli USA che, da soli, sono l’8% di tutto quanto esportiamo fuori dell’Unione europea. Qui l’export cala del 4,1% e l’import del 20... Pure, ci avevano detto che, sul piano degli scambi, specie per le esportazioni, “rapporto personale e privilegiato” con l’America avrebbe dovuto “renderci” bene.
Invece, sono mesi che l’export nostro negli USA va giù ed aumenta quello di Germania e di Francia. A dimostrazione dell’ovvio: che, anche perché ad importare da noi non è certo George W. Bush né ad esportare è Silvio Berlusconi, Iraq e privilegio nel flusso degli scambi non c’entrano proprio niente l’uno con l’altro.
Esportazioni, importazioni e saldi della bilancia commerciale con i paesi extra UE
Maggio 2004
DATI GREZZI
DATI DESTAGIONALIZZATI
MILIONI DI EURO
VARIAZIONI %
MILIONI DI EURO
VARIAZIONI %
Mag.2004
Gen-mag.04
Mag.04
Mag.03
Gen-mag.04
Gen-mag.03
Mag.2004
Mag.04
Apr.04
PAESI EXTRA UE
Esportazioni
9.639
43.722
10,5
3,8
9.416
-2,0
Importazioni
9.545
45.468
8,0
1,1
9.207
1,4
Saldi
94
-1.746
209
Esportazioni, importazioni e saldi con i paesi extra-UE per aree geoeconomiche principali
Maggio 2004
PAESI E AREE GEO
ECONOMICHE
ESPORTAZIONI
IMPORTAZIONI
SALDI
QUO-TE
%(b)
VARIAZIONI %
QUO-TE %(b)
VARIAZIONI %
MILIONI DI EURO
Mag.04
Gen-mag.04
Mag.04
Gen-mag.04
Mag.2004
Gen-mag.04
Mag.03
Gen-mag.03
Mag.03
Gen-mag.03
EFTA
4,4
12,3
-2,4
4,4
-8,1
-3,1
53
-159
Russia
1,5
28,8
16,1
3,2
42,1
10,0
-433
-2.261
Altri paesi europei
3,9
19,4
9,8
3,4
14,2
5,7
283
468
Turchia
1,8
43,0
24,4
1,3
25,6
5,1
204
749
OPEC
4,0
-0,6
5,6
6,6
12,0
-6,7
-610
-2.938
USA
8,5
-4,1
-6,6
4,0
-20,8
-16,9
1.121
4.650
Mercosur
0,8
4,3
7,3
1,3
33,9
24,1
-185
-751
Cina
1,5
22,2
8,1
3,7
19,5
15,5
-626
-2.882
Giappone
1,7
-5,6
-3,2
2,1
-1,7
8,4
-207
-941
EDA
3,3
4,3
-3,8
2,5
13,3
4,9
-13
361
Altri paesi
9,1
19,9
11,1
7,1
4,8
0,4
509
1.956
Totale
40,5
10,5
3,8
39,5
8,0
1,1
94
-1.746
Prezzi al consumo
I dati provvisori sull’inflazione per l’intera collettività nazionale a giugno, anticipati oggi, dicono che l’indice nazionale rilevato per l’intera collettività presenta, rispetto a maggio, comporta una variazione pari a +0,2%; e, rispetto al giugno di un anno fa, un aumento leggermente superiore a quello del 2,3% di maggio, aprile e anche marzo: adesso è +2,4%. Comincia, per ora un po’ più marginalmente che nei prezzi all’ingrosso, a farsi sentire il forte aumento del greggio importato. Sono dati, però, che bisognerà verificare dopo la conferma che arriverà il 14 luglio.
Anche il dato armonizzato europeo per l’Italia – che pondera e, appunto, armonizza anche i prezzi in riduzione temporanea in diversi periodi e diversi paesi (saldi di fine stagione, sconti, vendite promozionali) – registra a giugno su maggio e questo giugno sul giugno 2003 le stesse identiche variazioni: rispettivamente, +0,2% e +2,4%.
Nell’analisi congiunturale per settore, rispetto a maggio, adesso l’anticipazione dice che a giugno aumentano soprattutto le spese per trasporti (+0,4%), abitazione, acqua, elettricità e servizi sanitari (+0,2%).
Diminuiscono, nel mese, il costo della spesa per le comunicazioni (-0,7%).
In ragione d’anno, cioè questo giugno su quello del 2003, aumentano soprattutto i prezzi al consumo di bevande alcooliche e tabacchi (+7,1%), dei trasporti (+3,9%), degli alberghi e ristoranti (+2,9) e di alimentari e bevande analcoliche e alberghi e ristoranti (+2,8%).
L’unica diminuzione consistente – anzi proprio l’unico prezzo in calo – è quello delle comunicazioni (-7,3%).
Indici dei prezzi al consumo
Giugno 2004
INDICI
VARIAZIONI %
INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO
Giugno
2003
Giugno
2004
Giu.04
Mag.04
Giu.04
Giu.03
Per l’intera collettività (base 1995=100) con tabacchi
121,9
124,8
+0,2
+2,4
Armonizzato (base 2001=100) comprensivo delle riduzioni temporanee di prezzo
105,8
108,3
+0,2
+2,4
Indici dei prezzi al consumo per capitolo di spesa
(base 1995=100) Giugno 2004
CAPITOLI
INDICI
(BASE 1995=100)
VARIAZIONI PERCENTUALI
Rispetto al
mese
precedente
Rispetto al corrispondente mese dell’anno
precedente
Rispetto a
Mar. 98
Prodotti alimentari e bevande analcoliche
122,9
+0,1
+2,8
Bevande alcoliche e tabacchi
145,0
+0,1
+7,1
Abbigliamento e calzature
127,1
+0,1
+2,3
Abitazione, acqua, elettr. e combustibili
129,3
+0,2
+1,7
Mobili, articoli e servizi per la casa
120,6
0,0
+2,0
Servizi sanitari e spese per la salute
123,8
+0,2
+1,9
Trasporti
125,4
+0,4
+3,9
Comunicazioni
84,6
-0,7
-7,3
Ricreazione, spettacoli e cultura
117,6
+0,1
+1,6
Istruzione
124,7
0,0
+2,0
Alberghi, ristoranti e pubblici esercizi
135,8
+0,1
+2,9
Altri beni e servizi
130,2
+0,8
+3,1
Indice generale
124,8
+0,2
+2,4
Prezzi alla produzione
In maggio l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, elaborato sulla base dei dati pervenuti dalle imprese entro fine mese, sale dello 0,9% su aprile e del 2,9% rispetto al maggio del 2003.
Al netto di prodotti petroliferi raffinati, energia elettrica, gas ed acqua, la variazione congiunturale (sul mese prima) è a +0,3% e quella tendenziale (sullo stesso mese dell’anno prima) sale del 2,6%-
In entrambi i casi si tratta di impennate assai accentuate nell’arco di un mese: intorno, e anche sopra, al 30%.
Nei primi cinque mesi del 2004, la media di variazione dei prezzi alla produzione rispetto a quella degli stessi mesi del 2003 è stata pari a +1,2% (+25% nel mese).
Le variazioni maggiori hanno riguardato
in maggio rispetto ad aprile (dato congiunturale) tra i prezzi alla produzione si segnalano:
(in aumento, dal maggiore incremento ai più bassi, prodotti petroliferi raffinati (+7,3%: il mese scorso la variazione era intorno al 2%), metalli e prodotti in metallo (+1,3%), mobili (+0,5%) e prodotti delle miniere e delle cave (+0,3);
( in calo, ma tutti intorno allo 0,1-0,2% cuoio e tessili;
Sempre a maggio 2004, rispetto a quello 2003 (dato tendenziale), tra i prezzi alla produzione
(spiccano in aumento del 16,9% prodotti petroliferi raffinati, dell’11,8 metalli e prodotti in metallo, del 2,8% gli alimentari;
( in calo di qualche po’ significativo solo i prezzi alla produzione di energia elettrica, acqua e gas, con -4,5%.
Indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali
(base 2000=100) Maggio 2004
INDICE (a)
VARIAZIONI %
Maggio
Mag 04
Mag 04
Giu 03-Mag 04 (b)
Gen 04-Mag 04 (c)
2004
Apr 04
Mag 03
Giu 02-Mag 03 (b)
Gen 03-Mag 03 (c)
106,4
+0,9
+2,9
+1,1
+1,2
(a) Dato non confermato.
(b) Media degli indici relativi ai dodici mesi.
(c) Media degli indici relativi ai cinque mesi.
Indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali per settore di attività
(base 2000=100) Maggio 2004
SETTORI DI ATTIVITÀ ECONOMICA
INDICI(a)
VARIAZIONI %
Maggio
Mag 04
Mag 04
Giu 03-Mag 04 (b)
Gen04-Mag 04 (c)
2004
Apr 04
Mag 03
Giu 02-Mag 03 (b)
Gen03-Mag 03 (c)
Prodotti delle miniere e delle cave
107,1
+0,3
-2,5
+0,1
-1,9
Prodotti trasformati e manufatti
106,9
+0,8
+3,8
+1,3
+1,7
Prodotti alimentari, bevande e tabacco
109,7
+0,1
+2,8
+2,9
+2,8
Prodotti dell'industria tessile e dell'abbigliamento
105,1
-0,1
+0,2
+0,9
+0,6
Cuoio e prodotti in cuoio
107,3
-0,2
-1,1
-0,4
-0,9
Legno e prodotti in legno (esclusi i mobili)
105,6
+0,2
+1,8
+1,5
+1,4
Carta e prodotti di carta, stampa ed editoria
103,2
+0,1
0,0
-0,2
0,0
Prodotti petroliferi raffinati
105,0
+7,3
+16,9
-0,6
-0,1
Prodotti chimici e fibre sintetiche ed artificiali
104,8
+0,4
-0,1
-0,1
-0,3
Articoli in gomma e materie plastiche
102,3
0,0
+0,3
+0,3
+0,3
Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
109,8
+0,1
+0,8
+1,3
+1,2
Metalli e pr