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1 W. Dilthey (1833-1911) 1. L'accettazione dei rapporti tra filosofia e conoscenza scientifica; 2. La fondazione scientifica delle discipline "umanistiche"; 3. Il rifiuto della riduzione della realtà storico- sociale alla realtà fisico-naturale; 4. Il rifiuto dell'applicazione del metodo causale- deterministico alla realtà storico-sociale.

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W. Dilthey (1833-1911)

1. L'accettazione dei rapporti tra filosofia e

conoscenza scientifica;

2. La fondazione scientifica delle discipline

"umanistiche";

3. Il rifiuto della riduzione della realtà storico-

sociale alla realtà fisico-naturale;

4. Il rifiuto dell'applicazione del metodo causale-

deterministico alla realtà storico-sociale.

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Il problema fondamentale della filosofia:

« ... in quale forma ci è dato il mondo, che per

noi esiste soltanto nelle nostre intuizioni e

rappresentazioni? Attraverso quali processi si

costituisce in noi, sulla base degli stimoli

dispersi che da tutte le parti impressionano i

sensi, l'immagine del mondo esterno nel quale

viviamo? E quindi, attraverso le intuizioni

interne, 1' immagine del mondo spirituale. Una

volta risposto a ciò, si presenta la questione del

modo in cui la nostra conoscenza ... si avvicina

... alla connessione di questi fenomeni, dati

nell'esperienza interna ed esterna».

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I rapporti tra realtà fisico-naturale e realtà

spirituale (contro il riduzionismo)

«La concezione di Comte ... considera lo studio

dello spirito umano come dipendente dalla scienza

fisiologica, e l'aspetto di uniformità che può venir

osservato nella successione degli stati spirituali

come l'effetto dell'uniformità riscontrabile negli

stati corporei. ... A questo stato di cose

corrisponde, secondo lui, la posizione della

scienza della società nella storia delle scienze.

Avendo come proprio presupposto le verità

enunciate da tutte le scienze della natura, essa

perviene soltanto dopo alla maturità».

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I rapporti tra realtà fisico-naturale e

realtà spirituale (contro il determinismo)

«John Stuart Mill riconosce invece pienamente

l'autonomia delle basi di spiegazione delle

scienze dello spirito, ma subordina in modo

eccessivo i loro metodi allo schema che egli ha

elaborato attraverso lo studio delle scienze

della natura. Si può dire che niente della sua

Logica abbia avuto tanta influenza quanto il

tentativo ... di trasporre nel campo delle scienze

dello spirito i metodi sviluppati in base alla

tecnica delle scienze della natura».

«Tutta la nostra esposizione viene a

contrapporsi a questo punto di vista. ... Ci

proponiamo di prendere in esame il problema

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delle scienze dello spirito, di analizzarlo, di

scoprire deviazione dei problemi specifici che

qui si presentano rispetto a quelli delle scienze

della natura».

L'oggetto delle scienze dello spirito

«Il complesso delle scienze che hanno come loro

oggetto la realtà storico-sociale». L'essere

spirituale non può essere assimilato ad uno

qualunque degli elementi costitutivi del mondo

fisico-naturale. L'essere spirituale è un

«imperium in imperio» (Spinoza), «unità psico-

fisica vivente» capace di volere, sentire e

pensare autonomamente (la distanza da Comte).

Il Globus Intellectualis va pertanto suddiviso in

due emisferi nettamente distinti (scienze della

natura e scienze dello spirito), così da rigettare

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qualunque programma di standardizzazione

ontologica e metodologica.

Il dualismo metodologico ripreso da Johann

Droysen

VERSTEHEN vs. ERKLAREN

Ulteriori dualismi:

LIBERTÀ vs. NECESSITÀ

INTUIZIONE vs. OSSERVAZIONE

DIRETTO vs. INDIRETTO

INTERNO vs. ESTERNO

INDIVIDUALE vs. GENERALE

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«La nostra immagine dell'intera natura risulta

urla mera ombra, gettata da una realtà a noi

nascosta, mentre noi possediamo la realtà qual

essa è solamente nei fatti della coscienza, dati

nell'esperienza interna».

Da ciò deriva che la conoscenza prodotta nel

campo delle scienze della natura è caratterizzata

da incertezza, inattendibilità ed è sempre

integrabile. Viceversa, la conoscenza prodotta

nell' ambito delle scienze dello spirito ha

carattere definitivo, apodittico, e non necessita di

ulteriori, supplementari controlli.

«I fatti della società ci sono comprensibili

dall'interno, possiamo riprodurli in noi sulla

base dell'osservazione dei nostri propri stati, e

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accompagniamo intuitivamente la

rappresentazione del mondo storico con l'amore

e l'odio, con tutto il gioco dei nostri affetti.

Invece la natura è per noi muta. Soltanto la

forza della nostra immaginazione diffonde su di

essa un barlume di vita e di interiorità. La natura

ci è straniera ... La società è il nostro mondo.

Noi viviamo in essa il gioco delle azioni

reciproche, con tutta la forza del nostro intero

essere, poiché percepiamo in noi stessi,

dall'interno, in un vivente tumulto, gli stati e le

forze su cui si costruisce il suo sistema».

«I fatti spirituali, in quanto tali, sono dati

nell'esperienza immediata; in base alla pienezza

della propria esperienza vissuta [ERLEBNIS] si

può riprodurre e comprendere, mediante una

trasposizione, l'esperienza vissuta al di fuori di

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noi ... Anche la comprensione degli altri poggia

sulla riproduzione della connessione presente in

loro ... La connessione della natura esterna è

postulata nei fenomeni in virtù di un

collegamento di concetti astratti ... la

connessione psichica e storica è vivente e satura

di vita».

«Nelle scienze della natura il fine conoscitivo

predominante è costituito dall'uniformità; entro

il mondo storico si tende invece alla

particolarizzazione fino a raggiungere 1'

individuo... La ricerca storica ha la sua vita nel

progressivo approfondimento di ciò che è

peculiare … mentre nella natura cerchiamo

soltanto l’elemento della legge, nel mondo storico

diventa oggetto di scienza il singolare … Se negli

erlebnisse cogliamo la realtà della vita, quel che

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ci appare in questa prospettiva è sempre qualcosa

di singolare, di irripetibile».

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Il problema di Windelband in tre punti:

1. Il ruolo della filosofia;

2. Il ruolo dei valori e della «coscienza

normale»;

3. La differenza tra conoscenza «naturale» e

conoscenza storica.

1. «Le scienze costituiscono un fatto – forse uno

dei più importanti fra tutti – e richiedono di

diventare esse pure oggetto di una propria scienza,

che si configuri nei loro confronti così come esse

si atteggiano di fronte alle altre cose. Accanto alle

altre scienze sorge quindi una “teoria della

scienza” … Essa è l’autoconoscenza della scienza,

l’indagine centrale nella quale tutte le altre scienze

trovano il loro fondamento. A questa “dottrina

della scienza” si trasmette il nome di filosofia,

diventato privo di oggetto … [tuttavia] la

conoscenza scientifica non è affatto il solo campo

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della vita psichica nel quale distinguiamo

[fenomeni] … a cui attribuiamo un valore

necessario e universalmente valido e quelli in cui

ciò non avviene» [Riferimenti al campo della

morale e dell’estetica].

«[La filosofia] indaga se vi sia una scienza, cioè un

pensiero che possegga con validità universale e

necessaria il valore della verità; indaga se vi sia

una morale, cioè un volere e un agire che

posseggano con validità universale e necessaria il

valore del bene; indaga se via un’arte, cioè un

intuire e un sentire che posseggano con validità

universale e necessaria il valore della bellezza …

Per filosofia non intendiamo altro che la scienza

critica dei valori universalmente validi».

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2. «Ovunque la conoscenza empirica scopre in sé

questa necessità ideale di ciò che deve valere

universalmente, essa si incontra con una coscienza

normale … Per quanto piccoli siano il grado e la

misura in cui tale coscienza normale penetra la

coscienza empirica e si fa valere all’interno di

questa, ciononostante tutte le valutazioni logiche

etiche ed estetiche sono formulate in base alla

convinzione che vi sia una coscienza normale, alla

quale dobbiamo elevarci se le nostre valutazioni

debbono pretendere una validità necessaria

universale»

«In mezzo ai movimenti della coscienza empirica,

sottoposti alla necessità naturale, [appare] una

necessità superiore …Questa coscienza in

generale è pertanto un sistema di norme che, come

valgono oggettivamente, così devono valere pure

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sogget-tivamente, e tuttavia nella realtà empirica

della vita spirituale dell’uomo valgono soltanto

parzialmente».

3. «Per la distinzione di queste discipline … è ora

corrente la distinzione tra scienze della natura e

scienze dello spirito: io la considero però, in

questa forma, poco felice».

«Tutte [le] … differenze di carattere oggettivo

stanno in secondo piano rispetto all’eguaglianza

logica che tutte queste discipline posseggano per

quanto riguarda il carattere formale dei loro fini

conoscitivi: esse cercano sempre leggi del divenire

- sia che questo sia un movimento di corpi …

oppure un processo della rappresentazione, del

sentimento e della volontà».

«Viceversa, la maggior parte delle discipline

empiriche, che sono state da parte di altri designate

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come scienze dello spirito, è decisamente diretta a

rappresentare nel modo più compiuto ed esauriente

il divenire particolare … di una realtà singolare e

limitata nel tempo … le une cercano leggi

generali, le altre fatti storici particolari … .

Possiamo dire che le scienze empiriche cercano,

nella conoscenza del reale, o il generale nella

forma di legge di natura o il singolare nella forma

storicamente determinata; esse considerano da una

parte la forma sempre permanente, e dall’altra il

contenuto singolare, in sé determinato, dal

divenire reale. Le prime sono scienze di leggi e le

seconde sono scienze di avvenimenti;

quelle insegnano ciò che è sempre, e queste ciò che

è stato una volta.

Il pensiero scientifico è nel primo caso nomotetico

e nel secondo idiografico … fermo restando che in

questo senso metodologico la psicologia

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dev’essere senz’altro compresa tra le scienze

naturali»

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Rickert

1. Scienza naturale e scienza storica

2. La scienza storica e i valori

1. «Se vogliamo sapere qualcosa in merito alla

singolarità, alla particolarità e all’individualità del

reale, non possiamo rivolgerci a una scienza ai cui

concetti viene posto un limite dal divenire reale

nella sua configurazione singolare e individuale, e

al tempo stesso intuitiva; ma dev’esserci in

generale una rappresentazione della realtà con

riguardo alla sua singolarità e individualità, è

necessario a tale scopo una scienza la quale, nella

sua elaborazione concettuale, si discosti

logicamente dalla scienza naturale nei punti

essenziali».

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«La storia non può mai cercare di rappresentare la

realtà in riferimento al generale, ma può

rappresentarla soltanto in riferimento al

particolare e all’individuale. Solamente ciò che è

individuale e singolare è realmente accaduto; …

la realtà empirica può essere considerata anche da

un punto di vista logico diverso da quello per il

quale essa è natura. Essa diventa natura se la

consideriamo in riferimento al generale, e diventa

storia se la consideriamo in riferimento al

particolare e all’individuale».

«La distinzione più generale dei metodi

dev’essere cercata soltanto nel modo in cui i

diversi concetti trasformano questa realtà; e a tal

fine è importante stabilire se essi cercano ciò che

è generale e da ogni punto di vista irreale, oppure

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se cercano l’elemento individuale presente nel

reale stesso.

In questo senso la storia può essere designata come

la scienza della realtà. Che anch’essa non sia in

grado di riprodurre in modo preciso la realtà qual

essa è, non esclude il suo carattere di scienza della

realtà, in quanto ci riferiamo all’individualità della

realtà».

2. «La storia si interessa soltanto di ciò che

possiede … un significato universale. Ma ciò non

può voler dire nient’altro se non che il valore, in

riferimento al quale gli oggetti diventano per essa

individui storici, dev’essere un valore universale,

ossia valido per tutti».

«La storia ha bisogno di un elemento universale

come principio di selezione, ma questo elemento

universale non costituisce … il fine a cui tende la

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rappresentazione storica. Esso è piuttosto il

presupposto in base al quale soltanto si può

procedere ad una rappresentazione

universalmente valida del singolare e

dell’individuale».

«La validità della rappresentazione storica deve

dipendere dalla validità dei valori cui viene

riferita la realtà storica; e perciò la pretesa di

validità incondizionata dei concetti storici

presuppone il riconoscimento di valori

incondizionatamente universali. … Se la storia

deve competere con il tipo di validità universale a

cui la scienza naturale pretende con la formazione

di leggi universali, dobbiamo invece ammettere

che certi valori non siano soltanto riconosciuti di

fatto da tutti i membri di determinate comunità, ma

che il riconoscimento di valori in generale può

essere imposto a ogni uomo di scienza come

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inevitabile, e che quindi è necessaria la relazione

della realtà singolare e individuale con certi valori

forniti di una validità universale più che empirica

… . Una considerazione impregiudicata dovrebbe

trattare il problema della validità incondizionata

dei valori in modo almeno altrettanto aperto del

problema della validità incondizionata di leggi

naturali. In entrambi i casi non si può fare a meno

di un fattore sovra-empirico».