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VANGELO DI LUCA Il Terzo Vangelo e gli Atti degli Apostoli sono attribuito a Luca da una tradizione del II secolo d. C. , che risale a Marcione, al Canone Muratoriano e al Prologo antimarcionita; la stessa tradizione si trova in Ireneo ( + 200 circa ), Tertulliano (+ 220), Clemente Alessandrino (+200), Origene (+ 250) e Girolamo (+419). Circa la data della composizione del terzo Vangelo non c’è una tradizione solida. Ireneo dice che fu scritto prima della morte di Paolo (67-68 d.C. ), Girolamo lo pone dopo la morte dell’Apostolo, alcuni critici moderni la situano tra il 63 e il 70, ma la maggioranza la pone dopo il 70 e prima del 90. Quanto alla destinazione tutti sono d’accordo che il Vangelo sia rivolto ai gentili, ai cristiani provenienti dal paganesimo. Alcune notizie su Luca le abbiamo dagli Atti degli Apostoli. E’ originario di Antiochia (At 11, 28) , è presente in fatti presenti nel libro degli Atti ( 16, 10-17; 20, 5-15; 21, 1-28; 27, 2-28); si associa a Paolo nel contesto del secondo viaggio missionario dell’Apostolo (16, 10-17), lo troviamo d nuovo in compagnia di Paolo quando questi, di ritorno da Corinto, arriva a Filippi nella primavera dell’anno 58 e poi al seguito dell’Apostolo fino a Gerusalemme (20, 5-12.18). Altre notizie di provengono dalla lettere di Paolo. Dalla lettera a Filemone apprendiamo che dal 61 al 63 Luca collabora con Paolo (anche Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei compagni di lavoro ti salutano). Un’altra attestazione la troviamo in Colossesi 4, 14 (Saluti anche da parte di Luca, il caro medico e da parte di Dema) . Durante la seconda prigionia a Roma ( 66-67), Luca si trova accanto a Paolo ( Soltanto Luca è con me: 2 Tm 4, 11) e forse Paolo allude al terzo evangelista, quando scrive nella 2 Corinzi: “Mando con lui quel fratello che tutte le comunità lodano per il suo impegno nell’annunziare Cristo. Inoltre le Chiese lo hanno incaricato di accompagnarmi nel viaggi che faccio per portare a termine questo impegno generoso” (8, 18). La figura di Luca appare dai dati e dalla lettura attenta delle sue opere. .

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VANGELO DI LUCA

Il Terzo Vangelo e gli Atti degli Apostoli sono attribuito a Luca da una tradizione del II

secolo d. C. , che risale a Marcione, al Canone Muratoriano e al Prologo antimarcionita; la

stessa tradizione si trova in Ireneo ( + 200 circa ), Tertulliano (+ 220), Clemente Alessandrino

(+200), Origene (+ 250) e Girolamo (+419).

Circa la data della composizione del terzo Vangelo non c’è una tradizione solida. Ireneo

dice che fu scritto prima della morte di Paolo (67-68 d.C. ), Girolamo lo pone dopo la morte

dell’Apostolo, alcuni critici moderni la situano tra il 63 e il 70, ma la maggioranza la pone dopo il

70 e prima del 90. Quanto alla destinazione tutti sono d’accordo che il Vangelo sia rivolto ai gentili, ai

cristiani provenienti dal paganesimo.

Alcune notizie su Luca le abbiamo dagli Atti degli Apostoli. E’ originario di Antiochia (At

11, 28) , è presente in fatti presenti nel libro degli Atti ( 16, 10-17; 20, 5-15; 21, 1-28; 27, 2-28); si

associa a Paolo nel contesto del secondo viaggio missionario dell’Apostolo (16, 10-17), lo

troviamo d nuovo in compagnia di Paolo quando questi, di ritorno da Corinto, arriva a Filippi nella

primavera dell’anno 58 e poi al seguito dell’Apostolo fino a Gerusalemme (20, 5-12.18).

Altre notizie di provengono dalla lettere di Paolo. Dalla lettera a Filemone apprendiamo

che dal 61 al 63 Luca collabora con Paolo (anche Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei compagni

di lavoro ti salutano). Un’altra attestazione la troviamo in Colossesi 4, 14 (Saluti anche da parte

di Luca, il caro medico e da parte di Dema) . Durante la seconda prigionia a Roma ( 66-67),

Luca si trova accanto a Paolo ( Soltanto Luca è con me: 2 Tm 4, 11) e forse Paolo allude al terzo

evangelista, quando scrive nella 2 Corinzi: “Mando con lui quel fratello che tutte le comunità

lodano per il suo impegno nell’annunziare Cristo. Inoltre le Chiese lo hanno incaricato di

accompagnarmi nel viaggi che faccio per portare a termine questo impegno generoso” (8, 18). La

figura di Luca appare dai dati e dalla lettura attenta delle sue opere. .

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Luca “era un credente, proveniente dal paganesimo. Di professione era medico. Fu al

seguito di Paolo. Era un uomo di cultura, sensibile a tutto ciò che merita attenzione, profondo

conoscitore della letteratura e dei metodi compositivi della storiografia greca, capace non solo

di fare ricerche, ma di tramandarle con la stessa abilità che contraddistingue, per esempio, le opere

di Tucidide. Oltre a questa abilità, Luca raccolse notizie sicure circa i fatti che vuole tramandare,

circa la storia di cui vuole essere servitore ( Lc 1, 2 ) e interprete. Egli ha seguito con gioia e con

passione le vicende e gli sviluppi dell’attività missionaria della chiesa nei suoi primi movimenti e

nei successivi tentativi di espansione. Per quei fatti che non cadevano sotto la sua diretta

osservazione è certo che si è informato scrupolosamente. Dopo tutto, una cosa è fuori dubbio.

Luca ha saputo sintetizzare le informazioni avute, in un piano unitario e ha saputo ricavarne una

storia lineare e continua: la storia della vicenda terrena di Gesù e del cristianesimo primitivo”

(G. Ghidelli).

Nel suo Vangelo, Luca vuol soprattutto mettere in rilievo la figura di Gesù come

salvatore. La salvezza è universale, destinata a tutti gli uomini, essa porta il perdono dei peccati, la

gioia, la pace e il dono dello Spirito Santo. Dopo il racconto dell’infanzia ( capitolo 1-2 ): prima

parte, e il ministero in Galilea ( 3, 1-9, 50 ): seconda parte, Luca nella terza parte del suo

Vangelo ( 9, 51 – 18,14) presenta Gesù diretto verso Gerusalemme, nella quarta parte (18, 15 –

22, 53 ) ricorda l’azione di Gesù nell’imminenza della passione, gli eventi della morte-risurrezione

e infine le apparizioni a Gerusalemme. Da questa città partiranno gli Apostoli per portare il Vangelo

fino alle estremità della terra. Il libro degli Atti continua così il Terzo Vangelo ( S. Zedda) .

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Capitolo 1

Prologo

1 Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, 2 come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, 3 così ho deciso anch`io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, 4 perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

Apparizione a Zaccaria

5Al tempo di Erode, re della Giudea, c`era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. 6 Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. 7 Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. 8 Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe, 9 secondo l`usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l`offerta dell`incenso. 10 Tutta l`assemblea del popolo pregava fuori nell`ora dell`incenso. 11 Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell`altare dell`incenso. 12 Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. 13 Ma l`angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. 14 Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, 15 poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre 16 e ricondurrà molti figli d`Israele al Signore loro Dio. 17 Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto". 18 Zaccaria disse all`angelo: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni". 19 L`angelo gli rispose: "Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annunzio. 20 Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo". 21 Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. 22 Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. 23 Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. 24 Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: 25 "Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini".

L` annunzio a Maria

26 Nel sesto mese, l`angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L`angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell`Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". 34 Allora Maria disse all`angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". 35 Le rispose l`angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell`Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio ". 38 Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l`angelo partì da lei.

Visita a S. Elisabetta

39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto

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è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell`adempimento delle parole del Signore". 46 Allora Maria disse: " L`anima mia magnifica il Signore 47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48 perché ha guardato l`umiltà della sua serva. D`ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49 Grandi cose ha fatto in me l`Onnipotente e Santo è il suo nome: 50 di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. 51 Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53 ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote . 54 Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55 come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza,per sempre". 56 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Nascita di Giovanni Battista

57 Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. 59 All`ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. 60 Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni". 61 Le dissero: "Non c`è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome". 62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati. 64 In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66 Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. E davvero la mano del Signore stava con lui. 67Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo: 68 " Benedetto il Signore Dio d`Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, 69 e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, 70 come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d`un tempo: 71 salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. 72 Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, 73 del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, 74 di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, 75 in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. 76 E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell`Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, 77 per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, 78 grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall`alto un sole che sorge 79 per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell`ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace". 80 Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

__________________________

I primi due capitoli di Luca, sono chiamati “Vangeli dell’infanzia” e si staccano dalla primitiva

predicazione cristiana dei Vangeli che, raccontando la vita e le parole di Gesù, iniziava dall’attività di

Giovanni (esempio: Mc 1, 2 ss, Atti 10, 37).

Questi capitoli si differenziano poi nettamente anche dai successivi per il modo con cui vengono

utilizzati i personaggi dell’Antico Testamento, per l’orizzonte teologico, che si ispira alle attese messianiche

giudaiche e per lo stile letterario. Lo stile con cui Luca scrive questi capitoli era ben noto in Israele ed era

chiamato “midrash” (commento), ed era un commento edificante della Bibbia fatto dai Rabbini,

riattualizzando i testi sacri alla luce di eventi nuovi. In Luca 1-2, sulla base di una breve autentica memoria

dei fatti, il racconto viene completato da un'antologia di citazioni attinte dall’Antico Testamento e

appropriate alla nascita del Messia.

I fatti storici provengono dall’ambiente della Madre e dei parenti di Gesù o furono conservati nei

circoli giudeo-cristiani e sono la nascita di Giovanni da un vecchio sacerdote e da Elisabetta, la nascita di Gesù, il Messia, in occasione di un viaggio per censimento a Betlemme, da Maria sposata a Giuseppe, le

cerimonie avvenute attorno a quelle nascite e un episodio della fanciullezza di Gesù al tempio. Luca ha rielaborato i fatti, li ha riletti mediante allusioni e attualizzazioni dell’Antico Testamento, come la nascita

di Isacco, di Samuele, di Sansone e li ha ricomposti non secondo la successione cronologica, ma secondo un criterio artistico:(composizione di un’azione drammatica in due dittici, Giovanni e Gesù, parallelismo,

ritornelli). Inoltre tutto è letto alla luce della resurrezione e Gesù è visto come figlio di Davide, Messia, re,

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figlio di Dio, anche se di questa precisazione si discute se sia chiara in questi capitoli. Con Luca 1-2 non ci

troviamo davanti ad una storia per bambini, ma davanti a racconti carichi di messaggi teologici, che esigono

studio attento.

Prologo ( 1-4 ) Luca inizia la sua opera con un prologo, come si addice ad uno scrittore del suo tempo. In un

periodo lungo, accuratamente meditato, si parla del motivo, del contenuto, delle fonti, del metodo, del fine.

L’Evangelista garantisce la solidità storica e le fonti di quanto scrive su Gesù.

MOLTI HAN POSTO MANO (1, 1) Luca si presenta subito come una persona che riferisce fatti accaduti, e in quest’opera non si sente

solo, né vuole dichiararsi il primo, ma dice di inserirsi in una tradizione anteriore che fa capo agli Apostoli

e, attraverso essi, a Cristo. Il terzo Vangelo ha dei precedenti. Luca si è servito del Vangelo di Marco e c’è

affinità anche col Vangelo di Matteo.

AVVENIMENTI SUCCESSI (1) Gli “avvenimenti “successi tra noi” sono i fatti della vita di Gesù.

MINISTRI DELLA PAROLA (2) I “ministri della parola” sono i testimoni degli avvenimenti, dei quali sono stati non padroni, ma servi, “ministri”. E sono stati “molti” nel senso di parecchi. Quanto a queste testimonianze possiamo

pensare almeno ad un racconto completo, al Vangelo di Marco, a due o tre raccolte di sentenze e a

molteplici tradizioni orali.

RICERCHE ACCURATE (3) Luca ha indagato, seguendo passo passo le notizie offerte dalla tradizione, vagliando

scrupolosamente, scegliendo oculatamente e componendo ordinatamente (“un resoconto ordinato”). Pensare

però a Luca come ad uno storico nel senso attuale è un errore, perché gli storici allora sapevano che

l’interpretazione dei fatti era essenziale alla loro opera e perché si presenta come storico evangelista. Egli

è uno storico della storia della salvezza.

ILLUSTRE TEOFILO (3) La persona cui è indirizzato il Vangelo è probabilmente un personaggio importante, un amico,

forse un protettore. Luca lo invita a verificare la solidità di quanto scrive.

Racconti dell’infanzia (1, 4 ..2, 52) Al prologo seguono i racconti dell’infanzia con due serie di racconti paralleli e due racconti

complementari. Luca inizia con due racconti paralleli: l’annunzio a Zaccaria (1, 5,25) e l’annunzio a Maria

(1, 26-38), cui fa seguire il racconto complementare della Visitazione (1, 39-56). Prosegue poi con altri due

racconti paralleli: la nascita di Giovanni (1-57-80) e la nascita di Gesù (2, 1-40), e termina con il racconto

complementare di Gesù al Tempio (2, 41-52).

Annunziazione del Battista (5-25) Il racconto si compone di alcuni elementi, che ritroviamo anche nell’annunzio a Maria e

nell’Antico Testamento in analoghi annunzi di nascite o missioni (per esempio Gdc 3, 2- 5; 6, 11-16).

Troviamo in particolare l’apparizione dell’angelo, l’annunzio della nascita e missione di Giovanni, il

turbamento di Zaccaria, la rassicurazione, la domanda di Zaccaria e la risposta dell’angelo e l’epilogo

narrativo.

AL TEMPO DI ERODE (5) La narrazione dell’annunzio è fatta in stile biblico, come troviamo anche nel libro di Giuditta (al

tempo che Arfacsad teneva lo scettro: 1, 1). Ed è anche fatta con stile storico, sull’esempio degli storici

greci. Luca è uno storico e si preoccupa di porre entro una cornice storica i fatti che sta per raccontare. Il

tempo di Erode va dal 40 al 4 avanti Cristo.

ZACCARIA…ELISABETTA (5) I futuri genitori di Giovanni sono annoverati tra le persone sante del paese, “erano giusti davanti

a Dio”, cioè sottomessi e disponibili a Dio, pronti a fare la sua volontà e anche ad accettare un suo intervento

straordinario. Zaccaria (= Dio è memore) è sacerdote “della classe di Abia” ed Elisabetta (= Dio ha

giurato) discende dal sommo sacerdote Aronne.

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NON AVEVANO FIGLI (7) Grandi figure della storia sacra erano figli di madri sterili, dono di Dio Santissimo, intervento di

Dio nella natura ostile: Isacco (Gen 17, 16), il giudice Sansone (Giud 13, 2), Samuele (1 Sam 1-2). La

descrizione dell’annunzio di Giovanni è ispirata al racconto dell’annunzio di questi uomini. Giovanni era

un figlio della grazia di Dio, santificato e consacrato da Dio in modo nuovo.

ZACCARIA OFFICIAVA (8) La storia di Giovanni inizia nel santuario del tempio. Solo i sacerdoti potevano entrarvi, e anche i

sacerdoti entravano soltanto quando toccava loro in sorte di prestare servizio al cospetto di Dio, mentre il

popolo pregava fuori. Dio era vicino al suo popolo nel tempio, ma accostarlo era permesso solo ai

sacerdoti; il Dio santissimo era visto anche come il Dio inavvicinabile. L’oblazione dell’incenso era il

simbolo della preghiera che saliva a Dio; il sacerdote versava l’incenso sulle braci ardenti dell’altare aureo e

si prostrava in adorazione; il popolo pregava fuori.

APPARVE UN ANGELO DEL SIGNORE (11) La presenza degli angeli caratteristica dei primi capitoli di Luca e dei primi dodici del libro degli Atti

va interpretata alla luce dell’Antico Testamento. Essi parlano e agiscono a nome di Dio (vedi Gn 22, 15;

Es 3, 2;1 Re 189, 5), messaggeri della sua volontà, cooperatori del suo piano di salvezza.

ALLA DESTRA (12) L’inizio della buona novella viene dal cielo. L’Angelo appare alla destra dell’altare; la parte destra

che promette salvezza (Mt 25, 33 ss).

SI TURBO’ E FU PRESO DA TIMORE (13) La meraviglia e il timore sono gli atteggiamenti che la creatura assume alla presenza del divino (cf

Is 6, 5) e Luca vi insiste (2, 9; 5,8; 8, 35; 9, 34). L’invito a non temere dice però chiaramente la volontà di

Dio che mira al dialogo e alla comunione con l’uomo. (Vedi Atti 2, 43; 5, 5; 19, 17).

LA TUA PREGHIERA (13) E’ la preghiera per avere una discendenza. Luca torna spesso sulla preghiera. Essa caratterizza la

vita di Gesù e deve caratterizzare la vita della Chiesa e del cristiano e dice soprattutto attenzione all’Onnipotente, speranza nel Signore misericordioso, attesa dei suoi doni.

ELISABETTA TI DARA’ UN FIGLIO (13) Dio stabilisce il nome che avrà il bimbo che nascerà da Elisabetta. Si chiamerà Giovanni, che

significa “Dio è favorevole”. Egli indicherà con nome l’irruzione della misericordia di Dio nel tempo.

AVRAI GIOIA (14) La sua nascita susciterà gioia e molti se ne rallegreranno. Anche sul tema della gioia Luca insiste spesso (es. 1, 28.46.58; 2, 10; Atti 2, 46).

SARA’ GRANDE (15) La sua posizione nell’economia della salvezza lo eleva al di sopra di tutti i grandi della storia

sacra. Quelli vivevano nell’attesa del regno di Dio e della salvezza, Giovanni la precede immediatamente e

ne proclama l’inizio. Gesù lo presenterà come il più grande tra i nati di donna (Lc 7, 28). E’ una grandezza

di ordine morale e spirituale, che richiama la santità che conviene ad un consacrato da Dio.

NON BERRA’ (15) Giovanni non sarà da meno dei grandi dell’antichità. Essi non bevevano nulla di inebriante: non

Sansone (Giud 13, 2-5.7), non Samuele (1 Sam 1, 15). E dei sacerdoti consacrati a Dio è detto: “Non

bevete vino e liquore inebriante…” (Lev 10, 9).

SARA’ PIENO DI SPIRITO SANTO (15) E’ lo Spirito che anima i profeti in ordine alla loro missione. La missione di Giovanni è particolare,

è quella di preparare un popolo ben disposto al grande dono del Signore. Gli altri profeti ricevettero il

carisma profetico al momento della chiamata, Giovanni dal primo istante della vita.

GLI CAMMINERA’ INNANZI (16) Giovanni sarà araldo del Signore, suo precursore e andrà innanzi a Lui con lo spirito e la forza di Elia, come aveva predetto il profeta Malachia: “Ecco io invio a voi il profeta Elia, prima che arrivi il giorno

del Signore, grande e terribile” (Mal 3, 23).

COME POSSO CONOSCERE QUESTO (18) La richiesta del segno è un elemento previsto dal genere letterario. Anche Abramo (Gen, 15, 7),

Gedeone (Giud 6, 36), Ezechia (2 Re 20, 8) chiedono un segno. E’ anche un’esigenza psicologica dell’uomo

di fronte alla proposta di Dio. Ma in questo caso la richiesta nasconde una mancanza di fede. E’ lecito

chiedere un segno a Dio come conferma, ma non fino a tentarlo. Dio accorda i segni, ma esige che l’uomo li

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accolga e che intanto sia pronto a credere anche senza segni. (“Beati coloro che credono senza aver

veduto”: Gv 20, 29).

IO SONO GABRIELE (19) L’angelo si presenta come Gabriele (= Dio è potente), uno dei sette angeli che stanno al cospetto di

Dio (Tob 12, 15; Ap 8, 12); è colui che diede a Daniele la rivelazione delle settanta settimane (Dan 9, 21) e

che è stato inviato da Dio, ed è venuto a garantire la veridicità della promessa divina e a portare un lieto

annunzio. SARAI MUTO (20) Lascia un segno, che è anche un castigo per l’incredulità di Zaccaria. Il segno avrà fine quando la

promessa sarà adempiuta. Quando Giovanni nasce, la colpa di Zaccaria si estingue.

INTANTO IL POPOLO (21) I sacerdoti avevano cura di non ritardare le cerimonie sacre, perché il popolo non s’inquietasse,

dato che la “vicinanza” di Dio appariva pericolosa agli uomini dell’Antico Testamento. Constatata la perdita

della parola di Zaccaria il popolo pensa ad una visione e capisce che Dio gli ha parlato, ma senza sapere

cosa gli ha detto.

COMPIUTI I GIORNI (23) Come altri sacerdoti, anche Zaccaria non viveva a Gerusalemme. La famiglia di Zaccaria, secondo la

tradizione, abitava ad Aim-Karim a 6 chilometri dalla Città santa. Terminata la settimana di servizio egli

torna a casa portando con sé un grande segreto e, anche se punito da Dio, va a casa con grande fiducia:

Dio fa grazia.

ELISABETTA… CONCEPI’ (24) Questa maternità, data la precedente sterilità, è un segno di un intervento straordinario di Dio.

Elisabetta ne fa motivo di una personale riflessione, per il fatto che il Signore le aveva tolto la vergogna,

dato che la sterilità era considerata un disonore o un castigo. Ed entra in pieno nell’attesa di un evento che

sente decisivo per sé e per gli altri.

L’annunziazione (26-38)

L’annunzio della nascita di Gesù costituisce il centro del Vangelo dell’infanzia di Luca. Il racconto si

snoda secondo il modello del precedente annunzio della nascita del Battista (1, 5-25), che è quello tipico delle annunciazioni, con alcune somiglianze: presentazione dei protagonisti, apparizione dell’angelo,

segno, conclusione della scena. Ma anche con alcune differenze: il precedente annunzio era fatto a Zaccaria,

sacerdote socialmente povero, nel tempio, questo invece ad una ragazza, povera di spirito, umile, in un paese

insignificante. Ma soprattutto, qui non si tratta più della promessa di un uomo, benché grande, ma

dell’uomo-Dio, della venuta del Messia-salvatore.

Il testo è ricchissimo di contenuti teologici. E’ presente il Verbo che prende un corpo umano, ed è

Gesù, Cristo, Salvatore, Re, Figlio di Dio; il Padre, da cui parte l’iniziativa; lo Spirito Santo, per opera

del quale avviene il fatto miracoloso. Maria appare come vergine e madre, oggetto della grazia divina,

luogo privilegiato della presenza di Dio, piena di grazia e di gioia, radicalmente disponibile, strumento

docile nelle mani di Dio, introdotta dal Signore nel piano salvifico che il Padre per mezzo del Figlio e nello

Spirito intende realizzare e alla cui realizzazione lei collabora.

NEL SESTO MESE (26) Con l’espressione “nel sesto mese” l’annunzio a Maria si aggancia a quello di Zaccaria.

L’ANGELO GABRIELE (26) La presenza degli angeli, caratteristica dei primi due capitoli del Vangelo di Luca e dei primi 10

capitoli degli Atti, va interpretata sempre alla luce dell’AT. Essi parlano e agiscono in nome di Dio, (Gn 22,

15; Es 3, 2; 1 Re 19, 3), sono messaggeri della sua volontà, cooperatori del suo piano di salvezza. Gabriele

(Dio è forte) nell’AT spiega a Daniele la visione del montone e del capro (Dn 8, 16) e dei 70 anni (Dn 9, 21,

27) e nel NT annunzia a Zaccaria la nascita del Battista; nell’apocrifo libro di Enoch è uno dei sette

arcangeli nominati.

FU MANDATO (26) Luca esprime subito la fede della Chiesa: l’avvenimento che si sta preparando viene da Dio.

DELLA GALILEA, CHIAMATA NAZARET (26) Nazaret è una località presso il confine meridionale della Galilea a 350 metri circa sul livello del

mare. Non è menzionata nell’AT e nemmeno nel Talmud; per la prima volta è nominata qui. La cittadina è

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lontana dal territorio di Davide, dalla culla della casa reale, che al momento dell’annunciazione è in rovina

(Amos, 9, 11 ; Atti 15, 16, 17). Sarà ricostruita ripartendo dal nulla per pura gratuità divina. Il piano di Dio si realizza secondo i ritmi della storia dell’uomo, assumendo le dimensioni

temporali e spaziali delle vicende umane. E’ questo lo stile di Dio, il modo secondo il quale egli ama

rivelarsi e comunicarsi a noi.

A UNA VERGINE (27) La ragazza non ha alcun titolo particolare, non è nemmeno della discendenza di Davide, è solo

vergine e fidanzata di Giuseppe, che è invece discendente del grande re. Il nome “Maria” è la forma latina

e greca dell’ebraico “Miryan”; il significato etimologico è incerto, forse deriva dall’egiziano “mrjt” =

amata. Il testo greco dice che la vergine è “emnestreumenen” a Giuseppe. La parola è tradotta dalla

volgata con “desponsatam”, dalle traduzioni Cei 71 e 2008 con “promessa sposa”, dall’interconfessionale

ldc-abu con “fidanzata” e nella Nuova S. Paolo con “sposa”. La Tob commenta così: “ Si traduce spesso

“fidanzata”. In realtà Maria è legalmente sposata a Giuseppe, ma essi non vivono ancora in comune.

Secondo il costume giudaico infatti deve trascorrere un certo tempo prima che lo sposo introduca la sposa

nella sua casa”. I momenti del matrimonio in Israele erano due: gli sponsali (Qiddusin) e la festa nuziale, dopo un anno circa (Nissuin).

TI SALUTO (28) Inizia la prima parte del dialogo tra Maria e l’Angelo (28-33), in cui Gesù viene riconosciuto figlio

di Davide.

“Ti saluto, o piena di Grazia” traduce il greco “Kaire, kekaritome”, ma non è una traduzione

proprio esatta. “Kaire” significa “rallegrati” ed è un augurio di gioia, che rimanda ad alcuni testi profetici,

rivolti alla figlia di Sion, cioè a Gerusalemme (Zc 9, 9, 10; Gl 2, 21-27). In Sof 3, 17 troviamo: “Gioisci,

Figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme”. E per questo invito

alcuni pensano che Maria vada considerata come “figlia di Sion”; altri invece pensano alla gioia cristiana,

di cui Maria è il prototipo.

Nemmeno “Piena di grazia” traduce bene “ kekaritomene”. La grazia, cui l’angelo fa cenno, è il

favore divino riversato su Maria. Lei è “la piena di grazia” perché è stata da sempre e resta per sempre

l’oggetto del favore eccezionale, che il carisma della maternità messianica suppone.

IL SIGNORE E’ CON TE (28) “Il Signore è con te” è espressione corrente nella Bibbia, specialmente nei racconti di vocazione

(Mosé: Es 3, 12; Geremia: 1,18). Rivolto a Maria è più di un saluto, indica il motivo della gioia: la

presenza di Dio Salvatore, che nascerà da lei e si chiamerà Emmanuele, che significa “Dio con noi” (Isaia

7, 14; Mt 1, 22-23).

RIMASE TURBATA (29) Anche Zaccaria “si turbò e fu preso da timore” (1, 12) ,ma ciò che turba Maria è quanto le ha detto

l’angelo.

NON TEMERE (30) Venendo incontro al timore di Maria e interpretando la sua tacita domanda, l’angelo ripete in modo più chiaro il lieto messaggio. “Hai trovato grazia” corrisponde a quanto detto prima “piena di grazia”.

Infine l’angelo spiega come il Signore sarà con Maria: con la nascita di Gesù-Messia, Maria

viene visitata da Dio stesso e per mezzo di lei, Dio visita il suo popolo, dando un corpo, un volto e un

linguaggio a Gesù.

CONCEPIRAI UN FIGLIO E LO DARAI ALLA LUCE (32) Qui il testo arriva al centro della narrazione, alla sostanza del mistero di Gesù, Messia e

Salvatore, Figlio di Dio e vero figlio di Maria. L’annunzio è fatto prima con una formula tipicamente

biblica (Gn 16, 11; Gdc 13, 3-7; Is 7, 14).

SARA’ GRANDE (32) Poi l’annunzio è fatto con una serie di titoli messianici: “Grande”, “Figlio dell’Altissimo”, nel

senso dell’AT, che lo attribuisce a chi ha un rapporto di speciale intimità con Dio, e specialmente al Messia

(Sl 2, 7; 89, 27), erede del trono di Davide, come testimonia una tradizione largamente diffusa dall’AT (2 Sm

7, 12; 1 Cr 22, 9; Sl 89, 36).

In questi versetti riecheggiano molti temi: l’alleanza davidica con le sue promesse, la gloria del

grande re, il carattere profetico di questa regalità, il fatto che queste qualità arrivano fino a Gesù non per

trasmissione di sangue, ma tramite Giuseppe, che non è suo padre, e cioè solo per la fedeltà di Dio alle sue

promesse.

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COME E’ POSSIBILE (34) Inizia la seconda parte del dialogo di Maria con l’angelo (34-38), in cui è affermata la concezione verginale di Maria e Gesù viene riconosciuto come Figlio di Dio.

Di fronte alla proposta dell’angelo, Maria avverte una difficoltà insormontabile. Non chiede un

segno, ma rivela la decisione che aveva presa di rimanere vergine; un ideale certo difficile per il suo

tempo, ma non impossibile, frutto della grazia di Dio e decisione presa per ispirazione di Dio, per la cui

realizzazione lei si era posta sotto la protezione di un uomo attratto dallo stesso ideale; lei è allo stesso

tempo sposa di Giuseppe e decisa a “non conoscere uomo”. Ma ciò che per Maria è un ostacolo per la

maternità, per Dio, che le ha ispirato la decisione di restare vergine, è la condizione necessaria per la

richiesta che ora Dio le fa di diventare madre. LO SPIRITO SANTO (35) La risposta dell’angelo fa piena luce del mistero: ciò che sta per avvenire viene ricondotto

all’iniziativa di Dio, indicata prima con lo Spirito Santo, poi con l’espressione parallela di “potenza

dell’Altissimo”. “Ombra” rimanda all’esperienza del deserto, dove la nube luminosa conduceva il popolo e con la

sua ombra copriva la tenda che Mosè innalzava fuori dell’accampamento (Es 40, 34-35). La tenda era la

casa di Dio in mezzo al popolo; Maria sta per diventare la casa di Dio: si compirà così la profezia di Natan

(2 Samuele, 7). Parlando dello Spirito Santo come di una Potenza che “coprirà” Maria con la sua “ombra”,

l’angelo insinua chiaramente che questo Spirito svolgerà il ruolo di principio creatore e produrrà la vita

nel seno di Maria. Ciò che lo Spirito fa fin dalle origini del mondo lo farà nel seno di Maria producendo

una concezione verginale. SARA’ DUNQUE… FIGLIO DI DIO (35) Quanto è detto sulla verginità di Maria e dell’azione dello Spirito Santo porta a riconoscere in

questo bambino che nascerà una relazione unica con Dio. Tra l’opera dello Spirito su Maria e la dignità

divina di colui che nascerà dalla Vergine c’è un nesso stretto. Il santo che nascerà sarà chiamato Figlio di

Dio. Prima l’angelo aveva asserito che sarà figlio dell’Altissimo, (1, 32) cioè Messia, ora addirittura che sarà

Figlio di Dio. ELISABETTA (36) A Maria viene dato un segno: la concezione di Giovanni da parte di Elisabetta ormai vecchia. Dio offre dei segni che rendono credibile e in qualche modo accettabile la proposta divina (vedi anche Gdc 6,

36; Is 7, 10-16).

NULLA E’ IMPOSIBILE A DIO (37) L’uomo sa che Dio è più potente di lui, anzi che è “maestro dell’impossibile”. Ad Abramo, in una

situazione simile a quella di Elisabetta, il Signore dice “C’è forse qualcosa di impossibile per il Signore” (Gn

18, 14). E anche Sara avrà un figlio.

SONO LA SERVA DEL SIGNORE (38) “Serva” è titolo che esprime l’umiltà di Maria, la sua disponibilità e il suo desiderio di

collaborare all’opera del Signore. Nella Bibbia sono soprattutto i grandi personaggi che sono chiamati “servi del Signore”. Maria tra tutti è somma e serve Dio, accogliendo la parola. La parola chiamata “tua”

è quella che Dio le rivolge per mezzo di Gabriele e contiene tutto il Vangelo. Maria è la prima discepola del

Vangelo e modello per tutti i credenti.

AVVENGA DI ME (38) L’accettazione di Maria è strettamente legata alla rivelazione contenuta nell’annunzio dell’angelo,

al segno fornito, alla convinzione che a Dio nulla è impossibile. Il “Si” sgorga dalla sua fede, fondata

sulla certezza che Dio è fedele alle sue promesse, che la sua parola è efficace e che egli nella sua

misericordia vuol visitare il suo popolo.

L’ANGELO PARTI’ DA LEI (38) La missione del messaggero è compiuta. Non ci sarà bisogno di altre rivelazioni: Maria si lascerà

condurre e illuminare da Dio che le parlerà negli avvenimenti, nelle persone che incontra e soprattutto in

Gesù che le è stato donato.

La visitazione (39-45) La visita di Maria ad Elisabetta è l’episodio complementare con cui termina il primo dittico delle

due annunciazioni. E collega tra loro i due precedenti episodi, dato che si incontrano Maria ed Elisabetta, ma

anche Gesù e Giovanni. Maria è al centro di questo episodio. Lei non va da Elisabetta per verificare la

verità delle parole dell’angelo, ma per una corrispondenza pronta (in fretta) alle parole dell’angelo, che le

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ha rivelato il progetto di Dio. Corre là dove questo progetto comincia a realizzarsi per riconoscere, adorare,

cantare. La pietà cristiana vede in questo viaggio il desiderio di aiutare la parente anziana in un momento

tanto impegnativo per la sua vita.

Sembra che questa narrazione di Luca sia stata influenzata da 2 Sam 6, 2-11 dove si parla del

trasloco dell’arca dell’alleanza, proprio in una località (Baala di Giuda), che è l’attuale Ain-Karin. In

quella circostanza David esclamò: “Come potrà venire presso di me l’arca di Dio?”. Ora Maria viene

considerata l’arca della nuova Alleanza, che nel suo seno porta il Santo, la Rivelazione di Dio.

IN QUEI GIORNI (39) La partenza avviene subito dopo l’annunciazione. La strada va da Nazaret ad “una città di Giuda”

situata in una regione montuosa, che è delimitata dal Negeb, dal deserto di Giuda e dal Sefela. Secondo

un’antica tradizione la città sorgeva al posto dell’attuale Ain-Karim a circa 6 chilometri ad ovest di

Gerusalemme. La strada che Maria percorse corrispondeva a tre, quattro giornate di cammino. Maria

andò “in fretta”, prontamente, senza frapporre indugi.

SALUTO’ ELISABETTA (40) Le notizie storiche e geografiche sono precise ed essenziali. Luca si concentra sui fatti: un incontro, un saluto, il sussulto di Giovanni, le parole di benedizione di Elisabetta, l’inno di Maria e la notizia che Elisabetta riceve il dono dello Spirito Santo, che la rende capace di comprendere e interpretare

il significato profondo di quanto sta avvenendo.

BENEDETTA TU (42) Per ispirazione dello Spirito, Elisabetta proclama Maria “benedetta” (eulogemene), per la presenza

di un “frutto benedetto” (eulogemenos); “benedetta”, perché madre del “Benedetto”, “del mio Signore”.

A CHE DEBBO (48) Elisabetta parla in maniera analoga a David alla presenza dell’antica arca (2 Sam 6, 2-11) e si

professa indegna della presenza di Maria novella arca.

IL BAMBINO HA ESULTATO (44) Elisabetta avverte che il bambino le sussulta in seno; è un piccolo segno che le fa intuire chi le sta

davanti. Lo Spirito poi le fa conoscere e confessare il mistero. Maria è Madre del Messia, nel suo seno

porta il Santo, colui che è fonte di ogni benedizione e sorgente di gioia messianica. Elisabetta proclama

Maria “beata” (makaria), per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina, beata perché fedele.

Il Magnificat (46-54) Dal messaggio dell’angelo (Lc 26-38), dalle parole di Elisabetta (Lc 42-45) e dalla Scrittura, alla

quale i due si sono ispirati, Maria riconosce quanto grande sia ciò che Dio ha operato in lei. Il

“magnificat” compendia i sentimenti di Maria, al momento dell’incontro con Elisabetta, ma ancor più, con

abbondanza di riferimenti veterotestamentari, celebra le gesta misericordiose di Dio lungo l’arco della

storia della salvezza, che ora, nella pienezza dei tempi, trovano la loro piena realizzazione. Il cantico

comincia con un preludio di lode a Dio (46-48), canta Dio onnipotente, santo e misericordioso (49) e le

leggi fondamentali della sua opera salvifica (51-53) e termina esaltando la fedeltà di Dio alla promessa

(54).

L’ANIMA MIA MAGNIFICA (46) L’inizio è di chiara intonazione innica. Maria, quasi dimentica di sé, si rivolge a Dio e lo saluta

come Salvatore. L’opera salvifica di Dio suscita in lei questa espressione di culto glorificante e giubilante.

L’UMILTA’ DELLA SUA SERVA (47) Maria, che è umile, si annovera tra i piccoli, i poveri, si proclama la serva.

MI CHIAMERANNO BEATA (48) E’ grande e forte il contrasto tra la considerazione che ha Maria di sé e la grandezza di Dio, che

guarda la profonda umiltà di Maria, intimamente commossa per il grande dono ricevuto; tra ciò che Maria

pensa di sé e ciò che gli altri diranno di lei.

GRANDI COSE (49) Le grandi cose sono i principali interventi di Dio nella storia della salvezza, i gesti misericordiosi

(la sua misericordia) verso il popolo eletto, di cui Maria si considera membro. La santità di Dio (“Nome”.

Qui, come altrove nella Bibbia il nome sta al posto di Dio stesso) corrisponde alla sua potenza e misericordia.

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HA SPIEGATO (51) Dio opera capovolgendo completamente i rapporti umani, andando contro ogni logica. Coloro

che si credettero ricchi caddero e Dio è intervenuto in favore degli umili, dei poveri.

HA SOCCORSO ISRAELE (54) In queste ultime espressioni Maria celebra la fedeltà di Dio alle sue reiterate promesse. Le promesse

sono state sancite da un patto santo con Abramo (Gn17, 7) e con Israele suo servo, cioè amico (Is 41, 8), il

popolo eletto. La promessa di Dio si è realizzata nel Messia. In Gesù, per mezzo di Maria, Dio si è fatto

uomo: questo è l’ultimo grande atto della storia della salvezza.

MARIA RIMASE (56) Maria giunge al sesto mese della gravidanza di Elisabetta e resta con lei tre mesi. Rimase nella casa di Elisabetta quanto l’arca dell’alleanza era rimasta nella casa di Obed Edom (L’arca del Signore

rimase tre mesi in casa di Obed Edom di Gad: 2 Sam 6, 11).

Nascita e circoncisione di Giovanni (57-66) La nascita di Giovanni è motivo ed occasione di grande gioia per i vicini ed i parenti. Questa nascita

poi ha una caratteristica particolare: il bimbo nasce da due genitori anziani e da una madre sterile e questo

dice che Giovanni non è un semplice risultato di causalità biologica. Questa ha avuto la sua importanza,

ma ha influito in modo determinante il potere di Dio, che guida la storia. Inoltre è una prima epifania di

Dio: è l’anticipo e la pregustazione di una gioia più grande.

AVEVA ESALTATO IN LEI (58) Parenti e vicini gioiscono perché il Signore ha fatto ad Elisabetta un gran beneficio (“esaltato in

lei”).

PER CIRCONCIDERE (58) La circoncisione nell’AT era un segno del patto santo tra Dio e Israele (Gn 17,11), era pure segno,

per un maschio, della sua appartenenza al popolo di Dio; era infine segno di distinzione dai non Israeliti e

della predestinazione alle benedizioni promesse a Israele. Più tardi, sempre durante il rito della

circoncisione, cominciò ad essere imposto un nome, e su questo particolare sembra insistere il nostro

racconto.

NO, SI CHIAMERA’ GIOVANNI (59) Secondo la tradizione e il costume ebraico il nome del bambino doveva riferirsi alla tradizione

familiare e Giovanni avrebbe dovuto chiamarsi Zaccaria, come il padre. Ma era volontà di Dio che si

chiamasse Giovanni (Jahvé è misericordioso). Il nome era stato suggerito dall’angelo a Zaccaria. I due

genitori sono d’accordo e il nome ricorda loro l’iniziativa assoluta di Dio.

DOMANDARONO CON CENNI AL PADRE (62) Zaccaria, come improvvisamente aveva perso la favella, e forse anche l’udito (20) così

improvvisamente la riacquista. Egli dopo la conferma che al neonato va dato il nome di Giovanni esulta di

gioia e gratitudine intonando il “benedictus”. Il mutismo era stato segno della verità della parola dell’angelo

che gli annunziava la nascita del figlio. Una volta che l’opera di Dio si è compiuta ritorna la parola.

TUTTI…FURONO PRESI DA TIMORE (64) Il timore è quello che si verifica davanti alla grandezza di Dio. La notizia si diffonde ed è motivo

per tutti coloro che la sentono e di riflessione e di commenti .

LA MANO DEL SIGNORE (66) Luca ai commenti aggiunge una sua considerazione: Dio con la sua forza guida e protegge la vita

del bambino.

Benedictus (67-80) La prima parte del “benedictus” (67-75) è un salmo escatologico, che esalta le grandi opere di Dio

nella storia sacra; la seconda (76-79) è un canto che esprime gli auguri per il giorno natalizio e annunzia la

missione del bambino.

ZACCARIA (67) Come Elisabetta, anche Zaccaria fu ricolmo di Spirito Santo e con il carisma del profeta delinea in

modo assai chiaro il destino di Giovanni.

BENEDETTO IL SIGNORE (68)

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Il canto del “benedetto” intonato da Zaccaria inizia con una dossologia, assai comune nei salmi. La

lode è elevata perché Dio “ha visitato e redento il suo popolo” e “ha suscitato una salvezza potente”,

espressione che equivale alla seguente “ ha inviato un Messia potente”.

NELLA CASA DI DAVIDE (69) Secondo le antiche profezie (promesse per bocca), questo messia è un discendente di Davide.

PER LIBERARCI (71) Il Messia salverà dal potere dei nemici (salvezza dai nostri nemici) e si tratterà di una salvezza ben più grande di quella che Dio operò quando salvò il popolo dalla schiavitù faraonica.

MISERICORDIA AI NOSTRI PADRI (72) Alla venuta del Messia anche gli antenati d’Israele (ai nostri padri) trovano misericordia; infatti

vivono ancora e partecipano del destino del popolo. Gesù dirà: “Il vostro padre Abramo esultò nel pensiero

di vedere il mio giorno: lo vide e ne tripudiò” (Gv 8, 56).

DEL GIURAMENTO (73) Dio ha mantenuto quanto aveva promesso ad Abramo (Gen 22, 16 s) e aveva ripetuto in seguito.

LIBERATI DALLE MANI (74) Si attua in modo ben più grandioso dell’atto salvifico di Dio che liberò il popolo dall’Egitto.

DI SERVIRLO SENZA TIMORE (74) La liberazione che porterà il Messia ha prospettive religiose e spirituali. Si tratta di un

superamento del timore servile e di una nuova capacità di servire Dio con fiducia filiale e attitudine oblativa,

ossia di fare della propria vita un culto gradito a Dio, in “santità e giustizia“, in una vera pietà verso Dio

e verso gli uomini, con fedele osservanza della volontà di Dio.

E TU BAMBINO (76) Viene ora messo in risalto il compito profetico di Giovanni, attraverso la profezia di Malachia (Io

invio il mio messaggero a spianare la via davanti a me: 3, 1 9) Giovanni sarà profeta dell’Altissimo, di Dio e la profezia di Isaia (Voce di uno che grida nel deserto: sgombrate la via al Signore: 40, 3), sarà il suo

battistrada. LA CONOSCENZA DELLA SALVEZZA (77) Compirà la sua opera annunziando la venuta del Messia (il sole che sorge), che recherà la

redenzione agli uomini oppressi dal peccato e dalla morte (nelle tenebre e nell’ombra di morte) e invitando

alla penitenza e alla conversione.

IL FANCIULLO CRESCEVA (80) Il racconto che precede quello della nascita di Gesù (capitolo 2) termina con questi rapidi cenni di

Luca che compendia il lungo periodo che va dalla circoncisione alla vita pubblica di Giovanni.

L’evangelista sottolinea la crescita fisica e spirituale di Giovanni e la scelta del deserto, tipico luogo di

incontro con Dio, come luogo di vita del giovane Giovanni. Non sappiamo né il luogo né il tempo di questa

permanenza, ma è chiaro che è un periodo di preparazione alla sua missione “fino al giorno della sua

manifestazione a Israele”.

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Capitolo 2

Nascita di Gesù (1-20 ) Il brano evangelico 2, 1-20 presenta la nascita di Gesù a Betlemme. Luca, storico di Dio, inquadra

questa nascita nelle concrete circostanze storiche, ma egli non scrive secondo il moderno metodo della

scienza storica; il suo primo proposito non fu la descrizione della cornice storica ma l’annunzio della buona notizia di quell’avvenimento. Non si tratta quindi di un resoconto cronologico, né di una leggenda

colorita di folclore, ma di un avvenimento reale interpretato alla luce della fede cristiana, con al centro l’annunzio semplice e conciso della nascita di Gesù “Dette alla luce il suo primogenito”.

CENSIMENTO….QUIRINO (2) Luca inquadra, secondo il suo solito, la nascita di Gesù nel contesto del mondo romano, ma questa

annotazione sfugge al nostro controllo storico. Sappiamo che Augusto fu imperatore dal 30 a.C al 14 d. C,

che indisse molti censimenti generali e parziali; è detto che questo fu un censimento generale (“di tutta la

terra”), cioè di tutto l’Impero romano, da Augusto considerato “tutta la terra”, che Quirino fu legato in Siria e fece un censimento nell’anno 6 d.C., quindi dopo la nascita di Gesù, ma Gesù, secondo calcoli più

esatti sarebbe nato verso il 4-6 a. C. Da ciò deriva che non ci può essere coincidenza tra il censimento di

Quirino e la nascita di Cristo. Pertanto per la datazione del censimento qui indicato si fanno varie ipotesi: una è che Quirino ne abbia fatto un altro prima di quello del 6, appunto questo indicato come “primo”;

un’altra ipotesi e che il v. 2 possa essere tradotto come segue: “questo censimento avvenne prima che

Quirino fosse governatore della Siria”.

CIASCUNO NELLA SUA CITTA’ (3) Un censimento romano poteva essere basato sul principio della residenza nella propria città di

nascita. Un papiro egiziano attesta che il governatore d’Egitto nel 104 d. C. ordinò un “censimento per

famiglie”.

GIUSEPPE DELLA FAMIGLIA DI DAVIDE (4) E’ un motivo contingente che spinge Giuseppe lontano da Nazaret: egli infatti va a Betlemme

perché era della discendenza di Davide. E Luca sottolinea questa discendenza (“casa” “famiglia” “città di

Davide”). In questa cittadina si avvera la profezia di Michea 5, 1. Betlemme (a.777) oggi è un paese di

7.500 abitanti, allora ne aveva un migliaio. Da Nazaret (a. 525) distava 150 chilometri, che a quei tempi si

percorrevano in tre giorni di carovaniera. Le strade allora erano cattive e infestate da predoni.

MARIA SUA SPOSA (5) Maria deve andare, anche se incinta, perché era obbligata a presentarsi personalmente alle autorità

civili per le dichiarazioni richieste.

SI COMPIRONO … DIEDE ALLA LUCE (6) Siamo al “compimento” dei giorni del parto, ma anche al “compimento” teologico. “Diede alla

luce”, la nascita è accennata con estrema sobrietà: l’avvento di Dio nell’umanità si compie in semplicità.

PRIMOGENITO (6) Luca usa “prototokos” e non “monogenes”, come in 7, 12 , non perché Maria abbia avuto altri figli,

ma in senso giuridico: il maschio primogenito doveva essere consacrato a Dio (Es 13, 12).

LO AVVOLSE IN FASCE (7) Le fasce e la mangiatoia presentano una scena di semplicità estrema, di reale povertà. Gesù nasce

in una delle caverne scavate nelle colline che circondano Betlemme, che avevano un ambiente interno

riservato alle bestie e una tettoia appoggiata alla grotta per gli ospiti o per i pasti.

NON C’ERA POSTO (11) L’albergo era in realtà un caravanserraglio, un recinto chiuso da un muro a cielo aperto con uno

stanzone e poche stanzette; nel locale interno e nel cortile tutto era in comune e non era certo il posto per

una nascita. E’ anche la constatazione che Gesù non trova un posto per nascere tra gli uomini. “I suoi non

l’hanno accolto” dirà Giovanni 1, 11.

C'ERANO NELLA REGIONE (8) I pastori della Giudea vivevano emarginati dalla città, sempre a contatto con gli animali e non

godevano di buona fama, anche per il loro concetto piuttosto largo sulla proprietà. Legalmente non

potevano testimoniare. Per i farisei erano “il popolo della terra”. Eppure sono i primi chiamati come

testimoni di Gesù.

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VEGLIAVANO DI NOTTE (8) Ciò avveniva di solito tra la Pasqua e Novembre, ma anche in altri periodi dell’anno. Da questa

notizia non possiamo quindi dedurre che Gesù sia nato in un determinato mese. Solo sappiamo che era “di

notte”, quando i pastori si trovavano a vegliare per le pecore. La notte poi è anche il simbolo delle tenebre

che Dio riempie della sua luce.

UN ANGELO (8) L’annunzio avviene secondo lo schema delle apparizioni: gloria luminosa, spavento,

incoraggiamento, lieto messaggio, segno. L’angelo è un messaggero di Dio.

LA GLORIA DEL SIGNORE (9) “Gloria” nell’A.T indica la manifestazione della presenza del Signore. (Es 40, 34) E’ Dio stesso

che si comunica ai pastori, attraverso il simbolo della luce e la mediazione dell’angelo. La gloria del Signore

avvolge i pastori, come gli Apostoli nella trasfigurazione.

NON TEMETE..ANNUNZIO..GIOIA (10) Risalta lo schema delle apparizioni. La gioia annunziata per tutti proviene dalla venuta del Salvatore.

E’ NATO (11) “Oggi” (semeron) indica l’inizio dell’era messianica, il termine di tutta la storia di Israele che fu

una lunga preparazione alla venuta di Gesù. “Voi” indica non solo i pastori ma l’intero popolo.

“Un salvatore…..“. In questo annunzio è concentrato l’essenziale della professione di fede circa

la vera identità di Gesù, annunziata già da ora, senza aspettare l’ora della risurrezione: Gesù è il Salvatore, è

il Messia, è Dio, Signore è infatti titolo divino per eccellenza e Gesù non diventa Signore dopo la

risurrezione, lo è di diritto fin dal concepimento e dalla nascita.

PER VOI IL SEGNO (12) Il segno era di solito un avvenimento straordinario. Qui il segno è identico alla promessa, è un bambino. Questo segno, come poi la croce indicano un Dio che si fa servo, che si fa agnello, che si fa

piccolo per amore.

UNA MOLTITUDINE (13) La presenza degli angeli ricorreva nell’apocalittica di Qumran per dire che la comunità era il luogo

della presenza di Dio. Questo midrash in Luca vuole esprimere che Dio è presente nel bambino della mangiatoia. Il coro degli angeli suscita e completa quella degli emarginati pastori e canta la gloria nel

profondo dell’umiliazione.

GLORIA A DIO (11) Gli angeli prima di lasciare i pastori intonano un inno in cui risaltano tre elementi che si

contrappongono: Gloria-pace; Dio-uomini, cielo-terra. E’ una proclamazione messianica: è la nascita di

Cristo che reca gloria, lode e onore a Dio, salvezza, gioia, pace agli uomini, che dà a Dio il massimo di

gloria e rivela agli uomini la volontà salvifica di Dio. La pace è per gli “uomini della benevolenza” (eudokia) divina di cui essi sono oggetto. E tutti gli uomini ne sono oggetto, dato che Dio ama tutti (3, 6).

APPENA GLI ANGELI (15) La scena dell’annunciazione ai pastori si è chiusa con la partenza degli angeli “appena gli angeli si

furono allontanati per tornare al cielo”, e comincia il primo pellegrinaggio al Signore Gesù.

ANDARONO SENZ’INDUGIO (16) I pastori per andare da Gesù devono percorrere una “distanza” e la percorrono “senza indugio”.

Essi vogliono vedere il “segno”, ma è anche la sollecitudine della fede che si fa risposta all’annunzio di Dio.

E’ interessante notare come tutto il racconto di Luca sia costellato di verbi di moto e di sorpresa:

“Andiamo, vediamo, conosciamo, andarono, trovarono, videro, riferirono, tutti udirono, si stupirono,

tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quanto avevano udito e visto”. Agostino dirà “uomo

immerso nel gelo della notte, vieni, cammina anche tu verso Betlemme, verso il bambino e sua madre,

lasciati avvolgere dalla luce del Signore”.

TROVARONO (16) La scena presenta una povera famiglia e un gruppo di gente rifiutata dal Sinedrio. Luca vede già

profilarsi l’assemblea della Chiesa che “glorifica e loda Dio per tutto quello che ha udito e visto” (20).

RIFERIRONO (1 6) I pastori che ricevendo la rivelazione hanno ricevuto anche la missione di trasmetterla (1 Cr 15, 1),

diventano zelanti missionari e diffondono la notizia che fa meravigliare.

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MARIA (19) Mentre la gente si meraviglia, Maria, custodisce il ricordo, come i profeti, e approfondisce con la

meditazione il senso dei fatti cui ha preso così grande parte. Forse qui Luca ci presenta Maria come fonte

primaria delle sue notizie sull’infanzia di Gesù. I PASTORI (20) I pastori ritornano al gregge lodando e glorificando Dio. Così la lode degli angeli si ripete nella

bocca dei pastori. La vita che i pastori stanno per riprendere sarà ormai illuminata.

Circoncisione di Gesù (21) La circoncisione era il rito dell’aggregazione a Israele e il simbolo dell’alleanza stipulata da Dio

con Abramo (Gn 17, 9-14). Con la circoncisione Gesù diventa suddito della legge (Gal 4, 4; 5, 3); essa fa

parte della “kenosis” di Gesù, fattosi uomo ordinario, comune.

OTTO GIORNI (21) Il primo intervento ufficiale su Gesù consiste nel sottometterlo alla Legge: come ebreo fa la sua entrata

nel popolo dell’alleanza. La circoncisione era infatti il rito dell’aggregazione a Israele e simbolo

dell’alleanza stipulata da Dio conAbramo e discendenti (Gn 19, 9-14).

GLI FU MESSO NOME GESU’ (21) Nella circoncisione si soleva imporre il nome (Lv 12, 3). Quando Dio muta il nome di un

personaggio ne muta il destino, quando lo sceglie e lo preannunzia prima della nascita è perché egli ha

segnato il destino e la missione del bambino che vengono indicati nel nome stesso (Is 7,14). Il nome “Gesù”

che era stato annunziato a Maria (Lc 1, 31) e spiegato a Giuseppe (Mt 1,21) significa “ Jahvè salva “ e indica

la missione di Salvatore.

Presentazione di Gesù al Tempio (22-40) La presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è la meta finale del vangelo dell’infanzia.

Nel tempio avevano avuto inizio i vangeli dell’infanzia con l’annunzio della nascita del Battista, e nel

tempio si concludono i movimenti e i viaggi citati negli episodi raccontati. La cronologia presente in queste

narrazioni mette in evidenza la loro importanza (6 mesi, pari a 180 giorni, dall’annunzio dell’angelo a

Zaccaria fino alla concezione di Gesù: nove mesi, pari a 270 giorni dalla concezione alla nascita di Gesù;

40 giorni fino alla purificazione di Maria, secondo Lv 12, 2 ss, totale 490 giorni) Le 70 settimane di anni predette da Daniele 9, 24 fino all’unzione di un santo dei santi sono ora trascorse. La promessa di Malachia 3, 1 (e subito entrerà nel suo tempio il Signore) si sta compiendo: lo stesso Signore entra nel suo

tempio. L’autore del vangelo considera la realtà di Cristo su questo sfondo dell’Antico Testamento. Lo

dimostrano una serie di allusioni, per esempio la presenza dell’angelo Gabriele, come in Daniele 9, 21;

l’offerta dell’incenso in Luca 1, 9, che ricorda l’offerta pomeridiana di Daniele 9, 21. La cornice solenne del

tempio è l’ambiente ideale per la rivelazione profetica che presenta Gesù nel suo ruolo messianico.

PURIFICAZIONE (22) Secondo Levitico 12, 2-8 la puerpera era impura per sette giorni dopo la nascita di un maschio e

per quattordici dopo la nascita di una femmina; inoltre per altri 33 giorni (o sessantasei per una bambina)

doveva restare chiusa in casa e non toccare nessuna cosa sacra. La nostra traduzione dice: il tempo “della

purificazione” , ma la maggior parte dei manoscritti dice “della loro purificazione”(catarismu auton).

Secondo alcuni, questo “loro” si riferirebbe a Maria e Giuseppe, ma, dal momento che per la legge solo la

madre era tenuta alla purificazione, il “loro” potrebbe essere un’aggiunta da un copista che pensava alle

abitudini del mondo ellenistico in cui anche il padre di un bimbo appena nato era considerato impuro.

Secondo altri “loro” si riferirebbe a Maria e Israele, alla luce del passo di Malachia 3, 1 (entrerà nel suo

tempio) e indicherebbe anche la purificazione dei figli di Levi di cui parla questo profeta.

GERUSALEMME, COME STA SCRITTO (22) Il periodo successivo al parto si doveva concludere con un sacrificio di purificazione, che

consisteva nell’offerta di un agnello di un anno come olocausto e di una tortora (o di un colombo) come

sacrificio di espiazione. Invece dell’agnello i poveri potevano offrire in sacrificio un secondo colombo.

Secondo Lc 2, 24 i genitori di Gesù rientrano nella categoria dei poveri. In seguito alla centralizzazione

del culto operata da Giosia i sacrifici dovevano essere presentati nel tempio di Gerusalemme. Gerusalemme inoltre gioca un ruolo particolare: il cammino del bambino Gesù va da Nazaret a Betlemme

a Gerusalemme; si raggiunge così il punto culminante della storia dell’infanzia. La vita pubblica seguirà la

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stessa traiettoria: dalla Galilea a Gerusalemme. La città santa, ora, come più tardi, è il luogo della

presentazione, della consacrazione, dell’offerta (cf 1 Sm 1, 11.22-28).

PER OFFRIRLO AL SIGNORE (23) Mentre gli animali primogeniti maschi venivano offerti in sacrificio o, se impuri, uccisi oppure

sostituiti da animali puri (Es 13, 13; 34, 19 ss), i bambini primogeniti erano considerati proprietà di Dio, e,

se erano della tribù di Levi erano destinati, come tutti i membri della tribù, al servizio del tempio, se erano di

altre tribù venivano riscattati mediante una somma di cinque sicli d’argento; ed era il padre che

provvedeva a questo riscatto, circa un mese dopo la nascita, in tutto il paese presso un sacerdote.

Purificazione e riscatto erano due atti distinti, ma Lc 2, 22 ss li presenta riuniti in uno solo, senza far

cenno alla somma pagata. UN UOMO DI NOME SIMEONE (25) Simeone, con la profetessa Anna, citata in Lc 2, 36, è rappresentante del devoto popolo d’Israele.

Era “un uomo giusto” come Zaccaria ed Elisabetta (1, 6) e “timorato di Dio”, pio come Anania (At 22, 12);

egli “aspettava il conforto d’Israele“, cioè l’avvenimento messianico descritto e promesso dai profeti,

capace di portare ad Israele la liberazione da tutti i mali, la venuta escatologica di Dio.

LO SPIRITO SANTO (25) Per ben tre volte si mette in evidenza che Simeone è guidato dallo Spirito di Dio: “lo Spirito Santo

era su di lui” (25); “gli aveva rivelato” (26) “mosso dallo Spirito Santo si recò al tempio”(27). Questa

insistenza sullo Spirito Santo dice l’importanza che Luca annette a questo episodio. Da notare che secondo

la concezione rabbinica tra le cose ignote all’uomo rientrano il giorno della morte e quello della venuta del

Messia. L’incontro tra Simeone e i tre pellegrini è fortuito, ma voluto dallo Spirito, guidato da Dio, come

tante volte nella Bibbia (Gn 29, Tobia 7, Atti, 10).

LO PRESE TRA LE BRACCIA (28) Simeone non conosceva il bambino. Fa questo gesto insolito perché ispirato dallo Spirito.

Prendendolo tra le mani lo toglie ai genitori: quel bambino non appartiene soltanto a loro, ma è per tutti gli

uomini. Dopo Maria e Giuseppe, Simeone è il primo credente. Narrando questo incontro, Luca pensa

probabilmente al mondo ebraico che invecchia, ma è chinato a ritrovare una nuova giovinezza nella novità di

Gesù: “Il vegliardo portava il bambino, ma è il bambino che conduceva il vegliardo “(S. Agostino) I

genitori presentano Gesù al Signore, come santo e consacrato (1, 35). Simeone lo presenta ora al popolo

come il Salvatore.

E BENEDISSE DIO (28) Simeone, sotto l’azione dello Spirito eleva un inno a Dio, accompagnato da alcuni gesti liturgici: prende il bambino, con gesto offertoriale e benedice Dio, con una “euloghia” (benedizione) liturgica. L’inno

è azione di grazia e voce di speranza per il compimento delle promesse in favore di Israele e di tutti i

popoli. E’ anche una preghiera che si addice alla sera della vita.

ORA LASCIA (29) La soglia è varcata: siamo nei tempi nuovi, nei quali ormai c’è la pace portata da quel Salvatore,

con tanta speranza atteso. Egli porta la “pace” (eirene, shalon) messianica e ora il vegliardo può “andare”,

non più morire, con quella pace. SECONDO LA TUA PAROLA (29) La parola di Dio, è il sostegno della fede e della speranza di Simeone: ciò che Dio ha detto e promesso, lo ha fatto, a conferma della sua parola. La parola di Dio è infatti insieme detto e fatto, secondo

l’accezione dell’ebraico “debar, presentato in greco con “rema”, e in italiano con “parola”.

LA TUA SALVEZZA (30) La salvezza (to soterion sou) viene da Dio, ed è presente in questo bambino. Simeone ha

l’esperienza della visione (miei occhi) che è di fatto quella della fede, ossia dell’illuminazione data da Dio

che permette di riconoscere Gesù. La salvezza di Cristo è offerta a chiunque si apre ad essa per mezzo

dell’ascolto: questo tema qui echeggia in anticipo.

TUTTI I POPOLI (31) La salvezza portata dal Messia, che proviene da Israele, è per tutti i popoli. Israele ha la priorità, ma

ha la missione di aprirsi a tutti i popoli.

LUCE .. E GLORIA (32) Due parole sovente associate nella Bibbia, soprattutto in Isaia e nei Salmi, luce e gloria

specificano il significato di “ to soterion” e la sua dimensione universale. Il Messia sarà causa di salvezza

per i pagani e per gli israeliti. Sarà luce per gli uni e gloria per gli altri. Il simbolo della luce sta ad

indicare la realtà (il Messia e i suoi doni), che rivela alle genti la grandezza del Signore e li illumina nella

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mente e nel cuore affinché si aprano, con la fede al dono offerto. Siccome la salvezza viene da Israele,

costituisce motivo di gloria, di onore per questo popolo.

IL PADRE E LA MADRE (31) Luca parla di Giuseppe come se fosse il padre del bambino (vedi 2, 22, 27.41.43.48). Qui, come in 2,

18 si dice che Maria e Giuseppe restano meravigliati per quanto sentono. Il fatto ha anche un significato

teologico in quanto mette in evidenza come i piani di Dio siano superiori ai pensieri umani. La parola di

Dio sorprende e suscita domande. Anche i pastori si stupirono (2, 18). In essi lo stupore riguardava l’identità

del bambino, qui il suo destino.

SIMEONE BENEDISSE (34) Dopo aver benedetto Dio, Simeone benedice i tre pellegrini, compiendo la funzione di un sacerdote, anche se non lo è. La benedizione è accompagnata da un oracolo rivolto a Maria, ma riguarda

il bambino ed è costituita da quattro elementi, nei quali si ripete sostanzialmente lo stesso concetto: “Egli

è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele”.

SEGNO DI CONTRADDIZIONE (34) Dopo l’aspetto luminoso: pace, salvezza, luce, gloria, ecco l’aspetto tragico. Il paradosso è che

Gesù, messaggero di pace, porterà la divisione (12, 51-53); donatore di salvezza, provocherà la rovina di

molti (7, 23); irradiatore di gioia, si lascerà umiliare (9, 22; 24,26; Galati 6, 14); luce, svelerà le tenebre del

cuore dell’uomo (11, 35). Come avverrà tutto ciò? La parola di Dio trasmessa da Gesù obbligherà gli

uditori a pronunziarsi a favore o contro di lui. La maggioranza degli Ebrei non lo seguirà, mentre i pagani

crederanno in lui. Il dramma di Gesù è qui: si manifesta in filigrana in tutte le pagine del Vangelo e degli

Atti. Gesù sarà il segno di contraddizione fino ad essere crocifisso. Gli uomini si dividono a suo riguardo. O si scandalizzano di lui e, respingendolo increduli, diverranno colpevoli, oppure lo accetteranno da credenti e giungeranno così alla risurrezione spirituale, alla salvezza.

SIANO SVELATI I PENSIERI (34) Egli svelerà i pensieri di molti cuori, ossia le disposizioni interiori degli uomini. Una neutralità di

fronte a Gesù, anche celata, non è possibile; sarebbe già un atteggiamento negativo.

UNA SPADA TRAPASSERA’ (35) La parola proviene forse da Ezechiele 14, 17, dove indica il castigo divino che attraversa il territorio

di Israele, e, se Israele è visto personificato in una donna e se si vede in Maria la personificazione della figlia

di Sion, allora la spada è simbolo della prova che subirà Maria di fronte al rifiuto di cui Gesù sarà oggetto

e che lo porterà alla croce. Maria che soffrirà il martirio del cuore, vedendo il proprio figlio trafitto

(Zaccaria 12, 10) è l’immagine della Chiesa associata alla Passione del suo Salvatore.

Anche la parola di Dio è paragonata ad una spada. Alla luce di Isaia 49, 2 si può dire che Dio ha

fatto del Servo di Jahvè una spada affilata; l’immagine è ripresa in Apocalisse 19, 15, dove il Cavaliere

dalla bocca così armata è il Verbo di Dio. Ne deriva che la spada affilata è la Parola di Dio rivelatrice,

venuta in Cristo Gesù e recante la salvezza, ma anche il giudizio, come appare in Ebrei 4, 12 dove la spada

purifica tagliando e giudica i pensieri dei cuori. In questa lettura, anche Maria, che come figlia del suo tempo

aspetta un Messia circondato di gloria deve confrontarsi con questo bimbo e la spada della Parola

manifesterà la sua fede. UNA PROFETESSA ANNA (36) Dopo le due coppie Zaccaria-Elisabetta, e Maria-Giuseppe, ecco ora, vicino a Simeone una donna,

che come Simeone accoglie il bambino. Anche Anna rappresenta quell’ambiente dei poveri di Dio, che

portano in sé tutta la speranza d’Israele nel Messia. Con Simeone costituisce il numero di due testimoni necessario perché l’avvenimento sia riconosciuto come autentico (Dt 19, 15).

FIGLIA DI FANUELE…VEDOVA… 84 ANNI (36) I dettagli biografici rendono estremamente interessante la sua figura. La vedovanza senza nuovo

matrimonio era molto stimata in Isreale; le profetesse sono testimoniate in Israele (Gdc 4, 4; 2 Re 22,14), ed

erano donne ricche di un carisma speciale; ottantaquattro anni è simbolo della perfezione della vecchiaia di

una vita vissuta nella speranza (12x7).

NON SI ALLONTANAVA (37) La sua era la religiosità di una donna che si esprime nei modi confacenti alla pietà ebraica (cf Mt

6, 5-18), ma anche con uno slancio nuovo: la speranza del Messia.

SI MISE ANCHE LEI (38) Anna giunge spontaneamente. Riconosce il Messia e canta la sua riconoscenza a Dio. Parla del

bambino agli altri e ne diventa messaggera. E’ lo stesso cammino dei pastori, con la differenza che qui la

lode precede al testimonianza.

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QUANDO EBBERO TUTTO COMPIUTO (39) Lo sguardo dell’evangelista si concentra di nuovo su Giuseppe, Maria e Gesù, che dopo i riti

prescritti dalla legge ritornano a Nazaret.

IL BAMBINO CRESCEVA (40) Questo versetto richiama da un lato la crescita di Giovanni, che “cresceva e si fortificava nello

spirito” (1, 80), dall’altro quanto è detto di Gesù stesso, dopo la visita al tempio: “cresceva in sapienza,

età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (2, 52). “Cresceva” indica lo sviluppo fisico del fanciullo;

“sapienza”, la maturazione psicologica, essendo Gesù come uomo, soggetto allo sviluppo psichico mediante

l’acquisizione di nuove esperienza e l’incontro con le persone; “ grazia” sta ad indicare la compiacenza di

Dio e il favore degli uomini verso Gesù, “cresceva e si fortificava” sono espressioni equivalenti con cui si

vuole sottolineare l’armonioso sviluppo fisico, psichico e spirituale di Gesù.

Gesù tra i dottori (41-50) L’episodio che vede come protagonista Gesù dodicenne al tempio chiude i racconti lucani

dell’infanzia. E’ l’unico episodio che rompe il silenzio dell’infanzia di Gesù e presenta Maria e Giuseppe

convinti che Gesù si comporti esattamente come qualsiasi altro ragazzo. Questo vangelo si differenzia completamente dagli apocrifi che moltiplicano ogni genere di fatti straordinari.

La scena è strettamente legata al precedente racconto di Gesù nel tempio (2, 21-40). Si avvera la

profezia di Malachia 3, 1 il Signore è entrato nella sua casa. E i due brani si chiudono con la formula “il

fanciullo cresceva in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini”.

Il genere letterario è sostanzialmente storico e tutto corrisponde alle usanze del tempo, ma filtrato

attraverso la meditazione di Maria e dei testimoni e della comunità cristiana, sulla base delle esigenze catechetiche.

Il fatto appare come un gesto profetico destinato a significare il mistero della morte di Gesù e del

suo ritorno al Padre ed e’ narrato alla luce del mistero totale di Cristo e come anticipo del suo destino:

andata a Gerusalemme, città della morte e della glorificazione, entrata nel tempio, proclamazione dei diritti

del Padre, precisazione che la sua vita è guidata da una volontà superiore. Il brano è una sintesi della

cristologia lucana.

TUTTI GLI ANNI A GERUSALEMME (41) Era legge che ogni Israelita dopo i dodici anni andasse tre volte all’anno (Pasqua, Pentecoste e

Festa delle Capanne) a Gerusalemme, al Tempio (Es 23, 14-17). Non sappiamo se ai tempi di Gesù

l’obbligo si estendesse anche alla donne. Ne era dispensato chi viveva ad una distanza superiore ad un giorno

di cammino. Ma in pratica quasi tutti gli Ebrei si limitavano ad un pellegrinaggio annuale. La festa di questo pellegrinaggio è la Pasqua.

QUANDO EGLI EBBE DODICI ANNI (41) Gesù va a Gerusalemme un anno prima dell’età in cui un fanciullo diventava ufficialmente uomo.

Tra i dodici e i tredici anni infatti era il momento in cui l’adolescente s’impegnava ad osservare tutta la

legge. L’evento era festeggiato allora (e lo è anche oggi) con la cerimonia del “bar miswah”.

SALIRONO…SECONDO L’USANZA (41) Giuseppe e Maria erano assidui nei loro pellegrinaggi al tempio.

I versetti 41-45 introducono le circostanze di tempo e di luogo in cui avvenne lo smarrimento di Cristo e

tutto corrisponde alle usanze del tempo: i ragazzi venivano accompagnati dai genitori, i pellegrini si

fermavano a Gerusalemme almeno tre giorni e viaggiavano in gruppi numerosi anche di interi villaggi;

poteva così accadere che i genitori viaggiassero per lunghe ore senza vedere i loro figli restando tranquilli,

perché essi si trovavano tra conoscenti.

DOPO TRE GIORNI (46) Inizia la parte centrale del racconto. E’ possibile che i tre giorni siano un riferimento ai tre giorni di Gesù nella tomba. Per alcuni il periodo di tre giorni esprimerebbe invece il principio rabbinico, secondo

cui Dio non permette che i suoi fedeli debbano aspettare il suo aiuto per più di tre giorni, cioè per un tempo

brevissimo.

IN MEZZO AI DOTTORI (46) Gesù che si trova “nel tempio”, ossia nell’ atrio del cortile esterno, interroga, ascolta e stupisce gli

specialisti. Luca sottolinea che Egli non è solo il salvatore, ma anche il rivelatore, il vero unico maestro per

Israele, colui che parla con un’autorità che stupisce.

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RESTARONO STUPITI (48) Lo stupore di Maria e Giuseppe è uno stupore gioioso. Che sia la madre ad intervenire, che i

genitori pensino che il figlio debba seguire le loro direttive, che ci sia una nota di dolore e di rimprovero è

psicologicamente comprensibile. Maria, in questa circostanza esperimenta la prima realizzazione della profezia di Simeone.

PERCHE’ MI CERCAVATE (49) La risposta di Gesù costituisce il punto culminante del racconto. Sono le uniche parola di Gesù

durante l’infanzia che Luca ci riferisce e le prime di tutto il Vangelo.

NON SAPEVATE (49) Da quanto detto nell’annunciazione, dai pastori, dalla Scrittura era possibile comprendere che la vita

di Gesù sarebbe stata tutta protesa verso il Padre.

LE COSE DEL PADRE MIO (49) Queste parole di Gesù hanno avuto varie interpretazioni. Alcuni traducono: il greco “ en tois tou

Patros” con “le cose del Padre” altri con “la casa del Padre”. La casa del Padre allora sarebbe il tempio,

oppure indicherebbe il ritorno al Padre. Comunque è chiaro che Gesù asserisce che adempirà la sua

missione indipendentemente dai suoi e in sola dipendenza dal Padre (“la tua volontà faccio sempre”, dirà

in seguito). Questa volontà Gesù “deve” compiere: la sua è un’obbedienza filiale con pieno abbandono. Il

Padre poi è Dio e non Giuseppe, come Maria aveva indicato, inoltre è il “Padre mio”, che è anche “Padre

vostro”, ma in modo diverso. Gesù dichiara la sua identità divina, già proclamata dall’Angelo: “Figlio

dell’Altissimo”. E ormai rivela la sua missione che è quella di essere l’inviato del Padre.

ESSI NON COMPRESERO (50) Maria e Giuseppe non comprendono appieno quel loro figlio e sono afflitti da uno dei più grandi

dolori che possano colpire i genitori, la non comprensione dei figli. Essi vivono a contatto con Gesù eppure

se lo sentono sfuggire. Gesù è troppo superiore a tutti, (pastori, dottori, genitori) perché possa esser

compreso appieno. La sua figliolanza divina è un segreto impenetrabile per tutti, compresa la madre.

STAVA LORO SOTTOMESSO (50) Anche questa sottomissione fa parte della “volontà del Padre”. In questa volontà sta anche la vita

nascosta in un oscuro villaggio fino al momento della missione, il fatto che Gesù debba essere educato da

Maria e Giuseppe e la sottomissione a loro. L’ora in cui la “volontà” del Padre lo strapperà da Maria non è ancora giunta.

Vita nascosta a Nazaret (51-52) SUA MADRE SERBAVA (51) Maria conserva il ricordo di questi avvenimenti, che rivelano a lei progressivamente i piani di Dio.

Anche per lei, come per noi, la fede procura l’accesso a Cristo e al Padre. Maria è anche la fonte da cui

Luca apprende le notizie sull’infanzia di Gesù ed è figura della Chiesa che medita.

GESU’ CRESCEVA (52) La crescita di Gesù è presentata, ripetendo in sostanza le parole del v. 40, e rifacendosi alla figura

di Samuele, il quale “cresceva in statura e in bontà presso il Signore e presso gli uomini” (1 Sam 2, 26).

Gesù cresce come ogni altro ragazzo in età e fisicamente, in grazia, nella compiacenza di Dio e nel favore

degli uomini, in sapienza psicologicamente e nella conoscenza di Dio. Gesù cresceva cioè fisicamente,

intellettualmente, emotivamente, spiritualmente.

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Capitolo 3

Predicazione di Giovanni Battista 1 Nell`anno decimoquinto dell`impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era

governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell`Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell`Abilène, 2 sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3 Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4 com`è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! 5 Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. 6 Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! 7 Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: "Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all`ira imminente? 8 Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. 9 Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco". 10 Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?". 11 Rispondeva: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto". 12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: "Maestro, che dobbiamo fare?". 13 Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". 14 Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi che dobbiamo fare?". Rispose: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe". 15 Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, 16 Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17 Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile". 18 Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella. 19 Ma il tetrarca Erode, biasimato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le scelleratezze che aveva commesso, 20 aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione.

Battesimo di Gesù

21 Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22 e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

Genealogia di Gesù

23 Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent`anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli, 24 figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Innài, figlio di Giuseppe, 25 figlio di Mattatìa, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai, 26 figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein, figlio di Iosek, figlio di Ioda, 27 figlio di Ioanan, figlio di Resa, figlio di Zorobabele, figlio di Salatiel, figlio di Neri, 28 figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmadam, figlio di Er, 29 figlio di Gesù, figlio di Eliezer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi, 30 figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionam, figlio di Eliacim, 31 figlio di Melea, figlio di Menna, figlio di Mattata, figlio di Natam, figlio di Davide, 32 figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naasson, 33 figlio di Aminadab, figlio di Admin, figlio di Arni, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda, 34 figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo, figlio di Tare, figlio di Nacor, 35 figlio di Seruk, figlio di Ragau, figlio di Falek, figlio di Eber, figlio di Sala, 36 figlio di Cainam, figlio di Arfacsad, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamech, 37 figlio di Matusalemme, figlio di Enoch, figlio di Iaret, figlio di Mallea, figlio di Cainam, 38 figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.

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Missione del Battista (1-20) (Mt 3, 1-12: Mc 1, 1-8)

Quando scrive Luca, negli anni 80, l’inizio del racconto del Vangelo è fisso e tradizionale. Le

prediche dei missionari cristiani cominciano col ricordo dell’attività del Battista. Così inizia anche Luca,

ma i primi racconti li fa precedere da un’inquadratura storica. Egli presenta il potere imperiale, quello

regionale della Palestina e quello religioso e fa risaltare che “la parola” che “scese su Giovanni” suscita la

svolta nella storia.

NELL’ANNO DECIMOQUARTO (1) Luca pone all’inizio la suprema potestà profana mondiale.

Era allora imperatore di Roma Tiberio, figlio di Livia, che dopo il divorzio dal padre di Tiberio, aveva

sposato Cesare Augusto, che aveva adottato il giovane come figlio. Tiberio divenne imperatore alla morte

di Augusto e lo fu dal 14 al 37 d. C. Luca dice che “la parola scese su Giovanni” il 14° anno dell’impero di

Tiberio, data che secondo alcuni calcoli cadrebbe tra il 27 e il 28 e secondo altri tra il 28 e il 29 dopo Cristo.

Il mondo di allora era centralizzato sotto il dominio di Roma ed era in pace. Dice Peguy che “i passi di

Cesare avevano camminato per lui” (per Gesù). Questo mondo unificato attende e riceve la liberazione.

PILATO GOVERNATORE (1) Segue il ricordo del potere locale.

Pilato fu procuratore della Giudea dal 27 al 35 d. C. Giuseppe Flavio e Filone lo presentano come uomo

duro, ostinato, violento e rapace; le ultime notizie di lui dicono che, dopo aver aggredito una processione

nel Garizin e aver ucciso alcune persone, in seguito alla denunzia dei Giudei, Vitellio lo fece convocare a

Roma.

Per comprendere la suddivisione della Palestina,qui è accennata, è necessario ricordare che dopo la

morte dell’idumeo Erode il Grande, che, fedele a Roma, aveva regnato su tutta la Palestina dal 37 a.C al 4 a.

C., Augusto divise la regione in quattro parti (tetrarchia), con quattro tetrarchi. La suddivisione era la

seguente 1 ° Giudea ad Archelao e in seguito ai procuratori romani, 2° Galilea e Perea ad Erode Antipa, 3°

Traconitide e Iturea a Filippo, 4 ° Abilene a Lisania.

SOMMI SACERDOTI (2) E infine un accenno al potere religioso.

Vengono presentati due sommi sacerdoti. Il primo è Annas (abbreviazione di ananos, forma greca

dell’ebraico Hananiah). Fu nominato sommo sacerdote dal procuratore Quirino nel 6 d. C., e deposto da

Valerio Grato nel 15. Ebbe enorme influenza; cinque dei suoi figli e il genero Caifa ottennero il sommo

sacerdozio negli anni seguenti. Il titolo qui gli è attribuito perché era stato sommo sacerdote. Alcuni pensano

che fosse lui il vero capo del partito sacerdotale. L’altro sommo sacerdote presentato é Kaiafas (nome dal

significato sconosciuto), soprannome di Giuseppe genero di Annas; \ fu sommo sacerdote dal 18 al 36 d.

C, quando fu deposto da Vitellio.

LA PAROLA DI DIO (2) Dopo l’inquadratura storico politica, cosa che troviamo anche nelle storie dei profeti, ecco scendere

la parola di Dio che aveva suscitato tanti profeti e si fa udire a Giovanni, ritirato nel deserto, luogo della

solitudine e dell’incontro con Dio. La parola invia questo carismatico a preparare la venuta del Signore.

EGLI PERCORSE (3) Giovanni subito si mette in movimento e diventa un predicatore itinerante che invita alla conversione e agli obblighi conseguenti. Suo campo di azione è la zona del fiume Giordano nei pressi di

Gerico, dove Giosuè (simbolo di Gesù) aveva condotto il popolo alla terra promessa.

BATTESIMO DI CONVERSIONE (3) Giovanni non annunzia un codice religioso e non parla della legge di Mosè, ma annunzia e propone

un battesimo di penitenza, cioè di perdono, di ritorno a Dio, perché tutti hanno peccato e sono soggetti al

giudizio.

NEL LIBRO DEL PROFETA (4) Il compito di Giovanni è definito dal testo di Isaia 40, 3-4. E’ un profeta che si fa voce per invitare

a spianare i monti e colmare le valli, per il passaggio del Signore, come si usava fare per il passaggio del re

vincitore. Ciò significa impegno per il rinnovamento delle coscienze e della mentalità.

OGNI UOMO VEDRA’ LA SALVEZZA (4) La salvezza non è solo per un popolo ma per tutti.

ALLA FOLLA (7) Della predicazione di Giovanni Luca ci offre due saggi:, uno lo troviamo nei ersetti 7-9, dove il

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Battista chiede di dimostrare con i fatti il pentimento, l’altro nei versetti 10-14 quando risponde alla folla

che gli domanda cosa deve fare.

RAZZA DI VIPERE (7) Il primo saggio è rivolto alla folla. E’ chiaro anche se non è detto espressamente (come invece dice

Matteo 3, 7) che erano presenti nella folla persone prevenute. Il linguaggio è in parte apocalittico e in parte

profetico. L’immagine della vipera indica l’orgoglio personale e di gruppo, che non lascia spazio neppure a

Dio e l’atteggiamento interiore sgusciante che sfugge ad ogni presa.

NON COMINCIATE A DIRE (8) Giovanni dice di non sfuggire alla necessità di conversione, (Fate opere degne della conversione)

rifugiandosi in sicurezze popolari o nazionalistiche di salvezza, come quelle di chi si illudeva di avere

assicurata la salvezza (“Un circonciso non precipita nell’inferno”) o di chi si rifugiava in momenti

puramente rituali.

FIGLI DI ABRAMO (9) Questi pensieri e comportamenti sono illusioni. Dio resta fedele alla promessa, sta però per sorgere

una nuova discendenza di Abramo, che non si basa sull’appartenenza di sangue, ma viene suscitata e

creata da Dio, che può far sorgere figli di Abramo anche dalle pietre del deserto.

LE FOLLE INTERROGAVANO (10) Il secondo saggio (10-14) riguarda categorie particolari di uditori. Vari gruppi di persone

interrogano Giovanni su cosa fare ed egli risponde non chiedendo cose peregrine, ma chiede di avere comportamenti buoni e onesti; e dice che in ogni condizione di vita si può accogliere il regno se il

comportamento è secondo la volontà di Dio.

La prima raccomandazione è rivolta alla folla, vista in Luca con simpatia, che di per sé vuole il bene e la giustizia e chiede cosa deve fare. Giovanni risponde invitando alla misericordia e alle opere

buone. PUBBLICANI (12) Il secondo gruppo è costituito dai pubblicani, che erano esattori delle imposte. Giovanni non

chiede loro di lasciare il mestiere, ma di esercitare il mestiere con giustizia e proibisce di arricchirsi in maniera illecita,

ALCUNI SOLDATI (14) Alla terza categoria, i soldati che rivolgono la stessa domanda, Giovanni chiede di non fare

violenza, di non taglieggiare la popolazione inerme e di accontentarsi della paga.

IL POPOLO….SE NON FOSSE IL CRISTO (15) Dopo il secondo saggio di predicazione del Battista, che termina al v. 14, Giovanni chiarisce la sua

posizione nei confronti di Gesù e le differenze tra il suo battesimo e quello del Cristo. Gli propone il tema

lo stesso popolo ha il dubbio che lui sia lui il Messia,

PIU’ FORTE (16) Il Battista dichiara che Gesù è più forte, più “potente”. (la potenza è un attributo divino; vedi il

salmo 24: “E’ il Signore, forte e potente in battaglia”).

BATTEZZO CON ACQUA…IN SPIRITO SANTO E FUOCO (16) Quanto al Battesimo, Giovanni asserisce che il suo è “con acqua”, è un rito di immersione che può

ispirarsi alle abluzioni del giudaismo ufficiale o bagno dei proseliti, o a quello dei circoli di Qumran ed è

solo prefigurazione di quello di Cristo.

Il battesimo di Gesù è “in Spirito Santo e fuoco”. Lo “Spirito Santo” dona la salvezza definitiva,

il “fuoco” è segno del giudizio e quindi della condanna senza riscatto per i malvagi.

IN MANO IL VENTILABRO (17) Riportando il discorso su Gesù, Giovanni accenna alla sua azione giudicatrice con l’immagine del

contadino che, al momento del raccolto, batte sull’aia le spighe per separare la paglia dal grano.

FRUMENTO…PULA (17) Proseguendo nella stessa immagine indica la sorte del grano-giusti e della pula-malvagi. Il granaio

è la gioia eterna, il fuoco la condanna eterna.

BUONA NOVELLA (18) Luca conclude il racconto su Giovanni presentandolo come un evangelizzatore, un predicatore

cristiano.

IL TETRARCA ERODE (19) Giovanni non tace nemmeno davanti ai potenti signori del paese e biasima il comportamento di

Erode Antipa, che viola le leggi matrimoniali e compie azioni criminose. Nel confronto con questo re

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incestuoso e tiranno, Giovanni appare ardente e coraggioso nel suo zelo, forte e incisivo nella sua

predicazione e minaccioso contro i pubblici peccatori.

FECE RACCHIUDERE GIOVANNI (20) Luca parla dell’imprigionamento di Giovanni e in seguito fa un cenno della sua decapitazione (9,

9). La fine di Giovanni è vista in parallelo a quella di Gesù che pure è imprigionato e ucciso. I due grandi

personaggi finiscono con uno smacco apparente.

Battesimo di Gesù (21-22) (Mc 1, 9-11; Mt 3. 13-17; Gv 1, 29, 34)

Il battesimo viene solo accennato; resta sullo sfondo. Il racconto è dominato dalla proclamazione divina e dalla glorificazione di Gesù

RICEVUTO ANCHE LUI IL BATTESIMO (21) Del battesimo Luca dice solo: “ricevuto anche lui il battesimo”, tralascia la discussione di Matteo

tra Giovanni e Gesù e prepara subito il terreno alla proclamazione che segue .

IL CIELO SI APRI’ (22) Il cielo si apre su Gesù. Si attendeva che il cielo si aprisse nel tempo escatologico (Oh, se tu

squarciassi i cieli e discendessi, al tuo apparire si liquefarebbero i monti: Isaia 64, 1). Gesù è il Messia, è il

luogo della stessa manifestazione di Dio sulla terra.

LO SPIRITO SANTO (22) Venne lo Spirito Santo e Luca insiste sulla materialità dell’evento: “in apparenza corporea, come

di colomba”, mentre l’espressione di Marco 1, 10: “come una colomba” , poteva far pensare anche solo ad un

immagine. La colomba ha una grande importanza nel pensiero religioso. Genesi dice che lo Spirito di Dio

“aleggiava sulle acque” (Gn 1, 2) e questa rappresentazione richiamava l’immagine della colomba sulla sua

nidiata; quando si cercava una raffigurazione sensibile dell’anima si ricorreva all’immagine della colomba;

la colomba era anche ritenuta simbolo della sapienza. In quanto generato dal Padre, Gesù possiede da

sempre lo Spirito, lo riceve ora e lo riceverà dal Padre quando sarà elevato alla sua destra (Atti 2, 33);

questi momenti manifestano in modo sempre nuovo il possesso dello Spirito.

TU SEI IL MIO FIGLIO (22) La voce dal cielo unisce due vaticini dell’Antico Testamento che riguardano il Messia e il Servo di

Javhè: “tu sei il mio Figlio, io oggi ti ho generato’ (Sl 2, 7) e “ il mio eletto in cui mi compiaccio” (Is 42, 1).

Le due profezie di per sé non parlano di figliolanza divina per natura, ma tutto il contesto di Luca (da 1, 34 a

4, 9) porta a considerare l’espressione del Vangelo come proclamazione solenne di Gesù Figlio di Dio.

Geneologia di Gesù (23-38)

(Mt 1, 1-17)

La genealogia è un genere letterario della Bibbia. E’ un documento che motiva l’appartenenza dei vari gruppi ad un capostipite, ma supera il valore di documento; non è un registro delle nascite, contiene

anelli di paternità o filiazioni solo legali e ne omette altri che invece erano reali. La cronologia dice che la benedizione è riservata anche ai discendenti, ognuno dei quali ha una missione ed è erede della promessa.

Nei Vangeli troviamo due genealogie di Gesù, quella di Luca e quella di Matteo (1, 1-17). Matteo con essa intende rispondere alla domanda: “ Chi è Gesù?” e asserisce tra l’altro che è il Messia promesso (discende

da Davide), che realizza le promesse della benedizione assicurate ad Abramo (discendenza da Abramo), e

che le assicura all’umanità intera (presenza di donne straniere).

Le due genealogie di Gesù obbediscono a interessi teologici degli evangelisti, e non sono certo

complete.

AVEVA CIRCA 30 ANNI (23) Luca inizia la cronologia di Gesù con una nota: “quando incominciò il suo ministero aveva circa 30

anni”. Trent’anni erano richiesti per assumere un ufficio di servizio al tabernacolo (Num 4, 3).

Ovviamente solo la maturità dell’età virile poteva conferire a Gesù autorità per un insegnamento pubblico,

ed egli si sottomette alla legge normale del suo popolo.

ED ERA FIGLIO (23) La genealogia di Luca differisce in parecchi particolari da quella di Matteo. E’ collocata dopo che

è stata menzionata la filiazione divina di Gesù (Tu sei il mio Figlio prediletto: 3, 22); fa parte delle

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“preparazioni” premesse al racconto del suo ministero pubblico; il messaggero del Vangelo è presentato

come il Messia della discendenza di Davide, di Abramo, di Adamo.

DI GIUSEPPE (23) Riguarda gli ascendenti non di Maria, ma di Giuseppe e definisce l’appartenenza, la discendenza di

Gesù dalla stirpe di Davide, mediante Giuseppe. (cf 1, 27; 2, 4).

FIGLIO DI ADAMO (38) L’albero genealogico di Luca non risale solo ad Abramo, ma a Adamo e a Dio, perché in Gesù

vengono adempiute tutte le promesse fatte a Davide e ad Abramo, ed è il re messianico di tutta l’umanità,

il cui regno non ha fine. FIGLIO DI DIO (38) Qualcuno ha suddiviso tutti i nomi in 11 gruppi di sette con a capo Dio, Enoch, Sala, Abramo,

Admin, David, Giuseppe, Gesù, Salatiel, Mattatia, Giuseppe. Gesù apre una nuova serie, la dodicesima. Questa suddivisione acquista un significato alla luce della concezione diffusasi nel mondo giudaico negli

ultimi secoli prima di Cristo, che vedeva il corso della storia suddiviso in 12 periodi e dello schema delle

12 settimane dell’Apocalisse, per cui il tempo escatologico comincia con la dodicesima settimana. In questo

contesto la cronologia di Luca, che mette Gesù a capo dell’ultima serie di nomi non menzionati, asserisce

che Egli è l’iniziatore e il capo del tempo nuovo, e della nuova umanità. Questo modo di scrivere a noi

sembra un gioco, ma esprime profonde verità.

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Capitolo 4

Tentazioni di Gesù 1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel

deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3 Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane". 4 Gesù gli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l`uomo". 5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6 "Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo". 8 Gesù gli rispose: "Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai". 9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; 11 e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra". 12 Gesù gli rispose: "E` stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo". 13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

Gesù a Nazaret 14 Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in

tutta la regione. 15 Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. 16 Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: 18 Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l`unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, 19 e predicare un anno di grazia del Signore. 20 Poi arrotolò il volume, lo consegnò all`inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. 21 Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi". 22 Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?". 23 Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!". 24 Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria. 25 Vi dico anche: c`erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27 C`erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro". 28 All`udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29 si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Liberazione di un indemoniato

31 Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. 32 Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. 33 Nella sinagoga c`era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: 34 "Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!". 35 Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. 36 Tutti furono presi da paura e si dicevano l`un l`altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?". 37 E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

La suocera di Pietro

38 Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. 39 Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all`istante, la donna cominciò a servirli. 40 Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. 41 Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo. 42 Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. 43 Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il

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regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". 44 E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

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Tentazioni (1-13) (Mc 1, 12-13 Mt 4, 1-11)

La tentazione di Gesù è situata dai tre Sinottici dopo il battesimo, nel deserto e in rapporto al

dono dello Spirito, ricevuto da Gesù prima del Battesimo. Ma nel narrarla ci sono anche differenze. Marco

la ricorda in due versetti (1, 11-12). Matteo parla solo di tentazioni nel deserto (4, 1-11), è orientato verso il passato e intende mostrare che i fatti dell’Esodo si ripetono nella vita di Gesù.

Luca sottolinea il rapporto tra le tentazioni e il battesimo, ed è orientato verso il futuro, verso i fatti pasquali; inoltre inverte l’ordine della seconda e della terza tentazione, rispetto al primo evangelista.

Nelle tre tentazioni troviamo già le lotte e le scelte che Gesù poi ha dovuto affrontare durante la sua vita, con la gente (14, 15), con gli amici (10, 20), con i compaesani (4, 23) con i dirigenti (17, 20) e vediamo

Gesù, “nuovo Israele” che trionfa, mentre il “vecchio Israele” era stato sconfitto, nel deserto. Nel

racconto sono in risalto due modi di leggere la Scrittura: secondo il proprio comodo (satana) e secondo la

volontà di Dio (Gesù).

PIENO DI SPIRITO SANTO (1) Una delle caratteristiche di Luca è lo spazio che dà allo Spirito Santo. In Luca lo Spirito è sempre presente: all’Annunciazione (1,35) al Battesimo (3, 22), alle tentazioni, all’inizio della missione (4,14-18)

fino alla Pentecoste (Atti 2, 4) e alla vita della Chiesa (At 18-19;19, 2-6).

DESERTO (1) Il deserto nella Scrittura è il luogo della presenza dello Spirito, ma anche della tentazione. Israele

fu tentato nel deserto.

QUARANTA GIORNI (2) Quaranta sono gli anni (un’intera generazione) che il popolo vive nel deserto, quaranta i giorni in cui

Mosè rimase sul Sinai (Es 24, 18), quaranta i giorni del viaggio di Elia verso la montagna (1 Re 24, 18), e

quaranta i giorni dalla Pasqua all’Ascensione.

FU TENTATO (2) Il termine “periazo”, tentare, mettere alla prova, ricorre altrove sia in Matteo che in Luca. In

particolare il sostantivo “peirasmos” lo troviamo nel Padre nostro (Lc 11, 4; Mt 26, 21), nell’ammonizione

di Gesù ai tre discepoli nel Getsemani (Lc 22, 46), e nell’ultima cena: “Voi siete quelli che avete

perseverato con me nelle tentazioni” e in questo detto tutto il ministero pubblico di Gesù è considerato

come un lungo periodo di tentazione.

SE TU SEI FIGLIO DI DIO (3) Battesimo e tentazione formano nell’intenzione di Luca un dittico che illustra lo stesso tema: Gesù si

rivela Figlio di Dio. Colui che è dichiarato “Figlio di Dio” nel Battesimo, nella tentazione è messo alla

prova nella sua qualità di Figlio di Dio. Nel dichiararlo “Figlio di Dio” Satana non vuole indicare la sua natura divina, ma il suo particolare rapporto con Dio e vuol dire che per l’aiuto che Dio gli comunica può

trasformare le pietre in pane.

QUESTA PIETRA DIVENTI PANE (3) (1° tentazione)

La prima tentazione che prende lo spunto dalla fame non va banalizzata; il tentatore suggerisce a

Gesù di. servirsi della sua qualità di figlio unico per la propria personale necessità. Per Satana la

figliolanza consente a Gesù di agire autonomamente, ma Gesù intende agire in totale obbedienza al Padre.

Satana vuol turbare i rapporti tra Gesù e Dio.

STA SCRITTO (4) Gesù risponde citando Deut 8, 3. Questo citare la Scrittura dice in primo luogo che per il pio

Israelita la norma alla quale attenersi in ogni circostanza è la parola di Dio. Il testo è riportato in forma abbreviata, ma in Deuteronomio suona così: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce

dalla bocca di Dio”. Gesù asserisce che la vera vita dell’uomo dipende primariamente dall’obbedienza a

Dio e alla sua Parola. IL DIAVOLO LO CONDUSSE IN ALTO (9) (2° tentazione)

Luca non precisa come Matteo: “su un alto monte”, ma dice “in alto” e “in un istante” ,

sottolineando così il carattere visionario della tentazione.

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TI DARO’ TUTTO (4) La seconda tentazione si basa sul dominio politico secondo il sogno di alcuni giudei e degli stessi apostoli

che vorrebbero vedere ricostruito da Gesù il Regno di Israele (At 1, 6). Satana scimmiotta Dio che dà ogni

potere a Gesù: “ Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (Sal 2-8). Che

Satana abbia un certo dominio sul potere politico, la Scrittura lo dice anche altrove: per Giovanni è il

“principe di questo mondo” (12, 31), in Ap 13, 1-8 il dragone dà la potenza alla bestia (Impero Romano),

inducendo gli uomini ad adorarlo, (vedi stretta analogia con la tentazione di Gesù), e Luca, allergico al

potere mondano, esclude dalla genealogia di Gesù tutti i re d’Israele e qui dice che Satana può disporre dei

poteri politici che reggono il mondo. La tentazione punta a far disobbedire al Padre, a spezzare la relazione

di figliolanza divina e a sostituirla con l’adorazione di satana.

E’ STATA DATA A ME (4) Il significato è: “mi appartiene”. Colui che cerca il potere per essere servito e non per servire crede

che il mondo “gli appartenga”, come appartiene a satana, ma diventa adoratore e schiavo di satana.

STA SCRITTO (8) La risposta di Gesù s’ispira a Dt 6, 13, dove il “tu” è il popolo di cui Gesù fa parte. Nella risposta

Gesù sottolinea l’unicità e la centralità di Dio, che non ammette frammissioni e contaminazioni. LO CONDUSSE A GERUSALEMME (9) (3° tentazione)

Il luogo della terza tentazione è il tempio di Gerusalemme, lo spazio dove si riunisce il popolo. Una

prova spettacolare in quel luogo potrebbe attirare a Gesù le folle. Questa tentazione si ripeterà anche in

seguito (11, 16).

STA SCRITTO (10) Satana cambia tattica e cita anche lui un brano della Scrittura, che afferma una grande fiducia in

Dio, ma interpretandola a suo modo. Satana vuole indurre Gesù a mettere alla prova Dio, pretendere da

lui un segno miracoloso e strumentalizzare il suo intervento ad un fine puramente terreno.

GESU’ RISPOSE (12) Gesù replica citando Dt 6, 16 ed esprime la sua ferma volontà di obbedire al comando del Padre.

Gesù non farà come gli Ebrei nel deserto che esigevano prove da Dio.

DOPO AVER ESAURITO (12) Gesù reagisce fortemente alle tentazioni che si possono alla fine riassumere in una sola, la

tentazione di distogliere Gesù dalla scelta di fondo che caratterizza tutta la sua vita, di salvare l’umanità,

seguendo la via della croce. AL TEMPO FISSATO (13) Il tempo fissato, sarà appunto il momento della croce, quando satana sferrerà l’ultimo decisivo

attacco. E perderà definitivamente.

Gesù a Nazaret (14-30) (Mc 6, 1-6 – Mt 13, 53-58)

Dopo il battesimo (3, 21-22), la genealogia (23-38) e la tentazione (4, 1-12) troviamo nel Vangelo di

Luca una sezione che da 4, 14 va fino a 8, 3. Gesù Messia-Salvatore annunzia il Vangelo in Galilea,

iniziando da Nazaret.

GESU’ RITORNO’ IN GALILEA (4, 14) Luca pone l’inizio della predicazione di Gesù a Nazaret, mentre Matteo la pone a Cafarnao.

L’andata a Nazaret da Marco è posta nel 6° capitolo, mentre in Luca è all’inizio dell’attività di Gesù. Il

terzo evangelista riunisce in uno solo due episodi, accaduti in tempi diversi, schematizza i rapporti di Gesù

col popolo e prolunga il dialogo fino al tentativo di ucciderlo. La scelta di Luca è fatta per offrirci un

esempio completo di predicazione di Gesù, i cui temi di fondo sono ottimamente sintetizzati nella

profezia di Isaia 61, 1-2. Un’altra scelta dell’evangelista è costituita dal fatto che Gesù all’inizio non fa cenno al Regno, che

invece secondo Marco (1, 14-15) è l’annunzio che inaugura il suo ministero (“Il tempo è compiuto. Il Regno

di Dio è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo”). Questa scelta non ha trovato ancora tra gli studiosi una

spiegazione omogenea. Forse quella più logica è che Luca ha spostato l’accento dal Regno a Gesù e allo Spirito.

CON LA POTENZA DELLO SPIRITO (14) Gesù riceve lo Spirito nel Battesimo al Giordano (3, 22). L’azione dello Spirito è ribadita all’inizio

del racconto della tentazione (4, 1). E’ lo Spirito che guida Gesù nella sua azione ed è “sopra”

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di Lui, secondo l’asserzione di Isaia (4, 18).

INSEGNAVA NELLE SINAGOGHE (14) A differenza di Giovanni che predica nel deserto, Gesù va dove il popolo si raduna, ascolta e medita

la parola. Ciò dimostra la continuità del piano di Dio, con l’Antica alleanza.

SI ALZO’ A LEGGERE (16) Dopo le significative annotazioni: “di sabato” e “secondo il solito”. Luca presenta Gesù che legge e

spiega le scritture. Nelle sinagoghe si era soliti leggere di sabato un brano storico ed uno profetico e un

fedele poteva commentare la Scrittura. In questa circostanza tutti sono d'accordo che Gesù commenti i brani

biblici, data la fama che già lo circondava.

LO SPIRITO DEL SIGNORE (18) Il testo che Gesù legge è tratto da Isaia 61, in cui un personaggio dichiara di aver ricevuto un

messaggio di consolazione da trasmettere ad un popolo di derelitti e sbandati, esiliati in Babilonia. Tale

annunzio, data la situazione, non può venire da un uomo, ma proviene da un’investitura messianica del

profeta (“unzione) e si fonda sulla missione di Dio. Destinatari del messaggio sono i “miseri”, gli uomini

dal “cuore spezzato”, cioè “i prigionieri”, gli schiavi”. Per loro si apre una prospettiva di liberazione, un

“condono dei debiti”, come avveniva nel grande giubileo, nell’ ”anno di grazia” del Signore (Lev 25: il

testo è un po’ ritoccato da Luca). Questa profezia, anche se legata ad una situazione storica, va ben al di là di essa, e fa pensare ad ogni condizione di sofferenza, oppressione e povertà. in cui può trovarsi la vita

umana.

POI ARROTOLO’ IL VOLUME (20) Gesù arrotola il volume e si mette a sedere come facevano i maestri. “Gli occhi fissi “ descrivono la

situazione liturgico rituale entro cui Gesù sta per pronunziare il suo discorso. I presenti attendono che Gesù

spieghi dove e quando si avvera la profezia.

OGGI SI E’ COMPIUTA (21) Gesù asserisce che le parole del profeta giungono al compimento “oggi”. “Oggi” è

cronologicamente il momento in cui parla Gesù, ma evoca il momento decisivo e presente della salvezza.

“Oggi” tutto quanto detto da Isaia non è più attesa; si attua “oggi” l’unzione, la missione messianica,

profetica e sacerdotale conferita all’Unto, l’annunzio della salvezza ai poveri, il condono generale ai

prigionieri. Tutto ciò è realtà in Gesù. Forse nell’economia del Vangelo di Luca questo discorso di Gesù svolge il compito che in Matteo ha

il discorso della montagna: è la magna carta, il programma essenziale del suo ministero.

TUTTI GLI RENDEVANO (22) Questo versetto ricorda prima la favorevole reazione che le parole di Gesù trovano presso gli uditori

(“gli rendevano testimonianza”), poi lo stupore (“erano meravigliati”) e infine l’ironia che degenererà in

un tentativo di linciaggio.(“non è il figlio di Giuseppe”).

FIGLIO DI GIUSEPPE (22) Una prima riserva dei compaesani nei confronti di Gesù sta nella sua famiglia. Per loro è chiaro

che il “figlio di Giuseppe” non può essere il Messia.

MEDICO CURA TE STESSO (23) Un’altra riserva proviene dal fatto che Gesù non fa miracoli nella sua patria. Il proverbio riferito

da Gesù ha il seguente significato: se ti dichiari Messia, fai in patria quanto hai fatto altrove. In questa

pretesa si rivela la mancanza di fede, che esige la moltiplicazione dei miracoli.

NESSUN PROFETA (24) Anche la constatazione di Gesù, fondata sull’esperienza, coglie un altro motivo di riserva e un

pretesto di rifiuto nei suoi riguardi. Come i profeti erano rifiutati perché visti solo come membri del popolo,

così è rifiutato anche Gesù.

AL TEMPO DI ELIA (25) Vengono citati due miracoli che Elia ed Eliseo hanno fatto fuori di Israele: quello di Elia in favore

della vedova di Zarepta (1 Re 17, 7-24) e quello di Eliseo nei confronti d Naaman (2 Re 5). L’accentuazione

sull’opera miracolosa dei due profeti solo fuori di Israele, mentre i due episodi citati furono fatti

eccezionali, è voluta per presentare Gesù come Messia universale. Gesù appare così subito come colui che

non mette in primo piano la patria, ma l’umanità intera e come colui che si presenta come uno che sceglie

”quelli di fuori”, va a portare la salvezza “ai lontani”, come lontani erano i beneficiati di Elia ed Eliseo e

che, secondo lo stile di Dio, rifugge dalle limitazioni di clan religioso.

PIENI DI SDEGNO (28) Gesù con le sue asserzioni scardina i principi religiosi accolti dagli uditori e la reazione non si

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fa attendere. Essa è simile a quella del popolo e delle autorità nel pretorio di Pilato e a quelle cui erano fatti

oggetto i missionari dei tempi in cui scrive Luca.

FIN SUL CIGLIO DEL MONTE (29) I Nazaretani tentano di uccidere Gesù e lo conducono fuori dal villaggio su un’altura. Il “ciglio” ricorda il “pinnacolo del tempio” dove il demonio propone a Gesù di “buttarsi giù” e quindi far fallire la

sua opera, e il Golgota, dove sarà innalzato in croce.

SE NE ANDO’ (30) Il tentativo di uccidere Gesù fallisce. Non era ancora giunta la sua ”ora”. Il passaggio di Gesù tra

la folla è molto di più che una nota di cronaca. E’ una profezia sulla vittoria che attende Gesù, la risurrezione.

Giornata tipo a Cafarnao (31-44) (Mc 1, 21-39)

Luca, seguendo Marco descrive una giornata a Cafarnao, che può esser presa come tipo di tante altre giornate di Gesù: insegnamento in sinagoga, guarigioni ed espulsioni di demoni, preghiera solitaria,

partenza per un’altra città. Gesù si manifesta Messia e opera con autorità.

DISCESE A CAFARNAO (31) Dopo che la sua città, Nazaret, dove è cresciuto, lo rifiuta, Gesù scende dall’altura dove è situata

Nazaret al “mare”, a Nord Est del Lago di Tiberiade, dove si trova Cafarnao. In questa città Gesù si

comporta come a Nazaret. Sarà a Cafarnao che poi Gesù radunerà i discepoli.

AMMAESTRAVA (31) Insegna di sabato nella Sinagoga durante l’ufficio divino e spiega la Scrittura, precisando che ora si

adempiono le promesse. Il suo insegnamento colpisce gli ascoltatori, perché è fatto con autorità, con la

forza dello Spirito.

UN UOMO CON UN DEMONIO (33) L’attività taumaturgica di Gesù comincia con un esorcismo, si delinea così la lotta aperta contro

Satana, sconfitto ma solo momentaneamente (4, 13) e sempre pronto a ripresentarsi sulla scena (cf 8, 26 ss.)

fino a che sferrerà l’ultimo attacco (22, 3-53), che lo vedrà vincitore per tre giorni, ma poi clamorosamente sconfitto. Oltre il primo esorcismo il brano ne annovera anche altri: (Da molti uscivano demoni: 41). I

demoni riconoscono che Gesù è il Messia e lo dicono apertamente (“So bene chi sei: il Santo di Dio” (34),

“gridando: Tu sei il Figlio di Dio” (41) e temono che intervenga a loro danno. Gesù li scaccia con

autorità e impone loro di tacere, perché non vuole che si divulghi subito la sua dignità messianica per non compromettere la missione prima ancora di averla avviata.

E TUTTI (36) L’atto di autorità di Gesù suscita stupore e timore. Viene ammirata la sua parola, che ha autorità divina. Quella parola trova eco ed esalta Gesù, la cui fama si sparge per ogni luogo nei paesi d’intorno. (in

tutta la regione).

ENTRO’ NELLA CASA DI SIMONE (38) La parola di Gesù opera nella sinagoga, ma anche nelle case degli uomini. Da Simone Gesù trova la

suocera malata. Si accosta a lei come un medico, rivolge il suo comando alla febbre, come aveva fatto col

demonio, e la malattia sparisce. Nulla può opporsi alla parola di Dio pronunziata da Gesù.

COMINCIO’ A SERVIRLI (39) La donna è del tutto guarita e subito (all’istante) si mette a servire Gesù e i suoi amici.

TUTTI QUELLI (40) La sera Gesù opera altri miracoli. Si prende cura di tutti, sugli infermi “colpiti da mali di ogni

genere” impone le mani, esprimendo la sua bontà, e comunica la forza che è in lui e che guarisce.

SUL FAR DEL GIORNO (42) Luca parla volentieri della preghiera solitaria di Gesù e anche qui ne fa un cenno discreto.

VOLEVANO TRATTENERLO (42) Nazaret lo voleva uccidere, Cafarnao lo vuole sequestrare. Ma Gesù non si fa trattenere da nulla.

Ora che “le folle” vogliono trattenerlo Gesù se ne va senza indugio. La sua missione lo porta altrove; lui

deve (dei = bisogna) evangelizzare (euangghelisthai) le altre città, per questo è stato mandato (apostello).

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Capitolo 5

Pesca miracolosa 1 Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret 2 e la folla gli

faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. 4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca". 5 Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". 6 E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell`altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. 8 Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". 9 Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; 10 così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d`ora in poi sarai pescatore di uomini". 11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Il lebbroso guarito

12 Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo: "Signore, se vuoi, puoi sanarmi". 13 Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii risanato!". E subito la lebbra scomparve da lui. 14 Gli ingiunse di non dirlo a nessuno: "Và, mostrati al sacerdote e fà l`offerta per la tua purificazione, come ha ordinato Mosè, perché serva di testimonianza per essi". 15 La sua fama si diffondeva ancor più; folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità. 16 Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.

Il paralitico guarito

17 Un giorno sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. 18 Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. 19 Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza. 20 Veduta la loro fede, disse: "Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi". 21 Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: "Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?". 22 Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: "Che cosa andate ragionando nei vostri cuori? 23 Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Alzati e cammina? 24 Ora, perché sappiate che il Figlio dell`uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua". 25 Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio. 26 Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: "Oggi abbiamo visto cose prodigiose".

Vocazione di Levi

27 Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi!". 28 Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. 29 Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C`era una folla di pubblicani e d`altra gente seduta con loro a tavola. 30 I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?". 31 Gesù rispose: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; 32 io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi".

Digiuno cristiano

33 Allora gli dissero: "I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!". 34 Gesù rispose: "Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? 35 Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno". 36 Diceva loro anche una parabola: "Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio. 37 E

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nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti. 38 Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi. 39 E nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!".

____________________________

Vocazione dei primi discepoli (1-11) (Mc 1, 16-20; Mt 4, 18-22)

Gesù traccia il suo programma a Nazaret, e i nazaretani lo respingono, poi guarisce i malati a

Cafarnao (4, 31-44) e quelli di Cafarnao vogliono tenerlo con loro, quasi sequestrarlo. Con questo nuovo

episodio (5, 1-11), sulla riva del lago, la missione di Gesù si va precisando ed egli dalla folla anonima fa emergere alcune persone e le associa al suo destino, cominciando da Pietro. Anche Marco (1, 16-20) e

Matteo (4, 18-22) riportano la chiamata dei primi discepoli, e i loro racconti concordano quasi alla lettera.

Luca invece procede in modo autonomo, come fa anche Giovanni (1, 35 ss), e unisce alla chiamata il

racconto della pesca miracolosa. Questo fatto non si trova negli altri Sinottici, ma è raccontato da Giovanni che lo situa dopo la risurrezione (Gv 21, 1-14). Il racconto di Luca contiene molti elementi di teofania reperibili anche nella scena della chiamata di Isaia. (Is 1,1ss).

STAVA PRESSO IL LAGO Poco prima (Lc 4, 18 ss) di questa scena, Gesù aveva proclamato di essere stato “consacrato” per

annunziare il lieto messaggio ai poveri. Presso il lago, che altrove è detto “mare”, Gesù prima di chiamare

gli apostoli, insegna alla folla, che è conquistata dal rabbì e desidera ascoltarlo. Si tratta di un ascolto non

curioso e profano, ma con chiaro significato religioso.

LA PAROLA (1) La “parola” è il termine chiave di tutta la pericope. E’ la parola che viene annunziata, è sulla parola

che Pietro getta la rete e ancora sulla parola di Gesù che con i compagni lascia tutto e segue Gesù.

SULLA BARCA, CHE ERA DI SIMONE (3) Gesù aveva insegnato nella sinagoga, ora insegna nel lago, sulla barca di Simone, che già aveva

accolto Gesù nella sua casa (4, 38).

PRENDI IL LARGO E CALATE LE RETI (4) Sembra sentire il comando fatto ad Abramo: “Esci dalla tua terra”. L’ordine di calare le reti è al

plurale, perché con Pietro si trovano anche Giovanni e Giacomo e, secondo Marco 1, 16, anche Andrea.

MAESTRO (4) Pietro usa la parola “maestro” (“epistata”), e non “rabbì”, per sottolineare la potenza di Gesù che

aveva già sperimentata a casa sua, nella guarigione della suocera (4, 38).

SULLA TUA PAROLA (4) Si fida di Gesù, come Abramo e conta sull’efficacia della sua parola. Anche altrove troviamo la

certezza che la parola di Gesù ha autorità: “Che parola è mai questa che comanda agli spiriti immondi …ed

essi se ne vanno” (4, 36) “La sua parola possedeva autorità” (4, 32).

UNA QUANTITA’ ENORME (6) Le reti che quasi si rompono, le barche che quasi affondano presentano bene l’incontro decisivo con Gesù. Il prodigio colpisce profondamente i pescatori: essi sono presi da profondo timore religioso e si

accorgono di trovarsi alla presenza del “Signore”. Lo stesso timore e dichiarazione di indegnità che fa Pietro

troviamo nel brano che racconta la vocazione di Isaia.

SIMON PIETRO (8) Simone, cui viene aggiunto il soprannome di “Pietro”, che riceverà da Gesù in 6, 14 quando gli

cambierà il nome, riconosce nel maestro, che ha dato l’ordine, il “Signore” e nel tempo stesso coglie la sua

indegnità: “sono un peccatore”. Il peccatore Pietro è uno dei peccatori che Gesù è venuto a salvare.

GRANDE STUPORE (9) Tutti sono restati sbalorditi per la pesca abbondante. E qui vengono nominati Giacomo e

Giovanni. NON TEMERE (9) Gesù dissipa ogni timore e promette a Simone una nuova occupazione: dovrà essere pescatore di uomini. La stessa cosa Gesù propone, anche se non è detto espressamente, a Giacomo e Giovanni.

LASCIARONO TUTTO E LO SEGUIRONO (11) I discepoli lasciano tutto e seguono Gesù. Confrontando questo episodio con Giovanni 1, 35-51 si

capisce che la risposta non è stata istantanea, ma meditata.

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Luca sottolinea il radicalismo della sequela. Su di essa l’evangelista calcherà la mano anche

altrove: il pubblicano Levi lascia tutto e va dietro il Maestro (5, 28); per seguire Cristo bisogna rinunziare a

tutti i beni (14, 33).

IL RACCONTO DI GIOVANNI (21, 1-14) Anche Giovanni racconta la pesca miracolosa, ma la situa dopo la resurrezione. Non sappiamo

quale dei due racconti è meglio collocato. I due racconti hanno punti in comune e sottolineature diverse.

In comune: l’inutilità del lavoro senza Gesù, le reti gettate al comando di Gesù, Simone come principale

attore. Le differenze: la collocazione in momenti diversi, in Luca associato alla chiamata, in Giovanni alla

risurrezione. In Giovanni appare la figura della Chiesa e Gesù che agisce per mezzo dei discepoli.

Guarigione del lebbroso (12-15) (Mc 1, 40-45: Mt 8, 1-4)

L’episodio qui raccontato è collocato anche da Marco dopo la giornata tipo di Cafarnao, Matteo

invece ne fa il primo di una serie di miracoli nei capitoli 8-9. Marco fa del miracolo un esempio tipico del

segreto messianico, Matteo una dimostrazione di Gesù taumaturgo, Luca insiste soprattutto sul fatto che il

miracolo ha valore di “segno”: è occasione del diffondersi della parola di Gesù, della sua fama di

maestro e taumaturgo.

UOMO COPERTO DI LEBBRA (12) Un lebbroso si presenta a Gesù in una delle città per le quali sta passando, non si lamenta del suo

stato, né delle leggi che gli proibiscono di entrare in città, ma va diritto verso il Maestro, la cui potenza è

per lui al di sopra della legge e della morte.

GLI SI GETTO’ AI PIEDI (12) Si getta ai piedi di Gesù riconoscendo la propria miseria e gli dichiara apertamente la sua piena

fiducia (se vuoi puoi sanarmi); lo chiama “Signore”, esprimendo la sua grande fede in lui.

GESU’ STESE LA MANO (13) Gesù viola la legge, toccando il lebbroso, ma non viene contaminato, anzi purifica quell’uomo dalla sua

impurità. Con un ordine lo guarisce e lo introduce nella comunione con se stesso, con gli uomini, con Dio

e con il culto.

GLI INGIUNSE (13) Col divieto di parlare Gesù intende non assecondare l’attesa di un messia popolare, vincitore; con il

comando di andare dai sacerdoti dice che intende ancora obbliganti le leggi mosaiche, pur dichiarandosi

con i fatti e con i detti, superiore alla legge.

LA SUA FAMA (15) Il racconto termina con due accenni, uno alle folle che desiderano ascoltare la parola di Gesù, l’altro alla sua preghiera solitaria.

Guarigione del paralitico (17-25) (Mc 1, 1-12; Mt 9, 1-8)

(1° Conflitto) Luca, seguendo Marco racconta cinque conflitti con gli scribi e i farisei (5, 17-6, 11). Sono le

cinque controversie della Galilea, che corrispondono più avanti alle cinque controversie della Giudea (Lc

20, 1-44). Si passa da un clima di simpatia con cui le folle vedevano Gesù ad un clima di polemica con i capi del popolo, che cercano di osteggiarlo e screditarne l’opera ed emerge la chiara intenzione di scribi e

farisei di farla finita con lui. Queste controversie sono anche occasione per precisare sempre più l’identità di Gesù. Nel primo racconto s’intrecciano un miracolo e una discussione: il miracolo riguarda un

paralitico, la discussione è con i farisei e i dottori della legge.

SEDEVA LA’ ANCHE (17) Farisei e Dottori della legge entrano in scena per la prima volta. La fama del nuovo profeta, prima che

egli ci sia andato di persona si è diffusa in tutta la Palestina e i farisei e dottori della legge, che abitano

ovunque nella regione, prendono posizione contro di lui; la loro ostilità è progressiva, iniziano

mormorando di lui (5, 22), poi lo accusano (6, 2) poi si consultano su cosa fare di lui (6, 12).

OPERARE GUARIGIONI (17) Un giorno Gesù si trova “in una casa”, insegna e opera guarigioni, secondo il solito. La folla è così

fitta che è impossibile giungere davanti a lui passando per la porta. Giungono alcuni uomini con un

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paralitico su un lettuccio (klinidion) e decidono di calarlo dal tetto nel luogo dove si trova Gesù. La cosa era

possibile in Palestina dove le case avevano un tetto piatto che poteva essere sollevato.

VEDUTA LA LORO FEDE (20) Gesù rimette al paralitico il peccato, perché vede la fede dei portatori; essi hanno riposto tutta la loro speranza in lui e hanno creduto che la sua vicinanza avrebbe guarito il malato e la potenza del Signore

opera il miracolo.

PECCATI TI SONO RIMESSI (20) Il paralitico si attendeva la guarigione del corpo, riceve la remissione dei peccati, ma si tratta di

una guarigione completa, fisica e spirituale. COMININCIARONO A DISCUTERE (21) Qui ha inizio la discussione, che assomiglia a quella delle diatribe classiche che prevedevano una

domanda dell’obiettore, una controdomanda dell’avversario e poi le risposte.

SE NON DIO SOLTANTO (21) La domanda è dei notabili: “Chi è costui” e verte sull’identità di Gesù, ma è sprezzante e contiene

già la negazione che egli possa rimettere i peccati e il rifiuto di Gesù. Segue un ragionamento: solo Dio può

perdonare e chi si arroga i diritti di Dio bestemmia. L’asserzione è giusta, ma non tiene conto dell’ipotesi

che Dio potesse aver trasmesso tale potere a Gesù.

CONOSCIUTI I LORO RAGIONAMENTI (22) Gesù che, come ha il potere di rimettere i peccati, ha anche quello di leggere nei cuori, conosce la

domanda e risponde con una controdomanda: “Che cosa è più facile…?“ Agli oppositori sembrava più

difficile ancora della remissione dei peccati, che non si poteva verificare, la guarigione da una malattia che

doveva essere sottoposta a verifica. Gesù dice che se lui è capace di fare questa seconda opera tanto più

può perdonare i peccati , cosa che sembra più facile, anche se è vero il contrario.

IL FIGLIO DELL’UOMO (24) Senza attendere risposta Gesù dichiara che farà il miracolo perché credano che ha il potere di

rimettere i peccati e indica se stesso col titolo di “Figlio dell’uomo”, che rimanda alla visione di Daniele

7,13 e al servo sofferente di Jahvé.

ALZATI (24) Poi Gesù dà un ordine e il miracolo avviene. Il miracolato compie una serie di azioni in cui risalta

la gioia per la guarigione e la lode a Dio.

TUTTI RIMASERO STUPITI (25) Tutti i presenti, che riconoscono di aver assistito a “cose prodigiose”, sono colpiti fin nel profondo

dell’anima: sono fuori di sé, pieni di timore, colmi di stupore e lodano Dio.

RIFLESSIONI Il brano biblico porta a molte riflessioni. Tra l’altro nel paralitico si possono vedere i pagani che per

arrivare a Gesù hanno scavalcato il mondo romano e si sono introdotti “attraverso il tetto” da Gesù. I

difensori della legalità sono le barriere che impediscono di avvicinarsi a Cristo. I portatori del paralitico

sono coloro che non aspettano, ma hanno l’audacia della fede e, superato l’ostacolo della legge, giungono a

Cristo. La casa in cui è Gesù è la Chiesa. Il perdono è offerto a tutti e Gesù è il mediatore universale ed è

già concesso oggi nella Chiesa, che amministra la misericordia di Dio.

Vocazione di Levi (27-32) (Mc 2, 13-17; Mt 9, 9-13)

(2° Conflitto) Levi è da identificarsi con l’apostolo Matteo (Mt 9, 9), la cui professione di pubblicano lo esponeva

ad infrangere spesso le prescrizioni della legge e a commettere ingiustizie (cf Lc 3, 12-13). La vocazione di

Levi è l’occasione per la discussione che segue.

PUBBLICANO DI NOME LEVI (27) E’ Gesù che “esce” e “osserva” e invita Levi alla sequela, è Lui che prende l’iniziativa e chiama. Il

chiamato è uno di quei gabellieri che per i loro rapporti con i pagani e per la condotta sleale e bramosa di

guadagno erano odiati dalla gente e ritenuti pubblici peccatori da evitare. Ma per Gesù la condizione di

pubblicano non è un ostacolo per offrire la salvezza.

LASCIANDO TUTTO (28) Lo sguardo di Gesù e la sua parola che chiama sono tanto potenti che il pubblicano abbandona tutto ciò che possiede e diventa discepolo. Il suo è lo stesso comportamento di Pietro e dei discepoli (5, 1-11).

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La chiamata di Levi è un modello sempre valido, infatti, dopo che è stato chiamato addirittura un

pubblicano nessun uomo può credere di non poter essere chiamato da Gesù. Dovunque un uomo viene colto

da una chiamata simile, esiste un solo comportamento giusto: la sequela incondizionata e pronta.

PREPARO’ UN GRANDE BANCHETTO (29) E’ probabilmente il banchetto di addio che il nuovo apostolo dà ai suoi colleghi per sottolineare il

carattere definitivo della sua risposta. I suoi amici erano persone di dubbia reputazione e la convivialità di

Gesù con loro crea problema agli osservanti.

I FARISEI E GLI SCRIBI (30) Luca non spiega come mai sono presenti i farisei e gli scribi a un tale convito E’ interessato alle loro

domande e in particolare alla risposta di Gesù.

DICEVANO AI DISCEPOLI (30) Sono presenti anche i discepoli di Gesù ed è a loro che farisei e scribi si rivolgono, accusandoli di

mangiare con persone che loro chiamano “peccatori”, di fare una cosa che contamina.

NON SONO I SANI (31) Gesù si sostituisce ai discepoli nel rispondere. Nella sua risposta supera di molto la logica della

domanda e formula un principio generale. Dice che i peccatori sono malati che hanno bisogno di un

medico e lui è il medico. Inoltre dichiara in forma iperbolica che non è venuto per “i giusti”, per coloro che

hanno osservato la legge, ma per i peccatori; in realtà Gesù è venuto per tutti e tutti sono peccatori. E la

sua chiamata implica una totale e radicale guarigione dell’uomo, un interiore ravvedimento, una conversione profonda (a convertirsi = eis metanoian).

Digiuni – Vestiti (33-39) (Mc 2, 18-22; Mt 9, 14-17)

(3° Conflitto) La terza accusa rivolta da scribi e farisei riguarda la prassi del digiuno. La legge lo prescriveva per

il giorno dell’espiazione (Lv 16, 29-31). I farisei digiunavano due volte la settimana (Lc18, 12). I discepoli del Battista avevano adottata la pratica del frequente digiuno, seguendo l’esempio del loro maestro che non

mangiava pane e non beveva vino e si davano pure a lunghe preghiere. I discepoli di Gesù, che facevano il

suo genere di vita ordinaria e comune sono accusati di vita troppo facile.

INVECE I TUOI (33) Questa volta i farisei si rivolgono direttamente a Gesù e lo rimproverano perché non abitua i suoi discepoli allo stile di digiuno loro e dei discepoli di Giovanni.

POTETE FAR DIGIUNARE Gesù risponde paragonando il tempo della sua vita pubblica ad una festa nuziale, che tra gli Ebrei

durava una settimana (Tb 11, 20), nella quale gli amici stavano sempre con lo sposo per condividerne la

gioia. Finché vivono insieme a Lui i discepoli godono la sua presenza in un sentimento di gioia semplice.

Una pratica di digiuno non andrebbe d’accordo con tale vita.

VERRANNO PERO’ I GIORNI (35) Dopo la morte violenta del Maestro, nel ricordo della sua passione, nella lontananza da lui,

nell’attesa del suo ritorno, quando una vita di sobrietà e di temperanza condurrà all’astinenza, allora i

discepoli digiuneranno. Di fatto nella Chiesa primitiva entrò la pratica del digiuno (Atti 13, 2) e Gesù

stesso dà un precetto sul come digiunare. (Mt 6, 16-18).

NESSUNO STRAPPA (36) Comunque la novità di Gesù non può scendere a compromessi col vecchio sistema giudaico di

osservanze legali e il Maestro pronunzia due piccole parabole che mostrano chiaramente l’incompatibilità assoluta tra il nuovo spirito portato da Lui e la vecchia prassi religiosa del giudaismo, come era allora

vissuta dai farisei: I farisei sono incapaci di comprendere il nuovo spirito e i discepoli non possono fare un accomodamento tra il nuovo spirito e la prassi e le idee del fariseismo. Quel che è nuovo è incompatibile con ciò che è vecchio (vestito, otre) e nessun compromesso è possibile con il vecchio.

IL VECCHIO E’ BUONO (39) Viene citato un detto popolare che è contraddetto nella sua verità in questa questione. I farisei che

sono legati al vecchio non apprezzano e non vogliono il nuovo e asseriscono che “il vecchio è buono” e in

esso restano. Ma sbagliano.

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Capitolo 6

Il Sabato 1 Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e

mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2 Alcuni farisei dissero: "Perché fate ciò che non è permesso di sabato?". 3 Gesù rispose: "Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? 4 Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell`offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?". 5 E diceva loro: "Il Figlio dell`uomo è signore del sabato". 6 Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c`era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. 7 Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui. 8 Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all`uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati e mettiti nel mezzo!". L`uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. 9 Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: E` lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?". 10 E volgendo tutt`intorno lo sguardo su di loro, disse all`uomo: "Stendi la mano!". Egli lo fece e la mano guarì. 11 Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

Elezione degli Apostoli

12 In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. 13 Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: 14 Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, 15 Matteo, Tommaso, Giacomo d`Alfeo, Simone soprannominato Zelota, 16 Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

Discorso della montagna

17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C`era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. 19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. 20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. 22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v`insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell`uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. 24 Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. 25 Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. 26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti. 27 Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, 28 benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. 29 A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l`altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. 30 Dá a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. 31 Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. 32 Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 33 E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell`Altissimo; perché egli è benevolo verso gl`ingrati e i malvagi. 36 Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. 37 Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; 38 date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio". 39 Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt`e due in una buca? 40 Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. 41 Perché guardi la pagliuzza che è nell`occhio del tuo fratello, e non t`accorgi della trave che è nel tuo? 42 Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio,mentre tu non vedi la trave

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che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall`occhio del tuo fratello. 43 Non c`è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L`uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l`uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. 46 Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? 47 Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48 è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. 49 Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande"

______________________________________

Spighe di Sabato (1-5) (Mc 2, 23-28 ; Mt 12, 1-8)

(4° Conflitto)

Il quarto conflitto è sull’osservanza del sabato. Su questo precetto della legge (Es 20, 8) la

tradizione farisaica aveva accumulato centinaia di norme e restrizioni. Gesù libera di colpo l’osservanza

della legge da questa casistica soffocante.

DI SABATO (1) L’accusa, coperta con il pretesto di una domanda, è che i discepoli che “coglievano e mangiavano le

spighe” violavano il sabato. Ciò che facevano i discepoli era consentito ai poveri (Dt 23, 26). Ma il

raccogliere le spighe rientrava nei lavori di raccolta e siccome i discepoli lo facevano “in un giorno di sabato”, per i farisei era una violazione del riposo sabbatico.

LETTO CIO’ CHE FECE DAVIDE (5) Gesù si richiama alla Scrittura (1 Sam 21, 1-7) e ricorda che Davide, in un momento di necessità,

mangiò i pani della proposizione, che nessuno poteva mangiare e non violò la legge e nessuno lo biasimò.

(Così anche i discepoli che stropicciano le spighe perché hanno fame non violano nessuna legge e non sono

da condannare. Nell’interpretazione della legge non si deve ricorrere soltanto alla lettera, ma alla volontà di

Dio.

SIGNORE DEL SABATO (5) Il Figlio dell’uomo, cui è stato dato da Dio ogni potere, detiene anche il diritto di disporre del

sabato e di darne l’esatta interpretazione; la legge è sotto il dominio di Cristo.

Uomo dalla mano inaridita (6-11) (Mc 3, 1-6 ; Mt12, 9-14)

(5° Conflitto)

Anche il quinto conflitto verte sul sabato. E la lezione è la stessa del racconto precedente: le necessità della persona umana prevalgono sulla rigida osservanza della legge positiva.

UN ALTRO SABATO (6) Luca precisa bene i fatti: il sabato era “un altro”, Gesù insegnava nella sinagoga, l’uomo “aveva la

mano destra inaridita”.

SE LO GUARIVA DI SABATO (6) L’interpretazione farisaica della legge permetteva la guarigione di sabato solo in caso di pericolo di vita e la mano “secca” non minacciava immediatamente la vita. I farisei si fanno sempre più ostili: nel

caso precedente osservano quasi per caso, qui spiano per vedere se possono cogliere Gesù in fallo, per

tradurlo in giudizio.

I LORO PENSIERI (8) L’evangelista presenta un Gesù capace di leggere nei cuori (cf 2, 35; 5, 21 ss; 9, 46), il che indica

una qualità divina ben nota nell’Antico Testamento.

E’ LECITO (8) Nell’interrogare i farisei Gesù si riferisce al fatto di un grave pericolo di vita che permette di trasgredire la legge del sabato. Ciò era ammesso dalla legge (es Es 31, 13) e dal buon senso. Gesù

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domanda se sia lecito di sabato fare del bene oppure se sia necessario fare del male. Chi può dire che la

legge del sabato proibisca di fare il bene e prescriva di fare il male?

E LA MANO GUARI’ (10) Gesù volge lo sguardo verso tutti, colpisce tutti e ciascuno. Nessuno risponde ed Egli sana l’uomo malato. Egli ha una concezione di Dio diversa da quella dei farisei, Dio non è l’Inavvicinabile, ma il

Misericordioso, vicino agli uomini.

PIENI DI RABBIA (11) L’odio toglie la capacità di pensare e di ragionare con chiarezza. Gli avversari “pieni di rabbia”

vogliono impedire l’azione di Gesù e si consultano su cosa fare per annientarlo.

Elezione dei dodici (12-16) (Mc 3, 13-19 ; Mt 10, 1-4)

Dopo aver presentato il suo programma a Nazaret ed aver dato alcune dimostrazioni della sua

autorità di Messia, Gesù, continuando la manifestazione progressiva del suo messianismo, mostra di voler

costituire un nuovo popolo di Dio, il nuovo Israele; elegge perciò i dodici e poi dà, in un altro grande discorso, le norme che reggeranno la vita del suo popolo (6, 17-49).

ANDO’ SULLA MONTAGNA (12) C’è qui (come in Marco 3, 13) un’allusione a Mosè che salì sul monte Sinai, quando costituì il

primo Israele (Es 19, 24).

NOTTE IN ORAZIONE (12) Nell’accenno alla preghiera si riconosce un tema caro a Luca. La preghiera prima della scelta dei

dodici dice l’importanza dell’atto che Gesù sta per compiere e che è Dio a scegliere (Cf Atti 1, 24-26).

NE SCELSE DODICI (12) Il numero di dodici è certo intenzionale. Esso simboleggia l’intero Israele, di cui si attendeva, per il

futuro messianico, la ricostruzione in dodici tribù (Ez 37, 15-28).

NOME DI APOSTOLI (13) Il testo non dice che Gesù abbia dato subito questo nome, che è postpasquale. Luca pone

l’indicazione perché i suoi lettori conoscevano col nome di apostoli coloro che avevano visto il Signore

risorto e da lui erano stati inviati.

SIMONE (14) Anche qui non è detto che Gesù abbia dato subito a Simone il nome di Pietro; quello che conta è

che gli affida un destino nuovo, una nuova missione, indicata, tra l’altro anche dal fatto che Pietro occupa

sempre il primo posto nella lista degli Apostoli. Gli altri undici sono indicati nell’ordine in cui poi li

troviamo in Atti 1, 13. Luca è l’unico che qualifica Giuda come traditore.

Discorso della montagna (17-46) (Mt 5-7)

Il discorso è posto non in montagna come in Matteo ma in pianura. La discesa di Gesù ricorda quella di Mosè, che riceve sul Sinai “la parola di vita” e poi scende dal monte per far conoscere al popolo

la legge di Dio. Così Gesù sale sul monte santo, sceglie i dodici e con loro discende per portare al popolo la nuova sapienza di Dio. Il discorso dell’antica alleanza aveva inizio col decalogo, quello della nuova con le beatitudini. Matteo (5-7) pone il discorso in montagna. Il monte è il luogo della rivelazione di Dio, come

il Sinai. In Matteo Gesù parla da seduto come un maestro e la folla è composta di ascoltatori del Vangelo.

Le beatitudini

Il discorso delle beatitudini è rivolto agli “anawin”, i “poveri”, che stanno sotto, che sono privi di

sicurezze materiali. I Salmi avevano dato voce a questa massa di calpestati. Ora Gesù dice che è venuto il tempo da loro atteso. Dio è con loro non perché siano più buoni dei ricchi, ma perché è fedele e li tira

fuori dalla loro situazione, come fece per gli Israeliti dall’Egitto. La benedizione di Gesù non consacra la

povertà e l’ingiustizia e dice che i poveri hanno il regno, non la ricchezza.

DISCESO…IN UN LUOGO PIANEGGIANTE (17) Come in Matteo 5, 3-8 il discorso delle beatitudini ha relazione col monte, luogo della rivelazione

divina: sul monte Sinai avviene la rivelazione a Mosè. In Luca le beatitudini sono proclamate in pianura, alla discesa dalla montagna, come quando Mosè, sceso dal monte, diede la legge al popolo.

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FOLLA DEI SUOI DISCEPOLI (17) All’inizio della predicazione di Gesù la folla affluisce da tutte le parti per ascoltarlo ed essere guarita

(Mc 3, 7-10). Luca aggiunge che attorno a Gesù c’era “la grande folla dei suoi discepoli” (6, 17). Gesù

scende dal monte dove ha pregato e ha scelto i dodici (6, 12-16) e proclama le beatitudini.

GIUDEA…TIRO E SIDONE (17) Non parla solo ai Giudei, ma anche a coloro che sono lontani.

BEATI (1) La beatitudine è una forma letteraria frequente. E’ un felicitarsi motivato. La Buona Novella è

annunziata ai poveri (4, 18; 7,22), agli ultimi, agli affamati, ai piangenti, ai disprezzati. A loro è promesso

un rovesciamento della situazione. E’ un invito alla fede.

L’opposizione “Beati-guai” ricorda le due vie di Deuteronomio (30, 15-20’: “vita e bene, morte e

male”) e Geremia 17, 5-8.

VOI POVERI (20) Come per Matteo, anche per Luca la prima beatitudine è dei “poveri”. I “poveri” di Matteo erano

caratterizzati dalla dimensione spirituale e dal desiderio ardente della giustizia.

Per Luca sono i poveri concreti e reali, quelli che stanno sotto, gli indigenti, coloro che devono chiedere

per vivere. Nell’Antico Testamento incontriamo gli “anawin” (da “anaw”, che significa piegato,

sottomesso, senza poteri), privi di sicurezza materiale, cui avevano dato voce i Salmi. Ora Gesù dice che è

venuto il tempo atteso dai poveri. Dio è con loro perché Dio è fedele e li tira fuori dalla loro indigenza,

come fece quando tirò fuori gli Ebrei dalla schiavitù. E’ promesso il rovesciamento della situazione. E’ un

invito alla fede e alla speranza, virtù che non albergano nel cuore dei ricchi. Il rappresentante concreto dei

poveri per Luca è Lazzaro (16, 19ss). Sono certamente i poveri di spirito i veri beati, ma di fatto possono

essere tali i poveri sociologicamente.

VOSTRO E’ IL REGNO DEI CIELI (20) La beatitudine non consacra la povertà e l’ingiustizia, dice che Dio è con i poveri e dona loro

qualcosa che è molto di più delle ricchezze: il Regno, che sorpassa ogni bene terreno. Il Regno è promesso

a coloro che hanno fiducia nel Padre.

BEATI VOI ..FAME…PIANGETE… (21) Le beatitudini sono rivolte a gente che sta male e soffre. Gesù guarda alla situazione reale esistente nel mondo, alle ingiustizie che subiscono coloro che non hanno protezione, ai disagiati che sopportano, ai

vinti e agli oppressi.

SARETE SAZIATI…RIDERETE… (21) Gesù contrappone alle sofferenze del presente la salvezza futura, l’ammissione al Regno dei cieli. Gesù non

promette un cambiamento nel presente, ma un risarcimento per il futuro; coloro che oggi hanno fame

saranno saziati, coloro che piangono saranno lieti. Egli proclama beati “i poveri”, perché entreranno nel

Regno dei cieli, e promette il capovolgimento totale per il futuro. Tuttavia la complessità del “Regno”

non è solo per il futuro, esso è la signoria salvifica e regale di Cristo che ha la sede naturale in cielo, ma ha

già ora nella terra i suoi effetti salvifici. I poveri quindi si devono considerare felici già ora e già ora esperimentano l’intervento regale di Cristo. Poi, dopo la morte, a somiglianza di Lazzaro, avranno la felicità piena (16, 25) e la realtà futura sarà di gran lunga superiore a quella presente al punto che i poveri

possono fin d’ora essere proclamati beati, anche se continuano a soffrire.

BEATI VOI… QUANDO VI ODIERANNO (23) Nell’ultima beatitudine Luca concorda sostanzialmente con Matteo 5, 11-12. Il messaggio è davvero sconcertante, perché l’odio e la persecuzione a causa del Figlio dell’uomo sono presentati come motivo e

fonte di gioia.

I primi cristiani sperimentarono presto le persecuzioni a motivo della loro fedeltà a Cristo (es. Atti

4, 1: 5, 17) e insieme la gioia in occasione di maltrattamenti subiti per Cristo (esempio Atti 5, 41).

GUAI A VOI RICCHI (24) Non si tratta di una “maledizione”, ma di una constatazione o di un lamento: ogni soddisfazione

materiale è provvisoria e parziale; chi ci vive dentro non potrà aspettarsi altre consolazioni. I “guai”

delineano più efficacemente le beatitudini e sottolineano la necessità di operare una scelta risoluta tra la

salvezza e la perdizione. In Luca la figura dei ricchi è l’epulone (16, 21). I ricchi non devono vivere

tranquilli e spensierati, perché saranno esclusi dalla felicità eterna, come il ricco epulone.

BEATITUDINI IN LUCA E IN MATTEO In Matteo le beatitudini si trovano in un contesto più ampio (5-8) dove è presentata la “magna

carta” di Gesù, che invece Luca pone nella predica di Nazaret (4, 16ss) e il discorso è fatto sul monte ed ha

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una prospettiva universale. Inoltre le situazioni sono spiritualizzate (“Beati i poveri in spirito”) e le

beatitudini sono otto. In Luca il discorso avviene in pianura ed ha carattere ecclesiale, è unito a miracoli e si rivolge

direttamente a persone e situazioni concrete (“Beati voi poveri”). Luca presenta quattro “beatitudini” e quattro “guai”, rivolti a poveri/ricchi, affamati/sazi, piangenti/ridenti, odiati/elogiati.

Amore e misericordia

Il brano è situato nel contesto del “discorso della pianura”, in continuazione con le “beatitudini” e in collegamento con l’ultima benedizione (“Beati voi quando gli uomini vi odieranno”) nel clima di

inimicizia che può circondare i cristiani, dichiarati in questa situazione “beati”, dato il premio che avranno nei cieli. E partendo da questa situazione di inimicizia, Gesù parla dell’amore che deve riguardare tutti,

compresi i nemici.

AMATE I VOSTRI NEMICI (27) L’invito è rivolto alla comunità dei discepoli (“disse ai suoi discepoli”), ma riguarda anche ogni singolo discepolo, come appare da quanto segue. L’amore del prossimo s’impone al cristiano col massimo

grado di obbligatorietà. La formula “amate i nemici” può essere sostituita con “perdonate” e allora il

precetto appare paradossale dato che perdonare i nemici non è istintivo alla natura umana che, ferita dal

peccato, spinge all’antipatia, al rancore, all’odio, ma Gesù richiede che si vada oltre il sentire umano, oltre

il buon senso. FATE DEL BENE (28) L’amore, il perdono non è semplice rimozione, né dimenticanza, né ignorare l’accaduto, ma opera

sul versante positivo e il testo elenca una serie di interventi possibili: “fare del bene”, “benedite”,”

pregate”. Gesù dice: a odio rispondi con amore, a maledizione con benedizione, a calunnia con preghiera.

A CHI TI PERCUOTE (29) Con linguaggio paradossale si dice che il seguace di Cristo deve piuttosto lasciarsi percuotere,

derubare, spogliare per invitarlo all’ideale evangelico della mitezza, della pazienza, della non violenza.

CIO’ CHE VOLETE (31) Al termine delle esortazioni sulla non violenza viene posta la cosiddetta “regola d’oro” che

troviamo sia nel Antico Testamento che nelle altre religioni, qui presentata in forma positiva. E’ una regola

conforme all’etica naturale, ma quanto precede e quanto segue dice che il comportamento dei credenti

deve superare questa norma. SE AMATE QUELLI CHE VI AMANO (32) L’amore dei cristiani deve essere superiore a quello dei “peccatori”. Costoro contraccambiano

l’amore e i gesti di bontà ricevuti e non escono da un orizzonte istintivo ed egoistico e commercialistico o

filantropico, senza prospettive superiori. Costoro ricevono già qui la loro ricompensa.

AMATE INVECE (35) Il bene va fatto per se stesso. E i cristiani sono invitati ad amare i nemici, a beneficiare chi odia a

condonare generosamente senza esigere restituzione ad impegnarsi nella via di un amore universale.

IL PREMIO SARA’ GRANDE (35) A chi ama in questo modo è riservato il premio divino. Come nella quarta beatitudine è assicurata

una ricompensa nei cieli.

SARETE FIGLI DELL’ALTISSIMO (35) Il discepolo che segue la volontà di Dio sempre , ed “è benevolo verso tutti”, già ora nella sua

esistenza ha prove tangibili della figliolanza escatologica e ha la certezza che domani sarà in pienezza ciò

che oggi è già, cioè figlio di Dio. Questa figliolanza è ad un tempo dono gratuito e realtà che si esprime

mediante il pentimento, la fede e le opere.

SIATE MISERICORDIOSI (36) Dio è il modello di ogni cristiano e il vertice delle esortazioni di Gesù è costituito dall’invito ad

essere “misericordiosi” come Dio. Anche in Matteo (5, 17-48) troviamo un invito analogo. Nel primo

Vangelo l’invito è ad essere “santi” come Dio. Ma i due inviti vanno letti in sinossi: in Matteo l’invito è a seguire la perfezione di Dio e in Luca la sua misericordia.

NON GIUDICATE (37) Dopo l’invito ad imitare Dio misericordioso, gli inviti che seguono a non giudicare e a perdonare

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sono logici. Il riferimento a Dio è di aiuto al discepolo per opporsi ad una delle debolezze più radicali della

natura umana, alla tendenza di giudicare gli altri per giustificare se stessi.

L’invito è riassunto in due massime, una negativa (non giudicare e non condannare) e l’altra

positiva (perdonate e date). L’invito a dare è detto in senso generale.

VI SARA’ DATO (38) Chi ha questo amore avrà da Dio una grande ricompensa. L’immagine rientra nel quadro della

generale rimunerazione in grano, che era la base del sostentamento, data al servo. Il luogo dove viene versata

è la larga veste orientale dove, nel seno e nelle falde, secondo l’uso viene posta, ogni sorta di oggetti. E’

nelle pieghe della veste che verrà “versata” in abbondanza la ricompensa.

RIFLESSIONI

E’ una regola d’oro universale quella che la scrittura esprime così: “Non fare agli altri ciò che non

piace a te” (Tb 4, 15). Ma l’amore cristiano è superiore, è carità e implica pazienza, mitezza, non violenza,

amore dei nemici, non giudizio, non condanna, perdono sempre, preghiera per i nemici, dono della vita. La fonte, il modello e la meta dell’amore universale: Dio ricco di misericordia. L’amore universale rende

figli di Dio. La Chiesa primitiva annunzia ed attua il comando di Gesù: (Rm 12, 21; Rom 12, 17-21; At 7,

57ss; At 5, 41).

Parabole

Nel “discorso della pianura” dopo l’annunzio delle beatitudini ai poveri, agli affamati, agli afflitti

e ai perseguitati e l’invito ad amare esteso fino ai nemici, essendo “misericordiosi, come il Padre celeste”

è descritto in cinque paragoni l’atteggiamento richiesto a coloro che vogliono seguire il Signore. Un

ammonimento contro le false guide della comunità è seguito dal celebre paragone della pagliuzza e della

trave, contro l’ipocrisia di chi vuole guidare gli altri. Le altre tre similitudini (albero e frutti, deposito del

cuore, casa sulla roccia: 46-49) mettono in luce la necessità di avere un “cuore buono”, ovvero una

coscienza retta che sia poi capace di tradursi in comportamenti costruttivi; non basta infatti essere credenti a

parole; nel linguaggio del Vaticano II dovremmo parlare di necessità che la fede corrisponda alla vita. Il

brano si compone della parabola del cieco (39), di un detto sul discepolo (40), della parabola della pagliuzza e della trave (41), della parabola dell’albero (43-45), di un altro detto di Gesù (46) e della finale

del discorso (47-49). I paragoni e le sentenze sono poste in un contesto nel quale si esige il superamento di un atteggiamento di giudizio nei confronti degli altri, che è dato dal legame con quanto precede (6, 37-38:

“non giudicate e non sarete giudicati).

PUO’ FORSE UN CIECO (39) La prima parabola, nella sua origine, pare un proverbio. Matteo la riferisce ai farisei: “Lasciateli,

sono ciechi e guide cieche. E quando un cieco guida un altro cieco tutte due cadono nel fosso” (15, 4),

mentre Luca la riferisce ai discepoli. In precedenza Luca aveva parlato del giudizio e con questa parabola

dice che chi giudica si comporta da cieco, perché vuole essere padrone del destino del fratello e di guidare

un’altra persona pure cieca. Più in generale il detto può significare: il maestro può guidare il discepolo a

patto che egli prima ci veda, cioè abbia le idee chiare, altrimenti “cade nella buca” col discepolo.

IL MAESTRO (40) La seconda sentenza dice che il discepolo rimane sulla linea del maestro e, qui riferita nel

contesto dell’amore cristiano, significa: il vero maestro, Gesù, non volle arrogarsi il diritto di guidare i

ciechi e di dominarli, ma li aiutò;il discepolo non deve agire diversamente, o anche: se il Signore ha

mostrato tanta bontà verso gli ingrati e i malvagi, il cristiano non deve essere più severo di lui. Il detto può

anche significare che prima di essere maestri conviene diventare discepoli, ricordandosi che uno è perfetto

solo se è come il maestro. Il detto deve diventare una norma per i discepoli.

PAGLIUZZA TRAVE (41) Il terzo paragone presenta il simbolo paradossale ma trasparente dell’antitesi tra “pagliuzza” e

“trave”: indica il piccolo e insignificante difetto, l’imperfezione del prossimo e il grosso peccato della

propria condotta. Gli uomini, per quanto ciechi e incapaci di capire la loro cecità, sono abili a scoprire il più

piccolo segno di imperfezione nel prossimo.

IPOCRITA, TOGLI PRIMA LA TRAVE (42) Ma chi agisce così è un ipocrita che pretende di giudicare della giustizia altrui, è preoccupato della

perfezione del fratello, ma non si preoccupa di giudicare se stesso. Una lucida autocritica è invece necessaria per poter aiutare il prossimo.

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NON C’E’ ALBERO BUONO (43) La similitudine dell’albero introduce l’indicazione dell’uomo buono. L’albero per essere buono

deve esserlo fin dalle radici. Così è anche per l’uomo. Egli è buono solo se nel suo intimo alberga il bene;

solo in questo caso trae dal tesoro del suo cuore il bene. La similitudine riguarda anche l’uomo cattivo;

pure costui rivela ciò che è nell’intimo, attraverso le opere che compie. E l’intimo dell’uomo è buono se si

modella sul Maestro.

PERCHE’ MI CHIAMATE: “SIGNORE, SIGNORE” (46) Gesù mette in guardia dal dissociare la fede dalle opere, l’ascolto dalla testimonianza, il culto dalla

vita (Cf Ger 7, 4-12) e positivamente indica la necessità di tradurre nella realtà della vita le istanze del

vangelo.

CHI VIENE A ME (47)

Il vero discepolo di Gesù è colui che ascolta e pratica, che s’impegna a fondo e rimane fedele alla

parola data.

SIMILE A UN UOMO Il discorso della pianura si conclude con la parabola dell’uomo che costruisce o no la casa su

buone fondamenta. Luca descrive la costruzione in maniera più insistita e il pericolo in modo più disastroso.

(Mt 7, 24-27): i costruttori scavano, costruiscono con fatica o a fior di terra, la pioggia è un’alluvione e

una fiumana.

NON RIUSCI’ A SMUOVERLA (48) Discepolo vero di Gesù è colui che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica, si preoccupa

delle fondamenta e guarda alle inondazioni.

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Capitolo 7

Il servo del centurione 1 Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto,

entrò in Cafarnao. 2 Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l`aveva molto caro. 3 Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4 Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, 5 perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga". 6 Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; 7 per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. 8 Anch`io infatti sono uomo sottoposto a un`autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all`uno: Và ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fà questo, ed egli lo fa". 9 All`udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". 10 E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Il figlio della vedova di Nain

11 In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. 12 Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. 13 Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!". 14 E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!". 15 Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. 16 Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo". 17 La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

Legazione di Giovanni Battista

18 Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi 19 e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?". 20 Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?". 21 In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22 Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. 23 E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".

Elogio del Battista 24 Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a

Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? 25 E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re. 26 Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. 27 Egli è colui del quale sta scritto: Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te. 28 Io vi dico, tra i nati di donna non c`è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. 29 Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni. 30 Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio. 31 A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? 32 Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! 33 E` venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. 34 E` venuto il Figlio dell`uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. 35 Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".

Il fariseo e la peccatrice 36 Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a

tavola. 37 Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa

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del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; 38 e stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. 39 A quella vista il fariseo che l`aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice". 40 Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, dì pure". 41 "Un creditore aveva due debitori: l`uno gli doveva cinquecento denari, l`altro cinquanta. 42 Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?". 43 Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". 44 E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m`hai dato l`acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. 47 Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco". 48 Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati". 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest`uomo che perdona anche i peccati?". 50 Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; và in pace!".

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In questo capitolo Luca mostra come Gesù è stato accolto da un pagano timorato di Dio (1-10), da

Giovanni Battista (18-35) e dalla peccatrice (36-50); narra la risurrezione di un giovane (11-17) e mostra

come la proposta di Gesù venga accolta dai semplici, dai pagani, dai peccatori e dalle persone umili e

disprezzate.

Il servo del centurione (1-10) (Mt 8, 5-13; Gv 4, 43-54)

Dopo il discorso al popolo viene subito un miracolo a favore di un pagano. Il fatto mette in luce la potenza di Gesù che guarisce a distanza, i sentimenti del centurione, il cammino della fede cristiana.

L’episodio si può confrontare con quello del pagano Cornelio, che troviamo in Atti ed esser visto come un anticipo dei pagani simpatizzanti cui in seguito andò l’annunzio.

Matteo nel raccontare lo stesso fatto è più stringato; punta sul dialogo con il centurione; la

guarigione è strettamente connessa con la fede (ti avvenga come hai creduto), insiste sulla guarigione

avvenuta a distanza e accenna all’ammissione dei pagani e alla ripulsa dei giudei (Mt 8, 5-13).

Giovanni ha un racconto simile ma non pare si tratti della stessa persona. Anche qui la guarigione

avviene a distanza, ma il funzionario è un ebreo, la sua fede è progressiva e sembra raffigurare il cammino della fede: da una fede incerta, impressionata dai prodigi a una fede autentica, che si appoggia

sulla parola (Gv 4, 43-54).

ENTRO’ IN CAFARNAO (1) A Cafarnao, città di confine si trovavano l’ufficio doganale (Mc 2, 13 ss) e la guarnigione, nella

quale erano presenti soldati di varie regioni dell’impero. Il centurione era uno di loro e, quando il suo servo

cade malato, non lascia nulla di intentato per soccorrerlo; era certamente un uomo molto attaccato ai

servi che facevano parte della sua “famiglia”.

GLI MANDO’ ALCUNI (2) Era un pagano timorato di Dio che, nella sua ricerca, aveva incontrato il monoteismo giudaico, ma

non era ancora entrato nel giudaismo. Sa che la legge giudaica vieta il contatto dei Giudei con i pagani e non

va di persona, ma invia a Gesù una delegazione di Giudei.

CON INSISTENZA (5) Questi giudei, che sono probabilmente i responsabili della sinagoga, caldeggiano la causa dello

straniero e lo presentano come un uomo benefico e rispettoso verso la religione giudaica e ritengono

necessaria la presenza di Gesù per la guarigione del servo; Gesù li accontenta e va con loro.

IO NON SON DEGNO (6) Il centurione è molto delicato, consapevole che un giudeo non può entrare in casa di un pagano, non

vuole che Gesù si renda impuro.

CON UNA PAROLA (7) Egli conosce anche l’efficacia della parola di comando e lui stesso ottiene risultati solo

pronunziandola con i suoi dipendenti. E’ convinto che la parola di Gesù abbia potere anche sulle malattie.

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RESTO’ AMMIRATO (9) Gesù fa l’elogio di questa fede: in Israele non ha trovato chi eguagli nella fede questo straniero.

IL SERVO GUARITO (10) La guarigione avviene senza che Gesù incontri di persona il centurione. La missione ai pagani sarà

poi affidata agli apostoli. RESURREZIONE DI UN GIOVANE (11-17) L’episodio è stato tramandato solo da Luca. Ha affinità con due risurrezioni di figli unici di madri

vedove operate da Elia e da Eliseo (1 Re 17, 17-24; 2 Re 4, 18-37). Luca intende porre Gesù sulla linea

degli antichi profeti, come proclameranno entusiaste le folle e mette in rilievo la sua compassione. Prepara

anche l’accenno ai morti che risorgono della risposta agli inviati del Battista (11, 22). Il ritorno alla vita del

giovane preannunzia la risurrezione di Cristo.

NAIN (11) Villaggio tuttora esistente presso il monte Tabor, a pochi chilometri da Nazaret vicino a Sunem,

dove Eliseo compì il suo miracolo.

ALLA PORTA DELLA CITTA' (12) S’incontrano due cortei, uno porta un morto, l’altro è guidato da colui che dona la vita. Il giovane

che viene portato alla sepoltura è figlio unico di una madre vedova.

IL SIGNORE NE EBBE COMPASSIONE (13) E’ la prima volta che in Luca Gesù viene chiamato “Signore”, (kyrios), nome prima riservato a Javhè. Gesù viene presentato come vero uomo che si commuove, come Dio che può ridare la vita, come

colui che annunzia e porta la misericordia di Dio a coloro che gemono e piangono.

TOCCO’ LA BARA (14) La salma giace nei lini della bara. Al tocco i portatori si fermano e Gesù dà un ordine: “alzati”,

(egerteti), (Luca usa uno dei due verbi che si usano per la risurrezione: vedi 9, 22; 24, 34), “il morto si levò

a sedere” e Gesù “lo diede alla madre”, come aveva fatto Elia.

UN GRANDE PROFETA (16) I componenti i due cortei “furono presi da timore e glorificavano Dio”. Qui sta il messaggio principale dell’episodio. Il popolo riconosce Gesù profeta come Elia, anzi ne coglie la dignità messianica

e confessa che con Lui Dio stabilisce una presenza salvifica in mezzo al popolo.

Gesù e il Battista (18-33) (Mt 11, 1-19)

Il racconto è strutturato in tre fasi: La questione del Battista e la risposta di Gesù (18-23); il

giudizio di Gesù su Giovanni e la sua missione (24-28); le cause del suo rifiuto da parte di molti Giudei

(29-35).

Questione del Battista Il Battista incontra delle difficoltà nel mettere d’accordo l’idea del Messia come giudice

escatologico, che egli si era fatta, col modo in cui Gesù si manifesta (insegnamento, miracoli, bontà). Perciò

gli invia una delegazione, per avere dalla sua bocca una conferma della sua fede e superare le difficoltà.

COLUI CHE VIENE? (19) L’espressione: “Colui che deve venire” , era classica per indicare il Messia (13, 35; Gv 11, 27; Eb

10, 37).

ASPETTARE UN ALTRO? (20) La crisi di Giovanni e dei suoi si riassume in un dilemma, data la differenza che c’è tra ciò che

Giovanni aveva predetto del Messia e ciò che Gesù va dicendo e facendo.

ANDATE E RIFERITE La risposta è data con una serie di riferimenti a Isaia. Essi permetteranno a Giovanni di

comprendere che il ministero di Gesù compie le promesse che riguardavano l’era messianica. Diceva Isaia:

“Allora udranno i sordi…” (29, 18;) “ Allora si apriranno gli occhi ai ciechi…lo zoppo salterà…si

scioglierà al canto la lingua del muto” (35, 5) ; “ Il Signore… mi ha inviato a dare la buona novella ai

miseri” (61, 1).

NON SARA’ SCANDALIZZATO (23) Come appare, la figura di Gesù provoca scandalo a chi ha un’altra visione del Messia, ed è beato

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chi non si scandalizzerà, ma ne riesaminerà la figura alla luce dei fatti e della parola di Dio espressa dai

profeti.

Giudizio di Gesù su Giovanni Gesù spiega al popolo chi è Giovanni e quale sia esattamente la missione.

RIGUARDO A GIOVANNI (24) Gesù fa una serie di domande ai presenti su chi sono andati a vedere “nel deserto”.

EGLI E’ COLUI (27) Da loro non attende risposta, ma definisce Giovanni alla luce di alcune profezie, come un araldo,

un messaggero dei tempi nuovi, l’Elia promesso da Dio (Ml 3, 1; 3, 23), l’annunciatore diretto del Messia

(la via davanti a me).

TRA I NATI DI DONNA (28) Egli è il più grande tra i nati di donna per la speciale missione che gli è stata affidata, non per

altro. Ma appartiene ancora all’antica economia della salvezza, ne sta solo all’atrio, e il più piccolo della

nuova, che ne comprende natura e proprietà e si sforza di vivere in modo conseguente, è più grande di

Giovanni.

Cause del rifiuto di Giovanni Il popolo ha accolto Giovanni, ma i farisei, persuasi di non aver bisogno di cambiar vita lo hanno

rifiutato e hanno cercato pretesti per non convertirsi.

TUTTO IL POPOLO (29) I versetti 29-30 illustrano la reazione della gente alla predicazione del Battista; qui però

interrompono il filo logico e Matteo li sposta a 21, 32. Comunque dicono che il popolo semplice (am

haarez) e anche i pubblicani hanno accettato il battesimo di penitenza e hanno riconosciuto il Battista

come venuto da Dio (riconosciuto la giustizia di Dio).

I FARISEI (30) I notabili invece si sono resi indisposti alla proposta di salvezza di Giovanni, hanno annullato il piano di Dio (reso vano), la sua volontà di salvezza.

A CHI PARAGONERO’ (31) Il significato della parabola sembra questo: ci sono dei fanciulli ostinati che si rifiutano di

partecipare al gioco sia che si tratti di giocare alle nozze, sia che si tratti di giocare ai funerali. Nella stessa

maniera “gli uomini di questa generazione” incredula hanno respinto con uguale ostinazione la parola di Dio, in qualunque forma essa fosse stata offerta.

E’ VENUTO GIOVANNI (34) Gli indisposti, hanno sempre trovato un pretesto per non convertirsi. Hanno accusato Giovanni di

essere indemoniato e hanno detto che Gesù era “un mangione”, “amico dei pubblicani e dei peccatori”.

MA ALLA SAPIENZA (35) Ma gli uomini saggi, figli della Sapienza, di Dio, hanno ascoltato prima Giovanni e poi Gesù,

hanno dato ragione alla Sapienza, cioè a Dio e sono entrati nel suo disegno di salvezza.

La peccatrice perdonata (36-50) Anche questo racconto è esclusivo di Luca. Gesù sta a mensa da un fariseo e coglie l’occasione per

insegnare. La casa è aperta così può entrare anche una peccatrice, che manifesta una venerazione senza

limiti. E Gesù le perdona i peccati.

UNO DEI FARISEI (36) Gesù è invitato a mensa dal fariseo Simone e, come al solito accetta volentieri (cf 11, 37; 14, 1) l’invito.

UNA DONNA, UNA PECCATRICE (37) La donna è definita “peccatrice” e potrebbe trattarsi di una che esercitava o che era la moglie di

uno che esercitava una professione disonorevole, come il gabelliere o il merciaio ambulante, ma da

contesto appare piuttosto che sia una prostituta. Si tratta di una donna anonima, che non è più menzionata nel Vangelo. Non è certamente Maria di Magdala (8, 2) e tanto meno Maria di Betania (Lc

10, 38-42).

VENNE CON UN VASETTO (38) La donna compie grandi segni di dolore e di pubblica venerazione: piange, scioglie i suoi capelli,

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cosa sconveniente davanti a uomini, bacia e asciuga i piedi di Gesù e li cosparge di olio profumato. Non è

detto come sia arrivata da una vita disordinata ad una vita di conversione, ma sembra logico che essa debba

questo comportamento ad un precedente incontro con Gesù, che aveva una particolare attenzione per i

peccatori.

IL FARISEO (39) Il fariseo che ha ospitato Gesù aveva certo sentito dire che Gesù era un profeta, ma, da quanto sta

succedendo a casa sua, deduce che non può esserlo; un profeta infatti, secondo lui, non deve aver

dimestichezza con i peccatori e deve leggere nel cuore. E Gesù legge davvero nel cuore del fariseo, ma con

i peccatori ha un rapporto di misericordia.

UN CREDITORE (41) L’apologo di Gesù converge sulla liberalità e bontà del padrone e sull’amore riconoscente per il

condono ricevuto. La parabola si può parafrasare così: chi ha coscienza che gli sono stati rimessi pochi

peccati ama poco, chi invece ha coscienza che gli sono stati rimessi molti peccati ama molto.

CONDONATO DI PIU’ (41) Il fariseo risponde bene, ma non afferra tutto il significato dell’apologo. E Gesù si spiega meglio.

VEDI QUESTA DONNA (44) Simone è invitato a guardare la donna e a confrontare i suoi gesti di amore con i pochi gesti di ospitalità da lui compiuti nei confronti di Gesù. L’amore espresso da quella donna è un amore esuberante,

femminile, che si traduce in gesti che vanno interpretati.

POICHE’ HA MOLTO AMATO (47 a) La prima parte di questo versetto (le sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato)

suggerisce questa interpretazione: alla peccatrice vengono perdonati i peccati perché ama molto;

interpretazione che trova conferma anche nelle parole di Gesù: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, su questa

linea va anche l’apologo. Ma qualcuno, mettendo insieme il versetto 50 (la tua fede ti ha salvato) e per il fatto che non è l’amore che ottiene il perdono, ma la fede e il pentimento, suggerisce la seguente lettura:

la donna ha inteso e accolto le parole del Maestro prima di compiere il suo gesto e sa che i suoi peccati le sono perdonati, ora coglie l’occasione per esprimere il suo amore riconoscente e il suo grande amore

dimostra che i suoi peccati le sono perdonati.

INVECE CHI PERDONA POCO (47b) Forse questa seconda parte del versetto è stata pronunziata pensando al fariseo che, come dice Gesù

prima non è stato molto affettuoso nei suoi riguardi. Gesù apprezza molto di più l’amore caldo ed

esuberante della peccatrice, che non la freddezza e l’orgoglio del fariseo.

CHE PERDONA (49) Gesù è colui che ha il potere di cancellare i peccati, colui che può cancellare il passato di una

persona e aprire il suo cuore per ricevere il dono nuovo della fede, della pace, che si esprimono in atti e

gesti di amore.

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Capitolo 8

Le donne alla sequela di Gesù 1 In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la

buona novella del regno di Dio. 2 C`erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, 3 Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.

Parabola del seminatore

4 Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola: 5 "Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. 6 Un`altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. 7 Un`altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. 8 Un`altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto". Detto questo, esclamò: "Chi ha orecchi per intendere, intenda!". 9 I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. 10 Ed egli disse: "A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perchè vedendo non vedano e udendo non intendano.11 Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. 12 I semi caduti lungo la strada sono coloro che l`hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. 13 Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell`ora della tentazione vengono meno. 14 Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. 15 Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza. 16 Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. 17 Non c`è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. 18 Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere".

I parenti di Gesù

19 Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. 20 Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti". 21 Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica".

La tempesta sedata

22 Un giorno salì su una barca con i suoi discepoli e disse: "Passiamo all`altra riva del lago". Presero il largo. 23 Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Un turbine di vento si abbattè sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. 24 Accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: "Maestro, maestro, siamo perduti!". E lui, destatosi, sgridò il vento e i flutti minacciosi; essi cessarono e si fece bonaccia. 25 Allora disse loro: "Dov`è la vostra fede?". Essi intimoriti e meravigliati si dicevano l`un l`altro: "Chi è dunque costui che dá ordini ai venti e all`acqua e gli obbediscono?".

L` indemoniato di Gerrasa

26 Approdarono nella regione dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea. 27 Era appena sceso a terra, quando gli venne incontro un uomo della città posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri. 28 Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: "Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!". 29 Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell`uomo. Molte volte infatti s`era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti. 30 Gesù gli domandò: "Qual è il tuo nome?". Rispose: "Legione", perché molti demòni erano entrati in lui. 31 E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell`abisso. 32 Vi era là

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un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise. 33 I demòni uscirono dall`uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò. 34 Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nei villaggi. 35 La gente uscì per vedere l`accaduto, arrivarono da Gesù e trovarono l`uomo dal quale erano usciti i demòni vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù; e furono presi da spavento. 36 Quelli che erano stati spettatori riferirono come l`indemoniato era stato guarito. 37 Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Gesù, salito su una barca, tornò indietro. 38 L`uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo: 39 "Torna a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto". L`uomo se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù gli aveva fatto.

La figlia di Giairo e l` emorroissa

40 Al suo ritorno, Gesù fu accolto dalla folla, poiché tutti erano in attesa di lui. 41 Ed ecco venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga: gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di recarsi a casa sua, 42 perché aveva un`unica figlia, di circa dodici anni, che stava per morire. Durante il cammino, le folle gli si accalcavano attorno. 43 Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era riuscito a guarire, 44 gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del mantello e subito il flusso di sangue si arrestò. 45 Gesù disse: "Chi mi ha toccato?". Mentre tutti negavano, Pietro disse: "Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia". 46 Ma Gesù disse: "Qualcuno mi ha toccato. Ho sentito che una forza è uscita da me". 47 Allora la donna, vedendo che non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l`aveva toccato, e come era stata subito guarita. 48 Egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata, và in pace!". 49 Stava ancora parlando quando venne uno della casa del capo della sinagoga a dirgli: "Tua figlia è morta, non disturbare più il maestro". 50 Ma Gesù che aveva udito rispose: "Non temere, soltanto abbi fede e sarà salvata". 51 Giunto alla casa, non lasciò entrare nessuno con sé, all`infuori di Pietro, Giovanni e Giacomo e il padre e la madre della fanciulla. 52 Tutti piangevano e facevano il lamento su di lei. Gesù disse: "Non piangete, perché non è morta, ma dorme". 53 Essi lo deridevano, sapendo che era morta, 54 ma egli, prendendole la mano, disse ad alta voce: "Fanciulla, alzati!". 55 Il suo spirito ritornò in lei ed ella si alzò all`istante. Egli ordinò di darle da mangiare. 56 I genitori ne furono sbalorditi, ma egli raccomandò loro di non raccontare a nessuno ciò che era accaduto.

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Sommario (1-3) I primi quattro versetti del capitolo ottavo sono la conclusione con un sommario delle prime

manifestazioni di Gesù. Viene ricordata la predicazione e l’annunzio del Regno. Il seguito di Gesù è

composto dal gruppo dei dodici e da alcune donne.

PER LE CITTA' E I VILLAGGI (1) Gesù è viandante e ospite instancabile. Egli passa attraverso le piccole e le grandi località, città per

città, villaggio per villaggio, annunziando la buona notizia del Regno.

C’ERANO CON LUI (2) Il gruppo itinerante con lui è composto dai discepoli che aveva scelto (6, 12-16), che collaborano

con Gesù nella diffusione della buona novella.

ALCUNE DONNE (2) Il gruppo comprende anche alcune donne. I rabbini escludevano le donne dalle loro scuole, perché non le

ritenevano atte allo studio della legge. Un detto asseriva: “chi insegna la legge a sua figlia, le insegna

sregolatezza”. E persino nel tempio c’era una zona riservata alle donne. Ma Gesù è venuto a portare la

salvezza ai poveri, agli emarginati, a tutti e Luca mette in rilievo la provvidenziale azione delle donne nella

vita di Gesù e della Chiesa.

ERANO STATE GUARITE (2) La schiera delle donne è composta da alcune che erano state guarite da spiriti maligni e da

malattie. La prima donna nominata è Maria di Magdala, città posta sulla riva occidentale del lago di

Genezaret, dalla quale erano usciti sette demoni; “sette” è un numero stereotipo e qui indica tutta la potenza

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del male; liberata da demoni potrebbe anche significare liberazione da una malattia violenta e grave,

comunque, anche se si trattasse di possessione diabolica , non è detto che si tratti di una situazione di

peccato; in ogni caso la Maddalena non è la peccatrice del capitolo settimo; sarà la prima a vedere Gesù

risorto (24, 10). Le altre donne sono Giovanna, nominata solo un’altra volta da Luca (24, 10) e mai da

Marco e Matteo, e Susanna, nominata solo qui.

ASSISTEVANO (3) Hanno un ruolo di diaconia e il verbo usato è “diakonein”, ma non è detto che siano il prototipo

delle future diaconesse (Rm 16, 1; At 9, 39). Sono persone benestanti e pongono i loro beni a disposizione

di Gesù, che non rifiuta, diversamente dai dottori giudei, questi doni, come non rifiuta la compagnia delle

donne (cf 10, 38-42). Queste donne restano fedeli a Gesù anche nel momento della morte e divengono

testimoni della crocifissione e della risurrezione (23, 49; 24, 1-11).

Parabola della semente (4-10) (Mc 4, 1-12 ; Mt 13, 1-17)

Viene raccontata la parabola del seminatore (8, 4-8), che in seguito sarà spiegata (8, 12-15).

IL SEMINATORE USCI’ (5) Dopo le piogge autunnali, tra metà novembre e metà dicembre, il seminatore getta nel campo la sua semente, orzo o grano, senza scegliere i terreni, così tre quarti del seme è sparso inutilmente, cade

persino sulla roccia e sul terreno che viene calpestato. La narrazione di Luca è molto semplificata e non tiene conto, come quella di Marco e di Matteo del terreno palestinese, che è molto pietroso. Comunque vi è un terreno buono che porta il frutto degno della benedizione divina: il cento per uno.

CHI HA ORECCHI (8) Il piccolo quadro di vita agricola è una parabola di speranza di fronte all’apparente insuccesso

dell’annunzio e un pressante invito a diventare terreno buono. Ci vuole attenzione perché è in gioco il

destino dell’uditore e Gesù invita ad ascoltare con attenzione, a raccogliere la sua parola e a meditarla

(chi ha orecchi intenda).

SIGNIFICATO (9) I discepoli chiedono una spiegazione della parabola e Gesù dà una risposta sullo scopo o intenzione

generale delle parabole. Dice che soltanto chi penetra nella logica dell’annunzio della parola e

dell’azione di Dio può comprendere il significato delle parabole.

A VOI E’ DATO (10) Ma questo è un dono di Dio, come la stessa parola. I discepoli hanno ricevuto tale dono, perché l’amore

gratuito e libero di Dio ha preso l’iniziativa. Questo dono non è un possesso privato da custodire, ma reca

con se il compito dell’annunzio (cf Lc 8, 16-18).

AGLI ALTRI (10) Ci sono molti che non ascoltano e non comprendono il messaggio di Gesù, e l’annunzio del

Regno va anche incontro all’insuccesso. Gesù spiega questo fatto applicando a sé il detto di Isaia 6, 10,

solo in parte citato da Luca: “Ascoltate pure ma senza comprendere, osservate pure ma senza conoscere.

Rendi insensibile il cuore di questo popolo, fallo duro d’orecchio e acceca i suoi occhi e non veda con gli

occhi e non oda con gli orecchi, né si converta in modo da essere guarito”. Il passo si comprende se si

pensa che lo stile ebraico attribuisce direttamente a Dio anche ciò che è dovuto alla libera e colpevole volontà dell’uomo e significa che il messaggio di Gesù non è stato compreso e la sua missione ha avuto

insuccesso per la libera cattiva volontà dei Giudei.

Spiegazione della parabola (11-18) (Mc 4, 13-25; Mt 13, 18-23)

La spiegazione della parabola, che segue, risente delle preoccupazioni di una comunità che

s’interroga sui fallimenti della missione, le defezioni, i ritardi dei credenti. La parabola nella sua

applicazione alla vita della chiesa primitiva mette in evidenza le diverse disposizioni con cui viene accolta la

parola di Dio, il “seme”.

I SEMI ….SULLA STRADA (12) La sementa caduta “lungo la strada” rappresenta la sorte della parola di Dio in coloro che se la

sentono giungere all’orecchio, ma se la lasciano portar via dal diavolo, nel senso che il diavolo chiude il loro

cuore nell’incredulità, e così non credono e non si salvano; la parola di Dio non penetra nel loro cuore.

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QUELLI SULLA PIETRA (13) La semente caduta sul terreno pietroso, in cui c’è un tenue strato di terra che ricopre la roccia,

rappresenta la sorte della parola di Dio in coloro che lasciano penetrare la parola nel loro cuore con gioia, ma

non le lasciano gettare profonde radici; credono per un certo tempo, ma venuta l’ora della prova

abbandonano la fede.

IN MEZZO ALLE SPINE (14) Il seme caduto in mezzo alle spine rappresenta la sorte della parola di Dio in quelli che dopo averla

ascoltata le impediscono di portar frutto, perché si lasciano sempre più sopraffare dalle preoccupazioni,

dalle ricchezze, dai piaceri della terra. NELLA TERRA BUONA (15) Il seme caduto nella terra buona rappresenta la sorte della parola di Dio in quelli che l’ascoltano e

la custodiscono in un cuore nobile e virtuoso.

Ascolto della parola e vero discepolo (16-21) (Mc 3, 31-35 ; 4, 21-25; Mt 12-46-50)

I versetti 16-18 sono in gran parte riportati anche altrove da Luca e qui sembrano essere anticipati

per trarre una conclusione da quanto detto fin qui dal versetto 4 in poi. Segue un detto di Gesù sui suoi veri

parenti. Sono quattro sentenze sull’annunzio e l’ascolto della parola e la precisazione circa la vera parentela di Gesù.

NESSUNO ACCENDE (16) La similitudine della lampada, che con la sua luce illumina quanti entrano nella casa, illustra bene

la tendenza intrinseca dell’annuncio cristiano. NULLA DI NASCOSTO (17) Non solo Gesù è luce, ma anche la sua parola che viene proclamata nella comunità deve essere

fonte di luce per quelli che vi entrano. Il messaggio cristiano non è di sua natura un discorso privato, ma un

annunzio pubblico e ufficiale.

COME ASCOLTATE (18) Si deve prestare seria attenzione a ciò che dice il Signore, perché non succeda come è successo ai

Giudei che sono rigettati perché non accolgono il messaggio di Gesù con le dovute disposizioni. Coloro che

credono di avere la verità di Dio e pensano di fare a meno di Cristo perdono ciò che credevano di

possedere (sarà tolto ciò che crede di avere). Invece la buona disposizione dei credenti sarà premiata con un aumento di luce (a chi ha sarà dato).

LA MADRE E I FRATELLI (19) Luca vuol conformare i suoi lettori nella stessa disposizione d’animo verso la parola, riportando qui un episodio che Marco e Matteo pongono in un altro contesto (Mc 3, 31-35; Mt 12, 46-50). La madre e i

fratelli vengono a “vedere” Gesù ed egli coglie l’occasione per dare un suo insegnamento sulla “famiglia”

che gli sta a cuore. ASCOLTANO LA PAROLA DI DIO (21) La famiglia di Gesù è costituita da coloro che “ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

E ovvio che da questa famiglia non è esclusa la madre di Gesù, che anzi è colei che più di tutti “ascolta la

parola di Dio e la mette in pratica”. Tuttavia per la famiglia naturale di Gesù non c’è un possìto privilegiato, basato unicamente sul vincolo di sangue. Gesù inoltre mostra di aver fatto per primo, in vista

del regno di Dio, il sacrificio dei legami familiari, che chiederà a quanti vorranno seguirlo (cf 9, 57-62).

Tempesta sedata (22-25) (Mc 5, 35-41 ; Mt 8, 23-37)

Dopo l’insegnamento in parabole Luca riferisce quattro miracoli comuni anche a Marco e Matteo.

Si tratta forse di una selezione di miracoli già formata prima della redazione dei vangeli. Ma tra le parabole

precedenti e questi miracoli esiste un nesso: la parola del regno annunziata trova la sua espressione nella parola autorevole e creativa del Messia. Nei quattro miracoli rifulge la potenza di Gesù sulla tempesta, sul

demonio, sulla malattia, sulla morte. Primo miracolo. E’ l’unica volta che Luca presenta Gesù che attraversa il lago e si reca verso una

terra pagana, di cui il lago è come una frontiera pericolosa da attraversare. Gesù, in mezzo alle forze

scatenate di un mondo minaccioso, rivela ai suoi discepoli la potenza salvifica della sua parola.

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SI ADDORMENTO’ (23) Il racconto di Marco è semplificato, non ci sono indicazioni geografiche, non ci sono altre barche, è

scomparso il cuscino su cui Gesù dormiva, il grido degli apostoli è una preghiera, il comando alle acque è

semplice, il rimprovero è addolcito.

I FLUTTI… CESSARONO (24) Domina la figura di Gesù che comanda al vento e alle onde scatenate. Si intravede dietro questa

descrizione l’immagine del Signore biblico che domina le forze caotiche e salva con il suo intervento

potente ed efficace coloro che lo invocano (cf Sl 107, 28-29).

DOV’E’ LA VOSTRA FEDE? (25) Le due domande “dov’è la vostra fede?“ e “chi è costui” sono in connessione. I discepoli credono

in Gesù e lo invocano, non hanno però ancora penetrato il mistero della sua persona (chi è dunque

costui) e questo miracolo li mette sulla via per scoprire chi è davvero. L’episodio insegna anche che nelle

prove che minacciano la vita dei credenti il Signore sembra assente, ma è sempre con loro.

L’indemoniato di Gerasa (26-39) (Mc5, 1-20 ; Mt 8, 28-34)

Questo racconto presente anche in Marco e Matteo riporta uno dei miracoli più strani, soprattutto

per il fatto curioso del branco dei porci affogato in mare. Luca vuole attirare l’attenzione sui protagonisti:

Gesù e l’uomo che viene liberato. La potenza di Gesù scompiglia il regno di satana che ha la sua zona

d’influenza nel mondo pagano. L’uomo passa da un essere senza dignità ad una persona restituita alla sua

integrità.

REGIONE DEI GERASENI (26) Gerasa, situata nel luogo dell’attuale Jerash, era una terra pagana, ritenuta soggetta ai demoni.

Gesù non opera in terra pagana, ma qui va con i discepoli e fa vedere loro la sua potenza sui demoni.

UN UOMO POSSEDUTO (27) L‘orrore delle potenze demoniache appare visibile nell’indemoniato. Egli è posseduto da demoni

che lo tormentano, lo dominano ed estinguono in lui ogni sano sentimento umano: non indossa vesti, rifiuta

di abitare in casa, si rifugia nei sepolcri, fugge la compagnia degli uomini, vive dove la morte è di casa.

CHE VUOI DA ME (28) Il demonio conosce benissimo che Gesù è il Messia (Figlio del Dio Altissimo).

NON TORMENTARMI (28) Scoperto e messo in situazione di inferiorità il diavolo cerca di evitare il peggio, l’abisso (non

tormentarmi), “mercanteggia”, facendo una proposta ridicola “di entrare nei porci”, (ma nella mentalità

semitica tra i porci, animali impuri e il diavolo c’è una certa connivenza.), si appella anche alla sua compassione. Le tenta diabolicamente tutte. Un commentatore pensa che il diavolo si rivolge a Gesù

secondo le regole magiche dell’antichità: fa inginocchiare l’uomo, gli fa fissare gli occhi per terra per avere

maggior forza, usa il nome di Gesù come per un incantesimo.

MOLTE VOLTE (29) Viene descritta ancora una volta la miseria dell’indemoniato. La strapotenza dei demoni è visibile

nella potenza e nella forza bruta dell’ossesso.

LEGIONE (30) Il demonio alla domanda di Gesù svela il suo nome, indica quale potere malefico ha. Il nome è

Legione (nell’esercito romano la legione contava seimila uomini). Non un demonio, ma molti

spadroneggiavano sull’ossesso (“perché molti demoni sono entrati in lui”). Rivelando il nome i demoni

riconoscono la superiorità di Gesù, ammettono che Gesù è padrone e giudice su di essi.

NELL’ABISSO (31) Il demonio teme di essere precipitato subito nell’abisso, ossia nella condizione di pena, cui sarà

soggetto per sempre dopo la parusia. Il termine proviene dalla mitologia semitica e simboleggia le acque

profonde, il vasto mare cosmico, in lotta col quale il mondo è stato formato (Gn 1, 2).

DI ENTRARE NEI PORCI (31) Il precipitare dei porci indemoniati nel lago simboleggia per anticipo il fatto che i demoni vengono cacciati nella loro condizione di condanna, ora temporaneamente, poi definitivamente in stato di non poter

più nuocere. Il fatto dimostra pure che il demonio ha, col permesso di Dio, un potere di distruzione, e in

questo caso il permesso c’è per dare un’idea, esser simbolo, del precipitare definitivo nell’inferno che

attende il diavolo.

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VESTITO E SANO DI MENTE (35) Il miracolo, liberando un uomo dal potere del demonio, simboleggia tutta la redenzione di Cristo

che risana e salva gli uomini. Colui che era posseduto dal demonio, ora guarito, siede, vestito: ha

riacquistato tutta la sua dignità.

QUANDO VIDERO (34) La gente del luogo constatato il miracolo è presa da spavento. Ma non capisce altro che il danno

materiale, è intimorita da così straordinaria manifestazione di forze soprannaturali e prega Gesù di andarsene.

L’UOMO… CHIESE (39) Il guarito chiede di poter restare con Gesù come discepolo. Gesù non lo consente, ma lo incarica di raccontare quanto Dio gli ha fatto. Ed egli proclama per tutta la città quanto Gesù ha compiuto per lui.

Figlia di Giairo - Emorroissa (40-55) (Mc5, 21-43 ; Mt 9, 18-26)

Seguono due gesti di misericordia a favore di due donne in un contesto di fede salvifica. Si assiste

ad un crescendo di fede e di efficacia salvifica. Le narrazioni dei due miracoli si intrecciano.

AL SUO RITORNO (40) Al ritorno da un mondo ostile e pagano la folla accoglie Gesù. I pagani lo hanno mandato via, il

popolo d’Israele lo accoglie.

GIAIRO (41) Giairo, come il capo della Sinagoga, qualifica che lo distingue dai membri del Sinedrio e dagli

ufficiali civili, ha un sua autorità, ma davanti alla tragedia imminente è inerme: la sua figlia sta morendo.

L’ultima speranza del padre è Gesù , gli si getta ai piedi, esprimendo la sua fede e lo prega, diversamente

dal centurione pagano, di andare a casa sua, probabilmente perché pensa che sia necessaria per la guarigione

della figlia l’imposizione delle mani.

UNICA FIGLIA (41) Il caso per cui viene il dignitario è disperato e drammatico. La figlia è unica, è appena giunta

all’età di 12 anni, che era l’età da marito nell’ambiente palestinese, e sta morendo.

SI ACCALCAVANO ATTORNO (42) La folla che aveva atteso Gesù ora gli si affolla attorno, quasi lo schiaccia.

UNA DONNA (43) Il primo quadro è qui interrotto dalla scena che segue, in cui è protagonista una povera donna,

che si sente esclusa e umiliata per la sua condizione fisica. La sua emorragia cronica, secondo le

prescrizioni religiose del suo tempo, la rende “impura”, cioè intoccabile e contagiosa per chiunque, tanto

più per un profeta come Gesù (cfr Lv 15, 19-30).

TOCCO’ IL LEMBO (44) La donna cerca un contatto con Gesù, ne tocca il mantello ed entra in contatto non con un

magnetismo guaritore, ma con la potenza salvifica di Gesù che cambia la sua fiducia magica in fede che

salva.

CHI MI HA TOCCATO (45) Gesù rende pubblico ciò che è avvenuto di nascosto. Dice: “Una forza è uscita da me”, non un

fluido, ma una virtù, che solo lui conosce e di cui dispone. Il contatto furtivo al suo mantello si è

trasformato, grazie alla sua misericordia, in un incontro che ha eliminato una malattia incurabile da dodici

anni, “che nessuno era riuscito a guarire” (43).

LA TUA FEDE TI HA SALVATA (48) Alla donna che è passata dalla fiducia alla fede, Gesù non dà solo la guarigione, ma la salvezza

totale, la pace. LA FIGLIA E’ MORTA (49) Riprende il racconto del dignitario che è venuto a chiedere l’intervento di Gesù per la figlia

morente, con la notizia che essa è morta recata da uno “della casa del capo della sinagoga”, il quale

evidentemente non pensa che il potere di Gesù arrivi a far risorgere una morta.

NON TEMERE, SOLTANTO ABBI FEDE (50) La fede del dignitario è messa a dura prova, ora che con la morte della figlia, ogni speranza umana

è finita. Ma Gesù gli dice che è disposto a risuscitargli la figlia, se lui è pronto a credere. E il capo della

sinagoga crede.

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NESSUNO CON SE' (51) Gesù non opera il miracolo davanti a tutti, ma davanti ad un ristretto numero di persone, tre

apostoli e i genitori. Anche quando risorgerà non si presenterà a tutto il popolo, ma solo ai testimoni

predestinati da Dio (Atti 10, 41).

FACEVANO IL LAMENTO (52) Anche nelle esequie dei più poveri almeno due suonatori e una piagnona dovevano eseguire il

lamento funebre, che cominciava subito dopo la morte nella casa e continuava fino alla sepoltura.

NON PIANGETE (53) Gesù fa tacere coloro che piangono, asserendo che la ragazza “dorme”. Gesù può fare questa

asserzione, perché è padrone anche della morte. Certamente la morte, come la malattia, è un nemico. che

satana ha fatto entrare nel mondo dopo il peccato e l’uomo ne è minacciato continuamente e la teme. Ma

alla presenza di Gesù la morte diventa un “sonno”; la fine viene trasformata in un “preludio” di

resurrezione e di vita.

SPIRITO RITORNO' IN LEI (55) Il ritorno della vita per il gesto e la parola di Gesù viene descritto in tre modi. “Il suo spirito

(l’anima) ritornò in lei”. Prima di morire Gesù prega: Nelle tue mani rimetto il mio spirito” (23, 46). “Ella si alzò”, la forza pervade le sue membra. “Ordinò di darle da mangiare”, e questo fatto persuade che ella è

viva.

DI NON RACCONTARE (56) Gesù vuole evitare la pubblicità. La morte è avvenuta nel silenzio e pochi se ne erano accorti e

Gesù agisce per compassione non per il successo.

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Capitolo 9

Missione degli Apostoli 1 Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di

curare le malattie. 2 E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. 3 Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. 4 In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. 5 Quanto a coloro che non vi accolgono, nell`uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi". 6 Allora essi partirono e passavano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.

Il dubbio di Erode

7 Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risuscitato dai morti", 8 altri: "E` apparso Elia", e altri ancora: "E` risorto uno degli antichi profeti". 9 Ma Erode diceva: "Giovanni l`ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?". E cercava di vederlo.

Il ritorno degli Apostoli

10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure.

Moltiplicazione dei pani

12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: "Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta". 13 Gesù disse loro: "Dategli voi stessi da mangiare". Ma essi risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente". 14 C`erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: "Fateli sedere per gruppi di cinquanta". 15 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. 16 Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.

Confessione di Pietro

18 Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: "Chi sono io secondo la gente?". 19 Essi risposero: "Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto". 20 Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio". 21 Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. 22 "Il Figlio dell`uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno".

L` abnegazione cristiana

23 E poi, a tutti, diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24 Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. 25 Che giova all`uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso? 26 Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell`uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27 In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio".

La trasfigurazione

28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 E, mentre pregava, il suo volto cambiò d`aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a

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Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia". Egli non sapeva quel che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all`entrare in quella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: "Questi è il Figlio mio, l`eletto; ascoltatelo". 36 Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono ad alcuno ciò che avevano visto.

L` epilettico guarito

37 Il giorno seguente, quando furon discesi dal monte, una gran folla gli venne incontro. 38 A un tratto dalla folla un uomo si mise a gridare: "Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio, perché è l`unico che ho. 39 Ecco, uno spirito lo afferra e subito egli grida, lo scuote ed egli dá schiuma e solo a fatica se ne allontana lasciandolo sfinito. 40 o pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti". 41 Gesù rispose: "O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio". 42 Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò per terra agitandolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito immondo, risanò il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43 E tutti furono stupiti per la grandezza di Dio.

Predizione della Passione

Mentre tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: 44 "Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell`uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini". 45 Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.

Umiltà cristiana

46 Frattanto sorse una discussione tra loro, chi di essi fosse il più grande. 47 Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse: 48 "Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande". 49 Giovanni prese la parola dicendo: "Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci". 50 Ma Gesù gli rispose: "Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi". "Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi".

Gesù respinto dai Samaritani

51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme 52 e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. 53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. 54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?". 55 Ma Gesù si voltò e li rimproverò. 56 E si avviarono verso un altro villaggio.

Come seguire Gesù

57 Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". 58 Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell`uomo non ha dove posare il capo". 59 A un altro disse: "Seguimi". E costui rispose: "Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre". 60 Gesù replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il regno di Dio". 61 Un altro disse: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa". 62 Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che ha messo mano all`aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".

______________________

Missione dei dodici (1-9) (Mc 6, 6-16; Mt 9, 35-10, 1.7-14; 14, 1)

Tutto il capitolo 9 fino al versetto 51 è dedicato all’opera di formazione di Gesù nei confronti

degli apostoli. All’inizio del capitolo, Gesù, fondatore della comunità messianica di salvezza dà ai dodici un

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anticipo dei poteri e dei compiti che darà loro nella missione definitiva: guarire, liberare dal demonio,

annunziare il regno. E li invia in missione.

CHIAMO’ A SE I DODICI (1) Non è un doppione di 10, 1-20, dove Gesù manda in missione i 72 discepoli; i due contesti sono

nettamente distinti, inoltre la missione dei 72 preannunzia quella tra i pagani, che nella prospettiva giudaica

formavano appunto le 72 nazioni del mondo. Gesù delega ai dodici il potere e l’autorità che egli stesso

possiede (4, 36) e li manda, come egli stesso è stato mandato. Gli apostoli, che fino ad ora lo hanno

accompagnano, devono ora compiere da soli ciò che faceva Gesù.

NON PRENDETE (3). Viene tolto ai discepoli anche ciò cui nessun viandante rinunzia: bastone da pellegrino, sacca,

provviste per il viaggio, denaro, vesti di ricambio. Dio, al cui servizio essi sono, provvederà loro e deve

essere l’unico pensiero del loro cammino. Quando Gesù, alla fine della sua attività, li invita a guardare

indietro al tempo della prima missione, essi ammettono che non è loro mancato nulla (22, 35).

IN QUALUNQUE CASA ENTRIATE (4) Gesù vuole che rifuggano da ogni sollecitudine per il proprio vantaggio. Solo la missione deve

stare loro a cuore.

CHE NON VI ACCOLGONO (5) Non devono perdere tempo con coloro che non li accolgono. Essi devono trattare le città che non li

accolgono come i Giudei trattano le terre pagane, dalle quali si allontanano scuotendo la polvere dai piedi.

L’attività degli apostoli diventa giudizio.

DI VILLAGGIO IN VILLAGGIO (6) La missione degli apostoli consiste nell’annunziare la buona novella. Quale segno che il tempo

della salvezza è sorto, i malati vengono guariti. Essi vanno di villaggio in villaggio, dappertutto e tutto il

paese viene riempito dell’annunzio e dell’efficacia del regno di Dio, che è sorto.

TETRARCA ERODE (7) Erode appare sulla strada di Gesù e ci sono avvisaglie di persecuzione e di morte. Il tetrarca ha già

fatto imprigionare (3, 20) e poi decapitare (9,9) Giovanni. Giungono a lui varie dicerie sull’identità di

Gesù e una la scarta decisamente: non può esser Giovanni che lui ha fatto decapitare. Ad Erode resta il

problema: “Chi è costui?” e vorrebbe risolverlo incontrandolo e, se possibile, assistendo a qualche prodigio

operato da lui (23, 8). Ma per capire chi è Gesù la conoscenza sperimentale non basta, serve la fede.

Moltiplicazione dei pani (10-17) (Mc 6, 30-44; Mt14, 13-21)

E’ la descrizione della celebre moltiplicazione dei pani che tutti e quattro gli Evangelisti ci

raccontano. In Luca è il momento in cui raggiunge il vertice l’attività di Gesù in Galilea ed è il perno

attorno a cui essa ruota. Dopo questo miracolo infatti Gesù rivela il suo progetto definitivo: la morte e

l’esaltazione del Figlio dell’uomo (9, 18-22). Di qui prenderà avvio il lungo cammino che condurrà Gesù a

Gerusalemme (9, 51), l’ultima meta, quella della piena manifestazione. Luca, come Marco e più ancora

Giovanni, ci hanno visto una rivelazione dell’Eucaristia, che fu forse compresa in seguito alla luce

dell’istituzione e della risurrezione. Basta leggere attentamente il brano per accorgersi che Luca descrive

l’episodio in tono eucaristico-liturgico in tutti i particolari: disposizione della gente, servizio degli apostoli,

parole e gesti di Gesù: “prese i pani…li benedisse, li spezzò, li diede ai discepoli“, che è il linguaggio della

liturgia eucaristica. L’Eucaristia ci appare qui come il grande banchetto in cui tutti siamo uniti tra noi e con Cristo, che dona a noi se stesso, perché lo portiamo al mondo.

GLI APOSTOLI RACCONTARONO A GESU’ (10) Gli Apostoli tornano dalla missione e raccontano a Gesù l’esito. Hanno bisogno di riposo e

riflessione, perciò si ritirano in una città “chiamata Betsaida”. Ma le folle lo seppero e lo seguirono”.

PRESE A PARLARE ALLE FOLLE (11) Gesù rinunzia al progettato ritiro e si rende disponibile al popolo.

IL GIORNO COMINCIAVA A DECLINARE (12) Anche Marco (“essendo l’ora già molto avanzata”) e Matteo (“venuta la sera”) fanno la stessa asserzione. E il fatto chiarisce perché gli Apostoli chiedano a Gesù di congedare la folla. Qualche osservazione si può fare sulla constatazione che si trovano in una “zona deserta”, mentre nel v. 10 è detto

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che Gesù e gli Apostoli si trovano a Betania. Nell’intento di inserire questo racconto, che la tradizione situa

in una zona deserta, Luca non si preoccupa della successione dei fatti.

Alcuni commentatori hanno voluto accostare questo racconto a quello di Emmaus. Per loro qui

risuonerebbe l’eco di quel racconto: “Il giorno è ormai al declino” e con esso risalterebbe il motivo del

banchetto eucaristico. Inoltre gli apostoli, sgomenti e perplessi, assomiglierebbero in questo a quelli di

Emmaus. Altri vedono nella denominazione “i dodici” un Luca che vuole prefigurare la struttura della

Chiesa che serve. Ma forse è un voler vedere troppo nel racconto.

DATEGLI VOI STESSI (13) Gesù non vuole rimandare la folla e nemmeno vuole che i discepoli vadano loro a comprare

qualcosa (del resto l’ipotesi del versetto 1: “a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa

gente” è piuttosto inverosimile), ma vuole mettere alla prova la fede degli Apostoli e lascia trasparire il

suo progetto che i discepoli non comprendono.

FATELI SEDERE A GRUPPI (14) Dando l’ordine, Gesù comincia a far capire che vuole fare un miracolo. Il numero cinquanta o

corrisponde alla reale disposizione della folla o alla media dei partecipanti alle celebrazioni eucaristiche

nelle case delle comunità cristiane (H. Shurmann). Si può anche pensare a Esodo 18, 21, che contiene il consiglio del suocero a Mosè di affidare ad uomini integri giurisdizione su centinaia, migliaia e cinquantine.

ALLORA EGLI PRESE (16) Ciò che fanno Gesù e gli apostoli sembra un fatto ordinario: Gesù fa la preghiera ebraica prima dei

pasti e come un padre di famiglia distribuisce il vitto e gli Apostoli s’incaricano di portarlo alla gente. Ma

ciò che portano esiste solo per un miracolo di Gesù e inoltre ci troviamo davanti ad un’inconfondibile terminologia biblica: “prese, levati gli occhi al cielo, li benedisse e li diede”.

DODICI CESTE (17) E’ difficile dire se il numero dodici abbia un significato simbolico. E’ possibile che le ceste siano

state dodici, perché dodici erano gli apostoli. Tuttavia si nota una sovrabbondanza che esprime la

grandezza dei doni di Dio che gli apostoli distribuiscono nella chiesa. Nel miracolo l’apporto che danno gli uomini al piano di Dio è importante, ma è nulla di fronte al dono di Dio che è Gesù.

Professione di fede di Pietro (18-21) (Mc 8, 27-30; Mt 16, 13-20)

L’interrogativo sull’identità di Gesù, che incuriosiva la gente e inquietava Erode (9, 7-9), viene

posto da Gesù stesso agli apostoli, che tentano, nella persona di Pietro un approccio al mistero del maestro,

nettamente distinto dalle opinioni popolari.

A PREGARE (18) Che si tratti di un momento importante del dialogo tra Gesù e i discepoli lo si capisce dal fatto che

Gesù “si trovava in un luogo appartato a pregare”. La preghiera infatti scandisce i momenti decisivi della

missione pubblica di Gesù.

CHI DITE CHE IO SIA? (19) Dopo che gli apostoli dicono a Gesù le varie opinioni della gente nei suoi riguardi (Giovanni, Elia,

uno dei profeti), Gesù vuole conoscere cosa pensano loro di lui. E’ una domanda che gli apostoli si erano

posta spesso.

IL CRISTO DI DIO (20) Pietro, a nome di tutti, dichiara con chiarezza che per loro è il Messia promesso, l’Unto, il Cristo. Il titolo si riallaccia alla profezia di Isaia: “Lo spirito del Signore Iddio è sopra di me, perché il Signore mi ha

dato l’unzione; mi ha inviato a dar la buona novella ai poveri” (Is 61, 1).

NON RIFERIRLO (21) Gesù proibisce agli apostoli di ripetere alla gente la confessione di Pietro. Essa infatti aveva bisogno

di un complemento essenziale: Il Figlio dell’uomo doveva venire ucciso.

Primo annunzio della passione (22-27) (Mc 8, 31-9, 1; Mt 16, 21-28)

Il culmine della manifestazione della dignità messianica di Cristo è seguita dalle predizioni della passione; esse fanno comprendere di che natura è il messianismo di Gesù.

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DEVE SOFFRIRE MOLTO (22) Gesù dice che egli deve soffrire, morire, risorgere; non si tratta di avvenimenti fatali, ma di fatti necessari al piano divino di salvezza. Dio porta a compimento la sua volontà salvifica, attraverso una serie

di eventi storici, che solo in parte dipendono dalla volontà degli uomini.

IL TERZO GIORNO (22) Il primo annunzio della passione fa corpo con i molti altri disseminati nel vangelo di Luca (cf 9,

44; 12, 50; 17, 25; 18, 31-33; 22, 37; 24, 7; 25, 27). Il mistero della passione e morte è possibile accettarlo

alla luce della risurrezione.

VUOL VENIRE (23) Seguono cinque detti di Gesù. Il primo riguarda il vero discepolo. Questi è uno che segue Gesù. E

poiché Gesù va verso la passione, la morte, anche il discepolo deve essere pronto a percorre la via della

passione e della morte per amor suo. E’ necessario rendere una testimonianza da cristiani in tempo di

persecuzione, anche fino al martirio, ma la croce va presa ogni giorno, essa è la legge permanente della

vita cristiana e non una soluzione di emergenza.

SALVARE LA PROPRIA VITA (24) Il secondo detto riguarda il valore del sacrificio della vita. Lo spirito di rinunzia deve arrivare fino

al sacrificio della vita per Cristo (per me); chi agisce così salva la vita. Non qualunque sacrificio della vita

è capace di salvarla, ma quello che ha per ispirazione Cristo e il suo Vangelo.

CHE GIOVA ALL’UOMO (25) Il terzo detto è sull’accumulo di beni che minaccia la fedeltà a Cristo e non dà salvezza. E’ necessario

scegliere tra questo accumulo e l’arricchire davanti a Dio.

CHI SI VERGOGNA (26) Il quarto detto fa cenno alla serietà dell’impegno per Cristo. Per chi lo avrà rinnegato (si sarà

vergognato) ci sarà la condanna quando ritornerà Cristo. (mi vergognerò).

ALCUNI QUI PRESENTI (27) Il significato esatto di questo detto di Gesù ci sfugge. Un’antica interpretazione dei Padri vede in

questa promessa la trasfigurazione in cui Pietro Giacomo e Giovanni videro Gesù trasfigurato, ma pare

poco verosimile. Un’altra interpretazione pensa all’affermarsi della Chiesa delle origini, mentre finiva il

Giudaismo, ai tempi della caduta di Gerusalemme.

Trasfigurazione del Signore(28-42) (Mc 9, 2-29; Mt 17, 1-21)

La scena della trasfigurazione si trova al termine del ministero di Gesù in Galilea e prima della

partenza per Gerusalemme (9, 51) e fa seguito alla confessione di fede di Pietro e all’annunzio della passione

(9, 18-27). Sconvolti dalle strane dichiarazioni di Gesù, i discepoli scoprono la sua gloria e la sua identità:

egli è Figlio e Parola di Dio. Luca descrive la trasfigurazione sullo schema delle teofanie antiche, (nube,

splendore), ma la novità evangelica si staglia su questo sfondo coreografico e la scena è di significato

cristologico. Questa è una delle pagine più importanti dell’opera lucana. Come gli altri sinottici, Luca

riporta l’esperienza anticipata della gloria, prima del viaggio a Gerusalemme.

PIETRO, GIACOMO E GIOVANNI (28) I fatti qui descritti avvengono “circa otto giorni dopo” la professione di fede di Pietro e l’annunzio

della passione (9, 18-27).

SUL MONTE A PREGARE (28) Monte e preghiera, note caratteristiche di Luca, introducono nella rivelazione. Luca è l’unico

evangelista che parla qui di preghiera. Il terzo evangelista spesso coglie Gesù in preghiera (3, 21; 5, 16;

6,12; 11, 1; 22, 32; 23, 34.). La manifestazione seguente è la risposta di Dio alla preghiera. Quando il

giusto si aggrappa a Dio, Dio risponde (Sl 9, 14-16).

MENTRE PREGAVA IL SUO VOLTO (26) Luca situa la trasfigurazione in rapporto alla vita interiore di Gesù. E’ a questo livello che si

decide in primo luogo la sua missione. Mentre prega la verità del suo intimo risplende: Dio lo riempie dal

di dentro, il suo volto cambia d’aspetto, le sue vesti rifulgono. Luca non definisce il fatto “trasfigurazione”,

che poteva recare confusione con le mitologie pagane e non si ferma a fare paragoni come Marco e Matteo.

DUE UOMINI (30) Col termine “uomini”, Luca presenta anche gli angeli della risurrezione (24, 4) e i due angeli

dell’Ascensione (At 1, 10).

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MOSE’ ED ELIA (30) Due testimoni garantiscono la veridicità del fatto (Dt 19, 15). Questi due uomini rappresentano la Legge e i Profeti (24, 27-44). Elia è già stato ricordato (9, 8-19), Mosè era sullo sfondo del miracolo del

pane (manna, deserto). I due hanno in comune l’esser saliti sulla montagna per pregare e cercare il Signore

e l’essere associati alla gloria di Dio, Mosè quando discese dal monte (Es 34, 29 ss), Elia quando fu rapito su

un carro di fuoco (2 Re 2, 11-12). Anche la tradizione giudaica li associava, ambedue erano legati al monte

(Carmelo e Sinai) ambedue rifiutati dal popolo, ambedue profeti, ambedue scomparsi misteriosamente. Luca

e la tradizione cristiana li considerano tipi di Gesù.

DELLA SUA DIPARTITA (31) Dipartita è letteralmente “ esodo”, che è tutto il mistero pasquale. La presenza di Mosè ed Elia

attesta la conformità dell’esodo di Gesù con le Scritture (vedi anche 24, 44).

COMPIERSI A GERUSALEMME (32) Per Luca Gerusalemme è il centro di tutto, sia nel Vangelo che negli Atti degli Apostoli.

OPPRESSI DAL SONNO (32) Come nel racconto dell’agonia (22, 45) Luca tende a scusare gli Apostoli, ma questo sonno

contrasta con la veglia di Gesù nella preghiera. Traspare nel racconto anche un certo invito alla vigilanza, che nel Getsemani è esplicita. Il sonno degli apostoli si può spiegare se si pensa che è possibile

che Gesù e i suoi abbiano trascorso la notte sul monte.

VIDERO LA GLORIA DI DIO (32) La gloria (doxa) della trasfigurazione è superiore a quanto appare a Mosè dopo la permanenza al

Sinai: per Mosè è un riflesso provocato dal contatto col mondo celeste, in Gesù è la rivelazione della gloria

che egli possiede durevolmente, per quanto non in forma manifesta. PIETRO DISSE A GESU’ (33) Pietro parla anche a nome degli altri. Gli apostoli non riescono a comprendere, e finiscono per

equiparare Gesù a Mosè ed Elia. E’ ancora grande la loro ignoranza.

VENNE UNA NUBE (34) E’ un’altra forma della manifestazione divina: la nube nasconde e rivela la presenza di Dio. Una

colonna di nubi tenebrosa e luminosa, accompagnava gli Ebrei nell’Esodo (Es 13, 21-22) e la nube coprì la

montagna per sei giorni (Es 19, 16). La potenza dell’Altissimo copre Maria con la sua ombra (Lc 1, 35).

ENTRARE IN QUELLA NUBE (34) La presenza di Dio li coinvolge. Vengono resi partecipi del mistero che accade. L’accedere nella

nube può significare che gli Apostoli formano con Gesù una comunità di vita e di destino; se l'ascoltano,

condivideranno un giorno la sua gloria (Gv 17, 10 9). A questo punto li coglie la paura, che coglie tutti

coloro che entrano in contatto col divino (Is 6, 1-5).

USCI’ UNA VOCE (35) Mentre nel Battesimo la voce si fa sentire a Gesù come conferma della sua messianicità (3, 22); qui la voce si rivolge agli apostoli. Essi scoprono, sentendo la voce, un nuovo aspetto di Gesù e, allo stesso

tempo, l’importanza per loro di dargli fiducia.

FIGLIO MIO L’ELETTO (35) “Figlio mio eletto” è la terminologia che designa il Messia (Is 4, 1). Gesù è il Figlio che nel suo

compito unico sostituisce gli antichi progetti. La parola di Dio rivela il mistero: colui che all’apparenza è

solo un uomo, che andrà alla morte, è la verità definitiva, la presenza (il Figlio) di Dio sulla terra. Per un

momento è sollevato il velo e si vede la parte vera di Gesù.

ASCOLTATELO (35) Tutto converge in quest’ordine. Gesù ha posto tali condizioni per seguirlo (9, 23-26), ha parlato di

passione, e i discepoli potrebbero esitare ad ascoltarlo. Perciò Dio dà loro l’appoggio della sua

testimonianza e l’ordine di ascoltare e seguire Gesù.

GESU’ RESTO’ SOLO (36) Mosè ed Elia hanno compiuto la loro missione di testimoniare, il Padre ha ordinato di ascoltarlo e

Gesù resta ora con i discepoli, che non debbono cercare altrove maestri: devono ascoltare e seguire solo

Gesù.

TACQUERO (36) Matteo e Marco dicono che è Gesù stesso che dice loro di tacere. Il silenzio è opportuno, perché

bisognerà che Gesù sia risuscitato per riconoscere nella trasfigurazione un anticipo della Risurrezione e

dell’entrata di Gesù nella gloria.

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DISCESI DAL MONTE (37) Luca riduce all’essenziale l’originario racconto di Marco e mette in risalto l’efficacia della parola di

Gesù e l’incapacità dei discepoli. Dopo la trasfigurazione scende dal monte e come successe a Mosè trova

una massa di gente incredula e sviata.

UN UOMO SI MISE A GRIDARE (37) Un caso pietoso è quello del padre che ha il suo unico figlio straziato da un male che viene fatto

risalire al demonio, e si esprime in fenomeni tipici dell’epilessia. Il padre, constatata l’impotenza dei

discepoli, si rivolge a Gesù.

O GENERAZIONE INCREDULA (41) Il rimprovero è rivolto alla folla, ai discepoli o al padre. Secondo alcuni commentatori Gesù lo fa

perché il miracolo viene chiesto per una salvezza materiale, non come segno e fatto che induce alla

conversione del cuore. Tali rimproveri li troviamo anche altrove nella bocca di Gesù: egli vuol mettere in rilievo lo scopo e il senso del miracolo e il fatto che si deve credere anche senza miracoli (cf Gv 4, 48).

Secondo annunzio della passione (43-50) (Mc 9, 30-41; Mt 17, 22-23; 18, 1-5)

Gesù annunzia per la seconda volta la sua passione con termini più vaghi della prima volta. (cf 9,

22).

AI SUOI DISCEPOLI (43) Viene fatta una distinzione tra la folla e i discepoli. I discepoli non devono farsi trascinare dalle

speranze del popolo. Non vedranno prodigi sempre più grandi, ma la consegna di Gesù nelle mani degli

uomini; questi faranno di lui quello che vorranno. E’ Dio che lo consegnerà per la salvezza del mondo.

AVEVANO PAURA (45) Le parole di Gesù sono chiare, ma ciò che dicono è misterioso e oscuro. I discepoli non vogliono interrogarlo al proposito, perché non vogliono saperne della morte di Gesù. Il mistero sarà svelato ai

discepoli quando Cristo risusciterà.

UNA DISCUSSIONE (46) L’incapacità dei discepoli a comprendere è confermato dalla loro disputa sulla preminenza. La

pretesa di essere il più grande si annida nei pensieri del cuore umano, anche dei discepoli.

PRESE UN FANCIULLO (48) Il fanciullo è preso da Gesù non come modello di innocenza, di purezza o di perfezione morale, ma

come uno che, contrariamente ai discepoli non ha pretesa alcuna, è in una situazione di totale dipendenza e disponibilità.

CHI ACCOGLIE (48) Gesù si identifica con i fanciulli e questi diventano sacramento della sua presenza, come altrove si

identifica nei continuatori della sua missione salvifica.

IL PIU’ PICCOLO (48) I valori sono capovolti. Chi entra nella logica evangelica spesso si vede costretto a rivedere i suoi

giudizi a riformulare i suoi principi.

SCACCIAVA I DEMONI (49) Gesù si mostra meno intransigente di Giovanni e invita i suoi a considerare come suoi possibili discepoli anche coloro che non lo sono ancora.

CHI NON E’ CONTRO (50) Troviamo sempre in Luca un’espressione contrastante con questa: “Chi non è con me è contro di

me” (Lc 11, 23). Sono vere tutte due, se non vengono assolutizzate.

Verso Gerusalemme Episodi e detti iniziali (51-62)

Ha inizio con 9, 51 un grande inserto di 10 capitoli conosciuto come il viaggio di Gesù a Gerusalemme. Si tratta della sezione centrale del vangelo di Luca, dedicata agli insegnamenti ai

discepoli.

Il grande viaggio reale ed ideale di Gesù verso Gerusalemme, meta non solo geografica del viaggio

di Gesù che si conclude con la morte. Attraverso la morte si realizza la sua glorificazione presso Dio. La

ferma decisione di Gesù di intraprendere questo viaggio è come quella del profeta Isaia inviato da Dio a

portare a termine e con perseveranza il suo compito (Is 59, 7). La strada più diretta e rapida dalla Galilea a

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Gerusalemme attraversa il centro della Palestina, la regione dei samaritani. In 9, 51-62 abbiamo la solenne

introduzione a tutta la sezione con le indicazioni di Gesù, segue il rifiuto dei samaritani e tre esortazioni a

chi accetta di seguire il Maestro.

STAVANO PER COMPIERSI (51) Luca inizia con un termine che adopera per altri grandi eventi (la pentecoste: At 2, 1, la decisione

di Paolo di andare a Gerusalemme e poi a Roma: At 19, 21) Il termine è sumplerousthai = stavano per

compiersi i giorni.

SAREBBE STATO TOLTO (51) Il greco dice tempo dell’analempsis che significa “assunzione”, e indica certo l’assunzione al cielo,

ma anche tutto il mistero pasquale.

SI DIRESSE DECISAMENTE (51) Letteralmente “fece il muso duro” e l’espressione è presa da un carme del Servo di Iavhé: “Rendo la

mia faccia dura come pietra “ (Is 50, 7) e indica la chiaroveggenza del futuro destino, la determinazione di

assumerlo, la fiducia in Dio. Gesù è cosciente di ciò che lo aspetta a Gerusalemme (9, 31) e si mette in

viaggio.

MANDO’ AVANTI DEI MESSAGGERI (52) E’ un modo biblico di esprimersi (vedi 5, 53 e 10, 1, in rapporto a Is 50, 7). Il versetto ricorda M l3,

1 “Io manderò il mio messaggero a preparare la via davanti a me”. Luca qui vede i discepoli nella parte che in 7, 27 ha il Battista. Il ruolo di questi messaggeri è di preparare (“per fare i preparativi per lui“) la

strada al Signore (vedi il Battista in 7, 27).

NON VOLLERO RICEVERLI (53) I Samaritani erano i discendenti dei gruppi asiatici venuti con l’invasione del 722, fusi con gli ebrei

dell’antico regno del Nord. Erano un gruppo ibrido dal punto di vista culturale e sincretistico dal punto di

vista religioso. La separazione dai Giudei divenne completa quando nel 325 costruirono un tempio sul

Garizin; e per i Giudei divennero eretici e scismatici. Il rifiuto in questa situazione è comprensibile, dato che Gesù è giudeo e si reca a Gerusalemme. Ma rifiutare l’accoglienza significa anche rifiutare di essere discepolo di Gesù. Questa scena anticipa il rifiuto di Gesù a Gerusalemme.

SCENDA UN FUOCO DAL CIELO (54) La richiesta ricorda 2 Re 1, 10-12 in cui Elia invoca il fuoco dal cielo sui due gruppi di 50 uomini

inviatigli da Acazia, successore di Acab; il fuoco distrusse i due gruppi. I due fratelli con questa richiesta

dimostrano di essere restati ancora discepoli del Battista.

MA GESU’ LI RIMPROVERO’ Gesù rifiuta di aderire alla richiesta. Si differenzia da Elia e non vuole annunziare il Vangelo in

questo modo. Lui è venuto a portare un fuoco sulla terra (12, 49), ma non si tratta del fuoco distruttore.

Dopo la sua risurrezione Filippo avrà la gioia di donare alle popolazioni della Samaria il “fuoco” dello Spirito, mediante l’imposizione delle mani. (At 8, 14-17).

VERSO UN ALTRO VILLAGGIO (57) Si continua il cammino, sperando di incontrare un villaggio più ospitale.

UN TALE GLI DISSE (57) C’è chi rifiuta, ma c’è anche chi vuole seguire Gesù e Luca qui introduce una raccolta di detti sul

tema della sequela. Il carattere enigmatico delle parole di Gesù suggeriscono l’idea che queste esigenze

saranno chiare solo nella luce della Pasqua. TI SEGUIRO’ (57) E’ la decisione impulsiva, che aveva avuto anche Pietro (22, 23), ma Gesù lo riporta ad un sano

realismo. Seguire Gesù è prima di tutto fare propria l’esperienza di un emarginato, di un perseguitato, di

un crocifisso.

NON HA DOVE POSARE IL CAPO (58) Gesù è un uomo in cammino; ha lasciato tutto partendo per Gerusalemme. Poserà il capo solo sulla

croce. Seguire Gesù implica rinunziare ad ogni sicurezza e rimanere povero per tutto il tempo della

sequela.

SEGUIMI (59) Ad un altro è Gesù che fa la proposta della sequela. Il chiamato chiede una dilazione per seppellire il padre e Gesù risponde in modo paradossale. mettendo in opposizione con vigore due mondi: quello dei

morti che si preoccupano dei morti, un mondo senza speranza e il mondo dei viventi al quale Gesù invita.

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Per morti si devono intendere coloro che non hanno ancora trovato la via del regno e perciò la loro vita

appartiene al mondo vecchio, non partecipe della risurrezione.

TU VA E ANNUNZIA IL REGNO Di fronte al primato del Regno il discepolo non può fermarsi a piangere i morti, fossero anche i

più cari congiunti, ma deve ricercare e annunziare la vita nuova del mondo nuovo. Così dimostrerà di

essere vivo avendo Gesù che è la vita, in mezzo ad una massa di morti, che non hanno la vita vera.

CHE IO CONGEDI (61) Nelle risposta al terzo personaggio, Gesù sottolinea ancora la necessità di una dedizione

incondizionata e indivisa. Più esigente di Elia con Eliseo (1 Re 19, 19-21), Gesù non vuole solo coraggio e

prontezza nell’accogliere il suo invito, ma anche costanza; non vuole discepoli nostalgici.

MANO ALL’ARATRO (62) L’esempio è ancora preso dal mondo agricolo, Nella difficile e sassosa terra della Palestina non fa un buon lavoro chi continuamente si distrae voltandosi indietro.

L’insegnamento di tutto il brano è chiaro. Non è lecito creare alternative all’invito di Gesù. Ogni tentativo di sottrarsi alla chiamata, ogni compromesso, ogni stratagemma per differire l’esecuzione, o altri

atteggiamenti simili, portano all’esclusione dal regno di Dio.

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Capitolo 10

Missione degli Apostoli 1 Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due

avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2 Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. 3 Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4 non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. 5 In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 6 Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7 Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l`operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. 8 Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, 9 curate i malati che vi si trovano, e dite loro: E`vicio a voi il regno di Dio. 10 Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: 11 Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. 12 Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città. 13 Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. 14 Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. 15 E tu, Cafarnao, sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata! 16 Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato".

Ritorno dei discepoli

17 I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". 18 Egli disse: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. 19 Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. 20 Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli".

Il vangelo rivelato ai piccoli

21 In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. 22 Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare". 23 E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 24 Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l`udirono".

Il buon Samaritano

25 Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?". 26 Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". 27 Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". 28 E Gesù: "Hai risposto bene; fà questo e vivrai". 29 Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?". 30 Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall`altra parte. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n`ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all`albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". 37 Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Và e anche tu fà lo stesso".

Marta e Maria 38 Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo

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accolse nella sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; 40 Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". 41 Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c`è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".

________________________________________

Missione dei settantadue (1-20) Solo Luca riferisce questa missione dei 72 discepoli. Però gran parte del materiale si trova in

Matteo, nel contesto della missione dei dodici o altrove. E’ una missione parallela con autorità e compiti

analoghi. 72, o 70 secondo alcuni codici, indica un gruppo vasto di discepoli. Nella riflessione cristiana

successiva questo episodio viene trascritto negli schemi della missione cristiana al mondo dei pagani, infatti nella tradizione giudaica le nazioni che avevano sentito la proclamazione della legge sul Sinai erano

70 (Gn 10.).

72 DISCEPOLI E LI INVIO’ A DUE A DUE (1) Luca indica Gesù come il Signore, che manifesta la sua dignità designando e inviando; designare

(anadeicnumi) è un vocabolo con validità giuridica e indica che l’incaricato ha validità giuridica. Anche

l’essere inviati a due a due ha valore giuridico, la testimonianza di due è legale (Dt 19, 15: “essere sulla

bocca di due testimoni”). I discepoli sono inviati come araldi del re, come veri precursori, sulla linea degli

apostoli (9, 1), dove deve andare Gesù.

LA MESSE E’ MOLTA (2) Gli uomini vengono paragonati alla messe, che deve essere raccolta per il regno di Dio. L’uso del

termine “messe” per esprimere il giudizio di Dio è di origine profetica (Gl 4, 13). Il campo di missione della

Palestina è l’inizio di un campo di messi ben più vasto e si estenderà ad “ogni città e luogo”, e gli operai

sono davvero pochi.

PREGATE IL PADRONE (2) Dio dispone di tutto ciò che riguarda la messe. L’assunzione nel regno è opera sua, ed è lui che

dona la vocazione. Perciò Gesù esorta a pregare Dio perché susciti negli uomini lo spirito dei discepoli. La

preghiera a Dio tiene desta negli annunciatori la consapevolezza che sono chiamati e mandati per grazia di

Dio. (“per grazia di Dio sono ciò che sono”: 1 Cor 15, 10).

ANDATE: ECCO IO VI MANDO (3) “Andate”, questa parola riassume tutta la missione: congedarsi, andare, operare. Io vi mando, l’”Io”

domina la frase ed esprime il mandato di Gesù, e dietro Gesù indica la volontà di Dio.

COME AGNELLI (3) Emerge subito il realismo di Gesù diverso da tanti proclami propagandistici. Egli dice che la

missione si svolgerà tra difficoltà. Dal punto di vista umano l’annunzio del vangelo non avverrà in

situazioni rosee; come si trovò colui che li ha mandati, così vengono a trovarsi i discepoli, come agnelli in

mezzo a lupi. NON PORTATE BORSA (4) L’equipaggiamento del missionario deve essere estremamente sobrio per diventare segno della

scelta totalitaria e radicale. Non ci si deve fermare nella strada a salutare gli altri, usando i lunghi

convenevoli orientali, perché il lavoro è urgente. Però Gesù suggerisce un nuovo saluto carico di un

significato nuovo. PACE A QUESTA CASA (5)

Non è il semplice “shalon”, che anche oggi si scambiano gli ebrei, ma un saluto (Pace), che è segno del Regno di Dio, della vita, della novità, del rinnovamento di vita che il regno apporta, e in esso sta

nascosta una potenza salvifica, una benedizione apportatrice dei beni di chi ha inviato, un augurio che

opera ciò che indica.

UN FIGLIO DELLA PACE (5) Le parole di pace operano ciò che esprimono, se trovano un “figlio della pace”, uno aperto alla

salvezza, allora la pace si posa su di lui come lo spirito riposava sui settanta anziani, con i quali Mosè lo

condivise (Num 11, 25). La pace invece ritorna indietro se è rifiutata.

RESTATE IN QUELLA CASA (6) I figli della pace ricambiano con l’ospitalità il dono portato dagli annunciatori. E questa ospitalità è

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in fondo un fatto di giustizia, perché il missionario è un lavoratore ingaggiato dal Signore ed ha diritto

alla sua mercede. Questo principio verrà ribadito anche da Paolo, anche se lui preferisce non usufruirne (1

Cor 9, 14-18; 1 Tm 5, 18).

MANGIANDO.. NON PASSATE (7) Gli apostoli accettino ospitalità e vitto di chi li accoglie, senza andare a cercare un alloggio migliore. La grande istanza dei missionari è l’annunzio del regno, non l’interesse personale.

QUANDO ENTRERETE (8) L’orizzonte si amplia; oltre che della “casa” si parla anche della “città”; l’annunzio del vangelo si

diffonde anche in ambiente ellenistico, e allora chi ospita può essere un pagano: anche in questo caso si

mangi pure quanto viene offerto, senza tener conto di cibi puri o impuri, cosa che per i cristiani non ha più

significato. Così pare che Luca interpreti questo comando del Signore. Per la missione fra i pagani questa

libertà di coscienza aveva un profondo significato (Vedi anche Atti 11,3).

I Discepoli devono dire e fare quanto dice e fa Gesù: curare i malati e annunziare il regno che sta

per venire. L’avvicinarsi di Gesù è infatti l’avvicinarsi del Regno di Dio.

E NON VI ACCOGLIERANNO (10) Ma quando i discepoli non saranno accolti dovranno pubblicamente e solennemente dichiarare la loro separazione e il loro anatema. I giudei scuotevano la polvere dai loro piedi, quando venendo da un

paese pagano volevano entrare nella terra santa della Palestina; con ciò volevano dire che tra Israele e i

pagani non c’era nulla in comune. Una città che non accoglie il messaggio di Cristo si estranea dal popolo di Dio. Il gesto è segno di una rottura definitiva e di un giudizio che Dio sta per pronunziare contro di loro.

Paolo e Barnaba faranno questo gesto ad Antiochia di Pisidia (Atti 13, 51).

SAPPIATE PERO’ (11) L’annunzio conclusivo che il Regno di Dio si avvicina, è come dire che è ancora possibile la

conversione, ma che è l’ultima possibilità.

IO VI DICO (12) La colpa di colui che rifiuta Gesù e i beni del Regno è maggiore della colpa di Sodoma. La

minaccia del giudizio è chiara ed inequivocabile: la decisione si compie nell’accettazione del messaggio.

GUAI A TE CORAZIN (13) Seguono i versetti 13-16 con i “guai” a Corazin, Betsaida e a Cafarnao (13-15). Queste tre città

formavano il Nord-est del lago di Genesaret, entro il quale l’attività di Gesù si era sviluppata al massimo.

Di tale attività vengono messi in rilevo in particolare i miracoli, nei quali si era manifestata la potenza divina

di Gesù. Corazin e Betsaida non hanno fatto buon uso della grazia avuta. Le città pagane Tiro e Sidone

erano ritenute come centri del materialismo e non avevano ricevuto le grazie delle città della Galilea; se Dio

le avesse visitate, gli abitanti avrebbero fatto penitenza; vestendosi di crine e sedendosi col capo cosparso di

cenere, atteggiamenti che erano segno di lutto e di penitenza. Perciò Tiro e Sidone nel giudizio saranno

trattate con mitezza, Corazin e Betsaida con inesorabile giustizia.

E TU CAFARNAO (15) Il centro dell’attività di Gesù era stata Cafarnao. A questa città viene ripetuto ciò che era stato detto del re babilonese: “..Dicevi…mi innalzerò sopra le più alte regioni delle nubi...invece sei precipitato nell’abisso..”

(Is 14, 13-15).

ASCOLTA ME (16) L’inviato è come il mandante. Nei messaggeri viene Gesù e in Gesù viene Dio. La parola detta dai

messaggeri è Gesù che la dice, ed è Dio che pronunzia le parole di Gesù.

I 72 TORNARONO (17) Luca registra subito la conclusione della missione. I discepoli tornano “pieni di gioia”, perché

hanno esperimentato la potenza dello Spirito Santo nelle loro stesse azioni, e chiamano Gesù “Signore”,

perché solo pronunziando il suo nome avevano constatata la vittoria sui demoni ostili al regno.

VEDEVO SATANA (18) Negli esorcismi dei discepoli appare manifesta la vittoria del Regno di Dio sulle potenze sataniche e spezzata la potenza di satana. L’espressione: “Vedevo Satana …“ ricorda quanto è detto in

Isaia 14, 12 riguardo alla caduta di Nabucodonosor: “Sei a terra reciso.. sei precipitato nell’abisso, nel

profondo sottoterra”. Non è detto quando Gesù vide questo. Forse si può pensare al momento della

tentazione. La vittoria su satana è frutto della passione e morte, e nella parusia ci sarà il definitivo

esautoramento di satana.

VI HO DATO IL POTERE (19) Serpenti e scorpioni ricordano il deserto attraversato da Israele (Dt 8, 15), e indicano la tentazione,

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minaccia alla nostra libertà. Il Messia cammina su vipere e aspidi (Salmo 91, 15) e dà questo potere

anche ai discepoli e poi ai 72. Il senso di questo potere è specificato dall’asserzione: “sopra ogni potenza del nemico”. Satana usa ogni potenza per danneggiare gli uomini, ora la sua ostilità non può più nuocere,

poiché è sorto il regno di Dio ed è presente una potenza più grande e più forte che vince satana. Paolo in

Romani 8, 37-39 dirà: “In tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amato. Io

sono sicuro che né principati, né presente…“.

I VOSTRI NOMI SONO SCRITTI (20) E’ più importante essere amati da Dio che schiacciare il nemico. Il motivo supremo della gioia sta

nel poter aver parte al regno di Dio, nel ricevere la vita eterna, nell’essere in comunione con Dio.

L’inno di giubilo (21-23) (Mt 11, 25-27; 13, 16-17)

Nel momento in cui tornano i 72, Gesù è pieno di giubilo e prega intensamente.

ESULTO’ NELLO SPIRITO SANTO (21) Gesù è pieno di gioia perché la pienezza dei tempi e la salvezza si annunziano nella vittoria su

satana e nella partecipazione alla vita eterna. La sua vita è mossa dallo Spirito ed egli esulta e prega per

virtù dello Spirito.

TI RENDO GRAZIE (21) La preghiera di Gesù esprime la lode a Dio e il ringraziamento. Gesù loda il Padre e con ciò lo

ringrazia. Si uniforma interiormente alla sua volontà e afferma nella lode l’unità della sua volontà con

quella del Padre.

HAI NASCOSTO (21) Gesù loda il Padre che esercita la sua sovranità in cielo e in terra perché ha rivelato le realtà

misteriose ai piccoli, mentre le tiene nascoste, per la loro colpevole disposizione d’animo, ai dotti e ai

sapienti. Questi rappresentano gli scribi e i farisei, che credono di vedere, ma rimangono ciechi (Gv 9, 39-

41). I “piccoli” non hanno una sapienza umana, non se ne vantano, come di un privilegio e sono aperti alle

rivelazioni dello Spirito (1 Cor 1, 26; 2, 16).

OGNI COSA MI E’ STATA AFFIDATA (22) Gesù parla del suo rapporto con Dio. Dio ha consegnato tutto a lui, in quanto Figlio dell’uomo:

ogni potere, ogni regno di questo mondo, tutti gli uomini: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra”

(Mt 28, 18). Il Padre ama il Figlio e ha posto tutto in sua mano (Gv 3, 35). Tra tutte le cose che il Padre ha

rimesso al Figlio c’è anche la conoscenza che il Figlio ha del Padre e la facoltà di rivelarlo agli uomini.

NESSUNO SA (22) Il Padre conosce il Figlio e il Figlio conosce il Padre; ne consegue che il Padre e il Figlio vivono

nella più intima comunione. (Nessuno sa …). Gesù e Dio si conoscono reciprocamente e la comunione tra il

Padre e il Figlio è esclusiva. Da se stesso l’uomo non può conoscere il Padre e lo conosce solo colui a cui il Figlio voglia rivelarlo e a cui concede di partecipare alla vita eterna: “La vita eterna consiste in questo,

che conoscano te...e colui che hai inviato” (Gv 17, 3).

BEATI GLI OCCHI (24) I discepoli devono essere consapevoli della grazia di aver avuto da Dio la conoscenza del Messia e

dell’inizio del tempo salvifico e di aver ascoltato la rivelazione di Gesù. Queste realtà hanno desiderato i

profeti ma non le hanno né viste, né udite.

Comandamento dell’amore e il buon Samaritano (25-37) (Mc 12, 28-34; Mt 34, 40-17)

Lungo la strada che porta a Gerusalemme un dottore della legge pone a Gesù due domande

legaliste e Gesù risponde uscendo dal terreno legale e proclamando un messaggio di amore vero.

UN DOTTORE DELLA LEGGE(25) Questo dottore della legge pone una domanda che gli allievi ponevano sempre ai loro maestri e

che le folle avevano posto al Battista (3, 10). Essa non aveva ancora trovato una risposta univoca. Nella

domanda l’accento è posto sul “fare”, secondo una caratteristica del pensiero biblico e giudaico.

GESU’ GLI DISSE (26) La domanda è fatta per mettere alla prova Gesù, ma Gesù risponde lo stesso e, secondo le regole

della discussione scolastica, rimanda alla Legge.

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AMERAI IL SIGNORE (27) Il dottore della Legge cita i due comandamenti dell’amore di Dio (Dt 6, 5) e dell’amore del

prossimo (Lv 19, 18). Ma essi sono uniti sotto un solo verbo “amerai”, come se fossero un unico

comandamento. Questo ebreo vede nel doppio comandamento il cuore della Legge. In Marco e Matteo la

combinazione viene fatta da Gesù e lodata dall’interlocutore. Questa fusione dei due comandamenti appare

qui come una realtà precristiana; l’AT infatti ha preparato l’insegnamento di Gesù. Tuttavia la

letteratura rabbinica non opera la congiunzione tra queste due leggi.

FA QUESTO E VIVRAI (28) Gesù approva, ma specifica che ciò che conduce alla vita non è il sapere quale è il comandamento

più importante, ma il metterlo in pratica.

VOLENDO GIUSTIFICARSI (29) A questo punto la domanda del dottore della legge appare del tutto inutile. Ma egli intende

giustificare il motivo della sua richiesta: non voleva solo mettere alla prova Gesù, ma richiedere un

concetto più chiaro di prossimo e sapere quali sono i limiti della carità, cose che non avevano ancora

trovato una risposta univoca.

UN UOMO SCENDEVA (30) Gesù racconta una storia. Questa parabola ce la trasmette solo Luca. Gerico (350 metri sotto il

livello del mare) si trova mille metri al di sotto di Gerusalemme (740 metri sul livello del mare) e si ha

notizia fino ai tempi moderni di assalti di ladroni lungo la strada solitaria e sassosa di circa 27 chilometri.

Dell’uomo qualunque che scende non si conosce la nazionalità; i ladroni inferiscono pesantemente sul

malcapitato, che probabilmente si era difeso, lasciandolo spoglio, ferito, mezzo morto.

PER CASO UN SACERDOTE (31) Gesù presenta due atteggiamenti da evitare ed uno da imitare. Il sacerdote e il levita, si

comportano in modo egoistico, alla maniera di chi antepone il proprio comodo alla compassione per il

poveretto. e passano oltre. Non è detto perché lo facciano: forse lo credevano morto e non volevano rendersi

culturalmente impuri (Lev 21, 11), o forse perché temevano di essere anche loro aggrediti. I due sono Ebrei rispettabili, ma non veri interpreti della Legge.

Il Samaritano è un eretico che vive appartato dal mondo ebraico. Egli ha compassione del ferito e

non rimane inattivo, Vengono enumerati sei atti di amore: si fece vicino fasciò le ferite, versò olio, caricò

sopra un giumento, lo portò in una locanda, estrasse due danari.

CHI DI QUESTI TRE (36) Il dottore delle legge che non ha difficoltà a dire che il prossimo è stato “colui che ha avuto

compassione”, ha la risposta alla sua seconda domanda (Chi è il mio prossimo?): prossimo è ogni uomo

che si accosta agli altri con amore fattivo e generoso, senza tener conto delle barriere religiose, culturali,

sociali, e che vede le frontiere dell’amore stabilite dal bisogno dell’altro. (Dirà S Bernardo: “la misura

dell’amore è l’amore senza misura”).

VA E FAI LO STESSO (37) Ma Gesù a questo punto obbliga a fare un’inversione. Ora non si tratta più di sapere chi è il

prossimo, ma di fare il prossimo. Nel buon samaritano Gesù non propone solo un esempio da imitare, ma

apre una prospettiva nuova nell’organizzare i rapporti umani.

Marta e Maria (38-42) L’inizio di questo racconto presenta una certa relazione con l’inizio del viaggio. Nel cammino

verso Gerusalemme, in Samaria, Gesù era stato rifiutato, qui, mentre prosegue il suo cammino, trova alloggio. L’episodio è riferito solo da Luca.

La pericope stabilisce un confronto tra la condotta delle due sorelle, ma il significato del

confronto non è di facile comprensione. I Padri della Chiesa hanno voluto leggervi la superiorità della

contemplazione sull’azione; alcuni autori moderni parlano della liturgia e della diaconia. Siamo comunque

di fronte a due tipi: Maria dà alla parola di Dio il posto che merita nella sua vita, Marta diventa il tipo di

chi si trova impegnato in attività varie, che possono rivelare un amore evangelico, e finisce per

sottovalutare l’importanza della Parola.

ENTRO’ IN UN VILLAGGIO (38) Non è detto quale sia il villaggio. Secondo la tradizione giovannea la casa di Marta e Maria è a

Betania (Gv 11, 1), che si trova nelle vicinanze di Gerusalemme Luca non poteva dirlo, perché

Gerusalemme è la meta del viaggio di Gesù e dovrà essere raggiunta solo quando sarà scoccata l’ora.

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UNA DONNA DI NOME MARTA(38) Gesù entra nella casa di Marta e Maria certamente anche per il pranzo. Non è detto se con lui ci

siano gli Apostoli.

MARIA… SEDUTASI (38) Siede come una discepola, come Paolo ai piedi di Gamaliale. (Atti 22, 3) Gesù è il maestro, Maria la discepola. I maestri della legge ebrei non spiegavano la legge alle donne.

MARTA INVECE (39)

Mentre Maria sta ai piedi di Gesù, Marta è occupata a preparare la mensa. Gesù viene onorato in

due modi: nell’atto dell’amore che serve e dall’ascolto della parola. SIGNORE NON TI CURI (40) Marta non comprende l’atteggiamento di Maria, che ascolta inattiva; per lei servire a tavola è più

importante. Essa sopravaluta il suo servizio e sottovaluta l’ascolto della parola. Non comprende che Gesù

è innanzi tutto colui che dà e che lo si serve soprattutto ascoltandolo. Marta si rivolge a Gesù in tono di

leggero rimprovero, e vuole indurre Maria a lasciare l’ascolto per il servizio.

TI PREOCCUPI E TI AGITI (41) La ripetizione del nome rivela compassione, preoccupazione e amore. Gesù riconosce ciò che Marta fa,

ma giudica il suo darsi da fare un preoccuparsi affannoso e un trascurare l’essenziale.

UNA SOLA COSA (41) Ciò che fa Marta è cosa buona, ma ciò che fa Maria è cosa migliore. Gesù pone l’ascolto della Parola come l’unica cosa necessaria. Ascoltare la parola del Signore è la condizione perché il servizio

non diventi uno sterile agitarsi a vuoto per il bisogno di autogratificazione. Sempre in Luca (11,28) Gesù

dirà: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano“. La parte buona è l’ascolto della parola, che può aprire alla salvezza, alla vita eterna. La parte buona, in quanto tale non sarà mai

tolta, la salvezza resta sempre. Dietro la parola di Gesù c’è la verità che il primo posto nella vita deve

essere riservato a Dio.

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Capitolo 11

La preghiera cristiana 1 Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli

gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli" 2 Ed egli disse loro: "Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione". 5 Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; 7 e se quegli dall`interno gli risponde: Non m`importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; 8 vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. 9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!".

Il demonio muto

14 Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. 15 Ma alcuni dissero: "E` in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni". 16 Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. 17 Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull`altra. 18 Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. 19 Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. 20 Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. 21 Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. 22 Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l`armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. 23 Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde. 24 Quando lo spirito immondo esce dall`uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. 25 Venuto, la trova spazzata e adorna. 26 Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell`uomo diventa peggiore della prima".

Elogio della Madre di Gesù

27 Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". 28 Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!".

Il segno di Giona

29 Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorchè il segno di Giona. 30 Poiché come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell`uomo lo sarà per questa generazione. 31 La regina del sud sorgerà nel giudizio insieme con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dalle estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, ben più di Salomone c`è qui. 32 Quelli di Nìnive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c`è qui. 33 Nessuno accende una lucerna e la mette in luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce. 34 La lucerna del tuo corpo è l`occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. 35 Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. 36 Se il tuo corpo è tutto luminoso senza

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avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore".

Gesù e i farisei 37 Dopo che ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a

tavola. 38 Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 39 Allora il Signore gli disse: "Voi farisei purificate l`esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. 40 Stolti! Colui che ha fatto l`esterno non ha forse fatto anche l`interno? 41 Piuttosto date in elemosina quel che c`è dentro, ed ecco, tutto per voi sarà mondo. 42 Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l`amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. 43 Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. 44 Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo". 45 Uno dei dottori della legge intervenne: "Maestro, dicendo questo, offendi anche noi". 46 Egli rispose: "Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! 47 Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. 48 Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri. 49 Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; 50 perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall`inizio del mondo, 51 dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l`altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. 52 Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l`avete impedito". 53 Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, 54 tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

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Preghiera (1-13) (Mc 6, 9-13; Mt 7, 7-11)

Nel resoconto del viaggio di Gesù verso Gerusalemme vengono inseriti da 11, 1 a 12, 22 alcuni suoi insegnamenti.. In 11, 1-13 l’insegnamento riguarda la preghiera e il brano si compone di 3 parti: i

discepoli chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare ed egli offre un modello di preghiera, poi racconta la parabola dell’amico importuno, e invita a pregare con fiducia il Padre.

SI TROVAVA IN UN LUOGO A PREGARE (1) La preghiera è un aspetto caratteristico della figura di Gesù tratteggiata da Luca. E’ il luogo del

suo incontro con il Padre. Gesù pregava nella solitudine, sul monte, nell’orto degli ulivi, ovunque. In

questo caso non è detto dove egli prega, ma si fa cenno all’esemplarità della sua preghiera.

INSEGNACI A PREGARE (1) Giovanni Battista aveva insegnato a pregare ai suoi discepoli ed è probabile che essi avessero, come

altri gruppi, preghiere specifiche. I discepoli di Gesù vogliono avere anche loro preghiere proprie.

QUANDO PREGATE DITE (2) Il “Padre nostro” che Gesù insegna ci è giunto in due versioni: quella di Matteo (6. 9-13), con cui

anche oggi prega la comunità cristiana e questa di Luca. E’ da pensare che ci fossero due tradizioni circa la

preghiera insegnata da Gesù, che quella di Luca fosse la più vicina all’originale e che Matteo ne abbia ampliato un po’ il tenore. La stessa osservazione vale per le beatitudini di Matteo e di Luca.

PADRE (2) La semplice invocazione che equivale ad Abbà, suppone un’intimità più filiale del solenne “Padre

nostro” di Matteo di sapore giudaico (abinu) (Mt 6, 9), è più “cristiana”, indica un rapporto speciale tra

Gesù e Dio e ci vuole rendere consapevoli e gioiosi della nuova condizione di figli.

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME (2) Non è espresso un desiderio, ma viene pronunziata una preghiera; si implora Dio che glorifichi il suo nome. “Nome” è un modo per indicare Dio con rispetto. “Santificare Dio e il suo nome” è una frase

comune nell’AT per indicare la manifestazione di ciò che è Dio nella sua santità, nella sua gloria, nella sua

volontà salvifica. La preghiera è un desiderio illimitato e ardente per la glorificazione finale di Dio. E Dio

glorifica sé stesso quando, mediante la manifestazione della sua potenza, si mostra come colui che è

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assolutamente diverso, quando si mostra Padre, quando si manifesta ai suoi piccoli e li fa suoi figli, quando

sorge il regno di Dio.

VENGA IL TUO REGNO (2) Anche il Regno appartiene a Dio (cf Sl 22, 29; 103, 19) e tocca a lui solo manifestarlo. Il regno di

Dio è la signoria di Dio. Quando Dio afferma il suo regno, satana è vinto e inizia il tempo salvifico. Ora Gesù è venuto ad inaugurare i tempi forti del regno di Dio e ha portato il tempo della salvezza.

Ciononostante Gesù insegna a pregare che venga il regno di Dio, perché con Gesù si è ancora all’inizio e la pienezza sarà alla fine. Questa preghiera quindi coincide con la preghiera che venga Gesù: “Maranatha –

Signore vieni (1 Cor 16,22).

DACCI OGNI GIORNO (3) Il discepolo prega per il “nostro pane”, non solo per sé, ma anche per la comunità. Il pane che

chiede è quello ”quotidiano”, il pane necessario ogni giorno, prega solo per il necessario, come già pregava

Proverbi 30, 8 “Non darmi né povertà, né ricchezza; ma mantienimi la mia razione di pane”; prega “giorno

per giorno”, perché riconosce ogni giorno davanti al Padre il suo bisogno, prega senza stancarsi. Secondo alcuni sembra che Luca pensi di più al pane escatologico, che consiste nel partecipare al

banchetto messianico, che a quello materiale.

E PERDONACI I NOSTRI PECCATI (4) Passando da un aspetto giuridico ad uno esistenziale, si parla di “peccati” e non di “debiti”. E’ il

riconoscimento di essere veramente peccatori di fronte a Dio e il richiedere sinceramente perdono. Nella

Bibbia il peccato è disobbedienza a Dio: “Contro di te, contro te solo ho peccato” (Sl 50, 6), perciò la colpa

può essere perdonata solo da Dio.

PERCHE’ ANCHE NOI (4) Gesù ha proclamato: Perdonate e vi sarà perdonato (6, 37). Chi perdona a suo fratello può sperare

che Dio lo perdoni e la disposizione a perdonare i fratelli è la condizione per ottenere la misericordia di

Dio.

NON CI INDURRE IN TENTAZIONE (4) Il “peirasmòs” di cui qui si tratta non è la semplice tentazione, ma la prova alla quale Dio sempre

sottomette i massimi protagonisti della storia della salvezza (es Gn 22, 11 per Abramo), la prova attraverso

cui Satana fa passare alcuni esponenti della storia biblica (vedi Giobbe 1-2). E’ la prova della fede, a

cominciare dallo scandalo dei discepoli, durante la passione. Questo significato radicale sembra qui quello

indicato dalla preghiera. Non si chiede di non essere tentati, ma di non essere esposti ad una tentazione da

non poterne uscire se non peccatori. SE UNO DI VOI HA UN AMICO (5) Sovente questa parabola è indicata come la parabola dell’amico importuno, sottolinea infatti la necessità dell’insistenza.

La parabola è ambientata logicamente in Palestina e a noi sono necessarie alcune spiegazioni: l’amico

viaggia di notte, perché è più fresco e giunge a mezzanotte, tre pani, sono il pasto per una persona,

accogliere l’ospite è un dovere sacro, ma l’amico si arrabbia per il momento e non gradisce il titolo di

amico, la casa ha un solo locale, la porta è chiusa con una grossa trave, il giaciglio è una stuoia, i bimbi

dormono vicini ai genitori, aprire costa fatica e provoca rumore e tutti devono alzarsi, non posso, significa

non voglio.

Chi chiede non lo fa per egoismo, ma per necessità, chi alla fine dona lo fa per togliersi di mezzo

un seccatore. Così ci comportiamo noi uomini. E Dio?

EBBENE IO VI DICO (9) Dio, dice Gesù, esaudisce sempre la preghiera, non si nasconde davanti a chi chiede. I tre

pressanti inviti: chiedete, cercate, bussate inculcano la ferma fiducia che si deve avere nella preghiera, le asserzioni impersonali o passive: sarà dato, troverete, vi sarà aperto indicano l’azione di Dio, la sua

generosità. CHI CHIEDE OTTIENE (9) Non è detto per che cosa si prega, per che cosa si cerca; è importante l’atteggiamento del

chiedere, del cercare, del picchiare, la consapevolezza della propria insufficienza, la speranza in Dio.

QUALE PADRE TRA VOI (11) Dare un sasso al posto del pane è uno scherno; dare una serpe anziché il pesce è un gesto cattivo,

dare uno scorpione invece dell’uovo è un delitto mortale. E un padre, anche se cattivo, non ha il coraggio

di ingannare la fiducia del suo figlioletto dandogli cose inutili o pericolose, che lui non sa ancora

distinguere.

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VOI CHE SIETE CATTIVI (13) Questa asserzione sarebbe secondo alcuni un giudizio morale sulla corruzione dell’uomo, per altri

un’asserzione che gli uomini sono “cattivi” a confronto di Dio che è il solo buono.

SPIRITO SANTO (13) Mentre Matteo 7, 11 dice “Il Padre vostro darà cose buone”, Luca asserisce che la cosa buona che

il Padre dona è nientemeno che lo Spirito Santo, che è il dono per eccellenza.

Gesù rivela qui quale è il dono che si deve chiedere e che sicuramente si ottiene nella preghiera, lo Spirito Santo; solo così la preghiera non è un’arte magica per piegare Dio, né una consolazione davanti alle

frustrazioni e agli scacchi della vita, ma la totale apertura all’amore fedele di Dio, a quella libertà creativa,

che ha nel dono dello Spirito la sua fonte e lo stimolo permanente. Lo Spirito è il dono concesso ai discepoli,

che vivono nel periodo tra il tempo salvifico di Gesù e la parusia. Per poter stare e operare sotto il suo

influsso è necessaria la preghiera.

Il più forte - Beatitudine (14-28) (Mc3, 22-27; Mt 12, 22-30. 44-45)

Seguono due gruppi di detti di Gesù; il primo (11, 24-26) parla del Regno di Dio che viene quando

Gesù caccia i demoni con la potenza di Dio, il secondo (11, 27-28) tratta della beatitudine di chi ascolta e

mette in pratica la parola di Dio.

SCACCIANDO UN DEMONIO (14) Con semplicità viene presentato il fatto della guarigione di un ossesso. Il demonio è uscito,

l’ossesso che era muto parla. Il demonio è denominato muto perché si credeva che la malattia dell’ossesso

corrispondesse alla natura del demonio, causa della malattia. Il miracolo è evidente e suscita la meraviglia

del popolo.

MA ALCUNI DISSERO (15) Ma i critici non si lasciano convincere facilmente. Alcuni pensano che gli esorcismi hanno un valore

equivoco, perché si possono anche attribuire ad una suggestione diabolica o alla convivenza con satana, qui

chiamato Beelzebub, storpiatura del nome di un’antica divinità dei filistei, Baalzebub, che significa “Baal,

signore della dimora“(cf 2 Re 1-2). Altri obiettano che Gesù non opera un segno spettacolare atteso per

qualificarsi come Messia, quale sarebbe un segno nel cielo o nella luna o nelle stelle; cacciare i demoni o

guarire malattie per loro non sono segni validi.

CONOSCENDO I LORO PENSIERI (17) Gesù non solo fa miracoli, ma conosce i cuori e vede i pensieri della gente. E risponde ai mal

disposti con alcune argomentazioni.

OGNI REGNO DIVISO (17) Prima dice che satana non potrebbe concedere nessun potere a Lui contro i suoi sottoposti, i

demoni, ciò sarebbe andare contro il proprio regno, dato che Gesù va contro il regno di satana espellendo i

demoni. Poi dice che se fosse vera l’accusa dei denigratori essa si potrebbe ritorcere contro tutti gli

esorcisti giudei: anche essi cacciano i demoni e non certo per il potere concesso dal capo dei demoni.

SE INVECE IO SCACCIO (20) Non rimane dunque altra alternativa: Gesù scaccia i demoni con la potenza di Dio (dito = potenza

cf Es 8, 15). E se la potenza di Dio è in atto nello sconfiggere satana, allora è giunto il regno di Dio in

mezzo agli ascoltatori (per voi).

QUANDO UN UOMO FORTE (21) La piccola parabola dell’uomo forte mette in luce la vittoria di Cristo su satana. Chi non riconosce

Gesù si mette contro Gesù: di fronte a lui non è possibile restare neutrali e chi non raduna il gregge attorno

a Cristo lo disperde e lo fa perire. Qui l’allusione è ai capi del popolo, che si mettono contro Cristo e

danneggiano il popolo.

QUANDO LO SPIRITO (22) L’uomo che ha fatto l’esperienza della libertà dal potere del male corre il rischio di considerarsi

immune da regressioni, sicuro di non essere ripreso da satana. E’ invece necessario stare in guardia, perché

satana non si rassegna e ritorna sempre all’attacco. L’asserzione è fatta con l’immagine di satana che

esce da una casa (una persona), si ritira in luoghi deserti (ritenuti sua abituale dimora: cf Tob 8, 3), con

l’ostinazione vuole nuocere (non trova riposo), che ritorna con tutte le forze (sette demoni) per prendere

totale possesso della persona.

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UNA DONNA (27) Una donna del popolo, profondamente toccata dalla grandezza di Gesù proclama la felicità della

madre che ha un tale figlio.

ASCOLTANO LA PAROLA DI DIO (28) Certamente la madre di Gesù è da lodare, e la grandezza di Gesù rende grande la sua madre. Ma la

maternità fisica da sola non è motivo sufficiente per essere chiamata beata. Molto più è da proclamare

beato chi ascolta la parola di Dio e la osserva. E non c’è dubbio che Maria abbia creduto e osservato la

parola di Dio e è beata molto di più per questo che per la maternità fisica.

Altri detti di Gesù (28-54) (Mc 8, 11-12; 7, 1-9; Mt 6, 22-23; 12, 38-42; 16, 1-4; 15, 1-9)

Un terzo gruppo di detti di Gesù (11, 29-36) contiene la risposta alla domanda del segno. Un quarto (11, 39-

44) è contro il fariseismo. Un quinto (11, 45-54) è contro i legalisti.

CERCA UN SEGNO (28) Gesù ora risponde a coloro che cercano da lui un segno spettacolare per accettarlo come Messia e

prende una chiara posizione. Si rifiuta esplicitamente di dare un tale segno, che è richiesto da persone non

disposte ad accettare la parola di Dio annunziata da Gesù. (generazione malvagia).

FUORCHE’ IL SEGNO DI GIONA (29) Ma un segno lo darà e sarà quello di Giona, che fu inghiottito dal pesce e ributtato sulla spiaggia

dopo tre giorni. E’ una chiara allusione alla sua morte e risurrezione.

LA REGINA DEL MEZZOGIORNO (31) I contemporanei sono induriti contro la sapienza di Dio e contro l’appello alla penitenza ed esigono miracoli per credere, Gli abitanti di Ninive invece, che erano pagani, si convertirono senza che

Giona avesse fatto alcun miracolo, solo perché aveva predicato la penitenza; così pure la regina di Saba

venne dal lontano Sud (forse dall’Etiopia) solo per ascoltare Salomone (1 Re, 10, 1-.10). I Niniviti e la

regina di Saba condanneranno questa generazione che può ascoltare direttamente la parola di Gesù e non l’ascolta, pur essendo Gesù ben più grande di Giona e di Salomone. E’ Lui che bisogna ascoltare, senza

richiedere sempre miracoli, che comunque a chi non è disposto non servono.

UNA LUCERNA (33) Gesù è la luce del mondo (cf Gv 8, 12) che Dio non ha posto in un “luogo nascosto, o sotto un

moggio”, bensì davanti a tutti, perché lo ha stabilito per illuminare il mondo. Tutti possono vederlo e

restarne illuminati.

LUCERNA DEL TUO CORPO (34) La menzione alla lampada porta con sé altri detti. La lampada che illumina l’uomo è l’occhio. Per

far luce l’occhio deve essere sano se è malato tutto l’uomo rimane al buio. La metafora significa che, per

capire l’insegnamento di Gesù e vivere nella sua luce, bisogna avere il cuore puro, l’intenzione retta. Chi chiede segni o interpreta male le azioni di Gesù (attribuendole a Satana) non ha l’occhio sano.

NON SIA TENEBRA (35) Bisogna fare in modo che l’occhio sia sano (non sia tenebra) e così tutta la persona sia nella luce;

solo allora si è nella luce vera di Cristo, come quando una lampada illumina tutta la persona col suo

chiarore.

SI MISE A TAVOLA (37) Durante il suo peregrinare per annunziare la buona novella, Gesù viene invitato a pranzo da un

fariseo. Egli accetta l’invito, ma non fa prima del pasto la prescritta lavanda delle mani. E il fariseo si

meraviglia di ciò.

VOI FARISEI (39) Gesù risponde facendo allusione ad altre purificazioni prescritte dalla tradizione giudaica (lavanda

di bicchieri, orcioli, stoviglie) e oppone alle pulizie esterne il cuore che non è affatto puro, anzi è pieno di

rapina e malvagità, e asserisce che Dio che ha creato le cose esterne ha creato il cuore e vuole che sia puro

di fronte a lui.

DATE IN ELEMOSINA (41) Per purificare tutto, il miglior modo è dare in elemosina le cose che sono dentro (il piatto), cioè

condividere con i poveri il proprio cibo.

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MA GUAI A VOI (42) Con linguaggio tratto dall’esperienza della vita vengono scagliati contro i farisei tre rimproveri, espressi con improperi ammonitori, con una serie di tre “guai” Gesù rimprovera ai farisei di osservare

scrupolosamente i minimi particolari della legge e della tradizione (pagare la decima) e di trascurare cose di massima importanza (la giustizia, l’amore di Dio); bisogna adempiere i precetti più gravi senza trascurare i piccoli. I farisei poi sono vanitosi; ed essendo ipocriti sono come dei sepolcri che nascondono

la putredine che contengono.

DOTTORI DELLA LEGGE (45) I dottori della legge, che si presentavano come guide spirituali del popolo si ritengono

personalmente offesi dei “guai” indirizzati ai farisei e un esperto della Thorà si dichiara solidale con i farisei (offendi anche noi). Gesù rivolge anche ai dottori della legge tre “guai”.

GUAI ANCHE A VOI (46) Accusa i dottori di fare della legge un peso insopportabile con la loro dottrina e con le loro

interpretazioni, innalzando intorno ad essa una barriera, e di sottrarsi personalmente ai suoi obblighi.

COSTRUITE SEPOLCRI (47) Il secondo “guai” è scagliato, perché essi erigono monumenti ai profeti che per causa della parola

di Dio sono stati uccisi. (I profeti di cui si fa menzione sono Abele, ucciso da Caino (Gn 4, 8-10) e Zaccaria

di cui parla 2 Cronache (24, 20 ss). Ma contemporaneamente si comportano in modo tale da lasciar

intendere il loro accordo all’operato dei padri, sono infatti pronti a rifiutare ascolto ai profeti e agli apostoli di oggi, e persino al più grande dei profeti, al quale oppongono resistenza fino al punto di tramare

contro la sua vita.

CHIESTO CONTO (51) La storia di Israele finisce con la distruzione di Gerusalemme. Questo fatto viene indicato quale

condanna per il rifiuto della parola di Dio (chiesto conto).

AVETE TOLTO LA CHIAVE (52) Il terzo guai è rivolto ai dottori della legge, perché si sono arrogati l’esclusiva dei segreti dell’interpretazione delle Scritture; così non permettono che altri la facciano, ma neppure essi posseggono la vera chiave per comprendere il senso delle Scritture dell’Antico Testamento.

TENDENDOGLI INSIDIE (52) Dopo queste invettive, Luca sottolinea il crescendo di ostilità degli scribi e dei farisei contro Gesù.

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Capitolo 12

Il lievito dei Farisei 1 Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù

cominciò a dire anzitutto ai discepoli: "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l`ipocrisia. 2 Non c`è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. 3 Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all`orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti. 4 A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. 5 Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui. 6 Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. 7 Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri. 8 Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell`uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; 9 ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. 10 Chiunque parlerà contro il Figlio dell`uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato. 11 Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire; 12 perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire".

L` avarizia e il ricco stolto

13 Uno della folla gli disse: "Maestro, dì a mio fratello che divida con me l`eredità". 14 Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". 15 E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell`abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni". 16 Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".

Fiducia nella Provvidenza

22 Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. 23 La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24 Gardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! 25 Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un`ora sola alla sua vita? 26 Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? 27 Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28 Se dunque Dio veste così l`erba del campo, che oggi c`è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? 29 Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l`animo in ansia: 30 di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31 Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta. 32 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. 33 Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. 34 Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

La vigilanza

35 Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; 36 siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. 37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell`alba, li troverà così, beati loro! 39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell`uomo verrà nell`ora che non pensate". 41 Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?". 42 Il Signore rispose: "Qual

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è dunque l`amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l`aspetta e in un`ora che non sa, e lo punirà con rigore, assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. 49 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C`è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D`ora innanzi in una casa di cinque persone 53 si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera".54 Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. 56 Ipocriti! Sapete giudicare l`aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? 57 E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? 58 Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all`esecutore e questi ti getti in prigione. 59 Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all`ultimo spicciolo".

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Testimonianza a Cristo (1-12) (Mc 4, 22; 8, 14-15.8; Mt 16, 6; 10, 26-33)

L’evangelista riprende il tema dell’istruzione ai discepoli, al di là dei quali egli intravede una folla

numerosa. Nel 12° capitolo abbiamo cinque raccolte di istruzioni ai discepoli. Nella prima raccolta (1-

12) è detto che bisogna essere pronti a rendere testimonianza a Cristo senza timore, anzi con fiducia di fronte alla persecuzione che verrà per chi si sarà deciso per Cristo.

MIGLIAIA DI PERSONE (1) Il numero delle persone che sono attratte da Gesù aumenta e c’è una grande ressa. Prima di parlare

alle folle (cf 12, 54), Gesù si rivolge ai discepoli, perché essi devono essere mediatori tra lui e il popolo.

GUARDATEVI DAL LIEVITO (1) La prima raccolta di detti inizia come in un’eco della requisitoria precedente contro i farisei (11,

35-34), con un ammonimento: “Guardatevi dal lievito dei farisei”. Il lievito era simbolo di una forza

nascosta, corruttibile e corruttrice, qualcosa come un’inclinazione cattiva. Nei farisei questa forza è

l’ipocrisia, essi si manifestano esteriormente diversi da quello che sono interiormente. I discepoli devono

guardarsi da questa simulazione.

NULLA DI NASCOSTO (2) E sono chiamati a proclamare pubblicamente la parola ricevuta, che ora è annunziata nella piccola

cerchia dei discepoli, ma tende alla luce, alla massima pubblicità e, dopo la Risurrezione e la Pentecoste,

sarà annunziata con libertà e coraggio senza distinzione di razza e cultura (cf Atti 2, 14; 4, 31; 5, 42, ecc). Il

cenno ai “tetti” è dovuto al fatto che le terrazze erano in oriente il posto più indicato per le conversazioni e

la divulgazione delle notizie. Un’altra interpretazione vede i versetti 2-3 collegati con l’ipocrisia dei farisei

(1) e li legge così: nel giudizio sarà messa a nudo la corruzione dei farisei e sarà fatta conoscere ogni parola

detta in segreto.

NON TEMETE (4) I discepoli di Gesù sono suoi “amici” e sono destinati a seguirne la sorte. A loro egli parla chiaro:

andranno incontro alle persecuzioni, ma non devono averne timore. La paura della morte deve essere

fugata considerando che i persecutori possono togliere la vita, ma non hanno nessun potere sulla

VI MOSTRERO’ INVECE (5) Piuttosto bisogna temere Dio, poiché egli ha nelle mani la sorte della vita terrena e può decidere la

salvezza o la perdizione eterne. Viene contrapposto timore a timore e si dice che Dio va temuto più degli

uomini. La Geenna, luogo di rovine e immondezzaio di Gerusalemme, è fatto simbolo nella letteratura

apocalittica e nel Nuovo Testamento della maledizione eterna.

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CINQUE PASSERI (5) Ma il timore di Dio non è la sola argomentazione per non temere nel momento della persecuzione.

Sa ancor più di incoraggiamento il pensare che Dio è provvidente. Egli che si prende cura delle cose più

insignificanti, come i passeri liberi in mezzo alla natura e i capelli del capo, quanto più si prenderà cura

dell’uomo che ha in sé l’immagine di Dio creatore e la somiglianza con Cristo salvatore, e dei discepoli,

che sono amici di Gesù!

MI RICONOSCERA’ (8) Un altro motivo, che deve sostenere i “confessori” nel loro difficile compito anche in mezzo alle

persecuzioni, è il pensiero del giudizio finale. Vi sarà allora un netto riconoscimento di Gesù nei confronti

di tutti quelli che lo avranno confessato davanti agli uomini, e un suo aperto rifiuto nei confronti di quelli

che l’avranno rinnegato sulla terra.

CONTRO IL FIGLIO…BESTEMMIERA’ LO SPIRITO (10) Secondo i Padri della Chiesa il peccato perdonabile contro il Figlio è quello dei non cristiani,

quello imperdonabile contro lo Spirito è l’apostasia dei cristiani (Eb 6, 4ss). Altri riferiscono tutto solo ai Giudei: quelli che ora rifiutano Gesù avranno una seconda possibilità dopo la Pentecoste, se poi si

oppongono ancora questo sarà un apporsi allo Spirito e non avranno più perdono; nella frase, il cui senso è

diverso in Marco e Matteo (Mc 3, 29 ss; Mt12, 32), vengono opposti i tempi della missione di Gesù (in cui

anche il delitto di far morire Gesù è perdonabile: cf 23, 4; At 3, 17; 13, 27) e i tempi della missione

apostolica, quando viene offerta ai Giudei l’ultima possibilità di conversione (cf At 2, 38; 2, 19;13, 46 , ecc).

Altri dicono che la prima espressione (contro il Figlio dell’uomo) significa l’opposizione a Cristo prima di

averne avuto pienamente conoscenza, per questa opposizione rimane sempre possibile il perdono, la seconda

significa opporsi a Cristo dopo aver visto che in lui opera lo Spirito Santo, e ciò è senza perdono, perché

equivale a chiudersi volontariamente alla luce, (finché dura tale ostinazione non c’è perdono).

DAVANTI ALLE SINAGOGHE (11) In collegamento con la menzione dello Spirito si ha un ritorno al tema delle persecuzioni. Gesù

dice che quando si è chiamati in giudizio non ci si deve preoccupare del modo con cui si svolgerà il

processo: lo Spirito Santo suggerirà le risposte più adatte.

Il ricco stolto (13-21) Nella seconda raccolta del capitolo 12 (13-21) è detto che bisogna rendere testimonianza a Cristo col distacco dal godimento dai beni della terra, guardandosi dalla cupidigia (13-21).

UNO DELLA FOLLA (13) Questo personaggio, che rimane anonimo, chiama Gesù “maestro” e lo vede come un “dottore

della legge”, cui compete pronunziare sentenze in casi di contrasti giuridici.

DI’ A MIO FRATELLO (13) La richiesta riguarda la decisione circa la parte che gli spetta dell’eredità paterna; l’interlocutore

evidentemente si sente defraudato dal fratello, che pare non voglia dargli nulla, e chiede a Gesù che pronunzi una sentenza equa. Il diritto giuridico in fatto di eredità era regolato in base alla legge mosaica e

gli scribi si lasciavano volentieri chiamare in causa per pareri e decisioni. Quest’uomo del popolo pensa che Gesù, che è un “maestro”, possa dare una valida soluzione al suo contenzioso.

CHI MI HA FATTO GIUDICE (14) Gesù che è sempre pronto ad aiutare la gente corporalmente e spiritualmente oppone in questo caso un energico rifiuto e non vuole essere giudice in affari umani. Sembra di sentire quanto viene detto a Mosè

quando volle interporsi fra due connazionali: “Chi ti ha costituito giudice fra di noi?” (Es 2, 14) Col “chi”

probabilmente Gesù pensa a Dio e intende dire che Dio non lo ha “costituito”, ossia inviato nel mondo

perché si occupi delle liti, che non devono essere sbrigate da lui. Egli è stato inviato ad annunziare ai poveri la buona novella (Lc 5, 32), a dare la vita in riscatto per molti (Mc 10, 45) e a portare al mondo la vita divina (Gv 10, 10).

Questa parola ci fa pensare che Gesù si rifiuta anche di intervenire a portare ordine negli arruffati

affari di questo mondo e di trovare con la sua autorità una soluzione per quello o quell’ordinamento sociale o

economico.

GUARDATEVI… DA OGNI CUPIDIGIA (15) L’episodio diventa occasione per un ammaestramento, rivolto a tutti. Gesù mette in guardia dall’avidità, dalla “pleonexia”, che significa “volere avere di più”.

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LA SUA VITA NON DIPENDE (15) E giustifica il suo insegnamento col fatto che l’abbondanza economica non è affatto una garanzia per avere la “vita”. Come si può dedurre dalla parabola che segue, duplice è il significato di

“vita”; quella dell’esistenza terrena, ma soprattutto la “vita eterna”. Il fatto che non è l’uomo ad avere in mano la vita, ma un Altro è illustrato tutto con la parabola che segue.

LA CAMPAGNA (16) Nella parabola si tratta di un ricco agricoltore, cui una buona annata gli ha reso tanto, che i vecchi

granai non bastano più ad accogliere l’intero raccolto.

RAGIONAVA TRA SE’ (17) Nel soliloquio l’agricoltore rivela il suo ideale: una “vita goduta” (mangiare, bere, allegria), il

futuro assicurato (raccoglierò), una “vita lunga” (riposati). Le forme mutano: l’agricoltore costruiva granai,

l’uomo moderno, ammassa ricchezze. E’ l’etica del benessere. La parabola insiste sulla futilità di questa condotta incentrata su di sé (per una decina di volte è sottolineato l’”io”).

DIO GLI DISSE: STOLTO (20) L’uomo è uno stolto: ha creduto che la sicurezza della vita sia nelle sue mani e nelle sue ricchezze,

ha pensato di sfruttare le ricchezze solo per la vita presente, senza tener conto della morte, e non ha

pensato a trarne vantaggio anche per la futura. Il suo ragionamento è stato da “miope” ed è stato davvero

“stolto”.

TI SARA’ RICHIESTA LA TUA VITA (20) Dio dà la vita e la riprende quando vuole (12, 5). “Sì, qual fantasma si muove l’uomo; si, per un

soffio si dimena; ammassa, ignorando chi avrà da raccogliere”(Sl 39, 7).

NON ARRICCHISCE DAVANTI A DIO (21) Lo spasmodico tentativo di assicurare la vita terrena con le forze umane porta alla perdita della

vita. La donazione a Dio e alla sua volontà preserva la vita. La sola vera ricchezza è quella del regno di Dio;

l’unico modo di riscattare il possesso dei beni è di farli circolare, distribuirli agli altri, ai poveri (12, 33-

34).

Fiducia e distacco (22-31) (Mt 6, 19-21. 25-34)

Nella terza raccolta (22-31) di detti del capitolo 12 si parla della sequela di Cristo con la fiducia nel

Padre per tutte le necessità della vita e col distacco dai beni. E’ un’applicazione ai discepoli dei contenuti

della parabola precedente.

NON DATEVI PENSIERO (22) Gesù invita a non preoccuparsi per la propria vita, cioè concretamente per il vitto e il vestito. La

ragione generale è che Dio che ha dato il più (la vita) darà anche il meno (cibo e vestito).

GUARDATE I CORVI (24) Un altro motivo per la fiducia è che se Dio nutre gli uccelli avrà ancor maggiore cura dei suoi figli.

CHI DI VOI (25) Altro motivo ancora è che ogni cura eccessiva del proprio corpo è inutile. Per quanto faccia

nessuno può allungare la vita neppure di un’ora.

GUARDATE I GIGLI (27) Neppure per il vestito bisogna preoccuparsi, perché Dio che riveste di colori splendenti i fiori del

campo, molto più si prenderà cura dei discepoli di Cristo.

CON L’ANIMO IN ANSIA (29) Non bisogna essere agitati; la brama inquieta di queste cose è propria dei pagani, che non hanno

l’idea di un Dio Padre, che si occupa dei suoi figli.

CERCATE PIUTTOSTO (31) Dio conosce i bisogni dei suoi figli. Se essi mettono la loro preoccupazione nel cercare

sinceramente il Regno di Dio lo otterranno; i beni necessari alla vita, che sono secondari, saranno dati

in soprappiù.

Vigilanza e fedeltà (32-48) (Mt 24, 42-51)

Dopo la parabola dell’agricoltore stolto, segue una quarta raccolta di detti (32-48) sulla libertà che

i discepoli devono avere di fronte ai beni e nel compiere il proprio dovere quotidiano, cercando il regno di

Dio, e la parabola sulla vigilanza e responsabilità (35-48).

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NON TEMERE PICCOLO GREGGE (32) Il Signore ora dice ”Non temere” rivolto ad un pugno di discepoli, che è proprio un “piccolo

gregge”; il motivo della sicurezza sta nella benevolenza (eudokia) di Dio.

E’ PIACIUTO AL PADRE (32) La schiera dei discepoli è un piccolo gregge. Nonostante il suo numero esiguo sarà questo piccolo

gregge che riceverà potere e signoria su tutti i regni; esso è infatti il regno dei santi dell’Altissimo. (Dn 7,

27.) Per decreto di Dio il piccolo gregge è destinato a cose grandissime, nonostante la sua insignificanza.

La sicurezza della vita sta nella benevolenza del Padre: “Nessuna creatura ci potrà separare dall’amore di

Dio in Gesù Cristo Signore nostro (Rm 8, 39). L’eterno amore del Padre assicura ai discepoli il Regno.

VENDETE (33) Rimane aperto l’interrogativo: come si possono raccogliere i tesori per Dio. La risposta è:

“vendete ciò che avete e datelo in elemosina“, per raccogliere un tesoro in cielo. La distribuzione dei beni,

secondo la traduzione ebraica, è l’unico modo per riscattare il possesso dei beni e dargli un significato

religioso. (cf 3, 11; 6, 30; 7,5; 11, 14, ecc).

UN TESORO INESAURIBILE (33) Il tesoro che si raccoglie in cielo non va perduto. Il forziere non si logora né si buca, il tesoro stesso

non viene meno, non è esposto a ladri e alle forze distruttrici. Ciò che l’uomo fa per Dio non va perduto,

una vita vissuta per Dio diventa vita eterna.

DOV’E’ IL VOSTRO TESORO (34) Questa sentenza è una conclusione: non si può dividere il proprio cuore. In fondo qui è tutto una questione di cuore: non è il tesoro per sé stesso che è capace di darci salvezza e gioia, ma il cuore con le sue scelte di fondo, che permette al dono di Dio di diventare salvifico. Occorre avere un cuore libero, puro,

circonciso per poter appetire e scoprire il tesoro.

La pericope che inizia col versetto 35 si aggancia alla precedente e va fino alla fine del capitolo

(59). Il distacco e la condivisione dei beni hanno pure un rapporto con la fine dei tempi; il Regno è donato

dal Padre, ma siamo sempre in attesa e la povertà è un mezzo per manifestare la sua presenza e affrettare la

sua venuta. Secondo alcuni commentatori con 12, 35 ha inizio una nuova sezione, che andrebbe fino a 13,

21.

SIATE PRONTI (35) Il versetto 35 introduce due piccole parabole: quella del padrone che rientra di notte (36-38) e

quella del ladro che viene di notte (39-40).

E’ necessario tenersi pronti in tenuta da viaggio (in Es 12, 11 per celebrare la Pasqua è

necessario avere i fianchi cinti), e andare incontro al Signore che passa.

SIATE SIMILI (36) I discepoli trovano un esempio di questa disposizione nel servo in attesa del suo padrone che torna

di notte. Allorché il padrone picchia, il servo deve essere già alla porta per aprire ed introdurlo, perciò sta lì

e tiene succinta la lunga veste e la lampada accesa. Per il discepolo ciò significa che deve essere senza impedimento morale, ricolmo di frutti di giustizia, pronto a seguire immediatamente il Signore che

viene a giudicare.

BEATI QUEI SERVI (37) Due volte tali servi sono detti “beati” e tra i due “beati” è detto ciò che attende i servi vigilanti: Dio li servirà, li farà partecipi della sua gloria, della gloria del Regno, che spesso viene paragonata ad un

banchetto. L’atteggiamento del padrone con i servi richiama quanto Gesù fece in Giovanni 13, 5.

E SE GIUNGENDO (38) Il tempo della venuta è lasciato nella massima indeterminatezza. Non è detto se il Signore verrà

oggi o domani: ma è certo che verrà all’improvviso.

SAPPIATE BENE QUESTO (39) Un altro esempio ammonisce alla continua vigilanza. Il ladro che scava il passaggio sotto il muro

di una casa palestinese fragile, aperta e senza fondamento, arriva senza preavvisare, dato che se il padrone sa quando viene gli impedirebbe di scavare e di entrare nella sua abitazione.

E VOI TENETEVI PRONTI (40) La conclusione ribadisce la richiesta della vigilanza nei confronti dell’imminente parusia,

sottolineando l’imprevedibilità del momento, in cui giungerà.

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LA DICI PER NOI O ANCHE PER TUTTI (41) La strana domanda di Pietro pone in risalto il fatto che gli Apostoli hanno una posizione diversa, e

forse Pietro pensa che avevano una promessa ormai sicura e senza pericoli. La risposta di Gesù non è

diretta, ma con la parabola dice che ciò che è un dovere per tutti lo è a maggior ragione per chi nella comunità ha una responsabilità. Forse questo è un brano redazionale con cui Luca vuole ribadire che gli

ammonimenti di Gesù sono per tutti, e che chi ha più doni, ha anche più obblighi.

L’AMMINISTRATORE FEDELE (42) Gli apostoli sono “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1) e dall’amministratore si

pretende“ che sia fedele” (1 Cor 4, 2). Essi danno prova di fedeltà se hanno avvedutezza, se hanno in mente

la venuta del Signore, se considerano che può venire da un momento all’altro, se pensano che devono

rendere conto. Due devono essere le qualità di questi amministratori (oikonomos): la fedeltà e la prudenza.

BEATO QUEL SERVO (43) Chi è fedele ha una ricompensa che va oltre ogni limite (cf 19, 17-19), la gloria escatologica, un

regnare assieme al Signore. MA SE QUEL SERVO DICESSE (45) Ma questo amministratore ha anche pericoli e tentazioni: il dubbio circa il ritardo, l’approfittare

della propria posizione di privilegio, fino a sfruttare gli altri, fino a strumentalizzarli, fino ad assumere

atteggiamenti insipienti.

LO PUNIRA’ CON RIGORE (46) La punizione di questo servo: avrà un posto tra gli infedeli, verrà consegnato alle pene

dell’inferno. IL SERVO CHE, CONOSCENDO (47) Il giudizio dipende dalla misura della consapevolezza del dovere e della propria responsabilità.

Agli Apostoli è stato dato di sapere più degli altri, perciò a loro sarà chiesto di più.

CHE, NON CONOSCENDOLA (48) Ma anche chi non è iniziato ai piani e ai pensieri del Signore, sarà punito, anche se di meno,

perché, anche se poco, qualche cosa tuttavia ha conosciuto di ciò che avrebbe dovuto fare, ma non lo ha

fatto.

A CHIUNQUE FU DATO MOLTO (48) La misura di quanto Dio esige dagli uomini è dato dalla misura dei doni di cui Dio lo ha fornito.

Tutto ciò che l’uomo riceve, è un bene affidatogli perché lo commerci.

Segni del tempo (49-59) (Mt 10, 34-36; 16, 2-3; 5, 25 ss)

La quinta raccolta di detti (49-59) dice che Cristo divide gli uomini con il suo Vangelo, non solo

al suo ritorno, ma fin d’ora e ciò dipende soprattutto dalla radicalità della sua proposta di salvezza. E parla

del riconoscere la venuta del Signore dai segni che egli fa.

A PORTARE IL FUOCO (49) Cosa intende Gesù per “fuoco”? Secondo alcuni è il giudizio, che come fuoco purifica e consuma

(cf 17, 29-30) e discrimina gli uomini davanti alla sua persona; per altri è lo Spirito Santo; per altri ancora

è il vivo desiderio di Cristo di passare attraverso il fuoco della sua passione e morte: Gesù desidera passare

attraverso le acque purificatrici del sacrificio della croce (un battesimo che devo ricevere); per altri è la

totalità del mistero pasquale fino alla Pentecoste e al ritorno finale della parusia con la realtà del

giudizio.

VORREI CHE FOSSE ACCESO (49) Comunque si debba interpretate il termine “fuoco”, Gesù esprime il desiderio che la purificazione

messianica, che avviene col fuoco, sia già compiuta.

BATTESIMO CHE DEVO RICEVERE (50) Prima Gesù deve essere immerso in un bagno (battesimo), deve passare attraverso la passione, che

si riverserà su di lui come un’onda tempestosa. L’ansia gli urge dentro, finché non sia venuta la passione

dolorosa, dato che la salvezza non avviene senza la morte dolorosa.

PORTARE LA PACE (51) Gesù è il principe della pace ed è venuto a portare la pace, che è il dono messianico per eccellenza.

Ma essa deve fare i conti con le esigenze radicali del Vangelo, con la fedeltà assoluta al Signore, perciò

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può portare divisioni. La pace di Gesù è frutto di una scelta che provoca contrasti e conflitti nel tessuto

dei rapporti familiari più intimi. (padri…madri...figli...figlie...suocere…nuore…).

UNA NUVOLA (54) Gesù rivolge ora il discorso alle turbe. Fa loro osservare che sanno distinguere da determinati

segni (una nuvola, il soffio dello scirocco) se farà bello o brutto tempo.

IPOCRITI (55) E le rimprovera perché non sanno discernere il tempo presente, quello di Gesù, di cui pure ci sono

molti segni (il suo parlare profetico, le guarigioni miracolose, i demoni scacciati, ecc). Il popolo, che ha un

acuto senso di osservazione per il tempo e per tutto ciò che si svolge sulla superficie della terra e in cielo,

mette da parte questa capacità di giudizio quando si tratta di eventi che riguardano Gesù, la salvezza e le

cose giuste.

CON IL TUO AVVERSARIO (56) Per giudicare rettamente il tempo e fare ciò che è giusto, Gesù dice la similitudine dell’uomo che si

sta recando in tribunale e che ha ancora la possibilità di trattare con l’avversario. E’ saggio mettersi d’accordo primo di passare attraverso la trafila del giudizio, (e in quel tempo di ordinamento giuridico

rigidissimo) col rischio di una condanna.

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Capitolo 13

Necessità della penitenza 1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue

Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".

Il fico sterile

6 Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest`anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9 e vedremo se porterà frutto per l`avvenire; se no, lo taglierai".

Guarigioni in un giorno di sabato

10 Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato. 11 C`era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo. 12 Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità", 13 e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. 14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato". 15 Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l`asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16 E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott`anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?". 17 Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Il granello di senape e il lievito

18 Diceva dunque: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò? 19 E` simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell`orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami". 20 E ancora: "A che cosa rassomiglierò il regno di Dio? 21 E` simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".

Il numero degli eletti 22 Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. 23

Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Rispose: 24 "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. 25 Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. 26 Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. 27 Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d`iniquità! 28 Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, e voi cacciati fuori. 29 Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30 Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi".

Ostilità di Erode

31 In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere". 32 Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. 33 Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. 34 Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e

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lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! 35 Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".

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Invito alla conversione (1-8) La sezione 12, 49-13-21 è caratterizzata da un tono di urgenza e serietà escatologica. E’ il tempo

delle decisioni senza possibilità di rimandi e dilazioni. Poco prima del nostro passo, Gesù aveva esortato a

discernere i segni del tempo presente, salvifico, (“Quando vedete una nuvola salire, dite..”).

L’insegnamento di questo brano è che i segni dei tempi si leggono anche nella nostra storia e non bisogna

lasciarci sviare nella loro lettura da preconcetti. E, con lo stile degli antichi profeti, Gesù vede in due fatti di

cronaca segni ammonitori di Dio, un invito pressante al cambiamento nella ricerca della sua genuina

volontà.

SI PRESENTARONO ALCUNI (1) Gesù viene messo al corrente di due fatti sconvolgenti, due grosse disgrazie: una strage operata da

Pilato nei confronti di pii Giudei venuti per il sacrificio e un incidente fortuito avvenuto con la caduta di una

torre a Siloe.

CREDETE CHE QUEI GALILEI (2) Scardina la falsa concezione, tipica di alcune correnti del mondo giudaico, che la malattia e la

morte violenta fossero una punizione che Dio infliggeva per i peccati commessi e solo a lui noti. Dice che

invece tutti sono peccatori e che il giudizio di Dio si abbatterà su tutti, a meno che non si convertano.

O QUEI DICIOTTO (4) Anche facendo cenno all’altro avvenimento doloroso, Gesù, ripetendosi intenzionalmente, deduce

lo stesso insegnamento e l’invito alla conversione.

Questi pressanti inviti alla conversione contengono delle minacce (“perirete tutti allo stesso

modo”), che hanno lo scopo di far capire che tutti sono peccatori e che tutti hanno bisogno di conversione,

che è urgente e improcrastinabile.

DISSE ANCHE QUESTA PARABOLA (6) La parabola del fico integra l’insegnamento precedente. Luca, che è l’evangelista del perdono e

della misericordia vuole precisare che le minacce di Gesù si verificheranno soltanto nel caso che l’uomo

resti sordo agli appelli alla conversione.

AVEVA UN FICO (6) L’immagine del fico e della sua fruttuosità era intensamente rievocativa per gli ascoltatori: ad essi

era ben noto che nell’AT, Israele è paragonato alla pianta del fico e al suo frutto (Os 9, 10; Ger 8, 13).

L’insegnamento è chiaro. Gli ascoltatori incorreranno, come una volta gli Ebrei, in una sentenza di

esclusione, se si ostineranno. Ma Gesù è venuto a “predicare un anno di grazia del Signore” (4, 19) e a

rivelare la misericordia e la pazienza di Dio.

ANCORA QUEST’ANNO (8) “ In “ecco sono tre anni” è possibile forse riconoscere un’allusione alla durata del ministero di Gesù. Ma non è ancora troppo tardi e la pazienza di Dio non si è logorata e non si possono fissare scadenze

alla sua pazienza. “Per quest’anno” significa che Dio è disposto a concedere un anno di grazia, cioè tempo di attesa del giudizio. Qui si interrompe la parabola e non sappiamo ciò che è avvenuto di quel fico. C’è

ancora spazio per il ritorno di Israele.

Guarigione di sabato (10-21) Nei versetti 10-21 troviamo un miracolo e due parabole. Il miracolo avviene di sabato e suscita

polemiche. Le due parabole portano a termine l’insegnamento sull’imminenza escatologica.

IL GIORNO DI SABATO (10) La guarigione di una donna “curva “operata da Gesù in giorno di sabato provoca lo sdegno del capo della sinagoga.

IL SIGNORE REPLICO’ (15) Nella risposta Gesù accusa i suoi avversari di essere “ipocriti”, solleciti dei propri interessi, con

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la cura che hanno per gli animali anche in giorno di sabato e di posporre il bene del prossimo al

legalismo. E QUESTA FIGLIA DI ABRAMO (16) E porta la riflessione piuttosto che sui divieti del lavoro, sul motivo del sabato, sul vero modo per

santificarlo. Nel guarire la donna non viola certamente questi motivi profondi. La malattia è attribuita a

satana, perché il diavolo ha introdotto nel mondo il peccato e con esso il male.

AVVERSARI…LA FOLLA (17) Il comportamento di Gesù divide la folla: alcuni rimangono confusi, altri profondamente gioiosi. Si

delinea ormai a chiare tinte il dramma di Gesù, odiato ed amato ad un tempo.

A UN GRANELLINO DI SENAPA (18) Gesù ha liberato il regno dalle strettoie del legalismo giudaico; ora esso può espandersi. Le due

parabole del granello di senapa e del lievito annunziano la meravigliosa dilatazione del Regno, che

contrasta con gli umili inizi (granello di senapa) ed ha una forza di penetrazione e di trasformazione in chi

si dimostra disponibile (lievito).

Con queste parabole termina la prima grande sezione del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (9,

51–13, 1).

Chi entrerà nel Regno? (22-30) Ha inizio la seconda sezione del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (13, 22- 17, 10), con la

domanda che uno gli rivolge sul numero degli eletti. Gesù esorta a fare ciò che è necessario per salvarsi.

QUELLI CHE SI SALVANO? (22) La domanda, rivolta da un innominato, più che il desiderio di conoscere il numero di chi si salva,

contiene l’interrogativo di cosa si deve fare per essere salvi.

SFORZATEVI (24) Gesù non dà una risposta diretta, ma esorta all’impegno, alla lotta morale. (agonisesthe =

sforzatevi), perché la porta è stretta, entrare non è facile come pensano alcuni, ma esige impegno serio.

CHIUDERA’ LA PORTA (24) Anzi ad un certo punto la porta verrà chiusa dal padrone di casa che è Gesù e coloro che non si

sono sforzati per tempo staranno fuori e busseranno invano. L’immagine della porta chiusa ricorda la finale delle dieci vergini (Mt 25, 10-12). Non vi potranno entrare coloro che si sono ostinati a non

accogliere la buona novella ed hanno operato iniquità. Molti Giudei del tempo di Gesù si troveranno in

questa condizione. Per Matteo 7, 22 quelli che stanno fuori sono i cattivi cristiani.

ABBIAMO MANGIATO (26) I ritardatari protesteranno contro l’esclusione, richiamandosi al fatto di aver mangiato e bevuto

insieme con Gesù durante la sua vita terrena e di aver udito il suo insegnamento.

NON SO DI DOVE SIETE (27) La protesta non vale niente. Il fatto che sia stata fatta loro la proposta non significa nulla, se loro non hanno aderito a suo tempo. I respinti vengono chiamati “operatori di iniquità”. L’iniquità non consiste

nell’essere giunti tardi, ma nella malvagità che li ha fatti giungere tardi.

PIANTO E STRIDORE DI DENTI (28) La pena escatologica è presentata come “pianto e stridore di denti”, disperazione e rabbia,

accresciuta dallo spettacolo dei patriarchi e dei profeti nella felicità del Regno di Dio, presentata sotto

l’immagine del banchetto.

VERRANNO (29) Al posto loro subentreranno i pagani. La frase usata “verranno da oriente e da occidente” ricorda la

visione di Isaia 2, 2-5; 25, 6-8, che incomincia a realizzarsi fin d’ora nel ministero di Gesù e proseguirà in

quello degli Apostoli. (confronta Atti degli Apostoli).

ALCUNI DEGLI ULTIMI (31) Si tratta di un detto “errante” e qui significa che ci saranno dei pagani, chiamati dopo i Giudei , che entreranno nel regno e vi saranno Giudei, che erano stati chiamati per primi, ma non hanno creduto, che

saranno esclusi dal regno.

Lamento su Gerusalemme (31-35) Quello che vuole Erode e che cercano i farisei e tutte le difficoltà che incontra Gesù non incidono minimamente sulla sua azione. Egli continua il suo viaggio verso Gerusalemme e, mentre si avvicina alla

Città, esce in un lamento su di lei.

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ERODE TI VUOLE UCCIDERE (31) Questo avviso di alcuni farisei sembra un atto di amicizia nei confronti di Gesù e forse lo è, ma

potrebbe essere una messa in scena per affrettare l’arrivo di Gesù a Gerusalemme. L’Erode nominato è Antipa, che governò la Galilea e la Perea dal 4 a. C, dopo la morte del padre Erode il Grande, e fino al 39 d.

C. .

QUELLA VOLPE (32) La risposta di Gesù è che non è ancora giunta la sua ora: egli deve ancora compiere la sua

missione, ed ha ancora poco tempo da trascorrere in Galilea e Perea, terre di Erode (oggi, domani e il giorno

seguente).

PER LA MIA STRADA (32) Presto la sua opera troverà il compimento a Gerusalemme. dove morirà, ma prima che sia giunta la sua ora nessuno potrà toccarlo.

GERUSALEMME (34) La menzione di Gerusalemme, città che uccide i profeti, richiama il lamento di Gesù, che ha fatto

di tutto per preservarla dalle sventure, che incombono su di lei, come fa una chioccia che nasconde i pulcini

sotto le ali per difenderli dagli uccelli rapaci. Essa non ha voluto. Ormai il castigo è inevitabile e la casa dei

Giudei (il tempio) resterà deserto. (l’allusione è a Geremia 22, 5).

VI DICO INFATTI (35) Ma si tratta di un’esclusione temporanea, come afferma anche Paolo (Romani 11), perché un

giorno Israele sarà salvato, riconoscerà Gesù come l’inviato di Dio e dirà “Benedetto colui che viene nel

nome del Signore” .

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Capitolo 14

Idropico guarito di Sabato 1 Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava

ad osservarlo. 2 Davanti a lui stava un idropico. 3 Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: "E` lecito o no curare di sabato?". 4 Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. 5 Poi disse: "Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?". 6 E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Lezione di umiltà e carità

7 Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: 8 "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te 9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l`ultimo posto. 10 Invece quando sei invitato, và a metterti all`ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11 Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato". 12 Disse poi a colui che l`aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch`essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".

Parabola del convito

15 Uno dei commensali, avendo udito ciò, gli disse: "Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!". 16 Gesù rispose: "Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17 All`ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. 18 Ma tutti, all`unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. 19 Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. 20 Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. 21 Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. 22 Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c`è ancora posto. 23 Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. 24 Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena".

Come seguire Gesù

25 Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: 26 "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. 28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l`altro è ancora lontano, gli manda un`ambasceria per la pace. 33 Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. 34 Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà? 35 Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per intendere, intenda".

__________________________

Durante un banchetto (1-24) I primi 24 versetti del capitolo 14 sono detti da alcuni “sezione del convito” perché raccontano un

pranzo di Gesù in casa di uno dei capi dei farisei. Entro la cornice del banchetto durante il quale Gesù

guarisce un idropico, Luca raccoglie alcuni insegnamenti del Maestro relativi ai primi posti (7-11), alla

scelta degli invitati (12-14); il tutto è illustrato dalla parabola del grande banchetto (15-24).

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UN IDROPICO (2) La scena iniziale presenta la guarigione di un idropico durante un convito nel giorno del riposo

sacro. Gesù non conosce limiti quando si tratta di intervenire in favore dell’uomo.

GESU’ DISSE (3) E’ il terzo episodio in cui è in discussione il significato del riposo sacro (cf 6, 5-11; 13, 10-17).

Gesù, interroga i dottori sulla liceità di curare un malato di sabato e subito guarisce, congeda l’idropico, e

dice che anche chi silenziosamente ora obietta contro questa guarigione non avrebbe scrupolo a salvare di

sabato un asino o un bue caduto nel pozzo. Nessuno osa parlare.

GLI INVITATI SCEGLIEVANO (7) Nei versetti seguenti (7-11) , che sono una “parabola” o un esempio preso dalla vita comune viene

messo in luce il fatto che tutti, invitante e invitati, sono presi da banali arrivismi, da preoccupazioni

gerarchiche.

INVITATO A NOZZE (8) Gesù presenta una norma di buona educazione: non cercare i primi posti nei conviti e dice che “

chiunque si innalza sarà umiliato e chi si umilia sarà innalzato”. Il detto s’ispira ad Ez 21. 31 e si ritrova

in Lc 18, 14, alla fine della parabola del fariseo e del pubblicano.

QUANDO OFFRI UN PRANZO (12) Segue una norma di carità evangelica: se uno vuol offrire un pranzo o una cena dirami il suo invito tra i poveri. L’amore deve essere disinteressato: se si invitano quelli che contraccambieranno, in ciò sarà la

ricompensa, se invece si rivolge l’invito a quelli che non possono restituirlo, la ricompensa sarà data da Dio stesso, nel giorno della risurrezione.

BEATO CHI MANGERA’ (15) Dai due insegnamenti precedenti si salta al banchetto messianico, passando per l’esclamazione entusiastica di “uno dei commensali”: “Beato chi mangerà il pane del regno di Dio”.

GESU’ RISPOSE (16) Gesù ora insegna con una vera parabola e dice che Dio ha già invitato i giudei al regno, ma tra essi

i benestanti e i soddisfatti non hanno risposto all’invito (il primo disse…un altro disse…un altro disse),

al loro posto vengono invitati prima i poveri e gli infelici del popolo giudaico (conduci qui poveri, storpi,

ciechi e zoppi) e poi anche quelli che sono fuori, cioè i pagani (esci per le strade e lungo le siepi).

NESSUNO (24) Questa è una forte critica ai capi religiosi del Giudaismo. Nessuno dei primi invitati, dei Giudei

rimasti increduli al vangelo, prenderà parte al banchetto dei beni della salvezza portati da Cristo.

Condizioni per seguire Gesù (25-34) I versetti 25-36 contengono alcuni insegnamenti ai discepoli. Pare inutile cercare un legame con i 24

versetti precedenti. Luca ha a disposizione alcune sentenze sulla condizione per la sequela di Gesù e le

introduce con un nuovo scenario: Gesù è in cammino, una folla numerosa lo segue e a questo pubblico egli

richiama lo statuto del discepolo.

SICCOME MOLTA FOLLA (25) Gesù parla alla folla e quanto dice riguarda non solo gli apostoli e i collaboratori principali, ma tutti i discepoli, i seguaci di Gesù. Ed ecco gli insegnamenti:

SE UNO VIENE A ME (26) La prima condizione per un seguace di Cristo è una totale libertà nei confronti dei legami

familiari.

E NON ODIA (26) Gesù non intende abolire il quarto comandamento, ma enunciare le esigenze supreme e radicali della sua sequela. E’ questa radicalità che colpisce: il lasciar tutto, moglie compresa, rinunziare anche alla

propria vita (cf Gv 12, 25), addirittura “odiare”, che significa “amare meno“, e poi “portare la propria croce” per venire a Gesù, è estremamente duro. Eppure chi non si comporta così non può essere discepolo

di Gesù. Quest’ultima asserzione è ripetuta tre volte. L’insegnamento è evidente: chi entra nel discepolato di Gesù deve, a motivo di questo nuovo

legame che lo prende tutto, liberarsi da tutti i precedenti legami umani; i legami familiari, infatti, per

quanto legittimi, diventano talora occasione di un tale attaccamento che non c’è più posto per la priorità del

regno. Il discepolo deve anche avere una dedizione totale che arriva fino al sacrificio di sé; portare la croce

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significa affrontare la morte violenta sull’esempio di Gesù e per fedeltà a lui. Troviamo nel Vangelo di

Giovanni: “Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita

eterna” (Gv 12, 25). L’insegnamento può illuminarsi con l’esempio di Abramo, che lascia tutto, dei

martiri che per Gesù hanno rinunziato alla vita e degli Apostoli e missionari che hanno lasciato famiglia e

patria per annunziare il vangelo.

VOLENDO COSTRUIRE UNA TORRE (28) Segue l’invito a ponderare bene il rischio di chi vuol diventare discepolo. Gesù non intende

scoraggiare gli entusiasti, ma suggerisce le condizioni per perseverare. E l’insegnamento viene fatto con

una coppia di parabole. La prima riguarda la costruzione di una “torre”, di un edificio a più piani, adiacenti all’abitazione

o alla vigna, che già nei lavori di fondazione richiede spese notevoli. Il calcolo del costo complessivo è

necessario prima di iniziare i lavori; per la posizione sociale dell’imprenditore sarebbe fatale la brutta figura

di non poter finire i lavori, per mancanza di fondi.

OPPURE QUALE RE (31) La parabola del re è simile per l’insegnamento alla precedente. Quando il re entra in lotta deve

prudentemente calcolare le forze e se non ne ha a sufficienza, deve pensare di chiedere o accettare le

condizione di pace.

COSI’ CHIUNQUE DI VOI (33) La conclusione sarebbe che è’ necessario riflettere prima di intraprendere un’impresa e se non la si

può portare a termine è saggio soprassedere.

La conclusione di Luca non pare offra un’applicazione alle parabole, ma piuttosto che suggerisca cosa fare se si accetta di affrontare l’impresa di “seguire Gesù”. Sembra che dica cosa dovrebbero fare il

costruttore e il re; se in ogni caso decidono di agire: devono investire ogni sostanza e darsi da fare per

costituire un esercito valido. E’ chiaro che Luca si rivolge a persone che hanno già fatto la scelta di seguire Gesù e dice che non devono farsi ora distrarre da altro. Per seguire davvero il Signore, bisogna

“rinunziare a tutti i beni”.

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Capitolo 15

La pecorella smarrita 1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi

mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro". 3 Allora egli disse loro questa parabola: 4 "Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5 Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7 Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

La dramma ritrovata

8 O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. 10 Così, vi dico, c`è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

Il figliol prodigo

11 Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13 Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17 Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20 Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22 Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l`anello al dito e i calzari ai piedi. 23 Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. 25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27 Il servo gli rispose: E` tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29 Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31 Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

____________________________

Parabole della misericordia (1-32) Il capitolo 15 sta al centro del viaggio verso Gerusalemme (9, 51-19, 28) e di tutto il terzo vangelo e contiene la quintessenza del messaggio annunziato da Luca, chiamato l’evangelista della

misericordia. Dopo i versetti 1-3 di ambientazione, l’evangelista presenta le due parabole gemelle, della

pecorella smarrita (4-7) e della dramma perduta (8-10) e poi quello del “figliol prodigo” (11-32). Le tre

parabole difendono l’atteggiamento di Maestro che perdona i peccati degli uomini, abbatte le barriere

religiose, chiama i miseri al Regno e rivela il vero volto di Dio, che ama, crea e salva.

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Pecorella smarrita PUBBLICANI E I PECCATORI (1) Già in 5, 30 e in 7, 34 abbiamo trovato l’abbinamento pubblicani-peccatori; gli esattori pubblici

erano infatti assimilati ai peccatori pubblici, esclusi secondo la mentalità ebraica dalla salvezza. Gesù va da

loro, ma qui sono loro che vanno da Gesù e Luca generalizzando dice che c’erano “tutti” Gesù va contro corrente, contro il principio fermo dei rabbini: (“ L’uomo non si accompagni a un

empio, neppure per condurlo allo studio della legge” ) e contro la loro convinzione che Dio non può amare

un peccatore se non dopo la sua conversione. Gesù smentisce questa convinzione e questa prassi e dice

con le parabole che egli non fa altro che portare avanti e incarnare storicamente un atteggiamento tipico di

Dio, già rivelato nell’AT.

I FARISEI E GLI SCRIBI (1) I farisei e gli scribi mormoravano in nome del loro senso di purità: Gesù infatti trattando con i

pubblicani e soprattutto mangiando contraeva impurità, e lo fanno anche in nome di Dio, perché il

frequentare quella gente sembrava una cosa indegna di un inviato di Dio.

ALLORA GLI DISSE QUESTA PARABOLA (2) Si fa cenno ad una sola parabola, ma Gesù ne dirà tre; forse la fonte primitiva conteneva solo la prima.

CHI DI VOI (4) La prima delle tre parabole è di grande semplicità, Nulla di più normale che un pastore sia

preoccupato per le pecore, ma non è normale che ne lasci 99 per una sola. Si vuol forse qui indicare che

ogni pecora è carissima a Gesù. La pecora è “smarrita” e non “sbandata” come in Matteo. Lo sfondo è veterotestamentario e ricorda

Dio pastore d’Israele, il quale è pieno di amore per le pecore sviate e disperse e non cessa di cercarle (Is

40, 11; Ger 23, 1-4 …). Gesù applica a sé il titolo di “pastore” (Gv 10, 11).

VA A CASA (5) Anche questa pubblicità non è normale per un pastore qualunque. Ma la gioia che è un tema particolare di

questa parabola deve essere comunitaria tra i cristiani. E’ la gioia degli uomini.

CI SARA’ PIU’ GIOIA IN CIELO (7) Ma c’è’ anche la gioia di Dio: “cielo” sta qui per Dio; e Dio gioisce per l’unico “peccatore che si

converte”, che ha seguito l’appello di Gesù alla metanoia (Lc 5, 32; Mc 2, 17; Mt 9, 13).

La gioia di Dio vale anche per i giusti, i quali non sono in pericolo, camminano davanti a Dio, lo onorano,

osservano i suoi precetti. Qualche commentatore pensa che Gesù parlando di “giusti” intenda indicare i

“falsi giusti”, come gli scribi e i farisei.

Dramma perduta O QUALE DONNA (8) La seconda parabola sottolinea la prima. Il raddoppiamento dell’analogia intensifica la sua forza.

Da notare anche l’alternanza frequente in Luca: dopo l’uomo c’è la donna; dopo l’immagine campestre,

quella domestica. Si noti anche la progressione delle tre parabole: un centesimo del gregge, un decimo del

denaro, un figlio su due. L’accento è posto sul fatto che la donna fa di tutto: fa luce nella stanza e spazza

finché non ritrova la moneta. C’E’ GIOIA DAVANTI AGLI ANGELI (9) Gli angeli di Dio si rallegrano perché Dio si rallegra. Qui non c’è il confronto con i giusti, ma

l’affermazione pura e semplice che la conversione di ogni peccatore rallegra Dio.

Padre misericordioso

UN UOMO AVEVA DUE FIGLI (11) Queste parabola è narrata solo da Luca ed è composta da due parti che non si possono separare,

perché per una equilibrata comprensione del messaggio è necessario tener presente il comportamento dei

due figli. La parabola che noi conosciamo come del “figliol prodigo” può esser denominata dei “due figli”,

o, meglio, del “padre misericordioso”.

DAMMI LA PARTE (3) Questa richiesta non è ancora peccaminosa (cf Sir 33, 20-24) Secondo la legge ebraica al figlio

maggiore spettava il doppio di quanto era dovuto agli altri figli.. (Vedi Dt 21, 17; Lev 25, 23; Sir 33, 20-24).

Il peccato del giovane per alcuni sta nel fatto di aver dilapidato i beni del padre, per altri nella sua vita

immorale, per altri nel fatto che egli vuole essere indipendente da suo padre, come Adamo da Dio.

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VIVENDO IN MODO DISSOLUTO (13) La caduta del minore è sottolineata da alcune espressioni: “vivendo da dissoluto” e con le

“meretrici”, come dirà poi il maggiore, finendo per “pascolare i porci”, situazione degradante e di

impurità legale (Lv 11, 7; Dt 14, 8) per gli ebrei, perché era un servizio presso stranieri e con i porci,

costretto a “saziarsi con le carrube”, segno di estrema miseria. Il massimo di miseria per l’ambiente biblico

è evocato in questa situazione di schiavitù, di fame e solitudine, fuori della patria.

ALLORA RIENTRO’ IN SE STESSO (17) Il soliloquio non esprime grandi sentimenti di pentimento. Al centro della parabola non stanno

queste riflessioni. La parabola non intende offrire un paradigma dell’evoluzione psicologica del giovane dal

peccato alla conversione. Anzi egli è così poco convertito che intende sfruttare ancora una volta la

situazione familiare. C’è in lui ancora tanto equivoco e interesse: è disposto a barattare la sua condizione

di figlio con il pane per sopravvivere e del padre conserva un falso concetto.

PADRE HO PECCATO (18) Tuttavia vi è l’indicazione di un itinerario: dalla constatazione della miseria al riconoscimento

della colpa, (“ho peccato”) all’intuizione della bontà del padre (“nella casa del padre mio”), alla

consapevolezza della dimensione verticale del peccato (“contro il cielo e contro di te”), alla decisione di

tornare a casa (“mi leverò e andrò”), alla disposizione di fare penitenza (“trattami come uno dei tuoi

garzoni”), all’effettiva partenza (“partì e s’incamminò”).

IL PADRE LO VIDE (20) Vero centro della parabola è l’amore del padre. Il padre previene ogni atteggiamento del figlio ed esprime le premure dell’amore di Dio: è lui che

prende l’iniziativa e non lascia neppure che il figlio finisca la conversazione. “Quando era ancora

lontano” , commosso gli corre incontro, facendo un gesto sconveniente anche tra persone di pari grado: gli

si getta al collo e lo bacia, con grande tenerezza e affetto e in segno di perdono, lo reintegra totalmente

nella situazione di prima; gli dà la veste in segno di distinzione, l’anello, che comprende il sigillo con cui

segnare gli atti ufficiali a nome del padre, i calzari, che denotano un uomo libero, uccide il vitello grasso e

indice una grande festa.

QUESTO MIO FIGLIO ERA MORTO (24) Questo padre è simbolo di Dio, il cui amore non viene meno nei confronti di quelli che si

allontanano, il cui perdono è una vera restaurazione, una nuova creazione (Salmo 50, 10). Dio gioisce

per la conversione dei peccatori (15, 7.10).

Questo figlio era morto. E’ morto, dirà Luca in 9, 50 è colui che non ha trovato la via del Regno.

Nel giudaismo questo termine è applicato agli empi; nel NT viene applicato più specificatamente a quelli

che non hanno parte alla vita di risorti che Gesù dona.

INTINERARIO DEL MINORE

La caduta: dammi, partì, sperperò, a servizio, carrube, porci. Il ripensamento: rientrò in sé, mi leverò, ho

peccato, trattami. La svolta per opera del padre: vestito, calzari, tornato a vita, festa.

IL FIGLIO MAGGIORE (25) Entra in scena un nuovo personaggio, che richiama i farisei di 15, 2. Le reazioni di questo figlio

maggiore sono quelle dei “giusti” che compiono coscienziosamente il loro dovere. Nel cuore del maggiore

c’è gelosia e disprezzo nei riguardi di colui che rifiuta di chiamarlo suo fratello e che indica come:“tuo

figlio” e c’è falso giudizio del genitore che non riconosce come padre, ma ritiene un despota, che lo

schiavizza (“tu non mi hai dato mai un capretto”).

IL PADRE ALLORA USCI’ A PREGARLO (28) Si staglia netto il contrasto tra il figlio maggiore e il padre. E anche qui il padre dimostra la

stessa bontà e lo stesso amore, che non disarma di fronte al comportamento del figlio. E’ sempre il padre

che prende l’iniziativa e invita il maggiore alla festa.

TUO FRATELLO ERA MORTO (32) E’ la stessa dichiarazione del v. 24, con il cambiamento di “mio figlio” in “tuo fratello”. Il padre

vuole assicurare l’unità tra i due suoi figli, li vuole di nuovo fratelli. “

Qui finisce la parabola, che resta aperta. Entrerà oppure no il maggiore? La parabola è lasciata

anche aperta alla libertà di ogni lettore.

ITINERARIO DEL MAGGIORE La sua posizione: si indigna, non vuole entrare, tuo figlio, nulla per me. Il comportamento del

padre: gli va incontro, gli dà spiegazioni. Non si conosce la conclusione.

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Capitolo 16

Il fattore infedele 1 Diceva anche ai discepoli: "C`era un uomo ricco che aveva un amministratore, e

questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L`amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l`amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall`amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d`olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell`amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la iniqua ricchezza, perché, quand`essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. 11 Se dunque non siete stati fedeli nella iniqua ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? 13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l`uno e amerà l`altro oppure si affezionerà all`uno e disprezzerà l`altro. Non potete servire a Dio e a mammona".

Ipocrisia dei farisei 14 I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano

di lui. 15 Egli disse: "Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio. 16 La Legge i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi. 17 E` più facile che abbiano fine il cielo e la terra, anziché cada un solo trattino della Legge. 18 Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un`altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio.

Il ricco epulone

19 C`era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell`inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell`acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch`essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi".

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Il fattore infedele (1-9) Il capitolo 16 ha un’unità letteraria costruita attorno al tema dell’uso della ricchezza. Il tema con

sfumature diverse appare in due racconti parabolici, che dominano la sezione. Nella prima parabola (del

fattore infedele) viene rivolto un pressante invito ai discepoli per una decisione coraggiosa: garantirsi un

futuro salvifico, liberandosi della ricchezza a favore dei poveri.

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DICEVA AI SUOI DISCEPOLI (1) Dopo il capitolo 15 che è rivolto a Farisei, scribi, pubblicani e peccatori (15, 1), cambia l’indicazione

degli uditori, che ora sono i discepoli, tuttavia i farisei rimangono sullo sfondo della scena (16, 14).

C’ERA UN UOMO RICCO (15)

Lo spunto della parabola è uno scandalo amministrativo, come poteva accadere nella gestione delle

grandi tenute di Galilea o Trasgiordania. Un latifondista che ha affidato la contabilità dell’azienda agricola

ad un amministratore, riceve delle denunce a carico di quest’ultimo per la sua gestione. (“fu accusato”).

RENDI CONTO (2) Il proprietario chiede all’amministratore che giustifichi la sua attività, che prevede anche la

presentazione dei documenti scritti. Ma anticipa subito il risultato dell’esame con l’annunzio o, secondo

alcuni, la minaccia del licenziamento.

L’AMMINISTRARE DISSE (3) In un soliloquio vengono riferite le riflessioni che fa l’amministratore. Scartata la possibilità di fare

un lavoro fisico pesante e di chiedere l’elemosina (zappare…mendicare), trova la soluzione che ritiene

giusta perché una volta licenziato “qualcuno mi accolga in casa sua “. E subito mette in atto quanto ha

escogitato.

CHIAMO’ UNO PER UNO (5) Chiama i debitori con circospezione, uno per uno. Non è chiaro se essi siano puri debitori o

commercianti, che hanno avuto merce firmando una ricevuta. Qui vengono descritti due casi, nei quali è

comune la gravità del debito: 100 barili di olio, corrispondenti ad un debito di 1000 denari e 100 misure di

grano, corrispondenti ad un debito di 2500 denari; il condono per tutti due è di circa 500 denari. Per

comprendere come fosse possibile questo comportamento bisogna sapere che l’amministratore di fatto

godeva di un notevole margine di libertà di azione e il compenso per la sua prestazione era ricavato dai

guadagni che egli riusciva a fare con prestiti ad alto interesse. Egli rinunzia a parte dell’interesse e ai danni del suo padrone si assicura amici legati a lui nella complicità della truffa.

IL PADRONE LODO’ (8) Chi loda è il padrone della parabola e si capisce perché lodi l’amministratore che è ingiusto

(“oikonomos tes adikias) e che resta un truffatore. Lo loda per la sua abilità, perché ha agito con

scaltrezza nel prevedere e provvedere per i momenti di miseria. Qui finisce la parabola. Alcuni però

dicono che la parabola finisce al v. 7 e perciò il padrone, che qui è detto “kirios”, sarebbe Gesù e che

quindi con il v. 8 inizierebbe l'applicazione ai discepoli.

I FIGLI DI QUESTO MONDO (9) Le espressioni “figli di questo mondo” e “figli della luce” sono semitiche e indicano due categorie di

persone; le troviamo anche in Giovanni (Gv 12. 36) e in Paolo (1 Ts 5, 5) e negli scritti di Qumran per

indicare i membri e i nemici della comunità. L’espressione di Gesù è pessimistica: egli oppone la decisione

e l’intelligenza dei “figli di questo mondo” all’indecisione e ignavia dei “figli della luce”.

PROCURATEVI AMICI (9) Ciò che segue non è un commento che si connette con la parola “mammona”, che è “frutto di ingiustizia” (in greco “mamona tes adichias”, in latino “mammona iniquitatis , espressione qui tradotta

con “ingiusta ricchezza”). Ci si deve servire dei soldi, che sono sempre e comunque iniqui, in quanto

frutto di accumulo e fonte di falsa fiducia. (Dice S. Girolamo: “il ricco o è ingiusto lui o è erede di un

ingiusto), per creare una solidarietà che va oltre gli interessi mondani: si deve dare ai poveri, i quali così

diventano amici e clienti presso Dio (cf 12, 33). Per “amici” sono generalmente interpretati i poveri, i quali

potrebbero disporre del cielo in favore dei loro benefattori. Secondo altri commentatori però sarebbero Dio

e gli angeli.

Alcune sentenze (10-18) Seguono detti vari, connessi per associazioni di idee tra di loro o con ciò che precede o segue.

CHI E’ FEDELE NEL POCO (10) Nei versetti 10-11, l”ingiusta ricchezza”, è messa in parallelo con il “poco”, la “ricchezza vera

con la “ricchezza vostra” e la “ricchezza altrui” è contrapposta al “molto. E il senso è: se il discepolo di

Cristo (al contrario dell’amministratore infedele) è fedele nel poco (nell’amministrare i beni terreni,

facendone parte ai poveri) sarà fedele anche nel molto, cioè nei beni spirituali salvifici. Invece chi è

ingiusto nel poco (come il fattore infedele), lo sarà anche nel molto e sperpererà i beni spirituali.

L’amministratore, di cui prima si era lodata l’accortezza ora è visto come personaggio non positivo,

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occasione di ammonimento e la ricchezza è vista come cosa che vale poco; il danaro infatti è cosa da poco,

paragonato ai beni eterni ed è cosa altrui, cosa che in nessun modo può costituire la vera ricchezza del

discepolo.

CHI VI DARA’ LA VOSTRA (12) Se i discepoli non rimangono fedeli nell’amministrare i beni della terra, non facendone uso secondo

la volontà di Dio, Dio non darà loro ciò che è fondamentale, cioè i beni della salvezza.

PUO’ SERVIRE A DUE PADRONI (13) Con la menzione all’ingiusta ricchezza è legato il detto sull’impossibilità di servire

contemporaneamente a Dio e al mammona di iniquità, sono due padroni che esigono tutto l’uomo. Il

discepolo, come qualsiasi altro uomo, deve maneggiare denaro ogni giorno. Ora però egli sa cosa deve fare: darlo a chi appartiene, ai poveri. La smetta di pensare che è suo, venda quello che ha e lo dia ai

poveri (12, 33). E’ nel condividere con loro i beni di questo mondo, che il discepolo si dimostra amministratore fedele (12, 42-43) e nel regno di Dio troverà i suoi amici, i poveri, che lo accoglieranno

come loro commensale.(16, 9).

SI BEFFAVANO DI LUI (14) Tutti questi detti sul distacco dalle ricchezze fanno ridere i farisei, che amano accumulare denaro.

VI RITENETE GIUSTI (15) I farisei credono di essere giusti perché osservano la legge (Lc 18, 11-12). Gesù li rimprovera non

perché osservano la legge, ma perché credono di essere così giustificati, di diventare santi con le proprie forze, cosa impossibile agli uomini e non vera nel caso dei farisei che sono attaccati alla ricchezza e

tutt’altro che santi. E Dio che conosce gli intimi pensieri dell’uomo non si lascia ingannare ed ha in

disgusto ciò che fa insuperbire e innalzare gli uomini.

LA LEGGE E I PROFETI (16) Questi versetti sono aggiunti qui per il riferimento a “Mosè (=Legge) e ai Profeti”, con cui termina

la parabola seguente (16, 31). Legge e profeti fino a Giovanni sono tutto l’Antico Testamento.

DA ALLORA IN POI (17) Con Gesù cambia l’era, è giunto il tempo della salvezza e il regno è inaugurato e annunziato. E

per entrare nel regno di Dio ci vuole uno sforzo.

E’ PIU’ FACILE (18) Tuttavia le esigenze morali della legge antica rimangono intatte. E un esempio è quello del

matrimonio indissolubile (cf Mt 5, 32;19,9).

Il ricco epulone (19-31) Il capitolo 16 di Luca è un’unità letteraria costruita attorno al tema dell’uso della ricchezza. Il secondo

racconto parabolico (16, 19-31), è quello del ricco e di Lazzaro. Luca è il solo che riporta questo racconto

simbolico che illustra, a modo di esempio il pericolo della ricchezza e propone un appello alla

conversione. La parabola si può dividere in due parti: la prima (19-25), simile ad un racconto egiziano

illustra il rovesciamento dei valori nell’ora della morte e mette in guardia dal pericolo delle ricchezze; la seconda (27-31) mostra che per credere non è necessario un miracolo, ma basta la Scrittura.

AI FARISEI (19) I farisei in genere sono presentati come ricchi, per la loro pretesa di essere fedeli alla legge. Qui

Luca denunzia il loro amore al denaro, come fa anche in 20, 45-47: “divorano le case delle vedove”.

UN UOMO RICCO (19) Subito sono in contrasto il ricco e il povero. La figura del ricco è evocata secondo il cliché orientale, in modo visivo: un uomo che sfoggia vesti costose e fa festa con una tavola sempre imbandita. E’

il tipo gaudente chiuso nel suo mondo dorato, senza problemi e angustie, incosciente a causa dei suoi beni

materiali.

UN POVERO (20) Del povero viene indicato il nome: Lazzaro (Eleazar = Dio aiuta) ed è l’unica volta in cui un

personaggio delle parabole lucane riceve un nome. Lazzaro è un mendicante sempre affamato, malato al

punto da non riuscire a scacciare i cani randagi, che giace alla porta del ricco. La figura del povero fa pensare

a Giobbe.

Tra il ricco e il povero durante la vita terrena esiste una separazione. (Vedi Amos 2, 6-7; Giobbe 24,

2-12). Il ricco appare un privilegiato, ma davanti a Dio la povertà è un titolo per essere personalmente

riconosciuti da lui.

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IL POVERO MORI’ (22) Con la morte le parti sono invertite. Il povero è accolto nel “seno di Abramo”. L’espressione può significare o in genere intimità (G, 1-17: il Figlio “nel seno del Padre”) o partecipare con Abramo al

banchetto messianico (Gv 13.23) o la speranza di essere accolti da Abramo al momento della morte (4 Mc

13,17) o ricongiungersi ai padri (Gn 15, 15).

MORI’ ANCHE IL RICCO (22) Il ricco invece va nello Sheol, in greco Ade. Sheol era in principio il soggiorno di tutti i morti buoni

e cattivi ed era un luogo di desolazione, ma ai tempi di Gesù, si pensava generalmente che i giusti

aspettavano in pace la risurrezione, in “paradiso”, nel giardino dell’Eden (vedi 23, 43: “oggi sarai con me in

paradiso”), e che i cattivi già subivano il castigo eterno (si parlava allora del fuoco della Geenna).

Ma Luca qui non offre informazioni esatte sull’aldilà, infatti la scena delle “sedi” dei morti

sottintende rappresentazioni tipicamente giudaiche di una situazione intermedia, di fiamme e sete, di

discorsi tra defunti, di grande abisso, che non possono essere presi come una presentazione fotografica

dell’aldilà. Il suo scopo è di esortare fin d’ora alla conversione. La sorte dell’aldilà si gioca sulla terra e

sulla terra bisogna cambiare vita.

ALLORA GRIDANDO DISSE (23) Il ricco invoca aiuto appellandosi al “padre Abramo”, che deve curarsi dei suoi figli; implora un

sollievo, non un mutamento della condizione e ammette che la situazione attuale è meritata.

I TUOI BENI… I SUOI MALI (25) La risposta di Abramo pone fine a tutte le possibili speranze del ricco. Egli presenta l’avvenuto

rovesciamento della situazione: i beni nella vita e i mali dopo e viceversa. Anche altrove Luca parla di

rovesciamento: nel Magnificat (1, 46-55: “ha deposto i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”) e nelle

Beatitudini (6, 20-26: “ beati, voi… guai a voi“).

UN GRANDE ABISSO (26) Al momento della morte il destino di ognuno, buono o cattivo, è definitivamente segnato.

REPLICO’ (27) Qui ha inizio la seconda parte della parabola, in cui si parla di conversione. Il povero vorrebbe far

avvertire i suoi cinque fratelli, ancora in vita, con un miracolo spettacolare.

HANNO MOSE’ (29) Abramo rimanda alle Scritture, che esprimono la volontà di Dio sull’uso dei beni di questo mondo

e sulla conversione. Abbiamo qui un forte contrasto tra la testimonianza del miracolo e quella della

Scrittura. La testimonianza della Scrittura basta. Su questa testimonianza insisterà Gesù.

SI RAVVEDERANNO (30) Rispondendo ad Abramo, il ricco parla di conversione in generale, cioè in tutti campi della vita e

non solo nell’uso del denaro.

SE NON ASCOLTANO MOSE’ (31) Chi non crede alla Scrittura non crederà nemmeno al miracolo. Le prove di questa asserzione

sono tante: una è quella della risurrezione di Lazzaro, quando i capi dei Giudei non solo non si convertirono,

ma decisero di uccidere Gesù (Gv , 12, 10-11).

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Capitolo 17 Lo scandalo

1 Disse ancora ai suoi discepoli: "E` inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. 2 E` meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. 3 State attenti a voi stessi!

Correzione fraterna

Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. 4 E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai". La fede 5 Gli apostoli dissero al Signore: 6 "Aumenta la nostra fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

Il dovere

7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8 Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? 9 Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

I dieci lebbrosi

11 Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!". 14 Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono sanati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all`infuori di questo straniero?". E gli disse: 19 "Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!".

La venuta del regno di Dio

20 Interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", rispose: 21 "Il regno di Dio non viene in modo da attirare l`attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!". 22 Disse ancora ai discepoli: "Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell`uomo, ma non lo vedrete. 23 Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. 24 Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all`altro del cielo, così sarà il Figlio dell`uomo nel suo giorno. 25 Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione. 26 Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell`uomo: 27 mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell`arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. 28 Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29 ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti. 30 Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell`uomo si rivelerà. 31 In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro. 32 Ricordatevi della moglie di Lot. 33 Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l`avrà perduta la salverà. 34 Vi dico: in quella notte due si troveranno in un solo letto: l`uno verrà preso e l`altro lasciato; 35 due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l`una verrà presa e l`altra lasciata". [ 36 ] 37 Allora i discepoli gli chiesero: "Dove, Signore?". Ed egli disse loro: "Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi".

________________________________ Ammonizioni varie (1-10)

Con i versetti 1-10 termina la seconda parte del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (13, 22-17,

1). In essi si riconoscono sostanzialmente quattro insegnamenti: il primo sullo scandalo (1-3); il secondo sul

perdono (3-4), il terzo sulla forza della fede (5-6); il quarto sul vero servizio (7-10).

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AVVENGANO SCANDALI (1) Lo scandalo indica ciò che fa inciampare nel cammino, la pietra, il tranello. Lo scandalo non è soltanto un cattivo esempio ma anche qualcosa che fa cadere sulla via della salvezza, che mette in pericolo

la fede dei piccoli. Dire che è “inevitabile” è fare una constatazione, fondandosi sull’esperienza: ci sono gli

scandali e ci saranno sempre. Gesù parla in generale e non fa cenno ad esempi di scandali particolari, ma

alcuni esempi li troviamo altrove: la non condivisione dei beni (16, 9-31), il rifiuto di perdonare (17, 3-4), il

rifiuto della conversione (15, 7; 16, 15), ecc.. I “piccoli” di cui qui si parla sono. le persone giovani nella

fede.

MA GUAI (1) Il giudizio di Gesù sullo scandalo è molto severo, la minaccia di pena è gravissima, l’avvertimento è solenne (state attenti a voi stessi).

SE UN TUO FRATELLO PECCA (3) La seconda istruzione tocca un’altra struttura fondamentale della comunità, la riconciliazione e il

perdono. La prima ammonizione veramente sembra che parli di correzione fraterna, ed è tradotta con

“rimproveralo” (epitimeson auto=increpa illum). Comunque l’intenzione è chiara: si devono ricostruire a

tutti i costi i legami fraterni spezzati o messi in crisi dalle tensioni.

PERDONAGLI (3) Tenendo conto delle due ammonizioni: “rimproveralo”, “perdonagli”, si deve dire che è

necessario farsi coraggio e correggere il fratello che sbaglia con carità; la tolleranza del peccato conduce la

chiesa al male. Inoltre bisogna sempre tenersi pronti al perdono da accordare, fino all’esaurimento delle

umane possibilità, a chiunque lo chieda; non c’è nessun limite a questo dovere tipicamente evangelico.

Luca parla di “sette”, Matteo di “settanta volte sette” (18,22), ma il valore simbolico del numero resta, si

tratta di un perdono illimitato.

GLI APOSTOLI DISSERO (5) Luca è l’unico evangelista ad usare il termine “apostoli” per i “dodici”; e ama distinguere gli

apostoli dai discepoli. E’ anche l’unico che chiama il Gesù pre-pasquale “Signore” (kirios). Chiedere ad un

uomo che aumenti la fede è chiedere qualcosa che nessun uomo può dare; ma gli apostoli vedono in Gesù molto più di un uomo.

AUMENTA LA NOSTRA FEDE (5) Seguire Gesù sulla via di Gerusalemme esige una fede più grande che seguirlo sulle strade della

Galilea. Solo il Signore esaltato dalla Chiesa può dare la fede, nonostante le difficoltà, le delusioni e

l’impotenza degli apostoli.

GRANELLO DI SENAPA (6) Rispondendo, Gesù dice che basta un poco di fede, purché genuina. Non si tratta di accrescere

quantitativamente la fede, ma di renderla più autentica, infatti basta un pizzico di fede vera per fare cose

impossibili. Il grano di senapa è il più piccolo dei semi (Mc 4, 41), ma ha in sé una grande forza, così la fede autentica non appare esternamente, ma contiene un dinamismo che supera ogni speranza umana.

TRAPIANTATO IN MARE (6) Il mare, luogo di morte e simbolo delle potenze demoniache diventa, per la fede, luogo di piantagione. L’immagine paradossale dell’albero sradicato e piantato nel mare traduce la forza della

fiducia totale in Dio. CHI DI VOI (7) Questa parabola è rivolta contro l’orgoglio dei farisei, i quali si facevano belli della loro giustizia

fino a pretendere la benevolenza degli uomini e di Dio. Gesù dice che nessuno, nemmeno il servo più fedele

può vantare diritti davanti a Dio.

SE HA UN SERVO (7) Le immagini usate dimostrano che Gesù si sta rivolgendo a gente poco importante, che ha solo un

servo, o più esattamente “schiavo”, con dipendenza totale dal padrone. Nel mondo di allora quanto è detto

qui dello schiavo e del padrone, era prassi normale; il padrone per questi atteggiamenti non si riteneva

tiranno e lo schiavo non pretendeva nessun grazie per il suo lavoro. A noi il fatto appare urtante e

sappiamo che Gesù prenderà il posto del servo (Gv 13, 1-13). Ma la parabola serve per l’insegnamento:

al contrario di quanto pensano i farisei, l’uomo davanti a Dio si trova in dipendenza totale, non può

avanzare pretese, ed è sempre colui che riceve.

COSI’ ANCHE VOI (10) I discepoli sono servi inutili, non perché davanti a Dio siano come schiavi, ma per l’atteggiamento

che devono avere di gente senza pretese. Sono “servi inutili” nel senso di “qualunque” o “non necessari”,

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che non devono puntare alla loro gloria o ad altri interessi, ma agire come dice un salmo: “ Non a noi,

Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria“ (Sl 115, 1).

DOVEVAMO FARE (10) Fare quanto Dio gli indica è per il credente, non un peso, ma un motivo di riconoscenza.

I dieci lebbrosi (11-19) Ha inizio l’ultimo tratto del viaggio verso Gerusalemme, (17, 11-19, 44). La sezione si apre con

l’episodio della guarigione dei dieci lebbrosi. Il miracolo offre a Luca l’occasione per mettere in

opposizione il comportamento saggio ed evangelico di un samaritano, con quello degli altri nove guariti che

presumibilmente erano giudei. Il centro del racconto sta nel ritorno di questo straniero verso il suo

benefattore e il sentimento di gratitudine che manifesta.

ATTRAVERSO’ LA SAMARIA E LA GALILEA (11) Il versetto richiama il filo conduttore del viaggio che inizia in 9, 51, ma l’annotazione di Luca è strana, dato che ha già parlato dell’episodio di Marta e Maria in cui Gesù (10, 38-42) era giunto a Betania

alle porte di Gerusalemme. Ma qui il richiamo alla Samaria ha probabilmente lo scopo di annunziare la

scena seguente. Poiché il racconto parla di nove giudei e di un samaritano, è probabile che l’azione si sia svolta in Galilea e la Samaria sia stata aggiunta per il solo samaritano riconoscente.

DIECI LEBBROSI (12) I lebbrosi si fermano a distanza, a causa dell’impurità, chiamano Gesù “maestro” (ed è l’unica volta

che Gesù è chiamato con questo titolo da chi non è discepolo), chiedono “pietà”, misericordia, e si

rivolgono a Gesù, come gli Ebrei si rivolgono a Dio nelle loro abituali preghiere (Salmo 51, 3) e come

prega anche il cieco della città di Gerico (Mc 10, 47).

GESU’ DISSE (14) Gesù non passa davanti alla sventura senza interessarsi, così fece anche con il fanciullo della vedova

di Naim (7,11). L’incontro con lui è un avvenimento di salvezza.

PRESENTARVI AI SACERDOTI (14) E manda i lebbrosi dai sacerdoti come fossero già guariti; i sacerdoti infatti dovevano constatare la

fine dell’impurità (Lv 14, 2-3).

MENTRE ANDAVANO (14) I lebbrosi obbediscono, dando prova di grandissima fiducia e, grazie a questa fiducia, sono guariti (furono sanati).

UNO DI LORO (15) Non è detto se quest’uomo guarito sia giunto dai sacerdoti, ma è detto da chi va a fare i ringraziamenti, va da Gesù, “lodando Dio” come i pastori (2, 20), il paralitico (5, 25), il cieco (18, 43), il

centurione (23, 47). Per ringraziare non è andato a Gerusalemme, ma dove Dio si è rivelato, in Gesù: il

luogo dell’azione di grazia è ormai la persona di Gesù.

ERA UN SAMARITANO (16) Solo a questo punto Luca dice che l’uomo era un samaritano. Quelli che più accolgono Gesù sono i più lontani dal mondo ebraico (Gv 4, Atti8).

MA GESU’ OSSERVO’ (17) Colpisce l’amara constatazione di Gesù che si rivolge non al samaritano ma agli ascoltatori. Egli

indirettamente presenta l’atteggiamento del samaritano come un esempio di quanto tutti i guariti avrebbero

dovuto fare e deplora che essi non abbiano riconosciuto in lui il loro salvatore.

LA TUA FEDE TI HA SALVATO (18) La fede non solo l’ha guarito, ma lo ha salvato, unito a Gesù, il Salvatore. Luca ama mettere in

rapporto guarigione e salvezza, che sono due aspetti dello stesso dono. La fede è posta al di sopra della

legge. Ringraziando Gesù ci si incontra con Dio e si accede alla salvezza.

Piccolo discorso escatologico (20-37) In tutti e tre i vangeli sinottici si trova un discorso sulla fine (discorso escatologico), ma nel Vangelo

di Luca alcuni temi sono anticipati nel discorso sul giorno del Figlio dell’uomo (20-37).

QUANDO VERRA’ IL REGNO (20) I farisei domandano quando verrà il Regno. La data della venuta del Regno angustiava il Giudaismo

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ai tempi di Gesù (cf Daniele 9, 2) e l’occupazione romana dava a questa attesa un carattere di grande

inquietudine.

NON VIENE IN MODO (21) Gesù non risponde alla domanda sul “quando”; la data è secondaria. respinge tutti i calcoli apocalittici (eccolo qua o eccolo là) e dice che il Regno di Dio verrà in modo che non si possa osservare e

anche che è già presente in mezzo agli ascoltatori.

AI DISCEPOLI (22) Se il regno era presente già mentre parlava Gesù, la sua pienezza però ci sarà al ritorno del Figlio

dell’uomo. E i due fatti coincideranno. Questa chiarezza non soddisfa la curiosità di chi vorrebbe

determinare tempo, modi e luogo. E Gesù dice che il suo ritorno sarà subitaneo (come un lampo) non di lunga durata (desidererete vedere) e visibile. Chi sa questo, si guarderà bene dall’andare dietro alle voci

(eccolo qua eccolo là).

PRIMA E’ NECESSARIO (25) Ma prima della sua venuta nella gloria, Gesù dovrà passare attraverso la passione.

COME AVVENNE (26) La venuta del Figlio dell’uomo avrà un carattere di imprevedibilità. Essa coglierà di sorpresa gli

uomini non curanti, come successe ai tempi del diluvio e della distruzione di Sodoma.

IN QUEL GIORNO (31) In quel giorno non ci sarà tempo per niente, né per scendere dalla terrazza, né per ritornare dai

campi e cogliere le proprie cose. Ognuno sarà sorpreso così come si trova: o seduto a mensa o macinando

grano. E in quel momento avverrà una divisione tra gli uomini: uno sarà preso e l’altro lasciato; ci sarà cioè il giudizio che separerà i buoni dai cattivi.

CHI CERCHERA’ DI SALVARE (33) Viene da domandarsi “se le cose stanno così, chi si salverà”? Gesù risponde: “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà”. Su questo tema Egli già aveva detto: “Chi vuol salvare la propria vita

la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà“ (9,29); “Chiunque mi riconoscerà

davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio” (12, 8). Si salva chi si lascia coinvolgere totalmente dall’annunzio del Vangelo e non fa come la moglie di Lot che volse

indietro lo sguardo.

DOVE SIGNORE? (237) La parola del Signore è chiara, ma i discepoli cercano di conoscere qualcosa di secondario: dove

avverrà tutto questo? Gesù, che non è un maestro di curiosità e che non ha tolto le curiosità a chi voleva

avere notizie sul “quanto”, non la toglie nemmeno a chi lo interroga sul “dove” e risponde con un proverbio

enigmatico, che ha questo significato: il giudizio di Dio è attirato dal mondo, come gli avvoltoi da un

cadavere.

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Capitolo 19

Zaccheo 1 Entrato in Gerico, attraversava la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei

pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: "E` andato ad alloggiare da un peccatore!". 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto". 9 Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch`egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell`uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

La parabola delle mine 11 Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché

era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all`altro. 12 Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. 13 Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno. 14 Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un`ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi. 15 Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato. 16 Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. 17 Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città. 18 Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. 19 Anche a questo disse: Sarai tu pure a capo di cinque città. 20 Venne poi anche l`altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto; 21 avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato. 22 Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: 23 perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l`avrei riscosso con gli interessi. 24 Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci 25 Gli risposero: Signore, ha già dieci mine! 26 Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 27 E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me". 28 Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.

Accoglienza di Gesù in Gerusalemme 29 Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due

discepoli dicendo: 30 "Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. 31 E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno". 32 Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto. 33 Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?". 34 Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno". 35 Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36 Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37 Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38 " Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!".

39 Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli". 40 Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre". 41 Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: 42 "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. 43 Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; 44 abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

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I mercanti cacciati dal tempio 45 Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, 46 dicendo: "Sta scritto: La

mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!". 47 Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; 48 ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.

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Zaccheo(1-9) La conversione di Zaccheo a Gerico è l’ultimo episodio del viaggio di Gesù a Gerusalemme. Ne parla

solo Luca. Il racconto è parallelo a quello della guarigione del cieco (18, 35-43), avvenuta all’entrata di

Gerico, mentre ora Gesù sta attraversando la città. Il cieco ha riacquistato la vista, Zaccheo si apre alla

salvezza. Questa scena illustra in modo particolare la missione di Gesù e la necessità della conversione.

ENTRATO IN GERICO (1) Il fatto presentato si svolge a Gerico, sosta obbligata dei pellegrini che vengono dal Nord

attraversando la Perea. Gerico (città della luna?), nella valle del Giordano a 8 km ad O del fiume e a 10 dal

Mar Morto, ha origini antichissime, si ricordano insediamenti urbani già dal 7800 a. C; fu distrutta nel 1580.

Secondo Giosuè 6, è la prima città del Canaam ad essere conquistata, ma la descrizione dell’occupazione è la

riproduzione di una processione cultuale per festeggiare annualmente l’occupazione. Di nuovo fortificata

nel IX secolo viene visitata da Elia ed Eliseo (2 Re 2-4 ss). Ai tempi del NT è residenza invernale di Erode il

Grande ed è ricordata per la guarigione del cieco Bartimeo (Mr 10, 46-52) e per la conversione di

Zaccheo. Era una città di frontiera e di collegamento per il commercio sud-orientale; vi prosperavano i

funzionari della dogana e del dazio: Zaccheo è appunto un esattore capo e di conseguenza ricco.

ZACCHEO (1) Luca, deviando dalla sua consuetudine, dà il nome del personaggio dell’episodio: Zaccheo (il puro),

perché era conosciuto dai primi cristiani. Zaccheo è un ebreo, ma ha una posizione di capo della riscossione

delle imposte per i Romani ed è quindi mal visto dai concittadini.

CERCAVA DI VEDERE (2) Non per pura curiosità, Zaccheo, desidera conoscere il Maestro, che è venuto a “cercare” l’uomo

perduto (19, 10), ma di mezzo sta la folla; lui è “piccolo di statura” e soprattutto ha una situazione morale

non raccomandabile.

CORSE (2) Zaccheo che ha un germe di fede, perché Gesù già gli aveva toccato il cuore, s’impegna come può

e, pur avendo un certo rango sociale si comporta come un bambino. Il suo è già un cammino verso la

salvezza. Il sicomoro (sucomoros = fico d’India) è un grande albero frondoso della famiglia urticarie, il

legno di sicomoro era usato dagli egiziani per i sarcofaghi.

DOVEVA PASSARE DI LI’ (4) “Doveva” indica che l’incontro è provvidenziale: doveva avvenire, perché Dio voleva la

conversione di Zaccheo.

GESU’ ALZO’ LO SGUARDO (5) Gesù prende l’iniziativa che porterà alla conversione. Vuole incontrate Zaccheo, lo raggiunge con

lo sguardo, lo chiama per nome, anche se è la prima volta che l’incontra, gli dice è necessario (“devo“) , è

secondo il volere di Dio, che si fermi nella sua casa, perché per Zaccheo è giunto l’”oggi” della salvezza,

che non bisogna lasciarsi sfuggire.

IN FRETTA SCESE (6) La risposta di Zaccheo è chiara. Prontamente risponde all’invito, gioiosamente accoglie Gesù e

poi generosamente fa dono dei suoi beni ai poveri.

MORMORAVANO (7) Non solo i farisei, ma tutta la folla mormora, perché trova scandaloso il passo fatto da Gesù. E’ contro Gesù e non contro Zaccheo che mormora, ma, anche se per disapprovare, mette in risalto

l’amorevolezza del Maestro verso i peccatori.

ZACCHEO ALZATOSI (8) Luca prima della risposta di Gesù registra la conversione di Zaccheo. Egli è deciso (“alzatosi“) a

mettere ordine nella propria vita e si rivolge a Gesù che vede ormai non solo come grande maestro ma come Signore (“Kirios”), che generosamente è venuto nella sua casa, e cerca di imitare la generosità di Dio:

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condivide i beni con i poveri (“la metà”), come Gesù aveva raccomandato (11, 41; 12,33) e restituisce il

mal tolto quattro volte, cosa che era prescritta solo in casi speciali (Es 21, 37).

Non sappiamo se poi Zaccheo ha seguito Gesù, ma forse ha continuato il suo mestiere

onestamente. Egli è diventato comunque il tipo degli smarriti e dei rifiutati, che Gesù è venuto a cercare,

come Levi, la peccatrice, il centurione, il buon ladrone.

OGGI LA SALVEZZA (9) Gesù rispondendo ai mormoratori dice a chiare lettere il vero motivo della sua permanenza in quella casa. La salvezza che è entrata nella casa di Zaccheo è Gesù stesso. Anche Zaccheo è figlio di

Abramo e Gesù è venuto a portare la salvezza ad Israele (Atti 1, 6).

IL FIGLIO DELL’UOMO (11) E’ spontaneo il riferimento al Buon Pastore, alla pecorella smarrita, alla dramma perduta,

all’amore di Dio per tutti e lo sguardo di particolare misericordia di Gesù per i peccatori.

Parabola delle mine (11-27)

(Mt 25, 14-30)

La parabola delle mine è la versione di Luca della nota parabola dei talenti. Gesù si serve di essa

per insegnare che è il re che ha ottenuto il Regno dal Padre. La parabola ha un senso escatologico: nel

tempo dell’assenza del Signore, nell’attesa della sua venuta, bisogna mettere a profitto i beni da lui ricevuti.

DA UN MOMENTO ALL’ALTRO (11) La parabola riflette la situazione in cui venivano a trovarsi i discepoli dopo il miracolo del cieco di

Gerico (18, 35-43): si era riaccesa in loro la speranza che l’arrivo a Gerusalemme (da un momento all’altro)

fosse un’occasione unica per la manifestazione del Regno. Ma Gesù puntualizza e parla di una sua

partenza e dell’attesa del suo ritorno.

UN UOMO…PARTI’ (12) Vi è un’allusione a quanto avvenne dopo la morte di Erode il Grande (4 a. C). Archelao si era

recato a Roma per ottenere il titolo di re dei Giudei, ma questi mandarono nella capitale dell’impero

un’ambasceria per impedire che diventasse re; Archelao ritornò ma solo come governatore della Giudea e

della Samaria e punì severamente chi lo aveva rifiutato. L’episodio è sfruttato per dire che Gesù non entra a

Gerusalemme per prendere possesso del Regno, prima deve andare in un paese lontano, ma poi ritornerà,

nella parusia. Il dettaglio della partenza e del “paese lontano” dice che c’è ancora molto tempo prima del

ritorno del Signore.

DIECI MINE (13) Egli certamente tornerà e, nell’attesa, i suoi seguaci devono fruttificare il poco o il molto che

hanno ricevuto. I doni di Dio, tra i quali bisogna menzionare la fede, ma anche tutti gli altri distribuiti a

ciascuno dallo Spirito per il bene di tutti, sono raffigurati nelle mine, che erano monete dell’antica Grecia,

corrispondente a cento danari e un denaro era il salario di una giornata di lavoro. I discepoli devono valorizzarle (impegnatele) fino al ritorno del Signore.

I CITTADINI (14) In contrasto con i servi, che sono i discepoli del Signore, i “cittadini”, ossia i rappresentati ufficiali

del popolo ebraico non vogliono riconoscere l’autorità di Gesù.

QUANDO FU DI RITORNO (15) Nel tempo dell’attesa bisogna mettere a profitto i doni da lui ricevuti. Il ritorno del Signore non sarà immediato, ma al ritorno ci sarà il rendiconto e Gesù si presenterà come giudice di tutti

SI PRESENTO’ IL PRIMO (16) Chi davvero si è impegnato come discepolo avrà il dono della vita eterna. Il Signore lo farà

sedere a tavola e comincerà a servirlo (12, 37). Questo è il senso della narrazione dell’incontro con i primi

due servi. VENNE POI L’ALTRO (20) Ciò che è riprovevole nel terzo è il rifiuto dell’impegno e il modo di concepire le relazioni discepolo-Signore. Quel servo si è messo su un piano di paura e non ha avuto nessuna fiducia in Dio,

ma lo ha concepito alla stregua dei padroni umani. Non è il risultato che conta, ma il fatto che non ha voluto

affrontare i rischi della fede. TOGLIETEGLI (24) Il servo infedele viene punito. Il proverbio orientale: “A chiunque ha sarà dato…” appare in diversi

contesti del vangelo (cf 8, 18; Mc 4, 25; Mt 13, 12) e riflette una situazione sociologica che tutti potevano

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sperimentare. Il Vangelo se ne serve qui solo per sottolineare la gratuità dei doni di Dio e la

responsabilità dell’uomo. QUEI MIEI NEMICI (27) Il castigo rimanda al fatto da cui è partita la parabola, l’andata a Roma di Archelao e la feroce repressione al suo ritorno come etnarca, e qui significa che i nemici del Signore saranno puniti e

condannati.

Ingresso a Gerusalemme (28-40) (Mc 11, 1-10; Mt 21, 1-11; Gv 12, 12-19)

L’ingresso a Gerusalemme è descritto da Luca con accuratezza: Gesù prepara attentamente il suo arrivo nella città santa, che si trasforma in una vera manifestazione del suo essere “Signore e Re”, nonostante l’evidente opposizione dei farisei. Iil testo è pieno di allusioni all’Antico Testamento. Come

negli altri evangelisti l’ingresso a Gerusalemme è una manifestazione messianica, Gesù accetta le

acclamazioni della folla, ma non asseconda le aspirazioni a un messianismo terrestre.

VERSO GERUSALEMME (28) Il viaggio verso Gerusalemme giunge al termine. Dopo Gerico appaiono le ultime tappe della parte

orientale della Città; Betfage, Betania, villaggio di Maria, Marta e Lazzaro e. il monte degli Ulivi. La

preparazione e l’ultimo ingresso nella Città santa vanno letti alla luce delle antiche profezie messianiche.

INVIO’ DUE DISCEPOLI (29) L’ordine dato ai discepoli sottolinea la conoscenza di Gesù dei futuri avvenimenti.

PULEDRO (30) Il puledro legato è un asinello, (Mt 21, 2; Mc 11, 2) una cavalcatura pacifica, a differenza del cavallo

animale da guerra. Gesù fa atto di autorità disponendo di quest’asino che non gli appartiene, come disporrà

del tempio (19, 45-46) e del Cenacolo (22, 10-13). Lui ne è di fatto il vero padrone. Più avanti “i padroni”

(= kyrioi) dell’asinello chiederanno agli apostoli perché lo sciolgono ed essi risponderanno: “Il Signore

(kyrios = il padrone) ne ha bisogno”. L’uso dell’asinello mai cavalcato da nessuno, manifesta che Gesù ne è il padrone, come Dio è padrone delle primizie della natura da dedicare al culto.

GETTATI LORO I MANTELLI (35) Tutto realizza le profezie: “In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi, che

è di fronte Gerusalemme (Zc 14, 4;) “Esulta grandemente figlia di Sion…Ecco a te viene il tuo re. Egli è

giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, sopra un puledro figlio di asina” (Zc 9, 9); i mantelli vengono

stesi come si faceva per un nuovo re (2, Re 9, 13) e Gesù è acclamato come Salomone, che era seduto

anche lui sopra un asino (1 Re 1, 33-35); l’acclamazione (Benedetto Colui..) proviene dal Salmo 118, 26.

ALCUNI FARISEI (39) In contrasto con i discepoli e le folle esultanti troviamo i farisei scandalizzati. Gesù risponde loro

adattando a sé una profezia (Ab 2, 12) che originariamente si riferisce alle pietre che intervengono nel

pronunziare il giudizio su Israele. Dopo tanti riferimenti alle profezie è chiaro che Gesù pretende per sé la

dignità messianica, Egli è veramente Profeta, Messia e Salvatore. Questo è il significato dell’entrata di

Gesù a Gerusalemme.

Pianto di Gesù - Ingresso al Tempio (41-48) L’episodio del pianto su Gerusalemme è proprio di Luca ed è posto in contrasto con le precedenti

acclamazioni di lode. Segue l’ingresso di Gesù nel tempio.

ALLA VISTA DELLA CITTA’ (41) Nel cammino che va da Betania a Gerusalemme vi è un punto in cui improvvisamente balza agli

occhi il panorama della Città santa. Lì Gesù piange. Egli è un uomo sensibile; e Luca ha fatto altri cenni di

questa sensibilità (es 10, 13-15; 11, 39-52; 13, 15). Egli non piange su di sé o sulla sua missione, ma su Gerusalemme per le sofferenze che cadranno sul suo popolo che lo rifiuta.

GIORNI VERRANNO (43) I termini con cui Luca descrive il castigo di Gerusalemme sembrano influenzati da quello che fecero

i Romani nel 70, ma anche da alcune antiche profezie (Isaia 6, 9-10 , Isaia 29, 3), che aiutano a leggere la

storia nella fede: Gerusalemme è stata distrutta, il popolo ebraico annientato “perché non (ha)

riconosciuto il tempo in cui (è) stata visitata”, da Dio per mezzo di Gesù.

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ENTRATO POI NEL TEMPIO (45) Gesù entra nel tempio, lo purifica e ne prende possesso rivendicandone la funzione originaria: casa

di preghiera e non copertura dell’ingiustizia e falsa garanzia di impunità (spelonca di ladri). Gesù insegna

nel tempio circondato dal popolo che fa blocco attorno a lui.

I SOMMI SACERDOTI (47) I notabili dell’aristocrazia laica e sacerdotale non rinunziano spontaneamente ai loro privilegi e

cercano di farlo perire.

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Capitolo 20

Questione del Battista 1 Un giorno, mentre istruiva il popolo nel tempio e annunziava la parola di Dio, si

avvicinarono i sommi sacerdoti e gli scribi con gli anziani e si rivolsero a lui dicendo: 2 "Dicci con quale autorità fai queste cose o chi è che t`ha dato quest`autorità". 3 E Gesù disse loro: "Vi farò anch`io una domanda e voi rispondetemi: 4 Il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo o dagli uomini?". 5 Allora essi discutevano fra loro: "Se diciamo "dal Cielo", risponderà: "Perché non gli avete creduto?". 6 E se diciamo "dagli uomini", tutto il popolo ci lapiderà, perché è convinto che Giovanni è un profeta". 7 Risposero quindi di non saperlo. 8 E Gesù disse loro: "Nemmeno io vi dico con quale autorità faccio queste cose".

I vignaiuoli perfidi

9 Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo piantò una vigna, l`affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo. 10 A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote. 11 Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote. 12 Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono. 13 Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto. 14 Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l`erede. Uccidiamolo e così l`eredità sarà nostra. 15 E lo cacciarono fuori della vigna e l`uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16 Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!". 17 Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos`è dunque ciò che è scritto: La pietra che i costruttori hanno scartata, è diventata testata d`angolo? 18 Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà". 19 Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l`aveva detta per loro. 20 Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all`autorità e al potere del governatore. 21 Costoro lo interrogarono: "Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 22 E` lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?". 23 Conoscendo la loro malizia, disse: 24 "Mostratemi un denaro: di chi è l`immagine e l`iscrizione?". Risposero: "Di Cesare". 25 Ed egli disse: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio". 26 Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

I sadducei e la risurrezione

27 Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: 28 "Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. 29 C`erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30 Allora la prese il secondo 31 e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 32 Da ultimo anche la donna morì. 33 Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l`hanno avuta in moglie". 34 Gesù rispose: "I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35 ma quelli che sono giudicati degni dell`altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 36 e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37 Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui". 39 Dissero allora alcuni scribi: "Maestro, hai parlato bene". 40 E non osavano più fargli alcuna domanda.

Il Cristo figlio di Davide

41 Egli poi disse loro: "Come mai dicono che il Cristo è figlio di Davide, 42 se Davide stesso nel libro dei Salmi dice: Ha detto il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, 43 finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi? 44 Davide dunque lo chiama Signore; perciò come può essere suo figlio?".

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Ipocrisia degli scribi

45 E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli: 46 "Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 47 divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa".

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Nel capitolo 20, Luca, seguendo Marco (11, 27-12, 44) presenta cinque conflitti tra Gesù e i suoi

avversari. Gesù aveva già avuto cinque conflitti in Galilea, (Lc 5, 17-6, 11) questi altri cinque avvengono in Giudea e precisamente a Gerusalemme e nel Tempio.

L’autorità di Cristo (1-8) (Mc 11, 27-33; Mt 21, 23-27)

1° Conflitto

Il primo conflitto vede contrapposti Gesù e il Sinedrio e verte sull’autorità con la quale Egli

compie le sue azioni profetiche. Gesù risponde con una controdomanda, che è un’accusa contro gli avversari.

ANNUNZIAVA LA PAROLA (1) Gesù è presentato nella pienezza del ruolo di Messia: “istruiva il popolo nel Tempio”.

I SOMMI SACERDOTI (1) Gli avversari sono le tre categorie che facevano parte del Sinedrio: sacerdoti, scribi e anziani.

CON QUALE AUTORITA’ (2) Due sono le domande: la prima è: “Con quale autorità fai queste cose”, cioè l’insegnamento che ha

suscitato perplessità, scandalo e polemiche, e la purificazione del tempio, la seconda è: “Chi ti ha dato

questa autorità”, perché Gesù non era autorizzato dalle scuole rabbiniche a parlare nel Tempio.

UNA DOMANDA (3) La controdomanda di Gesù non è un’abile scappatoia, ma tende a coinvolgere i suoi interlocutori

nella questione. Che cosa pensano di Giovanni e della sua missione? Una presa di posizione chiara nei

confronti del Battista è condizione previa per dare un giudizio su Gesù.

DI NON SAPERLO (7) I capi non hanno dato credito a Giovanni, ma non vogliono dirlo per non inimicarsi il popolo. Si

trincerano dietro una posizione neutrale che è rinunzia al ruolo di guide autorevoli.

NEMMENO IO (8) Gesù non dà loro una chiara risposta perché non c’è possibilità di rivelazione dove non c’è un

minimo d’apertura alla fede.

Vignaioli omicidi (9-19) (Mc 12, 1-13; Mt 21, 33-46)

2° Conflitto

Il secondo dei sette quadri della sezione presenta una parabola, che è ispirata a quella della vigna

narrata dal profeta Isaia (Is 5, 1-7) e al testo chiave del Salmo 118, 22, citato nel v 17. La storia dei

coltivatori omicidi si trasforma nell’immagine dell’infedeltà del popolo, anche di fronte alla morte del

Figlio, mentre continua la fedeltà di Dio verso gli uomini.

UN UOMO PIANTO’ UNA VIGNA (9) La parabola riflette l’ambiente agricolo della Galilea, dove dominava il latifondismo e il padrone era

in genere uno straniero, che viveva lontano per lungo tempo. Ma il riferimento è al canto di Isaia 5, 1. Ss.

A SUO TEMPO (9) La vigna è di proprietà del padrone e i frutti spettano a lui, ma c’è chi contesta questo suo diritto,

allora egli invia ripetutamente dei servi, che vengono maltrattati e scacciati e alla fine mette persino in

pericolo la vita del figlio, pensando che avrebbero rispettato almeno lui. Invece avviene l’impensabile: i

coltivatori uccidono il figlio. Tutto è palese: i servi sono i profeti, “il mio unico Figlio” è Gesù.

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CHE COSA FARA’(15) A questo punto Gesù coinvolge gli ascoltatori, chiedendo che dicano come, secondo loro, si

comporterà il padrone della vigna. E subito dice che verrà, punirà, darà la vigna ad altri.

NON SIA MAI (16) I presenti hanno capito tutto e reagiscono con un grido di contrarietà e di paura che si possa

avverare quanto è stato detto.

LA PIETRA (18) Gesù conferma il suo insegnamento parabolico con le profezie, citando il salmo 118. La pietra è

Gesù che Israele rifiuta, ma è il fondamento di tutto. CADRA’ (18) I nemici che vogliono schiacciare Gesù, in realtà saranno schiacciati dagli avvenimenti di

Pasqua, che li confonderanno, giudicheranno e condanneranno. Ma la profezia è valida sempre: per chi

rifiuta Cristo non c’è mai salvezza.

GLI SCRIBI (19) I dottori della legge capiscono che la parabola è stata raccontata per loro, non pensano ad interrogarsi

se Gesù ha ragione oppure no; si sentono denunziati come rappresentanti del popolo e reagiscono con forza.

Tributo a Cesare (20-26) (Mc 12, 13-17; Mt 22, 15-22)

3° Conflitto

Nel terzo conflitto Luca sottolinea l’intenzione maligna degli avversari di Gesù: avere un pretesto qualsiasi per deferirlo al tribunale di Pilato. Questo ben noto brano continua ad esser travisato. Gesù si

richiamerebbe ad una divisione dei poteri: allo Stato il potere terreno, alla Chiesa solo le cose "spirituali".

Ma è un’interpretazione inesatta. “Dare a Dio ciò che è di Dio” è in realtà riconoscere il limite di ogni autorità, in particolare quando il potere politico, qualunque esso sia, si pone contro Dio, scordandosi di

essere al servizio degli uomini. Il cristiano è chiamato così ad essere la coscienza critica di qualunque tipo

di potere umano.

PER COGLIERLO IN FALLO (20) Gli scribi e i sommi sacerdoti, toccati personalmente dalla parabola dei vignaioli omicidi, vogliono

cogliere Gesù in fallo e mandano delle spie per sentire da lui qualche parola che lo comprometta davanti al

potere politico.

LO INTERROGARONO (21) Gli “informatori” iniziano lodando Gesù. E’ una lode detta ad arte, ma è tutto vero: Gesù è

davvero un Maestro che parla con rettitudine, non guarda in faccia a nessuno e insegna secondo verità.

E’ LECITO (22) Presentano una domanda subdola e di difficile soluzione per porre Gesù contro il potere politico o contro il popolo.

MOSTRATEMI UN DENARO (24) Gesù supera la prova molto abilmente; a partire da una moneta , sulla quale era scritto “Tiberio,

figlio del divino Augusto”, stabilisce che bisogna dare a ciascuno il suo e dichiara che si debbono adempiere i doveri civili e quelli religiosi davanti a Dio.

DATE A CESARE (26) Gesù non ha nulla da contestare ai poteri dello stato, a meno che non si pongano contro i diritti di Dio. In

questo caso, se il potere si assolutizza e impedisce la libertà che si ha in Cristo, allora Egli diventa un limite

del potere e il cristiano con una contestazione non violenta cercherà di riacquistare la sua libertà.

Risurrezione dei morti (27-40) (Mc 12, 18-27; Mt 23, 23-33)

4° Conflitto La questione della risurrezione dei morti divideva i due gruppi antagonisti in seno al giudaismo,

i farisei e i sadducei. Il caso presentato a Gesù è un esempio classico di discussione, tendente da parte dei

sadducei a mettere in ridicolo la fede farisaica e popolare nella risurrezione dei morti La domanda non

meriterebbe nessuna risposta; l’abilità di Gesù, che appare come il “maestro della legge”, pratico in tutte le

questioni di esegesi e applicazioni, sta nel fatto che egli “fa“ qualche cosa di questa domanda senza senso.

Nelle sua risposta Gesù ribadisce due punti fondamentali: la novità dell’esistenza del mondo futuro, rispetto

all’esistenza del mondo presente (34-36) e le caratteristiche di questa vita nuova (37-38).

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SADDUCEI… NEGANO (27) I farisei che hanno presentano a Gesù il quesito del tributo a Cesare (Lc 20, 20-26) si ritirano e si

avvicinano i sadducei, i quali non ammettono la risurrezione dei morti.

MOSE’ CI HA PRESCRITTO (28) La domanda viene introdotta mediante la citazione di Dt 25, 5 ss, sulla legge del levirato, che

obbligava un uomo a sposare la cognata restata vedova.

C’ERANO DUNQUE (29) Il caso presentato è grottesco e carico di ironia, e sottende una visione materialistica della risurrezione, con matrimoni, appartenenza di una persona all’altra, morte.

GESU’ RISPOSE (34) Gesù, nella sua risposta, nega che la risurrezione sia il prolungamento della vita terrena: una tale

concezione poteva essere favorita da certe immagini dell’aldilà presenti anche nella tradizione farisaica.

Gesù usa gli schemi apocalittici, che distinguono il mondo presente da quello futuro, ispirata allo schema

dei due eoni e distingue due categorie di persone e due modi diversi di esistere.

I FIGLI DI QUESTO MONDO (34) Nel mondo presente, destinato a tramontare, “i figli di questo mondo” si sposano e il matrimonio

è quindi destinato all’ordinamento di questo eone.

QUELLI…DELL’ALTRO MONDO (35) Quelli dell’altro mondo invece non si sposano più e non muoiono; e non possono morire perché

sono simili agli angeli, sono figli di Dio, figli della risurrezione (“isaggheloi, uioi tou theou, tes anestaseos

uioi”). Da notare che è molto forte il nesso tra immortalità, figliolanza divina e risurrezione. Appare chiaro

che anche il corpo, sempre per grazia, partecipa alla condizione di figli di Dio; la nostra filiazione divina,

che già fin d’ora interessa tutto il nostro essere, anima e corpo, si compirà, in modo diverso, nel tempo

futuro, sempre per tutto l’essere, corpo e anima. La conclusione è che la domanda a quale dei sette fratelli

appartenga la donna, manifesta tutta la sua inconsistenza e irrilevanza.

I MORTI RISORGONO (37) Gesù poi cita anche lui la Scrittura e avvalora il suo insegnamento con l’autorità di Mosè (Es 3,

6). Parte dalla fede comune anche ai sadducei nel Dio di Abramo e dice che Mosè chiama il Signore “ Dio di Abramo Dio di Isacco e Dio di Giacobbe” e sarebbe un Dio dei morti se i venerati profeti non vivessero

realmente nel regno dell’aldilà. E’ invece un Dio che mantiene un rapporto di comunione con i morti che vivono.

TUTTI VIVONO PER LUI (38) I giusti nel mondo futuro vivranno come Dio, in Dio e per Dio, partecipi in modo definitivo della

vita che è Dio stesso.

Il Figlio di Davide (41-46) (Mc 12, 35-40; Mt 22, 41-46)

5° Conflitto Una volta ridotti al silenzio gli avversari, nella controversia precedente, Gesù stesso può prendere l’iniziativa, proponendo un altro brano della Scrittura all’attenzione dei suoi contestatori: si tratta del salmo

109. Gesù vuol far nascere una domanda sulla propria identità: egli è davvero “figlio di Davide” o non è piuttosto il Signore, come il Salmo sembra suggerire?

COME MAI DICONO (41) Gesù prende lo spunto dal salmo 109, dove Davide, considerato l’autore prega così : “ Oracolo del

Signore al mio Signore” (109, 1), e dice che la Scrittura asserisce che il Messia è superiore a Davide.

COME PUO’ ESSERE SUO FIGLIO? (44) Poi domanda: “come può essere suo figlio”? E vuol affermare che lui non è un semplice liberatore

politico e nemmeno un successore di Davide, ma che gli è superiore per il compito e la missione che ha che

non derivano dalla discendenza da Davide.

GURDATEVI DAGLI SCRIBI (46) Il testo ritorna sull’ipocrisia degli scribi. Gesù mette in guardia i discepoli contro la loro condotta:

essi non agiscono in conformità alla Scrittura che insegnano e pensano solo a se stessi.

CONDANNA PIU’ SEVERA (47) Costoro meritano un giudizio di severa condanna.

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Capitolo 21

L' obolo della vedova 1 Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. 2 Vide anche

una vedova povera che vi gettava due spiccioli 3 e disse: "In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. 4 Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere".

Predizione della rovina del tempio 5 Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo

adornavano, disse: 6 "Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta". 7 Gli domandarono: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?". 8 Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9 Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine". 10 Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

La fine di Gerusalemme 20 Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua

devastazione è vicina. 21 Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; 22 saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia. 23 Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24 Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti. Segni del ritorno di Cristo giudice 25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l`attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27 Allora vedranno il Figlio dell`uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. 28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

Attesa della venuta di Cristo 29 E disse loro una parabola: "Guardate il fico e tutte le piante; 30 quando già

germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l`estate è vicina. 31 Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32 In verità vi dico:non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 34 State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35 come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell`uomo". 37 Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all`aperto sul monte detto degli Ulivi. 38 ]E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo.

________________________ Obolo della vedova (1-4)

(Mt 12, 41-44)

Nei primi quattro versetti di questo capitolo viene stigmatizzata l’avidità, delle guide religiose, che

approfittano della loro posizione per arricchirsi e accrescere il loro potere. E a loro viene contrapposta la

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figura di una povera vedova, di cui Gesù sottolinea l'offerta generosa.

VIDE ALCUNI RICCHI (1) Luca parla solo dei ricchi e non della folla e così il contrasto con la vedova è più eloquente. I ricchi hanno abbondanza di beni e offrono del loro superfluo.

NEL TESORO (1) Nel tesoro del tempio finivano le offerte votive o sacrificali, le tasse per il tempio, i depositi di

denaro. Davanti al tesoro venivano presentate le offerte che il sacerdote deponeva in una delle tredici

trombe o imbuti predisposti; tutti potevano udire dalla voce del sacerdote l’entità dell’offerta.

UNA VEDOVA (1) La povera vedova dà del necessario alla sua vita.

HA MESSO PIU’ DI TUTTI (3) Il commento di Gesù rovescia radicalmente il concetto di offerta religiosa. I ricchi che fanno

un’offerta come contributo e sostegno per la sua casa di Dio, se lo possono permettere. La vedova invece dona a Dio tutto, perché a lui si affida completamente. La sua è l’offerta del povero, di chi può rischiare

tutto perché tutto riceve, rimanendo libero dall’ansia del possesso.

Discorso apocalittico (5-38) La caratteristica letteraria dei versetti 5-38 è che sono scritti in stile apocalittico. Questo stile ha

avuto inizio dopo la caduta del Regno di Giuda e ha raggiunto un grande sviluppo durante la persecuzione

di Antioco IV Epifane, nel secondo secolo avanti Cristo; la decadenza avvenne nel 300, ma gli ultimi testi tramandati sono del nono secolo d. C. Nella Bibbia troviamo brani apocalittici specialmente in Ezechiele

(38-39), in Isaia (24-27), in Zaccaria (9-14 9), in Daniele, nell’Apocalisse. Lo stile è diffuso in molti scritti

extrabiblici. Nell’apocalittica predominano simboli, sogni, visioni, sconvolgimenti cosmici, esseri fuori

della normalità, colori, numeri, che rimandano a significati ben conosciuti nei periodi in cui i testi sono

stati scritti.

Quanto alla composizione del discorso escatologico si possono fare varie supposizioni. Una è la

seguente: Gesù, al termine della sua attività, nella prospettiva della fine imminente, ha rivolto ai discepoli in

una specie di discorso d’addio, alcune istruzioni e raccomandazioni. Marco, prendendo le parole di Gesù ha

elaborato l’attuale discorso ispirandosi a modelli dell’apocalittica giudaica e scrivendolo quindi in stile apocalittico. Luca ha seguito da vicino lo scritto di Marco.

Rovina del tempio di Gerusalemme (5-24) (Mc 13, 1-20; Mt 24, 1-22)

Come gli altri sinottici, anche Luca conclude l’attività di Gesù a Gerusalemme, con un discorso

sulla fine. Il brano è chiamato la grande apocalisse, per differenziarla dalla piccola apocalisse lucana (17,

20-37). Qui Luca segue da vicino Marco, ma all’occasione sopprime o aggiunge, sposta o ritocca alcuni

elementi del discorso e ama ritornare dall’apocalittica alla storia, cioè storicizza l’apocalittica. Nel suo testo dopo una questione introduttoria (ammirazione del tempio, dichiarazione di Gesù

della fine e domanda dei discepoli: “Quando avverrà”?) (5-7) si possono con chiarezza notare tre fasi:

1° La distruzione di Gerusalemme preceduta da segni ammonitori (falsi profeti, guerre,

persecuzioni) (8-24),

2° La fine del mondo, preceduta da segni ammonitori (angoscia di popoli, forze del cielo sconvolte)

(25-33)

3° Il tempo della Chiesa, con indicazioni sul come comportarsi. (34-36)

Il punto di partenza è l’osservazione di Gesù causata dall’ammirazione per la grandiosità dei

lavori in atto per la costruzione del tempio, iniziati quarant’anni prima da Erode il Grande (21, 5-6).

L’annunzio che non resterà pietra su pietra è relativo alla fine di una situazione in cui l’uomo ha bisogno

di mediazioni rituali per avvicinarsi a Dio; con Gesù non c’è più bisogno di alcun tempio (confronta testi

analoghi in Mt 27, 51; Gv 4, 21: Ap 21, 22). Ai discepoli che chiedono un “segno” della fine, Gesù

risponde con immagini caratteristiche del linguaggio apocalittico (21, 7-11). La distruzione del tempio, come ogni altro evento catastrofico che potrebbe colpire l’umanità, non è di per sé un segno dal quale dover

essere terrorizzati (9). Segni ben più importanti saranno la persecuzione dei discepoli (21, 12-19) e la

testimonianza che essi saranno chiamati a dare, fiduciosi nell’aiuto di Gesù stesso. Il tempo attuale, per

quanto possa essere o apparire terribile, non va confuso con il tempo della fine: esso è piuttosto il tempo

della testimonianza.

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PARLAVANO DEL TEMPIO (5) Gesù si trova nell’atrio del Tempio e il suo discorso è rivolto a tutto il popolo ebraico e quindi

anche a tutti i cristiani. Marco e Matteo collocano il discorso nell’orto degli Ulivi.

VERRANNO GIORNI (6) Davanti allo spettacolo del Tempio, da poco abbellito e quindi praticamente nuovo (Erode il

Grande infatti ne aveva iniziato la ristrutturazione nel 19 a. C.), mentre alcuni ne lodano il materiale di

costruzione e le offerte votive date per la costruzione e la decorazione, Gesù parla come i profeti della fine

di Gerusalemme (Gr 7,1;Ez 8,11) Per queste profezie subirà le stesse minacce e lo stesso rifiuto (Gr 26)

avuto dai profeti, sarà infatti uno dei motivi per cui dovrà morire.

QUANDO (7) Duplice è la domanda: quando avverrà e quale ne saranno i segni. Marco e Matteo passano dopo

la domanda alla prospettiva della fine dei tempi. Luca prende in considerazione la distruzione del tempio.

Questo modo di presentare le cose si trova ancora sottolineato al v. 9 “non sarà subito la fine” e al 12: “ma

prima di tutto questo…“.

GUARDATE (8) Invece di rispondere direttamente a chi lo interroga, Gesù fa volgere lo sguardo alla storia

dell’uomo e mette in guardia da chi può ingannarli o sviarli, in particolare da due specie di seduttori: quelli

che pretendono di venire sotto il nome suo (“sotto il mio nome”, “sono io”) e quelli che affermano che il

tempo è prossimo. Si tratta di seduzione dottrinale.

GUERRE E RIVOLUZIONI (9) Gesù dice anche di non lasciarsi spaventare da fatti di guerra e da rivoluzioni (forse un’allusione

alle rivolte ebraiche dal 66 al 70), perché non sono in relazione immediata con la fine dei tempi. Asserisce cioè che per quanto possa parere disastroso l’andamento delle cose della terra, non sarà una

distruzione e una fine definitiva (non sarà ancora la fine). I segni assomigliano a quelli della fine, ma non è la fine.

POI DISSE LORO (11) Ora ha inizio il discorso sulle ultime realtà e Gesù sta per rispondere alle domande rivoltegli e parla

di fatti politici (popolo contro popolo), di disastri naturali (terremoti, pestilenze); di segni del cielo. Con

immagini stereotipe dell’apocalittica ebraica per descrivere gli avvenimenti che annunziano la fine del mondo, quando Dio viene a salvare il resto (Is 24, 19-20; Zc 14, 4.5; Ez &, 11-12 …).

MA PRIMA DI TUTTO CIO’ (12) Dice che prima ancora di questi fatti ci saranno le persecuzioni. Abbiamo qui in termini

profetici, una sintesi dei primi capitoli degli Atti: persecuzioni, consegna nelle sinagoghe, prigione,

conduzione davanti a re (Paolo davanti ad Agrippa) e governatori. Tutto ciò avverrà ed avvenne, per la fedeltà e testimonianza a Gesù (del mio nome).

RENDER TESTIMONIANZA (13) Le persecuzioni offrono l’occasione di testimoniare il Vangelo. La parola testimonianza (in greco

martyrion) prenderà in seguito il senso di “martirio”, come lo intendiamo noi.

NON PREPARATE LA VOSTRA DIFESA (14) Nelle persecuzioni i discepoli non devono preoccuparsi di che cosa dovranno dire nel giudizio;

devono restare sereni, perché Gesù sarà loro accanto e nessuno potrà resistere loro e combatterli, dice che

lui stesso darà “lingua e sapienza“, mentre in 12, 11 è promessa l’assistenza dello Spirito. Qui si parla anche

di forza invincibile (vedi martirio di Stefano: Atti 6, 10).

PERSINO DAI GENITORI (16) L’odio verso i cristiani sarà generale, anche nelle famiglie e tra gli amici (odiati da tutti). Il peso

della persecuzione diventa gravissimo quando sono i più stretti congiunti all’origine di essa. Luca dice che

saranno messi a morte solo “alcuni di voi”, perché di fatto non tutti gli annunciatori subirono il martirio.

NEMMENO UN CAPELLO (1 8) La parte conclusiva ha il sapore di un proverbio. Gesù invita alla fiducia. Persecuzione, pericolo di

morte, odio, con la protezione di Dio possono essere sopportati e la protezione divina è assicurata,

qualunque sia la situazione. Ma è da pensare anche al premio finale.

CON LA VOSTRA PERSEVERANZA (19) La perseveranza (upomone), che dura fino alla fine, apre alla prospettiva della salvezza finale, del

riposo escatologico.

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QUANDO VEDRETE GERUSALEMME (20) La distruzione di Gerusalemme è il segno che precede la fine dei tempi ed è presentata in modo

originale rispetto a Marco 13, 14-19 e Matteo 24, 15-21. Immagini e vocabolario sono quelli dell’apocalittica

che annunzia la fine dei tempi, ma Luca se ne serve per rievocare l’avvenimento storico della devastazione di

Gerusalemme dell’anno 70. Tale devastazione è un segno, una lontana anticipazione del giudizio finale.

DEVASTAZIONE E’ VICINA (21) Essa è presentata da Luca con espressioni desunte dai profeti, come per esempio chiaramente si

nota nei versetti 22 e 24 (vedi Ger 46, 10 e Zc 12,3) o nella stessa parola “devastazione” , desunta da Daniele

9, 27. Le sofferenze saranno immense come è indicato in particolare dall’immagine delle donne che

allattano e sono incinte.

GIORNI DI VENDETTA (22) Luca guarda al segno e dice che quei giorni saranno un segno, ma bada soprattutto alle cause di

questi avvenimenti e dice che saranno “giorni di vendetta”, ossia del castigo divino, il giorno in cui l’ira di

Dio si scatenerà contro il popolo.

Venuta del Figlio dell’uomo (25-36) (Mc 13, 14-31; Mt 24, 15-35)

Nei versetti precedenti il discorso si è aggirato sulla fine di Gerusalemme e sulle persecuzioni, ora

tratta della fine del mondo (24-33), che sarà preceduta da segni ammonitori (angoscia di popoli, forze del

cielo sconvolte) e del tempo della Chiesa, con indicazioni sul come comportarsi (34-36). A tante immagini

di distruzione e di morte, Luca affianca un detto di Gesù sulla salvezza (21, 25-28): la venuta del Figlio

dell’uomo (il riferimento è a Daniele 7, 13-14) sarà portatrice di liberazione (28) e non di rovina. La venuta

del Figlio dell’uomo e, più in generale, l’avvento del Regno di Dio sono illustrati dalla parabola del fico

(21, 29-33). I segni sopra menzionati non sono portatori di sciagura, quanto piuttosto di salvezza. Il

discorso si conclude (21,34-38) con una nuova esortazione alla perseveranza e un invito pressante alla conversione.

SEGNI NEL SOLE (25) Marco introduce l’avvenimento finale con l’espressione “in questi giorni” (13.24), che Luca lascia

cadere per far intendere che ciò che sta dicendo non avviene subito dopo la caduta di Gerusalemme, ma in

un tempo avvenire remoto.

I segni che precedono la fine sono: sconvolgimento del creato e angoscia di popoli, ma le immagini

presentate fanno parte del classico apparato scenico apocalittico e non sono una esatta predizione di

avvenimenti futuri, ma sono simbolo della solennità terribile dell’ultimo intervento di Dio in Cristo.

UOMINI MORIRANNO (2 6) Gli ultimi avvenimenti con il giudizio finale interessano gli uomini e saranno un dramma umano.

LE POTENZE DEI CIELI SARANNO SCONVOLTE (26) L’Apocalisse dirà che ci saranno “cieli nuovi e una terra nuova in cui abita la giustizia”.

IL FIGLIO DELL’UOMO (27) Il Cristo glorioso della Parusia è presentato come il “Figlio dell’uomo” di Daniele 7, che riunisce in

sé il popolo di Dio e riceve da Dio ogni potere. ALZATEVI E LEVATE IL CAPO (27) Gesù invita alla speranza. Gli avvenimenti finali saranno anche terribili, ma i credenti non devono temerli, perché i segni annunziano la vittoria del Signore e la loro personale liberazione.

VOSTRA LIBERAZIONE (27) L’avvento del Figlio dell’uomo sarà discriminatorio: condanna per gli uni, salvezza per gli altri e per i

credenti segnerà la redenzione definitiva.

DAL FICO (29) La parabola del fico che germoglia asserisce che prima della fine del mondo ci saranno i vari

avvenimenti accennati nel discorso: caduta di Gerusalemme, durante la generazione allora vivente (“non

passerà questa generazione”) e inoltre tribolazioni e persecuzioni.

STATE BENE ATTENTI (34) Luca parla ora del tempo della Chiesa, che è anche il nostro. Durante questo tempo tutti dobbiamo

vivere nella vigilanza, stando lontani da ogni vizio e peccato.

QUEL GIORNO… COME UN LACCIO (35)

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Il giorno finale può giungere come il laccio di un uccellatore, in cui l’uccello incappa quando meno

se lo aspetta. Qui “il giorno” non è più preannunziato da segni, ma si dice che sopraggiunge all’improvviso e

inatteso, come nelle parabole della vigilanza (12, 35-38).

VEGLIATE E PREGATE (36) La vigilanza troverà anche il tempo di dedicarsi alla preghiera e la preghiera darà la forza per

essere vigilanti. Così si avrà la forza per superare le prove della fine del mondo e per presentarsi sereni al

giudizio del Figlio dell’uomo.

DURANTE IL GIORNO (37) Gli ultimi due versetti del capitolo ci dicono come Gesù passava le giornate e le nottate. Di giorno

insegnava nel tempio e la notte la passava nel monte degli Ulivi. Quest’ultima notizia è aperta al racconto della passione: il traditore sa dove poter trovare Gesù lontano dalla folla per farlo arrestare.

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Capitolo 22

Patto di Giuda 1 Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, 2 e i sommi sacerdoti e gli scribi

cercavano come toglierlo di mezzo, poiché temevano il popolo. 3 Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. 4 Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani. 5 Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. 6 Egli fu d`accordo e cercava l`occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla.

Preparazione dell` ultima cena

7 Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la vittima di Pasqua. 8 Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: "Andate a preparare per noi la Pasqua, perché possiamo mangiare". 9 Gli chiesero: "Dove vuoi che la prepariamo?". 10 Ed egli rispose: "Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d`acqua. Seguitelo nella casa dove entrerà 11 e direte al padrone di casa: Il Maestro ti dice: Dov`è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 12 Egli vi mostrerà una sala al piano superiore, grande e addobbata; là preparate". 13 Essi andarono e trovarono tutto come aveva loro detto e prepararono la Pasqua.

Istituzione della SS. Eucaristia

14 Quando fu l`ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15 e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16 poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". 17 E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, 18 poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio". 19 Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me". 20 Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi".

Il traditore svelato

21 "Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. 22 Il Figlio dell`uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell`uomo dal quale è tradito!". 23 Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.

Lezioni di umiltà 24 Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. 25 Egli disse: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. 26 Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. 27 Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. 28 Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; 29 e io preparo per voi un regno, come il Padre l`ha preparato per me, 30 perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele. 31 Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 32 ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli". 33 E Pietro gli disse: "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte". 34 Gli rispose: "Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi". 35 Poi disse: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". 36 Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!".

Ai Getsemani

39 Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40 Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". 41 Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: 42 "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". 43 Gli apparve allora un angelo

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dal cielo a confortarlo. 44 In preda all`angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. 45 Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46 E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".

Cattura di Gesù 47 Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. 48 Gesù gli disse: "Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell`uomo?". 49 Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: "Signore, dobbiamo colpire con la spada?". 50 E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l`orecchio destro. 51 Ma Gesù intervenne dicendo: "Lasciate, basta così!". E toccandogli l`orecchio, lo guarì. 52 Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? 53 Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l`impero delle tenebre".

Rinnegamento di Pietro

54 Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55 Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro. 56 Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: "Anche questi era con lui". 57 Ma egli negò dicendo: "Donna, non lo conosco!". 58 Poco dopo un altro lo vide e disse: "Anche tu sei di loro!". Ma Pietro rispose: "No, non lo sono!". 59 Passata circa un`ora, un altro insisteva: "In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo". 60 Ma Pietro disse: "O uomo, non so quello che dici". E in quell`istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61 Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: "Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte". 62 E, uscito, pianse amaramente.

Gesù deriso

63 Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, 64 lo bendavano e gli dicevano: "Indovina: chi ti ha colpito?". 65 E molti altri insulti dicevano contro di lui.

Gesù davanti al sinedrio

66 Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: 67 "Se tu sei il Cristo, diccelo". Gesù rispose: "Anche se ve lo dico, non mi crederete; 68 se vi interrogo, non mi risponderete. 69 Ma da questo momento starà il Figlio dell`uomo seduto alla destra della potenza di Dio". 70 Allora tutti esclamarono: "Tu dunque sei il Figlio di Dio?". Ed egli disse loro: "Lo dite voi stessi: io lo sono". 71 Risposero: "Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L`abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca".

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Passione e morte del Signore (22, 1–23, 56) Gli Evangelisti erano credenti che parlavano ad altri credenti o a persone che intendevano aprirsi

alla fede e hanno tramandato a loro il racconto della passione. A questo tema essi ammettevano grande

importanza, si sono impegnati a registrare tanti episodi in modo armonico e a trasmettere un gran numero di messaggi. Luca, tra gli altri, ha voluto trasmettere i seguenti.

Mistero pasquale Passione e morte di Gesù sono strettamente congiunte con la risurrezione. Gesù è condannato

perché è un uomo scomodo e perché si ostina a dichiararsi Figlio di Dio. Il suo cammino non è quello di un qualunque condannato, ma un “esodo” che si conclude nella gloria. La luce della risurrezione filtra

nel tratteggio della sofferenza.

La sofferenza La passione è un concentrato di sofferenza: dal tradimento di Giuda, all’abbandono, alla

crocifissione, alla morte. Gesù poteva sottrarsi alla sofferenza e alla croce, ma ha voluto solidarizzare con

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gli uomini. La sua sofferenza è accettata e valorizzata. Accettandola, Gesù salva il mondo. Sofferenza e

morte discrimineranno gli uomini, come i due ladroni sulla croce.

La morte La morte di Gesù è uguale e anche diversa da ogni altra morte. Egli muore in modo da fare

esclamare al centurione: “è un giusto” o, secondo gli altri sinottici, “Costui era veramente il Figlio di Dio”.

La sua è una morte che porta i germi del trionfo ed è capovolgente: la morte diventa vita, la sofferenza porta salvezza Come diceva la profezia del Servo di Javhè, Gesù soffre senza colpa, muore ma non per

castigo, mostra la sua solidarietà con gli uomini e la sua morte sarà come quella del granellino che cade a

terra e porta molto frutto.

La passione rivela Gesù La passione rivela i tratti più profondi del Maestro: l’innocenza (23, 4: 23, 14), la dignità, il

perdono delle offese (23,34), l’abbandono nelle mani del Padre (23, 46), la totale vittoria su satana

nell’ora delle tenebre nell’estrema prova (22, 53; 22, 44). Rivela da parte di Gesù l’accettazione di una

passione non avvenuta a caso, ma prevista dalle Scritture (22, 62; 23, 28); il compimento delle profezie,

(22, 37), la volontà dal Padre (9, 22: 18,31).

La passione e i discepoli La passione rivela l’estrema debolezza dei discepoli: non capiscono (22, 30; 22, 51), abbandonano il

Maestro (22, 57), Giuda e Pietro lo tradiscono. Ma rivela anche la necessità per loro di seguire Cristo: è

necessario restare con lui nelle tentazioni (22, 38), portare con lui la croce come il Cireneo (22, 26);

pentirsi se hanno tradito (22, 62).

Caratteristiche di Luca Luca sottolinea nella passione alcune caratteristiche particolari. Tra l’altro:

Gesù è il prototipo del martire Luca presenta la passione come una obbedienza alla volontà del Padre. Gesù “se ne va come era

stabilito” (22, 22) e lo fa con pazienza e silenzio (23, 9), perdonando Pietro (22, 61), i peccatori (22, 5), il

ladrone pentito (23, 43), domina le circostanze, rifiuta la violenza, evita i confronti diretti e inutili con gli

avversari, non drammatizza i fatti negativi (il bacio di Giuda, gli schiaffi e gli sputi, gli oltraggi), sa che la dichiarazione di esser da Dio lo perderà e la fa senza esitazione.

Gesù è martire innocente Per tre volte Pilato dice che Gesù è innocente (23, 4.14.22) e lo stesso farà Erode (23, 15). Le

donne piangono per Gesù condannato innocente (23, 27), dicono che è innocente anche il ladrone pentito

(23, 41) e il centurione sotto la croce (23, 47).

Gesù misericordioso durante la passione Come in tutta la vita anche nel momento della passione Gesù si rivela ricco di misericordia:

guarisce il servo cui è stato mozzato l’orecchio (22, 50), guarda Pietro e lo perdona (22, 61) consola le donne

(23, 27), perdona i crocifissori e il ladrone.

Gesù sofferente e la preghiera In Luca non poteva mancare una sottolineatura su Gesù orante. Egli prega al Getsemani (22, 40-46)

e sulla croce (23, 34).

La galleria dei personaggi è ben tratteggiata

I nemici (sacerdoti, farisei, Giuda, il cattivo ladrone) restano tali; Pilato si dimostra di una viltà

canagliesca e uomo dei compromessi; Erode (23,22) appare come uomo e istrionesco. Le persone autentiche dimostrano coerenza: le donne, uniche coraggiose sono sempre al suo seguito, Giuseppe lo

seppellisce, Simeone porta la croce, il centurione riconosce che Gesù è un giusto, quelli che si pentono

dopo aver tradito: Pietro, il buon ladrone, i discepoli dopo la fuga, la folla che si batte il petto.

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Complotto e tradimento (1-6) (Mc 14, 1-10; Mt 26, 1,5-14)

Tralasciando la cena di Betania, Luca mette subito in risalto il complotto per uccidere Gesù e il

tradimento di Giuda. Accanto ai capi e al traditore vi è il popolo che sembra ancora favorevole al Maestro,

ma dietro le quinte riappare satana. Così la passione non è vista come il risultato di un complotto politico o

religioso, ma come lo scontro finale tra Gesù e il potere del male.

FESTA DEGLI AZZIMI (1) L’evangelista ricorda i due nomi della grande festa ebraica: Azzimi e Pasqua. Nei giorni della

festività a partire da quando veniva mangiato l’agnello, bisognava far sparire ogni traccia di pane lievitato e

per una settimana consumare unicamente pane senza lievito, cioè azzimo. Cristo è l’agnello il cui sangue

libera e permette di vivere l’alleanza con Dio, ma l’avvenimento è celebrato con il pane della Pasqua, che

Gesù ci ha lasciato da condividere in sua memoria.

SOMMI SACERDOTI (2) I sommi sacerdoti e gli scribi non osano attaccare Gesù, per timore del popolo, ma Satana spinge

Giuda a intendersela con loro. Così la passione sarà il risultato dell’agire di Satana, della cupidigia di

Giuda, dell’invidia dei nemici: motivi religiosi e politici, cupidigia e invidia, tutte le forze del male si

coalizzano contro Gesù.

SATANA (3) Luca insiste sul ruolo di satana nella passione. (“Satana entrò in Giuda” (22, 3); “Satana vi ha

cercato” (22, 31); “E’ l’impero delle tenebre” (22, 53). Il grande duello è stato preparato fin dalla

tentazione nel deserto, quando satana si ritirò, fino “al tempo fissato” (4, 13).

GIUDA (3) Non è descritta la psicologia di Giuda, ma è sottolineata l’iniziativa e l’ostinazione di satana nella

passione; la scelta di Giuda è così mostruosa che può essere attribuita solo a satana.

La cena pasquale (22, 7-17)

(Mc 14, 12-25; Mt 26, 17-29)

Il termine “pasqua” nella tradizione biblica richiama l’intera celebrazione, che ha il suo centro nella cena serale con l’agnello. “Immolare la Pasqua” del v. 7 equivale ad immolare l’agnello (Dt 16,16). La

Pasqua, secondo il rito ebraico era la celebrazione di due fatti: commemorava la liberazione dall’Egitto e

anticipava la futura liberazione messianica. A questa doppia prospettiva obbediscono due detti di Gesù

(15-18; 19-20). Nel primo si parla di digiuno e si fa riferimento alla pasqua futura, la parusia, nel secondo si

parla di pane e di vino e si fa riferimento alla pasqua passata.

IMMOLARE LA VITTIMA (7) Per Luca la cena che sarà preparata è il pasto pasquale, memoriale degli avvenimenti salvifici

dell’Esodo.

GESU’ MANDO’ (8) E’ Gesù che prende l’iniziativa e rivela che conosce in anticipo tutto ciò che accadrà. Nella

precedente scena l’iniziativa è stata di satana, qui è di Gesù che vuole mangiare la Pasqua con i suoi

discepoli. La Pasqua che celebrerà però per lui ha un senso nuovo: è la sua Pasqua, il suo esodo, la sua

tensione verso la salvezza. DOVE VUOI CHE LA PREPARIAMO (9) I discepoli vogliono conoscere dove devono preparare la Pasqua, poi vanno in città. Tutto è

conosciuto, tutto è disposto da Gesù. Egli vuole procedere decisamente e liberamente nell’eseguire la

volontà del Padre e vuole coinvolgere i suoi nella celebrazione dello stesso mistero.

UNA SALA (12) Secondo una tradizione successiva, il Cenacolo dove fu celebrata la prima Eucaristia si trova dove

in seguito fu costruita la Chiesa di Sion.

HO DESIDERATO ARDENTEMENTE (15) Solo Luca riporta questa frase per sottolineare il carattere eccezionale della cena. Gesù, che è

consapevole della sua passione (“prima di patire”) e sa che quella è l’ultima sua pasqua (“questa pasqua”)

con i suoi, quasi una festa di commiato, è consumato da un fuoco che lo divora fino alla croce.

NON LA MANGERO’ (16) Sa che è l’ultima volta che mangia la Pasqua con i suoi e guarda al grande banchetto escatologico,

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quando il regno avrà avuto il suo compimento.

E PRESO UN CALICE (17) Non è ancora l’istituzione dell’eucaristia, ma la consegna della prima coppa che veniva data dal

capo famiglia all’inizio della cena, rendendo grazia (“rese grazia”); la consacrazione del vino avviene solo

nella terza coppa, che 1 Cor 10,16 chiama “il calice della benedizione”. La benedizione recitata sul primo calice, secondo la Misnha suonava così: “Benedetto sei tu, Signore nostro Dio, re del mondo, che doni a

Israele questa festa, per la gioia e il riposo. Benedetto sei tu, Signore, che santifichi Israele e la festa”.

NON BERRO’ PIU’ (18) Vi è un accenno esplicito alla morte, ma anche alla risurrezione.

Istituzione dell’Eucaristia (22, 19-20)

Nel racconto dell’istituzione dell’Eucaristia, Luca richiama il racconto di Paolo in 1 Cor 11, 23-25,

mentre Marco e Matteo seguono un’altra tradizione.

POI PRESO IL PANE (19) Tendendo verso il Regno, Gesù offre ai suoi come banchetto la totalità del suo mistero espresso

attraverso il simbolismo del corpo e del calice della nuova alleanza. Il “corpo” indica nella sua totalità

l’essere di Gesù, destinato a soffrire e morire, ma anche il Cristo vivente che farà di tutti i credenti il suo

corpo. Il “corpo”, come poi “il sangue” è dato e offerto. Sotto i segni eucaristici, Gesù anticipa l’ultimo dono che consumerà sulla croce. Il suo corpo sarà spezzato, il suo sangue versato: è Gesù che si dona al

Padre in sacrificio d’espiazione.

FATE QUESTO (19) Luca che ha tralasciato l’invito a mangiare (Mt 26, 26: prendete bevete…mangiate) ora aggiunge con

Paolo: “fate questo in memoria di me”, comanda un’azione commemorativa in sede liturgica che i primi

cristiani non avrebbero osato fare, se Cristo non l’avesse ordinato. Ma non di sola commemorazione si tratta

quanto della rinnovazione di un gesto, un memoriale, grazie al quale il sacrificio di Gesù sempre vivo è

reso attuale sotto le specie del pane e del vino.

QUESTO CALICE (20) Poi Gesù prende il calice e pone l’accento non sul vino, che è simbolo della festa, ma sul “calice”

che rievoca un destino di sofferenza. Il sangue versato è la vita data in modo che si stabilisca una relazione

durevole tra Cristo e l’uomo. Sul calice Gesù dice: “E’ la nuova alleanza”. Cristo è la vera alleanza che

stabilisce per sempre la comunione tra Dio e gli uomini; in lui è condensato il mistero dell’alleanza ed egli la

offre agli amici in forma di eredità e di tesoro. Però si tratta di una “alleanza di sangue” (attraverso la

morte). Ogni alleanza si conclude col sangue, mediante l’immolazione di vittime. Ora la nuova alleanza esige lo spargimento del sangue di Gesù, agnello pasquale. Si dice che il sangue è sparso, come prima è

detto che il corpo è sacrificato.

Da tutto ciò si conclude anche che non vi è unione con l’alleanza di Gesù se l’uomo stesso non

diviene “sangue di un sacrificio”. Non è possibile creare la comunità cristiana senza che i suoi membri

percorrano la via di Gesù crocifisso e partecipino alla sua alleanza (sangue sparso).

Tradimento di Giuda ( 22, 21-23)

L’annunzio del tradimento di Giuda è fatto in forma più discreta di come avviene in Matteo 26,

20-25 e Marco 14, 17-21, che inoltre lo pongono prima dell’istituzione dell’Eucaristia. In Luca rievoca il clima della prima Eucaristia, e in questo clima la sentenza circa il traditore, che condivide la

commensalità di Gesù, fa un contrasto stridente. Partecipare alla mensa di Gesù non è una garanzia di

indefettibilità. Anzi “chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore sarà reo del

corpo e del sangue di Cristo” (1 Cor 11, 27). E anche il più privilegiato può diventare un traditore.

SECONDO..MA GUAI (22) Gesù sa dove va, secondo quanto è stabilito, e anche il tradimento di Giuda cade sotto il piano di Dio, ma quel che avviene è il risultato della libertà degli uomini. Luca termina il brano con l’annotazione

“essi cominciarono ad interrogarsi”, senza dire il nome del traditore.

Istruzioni a discepoli (22, 24-38)

Luca a questo punto, unendo molti detti di Gesù presenta una specie di discorso di addio (22, 24-

38) che illumina il mistero della passione e dell’Eucaristia (Giovanni ha il suo discorso di addio nei

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capitoli 13-17). Il discorso che Gesù tiene nel contesto della cena finale è una serie di istruzioni dirette ai

discepoli e si possono individuare tre grandi temi: una lezione di umiltà (24-27; 28-30), il ruolo di Pietro, (31-34) la difficoltà dei missionari del Vangelo (35-38).

SORSE UNA DISCUSSIONE Luca colloca qui la disputa su chi sia il più grande, che in Marco e Matteo si trova in occasione

degli annunzi della passione (Mt 18, 1-20; Mc 9, 34; 10, 41-45). Per l’Evangelista si tratta di un argomento

importante in relazione all'Eucaristia. L’Eucaristia non ammette gelosie o invidie reciproche, obbliga tutti,

ma specialmente i capi, al servizio fraterno, a non comportarsi come i despoti orientali, che, dopo aver

spogliato i popoli con tasse da rapina, avevano la sfrontatezza di farsi chiamare “benefattori” (euerghetai),

ma ad esercitare l’autorità come servizio.

COME COLUI CHE SERVE (27) Gesù, Figlio di Dio, immagine e gloria del Padre si colloca tra i suoi come “colui che serve” e

rivela così un nuovo volto di Dio. E’ Lui che i credenti devono imitare.

NELLE MIE PROVE (27) Agli apostoli che sono restati fedeli e sono in comunione con Gesù è promessa una speciale ricompensa. Avendo partecipato alla sua Pasqua terrena parteciperanno alla Pasqua eterna. Due

immagini servono per descrivere la natura della ricompensa, quella del banchetto (“mangiare e bere”) e

quella del regno (“siederete”).

A GIUDICARE (30) Si parla di una realtà spirituale in termini giuridici. Giudicare significa regnare. Cristo regnerà sul popolo di Dio e gli apostoli parteciperanno alla sua regalità messianica. E’ una promessa ai dodici, ma

anche ai partecipanti al banchetto eucaristico. In altre parole il nuovo popolo di Dio, che prende il posto di

quello d’Israele, sarà associato alla regalità di Cristo e alla sua signoria.

SIMONE, SIMONE (31) Solo Luca riporta queste parole di Gesù rivolte a Pietro. Satana ha ottenuto da Dio la licenza di

tentare (vedi Giobbe 1, 6), di mettere alla prova (“vagliare”) i discepoli di Gesù. Marco dirà che tutti i

discepoli si scandalizzeranno e saranno dispersi (Mc 14, 27). Qui non si dice tanto, ma il clima è sempre

drammatico.

UNA VOLTA RAVVEDUTO (32) Gesù accenna alla caduta di Pietro, al suo ruolo di corroborare e sostenere i fratelli nella fedeltà (Vedi Atti 20, 28-31) e al fatto che il ruolo di Pietro non è dovuto ai suoi meriti, ma all’intercessione di

Gesù, che lo strappa alla defezione.

E PIETRO GLI DISSE (33) Il tradimento, prima accennato, è ora profetizzato chiaramente. Questo preannunzio che Luca e

Giovanni (13, 36-38) pongono nel cenacolo, Marco e Matteo lo pongono durante il viaggio che porta dal

cenacolo al Getsemani.

QUANDO VI HO MANDATO (35) L’ultima istruzione del discorso di addio, riguarda il tempo di ostilità cui andranno incontro discepoli e missionari. La morte di Gesù pone anche la vita dei discepoli e dei missionari, sotto il segno

dell’ostilità, della persecuzione e della lotta. Vivente Gesù le cose erano andate meglio e i discepoli avevano

avuto accoglienza e ospitalità (“mancato nulla”).

MA ORA (36) Ormai i discepoli devono provvedersi di danaro e di cibo prima di andare in missione. Non si aprirà

più la porta per accoglierli come ospiti. Gesù vuole attirare l’attenzione dei discepoli sull’ostilità che li

attende e incitarli al realismo e alla preveggenza. E’ persino necessaria la spada a tal punto che Gesù

invita a vendere anche il mantello, che era assolutamente indispensabile, per provvedersene. Ma a che serve

agli Apostoli la spada, dal momento che Gesù disapprova l’uso della spada (22, 49-51)? Non si può qui

pensare che Gesù dia il consiglio di sapersi difendere anche con la violenza e nemmeno che si tratti di

un’allusione allegorica. L’espressione deve interpretarsi nel senso che i discepoli devono prepararsi ad un

periodo di ostilità e di lotta tanto grave da potersi raffigurare col bisogno di una spada. PERCHE’ VI DICO (33) Di questa lotta Gesù offre un motivo teologico. Essi dovranno prendere parte al destino di Gesù,

che “fu annoverato tra i malfattori”, come dice Isaia 52, 13–53, 12. E qui Gesù dichiara esplicitamente di

essere il Servo di Javhé.

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ECCO QUI DUE SPADE (38) Al solito i discepoli non capiscono e pensano proprio alle spade materiali che essi hanno in quel

momento. E Gesù taglia corto, sospende una conversazione che si sta sviando e finisce il discorso: “Basta”.

E’ paradossale che nel Medio Evo la “dottrina delle due spade” abbia strumentalizzato questo

versetto per fondare la relazione tra Papato e poteri politici.

Al Getsemani (22, 39-46) (Mc 14, 26-52; Mt 26, 36-56)

Nel racconto del Getsemani, che figura in tutti i Vangeli, Luca presenta Gesù che lotta come un martire per la sua fedeltà a Dio.

COME AL SOLITO (39) Luca aveva detto in 21, 37 “durante il giorno insegnava nel tempio e la notte usciva e pernottava

all’aperto sul monte degli ulivi”.

ANCHE I DISCEPOLI (39) Nel racconto di Luca Gesù sopporta da solo la sua prova e più che chiedere conforto agli apostoli

lo dà loro, mentre in Marco Gesù tiene vicino a sé gli apostoli e torna due volte a loro bisognoso di conforto

(14, 33.37.43).

PREGATE PER NON ENTRARE (39) Il cristiano vive sempre in tempi cruciali di quelle tentazioni (peirasmòs) che caratterizzano la vita

della Chiesa in ogni istante della sua storia. Gesù suggerisce il rimedio numero uno per la perseveranza, la

preghiera. PADRE SE VUOI (42) Egli non chiede per tre volte, come in Marco, ma si affida alla volontà del Padre (“se vuoi”). La

preghiera del Getsemani presenta molti punti di contatto con la preghiera del Padre insegnata agli apostoli:

la tentazione, la volontà del Padre, il contesto del regno.

QUESTO CALICE (42) La preghiera di Gesù è centrata sul “calice”. Egli si trova davanti alla prova della morte (“calice”)

che bisogna bere e a cui ha appena associato i suoi discepoli (22, 30).

UN ANGELO (43) Qualcuno suggerisce il confronto con Elia, consolato da un angelo (2 Re 19, 7) e soprattutto con Mc

1, 13 e Mt 4,11, dove la tentazione termina con il soccorso degli angeli, ma forse quanto qui è detto dipende

solo dal genere letterario del martirio in cui è prevista l’apparizione di un essere celeste (2 Mc 11, 9.).

L’angelo comunque non toglie la prova, che anzi si intensifica. Gesù appare come l’uomo pio sostenuto da

Dio per superare la prova.

IN PREDA ALL’ANGOSCIA (44) Gesù “entrato in agonia” (ghenomenos en agonia) cioè nell’angustia per poter superare il suo

confronto con Satana e che insistentemente prega (ektenesteron) per poter ottenere forza dall’alto, è l’immagine più plastica del martire biblico che è convinto di non avere in sé le forze necessarie per

riuscire vittorioso. Questo dato lo distingue dal lottatore pagano o dall’asceta storico, che era convinto di

avere in sé le forze per vincere.

GOCCE DI SANGUE (44) Non sappiamo se si tratta di un fatto fisiologico o di un fatto straordinario, ma il fenomeno sottolinea

l’estrema prova cui Gesù è stato sottoposto.

DORMIVANO PER LA TRISTEZZA (45) Non c’è un rimprovero per il sonno, ma una spiegazione: Gesù prega e loro dormono e dice che le tentazioni si vincono con la preghiera, come è successo a lui, mentre Pietro che non prega cadrà.

Arresto di Gesù (22, 47- 53) Siamo alla prima tappa della passione propriamente detta: l’arresto di Gesù. Il racconto

dell’arresto qui si discosta dalla tradizione di Marco; Luca concentra tutta la sua attenzione sulla figura di Gesù e aggiunge alcuni particolari che lo ritraggono come Signore buono e misericordioso.

COLUI CHE SI CHIAMAVA GIUDA (47) Con tocco letterario Luca presenta la folla, da cui emerge Giuda e parla del tentativo di resistenza

prima dell’arresto. Per la comunità di Luca era troppo disgustoso dire che Giuda aveva baciato Gesù e

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pertanto le parole di Gesù stendono un velo sul bacio (“con un bacio tradisci”) ma non nascondono la

responsabilità del traditore.

COLPIRE CON LA SPADA (49) Gesù mette fine ad ogni tentativo di far uso della violenza. Sono i suoi nemici che prendono la

spada, (“con spade e bastoni”) ma egli non vuole la salvezza dalla violenza, anzi rivela un tratto

caratteristico della sua personalità guarendo il servo del sommo sacerdote (lo guarì).

DISSE A COLORO (52) E dice che sacerdoti, capi e soldati sono solo esecutori materiali. Ma di chi? Di Satana sotto il cui

potere si svolgono tutti questi avvenimenti. Luca dice poco degli avvenimenti della passione e non parla di

sputi, schiaffi, flagellazione e incoronazione, ma indica il significato teologico: “questa è la vostra ora, è

l’impero delle tenebre”.

Rinnegamento di Pietro (22, 54-62)

(Mc 14, 53-72; Mt 26, 57-75)

Il terzo evangelista non riporta la comparizione notturna davanti al consiglio giudaico. Per Luca

Gesù viene condotto nella residenza del sommo sacerdote, di cui non ci riferisce il nome, e qui è custodito

durante la notte in attesa della riunione del consiglio o sinedrio, che avverrà soltanto nel mattino. Matteo e

Marco invece parlano di un’istruttoria notturna e Giovanni riferisce di un incontro informale nella casa di

Anna. Luca semplifica le cose, parlando di una sola riunione. Così tutta la sua attenzione è concentrata sul

comportamento di Pietro durante la passione, e può raccontare senza interruzione il rinnegamento e il

pentimento, omettendo l’imprecazione e lo spergiuro. Insiste meno di Marco sulla colpa di Pietro, pone il

rinnegamento prima e non dopo la comparizione di Gesù davanti al sinedrio e sottolinea lo sguardo di Gesù a

Pietro, in cui ogni cristiano può riconoscersi e il pentimento dell’Apostolo.

PIETRO INTANTO (54) Man mano che il dramma di Gesù cresce si assottiglia il numero di coloro che lo seguono. Luca

tuttavia non parla della fuga dei discepoli, ma sottolinea il coraggio di Pietro che almeno lo segue, anche se

poi cade, “Chi non cammina non cade”, dice un proverbio.

PIETRO SI SEDETTE IN MEZZO A LORO (55) Imprudenza? Noncuranza del pericolo? Curiosità? Amore per il Maestro? Certo Pietro è debole, ma

non si sente di stare lontano da Gesù.

UNA SERVA FISSANDOLO (56) Pietro rinnega per tre volte Gesù, sembra che voglia tagliare con lui i ponti, nega di aver avuto mai

alcun rapporto con lui. Ma Gesù lo insegue con la preghiera (22,32) e presto lo raggiungerà con lo

sguardo.

IL GALLO CANTO’… IL SIGNORE ..GUARDO’ PIETRO (61) Pietro cade sempre più in basso (“poco dopo” “passata oltre un’ora”) finchè non interviene la grazia del Signore (“Si ricordò”.“guardò Pietro) e a questo punto arriva il pentimento (“pianse

amaramente”).

Davanti al Sinedrio (22, 63-71) Dopo essere stato dileggiato da coloro che lo hanno in custodia Gesù è condotto dai capi religiosi che si sono riuniti per trovare in lui un motivo valido di accusa e poterlo poi consegnare al procuratore

romano.

LO SCHERNIVANO (62) Luca omette alcuni oltraggi che gli sembrano troppo macabri: sputi, schiaffi, ma la scena che

presenta è tragica. Il profeta è deriso e ridotto a rispondere ad indovinelli, e questo atteggiamento è anche un

rinnegamento, dato che l’insulto arriva alla bestemmia, contro di lui; la traduzione più vera del v. 65 è

infatti: “Molte altre cose dicevano contro di lui, bestemmiando“.

APPENA FU GIORNO (66) Nei versetti 66-71 viene presentato il processo ufficiale contro Gesù, svoltosi nel Sinedrio, senza

alcuni dettagli: sfilata dei testimoni, accusa sulla distruzione del tempio. Tutta l’attenzione dell’Evangelista è

concentrata su Gesù Messia e Figlio di Dio.

SEI TU IL CRISTO (67) Gesù rifiuta di rispondere alla domanda: “Sei tu il Cristo”, perché la ritiene una domanda inutile

e ambigua, dato che il concetto di Messia dei giudici è diverso dal suo e si cadrebbe in un altro equivoco. Se

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Gesù si dichiarasse Messia essi non lo crederebbero (Gv 10, 25) e se li interrogasse a sua volta sulla vera

concezione del Messia essi non risponderebbero.

TU DUNQUE SEI IL FIGLIO DI DIO (70) Abbiamo un susseguirsi di titoli: “Messia”, “Figlio dell’uomo” “Figlio di Dio”, che di per sé hanno

tutti il significato di Messia.

DA QUESTO MOMENTO (69) Gesù non segue il Sinedrio nella sua visione del Messia, perché il suo messianismo esige un

atteggiamento di fede e proclama apertamente la propria identità. Egli è l’uomo disprezzato dagli uomini

ma glorificato da Dio (vedi Figlio dell’uomo di Daniele). Un tale messianismo ha un rapporto unico e

singolare con Dio, come di Figlio col Padre.

LO DITE VOI STESSI: IO LO SONO (70) In bocca a Gesù il titolo di Figlio di Dio ha il senso che la comunità cristiana gli attribuisce.

Per Matteo e Marco i presenti ravvisano nelle parole di Gesù una bestemmia e un’offesa al loro

rigido monoteismo e gli estremi per una condanna a morte. In Luca la condanna avviene davanti al tribunale

pagano e le asserzioni di Gesù sono l’ultima presentazione della sua autentica missione.

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Capitolo 23

Gesù davanti a Pilato 1 Tutta l`assemblea si alzò, lo condussero da Pilato 2 e cominciarono ad accusarlo:

"Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re". 3 Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". 4 Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest`uomo". 5 Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui". 6 Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo 7 e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch`egli a Gerusalemme. 8 Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. 9 Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. 10 C`erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. 11 Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. 12 In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c`era stata inimicizia tra loro. 13 Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, 14 disse: "Mi avete portato quest`uomo come sobillatore del popolo; ecco, l`ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; 15 e neanche Erode, infatti ce l`ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16 Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò". [ 17 ]. 18 Ma essi si misero a gridare tutti insieme: "A morte costui! Dacci libero Barabba!". 19 Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio. 20 Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. 21 Ma essi urlavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". 22 Ed egli, per la terza volta, disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò". 23 Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. 24 Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. 25 Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.

La via dolorosa

26 Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. 27 Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. 28 Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. 29 Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. 30 Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci!

31 Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?". 32 Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.

Gesù crocifisso 33 Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra

e l`altro a sinistra. 34 Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. 35 Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto". 36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell`aceto, e dicevano: 37 "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". 38 C`era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!". 40 Ma l`altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio, bencé condannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male". 42 E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". 43 Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso". Agonia e morte 44 Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 45 Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. 46 Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo spirò. 47 Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest`uomo era giusto". 48 Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto,

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se ne tornavano percuotendosi il petto. 49 Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.

Sepoltura 50 C`era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. 51

Non aveva aderito alla decisione e all`operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. 52 Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53 Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. 54 Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato. 55 Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, 56 poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.

____________________________

Davanti a Pilato (1-25) e ad Erode (8-12) (Mc 15, 1-20; Mt 27, 11-31)

Il processo davanti a Pilato ha in Luca una sua grande originalità. Gesù compare due volte davanti

al governatore e le due sedute sono separate dall’invio di Gesù ad Erode (23, 6-12), in un episodio che solo

Luca narra Pilato per tre volte dichiara Gesù innocente e lo abbandona ai sommi sacerdoti per diplomazia

e debolezza, il racconto di Luca dimostra chiaramente che Gesù è ingiustamente condannato.

DAVANTI A PILATO (1) L’accusa davanti a Pilato è formulata in modo da impressionare il procuratore. Essa comprende tre capi: l’attività pubblica di Gesù vista come una sobillazione, l’aver dichiarato illecito, in base a principi

religiosi, il pagamento delle tasse dovute all’imperatore e il dichiararsi re messia, cioè la possibilità di

ribellarsi all’autorità romana.

SEI TU IL RE DEI GIUDEI (3) Tutto l’interrogatorio alla fine si riduce al terzo capo d’accusa, il solo che poteva preoccupare

Pilato. Da quanto risponde Gesù, che pure afferma di essere re, Pilato deduce che si tratta di una regalità

che non può impensierirlo. E’ chiaro che quanto dice qui Luca è una stringatissima sintesi, che va integrata

con quanto scrive Giovanni 18, 33.-38.

DALLA GALILEA (3) Gli accusatori dicono che non può essere ritenuto innocente uno che ha messo sottosopra il paese

cominciando dalla Galilea. L’accenno alla Galilea presta a Pilato l’appiglio per liberarsi del caso difficile.

LO MANDO’ AD ERODE (7) La presenza di Erode a Gerusalemme si può spiegare con le feste pasquali, comunque lui era il

giudice naturale di Gesù essendo egli galileo. Per questo, per liberarsi del caso e per un gesto politico,

Pilato invia Gesù da Erode. Luca parla di Erode in sei passi diversi e qui inserisce l’episodio per dire che

anche davanti ad un re appare chiara l’innocenza di Gesù.

SE NE RALLEGRO’ (8) Erode è una figura losca, un uomo irrequieto e superstizioso (9, 9) ed è contento di vedere Gesù,

ma le sue intenzioni sono pessime: una curiosità infantile, un pazzo gusto del divertimento, una malcelata

rabbia di fronte a Gesù che tace. Non potendo condannarlo si limita a schernirlo e disprezzarlo.

ERODE E PILATO DIVENTARONO AMICI (12) Questi due personaggi avevano molto da perdonarsi l’un l’altro ma la loro riconciliazione è basata su

motivi di pura convenienza, come quella dei cattivi che si riconciliano alle spalle del giusto, ma nei

confronti della giustizia non sanno cosa fare. COME SOBILLATORE DEL POPOLO (13) Pilato dichiara ripetutamente l’innocenza di Gesù eppure non osa liberarlo dalle mani degli

accusatori e lo sottopone alla flagellazione, pena umiliante, che secondo lui dovrebbe soddisfare gli

accusatori.

L’insistenza di Luca sull’innocenza politica di Gesù, va vista anche alla luce della comunità per cui egli scrive, che viveva sotto il sospetto dell’autorità imperiale. Gesù e i cristiani certamente non hanno

fatto nulla contro l’impero, ma la loro pericolosità politica è stata radicale: il modello di vita di Gesù contesta

ogni modello politico e diviene la fine di ogni imperialismo laico o sacrale.

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DONACI BARABBA (18) L’episodio di Barabba viene molto ridotto da Luca, che non vuole paragonare Gesù con un

assassino. La massima assurdità in questo episodio sta nel liberare uno degno di morte e nel mandare a morte

un innocente. Pietro dirà “Voi avete rinnegato Gesù di fronte a Pilato…, avete rinnegato il Santo e il Giusto;

avete chiesto che vi fosse graziato un assassino“ (Atti 3, 13-14). Tuttavia il giusto doveva morire, il martire

doveva rendere testimonianza fino alla fine.

CROCIFIGGILO (21) Si delinea in modo chiaro il genere di morte di Gesù. Misteriosamente il grido omicida dei Giudei

si intreccia col piano salvifico del Padre. PER LA TERZA VOLTA (22) Luca attenua la responsabilità di Pilato, mentre accentua la colpa dei capi giudei.

PILATO ALLORA (24) Il cedimento di Pilato è totale: decise...rilasciò…abbandonò.. Non si fa cenno alla condanna, ma

alla consegna “alla loro volontà”.

Sulla via del Calvario (26-32) (Mc 15, 20-41; Mt 27, 31-56)

Nel racconto della crocifissione Luca riporta con sobrietà gli stessi dati degli altri evangelisti:

Simone di Cirene, gli oltraggi dei capi, il velo del tempio, l’atto di fede del centurione, ma riporta anche altri dati che gli sono propri: lamento delle donne, parole di misericordia e appello alla conversione,

pentimento del buon ladrone, due invocazioni di Gesù al Padre.

SIMONE DI CIRENE (26) Luca non si preoccupa di presentare dei testimoni, ma dei modelli. Essi insegnano come si deve

seguire Gesù. Marco e Matteo accennano solo a dei passanti (Mc 15, 29; Mt 27,39), Luca invece a una

grande folla che sta lì a guardare, ma alla fine si batte il petto. Questa folla, soprattutto le donne, lo segue con simpatia, con amore, ma Gesù attende da loro la conversione, in particolare Simone di Cirene lo segue

non come uno che è stato violentemente costretto (Mc e Mt), ma come un vero discepolo e solo lui portò la

croce di Gesù, non accontentandosi di aiutarlo.

GRAN FOLLA DI POPOLO (27) Dopo aver fatto capire che il popolo ha partecipato alla condanna di Gesù, Luca ora lo presenta che

segue Gesù al Calvario, camminando dietro a lui come il discepolo,

LE DONNE (28) Ancora una volta Luca sottolinea la presenza delle donne vicino a Gesù. Queste donne fanno “la via

crucis” e invitano alla contemplazione e all’ascolto del Signore uniti al riconoscimento delle proprie colpe.

NON PIANGETE SU DI ME (29) Gesù insegna anche sulla via della croce: avverte che non ci si può accontentare di sterili lamenti,

ma che servono frutti di vera conversione che permettano di sfuggire al giudizio che minaccia il “legno

secco” e descrive in termini apocalittici il castigo che attende i peccatori (“legno secco”), tanto più terribile

se per un giusto (“legno verde”) è imminente una morte così tragica. L’inattesa beatitudine che riguarda “le

sterili” è dovuta al fatto che esse potranno correre per fuggire alla catastrofe e non piangeranno perché non

avranno figli minacciati dalla prova.

Gesù in croce (33-43) L’intelaiatura generale del racconto di Luca circa la crocifissione si può trovare nella tradizione di

Matteo e di Marco. Ma il terzo evangelista ha operato anche modifiche e ha inserito elementi nuovi in modo

che la figura del morente assume i tratti tipici del martire che, con la sua fedeltà e la forza della sua

preghiera, ottiene la salvezza per i suoi persecutori. Luca rilegge tutti i particolari della crocifissione e morte

di Gesù attraverso la griglia dei passi biblici, in particolare dei salmi.

CROCIFISSERO LUI E DUE MALFATTORI (33) Il luogo della crocifissione è citato solo nella traduzione greca: luogo del cranio e non nella dizione

semitica “golgota”. La crocifissione tra due malfattori ricorda Isaia 53, 12: “E fu annoverato tra i

malfattori”.

PADRE PERDONALI (34) E’ la prima delle sette parole di Gesù in croce (di cui una si trova solo in Marco e Matteo, tre solo

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in Luca e tre solo in Giovanni). Dall’alto della croce Gesù non si preoccupata tanto di sé (è tralasciato il

grido “ Dio mio, Dio mio” ed è sostituito con l’esclamazione di fiducia: “Padre nelle tue mani”), quanto

degli altri e offre l’esempio del perdono delle offese. Alcuni manoscritti hanno censurato questa prima

preghiera, che sembrava troppo indulgente nei confronti dei Giudei, ma il perdono è lo stile di Gesù e

questa è l’ultima proposta di conversione ai Giudei prima della sua morte, del resto negli Atti ritorna il tema

dell’ignoranza da parte degli ebrei (Atti 3, 17; 13, 27).

DIVISE LE VESTI (34) Il particolare Luca lo riferisce sulla scorta di Marco e in esso riconosce l’adempimento del Salmo

21, 19: “Si dividono le mie vesti e sul mio vestito gettano la sorte”

IL POPOLO (35) I presenti si possono suddividere in tre categorie. Il popolo che sta a guardare in silenzio e che,

secondo Luca, non ha un ruolo attivo nella crocifissione, ma è andato al Golgota come ad uno spettacolo,

come si usava fare allora, è impotente davanti all’esecuzione, sarà il primo a cogliere il senso di quella morte

e a dare segni di conversione: “Se ne tornavano percuotendosi il petto”.(48)

I CAPI (35) I capi che sfidano Gesù per l’ultima volta e lo deridono per la sua pretesa messianica; attraverso

loro si risente la tentazione del deserto: “Salva te stesso”, se è il Figlio di Dio”(37)

I SOLDATI (3 6) I soldati che fanno eco alla provocazione dei capi e lo scherniscono: “Se tu sei il re dei Giudei salva

te stesso”. Anche l’aceto può essere interpretato come uno scherno, così pure la scritta: “Questi è il re dei

Giudei”.

UNO DEI MALFATTORI (39) Lo scherno è completato anche da quello di uno dei compagni di supplizio. Ma tutto questo clima

ostile prepara l’annunzio paradossale della salvezza che si trova al centro del racconto.

MA L’ALTRO (40) In croce Gesù non salva se stesso ma il malfattore pentito. Egli è il salvatore che salva i peccatori

che si convertono e confidano in lui.

Il crocifisso pentito si rivolge a Gesù, chiamandolo per nome in segno di semplicità e fiducia, da lui

attende non una salvezza momentanea ma eterna e intravede che Gesù con la sua morte sta per entrare nel

suo regno messianico.

GLI RISPOSE (42) La risposta di Gesù non solo sostiene, ma realizza le attese dell’orante, Ogni parola di Gesù ha

forte significato. “Oggi” è una parola tipica di Luca, la troviamo per esempio usata dall’Angelo a Betlemme

(2, 11), nella Sinagoga di Nazaret (4, 21), in casa di Zaccheo (19, 9); l’oggi” è il tempo della morte e risurrezione e conclude la missione di salvezza intrapresa da Gesù, e, rivolta al buon ladrone, dice che

l’oggi” della salvezza è giunta per lui. “Sarai con me” indica l’esaltazione dei giusti con Dio per l’eternità; anche Paolo dice che la gioia dei beati consiste soprattutto nell’essere con il Signore (1 Ts 4, 17).

Dicendo “con me” Gesù rivela la sua realtà divina. “Paradiso” è parola di origine persiana, è usata solo qui

nel NT e significa “giardino”; e nei libri ebraici dell’epoca indica la felicità dei giusti nell’aldilà, inoltre,

secondo uno scritto del tardo giudaismo (Testamento di Levi 18, 10), il Messia avrebbe aperto le porte del

Paradiso: è quanto Gesù promette al buon ladrone.

La morte di Gesù (44-49) Il quadro finale della morte di Gesù riproduce ancora le tonalità di Luca. I segni che precedono la morte, (oscuramento del sole, rottura del velo) indicano che ora il vecchio mondo sta per passare, la

vecchia istituzione religiosa, rappresentata dal tempio, è finita.

SI FECE BUIO (44) Luca menziona due segni: il buio e la scissione del velo del tempio e li pone prima della morte di Gesù. Per Marco e Matteo la rottura del velo avviene dopo la morte.

L’oscurità non può essersi verificata per un’eclisse, perché il periodo è quello della Pasqua, cioè

della luna piena., perciò si deve prendere l’indicazione in senso largo e ricordare che l’oscurità fa parte delle

immagini che nei profeti accompagnano il giorno del Signore (Amos 8, 9-10). L’orario è indicato con

esattezza: da mezzogiorno alle tre del pomeriggio.

IL VELO DEL TEMPIO (45) Lo squarcio significa l’apertura definitiva del cielo agli uomini; allora si scopre il Santo dei Santi,

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il mistero di Dio che nel Figlio suo si dona agli uomini e li perdona.

NELLE TUE MANI (48) Gesù muore in pace, in un atteggiamento di abbandono a Dio , che invoca come Padre,

attestando che la sua morte non è solo quella di un martire, ma quella del Figlio di Dio; al Padre riconsegna la vita e da Lui la riavrà: “Non abbandonerai l’anima mia all’Ade”, diceva il Salmo 16, 10.

IL CENTURIONE (47) La morte di Gesù segna l’inizio del cambiamento o conversione degli uomini, che prelude alla

comunità futura. Anche qui abbiamo tre gruppi diversi di persone.

Il centurione che riconosce l’azione di Dio come testimone ufficiale proclama per l’ultima volta

l’innocenza di Gesù. Il titolo di Giusto indica Gesù come colui che è la sorgente di ogni giustificazione: “Il

giusto mio servo, giustificherà molti” (Isaia 53, 11) Si deve notare che per Marco 15, 39 il centurione

riconosce in Gesù il “Figlio di Dio”.

TUTTE LE FOLLE (48) La folla è triste, manifesta con un gesto di lutto l’attaccamento a Gesù e rievoca in anticipo le

numerose conversioni descritte dagli Atti (2, 37-1; 6, 7).

I SUOI CONOSCENTI. (48) I conoscenti e le donne assistono da lontano. Luca non ci dice che i conoscenti sono fuggiti. Le donne, come il Cireneo, vengono presentate come discepole di Gesù fin dalla Galilea, e Luca presta nel suo

vangelo molta attenzione ai personaggi femminili.

Sepoltura (50-56) (Mc 15, 42-47; Mt 27, 57-61)

Nella sepoltura di Gesù il comportamento di Giuseppe e delle donne sta a dimostrare la cura che i

giudei prestavano ai loro morti. Di per sé un condannato veniva sepolto in un campo comune, senza

speciali attenzioni; per Gesù invece, Giuseppe e le donne, forse esponendosi personalmente, pensano ad una

sepoltura speciale.

GIUSEPPE (50) E’ un dignitario giudeo, forse appartenente al gruppo dei nobili anziani, membro del sinedrio, ricco

possidente, originario di Arimatea, che può disporre a Gerusalemme di una tomba nuova scavata nella

roccia. Egli si distingue soprattutto per le sue doti umane e spirituali. E’ un uomo giusto, perché si è dissociato (“non aveva aderito”) dai suoi colleghi nell’azione giudiziaria contro Gesù e vive nell’attesa del

regno di Dio. All’inizio e alla fine della vita di Gesù si trovano due uomini spiritualmente aperti: il giusto

Simeone (2, 25) e il giusto Giuseppe. Luca ci ricorda che anche tra i capi giudei si può trovare un candidato al regno dei cieli. Dopo la morte di Gesù il centurione romano è stato il primo a glorificare Dio,

ora ci sono i giusti d’Israele, Giuseppe e le donne, che onorano il corpo del Signore.

LO CALO’ DALLA CROCE (53) Luca, come del resto Giovanni, sottolinea i riti funebri svolti attorno alla salma del Signore,

probabilmente per dimostrare contro certe calunnie di origine giudaica che Gesù non era stato sepolto alla

maniera dei criminali, o forse per dimostrare contro le tendenze docetistiche, la realtà della morte, che non

era stata apparente, ma reale.

ERA IL GIORNO DI PARASCEVE (54) Parasceve era un temine tecnico, derivante dal greco e passato nel linguaggio per indicare la

preparazione che si faceva il giorno prima del sabato. Infatti essendo dalla legge proibito persino accendere

il fuoco, era necessario preparare i cibi e tutto il resto per il domani. Marco lo chiama “prosabbaton” cioè

giorno prima del sabato (15, 42). Alla fine della parasceve, il venerdì sera, si accendevano nelle case le luci alla vigilia della festa. Ma quella veglia, per il lettore cristiano, è già illuminata dalla luce della

risurrezione

LE DONNE (55) Le donne pensano di preparare i profumi che si usava deporre nella tomba nei tre giorni che

seguivano la morte. L’annotazione del riposo sabbatico ricorda il distacco tra la morte e la risurrezione e

fa pensare che il Giusto, avendo compiuto la sua opera, è entrato nel sabato di Dio.

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Capitolo 24

Risurrezione di Gesù 1 Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con

sé gli aromi che avevano preparato. 2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; 3 ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4 Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. 5 Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7 dicendo che bisognava che il Figlio dell`uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno". 8 Ed esse si ricordarono delle sue parole. 9 E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. 11 Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. 12 Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l`accaduto.

I discepoli di Emmaus

13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?". 19 Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l`hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l`hanno visto". 25 Ed egli disse loro: "Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino". Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l`un l`altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?". 33 E partirono senz`indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone". 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l`avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Gesù appare agli Apostoli

36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44 Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45 Allora aprì loro la mente all`intelligenza delle Scritture e disse: 46 "Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete

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testimoni. 49 E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall`alto".

Ascensione

50 Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

_________________________

La risurrezione (1-54) Il messaggio della risurrezione di Gesù viene sviluppato da Luca in un trittico. Anzitutto egli riporta

la tradizione della “tomba vuota”, conosciuta da tutti gli evangelisti, anche se con sfumature diverse (Lc 24,

1-12; Mr 16, 1-8; Mt 28, 1-10; Gv 20, 1-18), poi tramanda il racconto dei discepoli di Emmaus, che

troviamo solo nel 3° Vangelo (Lc 24, 13-35). Infine parla di un’apparizione ai discepoli (Lc 20, 19-23) che

ha un certo parallelo solo con Giovanni (Gv 20, 19-23), l’accenno all’ascensione chiude il vangelo di Luca

(Lc 24, 50-53) e funge da aggancio con la seconda parte dell’opera lucana, gli Atti (Atti 1-4-14).

Il sepolcro vuoto (1-12) (Mc 16, 1-8; Mt 28, 1-8)

Il primo racconto della resurrezione di Luca concorda con la tradizione comune agli evangelisti, che fa iniziare l’esperienza di Pasqua con la visita delle donne alla tomba di Gesù. L’interesse centrale di

Luca non è però la tomba vuota, ma la rivelazione celeste fatta da due uomini, che rimanda alla profezia di Gesù sulla sua morte e risurrezione e quindi alla Scrittura a cui Gesù stesso alludeva, dicendo che il

Figlio dell’uomo doveva essere consegnato, morire e risorgere.

PRIMO GIORNO (1) E’ il primo giorno dopo il sabato, il domani del sabato, che diventerà “il giorno del Signore” (dies

dominica; domenica). E’ il giorno che annunzia l’inizio di un mondo nuovo.

SI RECARONO (1) Le donne sono state fedeli fino in fondo (23, 55-56), differenziandosi dai dodici; appena possibile,

dopo il sabato, vanno al sepolcro a rendere gli ultimi onori al corpo di Gesù.

LA PIETRA ROTOLATA (2) Qui sono le donne a trovare il sepolcro vuoto, mentre in Gv 20, 1 è la sola Maddalena.

DUE UOMINI (4) La rivelazione celeste è descritta secondo i canoni delle apparizioni bibliche come fatta da due

uomini in vesti splendenti, cioè da due angeli, davanti ai quali le donne sono prese da timore, come i

personaggi biblici di fronte alla manifestazione visibile di Dio (cf Abramo in Gn 17, 3; 18, 2). Gli angeli sono due, e non uno, come in Marco e Matteo, perché una testimonianza valida e autorevole richiede la

deposizione concorde di due o più persone (cf Dt 19, 15). Gli angeli sono messaggeri di Dio e Dio parla per

mezzo di loro; ciò significa che le risurrezione di Gesù non può essere conosciuta per esperienza umana,

ha necessità di una rivelazione. COLUI CHE E’ VIVO (5) E il messaggio della rivelazione è chiaro: “E’ vivo. Non è qui, è risuscitato”. Esso sta alla base della

professione di fede dei credenti. Mentre nei testi paralleli di Marco e Matteo Gesù è denominato il crocifisso,

in Luca è dichiarato subito vivo, il vivente, come Dio è il “vivente” (cf Gs 3, 10; Gdc 8, 19) (e quindi non ha

senso cercarlo dove stanno i morti) e colui che è “risuscitato” e il suo stato non è quello di un uomo che

giace immobile, ma di uno che è diritto, uscito dal sonno della morte ed è entrato nella vita eterna di Dio.

RICORDATEVI (7) Le donne sono rimandate alle parole di Gesù. Quella tomba anziché il luogo del ricordo di un morto

è un rimando alla parola di Gesù: non è nella tomba che lo si trova, ma nella sua Parola. Le donne

ricordano le parole di Gesù e tutto per loro diventa chiaro: il sepolcro vuoto acquista un senso e impone un dovere, l’annunzio. (“Annunziarono tutto questo agli undici e a tutti gli altri”).

In Matteo e Marco le donne sono inviate verso la Galilea per vedere Gesù risorto, ma Luca evita di parlare

di apparizioni in Galilea, dato che non rientrano nel suo disegno geografico, perché essendosi compiuti a

Gerusalemme i fatti decisivi della salvezza, di là Gesù invierà gli apostoli ad annunziarla a tutti gli uomini.

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ERANO (10) Le donne sono indicate per nome, perché devono essere considerate come testimoni del messaggio

pasquale.

VANEGGIAMENTO (11) E’ l’unica volta che ricorre nel NT il termine “vaneggiamento “ (leros); Luca usa parole severe

riguardo al rifiuto degli apostoli a credere nella risurrezione.

PIETRO TUTTAVIA (12) Questo versetto, assente in alcuni importanti manoscritti, rievoca la corsa di Pietro e Giovanni,

narrata da Gv 20, 1-10. Per Luca, Pietro si distacca dall’incredulità degli altri e va a vedere personalmente

la tomba; la sua reazione alla fine è simile a quella delle donne (pieno di stupore).

Apparizione a Emmaus (13, 35) La struttura del racconto dell’apparizione ad Emmaus è la seguente: dialogo di due discepoli con

Gesù (13-24), illustrazione delle Sacre Scritture fatta dal Risorto (25-27), riconoscimento di Gesù (28-32);

ritorno a Gerusalemme dei discepoli (33-35). E’ una delle pagine più belle di Luca. Oltre che il ricordo di

un’apparizione , il racconto ha una dimensione liturgico sacramentale nella spiegazione della Scrittura,

che rimanda alla nostra “Liturgia della Parola” e nel riconoscimento durante la cena, la prima del Signore

risorto che rimanda alla “Liturgia Eucaristica”. Può esser letto anche come un cammino di fede, da una

visione messianica sbagliata (Cristo liberatore politico) all’ascolto della Parola, allo spezzare il Pane, alla

professione di fede pasquale con Pietro e la comunità.

IN QUELLO STESSO GIORNO (13) E’ il domani del sabato (1), giorno primo della settimana ebraica, che diventerà il giorno del Signore, la “dies dominica” espressione da cui viene la parola “domenica” (Atti 20, 7; 1 Cor 16, 2; Ap 1,

10). Lo stesso giorno dell’episodio del “sepolcro vuoto”.

DUE DEI DISCEPOLI (13) Luca vuole agganciare questo racconto al versetto 9 dove è detto che le donne annunziarono il fatto

della tomba vuota agli “undici e a tutti gli altri”. Due è anche il numero tradizionale dei messaggeri

peregrinati della fede nel tempo apostolico (Lc 10, 1). E’ impossibile individuare i due discepoli.

EMMAUS (13) E’ anche impossibile identificare il villaggio qui indicato. Le migliori probabilità sembrano essere

quelle di El-Qubeibeh, a circa 13 chilometri (60 stadi) a nord ovest di Gerusalemme.

CONVERSAVANO (15) Gli argomenti di cui discutono “insieme” i due sono la morte del Maestro e il sepolcro vuoto.

GESU’ IN PERSONA SI ACCOSTO’ (15) Gesù si unisce ai pellegrini senza farsi riconoscere. Lo stesso motivo compare anche in Giovanni

20, 13-15 in altra forma. I due discepoli lo vedono con gli occhi della carne, ma la mancanza della fede

impedisce loro di conoscerlo. I LORO OCCHI ERANO INCAPACI (15) I discepoli sanno tutto di Gesù, ma non capiscono, non vedono, non sanno riconoscere il valore

salvifico della vita, morte, e risurrezione di Gesù.

CHE SONO QUESTI DISCORSI (17) Gesù prende l’iniziativa, con una domanda di “ospitalità” ed entra nelle preoccupazioni dei

discepoli, interessandosi ai loro discorsi. Gli Ebrei erano soliti intrattenersi in viaggio in conversazioni a

soggetto religioso; il metodo dei peripatetici era noto anche fuori della Grecia e Gesù lo ha adottato prima

(Lc 9, 51) e dopo la morte e risurrezione.

UNO DI LORO (18) Del discepolo che risponde a Gesù, Luca dice il nome, Cleopa, abbreviazione di Cleopatus, perché

doveva essere conosciuto dai lettori; ma questo discepolo non è nominato altrove nel NT.

TU SOLO (18) Cleopa è meravigliato che quanto è avvenuto a Gerusalemme e che riguarda tutto Israele non sia

noto allo sconosciuto viandante. CHE COSA (19) Il modo di proseguire il discorso è un espediente letterario di Luca, che presenta un dialogo serrato e

un racconto pieno di dinamismo.

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GESU’ NAZARENO (19) “Gesù Nazareno…uomo…potente…” La domanda di Gesù fa sì che Cleopa, esponga le principali tappe della vita di Gesù. E’ un’esposizione che assomiglia al kerigma dei primi cristiani (es. Atti 2, 22 ss),

ma manca il cuore del messaggio, la risurrezione. E’ davvero un discorso di gente triste.

LIBERARE ISRAELE (21) L’esposizione dei due ha anche un’altra inesattezza fondamentale. Quel Gesù “profeta, potente in

opere e in parole”, secondo loro, avrebbe dovuto “liberare Israele”. Questo era il concetto della loro

limitata speranza messianica, tipica del mondo giudaico. Le speranze di liberazione erano miseramente fallite

con la morte certa di Gesù , infatti erano passati già tre giorni, periodo dopo il quale gli Ebrei

consideravano un uomo veramente morto.

ALCUNE DONNE (22) L’episodio della tomba vuota, che avrebbe dovuto far riflettere è liquidato come parola di “alcune

donne”, (perciò poco sicura), le quali per di più riferiscono “una visione di angeli”, perciò inverificabile.

MA LUI NON L’HANNO VISTO (24) Cleofa condivide l’incredulità degli apostoli (11) e di chi aveva trovato solo il sepolcro vuoto.

Bisogna qui notare che il sepolcro vuoto di per sé non è una prova della risurrezione, ma è un segno, che

mette sulla via di Gesù, rimanda lontano dal sepolcro, al Risorto (24,5).

ALLA PAROLA DEI PROFETI (25) Gesù rimprovera i due che si riferivano alle Scritture sperando nel Messia, ma trascuravano le profezie, che parlano della sua sofferenza e della sua gloria. Chi avesse letto bene le Scritture avrebbe capito

che la morte e la risurrezione dovevano avvenire, erano infatti predette nelle Scritture.

BISOGNAVA CHE IL CRISTO (26) Gesù presenta la passione, la morte e la glorificazione di Gesù come predette dalle Scritture,

E COMINCIANDO DA MOSE’ (27) Per Mosè s’intende la Thorà, per profeti, gli Scritti profetici; per Legge e Profeti s’intende l’intera

Scrittura. Gesù si presenta e si dichiara esplicitamente come il Crocifisso risorto (sopportare… entrare

nella gloria) e prova quest’identità con le Scritture. La Legge e i Profeti danno differenti immagini del

Messia; unendole si rivela il vero Messia.

FECE COME SE DOVESSE (28) Gesù vuole essere invitato. E, secondo l’usanza orientale, viene costretto (insistettero) a rimanere.

L’invito insistente si fa preghiera (resta con noi). La notte che si avvicina (il giorno volge al declino) è un

argomento costrittivo.

EGLI ENTRO’ (29) Gesù accetta ed essi condivideranno con lui il pane. Prima la parola, ora il pane. Si prepara la

rivelazione piena.

PRESE IL PANE (30) Come ha presieduto allo scambio di parole, ora Gesù presiede al pasto e rifà gli stessi gesti

compiuti nella moltiplicazione dei pani (9, 16) e nell’ultima Cena (22, 19). Questa somiglianza di gesti,

specialmente la frazione del pane (vedi anche Atti 2, 42.46; 20, 7.11), fa pensare all’Eucaristia.

SI APRIRONO I LORO OCCHI (31) E’ dono di Dio questo entrare nell’intelligenza delle cose e riconoscere l’interlocutore. Qui però si

vuole anche insinuare che alla fede si arriva per via d’esperienza, intesa come incontro col Salvatore. La

celebrazione eucaristica fa esperimentare ai due discepoli la presenza del Signore, che però rimane nell’aldilà. Infatti Gesù scompare ai loro occhi (sparì dalla loro vista). L’ospite, che si rivela, è il Crocifisso Risorto, che ormai sarà visibilmente presente (al di là delle apparizioni) sotto il segno del

Pane. NON CI ARDEVA FORSE IL CUORE (32) Lo sguardo del lettore viene indirizzato ancora alla Scrittura, quando il loro cuore “ardeva”. La parola di Gesù unita a quella dei profeti “mette fuoco”. I discepoli non saranno più spettatori dubbiosi,

ma testimoni coraggiosi.

PARTIRONO SENZ’INDUGIO (33) I due discepoli non vogliono tenere per sé la buona notizia e “senza indugio” tornano a

Gerusalemme dagli Undici dove avviene il reciproco annunzio della risurrezione di Gesù. Particolare rilievo ha nell’annunzio degli undici l’apparizione del Risorto a Pietro (confronta anche 1 Cor 15, 5):

Pietro infatti è il primo degli Apostoli (Atti 2, 14) e sarà anche il primo grande testimone della

risurrezione (At 1, 15).

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Apparizione agli Apostoli (36-42) Il brano inizia con la conclusione dell’esperienza vissuta dai due discepoli di Emmaus, la sera del

giorno della risurrezione del Signore e prosegue con un’apparizione di Gesù agli Apostoli, durante la quale

si fa riconoscere senza possibilità di dubbio.

I DUE DISCEPOLI RIFERIRONO (35) I due discepoli, che hanno conversato con Gesù e lo hanno riconosciuto nello spezzare il pane

vanno subito a riferire agli apostoli l’esperienza da loro vissuta, e sono informati che Gesù è apparso anche

a Simone. Di questa apparizione parla nel Nuovo Testamento anche Paolo (1 Cor 15, 5). In quel momento…

GESU’ IN PERSONA APPARVE (36) Conferma le parole di chi asseriva di averlo visto vivo, rendendo tutti testimoni della sua risurrezione. Anche Giovanni parla di questa apparizione (Gv 20, 19) e dice che avvenne “a porte chiuse”.

La persona che gli Apostoli vedono è proprio Gesù, ma il suo è un corpo trasfigurato, il suo non è un

ritorno alla vita terrena, perché ormai sta nella “gloria” (24, 26).

STUPITI E SPAVENTATI (37) Il risorto viene preso per uno spirito.

UN FANTASMA NON HA CARNE E OSSA (39) Gesù fa alcuni gesti e segni (mostra le mani e i piedi, si fa toccare, mangia) per eliminare il sospetto che si tratti della visione dello spirito di un morto e far constatare che è presente con il suo corpo

glorificato. Questa dimostrazione sarà poi importante per gli ebrei che ammettevano la risurrezione, ma

solo per la fase finale e definitiva della storia e per i nuovi cristiani provenienti dal mondo greco che

pensavano che dopo la morte gli spiriti non si ricongiungevano più al loro corpo.

GRANDE GIOIA (41) Gli apostoli sono nel dubbio. Non si tratta di incredulità, ma del fatto che, per la felicità, non riescono

ancora a capacitarsi che Gesù è tra loro risorto.

E LO MANGIO’ (42) Gesù per rendere più convincente la “visione” mangia. Ma Egli è glorificato, trasfigurato, in certo

modo ”spiritualizzato” e non ha certo bisogno di mangiare. Come potesse mangiare resta per noi un mistero. Questo pasto probabilmente vuole anche sottolineare il fatto che tra il Gesù risorto e il Gesù

vissuto in Palestina, con cui gli apostoli avevano mangiato e bevuto, c’è continuità.

Missione degli Apostoli e Ascensione (44-53) (Mc 16, 15-120; Mt 18, 16-20; Gv 20, 21-23)

La pericope 44-53 da alcuni è stata intesa in continuazione con l’apparizione precedente e quindi

l’ascensione sarebbe avvenuta il giorno della risurrezione. Secondo altri il “Poi disse” introduce un altro

brano presentato senza determinazione di tempo e questa opinione concorda con l’asserzione degli Atti che pone l’ascensione 40 giorni dopo la risurrezione. Nel brano Gesù appare come interprete delle Scritture, che hanno preannunziato la sua passione, morte e risurrezione e si fa cenno del perdono dei

peccati, di testimonianza degli apostoli, dell’ascensione di Gesù e della venuta dello Spirito Santo.

POI DISSE: SONO QUESTE LE PAROLE (44) Gesù si rifà a quanto aveva varie volte detto che secondo il volere di Dio, espresso nelle Scritture,

lui doveva subire la passione, morire e poi risorgere e che nel suo nome sarebbe stata annunziata al mondo la

conversione e la remissione dei peccati(9, 22-44; 17, 25; 18, 31-33; 22, 37). Queste profezie sono ora adempiute. Gesù cita l’Antico Testamento secondo le sue tre classi distinte del canone: Legge, Profeti,

Salmi. APRI’ LORO LA MENTE (45) E, come ha fatto a Emmaus, apre agli altri discepoli, la mente fino ad allora chiusa, così che essi

possano intendere la Scrittura. Il verbo greco usato “dianoigo” indica “un’apertura completa”, il creare

“un varco”.

COSI’ STA SCRITTO (46) Aperta loro la mente, Gesù riassume tutto il senso del progetto del Padre: morte e risurrezione, conversione, perdono dei peccati, annunzio alle genti con inizio a Gerusalemme.

DA GERUSALEMME (48) Gerusalemme sarà il punto di partenza della predicazione degli apostoli. A loro viene ricordata la

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missione già in precedenza affidata (Lc 10, 1-12) di andare ad evangelizzare tutte le genti.

VOI SIETE TESTIMONI (48) Gli Apostoli hanno constatato tutto e diventeranno testimoni attendibili che le profezie si sono

avverate, che sono fatti avvenuti e non parole umane.

E IO MANDERO’ (49) Il “promesso dal Padre” è lo Spirito Santo. Troviamo la promessa in Gioele 3, 1-4. La venuta dello

Spirito è nella Pentecoste. (Atti 2,1). “Potenza dall’alto”, significa da Dio (Is 32, 15).

LI CONDUSSE FUORI (50) Luca dice tutto in forma molto concisa. Il definitivo distacco avviene a Betania e in un clima di preghiera (“alzate le mani li benedisse”). Per Atti l’ascensione avviene dopo 40 giorni, nel Monte degli

Ulivi. L’ascensione al cielo, presuppone la concezione dell’universo secondo gli antichi.

E’ da notare che nel testo “occidentale” mancano: “e fu portato verso il cielo” e “dopo averlo adorato”. Ci sono varie interpretazioni di questa mancanza. E’ possibile che gli incisi siano stati tolti da chi

pensava che questo episodio fosse posto nel giorno della risurrezione e pertanto in contrasto con Atti.

Comunque sia, è chiaro che Luca parla del definitivo distacco di Gesù.

CON GRANDE GIOIA… NEL TEMPIO (52-53) La gioia dei discepoli è dovuta alla certezza che il Signore vive e ha compiuto la sua opera di

redenzione e che su loro verrà lo Spirito. In questo stato gioioso essi frequentano il tempio, che sarà

ancora per loro luogo del servizio divino. La scissione con Israele avverrà infatti solo più tardi.

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BIBLIOGRAFIA

Si ringraziano gli autori dei seguenti testi, da cui sono state tratte le riflessioni per la lettura del Vangelo di Luca

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