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1. PREISTORIA E PROTOSTORIA Preistoria = rinvenimenti noti 5; rinvenimenti inediti 21. Protostoria = rinvenimenti noti 7; rinvenimenti inediti 3). I siti di maggior peso sono quelli già descritti nel capitolo dedicato ai modelli aprioristici 1 . Si tratta nello specifico della Cava Barbieri, dove dal 1973 al 1981 sono stati condotti scavi che hanno portato al riconoscimento di una massiccia frequentazione preistorica e pro- tostorica 2 . Sotto gli strati agricoli sono state rinvenute diverse strati- ficazioni. La sequenza va dalla media-tarda Età del bronzo a una chiara successione di orizzonti neolitici 3 . L’altra evidenza conosciuta di un certo spessore presente nel ver- sante occidentale del territorio comunale è la stazione neolitica rin- venuta in località podere Porciano 4 . Queste due notevoli attesta- zioni si trovano particolarmente vicine, ambedue ai piedi del gra- done di Pienza, in posizione di versante, nell’habitat III, su una base geologica di arenarie e calcari organogenici. La terza testimonianza nota proviene da un ambiente rupestre, presso la cosiddetta Grotta del Beato 5 . Nel 1973 ne è stato intrapreso lo scavo che ha consen- tito la raccolta di ceramica tipo Fiorano, datata al Neolitico medio- iniziale 6 . Anche questo sito si trova nell’habitat III, a una quota di 428 m slm, in terreni composti da argille e marne siltose, in una morfologia di piede di collina, lungo il corso del torrente Tresa, ai piedi della collina di Monticchiello. Su questa base di conoscenze si sono inseriti i nostri rinvenimenti inediti emersi dalle ricerche di superficie (fig. 1). Nel complesso il patrimonio di nuove conoscenze si è rivelato abbastanza significa- tivo con la raccolta di 21 testimonianze. Si tratta comunque in quasi tutti i casi di frequentazioni indefinite, attribuibili generica- mente al Paleolitico, legate al riconoscimento di singoli manufatti litici, nuclei, lame e raschiatoi, raccolti in molti casi all’interno di concentrazioni fittili di epoche successive 7 . In tre casi si è potuto specificare con maggior certezza la fase neolitica. I primi due sono relativi al riconoscimento di punte di freccia, una in diaspro bianco proveniente dalla zona del podere Santa Maria, lungo il corso del Tresa e una in diaspro rosso, proveniente dal podere Casa- bianca, non lontano dal fiume Orcia 8 . L’altro rinvenimento neolitico proviene dalla località podere Fonte Senese, si tratta di una piccola la- mella in ossidiana finemente lavorata, incisa ai lati da sottilissime linee oblique parallele 9 . In due occasioni la frequentazione neolitica è stata riconosciuta dal rinvenimento di ceramica. Nello specifico di una pa- rete in acroma grezza decorata a impressioni orizzontali e a lisca di pe- sce e di un’ansa a rocchetto in acroma grezza 10 . Dal collegamento fra i rinvenimenti e il territorio derivano una se- rie di osservazioni sulla preferenza dell’habitat III che risulta essere quello più frequentato, vi si concentrano 12 rinvenimenti dei 21 totali. In particolare a livello assolutamente macroscopico sembra ricorrere la scelta di zone di crinale. Dalla carta di distribuzione si può facilmente notare come molti rinvenimenti sono disposti lungo una diagonale che attraversa il territorio da nord-ovest a sud- est. Questa direttrice è realmente rappresentata da una morfologia di rilievi collinari che dividono la valle dalle zone più elevate. Si tratta essenzialmente del margine di separazione tra gli habitat I, II e III, IV. In sintesi questa linea di demarcazione risulta una delle più evidenti zone di crinale ed è quindi significativo che la mag- gioranza delle tracce vi si collochino. Può risultare interessante confrontare questi dati con la teoria dei per- corsi di crinale, secondo la quale sono state le linee di cresta degli spar- tiacque le direttrici della prima strutturazione insediativa. I due si- stemi di crinali principali della Val d’Orcia sono quello meridionale amiatino e quello settentrionale Asso/Ombrone ambedue collegati a quello della Chiana 11 . La collocazione dei rinvenimenti di Pienza lungo una direttrice che attraversa e collega i lati di questo “triangolo” di passaggi di crinale, non può che rappresentare una conferma a que- sta teoria, accreditando l’esistenza di stretti legami fra il sistema di col- legamento fisico dei crinali e le prime frequentazioni umane. Per la Protostoria disponiamo di pochissimi elementi emersi dalle ri- cerche di superficie. Si tratta di tre attestazioni di frequentazione, pro- babilmente a scopo abitativo, molto ravvicinate tra loro. Si trovano su terrazzi aperti lungo il versante est del Poggio Villanova nella parte sud del comune. Nello specifico si tratta di pochi frammenti di ceramica acroma grezza non tornita e lisciata in superficie raccolti nelle stesse aree di spargimento di tre abitazioni con pareti in argilla pressata di fasi VIII. MODELLI DI POPOLAMENTO DEL TERRITORIO DI PIENZA DALLA PREISTORIA AL BASSO MEDIOEVO 299 1 Cfr. capitolo III. 2 Cfr. Schedario topografico n. 1.7. 3 Lo strato superiore era caratterizzato da un’ansa tipo Diana, quello successivo da cera- mica tipo Ripoli affiancata da alcuni frammenti ascrivibili alla cultura di Sasso-Fiorano, infine il livello inferiore presentava ceramica a decorazione impressa, CALVI REZIA, 1969, pp. 355-359. Specialmente il livello della ceramica impressa è stato il punto nodale di questo scavo, permettendo la connessione tra questa ceramica e una specifica sequenza culturale, CALVI REZIA, 1973, p. 169. Per la lettura più ampia delle fasi di questo scavo cfr. capitolo II, specificatamente la nota 24 per i riferimenti bibliografici. 4 Cfr. Schedario topografico n. 32.1. 5 Cfr. Schedario topografico n. 56.1 6 RADI, 1981, RADMILLI, 1974, p. 247. Una migliore descrizione dello scavo di que- sto sito si può trovare nel capitolo II. 7 Cfr. Schedario topografico n. 87.1; Schedario topografico n. 95.1; Schedario topo- grafico n. 11.1; Schedario topografico n. 124.1; Schedario topografico n. 132.1; Sche- dario topografico n. 144.1; Schedario topografico n. 146.1; Schedario topografico n. 161.1; Schedario topografico n. 162.1; Schedario topografico n. 178.1; Schedario to- pografico n. 179.1; Schedario topografico n. 187.1; Schedario topografico n. 189.1. Solamente in sei casi i manufatti sono stati raccolti in posizione completamente iso- lata, Cfr. Schedario topografico n. 80.1; Schedario topografico n. 81.1; Schedario to- pografico n. 85.1; Schedario topografico n. 138.1; Schedario topografico n. 185.5; Schedario topografico n. 217.1. 8 Cfr. Schedario topografico n. 95.1; cfr. Schedario topografico n. 111.1. 9 Cfr. Schedario topografico n. 87.1. L’ossidiana è un materiale notoriamente cono- sciuto per la sua scarsa diffusione e per la certezza con la quale sappiamo comparire solo a partire dal Neolitico, CALATTINI, 1990, p. 227. 10 Rispettivamente Schedario topografico n. 132.2; Schedario topografico n. 189.2. 11 CATALDI, 1992, pp. 51-52.

VIII. MODELLI DI POPOLAMENTO DEL TERRITORIO DI … carte... · DALLA PREISTORIA AL BASSO MEDIOEVO 299 1 Cfr. capitolo III. 2 Cfr. Schedario topografico n. 1.7. ... quentata da piccoli

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1. PREISTORIA E PROTOSTORIA

Preistoria = rinvenimenti noti 5; rinvenimenti inediti 21.Protostoria = rinvenimenti noti 7; rinvenimenti inediti 3).

I siti di maggior peso sono quelli già descritti nel capitolo dedicatoai modelli aprioristici1. Si tratta nello specifico della Cava Barbieri,dove dal 1973 al 1981 sono stati condotti scavi che hanno portatoal riconoscimento di una massiccia frequentazione preistorica e pro-tostorica2. Sotto gli strati agricoli sono state rinvenute diverse strati-ficazioni. La sequenza va dalla media-tarda Età del bronzo a unachiara successione di orizzonti neolitici3.L’altra evidenza conosciuta di un certo spessore presente nel ver-sante occidentale del territorio comunale è la stazione neolitica rin-venuta in località podere Porciano4. Queste due notevoli attesta-zioni si trovano particolarmente vicine, ambedue ai piedi del gra-done di Pienza, in posizione di versante, nell’habitat III, su una basegeologica di arenarie e calcari organogenici. La terza testimonianzanota proviene da un ambiente rupestre, presso la cosiddetta Grottadel Beato5. Nel 1973 ne è stato intrapreso lo scavo che ha consen-tito la raccolta di ceramica tipo Fiorano, datata al Neolitico medio-iniziale6. Anche questo sito si trova nell’habitat III, a una quota di428 m slm, in terreni composti da argille e marne siltose, in unamorfologia di piede di collina, lungo il corso del torrente Tresa, aipiedi della collina di Monticchiello.Su questa base di conoscenze si sono inseriti i nostri rinvenimentiinediti emersi dalle ricerche di superficie (fig. 1). Nel complesso ilpatrimonio di nuove conoscenze si è rivelato abbastanza significa-tivo con la raccolta di 21 testimonianze. Si tratta comunque inquasi tutti i casi di frequentazioni indefinite, attribuibili generica-mente al Paleolitico, legate al riconoscimento di singoli manufattilitici, nuclei, lame e raschiatoi, raccolti in molti casi all’interno diconcentrazioni fittili di epoche successive 7.

In tre casi si è potuto specificare con maggior certezza la fase neolitica.I primi due sono relativi al riconoscimento di punte di freccia, una indiaspro bianco proveniente dalla zona del podere Santa Maria, lungoil corso del Tresa e una in diaspro rosso, proveniente dal podere Casa-bianca, non lontano dal fiume Orcia 8. L’altro rinvenimento neoliticoproviene dalla località podere Fonte Senese, si tratta di una piccola la-mella in ossidiana finemente lavorata, incisa ai lati da sottilissime lineeoblique parallele 9. In due occasioni la frequentazione neolitica è statariconosciuta dal rinvenimento di ceramica. Nello specifico di una pa-rete in acroma grezza decorata a impressioni orizzontali e a lisca di pe-sce e di un’ansa a rocchetto in acroma grezza 10.Dal collegamento fra i rinvenimenti e il territorio derivano una se-rie di osservazioni sulla preferenza dell’habitat III che risulta esserequello più frequentato, vi si concentrano 12 rinvenimenti dei 21totali. In particolare a livello assolutamente macroscopico sembraricorrere la scelta di zone di crinale. Dalla carta di distribuzione sipuò facilmente notare come molti rinvenimenti sono dispostilungo una diagonale che attraversa il territorio da nord-ovest a sud-est. Questa direttrice è realmente rappresentata da una morfologiadi rilievi collinari che dividono la valle dalle zone più elevate. Sitratta essenzialmente del margine di separazione tra gli habitat I, IIe III, IV. In sintesi questa linea di demarcazione risulta una dellepiù evidenti zone di crinale ed è quindi significativo che la mag-gioranza delle tracce vi si collochino.Può risultare interessante confrontare questi dati con la teoria dei per-corsi di crinale, secondo la quale sono state le linee di cresta degli spar-tiacque le direttrici della prima strutturazione insediativa. I due si-stemi di crinali principali della Val d’Orcia sono quello meridionaleamiatino e quello settentrionale Asso/Ombrone ambedue collegati aquello della Chiana11. La collocazione dei rinvenimenti di Pienzalungo una direttrice che attraversa e collega i lati di questo “triangolo”di passaggi di crinale, non può che rappresentare una conferma a que-sta teoria, accreditando l’esistenza di stretti legami fra il sistema di col-legamento fisico dei crinali e le prime frequentazioni umane.Per la Protostoria disponiamo di pochissimi elementi emersi dalle ri-cerche di superficie. Si tratta di tre attestazioni di frequentazione, pro-babilmente a scopo abitativo, molto ravvicinate tra loro. Si trovano suterrazzi aperti lungo il versante est del Poggio Villanova nella parte suddel comune. Nello specifico si tratta di pochi frammenti di ceramicaacroma grezza non tornita e lisciata in superficie raccolti nelle stessearee di spargimento di tre abitazioni con pareti in argilla pressata di fasi

VIII. MODELLI DI POPOLAMENTO DEL TERRITORIO DI PIENZA DALLA PREISTORIA AL BASSO MEDIOEVO

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1 Cfr. capitolo III.2 Cfr. Schedario topografico n. 1.7.3 Lo strato superiore era caratterizzato da un’ansa tipo Diana, quello successivo da cera-mica tipo Ripoli affiancata da alcuni frammenti ascrivibili alla cultura di Sasso-Fiorano,infine il livello inferiore presentava ceramica a decorazione impressa, CALVI REZIA, 1969,pp. 355-359. Specialmente il livello della ceramica impressa è stato il punto nodale diquesto scavo, permettendo la connessione tra questa ceramica e una specifica sequenzaculturale, CALVI REZIA, 1973, p. 169. Per la lettura più ampia delle fasi di questo scavocfr. capitolo II, specificatamente la nota 24 per i riferimenti bibliografici.4 Cfr. Schedario topografico n. 32.1.5 Cfr. Schedario topografico n. 56.16 RADI, 1981, RADMILLI, 1974, p. 247. Una migliore descrizione dello scavo di que-sto sito si può trovare nel capitolo II.7 Cfr. Schedario topografico n. 87.1; Schedario topografico n. 95.1; Schedario topo-grafico n. 11.1; Schedario topografico n. 124.1; Schedario topografico n. 132.1; Sche-dario topografico n. 144.1; Schedario topografico n. 146.1; Schedario topografico n.161.1; Schedario topografico n. 162.1; Schedario topografico n. 178.1; Schedario to-pografico n. 179.1; Schedario topografico n. 187.1; Schedario topografico n. 189.1.Solamente in sei casi i manufatti sono stati raccolti in posizione completamente iso-

lata, Cfr. Schedario topografico n. 80.1; Schedario topografico n. 81.1; Schedario to-pografico n. 85.1; Schedario topografico n. 138.1; Schedario topografico n. 185.5;Schedario topografico n. 217.1.8 Cfr. Schedario topografico n. 95.1; cfr. Schedario topografico n. 111.1.9 Cfr. Schedario topografico n. 87.1. L’ossidiana è un materiale notoriamente cono-sciuto per la sua scarsa diffusione e per la certezza con la quale sappiamo compariresolo a partire dal Neolitico, CALATTINI, 1990, p. 227.10 Rispettivamente Schedario topografico n. 132.2; Schedario topografico n. 189.2.11 CATALDI, 1992, pp. 51-52.

successive12. In uno solo dei tre casi è stato possibile individuare la fasepiù precisa, il Bronzo finale. Non possiamo dire molto con gli elementidei quali disponiamo, se non immaginare il versante orientale del pog-gio Villanova nella sua fase di vita più antica. Apparentemente il pog-gio sembra essere abitato inizialmente nella porzione che guarda a este in maniera tale da restare favorevole anche a distanza di sei secoli,quando appariranno le prime tracce etrusche (VI secolo a.C.) che an-dranno a insistere esattamente sulle stesse aree protostoriche.I dati protostorici provenienti da superficie si allineano a quelli notinel senso che mostrano la porzione sud-est del territorio come fre-quentata da piccoli nuclei di popolazione insediati in strutture tipocapanne. La deduzione prende conferma dai dati provenienti dagliultimi scavi effettuati sulla collina di Tolle, 4 km a nord del PoggioVillanova, dove sono state riconosciute le tracce di almeno due areeabitative, delle quali una è il livello basale di una capanna13. Le tracce più consistenti per l’Età del bronzo vengo però ancoradal sito di riferimento pre e protostorico del territorio: la CavaBarbieri. Dallo scavo sono infatti emersi massicci resti nei livelliinferiori del Bronzo di una struttura megalitica probabilmente de-dicata al culto14. Per questa struttura megalitica sono stati indicati

parallelismi schiaccianti con l’orizzonte megalitico sardo-corso.L’elemento che collega tutti i fenomeni di megalitismo avvicinatia quello di Pienza è l’ambiente pastorale. Il sito sembra inserirsinel quadro dell’economia pastorale dell’Età del bronzo, che trovanel passaggio della Transumanza una sosta a Pienza, tappa obbli-gata del percorso che collegava la Maremma al Casentino 15. È ad-dirittura possibile supporre che l’acquisizione degli elementi me-galitci possa essere avvenuta attraverso contatti dell’entroterra to-scano con l’area sardo-corsa anch’essa forte di un’economiapastorale 16. Dalla costa tirrenica il bagaglio culturale sarebbegiunto a Pienza grazie ai percorsi dei pastori transumanti. La com-plessità del rito funerario di un bambino rinvenuta all’interno del-l’area “sacra” di Cava Barbieri implica anche una deduzione rela-tiva al rango. Questo tipo di sepoltura poteva competere a un capo

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15 Tali percorsi sono rimasti tali dall’Età del bronzo fino al secondo quarto del no-stro secolo, quindi i ricordi di tali passaggi possono favorire la comprensione, an-che se solo ipotetica, delle scelte e dei costumi dei pastori transumanti dell’Età delbronzo. Le soste di appoggio della Transumanza in territorio pientino iniziavanoda nord con il passaggio per S. Anna in Camprena, dopodiché scendevano fino alpodere Capaccino, lasciando alle spalle il podere Pietrafitta la Transumanza si diri-geva a est fino al podere Bonellino, da qui iniziava la discesa verso la valle che col-lega questa zona a Pienza (la valle del Duomo). Da qui il percorso riprendeva versonord, passando dal podere Fornace fino al podere Albergaccio, CALVI REZIA, 1982,pp. 233,234.16 Per altro già ipotizzati in fase neolitica per i contatti tra la stazione di Pienza e quellacorsa di Basi, CALVI REZIA, 1980, pp. 323-333.

12 Schedario topografico n. 169.1; Schedario topografico n. 169.2; Schedario topo-grafico n. 169.3.13 CUDA, 2001, pp. 69-70; Schedario topografico n. 54.3.14 Per tutti i dati più approfonditi sui livelli del Bronzo della Cava Barbieri, cfr. Sche-dario topografico n. 1.7 e CALVI REZIA, 1982, pp. 233-248.

Fig. 1. Distribuzione delle emergenze della Preistoria e Protostoria

o a i suoi familiari, anche se la scarsezza dei materiali rinvenuti nel-l’ambito della sepoltura rimanda a figure dominanti di una societànomade17. La zona del gradone di Pienza è stata interessata ancheda ritrovamenti indicati come stazioni, certamente da mettere inrelazione, per la stretta vicinanza al sito scavato della Cava Bar-bieri18. Alla sfera sepolcrale appartiene il ritrovamento di due se-polture a Spedaletto, rinvenute isolate e senza collegamento conun’area abitativa 19. Distante geograficamente risulta il sito rupe-stre della Grotta del Beato dove il materiale fittile dell’Età delbronzo presente pare riferibile a livelli di vita 20. Raccogliendo i dati visti finora possiamo concludere che le tipolo-gie abitative che conosciamo fino a oggi sono legate essenzialmentea capanne e insediamenti in grotta 21. Probabilmente anche la CavaBarbieri e tutti i rinvenimenti del Costone sono difficili da vederedissociati dal banco di arenaria che ne caratterizza lo sfondo, delquale forse in fase protostorica si sfruttarono le valenze protettivecome avvenne ancora molti secoli dopo per il vicino eremo me-dievale del Romitorio 22. Osservazioni più analitiche sul tipo di so-cietà portano alle conclusioni alle quali giunse a suo tempo la CalviRezia, nuovamente sui dati della Cava Barbieri. Da quei dati si potéintuire la presenza di una società basata su un’economia essenzial-mente pastorale, dove il nomadismo legato ai percorsi della tran-sumanza caratterizzava il contesto della valle. Nella zona sudorien-tale del territorio forse era già presente in fase protostorica il ruolodel valico della Foce, che ha fatto del sito di Tolle, affacciato su diesso, un punto strategico per tutto il periodo etrusco. A questa con-siderazione hanno portato le tracce del Bronzo che inaugurano l’u-tilizzo della collina probabilmente già beneficiando della vicinanzacon il punto di passaggio 23.

Villanoviano (IX-VIII secolo a.C.)Rinvenimenti noti 1; rinvenimenti inediti 0.

Il periodo villanoviano è rappresentato da una sola evidenza, la ne-cropoli di Tolle, costituita in questa fase da alcune piccole tombea pozzetto con ossuari villanoviani, uno dei quali conservato nellacollezione Mieli-Servadio24. Tra gli oggetti del corredo due fibuleserpeggianti che si collocano tra l’ultimo quarto del IX e i primidecenni dell’VIII secolo a.C.25. Questo sito si trova sul versantesud-est della collina di Tolle, su una geologia di Puddinghe poli-geniche, pienamente inserito nell’habitat IV. La possibilità di con-tare unicamente su una presenza per tutto il territorio impedisceconsiderazioni su questa fase. L’unico elemento di discussione èla certezza che le tombe si debbano collegare a un abitato, del qualepurtroppo non conosciamo la posizione. È ipotizzabile identifi-care l’area comunque nei dintorni della Foce, valico fondamen-tale lungo il tracciato viario di collegamento fra la costa tirrenicae l’Etruria interna26.

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17 L’ipotesi più forte per questa struttura è che essa fosse stata costruita per ricordareun gruppo di pastori transumanti, CALVI REZIA, 1982, p. 247.18 Ci riferiamo ai ritrovamenti avvenuti presso il podere Porciano, Schedario topo-grafico n. 32.1 e Costone di Pienza, Schedario topografico n. 35.1.19 Cfr. Schedario topografico n. 14.4.20 Schedario topografico n. 56.1; PISTOI, 1997, p. 31.21 In maniera univoca in Etruria la capanna è attestata come unità abitativa protosto-rica fondamentale, TORELLI, 2000, p. 68.22 Schedario topografico n. 1.8.23 CUDA, 2001, p. 71. In questo sito caratterizzato dalla continuità sono presenti an-che tracce dell’età del Ferro, momento nel quale sembra convertirsi in ambiente pret-tamente funerario fino a tutta l’epoca etrusca. Per le tracce dell’età del Ferro, PAO-LUCCI, 2001, p. 72.

24 Schedario topografico n. 54.1, PAOLUCCI, 1988, p. 92, 95; CIMINO, 1986, p. 9.25 BETTINI, 2000, p. 52, nota 5.26 PAOLUCCI, 1988, p. 95. Un villaggio aperto (dal Bronzo finale al VI sec. a.C.) po-sto sulle immediate vicinanze di uno dei principali passi della zona dei Monti delChianti è stato individuato nelle ricerche effettuate appunto nel Chianti senese. Unasituazione che conferma l’ipotesi della scelta di tale ambiente anche nel caso di Pienza,VALENTI, 1995, p. 393.

2. PERIODO ETRUSCO 1

Orientalizzante (fine VIII-VII secolo a.C.)Rinvenimenti noti: 2; rinvenimenti inediti: 0

Come per la fase precedente anche in questo caso possiamo contaresolo su dati noti. I siti sono due necropoli, una già utilizzata nel vil-lanoviano occupa la collina di Tolle2. L’altra è la necropoli del Bor-ghetto scoperta nel 1860 che si trova a circa 10 km a nord-ovest ri-spetto a Tolle 3. Tra le due evidenze esistono elementi di coesione le-gati essenzialmente all’ambiente (habitat IV), alle quote oscillanti frai 500 e i 550 m slm e alla funzione di valico presente in ambedue lelocalità, anche se quello del Borghetto è meno importante rispetto alpassaggio del Castelluccio-la Foce 4. I corredi del Borghetto, indubbiamente di pertinenza chiusina, sonol’immagine di un piccolo centro agricolo, abbastanza ricco da per-mettersi importazioni dalla vicina città, ma che normalmente dovevarispondere al fabbisogno ceramico in modo autosufficiente, forse conuna fornace locale 5. La necropoli ha un arco cronologico di fre-quentazione molto lungo che va appunto dalle fasi orientalizzanti(VII-VI secolo a.C.) al I secolo a.C. 6. Il materiale orientalizzante della necropoli di Tolle esprime invece unruolo diverso di questo insediamento. Oggetti come i numerosi ca-nopi di metà VII secolo a.C. 7, la fibbia in bronzo prodotta a Vetu-lonia 8, la cosiddetta fibula d’oro Campana, sulla quale conviene spen-dere qualche parola in più, indicano una ricchezza e un’apertura aicommerci difficilmente compatibile con un ruolo di solo centro agri-colo. La fibbia d’oro passata attraverso la raccolta Campana, attual-mente si trova al Museo del Louvre. Essa presenta sulla staffa un’i-scrizione a granaglie ritenuta in principio di origine vetuloniense, inseguito considerata proveniente dall’Etruria meridionale 9. La consi-derazione apre la questione sull’esistenza di rapporti commerciali traChiusi e la costa settentrionale e meridionale 10. Oltre alla fibula sononumerosi i pezzi di importazione dall’Etruria meridionale, tra i qualiparticolarmente significativi sono un aryballos corinzio e un unguen-tario in alabastro prodotto in Oriente 11. Materiali di questo generesono il segno di un ambiente che poteva contare su scambi commer-ciali dovuti alla presenza del valico che attraverso le valli dell’Orcia edell’Ombrone permetteva contatti con le città di Roselle, Vetuloniae Populonia12. Ma oggetti come la fibula aurea, pertinente al corredodi un personaggio maschile di rango “principesco”, indicano anchela presenza di un’élite sociale insediata in quest’area13. Il rango elevato

di alcuni personaggi pare accrescere con la fase tardo orientalizzante,quando compaiono le prime tombe a camera, tra le quali una ha re-stituito un cinerario bronzeo su un trono fittile, probabilmente da re-lazionare a un personaggio di rango piuttosto elevato14.In conclusione le due necropoli del territorio pientino si legano a duediversi gruppi sociali, con economie basate sullo sfruttamento di tipidi risorse differenti. La necropoli del Borghetto risulta lo specchio diun’economia basata sullo sfruttamento agricolo. La necropoli di Tolleriflette invece l’influsso della vicinanza di un’importante arteria viaria.

Arcaismo (fine VII-inizi V secolo a.C.)Rinvenimenti noti 4; rinvenimenti inediti 22.

I rinvenimenti riferibili a questa fase sono 22, dei quali 4 noti. Duedei siti noti sono le già ricordate necropoli del Borghetto e di Tolle.L’area di Tolle manifesta in fase tardo orientalizzante e arcaica il suomaggior sviluppo15. Dalle tombe a camera sono emersi molti buc-cheri che testimoniano una continuità dall’orientalizzante recente finoalla fine del VI secolo a.C. mantenendo una prosperità ancora legataal persistere dell’importanza della via commerciale16. Anche la ne-cropoli del Borghetto probabilmente presentava tombe a camera dallequali provengono i numerosi buccheri datati fra fine VII-secondametà VI secolo a. C.17. Il lungo arco cronologico di utilizzo delle duenecropoli fornisce indirettamente un dato sugli insediamenti relativi,che probabilmente insistevano, come le necropoli, sulle stesse areeforse per il perpetuarsi di fattori favorevoli all’insediamento.Dal punto di vita dei siti individuati da ricognizione il quadro è di-verso (fig. 2). Le evidenze non si riferiscono in nessun caso ad ambitifunerari, abbiamo individuato situazioni classificabili come abitazioni,generiche frequentazioni e un complesso rurale di medie dimensioniche chiameremo per comodità fattoria18. Le 13 evidenze riconducibili ad abitazioni si riferiscono per lo più astrutture con copertura in laterizi ed elevati probabilmente in mate-riale deperibile19. In ambito geografico molto vicino un esempio diabitazione arcaica di questo tipo è stata scavata nei pressi di Chiusifornendo un paragone di confronto molto efficace20.I laterizi utilizzati sono in prevalenza tegole, solo in un caso sono statirinvenuti anche frammenti di coppi 21. I laterizi da copertura utiliz-

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14 PISTOI, 1997, pp. 24-25.15 Fino a oggi sul versante della collina sono state messe in luce 210 tombe, PAOLUCCI,2002, p. 254.16 PISTOI, 1997, p. 25; CIMINO, 1986, p. 13.17 PISTOI, 1997, p. 47.18 L’uso del termine frequentazione è relativo ad attestazioni umane certe ma difficil-mente definibili in modo meno generico, la spiegazione del modo di usare questo ter-mine è esposta nel capitolo V, al paragrafo “Categorie interpretative”.19 Schedario topografico, n. 107.2; Schedario topografico, n. 108.1; Schedario topo-grafico, n. 130.2; Schedario topografico, n. 132.2; Schedario topografico, n. 152.1;Schedario topografico, n. 152.2; Schedario topografico, n. 169.1; Schedario topo-grafico, n. 169.3; Schedario topografico, n. 172.2; Schedario topografico, n. 179.3Schedario topografico, n. 185.1; Schedario topografico, n. 209.1; Schedario topo-grafico, n. 215.2. In 7 delle 13 situazioni riconosciute sono stati raccolti frammentidi argilla pressata con tracce di incannicciati lignei relativi a elevati in materiale de-peribile.20 GASTALDI, 2000, pp. 128-143. La capanna villanoviana e le abitazioni in muraturadel VII e VI secolo a. C. censite da Camporeale per la ricostruzione del modo di abi-tare etrusco sono dei validi prototipi per le strutture di Pienza sia per tipologia che perdimensioni, CAMPOREALE, 1986, pp. 256-257.21 Nella concentrazione posta sul versante del poggio Villanova, cfr. Schedario topo-grafico, n. 169.3. La proporzione è nettamente a sfavore dei coppi, utilizzati proba-bilmente solo per il colmo del tetto.

1 Le conclusioni sul periodo etrusco sono state il frutto di numerose conversazioniavute con il dottor Andrea Ciacci e la dottoressa Valeria Acconcia che colgo l’occa-sione di ringraziare.2 Schedario topografico, n. 54.1.3 I materiali dei corredi della necropoli del Borghetto sono andati a costituire la Col-lezione Newton, Schedario topografico, n. 29.1, MONACI, 1965, p. 425. Sui mate-riali delle collezione e sulle vicende che negli anni l’hanno interessata cfr. capitolo II.4 MONACI, 1965, p. 426.5 MONACI, 1965, p. 426.6 Cfr. Schedario topografico, n. 29.1.7 GEMPLER, 1979, n. 10; PAOLUCCI, 1988, pp. 92-93; PAOLUCCI, 2001, p. 75.8 COLONNA, 1973, p. 67.9 BIANCHI BANDINELLI, 1925, p. 389. Per la collocazione dell’oggetto tra quelli di pro-venienza dall’Etruria meridionale, CAMPOREALE, 1969, p. 63.10 CAMPOREALE, 1969, p. 63.11 CIMINO, 1986, p. 13.12 BANDINELLI, 1925, p. 390.13 Sull’attribuzione della fibula al corredo di un personaggio di rango “principesco”,PAOLUCCI, 2001, p. 12.

zano più diffusamente gli impasti nn. 1, 22 22. Si tratta nello speci-fico di corpi ceramici molto grossolani con abbondanti inclusi ma-croscopici. Questo elemento va a ingrandire la casistica già segnalatadurante il survey di Murlo, che vede la probabile diffusione a livellorurale di coperture in laterizio a partire dalla fine del VII secolo a.C.23.La somma degli spargimenti di materiale ceramico in superficie hannopermesso di individuare una media delle dimensioni di 20x15 m24.Si tratta di edifici piuttosto modesti, disposti in genere su versanti col-linari o terrazzi spianati di dimensioni più o meno vaste. Le quote al-titudinali vanno dai 360 ai 420 m slm. Un diverso tipo di struttura riconosciuta per questa fase è l’abitazionecompletamente in materiale deperibile, tipo capanna. Ne è stata rin-venuta una, caratterizzata dalla presenza di notevole quantità di ar-gilla pressata con tracce di incannicciati lignei, testimonianza dell’u-tilizzo della tecnica a graticcio25.Le dimensioni di questa unica evidenza sono di 20x16 m, in assolutaomogeneità con le misure delle abitazioni a copertura laterizia. Infine poco lontano da Palazzo Massaini è stata individuata una mas-siccia concentrazione di frammenti ceramici e laterizi, interpretabilepiù come una fattoria che come una semplice abitazione26. Essa sitrova su un versante collinare a una quota di 450 m slm, su una geo-logia di sabbie argillose. La distanza dal più vicino corso d’acqua èpiuttosto rilevante, 700 m dal torrente Tuoma. La concentrazionemolto vasta, 34x26 m, è risultata facilmente leggibile sul terreno gra-zie alla buona conservazione dei frammenti dovuta alla presenza inpassato di una vigna spiantata da poco tempo dato che erano ancoravisibili le radici delle piante27. Questa situazione ha impedito che learature più profonde intaccassero il deposito in maniera da compro-metterne la comprensione come succede spesso sui terreni coltivati acereali. Le condizioni favorevoli hanno anche permesso di individuare

all’interno dello spargimento un’area di 10x7 m nella quale i mate-riali risultavano più concentrati. Il materiale da costruzione utilizzatoper gli elevati è risultato il dato più incerto. Non sono emersi né fram-menti di argilla pressata né cambiamenti di colore del terreno dovutial disfacimento di pareti in terra. Potrebbe essere ipotizzabile l’utilizzodi pietre oggi non distinguibile da affioramenti naturali. Il tipo di co-pertura risulta invece più chiaro, erano infatti presenti tegole e coppiin rapporto maggioritario verso le tegole.Il dato complessivo della cultura materiale proveniente dall’insiemedelle concentrazioni ha restituito un quadro omogeneo, nel quale larozza terracotta supera notevolmente le altre classi (87%), seguita agrandissima distanza dal bucchero grigio (9%), dalla depurata (5%)e infine dal bucchero (2%)28 (fig. 3).

Gli impasti della rozza terracotta predominanti sono i nn. 1 e 22, spe-cialmente per i contenitori di grandi dimensioni, i pithoi e i dolia. Leolle e le ciotole sono per lo più legate agli impasti nn. 12, 8 e 27. Laceramica depurata è attestata raramente e il bucchero grigio è presentequasi in assoluta predominanza con ciotole, 1 solo frammento riportaa un’oinochòe.A livello insediativo si è delineato un quadro che si accorda alla ri-corrente casistica, verificata in altri ambiti, per la quale l’abitazione inmateriale deperibile risulta il modello abitativo più diffuso29 (fig. 4).Alle abitazioni si devono sommare i rinvenimenti indicati come fre-quentazioni. La definizione generica è dovuta alla mancanza di ele-menti per accertare l’uso abitativo, una situazione spesso da imputareall’eccessivo impoverimento delle evidenze che permette il loro inse-rimento nel quadro ricostruttivo come probabili abitazioni30.La componente di maggior impatto risulta la frequente collocazionedei nuclei abitativi in gruppi di due abitazioni31. In località Fonte

303

Fig. 2. Tipologia delle emergenze arcaiche

Fig. 3. Distribuzione percentuale delle classi ceramiche arcaiche

22 Cfr. paragrafo 1.1, capitolo VII.23 CIACCI, 2001, p. 291.24 Media calcolata basandosi su valori che vanno da un minimo di 13 a un massimodi 31 m di lunghezza, per un minimo di 11 e un massimo di 26 m di larghezza. Perle misurazioni sono stati considerati gli spargimenti, quindi le reali dimensioni dellelenti di materiale in superficie, non ricercando le possibili originarie dimensioni deicontesti che saranno state sicuramente più ridotte.25 Schedario topografico, n. 108.1. Questa tecnica è descritta nel De architectura diVitruvio, VITRUVIO, De Architectura, libro II, 2-6.26 Schedario topografico, n. 136.1. Tale interpretazione è scaturita soprattutto in re-lazione alla grande quantità di ceramica presente, assolutamente in dissonanza con gliscarsi frammenti fittili emersi dalle concentrazioni indicate come abitazioni semplici.27 La vigna è documentata dal fotogramma n. 126 della strisciata 70c del volo EIRAdel 1976.

28 I conteggi effettuati sui materiali ceramici hanno riguardato solo i frammenti conconfronti (quindi disegnati), la ragione è soprattutto legata alla frequente plurifre-quentazione dei siti emersi dalla ricerca. È successo spesso che all’interno della stessaconcentrazione fossero presenti più fasi, i cui materiali a volte sono risultati di diffi-cile distinzione. La scelta di questo metodo sicuramente da un lato ha penalizzato lareale distribuzione, dall’altra ha teso a garantire una maggiore certezza.29 È risultato così nel territorio di Radicondoli, CUCINI, 1990, pp. 235-236; nei ter-ritori di Colle Val d’Elsa e Poggibonsi, CIACCI, 1999, p. 304; a Murlo, CAMPANA,2001, p. 276.30 Schedario topografico, n. 51.1; Schedario topografico, n. 105.1; Schedario topo-grafico, n. 111.1; Schedario topografico, n. 132.1 Schedario topografico, n. 140.1;Schedario topografico, n. 161.1; Schedario topografico, n. 162.1; Schedario topo-grafico, n. 184.1.31 Un modello a nuclei di due (massimo tre) abitazioni che trova un confronto neiterritori di Colle Val d’Elsa e Poggibonsi, CIACCI, 1999, p. 304.

0 2 4 6 8 10 12 14

Frequentazione

Abitazione

Fattoria

87%

2%5%

9%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Rozza terracotta Bucchero grigio Ceramicadepurata

Bucchero

Bertusi di Sotto due abitazioni si dispongono allineate a una distanzadi circa 200 m. La medesima situazione si ripete in località Telle, suun leggero pianoro due abitazioni si trovano affiancate a una distanzadi circa 100 m. Infine due abitazioni si trovano in posizione affian-cata sulla stessa curva di livello che segna il versante del poggio Vil-lanova, a una distanza di circa 200 m.A livello generale sono evidenti almeno tre allineamenti preferenzialilungo i quali sembrano disporsi le unità topografiche, orientati nord-ovest/sud-est ed est - ovest, tra i quali uno risulta particolarmente si-gnificativo, quello più settentrionale. La linea più evidente segna tuttol’habitat IV, quasi seguendone il profilo demarcando con una serie dipunti i versanti della cortina di alte colline che segna la parte nord-estdel territorio. Nel punto dove queste colline si interrompono per unbrevissimo tratto si apre il varco verso la Val di Chiana. È probabile cheil contatto con la viabilità fosse l’elemento di congiunzione tra l’area delvalico e quella più a sud dove risulta nodale il sito del Poggio Villanova.Si tratta di una collina che domina questo tratto di paesaggio, forse ri-ferimento e naturale terrazza su una via di comunicazione che sap-piamo caratterizzare l’area fino al valico poco più a nord. Sono statericonosciute due abitazioni arcaiche sul versante orientale, nella stessaarea dove erano già presenti tre frequentazioni protostoriche. La sceltadi questo luogo non sembra essere stata dettata dalla distanza dall’ac-qua che nonostante il fiume Orcia passi alle spalle dell’altura, superacomunque i 500 m, inoltre le stesse caratteristiche del paesaggio nonfavoriscono il contatto con il fiume. Mentre in direzione est il decliviorisulta più dolce fino all’attuale passaggio della strada. L’impressione è

che i terrazzi sui quali si trovano le due evidenze tendano a riferirsi piùallo spazio verso est che a quello verso ovest, in direzione della brevepianura che con ogni probabilità favoriva la presenza di un passaggionaturale che poi poteva convogliare nel noto percorso est - ovest versola Foce32. La via si incanala verso la ricca necropoli di Tolle che non èmai stata finora collegata a un abitato, anche se ipotesi sulla sua ubi-cazione sono state formulate da Gamurrini, da Bianchi Bandinelli eda Carandini33. Per le nostre considerazioni non è importante la po-sizione precisa dell’abitato relazionabile alla necropoli di Tolle, infattiche esso si fosse trovato sul poggio Andreana o sull’altura di Casa laVento, o presso il Castelluccio in nessun caso le ipotesi proposte su-perano i 2 km in linea d’aria, circoscrivendo un areale di riferimentoabbastanza preciso. Ne risulta una zona, in ambiente di crinale e a do-minio della viabilità, dove forse si trovava un insediamento rilevante,collegabile con i nostri rinvenimenti in un rapporto di indubbia su-periorità. È chiaro infatti che i corredi pregiati di Tolle, come il cine-rario bronzeo su trono fittile, stridono con la semplicità delle case diterra riconosciute da superficie34. Le tombe di Tolle probabilmente

304

32 CAMPOREALE, 1969, p. 62; GASTALDI, 2000, p. 130.33Gamurrini suppose l’esistenza di un oppidum nel vicino poggio Andreana (673m slm, distante 1 km in linea d’aria dalla necropoli), CIMINO, 1986, p. 8. BianchiBandinelli posizionò l’esistenza di un oppidum fortificato in località Casa al Vento(683 m slm, distante 2 km in linea d’aria dalla necropoli), BANDINELLI, 1925,p. 391. Carandini ha puntato sulla zona del Castelluccio (circa 1 km dalla necro-poli), CARANDINI, 2001, p. 9.34 La scelta del bronzo sicuramente ha un significato da legare alla volontà celebrativa

Fig. 4. Distribuzione delle emergenze arcaiche

non avevano il carattere monumentale di quelle a tumolo dell’Etruriameridionale, ma è possibile che esprimessero con la loro posizione didominio sul valico lo stesso significato pregnante di simbolismi legatiallo stato sociale dei defunti.35. Ancora più avvicinabile al caso di Pienzaè la pratica, in periodo tardo orientalizzante a San Giuliano e Blera, dimarcare attraverso i tumoli settori di particolare interesse36. Gli ele-menti citati fanno supporre l’esistenza quindi di un abitato di una certarilevanza, che letto in sinergia con i dati provenienti da ricognizione,aderisce alla divisione della società etrusca arcaica tirrenica fra princi-pes e servi37. Possiamo addirittura ipotizzare un modello di organizza-zione della forza lavoro, rappresentata forse dagli abitanti delle case diterra, da parte degli esponenti della classe dirigente, forse i commit-tenti dei corredi di Tolle. Forse la nostra ipotetica residenza non puòessere confrontata in maniera troppo convincente con la reggia diMurlo, un caso sicuramente rivestito di caratteri peculiari38, dove i re-ges godevano di un potere fondato sul diritto divino che si esprimevasul territorio attraverso il controllo strettissimo di tutte le attività dellecampagne circostanti39. Ma con le dovute cautele, necessarie proprioin presenza di elementi di marcato rilievo, la reggia di Poggio Civitatepuò essere considerata una pietra di paragone40. La situazione generale di Pienza risulta calzante con quelle che sonostate le vicende storiche in periodo arcaico del territorio chiusino, chevidero la nascita del capoluogo come insediamento politicamente e so-cialmente organizzato, attestarsi intorno al VI secolo a.C. Tale processoè potuto avvenire sulla scia di fenomeni di sinecismo verso insediamentipreesistenti, come San Casciano e Sarteano, che possono non aver in-vestito Tolle proprio in virtù della sua posizione. Infatti la notevole pro-sperità della polis chiusina in fase arcaica è in parte dovuta proprio aicontrolli dei percorsi Tevere-Chiana e dei valichi verso l’Etruria costiera(Castelluccio-Foce, Val d’Orcia, Valle dell’Ombrone). La favorevole si-tuazione geografica nella quale Tolle si è venuta a trovare conferma l’i-potesi che esistessero possibilità economiche autonome affidate a unaclasse aristocratica dominate 41. In questo quadro si colloca con maggiore difficoltà la cosiddetta fatto-ria presso Palazzo Massaini. Si tratta senza dubbio di una presenza dirilevanza maggiore rispetto alle abitazioni. Siamo in un’area distante daquello che abbiamo definito come il centro direzionale del territorio,che per tale ragione prospetta la fattoria sotto una luce autonoma taleda poter essere forse letta come il substrato gravitante intorno a necro-poli come quella del Borghetto42. Proponiamo su questo argomento

una interpretazione proposta per una fattoria rinvenuta a Murlo, dovesi ipotizza che potesse rappresentare un livello di organizzazione inter-media fra la regia e le case dei contadini, forse con lo scopo di organiz-zare e indirizzare il flusso delle produzioni agricole verso il potentato43.Quindi si potrebbe trattare di centri rurali di organizzazione intermedi,meglio attrezzati rispetto alle piccole unità abitative.

Classicismo (V secolo a.C.)Rinvenimenti noti 1; rinvenimenti inediti 0.

È sembrato opportuno isolare questo secolo dalla fase successiva e daquella appena descritta in quanto rappresenta un momento di cesuradegno di evidenza. Da ricognizione non è stato riconosciuto neppureun contesto, le attestazioni note si concentrano ancora sulle due mag-giori necropoli, Tolle e Borghetto. Il V secolo a Tolle contrariamentea quello che si pensava fosse un periodo di recessione per l’abitato, ca-ratterizzato dalla rarefazione dei corredi, in seguito agli ultimi scavi siè presentata invece come una fase di assoluta continuità44. La zona pro-babilmente non perse la sua importanza legata la valico anche se è pro-babile che il suo rilievo fosse diminuito trovandosi sopravanzato dallacrescita di Chianciano come centro di controllo della direttrice di col-legamento tra Chiusi e il mare, che in questa fase vive un momento disviluppo testimoniato dalla necropoli della Pedata-Le Piane45. È pro-babile che la sopravvivenza della struttura economica di quest’area evi-denzi il persistere di un sistema organizzativo di tipo arcaico, ancoralegato all’eredità del ceto “principesco”, incarnata da una classe ma-gnatizia che si esprime attraverso i simboli di potere sociale dei cor-redi46. Una prospettiva simile a quella di Tolle è osservabile in un am-bito diverso, il comprensorio valdelsano, dove dalla tomba 7 della ne-cropoli di Dometaia sono emersi materiali che nel V secolo testimo-niano una continuità da legare alla vicinanza di una strada di impor-tante collegamento (Monteriggioni-San Gimignano-Volterra)47.La continuità caratterizza anche le vicende della necropoli del Bor-ghetto dove sono presenti ceramiche attiche a figure rosse insieme adalcuni vasi in argilla figulina e a un bronzetto femminile di offerente48.Il V secolo comunque si presenta come una fase meno chiara rispettoa quelle orientalizzante-arcaica e poi ellenistica. Fenomeni di rarefa-zione del popolamento rurale trovano paralleli in molti territori stu-diati, dove è ricorrente che le popolazioni delle campagne intorno alV secolo subiscano l’attrazione di centri polarizzatori 49.

Ellenismo (IV- prima metà I secolo a.C.)Rinvenimenti noti 18; rinvenimenti inediti 42.

Prima di esporre le evidenze ellenistiche dobbiamo aprire una pa-rentesi sui rinvenimenti non collocabili precisamente in una fase che

305

essendo considerato materia “eterna”, TORELLI, 1996, p. 333.35 Esemplari i casi della Banditaccia di Cerveteri, della Doganaccia e dei Monterozzidi Tarquinia, ma sono rappresentative anche situazioni minori. Per esempio il caso diSan Giuliano in Etruria interna, dove le tombe monumentali sono collegate alla pre-senza di un ceto aristocratico locale, erede di gruppi già insediati nella zona a partiredall’età del ferro, ZIFFERERO, 1991, p. 117.36 ZIFFERERO, 1991, p. 117-118.37 CRISTOFANI, 1993, p. 124; MENICHETTI, 2000, p. 205.38 Dove la serie di lastre architettoniche fittili esprime il potere esasperato dei suoi re-ges, TORELLI, 1997, p. 97.39 TORELLI, 1985, p. 28. Il teorizzato controllo ha trovato riscontri materiali anchedai risultati della ricognizione topografica che ha mostrato un potere fortissimo dellareggia su tutte le attività economico-produttive e sulle risorse del territorio, CAMPANA,2001, pp. 281.40 Validi confronti possono essere fatti anche con il territorio del Chianti, VALENTI,1995, pp. 393-397.41 CAMPOREALE-MOROLLI, pp. 423, 426.42 Abbiamo già evidenziato come i materiali della necropoli siano da riferire a un pic-colo centro rurale, sufficientemente ricco da importare prodotti da Chiusi, MONACI,1965, p. 426, ma con caratteristiche non paragonabili ai corredi della necropoli diTolle.

43 CAMPANA, 2001, p. 281.44 Per quanto riguarda la fase di decremento dell’abitato di Tolle possiamo citare l’in-tervento della Cimino che riprende la teoria di Cristofani secondo la quale la reces-sione fu comunque minore rispetto a quella che investì Sarteano e Cetona, inglobatidall’affermazione della polis chiusina, CIMINO, 1986, p. 13. Per la nuova interpreta-zione delle vicende della necropoli di Tolle, PAOLUCCI, 2002, pp. 256-257, dove sirivede anche la posizione dell’area sarteanese.45 PAOLUCCI, 1988, p. 105.46 CRISTOFANI, 1985, p. 29.47 Utilizziamo comunque questo paragone nonostante le differenze legate all’ambitodi riferimento considerandolo rappresentativo, CIACCI, 1999, p. 305.48 PISTOI, 1997, p. 47.49 CRISTOFANI, 1977, p. 76, per i confronti con altri territori, VALENTI, 1995, p. 396;CUCINI, 1990, p. 241; CAMPANA, 2001, p. 282.

abbiamo indicato come di generico periodo etrusco. Si tratta di 19evidenze, 10 note, 9 provenienti da ricognizione. I siti noti sono sol-tanto tombe e necropoli 50, mentre quelli riconosciuti da survey sono3 abitazioni in materiale deperibile e copertura in laterizi, una ge-nerica area insediativa, 2 frequentazioni, una necropoli, una tombae uno sporadico 51. Sono evidenze utili solo per una lettura com-plessiva del periodo, per questo sono state inserite nella fase elleni-stica che risulta la più corposa, dove possono dare senso a “spazivuoti” fornendo dati, da considerare con cautela non trattandosi dicronologie sovrapponibili, che in parte incrementano la compren-sione delle logiche di distribuzione. Le evidenze ellenistiche sono in totale 60 (fig. 5), delle quali 42 ri-conosciute da ricognizione. Il materiale noto è relativo soprattuttoad ambiti funerari (10 necropoli e 2 tombe) posti a circa 2 km in li-nea d’aria l’uno dall’altro. Già da questo primo dato emerge la dif-fusione del popolamento della Val d’Orcia ellenistica. Il numero dellenecropoli, secondo quanto già osservato per il territorio chiusino da

Cristofani, aumenta rispetto alla fase arcaica almeno dell’80%, rive-lando un incremento della popolazione rurale, ma soprattutto unmodo più capillare e diffuso, di popolare il territorio. Le necropolinon hanno più il compito di rappresentare il potere sociale, sono perla maggior parte di media entità, recano spesso iscrizioni che testi-moniano l’uso diffuso della scrittura in area chiusina anche in con-testi appartenenti a strati sociali di non particolare prestigio 52. Al-cune tombe appartengono a un ceto di affrancati, come quella deiCae (Cainal-Cainei) di Cretaiole, gentilizio che mostra la radice dalnome personale Caius 53. Questa osservazione riferisce dell’esistenzadi una società “allargata” rispetto al periodo arcaico, economicamentepiù omogenea, dove l’avvenimento di un’emancipazione è dichia-rato anche dalla scomparsa della monumentalità delle sepolture conla quale si comunicava l’appartenenza a una stirpe. Si lega alla fasedi progressivo allentamento dello strapotere delle classi magnatiziearcaiche l’insurrezione armata di Arezzo contro la famiglia aretinadei Cilnii 54. Alla vicenda di questa famiglia si collega la lastra iscrittascoperta presso il podere La Lama, non lontano da Sant’Anna inCamprena, dove si legge che la Cilnium genus tenta la riaffermazionedel proprio potere allargando la sfera degli interessi in Val d’Orcia,

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50 Schedario topografico, n. 1.3; Schedario topografico, n. 1.27; Schedario topogra-fico, n. 3.3; Schedario topografico, n. 6.3; Schedario topografico, n. 8.2; Schedariotopografico, n. 11.1; Schedario topografico, n. 13.2; Schedario topografico, n. 28.1;Schedario topografico, n. 34.2; Schedario topografico, n. 41.1.51 Schedario topografico, n. 93.1; Schedario topografico, n. 119.1; Schedario topo-grafico, n. 119.2; Schedario topografico, n. 142.1; Schedario topografico, n. 155.1;Schedario topografico, n. 164.1; Schedario topografico, n. 172.1; Schedario topo-grafico, n. 328.1; Schedario topografico, n. 339.2.

52 CRISTOFANI, 1977, p. 76.53 Sulla maniera degli affrancati di acquisire il cognomen partendo dal nome personaledel padrone, RIX, 1977, p. 65.54 Avvenuta nel corso del IV secolo a.C., MAGGIANI, 1985, p. 29.

Fig. 5. Distribuzione delle evidenze di fase ellenistica e di generico periodo etrusco

collegandoli a quelli di altre famiglie gentilizie 55. L’insurrezione diArezzo non è un fenomeno estendibile anche alla Val d’Orcia, ma lapresenza della lastra, dalla quale interpretiamo il bisogno di unionearistocratica, in un territorio che in fase ellenistica probabilmente èsocialmente stratificato nella consueta formula di oligarchia e pleberurale semiservile, forse rispecchia l’esistenza di un certo fermento 56.La conferma a questa considerazione giunge da Cosona dove intornoal 1960 fu scoperta un’urna dipinta con la scena dell’eroe etrusco checombatte con l’aratro contro tre guerrieri soccombenti 57, un’icono-grafia connessa ai moti libertari molto diffusa in ambito chiusino nelII secolo a.C. sui cinerari più modesti 58. A questo punto della ricostruzione storica possiamo inserire i dati pro-venienti da ricognizione, andando in parte a completare quanto quellinoti hanno permesso di ipotizzare fino a questo momento. Le 42 evidenze risultano proporzionalmente a favore della categoriadelle abitazioni: 26 abitazioni, 6 generiche frequentazioni, due areeinsediative non meglio definibili, tre complessi tipo fattoria, duetombe, due sporadici e una struttura di servizio 59 (fig. 6).La tipologia abitativa più ricorrente risulta ancora l’abitazione a co-pertura laterizia ed elevati in materiale deperibile. La dimensione me-dia è risultata molto simile a quella delle strutture arcaiche: 20x15m 60. L’ambiente preferito è il versante collinare, a quote medie che

si aggirano sui 400 m slm. I laterizi da copertura collegati a questestrutture sono legati all’impasto n.16, meno frequentemente ai nn.18 e 2061. La cultura materiale risulta caratterizzata dalla massiccia at-testazione di ceramica a vernice nera (30%), presente in 21 casi su 26,dalla ceramica a impasto grezzo (60%) e dalla ceramica comune(10%)62. In un solo caso è stata individuato un frammento di cera-mica sovradipinta appartenente a uno skyphos 63 (fig. 7).La vernice nera rispecchia un panorama essenzialmente di formeaperte, con la presenza di piatti, coppe, ciotole e coppe su alto piede.Tra le forme in impasto grezzo dominano le olle seguite dalle ciotolee dai dolia. Anche la ceramica comune è attestata per la maggior partenella consueta dicotomia di olle e ciotole. Gli impasti della ceramicagrezza evidenziano alcune differenza rispetto alla fase precedente. Gliunici due impasti che continuano sono il n. 12 e il n. 27. Mentre tro-vano un loro spazio proprio in questa fase i nn. 15,10 e 1164.Le tre evidenze indicate come complessi medio-grandi si trovano suposizioni molto diverse. Una è situata nella parte nord del comune,l’altra su uno dei primi rilievi collinari che caratterizzano la risalita versonord del piano dell’Orcia, l’ultima in habitat III, in una posizione in-termedia rispetto alle prime due65. Si tratta di concentrazioni di di-mensioni più importanti rispetto alle semplici abitazioni che non pre-sentano però a livello di cultura materiale varianti significative rispettoal corredo domestico delle abitazioni se non nella quantità di vasel-lame. In due casi si tratta di siti che presenteranno continuità fino allapiena romanità e oltre, rivelando il favore di una scelta effettuata giàin fase arcaica. Si tratta quindi di siti che potremmo definire di “suc-cesso” per i parametri di età classica, validi fino al passaggio ai criterimedievali che hanno causato il definitivo abbandono di questi spazi.Interessante, soprattutto per le informazioni sul tipo di sfruttamentoagricolo, risulta il sito individuato presso il podere Traverse 66. Si trattacon molta probabilità di una struttura dedicata a funzioni produttive,forse da collegare a un vicino edifico abitativo che purtroppo non ab-biamo individuato. La concentrazione nettissima che si trova su unpianoro, misura 20x18 m, presenta tracce di un tetto in coppi e te-

307

55 Per informazioni più dettagliate sul rinvenimento della lastra iscritta provenientedal podere La Lama cfr. capitolo III, Schedario topografico, n. 31.1.56 Per l’organizzazione della società tardoclassica ed ellenistica in domini e servi, e peril dinamismo tra le due componenti, MAGGIANI, 2000, pp. 229, 232.57 Schedario topografico, n. 3.4.58 RASTRELLI, 2000, p. 173.59 Abitazioni, cfr. Schedario topografico, n. 96.1; Schedario topografico, n. 100.1;Schedario topografico, n. 107.2; Schedario topografico, n. 117.1; Schedario topogra-fico, n. 130.2; Schedario topografico, n. 130.3; Schedario topografico, n. 141.2; Sche-dario topografico, n. 144.2; Schedario topografico, n. 152.1; Schedario topografico,n. 152.2; Schedario topografico, n. 168.1; Schedario topografico, n. 168.2; Schedariotopografico, n. 168.4; Schedario topografico, n. 173.1; Schedario topografico, n.180.3; Schedario topografico, n. 181.1; Schedario topografico, n. 185.1; Schedario to-pografico, n. 185.2; Schedario topografico, n. 202.2; Schedario topografico, n. 203.1;Schedario topografico, n. 215.3; Schedario topografico, n. 329.1; Schedario topogra-fico, n. 333.1¸ Schedario topografico, n. 333.2¸ Schedario topografico, n. 333.3. Lefrequentazioni, cfr. Schedario topografico, n. 86.1; Schedario topografico, n. 103.1;Schedario topografico, n. 148.1; Schedario topografico, n. 179.1; Schedario topogra-fico, n. 184.1; Schedario topografico, n. 217.1. Le fattorie, cfr. Schedario topografico,n. 83.1; Schedario topografico, n. 107.1. Le aree insediative, cfr. Schedario topogra-fico, n. 341.1; Schedario topografico, n. 348.1. Le tombe, cfr. Schedario topografico,n. 343.1.1; Schedario topografico, n. 348.3. La struttura produttiva, cfr. Schedario to-pografico, n. 163.1. Gli sporadici, cfr. Schedario topografico, n. 202.1; 216.1.60 Questo calcolo appare viziato dalle numerose abitazioni con misure non identifi-cabili perché riconosciute in ambiti plurifrequentati, dove la distinzione fisica tra la

fase ellenistica e le altre presenti non è risultata facile se non impossibile. In generaleil calcolo, come per la fase precedente, ha interessato anche gli spargimenti.61 Cfr. classificazione degli impasti, capitolo VII, paragrafo 1.1.62 I calcoli sulle classi ceramiche, come per il periodo arcaico, sono stati fatti sui ma-teriali con confronti.63 Cfr. Schedario topografico, n. 156.1.64 Tutti caratterizzati da inclusioni minuscole e cotture piuttosto buone, tendentispesso all’arancio acceso.65 Schedario topografico, n. 136.1; Schedario topografico, n. 107.1; Schedario topo-grafico, n. 83.1.66 Schedario topografico, n. 163.1.

0 5 10 15 20 25 30

Tomba

Struttura di servizio

Sporadico

Frequentazione

Complesso medio-grande

Area insediativa

Abitazione

30%

60%

10%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

Ceramica a vernice nera Ceramica a impasto grezzo Ceramica comune

Fig. 6. Tipologia delle emergenze ellenistiche Fig. 7 . Distribuzione percentuale delle classi ceramiche ellenistiche

gole. L’unica forma fittile presente è un contenitore in ceramica gri-gia, mentre è dominante la presenza di frammenti di dolia, grossi bloc-chi in cocciopesto e tre pesi da telaio tronco-piramidali. È possibileipotizzare con sicurezza le funzioni di stoccaggio e di tessitura, piùenigmatica invece rimane la presenza dei blocchi di cocciopesto, leg-gibili sia come parti di una vasca, forse per l’immersione di tessuti siacome ritagli di un pavimento.I siti a carattere funerario si concretizzano in due situazioni dellequali una è la notizia orale della presenza di una tomba, oggi nonpiù visibile, in località podere Porciano, la seconda è più complessae più integrabile con i dati relativi agli abitati. Si tratta nello speci-fico del riconoscimento di aree di cava che in una qualche fase sto-rica sono state ricavate su banchi di arenaria utilizzati come luoghidi sepoltura, presumibilmente in epoca etrusca, nello specifico infase ellenistica, sulla base dai materiali sporadici presenti. La zona èquella del podere Fonte all’Oppio, dove la sporadica presenza in su-perficie di laterizi da copertura associati a frammenti ceramici co-pre una superficie di almeno 10 ettari, purtroppo non lavorata equindi di difficile comprensione 67. Potrebbe comunque trattarsi diun’area insediativa di carattere rurale con la relativa necropoli. Que-sta forma di popolamento è verosimile che sia quella più adattabileal tipo di necropoli note, tendenzialmente di medie dimensioni, ri-spondenti a una popolazione rurale di livello sociale medio.In sette casi i siti ellenistici sono stati riconosciuti su posizioni più omeno prossime (variano da 0 a 300 m per una media di 120) a con-testi arcaici. Generalmente quello che sembra persistere del tipo diinsediamento arcaico è la diffusione a nuclei ristretti di abitazioni,disposte in gruppi di due o tre. Non sembrano al momento emer-gere formazioni più vaste e d’altronde le necropoli che conosciamosi dispongono in maniera talmente serrata da prospettare l’assenza diagglomerati troppo rilevantiOsservando nello specifico alcune singole contingenze emerge comeefficace caso di studio il poggio Villanova, per la possibilità di co-gliervi le evoluzioni del popolamento. Progressivamente a partiredall’Età del bronzo la fisionomia dei versanti del poggio è variata,scegliendo di volta in volta i fianchi opposti. In fase arcaica sonopresenti sul versante orientale due abitazioni, mentre dal III secoloa.C. si predilige il versante ovest, infatti tre abitazioni più o menoaffiancate, distanti circa 100 m l’una dall’altra, occupano il versanteoccidentale abbandonando quello opposto68. Forse il mutamentosi lega all’uso agricolo, la presenza di un peso da telaio in una delletre abitazioni ellenistiche prospetta la presenza della pastorizia equindi della necessità di terreni per il pascolo, che potrebbero es-sere divenuti quelli del lato est. Ma non abbiamo elementi per direaltro o per collegare in un discorso chiarificatore i pochi pezzi deiquali disponiamo.Elementi di rilevanza del territorio sono i due siti di Casa al Vento(Montepulciano) e Poggio Castellaccia, sedi di due fortezze d’al-tura, delle quali quella di Casa al Vento studiata meglio e cono-sciuta in tutte le sue fasi, che potremmo con più certezza chiamareoppidum, quella di Poggio Castellaccia poco nota e in modo su-perficiale 69. Gli insediamenti fortificati d’altura, sia oppida che ca-stella risultano punti nevralgici per il controllo del territorio, nellospecifico di Casa al Vento e Poggio Castellaccia possiamo prospet-tarne un inserimento nel sistema difensivo dei confini chiusini in

cui si includono i siti di Poggio Civitella (Montalcino) e Piazza diSiena (Trequanda) 70 (fig. 8).I dati del survey concordano con quanto già osservato per il terri-torio chiusino da Cristofani, che dal IV secolo a.C. in poi ha pro-spettato una “vera e propria diaspora verso le campagne”, che sistanzia solo parzialmente su quelli che sono stati i centri insedia-tivi di età arcaica 71.La capillare distribuzione dell’insediamento e delle necropoli da con-nettere al frazionamento dei terreni coltivabili 72 può corrisponderealla presenza di dolia per la conservazione di derrate agricole in tuttele piccole abitazioni rinvenute. Il territorio di Pienza tra IV e II se-colo a.C. pare allontanarsi progressivamente dal controllo delle fa-miglie di rango, residenti forse anche a Chiusi, lo dimostrano alcunireperti come le urne in pietra fetida scoperte a Cretaiole, che se daun lato riproducono modelli chiusini, dall’altro sono ormai depu-tati all’ambito locale dato che questo materiale nel periodo elleni-stico a Chiusi non viene più usato 73. I caratteri propri di questo ter-ritorio sono visibili anche dai luoghi sacri, come i depositi votivi diCasa al Savio e Pianoia, uno circa 1 km a sud, l’altro 900 m a norddell’oppidum di Casa al Vento, che si rifanno ad ambienti essen-zialmente agricolo-pastorali 74.Dal II secolo a.C. il territorio di Chiusi si trova nell’orbita dell’e-spansione romana che assicura la propria presenza attraverso sistemidi alleanze con le tradizionali famiglie aristocratiche75, una politicache ha permesso che le comunità della civitas Clusinarum si mante-nessero abbastanza “autonome” 76.

308

una vita “politica” all’interno della fortificazione, GIOVANNINI, 1986, p. 283, a Casaal Vento la presenza di un ingente insediamento è certa, mentre a Poggio Castellac-cia sopravvivono solo i lacerti e le tracce di grosse muraglie con materiali fittili che da-tano al periodo etrusco, ma mancano altre indicazioni. La collocazione nella fase el-lenistica deriva dalla generale cronologia offerta dal censimento tosco-laziale di sitid’altura che ha indicato il corso del V secolo a.C. come momento costruttivo inizialee la metà del III secolo a.C. come fase finale, GIOVANNINI, 1986, p. 298.70 DONATI, 2000, p. 313.71 CRISTOFANI, 1977, p. 76.72 RASTRELLI, 2000, p. 173.73 Schedario topografico, n. 25.2; RASTRELLI, 2000, p. 183.74 Schedario topografico, n. 39.2; Schedario topografico, n. 195.1. Sui depositi votividi Casa al Savio e Pianoia, MINETTI, 2001, pp. 32-41.75 TORELLI, 1985 (a), p. 226.76 PACK, 1988, pp. 14-15.

Fig. 8. Rete di fortificazioni ellenistiche a Pienza e nei territori limitrofi

67 Schedario topografico, n. 348, 1-5.68 Schedario topografico nn. 168.1, 168.2; 168.4.69 Schedario topografico nn. 11.1, 57.1. Il termine oppida sottintende l’esistenza di

309

3. PERIODO ROMANO

Riguardo il primo periodo romano, prima, media e tarda repubblicaabbiamo preferito considerarlo ancora legato alla sfera tardo etrusca,quindi ancora sotto l’intitolazione di periodo ellenistico. Il processodi romanizzazione che per le zone dell’Etruria interna si è rafforzatodalla fine del III secolo a.C. farebbe si che la fine del III e il II secoloa.C. potrebbero essere giudicati primi centenari del periodo romano.Abbiano deciso di allungare il periodo etrusco fino al II secolo a.C.trovandoci in un territorio in cui è stata dimostrata una romanizza-zione pacata e progressiva. Le tradizioni etrusche risultano vive an-cora nel corso del I secolo a.C. quando in testi funerari provenientidall’ambito chiusino, la nomenclatura latina si mescola a supportiepigrafici tipicamente etruschi1. Deduciamo da alcune steli sepolcraliaddirittura della piena età imperiale dove si menzionano aruspici chela sfera religiosa era ancora legata alle usanze etrusche 2.Tra fine III e I secolo a.C. il territorio di Chiusi sperimenta l’espan-sione di Roma che non è avvenuta in maniera violenta, i rapporti sonostati gestiti pacificamente attraverso patti unilaterali, mantenendo insostanza gli assetti territoriali preesistenti almeno fino agli scontri traMario e Silla3. La struttura insediativa tardo etrusca viene compro-

messa nel I secolo a.C. dalla concessione della cittadinanza romana (90a.C.) che va a favorire l’allargamento della base sociale minando l’e-quilibrio creato dagli accordi tra Roma e le classi dominanti. Som-mando a questo le confische delle terre avvenute in seguito alle ven-dette sillane per la politica filomariana seguita dai domini, risulta unasituazione di crisi del ceto che nel possesso della terra trasferiva la sta-bilità di un sistema ancora abbastanza autonomo. Sono questi i fattoriche favoriscono la penetrazione dei caratteri romani nel territorio.

Tarda repubblica-prima età imperiale (I secolo a.C.-IIsecolo d.C.)Rinvenimenti noti 15; rinvenimenti inediti 52.

Come per la fase ellenistica i rinvenimenti genericamente attribui-bili al periodo romano sono stati inseriti nella fase più corposa,quella datata I secolo a.C.-I secolo d.C., quando le caratteristichedella romanizzazione risultano visibili anche da superficie4. Si trattadi 12 evidenze provenienti dal materiale edito 5 e 21 da ricogni-

1 PACK, 1988, p. 20.2 Le steli alle quali si riferisce Pack sono ancora di ambito chiusino, PACK, 1988, p. 45.3 CRISTOFANI, 1985, p. 31.

4 È da questo momento che risulta chiara la presenza di siti come ville e fattorie at-torno ai quali si organizza la popolazione.5 Schedario topografico, n. 1.2; Schedario topografico, n. 3.5; Schedario topogra-fico, n. 6.4; Schedario topografico, n. 10.1; Schedario topografico, n. 11.1; Sche-dario topografico, n. 23.1; Schedario topografico, n. 25.4; Schedario topografico,n. 39.1; Schedario topografico, n. 41.1; Schedario topografico, n. 54.1; Schedariotopografico, n. 62.2; Schedario topografico, n. 62.4.

Fig. 9. Distribuzione delle evidenze tardo repubblicane-primo imperiali

zione 6. Tra i siti provenienti dal survey sono di maggior rilievo le11 evidenze interpretate come abitazioni con copertura in laterizi epareti probabilmente in materiale deperibile. Le tegole e i coppi uti-lizzano in prevalenza l’impasto n. 20, a volte accompagnato dal n.16. Le dimensioni di queste strutture purtroppo spesso sfuggono inquanto gli spargimenti e i trascinamenti eccessivi ne hanno impe-dito la misurazione. I casi nei quali le concentrazioni sono state mi-surate hanno rivelato una media di 15x10 m7. Verosimilmente laclasse delle abitazioni va allargata con i tre rinvenimenti definiticome generiche frequentazioni che danno l’impressione di essereabitazioni rovinate dagli eccessivi lavori agricoli. Risulta di partico-lare interesse il gruppo di 5 abitazioni ravvicinate individuate in lo-calità Il Mosca interpretabili come un piccolo agglomerato tipo vil-laggio, affacciato sul versante sud di un poggio degradante verso laVal d’Orcia. Sarà interessante anche seguire le vicende di questa lo-calità nei secoli successivi che vedranno la presenza di un’abitazionedi V-inizi VII secolo d.C. sorgere ai piedi del poggio, forse sulle basidi una delle abitazioni del precedente villaggio.La fase più ricca di rinvenimenti romani è quella compresa tra I se-colo a.C.-I secolo d.C. (periodo tardo repubblicano-primo impe-riale). Le unità topografiche di questa fase sono 50, alle quali vannosommati i 9 siti precedentemente noti8 (fig.9).Come per la fase precedente la tipologia dominante tra le struttureabitative riconosciute è l’abitazione di piccole dimensioni con 26unità topografiche rispondenti alle caratteristiche di ristrette con-centrazioni di materiale fittile associato nella tipica formula di tettoin laterizi, elevati in materiale deperibile, corredo domestico dacottura, mensa e dispensa9 (fig.10). Le frequentazioni non meglio definibili sono 610. Le categorie dimaggior impatto sul territorio sono le ville (2)11, le fattorie (4) e icomplessi medio-grandi (5). L’ultima definizione è volutamentepiù generica per indicare situazioni probabilmente collocabili trale fattorie, ma presenti sul terreno con caratteristiche meno

chiare12. La categoria definita area insediativa è stata usata per in-dicare già in precedenza zone dove chiaramente sono visibile traccedi frequentazione a scopo abitativo, ma dove non si riesce a capire,per motivi da imputare al depauperamento eccessivo delle evidenzeo alle condizioni di scarsa visibilità, il numero delle abitazioni13.Sono 6 le situazioni lette come aree insediative14. Infine una con-centrazione è stata definita come struttura di servizio15 .Nello specifico le abitazioni, come detto per lo più con elevati interra (pisè, mattoni crudi) o a graticcio hanno dimensioni medie di20 x 10 m. In alcuni casi sono state individuate tracce di pietre, forseutilizzate per la realizzazione di zoccoli che sostenessero la struttura,ma in molti casi la loro presenza può essere confusa con affioramentinaturali. È da considerare anche la diffusa pratica agricola di aspor-tazione del pietrame troppo grande dai campi per facilitare il pas-saggio dei mezzi meccanici che può aver disperso molto materiale dacostruzione. Tranne 3 casi che hanno restituito solo tegole, tutte leabitazioni hanno coperture in tegole e coppi, di impasto prevalente-mente n. 20, a volte affiancato dal n. 16. Una delle situazioni più in-teressanti a livello di organizzazione insediativa è quella riconosciutaintorno all’attuale complesso di Cosona. Le 13 abitazioni ricono-sciute sui versanti delle colline sono disposte in maniera regolare eravvicinata tale da consentire la definizione di villaggio. Una di que-ste che abbiamo indicato come fattoria è più vasta delle altre e ha uncorredo domestico più articolato e consistente, dove i frammenti dianfore dominano testimoniando la presenza di un’economia discambio che forse era gestita in particolare da questa struttura. Per quanto riguarda la cultura materiale riconosciuta nelle abitazionidobbiamo evidenziare una diversità rispetto alla fase ellenistica legataall’aumento della ceramica, probabilmente dipendente da una mag-giore diversificazione delle fasi di cottura e consumo dei cibi (fig.11).

310

6 Schedario topografico, n. 91.1; Schedario topografico, n. 112.1; Schedario topo-grafico, n. 153.1; Schedario topografico, n. 157.1; Schedario topografico, n. 167.1;Schedario topografico, n. 168.1; Schedario topografico, n. 170.1; Schedario topo-grafico, n. 180.1; Schedario topografico, n. 180.2; Schedario topografico, n. 183.1;Schedario topografico, n. 196.1; Schedario topografico, n. 226.1; Schedario topo-grafico, n. 318.1-3, 5-6; Schedario topografico, n. 320.1; Schedario topografico, n.324.1; Schedario topografico, n. 327.1; 7 Schedario topografico, n. 167.1; Schedario topografico, n. 318.2.8 Attestazioni note: Schedario topografico, n. 2.3; Schedario topografico, n. 25.3;Schedario topografico, n. 29.2; Schedario topografico, n. 34.1; Schedario topogra-fico, n. 37.1; Schedario topografico, n. 54.1; Schedario topografico, n. 55.1; Sche-dario topografico, n. 56.1; Schedario topografico, n. 120.1.9 Schedario topografico, n. 87.1; Schedario topografico, n. 91.2; Schedario topo-grafico, n. 98.1; Schedario topografico, n. 114.1; Schedario topografico, n. 130.1;Schedario topografico, n. 141.1; Schedario topografico, n. 143.1; Schedario topo-grafico, n. 159.1; Schedario topografico, n. 172.1; Schedario topografico, n. 191.1;Schedario topografico, n. 195.1; Schedario topografico, n. 202.2; Schedario topo-grafico, n. 207.1; Schedario topografico, n. 209.1; Schedario topografico, n. 214.1;Schedario topografico, n. 323.3; Schedario topografico, n. 335.3-7; Schedario to-pografico, n. 336.7-9; Schedario topografico, n. 338.1; Schedario topografico, n.340.1.10 Schedario topografico, n. 81.2; Schedario topografico, n. 111.1; Schedario to-pografico, n. 116.1; Schedario topografico, n. 137.1; Schedario topografico, n.161.1; Schedario topografico, n. 168.111 Quando utilizziamo il termine villa intendiamo sempre villa rustica, cioè com-plessi dai caratteri diversi rispetto alle ville schiavistiche della costa tirrenica. Sonoaziende rurali che ricercano minimi caratteri di lusso ma dai connotati propri di unterritorio interno, lontano dalle aree promotrici delle tendenze del periodo, CA-RANDINI, 1999, p. 782.

12 Ville: Schedario topografico, n. 87.1; Schedario topografico, n. 187.4. Fattorie:Schedario topografico, n. 71.1; Schedario topografico, n. 136.1; Schedario topo-grafico, n. 161.2; Schedario topografico, n. 336.6. Complessi medio-grandi: Sche-dario topografico, n. 83.1; Schedario topografico, n. 107.1; Schedario topografico,n. 204.1; Schedario topografico, n. 323.1; Schedario topografico, n. 331.1.13 Cfr. capitolo V, paragrafo 3.14 Schedario topografico, n. 73.2; Schedario topografico, n. 85.21; Schedario to-pografico, n. 89.1; Schedario topografico, n. 95.1; Schedario topografico, n. 187.1;Schedario topografico, n. 188.2.15 Schedario topografico, n. 111.2.16 Nel grafico i complessi medio-grandi sono sommati alle fattorie per fornire la di-mensione migliore dell’impatto rispetto alle altre categorie di un tipo di struttura cheper oggettività di metodo abbiamo distinto ma che in generale ha gli stessi caratteri.

0 5 10 15 20 25 30

Struttura di servizio

Villa

Fattoria + Complessomedio-grande

Abitazione

Frequentazione

Area insediativa

Fig. 10. Tipologia delle emergenze tardo repubblicane-primo imperiali 16

I complessi più rilevanti che da questa fase caratterizzano l’insedia-mento della valle, le fattorie e gli impianti medio-grandi sono unatipologia nota già da alcuni rinvenimenti avvenuti nel corso degliultimi trent’anni. Uno di questi siti si trova nella zona dei CampiRutiliani. Le notizie delle quali disponiamo non sono molto gene-rose, ma ne possiamo dedurre l’interpretazione come una strutturain pietra arenaria lavorata in blocchi poligonali, coperta da coppi etegole, forse con pavimentazione in cocciopesto (almeno per alcuniambienti). La presenza di notevoli frammenti di dolia testimoniaun’attività di conservazione dei prodotti, il rinvenimento di un pesotronco-piramidale fittile attesta sia la pratica della tessitura che piùa monte della pastorizia17. Un’altra fattoria, nota già del 1976 si tro-

vava presso la località San Gregorio. In questo caso le indagini sonostate più approfondite essendo stato condotto nel 1997 uno scavod’emergenza a causa di lavori di costruzioni edili18. Le dimensioni medie delle fattorie e dei complessi medio-grandisono di 40x20 m. In tutti i casi hanno copertura in tegole e coppi,nei consueti impasti nn. 20 e 16. Nella maggior parte dei casisono state riconosciute pietre per la costruzione degli elevati as-sociate a volte a mattoni19. Non è chiaro se i mattoni facesseroparte delle strutture di questa fase dato che sappiamo che lo svi-luppo su larga scala dell’utilizzo di mattoni cotti è avvenuto nelcorso della prima metà del I secolo d.C.20

È risultata regolare in tutti questi complessi la presenza di coccio-pesto che solo nella fattoria di Montello è affiancabile a tubuli ri-ferendo della probabile presenza di un impianto termale21. Nei re-stanti casi possono essere considerati parti di lastre pavimentali odi cisterne o vasche come nel caso della fattoria del podere Man-dorlo dove il cocciopesto si trova concentrato unicamente in un’a-rea di circa 4x4 m22. A un pavimento in opus sectile si possono farriferire le due tessere parallelepipede in marmo bianco e verde rin-venute in località podere Porciano23.In tutti i casi la presenza di anfore conferma un’economia di tipointensivo, in linea con l’aumento della richiesta di prodotti agricoli

311

17 Notizia da PISTOI, 1997, p. 41. Schedario topografico, n. 37.1.

18 Scavo SAT, anno 1997.19 Nel caso della fattoria di Montello le pietre erano anche di grandi dimensioni esquadrate, cfr. Schedario topografico, n. 83.1.20 CAGNANA, 2000, p. 107.21 Schedario topografico, n. 83.1.22 Schedario topografico, n. 107.1.23 Schedario topografico, n. 331.1.

30%

66%

4%0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

Acroma grezza Acroma depurata Altro

Fig. 11. Distribuzione percentuale delle classi ceramiche delle abitazioni

Fig. 12. Localizzazione di dominio sulla Val d’Orcia del sito della fattoria di Porciano.

dalle aree rurali verso la capitale che dal II secolo a.C. indirizza lapolitica economica verso lo scambio e la produzione di surplus 24.Altri tipi di attività sono testimoniate a Montello, grazie al rinveni-mento di due pesi da telaio dei quali uno in granito, legato all’atti-vità di tessitura. A Montello sono presenti anche un notevole nu-mero di scorie di lavorazione del vetro concentrate in un’area ri-stretta, appartata rispetto alla concentrazione principale indicatacome fattoria, relativa a un struttura di servizio legata a una forgia 25.Due evidenze sono state interpretate come ville. La differenza conle fattorie non riguarda le dimensioni, che comunque nelle villesono maggiori, o la quantità di materiale archeologico affiorantema la presenza di alcune tipologie di reperti come le tessere di mo-saico, l’intonaco dipinto, i tubuli e il cocciopesto relativi a impiantitermali che connotano una certa ricercatezza 26. Un elemento caratterizzante della posizione delle ville ma anchedelle fattorie è la scelta di pianori che vanno in media dai 400 ai500 m slm, affacciati su aree aperte di dominio e protetti in generesul lato opposto da rilievi (fig. 12).Le dimensioni medie delle ville sono di 60x40 m. La copertura intutti i casi è in coppi e tegole negli impasti nn. 20 e 16. Gli elevati,come per le fattorie sono in pietra e mattoni 27.Per quel che concerne la cultura materiale delle fattorie, delle villee dei complessi medio-grandi risulta dominante la ceramicaacroma depurata (52%), seguita dalla acroma grezza (39%) e dallaTerra sigillata italica (9%). Analizzando nella totalità i siti di fase tardo repubblicana-primo impe-riale emergono alcuni elementi che attraggono immediatamente l’at-tenzione. Primo fra tutti è l’allineamento seguito dalle fattorie e ville,inframmezzate da abitazioni minori, lungo una direttrice che taglia ilterritorio da nord-ovest a sud-est. È possibile che questo chiarissimo al-lineamento rispecchi un tracciato stradale romano. Risulta evidente an-che l’allineamento est-ovest emerso nei pressi di Cosona. Se ipotiz-ziamo che la disposizione delle unità topografiche suggerisca la viabi-lità è possibile che essa ricalcasse l’andamento di crinale di quellaodierna. Altri due allineamenti chiari sono quello est-ovest dispostosulle prime colline lungo l’Orcia che ospitano alcuni siti probabilmenteaffacciati sulla viabilità che doveva sfruttare come oggi la piana allu-vionale del fiume. L’altro è quello orientano nord-sud che dalla zonadi Tolle-Casa al Vento porta fino all’estremo limite sud del territorio,seguendo la piana alluvionale dell’Orcia in direzione della sorgente.Alcuni di questi tracciati trovano una significativa corrispondenza conle indicazioni proposte per il passaggio della via ausiliaria della Cassiache da Chiarentana passando per Palazzo di Polo, giungeva a Speda-letto 28. I tacciati viari risultano connessi in particolare con le ville efattorie. Infatti la viabilità e quindi l’apertura ai contatti è stata già ri-conosciuta come uno degli elementi da collegare a queste aziende 29.L’insediamento rurale mostra un cambiamento intorno al I secoloa.C., quando da ricognizione si percepiscono le tracce della romaniz-zazione espresse dalle ville e fattorie30. Quello che le ricerche di super-

ficie non possono vedere sono i processi che hanno portato a situazionicompiute delle quali sono percepibili gli esiti. Quindi non abbiano se-gni lasciati dalle vicende che portano in tutto il mondo romano, in fasie modalità diverse, alla confisca di terreni e alla loro riconversione e ac-corpamento in aziende agrarie medio-grandi31. Di questo corso ve-diamo gli esordi, cioè la proprietà frazionata della fase ellenistica, le-gata alle abitazioni individuate in maniera capillare sul territorio e l’e-sito, le ville rustiche della prima età imperiale. Le accennate modalitàdi avvenimento del processo legate a territori diversi si mostrano nelnostro caso nel fatto che la distribuzione delle proprietà, in ogni ma-niera, non deve aver subito uno stravolgimento eccessivo se pensiamoche solo il 27% delle evidenze ellenistiche si localizzano in aree non in-teressate successivamente dall’insediamento altoimperiale. Della con-vivenza che è emersa fra aziende produttive e piccole abitazioni pur-troppo non sono chiari i rapporti di interscambio che certamente de-vono essere esistiti32. Potrebbe essere relativamente più percepibile ilrapporto tra ville e villaggio. Il nostro villaggio di Cosona, come nelcaso della Valle dell’Albegna, si trova in posizione isolata rispetto aquella che è risultata la zona più occupata da ville e fattorie, tenden-zialmente la porzione est del territorio. È prospettabile per il villaggiouna funzione di coltivazione autonoma delle terre, affiancata da unadi lavoro sussidiario in certe attività stagionali presso le ville e fatto-rie 33. Forse non è un caso che il villaggio di Cosona si trovi in un’areaa vocazione quasi esclusivamente cerealicola o allevatizia, a causa deldominio dei suoli argillosi che può avere spinto la popolazione a sceltedi vita collettiva 34. Al contrario è evidente anche la concentrazione diville rustiche in zone geologicamente più varie e quindi più fruttuoseper la possibilità di ottenere coltivazioni diversificate 35. Le ville del no-stro territorio dovettero vivere una stagione di favore che comprese an-che il pieno II secolo d.C. quando con buona probabilità furono ar-ricchite dei bagni privati che in strutture di ambito rurale trovano re-golare diffusione nel corso del II secolo d.C. 36.

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24 CRISTOFANI, 1976, p. 14; CRISTOFANI, 1977, p. 78.25 Schedario topografico, n. 83.3.26 Schedario topografico, n. 97.1; Schedario topografico, n. 187.4.27 Per l’utilizzo dei mattoni vale la stessa osservazione fatta per le fattorie, non siamocerti che i frammenti presenti appartengano alla struttura di questa fase.28 MARONI, 1990, p. 55.29 CARANDINI, 1999, p. 776; SCHIAVONE, 1999, pp. 732-734.30 “La romanizzazione si andò svolgendo in modo largamente spontaneo. Roma(…) continuava ad avere ogni interesse a garantire la consistenza sociale ed econo-mica e quindi il ruolo politico delle élite alleate…”, GABBA, 1999, p. 284.

31 GABBA, 1999, p. 289; CARANDINI, 1985, pp. 145-146.32 La compresenza della piccola proprietà contadina con le ville rustiche è noto siaesistita e almeno teorizzata, per certe fasi e certe zone, GABBA, 1999, p. 290.33 FENTRESS, 2002, p. 192.34 Tenendo conto delle differenze dovute alla posizione, possiamo indicare una certasimilitudine con i villaggi della costa delle valli del Tafone e del Chiarone, FEN-TRESS, 2002, p. 192.35 Che sappiamo essere una prerogativa ricercata dalle aziende agricole della primaetà imperiale. La villa è “quasi sempre un intreccio di orti, frutteti, vigneti, oliveti,campi frumentari, prati e boschi”, CARANDINI, 1999, p. 782.36 Le terme sia pubbliche che private furono la sede dei maggiori investimenti nelcorso del II secolo d.C., PAPI, 2000, p. 126.

39%

52%

9%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

Acroma grezza Acroma depurata Terra sigillata italica

Fig. 13. Distribuzione in percentuale delle classi ceramiche delle ville, fattorie ecomplessi medio-grandi

Rispetto alla fase ellenistica sono poco note le aree funerarie. Ledue necropoli di Tolle e del Borghetto vivono gli ultimi strascichiche arrivano fino al II-I secolo a.C. Alcune urne in travertino pro-vengono da Spedaletto 37, la necropoli rupestre a colombari dellaBuca delle Fate ricavata sul costone di arenaria antistante Fabbricadatata alla generica età etrusco-romana, forse è attiva anche in que-sta fase38. Da ricognizione non abbiamo se non in un unico pro-babile caso, individuato tracce sul terreno interpretabili come se-polture. La probabile tomba alla cappuccina è stata riconosciuta acirca 300 m dalla prima frequentazione tardo repubblicana-primoimperiale del sito del podere Fornace 39.

Media e tarda età imperiale (III-IV secolo d.C.)Rinvenimenti noti 0; rinvenimenti inediti 12.

Il carattere ancora diffuso dell’insediamento dei primi secoli del-l’Impero risulta molto diverso nella media e tarda età imperiale. Irinvenimenti compresi tra III e IV secolo d.C. sono rari e soprat-tutto concentrati su pochi grandi siti altoimperiali (fig. 14). Spe-cificatamente sono una fattoria, un complesso medio-grande e

una villa 40, 3 abitazioni 41, una frequentazione 42, due strutture diservizio 43 e un’area insediativa 44. Rispetto alle 26 abitazioni dellafase precedente si passa al ridotto numero di 2. Sono evidenze dinuova fondazione che solo in uno dei due casi si trova nei pressidi una villa destrutturata apparentemente nel corso del II secolod.C., un solo frammento sembra infatti datare alla tarda antichità.L’altra abitazione si trova in un’area marginale, lontana dalla zonapiù frequentata in epoca imperiale, all’estremo sud del territorio.Questa contrazione dell’insediamento segue un trend già evidenziatoper altre zone dell’Etruria e della provincia di Siena in particolare 45.La forte diminuzione dell’insediamento naturalmente potrebbe di-pendere solo in parte da un fatto reale, ma anche considerate le atte-nuanti dovute al problematico riconoscimento della ceramica, la fles-sione risulta comunque evidente 46. In generale il III secolo è certa-

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37 Schedario topografico, n. 14.3.38 Schedario topografico, n. 41.1.39 Schedario topografico, n. 191.1. Il sito avrà la sua fase più consistente nella tardaantichità.

40 Schedario topografico, n. 71.1; Schedario topografico, n. 83.1; Schedario topo-grafico, n. 97.1.41 Schedario topografico, n. 102.1; Schedario topografico, n. 160.1; Schedario topo-grafico, n. 181.3; Schedario topografico, n. 188.1; Schedario topografico, n. 207.1.42 Schedario topografico, n. 314.1.43 Schedario topografico, n. 83.2; Schedario topografico, n. 83.3.44 Schedario topografico, n. 179.1.45 Per l’Etruria, CUCINI, 1985, p. 300; POTTER, 1985, pp. 152-158; CARANDINI,1985, pp. 82-84; REGOLI, 2002, pp. 218-219. Per la provincia di Siena, VALENTI,1995, p. 400; CAMPANA, 2001, pp. 302.46 In quanto va tenuto conto della difficile riconoscibilità da superficie dei reperticeramici di questa fase. Molte delle forme in vita fra II, III e IV secolo d.C. esistono

Fig. 14. Distribuzione delle evidenze medio e tardo imperiali

mente un periodo di crisi definito da alcuni “autentico terremoto am-ministrativo” 47. L’unico elemento chiaro nel nostro caso è la conti-nuità di vita di alcuni complessi rurali a scapito di altri. In tre siti traville, fattorie e complessi medio-grandi sono stati raccolti frammentidi sigillata africana di III secolo e monete di III e metà IV secolod.C 48. I siti forse più interessanti sono le due fattorie di Montello edi Casa Nuova che sembra vivano il momento di massimo sviluppoproprio a partire dalla fine del II prima metà del III secolo, sopravvi-vendo almeno fino al VI secolo d.C. In ambedue i casi la media etàimperiale è attestata da elementi certi come le 3 monete di III e unadi metà IV secolo, un sesterzio di Filippo l’Arabo, 244-249 d.C.; unfollis di Massimiano Ercole, 286-305 d.C.; un antoniniano di Probo,276-282 d.C.; un follis di Costanzo II, 337-361 d.C. per Montello;una moneta di Costantino, 321 d.C. per Casa Nuova. La tendenzadel territorio sembra essere da un lato quella verso la selezione di al-cuni siti, dall’altro verso la crescita di nuove forme insediative di uncerto rilievo 49. Il fenomeno della selezione è da riferire alla tendenzaverso l’espansione di alcune proprietà in seguito all’abbandono di al-tre che ha portato all’affermazione del latifondo e di centri sempre piùgrandi attorno ai quali può essersi concentrato l’insediamento 50. Nel-l’interpretazione che diamo dobbiamo tenere conto che in 5 siti de-gli 11 classificati come aziende agricole altoimperiali di un certo ri-lievo (ville, fattorie, complessi medio-grandi) abbiamo individuatotracce tardo antiche, ma che solo in 3 casi abbiamo attestazioni ma-teriali del III e pieno IV secolo d.C. Un’osservazione necessaria quindiè che almeno nel 50% delle situazioni non sia avvenuto un abban-dono a favore invece della tendenza verso la continuità fino al princi-pio del VI secolo. Potremmo proporre per il nostro territorio unacerta similitudine con l’Etruria settentrionale, dove le ville che comele nostre hanno caratteri più marginali, risentono meno della crisi deimercati e in genere delle colture intensive, facendo forza sul proba-bile ruolo preminente già in origine delle colture estensive (cereali-coltura e pastorizia), rispetto all’Etruria più meridionale, dove l’ab-bandono di un’alta percentuale di ville inizia già dal II secolo d.C.51.Osservando i siti che continuano a sopravvivere ci troviamo di frontealla difficoltà di darne una definizione chiara. Abbiamo continuato adefinire villa la struttura presente a Santa Maria dello Spino e com-plesso medio-grande quella di Montello, ma risulta chiaro che le dueville rustiche in questa fase fossero qualcosa di diverso, come suppor-

tano i confronti con altre situazioni che vanno dal pisano e volter-rano 52, addirittura a zone che superano la linea appenninica come lafattoria cispadana di Calderaia di Reno, dove un’officina di fondi-tori, fabbri e vetrai occupa alcuni spazi domestici dell’impianto im-periale53. Questa destinazione potrebbe trovare un parallelismo nellanostra fattoria di Montello dove sarebbe allettante collegare le nume-rose scorie di vetro relative a una forgia alla sua possibile riconversionetardo imperiale, ma mancano elementi datanti da superficie per av-valorare questa ipotesi. Un’indubbia vitalità dei due centri è rivelatacomunque dal fatto che a Santa Maria dello Spino fosse giunta unaciotola in Sigillata africana e a Montello da superficie siano state rac-colte addirittura 4 monete di questa fase.Le poche abitazioni individuate potrebbero essere appartenute alsubstrato di contadini, forse i coloni che in questa fase vengono vin-colati alla terra e ai fondi sui quali risiedono e sui quali lavorano 54.

Tarda antichità (fine IV - VI secolo d.C.) Rinvenimenti noti 2; rinvenimenti inediti 27.

La prima osservazione che facciamo precedere all’esposizione dei dati èsulla questione della cronologia. Tutte le evidenze individuate sono col-locabili in un arco che comprende almeno due secoli, infatti i confronticon i quali abbiamo datato i frammenti ceramici in tutti i casi hannoavuto oscillazioni comprese tra la fine del IV e il VI secolo d.C., senzariuscire ad isolare una forbice temporale più ristretta. Le evidenze diquesta fase hanno permesso un incremento inatteso rispetto ai tre sitinoti in precedenza, sostenendo la comprensione di un periodo di tran-sizione e mutamento 55. Sono 27 le evidenze individuate da ricogni-zione, classificate come abitazioni per la percentuale maggiore (12) 56,complessi medio-grandi (5) 57, generiche frequentazioni (3) 58, aree in-sediative (3) 59 e aree di servizio (4) 60 (fig. 15).Un’osservazione interessante riguarda le tracce interpretate come fre-quentazioni, cioè labili attestazioni tardo antiche individuate tra il ma-teriale di impianti altoimperiali. La casistica si è verificata nei siti delle

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già nel I secolo. Indicatori precisi come la sigillata per la prima età imperiale non cisono più, in quanto le sigillate africane, pur se ben databili, sono scarsamente pre-senti sul nostro territorio.47 GIARDINA, 1986, p. 12; MARCONE, 1993, p. 824.48 Un frammento di ciotola in Sigillata africana viene dalla villa di Santa Maria delloSpino, Schedario topografico, n. 97.1. Monete di III e IV secolo vengono da Mon-tello, Schedario topografico, n. 83.1 e infine una moneta di inizi IV viene da CasaNuova, Schedario topografico, n. 71.1.49 Questo tipo di selezione avviene anche in ambito pisano. A questa selezione si le-gherà la futura presenza della pieve, che contribuirà a far divenire questi centri puntinodali della vita non solo religiosa del territorio, CIAMPOLTRINI, 1995, p. 558.50 Sull’espansione di alcune aziende a scapito di altre e il conseguente concentramentodelle proprietà sotto un ridotto numero di fuochi aziendali che divennero i nuovi cen-tri amministrativi, CARANDINI, 1999, p. 779. La tendenza già evidenziata per altrezone dell’Etruria all’assorbimento da parte dei proprietari più facoltosi dei piccolifondi adiacenti, ha generando aspetti di diminuzione dei siti, POTTER, 1985, p. 154.In zone vicine il fenomeno è evidenziato nel Chianti senese, VALENTI, 1995, p. 399e nella Valdelsa dove dal II secolo d.C. il quadro del popolamento appare in nettocalo, sino a sembrare spopolato per i successivi due secoli, VALENTI, 1999, p.317-318.51 Per l’Etruria settentrionale, nello specifico l’area del pisano, PASQUINUCCI, 1988,pp. 82-84; PASQUINUCCI, 1984, pp. 120-123. Per la zona più meridionale, nellospecifico la Valle dell’Albegna, REGOLI, 2002, p. 220.

52 Per il pisano ci riferiamo alla ristrutturazione tardo antica della villa di Anniano,CIAMPOLTRINI-MANFREDINI, 2001, pp. 172-173. Per il volterrano alla villa di PieveVecchia nel territorio di Casale Marittimo, CIAMPOLTRINI, 1995, p. 562.53 ORTALLI, 1996, p. 13. Un lavoro generale come il 1° Convegno Archeologico delGarda che ha raccolto testimonianze sulla fine delle ville in ambito centro-setten-trionale ha permesso di unificare le dinamiche delle fasi finali di questi complessi,che abbastanza omogeneamente sembrano finire intorno alla fine del V-inizi VI se-colo d.C., testimoniando una generale riconversione, ricostruzione o degrado nellefasi finali, BROGIOLO, 1996, p. 109.54 Sul fenomeno del colonato, CAPOGROSSI COLOGNESI, 1986; VERA, 1986.55 Per un inquadramento del periodo, SCHIAVONE, 1998, pp. 43-64. I tre siti notisono le tracce di frequentazione della fattoria dei Campi Rutiliani, Schedario To-pografico n. 37.1, la fattoria di S. Gregorio, Schedario Topografico n. 128.1 e lafrequentazione della villa di Montauto (Montepulciano), Schedario Topograficon. 120.1 .56 Schedario Topografico, n. 87.1; Schedario Topografico, n. 111.1; Schedario To-pografico, n. 135.1; Schedario Topografico, n. 150.1; Schedario Topografico, n.168.3; Schedario Topografico, n. 172.3; Schedario Topografico, n. 187.2; Scheda-rio Topografico, n. 191.1; Schedario Topografico, n. 205.1; Schedario Topogra-fico, n. 220.1; Schedario Topografico, n. 335.1; Schedario Topografico, n. 335.2.57 Schedario Topografico, n. 71.1; Schedario Topografico, n. 83.1; Schedario To-pografico, n. 107.1-323.1; Schedario Topografico, n. 331.1.58 Schedario Topografico, n. 97.1; Schedario Topografico, n. 212.1; Schedario To-pografico, n. 348.3.59 Schedario Topografico, n. 73.1; Schedario Topografico, n. 187.1; Schedario To-pografico, n. 321.3.60 Schedario Topografico, n. 121.1; Schedario Topografico, n. 191.2; SchedarioTopografico, n. 315.8; Schedario Topografico, n. 327.7.

ville di S. Maria dello Spino, di S. Antonio e di Montauto, quest’ul-timo è un sito noto sul quale è stata effettuata una ricognizione che hapermesso di individuare alcuni frammenti di VI secolo che insieme alrinvenimento avvenuto nel XVIII secolo di monete di Costantino, at-testano la probabile utilizzazione del sito anche nei secoli successivi allafase più imponente 61. Negli altri due casi si è trattato in sostanza dellastessa situazione, l’esiguità dei frammenti tardo antichi ha permesso diipotizzare una rioccupazione di tono minore. I riusi di ex ville sonoconformi ad un trend verificato in altri ambiti territoriali come ilChianti senese, dove la rioccupazione tardo imperiale di ville avvienecon ogni probabilità da parte di singoli nuclei familiari 62. Un esem-pio ancora più vicino è ricordato nel territorio di Chianciano, dove èstata riconosciuta una precaria riutilizzazione della villa in località LeCamerelle 63. Naturalmente continuità fisica non vuol dire continuitàdelle funzioni originarie, siamo certamente di fronte ad una riconver-sione dei medesimi spazi 64. Ciò è quanto mai dimostrato dal tipo dicultura materiale, limitata quasi esclusivamente ad olle e ciotole in ce-ramica acroma grezza (90%) 65, un solo frammento è in acroma de-purata, mentre è risultata assente l’ingobbiata di rosso.

Queste testimonianze non sembrano interessare le fattorie o comun-que i complessi medio-grandi che paiono mantenere un livello più vi-cino, almeno dal numero di frammenti presenti, alla dimensione dellaprima fase. Sono i casi di Montello e dei poderi Mandorlo e Porciano,tre fattorie che hanno restituito importanti quantità di reperti di fineIV-VI secolo. Sembra che la maggiore rilevanza del primo Impero cor-risponda ad una più pesante trasformazione nella tarda antichità. Ac-canto a queste ci sono anche situazioni nelle quali i siti si potenzianotra fine IV-VI secolo, come nei casi della fattoria di Camprena, uncomplesso ben strutturato, composto da 5 unità topografiche distinte,affacciate su un’area probabilmente aperta (cortile?), destinate ognunaa funzioni diverse, una certamente residenziale, una assegnata a ma-gazzino, una ad attività produttive (forgia e forse una fornace per late-rizi) 66. In questo caso sono scarsi i reperti che datano alla prima età im-periale, in subordine rispetto a quelli tardo antichi. Situazione simileanche presso la fattorie di Casa Nuova, dove le uniche tracce primo im-periali ben databili sono solo due frammenti di Terra sigillata italica.In generale le evidenze tardo antiche nel 24% dei casi si attestanosu aree di precedente utilizzo tardo repubblicano-primo imperiale.Mentre solo il 13% del totale sono nuove fondazioni in aree non

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61 Cfr. Schedario Topografico n. 120.1.62 CAMBI et alii, 1994, pp. 197-198.63 PAOLUCCI, 1988, p. 107.64 È chiarissimo e illuminate l’intervento di Carandini al riguardo, CARANDINI, 1993.65 Con predominanza degli impasti nn. 11, 10, 3, 4, 12. Si tratta di impasti piutto-sto depurati, solo in alcuni casi sottoposti a cotture particolarmente riducenti. Siagli impasti che le forme sono indicatori della padronanza di tecnologie competenti.

66 La leggibilità così chiara del sito è da collegare a lavorazioni agricole che de-vono aver interessato il terreno da non molti anni. I frammenti si trovano ancoraben conservati e soprattutto risulta chiara la distinzione in 5 aree, caratterizzate dapietrame solo in corrispondenza degli affioramenti fittili e da forti scurimenti delterreno ben misurabili. Anche la morfologia dell’area sopraelevata ma pianeg-giante avrà permesso la conservazione dei depositi.

Fig. 15. Distribuzione delle evidenze tardo antiche

coincidenti con siti della piena romanità. L’aderenza con i siti sceltinella prima età imperiale segnala la verosimile validità di alcuni al-lineamenti messi in relazione con probabili tracciati viari. E’ rispet-tata la regolare localizzazione in senso est-ovest sui primi rilevi dellaValle dell’Orcia, come la linea nord-ovest/sud-est che da Pienza sicollega alla valle del Tresa. Continuano ad essere utilizzati i versantiaffacciati sul torrente Miglia nella zona a sud del Castelluccio, cer-tamente dominanti la viabilità che doveva portare, come già in epocaetrusca, al valico della Foce e alla zona di Chiusi.I contesti altoimperiali sono evidentemente ancora fonte di attrazionee se per quelli più rilevanti si può immaginare la presenza di materialida costruzione di facile reperimento, per quelli minori potrebbe es-sere la vicinanza con l’arteria viaria il motivo di maggiore richiamo 67. La tipologia insediativa più presente sul territorio è la singola casasparsa, nello specifico l’abitazione in materiale deperibile e coper-tura in laterizi (fig. 16).Le posizioni prevalenti sono su versanti e su pianori a quote medieche si aggirano sui 400 m slm. Le tracce in genere segnalano coper-ture in tegole e coppi, in prevalenza di impasto n. 20 affiancato in

alcuni casi dai nn. 16 e 18. Le misure medie degli spargimenti sonodi 18x12 m. Nella maggior parte dei casi non è stato possibile rico-noscere con certezza la tecnica utilizzata per gli elevati, probabil-mente realizzati in materiali deperibili. In tre casi è stata notata lapresenza di pietre utilizzate per le strutture, non è chiaro se per tuttigli elevati o solamente per gli zoccoli, considerazione difficile da ma-turare a causa della già ricordata prassi contadina di ripulitura dalpietrame dei fondi agricoli. È probabile che già in origine la sceltadi un determinato materiale da costruzione fosse legata alla sua fa-cile reperibilità. Non a caso infatti le tre abitazioni con pietre si tro-

vano su zone come la piana dell’Orcia, dove è evidente la facile pos-sibilità di usufruire di ciottoli di fiume; la collina di Poggio Villa-nova, anch’essa caratterizzata da affioramenti naturali di pietra comela zona di altura del podere Casato a est di Monticchiello.Proprio il Poggio Villanova si ripropone anche per questa fase comeun caso di studio unico. Sul versante occidentale ad ogni terrazzo sipuò collegare un’evidenza di fase diversa. Nelle parti più basse delversante si trovano due abitazioni, una ellenistica l’altra primo im-periale, mentre sul terrazzo più alto quasi sulla sommità del poggio,allineata alle concentrazioni sottostanti, si trova l’abitazione in pie-tra tardo antica. In questa sequenza progressiva viene “fotografato”il fenomeno di risalita verso le alture che in 600 anni avrà causato latrasformazione dell’aspetto del poggio, alternando la disposizionedelle aree abitate e di quelle agricole 68.La cultura materiale individuata nelle abitazioni vede una parità diutilizzo di contenitori in acroma grezza e in acroma depurata (rispet-tivamente 48% e 56%). Tra la ceramica grezza dominano gli impa-sti abbastanza depurati (nn. 2,3,4,15). Le forme più attestate sono leolle, meno le ciotole e scarsamente presenti i coperchi (fig. 17).

I tipi di olle sono molto caratterizzanti, modellati con i consueti pro-fili sagomati, ricorrentemente adattati ad alloggiare il coperchio. Ifondi sono in genere apodi. Le pareti sia in grezza che in depurataquando sono decorate, mostrano linee parallele incise, motivi a “zig-zag”, onde raccolte in bande di vario spessore, tacche impresse a for-mare complessi motivi geometrici. Le classi prettamente indirizzatealla mensa, la depurata e l’ingobbiata di rosso sono presenti in formechiuse, tipo boccali e con le ciotole, in molti casi imitanti produzionitipiche della Sigillata africana. Proprio la depurata è la classe che sem-bra prestarsi alla maggiore eterogeneità funzionale. Il corredo cera-mico delle abitazioni rappresenta una società rurale che produce es-senzialmente per l’autoconsumo, sono sempre presenti dolia e conte-nitori per la conservazione. E’ verosimile supporre che scarse attivitàdi scambio comunque avvenissero dato che nella maggior parte delleabitazioni sono presenti frammenti di anforacei, che pur nella loroesiguità prospettano un tipo di economia che non è solo di sussistenza.Questo elemento insieme al mercato delle ingobbiate di rosso che imi-tano forme in Sigillata africana sono gli indicatori più evidenti dellaresistenza di forme di mercato nel territorio.Per quanto riguarda la categoria dei complessi medio-grandi dobbiamospendere alcune considerazioni sul loro possibile ruolo. Certamente

316

67 La frequenza con la quale le pubblicazioni archeologiche mostrano rioccupazionidi siti imperiali è testimone di un fenomeno particolarmente diffuso. Abbiamo giàricordato per la tarda età imperiale la fattoria cispadana di Calderara di Reno, OR-TALLI, 1996, p. 13, nella zona bresciana c’è il caso di Pontevico, dove la pars ru-stica di una villa imperiale, viene riutilizzata tra IV-V secolo d.C. da modeste strut-ture su zoccolo in muratura e alzati lignei. Analoga situazione si è presentata nellavilla di Nuvoleto, ROSSI, 1996, pp. 35-37. Tali manifestazioni sono ricorrenti an-che in ambiti urbani, per esempio nell’insula di S. Giulia a Brescia dove la grandedomus di età augustea viene rioccupata tra V-VII secolo d.C. In via Alberto Mariolo scavo di una parte della città di fase tardoantica ha mostrato il riuso di alcuni vanidi una domus imperiale, BROGIOLO, 1993, pp. 74-74. Il fenomeno del recupero dimateriale edilizio è ampiamente testimoniato anche nelle città dell’Emilia-Roma-gna, GELICHI, 1994, pp. 567-600. Nella Toscana tardo antica si conoscono feno-meni di condensazione dell’abitato intorno ad edifici rimasti in efficienza, a Luccacome negli scavi di Fiesole e Firenze, CIAMPOLTRINI, 1994, pp. 615-620.

68 Un fenomeno già individuato nel Chianti senese dove in fase tardo antica si re-gistra uno spostamento delle case di poche centinaia di metri, raggiungendo posi-zioni sommatali, CAMBI et alii, 1994, p. 302.

0 2 4 6 8 10 12

Area di servizio

Frequentazione

Complesso medio-grande

Area insediativa

Abitazione

Fig. 16. Tipologia delle emergenze tardo antiche

48%46%

6%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

Acroma grezza Acroma depurata Depurata ingobbiata dirosso

Fig. 17. Distribuzione percentuale delle classi ceramiche delle abitazioni

hanno un impatto sul territorio molto diverso da un’abitazione, la me-dia dell’estensione dei loro spargimenti è di 100x60 m 69. Le struttureerano in pietra con copertura in tegole e coppi (impasto n. 20). La cul-tura materiale dei complessi medio-grandi ha restituito un insiememorfologico che ribalta le proporzioni delle abitazioni. Domina la cera-mica acroma depurata (42%), seguita dalla depurata ingobbiata di rosso(31%) e infine dalla acroma grezza che perde il primato (27%) (fig. 18).

Osservando nello specifico le forme della ceramica depurata si puònotare che nel caso del complesso di Casa Nuova il 29% del totaledei frammenti si riferisce ad anforacei, una percentuale che quasi rad-doppia (52%) nel sito di Camprena. Purtroppo la maggior parte deiframmenti di contenitori da trasporto non sono riconducibili conchiarezza a tipologie precise tranne in tre casi, tutti contenitori perolio provenienti dalle province nordafricane.L’ingobbiata di rosso appare spesso legata alle ciotole che imitano leforme Hayes 61A, 103B, 109, 50, 73 e Lamboglia 22, e piatti deco-rati dalla tipica dentellatura continua sulla tesa del bordo a riprodu-zione delle decorazioni delle grandi forme aperte in sigillata africana.La rete insediativa di questi secoli che apparentemente può presen-tare similitudini con quella dei secoli precedenti, specialmente con laprima età imperiale, in realtà se ne discosta per motivi sostanziali ri-velando analogie che interessano solo la posizione fisica.E’ probabile che la contrazione della popolazione rurale e della proprietàintorno ad alcuni poli avvenuta nel medio e tardo impero abbia avutoun bilanciamento in fase tardo antica. La risposta della popolazione allacrisi delle strutture dirigenti può essere stata la riproposizione di un in-sediamento per case sparse diffuse spesso in punti precedentemente sedidi occupazioni stabili. La crisi dell’impero per i contadini delle zone in-terne con ogni probabilità si fece sentire soprattutto nel modo di di-pendere dagli affittuari dei terreni e nella diminuzione del peso fiscaleimposto dallo stato, ma nella sostanza le loro condizioni di vita non do-vettero subire uno stravolgimento eccessivo70. Dal punto di vista del ter-ritorio si erano forse mantenuti in vita gli assetti viari ai quali doveva con-nettersi il mercato di vasellame ingobbiato e la circolazione delle anfore.Concludendo possiamo affermare di essere di fronte ad almeno tre tipidi popolamento: case sparse, fattorie e rifrequentazioni di ex ville ru-

stiche. La compresenza di più soluzioni in un ambito territoriale limi-tato può essere messa in relazione alle opportunità consentite dal di-sfacimento del sistema agrario romano, soprattutto in un habitat ru-rale interno dove probabilmente non giungono gli effetti dell’irrigidi-mento delle strutture tentato dallo Stato per arginare la crisi 71. Nonpossiamo dimenticare che se pure gli effetti siano stati meno incisivirispetto ad altre realtà, la Tarda antichità anche nel nostro territorio èun momento di cesura con il mondo classico che genererà situazioniin progressivo e inesorabile allontanamento dai modelli precedenti 72. A livello generale le ricerche condotte in Toscana dal Dipartimentodi Archeologia Medievale di Siena su questa fase e in maniera piùspecifica su quella di transizione all’altomedioevo (VI-corso del VIIsecolo) hanno mostrato dei trends emersi da più di vent’anni di scavie ricognizioni. Le ricerche di superficie effettuate negli ultimi dieci anni sulla provin-cia senese hanno permesso di inquadrare la fine della Tarda antichità el’inizio dell’Altomedioevo in maniera articolata, evidenziando una se-rie di particolarità sub-provinciali. L’area del Chianti senese in seguitoalla guerra greco-gotica vive un momento di decremento demograficodove la popolazione si uniforma sotto l’aspetto sociale ed economico.E’ una fase caratterizzata dall’assenza di organismi gerarchicamente do-minanti nella quale la popolazione rurale si “trasforma in una massa sle-gata da vincoli”. Il modello di popolamento definito “caotico” caratte-rizza le campagne del Chianti senese dal VI alla metà del VII secolo, ve-nendo considerato il momento di interfaccia tra mondo tardo romanoe inizio del Medioevo, quando avviene il passaggio dall’abitato sparsoal villaggio (metà VII - inizi VIII secolo) 73. Il modello “caotico” ri-mane valido anche per l’area della Val d’Elsa ma con alcune variabililocali. La fase successiva (corso del VI secolo) al collasso definitivo del-l’organizzazione produttiva tardoantica che avviene tra fine V – inizi VIsecolo, ripropone scenari molto vicini a quelli del Chianti senese, dovela scomparsa della classe dei medio-grandi possidenti corrisponde adun’organizzazione non pianificata della terra. Il VI secolo permette, inquesta zona, un’ulteriore tipo di lettura legata al rinvenimento del cor-redo eucaristico di Galognano (VI secolo) appartenuto alla chiesa diGallunianu. Su alcuni degli oggetti sono riportati i nomi goti delle duedonatrici, permettendo di ipotizzare la presenza di una nuova élite cheforse fonda anche una chiesa. Da superficie non sono emerse tracce abi-tative chiaramente riferibili a tali gruppi. Non è chiaro capire se le lororesidenze fossero le semplici case emerse da ricognizione o forse aves-sero occupato i complessi ipotizzati per la tarda antichità74. Quindi unasituazione, quella della Val d’Elsa, più articolata di quella del Chianti,dove nuovi tasselli si sono inseriti nella costruzione di un modello dipopolamento. Una situazione ancora diversa è stata rinvenuta nel ter-ritorio di Murlo dove sono presenti due tendenze che riescono a fissarenello spazio il momento cruciale del passaggio da insediamento sparsoa nucleo accentrato. In quest’area dalla metà alla fine del VI si delineauna fase di transizione ben avvicinabile al modello “caotico” del Chiantisenese. Mentre dalla fine del VI all’inizio del VII secolo nel sito di Pog-gio Castello si possono riconoscere dieci evidenze di questa fase con-

317

69 I calcoli sono validi essenzialmente per i siti di Casa Nuova e Camprena dove lospargimento di materiale è relativo solo alla fase tardo antica che è la più rilevante,mentre sono da prendere con un grado di affidabilità minore i calcoli sui siti di Ma-dorlo, Porciano e Montello che hanno pesanti fasi primoimperiali difficilmente scin-dibili dalle successive, alle quali con ogni probabilità sono più legate le dimensioni. 70 WICKHAM, 1998, p. 225.

71 La coesistenza di una certa “varietà di forme di reazione e adattamento allanuova temperie economica”, si sono manifestate anche in ambito cispadano, OR-TALLI, 1996, p. 14. Riguardo alla rigidità delle strutture della società tardo antica,ASCHERI, 1994, p. 41.72 Sull’importanza della tarda antichità come fase di transizione da un ciclo delmondo che ha avuto inizio con la prima età del ferro e si è conclusa appunto conla fine del mondo romano, CARANDINI, 1993, pp. 13-14.73 VALENTI, 1995, pp. 401-405.74 VALENTI, 1999, pp. 318-322.

27%

42%

31%

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

40%

45%

Acroma grezza Acroma depurata Depurata ingobbiata dirosso

Fig. 18. Distribuzione percentuale delle classi ceramiche dei complessi medio-grandi

centrate intorno al poggio che nel 1055 troviamo attestato come ca-stello di Montepescini. Le evidenze sono state interpretate come il pre-coce segno di organizzazione dello spazio in forme ravvicinate tipica-mente medievali 75. Da ricognizione non sono ricorrenti situazioni come il caso di Mon-tepescini, le fasi comprese tra il primo Altomedioevo e il Basso Me-dioevo hanno tendenzialmente indici di visibilità molto bassi. Per que-ste fasi sono di fondamentale rilievo i copiosi dati provenienti daglisforzi della ricerca senese concentrati sul fronte dello scavo dei castelliche hanno permesso di comprendere chiaramente una dinamica cheinteressa i secoli tra VI e XII, relativa alla graduale scelta di siti più ele-vati rispetto alla media di quelli del periodo classico. La “risalita” versole alture è un fenomeno emerso dai risultati delle ricognizioni di su-perficie condotte nell’ambito di vari progetti del Dipartimento di Ar-cheologia di Siena. Nella Valle della Bruna la scelta di siti elevati ini-zia già dal VI secolo d.C. Nella Val d’Orcia montalcinese risulta chiaroper il sito di Sant’Angelo in Colle, castello posto circa 200 m più inalto rispetto ad una fattoria romana e tardo antica. Si tratta di una dra-stica risalita considerando le quote medie della zona, avvenuto presu-mibilmente fra VI e VIII secolo, quando il sito di pedemonte viene ab-bandonato e dovrebbe iniziare la frequentazione dell’altura testimo-niata dalla presenza della chiesa di Sancto Angelo a Bollenis dall’iniziodell’VIII secolo. Casi analoghi sono presenti nell’intera Val d’Orcia epiù in generale risulta un fenomeno che interessa tutta la Toscana, perla quale sono considerati rappresentativi tre dei castelli scavati, Mon-tarrenti, Scarlino e Poggibonsi 76. Lo scavo dei castelli ha regolarmenterivelato stratificazioni altomedievali relative a primi nuclei di villaggidi capanne, ma anche, pur se raramente, indicatori di VI secolo. AMontarrenti solo una ciotola in ingobbiata di rosso attesta uno spora-dico utilizzo della collina prima del formarsi del nucleo fortificato diVII-seconda metà VIII secolo 77. A Poggibonsi, sulla collina del sito diPodium Bonzi, sono state individuate tracce di cinque abitazioni apianta rettangolare con muri in terra e zoccolo in pietra di V e VI se-colo, precedenti al villaggio di capanne di fine VI-VIII secolo78. A Scar-lino la sommità della collina, frequentata fin dall’Età del Bronzo, nelperiodo romano e tardo romano regredisce in mero utilizzo a scopoagricolo 79. Concludiamo che dal VI secolo progressivamente si inne-sta un processo che porterà alla creazione di siti di lunga durata, di suc-cesso per i parametri medievali e in molti casi ancora attuali. Accanto a questo tipo di situazione che nel nostro territorio non trovariscontri materiali essendo per il momento legata solo a risultati di scavistratigrafici, potrebbe essere presa in considerazione un’altra ipotesi ba-sata su un diverso tipo di fonte di tipo documentario che attende datidi natura stratigrafica. Questa tiene conto del fermento degli avveni-menti religiosi dei secoli tardo antichi e primo altomedievali. Dal IVsecolo la cristianizzazione dell’Impero con la diffusione delle nuove isti-tuzioni ecclesiastiche, fortemente sollecitata dagli stessi organi di go-

verno 80 favorisce la penetrazione anche a livello rurale della nuova re-ligione. La Val d’Orcia mostra segni di evangelizzazione piuttosto pre-coci risentendo della vicinanza con la città di Chiusi, posta lungo dueimportanti assi di collegamento con Roma, la Cassia e il Clanis navi-gabile, dove sono state individuate tracce delle cristianizzazione già neltardo III secolo 81, come la lapide sepolcrale del vescovo L. PetroniusDexter che data al 322 scoperta in una delle due catacombe del subur-bio 82. La menzione del vescovo suggerisce l’esistenza di una diocesi,quindi di una forma di organizzazione del territorio. Ciò può trovareuna conferma a posteriori da una lettera di fine V secolo di papa Gela-sio I, nella quale si reputa necessario modificare il principio sul quale sireggevano fino ad allora le ripartizioni diocesane, dal principio di terri-torialità si dovrà passare al popolo dei fedeli 83. Proprio il riferimentoad un “prima”, utilizzando il metodo regressivo porta a prospettare al-meno per il V secolo la persistenza delle divisioni in municipia sulle qualisi erano plasmate le prime diocesi 84. Trasferendo questa deduzione dalgenerale al particolare del nostro caso, possiamo rapportare la resistenzadell’organizzazione territoriale con quanto sembrano indicare i nostririnvenimenti in merito alla continuità di vita dei collegamenti stradali,dai quali sarà poi difficile scindere la diffusione degli di edifici religiosiche cominciano a caratterizzare il panorama rurale dal V secolo in poi85.Non ci riferiamo chiaramente ad un’organizzazione plebana ben strut-turata come risulterà nell’VIII secolo dal testimoniale della contesa se-nese/aretina che interesserà il nostro territorio 86. Per questa fase ancoraprecoce, una proposta di lettura potrebbe essere quella deducibile, conle dovute cautele, da una lettera di Gelasio I che parla della Tuscia difine V secolo come di un’area abbastanza spopolata, soggetta a scorre-rie armate, povera di fondazioni ecclesiastiche vescovili, frequentementeinteressata da fondazioni religiose promosse da privati laici, sulle qualiil pontefice lamenta uno scarso controllo 87. Per certi versi questa pro-posta contrasta con i rinvenimenti del survey, abbastanza numerosi evariegati, per i quali dobbiamo però considerare la tara della cronolo-gia troppo ampia, evidentemente inadeguata ad isolare gli eventuali esitidella guerra greco-gotica che in un’area come quella gravitante tra Chiusie Arezzo, attraversata da vie di comunicazione quali la Cassia e le suediramazioni, avrà avuto degli effetti 88 Nonostante le incongruenze frale due fonti (evidenze materiali e lettera papale) il particolare che po-trebbe accostarle è il riferimento alle fondazioni private di oratori suiquali vengono accampati diritti. Ciò indica uno strato di popolazione

318

75 CAMPANA, 2001, pp. 303-305.76 Per la Valle della Bruna, DALLAI-FARINELLI, 1998, p. 55. Per il caso di Sant’An-gelo in Colle, CAMPANA, 2004, c.s. La chiesa di Sancto Angelo a Bollenis è atte-stata tra i riferimenti territoriali della diocesi di Arezzo nel testimoniale della di-sputa tra Siena e Arezzo, CDL, n. 19. Per Pienza, FELICI, 2004, c.s.; le ricerche suSan Quirico d’Orcia sono attualmente in corso per il progetto Carta Archeologicadella provincia di Siena. di La chiesa di Sancto Angelo a Bollenis è attestata tra iriferimenti territoriali della diocesi di Arezzo nel testimoniale della disputa traSiena e Arezzo, CDL, n. 19. Per la rappresentatività dei tre casi di Scarlino, Mon-tarrenti e Poggibonsi, FRANCOVICH-HODGES, 2003.77 CANTINI, 2003, p. 143, 227.78 VALENTI, 1996, pp. 366-376; VALENTI-SALVADORI, 2003, pp. 3325-26.79 FRANCOVICH, 1985, pp. 16-18.

80 L’Impero riconosce nelle basi della nuova religione punti di unione con l’ideo-logia imperiale, specialmente con il modello monarchico che si impone in questafase, ASCHERI, 1994, pp. 38-39. La figura dell’imperatore cristiano che governa ten-tando la realizzazione della volontà divina, rafforza lo sviluppo della Chiesa ac-cordando indennità, privilegi e qualificando giuridicamente gli ordini religiosi, fa-vorendone la diffusione non più solo a livello cittadino, PIETRI, 1993, pp. 633-634.81 PAOLUCCI, 1997, p. 19. Nel suburbio di Clusium sono state scoperte le unichedue catacombe della Toscana, PAOLUCCI, 1988, p. 58.82 PAOLUCCI, 1988, p. 62; CIPOLLONE, 1997, p. 31.83 VIOLANTE, 1982, p. 974.84 Per L’antica ripartizione delle aree diocesane sui confini della struttura delle“civitates”, VIOLANTE, 1982, p. 974.85 Sulla diffusione dalla fine del V secolo di spazi destinati al culto cristiano an-che in ambito rurale, PIETRI, 1993, p. 851. Sul rapporto tra viabilità ed edifici diculto, SETTIA, 1991. 86 CDL, n. 19. Ci riferiremo più diffusamente ala vicenda della contesa nella de-scrizione della fase altomedievale.87 VIOLANTE, 1982, p. 990.88 Non è lontana l’area del Chianti dove per esempio da tempo si è notato comegli effetti della guerra hanno lasciato un panorama dalla metà fino alla fine del VIsecolo caratterizzato dal caos, dalla disgregazione completa dell’organizzazionerurale precedente, dove l’assenza di organismi dirigenti ha permesso che le disor-dinate abitazioni contadine caratterizzassero il panorama essenzialmente basatosu un’economia di quasi totale autarchia VALENTI, 1995, pp. 401-405.

in grado di erigere una cappella su un proprio territorio, un fenomenoradicato al punto che alla metà del secolo successivo una lettera di papaPelagio I riferisce della versione evoluta dello stesso problema, cioè latendenza sempre più ricorrente a far trasformare in chiese battesimaligli oratori privati, con l’acquisizione di nuovi diritti da parte dei fon-datori 89. E’ già stato ipotizzato, sebbene per aree dell’Italia settentrio-nale, che le prime fasi della cristianizzazione delle campagne avesserotrovato nel ceto dei possessores un elemento di forza 90.Proprio alla metà del VI secolo abbiamo l’attestazione, grazie al primodocumento della disputa senese/aretina, della presenza della chiesa diS. Restituta nel vicino territorio di Montalcino ma non solo. Il docu-mento datato al 650, ricorda che la chiesa di S. Ansano (CastelnuovoBerardenga), quella di S. Restituta, quella di S. Gervasio (nei pressi diRapolano), una chiesa di S. Maria e una di S. Giovanni (genericamentelocalizzabili nell’area di confine tra la diocesi di Siena e quella di Arezzo)sono presenti dal tempo di Narsete (metà VI secolo) e appartengonoall’episcopio aretino. Nello stesso documento è indicato anche il casodi Sesta nel territorio di Montalcino, dove gli abitanti della detta lo-calità devono restaurare un oracolo distrutto da un incendio, indicandoanche in questo caso la presenza in anni precedenti di un edificio reli-gioso 91. Sono indicatori che confortano le vaghe informazioni dellelettere papali, in modo particolare il caso di S. Restituta. Nel testimo-niale della contesa del 715 il centenario Allerad di vico Pantano (neipressi di S. Restituta) testimonia che i suoi avus et besavus, quindi an-diamo indietro di almeno cento anni (la media di due generazioni) te-nuerunt ecclesia Sanctae Restituite, cioè probabilmente fu una fonda-zione privata della quale rimane memoria dall’inizio del VII 92. Se ag-giungiamo che il documento del 650 la ricorda presente dal tempo diNarsete possiamo considerare l’ipotesi che fosse una fondazione pri-vata al tempo in cui i papi lamentavano il fenomeno 93.Queste valutazioni che mostrano la presenza di chiese nel corso del VIsecolo in buona parte dell’attuale territorio senese, potrebbero essere ac-costate a due contesti archeologici del territorio di Pienza dove è risul-tata da subito chiara la compresenza tra edifici religiosi, dei quali unocertamente altomedievale ed evidenze romane e tardo antiche. Due con-tingenze sono poco significative prese a sé stanti, ma aggiunte ai casi ana-loghi presenti in tutta la Val d’Orcia e oltre e addirittura alla ricorrentedicotomia fra edificio religioso altomedievale ed evidenze romane atte-stata nelle fasi di evangelizzazione di tutto l’Impero 94, ne accentua l’im-portanza imponendo una serie di riflessioni sul legame con l’insedia-mento 95. Nello specifico i casi del nostro territorio sono una delle pieviconosciute dall’VIII secolo, quella di Corsignano, che sorge su un’areaintensamente abitata fin dalla prima età imperiale, dove le tracce tardoantiche sono diffuse anche se non in maniera continuativa per circa 2,5ettari entro i quali si trova ancora la struttura romanica della pieve 96.

Una situazione simile è riscontrabile a S. Maria dello Spino, una pievenota dai documenti dall’XI secolo 97 ma per la quale è stata ipotizzataun’origine paleocristiana 98. Con le cautele necessarie trattandosi di unaipotesi con cronologia non chiara notiamo la collocazione della chiesaattuale sulle evidenze di una grande villa romana, con una labile fre-quentazione nel corso del III e nel V-inizi VI secolo d.C.99

Dare un significato alla nascita della pieve su un particolare luogo è unadelle chiavi di lettura che si possono seguire per lo studio di un territo-rio nelle fasi tra tarda antichità e altomedioevo. Potenzialmente potrebberivelare informazioni su aspetti legati alla sopravvivenza di “poteri” pre-cedenti e alla nascita di “poteri” nuovi, come è stato prospettato per l’a-rea pisana, dove la chiesa rurale si posiziona su luoghi che mantengononella Tarda antichità un “ruolo preminente nella gestione del territo-rio” 100. Purtroppo in Toscana i dati stratigrafici su pievi che si inne-stano su contesti precedenti sono ancora poco numerosi rispetto a quellisui castelli che potrebbero forse rivelare fondamentali elementi per lacomprensione degli insediamenti che fino alla Tarda antichità interes-sarono ancora i siti romani e che poi si spostarono definitivamente suzone diverse. In sintesi nei secoli tra VI e VII potrebbero convivere duerealtà tra quelle più evidenti, una ancora legata ai parametri di epocaclassica, i versanti adatti all’insediamento, vicini ai collegamenti stradali101; l’altra che segna la progressiva scelta di siti elevati risulterà vincentefin dai primi secoli del Medioevo 102. Può essere significativo a questoproposito citare un conteggio pubblicato in uno dei lavori di Fatucchisulle pievi dell’antica diocesi aretina. Su un totale di 67 solo una (SanQuirico d’Orcia) si trova all’interno di un agglomerato rilevante, la mag-gior parte delle restanti risulta isolata, esterna agli attuali centri storici.Una situazione che l’autore ha spiegato con lo spostamento degli inse-diamenti antichi e con un radicamento delle istituzioni religiose su po-sizioni tradizionalmente centri di potere, forse per una forma di volon-taria contrapposizione ai nascenti poteri laici che si andavano formandosulle alture 103. Di questo modo di leggere gli eventi mancano dati ma-teriali di raffronto, soprattutto in merito alla individuazione di crono-logie e modi precisi che lo scavo archeologico potrebbe colmare 104.

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89 VIOLANTE, 1982, p. 995.90 BROGIOLO, 2002, p. 288.91 CDL, n. 4.92 CDL, n. 19.93 Sui dati di S. Restituta e Sesta nel territorio di Montalcino, CAMPANA, 2004.Sulla fondazione privata di S. Restituta, CASTAGNETTI, 1982, pp. 38-39.94 BROGIOLO, 1984. Per la ricorrente presenza di tracce romane e tardo antiche neidintorni delle pievi altomedievali attestate nella documentazione della disputa traSiena e Arezzo, lo studio e la raccolta dei dati è attualmente in corso da parte dellascrivente per la ricerca di dottorato in Archeologia Medievale, XVIII ciclo, pressoil Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena. Una prima sintesi dellecasistiche emerse si trova in, FRANCOVICH-FELICI-GABBRIELLI, 2003, pp. 276-285.95 Sulla questione del legame tra pievi altomedievali attestate dai documenti e in-sediamento nel senese, FELICI, 2003, pp. 276-285.96 Ci riferiamo alla pieve di S. Vito in Rutiliano oggi pieve di Corsignano citatanella prima lista completa del 714 di edifici religiosi disputati tra le diocesi diSiena e Arezzo, CDL, n. 17 e nel testimoniale successivo del 715, CDL, n. 19.

97 CDA, n. 240, “plebe(m) s(an)c(t)e Marie, que dicit(ur) Lispino…”.98 MARONI, 1990, p. 220.99 Una situazione analoga è stata riconosciuta per le stesse fasi durante le ricogni-zioni di superficie del territorio gardesano, dove le due ville di S. Vito e di S. Crocecontinuano ad essere frequentate, non è chiaro in che termini fino al VI secolo d.C.e successivamente ambedue i siti sono interessati dall’istallazione di una chiesa,SAGGIORO, 2001, p. 15. 100 CIAMPOLTRINI, 1995, p. 561. Per l’area dell’antica diocesi aretina è stata pro-posta l’interpretazione di un trasferimento di funzioni direttive all’interno del pa-gus a quelle che erano state ville più rilevanti, di carattere urbano più che rustico,FATUCCHI, 1981, p. 187.101 Sono documentati in Italia settentrionale casi di ricerche che hanno mostratofasi di abitati in edilizia povera di VI-VIII secolo nascere su impianti romani. APietra Ligure un piccolo villaggio rurale si imposta sui resti di una villa augustea.A Villandro (Alto Adige) case in legno di costruiscono dall’VIII secolo sui restidi una villa riutilizzata in maniera sporadica, BROGIOLO, 2002, p. 290.102 Considerazioni che nascono per il comprensorio valdorciano dalle discussionicon il dott. Stefano Campana impegnato nella ricerca dell’area montalcinese.103 FATUCCHI, 1981, pp. 185, 203.104 A questo proposito segnaliamo l’imminente intervento di scavo archeologicoche l’insegnamento di Archeologia Medievale di Siena inizierà la prossima estatesul sito della pieve di Pava nel vicino territorio di San Giovanni d’Asso. Si inse-risce in questo filone di ricerche anche lo scavo archeologico che si sta realizzandoda un paio di anni da parte dell’insegnamento di Archeologia Medievale di Sienasul sito di Vicus Ualari in territorio pisano. Lo scavo di Vicus Ualari e della chiesadi S. Genesio è diretto da Federico Cantini. Saranno di prossima pubblicazione irisultati delle prime campagne sulla rivista “Archeologia Medievale”. Ricerche ar-cheologiche sui luoghi di culto hanno una tradizione di maggior sviluppo nei paesid’Oltralpe e a livello italiano nella porzione settentrionale, BROGIOLO, 2002, p. 285per i quali si può riferire del censimento effettuato da Fiocchi Nicolai e Gelichipubblicato sugli atti del seminario sulle parrocchie rurali in Italia, FIOCCHI NICO-LAI-GELICHI, 1999, pp. 303-384.

320

4. MEDIOEVO

Alto Medioevo (VII-X secolo d.C.)Rinvenimenti e attestazioni note 14; rinvenimenti inediti 1.

Le ricerche di superficie non hanno individuato nessuna evidenzaaltomedievale, quindi ci affidiamo nuovamente alla rilevante quan-tità di siti noti provenienti essenzialmente dalle carte dell’abbaziadi San Salvatore al Monte Amiata1. Per il VII secolo non dispo-niamo neppure delle fonti storiche e nella complessiva ricostru-zione delle vicende del territorio si è rivelato uno dei momenti piùsconosciuti. Una fonte che riesce in parte a illustrare la Tuscia trafine VI e inizi VII secolo sono alcune lettere di Gregorio Magnoche presentano uno stato ancora di desolazione, come circa un se-

colo prima aveva messo in luce Gelasio I2. Le fonti iniziano a rive-lare informazioni più diffuse a partire dal 715 con la documenta-zione relativa alla disputa tra le diocesi di Siena e Arezzo per il pos-sesso di alcune pievi di confine3. Il tipo di popolamento che si de-linea dall’VIII secolo in poi risulta diverso da quello che avevacaratterizzato il sistema abitativo fino al VI secolo. L’insediamentoè indicato da termini documentari che sembrano riferirsi a com-plessi demici di tipo comunitario (casali, corti, vici), anche se lamancanza di corrispondenza tra riferimenti delle carte ed evidenzemateriali non ne favorisce l’interpretazione certa. Su questo temaesiste un dibattito aperto sia in ambito storico sia archeologico4.Il falso vuoto insediativo che emerge dai dati archeologici di su-perficie va probabilmente di pari passo con quello che hanno di-mostrato le ventennali ricerche del Dipartimento di ArcheologiaMedievale di Siena, cioè la presenza sistematica di fasi altomedie-vali al di sotto dei livelli di vita successivi ai castelli scavati 5. Siamoin presenza di tracce per il momento percepibili principalmenteattraverso lo scavo e nel caso di Pienza, gli interventi andrebberomirati a situazioni la cui continuità di vita è arrivata fino a oggi,

2 VIOLANTE, 1982, p. 1012.3 SCHIAPARELLI, 1929-1933, CDL, nn. 17, 19, 20; PASQUI, 1899-1904., nn. 3, 5, 6.4 Una sintesi su questo dibattito è stata recentemente pubblicata in FRANCOVICH-HODGES, 2003, pp. 11-30. 5 Per le sintesi sul lavoro degli ultimi venti anni, FRANCOVICH-HODEGS, 2003.

1 Una realtà che non appare isolata. Infatti anche le ricerche condotte sugli altri ter-ritori non hanno permesso di ricostruire esaurientemente le vicende altomedievali acausa dei rinvenimenti puntualmente troppo frammentari. È stato il caso delle ricer-che nel Chianti, VALENTI, 1995, 405-408; a Radicandoli, CUCINI, 1990, pp. 259-262; nella Valle dell’Albegna, per la quale vanno distinte zone come l’alta valle che harestituito maggiori tracce soprattutto di insediamento sparso, CARANDINI-CAMBI,2002, pp. 261-262 e l’ager cosanus che ha restituito meno indicazioni, CARANDINI-CAMBI, 2002, p. 263; a Chiudino, NARDINI, 2001, pp. 146-149 e a Murlo, CAM-PANA, 2001, pp. 306-309. I documenti del monastero amiatino sono pubblicati daKurze, KURZE, 1974, d’ora in poi CDA.

Fig. 19. Distribuzione delle evidenze altomedievali

dove ricerche sul sottosuolo sarebbero possibili solo in rari casi dilavori di manutenzione dei centri abitati.Dei 14 siti indicati dalle fonti 6 (fig. 19), 12 sono localizzabili sul ter-ritorio e cinque di questi (Pienza, Monticchiello, Cosona, Fabbricae la pieve di Corsignano) sono ancora realtà abitative più o meno ri-levanti. L’unico sito testimoniato da reperti archeologici è l’insedia-mento rupestre della Grotta del Beato 7, dove una rilettura dei ma-teriali ceramici emersi dallo scavo preistorico del 1973 ha permessoil riconoscimento di ceramiche altomedievali 8. Nel corso dell’ultimoanno una revisione anche dei reperti provenienti dallo strato super-ficiale di un settore dello scavo preistorico e protostorico della CavaBarbieri ha permesso di isolare alcuni frammenti di ceramica acromagrezza apparentemente altomedievali 9. Anche in questo caso si trat-terebbe di un abitato rupestre, la frequentazione del banco di arena-ria sul quale si sviluppa il centro di Pienza.Le carte di carattere patrimoniale del monastero amiatino che indi-rizza verso la Val d’Orcia già dalle fasi più precoci i sui interessiespansionistici 10, mostrano nell’VIII secolo un tipo di organizza-zione del territorio principalmente basata sul casale. È del 775 unacarta di vendita di una proprietà in casale Camprina “Iscripsi egoMaurinu (…) ab ac die vindedisse et vindedit vobis Radiuro et Ra-dip(er)tu, g(ermanis) emtoribus vinea in casale Camprina (…)” 11.Nel giugno 783 ancora una carta di vendita menziona il casale diFabbrica “(....) Consta me q(ui) s(upra) Indo vindedisse et bindedittibi dom(no) Ansp(er)to abbati rector monasterii D(om)ni Salvatorisito in monte Amniate, vindedit tibi in s(upra)s(cripto) monasterioomnem substantzam meam (...) tam casis, vineis, terris, silvis, pra-tis, pascuis, devisis et indevisis in casale Offiliano, et in Fabrica(....)” 12. Il casale di Cosona è ricordato in una carta di vendita del794 “(...) Consta me Anserada (...) vindedisse et vindedit (…)portjone mea in integra de omnia res vel substantja mea (…) in ca-sale Cosuna (...)” 13.Il casale risulta il riferimento demico più rappresentato, ma l’elasti-cità con la quale i redattori delle carte si riferiscono alla stessa loca-lità con termini diversi è una caratteristica che ne ridimensiona l’im-patto. Infatti lo stesso toponimo a distanza di pochi anni viene indi-cato in maniera diversa. Per esempio Citiliano risulta vico nel 791 masolo otto anni dopo è indicato come locus. Un dato comunque chiaroè che ogni qual volta si usano termini come casale, vicus, fundus,siamo di fronte a un’occupazione collettiva del suolo14. In realtà ilfundus è stato osservato da Vaquero essere quasi completamente as-sente nei documenti amiatini della Val d’Orcia ed è stata interpre-tata come un’estraneità dovuta al dominio longobardo del contado

chiusino che deve aver allontanato le partizioni rurali dall’istituto ditradizione romana15.Indicazioni sul tipo di sfruttamento agricolo altomedievale si perce-piscono dal documento di vendita presso il casale Camprina. Oggettidi vendita sono una vigna posta sopra la casa di Chipertulo. La zonaè compresa tra i confini delle vigne di Chipertulo, Miccuolo, Pertuloe Uvalperte. Da queste indicazioni risulta un’area intensamentesfruttata, dove è chiara la demarcazione tra i confini delle proprietà16.La contiguità di vigneti forse intervallati da abitazioni come quellacasa di Chipertulo “et posita est ipsa vinea sup(er) cas(a)Chip(er)tulo”, fa pensare a un paesaggio promiscuo. La complessitàdel tipo di sfruttamento della porzione nord dell’attuale compren-sorio comunale si fa più chiara dal documento di vendita nella zonadel casale di Fabbrica, “tam casis, vineis, terris, silvis, pratis, pascuis(...) mobilibus vel inmobilibus, serbos, ancillas, omnia et in om-nib(us)”.. Dai documenti amiatini per l’area della Val d’Orcia è stata prospet-tata la ricostruzione di un paesaggio dove la casa risulta circondatanella parte più vicina da vigne, poi da terre coltivabili, dal bosco, daiprati e dai pascoli. Il contatto con il bosco appare inteso e diretto, èinserito infatti tra le terre e i prati probabilmente anche nella realtàuna coltura fortemente integrata17. Trattazioni efficaci sulla ric-chezza del sistema agrario altomedievale, basato sulla differenzia-zione tra coltivazione di campi, allevamento, caccia e pesca rispettoalla inesorabile tendenza verso la monotonia alimentare bassome-dievale si devono a Montanari che ha ampiamente dimostrato unasituazione simile in aree molto lontane come quella beneventana de-scritta dagli Annales Laureshamenses e quella padana dei dintorni del-l’abbazia di Nonantola 18. Una diffusione che autorizza a inserire an-che la nostra area nella medesima situazione di convivenza tra campicoltivati, boschi e incolto.La citazione della presenza di serbos, ancillas, omnia et in omnib(us)può essere l’indicazione della presenza all’interno del casale di per-sone soggette a lavoro dipendente.L’unico toponimo indicato come vico e non come casale è Citilianoper il quale si utilizza la medesima formula di vendita “casa cum so-lamento suo et intrense, c(um) case, orta, vinie, pratis, campis, sil-vis, rivis, pascuis, cultum vel incultu(m), movile vel inmovile”19, ri-confermando il tipo di economia basata sulla pratica di attività agri-cole che abbisognano di maggiori cure negli immediati dintorni dellacasa, mentre allontanandosi progressivamente si incontrano i campicoltivabili, il bosco e il pascolo. I dati storici disegnano un territorionel quale il casale è il cardine dell’organizzazione spaziale e il popo-lamento che ne deriva è aperto e intercalare 20.Dal IX secolo forse si percepisce una situazione leggermente diversa.La presenza dei casali è sempre predominante ma aumentano le at-testazioni di villaggi (vico). L’unico a essere nominato come vico purenel secolo precedente è Citiliano, anche se nell’arco di poco più divent’anni viene indifferentemente detto vico e casale. Più o meno lastessa cosa accade a Cosona.Continuano a essere frequentati i luoghi attestati in precedenza.Un’indicazione sulle colture è deducibile da una carta di Cosonadove si menziona il termine pastino “(...) Constat me Achip(er)tu

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15 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 27.16 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 15.17 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 22.18 MONTANARI, 1985, pp. 199-202.19 CA, n. 37.20 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, pp. 12-32.

6 Schedario Topografico n. 1.1; Schedario Topografico n. 3.1; Schedario Topogra-fico n. 4.1; Schedario Topografico n. 6.1; Schedario Topografico n. 13.5; SchedarioTopografico nn. 19.1, 19.2; Schedario Topografico n. 20.1; Schedario Topograficon. 231.1; Schedario Topografico n. 232.1; Schedario Topografico n. 245.1; Scheda-rio Topografico n. 346.1; Schedario Topografico n. 347.1.7 Schedario Topografico n. 56.1.8 FRANCOVICH-VANNINI, 1981, pp. 201-207; VALENTI, 1999, pp. 80-81.9 Il materiale era stato raccolto da Alberto Dondoli che ringraziamo per averne per-messo la visione e la riproduzione fotografica.10 KURZE, 1988, p. 3.11 CA, n. 25.12 CA, n. 31.13 CA, n. 44.14 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, pp. 19-20, anche se come hanno puntualizzato Gina-tempo e Giorgi non sappiamo bene che tipo di insediamento si celasse dietro il to-ponimo di riferimento, GINATEMPO-GIORGI, 1996, p. 22.

(…) vindedisse medietatem de cella mea(m), quas abere videor inCosu(na), de dominicale et orto ibidem sup(er) ipsa s(upra)s(crip)tacella, et pastino in balle infra s(upra)s(crip)to casale” 21 a indicare ter-reni bonificati dal bosco e resi lavorabili. È sintomatico che tale ter-mine si trovi proprio all’inizio dell’IX secolo quando in effetti per laVal d’Orcia è stata teorizzata una diffusa opera di bonifica 22. Mauno degli elementi di maggiore interesse che emerge è il probabileriferimento al sistema curtense al quale si lega la parola cella, indi-cante una delle porzioni dello spazio agricolo del casale e il terminedominicale, da riferire alla pars dominica della corte. A Cosona quindidall’inizio del IX secolo abbiamo l’attestazione della presenza del po-tere ecclesiastico dei monaci amiatini sulla popolazione rurale di-pendente 23.Anche Corsignano nell’anno 828 è ricordato come casale 24. Oltrealla sequenza classica di distribuzione differenziata delle coltivazioni:“tam casis, curtis, hortis, vineis, pratis, campis, cultis et arvis, silvis,aq(ui)s et pascuis”, da questa carta si percepisce la compresenza diterre lasciate a sodo: cultis et arvis, coltivate e arabili. I pascoli sonoin genere nominati come ultima fascia di sfruttamento agricolo, nor-malmente preceduti dal bosco. L’ordine della disposizione confermal’effettiva utilizzazione della selva come luogo di copertura di nume-rosi fabbisogni 25.Dai primi decenni del IX secolo i documenti relativi alla Val d’Or-cia presentano le prime menzioni di contratti a livello, una realtà giu-ridica attestata dalle fonti più precoci dalla metà dell’VIII secolo 26.Giugno 828 “(...) Previdi ego Audualdus abb(a)s ex monasterioD(omi)ni Salvatoris sito monte Ammiate (...) propt(er)ea dedim(us)curte cum om(ni)a ibi modo legibus p(er)tinentes nobis in casale Ci-tiliano (…), sicut in libelli eoru(m) legitur, om(ni)a cum terris, sil-vis, vineis, rivis et pascuis, cultis vel incultis, mobilia et inmobilia,om(ni)a et in omnibus s(upra)s(crip)te case et reb(us) (...)”27. Il do-cumento oltre a indicare uno strato sociale di coltivatori dipendentioffre una chiara indicazione della corte del casale Citiliano (“casis do-muicultilis seo massaricias”), dove si fornisce un’indicazione sullacollocazione spaziale fra i due termini, cioè la corte sembra trovarsinel casale di Citiliano. Citiliano continua a risultare uno tra i siti più interessanti in quantovi si forniscono altre indicazioni sull’economia agricola della zona.Nel documento dell’anno 800 si vede la sequenza relativa alle atti-vità svolte nell’area, si indica cetinus, quindi terre disboscate, si ri-cordano i materiali venduti al monastero gli attrezzi da esterno e dainterno e sono nominate due classi di animali allevati: maioris, mi-noris, “(...) Consta me Ildo (…) de bico Citiliano, territorio cibita-tis Senense, ac die bindedisse et bindedit (…) casa mea, qui positaest in s(upra)s(cripto) bico Citiliano, cum edificio suo, tam sup(er)

terra vel suptus terra, ut dixi: casa, corte, ortis, bineis, pratis, cetinis,campis, silbis, cultum vel incultum, mobilia vel inmobilia, utensiliaintus vel foris, animalia maioris, minoris, omnia et in omnib(us)(...)”28. Il modo con il quale si afferma con decisione la posizionedella casa nel vico di Citiliano permette di farsi una percezione del-l’aspetto del villaggio, formato con ogni probabilità da case comequella di Ildo, circondate da corti e da orti, non risulta chiaro se l’in-sieme delle terre di Ildo siano collegate alla casa o lontane dal nucleoabitato, in ogni caso risulta chiaro il senso di proprietà su porzioniagricole forse distanti dall’abitazione. Se da questa carta interpre-tiamo una struttura di villaggio più o meno agglomerata circondatada terre coltivate, boschi, pascoli distanti ma chiaramente percepiticome propri dai singoli possessori, il vincolo del villaggio risultaunire spazi probabilmente molto vasti. Lo stesso se interpretiamo laproprietà di Ildo come un insieme variegato ma compatto, l’appar-tenenza al villaggio di Citiliano risulterebbe comunque interessarespazi abitati e sfruttai distanti tra loro.All’inizio del IX secolo abbiamo un’indicazione etnica su alcuni abi-tanti dell’area di Cosona detti g(erma)nis, avitatoris in vico Cosuna,dalla stessa carta abbiamo anche l’indicazione del casale di Casanu,identificabile con l’attuale podere Casano poco a ovest della fattoriaattuale di Cosona: “(...) in casale Casanu (...)” 29.Il IX secolo nel territorio di Pienza probabilmente è una fase di sta-bilità, infatti i documenti si riferiscono per lo più a località già pre-senti nelle carte di VIII 30, mentre dal X secolo le definizioni “flut-tuanti” dei luoghi presenti nei documenti anteriori risultano stabil-mente definiti come corti 31.Alla fine del IX secolo (876) appare per la prima volta l’indicazionedella via Francigena 32, elemento fondamentale per le vicende dellavalle e dalla quale troveranno motivo di sviluppo siti come Speda-letto, antico hospitalis Sancti Nicolai, che non conosciamo nel mo-mento di origine ma che non può considerarsi isolato dal passaggiodella viabilità. Fabbrica nel 952 appare in una conferma dei beni dell’abbazia diSant’Antimo che ha impostato intorno a questa località una suacorte 33. In questo caso tra metà VIII e metà X è avvenuto il passaggiodi proprietà dal monastero di San Salvatore a quello di Sant’Antimo. Corsignano risulta nel 996 una corte di San Salvatore, inclusa neiprivilegi imperiali di Ottone III e nel 998 ancora in un diploma diOttone III si menziona la pieve di Corsignano 34. Monticchiello èinvece compreso nell’elenco delle corti e dei castelli cedute nel 973dall’aldobrandesco Lamberto 35. In questo caso è ampiamente atte-stata nella porzione est del territorio la presenza di un potere laico,quello della famiglia degli Aldobrandeschi che si è insinuato nei con-

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21 CA, n. 96 dell’anno 825.22 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 16.23 Un processo che ovunque comincia a caratterizzare il territorio tra VIII-IX secolo,MONTANARI, 1985, pp. 201-202.24 CA, n. 105.25 La selva veniva utilizzata sia per la raccolta di frutti spontanei sia per l’allevamentobrado di maiali, che rappresentavano la maggiore fonte di proteine dell’alimentazionealtomedievale, MONTANARI, 1984, pp. 150-151; FUMAGALLI, 1985, pp. 15-17. For-mule patrimoniali molto simili si trovano nel IX secolo in ambito padano, comequella di un documento del Codice Parmense relativo alla curtis di Porporano. “curtevero mea, quod abere viso sum Porporino, cum omnes res ad ipsa curte pertinentis,tam casis, curte, orto, area, clausura, campis, pratis, vineis, silvis, usum aquarum, ac-cessionem flumenis”, FUMAGALLI, 1985, pp. 15-16.26 ANDREOLLI, 1985, pp. 284-286.27 CA n. 107.

28 CA, n. 50.29 CA, n. 80, anno 817.30 In contrasto con la produzione globale del monastero che tra 800 e 875 ha unpicco nella produzione di pergamene, KURZE, 1989, p. 35. È probabile che il pe-riodo carolingio abbia coinciso con un cambiamento di politica che può aver modi-ficato la direzione dei suoi movimenti di espansione ponendo forse meno attenzioneal nostro territorio. 31 Sul tipo di organizzazione territoriale della corte, ANDREOLLI-MONTANARI, 1983.32 CDA, n. 157. Sull’importanza del passaggio della Francigena nella Val di Paglia ein Val d’Orcia e sulla nascita di borghi, un tipo di insediamento legato all’influsso diconcetti d’oltralpe penetrati attraverso il collegamento viario, WICKHAM, 1989,pp. 116-117; VAQUERO PIÑEIRO, 1990, 11-32.33 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, pp. 350-351.34 Ibidem, p. 349.35 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 351.

fini della proprietà di San Salvatore in una fase abbastanza precocese nel 973 risulta ormai pianamente assodato 36.Considerando nell’insieme i dati elencati finora l’elemento che sem-bra caratterizzare le forme del popolamento della valle è rappresen-tato dalle nuove popolazioni longobarde penetrate in queste campa-gne attraverso il ducato chiusino formatisi probabilmente tra fine VIinizi VII secolo 37. Ma anche verso occidente il territorio si apre a uncontesto, quello di Siena, dove l’integrazione profonda dell’elementolongobardo è confermata dalla presenza di vescovi longobardi già al-l’inizio dell’VIII secolo. Se dai documenti amiatini l’influenza longo-barda si percepisce dall’assenza del termine di riferimento agrario delfundus dall’altra fonte disponibile per l’Alto Medioevo, la controver-

sia tra la diocesi senese e aretina si intravede nel rapporto con le pievi.È già stato ipotizzato un collegamento tra i nuclei germanici, semprepiù strettamente collegati al territorio e la rete delle chiese battesimali,che all’inizio dell’VIII risulta oramai ben impostata 38. L’impennatadello sviluppo plebano in Tuscia deve essere avvenuta in meno di unsecolo se si pensa che all’inizio del VII sappiamo ancora della pro-mozione di un’opera di conversione dei Longobardi 39.La documentazione della disputa tra Siena e Arezzo, fornisce dal 715una notevole visione della rete di pievi, chiese, basiliche e oratorinella zona di confine 40. Risulta di notevole interesse osservare in si-nergia la posizione delle pievi e quella dei casali e vici risultanti dallecarte patrimoniali del monastero amiatino. Le tre pievi altomedie-vali dell’attuale comune di Pienza si posizionano sullo stesso topo-nimo di tre casali (Cosona, Corsignano, Citiliano), due dei quali in-dicati dalle fonti anche come vici (Cosona e Citiliano).

Uno di questi due siti, quello di Cosona è di particolare rilievo,dato che ne conosciamo le dinamiche insediative già dall’epoca ro-mana imperiale. In questa località abbiamo individuato tracce diun villaggio altoimperiale, sono state riconosciute tracce di fre-quentazione della media età imperiale e della Tarda antichità e in-fine abbiamo l’impianto di una chiesa battesimale conosciuta dal714 e la prima menzione di un casale nel 777 e di un vicus nell’817.L’impressione è che in questa zona un nucleo di popolazione ab-bia utilizzato gli spazi agricoli in modo sostanzialmente simile percirca otto secoli. La morfologia dell’area evidenzia con immedia-tezza (fig. 20) una collina dalla forma spianata incuneata tra il po-dere Pieve con il quale alcuni identificano l’antica pieve altome-

dievale di Santa Maria 41, il cimitero di Cosona, area con la qualealtri identificano la scomparsa pieve 42 e l’attuale villa di Cosonache potrebbe anche non essere la localizzazione del castello origi-nario se consideriamo che l’Estimo trecentesco indica a Cosona lapresenza contemporaneamente al palazzo di un sito indicato comeArienti Castelvecchio 43. Unendo le indicazioni abbiamo ricono-sciuto in questa collina un sito di interesse particolare dove le ri-cognizioni di superficie, sfavorite dalle condizioni del suolo noncoltivato hanno permesso la raccolta solo di poco materiale ar-cheologico relativo a laterizi da copertura (tegole e coppi) rari fram-menti di maiolica arcaica e ceramica depurata, databili tra XIII-XVsecolo, oltre all’individuazione di una moneta di metà II secolod.C. La ricerca ha portato alla collezione di fonti di diversa natura,dalle foto verticali storiche e non, alla realizzazione di fotografieoblique che hanno permesso il riconoscimento di tracce relative aprobabili terrazzamenti e viabilità sulla collina e alla realizzazioneper il momento di una, ma con l’idea di coprire l’intero rilievo, gri-

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36 Sull’interferenza del potere degli Aldobrandeschi sui possessi del monastero amia-tino, SPICCIANI, 1989, pp. 49-63.37 TABACCO, 1989, p. 2.38 All’inizio dell’VIII secolo i ceti longobardi sono oramai presenti come ceto di pos-sessori, inquadrati nelle strutture plebane, di cui essi sono il sostegno sociale, TA-BACCO, 1973, pp. 165-167.39 VIOLANTE, 1982, p. 1014.40 CDL, N. 19; PASQUI, 1899, n. 3.

41 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 350.42 MARONI, 1990, p. 204.43 PASSERI-NERI, 1994, p. 12.

Fig. 20. Vista della morfologia dell’area di Cosona e zoom sulla collina del cimitero.

glia gradiometrica che ha evidenziato la presenza di probabili strut-ture o comunque tracce anomale nel primo sottosuolo 44.Considerando il X secolo invece i termini di casale e vicus lascianomaggiore spazio alla curtis. Sono quattro le località indicate comecorti (Citiliano, Fabbrica, Corsignano, Monticchiello), tutte rivelanocontinuità toponomastica con situazioni precedenti. In media lacorte nella nostra zona risulta nei documenti per circa ottant’anni,dopodiché i siti interessati attraversano una stagione di silenzio finoa quando ricompaiono come castelli (XIII secolo). L’area compresatra i quattro siti dal X secolo sembra inserita in una congerie di lineedi confine tra poteri religiosi e non. Monticchiello nel 973, come ab-biamo visto, risulta un dominio aldobrandesco. Corsignano e Citi-liano sono ancora legate a San Salvatore, Fabbrica è del monasterodi Sant’Antimo. Sembra una situazione più complessa rispetto al se-colo precedente. Non è da escludere che la scelta di Corsignano e Ci-tiliano per stabilirvi delle corti non sia un processo voluto da San Sal-vatore per rafforzare il proprio dominio in un’area a rischio di in-tromissioni è proprio tra il X e XII secolo che si completa laformazione e il rafforzamento delle signorie rurali territoriali 45. È proprio in questo momento di formazione di nuovi modelli dipaesaggio che si inseriscono i dati raccolti dalla ventennale esperienzadell’Area di Archeologia Medievale dell’Università di Siena. A Montarrenti per esempio gli strati scavati di metà VII-metà VIIIsecolo hanno permesso di individuare la presenza di un villaggio con-centrato, forse più accentrato rispetto a quello che le fonti docu-mentarie indicano per lo stesso periodo a Citiliano, dove come ab-biamo visto sembra sia esistito un abitato a maglie larghe 46. La pro-gressiva fortificazione e gerarchizzazione dei nuclei accentrati diScarlino e Montarrenti che porterà alla definizione decisiva di un ca-strum tra X e XIII secolo 47 non si percepisce nel nostro caso. I datidei quali disponiamo “saltano” questa fase per mostrare i castelli nelXIII secolo ormai affermati probabilmente da almeno due secoli,stando al confronto con i dati di scavo. È probabile che anche nelnostro territorio la scelta dei siti più elevati possa essere già avvenutaquando le fonti parlano di vici e casali nell’VIII e IX secolo e che lafortificazione abbia interessato progressivamente questi siti dato chele ricerche di superficie non hanno individuato nessuna traccia alto-medievale circostante quelli che sono ancora i luoghi dei castelli bas-somedievali (l’abitato di Pienza, la fattoria di Cosona, l’abitato diMonticchiello, il podere di Fabbrica e la villa di Palazzo Massaini).Le tre pievi conosciute quindi, Santa Maria in Cosona, San Vito inRutiliano e San Donato in Citiliano sarebbero già dalla fase altome-dievale rimaste in posizione periferica per trovarsi poi definitiva-mente escluse dalle mura dei futuri castelli. Qualcosa sembra co-munque stonare con la visione che risulta dai documenti, quella dicasali tradotti come termini di riferimento forse di tipo fondiario oforse di un’area geografica ancora non interessata da processi di ge-

rarchizzazione 48 che ripetutamente si riferiscono alla presenza di abi-tazioni come quella di Chipertulo intervallata da vigne presso il ca-sale Camprina (775) o quella di Ildo nel vico Citiliano, con corte, ortie vari terreni circostanti (800) o ancora quella di Rotp(er)to et Ro-prando a Cosona che sembra inserita in un panorama di alternanzatra casa, terra e bosco: “ego Uillerat terra et silva sup(er) se aventevob(i)s Rotp(er)to et Roprando in vocabolo Calcinaia, subto casav(est)ra in casaliclu, q(ui) ad ipsa silva de uno latere se tangit, ad silvav(est)ra (…) et de capite se tangit ad terra v(est)ra, et de alio se tan-git feni fossato et venea mea, et da pede fossato et terra dom(ni) regi(…)” (817) 49. Non sono indicazioni immediatamente riconducibilia insediamenti di tipo accentrato anche se l’indicazione nell’828 dellacorte nel casale Citiliano potrebbe indicare la selezione di un’area perla pars dominica che in seguito avrebbe potuto far da base per lo svi-luppo di nuclei fortificati. Ciò sarebbe in linea con i risultati delloscavo per esempio del castello di Montarrenti il cui nucleo accentratoè stato collegato al centro di raccolta di una curtis e lo stesso è statoipotizzato per il castello di Mirandolo, dove il riconoscimento distrutture di raccolta dei cereali è stato interpretato come un centrodi raccolta di prodotti agricoli 50. Anche le fonti documentarie delmonastero amiatino però presentano un caso analogo quello di Mus-sona sul versante settentrionale del monte Amiata. Nell’853 il pa-norama intorno al torrente Landola risulta omogeneo, i centri diMossona indicato come corte, di Reodola maiori et Reodola minore diBittena e di Erminula che sono indicati come casali, risultano similie ugualmente incidenti sul territorio 51. Poco più di un secolo doponel 996 e nel 1027 queste località risultano invece strutturate in unordine gerarchico che ha visto la scelta di Mussona come centro cur-tense e le altre località declassate in generiche terre: “curtem de Mus-sona cum terra de Redola maiore et minore et Bitena et Canneta etHerminula”. Questo processo del quale percepiamo le tappe nel ri-dimensionamento degli altri centri risulterà concluso con l’attesta-zione di Mussona come castello 52.È forse allora da chiedersi se ciò che da superficie non riusciamo avedere non sia tanto quello che con ogni probabilità troveremmosotto ai castelli del territorio di Pienza, quanto le abitazioni appa-rentemente sparse come quelle case inserite in contesti rurali sopraindicate. Esistono esempi di rinvenimenti da superficie di abitatisparsi di VII-IX secolo nell’alta valle dell’Albegna. Nel territorio diMontemerano case sparse sono state riconosciute nei pressi del sitodi una villa romana ma a confermare la compresenza di soluzionidiverse un insediamento sparso è stato riconosciuto anche sullasommità della collina che poi diverrà sede del castello di Cale-giano 53. Spesso si è giustamente portato a giustificazione dell’“in-visibilità” di questi possibili siti il materiale deperibile con il quale

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44 Cfr. fig. 10-11 del capitolo IV.45 Sulla formazione delle signorie, VIOLANTE, 1981; TABACCO, 1989.46 Per Montarrenti, CANTINI, 2003, p. 25.47 A Montarrenti i fenomeni di gerarchizzazione già presenti tra VII e VIII secolo le-gati alla presenza di due palizzate lignee che si potenziano tra metà VIII e XI secolocon la realizzazione di un muro di cinta in pietra e del suo successivo rinnovamento,fino alla manumentalizzazione delle strutture tra XII e XIII secolo, CANTINI, 2003,pp. 25-55. A Scarlino la notizia della presenza di una corte e di un castello è attestatadai documenti già del 973 ed è stata confermata dal riscontro materiale del rinveni-mento di un muro di cinta in pietra databile al X secolo, interpretato come apparte-nente alla fase di vita della curtis. In questo momento infatti si colloca la prima tra-sformazione della collina in forme più marcate rispetto alle tracce di abitazioni in le-gno della prima fase altomedievale, FRANCOVICH, 1985, pp. 16-17.

48 GINATEMPO-GIORGI, 1996, p. 21. 49 CDA, n. 80.50 Per Montarrenti, CANTINI, 2003, p. 228; per Mirandolo gli ultimi aggiornamentisullo scavo iniziato nel 2001 hanno portato al riconoscimento dalla metà del IX se-colo di stratificazione interpretate come zone destinate all’immagazzinamento di der-rate: legumi, cereali e frutta (della quale sono stati rinvenuti i noccioli). Nello speci-fico nel corso del IX secolo quello che è stato un insediamento aperto tra VIII e IX ri-sulta prima fortificato da una palizzata in legno, sostituita nel corso del IX da una cintain pietra, testimonianza di una gerarchizzazione sempre più marcata che ha trasfor-mato il sito in una curtis cum clausura, NARDINI-VALENTI, 2003, pp. 487-495; perinformazioni più dettagliate, http://archeologiamedievale.unisi.it/NewPages/MI-RANDUOLO/MIR134.html51 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 32.52 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 32, egli cita i documenti amiatini: CDA, nn. 134, 212.53 CARANDINI-CAMBI, 2002, p. 262.

venivano costruite le abitazioni 54. In effetti gli scavi toscani hannomostrato in tutti i casi negli strati di VIII e IX secolo villaggi di ca-panne che al massimo potevano avere lo zoccolo in muratura. Lestesse fonti scritte ci parlano di opere ruralia, cioè del bagaglio co-noscitivo del rustico che comprendeva anche la costruzione dellapropria casa che per lo più era in legno e soprattutto, fattore più“drammatico” per le ricerche di superficie, aveva anche il tetto in le-gno o in paglia 55. Infatti la costruzione di abitazioni in materiali“poveri” non è una novità nei risultati delle ricognizioni di superfi-cie, come è possibile vedere anche dalla lettura delle conclusioni diquesto volume. In tutte le fasi, dal periodo etrusco arcaico, elleni-stico, imperiale e tardo antico, i frammenti di argilla pressata contracce di incannicciato ligneo sono state raccolte in maniera siste-matica. Ma a favore del riconoscimento sono sempre stati presentile tegole e i coppi per il tetto. È forse proprio l’assenza di una co-pertura laterizia, probabilmente da associare alla caduta delle pro-duzioni di mattoni e laterizi in genere per tutto l’Alto Medioevo, aimpedire maggiormente il riconoscimento di tracce altomedievali,soprattutto in ricerche dove gli spargimenti delle parti del tetto,meno soggetti al logorio del tempo sono gli elementi di maggiorevisibilità 56. Purtroppo sappiamo che anche molti oggetti di uso do-mestico erano in legno come per esempio le stoviglie rinvenute a Fi-denza 57. In realtà un altro elemento va portato all’attenzione alquale potrebbe essere imputata la difficoltà di riconoscere le traccealtomedievali, quello della loro maggiore vicinanza cronologica ri-spetto ai frammenti delle epoche precedenti. Infatti se è comune-mente accettato il fatto che i depositi archeologici si conservano finoa che si trovano nel sottosuolo 58, è anche possibile asserire la rela-tiva posizione più superficiale delle evidenze altomedievali rispettoa quelle più antiche. Ciò può averne determinato il precoce depau-peramento a causa di lavorazioni agricole anche precedenti all’av-vento della meccanizzazione e dal contatto con gli agenti atmosfe-rici. A suffragio di ciò va il dato, costante a molte ricerche di super-ficie, della scarsa conservazione di siti datati da reperti ceramici tardiquali le maioliche bassomedievali o addirittura le smaltate rinasci-mentali. Se sommiamo questo concetto alla sicurezza con la qualepossiamo presumere la costruzione in materiali “poveri” delle abi-tazioni altomedievali, giungiamo alla conclusione che la loro “mi-nore antichità” potrebbe essere uno degli elementi che ne ha cau-sato la precoce dispersione 59.

Un discorso a parte merita l’insediamento rupestre della Grotta delBeato riconosciuto, come già ricordato, dalla revisione di alcuni ma-teriali provenienti dagli strati superficiali dello scavo protostorico del1973. I reperti sono per lo più in acroma grezza e interessano un arcotemporale che va dal VII al X secolo 60. L’utilizzo delle grotte per larealizzazione delle cosiddette abitazioni trogloditiche è una soluzioneben attestata a partire dalla Preistoria che trova confronti con conte-sti altomedievali sia in ambito regionale che più in generale mediter-raneo. Dal riscontro più vicino che viene dal versante settentrionaledel monte Amiata, dove ceramica di VI-VII secolo è stata riconosciutanegli strati superficiali dello scavo preistorico della grotta del Vivod’Orcia 61 si può arrivare al villaggio in grotta di Vitozza nel grosse-tano, utilizzato dalla Protostoria fino agli anni ’60 del XX secolo, contracce di loculi funerari paleocristiani di IV-V secolo d.C. e di unaprobabile chiesa paleocristiana 62. Nel sud della penisola, nel mate-rano e nel Salento, l’utilizzo a scopo abitativo di ambienti rupestri dalVI secolo in poi è stato messo in connessione con la crisi delle città,così per l’area di Metaponto e della città di Lupiae 63. A livello gene-rale il mezzogiorno d’Italia è ricco di habitat rupestri che da sempre,in epoca preistorica e storica, ne hanno permesso un facile utilizzo ascopo abitativo, tanto da suscitare l’esigenza di indire incontri scien-tifici sul tema della civiltà rupestre medievale 64. Sono per il momentomeno numerosi gli esempi in Italia settentrionale, per lo meno digrotte scavate per ricavarne ambienti, probabilmente per la presenzadi rocce più compatte e resistenti rispetto a quelle del centro-sud, masono comunque attestati casi di utilizzo di ripari sotto roccia peresempio a San Martino di Lecco e nell’Isola Comacina 65 più in ge-nerale è di rilievo l’insediamento rupestre dei Colli Berici 66. Su que-sto argomento nel territorio di Pienza oltre al caso della Grotta delBeato risulta di forte interesse l’area dell’antico insediamento di Ru-tiliano, oggi zona circostante la pieve di Corsignano, circa 1 km a suddi Pienza. In una fase compresa tra I secolo a.C. e I secolo d.C. l’areaè interessata da una massiccia frequentazione tardo repubblicana-primo imperiale, riconosciuta soprattutto da un fortunato ritrova-mento avvenuto nel 1975 nella zona detta Campi Rutiliani di un’e-videnza definita fattoria. A 500 m a ovest di questa nel 2001 è statariconosciuta, durante le ricognizioni per la Carta Archeologica dellaprovincia di Siena, un’altra evidenza definibile come fattoria, inmezzo a questi due punti una distesa quasi ininterrotta di materialearcheologico in superficie difficilmente interpretabile sia a causa delforte depauperamento sia per la presenza ininterrotta di olivi che nonfacilita la percezione delle estensioni. Non è da escludere una visioneglobale che potrebbe essere quella di un villaggio che ha vissuto, percerto almeno in prossimità delle due fattorie, anche tra V e VI secolo

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54 Case in legno di piccole dimensioni sono state individuate nella bassa valle dell’Al-begna ma è stata riconosciuta la difficoltà di individuare, CARANDINI-CAMBI, 2002,pp. 260-261. È stata valutata anche l’estrema varietà delle costruzioni tipo capannerinvenute nei contesti scavati fino a oggi che fa si che senza un’indagine di scavo ri-sulti difficile la loro definizione, VALENTI, 1999, p. 55.55 GALLETTI, 1985, pp. 165-166.56 Tra il VI e il IX secolo è accertata la scomparsa di produzioni di mattoni su vasta scalamentre per contro diviene una prassi ricorrente il reimpiego di laterizi precedenti. Esi-stono prestigiosi casi per i quali si approntarono fornaci appositamente per la realizza-zione dei cantieri, senza un mercato, come quello per la realizzazione di mattoni per lacostruzione delle mura di Ravenna, PARENTI, 1994, pp. 30-31, oppure i cantieri di im-portanti complessi monastici (Novalesa, Montecassino, Farfa, San Vincenzo al Vol-turno), CAGNANA, 2000, p. 109, ma non è un fenomeno che interessa certamente gliambiti rurali, dovremo attendere fino al XV secolo per esempio per tornare a una pro-duzione generale di mattoni a Roma, PARENTI, 1994, p. 31.57 GALLETTI, 1985, p. 184, nota 14, per Fidenza, BROGIOLO-GELICHI, 1996, p. 225.58 Sugli sconvolgimenti apportati al patrimonio archeologico sepolto dalla meccaniz-zazione dell’agricoltura e quindi sugli effetti della trazione in superficie dei reperti,CAMBI-TERRENATO, 1994, p. 167.59 Queste considerazioni nascono nell’ambito del Laboratorio di Archeologia dei pae-saggi e Telerilevamento (Polo universitario grossetano) con il dottor Stefano Cam-

pana durante le ricerche di superficie condotte in Val d’Orcia, in seguito alla verificacostante delle migliori condizioni di conservazione di reperti archeologici più antichirispetto a frammenti collocabili in fasi medievali e rinascimentali, più vicini alla su-perficie del suolo (e in teoria più resistenti per via della copertura vetrosa o smaltata)quindi precocemente scoperti dallo strato protettivo dell’humus.60 VALENTI, 1995, p. 80.61 VALENTI, 1995, pp. 80-81.62 VALENTI, 1994, p. 180 dalla tesi di laurea di Enrica Boldrini, AA. 1986-87, Pro-blematiche di studi e di documentazione del fenomeno rupestre nel territorio di Sorano(GR). L’esempio di Vitozza, relatore professor Riccardo Francovich.63 D’ANDRIA, 1978, pp. 158-159.64 I convegni sul tema della civiltà rupestre medievale del mezzogiorno d’Italia sonostati inaugurati nel 1971 con il primo convegno internazionale pubblicato nel 1975,FONSECA, 1975.65 BROGIOLO, 1994, p. 9.66 BROGIOLO et alii, 1996, pp. 243-274.

d.C. 67. Tra l’estensione dei reperti raccolti intorno a questa zona,dove almeno dal 714 sappiamo esistere il baptisterium sancti Uito inRutiliano 68, non sono stati riconosciuti frammenti che vanno oltre ilVI secolo. Una recente revisione di alcuni materiali (fig. 21) prove-nienti dagli strati superficiali rimestati e destinati alla dispersione,

dello scavo del sito pre e protostorico della Cava Barbieri, appena anord della pieve, fortunatamente raccolti tra il 1969-’70 da AlbertoDondoli, ha permesso di isolarne alcuni che trovano stretti confronticon il vasellame altomedievale della vicina Grotta del Beato ma an-che con altri contesti 69 (fig. 22).Questo riconoscimento porta a identificare anche in questo casol’utilizzo di un’area rupestre, forse spia della ricerca di spazi piùprotetti, a scopo abitativo, nello specifico quella del banco di are-naria sul quale tra l’altro si trova il vicino (circa 150 m a ovest)complesso eremitico del Romitorio, del quale non conosciamo la

cronologia iniziale e l’unica datazione certa purtroppo è un’iscri-zione del 1344 70. Proposte di ricerca futureLe possibilità che riteniamo necessarie per riuscire a individuaretracce altomedievali vanno in più direzioni. Da un lato si rivolgonoall’esigenza di insistere sulle aree indicate dalla documentazionescritta, mettendo a punto una strategia che preveda il monitoraggiocostante dei luoghi in momenti diversi dell’anno, tenendo contodelle stagioni, delle coltivazioni, di eventuali interventi sul sotto-suolo, realizzando verifiche mirate al variare delle condizioni. È cer-tamente utile, su questi siti, continuare a sperimentare metodi di ri-cerca diversi che possono andare dalle fotografie oblique alle inda-gini geofisiche, alla realizzazione di piccoli saggi che sondino inmaniera più intrinseca il sottosuolo. L’altro versante dove crediamodebba dirigersi l’interesse è rivolto alla possibilità di realizzare saggidi scavo nei siti divenuti sedi di castelli, che come abbiamo detto,tranne Montertine, sono tutti ancora utilizzati con minore o mag-giore intensità abitativa. Soprattutto nei casi di Pienza e Montic-chiello, sarebbe utile instaurare un rapporto di costante dialogo conl’amministrazione pubblica che permetta la realizzazione di inter-venti, anche d’emergenza, ogni qual volta si presenti la possibilità diindagare il sottosuolo del centro storico.

Secoli centrali del medioevo (XI-XII secolo d.C.)Rinvenimenti e attestazioni note 10; rinvenimenti inediti 2.

I dati provenienti dal survey sono molto scarsi, sono solo due evidenzedavanti alle quali non possiamo che verificare la difficoltà riscontrata,come per le fasi precedenti, a riconoscere situazioni confrontabili conle fonti storiche, tranne per il sito della pieve di San Martino di Fab-brica. Di questa pieve sappiamo che venne demolita nel 1581 a causadello stato di degrado in cui fu trovata da monsignor Bossi duranteuna visita pastorale 71. Il sito si trova a circa 150 m dal podere Fabbricain un’area coperta dai rovi, indicata da una croce in ferro. In mezzoalla vegetazione si vedono ancora pochi lacerti di una pavimentazionein cotto disposto a spina di pesce e parte dei due muri perimetrali. Al-cuni scavi abusivi hanno portato alla vista resti di sepolture probabil-mente inserite a livello pavimentale. L’area che doveva coincidere conla parte terminale dell’edificio è caratterizzata dalla presenza di un am-biente ipogeo, probabilmente una tomba in epoca classica, adibita du-rante la vita della chiesa a ossuario o cripta. La possibilità di dare que-sta lettura viene anche dal riscontro con i racconti dei contadini chehanno vissuto a Fabbrica negli anni ’60 del XX secolo, che raccontanodi trovare grandi quantità di ossa umane lavorando i campi intorno airesti della pieve che venivano accumulate all’interno della cosidetta“Buca di San Regolo” (da una testimonianza dei familiari del sig. SantiMillacci vissuto a Fabbrica dal 1957 al 1962).Un diverso tipo di dati riconosciuti dalle ricerche di superficie è ilritrovamento di due monete di XII secolo. Sono state raccolte in-sieme ai reperti affioranti interpretati come tracce di una casa inmattoni in località podere Santa Maria a soli 30 m dal corso deltorrente Tresa 72. L’evidenza ha mantenuto una concentrazionemolto netta, tanto da permettere una misurazione chiara: 21x15m 73. La struttura era costruita in mattoni e aveva il tetto in tegole

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67 Per le tracce tardoantiche della fattoria riconosciuta nel 1975 il materiale è attual-mente in corso di studio da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellaToscana.68 CDL, n. 19.69 Ringraziamo ancora Alberto Dondoli per aver permesso la revisione e la documen-tazione di questi pezzi. I confronti molto stringenti riguardano soprattutto le olle nn.1-8 (fig. 39) della prima pubblicazione dei pezzi della Grotta del Beato di Francoviche Vannini. Indubbiamente simili sono anche le filettature a maglie larghe (cfr. FRAN-COVICH-VANNINI, 1981, fig. 39, nn. 2, 3) realizzate su contenitori in acroma grezza,certamente utilizzati per la cottura date le tracce di annerimenti esterni. La cronologiadei pezzi della Grotta del Beato è stata fornita con maggior sicurezza dalla revisione diValenti che ha posto i contenitori che trovano confronti con i nostri tra X e XI secolo,FRANCOVICH-VANNINI, 1981, fig. 39; VALENTI, 1999, p. 80. Il frammento n. 2 dellafig. 21, che ha trovato meno somiglianza con quelli della Grotta del Beato, è assimila-bile alla forma I.7.24 di Montarrenti, datata alla seconda metà VIII-XI secolo, CAN-TINI, 2003, tav. 10. Un frammento che non compare nella fig. 24 trova confronti conesemplari provenienti dal contesto di Poggio Castello nel territorio di Murlo, datantitra IX e XI secolo, CAMPANA, 2001, tav. XLI, n. 11; tav. XLII, nn. 1, 6.

70 Schedario Topografico n. 1.8.71 MARONI, 1990, p. 61.72 Schedario Topografico n. 94.1.73 Le misure comprendono come di consueto gli spargimenti.

Fig. 21. Alcuni dei reperti raccolti da Alberto Dondoli tra il 1969-1970.

e coppi in impasto n. 19, ricco di vacuoli lasciti dal disfacimentodi paglia e materiali organici. Un particolare interessante è la quasitotale combustione di parte di essi, quelli concentrati nella por-zione sud-est/nord-est dell’evidenza, un raggruppamento che puòfar congetturare più che la cattiva cottura, l’ipotesi di un incendio.La cultura materiale presente è abbastanza scarsa. Si tratta di unboccale in ceramica acroma depurata, di un testo in acroma grezza,del bordo di un boccale in maiolica arcaica bassomedievale e delledue monete di XII secolo sopra citate. Tra il materiale sono pre-senti anche numerosi frammenti di ossa umane 74. Le due monetecollocabili tra metà e ultimo decennio del XII secolo sono emessedalla zecca di Lucca a nome di Enrico III-IV-V, hanno avuto unarco cronologico di utilizzo molto lungo. Ciò fa si che sia ricorrenteil loro rinvenimento in contesti duecenteschi e oltre, come nel no-stro caso in un’abitazione di XIV secolo. La seconda evidenza sitrova antistante l’agriturismo Barbi (lungo la strada che porta aMonticchiello) 75. Anche in questo caso si tratta di una moneta rac-colta nelle vicinanze di una collinetta lasciata a sodo dalla quale,pur se la visibilità è azzerata, emergono frammenti di tegole 76. La

moneta nello specifico è un denaro di Siena di fine XII-metà XIIIsecolo 77.Quello che permettono di capire i dati archeologici è assolutamentelimitato e possono semmai servire da marginale integrazione alla let-tura del territorio sulla base delle fonti storiche, dominato ancora, al-meno per tutto l’XI secolo dai documenti dell’archivio di San Salva-tore (fig. 23). Essi mostrano l’anno Mille come coincidente con lasparizione documentaria del casale. Tra le pievi nel 1014 risulta perla prima volta la plebe de Santa Maria qui dicitur Lispino (Santa Ma-ria dello Spino), 2 km a sud di Monticchiello, ancora esistente 78. Ap-pare per la prima volta anche l’abbazia di San Pietro in Campo situatanella porzione sud del comune. La presenza di documenti su questaabbazia sono la manifestazione dello spostamento, a partire dall’XI se-colo, degli interessi patrimoniali del monastero di San Salvatore versosud, nella zona di Santa Maria in Campo (nelle vicinanze di San Pie-tro in Campo). Questa discesa verso il fondovalle è stata messa in re-lazione alla maggiore affermazione della cerealicoltura come base del-l’economia produttiva 79. Dall’XI secolo l’aumento dei dissodamentiè stato collegato anche con l’affermazione del mercato della Franci-gena che contemporaneamente ai fenomeni di generale aumentodella popolazione contribuirono al mutamento dell’aspetto della

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74 L’osservazione dei frammenti ossei è avvenuta da parte dell’antropologo Donald W.Walker che ha collaborato per anni con il Dipartimento di Archeologia dell’Universitàdi Siena nello scavo dell’area cimiteriale di Poggibonsi, WALKER, 1996, pp. 143-150.75 Schedario Topografico n. 224.1.76 Le informazioni sono state raccolte dalla testimonianza di Vilmo Barbi che ha ef-fettuato anni fa il rinvenimento.

77 CICALI, in questo volume, paragrafo sulle monete medievali, capitolo VII.78 CDL, n. 240.79 VAQUERO PIÑEIRO, 1990, p. 18.

Fig. 22. Distribuzione delle evidenze nella zona circostante la pieve di Corsignano (analisi multilivello della foto aera del 1996 e della foto obliqua scattata nellaprimavera del 2002).

valle 80. Gli effetti del passaggio della strada sono visibili soprattuttopiù a sud rispetto alla Val d’Orcia piantina dove non risultano pre-senti fenomeni di affermazione di borghi in progressiva parziale so-stituzione dei casali, come è avvenuto nella Valle del Paglia per i bor-ghi di Callemala, Voltole, Burgorico, le Briccole e altri scendendo versoAcquapendente 81.Quello che possiamo dedurre dalle indicazioni documentarie di XIsecolo per il territorio di Pienza è ancora legato a riferimenti alla strut-tura curtense. Corsignano risulta corte in loco qui vocatur Corsignanonel maggio del 1004, in un precetto di Enrico II 82. Da questo docu-mento compare la delicata situazione del monastero nell’XI secoloquando Winizo diviene abate con il compito di rinsaldare una situa-zione di impoverimento dei patrimoni intorno al monte Amiata, chesi è generata da Ottone I in poi. Il monastero si trova solo con posse-

dimenti lontani, inevitabilmente destinato all’indebolimento. La po-litica di Winizo perciò prevede una strategia di riconferme dei vecchipossedimenti che avviene per tappe, una delle quali è appunto il pre-cetto di Enrico II 83. Da ciò si deduce che il settore nord (zona diPienza-Torrita-Montepulciano) suscita ancora interesse anche se deitoponimi gravitanti nei secoli precedenti nell’orbita del monasterosono indicati solo Corsignano e Ferignano (Frignano, nei pressi diMontefollonico), mentre non appaiono luoghi come Cosona, Fab-brica, Citiliano che sono stati presenti in molte occasioni nei docu-menti patrimoniali dell’ente tra VIII e X secolo. Dello stesso tenore èil precetto del 1007 dove nuovamente compare la curte in Corsi-niano 84. Il precetto di Corrado II del 1027 è considerato il momentoconclusivo dell’opera di ristrutturazione del patrimonio monasticodove oltre alla “curticella di Cursinianu cum omnibus pertinentiis etadiacentiis suis” si aggiunge nuovamente la curtem de Citiliano a ri-portare verso nord il confine dei possedimenti 85. Risulta ancora corteFabbrica ma passata ai beni di Sant’Antimo, come compare nella con-ferma del 1051 di Enrico III 86.Nel corso dell’XI secolo nelle carte appaiono nuovi toponimi comeCretaiole 87, località indicata nel marzo 1088: “Raineri comitis in

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80 Per l’effetto del passaggio della Francigena sull’aumento dei dissodamenti e dellebonifiche, WICKHAM, 1989, p. 119. Sull’incremento dello sviluppo demografico eu-ropeo a partire dall’XI secolo, DUBY, 1970, p. 184. A partire dall’XI secolo quella cheera stata verso il VII secolo una popolazione italiana ed europea molto ridotta trovauna spinta nella riorganizzazione del sistema agricolo che innesta un circuito di au-toalimentazione per il quale alla bonifica di nuove terre consegue una crescita demo-grafica e viceversa, MONTANARI, 1985, pp. 201-203. L’aumento della popolazione alivello italiano è un fenomeno progressivo che prende avvio dal VI secolo come con-seguenza delle fasi di regresso comprese fra III e VI secolo d.C., CAMMAROSANO,2001, pp. 88-90;81 WICKHAM, 1989, pp. 119-123.82 CDA, n. 221.

83 KURZE, 1989, pp. 43-44.84 CDA, n. 227.85 CDA, n. 263; KURZE, 1989, p. 44.86 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, pp. 350-351.87 Schedario Topografico n. 25.1.

Fig. 23. Distribuzione delle evidenze dei secoli centrali del Medioevo

Cretaiuole, sicut Gerardi Bonzi ante est posita infra plebe s. Marie sitoCosona et infra plebe s. Stephani sito Cennano (...)” 88. Lucignanoidentificato con attuale Lucignanello 89 a est di Pienza appare nel1099, quando si registra la vendita da parte di Rolando figlio di Azzo,a Maiza di Roizo la sesta parte di una terra nel contado di Siena, po-sta presso la pieve di San Vito in Corsiniano, in luogo detto Luciniano,dove fu la chiesa di Santo Stefano, per il prezzo di soldi 3 90.Come abbiamo accennato, all’inizio dell’XI secolo (1031) risale ilprimo documento connesso al monastero di San Pietro in Campo 91.In questa data risulta patronato dei conti Manenti di Sarteano. Nel1055 un conte Pietro, insieme ai fratelli Ranieri e Farolfo, fanno donodi alcuni possessi alla Badìa 92. I documenti su questo ente non sonoprodighi di notizie, riguardano in massima parte le vicende interne almonastero, delle quali una importante è quella del 1081. Si tratta diun privilegio del re Arrigo IV concesso al monastero di Sant’Eugeniocon il quale conferma le concessioni fatte al medesimo dai suoi ante-cessori, tra i cui beni si trova anche la chiesa di San Pietro in Campo 93.Nel corso dell’anno mille il quadro che emerge dalla documenta-zione sul contesto insediativo è tutt’altro che esauriente. Certamentecolpisce la scomparsa del termine casale e per contro la curtis risultaormai il termine di riferimento dominante. Il XII secolo si inserisce a pieno nel periodo di silenzio (circa 130anni) tra la metà dell’XI, ancora dominato dai riferimenti curtensi,e la metà del XII inizio del XIII, quando alcune località sono ormaiindicate come castelli ben definiti, restringendo a questo intervallotemporale la realizzazione di strutture fortificate.La sfera religiosa permette in questo momento di iniziare a cogliere ilfenomeno del frazionamento delle pievanie che progressivamenteporterà all’assetto bassomedievale ben osservabile dalle seconde De-cime (1295-1304) 94. La maglia plebana basata sin dall’VIII secolosulle tre pievi di Santa Maria in Cosona, San Vito in Corsignano e SanDonato in Citiliano inizia a mostrare segni di maggiore articolazione.Come abbiamo già visto nel 1014 abbiano la prima notizia dell’esi-stenza della pieve di Santa Maria dello Spino e nel 1191, nella bolladi Celestino III, viene ricordata la pieve di San Martino di Fabbrica 95.Altre entità di riferimento sono i monasteri e gli ospedali che non pos-siamo separare dal passaggio della Francigena. Sia il monastero di SanPietro in Campo che l’ospedale di Sancti Nicolai (Spedaletto) si tro-vano su uno dei diverticoli più importanti della via magistram, cioè iltratto principale del fascio di vie che caratterizzano la Francigena 96.Passando a considerare più nel dettaglio la nascita dei castelli è do-veroso ricordare che si tratta dell’elemento cardine dell’organizza-zione dello spazio medievale che tuttora scandisce la trama paesag-gistica della Val d’Orcia. La prima chiara attestazione di un nucleo castrense è del 1168 e ri-guarda Monticchiello: “De omni offensa quam Senenses vel eorumadiutores, Montepulc(ianenses), Montech(iellenses) (...) eius nul-lum malum meritum reddemus. (...) Permittemus eos rehedificareRencinim, Montekellum, Campilliam, Campolopicini, et ex novo

in eorum terra castrum, hedificare, si Senenses voluerint (...)” 97.L’incastellamento della nostra area è di tipo curtense nel senso checinque dei sette castelli conosciuti sono presenti come curtis nelladocumentazione di X e XI secolo, andando ad allargare la casisticamolto diffusa in ambito toscano 98 (fig. 24). Il processo della loroformazione e soprattutto i precedenti dai quali prende avvio, per-mettono di escludere il tipo di incastellamento toubertiano cheprevede una forte spinta signorile alla formazione di nuclei di po-polamento accentrati che nella nostra area non sembra necessa-ria 99. In questi cinque casi (Cosona, Fabbrica, Bibbiano, Corsi-gnano, Monticchiello) è probabilmente avvenuto il fenomeno diprogressiva gerarchizzazione degli spazi che ha portato alla realiz-zazione di nuclei fortificati, come è emerso dagli scavi condotti inToscana fino a oggi. Sembrano dinamiche di incastellamento assi-milabili a quelle studiate per la parte occidentale del monte Amiata,dove la proprietà a partire dall’XI secolo si associa a simboli ben vi-sibili (le fortificazioni) 100. Chi siano stati i protagonisti che hannoanimato gli eventi è difficile da capire, come del resto accade intutta la penisola, anche se la presenza nel 973 di Monticchiello trale proprietà aldobrandesche può far pensare a questa famiglia comefigura promotrice 101. Anche la presenza di Corsignano e Citilianoancora nel 1037 tre le curtis di proprietà di San Salvatore fa sup-porre che la realizzazione della fortificazione possa essere venutadall’ente monastico, forse per consolidare il possesso su quei luo-ghi. Non possiamo infatti non considerare la posizione critica delnostro territorio nel medioevo. Occupa pienamente l’area del limestra la diocesi di Siena e quella di Arezzo che ha contribuito a gene-rare instabilità già dal VII secolo e che tra XI e XII secolo si com-plica con l’aggiunta di nuovi soggetti di potere (monastico, signo-rile, successivamente cittadino), caratterizzandosi come un’area dicomplessa sovrapposizione di interessi 102. Disponiamo di datimolto scarsi per fissare questo particolare momento storico e pos-siamo “operare” più sulle mancanze che sulle presenze di attesta-zioni documentarie. L’elemento più forte è infatti l’assenza di fontitra metà XI e inizi XIII, un dato che tarato delle necessarie consi-derazioni sulle congiunture anche casuali che hanno permesso laconservazione delle fonti, indica comunque la curtis come strutturapresente al massimo fino 1051, non più indicata fino al 1208quando apprendiamo dell’esistenza di castelli ormai senesi. Ab-biamo cioè dei punti fermi anche se molto lontani nel tempo.Senza ulteriori dati, ottenibili solo da eventuali indagini archeolo-giche mirate, sarà difficile uscire dall’attuale stato di conoscenzasull’incastellamento del territorio pientino 103. Tra XII e XIII secolo si fa strada un nuovo elemento di forza, l’e-spansione senese che va a sommarsi al groviglio di poteri che dall’XI

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88 RS, n. 118.89 Schedario Topografico n. 50.1.90 D, maggio 1099.91 Schedario Topografico n. 24.1.92 VERDIANI BANDI, 1926, p. 28.93 D, 1081, 3 giugno.94 GIUSTI-GUIDI, 1942.95 MARONI, 1990, p. 221.96 Sul tracciato principale della Francigena e i suoi più importanti tracciati alternativinella zona tra Siena e Acquapendente: BEZZINI, 1996, pp. 87-92.

97 RS, n. 240.98 AUGENTI, 2000, p. 43.99 Sull’incastellamento toubertiano, tipico di una particolare area del Lazio, TOUBERT,1973.100 WICKHAM, 1989, p. 110.101 Sulla difficoltà di conoscere l’identità dei costruttori dei castelli, AUGENTI, 2000,p. 45.102 BENVENUTI PAPI-PIRILLO, 1990, pp. 64-65.103 Ulteriori dati sono certamente utili per la comprensione di un fenomeno com-plesso e multiforme che in una area di per se regionale come il vicino monte Amiata,riveste caratteri di spiccata microregionalizzazione che fanno riflettere sulla prudenzacon la quale si possono congetturare gli avvenimenti dei secoli a cavallo del mille. Sulcarattere microregionale dell’incastellamento amiatino, WIKHAM, 1989.

agiscono sulla valle, allungata trasversalmente dall’Ombrone a Mon-tepulciano dove si stabiliranno le sue estreme propaggini orientali 104. Non riteniamo necessario trattare ancora l’argomento della forma-zione castrense dovendoci basare su indizi tanto labili. Ulteriori ana-lisi sul fenomeno e in particolare sul “secondo incastellamento” ver-ranno riprese nella fase bassomedievale, dove sarà approfondito po-tendo disporre di dati più cospicui sia dal punto di vista delle fontistoriche sia delle presenze materiali.

Proposte di ricerca futureCome per l’Alto Medioevo la direzione delle ricerche da seguire percomprendere questa fase, crediamo si debba come non mai con-centrare nei siti sedi di castelli anche attuali. Sarebbe fondamentalepoter indagare, quando possibile in seguito a lavori di pubblica uti-lità, il sottosuolo di questi centri. Sarebbe ideale poter restringerel’ampio asse temporale entro il quale si colloca l’incastellamentosulla base delle fonti scritte. Le indagini archeologiche condotte ne-gli ultimi vent’anni dal Dipartimento di Archeologia di Siena,hanno mostrato chiaramente la potenzialità di ricerche volte inquesta direzione, di conseguenza crediamo sia la via più giusta e piùefficace da seguire.

Basso Medioevo (XIII-XV secolo d.C.)Rinvenimenti e attestazioni note 129; rinvenimenti inediti 50.

È nel corso del XIII secolo che la maglia dei castelli è testimoniata am-piamente dalle fonti storiche. Cosona (1208), Bibbiano (1213), Cor-signano (1208), Fabbrica (1213), Monticchiello (1208), Montertine(1220), Castelluccio (Duecento) sono i castelli noti e tranne Monter-tine ancora esistenti. Probabilmente era già presente anche ScianoGuidi o Ascianguidi anche se non ne abbiamo notizia prima del1404 105. L’aspetto del paesaggio è il risultato della seconda grande fasedi incastellamento che ha interessato i secoli XII e XIII. Come ab-biamo visto nelle fasi precedenti non si tratta di castelli fondati ex novo,l’incastellamento segue una tendenza generalmente valida per l’Italiacentrale che vede il castello affiancare strutture precedenti senza cau-sarne inevitabilmente la scomparsa 106. Il fenomeno del secondo inca-

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104 Montepulciano ancora fino all’inizio del ’200 fa capo a Siena, REDON, 1999, pp.68,70.

105 PASSERI, 2002, p. 14.106 Anzi il castello spesso trae le sue origini proprio da strutture organizzative preesi-stenti come le curtis, WICKHAM, 1990. I siti studiati in ambito toscano hanno dimo-strato la tendenza a seguire un incastellamento che si imposta su agglomerati umaniaccentrati precedentemente, in epoca altomedievale come il caso di Montarrenti,CANTINI, 2003; FRANCOVICH-HODGES, 1990. Resti di una curtis altomedievale sonostati riconosciuti anche sotto al castello di Scarlino, FRANCOVICH, 1985, il territoriocircostante questo castello, come ha dimostrato la Cucini da ricerche di superficie,non abbandona mai l’insediamento sparso nonostante l’impianto del castello fortifi-cato, CUCINI, 1985. La stessa preesistenza di centri curtensi è stata osservata per il ter-ritorio del Chianti meridionale, WICKHAM, 1990, pp. 88-89.

Fig. 24. Localizzazione dei castelli attestati in fase bassomedievale, di questi almeno cinque (Cosona, Bibbiano, Corsignano, Monticchiello, Fabbrica) sono proba-bilmente sorti nel corso del XII secolo.

stellamento si compie in Toscana fra XII e XIII secolo portando al-l’assetto definitivo dei centri murati, avvenuto sia ampliando castellidi prima fase sia costruendo complessi nuovi. L’area della Val d’Orcia,insieme alla zona delle Crete e alla Valdichiana, fa parte della cosid-detta “area dei grandi castelli”, caratterizzata da un forte accentramentodemico all’interno delle fortificazioni, ora predisposte per ospitare unrilevante nucleo di popolazione 107. Il risultato è la costruzione di im-pianti pianificati sia lungo un asse viario principale, come Corsignanonel nostro territorio ma attestato in molti castelli limitrofi come Mon-tefollonico, Torrita, Sinalunga, o secondo uno schema concentricocome Monticchiello, Castelmuzio, Petroio, San Giovanni d’Asso 108.Più chiaro rispetto ai secoli XI e XII è il contesto dei poteri ai qualii castelli fanno capo. Corsignano e Cosona nel 1208 sono compresitra i castelli soggetti all’autorità di Siena, costretti a pagare un’impo-sta straordinaria per il finanziamento del debito pubblico 109. Bib-biano e Fabbrica nel 1213 risultano nel giuramento di fedeltà a Sienadegli uomini delle terre e castelli di Rinaldo di Ildebrandino e diGuido Cacciaconti della dinastia degli Scialenghi 110. All’inizio del ’200, quindi, Siena domina sulle terre della Val d’Or-cia pientina rivelando, come nel caso dei Cacciaconti, l’esistenza didiritti signorili anteriori, dei quali il comune senese “utilizza” la pre-senza nella strategia di controllo sul contado 111. Le fasi meno chiaresono ancora quelle precedenti che in alcuni casi si possono isolare aun preciso lasso di tempo lungo circa tre generazioni come nel casodi Fabbrica (1051-1213) 112, più ampio nel caso di Monticchiello(973-1168) 113. Per queste fasi così lacunose (fine XI-XII secolo) leuniche indicazioni sulla divisione dei poteri mostrano l’area ripartitatra gli Scialenghi a nord 114, il Paltonieri a est, i Manenti a sud-est 115,forse ancora San Salvatore al centro-sud, ma su tutti si percepisce giàl’avanzata di Siena che si insinua tramite accordi, alleanze militari escambi economici in questo spazio 116. Nel corso del secolo succes-

sivo altri poteri si inseriscono nel territorio e lo dimostrano i casi diMontertine, concesso nel 1220 da Federico II a due Piccolomini diSiena 117 e del Castelluccio che nel ’200 appartiene ai Visconti diCampiglia 118. La presenza in Val d’Orcia dei Piccolomini è il pale-samento del processo di acquisizione di signorie rurali da parte digrandi famiglie cittadine, avvenuto generalmente tra fine Duecentoe metà del secolo successivo 119. La metà del Trecento e in partico-lare il 1355 è un momento particolare per Siena. La caduta del Go-verno dei Nove comporta tra i molteplici esiti proprio quello di fa-vorire la presenza nobiliare sul territorio 120. Il Castelluccio fa partedi una énclave dei Visconti di Campiglia, in particolare appartiene aBifolco di Sinibaldo che definisce l’estrema propaggine orientale delnostro territorio nella seconda metà del XIII secolo 121. Dal punto di vista fisico la componente costante a tutti i castelli èla posizione: luoghi elevati a dominio del territorio. È significativoil caso di Montertine, dove l’attuale assenza di strutture sulla col-lina consente di percepire a pieno l’importanza delle opportunitànaturali offerte dal luogo. Il dominio sulla valle e allo stesso tempoil contatto che da questa sommità si ha sui castelli vicini sonomolto forti. In direzione sud-ovest si ha il rapporto visivo direttocon San Quirico d’Orcia e Castiglion d’Orcia, più in lontananzacon Montalcino. Verso sud-est spicca Radicofani, a est Montic-chiello, a nord Corsignano. Si ha l’impressione di trovarsi inseritiin una rete che collega i punti più elevati del territorio (sedi di ca-stelli) dominanti dall’alto il substrato rurale (fig. 25).

Il sito di un castello del quale abbiano notizia non prima del 1404,Sciano Guidi, può essere di supporto a comprendere l’importanza delruolo che le fortificazioni avevano. Questo centro si trovava lungo ilconfine con Montepulciano ed è stata con ogni probabilità proprioquesta localizzazione la spinta promotrice. Forse già nel 1438 era unluogo tra quelli nudi et disabitati messi a contado da Antonio Pe-trucci 123. Anche se ventotto anni dopo, nel 1466 sappiamo che vi

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107 Per il secondo incastellamento in Toscana, FARINELLI-GIORGI, 2000; FARINELLI-GIORGI, 1996.108 Per gli schemi di pianificazione, FARINELLI-GIORGI, 2000, p. 240.109 RS, n. 443; CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 349.110 Rapolano, Poggio Santa Cecilia, San Gimignano presso Montalceto, Fabbrica,Bibbiano, Montisi, Castelmuzio, Monterifredi; D, 1213, ottobre; CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 351. Sul rapporto tra il Comune di Siena e le signorie del contado,REDON, 1999, pp. 108-110.111 REDON, 1999, pp. 109-111.112 Per esempio Fabbrica che nel 1051 è ancora una corte di Sant’Antimo (in unaconferma dell’imperatore Enrico III, CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, pp. 350-351)e nel 1213 è un castello scialengo, è un caso dove è possibile isolare un tempo lungocirca tre generazioni, entro il quale l’area può essere entrata nell’orbita di espansionedella famiglia signorile.113 Monticchiello è sede della confluenza di diversi poteri, ma già precocemente siintravede il dominio senese. È possesso aldobrandesco (corte nel 973), poi già inparte senese quando compare tra i domini di Paltonieri Forteguerra (1156), in se-guito ceduto alla sede Apostolica e ai Cavalieri Teutonici (ma è amministrato daLambardi), infine risponde definitivamente a Siena dal 1175 CAMMAROSANO-PAS-SERI, 1976, p. 351. Sul potere territoriale di Paltonieri Forteguerra e la sua funzionecomitale, REDON, 1999, pp. 67-69. 114 La diffusione della signoria degli Scialenghi nella porzione nord del nostro terri-torio non è indicata con certezza fino al 1213, ma si presuppone che nel corso del XIIpossa aver investito già queste località sulla scia di quanto è accaduto nei vicini centridi San Giovanni d’Asso e Montisi, per i quali disponiamo di maggiori informazioni,che li mostrano appartenenti agli Scialenghi all’inizio del XII secolo, CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 376.115 Dagli Annales Camaldulenses sappiamo che nel 1031 il monastero di San Pietro inCampo apparteneva ai Manenti di Sarteano e che nel 1055 un certo Pietro figlio diWinigildo e di Teodora, insieme ai fratelli Ranieri e Farolfo, fa dono di al monasterodi alcuni possessi, VERDIANI BANDI, 1926, p. 28.116 ASCHERI, 2001, p. 67.

117 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 351.118 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 350.119 REDON, 1999, pp. 110-111; REDON, 1989, p. 195.120 ASCHERI, 2001, pp. 160-161.121 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 350.122 ASS, Catasto Leopoldino, Comunità di Pienza, Spedaletto, sezione N (f. II), levatain pianta da Luigi Ganucci geometra di 1° classe (1:5000), terminata nel 1819, no-vembre 15 (c. 32).123 Antonio Petrucci nella sua politica di affermazione personale “utilizza” la mossadella messa a contado di alcuni centri in Val d’Orcia per mantenere la sua credibilitànei confronti dei Siena. Le località sono oltre a Sciano Guidi Argiano e Poggio alleMura, ASCHERI, 2001, pp. 190-191.

Fig. 25. Immagine della posizione elevata della collina di Montertine sulla valledell’Orcia (sezione N di Spedaletto del Catasto Leopoldino, anno 1819 122).

erano ancora case cinte da mura e addirittura nel 1478 vi esisteva an-cora un palazzotto. La fortezza caratterizzerà il rilievo collinare ancorafino al 1554 quando ne è attestato il crollo ma anche il recupero 124.Visitando oggi il sito si notano ancora le tracce del circuito murarioimponente e la base di una grossa torre quadrangolare. La scelta dellacollina dimostra con chiarezza la vocazione difensiva e quanto, no-nostante le numerose vicende di distruzioni e ricostruzioni, l’impattoanche visivo di un castello potesse rafforzare l’esercizio del potere.Riguardo al fenomeno della seconda fase di incastellamento nel no-stro territorio è stata studiata la vicenda di Monticchiello, con risul-tati interessanti per la comprensione delle evoluzioni che hanno inte-ressato l’area di frontiera fra Monticchiello e Montepulciano. Lungola cortina collinare che caratterizza l’andamento naturale del territo-rio tra i due centri, entro il XIII secolo si trovavano numerosi inse-diamenti abbandonati per effetto del fenomeno di attrazione verso ilcastello di Monticchiello. Tra questi, Annano (oggi Nano), Castellionequod est ultra plebe de Conino (nei pressi del podere Pievina) e castel-lare Marzuoli (non identificato) il castellione de Conino è il sito di mag-gior interesse per le rilevanti potenzialità archeologiche 125 (fig. 26).

Lo studio delle fotografie aeree verticali ha permesso di individuarenella foto del 1976 una netta anomalia circolare del diametro di circa50 m dovuta alla crescita della vegetazione (crop mark) in prossimitàdell’attuale podere Pievina, con il quale si identifica la pieve di Co-nino nei pressi della quale si trovava il castillione quod est ultra ple-bem de Conino 126 (fig. 27). La verifica al suolo ha permesso di rico-noscere in corrispondenza della traccia anomala un leggero rilievodel terreno ma non sono stati individuati materiali archeologici. L’a-rea è comunque risultata di notevole rilevanza potendo rispondere aquella di un castello scomparso prima del XIII secolo, verosimil-mente un centro di prima fase. Sull’area nella primavera del 2000 èstata effettuata una ricognizione area e sono state scattate foto in cor-rispondenza della traccia visibile nel fotogramma del 1976 che pur-troppo non hanno restituito informazioni a causa delle cattive con-dizioni del suolo in quel momento 127. Il sito nell’insieme ha rap-

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124 Per tutte le notizie su Sciano Guidi, PASSERI, 2002, p. 14.125 Sul fenomeno di sinecismo esercitato dal grande castello di Monticchiello in espan-sione nel corso del ’200, FARINELLI-GIORGI, 2000, pp. 262-263.

126 Schedario Topografico n. 64.1; Schedario Topografico n. 128.1. Sul castillione deConino, FARINELLI-GIORGI, 2000, p. 263, nota 100.127 La stagione primaverile del 2000 infatti non è stata favorevole per il riconosci-mento di tracce anomale. A maggio le piogge hanno caratterizzato pesantemente quasitutta la seconda metà del mese, quando è avvenuto il volo, causando l’abbassamentodel fusto delle piante di grano che coprivano la superficie del fondo agricolo quel-l’anno e impedendo di riconoscere i segni eventualmente visibili proprio dalle variantidella crescita delle piante.

Fig. 26 . Localizzazione di alcuni degli insediamenti confluiti entro il XIII secolo nell’orbita di espansione del castello di Monticchiello.

presentato un buon campione di sperimentazione metodologica chenecessiterà di ulteriori future attenzioni.È presumibile supporre che l’espansione di Monticchiello nel corsodel XIII secolo abbia investito anche quei centri che all’inizio delTrecento compaiono nell’Estimo senese come aree dotate di un pa-latium e il cui toponimo riporta a impianti fortificati come Castel-letto e Torricelle 128.Torricelle, al pari di Conino è risultato un sito archeologicamente no-tevole. L’osservazione del fotogramma verticale del 1976 ha permessodi riconoscere una forte anomalia regolare, dovuta a condizionimorfologiche e a probabili strutture interrate. La verifica al suolo haconfermato questa lettura isolando un’area di circa 40x30 m entro laquale sono visibili rilevanti tracce di murature, probabilmente al-meno un muro di cinta dato lo spessore (circa 90 cm) e l’aperturaquadrangolare di una cisterna riempita di terra. Anche in questo casonon è stato possibile raccogliere materiale in prossimità dell’area,tranne alcuni frammenti di laterizi di impasto n. 19 (generalmenteassociato a materiali bassomedievali). Dal lato opposto della stradache oggi divide il sito da un fondo agricolo è stata riconosciuta unaunità topografica entro la quale sono stati raccolti frammenti dimaiolica arcaica (XIV-XV secolo) e di ingubbiata e graffita quattro-centesca 129. I redattori dell’Estimo di Siena degli anni 1318-20hanno registrato in questa località la presenza di un palazzo di pro-prietario cittadino, di due case di proprietari cittadini e di due casedi proprietari locali 130. La consultazione del Catasto Leopoldino allasezione L di Torricelle dell’anno 1820 ha permesso di riconoscere inprossimità del sito la presenza di una struttura che i redattori deltempo hanno riportato sulla carta e indicato come podere che in se-guito alla sua georeferenziazione è risultata sovrapponibile all’ano-malia della foto del 1976 131. Infine il cammino a ritroso ha portatoalla consultazione del Cabreo della grancia del Castelluccio del 1763,che mostra in quest’area la presenza di una struttura poderale con lapianta e lo sviluppo dell’elevato (fig. 28). In seguito alla georeferen-ziazione questa struttura è andata a sovrapporsi precisamente sia aquella di 57 anni dopo (Catasto Leopoldino) sia all’anomalia di 213anni dopo (fotogramma del 1976). Anche in questo caso la combi-

nazione di più approcci al sito ha portato a isolare il caso di Torri-celle come una base di sperimentazione dalle forti potenzialità.Oltre alla realtà dei castelli la Val d’Orcia tra XIII e XIV secolo ècontrassegnata dalla presenza di centri quali Castelluccio e Speda-letto trasformati nel corso del Trecento in grance dello spedale diSanta Maria della Scala di Siena. Per la precisione Spedaletto faparte del percorso di espansione dello Spedale senese già dal quartodecennio del XIII secolo132. Gli spedali, come le grance, sono unacategoria intimamente connessa all’andamento della Francigena 133.Esistevano l’hospitalis Sancti Nicolai, il già ricordato Spedaletto, enteassistenziale prima di divenire grancia e l’hospitalis Sancti Benedicti(podere Spedalone) citato in un documento del 1227 134. L’elencodelle Decime degli anni 1295-1304 riporta i nomi anche di un ho-spitale Alamannorum de Monticchiello e di un hospitale Sancti Iohan-nis di Monticchiello 135, forse da ritenere lo stesso ricordato nell’E-stimo del contado dell’inizio del Trecento del comune di Fabbrica,dove si censisce un haspitali Sancti Iohannis, che qualcuno posizionapresso il podere Albergo 136. Ancora le seconde Decime riportano ilnome di un hospitale Misericordie di Monticchiello e di una chiesadi Sancti Martini de Montichiello, non localizzabili 137. Sono tuttestrutture “di servizio” relative al flusso di persone, pellegrini e non,gravitante lungo l’asse di passaggio della viabilità. Anche queste en-tità oltre a svolgere funzioni di accoglienza e gestione agricola sonoelementi di rilevanza strategica. È il caso di Spedaletto, fortificatopiù volte alla fine del XIV secolo per contrastare la presenza dei Sa-limbeni stabiliti nell’alta Val d’Orcia 138. Per quanto riguarda gliedifici di culto le Rationes Decimarum del 1302 riferiscono i nomidi nuove pievi sorte sui territori frazionati di quelle di più antica ori-gine. Compaiono la pieve di Conino presso Monticchiello e quelladi San Leonardo, oggi la chiesa più importante di Monticchiello 139.Nel decimario del 1302-1303 appare anche la ecclesia Sancte Crucisin Burgo Fabrice e quelle di Annano (attuale località Villa Nano)140. La ricerca sul campo ha permesso il rinvenimento di 50 evidenze bas-somedievali (fig. 29).Il grafico (fig. 30) mostra chiaramente alcune particolarità rispettoai periodi trattati in precedenza. Primo dato tra tutti è che le fre-quentazioni non meglio identificabili sono la tipologia di rinveni-mento più diffusa, superando anche le abitazioni che fino a questomomento hanno rappresentato il tipo di organizzazione insediativapiù riconoscibile da superficie. Le ragioni di tale maggioranza inun periodo che paradossalmente è il più vicino al nostro possonoessere varie. In prima istanza molte strutture medievali si sono tra-sformate ma continuando a rimanere in elevato fino a oggi. Le ri-cerche in questi casi si sono potute concentrare solo nei loro im-mediati dintorni, permettendo il rinvenimento di pochi frammenticeramici relativi più che altro all’utilizzo di quegli spazi, essendo i

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128 FARINELLI-GIORGI, 2000, p. 263, nota 101.129 Schedario Topografico nn. 73.1; 73.2.130 PASSERI-NERI, 1994, p. 24.131 Per la consultazione della tavola di riferimento del Catasto Leopoldino ringraziamola dottoressa Giovanna Tramacere per la disponibilità dimostrata.

132 CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, p. 350, 352. Sulle grance dell’ente del Santa Ma-ria di Siena, EPSTEIN, 1986, p. 30. 133 EPSTEIN, 1986, p. 30.134 MARONI, 1990, pp. 55,61.135 GIUSTI-GUIDI, 1942, p. 168.136 MARONI, 1990, p. 61. Non essendo accertata l’identificazione il sito non è statoaggiunto in pianta, anche se è certo che l’area di pertinenza di questo ente doveva es-sere compresa tra Monticchiello e Fabbrica.137 GIUSTI-GUIDI, 1942, p. 168.138 Sulle fortificazioni di Spedaletto, PASSERI, 2002, p. 344. Sulla vicenda del contra-sto con i Salimbeni in generale, ASCHERI, 2001, p. 179.139 MARONI, 1990, p. 227. La pieve di Conino è presente nelle seconde Decime, GIU-STI-GUIDI, 1942, p. 168.140 GIUSTI-GUIDI, 1942, p. 168.

Fig. 27 . Anomalia in località Cerreto, identificabile con l’area del castillionequod est ultra plebem de Conino (attuale podere Pievina)

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141 Per il Catasto Leopoldino: ASS, Catasto Leopoldino, Comunità di Pienza, Tor-ricelle, sezione L, levata in pianta da Giuseppe Bersani geometra di 1° classe(1:5000), terminata nel 1820, marzo 17, vista da Luigi Ganucci geometra di 1°classe. In questo caso la sezione utilizzata è un’eliocopia disponibile presso il Labo-ratorio di Cartografia storica del Dipartimento di Storia dell’Università di Siena

(Progetto “Vettorializzazione del Catasto Leopoldino della Provincia di Siena”, re-sponsabile professor Claudio Greppi). Il Cabreo della grancia del Castelluccio del1763 è disponibile presso lo stesso Laboratorio, per indicazioni più dettagliate sullafonte rimandiamo all’Appendice in questo volume.

Fig. 29. Distribuzione delle evidenze del Basso Medioevo

Fig. 28. Sovrapposizione fotogramma (1976), sezione L del Catasto Leopoldino (1820), Cabreo della grancia del Castelluccio (1763) e risultati della verifica al suolo 141

siti in sé ancora in uso. La seconda osservazione possibile è quellagià esposta per la fase altomedievale, relativa al fatto che la crono-logia più prossima dei siti bassomedievali abbandonati, quindi laverosimile maggiore vicinanza alla superficie del suolo agricolo,può averne causato un più rapido impoverimento dovuto alle la-vorazioni agricole anche molto precedenti alla meccanizzazione de-gli ultimi cinquant’anni.

Nello specifico le generiche frequentazioni hanno raggiunto in to-tale 26 evidenze 142, per la maggior parte localizzate su versanti col-linari (32% del totale), privilegiando l’habitat III (33% del totale).Uno dei restanti rinvenimenti fa parte di quelle già ricordate traccedi materiale archeologico prossime a siti medievali ancora utilizzati.Si tratta dello sporadico riconosciuto intorno al podere La Torre dadefinire come l’utilizzo della struttura 143. Un impatto simile sul ter-reno è lasciato dagli affioramenti indicati come sfruttamenti agri-coli. Nello specifico sono due situazioni nelle quali si leggono letracce di probabili utilizzi agricoli dei fondi in epoca bassomedie-vale e i reperti sono parte della concimazione praticata al tempo 144. Le unità topografiche più chiare sono le 16 testimonianze di abi-tazioni145. Sono state riconosciute diverse tecniche costruttive:case in materiale deperibile (10), case di pietra (3), case di mat-toni (2) e case di pietra e mattoni (una). In tutti i casi la coper-tura del tetto è in laterizi (coppi e tegole in prevalenza in impa-sto n° 19). Le abitazioni bassomedievali sembrano prediligere al-titudini che in media oscillano fra i 350 e i 400 m slm e hannodimensioni molto simili la cui media è 24x12 m 146.

Il corredo ceramico vede il dominio molto forte delle acrome de-purate (64%) soprattutto in forme di boccali, ciotole e catini. Laceramica acroma grezza ottiene una percentuale piuttosto bassa(16%), è presente soprattutto nelle forme del testo e dell’olla. Lamaiolica arcaica è la classe guida per i secoli XIV-XV e detiene unapercentuale abbastanza elevata (20%), è presente in misura parisia in forme chiuse che aperte (fig. 31).

Tra le restanti emergenze di superficie ci sono una fornace, una ci-sterna, le tracce di una pieve abbattuta nel Cinquecento (San Martinopresso Fabbrica) di una fortificazione e di uno scomparso castello(Montertine).La fornace è stata rinvenuta a sud di Monticchiello, in posizionedi versante 147. È un’emergenza delle dimensioni di 18x13 m, ca-ratterizzata in massima parte da laterizi (tegole, coppi, mattoni) inmolti casi completamente combusti. La concentrazione marcatada un evidente arrossamento del terreno ha restituito pochissimiframmenti ceramici, tra i quali un’ansa a bastoncello di un boc-cale in maiolica arcaica. La cisterna è stata riconosciuta nei pressidel podere Spedalone 148. Si tratta di una struttura dall’aperturacircolare con un diametro di circa 3 m, per la quale si può ipotiz-zare un utilizzo da parte del vicino ospizio di San Benedetto (at-tuale podere Spedalone) 149, distante dalla cisterna circa 100 m. Per quanto riguarda l’evidenza dei labili resti della pieve di San Mar-tino di Fabbrica 150, ricordiamo che dalla ricognizione effettuata al-l’interno della piccola radura che oggi ricopre gli avanzi della strut-tura è risultato il rinvenimento di uno scheletro inumato sotto la li-nea pavimentale ancora visibile 151.Infine è di notevole importanza e riteniamo giusto terminare la tratta-zione dei rinvenimenti di superficie con questo sito, quello del castellodi Montertine (monte Hertari). Su questa collina, oggi dal profilouniforme, sono state effettuate due ricognizioni (1996, 2001) chehanno permesso di raccogliere una discreta quantità di reperti ceramicibassomedievali (acroma grezza, acroma depurata, maiolica arcaica) mapochi materiali da costruzione, siano laterizi o pietra, assolutamentenon in grado di giustificare la presenza di una fortificazione. Tale as-senza fa pensare ad avvenimenti di riutilizzo del materiale dei crolli in

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142 Cfr. Schedario Topografico n. 66.1, Schedario Topografico n. 68.1, Schedario To-pografico n. 71.1, Schedario Topografico n. 80.1, Schedario Topografico n. 81.2, Sche-dario Topografico n. 85.1, Schedario Topografico n. 89.1, Schedario Topografico n.95.1, Schedario Topografico n. 97.1, Schedario Topografico n. 107.1, Schedario To-pografico n. 123.1, Schedario Topografico n. 125.1, Schedario Topografico n. 126.1,Schedario Topografico n. 134.1, Schedario Topografico n. 136.1, Schedario Topogra-fico n. 137.1, Schedario Topografico n. 140.1, Schedario Topografico n. 145.1, Sche-dario Topografico n. 158.1, Schedario Topografico n. 162.1, Schedario Topografico n.179.1, Schedario Topografico n. 190.1, Schedario Topografico n. 314.1, Schedario To-pografico n. 336.1, Schedario Topografico n. 336.2; Schedario Topografico n. 337.1.143 Schedario Topografico n. 69.1.144 Schedario Topografico n. 113.1, Schedario Topografico n. 206.1.145 Schedario Topografico n. 65.1, Schedario Topografico n. 69.2, Schedario Topo-grafico n. 72.1, Schedario Topografico n. 79.2, Schedario Topografico n. 82.2, Sche-dario Topografico n. 87.1, Schedario Topografico n. 103.3, Schedario Topograficon. 114.1, Schedario Topografico n. 130.1, Schedario Topografico n. 131.1, Scheda-rio Topografico n. 151.1, Schedario Topografico n. 166.1; Schedario Topografico n.169.2; Schedario Topografico n. 176.1¸ Schedario Topografico n. 182.1.146 Si considerano comprensivi degli spargimenti.

147 Schedario Topografico n. 76.1.148 Schedario Topografico n. 174.1.149 Schedario Topografico n. 59.1.150 Schedario Topografico n. 139.1.151 Per ulteriori informazioni sul sito rimandiamo alla trattazione più diffusa inseritatra i rinvenimenti dei secoli centrali del Medioevo.

0 5 10 15 20 25 30

Sfruttamento agricolo

Pieve

Fortificazione

Fornace

Cisterna

Castello

Sporadico

Abitazione

Frequentazione64%

16%20%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

Acroma depurata Acroma grezza Maiolica arcaica

Fig. 30. Tipologia delle emergenze bassomedievaliFig. 31. Distribuzione percentuale delle classi ceramiche delle abitazioni

seguito alla distruzione del sito avvenuta almeno dopo il 1439 quandoè ancora indicato come castello 152. Su questo luogo non sappiamomolto, la sua stessa esistenza, come castello, non è accertata fino al1277. Il toponimo è legato nel 1220 alla cessione del feudo da partedi Federico II a due Piccolomini ma non è indicata l’esistenza di uncastello. Solo nel 1277, appunto, una lite sorta tra un esponente dellafamiglia Piccolomini e l’ospedale di Santa Maria della Scala riguardoal possesso di un pezzo di terra ai piedi di Montertine, lo mostra comecastello abitato. Ne sono rivelatrici due testimonianze fornite su que-sta vertenza, una di un anziano di Corsignano dove si afferma che ilmonte è più sopra rispetto al fiume Orcia ed è abitato. L’altra è con-cessa da un testimone a favore del Piccolomini che indica il castellosulla vetta di Montertine come ormai distrutto: “Interrogatus quo-modo dictus mons habuit pertinentias dicit quod habuit ab anticoquia ibi fuit quoddam castrum”. In questa vicenda sono più volte in-dicate le pertinenze di Montertine che confinano da un lato con ilfosso Sambuco, da un lato con il torrente Tresa e dall’altro con il fiumeOrcia, tuttora quindi facilmente individuabili 153.

I dati del survey sono nuovi e di natura diversa ma comunque inte-ragenti con quelli storici. Per esempio le abitazioni individuate sonoprobabilmente abitate da piccoli proprietari coltivatori che vivono ivicini castelli come fonti di protezione 154. In alcuni casi le abitazioni,abbandonate entro il XV secolo, hanno trovato corrispondenza conle indicazioni fornite da una delle fonti bassomedievali più complete:l’Estimo di Siena (fig. 32). L’abbandono verosimilmente può essereavvenuto in seguito alla forte crisi che colpisce il contado senese nelXV secolo. Una crisi economica e demografica indotta da malattie,carestia e peggiorata dalla “fuga” di molti per sfuggire dall’onere fi-scale. Interventi di retrazione delle mura ed edificazione di un nuovocassero sono finanziati da Siena nel 1436 nel castello di Montic-chiello proprio in seguito a un calo demografico 155. Il momento dicrisi in quest’area fu certo molto forte se conosciamo Monticchiellocome uno dei luoghi insieme a San Quirico d’Orcia e Buoncon-vento, dove negli anni ’80 del Quattrocento, meglio riuscì la politicasenese di pianificazione territoriale che previde diversi interventi po-polazionisti 156.

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152 Della distruzione di Montertine parla Verdiani-Bandi indicandolo come castello“antichissimamente abbattuto”, VERDIANI-BANDI, 1926, p. 15.153 MUCCIARELLI, 2001.

154 I contadini abitanti delle case sparse trovavano nella vicinanza di un castello unrifugio contro i dissesti causati dalle guerre locali, che colpivano in modo partico-lare le popolazioni contadine. La guerra medievale infatti si traduceva spesso: “(...)nella devastazione dei campi, nella distruzione di viti e alberi, nell’uccisione dei capidi bestiame, nell’incendio delle case dei rustici, nella distruzione dei mulini (...),CAMMAROSANO, 1976 (a), p. 19.155 GINATEMPO, 1987, pp. 436.437.156 GINATEMPO, 1990, pp. 134-135.

Fig. 32. Localizzazione dei toponimi riconoscibili dall’Estimo del contado

L’immagine della campagna che risulta dal catasto del 1318-1320 èuna delle più popolate prima del calo demografico di fine Trecentoinizi Quattrocento che tocca i livelli più bassi fino alla prima età mo-derna157. Dalla fonte affiora il livello di accentramento demico neicastelli che raggiunge punte massime a Corsignano (326 abitazioni,circa 1300 anime, pari al 94% delle abitazioni registrate) e a Mon-ticchiello (366 abitazioni, oltre 1440 anime, pari all’83% delle abi-tazioni registrate 158) ma nonostante questo, case rurali sono censitein molte località del territorio di Corsignano come al Macchione (unpalazzo, due case), Rutigliano (una casa), Selvole (una casa), ecc… edi Monticchiello come a Vallaresi (una casa), Spino (una casa),Chiassaia (una casa), Fonte Senese (un palazzo e una casa), Moricci(due case) e così via 159. Le due ultime località citate sono quelle piùinteressanti dato che durante la ricognizione sono emerse tracce diabitazioni che possono essere identificate verosimilmente con quelleindicate dalla fonte. A sud del podere Fonte Senese, dove è presenteun palazzo da riconoscere in quello che è ancora il podere omonimodalle spiccate caratteristiche monumentali, sono state riconosciutetracce in superficie di un’abitazione bassomedievale, forse quelledella casa di proprietario locale censita dagli stimatori 160. La mede-sima situazione si ha a poggio Muricci, il trecentesco Moricci, dove ireperti in superficie pertinenti a un’abitazione di XIV secolo, rico-nosciuti poco a sud dell’attuale struttura poderale, possono essere iresti di una delle due case (una di proprietario locale e una di pro-prietario cittadino) censite nel catasto 161. Siamo ancora in un mo-mento in cui non si è particolarmente diffusa la mezzadria in Vald’Orcia, almeno non in questa porzione e le proprietà sono ancorain larga parte di proprietà di residenti 162. Il calcolo del rapporto traproprietari residenti e non residenti, in genere cittadini, ha mostrato

risultati interessanti che permettono confronti fra una comunità el’altra. All’inizio del XIV secolo il processo di diffusione di proprie-tari cittadini sembra caratterizzare più pesantemente la zona nord-ovest, quella di Cosona dove il rapporto è di 25 strutture di proprietàdi non residenti/6 strutture di proprietà di residenti. Completa-mente opposto il caso di Fabbrica all’estremo nord-est dell’attualecomune, dove contro tre proprietà di non residenti spiccano le 38proprietà di residenti. Anche i due centri maggiori: Corsignano eMonticchiello presentano realtà leggermente diverse. Monticchiellodetiene una maggiore stabilità delle proprietà di residenti dove la per-centuale è del 90% contro il 10% di strutture appartenenti proba-bilmente a cittadini senesi. La percentuale dei probabili cittadini èleggermente minore a Corsignano (85%) 163. Questa situazione, te-nendo conte delle considerazioni necessarie sapendo che stiamo perfare un brusco salto storico, la ritroviamo riproposta ancora quasiquattro secoli dopo, quando possiamo contare sui dati della ricercadella Bonelli Conenna sulle disposizioni per l’esazione delle Collettedel 1692. Da questa fonte emerge che in Val d’Orcia e soprattuttointorno ai centri maggiori come Monticchiello, il mondo contadinoresiste ancora alla penetrazione del capitale cittadino, dove la VisitaGherardini riporta che “tutti gli abitatori sono genti povere, che cam-pano con le sue fatiche a mezzaria” 164. È una situazione quindi inlento movimento, una “lentezza” dovuta forse anche alla natura deisuoli, così poco adatti allo sfruttamento agricolo, come dice il Ghe-rardini di Pienza “è tutta creta la detta corte con buone pasture, inspecie per gli animali pecori” 165 che ha quasi cristallizzato l’aspettodelle campagne in una somiglianza con quelle trecentesche che rivelaancora con immediatezza i criteri di scelte abitative della società ru-rale basso medievale.

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157 CORTONESI, 1990 (a), pp. 191-192.158 I calcoli sulla popolazione sono stati effettuati tenendo conto solo delle abitazioni,escludendo quindi tutti i palazzi, e tenendo come numero base un nucleo familiare diquattro persone.159 PASSERI-NERI, 1994.160 PASSERI-NERI, 1994, p. 24; Schedario Topografico n. 89.1.161 PASSERI-NERI, 1994, p. 24; Schedario Topografico n. 82.1.162 Per la diffusione della mezzadria, PICCINNI, 1990.

163 Cacoli effettuati sui dati pubblicati in PASSERI-NERI, 1994.164 BONELLI CONENNA, 1990, in particolare p. 377, nota 57.165 BONELLI CONENNA, 1990, p. 379.

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