42
`|Ç|áàxÜÉ wxÄÄt câuuÄ|vt \áàÜâé|ÉÇx SCUOLA SECONDARIA DI I°GRADO “Giuseppe GaribaldiVia Pirandello, 19 71049 Trinitapoli Tel./fax: 0883/631182 email: [email protected] Cod. Mecc.: FGMM113004 – C.F.: 81004010716 VISITA D’ISTRUZIONE GROTTE DI PERTOSA – CERTOSA DI PADULA Opuscolo illustrativo a cura delle classi 2^E2^H anno scolastico 2008 2009 Trinitapoli

VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

`|Ç|áàxÜÉ wxÄÄt câuuÄ|vt \áàÜâé|ÉÇx

S C U O L A  S E C O N D A R I A  D I  I° G R A D O “Giuseppe Garibaldi” 

Via Pirandello, 19 ‐ 71049 Trinitapoli  Tel./fax: 0883/631182   e‐mail: [email protected] 

Cod. Mecc.: FGMM113004 – C.F.: 81004010716 

 

V I S I T A D ’ I S T RU Z I O N E

GROTTE DI PERTOSA – CERTOSA DI PADULA   

OOppuussccoolloo  iilllluussttrraattiivvoo  aa  ccuurraa  ddeellllee  ccllaassssii  22^̂EE‐‐22^̂HH  

  

  

                     

anno scolastico   2008  2009 

Trinitapoli

Page 2: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 1

Introduzione     

Tra  i molti complessi monumentali monastici  italiani, un posto eminente spetta senz’altro alla Certosa di Padula in provincia di Salerno. 

Per grandiosità è di gran  lunga  superiore a quelle di San Martino  in Napoli, di Val d’Ema presso Firenze e di Pavia. Se, infatti, non può competere con quest’ultima per  la meravigliosa grazia del Rinascimento fiorito, ad essa contrappone  la maestosità del barocco napoletano, la vastità  dello  stile  architettonico,  la  giusta  opposizione  non  di  elementi  decorativi,  bensì  di volumi costruttivi. 

Ruggero  Bonghi,  che  visitò,  restandone  ammirato,  il  monumento  nel  1885,  scrisse  in seguito questa amara constatazione: “La Certosa, che da più anni è stata decretata  in molte sue  parti  monumento  nazionale,  attesterà  che  questo  onorato  titolo  vuole  in  verità  dire monumento della trascuraggine della Nazione per la storia e per l’arte sua”.  

Con  l’augurio  che  la  profezia  possa  essere  smentita  da  prossimi  avvenimenti,  ci  siamo proposti  di  dare  alle  stampe  questo  opuscoletto,  arricchito  di  illustrazioni,  lieti  di  aver contribuito anche se modestamente alla conoscenza dell’impareggiabile Reggia del Silenzio. 

 

  Oggi  la  situazione  è  certamente mutata.  Dal  giugno  del  1982,  infatti,  la  Certosa  di  San 

Lorenzo  è  stata  affidata  alla  Soprintendenza per  i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici  e Storici di Salerno ed Avellino e chissà che, superata la fase provvisoria di “monumento aperto per  restauro”, non  ritorni  a  splendere  a pieno  titolo  in un  territorio  che non  faccia  solo da inconsapevole e sonnolenta cornice. 

Tuttavia se  il patrimonio culturale di una Nazione è  il complesso dei suoi beni culturali ed ambientali e se fra i tanti beni rientra anche il libro in quanto parola tramandata e depositata, perché non ricordare ancora una volta, affinché non se ne perda  la memoria storica, che per 

Page 3: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 2

lunghi anni solo silenzio, incuria colpevole, polvere hanno coperto un complesso monumentale di tale importanza? 

In  tale  scenario  si  colloca  la  prospettiva  didattica  della  nostra  visita  d’istruzione,  che  si arricchisce anche della visita alle grotte di Pertosa, attraverso i percorsi suggestivi danteschi. 

D’altra parte uno dei nostri obiettivi è proprio questo: smuovere  l’inerzia e suscitare sulla scia di una scintilla una gran fiamma (“Poca favilla gran fiamma seconda....”, DANTE, Par., canto I, v. 34).  

Chi voglia approfondire, ha materiale da cui attingere ma è doveroso e giusto che non si perda l’eco di una voce lontana ma sempre chiara e libera. 

  

MICHELE ORLANDO ‐ MARZIA LUCERA ANGELO MAGGIO ‐ ALFONSINA SACCO 

Page 4: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 3

         

  

Page 5: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 4

Cenni storici   ALBA RADIOSA  Nella ridente plaga salernitana, ai piedi di Padula, che si stende su di un conico colle, giace 

addormentata la casa dei Certosini, eternamente sognante la potenza e i fastigi di un tempo. Fu fondata, nell’anno 1306, da Tommaso Sanseverino, conte di Marsico e contestabile del 

Reame di Napoli; il 27 aprile dello stesso anno il re Carlo II lo Zoppo ne confermò la fondazione con decreto scritto da Bartolomeo di Capua. Il 16 settembre l’abate di Montevergine trasmise ai Certosini la propria giurisdizione. 

Dove  sorge  la  Certosa  c’era  un  monastero  di  Benedettini,  appartenente  alla  Badia  di Montevergine chiamato “Il San Lorenzo”. 

Il  Conte  in  un  primo  tempo  avrebbe  voluto  fondare  la  Certosa  nei  suoi  territori  di Sanseverino presso Salerno, ma l’abate di Montevergine, Guglielmo IV, avuto sentore di ciò, gli propose di edificar‐la nel territorio di Padula, mostrandosi disposto a cedere “Il San Lorenzo” in cambio dei beni dei Sanseverino. 

Al  Conte  non  dispiacque  la  proposta  ed  accettò  tutte  le  clausole  imposte  dall’abate, impegnandosi ad osservarle ed a farle osservare dai suoi discendenti. 

I  lavori  fatti  eseguire  furono molti  e  di  varia  natura,  perché  il monastero  benedettino dovette subire una radicale trasformazione. 

Oltre  alle munifiche  donazioni  del  conte,  apportarono,  negli  anni  successivi,  validi  aiuti, prodigando numerosi benefici, il Canonico Andrea Agnezio di Napoli, abate commendatario di Santa Maria di Cadossa e molte altre eminenti personalità. 

E notevole l’atto dell’Arcivescovo di Salerno, che per incoraggiare i benefattori della nuova costruzione, promise agli  stessi alcune  indulgenze. L’esempio  fu  imitato da altri  tre vescovi  i quali incoraggiarono, come poterono, la fabbrica del colossale edificio. 

Quando questo fu in grado di poter ricevere i figli di San Brunone, il conte Tommaso inviò al Priore  Generale  di  Grenoble  il  privilegio  di  donazione  in  cui  erano  espressi  sentimenti  di somma generosità ed elevati sensi di pietà cristiana.  Il Priore Generale, commosso per  l’atto munifico e sincero del conte, ordinò al Priore della Certosa di Trisulti, padre Michele, di recarsi a Padula per prendere possesso dell’edificio e sollecitare alcuni lavori ancora in corso. 

La  notizia  arrecò  viva  gioia  all’insigne  benefattore,  che,  radunati  tutti  i  vassalli  e  gli  alti funzionari  della  contea,  accolse  con  grande  pompa  l’inviato  pellegrino  della  nuova  Certosa, infondendo nei fedeli nobili sentimenti di benevolenza. 

Dopo  poco,  riunitosi  il  Capitolo  Generale  a  Grenoble,  furono mandati  alla  Certosa,  per stabilirvi  l’osservanza della  regola,  i Padri della Certosa di  S. Maria del Casotto  ed  alcuni di Trisulti, sotto la dipendenza priorale di Giovanni Tommaso De Vito. 

La  vita  dei  Certosini  di  Padula  aveva  avuto  così  la massima  sanzione  e  l’Ordine  poteva vantare una nuova casa. L’edificio fu gradatamente abbellito ed  ingrandito così che poteva, a ben ragione, essere definito in seguito dal Lenormant: “La plus considérable à la fois et la plus riche des Chartreuses de l’Italie”. 

Page 6: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 5

   SAN BRUNONE ED I CERTOSINI  Fin dai primi secoli della Chiesa,  la dottrina Evangelica era penetrata negli animi di alcuni 

spiriti nobili,  rendendoli non  solo  seguaci della  religione cristiana, ma asceticamente uniti al Creatore, nella solitudine e nella pace di luoghi eremitici. 

Sant’Antonio e San Pacomio sono  i primi che si  ritirarono sulle sommità di monti solitari; San Basilio  (sec.  IV) però ha maggiore  importanza dei suddetti. Difatti egli diede vita ad una istituzione  religiosa  che prende  il nome da  lui,  con una  regola propria. Perciò è  chiamato  il “Fondatore dei Monaci d’Oriente”. 

Nel VI secolo,  in  Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima, in breve tempo, in tutta Europa, ed  i monasteri  benedettini  pullularono  ovunque. Monarchi,  principi  e  governanti  lessero  i canoni della sapiente regola, su di essa poggiando le colonne dei loro imperi. 

I  motti  “Ora  et  labora”  e  “Cruce  et  aratro”  sintetizzano  la  regola  del  “Patriarca d’Occidente”. 

Nel  corso  dei  secoli  anime  sante  e  devote  di  San  Benedetto,  imitando  la  sua  regola,  o prendendo  da  questa  ispirazione,  diedero  vita  ad  altri  ordini.  Così  nacquero  i  Cistercensi,  i Cluniacensi, gli Olivetani, i Verginiani, i Camaldolesi ed i Certosini. 

Fermeremo la nostra attenzione su questi ultimi che più ci interessano. Nel 1035 nacque a Colonia Agrippina, in Germania, Brunone. Educato da religiosi di Reims, 

si mostrò, ancora piccolo, proclive alla scienza ed alla poesia. Diventato  sacerdote  iniziò  il  suo  fecondo  apostolato  con  la  predicazione.  Si  recò  in 

parecchie  province  e  vari  furono  i  frutti  della  sua  parola,  che  guadagnò  a  Dio  numerose conversioni. 

A  Reims  il  suo  nome  diventava  ogni  giorno  sempre  più  glorioso  per  simili  affermazioni. Perciò  l’Arcivescovo Gervaso  di  Chateau‐du‐Loir  lo  chiamò  a  Reims  e  gli  affidò  l’incarico  di Cancelliere e di Scolastico della Cattedrale. 

Suo alunno, degno sopra gli altri di particolare menzione, fu il Papa Urbano II. 

Page 7: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 6

La  cultura  profonda  e  la  sua  norma  severa  di  vita  commossero  tutti  quelli  che  ebbero l’onore di avvicinarlo. 

Allorché si trattò di difendere la Chiesa seppe diventare lo strenuo combattente della Fede Cristiana. 

Difatti, da amoroso e  fedele seguace di Gregorio VII, che  in quei  tempi sosteneva  la  lotta contro  le  “investiture”,  lottò  contro  Manasse  de  Gournay  ed  i  Simoniaci  che,  morto 1’Arcivescovo, avevano invaso Reims, usurpandone la sede arcivescovile. In difesa della verità e del diritto sacrificò la quiete e tutte le sue dignità. Dopo questo fatto subentrò in lui l’idea di una vita religiosa, ricca di penitenza e di continua preghiera. 

L’idea, maturatasi e diventata parte essenziale del suo spirito di solitudine, fu da lui stesso manifestata a due fedeli amici, che insieme decisero di abbracciare la nuova vita religiosa. 

Deposto Manasse nel Concilio di Lione,  la sede arcivescovile di Reims  rimase vacante per due anni,  finché  la popolazione ed  il clero chiesero Brunone per  loro Arcivescovo, ma questi rifiutò e fuggì, in cerca di solitudine e di pace, con i suoi due amici, nell’Abbazia di Molesmes, presso San Roberto. 

  

  S. Pietro  Dopo quest’ultima tappa nella vita monastica, che gli valse molto per meglio approfondire 

le proprie idee intorno alla futura famiglia religiosa, andò a Grenoble e si presentò al Vescovo di quella città, Sant’Ugo, già suo discepolo, al quale manifestò le sue decisioni e le sue ardenti brame di vita contemplativa. Sant’Ugo gli concesse i monti della Chartreuse, dove accompagnò l’amante della solitudine, benedicendo la futura prima casa di quei Padri, figli della penitenza, che, dal primo luogo da essi abitato, si chiamarono Certosini (1084). 

Sei anni Brunone, con i suoi fedeli, aveva trascorsi nei monti della Chartreuse, ed il numero dei  discepoli  s’era  gradatamente  accresciuto,  quando  nel  1090  un  messaggero  del  papa 

Page 8: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 7

Urbano  II  si presentò  alla porta della Certosa.  Il Papa  voleva  a Roma Brunone  che  avrebbe dovuto aiutarlo nel governo della Chiesa. La notizia addolorò l’amante della solitudine, che non sapeva distaccarsi dalla vita di penitenza e preghiera. Ma bisognò obbedire. 

Si recò a Roma con pochi discepoli. In  quei  tempi  la  Cristianità  era minacciata  gravemente:  in  Italia  erano  ancora  recenti  il 

ricordo e gli effetti dell’usurpatore Guiberto ed  i faziosi reclamavano  la rivincita;  in Germania Enrico IV appoggiava l’antipapa; in Oriente i Musulmani atterrivano e minacciavano i Cristiani; nell’Europa  i  principi  erano  discordi;  a  tutti  questi  pericoli  s’aggiungeva  quello,  non meno terribile, dell’indebolimento della disciplina ecclesiastica. 

Dinanzi a questi problemi da risolvere si trovò Brunone, che con saggi consigli coadiuvò  il Papa. 

In  Italia  furono  opposti  ad  Enrico  IV  i  duchi  Normanni  di  Sicilia,  Roberto  e  Ruggero Guiscardo alleati della Santa Sede;  la disciplina ecclesiastica  fu  rafforzata ed  il Papa stesso si recò in Francia a predicare la crociata contro l’Islam. 

 S. Brunone  Per  le  buone  opere  prestate,  il  Papa  volle  ricompensare  Brunone,  offrendogli  il  seggio 

arcivescovile di Reggio Calabria, ma questi si rifiutò pregandolo di farlo tornare nella pace della sua Certosa. 

Il Papa acconsentì, a patto che fosse rimasto in Italia. Il Conte Ruggero di Calabria si fece paladino di Brunone, cedendogli un vasto possedimento 

“della Torre”, nella diocesi di Squillace in Calabria. Quivi Brunone ed i suoi seguaci fondarono la seconda Certosa che subito si popolò tutta, tanto che fu necessaria  la costruzione di un’altra Certosa, in un luogo vicino, che venne intitolata a Santo Stefano in Bosco. 

Il Papa ebbe ancora bisogno di Brunone e lo richiamò a Roma, ma infine lo lasciò libero per sempre  nell’osservanza  della  vita  religiosa,  nel  monastero  “della  Torre”.  Qui  insieme  alla sagace ed intelligente collaborazione di Lanuino, suo primo successore, che era già stato Priore della Grande Certosa, Brunone dettò alcune note, che poi dovevano servire come base a Don Guigo, il quale scrisse “Le consuetudini dell’Ordine Certosino” (1134). 

Nel 1099  il Papa Urbano  II morì, seguito a poca distanza dall’insigne benefattore,  il conte Ruggero. 

Brunone quindi si vide privato dei suoi migliori amici, ed essendosi a causa delle penitenze e privazioni  indebolito  abbastanza  si  preparò  all’ultimo  trapasso,  intensificando  il  già  rigido tenore di vita. 

La domenica 6 ottobre dell’anno 1101 rese la sua anima eroica a Dio. Brunone  scrisse  i  Commenti  sui  Salmi  e  sulle  Lettere  di  San  Paolo  che,  a  giudizio  dei 

Benedettini  della  Congregazione  di  San  Mauro,  autori  di  una  Storia  letteraria  di  Francia, “dovrebbero andare tra le mani di tutti i fedeli e particolarmente delle persone consacrate alle pubbliche preghiere, essendo  lo  stile conciso,  semplice,  robusto, chiaro, netto; ed  il  latino è pure buono, quanto lo può esse‐re quello di ogni altro scrittore del suo tempo”. 

Nell’anno 1622 Papa Gregorio XV elevò il Grande Patriarca agli onori degli altari. Varie leggende sono state create dalla fantasia dei romanzieri intorno ai certosini. Il popolo 

crede  ancora  a  molte  di  queste  leggende,  forse  perché,  essendo  l’Ordine  interamente consacrato alla solitudine e vivendo perciò i suoi affiliati nelle Certose, lontani da ogni rumore 

Page 9: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 8

mondano,  un’aura  di  mistero  li  ha  avvolti  nei  secoli,  dando  origine  così  a  quelle  false interpretazioni sulla loro vita. 

Citeremo  in  proposito  le  sublimi  parole  di  San  Brunone,  circa  i  vantaggi  spirituali dell’Ordine:  “Riguardo  ai beni ed  alle dolcezze  che  apportano  la  solitudine  ed  il  silenzio del deserto a coloro che ne fanno  la propria eredità, essi vengono conosciuti sol da quelli che ne fanno  esperienza.  Quivi  è  che  uomini  generosi  ponno  a  loro  agio  rientrare  nel  proprio interiore, abitare seco stessi, coltivare senza posa  il germe di tutte  le virtù, e gustare  in seno alla felicità i frutti del Paradiso. Quivi è che si possiede quello sguardo sereno che permette di vedere  Dio,  qui  lavorasi  tra  i  sollievi  delle  occupazioni;  qui  si  riposa  in  un’attività  insonne d’agitazione e di turbamento; qui ancora Dio novera le battaglie che sostengono per lui i suoi coraggiosi  atleti,  e  loro  concede quale  ricompensa  la pace  ignota  al mondo  e  la  gioia dello Spirito Santo”. 

L’Ordine accoppia  le due  caratteristiche di quelli occidentali ed orientali. Difatti  i monaci sono cenobiti come i Benedettini, e contemplativi e solitari ad un tempo come i primi eremiti. 

Perciò  il Certosino  si unisce alla comunità nel coro  (giorno e notte), nei giorni  festivi e  la domenica  nel  refettorio,  nel  capitolo,  al  colloquio,  e  durante  la  passeggiata,  detta “spaziamento” che dura tre ore e mezza (una volta alla settimana) fuori della Certosa. 

La  vita  eremitica  del  Certosino  è  essenzialmente  contemplativa,  secondo  la  giusta definizione  di  San  Tommaso:  “Contemplativi  dicuntur,  non  qui  contemplantur,  sed  qui contemplationi totam vitam deputant”. 

Perché questa vita contemplativa sia efficace e perfetta occorrono la solitudine ed il silenzio che non possono esistere se non nel chiostro e nella cella. 

Questa è tutto per il Certosino. In essa prega, mangia, studia e dorme. Ogni cella è munita di una piccola finestra sporgente nel chiostro dalla quale vengono dati al monaco i cibi e tutte le cose a lui necessarie. 

Il lavoro manuale, utile per mantenere il corpo nella sua piena energia, di solito è praticato col dipingere,  scolpire, modellare,  tornire,  intarsiare:  lavori questi che, oltre che a  ricreare  il corpo e lo spirito, nulla tolgono alla dottrina della contemplazione. 

Lo  studio  è  raccomandato  moltissimo  da  San  Brunone,  che  non  tralasciava  mai  di consigliare ai monaci il lavoro di trascrizione di codici e manoscritti. 

In quanto al vitto il magro assoluto è di regola e non si accordano dispense né per i viaggi, né in caso di malattia mortale.  

Page 10: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 9  Si  aggiunge  a  tale  astinenza  il  digiuno  che  dura  otto  mesi,  dal  14  settembre,  festa 

dell’Esaltazione della Santa Croce, sino a Pasqua. Durante questi otto mesi, eccettuate le domeniche ed altre poche solennità, è d’obbligo un 

solo pasto: alla sera la cena è di un pezzo di pane con poco vino ed acqua. Di solito il Certosino dorme quasi vestito su di un umile pagliericcio e con una sola coperta; 

veste una tunica di lana bianca con lo scapolare, le cui due parti ai fianchi sono riunite da fasce. Usa il cappuccio solo in cella, il cappello fuori della Certosa. Come i Benedettini, i monaci si 

distinguono in due categorie: i sacerdoti (padri) ed i laici (frati). I  primi  addetti  esclusivamente  alla  contemplazione,  alla  preghiera,  allo  studio  ed 

all’esercizio delle sacre  funzioni;  i secondi al  lavoro manuale necessario per  il sostentamento dei sacerdoti. 

Oltre ai voti di castità, povertà ed obbedienza, è obbligatorio  il voto di  stabilità di corpo, riguardo cioè alla dimora prescelta della Certosa, e di spirito, riguardo alla perfezione dei tre voti essenziali. 

Nella distribuzione delle cariche e degli uffici è in primo luogo il “Reverendo Padre” che, in altri  termini,  è  il Generale dell’Ordine, dal quale dipendono  tutte  le Certose. Nessun  segno distintivo fa palese la sua alta dignità. 

Seguono i “Visitatori”, che vengono designati dal Capitolo Generale e che debbono, in date epoche, compiere le visite alle varie case Certosine, in qualità di ispettori. 

Il “Priore” è il capo della Certosa e viene eletto dai religiosi del luogo. Il  “Vicario”  sostituisce  il  “Priore”  in  caso  di  assenza;  il  “Procuratore”  è  addetto  alla 

amministrazione dei beni; il “Sacrista” ai servizi della chiesa; il “Coadiutore” accoglie i forestieri 

Page 11: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 10

ed ascolta  le confessioni ed  infine  il “Maestro dei Novizi”, addetto alla  formazione spirituale dei giovani aspiranti alla vita Certosina. 

Ed ora un fugace cenno sulla liturgia dei Certosini, che ci renderà maggiormente edotti del misticismo e della pietà che infiorano le azioni di questi “Serafini della Chiesa militante”. 

 

  L’illustre  autore  Certosino  di  “La  Grande  Certosa”  ci  dà  queste  spiegazioni  per  ciò  che 

concerne il canto ed il modo di salmodiare dei monaci: “I Certosini hanno conservato i loro libri corali senza cambiarvi una nota: ma questo modo di cantare non è del gusto di tutti. Ecco un passo dei nostri antichi “Statuti”, tratto dal capitolo “De modo cantandi”. Come l’occupazione di un vero monaco è molto più di piangere che di cantare, serviamoci della nostra voce  in tal guisa  che  essa  procuri  all’anima  quella  gioia  intima  che  viene  dalle  lacrime,  invece  delle emozioni  risultanti dagli  accordi di una musica armoniosa”. Adunque  i Certosini  salmodiano con  la voce melanconica del pianto. E nel canto è  tutta  la sacra passione che  invoglia questi volontari penitenti a impetrare il perdono dal Dio giusto per le anime peccatrici e derelitte del mondo. 

Nessuno strumento di musica accompagna il loro pianto ed è logico, perché il pianto nasce spontaneo dal profondo del cuore e questo, quando è commosso, è più eloquente di qualsiasi strumento musicale. 

La “Messa dei Certosini” differisce in varie cerimonie da quella del Rito Romano. Così pure l’Ufficio divino ed altre preghiere di carattere comune. 

Ciò che desta impressione, e nello stesso tempo commuove l’animo di chi ascolta, è l’Ufficio notturno. 

Alle ore undici ed un quarto o sotto la mezzanotte (secondo il grado delle feste) la campana riempie la Certosa dell’onda sonora. 

Le  celle  ad  una  ad  una  sono  aperte  dai monaci  silenziosi  che,  recanti  piccole  lanterne, illuminano il chiostro con luce fioca che a mano a mano scompare. 

In quell’ora notturna mentre  il mondo, abbagliato dalle  false  luci,  si diverte, questi umili soldati s’allineano compunti nel coro, in una oscurità quasi totale. 

Voci  lente e calde danno  inizio al canto. Non  sai se questo è un gemito od una  lode,  tali sono la compunzione e la letizia che lo dominano. Certo quei momenti, per chi vi assiste, sono 

Page 12: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 11

sublimi, perché hanno la magia del sogno e la forza dell’incanto. Si  estinguono  i  lumi;  unica  face  accesa,  simbolo  costante  della  fiamma  dell’amore,  è  la 

tremula lampada del Sacramento. I monaci non si distinguono più: o meglio nella loro immobilità statuaria si scorge ogni tanto 

il fluttuar ieratico dei panni, avvolti come nella nebbia, dietro cui voci misteriose s’intrecciano solenni, concordi nel pianto e nella lode. 

Il profano è preso da un sacro terrore: cessano allora tutti gli appetiti mondani,  i pensieri che ci legano al mondo evadono dalla mente: tutto si dimentica. Unico pensiero dominante è l’eternità. 

Il coro termina. Le lanterne si riaccendono. I monaci ad uno ad uno si ritirano nelle celle: il chiostro si illumina ancora una volta di luce fioca, poi tutto è avvolto dalle tenebre. 

Sono le due. La morte è  sempre presente dinanzi  alla mente del Certosino. Difatti  i  simboli di questa 

sono  sparsi  ovunque  nella  Certosa.  E  non  a  caso  il  cimitero  è  situato  nel Grande  Chiostro. Inoltre simboli di morte si trovano nelle celle, nella chiesa e finanche in cucina. 

I panni che  ricoprono  il Certosino morto sono quelli dell’Ordine:  il cadavere cinto da una corda viene  fissato su di un’asse;  il cappuccio gli copre  il volto;  le mani poggiano sul petto a forma di croce e la testa è leggermente sollevata da un cuscino di paglia. 

Dopo le funzioni religiose di rito il cadavere viene trasportato, senza cassa, nel cimitero. Qui la fossa viene aspersa di acqua santa dal celebrante, il quale dopo aver recitato le preghiere dei defunti, aspetta che il cadavere venga messo dentro; quindi getta tre pugni di terra nella fossa, che poi viene riempita dagli altri monaci. 

Una croce di legno sormonta la fossa, mentre per i Padri Generali la croce è di pietra.   TOMMASO SANSEVERINO  Turgisio,  discendente  dei  duchi  di  Normandia,  venuto  in  Italia  al  seguito  di  Roberto  il 

Guiscardo, che gli donò la contea di Sanseverino, è il capostipite della famiglia. Sarebbe troppo lungo parlare delle vicende di Turgisio e dei numerosi discendenti. Al lettore interessa sapere che Tommaso discende in linea retta da Turgisio. Padre di Tommaso fu Ruggero, ricco di virtù e prode fino all’eroismo. Morto  costui,  nel  1285,  in  Marsico,  di  cui  era  signore,  rimase  unico  erede  Tommaso. 

Teodora d’Aquino, moglie di Ruggero e madre di Tommaso, era sorella dell’Angelico Dottore. Il fondatore quindi, ereditando i beni ed i feudi aviti, ereditava dalla madre preclare virtù di 

pietà, e dallo zio sante aspirazioni celesti. Come uomo d’armi e di governo fu degno di lode e di ammirazione. Roberto d’Angiò lo amò 

e  lo  protesse moltissimo.  Immensi  furono  i  benefici  che  gli  concesse,  proficue  ed  estese  le donazioni. 

Sposatosi due volte ebbe complessivamente  sei  figli: due, Ruggero ed Enrico, dalla prima moglie Margherita, figlia del conte di Valdemonte e di Ariano; e quattro: Giacomo, Guglielmo, Roberto e Ruggero dalla seconda, Sveva d’Avezzano. 

Tutti  questi  figli  seguirono  la  carriera  delle  armi  e  del  governo,  fatta  eccezione  del primogenito Ruggero che seguì la carriera ecclesiastica, diventando prima arcivescovo di Bari e poi di Salerno. Fin dalla sua infanzia, il conte Tommaso aveva nutrito una particolare e tenera 

Page 13: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 12

devozione per  l’Ordine dei Certosini e sempre aveva ripetuto a se stesso ed agli amici queste parole: “Fonderò per i Certosini un monastero sulle mie terre, non appena potrò farlo”. 

Questo  “suo  zelo  di  sincera  devozione”,  come  disse  il  re  Carlo  Il,  divenne  realtà  viva  e palpitante  fatta d’amore e di perseveranza. Seppe usare della  sua  ricchezza,  che  lo  rendeva uno dei più  importanti signori del  tempo, accoppiando alla sua potenza, che si estendeva  in tutto il Vallo di Diano ed oltre, fino a San Severino, una munificenza degna di un santo. 

Prove di questa sono il diploma del 28 gennaio 1306, nel quale sono enumerati i benefici, le donazioni ed  i privilegi  concessi ai Monaci, ed  il diploma del 20 gennaio 1307,  indirizzato al Priore ed ai Monaci, in cui il suo animo nobile ed estremamente caritatevole così si manifesta: “Mentre  noi,  per  fervoroso  affetto  al  vostro  Ordine,  abbiamo  fondato  a  proprie  spese  e dispendio la Certosa di San Lorenzo in Padula, dell’Ordine Certosino nella diocesi di Capaccio, il nostro cuore è molto preoccupato e siamo angustiati da continua sollecitudine, perciò mentre siamo  ancora  in  vita...(noi  pensiamo)...  di  provvedere  la  casa  stessa  dei  beni  temporali, affinché  le  persone  che  quivi  servono  il  Signore  possano  dei  beni  stessi  convenientemente sostentarsi”. 

Nell’anno 1321, dopo aver diviso i suoi beni tra i figli, senza trascurare la Certosa, morì tra il rimpianto dei sudditi e degli affeziona‐ti Monaci, che lo seppellirono nella reggia austera. Sono sette  secoli ormai  che  tranquillo  riposa nella pace e nella melodia del  silenzio,  ripetendo al monaco certosino, che, purtroppo, è assente 

 HOC ‐ CLAUDOR ‐ SAXO 

PRIMUS ‐ QUI ‐ SAXEA ‐ FIXI  FUNDAMENTA ‐ DOMUS  CARTHUSIANAE ‐ TUAE 

MARSICUS ‐ ECCE ‐ COMES THOMMASEN ‐ SANSEVERINUS 

AD ‐ DOMINUM ‐ PRO ‐ ME ‐ FUNDITO CORDE ‐ PRECES 

 (In  questo  sasso  sono  chiuso  io  che  posi  le  fondamenta  della  tua  casa Certosina;  sono  il 

conte di Marsico, Tommaso Sanseverino; dal profondo del cuore eleva preghiere a Dio per me). I discendenti furono di cuore non meno nobile del suo. Avendo  infatti  gli  amministratori  della  casa,  dopo  la  sua morte, mostrato  freddezza  ed 

incuria  nel  pagare  quanto  era  stato  stabilito  da  lui,  i  Monaci  si  risentirono  con  il  figlio Guglielmo: questi, con una generosità degna del padre, colmò di benefici e donazioni i Monaci malmenati da quei “figli di iniquità e disprezzatori d’ubbidienza”. 

La Famiglia Sanseverino godette grande  fama e molta  influenza esercitò e non a  torto  fu detta “la prima casa del Regno”. 

Il  suo  prestigio,  infatti,  si  estendeva  in  quasi  tutta  la  penisola.  Ciò  è  dimostrato  dai monumenti  e  dagli  stemmi  sparsi  in molte  città  d’Italia.  E,  infine,  importante  notare  che l’esempio di Tommaso  fu  subito  imitato,  in  Italia, da altri munifici principi,  i quali, come  lui, fondarono  a  proprie  spese  magnifiche  Certose,  abbellendole  con  notevoli  opere  d’arte  e dotandole di cospicue rendite. 

 

Page 14: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 13   VERSO L’INGRANDIMENTO  La  fabbrica  della  Certosa  fu  grandemente  coadiuvata  dall’assistenza morale  di  eminenti 

personalità ecclesiastiche e da una costante munificenza dei  fedeli.  I  re di Napoli, Angioini e Durazzeschi, furono tutti benevoli verso la Certosa. Il re Roberto, la regina Giovanna I, Carlo III, Ladislao, Giovanna II protessero e beneficarono il Cenobio con una larghezza che fa loro onore. Poiché molti preziosi documenti storici sono andati perduti, è impossibile narrare più dettaglia‐tamente  le  gloriose  vicende  della  Certosa.  Di  tutti  i  Priori  del  Cenobio  non  esistono  dati biografici.  Si  sa  solamente  degli  atti  amministrativi  da  essi  compiuti  e  di  qualche  notizia sporadica  intorno  al  loro  governo. Non  potremo  credere  che  i Monaci,  così  spiritualmente educati,  abbiano  scritto  solo  gli  atti  amministrativi  priorali.  Il  tempo  e  gli  eventi  burrascosi hanno involato ai nostri occhi tutto ciò che fu vita vissuta con energia e santità. Tutti indistinta‐mente  furono  attivi  conservatori  degli  interessi  del  Cenobio  e  le  donazioni  come  i  privilegi furono costantemente favoriti dalla loro sagacia. 

La  vita  del  Cenobio,  sino  all’anno  1451,  durante  il  quale  sotto  il  priorato  di Don Nicola Congo, furono dati ad esso da papa Niccolò V i beni di Pisticci, Santa Maria e San Basilio, segue tranquilla il suo cammino copioso di costruzioni e florido per le opere d’arte. 

Dopo un  secolo e mezzo dalla  fondazione  la bandiera Certosina veniva  issata  sui  territori che già un tempo erano stati feudi del Sanseverino. In tal modo  la creatura di sì nobile stirpe seguiva  la politica e  le orme di questa. Santa Maria e San Basilio di Pisticci hanno una storia 

Page 15: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 14

molto più antica del nostro Cenobio. Monarchi, principi e conti  favorirono molto questi due monasteri; perciò  la  loro annessione alla Certosa segna per questa  il periodo aureo della sua giurisdizione. 

Nel 1505 papa Giulio  II donò  la chiesa di San Demetrio presso  il Basento, nel  territorio di Brindisi. Sebbene tale donazione non abbia grande valore, segna per  la Certosa un periodo di massima importanza; difatti questa può estendere il suo dominio più liberamente nei territori limitrofi a detta chiesa. 

Nel 1508 Roberto  II Sanseverino vendette al Cenobio una  sua  ricca proprietà  in Marsico, chiamata  Mandranello,  ed  il  feudo  di  Sant’Angelo  nel  territorio  di  Sala  Consilina  (non  si confonda  il  feudo di Sant’Angelo  con  la  chiesa ed  il villaggio omonimi). Per detti acquisti  fu necessaria  la  fondazione  di  una  grangia  che  sorse  in  piazza  S.  Eustachio.  Fu  poco  dopo necessaria l’edificazione di un’altra grangia a Saponara per l’amministrazione dei nuovi acquisti in Molitemo, in San Chirico Raparo e nella stessa Saponara. 

La  vita  del  Cenobio  continua  così  rigogliosa  e  florida.  Donazioni,  privilegi  e  compere effettuate  con  danaro  proprio,  e  ciò  dimostra  la  considerevole  ricchezza,  si  susseguono meravigliosamente, rafforzando la dignità austera e maestosa della sua regale costituzione. 

La  badia  benedettina  di  Santa Maria  di  Cadossa,  nel  territorio  di  Casalbuono,  più  antica della  Certosa  e  coeva  di  Santa Maria  e  di  San  Basilio  di  Pisticci,  con  bolla  papale  e  con  la conferma  priorale  fu  incorporata  alla  Certosa.  Per  conseguenza  Casalbuono  spiritualmente dipese dalla Certosa e, quando verso  la fine del secolo XVI cercò di sottrarsi alla giurisdizione priorale, subentrò la Santa Sede che confermò, decretando, il diritto priorale. 

La  Certosa,  se  s’interessò moltissimo  degli  acquisti  considerevoli,  non  trascurò  quelli  di minore importanza. 

Difatti  in  Teggiano,  nei  territori  di  Vibonati  ed  in  quelli  di  Policastro,  acquistò  oliveti, querceti, case, beni mobili ed  immobili.  I successori di Tommaso, che moralmente potevano dire  loro  la Certosa,  in quasi tutti gli acquisti,  le oblazioni e  le compere, stesero ai Monaci  la loro mano  ausiliatrice. Non bisogna però  sottovalutare  l’opera benefica dei piccoli donatori che,  con  somma  devozione  a  San  Lorenzo  ed  a  San  Brunone,  portavano  periodicamente  ai Monaci grano, latticini ed altro. 

Le  più  belle  ed  ubertose  contrade  del  territorio  di  Padula  arricchirono  i  possedimenti certosini: Rofreddo (Rio freddo), Serra rotonda, Malanotte ed il Monastero benedettino di San Nicola al Turone erano tra le più antiche proprietà del Cenobio. 

Anche in Eboli, Salerno e Napoli vantava diritti e possedimenti. A  Salerno  la  fiera  di  San Matteo  (la  cui  origine  risale  ad  epoca  remota)  era  largamente 

sfruttata dai Monaci di Padula,  i quali  vantavano presso  la Corte amministrativa  salernitana numerosi  privilegi  e  cospicue  risorse  economiche,  soprattutto  perché  i  Sanseverino diventarono signori di questa città. 

In Napoli  i  possedimenti  erano  considerevoli. Molti  fabbricati  della  Certosa  erano  sparsi nelle  principali  vie  della  città.  Varie  grange  tutelavano  gli  interessi  del  Cenobio  che,  nel quartiere del Pendino, in Piazza degli orefici, aveva un ospizio detto pure San Lorenzo. 

A causa del colera (1884) furono ordinate dal Municipio di Napoli molte demolizioni per  il risanamento della città e l’ospizio venne atterrato dal piccone risanatore. 

Gli  Aragonesi,  succeduti  agli  Angioini  ed  ai  Durazzeschi,  non  si mostrarono  da meno  di questi nella elargizione di benefici e privilegi. 

Colui  che,  tra  i  re Aragonesi,  ebbe maggiori  contatti  con  la Certosa  fu Alfonso  I. Questi, 

Page 16: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 15

infatti, creò per essa diritti di pascolo, pedaggio e pesca nel mare di Taranto. Gioviano  Pontano,  della  celebre  Accademia,  che  da  lui  s’intitola  Pontaniana,  fondata  da 

Antonio  Beccadelli,  detto  il  Panormita,  sotto  il  governo  del  magnanimo  Alfonso,  essendo intimo dei monarchi aragonesi ed amico e confidente dei Monaci della Certosa di San Martino di Napoli (tre dei quali divennero Priori di Padula), subentrò quale intermediario tra gli intimi e gli amici a vantaggio della Certosa. La sua opera non fu priva di risultati, specie nel campo cul‐turale. 

Le lotte sostenute fra re e baroni, che ebbero come teatro i territori vicini alla Certosa ed ai suoi  feudi, e  le guerre  fra  i pretendenti  francesi e  spagnoli non poco danno arrecarono alla tranquillità ed all’arte del Cenobio. La terribile congiura dei Baroni (1485), tramata contro gli Aragonesi, ed in cui ebbero attiva parte i Sanseverino, segnò un periodo di sosta ignominiosa. Molti  congiurati  pagarono  la  loro  tracotanza  con  la morte.  Il  ribelle  Antonello  Sanseverino riuscì a fuggire. Ma il suo atto fu tenuto presente da Federico d’Aragona, re di Napoli, il quale, partendo  da  questa  causa  remota  e  istigato  dalla  ribellione  del  Conte  che  si  chiuse temerariamente nel castello di Teggiano, marciò con un esercito di ventimila uomini contro di lui. Dopo sei mesi di accanita resistenza Antonello fu costretto a capitolare. 

Se  il rigoglio finanziario ed artistico fu turbato da queste guerre,  la vita  intima dei Monaci conservò  sempre  la  più  intima  disciplina.  La  Certosa,  infatti,  era  tanto  stimata  dalle  altre consorelle, che queste vi inviavano quei Padri o conversi poco osservatori della Regola, per le necessarie correzioni. 

  PROSPERANDO E BENEFICANDO  L’anno 1514 fu per tutta la Comunità una data gloriosa ed apportatrice di letizia. 

Difatti  sino a quell’epoca  l’Ordine  ignorava dove era  sepolto  il  corpo del Patriarca Brunone. Molte erano  state  le  ricerche e vani  i  risultati. Trovandosi quell’anno nella Certosa di Santo Stefano  in  Bosco,  in  Calabria,  alcuni Monaci  della  Comunità  di  Padula,  per  affari  inerenti all’Ordine e missioni di carattere spirituale, pensarono di rintracciare il corpo del Fondatore. Le ricerche  furono  diligenti  ed  alacri:  finalmente,  dopo  alcuni  mesi,  poterono  annunziare all’Ordine  di  aver  trovato  le  ossa  del  Fondatore.  Tale  scoperta  riempì  di  gioia  i  Monaci dell’Ordine ed in tutte le Certose furono celebrate preghiere ed inni di ringraziamento. 

La notizia giunse fulminea a Papa Leone X che, con animo  lieto e sincera ammirazione per l’Ordine, beatificò il mistico Fondatore. 

Il  cranio  del  Patriarca  fu  portato  a  Napoli,  donde  tornò  solo  nel  1516  racchiuso  in  un magnifico busto d’argento che ancora oggi si ammira nella Certosa calabrese. 

Ecco quanto scriveva un cronista dell’epoca sulla vita spirituale della Certosa: “Grazie alla santità della vita dei Monaci, alla prudente amministrazione degl’incaricati, al buon esempio dei  conversi,  all’ardente  carità  di  tutti  per  Dio  e  per  il  prossimo,  il  monastero  è  molto prosperato. I religiosi sono numerosi, ma quello che si consuma per l’uso della casa è poco in confronto  di  ciò  che  si  dà  ai  poveri  di Gesù  Cristo,  a  diverse  persone  ecclesiastiche  ed  agli Ordini  mendicanti.  Liberati  dall’amore  per  le  cose  di  quaggiù,  i  Padri  si  dedicano  tutti interamente agli Uffici divini. Se qualche volta vengono ingiustamente molestati o se vengono privati  dei  loro  diritti,  essi  sopportano  l’ingiuria  con  pazienza  piuttosto  che  d’intentare  dei processi”. 

Page 17: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 16

E doveroso ricordare qui due nobili figure di Monaci. Giovanni  di Balsamo Brancaccio,  fin  da  quando  era  abate  di  San Nicola  al  Turone,  aiutò 

finanziariamente  i  religiosi.  Talmente  si  affezionò  all’Ordine  che  chiese  il  permesso  al  Papa Clemente VII d’incorporare  tutti  i suoi benefici alla Certosa ed  indossò  l’abito dei  figli di San Brunone.  Uomo  pietoso,  buono,  affabile,  seppe  guadagnarsi  la  venerazione  e  la  stima  dei monaci; dolce ed umile con tutti era servizievole e mite 

secondo  i dettami del Vangelo. Dopo  infiniti dolori cagionati da una  inguaribile  infermità, morì tra il compianto generale l’anno 1574. 

L’altra  figura da  ricordare è quella del Priore Don  Lorenzo Giordani. Durante una grande carestia  che  desolava  Padula  ed  i paesi  limitrofi,  aprì  i  granai della Certosa per  alleviare  gli indigenti. 

Ai consiglieri, che cercavano di distoglierlo dal dare grano ai poveri, rispose facendo distri‐buire a questi tutto ciò che aveva conservato per i Monaci. La Provvidenza ne premiò la fede e la carità. Difatti una notte  il granaio fu miracolosamente riempito di frumento, e gli operai di una grangia scoprirono una fossa piena d’oro che permise non solo di sovvenire alle necessità impellenti, ma anche di aumentare le rendite della Comunità. 

Per la sua grande umiltà volle ritornare semplice religioso. Morì nell’anno 1590. Molti storici, tra cui Camillo Tutini, Giovan Battista Pacichelli e Costantino Gatta parlano di 

una visita di Carlo V e di una colazione consumata in cantina, consistente in una frittata di mille uova. Monsignor Antonio Sacco non accetta, nella sua poderosa opera, ciò che per molti secoli fu  opinione  comune  (ed  erroneamente  lo  è  tuttora)  intorno  a  questa  visita,  perché,  come afferma  il medesimo: “è veramente  incomprensibile come  i diaristi della vita di Carlo V  igno‐rino la sua visita alla Certosa”. 

Sono  invece  vere  le visite di Federico  II d’Aragona e di Alfonso duca di Calabria,  che poi successe al padre Ferrante sul trono di Napoli. 

Il Rinascimento, se fu la tomba dei patrii sentimenti, fu pure il periodo più ricco di artisti di ogni genere. 

Quelli che più di tutti venerarono l’Arte, incoraggiando gli artisti, furono i Papi e i Monaci. La  Certosa  non  poteva  rimanere  indifferente  di  fronte  a  tanto  splendore  ed  a  tanto 

pullulare di artisti. Il Rinascimento, infatti, segna il periodo aureo dell’arte sua. Fu così grande la potenza raggiunta dai Monaci in questo periodo che, cosa rarissima nella 

storia  dell’Ordine,  volevano  fondare  a  proprie  spese  una  Certosa,  intitolata  alla  Santissima Trinità nella città di Taranto. Non sappiamo quali furono le ragioni per cui tale disegno non fu attuato. Tuttavia edificarono una  fiorentissima grangia presso  la  chiesetta di  San Marco, un tempo proprietà di Santa Maria e di San Basilio di Pisticci, che anche oggi si può ammirare. 

Dopo l’istituzione della grangia in Taranto i Monaci, riuniti in Capitolo, nell’anno 1635, sotto il  Priore  Giovan  Battista  Manducci,  decretarono  la  compera  di  Montesano  da  tempo vagheggiata. 

Detta compera  fu effettuata nell’anno seguente, con atto notarile  in cui si diceva “essere stato venduto Montesano dal barone Fulvio Ambrosino  in persona di Tommaso Novellino al procuratore  di  questi  Giovan  Domen.  Tassone  per  ducati  52.500”.  Il  Priore  di  San  Lorenzo divenne barone di Montesano, ma la baronia fu esercitata dal compratore nominale Tommaso Novellino e dai suoi eredi fino all’anno 1770. 

L’acquisto di Montesano, che si erge su di un caratteristico cocuzzolo e che dista pochi chi‐lometri  da  Padula,  fu molto  utile  alla  Certosa.  Tale  feudo  consisteva  in  numerosi  poderi  e 

Page 18: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 17

fabbricati, sparsi nei  limitrofi  territori. E opportuno, a questo punto, osservare col Sacco che tutti i feudi acquistati “sono tanti corpi complessi, che entrano nel gran corpo della Certosa”. 

Contemporanee  e  poco  posteriori  al  suddetto  acquisto  sono  le  donazioni  spontanee  di ricche persone di Tramutola e di Sanza. 

Tutti questi nuovi possedimenti furono confermati dal re Ferdinando  il Cattolico e dal suo successore Carlo V. 

  

 ULTIME VICENDE  Sino al 1500 i Monaci (sacerdoti e laici) erano in numero di trenta. Dopo  la  compera di Montesano,  secondo  alcuni  cronisti del  tempo,  la  comunità  salì  alla 

rispettabile  cifra  di  ottantacinque Monaci.  Se  questa  cifra  è  un  poco  esagerata,  deve  però considerarsi  come  esatta  quella  di  sessanta.  Il  nostro  Cenobio  aiutava  finanziariamente  e spiritualmente molte Certose d’Italia, essendo il suo tenore di vita, assai rigido, modello, guida ed emulazione per le altre comunità dell’Ordine. 

Le  continue  ruberie  e  le  incursioni  dei  pirati  e  dei  Turchi  nei  territori  in  cui  aveva possedimenti,  come  in  quelli  di  Taranto  e  di  Policastro,  recarono molti  fastidi  alla  Certosa, costringendo i Monaci a fortificare le loro grange con torri di difesa per tener testa ad un even‐tuale assalto. Padula,  feudo  successivamente di molti Principi della  casa Sanseverino e delle famiglie Di Scocco, Cardona, Villamari, Gonzaga, D’Este, Grimaldi, De Ponte, Medici, D’Avalos guardava, dall’alto del conico colle, la potenza certosina. 

Nell’anno  1645,  quando  cioè  era  signore  e  proprietario  di  Padula  e  Buonabitacolo  il marchese Diego D’Avalos, il sacro regio consiglio, con apposito decreto, autorizzò la vendita di Padula e di Buonabitacolo alla Certosa. 

La  vendita  fu  effettuata  fra  il  suddetto marchese  e  Pietro  Ferro  “dottore  dell’arte  della medicina”, per una somma di 60.000 ducati. 

Nel gennaio del seguente anno questi feudi venivano incorporati alla Certosa; così la reggia augusta poteva vantare domini, possedimenti e giurisdizione in ogni luogo, vicino e lontano. 

Dopo questi acquisti,  la Certosa pone termine all’ingrandimento territoriale. Sino al  fatale anno 1806 nulla d’importante da segnalare. 

Tutto  il bagliore, meravigliosamente accresciutosi  in sei secoli, con  la tenacia e  l’amore di quei venerandi Padri, che le loro energie spesero, per la vita veramente regale del Cenobio, si oscurò ad un tratto, con il sopravvenire di una nuvola plumbea apportatrice di oppressione. 

Nel 1806 si stabilì, funesta, nell’Italia meridionale la dominazione francese, segnando la fine della vita certosina ed  il  tracollo di sei secoli di storia  intensamente vissuta.  I Monaci  furono bruscamente cacciati ed  i quadri,  le pergamene ed  i cimeli più preziosi  furono  strappati alla custodia di quelle mura vetuste e l’edificio divenne il quartiere generale di quella buona gente. I beni ed i feudi furono incamerati e sola rimase, in mezzo a tanto squallore, la reggia austera, coperta dal velo nostalgico della storia passata. 

Nell’anno  1818  la  monotonia  della  reggia  abbandonata  fu  inter‐rotta  dai  canti  e  dalle preghiere dei Monaci che vi fecero ritorno. Giorni di pace, di  letizia e di cantici furono quelli, non solo per i monaci, ma anche per la popolazione che, tripudiando, dava il benvenuto ai figli di San Brunone. 

Page 19: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 18

Però  con  la  soppressione  del  1866  la  vita  della  Certosa  fu  nuova‐mente  interrotta  e  da quell’epoca i monaci non vi hanno fatto più ritorno. I cinquecentosessanta anni di vita mistica ed intensa testimoniano a noi posteri la florida grandezza del Cenobio glorioso. 

Nell’anno 1882 l’onorevole Cesare di Gaeta la fece dichiarare Monumento Nazionale.  FILO SPINATO DI DUE GUERRE  Il  munifico  Conte,  che  aveva  fondato  “a  proprie  spese  e  dispendio  la  Certosa”, 

preoccupandosi in seguito “di provvedere la stessa dei beni temporali, affinché le persone che ivi servivano  il Signore potessero dei beni stessi convenientemente sostentarsi”, non avrebbe mai  immaginato che quella sua maestosa creatura sarebbe stata desti‐nata dalla superficiale valutazione dei posteri a campo di concentra‐mento peri prigionieri di guerra  (1915‐1918), a sede  di  Comando  della  VII  Armata  nell’ultima  guerra,  e,  successivamente,  a  campo  di prigionieri  inglesi  (1942‐1943),  ed  infine,  ironia  delle  cose!,  a  campo  di  concentramento  di italiani prigionieri degli inglesi. 

Nel gennaio del 1944 la Certosa, infatti, cambiò il suo nome in questo più lungo e così poco cristiano di  “A Civilian  Internee Camp. 371 P.O.W.”. Sino all’agosto del 1945, quando  cioè  il campo  fu  sciolto  con  la  parziale  liberazione  degli  internati,  oltre  tremila  uomini  e  circa duecento donne italiane e tedesche vi furono rinchiusi. 

La sontuosa “Reggia del Silenzio” era diventata la involontaria prigione di migliaia di italiani, provenienti da tutte le regioni della Penisola, dal Lazio alla Sicilia, dalle Marche alla Campania, dalla  Toscana  al Molise, diversi per  censo  ed  intelletto, origini  e  cariche occupate, ma  tutti ugualmente  colpevoli  dinanzi  agli  occhi  dello  straniero  vittorioso,  così  facilmente  incline  a confondere il soldato valoroso come il Generale Bellomo col comune criminale di guerra. 

 

  

Page 20: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 19

Molti nomi di uomini che per anni, durante il regime fascista, avevamo ascoltato alla radio o letto  sui  giornali, erano diventati dietro  la muraglia della Certosa dei numeri, e di  loro  ci  si accorgeva soltanto quando i familiari, che avevano preso dimora nel paese per essere vicini ai loro cari, narravano le storie di ognuno, le tante peripezie subite durante un recente passato e che suonavano ormai come fantasie di un mondo lontanissimo. 

Così sapemmo che i personaggi più importanti reclusi nella Certosa si chiamavano Gaetano Polverelli, Orfeo  Sellani, Maurizio Maraviglia, Andrea Carafa,  l’ing. Roger,  il progettista degli incrocia‐tori più belli della nostra marina d’anteguerra, Paolo Orano, Orsolino Cencelli, Achille Lauro,  Giuseppe  Frignani,  Francesco  Ruspoli, Massimo  Tasca,  Ezio  Garibaldi,  Giulio  Quirino Giglioli, Gherardo Casini, Alberto Giannini, Valerio Pignatelli, Giorgio Vaccari,  il pittore Baccio Maria Bacci, l’architetto Alberto Calza Bini, il maestro De Rewisky, ecc. 

  INIZIATIVE CULTURALI  Poiché  nel  1942,  quando  cioè  la  Certosa  ospitava  500  prigionieri  inglesi,  per  la maggior 

parte ufficiali,  il Comandante  italiano del Campo, colonnello Santoro, aveva cercato, nei  limiti del possibile, di rendere meno tediosa e triste la vita ai reclusi, permettendo loro di allestire un teatrino nel grande refettorio,  il Comandante  inglese del Campo, certamente memore di ciò, cercò  anch’egli di  alleviare  ai prigionieri  la  vita di  reclusione,  consentendo  loro di  ascoltare conferenze, di fare lezioni, allestire un teatrino, servirsi di una biblioteca. 

Così  il prof. Garoglio dell’Università Agraria di Firenze  insegnò a molti agricoltori  i segreti dell’enologia e della coltura dell’ulivo, il prof. Spazzi diede lezioni di stenografia, il prof. Coppi insegnò francese e arabo. 

Giulio  Quirino  Giglioli,  esperto  di  storia  antica  e  romana,  tenne  molte  conferenze illustrando  le  origini  romane  del  Vallo  di  Diano,  e  Alberto  Calza  Bini  fece  rivivere  in  dotte conferenze la gloriosa storia della Casa dei Certosini. In tal modo, grazie a queste iniziative cul‐turali  che  grande  giovamento  arrecavano  agli  spiriti  dei  più  sensibili  e  preparati,  molti poterono apprendere che  in quelle mura per  seicento anni  si erano avvicendati  centinaia di bianchi monaci,  i  quali,  ogni  sera,  sotto  la mezzanotte,  chiamati  dal  suono  della  campana, uscivano  dalle  proprie  celle  per  recarsi  in  chiesa  a  cantare  le  lodi  di  Dio  sino  alle  due  del mattino. 

Per 545 giorni, ogni  sera, migliaia di uomini,  sconvolti e  sopraffatti dagli eventi, vedendo crollare  speranze  e  ideali,  si  accorgevano,  con  dolce meraviglia,  che  qualcosa  in  ognuno,  il vecchio uomo cioè, veniva sostituito dall’altro, il credente. 

La Fede  infatti tornò nei cuori di molti tra  le mura della Certosa e molti  furono quelli che poterono approfondire il significato del celestiale adagio “per aspera ad astra”. Prova di questo immenso  beneficio  della  Fede  riacquistata  nel  dolore  e  nella  polvere  sono  la  cristiana rassegnazione  con  la  quale  il  generale  Bellomo  affrontò  il  plotone  di  esecuzione,  le molte sofferenze di Paolo Orano, coraggiosamente sopportate sino alla morte, e quelle di tanti altri illustri che riposano ancora nel cimitero di Padula, sulle tombe dei quali pietose mani di ignoti fedeli depongono ogni anno,  il 2 novembre, un crisantemo ed un cero. Un ex  internato, così scriveva,  pochi mesi  dopo  la  liberazione  sull’“Osservatore  Romano  della  Domenica”  del  28 ottobre 1945: “Nella chiesa settecentesca della Certosa di S. Lorenzo in Padula sono raccolti in preghiera gli  internati dello  “A Civilian  Internee  camp.”.  L’altare è adorno di  fiori  campestri. 

Page 21: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 20

Sono  stati  raccolti  con  il  permesso  del  Comando  là  dove  crescono  più  rigogliosi,  nel  tratto coperto  dalla  fascia  di  filo  spinato  che  cinge  il  campo.  Qualche  mano  per  coglierli  ha sanguinato perché non mancasse a Dio questo tributo... 

S’alza un canto dietro  l’altare e  l’accompagna  il suono delle  fisarmoniche  inviate da Papa Pio XII. E il “Coro Lauretiano” formato da internati e diretto da un monaco benedettino. Dio a Padula ha compiuto il miracolo di disarmare molti animi avvelenati dall’odio di parte. Tutti gli internati  nel  lasciare  la  Certosa  si  sono  genuflessi  nella  chiesa  settecentesca,  facendo  il proponimento di tornare nello stesso posto per rendere ancora grazie a Dio che  li ha sorretti durante un angoscioso periodo della loro esistenza”. 

  IL VALLO DI DIANO E LE ORIGINI DI PADULA  L’ampio bacino, oggi  ricordato come vallo di Diano, si estende da Polla a Casalbuono per 

circa 40  chilometri,  con una  larghezza di quattro e mezzo ed una  superficie pianeggiante di circa diciassettemila ettari.  I paesi del Vallo, oltre a Teggiano, che dà  il nome alla zona e che sorge  su  una  collina  in mezzo  ad  essa,  sono  disposti  in  punti  diversi,  a  poca  distanza  l’uno dall’altro, o  sulle  falde e  sulle  cime dei monti  circostanti; essi  sono Casalbuono, Montesano sulla  Marcellana  con  la  frazione  Arenabianca,  Padula,  Monte  San  Giacomo,  Sassano,  Sala Consilina, Atena Lucana, Polla, Sant’Arsenio, San Pietro al Tanagro, San Rufo, Buonabitacolo, Sanza. 

L’intera vallata faceva parte della Lucania occupata dai Romani, che vi costruirono strade e vi fecero molte opere di bonifiche, specie di alcune parti infestate dalla malaria. Nell’Itinerario di Antonino, compilato per ordine di Giulio Cesare nel 44 a.C., vengono  indicate  le principali città  e  borgate,  tra  cui  Atena, Marcelliana,  Consilinum  ad  oriente  e  Tegianum  e  Sontia  ad occidente. 

Mentre  è  storicamente  accertato  che  Atena,  Tegianum  e  Sontia  sorgevano  negli  stessi luoghi ove  tuttora sono Atena Lucana, Teggiano e Sanza, Consilinum sorgeva sul colle dietro Padula,  oggi  detto  Civita,  e Marcelliana,  suburbio  di  Consilinum,  sorgeva  nella  sottostante pianura, verso Sala. 

Successivamente questa si completò con l’appellativo di Consilina e Montesano con quello di  “sulla Marcellana”. Nessuno  ha mai  saputo  spiegare  la  curiosa  inversione  dei  nomi,  con palese confusione delle vere origini dei suddetti luoghi. 

Consilinum, che sorgeva a circa un miglio dall’attuale Padula, fu una delle sette antichissime prefetture della Lucania e, durante i primi secoli della Chiesa, anche residenza vescovile. 

Padula, dopo  la totale distruzione di Consilinum avvenuta  in epoca assai remota, agli  inizi dell’ anno Mille, venne edificata dagli abitanti di Consilinum sull’attuale conico colle, per ben difendersi dalle frequenti invasioni dei Vandali, Goti, Longobardi e Saraceni.  

Per le genti di questa terra la vita è stata sempre difficile ed amara, sia per l’incuria dei vari governi  nazionali  che  hanno  lasciato  il  sud  nel  più  riprovevole  abbandono,  e  sia  per l’indifferenza della restante Italia, quella del nord, che spesso ha sottovalutato  ingiustamente lo spiriti) di sacrificio e di iniziativa delle popolazioni meridionali. E così, mentre, nel Medio Evo e dopo, Padula poteva disporre di un ospedale (San Clemente), di un brefotrofio (Annunziata), di un fiorente monastero (San Nicola al Turone), di attivi conventi (S. Agostino e S. Francesco), che  ravvivavano  la  fede e  la  cultura nel  luogo,  successivamente  i  suoi  figli  si  ricordarono di 

Page 22: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 21

essere  italiani anch’essi solo quando  il patrio governo  li arruolò nell’esercito per mandarli sui campi di battaglia nelle molte guerre del periodo post‐risorgimentale. 

Prima  di  chiudere  questo  capitolo,  ritengo  utile  accennare  brevemente  a  due  antichi monumenti, San Nicola al Turone e San Michele alle Grottelle, edificati quando la collina della moderna Padula era ancora priva di case e strade. Nell’alto Medio Evo, e cioè nel sec. XI, venne fondato  il monastero benedettino di San Nicola al Turone,  contemporaneamente all’altro di Santa Maria di Cadossa in Casalbuono, dallo stesso benefattore Ugo a favore dell’Abate caven‐se Pietro. 

Assai poche  sono  le notizie di questa badia, anche perché non  si conosce neppure quale sorte  abbia  avuto  il  suo  importante  archivio.  Secondo  il  Tutini  essa  venne  incorporata  alla Certosa nell’anno 1538. 

Poiché è il più antico edificio, o meglio rudere, in vicinanza della distrutta Consilinum, tutto lascia supporre che assai importante fu la sua collocazione in questa zona. Anteriormente alla fondazione di San Nicola, sul luogo detto Civita, venne fondato un santuario rurale dedicato a San Michele, adattato in una Grotta. Certamente l’ignoto fondatore volle istituire nello stesso luogo, che fu testimone secolare della prefettura romana Consilinum, sia pure in una grotta, un tempio all’Arcangelo Michele, vincitore del paganesimo, per dare conforto ai contadini ed ai pastori nei circostanti “pagi et vici”. 

Dopo, la tradizione popolare lo ritenne sempre dipendente dalla vicina Badia benedettina di San Nicola al Turone, che certamente vi  inviava  i suoi monaci per  le  funzioni  religiose, e per secoli venne chiamato S. Angelo  la grotta, sino a quando, agli albori del secoli) scorso, venne chiamato San Michele alle Grottelle. 

Vi si possono ammirare una statua in pietra dell’Arcangelo Michele e la tomba marmorea di tal Brancaccio, del sec. XVI, che o fu un benefattore del santuario o fu addirittura Giovanni di Balsamo Brancaccio, già abate di San Nicola. Però, essendo l’epigrafe mortuale priva del nome di battesimo, quest’ultima ipotesi non può ritener‐si probabile. Gli abitanti di Padula, come nei secoli scorsi, ogni anno, durante il periodo estivo, si raccolgono numerosi nel piccolo santuario per venerarvi il loro patrono, San Michele. 

Page 23: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 22

Cenni artistici   

  

 Quasi  tutti  gli  artisti  che  abbellirono  il  sontuoso  edificio  furono  figli  di  Padula. 

Disgraziatamente i loro nomi non ci sono pervenuti, eccetto qualcuno, e non sappiamo, se per la loro scarsa ambizione di gloria o per negligenza dei cronisti dell’epoca. 

La Certosa, come si rileva dalla visione dell’intero edificio, è costruita a  forma di graticola per deferenza a  San  Lorenzo a  cui essa è  intitolata, martirizzato  il 10 agosto dell’anno 258, sotto  l’imperatore Valeriano. Difatti quel gruppo di fabbricati che chiude  l’atrio rappresenta  il manico); la vasta costruzione rettangolare, ove sono i quartieri dei Certosini, rappresenta i ferri della graticola e  lo  scalone a due  rampe, coperto da un’artistica cupola,  in  cui  si prolunga  il primo corridoio, rappresenta il coppino per l’untume. 

Costruzione  quanto  mai  simbolica  e  suggestiva,  che  ricorda  il  Palazzo  dell’Escuriale  in Spagna, fondato da Filippo Il. 

L’atrio, da cui si poteva accedere alle cantine, ai mulini ed ai  frantoi, è circondato da due braccia  di  fabbrica  entro  cui,  a  pianterreno,  vi  erano  le  scuderie,  i  pastifici,  i  caseifici,  la fonderia per le campane, la farmacia, la stalla e l’abitazione del portinaio. 

Al  piano  superiore  sono  ampie  camere  che  servivano  per  alloggiare  i  pellegrini  ed  i “professori dell’arte salutare a servizio del Monastero”. 

  LA FACCIATA  Il  visitatore  è  subito  preso  dall’aspetto maestoso  della  facciata.  Cominciata  nel  1718,  fu 

terminata nel 1723. Il nome del suo architetto non ci è pervenuto, però alcuni studiosi, come lo Schiavo, sono concordi nell’attribuirla al Vaccaro (Domenico Antonio Vaccaro [Napoli 1681‐1750],  pittore,  architetto  e  scultore,  lavorò  anche  nella  Certosa  di  S.  Martino  di  Napoli), notando notevoli affinità fra questa e la facciata del palazzo progettato per il Principe di Tarsia, eseguito solo in piccola parte. 

Page 24: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 23

Lo  stile è barocco, ma espresso  in  forme mature, esenti da  tutte quelle esagerazioni, cui molte regioni, e non ultimo il Napoletano, andavano soggette. 

Il motivo centrale, che comprende il portone d’ingresso, è sormontato da una nicchia senza fondo  in cui è  la statua della Vergine che prega. Sotto è visibile una  lapide con  il motto: Felix coeli  porta.  I motivi  laterali  della  balaustrata  rappresentano  guglie  e  due  busti  raffiguranti l’estate e l’inverno, con un curioso misto di sacro e profano. 

Le colonne del pianterreno sono incorporate al muro ed ai cunei degli archi. Inferiormente è decorata da quattro statue dei santi Lorenzo, Pietro, Paolo e Brunone, contenute in nicchie. 

 

   LA FORESTERIA  A destra dell’ingresso c’è un chiostro, dal quale si accede alla Foresteria, ampia e sontuosa 

con dieci stanze. In essa c’è da notare il Trittico, murato sul pianerottolo della scala, dei Santi Tommaso d’Aquino, Caterina e Lorenzo, anteriore al 1300 e di autore ignoto. 

Qui venivano ospitati  i pellegrini ed  i  signori di passaggio, ai quali  si dava senza mercede alloggio e vitto. 

Sempre  dal  chiostro  della  Foresteria  si  entra  nella  Chiesa  principale,  priva  di  qualsiasi comunicazione esterna, perché serviva esclusivamente alle pie pratiche dei Certosini. 

 

Page 25: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 24 

  CHIOSTRO  Sul portale si legge il seguente versetto: “Gloria in excelsis Deo et in terra pax horninibus”. 

La porta in cedro del Libano tutta a bassorilievi è del secolo XIV (1374). E intagliata con rosoni e lettere  gotiche  che  compongono  le  parole:  “Ave  Maria  gratia  piena”  e  con  figure rappresentanti scene della vita di San Lorenzo. 

Precede il coro dei padri quello dei laici, pregevole opera di intagli e intarsi. I tergali recano immagini  di  santi,  tutti  fondatori  di  Ordini  religiosi.  Sotto  i  sedili  vi  sono  caratteristiche costruzioni architettoniche e curiosi paesaggi. I posti sono ventiquattro. 

Il coro dei padri è ancora più pregevole; consta di trentasei posti, diciotto a destra e diciotto a sinistra, tutti finemente  intagliati ed  intarsiati. I tergali di destra raffigurano scene della vita del  Messia  e  del  Nuovo  Testamento;  quelli  di  sinistra  raffigurano  meravigliosamente  la passione  di  Cristo.  Sui  sedili  sono  raffigurate  scene  del  Vecchio  Testamento,  di  Santi  e  di Eremiti;  sotto,  costruzioni  architettoniche  e  castelli medioevali;  a  destra  ed  a  sinistra,  sul davanti  degli  inginocchiatoi  sono  effigiate,  con  vero  senso  dell’arte,  ventisette  scene  di martirio. 

Ricca di stucchi dorati e di affreschi è  la volta; si vedono  in giro alle pareti, sette posti per quadri.  L’altare  maggiore,  in  scagliola,  è  reso  pregevole  dall’inserimento  di  pietre  dure  e 

Page 26: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 25

madreperla.  I motivi  sono  rosoni,  uva,  fragole  e  fiori  di  trifoglio,  che  si  intrecciano  capric‐ciosamente secondo un piano simmetrico originale. 

Le testate, in marmo levigato, terminano con un’aquila ed un angelo. Sulle pareti che circondano  l’altare ci sono tre tele dipinte ad olio di Salvatore Brancaccio, 

pittore napoletano (1860). Quella di destra  rappresenta  la morte di San Brunone, quella di  sinistra  il martirio di San 

Lorenzo e  la centrale  l’apoteosi di San Lorenzo e di San Brunone:  in mezzo ai due Santi, nel piano  superiore,  c’è  la  Madonna  soavemente  rivolta  a  Brunone,  avente  fra  le  braccia  il Bambino che porge un  libro  (la regola) al santo Fondatore. Accanto a questo dipinto vi sono due nicchie, entro cui poggiano due busti  in marmo raffiguranti uno  la Madonna e  l’altro un Angelo. Sotto i quadri laterali vi sono due scarabattoli murati, entro cui sono due artistici busti in cera: 1’Hecce Homo e l’Addolorata (1400). La loro espressione è veramente soprannaturale; non sembrano usciti dalle mani di un uomo tanta è l’armonia che li pervade. 

  SAGRESTIA  Rimonta  al  1686.  Le  porte  intagliate,  a  destra,  raffigurano  l’ingresso  alla  Certosa  e,  a 

sinistra, la chiesa, com’era al principio del sec. XVI. Stalli in legno di noce rivestono, per tre lati, le pareti, ordinati con diciotto colonnine, anch’esse in legno di noce, di stile corinzio. Degno di essere ammirato è il tabernacolo bronzeo a forma circolare, di nuovo nella sua sede originaria dal 1988. 

Nel centro della volta c’è un affresco di epoca  incerta,  raffigurante  l’Assunzione di Maria Vergine. 

 

Page 27: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 26

 CAPPELLE  Per una porta, a destra dell’altare maggiore, si entra nelle seguenti cappelle: delle Reliquie, 

del  Crocifisso,  dell’Ecce  Homo,  della  Via  Crucis,  dell’Immacolata.  Tutte  hanno  gli  altari  in scagliola. Bello il Gesù morto nella cappella del Crocifisso. 

Più importante di tutte, però, è quella dell’Immacolata. L’altare è in pietra e su di esso c’è un busto in marmo del Cristo con piedistallo lavorato. Pregevole è la sedia del Priore con bracciuoli e baldacchino, tutta in legno di noce con figure 

a basso e ad altorilievo.  

  Dal  baldacchino  pendono  due  angioletti;  sui  bracciuoli  sono  due  busti  di  Santi.  Sulla 

spalliera è effigiato un altorilievo di San Lorenzo. In questa  cappella  il  Priore  riuniva  i  suoi  Padri  collaboratori per disposizioni di  carattere 

disciplinare  e  spirituale.  Per  una  porticina,  a  sinistra  dell’altare  maggiore,  si  entra  nelle seguenti cappelle: del Tesoro, delle Campane e del Capitolo. 

La prima ha grandi scaffali intarsiati; l’altare è in scagliola, presenta ai due lati due nicchie, entro cui sono due statue in calcina rappresentanti magistrati romani. 

Quella  del  Capitolo  è  ampia,  spaziosa  e  si  potrebbe  a  buon  diritto  chiamare  chiesa. All’estremità delle pareti dell’unica navata  sono quattro nicchie, entro  cui  sono  le  statue  in pietra dell’Angelo Custode, e dei Santi Lorenzo, Giovanni e Giuseppe. 

L’altare  in  pietra  è  ricco  di  ornati  e  di  arabeschi. Qui  si  può  ammirare  una  tela  ad  olio, rappresentante la Madonna col Bambino benedicente, fra i Santi Brunone e Lorenzo, di autore ignoto. 

Queste cappelle non erano aperte ai fedeli ma servivano solo ai Monaci per le loro funzioni, ed agli uffici divini. 

 

Page 28: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 27   APPARTAMENTO DEL PRIORE  Dal  lato sinistro del corridoio di  ingresso si passa al Chiostro dei Procuratori, del 1600.  In 

mezzo,  una  ridente  fontana  circolare  in  pie‐tra.  A  metà  fra  il  cortile  ed  il  Chiostro  c’è l’appartamento del Priore, che consta di dieci vani principali. Mirabile opera d’arte è la cappel‐la personale del Priore, dedicata a San Michele Arcangelo. 

L’altare è in pietra colorata con colonnine di pietra grigia e capitelli di stile corinzio. L’ancóna,  entro  cui  è  una  piccola  statua  in  legno  dorato,  raffigurante  San  Michele,  è 

incavata  nella  pietra.  Sulle  pareti  si  ammirano  quattro  dipinti  ad  olio  su muro  riproducenti scene di apparizioni di San Michele (1600), con cornici di stucco dorato. 

Nella volta una pittura a guazzo raffigura l’Immacolata e ricorda quella del Murillo.   

Page 29: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 28

Page 30: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 29

BIBLIOTECA  Prima  di  entrare  nel  grande  Chiostro,  voltando  a  sinistra,  si  entra  per  una  porta,  poco 

distante dalla bella fontana di imitazione berniniana, nel pianerottolo di una meravigliosa scala a  chiocciola  di  trentotto  scalini  che  porta  nell’anticamera  della  biblioteca,  nella  cui  parete centrale c’è un armadio che doveva contenere  i registri ed  i cataloghi. Bellissimo  il portale di pietra sul quale c’è la scritta: “Da sapienti occasionem et addetur ei sapientia. PR. VI.” (Da’ al sapiente l’occasione e la sapienza sarà data a lui). La sala è di forma rettangolare, con armadi di  noce  che  girano  intorno  ai  quattro  lati,  composti  da  ventisei  scaffali  nei  quali  vi  erano moltissimi libri e pergamene, in gran parte trafugati. Attualmente alcuni codici sono conservati nell’Archivio della Badia di Cava, nella Certosa di Serra S. Bruno, nella Badia di Montevergine e presso  la  Biblioteca  Nazionale  di  Napoli.  Si  può  leggere  anche  la  seguente  distinzione  per materia: Canonistae, Philosophi, Ascetes, Mathematici, Juris periti, Manoscripti, Enciclopedisti, Poétae, Libri prohibiti, Historici profani, Polemici, Teologici, Dogmatici, Medici, Oratores sacri, Sancti patres, Phisici, Scriptores cartusiani, Rhetorici, Sacra scriptura, Miscellanei, Expositores sacri. La volta è coperta da una grande tela dipinta a tempera da Giovanni Olivieri nel 1763 e divisa  in  tre  riquadri:  il primo  raffigura  l’Aurora  sul  carro  tirato dal  cavallo  alato;  il  centrale raffigura il Giudizio Universale con allegorie di scene di martirio; l’ultimo raffigura un’allegoria della Scienza. Il pavimento è di maiolica con disegni a motivi floreali. 

  CUCINA, REFETTORIO, CAPPELLA DEL FONDATORE  

Dallo  stesso  corridoio  si  entra,  a destra,  nella  cucina,  nella  quale  si ammirano l’enorme cappa del camino ed i  grandi  lastroni  su  cui  venivano  divisi  i cibi. 

Sulla parete di fondo è visibile, dopo i recenti  restauri,  un  grande  dipinto  che ha  per  soggetto  una  Deposizione  a  cui assistono diversi padri certosini. La firma in calce è di Anellus Maurus, 1650. 

Indi  si  passa  all’ampio  refettorio,  le cui pareti sono  in gran parte decorate a stucco.  Il  pavimento  è  in marmo.  Sulla parete centrale c’è un dipinto ad olio che rappresenta  le nozze di Cana,  realizzato nel  1749  da  Alessio  d’Elia.  Un  lungo sedile in noce, per sessantuno posti, gira intorno  alle  pareti.  Quasi  a metà  della 

parete destra si ammira il magnifico pulpito, prodigiosamente lavorato, sostenuto da un’aquila di  finissimo marmo bianco. Da questo pulpito, durante  il pranzo  in  comune, permesso dalla regola solo nelle grandi solennità, un frate leggeva brani delle Sacre Scritture. 

Dal refettorio si passa nella Cappella del Fondatore. Il paliotto dell’altare è in scagliola. Sulla 

Page 31: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 30

parete destra c’è la tomba cinquecentesca del Conte Tommaso. Una effigie del Conte scolpita in pietra sovrasta l’urna, entro cui sono le ossa. IL CHIOSTRO GRANDE  In alto, sull’arco della porta che immette nel primo corridoio del chiostro grande, si legge la 

seguente  scritta,  che  spiega,  in meravigliosa  sintesi,  la  vita  stessa dei Certosini:  “Hic  secura quies, hac hospes, ad aethera gressus,  constans hic maneas. Te manet  ipsa quies”.  (Qui  c’è sicura quiete, di qui si passa per andare al cielo. Resta qui per sempre, o pellegrino. La quiete stessa ti farà perseverare). 

Vi predomina  solenne  l’austera maestosità del dorico  che, per  la grandezza del  concetto architettonico, ottiene  stupendi effetti di bellezza meravigliosamente espressa nell’armonica fuga  delle  colonne  degli  immensi  portici.  È  formato  da  84  pilastri  che  reggono  altrettante arcate su cui poggia una trabeazione con  le metope ornate da una ricca varietà di motivi, tra cui numerosi tipi di rosoni. Tanto  i pilastri come gli archi,  le paraste e  la trabeazione sono di pietra estratta dalle cave di Padula. Per  la sua grandezza è unico al mondo. Il fregio consta di 672 metope, che rappresentano teste di angeli, santi certosini, stemmi, segni religiosi, scene di martirio  e  della  passione  di  Cristo.  L’area  del  suolo  scoperto  è  di  mq  12.270,  capace  di contenere una  folla di 60.000 persone.  I  lavori per  la costruzione del chiostro  furono  iniziati nella prima metà del 1600 ed intensificati sotto il Priorato di Giovanni Battista Manducci (1628‐1636). Thomas Salmon nella “Storia del Regno di Napoli antica e moderna” nota che la galleria per la passeggiata coperta fu condotta a termine durante i Priorati di A. M. Micheli, Priore due volte della Certosa dal 1747 al 1758 e dal 1761 al 1763. 

Nessun documento  ci  è pervenuto dal quale  possa  rivelarsi  il nome dell’architetto, però molti studiosi sono concordi nell’attribuirne la paternità, o quanto meno l’influenza, a Cosimo Fanzago,  che  lavorò per molto  tempo anche nella Certosa di Napoli ed  in quella di  Serra  S. Bruno. 

In un lato c’è il cimitero dei Monaci, di forma quadrata circondato da una balaustrata, ricca di decorazioni rappresentanti simboli di morte (1729). 

Lungo le pareti del portico sono le celle dei Certosini, ognuna delle quali è composta da un corridoio, due stanze, un piccolo vano che immette in una loggia coperta la quale gira intorno all’area del  rispettivo giardino con vasca e  fontana. Accanto ad ogni porta vi è un  finestrino attraverso cui veniva somministrato il cibo quotidiano. 

 

Page 32: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 31

Page 33: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 32

IL GRANDE SCALONE  Costantino Gatta nelle  “Memorie  topografiche‐storiche della provincia di  Lucania”  (1732) 

scrive: “Fra gli Monasteri che possiede detta Sacra Religione, è fama che questo della Padula superi ogni altro”. Perciò i Certosini, consci della loro casa, nella costruzione dello scalone, che congiunge  il portico del pianterreno con  le galle‐rie di sopra, vollero che questo superasse  in magnificenza e grandezza quelli di tutte le altre Certose e rappresentasse una ricca scenografia di chiaroscuri, offrendo nel contempo una visione meravigliosa di prospettiva in profondità. 

Il  corpo  di  fabbrica  ottogonale,  in  cui  si  svolge  lo  scalone  ellittico  a  due  rampe,  è sormontato da una cupola anch’essa ellittica. 

Sette  grandi  aperture  illuminano questa  imponente  gradinata,  i  cui  archi  sono  simili  alle opere del Vaccaro, Sanfelice e di altri archi‐tetti del Settecento. 

Fu costruito nella metà del secolo XVIII sul disegno dell’architetto Gaetano Barba e costò ai monaci la spesa di 64.000 ducati. 

Nel  vano d’ingresso  sono  scolpiti  gli emblemi della dignità  feudale e  vescovile del Priore della Certosa, e simboli del martirio e della gloria di San Lorenzo. 

 

 

Page 34: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 33

QUALCHE CIFRA  Tutto  il  fabbricato  racchiude  il  grandissimo  spazio  di  cinquantadue‐mila metri  quadrati. 

L’area della fabbrica abitabile è di trentaduemila metri quadrati. Le camere, tralasciando i corridoi, i vani accessori e gli androni, sono trecentoventi. Inoltre  vi  sono  tredici  cortili,  cinquecento  porte,  cinquecentocinquanta  finestre, 

cinquantuno scale e quarantuno fontane. La muraglia, che per tre lati circonda i giardini e la Certosa, è lunga più di due chilometri.   POESIA E MISTICISMO DELLA CERTOSA  Nell’ora del  tramonto, quando  il  sole  indora con gli ultimi  raggi  le guglie della  facciata, è 

oltremodo suggestivo entrare nella Certosa. I suoi secoli di storia passano nella mente con  la rapidità del baleno. Vediamo centinaia di 

bianche figure di Padri, stanchi del mondo e dediti alla contemplazione. Le celle ricordano i sacrifici e le privazioni, i digiuni e le penitenze: ognuna di esse racchiude 

una storia, tutte racchiudono un poema. Contemplando gli archi maestosi e  le  colonne massicce,  il  cuore  si è  spogliato di  tutte  le 

passioni umane ed è avvinto da estasi e misticismo. L’anima qui gioisce,  la mente si riposa,  le membra si fortificano: tutto si concilia col divino 

nella sublime ascesa dello spirito che vuol meditare. Una  voce  lontana,  portata  sulle  ali  del mistero  dal  ritmo  celeste  della  salmodia,  vibra 

intorno a noi: “Fermatevi. Voi, pellegrini affaticati del mondo, siete venuti fra queste mura a ritrovare  la pace. La pace sarà con voi nelle meditazioni severe dell’esistenza e raggiungerete tutte  le  aspirazioni  verso  l’unico  fine  che  ci  governa:  l’eternità. Numerose  anime  nei  secoli passati,  fra  queste  stesse mura, meditarono  e  piansero  sulla  parola morte.  La meditazione profonda e sincera darà i frutti della vita buona, poiché non esisterà bontà senza che prima sia stato nel cuore il sacro timore della morte. 

Voi, ospiti del silenzio, se nella pace volete ritrovare l’anima vostra, ritempratela nelle fonti pure della preghiera, che l’uomo rende divino, e ringraziate Dio per questo dono”. 

La  voce  si  allontana  fra  le  arcate  ed  il  cielo,  e  noi,  rimasti  fermi  presso  una  colonna,  ci muoviamo coi volti compunti in cerca di pace e solitudine. 

A  passi  lenti, misurati  dai  ricordi  storici  e  da  immagini  fantastiche,  facciamo  il  giro  del grande  chiostro.  Dinanzi  al  cimitero,  ove  ogni  simbolo  induce  alla  preghiera  ed  al raccoglimento, sostiamo alcuni minuti. 

Leggiamo sui quattro lati della colonna centrale i versetti latini che potrebbero essere i titoli di altrettanti poemi di vita e santità. 

La fantasia vuole immaginare inginocchiate nei lati del cimitero, quattro figure di Padri che, come se salmodiassero, si vanno ripetendo le grandi verità. 

“Dies mei velocius  transierunt”  (i miei giorni passarono assai veloce‐mente), dice  il primo bianco vegliardo, con la serenità e la calma della rassegnazione che genera i palpiti sacri della pietà. 

“Ne abscondas me, Domine, a facie tua” (non privarmi, o Signore, della Tua visione), dice il secondo bianco vegliardo, con  la dolcezza di chi prega compunto ed è sicuro di ottenere con 

Page 35: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 34

commosse parole del cuore la misericordia di Dio. “In carne mea videbo Deum Salvatorem meum” (nella mia carne vedrò Dio mio Salvatore), 

dice il terzo bianco vegliardo, con la letizia angelica del credente che, nella forza sublime della fede, s’innalza etereo nei cieli dello spirito immortale. 

“Mors  iustorum  in refrigerio erit” (la morte dei giusti sarà premiata), dice  il quarto bianco vegliardo  con  la  veneranda  certezza di  chi nella  vita mortale ha  impiegato  tutte  le ore  e  le aspirazioni nelle opere infallibili del bene, secondo i dettami supremi dell’invitto Cristo. 

Poi  l’ombra della morte passa dinanzi a noi e sembra fermarsi austera sui mucchi di terra nera, sotto cui riposano da secoli i resti di anime eroiche. 

Dopo  questo  lavacro  di meditazione  entriamo  nella  Chiesa,  nella  quale  il  tempo  sembra passare più velocemente perché lo spirito si ricongiunge a Dio. 

I monaci sono tutti assenti. Leggiamo alcuni nomi di essi (gli ultimi) in una tabella murata. Vuoti i cori. Una  forza  arcana  ci  invita  a  restare  ancora  nella  chiesa,  perché  le  anime  dei monaci  ci 

esortano, invitandoci alla preghiera nella pace del silenzio. Quando  usciamo  è  notte.  La  luna  sorride  nel  cielo,  inargentando  le  bianche  arcate  e  le 

massicce colonne dei corridoi. È notte: ma nella Certosa la notte è tanto diversa da quella del mondo. Si direbbe quasi che 

qui è l’inizio della giornata laboriosa e della severa meditazione. E difatti, guardando nel corridoio  le porte delle celle ordinate  in una simmetria che ha del 

simbolico, pare che sia questa l’ora del coro notturno per modo che debbano uscire ad uno ad uno i bianchi Padri silenziosi, compunti, ed avviarsi in chiesa. 

La luna continua a sorridere. Non  vorremmo  lasciare questo  luogo  stupendo, dove  l’anima diventa eterea e  vola  sulle 

fantastiche aureole della divina bellezza, e dove  lo spirito s’impregna dello stesso misticismo Certosino,  nella  celestiale  e  confortevole  contemplazione  della  natura  e  delle  opere  del Creatore. 

 

Page 36: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 35

 

Page 37: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 36

Pertosa    

ZÜÉààx wxÄÄËTÇzxÄÉ

    

Page 38: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 37

L’origine  delle Grotte  di  Pertosa  (la  cui  denominazione  ufficiale  è  "Grotte  dell’Angelo  di Pertosa"),  è fatta risalire a ben 35 milioni di anni fa, sono le più importanti dell’Italia del sud, le uniche ad essere attraversate da un fiume sotterraneo, il Tanagro o Negro, il cui corso è stato deviato a scopo di utilizzo energetico. Così facendo l’entrata delle Grotte si è allagata, tanto da permettere  l’accesso all’interno, solo attraverso suggestive barchette sapientemente guidate da esperte guide del Comitato Pro Grotte dell’Angelo.  

  

Incuneate per circa 3000 metri sotto gli Alburni le Grotte, si snodano in una suggestiva serie di  cunicoli  ed  antri,  fino  a  terminare  in  tante  "Sale"  naturali,  tutte  con  una  caratteristica diversa. I radicali cambiamenti climatici e territoriali che hanno caratterizzato la vita del nostro Pianeta,  hanno  lasciato  il  loro  segno  in  questi  luoghi  che  sono  pertanto  divenuti  anche un’importante  testimonianza  delle  diverse  Ere  geologiche.  Grazie  alla  loro  particolare conformazione,  le  Grotte  non  sono  state  scalfite  nemmeno  dall’ultimo  terremoto  che  ha distrutto mezzo Vallo di Diano ne da molte altre calamità naturali.  

Questo  fa  si  che  all’interno  di questi  cunicoli  si  possa  essere decisamente più al sicuro che fuori, oggi  come  ieri,  come  già sicuramente  sapevano  i  nostri antenati dell’età del Bronzo, e forse anche  della  Pietra,  che  proprio  qui scelsero  di  costruire  le  loro palafitte,  le  uniche,  di  cui  si  ha testimonianza,  costruite  all’interno di un sito come questo delle Grotte di Pertosa.  Il particolare  clima ed  il tasso di umidità hanno  fatto  si  che resti  lignei  di  quelle  antiche costruzioni,  giungessero  quasi intatti  sino  a  noi,  a  testimonianza  storica  dell’avvenuto  insediamento  e  di  una  lunga permanenza.  

Anche  gli  antichi  Greci  e  poi  i Romani,  scelsero  queste  caverne naturali  per  i  loro  rituali  e  le cerimonie  sacre,  tanto  che  il  primo ad accennare a questi luoghi fu Plinio il  Vecchio.  Rifugio  dei  Cristiani,  che qui pregavano Cristo al sicuro da ogni pericolo,  le  Grotte  continuarono  a dare  riparo  all’uomo  fino  alla  prima metà dello scorso secolo, quando gli abitanti  del  Vallo  le  usavano  come 

Page 39: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 38

rifugio  sicuro  antiaereo.  Purtroppo  la  permanenza  dell’uomo  ha  anche  interferito  con  la costruzione  calcarea  di  stalattiti  e  stalagmiti,  andando  a  toccare  la  superficie  delle  opere calcaree naturali e lasciano così una patina che non ha più permesso alle gocce di calcio di far crescere ulteriormente le colonnine naturali. Per questo viene raccomandato, durante la visita, di non toccare le composizioni calcaree, così da evitare ulteriori interferenze.  

Leandro  Alberti,  frate  domenicano  del  XVI  sec.,  parlò  per  primo,  in  modo  esplicito, dell’esistenza delle Grotte di Pertosa, esplorate in seguito, per la prima volta, da P. Carucci e G. Patroni, a cavallo fra Ottocento e Novecento. Ancora oggi gran parte delle Grotte sono oggetto di studio da parte degli speleologi che continuano a portare alla luce , giorno dopo giorno, una meraviglia  in più, ed ai quali è dedicato un apposito percorso parallelo al percorso  turistico lungo ed aperto, ai soli speleologi, il secondo e quarto sabato di ogni mese.  

 

Il  tour  all’interno delle Grotte inizia a circa 263  metri  di  altitudine sulla  sinistra  idrografica del  fiume  Tanagro,  con una  piccola  ma suggestiva  traversata  in barca sulle acque verdi e ricche di calcio del fiume sotterraneo.  Seguendo un  percorso  ben delimitato  da  corde sospese,  la  guida traghetta  l’imbarcazione per circa 200 metri verso il cuore del monte e  la sorgente, da dove si diramano i vari percorsi. Il più breve è di circa un Km  1,5  dura  circa  40 minuti,  non  include  la  visita  alla  Sala  delle Meraviglie  ed  il  ritorno attraverso  il Ramo dei Pipistrelli, e  riporta  indietro  i  turisti attraverso  la  traversata  in barca, percorsa di nuovo  fino all’imbocco  iniziale.  Il  secondo  itinerario è quello  lungo circa Km 2.5, dura un’ora, e prevede l’uscita a piedi attraverso il Ramo dei Pipistrelli fino alla balconata che affaccia  sul  fiume  ed  alla  vicina  uscita  a  piedi. Dal  1°  luglio  2003  è  stato  poi  inaugurato  il percorso Extra, lungo circa Km 3 percorribili in un ora e mezza, che non si ferma di fronte alla Sorgente iniziale, posta a circa 300 metri a monte, che sgorga dove approdano  le barchette e che è altrimenti solo visibile affacciandosi ad una balconata frontale, ma prevede  il passaggio attraverso la Sorgente e la visita all’area posta dietro alla piccola cascata, proseguendo poi per il percorso  lungo fino all’uscita a piedi. Con queste tre diramazioni, si esplora tutto  il sentiero posto  più  a  nord  all’interno  delle  Grotte,  l’unico  visitabile.  Esistono  altri  2  sentieri,  oltre  a quello aperto al pubblico, uno mediano ed uno più a sud aperti esclusivamente al personale specializzato ed agli speleologi ed esploratori.  

Page 40: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 39

 Il  percorso  turistico  si snoda  attraverso cunicoli,  gallerie, strettoie  e  grandi  Sale, tutte  caratteristiche  ed uniche  nel  suo  genere: tra  le  tante segnaliamo la Sala delle Meraviglie; quella  Grande,  ove l’altezza  sfiora  i  24 metri  senza  che  ci  si renda  conto  di  tale distanza.  In  realtà,  i concetti  di  spazio  e  di 

tempo sono percepiti in modo diverso all’interno delle Grotte, come se il tempo scorresse più lento e lo spazio fosse più ristretto a misura d’uomo. Un sapiente gioco di luce ben evidenzia le mille figure e  le costruzioni calcaree dalle forme più disparate che  lasciano ampio spazio alla fantasia. Unica al mondo è  la Sala delle Spugne, che da sola varrebbe tutta  la visita. Anche  la Sala dei Pipistrelli, così chiamata perché una volta era il rifugio di migliaia di questi animali che nel buio di questi luoghi trovavano conforto e riparo, presenta caratteristiche molto particolari e rare. Sulla roccia si vede ancora il segno di dove arrivavano gli escrementi di questi animali, che avevano ricoperto di tonnellate di guano oltre metà della Grotta dei Pipistrelli. Disturbati dalla presenza dell’uomo hanno poi  lasciato questi  luoghi per  loro non più sicuri,  lasciando a noi  la  scoperta delle meraviglie  calcaree presenti  in questa parte di Grotte.  La Montecatini, oggi Montedison, società che si occupò di rimuovere il guano, ottenne da questo, tonnellate di materiale prezioso da utilizzare per  fertilizzanti e cosmetici. La Sala dei Pipistrelli affaccia sul primo  tratto  del  fiume  sommerso  percorso  in  barca  all’entrata,  proprio  sopra  un  piccolo anfratto  che  fu  scelto  dal  regista  Dario  Argento  come  location  per  una  scena  del  film:  "Il Fantasma dell’Opera".  

Ancora oggi si può ammirare questo set particolare, così come venne allestito dal celebre artista durante  le  riprese. Uscendo dalle Grotte ci  si  trova di nuovo  immersi nella  realtà del Vallo e nella ricca vegetazione che circonda questa zona.  

 

Page 41: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 40 

Page 42: VISITA D’ISTRUZIONENel VI secolo, in Italia, San Benedetto da Norcia diede vita all’Ordine religioso più ricco di tradizioni, di Santi e di gloria. La sua regola fu apprezzatissima,

 

 41

\Ä ÇÉáàÜÉ |à|ÇxÜtÜ|É