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Roman villas around the Urbs. Interaction with landscape and environment. Proceedings of a conference held at the Swedish Institute in Rome, September 17–18, 2004. Eds. B. Santillo Frizell & A. Klynne (The Swedish Institute in Rome. Projects and Seminars, 2), Rome 2005. www.svenska-institutet-rom.org/villa/ Premessa Il progetto Valle del Tevere, coordinato dalla British School di Roma e condotto da Helen Patterson 1 , nasce con lo scopo di ripercorrere la storia del paesaggio tiberino dall’età protostorica a quella medievale in relazione alle vicende di Roma. Il progetto è stato presentato in molte sedi per cui non tornerò sull’argomento 2 . Occorre solo ricordare che l’area oggetto d’indagine è compresa tra Roma a Sud, Otricoli a Nord, i Monti Cimini e Sabatini ad Ovest e i Monti Reatini ad Est, con esclusione della fascia relativa al suburbio di Roma, dove sono in corso una serie di progetti di indagine topografica 3 (Fig. 1). La base documentaria del progetto Valle del Tevere è costituita prevalentemente dal South Etruria survey – mai interamente pubblicato 4 – diretto da John Ward-Perkins e da molti altri studiosi anglosassoni tra gli anni Cinquanta Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere * HELGA DI GIUSEPPE * Desidero ringraziare Helen Patterson per avermi concesso di pubblicare questo lavoro e per aver letto il mio testo, arricchendolo con utili suggerimenti. Inoltre la mia gratitudine va ad Andrea Carandini maestro “di ville” e a Felice Senatore per aver pazientemente discusso con me i risultati di questa ricerca. 1 Il lavoro principale è stato svolto da Robert Witcher e chi scrive grazie ad una Research Fellowship finanziata per tre anni dalla Leverhulme Trust Foundation. 2 Patterson & Millett 1998; Patterson 2004, Patterson et al. 2004a, Ib. 2004b. 3 Le indagini svolte dagli studenti della cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana dell’Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Scienze Umanistiche, sono dirette da Andrea Carandini in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Roma. 4 Tra le ricognizioni edite del South Etruria survey ricordiamo: Sutri. Duncan 1958. Veii, ager Veientanus e Faliscus. Ward- Perkins 1955; Id. 1961, Frederiksen & Ward-Perkins 1957; Kahane et al. 1968. South West of La Storta. Kahane 1977. The via Cassia & Clodia. Hemphill 1975. Ager Capenas. Jones 1962; Id. 1963. Eretum. Ogilvie 1965. 5 Francesco di Gennaro e Andrea Schiappelli (ceramica protostorica); Marco Rendeli, Roberta Cascino, Maria Teresa Di Sarcina, Marta Sansoni, Marta Solinas (ceramica orientalizzante e arcaica); Sergio Fontana, Alessandra Bousquet, Helga Di Giuseppe, Fabrizio Felici, Sabrina Zampini, Massimo Pentiricci, Franca Del Vecchio (ceramica romana e tardoromana), Enrico Cirelli e Helen Patterson (ceramica medievale). Occorre dedicare una nota anche alle partizioni cronologiche scelte. In accordo con gli specialisti dei vari periodi coinvolti nel progetto, si è preferito organizzare la distribuzione quantitativa dei dati non per secoli, come si usa fare nelle edizioni delle ricognizioni, quanto per periodi (all’incirca di 100 anni, ma non sempre) che rispecchiassero le produzioni del materiale ceramico e quindi non necessariamente corrispondenti all’inizio o alla fine di un secolo. È una scelta, chiaramente soggettiva, che vuole sfruttare al meglio le potenzialità informative delle principali fonti archeologiche a nostra disposizione e vuole soprattutto evitare un inconveniente sovente riscontrato nelle indagini quantitative applicate alle ricerche topografiche. Si nota infatti che, quando si ragiona per uno o più secoli – e si fa quest’ultima scelta in assenza di evidenze – si perdono di vista alcune tendenze e si attribuiscono fenomeni che riguardano specifici periodi ad archi cronologici molto più ampi (si veda ad esempio Cifani 2002, 250 e Fentress 2002, 62). e Settanta in Etruria meridionale e in parte della Sabina tiberina su una superficie di oltre 1.000 km 2 . Di questa ricognizione sono stati ristudiati interamente i materiali ad opera di 12 specialisti di ceramica protostorica, orientalizzante e arcaica, romana e medievale 5 e re- ________ ________ Abstract Rome’s vicinity, the presence of navigable rivers such as the Tiber and its main tributaries and the wide availability of natural resources made the middle Tiber Valley very attractive to the important Roman and Italic families. Beginning with the re-study of the South Etruria survey undertaken by the British School at Rome (the Tiber Valley project, conducted by Helen Patterson), I will attempt to analyse the birth and development of the “villa phenomenon” during the Republican period through an experiment which starts with the late Republican-early Imperial villas. A large percentage of these villas produce material which attests occupation of the site from as early as the Archaic period and sometimes from the Orientalizing period. I will aim to evaluate how and if “the behavior” of areas occupied by a villa, at some point in their history, differs from that of areas where farms have been identified and examine the historical reasons for these differences. The documentary base of this experiment is constituted by more than 900 villas identified in the middle Tiber Valley by topographical surveys (especially the South Etruria survey) and excavations. This data will be compared with that provided by recent excavations of the Suburbium villas of Rome.

Villae villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere · fondamentale per l’individuazione di una fattoria è legato ad una tendenziale minore capacità di sopravvivenza nel tempo

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Roman villas around the Urbs. Interaction with landscape and environment. Proceedings of a conference held at the Swedish Institute in Rome, September 17–18, 2004. Eds. B. Santillo Frizell & A. Klynne (The Swedish Institute in Rome. Projects and Seminars, 2), Rome 2005. www.svenska-institutet-rom.org/villa/

Premessa

Il progetto Valle del Tevere, coordinato dalla British School di Roma e condotto da Helen Patterson1, nasce con lo scopo di ripercorrere la storia del paesaggio tiberino dall’età protostorica a quella medievale in relazione alle vicende di Roma. Il progetto è stato presentato in molte sedi per cui non tornerò sull’argomento2. Occorre solo ricordare che l’area oggetto d’indagine è compresa tra Roma a Sud, Otricoli a Nord, i Monti Cimini e Sabatini ad Ovest e i Monti Reatini ad Est, con esclusione della fascia relativa al suburbio di Roma, dove sono in corso una serie di progetti di indagine topografica3 (Fig. 1).

La base documentaria del progetto Valle del Tevere è costituita prevalentemente dal South Etruria survey – mai interamente pubblicato4 – diretto da John Ward-Perkins e da molti altri studiosi anglosassoni tra gli anni Cinquanta

Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere*

HELGA DI GIUSEPPE

* Desidero ringraziare Helen Patterson per avermi concesso di pubblicare questo lavoro e per aver letto il mio testo, arricchendolo con utili suggerimenti. Inoltre la mia gratitudine va ad Andrea Carandini maestro “di ville” e a Felice Senatore per aver pazientemente discusso con me i risultati di questa ricerca. 1 Il lavoro principale è stato svolto da Robert Witcher e chi scrive grazie ad una Research Fellowship finanziata per tre anni dalla Leverhulme Trust Foundation.2 Patterson & Millett 1998; Patterson 2004, Patterson et al. 2004a, Ib. 2004b.3 Le indagini svolte dagli studenti della cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana dell’Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Scienze Umanistiche, sono dirette da Andrea Carandini in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Roma.

4 Tra le ricognizioni edite del South Etruria survey ricordiamo: Sutri. Duncan 1958. Veii, ager Veientanus e Faliscus. Ward-Perkins 1955; Id. 1961, Frederiksen & Ward-Perkins 1957; Kahane et al. 1968. South West of La Storta. Kahane 1977. The via Cassia & Clodia. Hemphill 1975. Ager Capenas. Jones 1962; Id. 1963. Eretum. Ogilvie 1965. 5 Francesco di Gennaro e Andrea Schiappelli (ceramica protostorica); Marco Rendeli, Roberta Cascino, Maria Teresa Di Sarcina, Marta Sansoni, Marta Solinas (ceramica orientalizzante e arcaica); Sergio Fontana, Alessandra Bousquet, Helga Di Giuseppe, Fabrizio Felici, Sabrina Zampini, Massimo Pentiricci, Franca Del Vecchio (ceramica romana e tardoromana), Enrico Cirelli e Helen Patterson (ceramica medievale). Occorre dedicare una nota anche alle partizioni cronologiche scelte. In accordo con gli specialisti dei vari periodi coinvolti nel progetto, si è preferito organizzare la distribuzione quantitativa dei dati non per secoli, come si usa fare nelle edizioni delle ricognizioni, quanto per periodi (all’incirca di 100 anni, ma non sempre) che rispecchiassero le produzioni del materiale ceramico e quindi non necessariamente corrispondenti all’inizio o alla fine di un secolo. È una scelta, chiaramente soggettiva, che vuole sfruttare al meglio le potenzialità informative delle principali fonti archeologiche a nostra disposizione e vuole soprattutto evitare un inconveniente sovente riscontrato nelle indagini quantitative applicate alle ricerche topografiche. Si nota infatti che, quando si ragiona per uno o più secoli – e si fa quest’ultima scelta in assenza di evidenze – si perdono di vista alcune tendenze e si attribuiscono fenomeni che riguardano specifici periodi ad archi cronologici molto più ampi (si veda ad esempio Cifani 2002, 250 e Fentress 2002, 62).

e Settanta in Etruria meridionale e in parte della Sabina tiberina su una superficie di oltre 1.000 km2. Di questa ricognizione sono stati ristudiati interamente i materiali ad opera di 12 specialisti di ceramica protostorica, orientalizzante e arcaica, romana e medievale5 e re-

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AbstractRome’s vicinity, the presence of navigable rivers such as the Tiber and its main tributaries and the wide availability of natural resources made the middle Tiber Valley very attractive to the important Roman and Italic families. Beginning with the re-study of the South Etruria survey undertaken by the British School at Rome (the Tiber Valley project, conducted by Helen Patterson), I will attempt to analyse the birth and development of the “villa phenomenon” during the Republican period through an experiment which starts with the late Republican-early Imperial villas. A large percentage of these villas produce material which attests occupation of the site from as early as the Archaic period and sometimes from the Orientalizing period. I will aim to evaluate how and if “the behavior” of areas occupied by a villa, at some point in their history, differs from that of areas where farms have been identified and examine the historical reasons for these differences. The documentary base of this experiment is constituted by more than 900 villas identified in the middle Tiber Valley by topographical surveys (especially the South Etruria survey) and excavations. This data will be compared with that provided by recent excavations of the Suburbium villas of Rome.

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6 La reinterpretazione è stata curata da Robert Witcher e chi scrive.7 Per tutte le ricognizioni prese in considerazione nell’ambito del progetto si veda Patterson et al. 2004a, Di Giuseppe c.s.a; Ead. c.s.b.8 Strutturato da Robert Witcher e attualmente implementato da Stephen Kay (Witcher & Kay c.s.).

tardorepubblicana, imperiale, tardoantica) e 1.127 fattorie. Sul rapporto tra queste due categorie d’insediamento, individuate sulla base dei criteri utilizzati nell’ambito del progetto, concentreremo la nostra attenzione. Più in particolare si analizzerà la nascita e lo sviluppo della villa in epoca repubblicana attraverso un esperimento e si tenterà di interpretare il pattern emerso alla luce delle recenti scoperte archeologiche che hanno riguardato il paesaggio degli insediamenti rurali nel suburbio di Roma. Al contrario non verranno discusse le ville di epoca imperiale e tardoantica oggetto di altri contributi9.

La definizione di fattorie e ville

Occorre a questo punto esplicitare i criteri adottati nell’esperimento effettuato, mettendo a confronto le ville con le fattorie, non prima però di avere precisato cosa intendiamo con i due termini.

Ai tempi del South Etruria survey le dimensioni delle aree di raccolta, oggi fondamentali per qualunque interpretazione tipologica degli insediamenti, venivano supplite dalle più generiche categorie di piccolo, medio

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9 Witcher c.s.________

Helga Di Giuseppe

interpretate le aree di raccolta6. Le evidenze emerse sono state, quindi, integrate con le altre innumerevoli ricognizioni e scavi effettuati sulle due sponde del Tevere nell’ultimo secolo7. Lo strumento principale di analisi, integrazione e interpretazione dei dati è stato un Geographical Information System (GIS)8.

Questo enorme corpo di dati, databili dall’età protostorica a quella medievale, offre considerevoli opportunità per analizzare l’evoluzione degli assetti territoriali, il rapporto tra città e campagna, le trasformazioni delle forme produttive e distributive, ma anche per valutare la nascita, lo sviluppo e il declino della villa in relazione al paesaggio tiberino inteso come hinterland di Roma.

Delle 5.000 evidenze attualmente documentate nell’ambito del progetto Valle del Tevere, circa 995 risultano essere ville (di cui 857 databili con precisione e le rimanenti solo genericamente: età repubblicana,

Fig. 1. Carta del progetto Tiber Valley, con le aree del South Etruria survey e delle indagini recenti della British School di Roma (elaborazione di Stephen Kay).

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11 Jones 1963, 149, fig. 18; Potter 1979, 124–125, fig. 36.12 Kahane et al. 1968, 153-157; Potter 1992, 645.13 Studiati da Will Clark.14 Studiati da Franca Del Vecchio.15 Studiati da Shawn Graham.16 Manacorda 2000, 132-133.17 Bousquet & Zampini 2003.

e grande (small, extensive, large site). La mancanza di informazioni relative alle dimensioni delle aree ci ha obbligati a sfruttare al massimo il potenziale informativo dei reperti ceramici (cronologia, funzione, status, rapporti quantitativi tra classi e forme, ecc.) raccolti o lasciati sul terreno (ma segnalati nelle schede), delle strutture murarie osservate, della collocazione topografica del sito e soprattutto della continuità di occupazione di un’area nel tempo.

Abbiamo usato il termine alquanto generico e puramente convenzionale di fattoria in riferimento a categorie di insediamenti modesti (i più diffusi) rispetto a dimore di status, quali possono essere le case aristocratiche nella fase pre-romana e le ville in quella romana. Dal punto di vista del materiale di ricognizione, le aree interpretate come fattorie sono testimoniate da quantità e soprattutto qualità del materiale fittile ed edilizio di gran lunga inferiori – ad esempio prevalenza di ceramica comune sulle classi fini – rispetto a quelle documentate per gli insediamenti di status che restituiscono, al contrario, a seconda dei periodi, materiali d’importazione, ceramica cerimoniale o altri beni di lusso di cui parleremo. Un altro aspetto fondamentale per l’individuazione di una fattoria è legato ad una tendenziale minore capacità di sopravvivenza nel tempo delle aree in cui abbiamo individuato le ville; dal punto di vista topografico, le aree con fattoria tendono a disporsi nelle vicinanze di aree occupate da ville.

Passando ad esempi concreti, per la fase pre-romana, laddove abbiamo individuato una fattoria abbiamo immaginato insediamenti di piccole dimensioni (dai 16 ai 40/50 m2 sulla base dei casi noti, vd. oltre), con pavimenti in terra battuta o lignei, elevati in materiale deperibile e tetti in tegole fittili o lignee (scandulae), altrimenti denominati casae e tuguria (Liv. 3.13; 3.26; 42.34; 5.53.8), di cui la ricerca archeologica sta restituendo numerose testimonianze (vd. oltre), uniti in villaggi o sparsi. Per la fase romana (repubblicana e imperiale) il termine fattoria indicherebbe, secondo i nostri criteri, ancora casae e tuguria – rimaste in uso in epoca repubblicana, imperiale e anche oltre10 – o più dubitativamente quelle che, in una fase avanzata dell’età repubblicana, vengono definite in modo vezzeggiativo o più spesso dispregiativo villulae (Cic., Ad Atticum 8.9.3; 8.13.2; 12.27; 16.6.2; Apul., Met., I.21). Abbiamo cioè immaginato, come per la fase precedente, dimore di modeste dimensioni, ma costruite ora con tecnica edilizia più evoluta, ad esempio con zoccoli in tufo o in muratura (a seconda del periodo), elevato in materiale deperibile, tetto in tegole fittili o lignee, con netta prevalenza di ceramica comune su quella fine e comunque assenza di elementi di lusso. Un esempio calzante è offerto dall’edificio di Monteforco (50 a.C.-30 d.C.) nell’ager Capenas, situato in un’area in cui sono stati rinvenuti a distanza regolare altri 5 edifici analoghi;

esso è composto da un unico ambiente rettangolare (ca. 56 m2), costruito con muri in opera reticolata, prospiciente una corte aperta dotata di dolia per l’immagazzinamento delle derrate alimentari o dell’acqua, edificio che non sopravvive oltre il II secolo d.C.11

L’individuazione di una villa segue, invece, criteri molto simili a quelli adottati dagli studiosi che ci hanno preceduto: riconoscimento di resti di strutture, materiali edilizi e di lusso12. La registrazione nelle schede di ricognizione della presenza di una basis villae, ad esempio, di un complesso termale, di una o più cisterne collegate a cuniculi, di ninfei, di un diverticolo spesso basolato, di un mausoleo, è un elemento sufficiente per individuare una villa sul territorio. Il potenziale del settore produttivo può essere testimoniato dalla presenza di macine granarie e olearie di manifattura locale o importate e da indicatori di fornaci, come scarti di cottura, forme ipercotte e distanziatori. Lo sviluppo della pars urbana è indicato da materiali di pregio come marmi – italici e importati13

– materiali edilizi non locali, vetri da finestra, tessere di pasta vitrea14, colonne, sculture, terrecotte architettoniche, intonaci e iscrizioni. La presenza di bolli laterizi15 può rappresentare un indicatore di per sé della presenza di una villa, che a volte, per motivi di visibilità, non emerge da altri indizi. Un mattone bollato, infatti, sia che si tratti di elementi di copertura acquistati da commercianti edili, sia che testimoni la presenza di una manifattura sul fundus, costituisce sempre una testimonianza del potenziale economico del proprietario, che è evidentemente dotato di un surplus tale da poter acquistare le tegole altrove o che fonda parte dell’economia della sua proprietà sulla produzione stessa di tegole e mattoni o sulla locazione del proprio fondo a produttori di tali manufatti16. La proporzione della ceramica fine da mensa rispetto a quella comune, nelle aree interpretate come ville, è di solito alta, anche se quest’ultimo dato non è dirimente vista la sua dipendenza dai criteri di raccolta e dalla visibilità al momento della ricognizione. Classi e forme vascolari utili per individuare impianti di un certo livello sono state, ad esempio, le ceramiche comuni utilizzate come vasi da fiore17 o i glirarii destinati all’allevamento dei ghiri, la cui carne era considerata pregiata presso i Romani (Varro, De re rust. 3.15). Ma è evidente che tutti questi indicatori vanno riferiti a ville di epoca tardorepubblicana e primoimperiale con un notevole sviluppo sia della pars rustica che urbana.

L’esperimento

Come possiamo, a questo punto, ripercorrere la storia delle ville di epoca precedente il momento del loro

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Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

10 Possiamo, ad esempio, citare la figura di Spurio Ligustino (primi decenni del II secolo a.C.) che era nato e vissuto in un tugurio (Liv. 42.34) e tutti gli altri passi di autori di epoca successiva che menzionano questo tipo di dimora (Plin., N.H. 16.14; Virg. Ecl. 1.69; Columell. De re rustica, 12.15.1; Festus, s.v. tugurium).

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massimo sviluppo a partire dai dati di ricognizione? L’impresa non è facile, in quanto gli imponenti impianti architettonici di epoca tardorepubblicana-primoimperiale hanno obliterato le tracce di eventuali occupazioni precedenti; inoltre la scarsa manifestazione del luxus in periodi anteriori il II secolo a.C.18 rende difficile il riconoscimento di una villa repubblicana dai soli dati di ricognizione. Dal momento però che un’area occupata da una villa nella media Valle del Tevere restituisce quasi

Fig. 3. Progetto Tiber Valley. Confronto tra l’insieme dei siti (aree di occupazione stabile: capanne, fattorie, ville, high status settlement, abitati ecc.) e aree che in epoca tardorepubblicana-primoimperiale sono ville.

Helga Di Giuseppe

Fig. 2. Grafico delle ville di età tardorepubblicana-primoimperiale che restituiscono materiali sia delle epoche precedenti che seguenti; es. l’1,8% delle ville tardorepubb

sempre alcuni indicatori ceramici di una presenza umana più antica (età orientalizzante-repubblicana) o successiva (periodo tardoantico e altomedievale) nelle proporzioni mostrate dal grafico (Fig. 2), vale la pena, in assenza di scavi, effettuare un esperimento che si concentri proprio sulle ville tardorepubblicane/primoimperiali – quelle individuabili con maggiori certezze – per cercare di capire con uno sguardo retrospettivo quale sia stato il destino dell’area prima che vi sorgesse questo tipo di struttura. Questo approccio darà maggiori risultati se mettiamo a confronto il comportamento delle aree che hanno ospitato insediamenti (di qualunque natura siano:

18 Per il passaggio dalla villa frugale a quella di lusso Carandini 1988, 49.

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mezzo, i momenti di crescita delle aree che diventeranno ville sono progressivi e costanti; in altre parole, il paesaggio dei siti generici sembra fare maggiore fatica a riprendersi dopo ogni momento di collasso rispetto a quello delle future ville, che invece sembrano risorgere di volta in volta più numerose, come se dopo i momenti di crisi o trasformazione si rafforzasse la fascia sociale più ricca, ma vedremo come questo dato generico vada sottoposto ad un’analisi critica, diversificata nelle singole zone.

Soffermandoci sui siti di maggiore rilevanza che saranno occupati da ville in epoca tardorepubblicana-primoimperiale, osserviamo (Fig. 4) che in Etruria meridionale il numero di queste ultime cresce in modo esponenziale a partire dall’Orientalizzante medio (680-630 a.C.) fino all’epoca arcaica (580-480 a.C.); la tendenza si inverte bruscamente in età classica/altorepubblicana (480-350 a.C.), con un notevole calo e cambia di nuovo in età mediorepubblicana (350-250 a.C.), quando il numero delle aree che diventeranno ville superano quelle di epoca arcaica. Inoltre la continuità degli insediamenti cresce tra l’Orientalizzante antico (680-630 a.C.) e l’età arcaica (580-480 a.C.), diminuisce notevolmente in epoca alto (480-350 a.C.) e mediorepubblicana (350-250 a.C.), per riprendere a crescere senza più interruzioni dall’epoca mediorepubblicana a quella medioimperiale (dal 250 a.C. al 250 d.C.), dato che sottolinea un progressivo aumento degli investimenti sul territorio e, probabilmente, i momenti in cui i materiali e le tecniche costruttive impiegate nell’edilizia domestica vanno perfezionandosi e migliorando in qualità, conferendo alle dimore una capacità di resistenza all’usura del tempo sempre maggiore.

Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

Fig. 4. Progetto Tiber Valley. Aree che in epoca tardorepubblicana-primoimperiale sono ville nel campione rappresentato dalle indagini del South Etruria survey. Continuità: siti che continuano dall’età precedente. Possibile continuità: siti che presentano una cesura nella continuità di occupazione. Novità: siti occupati per la prima volta. Abbandoni: siti dell’età precedente che risultano abbandonati.

19 Manacorda 2004.20 Le aree sono state individuate dagli studiosi inglesi attraverso il sistema delle coordinate IGM (Istituto Geografico Militare).

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capanne, fattorie, high status settlement ecc.), che ad un certo punto della loro storia sono diventati ville, con quelle che hanno ospitato fattorie che in nessun momento si sono evolute in qualcosa di più importante. Osservare la diversità o la similarità comportamentale di questi insediamenti nel tempo, oltre che registrare la diversa distribuzione di classi e forme ceramiche particolari, sono criteri che possono aiutarci a gettare luce sulla questione delle ville, anche se solo attraverso semplici tendenze, vista la natura delle fonti archeologiche a nostra disposizione.

Il presente lavoro sarà quindi incentrato sull’esegesi dei dati numerici, essendo i numeri entrati ormai a buon diritto a far parte del novero delle fonti utilizzabili per le ricostruzioni storiche19 e essendo quello quantitativo un campo non ancora sufficientemente praticato, ma che ha, come vedremo, notevoli potenzialità informative nella ricostruzione dei paesaggi antichi.

Passando ai dati archeologici (Fig. 3), una prima osservazione scaturisce dal grafico che mette a confronto le aree di materiali20 in cui abbiamo individuato dei siti (aree di occupazione stabile: capanne, ville, fattorie, abitati, high status settlement, ecc.), con quelle che ad un certo punto della loro storia vengono certamente occupate da una villa. È interessante notare che l’andamento delle future ville – si tratta di aree che hanno una lunga continuità di vita, con momenti di discontinuità – è solo apparentemente simile a quello dei siti in generale. Una differenza sostanziale si può cogliere tra l’età arcaica e quella repubblicana-primoimperiale. Mentre per quanto riguarda l’età arcaica il grafico generico dei siti rivela un picco di presenze che verrà superato solo in epoca primoimperiale con diversi momenti di up and down in

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21 Di Giuseppe & Witcher 2004a, 7.

I periodi che vanno dal 350 al 250 e dal 150 a.C. al 100 d.C. sono anche quelli in cui si registra il maggior numero di siti nuovi (siti che nascono ora per la prima volta) e il minor numero di abbandoni, evidentemente grazie a condizioni politiche, economiche e sociali favorevoli all’investimento di capitali sul territorio. L’epoca medioimperiale (100-250 d.C.), infine, è quella che registra la maggiore stabilità dell’assetto raggiunto nei periodi precedenti, caratterizzandosi per l’alta continuità di occupazione delle ville, con pochissime nuove fondazioni e l’inizio di un processo di abbandono che porterà alla formazione del paesaggio tardoantico.

Ma vediamo ora come è possibile articolare meglio la storia del paesaggio tiberino e quali possono essere le ragioni che hanno determinato la formazione di un simile quadro.

Le premesse della nascita della villa (età arcaica-mediorepubblicana)

La crescita dei siti del VI secolo a.C. (Fig. 3) è un fenomeno ormai riconosciuto in diverse aree dell’Etruria meridionale indagate topograficamente21 e viene concordemente riferita dagli studiosi che accettano la veridicità dei racconti tradizionali alla temperie generata in aree limitrofe all’ager Romanus dalle assegnazioni

attribuite a Servio Tullio, grazie alle quali fu creata un’ampia fascia di piccoli proprietari terrieri22.

Se guardiamo al grafico (Fig. 5) che mostra il rapporto tra fattorie e aree che diventeranno ville in Etruria meridionale notiamo in epoca arcaica (580-480 a.C.) la convivenza tra un gran numero di dimore di modeste dimensioni (fattorie) e un discreto numero di siti che diventeranno ville. Il rapporto è di circa 1 futura villa ogni 2 fattorie. È evidente che non potendo sapere che tipo d’insediamento si trovi in questa fase in un’area che verrà occupata da una villa siamo obbligati a pensare che il rapporto potrebbe essere, ad esempio, anche di 1 fattoria ogni 2 fattorie, ma quello che ai fini del nostro ragionamento sembra interessante è che tra queste una continuerà a vivere così a lungo da diventare in età tardorepubblicana/imperiale una villa, mentre le altre due non lo diventeranno, ed è proprio questo aspetto che merita una riflessione. Condizioni geografiche e climatiche ottimali dei luoghi in cui sorgono queste strutture, impianti architettonici di un certo rilievo e impiego di buon materiale edilizio da parte di famiglie facoltose sono fattori che possono aver determinato la lunga continuità di vita di alcune dimore rispetto ad altre. Va inoltre sottolineato a sostegno della

Fig. 5. Progetto Tiber Valley. Confronto tra i siti interpretati come fattorie e quelli che sono ville in età tardorepubblicana-primoimperiale. Quantificazioni effettuate con i dati del South Etruria survey e delle altre ricognizioni condotte nell’area del progetto. A destra i siti che si possono datare solo genericamente.

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Helga Di Giuseppe

22 Quilici 1974, Ampolo 1988, 218-231; Colonna 1990; Quilici & Quilici Gigli 1993, 469; Cornell 1995, 173–179. D’Alessio 2004, 227. Non va inoltre trascurata la tradizione letteraria in alcuni casi messa in discussione, ma recentemente rivalutata che considera il VI secolo a.C. un periodo di crescita demografica: Coarelli 1988, 318, nota 3; Lo Cascio 2000, 28.

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23 Bedini 1990, 172-173; Cifani 2002, 251–252, fig. 12.24 Cifani 1998, 53-54; Id. 2002, 252.25 Carandini et al. 1997; Cifani 1998, 54; Id. 2002, 252, fig. 14; Ricci & Terrenato 1998; Terrenato 2001; D’Alessio 2004; Carandini et al. c.s.26 Menichetti 1988, 120, fig. 43.27 Carandini et al. 1997; Terrenato 2001, 7; va rilevato tuttavia che la distribuzione del materiale mostra già in questa fase la diversa funzione dei vani: Carandini et al. c.s.28 Cifani 1998; Id. 2002, 253, fig. 17.

29 Carandini et al. 1997; Ib. c.s.; Terrenato 2001, 8–9.30 Cifani 1998, 55, nota 27; Id. 2002, 254. 31 Cifani 1998, 55, note 28–29.32 Carandini 1988, 45.33 Coarelli 1997, 65, 165–169, 171; D’Alessio 2004, 227. Sul termine villa Lafaye 1907, 870.34 Bedini 1984, 90; Cifani 2002, 251.35 Attolini & Perkins 199236 Casupole con l’aspetto di capanne sono state individuate in diverse località del suburbio di Roma, ad esempio nel territorio di Fidene (di Gennaro et al., comunicazione convegno, Suburbium II, Ecole Française de Rome, febbraio 2005), nell’ager Veientanus (Rossi et al. 2005, ibid.), nel territorio tra Laurentina e corso del Tevere (Buccellato et al. 2005, ibid.), sul pianoro di Centocelle (Bettelli 2004).

nostra ricostruzione, che una buona percentuale di queste aree che diventeranno ville presenta classi ceramiche e forme vascolari di epoca orientalizzante e arcaica, che, per qualità e scarsa distribuzione sul territorio, possono essere a buon diritto considerate segni di un certo status. Si fa riferimento in particolare alla ceramica attica, etrusca a fascia, etrusco-corinzia, italo-geometrica, a forme tipiche del banchetto aristocratico e delle pratiche rituali, come kantharoi, skyphoi, kylikes, calici, vasetti miniaturistici, materiali che nel loro insieme, oltre ai rari rinvenimenti di terrecotte architettoniche, possono indicare la presenza di un insediamento “speciale”, che abbiamo definito high status settlement, ovvero un’area che può aver ospitato una dimora dell’élite con culti domestici.

Purtroppo non abbiamo scavi estensivi nell’area tiberina che mostrino la tipologia di questi edifici di carattere elitario, in grado di sopravvivere nel tempo o di distinguersi rispetto alla media delle dimore coeve che non restituiscono gli stessi reperti, ma possiamo rifarci ad altri casi indagati in area laziale ed etrusca, come ad esempio quelli dell’Acqua Acetosa Laurentina23, di Grottarossa24 e dell’Auditorium di prima fase25, nel suburbio di Roma e di Acquarossa, nel viterbese26, appartenenti per dimensioni (da 120/300 m2 fino a 700 m2), posizione, impegno architettonico, materiali rinvenuti e, in alcuni casi, lunga continuità di vita, alla categoria degli edifici elitari – che non vuol dire necessariamente di carattere aristocratico – caratterizzati da file di ambienti aperti su un’ampia corte.

Nella sua prima fase di seconda metà del VI secolo a.C., l’edificio dell’Auditorium non è ancora una villa, in quanto costituito da file di ambienti che circondano un cortiletto centrale, in cui la distinzione tra parte di servizio e parte residenziale non è ancora evidente27. Si tratta comunque già di un edificio di un certo decoro, di dimensioni superiori (300 m2) a quelle documentate in siti coevi28; esso viene costruito con zoccolo in scaglie di tufo, elevato verosimilmente in argilla, tetto in tegole e pavimenti in terra battuta ed è caratterizzato dalla presenza di ceramica d’importazione, luoghi di immagazzinamento e di attività domestiche (forno da pane, cucina), elementi che lasciano pensare che sia appartenuto ad individui benestanti, dotati di possibilità economiche e forse anche di un minimo prestigio sociale. Nella sua fase di prima metà V secolo a.C., invece, le aumentate dimensioni della struttura (ca. 700 m2), la distinzione tra parte rustica e residenziale ormai chiara, il rinvenimento di attrezzi agricoli, di un torchio oleario, di un piccolo ambiente di culto, oltre che l’intero impianto

architettonico, e l’aggiunta, nelle immediate vicinanze, di un villaggetto articolato in ambienti abitativi e spazi produttivi (in cui sono presenti fosse per la decantazione dell’argilla, fornaci ecc.) hanno spinto coloro che l’hanno studiato a ritenere che il complesso dell’Auditorium fosse una villa a tutti gli effetti29.

L’esistenza di una simile struttura, del resto, nel V secolo a.C. non dovrebbe stupire, se consideriamo che Livio (2.23.5, 2.26.3, 2.62.4, 2.63.2, 4.49.2, 5.12.5, 5.26.4, 7.30.15, 7.39.14, 7.42.4, 10.11.6) ricorda distruzioni di ville in area sabina, veiente, capenate, falisca, volsca e romana a proposito di avvenimenti di V-III secolo a.C.30. Se è vero che l’uso del termine villa non appare casuale, visto che nello stesso contesto storico l’autore fa riferimento anche a casae e tuguria per indicare altri tipi di abitazione (Liv. 3.13.10, 3.26.9, 5.53.8)31, non possiamo trascurare la possibilità che si tratti di un modernismo. Plinio (N.H. 19.50), ad esempio, riporta che il termine villa non era menzionato nelle leggi delle XII Tavole32, mentre Festo (102, Müller) asserisce che gli antichi chiamavano la villa hortus, il che potrebbe voler dire che strutture assimilabili a ville esistevano, ma venivano chiamate in altro modo. Va inoltre ricordata l’ipotesi di interpretare la villa publica, risalente al 435 a.C., in Campo Marzio, come la dimora rurale dei Tarquini nell’ager Tarquiniorum, in contrapposizione alla domus publica nel Foro Romano, intesa come dimora urbana della stessa famiglia33. Dobbiamo comunque sottolineare, almeno fino a quando non si avranno un numero di scavi maggiori, che l’apparizione di strutture assimilabili a ville, come quella dell’Auditorium, in epoca tardoarcaica appare essere un fenomeno ancora ai suoi albori.

Oltre che gli edifici ampi e stabili, costruiti con buon materiale e discreta tecnica edilizia, sottoposti spesso a saccheggi, il paesaggio di questa fase è caratterizzato anche da dimore più modeste che dovevano essere costituite da strutture capannicole, di forma pressoché rettangolare, con elevato in materiale deperibile, tetto in tegole o in legno, di modeste dimensioni (dai 16 ai 100 m2), sul modello del Torrino prima fase34, di Tartuchino prima fase35, o di molti altri casi di cui cominciamo ad avere notizia nel Lazio36. Questo tipo di strutture sembra rimanere in uso certamente fino al IV secolo a.C. e probabilmente anche oltre.

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Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

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Fig. 6. Media ponderata di tutti i materiali databili rinvenuti nella villa dell’Auditorium, lungo la via Flaminia (per la procedura adottata si veda Terrenato & Ricci 1998).

Dopo il boom insediativo del VI secolo a.C., il paesaggio subisce un’apparente momento di crollo (Fig. 3), compreso tra gli inizi o più probabilmente la metà del V e la metà circa del IV secolo a.C., periodo durante il quale avvengono profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche. Sia le fattorie che le future ville smettono di essere visibili agli archeologi e non è del tutto chiaro se questo dipenda da un problema di cronologie dei reperti ceramici, da un impoverimento della cultura materiale o se si tratti di una vera e propria flessione del popolamento37. Certo è che in questo lasso di tempo si registra, per quanto riguarda le future ville ma non solo, il maggior numero di abbandoni, superato leggermente solo da quello della prima metà del II secolo a.C., e il minor numero di nascita di nuovi insediamenti (Fig. 4). Va comunque sottolineato il fatto che il calo delle fattorie appare molto più drastico, in quanto in questa fase ne documentiamo solo 1/4 rispetto a quella precedente, mentre delle future ville ne sopravvive circa 1/3 (Fig. 5).

Un simile quadro trova giustificazione in una serie di gravi avvenimenti che tormentano Roma e il suo territorio tra il V e il IV secolo a.C. È il periodo questo in cui le leggi delle XII Tavole si pronunciano contro l’ostentazione del lusso38; carestie, epidemie e inondazioni del Tevere affliggono l’area per tutto il V e anche parte del IV secolo a.C. (492, 440, 433 e 411 a.C.)39. Nel V secolo si verifica la cosiddetta serrata del patriziato, in occasione della quale si assiste ad un rinnovato potere delle famiglie aristocratiche che aspirano a recuperare il controllo della terra a danno dei piccoli proprietari40. La stabilità di Roma è messa quindi a dura prova dalle lotte tra patrizi e plebei

durate più di un secolo; il sacco perpetrato dai Galli inoltre, se non distrugge la città, come l’annalistica ci trasmette, rappresenta certamente un notevole trauma per essa41. Sempre in questa fase Roma avanza per ampliare il proprio territorio sulla spinta della fame di terra dei plebei e conquista progressivamente Veio (396), Capena (396), Nepi e Sutri (390/389), proseguendo fino agli inizi del III secolo con la Sabina (290 a.C.) e Falerii Veteres (241), avvenimenti che dovevano rendere la situazione delle campagne estremamente incerta.

Dopo la sconfitta di Veio del 396 a.C. vennero istituite quattro nuove tribù (Stellatina, Tromantina, Sabatina e Arniensis), e assegnati lotti di 7 iugera (poco meno di due ettari) di terreno a quanti tra Fidenti, Capenati e Falisci erano passati dalla parte di Roma (Liv. 5.30.8). La portata di queste assegnazioni non è immediatamente leggibile, visto il calo insediativo, ma bisogna immaginare che i nuovi assegnatari si siano insediati sul territorio con scarsissimi mezzi, vivendo in un tugurio o comunque in abitazioni che non hanno lasciato grandi tracce. Nonostante queste condizioni di povertà dobbiamo sottolineare la presenza di un discreto numero di aree che diventeranno ville (47), rimaste in vita dall’età arcaica e un gruppetto (4) di nuova fondazione (Fig. 4). In questi casi si potrebbero vedere pochi proprietari in possesso di “capitali”, in grado di continuare a mantenere in vita una dimora più antica, magari ampliandola, o di realizzarne una nuova più ricca. È emblematico a questo proposito proprio il caso della villa dell’Auditorium che, agli inizi del V secolo a.C., viene ricostruita in forme monumentali42,

37 Di Giuseppe & Witcher 2004a, 5–13.38 Colonna 1977, 155-165; Id. 1988, 493; Id. 1990, 9–11.39 Liverani 1984; Marcone 1997, 114.40 Cornell 1995, 266–267; Carandini et al. 1997, 11–118; Ib. c.s.; Terrenato 2001, 17; Carafa 2004, 52; D’Alessio 2004, 227–228.

41 Coarelli 1988; Cornell 1995, 256–257.42 L’ampliamento della villa dell’Auditorium di seconda fase (500-300 a.C.), rispetto alla fattoria (550-500 a.C.), viene messo in relazione con la “serrata patrizia” che avrebbe determinato l’accentramento della proprietà nelle mani degli aristocratici a scapito dei piccoli possidenti: Carandini et al. 1997, 11–118, Ib. c.s.; Carafa 2004, 52; D’Alessio 2004, 227–228.

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Helga Di Giuseppe

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43 Carandini et al. c.s.44 Ward-Perkins 1955 e Id. 1961.45 Hemphill 1975.46 Ward-Perkins 1955 e ricognizione inedita di T. Potter.47 Jones 1962, Id. 1963.48 Capena 1995.49 Andreussi 1977.50 Muzzioli 1980.51 Ogilvie 1965.52 Kahane et al. 1968.53 Kahane 1977.54 Per l’incidenza di queste classi negli insediamenti del South Etruria survey Di Giuseppe et al. c.s. Per una valutazione dei siti della stessa ricognizione con materiale di epoca repubblicana Celuzza & Regoli 1982.

55 Guzzo 1982; Torelli 1990, 126, nota 19; Russo Tagliente 1992, 183–186 e 243.56 Russo Tagliente 1992, 173–181 e 269–270; Russo 1996, 85–87.57 Russo Tagliente 1992, 172; Ead. 1999, 115.58 Russo 1992, pp. 31–32. 59 Widrig 1980; Widrig 1987. Definita all’inizio fattoria, questa struttura mostra fin dalla sua prima fase i caratteri della villa: Carandini 1989, 161; Marcone 1997, 131–132.60 Carandini et al 1997, Terrenato 2001, 9–10; Carandini et al. c.s.; D’Alessio & Di Giuseppe in questo volume.61 Coletti & Pacetti 2004; 395–402; Volpe 2004, 451–457.62 Panella & Pompilio 2003; Ib. 2004.63 Ricci 2002.64 Ad esempio nel settore orientale del suburbio lungo la via Latina: Egidi 2005. A questo proposito si veda anche Musco & Zaccagni 1985; Volpe 2000, 187–194.65 Carandini 1979, 185-188; Gabba 1988.66 Gabba 1988, 19.

come già accennato, ma che per tutto il corso dello stesso secolo e buona parte di quello successivo mostra segni di una minore intensità di occupazione. Piccoli sacrifici d’abbandono, tracce d’incendio, crolli di parti di tetto e di murature documentati in alcuni vani, oltre ad un significativo calo del materiale registrato tra la fine del VI e la metà del IV secolo a.C. (Fig. 6)43 sembrerebbero riflettere quel più ampio malessere riscontrato nell’intera area tiberina nel medesimo periodo.

L’inversione di tendenza si verifica tra la seconda metà/fine del IV secolo e la prima metà del III secolo a.C. e dal punto di vista delle evidenze di ricognizione anche lo sviluppo delle aree che diventeranno ville risulta in questa fase particolarmente riconoscibile (Figg. 2-3). In seguito al nostro riesame, questo fenomeno si nota soprattutto nelle aree indagate con i surveys seguenti: Via Veientana44, Via Cassia & Clodia45, ager Faliscus meridionale46, ager Capenas (South Etruria47 e Regione Lazio48), Vicus Matrini49 per quanto riguarda l’Etruria, ager Curensis50 e Eretum51 (Fig. 7) per quanto riguarda la Sabina, ovvero quelle aree il cui territorio non risulta densamente popolato in epoca arcaica. Laddove, al contrario, esisteva una forte tradizione dell’insediamento territoriale, anche elitario, già in epoca arcaica, lo sviluppo di strutture che diventeranno ville nella prima metà del III secolo a.C. non riuscirà a superare i livelli già molto alti raggiunti in epoca arcaica: è il caso dell’ager Veientanus52 e della zona a Sud-Ovest della Storta53 (Fig. 8). Va sottolineato anche in questo caso, come per l’epoca arcaica, che varie delle aree che diventeranno ville restituiscono ceramiche fini, databili all’epoca mediorepubblicana – ceramica a vernice nera sovradipinta, vernice rossa, etrusca a figure rosse, depurata che per qualità e scarse attestazioni rispetto alla più diffusa ceramica a vernice nera possono essere considerate indicatori di un certo status. Per quanto labili e da trattare con la dovuta cautela, questi indizi possono segnalare la presenza di una dimora elitaria, forse una villa, già alla fine del IV-III secolo a.C.54

Il periodo compreso tra la fine del IV e il III secolo a.C., anche in altre aree dell’Italia antica, è il momento della nascita di strutture molto articolate, a volte dotate di torri d’avvistamento, di piccoli santuari domestici e di fornaci, veri e propri punti di riferimento per il territorio in cui si collocavano, come è il caso degli edifici di Montegiordano

tra Eraclea e Turi55, del Moltone di Tolve56, di Tolve-Valle di Chirico57 e di Mancamasone58, in Basilicata, per fare solo alcuni esempi.

Nello stesso periodo in area laziale possiamo ritrovare la tipologia delle ville nei casi scavati della via Gabina periodo 2 (III secolo a.C.)59, di ca. 600 mq, in quello dell’Auditorium periodo 3 (300-225 a.C.), di ca. 700 mq, che ora si presenta totalmente ricostruito e ristrutturato dopo il periodo di momentanea “crisi”60, nella villa della Piscina periodo 1 (III secolo a.C.?), di ca. 900 mq, sul pianoro di Centocelle61, in quella di Colli di Enea presso Lavinium (fine IV-inizi III secolo a.C.), di ca. 400 mq62 e infine, forse, nell’edificio individuato in viale Tiziano, non lontano dall’Auditorium, fase mediorepubblicana (III secolo a.C.), di ca. 700 mq, in cui sono stati individuati indicatori di manifattura tessile63. Va inoltre ricordata una serie innumerevole di insediamenti di III secolo a.C., indagati di recente nel suburbio di Roma e interpretati come ville catoniane64.

Non è possibile affrontare in questa sede il complesso argomento legato alla villa catoniana, che prende il nome dall’autore antico che ne ha descritto dettagliatamente le caratteristiche (Catone, De agricultura), nel corso della prima metà del II secolo a.C. Tuttavia sembra essere opinione comune che la villa catoniana, caratterizzata sul piano architettonico da una pianta compatta e da ambienti distribuiti intorno ad un atrio, ubicata al centro di fondi medio-grandi in cui si praticano colture specializzate e condotta da un tipo di gestione basato sul lavoro schiavile, non sia nata con Catone, ma in epoca precedente, in forme ovviamente meno evolute e che quest’epoca possa essere proprio la prima metà del III secolo a.C., quando si creano le condizioni che permetteranno la costruzione di simili impianti65. In questa fase la conquista dell’Etruria e della Sabina può dirsi conclusa; i Romani, come ricorda Fabio Pittore (Strab. V.3.1 = fr. 20 Peter = FGrHist 809 F 27) “…presero conoscenza della ricchezza (dei vantaggi della ricchezza) per la prima volta allora quando si impadronirono di questa popolazione (e del suo territorio)”66 in riferimento alla conquista della Sabina nel 290 da parte di Manio Curio Dentato.

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Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

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Fig. 7A. Progetto Tiber Valley. Confronto tra diverse indagini di ricognizione (South Etruria survey, Regione Lazio, Forma Italiae, ecc.) reinterpretate nell’ambito del progetto. Sull’asse delle ascisse a destra i siti che possono essere datati solo genericamente. In grigio i siti che diventano ville in epoca tardorepubblicana-primoimperiale, in nero i siti interpretati come fattorie.

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Fig. 7B.

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In seguito alla conquista, infatti, si procedette, oltre che ad un’assegnazione viritana, anche ad una venditio quaestoria, pari a 50 iugera di terreno, destinati a coloro che erano in possesso di capitali, ovvero i senatori67. Più che di una vendita si trattava di enfiteusi, in altre parole di un possesso perpetuo e ereditario di terra dietro il pagamento di un vectigal, terra la cui proprietà rimaneva allo Stato68. In questo panorama non è forse un caso che figure come quelle di Gaio Fabrizio, Manio Curio Dentato e Marco Attilio Regolo (prima metà del III secolo a.C.), vengano nostalgicamente citate come esempi di notabili

legati ancora ai loro campicelli e a un modello di vita modesto, in un momento in cui tali condizioni erano ormai superate69. L’assegnazione o vendita di 50 iugera di terreno permetteva di fare un salto qualitativo enorme ad una parte della società romana, creando le basi per un’ampia proprietà, in una fase in cui le assegnazioni più diffuse si attestavano sui 7 iugera, dimensioni che vennero mantenute anche in tempi più recenti, essendo considerato pericoloso per lo Stato romano che un individuo possedesse una quantità di terra superiore70.

67 Cassola 1968, 93; Muzzioli 1975; Ead. 1980, 38–39; Ead. 1985, 48; Gabba 1988, 23, Id. 1990a, 13; Hermon 2001, 192–

193 e da ultimo Di Giuseppe et al. 2002, 114–118, 122–125 e Sternini 2004, 23.68 Vd. nota precedente.

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69 Cassola 1968, 101; Gabba 1988, 20.70 Marcone 1997, 111.

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Fig. 7C.

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Fig. 8. Progetto Tiber Valley. Confronto tra diverse indagini di ricognizione (South Etruria survey, Regione Lazio, Forma Italiae, ecc.) reinterpretate nell’ambito del progetto. Sull’asse delle ascisse a destra i siti che possono essere datati solo genericamente. In grigio i siti che diventano ville in epoca tardorepubblicana-primoimperiale, in nero i siti interpretati come fattorie.

Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

Lo sviluppo della villa (età medio e tardorepubblicana)

Tra il 250 e il 150 a.C. si registra un notevole calo degli insediamenti o della loro visibilità (Fig. 3). È questo un risultato fortemente legato alle cronologie della ceramica a vernice nera, ma non solo, e soprattutto alle ceramiche a vernice nera prodotte negli ateliers des petites estampilles

tra il 310 ca. e il 265 a.C. secondo le cronologie fornite da J.P. Morel71. Anche se immaginiamo che l’uso di questo vasellame si sia protratto per buona parte del III secolo a.C., come si va ormai riconoscendo da più parti72, il calo

71 Morel 1969; Id. 1981, 48.72 Py 1990, 85; Id. 1994, 258 e 264; Principal-Ponce, 1998, 43; Di Giuseppe 2005.

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si sposta verso la fine del III, ma rimane comunque tale. Anche in questo caso, come detto per il precedente vuoto insediativo, non è chiaro se si tratti di un calo demografico o di una crisi economica che riduce, tra gli altri effetti, l’accessibilità al vasellame fittile e quindi la visibilità che per noi archeologi è rappresentata principalmente dalla presenza di materiale ceramico in un’area73 (Fig. 9).

Gli eventi storici che interessano questa zona ci portano a credere che entrambe le situazioni si siano verificate. La necessità di far fronte alla guerra annibalica sottrasse migliaia di braccia alla terra entro un arco di 50 miglia da Roma74; la stessa paura generata dall’arrivo di Annibale provocò uno spostamento massiccio degli abitanti del contado verso Roma, tanto che nel 206 a.C. il senato diede l’incarico ai consoli di obbligare tutti a tornare nelle loro sedi (Liv. 28.11.8-9)75; un altro provvedimento del 210 a.C., forse non attuato, stabiliva il trasferimento di Capuani nei territori veienti, sutrini e nepetini (Liv. 26.34.10), fatto che implica la disponibilità di spazi liberi ancora alla fine del III secolo a.C.76. Non bisogna inoltre trascurare i massicci spostamenti di popolazioni dalle aree del centro-sud verso il nuovo miraggio rappresentato dalla Cisalpina, dove furono allocati circa 100.000 coloni romani e italici, episodi che evocano la fame di una migliore qualità della terra, rispetto a quella cui i contadini del centro Italia erano abituati77. Tutti questi

indizi possono in qualche modo essere collegabili al quadro di spopolamento che emerge dal riesame dei dati di ricognizione78.

È da notare la crescita delle future ville rispetto alle fattorie (Fig. 5). Se in epoca arcaica (580-480 a.C.) avevamo registrato un rapporto di 1:2, ovvero 1 area che diventerà villa ogni 2 fattorie, la situazione cambia nel corso della “crisi” che abbiamo individuato tra il 480 e il 350 a.C., quando il numero dei due tipi di insediamenti si equipara e tra il 350 e il 250 a.C., quando il numero delle future ville diventa per la prima volta superiore a quello delle fattorie. Tale tendenza si esaspera in corrispondenza della fase successiva (250-150 a.C.), quando troviamo una situazione completamente ribaltata in favore delle future ville, che vengono a costituire ora il doppio delle fattorie, quadro che permane fino alla tarda Repubblica (150-31 a.C.). Il paesaggio torna ad essere popolato da ville e fattorie in proporzioni favorevoli a queste ultime solo in età primoimperiale. In altre parole sembrerebbe che a partire dalla media Repubblica il numero delle future ville tenda a crescere a scapito di quello dei siti minori fino ad equipararsi e a diventare numericamente superiore. Il fenomeno è meglio visualizzato se guardiamo le singole indagini su entrambe le sponde del Tevere, dove nella media e tarda Repubblica il numero delle aree che verranno occupate da ville supera sovente quello delle fattorie: è il caso della Via Veientana, Via Cassia & Via Clodia, dell’Ager Capenas (South Etruria e Regione Lazio), ager Curensis, Eretum (Fig. 7), Ager Veientanus e South & West of la Storta (Fig. 8).

Prima di procedere ad affrettate conclusioni bisogna anche considerare la possibilità che i dati non riflettano una situazione reale, ma piuttosto dipendano da un

73 Di Giuseppe & Witcher 2004b, 13–17.74 Liverani 1984, 46; Coarelli 1998, 34.75 Sull’argomento e sul sovraffollamento di Roma con le conseguenze che ne seguirono Hopkins 1978; Carandini 1979, 189; Morel 1989, 494 ss.; Gabba 1989, Id. 1994, 63–65; Lo Cascio 1999, nota 1. Per un punto sulle diverse posizioni degli studiosi riguardo l’incidenza della seconda guerra punica. Pucci 1985.76 Liverani 198477 Gabba 1990b, 73–75.

78 Per una valutazione dei dati in questo periodo Di Giuseppe & Witcher 2004b, 13–17.

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Fig. 9. Progetto Tiber Valley. Confronto tra i siti che in epoca tardorepubblicana-primoimperiale sono ville (scala a sinistra) e la media ponderata dei materiali databili ivi rinvenuti (scala a destra).

Helga Di Giuseppe

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metodo di raccolta che tende, almeno nelle ricognizioni passate, a privilegiare la documentazione delle ville, più visibili, rispetto alle semplici aree di materiali, che offrono informazioni sui piccoli insediamenti. Ma, in difesa del South Etruria survey, va detto che la consapevolezza che aree di materiali poveri potessero testimoniare la presenza di fattorie79 ha fatto sì che queste venissero documentate con particolare cura.

È anche utile ricordare a questo proposito una piccola ricognizione effettuata dalla British School e coordinata Robert Witcher e chi scrive in un’area campione a Sud di Cures Sabini80. Anche da questa indagine recente, svolta riservando un’attenzione particolare ai siti minori, risulta la tendenza alla crescita delle aree che diventeranno ville a scapito delle fattorie, soprattutto a partire dalla fase compresa tra il 250 e il 150 a.C. (Fig. 10).

A questo punto è difficile resistere alla tentazione di credere che quelle che abbiamo chiamato finora “future ville” fossero già ville, o comunque insediamenti di un certo rilievo, anche nelle epoche precedenti il II secolo a.C., tanto da giustificare la lunga continuità di occupazione nel tempo e la loro crescita a scapito delle fattorie. Se accettiamo questa lettura delle tendenze emerse in molte ricognizioni effettuate da studiosi di diversa formazione in aree e momenti distinti è altrettanto inevitabile attribuirle alla crescita progressiva della grande proprietà a scapito della piccola, crescita che causerà la questione agraria del II secolo a.C.

Come spesso capita, si trovano sempre giustificazioni alle proprie valutazioni. In passato una diversa lettura dei dati del South Etruria survey aveva portato a negare sia la crisi del II secolo a.C., che l’affermazione del sistema di produzione schiavistico e del latifondo in Etruria meridionale81. Durante un convegno del 1969 su Roma e l’Italia fra i Gracchi e Silla82, pur non negando la realtà storica descritta dagli autori antichi, si disse che quest’area non sarebbe stata affetta dai problemi causati dalla guerra annibalica, che la piccola proprietà avrebbe tenuto benissimo e che le caratteristiche morfologiche della zona sarebbero state poco adatte all’affermazione della grande proprietà83. Attualmente, al contrario, la rilettura dei dati di quella ricognizione e una maggiore attenzione alle cronologie del materiale ceramico ci rimanda inevitabilmente alla crisi della piccola proprietà che avrebbe potuto avere una soluzione nel tentativo del 133 a.C. dei Gracchi di ricostruire il ceto contadino, ma che fallì miseramente dopo pochi anni84.

È possibile che anche quest’area sia stata preda dell’espansione da parte di possessori di capitali a scapito della piccola proprietà in mano a quei contadini che la storiografia giudica come le principali vittime delle campagne di conquista di Roma? E i dati a nostra

79 Frederiksen 1970-1971; Kahane et al. 1968, 154. 80 Di Giuseppe et al. 2002.

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Villae, villulae e fattorie nella Media Valle del Tevere

Fig. 10. Corese survey. Confronto tra aree che in epoca tardorepubblicana-primoimperiale sono ville e le fattorie nella zona di Corese (RM) (rielaborazione da Di Giuseppe et al. 2002).

81 Frederiksen 1970-1971, Potter 1979; Id. 1987, 115; Garnsey 1980; Skydsgaard 1980. Per le ragioni di questo approccio Di Giuseppe & Witcher 2004b, 13–17.82 Dialoghi di Archeologia 1970-1971.83 Frederiksen 1970-1971.84 Gabba 1977, Id. 1982, Id. 1989, Id. 1990c, con ampia bibliografia.

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disposizione possono infine riflettere quella crisi della piccola proprietà del II secolo a.C., di cui parlano Appiano (Bell. Civ. I.26-43) e Plutarco (Vite dei Gracchi, TGr 8.1-5), accettata dalla gran parte degli storici, ma rifiutata – o almeno fortemente ridimensionata – proprio per questa specifica area?

Vale solo la pena notare che finora le poche ville scavate in estensione nel Lazio mostrano una significativa continuità di funzione dall’età repubblicana a quella imperiale e a volte anche tardoantica. E’ il caso delle ville dell’Auditorium85, della via Gabina86, della Piscina87, di Colli di Enea presso Lavinium88, forse di Grottarossa (anche se in quest’ultimo caso non conosciamo le fasi più antiche)89 e anche degli edifici scoperti di recente nel

85 Carandini et al. c.s.86 Carandini 1989, 161.87 Coletti & Pacetti 2004. Sulla continuità di funzione delle aree occupate da ville si veda anche Volpe 2000, 191.88 Panella & Pompilio 2003; Ib. 2004.89 Cifani 1998; Terrenato & Becker 2005.

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Helga Di Giuseppe

90 Egidi 2005.91 Si vedano ad esempio i casi di ville scavate in Etruria meridionale: Boenzi et al. 1996.92 Muzzioli 1980, 40. Si vedano anche le ville catalogate in Sternini 2004.

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