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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL FARMACO Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Farmacologiche Indirizzo in Farmacologia, Tossicologia e Terapia Ciclo XXVI PATOLOGIE IATROGENE IN ANZIANI FRAGILI IN POLITERAPIA. ANALISI FARMACOEPIDEMIOLOGICA IN DIVERSI SERVIZI ASSISTENZIALI E SVILUPPO DI UN PROGETTO PER LA PREVENZIONE DELLE REAZIONI AVVERSE PREVEDIBILI ED EVITABILI Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Pietro Giusti Coordinatore d’indirizzo: Ch.mo Prof. Pietro Palatini Supervisore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion Tutor esterno: Dr.ssa Anna Maria Grion Dottorando: Umberto Gallo

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL FARMACO

Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Farmacologiche Indirizzo in Farmacologia, Tossicologia e Terapia

Ciclo XXVI

PATOLOGIE IATROGENE IN ANZIANI FRAGILI IN POLITERAPIA.

ANALISI FARMACOEPIDEMIOLOGICA IN DIVERSI SERVIZI ASSISTENZIALI

E SVILUPPO DI UN PROGETTO PER LA PREVENZIONE DELLE

REAZIONI AVVERSE PREVEDIBILI ED EVITABILI

Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Pietro Giusti

Coordinatore d’indirizzo: Ch.mo Prof. Pietro Palatini

Supervisore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion

Tutor esterno: Dr.ssa Anna Maria Grion

Dottorando: Umberto Gallo

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INDICE

Abstract/Riassunto ………………………………………………………………………………………………………………………… pag. 5

Abbreviazioni …………………………………………………………………………………………………………………………………… pag. 7

Introduzione ………………………………………………………………………………………………………………………………………. pag. 9

1. Revisione della letteratura

1.1. La popolazione anziana

1.1.1. Aspetti demografici …………………………………………………………………………………………… pag. 11

1.1.2. Aspetti clinici ………………………………………………………………………………………………………. pag. 12

1.2. La terapia farmacologica nell’anziano

1.2.1. Epidemiologia dell’uso dei farmaci in età geriatrica in Italia .……………….. pag. 14

1.2.2. Il paziente anziano e gli studi clinici ……………………………………………………………… pag. 15

1.2.3. Effetti dell’età correlati al trattamento farmacologico …………………………… pag. 17

1.3. Le reazioni avverse (ADRs) nel soggetto anziano

1.3.1. Definizione e classificazione delle ADRs ……………………………………………………… pag. 21

1.3.2. Epidemiologia delle ADRs in età geriatrica ………………………………………………… pag. 22

1.3.3. Ospedalizzazioni correlate a ADRs ………………………………………………………………… pag. 19

1.3.4. Fattori di rischio associati allo sviluppo di ADRs ………………………………………. pag. 20

1.4. Le prescrizioni potenzialmente inappropriate nell’anziano

1.4.1. Classificazione delle PPI …………………………………………………………………………………… pag. 22

1.4.2. DDI: definizione, prevalenza e rilevanza clinica ………………………………………… pag. 27

1.4.3. DDSI: definizione, prevalenza e rilevanza clinica ……………………………………… pag. 31

1.4.4. Duplicazioni terapeutiche: definizione, prevalenza e rilevanza clinica pag. 32

1.4.5. La “cascata prescrittiva” ………………………………………………………………………………….. pag. 33

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1.5. Metodi per la rilevazione delle PPI

1.5.1. Classificazione dei criteri di in appropriatezza ………………………………………….. pag. 34

1.5.2. Criteri espliciti …………………………………………………………………………………………………….. pag. 34

1.5.3. Criteri impliciti ……………………………………………………………………………………………………. pag. 36

1.5.4. Criteri misti ………………………………………………………………………………………………………….. pag. 36

1.5.5. Sistemi informatizzati ………………………………………………………………………………………. pag. 38

1.6. Efficacia degli interventi per la riduzione delle PPI …………………………………………. pag. 40

2. Obiettivi dello studio ……………………………………………………………………………………………………………… pag. 42

3. Materiali e Metodi

3.1. Criteri di inclusione dei pazienti …………………………………………………………………………… pag. 43

3.2. Raccolta dei dati e intervento ………………………………………………………………………………… pag. 43

3.3. Il software CPOE-WIS

3.3.1. Realizzazione del software ……………………………………………………………………………… pag. 45

3.3.2. Sviluppo e validazione del software …………………………………………………………….. pag. 47

3.4. Analisi statistica …………………………………………………………………………………………………………. pag. 47

4. Risultati

4.1. Sviluppo e validazione del CPOE-WIS

4.1.1. Caratteristiche della coorte di sviluppo ………………………………………………………. pag. 49

4.1.2. Caratteristiche della coorte di validazione ………………………………………………… pag. 50

4.1.3. Analisi di confronto tra coorte di sviluppo e coorte di validazione …… pag. 52

4.2. Risultati del progetto SAFE in ambito ospedaliero

4.2.1. Caratteristiche della popolazione …………………………………………………………………. pag. 56

4.2.2. Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento ………………… pag. 58

4.2.3. Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento ……………………………………… pag. 61

4.3. Risultati del progetto SAFE in ambito residenziale

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4.3.1. Caratteristiche della popolazione …………………………………………………………………. pag. 64

4.3.2. Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento ………………… pag. 67

4.3.3. Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento ………………………………………. pag. 69

4.4. Risultati del progetto SAFE in ambito di assistenza domiciliare

4.4.1. Caratteristiche della popolazione …………………………………………………………………. pag. 73

4.4.2. Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento ………………….. pag. 75

4.4.3. Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento ………………………………………. pag. 77

5. Discussione ………………………………………………………………………………………………………………………………… pag. 81

6. Conclusioni ………………………………………………………………………………………………………………………………… pag. 90

7. Bibliografia ………………………………………………………………………………………………………………………………… pag. 91

Appendici

− Appendice 1.1: criteri di STOPP ……………………………………………………………………………………………….. pag. 97

− Appendice 3.1: scheda rilevazione dati …………………………………………………………………..…………… pag. 102

− Appendice 3.2: esempi di reportistica consegnata ai medici ………………………………………… pag. 104

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ABSTRACT

Background. Potentially inappropriate prescriptions (PIPs) are highly prevalent among older people

and they are associated with adverse drug reactions (ADRs), hospitalization and wasteful utilization

of resources. Interventions to optimize prescribing appropriateness in older patients have shown

mixed results. The choice of the best intervention for an optimization of drug prescribing in this

group of patients has become an important public-health issue worldwide.

Aim. The aim of this study was to develop and validate a new Computerized Provider Order Entry

Warning Integrated System (CPOE-WIS) in terms to reduce clinical relevant PIPs in three different

care settings: hospital, nursing home and domiciliary integrated assistance.

Methods. CPOE-WIS was developed from a first cohort of elderly patients, then it was tested and

validated in a different cohort of consecutively hospitalized patients. For each patient, demographic

detail, diagnosis and chronic drug therapy were processed by CPOE-WIS. The output was a report of

all PIPs identified by STOPP criteria and/or all clinically relevant drug-drug interactions (DDIs)

identified by Micomedex (Drug-Reax). The report was discussed with the physician in charge by a

pharmacist and the improvement of the prescription appropriateness was measured by the MAI

(Medication Appropriateness Index) prior and after intervention.

Results. At admission, the development and validation cohorts were well balanced regarding age,

gender, MPI (frailty score), number of drugs and PIPs. In both cohorts PIPs use was associated with

high degree of polytherapy (≥ 5 drugs). After intervention, the number of PIPs, in terms of summated

MAI per patient, was reduced in all care settings: hospitalized patients [3 (IQR=3-5) vs 2 (IQR=0-4);

p<0.001], nursing home patients [4 (IQR=2-2.75) vs 2 (IQR=1-4); p<0.001], domiciliary integrated

assistance patients [4 (IQR=2-6) vs 3 (IQR=0-5); p<0.05]. The number of patients with improvement

of appropriateness was respectively 62.0% in hospital, 51.7% in nursing home and 49.1% in

domiciliary integrated assistance.

Conclusion. This study showed that the pharmacist intervention and use of a new CPOE-WIS to

screen the clinical and prescription data resulted in a significant improvement in prescribing

appropriateness in terms of reducing MAI score in three different care setting. In particular,

intervention reduced the use of (i) unnecessary drugs (absence of indication or duplicate

prescription); (ii) the risk of drug-drug and drug-disease interactions and (iii) the prescription of drugs

at inappropriate dose or duration.

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RIASSUNTO

Introduzione. Le prescrizioni potenzialmente inappropriate (PPI) sono frequenti nella popolazione

anziana e, generalmente, sono associate alla comparsa di reazioni avverse, ricoveri ospedalieri e a

elevati costi assistenziali. Numerosi studi si sono proposti di migliorare l’appropriatezza prescrittiva

nell’anziano con risultati tuttavia discordanti. La scelta della migliore strategia da adottare per il

miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva nell’anziano rappresenta oggi, a livello globale, una

sfida per tutti i Servizi Sanitari.

Obiettivi. Il presente studio si è proposto di sviluppare e validare un nuovo software della classe

Computerized Provider Order Entry Warning Integrated System (CPOE-WIS) allo scopo di rilevare e

ridurre le PPI in tre diversi ambiti assistenziali: ospedale, residenza sanitaria assistita (RSA) e

assistenza domiciliare integrata (ADImed).

Metodi. Il CPOE-WIS è stato sviluppato e validato in due differenti coorti di pazienti ricoverati presso

una U.O. di Geriatria. I dati anagrafici, clinici e terapeutici di ciascun assistito sono stati inseriti nel

CPOE-WIS. In presenza di PPI, il software ha prodotto un report relativo alle PPI rilevate dai criteri di

STOPP e/o le interazioni clinicamente importanti dalla banca dati Drug-Reax di Micromedex. Il report

è stato discusso con il medico curante e il miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, dopo

l’intervento, è stato misurato attraverso il MAI (Medication Appropriateness Index).

Risultati. Le coorti utilizzate per lo sviluppo e la validazione del CPOE-WIS sono risultate equilibrate in

termini di dati anagrafici, clinici e terapeutici nonché riguardo al numero di PPI individuate dal

software. In entrambe le coorti il numero di PPI è stato associato alla presenza di un importante

grado di politerapia (≥ 5 farmaci). Dopo l’intervento, il punteggio MAI/paziente si è ridotto in tutti e

tre gli ambiti assistenziali analizzati: pazienti ospedalizzati [3 (IQR=3-5) vs 2 (IQR=0-4); p<0.001],

pazienti istituzionalizzati [4 (IQR=2-2.75) vs 2 (IQR=1-4); p<0.001], pazienti in ADImed [4 (IQR=2-6) vs

3 (IQR=0-5); p<0.05]. Il numero di assistiti con un miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva è

stato rispettivamente del 65,0% in ospedale, del 51,7% in RSA e del 49,1% in ADImed.

Conclusioni. Il presente studio ha permesso di rilevare che in soggetti anziani in politerapia è

possibile migliorare l’appropriatezza prescrittiva adottando una strategia che preveda la discussione

delle PPI attraverso l’uso di un nuovo CPOE-WIS in grado di rilevare, non solo le potenziali interazioni

farmacologiche ma anche tutte quelle inapropriatezze correlate alla presenza di interazioni farmaco-

patologia, di duplicazioni terapeutiche e di farmaci generalmente considerati come “non appropriati”

per indicazione clinica e/o dosaggio in età geriatrica.

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ABBREVIAZIONI

- ADL (Activities of Daily Living): strumento che misura la capacità di effettuare attività del vivere

quotidiano come muoversi, vestirsi, andare al bagno ecc.

- ADR (Adverse Drug Reaction): reazioni avverse a farmaci

- AIFA: Agenzia Italiana del Farmaco

- ASA: acido acetil-salicilico

- BPCO: broncopneumopatia cronico-ostruttiva.

- CDS: Computerised Decision Support

- CIRS (Cumulative Index Rating Scale): strumento che misura il numero di comorbilità

- CPOE-WIS (Computer Prescriber Order Entry Warning Integrated System): sistema informatizzato

che permette l’inserimento delle prescrizioni con produzioni di specifiche “alert” per la

segnalazione di potenziali prescrizioni inappropriate.

- DDD (Defined Daily Dose): dosi definite giornaliere

- DDIs: Drug-Drug Interactions

- DDSIs: Drug-Disease Interactions

- EM: Extensive Metabolizer

- ESS (Exton Smith Scale): strumento che misura il rischio di sviluppare piaghe da decubito

- FANS: Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei

- HR: Hazard Rate Ratio

- IADL (Instrumental Activities of Daily Living): strumento che misura la capacità di effettuare

attività strumentali del vivere quotidiano come usare il telefono, fare la spesa, ecc.

- IC95%: intervallo di confidenza al 95%

- IQR: interquartile range

- IRC: Insufficienza Renale Cronica

- IMA: infarto miocardico acuto

- MAI: Medication Appropriateness Index

- MeDRA: Medical Dictionary for drug Regulation Activities

- MNA (Mini Nutritional Assessment): strumento per la misurazione dello stato nutrizionale

- MPI (Multidimensional Prognostic Index): strumento prognostico di mortalità basato sulla

esecuzione di una VMD

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- NNH (Number Needed to Harm): numero di pazienti da trattare per osservare un effetto avverso

- NNT (Number Needed to Treat): numero di pazienti da trattare per evitare un evento clinico

- OR (Odds Ratio): rapporto incrociato

- PM: Poor Metabolizer

- PPI: Prescrizioni Potenzialmente Inappropriate

- RCT (Randomized Controlled Trial): studi clinici randomizzati

- RR: Rischio Relativo

- SPMSQ (Short Portable Mental Status Questionnaire): strumento per la misurazione dello stato

cognitivo

- SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inibitor): Inibitori selettivi del reuptake della serotonina

- STOPP: Screening Tools of older Persons’ Prescriptions

- TCA (Tricyclic Antidepressant): antidepressivi triciclici

- TIA (Transient Ischemic Attack): attacco ischemico transitorio

- UM: Ultrarapid Metabolizer

- VMD (Valutazione Multidimensionale): strumento di scelta per la diagnosi di fragilità, in quanto

in grado di esplorare la multidimensionalità dell’anziano

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INTRODUZIONE

La flessione della mortalità infantile registrata nel corso del XX secolo grazie ai traguardi raggiunti

dalla medicina moderna, agli sviluppi socio-economici e alla diffusione dei programmi sanitari ha

contribuito ad accrescere l’aspettativa di vita favorendo un continuo incremento delle classi d’età più

avanzante. A questo proposito, le proiezioni nazionali, fornite nel 2011 dall’ISTAT, affermano che il

cambiamento demografico dei prossimi anni vedrà ancora una volta protagonista il processo di

invecchiamento della popolazione: gli ultrasessantacinquenni, oggi pari al 20,3% della popolazione

totale, oltrepasseranno il 32% nel 2043.

Tali marcate modificazioni demografiche sono inevitabilmente accompagnate da un incremento

dell’incidenza di patologie cronico-degenerative tipiche dell’età geriatrica che, nel tempo,

metteranno a dura prova la sostenibilità del sistema sanitario e del welfare. A questo proposito,

sempre i dati prodotti dall’ISTAT rilevano che nel 2008, l’86,2% degli ultrasettantacinquenni ha

dichiarato di essere affetto da almeno una patologia cronica; tra queste le più diffuse sono risultate

essere le patologie osteoarticolari (17,1%), l’ipertensione (15,9%), le malattie allergiche (10,3%),

l’osteoporosi (7,2%), la bronchite cronica e l'asma bronchiale (6,1%) e il diabete (4,9%).

Questa tendenza demografica, associata alle raccomandazioni espresse da alcune linee guida per

patologie molto frequenti, quali ipertensione arteriosa e diabete, che suggeriscono regimi terapeutici

composti da più farmaci, ha determinato la comparsa di complessi regimi polifarmacologici. In

particolare, l’ultimo rapporto Osmed dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) indica che i soggetti

anziani assorbono circa il 60% dell’intera spesa e delle DDD (Defined Daily Dose) prescritte a carico

del Servizio Sanitario Nazionale. Tale rapporto rivela anche che per un assistito di età superiore ai 75

anni si ha una spesa media 13 volte superiore a quella di un cittadino tra i 25 e i 34 anni e che negli

anziani, in corrispondenza di una maggiore prevalenza di patologie croniche, si raggiungono livelli di

uso e di esposizione di medicinali vicini al 100%.

Tuttavia, proprio la classe di popolazione che riceve il maggior numero di prescrizioni

farmacologiche potrebbe non avere un rapporto rischio/beneficio favorevole. A causa della bassa

rappresentatività degli anziani negli studi clinici vi è, di conseguenza, un basso livello di evidenza e di

conoscenza sulla risposta del paziente anziano ai farmaci e, in particolare, ai regimi polifarmacologici.

Tale condizione viene ormai considerata il fattore predittivo più importante per un uso inappropriato

di farmaci con conseguente rischio di comparsa di reazioni avverse (Adverse Drug Reactions, ADRs).

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In questo contesto, le prescrizioni potenzialmente inappropriate (PPI) sono state riconosciute

essere tra i principali fattori che possono contribuire nel determinare la comparsa di ADRs prevedibili,

anche in funzione del loro frequente riscontro nella popolazione anziana. Le PPI, definite come quelle

terapie dove il rischio di avventi avversi supera il beneficio atteso, si possono manifestare nella

pratica clinica in diverse forme quali: presenza di interazioni farmaco-farmaco o farmaco-patologia,

duplicazioni terapeutiche e prescrizione di farmaci controindicati in età senile.

Il fenomeno della iatrogenesi in età geriatrica è un problema che interessa trasversalmente tutti

gli ambiti assistenziali (ospedale, territorio, Residenze Sanitarie Assistite - RSA) e le sue dimensioni,

con relativi costi umani e sanitari, sono ormai così estese che numerosi Autori concordano sulla

stringente necessità che i diversi Servizi Sanitari si attivino al fine di incentivare sistemi per una

puntuale revisione delle terapie nell’anziano, anche attraverso l’impiego di team multidisciplinari e

l'impiego di specifici supporti informatici atti a rilevare la presenza di PPI.

Sulla base dei dati di letteratura precedentemente descritti, che identificano l’anziano fragile in

politerapia come soggetto ad alto rischio per lo sviluppo di reazioni avverse e alla luce di alcuni studi

che indicano il possibile ruolo della revisione della terapia in questi assistiti nel ridurre il numero di

prescrizioni inappropriate, è stato pianificato ed avviato nell’ULSS 16 di Padova il progetto pilota

SAFE (“Safety Alerts for Frail Elderly”) che si è proposto di:

− rilevare la prevalenza delle PPI in un campione di pazienti ricoverati presso diversi ambiti

assistenziali attraverso l’utilizzo di uno specifico software appositamente validato;

− identificare eventuali predittori associati alla presenza di PPI;

− valutare se l’intervento di un farmacista, attraverso la discussione con il medico curante di specifici

report contenenti le prescrizioni inappropriate rilevate in ciascun paziente, può contribuire al

miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva,.

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Capitolo 1

1. REVISIONE DELLA LETTERATURA

1.1 La popolazione anziana

1.1.1 Aspetti demografici

Benché tradizionalmente la definizione di persona anziana sia effettuata semplicemente sulla

base di una “soglia anagrafica di ingresso” (generalmente 65 anni), associata al termine del periodo

lavorativo della persona, oggi si tende a definire questa fase in termini di “vita residua” ossia del

numero medio di anni che un individuo può aspettarsi di vivere. Secondo questo criterio, scegliendo

come valore 10 anni di vita residua, l’età di soglia per individuare la fascia di popolazione anziana in

Italia si è spostata dai 65 anni per entrambi i sessi del 1901, a circa 73 anni per gli uomini e 77 per le

donne del 1990 [Istituto Superiore di Sanità, 2013].

Infatti, in Italia, come nella maggior parte dei Paesi industrializzati, la durata media della vita ha

raggiunto oggi valori che all’inizio del XX secolo erano inimmaginabili considerando che, all’inizio del

‘900, un neonato aveva un’aspettativa di vita media di circa 41 anni, uomo o donna che fosse. Poco

dopo più di un secolo, nel 2007, un neonato può attendersi di vivere mediamente 79 anni e una

neonata ben 84, ponendo così la popolazione italiana tra le più longeve, non solo in Europa, ma

anche nel mondo. In particolare, nel 2011 l’Italia, con 147 anziani ogni 100 giovani, è al secondo

posto nella graduatoria dell’indice di vecchiaia dei ventisette paesi europei dopo la Germania prima

con il 154 per cento.

L’incremento della sopravvivenza raggiunto dall’Italia, fino agli anni Sessanta, è attribuibile

principalmente al crollo della mortalità infantile determinata dall’introduzione di programmi di

vaccinazione che si sono susseguiti nel tempo, dall’uso di antibiotici e dal miglioramento delle

condizioni di vita della popolazione. A partire dagli anni Ottanta, invece, il declino della mortalità sta

interessando le fasce di età adulte e, soprattutto e in misura sempre più rilevante, le età anziane, così

che un numero sempre più elevato di persone raggiunge e supera la soglia dei 90 anni: nel 2009

erano il 7‰ abitanti e ci si aspetta che diventino il 21‰ nel 2030, con un fattore moltiplicativo pari a

3 [Ministero della Salute, 2010].

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L’evoluzione positiva della sopravvivenza si è accompagnata, inoltre, a una trasformazione della

struttura della mortalità per età e causa: i decessi avvengono progressivamente ad un’età sempre più

elevata e la mortalità per malattie infettive è stata superata da quella legata alle malattie cronico-

degenerative.

1.1.2 Aspetti clinici

Il rapido invecchiamento della popolazione ha consentito ad una parte degli individui di

raggiungere un’età avanzata in buone condizioni di salute, ma ha determinato, nello stesso tempo,

anche una crescita del numero di anziani affetti da malattie croniche e disabilità. In particolare, tra i

soggetti con età superiore ai 65 anni, il 30% non risulta affetto da alcuna patologia importante (“in

buona salute”), il 20% riferisce una patologia cronica senza particolari effetti sulla funzione fisica e

cognitiva e il 50% presenta morbilità croniche multiple, con conseguenti problemi di mobilità o

difficoltà nello svolgimento delle attività della vita quotidiana in almeno il 40% dei casi. Dei soggetti

con più di 70 anni, il 10% ha uno stato di salute instabile, è affetto da morbilità complesse e va

incontro a un rapido deterioramento delle capacità fisiche e cognitive. Nella letteratura geriatrica ci

si riferisce a questi soggetti come “fragili” [Ministero della Salute, 2010]. La fragilità si rende

soprattutto evidente in condizioni che richiedono un rapido adattamento omeostatico, quali

l’esercizio fisico intenso, importanti variazioni della temperatura ambientale o l’insorgenza di

malattie acute. Il concetto di fragilità è stato oggetto di crescente interesse nell’ultimo trentennio,

anche in relazione al succitato fenomeno della “transizione demografica” e, benché ampio spazio sia

stato dedicato dalla letteratura scientifica, non è stato raggiunto ancora un pieno accordo circa i

criteri più corretti per identificarlo. Nella sua definizione più semplice, la fragilità è intesa come

maggiore vulnerabilità dell’individuo agli stress e, quindi, rappresenta una situazione complessa

associata a numerose condizioni che predispone a esiti negativi e possiede connotati specifici che la

diversificano dalla disabilità e dalla comorbilità con le quali, tuttavia, presenta alcune sovrapposizioni

(Tabella I).

Tabella I. Comuni indicatori di fragilità nell’anziano

− Declino funzionale, disabilità e necessità di aiuto − Stato infiammatorio e disendocrino

− Stato sociale: dipendenza o necessità di caregivers − Politerapia

− Stato cognitivo: deterioramento o depressione − Malattie croniche

− Frequente cadute e traumi (frattura di femore) − Malnutrizione

− Istituzionalizzazione o ospedalizzazione − Età avanzata

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Nel corso degli ultimi venti anni, vari ricercatori hanno cercato di realizzare modelli interpretativi

della fragilità con l’obiettivo di identificarne i determinanti nelle complesse interazioni tra ambiente e

fisiopatologia. Da un punto di vista metodologico, tre sono i principali approcci di studio della fragilità

che riflettono interpretazioni concettuali differenti [Pilotto A et al., 2011]:

1. la fragilità definita come “sindrome fisiopatologica”, caratterizzata dalla riduzione delle riserve

funzionali e dalla diminuita resistenza ad “eventi stressanti”, risultante dal declino cumulativo di

sistemi fisiologici multipli che causano vulnerabilità;

2. la fragilità definita come “progressivo accumulo di deficit di natura funzionale e clinica” con

perdita di uno o più domini funzionali (fisico, psichico, sociale) che possono essere misurati con

un indice di fragilità (Frailty Index) che esprime quantitativamente il numero di tali deficit nel

singolo individuo.

3. la fragilità intesa “condizione integrata e multidimensionale” con multipli domini (o dimensioni).

Il “modello fisiopatologico” è stato proposto dal gruppo di ricerca di Linda Fried che, utilizzando

dati del Cardiovascular Health Study, ha tracciato un “ciclo della fragilità” che si trasformerebbe in

una caduta a spirale la quale, in assenza di interventi, porterebbe a eventi catastrofici. Da questo

modello è scaturita una definizione operativa di fragilità in cui hanno un ruolo centrale sarcopenia e

malnutrizione, che condurrebbero a ridotta produzione di energia e quindi condizionerebbero

negativamente attività fondamentali quali camminare o mantenere l’equilibrio. Il modello riconosce

che alla genesi della fragilità contribuiscono le malattie (acute e croniche), intese come eventi

stressanti, che si sommano con le modificazioni legate all’invecchiamento. La cascata di eventi

conduce a un quadro sindromico che è almeno in parte indipendente dagli eventi che lo hanno

determinato ed è caratterizzato da cinque condizioni misurabili: 1) debolezza muscolare, 2) perdita

involontaria di peso, 3) riduzione della velocità del cammino, 4) ridotto livello di attività fisica e 5)

maggiore senso di fatica.

Secondo il modello dell’“accumulo di deficit”, la fragilità viene misurata mediante un Frailty Index

calcolato dalla somma di deficit in scale che possono comprendere da 32 a 70 predittori. Il confronto

diretto dei diversi metodi indica che, in termini prognostici, il Frailty Index sembra offrire una

definizione più precisa del rischio rispetto all’approccio basato sui cinque predittori del modello

fenotipico. Tuttavia, i diversi strumenti identificano gruppi di soggetti fragili con caratteristiche

differenti tra loro a indicare che i diversi modelli concettuali catturano traiettorie differenti di fragilità

nell’anziano.

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Di fatto, nessuno dei precedenti strumenti presenta caratteristiche utili nella pratica clinica in

quanto privi di caratteristiche “clinimetriche”, ossia di un’accuratezza prognostica che indirizzi in

modo appropriato il tipo di intervento ed una sensibilità alla variazione del rischio, nel singolo

individuo, che permetta di misurare l’effetto dell’intervento terapeutico o preventivo sulla fragilità.

Recentemente un nuovo concetto di fragilità è emerso in relazione alla sua applicabilità nella

pratica clinica. Secondo questa visione, la fragilità viene interpretata come una condizione integrata e

multidimensionale in cui multipli domini (o dimensioni), come quello biologico, funzionale,

psicologico e sociale, interagiscono tra loro determinando e caratterizzando la fragilità. Poiché alla

base della complessità biopsico-sociale e clinica dell’anziano fragile vi e verosimilmente l’interazione

delle diverse “dimensioni”, la valutazione multidimensionale (VMD) è lo strumento di scelta per la

diagnosi di fragilità, in quanto in grado di esplorare la multidimensionalità dell’anziano. In questo

ambito è stato recentemente descritto e validato nell’anziano il Multidimensional Prognostic Index

(MPI) [Pilotto A et al., 2008].

1.2 LA TERAPIA FARMACOLOGICA NELL’ANZIANO

1.2.1 Epidemiologia dell’uso dei farmaci in età geriatrica in Italia

L’età è il principale fattore predittivo dell’uso di farmaci sia in termini di spesa sia di dosi

prescritte. Infatti, il notevole incremento delle fasce di età più avanzate ha ampliato il numero di

soggetti affetti da patologie croniche multiple e trattate con complessi regimi polifarmacologici. Tale

evenienza è ampiamente confermata dai periodici rapporti dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)

che indicano come, da oltre dieci anni, più del 60% dei medicinali a carico del Servizio Sanitario

Nazionale (SSN) sia utilizzato da persone anziane. In particolare, da una recente analisi emerge che la

metà della popolazione in età senile assume da 5 a 9 farmaci al giorno e che l’11% assume più di 10

farmaci al giorno, per un totale di quasi sette milioni e mezzo di persone.

Di conseguenza, e come atteso, il livello di aderenza al trattamento risulta problematico: circa il

50% dei soggetti ipertesi o con osteoporosi presenta una bassa aderenza alla terapia; tali valori

risultano ancora più bassi nei pazienti che assumono farmaci antidiabetici o antidepressivi.

Altro dato importante riguarda l’uso concomitante di farmaci che possono provocare delle

interazioni potenzialmente pericolose per l’individuo (es. aumento del rischio di sanguinamento

oppure comparsa di aritmie cardiache o insufficienza renale) e che, sebbene percentualmente basso

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in termini di incidenza (in genere minore dell’1%), coinvolge un numero non irrilevante di soggetti. Si

stima infatti che circa 100.000 pazienti anziani hanno ricevuto in un anno associazioni di farmaci che

possono aumentare il rischio di sanguinamento e altri 36.000 sono stati esposti all’uso

contemporaneo di due o più farmaci che aumentano l’intervallo QT [Working Group geriatrico AIFA,

2013].

1.2.2 Il paziente anziano e gli studi clinici

Ottimizzare il trattamento in presenza di condizioni di comorbilità multiple può essere un

compito estremamente difficile, e ciò è particolarmente vero per quanto riguarda gli anziani, poiché

tutti gli elementi sui quali solitamente si basano le decisioni terapeutiche (es. evidenze scientifiche,

indicazioni provenienti dalle linee guida) hanno un’utilità limitata in questa fascia di popolazione.

Infatti, i pazienti anziani sono poco rappresentati negli studi clinici randomizzati (Randomized

Controlled Trial, RCT) e questo fenomeno rallenta inevitabilmente il progresso della conoscenza sugli

effetti che i processi biologici dell’invecchiamento e le patologie età-correlate determinano sulla

risposta ai farmaci. A titolo di esempio, nell’anno 2000 solo il 3,5% di quasi 9.000 RCT ed un mero 1%

di oltre 700 metanalisi hanno interessato persone ultrasessantacinquenni [Nair BR et al., 2002]. Più

recentemente Cherubini A e coll. denunciano che nel 25% degli RCT sull’insufficienza cardiaca,

patologia di frequente riscontro in età geriatrica, sono stati esclusi i soggetti anziani solamente sulla

base dell’età anagrafica e che un ulteriore 43% è stato escluso per criteri non sufficientemente

giustificati [Cherubini A et al., 2011].

Nonostante le numerose iniziative mirate a incrementare l’inclusione dei pazienti anziani negli

RCT, questo problema è ancora lontano dall’essere attualmente risolto e si riflette inevitabilmente

anche sulla generalizzazione delle attuali linee guida nei pazienti anziani che, ovviamente, sono

basate sull’evidenza proveniente dagli RCT e dalle revisioni sistematiche. Il risultato netto di questa

sistematica esclusione è che, almeno per la popolazione anziana ultraottantenne, la pedissequa

applicazione dei risultati degli RCT e delle linee guida per singola patologia finisce per creare

importanti regimi polifarmacologici a lungo termine.

La questione diventa ancora più complessa se si considera che le informazioni sulla sicurezza dei

farmaci nella popolazione anziana sono molto scarse. Infatti, generalmente, gli RCT non sono

progettati per avere sufficiente potenza nel rilevare il rischio di ADRs e quindi solo i dati provenienti

da studi osservazionali, con tutti i loro limiti intrinseci, possono essere d’aiuto per avere alcune

informazioni relativamente al profilo di rischio/beneficio di un terapia in questa popolazione. Di

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conseguenza, un approccio mirato alla semplicistica applicazione delle linee guida per patologia in

pazienti anziani con comorbilità multiple può avere l’effetto “indesiderato” di indurre alla

prescrizione di regimi polifarmacologici complessi, con notevole incremento del rischio di sviluppare

interazioni farmaco-farmaco e/o farmaco-patologia [Boyd CM et al., 2005].

Nella Tabella II sono riportate le stime del profilo rischio/beneficio di alcuni farmaci

comunemente utilizzati nell’anziano espresse rispettivamente in NNT (Number Needed to Treat) e

NNH (Number Needed to Harm). Come si può osservare, ad esempio, l’impiego di ASA per 6 anni in

prevenzione primaria espone l’anziano ad un maggior rischio di sanguinamento (NNT=73) rispetto al

beneficio atteso in termini di prevenzione di un evento cardiovascolare (NNT=120). Al momento sono

invece completamente assenti evidenze sperimentali riguardo all’efficacia della terapia

antipertensiva nel soggetto ultraottantenne [Hilmer SN et al., 2012].

Tabella II. Stima del profilo rischio/beneficio stimato di alcuni farmaci usati nell’anziano

Farmaco

Beneficio

Età

RR, OR, HR (95% CI)

NNT

NNH

Statine Prevenzione

secondaria per tutte le cause di mortalità

≥60 anni RR=0.85 (0.78 - 0.93) 28 per prevenire il decesso per oltre

5 anni

10-20 per manifestare mialgia

Antipertensivi Prevenzione secondaria per tutte le cause di mortalità

≥60 anni RR=0.90 (0.84 - 0.97) 84 per prevenire il decesso per un

periodo medio di 4.5 anni

2 per manifestare qualsiasi ADE per un periodo medio di 4.5

anni

Prevenzione secondaria per tutte le cause di mortalità

≥80 anni RR=1.01 (0.90 - 1.13)

ASA Prevenzione primaria per tutte le cause di mortalità

57 anni (media)

OR=0.94 (0.88 - 1.00) 120 per prevenire un evento

cardiovascolare per oltre 6 anni

73 per manifestare un severo

sanguinamento per oltre 6 anni

Bifosfonati Acido zoledronico per prevenire il decesso in seguito a frattura alla testa del femore

≥50 anni HR=0.75 (0.58 - 0.97) 27 per prevenire il decesso per oltre

3 anni

18 per manifestare piressia, 45 per mialgia, 45 per

dolori ossei e 53 per dolori muscolari per

oltre 3 anni

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1.2.3 Effetti dell’età correlati al trattamento farmacologico

L’invecchiamento comporta una serie di modificazioni fisiologiche che determinano una

riduzione della “capacità di riserva” in diversi organi e conseguente alterazione dei meccanismi di

regolazione omeostatica. Queste variazioni, associate anche alle modificazioni di carattere

farmacocinetico e farmacodinamico, rendono il soggetto anziano particolarmente sensibile agli

effetti dei farmaci con conseguente aumento del rischio di manifestare reazioni avverse.

Di seguito sono riportati i principali cambiamenti fisiologici che compaiono in età geriatrica e che

possono determinare alterazioni nella risposta farmacologica.

� Variazioni dell’omeostasi

Secondo la definizione data nel 1997 da O’Neill, l’omeostasi è la “capacità di un organismo

vivente di mantenere un equilibrio interno stabile, grazie a un insieme di processi di autoregolazione,

nonostante le variazioni delle condizioni dell’ambiente esterno” [O’Neill PA et al., 1997].

La principale conseguenza dell’invecchiamento è la riduzione delle capacità di omeostasi

dell’organismo che rende l’anziano, soprattutto se fragile, particolarmente vulnerabile ad eventi

“stressanti” quali, ad esempio, traumi modesti e condizioni patologiche acute anche di lieve entità.

In particolare, in età geriatrica, si osserva una variazione dei seguenti processi omeostatici:

− ridotta capacità di escrezione del carico di acqua libera a causa di una diminuzione della

produzione renale di prostaglandine;

− ridotta conservazione renale del sodio a causa della diminuzione della renina plasmatica e

dell’aldosterone (iponatriemia);

− comparsa frequente di ipotensione posturale determinata da più fattori quali una diminuzione

della risposta dei barocettori, un’alterazione della sensibilità e reattività simpatica, una

compromissione della risposta vasomotoria sia nelle arteriole che nelle vene e un’alterazione della

regolazione di volume;

− maggior sensibilità a manifestare episodi di ipoglicemia.

� Variazioni farmacocinetiche

I farmaci, in qualità di xenobiotici, sono sostanze che l’organismo tende ad eliminare attraverso

diversi sistemi. In particolare, l’emivita di un farmaco (t1/2) è funzione sia del volume di distribuzione

(Vd), tipico di ogni sostanza, che della clearance (Cl), che rappresenta la velocità con la quale una

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sostanza viene eliminata dall’organismo (principalmente rene e fegato). Questo può essere espresso

con la seguente equazione: t1/2=0.693 x Vd/Cl.

Gli studi che hanno valutato le variazioni della clearance in soggetti adulti hanno rilevato che,

questo parametro, resta sostanzialmente inalterato nelle prime sei decadi di vita per poi iniziare a

diminuire sensibilmente negli anni successivi. La massima variazione è stata osservata a partire dagli

80-85 anni di età dove la clearance si riduce del 50% e l’emivita dei farmaci aumenta del 60%

[Ginsberg G et al., 2005].

Tutte le modificazioni farmacocinetiche sono elencate nella Tabella III, mentre di seguito sono

sintetizzate le possibili implicazioni a livello terapeutico [Mangoni AA et al., 2003]:

- Assorbimento di farmaci: con l’avanzare dell’età si assiste, a livello gastrico, alla progressiva

riduzione della secrezione di acido cloridrico e, a livello intestinale, a una diminuita superficie di

assorbimento intraluminale. Al momento, le evidenze scientifiche relative a modificazioni

significative nell’assorbimento di alcuni farmaci assunti per via orale (es. vitamina B12, sali di ferro

e di calcio) sono limitate e tra loro contrastanti, probabilmente per l'utilizzo di diversi metodi per

misurare l’entità dell’assorbimento.

- Metabolismo di primo passaggio: l’invecchiamento è associato ad una riduzione del metabolismo

di primo passaggio determinato, probabilmente, dalla riduzione del numero di epatociti e del

flusso epatico. Pertanto, la biodisponibilità di farmaci soggetti ad un estensivo “effetto di primo

passaggio” come alcuni β-bloccanti (es. propranololo e labetololo) può aumentare

significativamente. Per contro alcuni pro-farmaci, che richiedono una loro attivazione da parte

degli enzimi epatici (es. enalapril, perindopril), possono avere una diminuzione delle

biodisponibilità e, conseguentemente, un ridotto effetto farmacologico.

- Distribuzione: il volume di distribuzione di un farmaco è funzione della composizione corporea e

del profilo proteico plasmatico. Con l’avanzare dell’età si assiste a un progressivo declino della

quantità d’acqua corporea che si riduce del 10-15% e a un aumento della massa grassa, che

aumenta del 20-40%, associato ad una progressiva riduzione della massa magra a partire dall’età

di 45 anni. Ciò è alla base della diminuzione del 10-20% del volume di distribuzione dei farmaci

idrofili (es. gentamicina, digossina, teofillina) e dell’aumento, di un’analoga frazione, dei farmaci

lipofili (es. benzodiazepine).

- Legame con le proteine plasmatiche: farmaci con caratteristiche di acidi deboli (es. diazepam,

fenitoina, warfarina, ASA) si legano principalmente con l’albumina mentre farmaci basici (es.

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propranololo) si legano con l’α1-glicoproteina acida. Sebbene non siano state rilevate variazioni

sostanziali di queste proteine con l’invecchiamento, si rileva che una significativa riduzione

dell’albumina può essere presente nell’anziano con malnutrizione o con importante epatopatia

mentre un aumento dell’α1-glicoproteina acida risulta aumentata nel corso di infezioni e processi

infiammatori.

- Clearance renale: dopo i 40 anni di età, ogni anno in più di vita comporta una perdita fisiologica

dell’1% della filtrazione glomerulare. Questo evento è da attribuirsi principalmente a fenomeni di

sclerosi glomerulare, alla riduzione del flusso renale e dei processi di trasporto tubulare.

Nell’anziano, pertanto, si assiste ad una progressiva riduzione dell’eliminazione renale di farmaci

idrosolubili comunemente usati per diverse patologie tipiche dell’età senile (es. diuretici,

aminoglicosidi, digossina, β-bloccanti, litio e FANS). L’importanza clinica di tale riduzione è in

funzione della loro tossicità e quindi la posologia di farmaci con basso indice terapeutico come gli

aminoglicosidi, la digossina e il litio deve essere proporzionata al grado di funzionalità renale di

ciascun singolo individuo.

- Clearance epatica: questo parametro dipende sia dalla capacità di estrazione del farmaco da

parte degli epatociti (“rapporto di estrazione”) che dal flusso ematico nel fegato. Generalmente il

fegato è dotato di una grande riserva e, pertanto, nell’anziano non si registrano particolari

variazioni nell’emivita di farmaci metabolizzati da quest’organo. Tuttavia in particolari condizioni

di alterata funzionalità (es. grave insufficienza epatica) o di riduzione del flusso ematico (es.

grave scompenso cardiaco o presenza di insufficienza portale), si può manifestare un’importante

riduzione nel metabolismo di farmaci metabolizzati principalmente a livello epatico.

Tabella III. Modificazioni fisiologiche dell’invecchiamento che possono determinare variazioni nella

farmacocinetica

Farmacocinetica Modificazioni Rilevanza clinica Esempi

Assorbimento Forse rallentato, ma la quota

di farmaco assorbita non risulta in genere influenzata

Bassa -

Distribuzione Declino della massa magra e

aumento della massa adiposa

Importante per alcuni farmaci

- Aumento del Vd per farmaci liposolubili (es. vancomicina. amiodarone, diazepam e flunitrazepam)

- Aumento del t1/2 per farmaci idrosolubili (es. digossina e litio)

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Farmacocinetica Modificazioni Rilevanza clinica Esempi

Metabolismo epatico

Il metabolismo epatico può risultare diminuito a causa della riduzione del flusso ematico portale e della riduzione degli epatociti

Importante per numerosi farmaci

Amlodipina, diltiazem, ropirinolo e teofillina

Eliminazione renale

Riduzione del flusso renale e del numero di glomeruli funzionanti

Molto importante Digossina, gabapentin, glipizide e idroclortiazide

� Variazioni farmacodinamiche

Le modificazioni età-dipendenti della risposta farmacodinamica ai farmaci sono state meno

studiate. Generalmente, nell’anziano, si assiste ad una maggior sensibilità agli effetti farmacologici

dei medicinali benché, per alcuni farmaci, si possa osservare anche una riduzione della risposta

(Tabella IV). Tra i principali effetti di carattere farmacodinamico che si riscontrano in età senile, si

ricordano le seguenti [Midlöv P et al., 2013]:

- Effetti cardiovascolari: nel soggetto anziano vi è un ridotto effetto dei farmaci β-bloccanti nel

modulare la frequenza cardiaca e il volume di eiezione. Per i farmaci antipertensivi si assiste

invece ad un aumento del rischio di fenomeni di ipotensione ortostatica, con conseguenti cadute,

a causa di un deficit del riflesso modulato dai barocettori. La comparsa di ipotensione ortostatica

è stata altresì osservata con l’uso di antipsicotici e farmaci antiparkinson. L’invecchiamento

comporta anche altri effetti cardiovascolari, per esempio, ad un aumento della sensibilità alla

tossicità da digossina.

- Effetti sul Sistema Nervoso Centrale (SNC): l’invecchiamento è associato con modificazioni

strutturali e neurochimiche del SNC dovute ad una minore efficacia protettiva della barriera

ematoencefalica che determinano un’eccessiva esposizione del cervello ad alcuni farmaci. In

particolare, antipsicotici, agenti anticolinergici e benzodiazepine possono causare episodi di

confusione nell’anziano. La trasmissione colinergica può essere inoltre alterata a diversi livelli;

farmaci con effetti anticolinergici possono determinare la comparsa di incontinenza urinaria o

fenomeni di delirium.

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Tabella IV. Principali alterazioni recettoriali correlate all'invecchiamento

Tipo di recettore Tessuto Densità e/o sensibilità

Serotonina 5HT1 e 5HT2 Cervello Diminuita

Ormone Paratiroideo Rene Diminuita

α1- adrenergico Fegato Diminuita

Β1-adrenergico Cuore Lieve riduzione

Dopamina D1 Cervello Diminuita

Dopamina D2 Cervello Aumentata

Muscarinico Cervello Diminuita

Oppioidi Cervello Diminuita

1.3 LE REAZIONI AVVERSE A FARMACI (ADRS) NEL SOGGETTO ANZIANO

1.3.1 Definizione e classificazione delle ADRs

La definizione e la classificazione delle ADRs hanno subito nel tempo una serie di modifiche

anche in base all’importanza, e alla preferenza, assegnata dai diversi Autori e dai fattori che le

identificano. Attualmente, la nuova normativa europea in materia di farmacovigilanza (Regolamento

UE 1235/2010) definisce una reazione avversa a farmaci come un “effetto nocivo e non voluto

conseguente all’uso di un medicinale”. In questa definizione sono ricomprese, oltre alle reazioni

avverse che derivano dall’uso di un medicinale entro le indicazioni d’uso autorizzate, anche tutte

quelle che si manifestano a seguito dell’impiego di un medicinale al di fuori dei termini

dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio - AIC (es. uso off-label, overdose, ecc.).

Le ADRs possono essere classificate principalmente in due gruppi: reazioni di tipo A e di tipo B

[Petrovic M et al., 2012].

Le reazioni di tipo A (augmented) sono quelle riconducibili all’azione farmacologica del

medicinale e hanno la caratteristica di avere un’incidenza relativamente elevata e di essere dose-

dipendenti. Dal momento che il meccanismo patogenetico è conosciuto, tali reazioni sono

generalmente prevedibili nella pratica clinica. Esempi tipici di ADRs di tipo A sono l’eccessiva

sedazione indotta dalle benzodiazepine, le aritmie dovute a digossina e l’effetto gastrolesivo indotto

dai FANS. Le ADRs di tipo A possono essere particolarmente pericolose per farmaci che presentano

un ristretto indice terapeutico (es. warfarin e digossina).

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Le reazioni di tipo B (bizzarre), diversamente dalle precedenti, non sono riconducibili all’attività

farmacologica del farmaco e risultano associate ad una inconsueta suscettibilità individuale

(idiosincrasia), spesse volte legata a reazioni immuno-mediate. Per questi motivi le ADRs di tipo B

tendono ad essere imprevedibili, non dose-dipendenti e, generalmente, presentano una bassa

incidenza nella popolazione esposta. La gravità di tali reazioni può andare da manifestazioni minori

(es. esantemi cutanei da antibiotici) a quadri clinici potenzialmente letali (es. reazioni anafilattiche o

anafilattoidi, ipertermia maligna o discrasie ematiche).

Altri tipi di ADRs, meno frequenti, sono le reazioni di tipo C, D, E ed F. Le ADRs di tipo C (chronic)

sono generalmente associate a terapie a lungo termine e correlate a dosi cumulative (es.

soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario indotto dai glucocorticoidi) mentre le ADRs di tipo D

(delayed) insorgono tipicamente dopo settimane o mesi dalla sospensione del farmaco (es. comparsa

di sintomi parkinsoniani a seguito dell’uso prolungato di antipsicotici). Infine troviamo le ADRs di tipo

E (end dose) che si manifestano a seguito di brusche interruzioni di terapie (es. tachicardia e

ipertensione da β-bloccanti) e le ADRs di tipo F (failure) che sono spesso causate da interazioni tra

farmaci che rendono inefficace uno di essi (es. riduzione dell’effetto anticoagulante del warfarin a

seguito di concomitante assunzione di induttori citocromiali).

1.3.2 Epidemiologia delle ADRs in età geriatica

Nella letteratura internazionale gli studi volti a valutare l’incidenza delle ADRs in età geriatrica

sono limitati e di difficile confronto a causa delle diverse metodologie utilizzate per rilevare tali

eventi.

Tra gli studi pubblicati il più importante, riguardo i soggetti seguiti a livello ambulatoriale, è

quello pubblicato da Gurwitz e coll. dove, in una coorte di oltre 27.000 pazienti anziani seguita per 12

mesi, è stata rilevata un’incidenza di ADRs complessive pari a 50 su 1.000 anni/persona. Tra gli eventi

avversi registrati, il 38% è stato classificato come grave in quanto ha messo in pericolo di vita il

paziente o si è rilevato fatale e il 42% di questi è risultato essere prevedibile ed evitabile. Tra i

medicinali che hanno determinato ADRs prevedibili, i più rappresentati sono stati i farmaci

cardiovascolari (24%), seguiti dai diuretici (22%), dagli oppioidi (15%) e dagli agenti ipoglicemizzanti

(10%) [Gurwitz JH et al., 2003].

Sempre a causa delle diverse metodologie utilizzate, anche per quando riguarda il setting

residenziale i dati relativi all’incidenza delle ADRs sono attualmente piuttosto discordanti. La

revisione di Handler e coll. evidenzia una variabilità nell’incidenza delle ADRs compresa tra l’1,2 e il

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7,3% residenti/mese Lo studio di Gurwitz e coll., ha rilevato che il 50% delle ADRs sono prevedibili e

riguardano in particolare farmaci attivi sul SNC (antipsicotici, antidepressivi, sedativo/ipnotici) e

anticoagulanti [Gurwitz JH et al., 2000]. Questa stima risulta coerente a quanto già ampiamente

riportato nella letteratura relativamente alle ADRs evidenziate in altri ambiti assistenziali.

1.3.3 Ospedalizzazioni correlate a ADRs

Alcuni studi epidemiologici collocano le ADRs tra la quarta e la sesta causa di morte nei paesi

industrializzati e rilevano che, nella popolazione generale, questi eventi siano causa di un tasso di

ospedalizzazione compreso tra il 2,4 e il 6,5% [Lazarou J et al., 1998].

Specifiche indagini condotte in età geriatrica indicano che l’anziano, rispetto a un giovane adulto,

presenta un rischio quattro volte superiore di andare incontro ad una ospedalizzazione correlata

all’uso di farmaci [Beijer H et al., 2002]. In particolare, si stima che circa il 6-11% dei ricoveri nei

pazienti anziani è riconducibile ad una ADR [Kongkaew C et al., 2008] e che una notevole percentuale

di questi eventi, compresa tra il 60% e l’80%, è prevedibile ed evitabile nella pratica clinica,

comparato al 24% riscontrato nei soggetti più giovani [Beijer H et al., 2002; Pirmohamed M et al.,

2004]. Questa differenza nella prevedibilità delle reazioni avverse in età geriatrica è essenzialmente

da ascriversi al fatto che negli anziani, in circa l’80% dei casi, le ADRs di più frequente riscontro sono

quelle di tipo A che, come precedentemente riportato, sono correlate all’azione farmacologica e al

dosaggio del medicinale [Routledge PA et al., 2003].

Lo studio di Budnitz e coll. evidenzia che ogni anno, negli Stati Uniti, vi siano quasi 100.000

accessi al pronto soccorso per ADRs che coinvolgono anziani ultrassessantacinquenni; circa la metà di

questi casi interessa pazienti con più di 80 anni. L’analisi rileva che solamente quattro categorie di

medicinali (warfarin, insulina, antiaggreganti e ipoglicemizzanti orali), da sole o in associazione,

determinano i 2/3 delle ospedalizzazioni. Nel 65% dei casi il ricovero ospedaliero è stato associato a

un sovradosaggio non intenzionale del farmaco, evitabile attraverso un più stretto monitoraggio del

paziente e/o un coinvolgimento attivo dello stesso nella terapia [Budnitz DS et al., 2011].

I ricoveri correlati ad ADRs negli anziani sono in continuo e costante aumento, con un aggravio di

costi a carico dei servizi sanitari; in particolare uno studio olandese ha evidenziato che, nel periodo

1981-2007, le giornate di degenza dovute a ricoveri causati da ADRs in soggetti con età ≥ 60 anni è

aumentato del 143% [Hartholt KA et al., 2010].

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1.3.4 Fattori di rischio associati allo sviluppo di ADRs

I fattori di rischio associati allo sviluppo di ADRs nel soggetto anziano possono essere

essenzialmente ricondotti a due principali elementi:

1. grado di fragilità del paziente;

2. grado di politerapia che, in letteratura, è strettamente correlato alla presenza di prescrizioni

potenzialmente inappropriate (PPI).

� Fattori associati al grado di fragilità del paziente

Tra i fattori correlati al grado di fragilità ricordiamo la presenza di importanti variazioni nella

farmacocinetica/farmacodinamica, la diversa sensibilità ad alcuni farmaci dell’anziano imputabili a

variazioni dell’omeostasi e un’anamnesi positiva per un precedente ricovero correlato ad una

reazione avversa [Petrovic M et al., 2012; Zhang MD et al., 2009; Hilmer SN et al., 2012].

- Fattori farmacocinetici e farmacodinamici: come descritto precedentemente, le variazioni

farmacocinetiche che insorgono in età senile predispongono l’anziano a manifestare ADRs

clinicamente rilevanti e, talora, causa di ricovero ospedaliero. In particolare, un aumento del

volume di distribuzione e/o una riduzione della clearance renale e/o epatica possono

determinare un aumento dell’emivita di un farmaco, con conseguente accumulo dello stesso e

potenziamento dell’effetto farmacologico. Anche la presenza di un’importante insufficienza

cardiaca può causare un aumento dei livelli plasmatici di alcuni farmaci a causa di una riduzione

del flusso ematico renale e portale. Certe categorie di medicinali come gli anticoagulanti, gli

antipertensivi e i farmaci psicotropi possono risentire delle modificazioni nella sensibilità

recettoriale o post-recettoriale tipiche dell’invecchiamento.

- Variazioni dell’omeostasi: una riduzione di alcuni meccanismi deputati alla regolazione

omeostatica può predisporre l’anziano alla comparsa di ADRs. Un esempio è dato dalla comparsa

di ipotensione ortostatica successiva alla somministrazione di “dosi normali” di antipertensivi a

causa di un deficit del sistema dei barocettori.

- Precedenti ricoveri per reazioni avverse: lo studio di Zhang M e coll. ha rilevato che la presenza in

anamnesi di un precedente ricovero per ADR può predisporre nel tempo lo stesso paziente ad un

nuovo ricovero correlato a patologia iatrogena. In particolare, dall’analisi dei dati amministrativi

provenienti da tutti gli ospedali pubblici e privati dell’Australia, è stato evidenziato che, nel

periodo 1980-2000, 28.548 pazienti ultrasessantenni sono stati ricoverati per ADRs o la loro

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permanenza in ospedale è stata prolungata da una ADR. Il disegno dello studio prevedeva un

follow-up di tre anni dalla diagnosi di ADR e durava fino ad un nuovo ricovero ospedaliero (o

prolungamento della stesso) oppure fino alla morte del paziente. I risultati hanno evidenziato

che, durante tale periodo, il 17,7% dei soggetti è stato ricoverato nuovamente a causa di una

ADR e che l’elemento di predittività di aumento del rischio di ricovero per una reazione avversa è

correlato alla presenza di patologie concomitanti piuttosto che dall’età avanzata [Zhang MD et

al., 2009].

� Fattori associati al grado di politerapia e alle prescrizioni potenzialmente inappropriate

Per quanto riguarda la politerapia, è necessario anzitutto precisare che non esiste a questo

proposito una definizione unanime in letteratura; tale carenza, associata alla difficoltà nel monitorare

altri farmaci assunti autonomamente dal paziente (es. farmaci da banco), rende difficile stimare la

prevalenza di questo fenomeno nel tempo e in realtà diverse. In generale, alcuni Autori tendono a

distinguere una "politerapia minore" (assunzione di 2-4 farmaci) e una "politerapia maggiore"

(assunzione di 5 o più farmaci) [Bjerrum L et al., 1997]. Quest’ultima definizione sembra essere quella

più utile sul piano clinico poiché, al di sopra della soglia di 4 farmaci contemporaneamente assunti, il

rischio di reazioni avverse a farmaci aumenta in maniera significativa e indipendente da altre

variabili. In particolare, è stato osservato che le interazioni farmacologiche aumentano

esponenzialmente con il numero dei farmaci assunti [Cadieux RJ et al., 1989].

I motivi correlati ad un maggior rischio di presentare un regime polifarmacologico sono

principalmente da imputarsi a fattori demografici (es. razza bianca e grado di scolarità), alla presenza

di particolari patologie (es. depressione, asma, diabete, ipertensione e osteoartrite) e alla

consultazione di più specialisti che, nel tempo, determina un “accumulo” di diversi medicinali con

conseguente instaurazione di complessi regimi di politerapia (“frammentazione delle cure”)

[Patterson SM et al., 2012].

E’ ormai risaputo che l’assunzione di più farmaci può aumentare drasticamente il rischio di

reazioni avverse. A questo proposito è stato stimato che il rischio di comparsa di una ADR è del 13%

in presenza di due farmaci. Tale frequenza aumenta considerevolmente tra gli utilizzatori di cinque e

sette o più farmaci dove il rischio di incorrere in una reazione avversa si attesta rispettivamente al

58% e all’82% [Patterson SM et al., 2012].

Il forte incremento del rischio di ADRs osservato è imputabile al fatto che l’aumento della

complessità del regime terapeutico frequentemente si associa ad un riscontro di PPI, quali le

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interazioni farmaco-farmaco (DDIs, drug-drug interactions) e le interazioni farmaco-patologia (DDSIs,

drug-disease interactions). In particolare, lo studio epidemiologico multicentrico europeo di Fialovà e

coll., che ha utilizzato i criteri espliciti di Beers e di McLeod come strumento per evidenziare

l’inappropriatezza prescrittiva in pazienti anziani ambulatoriali, ha evidenziato che la presenza di una

politerapia (definita come assunzione di 6 o più farmaci) è associata ad un rischio doppio di PPI (RR=

1,91; IC95%= 1,62-2,22) [Fialovà D et al., 2005]. Lo studio più recente di Gallagher e coll., condotto in

anziani ricoverati in sei ospedali europei, ha evidenziato invece un rischio sette volte superiore nei

soggetti in terapia con 10 o più farmaci di incorrere in PPI identificate dai criteri si STOPP (OR= 7,22;

IC95%= 4,3-12,1) [Gallagher P et al., 2011]. Infine, è doveroso precisare che una recente revisione

sistematica evidenzia una generale carenza della letteratura internazionale nel rilevare outcomes

clinici importanti associati a PPI correlate a DDIs e DDSIs [Gnjidic D et al., 2013]. Tra i cinque studi

revisionati, quattro riportano un'associazione positiva tra DDI e rischio di ospedalizzazione. In

particolare, lo studio di Becker ML e coll. evidenzia che le DDI sono responsabili del 4,8% dei ricoveri

ospedalieri negli anziani [Becker ML et al., 2007]. Un altro studio, condotto allo scopo di determinare

la presenza di ADRs di qualsiasi gravità correlate a DDIs in pazienti anziani ospedalizzati, ha rilevato

che il 25,5% dei soggetti presenta all’ingresso sintomi potenzialmente correlabili a interazioni

farmacologiche [Tulner LR et al., 2008]. Anche le DDSIs sono state associate alla comparsa di ADRs

sebbene l'evidenza in questo campo risulti essere più limitata rispetto alle DDIs. Un recente studio

osservazionale, effettuato utilizzando i criteri di STOPP, ha evidenziato un rischio cinque volte

superiore di presentare una PPI nei soggetti in terapia con cinque o più farmaci [Weng MC et al.,

2013]. Un’altra indagine che ha utilizzato invece il Medication Appropriateness Index (MAI), ha

permesso di rilevare che la presenza nella terapia di un paziente di almeno una inappropriatezza

prescrittiva è in grado di prevedere, nella quasi totalità dei soggetti (98,7%), la manifestazione di un

effettivo evento avverso [Lund BC et al., 2010].

1.4 Le prescrizioni potenzialmente inappropriate (PPI) nell’anziano

1.4.1 Classificazione delle PPI

La prima definizione di prescrizione potenzialmente inappropriata è stata fornita nel 1991 da

Beers e coll. a seguito della pubblicazione degli omonimi criteri. In questo contesto un farmaco è

stato considerato potenzialmente inappropriato quando "il rischio di eventi avversi supera il beneficio

atteso dal trattamento, in particolare quando è disponibile un’evidenza scientifica a supporto di

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un’alternativa di trattamento più sicura e/o efficace per la stessa condizione clinica" [Beers MH et al.,

1991].

Come precedentemente accennato, esistono varie forme di prescrizione inappropriata che

possono essere così classificate:

1. associazioni di medicinali in grado di determinare potenziali interazioni farmaco-farmaco (DDIs);

2. farmaci che interagiscono con altre patologie concomitanti (DDSIs);

3. associazioni di medicinali appartenenti alla stessa categoria terapeutica (duplicazioni

terapeutiche);

4. presenza di una “cascata prescrittiva” intesa come trattamento con un altro farmaco di una ADR

non riconosciuta.

1.4.2 Interazioni farmaco-farmaco (DDIs): definizione, prevalenza e rilevanza clinica

Una DDI si verifica quando la risposta farmacologica o clinica alla somministrazione

contemporanea di due o più farmaci è diversa da quella attesa, o più semplicemente quando gli

effetti di un farmaco sono modificati dalla presenza di un altro farmaco e possono essere di natura

farmacocinetica o farmacodinamica.

Per quanto riguarda le interazioni farmacocinetiche, queste possono avvenire in fase di

assorbimento, distribuzione, metabolismo o eliminazione di un farmaco. Alcuni farmaci che possono

modificare il pH gastrico, come gli antagonisti dei recettori H2 e gli inibitori della pompa protonica,

possono influenzare l'assorbimento di altri principi attivi (es. sali di calcio o ferro). Le interazioni a

livello di distribuzione sono relativamente poco frequenti e possono essere clinicamente rilevanti

solo quando il farmaco si lega alle proteine plasmatiche in misura superiore al 90% oppure quando il

farmaco spiazzato presenta un basso indice terapeutico (es. somministrazione contemporanea di

diclofenac e warfarin).

Le DDIs in fase di biotrasformazione sono fondamentalmente determinate dall'attività del

sistema citocromiale P-450 (CYP), costituito da numerose famiglie di enzimi ossidativi, ciascuno dei

quali è prodotto da uno specifico gene, con importanti differenze tra le specie. Nell’uomo esistono

circa 30 isoforme di citocromi ma solamente 6 di queste sono principalmente coinvolte nel

metabolismo dei farmaci a livello epatico (CYP1A2, 3A4, 2C9, 2C19, 2D6 e 2E1) [Palleria C et al., 2013].

Alcuni di questi geni sono polimorfici nella popolazione, con varianti alleliche che possono produrre

citocromi con diversi livelli di attività. Questo determina l’esistenza di fenotipi con differente capacità

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metabolica per la presenza di varianti enzimatiche ad attività nulla o ridotta in alcuni soggetti (“poor

metabolizer”, PM), ad attività “normale” in altri (“extensive metabolizer”, EM) ed estremamente

elevata in altri ancora (“ultrarapid metabolizer”,UM). Di conseguenza i soggetti PM non sono in grado

di eliminare efficientemente i farmaci che sono substrato di questi enzimi, e sono esposti al rischio di

accumulo del farmaco nel sito di azione. Il rischio per questi pazienti è di sviluppare ADRs più o meno

gravi anche dopo somministrazione di dosi ben tollerate nella popolazione EM. Viceversa, i soggetti

geneticamente dotati di un sistema di metabolizzazione troppo rapido rischiano di non beneficiare

degli effetti terapeutici del farmaco a causa di un suo elevato metabolismo pre-sistemico e di una

veloce eliminazione dall’organismo.

Considerando che la biotrasformazione della maggior parte dei farmaci (composti liposolubili che

devono essere convertiti in metaboliti polari per un’efficiente eliminazione dall’organismo) coinvolge

una o più isoforme citocromiali, è evidente che questo processo può essere alterato dalla

contemporanea assunzione di composti in grado di agire come inibitori od induttori di tali enzimi

(Tabella V).

L’inibizione metabolica è frequentemente il risultato della competizione per uno specifico enzima

tra due o più principi attivi, con conseguente riduzione della biotrasformazione del farmaco con

minore affinità per tale enzima; altre, più complicate interazioni possono essere dovute ad un legame

specifico al ferro eminico del citocromo P-450 o alla formazione di complessi con tale sistema, e

portano all’abolizione dell’attività catalitica dell’enzima. Il fenomeno di inibizione interessa

prevalentemente i soggetti EM (e UM) ed è clinicamente rilevante per i farmaci con un ristretto

indice terapeutico. In questi casi si viene a determinare una competizione di legame per lo stesso sito

enzimatico con conseguente diminuzione del grado di metabolismo del farmaco con minore affinità e,

pertanto, un maggior effetto farmacologico di quest’ultimo (comparsa di ADR di tipo A).

L’induzione è dovuta ad un momentaneo aumento dell’attività di specifici citocromi,

conseguente all’esposizione cronica ad un dato principio attivo che accelera il metabolismo pre-

sistemico e la clearance di un substrato dell’enzima indotto. È la conseguenza ad una risposta

adattativa dell’organismo che mira a proteggersi dagli xenobiotici aumentando l’attività dei sistemi

enzimatici detossificanti. Il fenomeno dell’induzione è pertanto un processo lento, che può ridurre la

concentrazione plasmatica di un farmaco e, di conseguenza, comprometterne l’efficacia in maniera

tempo dipendente (comparsa di ADR di tipo F).

Infine, tra le interazioni clinicamente significative che possono modificare l’escrezione di un

farmaco ricordiamo quelle che agiscono a livello renale, in quanto il rene rappresenta il principale

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organo deputato all’eliminazione di xenobiotici: in questo caso distinguiamo i farmaci che possono

interferire con il pH urinario e quelli che possono interferire con la secrezione tubulare. I farmaci che

sono in grado di modificare il pH urinario verso l'alcalinità sono soprattutto gli antiacidi (bicarbonato,

citrato e lattato di sodio) e alcuni diuretici (acetazolamide, tiazidi, triamterene, amiloride) mentre

quelli che rendono le urine più acide sono essenzialmente i sali di ammonio e i fosfati. Tra i farmaci

che interagiscono a livello tubulare vi sono sulfonamidi, acetazolamide, tiazidi, probenicid,

indometacina, acido salicilico, clorpropamide, sulfinpirazone, diazossido, penicilline, cefalosporine,

dicumarolo e metotrexato.

Le interazioni farmacodinamiche provocano una modificazione degli effetti di un farmaco come

conseguenza della presenza di un altro farmaco nello stesso sito d’azione. Ad esempio, i farmaci

possono competere per uno stesso tipo di recettore, come potrebbe accadere per la

somministrazione di salbutamolo (β2-agonista) e di atenololo (β-bloccante non selettivo) in un

soggetto asmatico affetto anche da ipertensione arteriosa. Le interazioni possono portare ad un

effetto additivo o ad un effetto di antagonismo o di opposizione. Ad esempio, la somministrazione di

farmaci sedativi contemporaneamente a quella di alcool, anche in quantità moderata, è seguita da

un aumento dell’intensità dell’azione deprimente sul sistema nervoso centrale (effetto ipnotico). Al

contrario, l’ingestione di caffeina antagonizza l’effetto ipnoinducente di farmaci sedativi. La

somministrazione di gentamicina insieme a quella di cefalotina aumenta la tossicità renale posseduta

dai singoli farmaci, mentre un trattamento con vitamina K inibisce l’effetto anticoagulante del

warfarin.

Tabella V. Farmaci che sono substrati, inibitori o induttori del citocromo P-450

CYP1A2 CYP2C9 CYP2C19 CYP2D6 CYP3A4

Substrati caffeina glipizide clopidogrel amitriptilina alprazolam

clozapina nateglinide fenitoina atomoxetina amiodarone

olanzapina warfarin carvedilolo Ca-antagonisti

teofillina codeina ciclosporine

aloperidolo fentanyl

idrocodone metadone

metoprololo midazolam

tamoxifene oxicodone

tramadolo quetiapina

TCA inibitori proteasi

repaglinide

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Tabella V. Farmaci che sono substrati, inibitori o induttori del citocromo P-450

CYP1A2 CYP2C9 CYP2C19 CYP2D6 CYP3A4

simvastatina

tacrolimus

Inibitori forti fluvoxamina fluconazolo fluvoxamina bupropione claritromicina

isoniazide fluoxetina succo di pompelmo

lansoprazolo paroxetina isoniazide

omeprazolo chinidina itraconazolo

terbinafina ketoconazolo

nefazodone

inibitori proteasi

Inibitori

moderati cimetidina amiodarone cimetidina amiodarone amiodarone

ciprofloxacina fluoxetina difenidramina cimetidina

fluoxetina metronidazolo duloxetina diltiazem

sulfametoxazolo sertralina eritromicina

fluconazolo

fluoxetina

verapamil

Induttori forti carbamazepina carbamazepina carbamazepina carbamazepina

fenitoina fenitoina fenitoina oxicarbamazepina

fenobarbital fenobarbital fenobarbital fenitoina

rifampicina rifampicina rifampicina fenobarbital

fumo sigaretta iperico iperico rifampicina

iperico iperico

Per quanto riguarda la stima della prevalenza delle DDIs è necessario anzitutto precisare che, in

letteratura, esiste un’ampia variabilità a causa delle metodologie utilizzate per la loro definizione:

alcuni studi hanno definito una DDI come l’esposizione a una specifica coppia di farmaci interagenti,

mentre altre indagini hanno utilizzato appositi software per rilevare la presenza di potenziali DDIs.

Alla luce di quanto sopraesposto, la prevalenza stimata di DDIs nella popolazione generale varia

tra l’1,5% e il 47,4% mentre in ambito ospedaliero la frequenza di potenziali DDIs tra gli anziani

risulta più ampia, oscillando tra il 2,5% e l’80%. Solo sette studi hanno stimato l’esposizione a

potenziali DDIs in ambito residenziale; in questo caso la prevalenza è compresa tra il 3,3% e il 55%

(Tabella VI) [Gnjidic D et al., 2013]. In particolare, la revisione narrativa di 17 studi di Hines e Murphy

rileva le principali associazioni di farmaci correlate a tale rischio sono risultate essere quelle tra ACE-

inibitori/sartani con risparmiatori del potassio, calcio-antagonisti con macrolidi, benzodiazepine con

inibitori del CYP3A4 e warfarin con FANS [Hines LE et al., 2011].

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Una revisione del 2007 rileva che, in ambito geriatrico, le DDIs sembrano essere responsabili del

4,8% dei ricoveri ospedalieri [Becker ML et al., 2007]. Tra i cinque studi inclusi nella review, quattro

riportano un’associazione positiva tra DDI e un aumentato rischio di ospedalizzazione.

Tabella VI. Rilevanza clinica delle DDIs in ambito geriatrico [Gnjidic D et al., 2013]

Riferimento Paese Setting (n° partecipanti) Tipo di studio Risultati

Hines e Murphy Diversi Paesi ambulatoriale (n=17 studi) narrativo Aumento del rischio di ospedalizzazione (stima complessiva non disponibile)

Chrishilles et al. USA ambulatoriale (n=626) coorte prospettico Nessuna associazione con le ADR auto-rilevate (OR=1.67, IC95%=0.72-3.36)

Lund et al. USA ambulatoriale (n=236) coorte prospettico Aumento del rischio di ADR (OR=1.13, IC95%=1.02-1.26)

Hanlon et al. USA ambulatoriale (n=359) coorte prospettico Nessuna associazione con le ADR di tipo A (OR=2.37, IC95%=0.91-6.11)

Lindley et al. USA ospedaliero (n=416) cross-sectional Aumento del numero di ricoveri ospedalieri (49.7%, p<0.001)

Hohl et al. USA ospedaliero (n=281) cross-sectional Nessuna associazione con le visite al pronto soccorso (10.6%, non significativo)

Bero et al. USA ospedaliero (n=706) cross-sectional Aumento del rischio di riammissione (6.7% riammissione collegata al farmaco)

Courtman et al. Canada ospedaliero (n=150) cross-sectional Aumento del rischio di riospedalizzazione (41% collegata al farmaco)

Doucet et al. Francia ospedaliero (n=1000) cross-sectional Aumento del rischio di riospedalizzazione (53.8% collegata al farmaco)

1.4.3 Interazioni farmaco-patologia (DDSIs): definizione, prevalenza e rilevanza clinica

Le DDSIs si riferiscono a quelle interazioni clinicamente significative nel quale un farmaco assunto

per un'indicazione può potenzialmente esacerbare una patologia cronica pre-esistente. Tra le

interazioni di più frequente riscontro in età geriatrica si rileva la prescrizione di ASA in soggetti con

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anamnesi di ulcera peptica, l'utilizzo di calcio-antagonisti in pazienti con scompenso cardiaco e

l'impiego di FANS in soggetti affetti da insufficienza renale [Lindblad CI et al., 2006].

L’esposizione degli anziani a DDSIs è stata valutata in vari ambiti assistenziali utilizzando diversi

criteri. La prevalenza di DDSIs in anziani ambulatoriali varia tra il 3,2% e il 30% mentre in ambito

ospedaliero la presenza di almeno una DDSI è stata identificata nel 40,1% dei pazienti ricoverati. Al

momento, non risultano essere state ancora pubblicate indagini volte a stimare la prevalenza di

DDSIs tra i pazienti ospiti in case di riposo [Gnjidic D et al., 2013].

La rilevanza clinica delle DDSIs è meno studiata rispetto alle DDIs. Tre soli studi hanno valutato, in

un setting ambulatoriale, la correlazione tra interazioni farmaco-patologia e comparsa di ADRs

(Tabella VII). In tutte e tre le indagini è stata riscontrata un’associazione tra la presenza di DDSI e

reazioni avverse. Al momento non esistono in letteratura altri studi che hanno valutato la relazione

tra DDSIs e altri outcome clinici (es. ospedalizzazioni e mortalità).

Tabella VII. Rilevanza clinica delle DDSIs in ambito geriatrico [Gnjidic D et al., 2013]

Riferimento Paese Setting (n° partecipanti) Tipo di studio Risultati

Chrischlles et al. USA ambulatoriale (n=626) coorte prospettico Aumento del rischio di ADRs auto-rilevate (OR=1.67, IC95%=1.02-3.86)

Lund et al. USA ambulatoriale (n=236) coorte prospettico Aumento del rischio di

ADRs (OR=1.13, IC95%=1.02-1.26)

Hanlon et al. USA ambulatoriale (n=359) coorte prospettico Aumento del rischio di

ADRs di tipo A (OR=1.93, IC95%=1.00-3.72)

1.4.4 Duplicazioni terapeutiche: definizione, prevalenza e rilevanza clinica

Per duplicazione terapeutica si intende la prescrizione nel medesimo paziente di medicinali

appartenenti alla stessa categoria terapeutica e che, pertanto, condividono lo stesso meccanismo

d'azione. Questa pratica è particolarmente frequente in campo psichiatrico quando, in modo non

sempre appropriato, vengono associate tra loro due benzodiazepine, due antidepressivi oppure due

antipsicotici anche se, al momento, non risultano sono pubblicati specifici studi di letteratura atti a

stimare la reale prevalenza di questo fenomeno in età geriatrica. È comunque accertato che la

presenza di queste duplicazioni possono risultare particolarmente pericolose in età geriatrica in

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quanto espongono l'anziano ad un maggior rischio di cadute, spesso causa di elevata mortalità e

morbilità. In particolare, lo studio di Nurminen e coll. ha evidenziato un incremento di fratture,

correlate a cadute, rispettivamente quattro e otto volte superiore negli anziani esposti

all’associazione di due benzodiazepine (RR=4.7; IC95%=1.4-16.3) o di due antipsicotici (RR=8.3;

IC95%=1.0-66.2) [Nurminen J et al., 2010].

1.4.5 La "cascata prescrittiva"

Descritta per la prima volta da Gurwitz nel 1997, si riferisce al processo per cui una reazione

avversa ad un farmaco che non viene riconosciuta come tale ma interpretata come manifestazione di

una nuova patologia. Di conseguenza, per il trattamento di questa "nuova" manifestazione clinica,

sono prescritte ulteriori terapie, non necessarie, che espongono il paziente al rischio di sviluppare

nuove reazioni avverse. Un tale fenomeno può essere facilmente prevenuto eseguendo una corretta

"diagnosi di ADR" [Kalisch LM et al., 2011]. Nella Tabella VIII sono riportati alcuni esempi di “cascata

prescrittiva” di più frequente riscontro nella pratica clinica.

Tabella VIII. Alcuni esempi di “cascata prescrittiva” [Kalisch LM et al., 2011]

Farmaco Reazione avversa 2° farmaco prescritto per il

trattamento dell'effetto collaterale del 1° farmaco

Vasodilatatori, diuretici, beta-bloccanti, ACE-inibitori, FANS, analgesici oppiacei, sedativi

Vertigini Proclorperazina

Digossina, nitrati, diuretici dell'ansa, ACE-inibitori, corticosteroidi orali, antibiotici, FANS, opioidi analgesici, metilxantine

Nausea Metoclopramide

Inibitori dell'acetil colinesterasi Incontinenza Anticolinesterasici (ossibutinina)

FANS Ipertensione Antipertensivi

Diuretici tiazidici Iperuricemia, gotta Allopurinolo, colchicina

Metoclopramide Alterazioni del movimento

Levodopa

ACE-inibitori Tosse Antitussivi, antibiotici

Paroxetina, aloperidolo Tremore Levodopa-Carbidopa

Eritromicina Aritmia Antiaritmici

Farmaci antiepilletici Rash cutaneo Corticosteroidi per uso topico

Farmaci antiepilletici Nausea Metoclopramide, Domperidone

Antipsicotici Effetti avversi extrapiramidali

Levodopa, anticolinergici

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5. Metodi per la rilevazione delle PPI

1.5.1 Classificazione dei criteri di inappropriatezza

La qualità dei trattamenti farmacologici rappresenta un problema di primaria importanza in età

geriatrica in quanto, come sopra accennato, gli anziani presentano un maggior rischio di sviluppare

eventi avversi rispetto alla popolazione giovane-adulta. Per tali motivi, particolare attenzione è stata

rivolta alla ricerca di strumenti che possano essere di ausilio per il medico nella propria pratica clinica

quotidiana nella scelta del farmaco più appropriato. Uno degli approcci più diffusi al problema

dell’appropriatezza prescrittiva è rappresentato dalla raccomandazione di evitare l’uso di farmaci

considerati potenzialmente inappropriati.

L’inappropriatezza prescrittiva può essere valutata mediante misure esplicite (basate su criteri

predefiniti), implicite (basate sulla valutazione del caso clinico) o miste. Gli indicatori espliciti sono

orientati al farmaco o alla malattia; possono essere applicati su grandi banche dati, anche in assenza

di un giudizio clinico e/o della conoscenza delle caratteristiche cliniche del paziente e non prendono

in considerazione i fattori che definiscono la qualità dell’assistenza sanitaria. Viceversa gli indicatori

impliciti sono focalizzati sull’analisi dei pazienti piuttosto che su quella di farmaci o malattie e

risultano meno standardizzabili. Esistono infine dei criteri misti basati sia su liste di farmaci

predefinite sia sul giudizio clinico del singolo paziente.

Nella Tabella IX sono sintetizzati i differenti indicatori rilevati dai diversi criteri: una parte di

questi riguarda il farmaco come strumento terapeutico di per sé, senza alcuna correlazione con la

condizione patologica e con le caratteristiche del paziente (indicatori a-g) mentre la seconda parte

considera la correlazione farmaco-patologia a partire dai dati individuali del paziente (indicatori h-p).

1.5.2 Criteri espliciti

Nel corso degli anni, diversi Autori hanno cercato di definire degli elenchi di farmaci il cui uso

risulta inappropriato in età geriatrica: i criteri di M. Beers e quelli più recentemente sviluppati da P.

Gallagher (criteri STOPP) sono attualmente quelli più conosciuti e utilizzati.

I criteri di Beers sono stati elaborati nel 1991 negli Stati Uniti da parte di un gruppo di esperti

attraverso metodologie standard di ricerca del consenso (metodo Delphi) e sono stati in seguito

ripetutamente aggiornati. Tali criteri, strutturati inizialmente per la popolazione di anziani

istituzionalizzata, sono stati poi rivisti e aggiornati nel 1997, nel 2003 e nel 2012, estendendo la loro

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applicabilità in altri ambiti assistenziali. I criteri di Beers del 2012 comprendono tre liste [American

Geriatrics Society, 2012]: la prima include farmaci o classi farmacologiche potenzialmente lesive per

la maggior parte della popolazione anziana, indipendentemente dalle condizioni cliniche del paziente,

la seconda include farmaci potenzialmente pericolosi solo in determinate condizioni cliniche (es.

utilizzo di FANS in soggetti che presentano insufficienza cardiaca) e la terza elenca farmaci che

potrebbero essere appropriati solo in alcuni soggetti, ma il cui rischio comporta un livello di cautela

maggiore (es. utilizzo ASA in prevenzione primaria di eventi cardiaci in soggetti di età ≥80 anni o

l’utilizzo di dabigatran o prasugrel in soggetti di età ≥75 anni).

Nel corso degli anni sono state mosse alcune obiezioni ai criteri di Beers, a sottolineare come i

criteri espliciti non possano pienamente “catturare” tutti i fattori che definiscono l’appropriatezza

prescrittiva o perché non strettamente basati sulla “medicina dell’evidenza” [O’Mahony D et al.,

2008]. D’altra parte lo scopo di questi criteri è essenzialmente informativo/educativo e non deve

essere inteso come una limitazione assoluta delle libertà prescrittiva da parte del medico. Altre

critiche rivolte alla lista di Beers si riferiscono invece al fatto che molti dei farmaci presenti non sono

commercializzati in diversi Paesi europei e che questi criteri non contemplano alcuni problemi

particolarmente rilevanti nell’anziano quali la sottoutilizzazione di farmaci efficaci, le interazioni

farmacologiche e l’impiego di duplicazioni terapeutiche.

Proprio per questi motivi la misurazione dell’inappropriatezza nell’uso dei farmaci è stata oggetto

di iniziative europee volte alla ridefinizione di criteri che rispondessero all’esigenza di una maggiore

applicabilità clinica. Tra le iniziative di maggior rilievo sono da segnalare i criteri STOPP (Screening

Tools of older Persons’ Prescriptions) [Gallagher P et al., 2008a]. Tali criteri (Appendice 1.1) constano

di una lista comprensiva di 65 indicatori di farmaci potenzialmente inappropriati suddivisi in 10 aree

clinico/terapeutiche per facilitare il prescrittore all’utilizzo della lista: 7 aree appartenenti a diversi

sistemi anatomici (ad esempio sistema cardiovascolare o muscolo-scheletrico) una ad una classe di

farmaci (farmaci analgesici), una a farmaci che possono causare cadute e, un’ultima, alle prescrizioni

duplicate. Tali criteri, validati attraverso specifici trials clinici, individuano il rischio di ADRs correlati a

ricoveri ospedalieri in misura maggiore rispetto ai criteri di Beers [Gallagher P et al., 2008b].

I criteri IPET (Improving Prescribing in the Elderly), altrimenti conosciuti come i “criteri Canadesi”,

consistono in una lista dei 14 errori prescrittivi più frequenti, identificati da un panel di esperti tra un

lungo elenco di prescrizioni inappropriate [Naugler CT et al., 2000]. Di seguito alcuni esempi: β-

bloccanti in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia o con BPCO; antidepressivi triciclici in

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pazienti con glaucoma, farmaci anticolinergici per trattare gli effetti avversi dei farmaci antipsicotici. I

criteri IPET, pur essendo utilizzati in Canada, non hanno trovato un grande riscontro in altri Paesi.

1.5.3 Criteri impliciti

Il metodo proposto da Lipton e colleghi nel 1993 negli Sati Uniti, propone l’analisi di sei

problematiche potenzialmente correlate alla somministrazione di farmaci in pazienti anziani che

andrebbero sempre valutate al momento della prescrizione: presenza di allergia, dosaggio, frequenza

della somministrazione, appropriatezza della terapia, interazione farmaco-farmaco e farmaco-

patologia, duplicazioni terapeutiche. Per ogni singolo paziente il medico deve assegnare un

punteggio alla prescrizione effettuata considerando ciascuno di questi aspetti, per poter quindi fare

una rivalutazione della terapia [Lipton HL et al., 1993].

Il MAI (Medication Appropriateness Index), sviluppato negli USA nel 1992, si basa sulla

valutazione di 10 criteri impliciti che sono stati sviluppati con lo scopo di assistere il clinico e il

ricercatore nella valutazione della qualità delle prescrizioni farmacologiche nel paziente anziano

[Hanlon JT, 1992]. Ciascuna prescrizione viene classificata sulla base di un punteggio finale in

appropriata (score 1), marginalmente appropriata (score 2) o inappropriata (score 3). Nonostante il

ridotto numero dei quesiti proposti da tale metodo, che ne dovrebbero rendere snella l’applicazione,

la sua implementazione richiede mediamente 10 minuti per singolo farmaco, tempo che si dilata

ulteriormente se si considera che la maggior parte dei pazienti anziani è sottoposto a politerapie e

che i dati specifici sul profilo beneficio/rischio dei farmaci in questa popolazione sono piuttosto

limitati. Tale metodo sembra essere invece efficace quando applicato per controllare l’appropriatezza

prescrittiva dopo un intervento di educazione/formazione al prescrittore.

Il metodo POM (Prescribing Optimization Method) è stato sviluppato come supporto per

indirizzare il medico di medicina generale ad una ottimizzazione della poliprescrizione nel paziente

anziano. Si basa su sei quesiti che richiedono al medico una revisione delle prescrizioni del singolo

paziente. L’applicazione di tale metodo è più rapida rispetto al MAI, richiedendo al medico 20 minuti

per paziente [Drenth van Maanen AC et al., 2009].

1.5.4 Criteri misti

Lo strumento ACOVE (Assessing Care of the Vulnerable Elderly) nasce nel 2001 negli USA ed è

stato costruito considerando sia criteri impliciti che espliciti, che spaziano dalla rilevazione delle

interazioni farmaco-farmaco e farmaco-patologia, agli aspetti critici per una attenta gestione del

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paziente. Comprende 22 condizioni cliniche critiche per il paziente anziano: 3 riguardano la gestione

del paziente ospedalizzato, la riconciliazione terapeutica e la medicina preventiva, 1 riguarda l’area

farmaci e le altre 18 includono patologie specifiche (ad esempio ipertensione, osteoporosi,

polmonite). Per ognuna delle 22 aree sono stati definiti da un minino di 6 indicatori specifici per un

totale di 236. Tali indicatori oltre ad essere specifici per la singola condizione clinica individuata, sono

tra loro interconnessi. Sebbene da un lato lo strumento ACOVE appaia il più completo per il numero

di criticità rilevate per la varietà di aspetti considerati, sembrerebbe anche il più complesso e,

pertanto, il meno applicabile nella pratica clinica [American College of Physicians, 2001].

Il "metodo australiano" (Inappropriate Medication Use and Prescribing Indicators Tool) è stato

pubblicato nel 2008 come strumento decisionale a supporto del medico per l’appropriatezza

prescrittiva nell’anziano. Si basa sulla valutazione dei farmaci più prescritti nella realtà australiana e

sulle principali patologie che affliggono tale popolazione. Tale metodo propone una lista unica di 48

indicatori, di cui tre impliciti e gli altri espliciti, che valutano sia la gestione ottimale di un farmaco

(attraverso un’analisi sul rischio/beneficio), sia la gestione ottimale del paziente (attraverso domande

sulle comorbilità). Questo strumento risulta tuttavia poco maneggevole perché gli indicatori non

sono tra loro raggruppati in categorie terapeutiche o cliniche [Basger BJ et al., 2008].

Tabella IX. Indicatori rilevati dai diversi criteri di appropriatezza prescrittiva

Criteri espliciti Criteri impliciti Criteri misti

Indicatori rilevati

BEERS

2012

STOPP-

START IPET LIPTON MAI POM

Metodo

Australiano ACOVE

a. Farmaci potenzialmente inappropriati (n)

29 classi 16 classi 4 classi 2 classi 3 classi

b. Dose inappropriata 3pa 2 classi x x x 1 classe

c. Durata inappropriata 3 classi 8 classi 2 classi x 1 classe

d. Prescrizioni duplicate x x x

e. Allergia al farmaco x x

f. Costo x

g. Interazioni farmaco-farmaco

2 3 x x x 3

h. Interazioni farmaco-malattia

13 20 8 x 9 4

i. Farmaci potenzialmente appropriati negli anziani per determinare patologie

17 classi x 10 classi 12 classi

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Criteri espliciti Criteri impliciti Criteri misti

Indicatori rilevati

BEERS

2012

STOPP-

START IPET LIPTON MAI POM

Metodo

Australiano ACOVE

l. Scelta appropriata per il paziente

x x x x

m. Informazione al paziente per l'uso del farmaco

x x

n. Monitoraggio del paziente

x x

o. Rivalutazione della risposta alla terapia

3 mesi 6 mesi

p. Abitudine al fumo x x

Setting di utilizzo dello

strumento

ospedale territorio

ospedale territorio

ospedale territorio

ospedale territorio

ospedale territorio

territorio ospedale territorio

ospedale territorio

1.5.5 Sistemi informatizzati

Alla luce dei rischi di ADRs correlati alla presenza di politerapie nell’anziano, in quest’ultimo

decennio sono stati approntate diverse strategie allo scopo di prevenire e ridurre le PPI. In

particolare, con l’avanzare delle tecnologie informatiche e l’integrazione di dati sanitari, nell’ultimo

decennio, sono stati realizzati e implementati sistemi automatizzati per la prescrizione di medicinali

(CPOE - Computerized Physician Order Entry). Tali software sono spesso accompagnati da sistemi di

supporto decisionali (CDS - Computerised Decision Support) in grado di rilevare, tramite specifiche

“alert” automatiche, eventuali PPI nella terapia di un paziente correlate a, dosaggi da utilizzare,

duplicazioni terapeutiche, DDSIs e DDIs [Kuperman JG et al., 2007].

- Dosaggio: la corretta quantità della dose da somministrare al paziente può essere suggerita al

prescrittore attraverso un controllo del dosaggio prescritto con quello previsto dalla scheda

tecnica del medicinale oppure attraverso un “aggiustamento” effettuato sulla base dei parametri

ematochimici (es. valori di creatinina).

- Duplicazioni: generalmente, la rilevazione delle duplicazioni terapeutiche viene effettuata

attraverso una ricerca dei farmaci appartenenti alla medesima categoria terapeutica, definita

come l’appartenenza allo stesso raggruppamento ATC (Anatomical Therapeutic Chemical

Classification) di 3° livello.

- DDSIs: la maggior parte dei CPOE oggi in commercio utilizza per identificare le interazioni

farmaco-patologia diversi strumenti. I più diffusi sono rappresentati dall’uso delle

controindicazioni riportate su compendi (es. British National Formulary) o l’impiego di criteri

espliciti come quelli di Beers.

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- DDIs: più complessa si dimostra invece la ricerca delle DDIs in quanto, a livello internazionale, in

quanto attualmente non esiste una banca dati di riferimento per la rilevazione delle potenziali

interazioni tra farmaci. Tra gli strumenti più utilizzati ricordiamo la lista del British National

Formulary, il compendio francese Vidal e i due compendi statunitensi Drug Interaztion Facts e

Drug-Reax di Micromedex. Proprio a causa dell’assenza di un’unanime standardizzazione della

terminologia per definire la gravità di una DDI, esiste un’ampia intervariabilità delle banche dati

disponibili in termini di sensitività e specificità. La sensitività viene definita come la capacità di un

software nell’identificare un’ interazione clinicamente significativa mentre, al contrario, la

specificità viene definita come la capacità di ignorare la presenza di un’interazione non

importante. La valutazione di questi parametri nel lavoro di Barrons, ha permesso di calcolare,

per ciascuna banca dati un indice di accuratezza; su un punteggio globale di 400 punti i migliori

compendi sono risultati essere iFacts e Drug-Reax di Micromedex (Tabella X) [Barrons R, 2004].

Alcuni studi hanno documentato gli effetti positivi nella riduzione delle PPI esercitata dai CDS,

evidenziando tuttavia che un’eccessiva segnalazione può determinare una ridotta attenzione nei

confronti delle “alert” clinicamente significative. Inoltre, i CDS sono stati implementati attraverso la

rilevazione alternativa di DDIs o DDSIs [Kuperman JG et al., 2007; Sukhpreet K et al., 2009]. Nessuno

studio, al momento pubblicato, risulta in grado di evidenziare contemporaneamente nella terapia i

rischi correlati a interazioni farmacologiche clinicamente significativi o ad altre forme di

inappropriatezza prescrittiva.

Tabella X. Accuratezza dei software per la rilevazione delle DDIs [Barrons R, 2004]

Banca Dati Sensitività Specificità PPV* NPV* Accuratezza°

iFACTS 0,9750 0,9737 0,97 0,97 390

Micromedex 0,9500 1,0000 1,00 0,95 390

Lexi-Interact 0,9750 0,9000 0,91 0,97 375

Mosby’s Drug Consult 0,9487 0,9231 0,92 0,95 374

Cl. Pharmac. OnHand 1,0000 0,7500 0,80 1,00 355

ePocrates Rx 0,8718 0,8500 0,85 0,87 344

Handbook ADR interact. 0,9250 0,7250 0,77 0,90 333

Mobile PDR 0,9412 0,7059 0,76 0,92 333

Tarascon Pharmac. 0,9250 0,7000 0,75 0,90 328

* PPV=positive predictive value; NPV=negative predictive value

° Massimo punteggio per l’accuratezza = 400

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1.6. Efficacia degli interventi per la riduzione delle PPI

L’efficacia di diversi interventi adottati per migliorare l’appropriatezza prescrittiva in età

geriatrica è stata valutata da una recente review della Cochrane [Patterson SM et al., 2012].

La revisione ha analizzato tutti gli studi clinici, randomizzati e non, volti al miglioramento

dell’appropriatezza prescrittiva in soggetti anziani (età ≥ 65 anni), pubblicati in Medline, Embase e

DARE fino al 2010. Sono stati considerati tutti i seguenti interventi che, in maniera diretta o indiretta,

hanno cercato di migliorare l’appropriatezza di regimi politerapici:

– interventi educazionali;

– revisioni della terapia effettuate da farmacisti o team multidisciplinari;

– rilevazione delle terapie non appropriate attraverso specifici software (Computerised Decision

Support, CDS);

– interventi regolatori e/o legislativi.

Nell’analisi sono stati infine considerati solo RCT che hanno misurato il miglioramento prescrittivo

attraverso strumenti validati in letteratura (MAI, criteri di Beers e STOPP) o attraverso la riduzione di

ricoveri ospedalieri e/o ADRs.

Dei 2.657 studi selezionati, solo 10 sono stati considerati nella revisione in quanto coerenti con i

succitati criteri di inclusione. La maggior parte degli studi selezionati ha previsto l’intervento di un

farmacista o di un team multidisciplinare mentre un solo studio ha valutato l’efficacia di CDS. L’analisi

ha rilevato, in quattro studi, una complessiva riduzione delle PPI: in particolare è stata accertata una

differenza media nel punteggio MAI di 6,78 (IC95%= 12,34-1,22) a favore del gruppo di intervento. Il

numero delle ospedalizzazioni sono state ridotte in tre dei quattro studi che hanno considerato

questo outcome mentre un'altra indagine non ha rilevato differenze in merito. Una diminuzione delle

ADRs o di potenziali problemi correlati alla terapia è stata riportata in sei studi, sebbene non tutte le

riduzioni sono risultate essere statisticamente significative.

Gli Autori della revisione concludono che, sebbene i risultati ottenuti siano suggestivi di un

sostanziale miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, specialmente quando l’approccio è di

natura multidisciplinare, il reale impatto clinico in termini di riduzione del tasso di ospedalizzazione o

delle ADRs non è al momento noto. Questo è correlato essenzialmente all’elevata eterogeneità degli

studi e al diverso disegno degli stessi.

Gli Autori auspicano, infine, la conduzione di ulteriori studi che prevedano non solo l’impiego di

semplici strumenti atti a rilevare le PPI presenti in una terapia ma che considerino anche quali

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soggetti possono effettivamente beneficiare di una revisione della terapia attraverso la conoscenza

completa del loro stato clinico.

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42

Capitolo 2

2. OBIETTIVI DELLO STUDIO

Sulla base dei dati di letteratura precedentemente descritti, che identificano l’anziano fragile in

politerapia come soggetto ad alto rischio per lo sviluppo di reazioni avverse e alla luce di alcuni studi

che indicano il possibile ruolo della revisione della terapia in questi assistiti nel ridurre il numero di

prescrizioni inappropriate, è stato pianificato ed avviato nell’ULSS 16 di Padova il progetto pilota

SAFE (“Safety Alerts for Frail Elderly”) che si è proposto di:

1. realizzare e validare un software integrato della classe “Computer Prescriber Order Entry Warning

Integrated System (CPOE-WIS)” in grado di rilevare le PPI clinicamente significative;

2. rilevare la prevalenza delle PPI in un campione di pazienti ricoverati presso i seguenti ambiti

assistenziali:

− ospedale (UO Operativa di Geriatria dell’Ospedale S. Antonio di Padova)

− residenza sanitaria assistita - RSA (casa di riposo per anziani di Noventa Padovana);

− assistenza domiciliare integrata - ADImed (pazienti domiliari seguiti presso il Distretto 1

dell’azienda ULSS 16 di Padova).

3. identificare eventuali predittori associati alla presenza di PPI;

4. valutare se l’intervento di un farmacista, attraverso la discussione con il medico curante di

specifici report contenenti le prescrizioni inappropriate rilevate in ciascun paziente, può

contribuire al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva.

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43

Capitolo 3

3. MATERIALI E METODI

3.1 Criteri di inclusione dei pazienti

Nello studio sono stati arruolati tutti i pazienti con età ≥ 65 anni afferenti ai seguenti ambiti

assistenziali:

− pazienti ricoverati presso l’UO di Geriatria dell’Ospedale S. Antonio nel periodo 01.04.2012 -

31.12.2012 (definiti di seguito come “pazienti ospedalizzati”);

− pazienti ospiti della Residenza Sanitaria Assistita di Noventa Padovana nel periodo 01.01.2012 -

31.01.2012 (definiti di seguito come “pazienti RSA”);

− pazienti afferenti al Distretto n. 1 dell’Azienda ULSS 16 di Padova, seguiti in regime di Assistenza

Domiciliare Integrata nel periodo 01.07.2013 - 30.09.2013 (definiti di seguito come “pazienti

ADImed”).

Sono stati esclusi dalle analisi i soggetti affetti da patologia neoplastica terminale e quelli

deceduti o trasferiti nel corso del periodo di follow-up.

3.2 Raccolta dei dati e intervento

Lo studio ha previsto, per ciascun paziente, la puntuale raccolta dei seguenti dati attraverso una

apposita scheda di rilevazione (Appendice 3.1):

− dati anagrafici: data di nascita, sesso, codice fiscale;

− dati clinici: patologie in atto e/o malattie croniche, anamnesi di recenti cadute e/o di episodi

ipoglicemici (< 1 mese);

− indice di fragilità: limitatamente ai pazienti ospedalizzati, è stato calcolato l’indice di fragilità

attraverso il Multidimensional Prognostic Index. Tale analisi ha permesso di stratificare i pazienti

nei seguenti tre gruppi di rischio di mortalità ad un anno: basso (MPI=1), medio (MPI=2) e alto

(MPI=3). Tale indice, validato in diversi ambiti assistenziali, presenta un’ottima correlazione con

la mortalità realmente osservata [Pilotto A et al., 2008].

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44

− medicinali cronici assunti (> 1 mese): per ciascun farmaco, identificato con il corrispettivo codice

ATC (Anatomic Therapeutic and Chemical code), sono stati raccolti i dati relativi alla dose

prescritta e alla frequenza di somministrazione. Sono stati esclusi dall’analisi tutti i medicinali

utilizzati in acuto (es. antimicrobici) e tutte le forme farmaceutiche ad uso topico (es. colliri,

creme e pomate) ad eccezione delle formulazioni transdermiche a rilascio protratto (es. clonidina

TTS e fentanile TTS).

Un paziente è stato definito essere in politerapia qualora l’utilizzo cronico di medicinali cronici

era ≥ 5.

Tutti dati sono stati inseriti nel CPOE-WIS che ha permesso di produrre dei report che

riportavano, per ciascuna PPI identificata (criterio di STOPP o interazione clinicamente rilevante), il

rischio clinico associato con il relativo consiglio per la gestione della stessa (Appendice 3.2). Tali

report sono stati quindi discussi con il medico curante.

Lo studio ha previsto la revisione della terapia per ciascun paziente identificando, attraverso il

CPOE-WIS, le PPI eventualmente ancora presenti dopo l’intervento del farmacista, così come di

seguito indicato per i diversi ambiti assistenziali:

− pazienti ospedalizzati: la rivalutazione della terapia è stata effettuata al momento della

dimissione ospedaliera (Figura 1);

− pazienti RSA e pazienti ADImed: la rivalutazione della terapia è stata effettuata dopo un mese

dalla consegna dei report.

L’eventuale miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva è stato calcolato in termini di

variazione dell’indice MAI (Medication Appropriateness Index) misurato prima e dopo l’intervento

[Hanlon JT et al., 1992]. Nel presente studio sono stati utilizzati 6 dei 10 indicatori previsti dall’indice

MAI originale. In particolare, ciascun farmaco assunto dal paziente è stato classificato come

“appropriato” o “inappropriato” qualora rilevato come PPI dal CPOE-WIS. Come nel punteggio MAI

originale, il peso assegnato a ciascuna PPI è stato così attribuito:

− assenza di indicazione d’uso (+3);

− dose inappropriata (+2);

− interazione farmaco-farmaco (+2);

− interazione farmaco-patologia (+2);

− durata inappropriata del trattamento (+1);

− duplicazione terapeutica (+1).

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45

Infine, per ciascun paziente è stato calcolato, prima e dopo l’intervento, il punteggio MAI

complessivo derivante dalla somma del peso assegnato a ciascuna PPI rilevata dal CPOE-WIS.

Figura 1. Rappresentazione schematica dell’intervento in ambito ospedaliero

3.3 Il software CPOE-WIS (Computer Prescriber Order Entry Warning Integrated

System)

3.3.1 Realizzazione del software

Il progetto SAFE ha previsto la preventiva realizzazione di un apposito software, della classe

“Computer Prescriber Order Entry Warning Integrated System (CPOE-WIS)”, sviluppato in ambiente

Microsoft AccessTM (Microsoft Corporation, Redmond, Washington, versione 2003). Tale software

(Figura 2), non disponibile attualmente in commercio, è in grado di generare automaticamente dei

report relativamente alle PPI identificate dai criteri di STOPP e/o dalle DDIs clinicamente rilevanti

riconosciute da MicromedexTM (banca dati Drug-Reax).

Come precedentemente riportato, i criteri di STOPP (Screening Tools of older Persons’

Prescriptions) constano di una lista comprensiva di 65 indicatori in grado di individuare

inappropriatezze prescrittive correlate alla presenza di interazioni farmaco-patologia, problemi di

dosaggio/durata di terapia e di associazioni di medicinali appartenenti alla medesima categoria

terapeutica (duplicazioni). Tra i diversi criteri espliciti disponibili in letteratura, la scelta è ricaduta sui

criteri di STOPP in quanto più efficaci nel rilevare nell'anziano la presenza di PPI rispetto ai "più noti"

criteri di Beers [Gallagher P et al., 2008a, Gallagher P et al., 2008b].

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46

Tuttavia, i succitati criteri risultano poco utili nel rilevare interazioni farmacologiche dal

momento che solamente 3 dei 65 indicatori considerano tale inaproppropriatezza. Pertanto, per la

rilevazione di altre DDIs responsabili di potenziali ADRs rilevanti è stata utilizzata la banca dati Drug-

Reax di Micromedex (versione 2.0) [Micromedex, 2013]. In particolare, questa banca dati identifica le

potenziali DDIs sulla base della rilevanza clinica del rischio (Tabella XI) fornendo, per ognuna,

informazioni riguardo alle conseguenze cliniche e consigli pratici per la prevenzione e/o monitoraggio

dell’interazione.

Per stabilire la tipologia di rischio associato a ciascuna interazione è stata adottata la

terminologia del Medical Dictionary for Drug Regulatory Activities (MedDRA, versione 9.1), utilizzata

a livello internazionale per la classificazione delle ADRs [MedDRA, 2013].

Figura 2. Maschera inserimento dati del CPOE-WIS

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47

Tabella XI. Classificazione delle interazioni da parte di Drug Reax (Micromedex)

Gravità Descrizione

Farmaci controindicati L'associazione, ben nota, è controindicata in quanto potrebbe mettere in pericolo di vita il paziente.

Interazione maggiore L'interazione, clinicamente rilevante, può costituire una minaccia per la vita e richiede l'intervento del medico per minimizzare o prevenire la comparsa di gravi effetti avversi.

Interazione moderata L'interazione può determinare un peggioramento del quadro clinico del paziente e richiede una modifica della terapia.

Interazione minore L'interazione può comportare effetti avversi di modesta entità, ma tali da non indurre una modifica importante nella terapia.

3.3.2 Sviluppo e validazione del software

Allo scopo di valutare la riproducibilità della rilevazione delle PPI da parte del software, la sua

validazione è stata effettuata su due coorti consecutive di anziani ricoverati presso l’UO di Geriatria

dell’Ospedale S. Antonio di Padova. La prima coorte di pazienti (coorte di sviluppo) è servita per lo

sviluppo del CPOE-WIS, mentre la seconda (coorte di validazione) è stata utilizzata per la validazione

dello stesso.

Come precedentemente accennato, i criteri di inclusione nella coorte di sviluppo hanno previsto

l’arruolamento di tutti i pazienti con età ≥ 65 anni consecutivamente ricoverati nel periodo

01.04.2012 - 15.05.2012 presso la succitata struttura ospedaliera a causa di un evento acuto o un

peggioramento di una patologia cronica. In maniera analoga, la coorte di validazione ha previsto

l’arruolamento di tutti i pazienti anziani ricoverati nel medesimo reparto nel periodo 16.05.2012 -

31.12.2012.

3.4 Analisi statistica

Per l’analisi descrittiva dei dati normalmente distribuiti è stata utilizzata la media e la deviazione

standard mentre per quelli non normalmente distribuiti è stata utilizzata la mediana e l’interquartile

range (IQR).

Per quanto riguarda il confronto delle variabili continue con distribuzione normale, la

significatività statistica è stata analizzata tramite il test t di Student mentre per le variabili

quantitative non normalmente distribuite è stato utilizzato il Wilcoxon rank-sum test. Le variabili

categoriche sono state analizzate con il test di Fischer o il test del chi-quadro.

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Dal momento che le PPI presentano un’elevata frequenza nella popolazione esaminata (>10%),

non è stato possibile utilizzare l’odds ratio (OR) per la corretta approssimazione dei rischi relativi (RR).

Per questo motivo è stata applicata la correzione proposta dal metodo di Zhang J per una più precisa

e conservativa stima dei RR [Zhang J et al., 1998].

Le variabili associate alla presenza di PPI sono state inserite in un modello di regressione multipla

stepwise al fine di identificare i principali predittori.

L’analisi dei dati è stata effettuata utilizzando il programma R-project (vers. 2.15.1 per Windows)

[R-Project, 2013].

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Capitolo 4

4. RISULTATI

4.1 Sviluppo e validazione del CPOE-WIS

4.1.1 Caratteristiche della coorte di sviluppo

Nel corso del periodo di arruolamento della coorte di sviluppo, 121 pazienti sono stati

consecutivamente ricoverati presso l’UO di Geriatria dell’Ospedale S. Antonio. Dall'analisi sono stati

esclusi complessivamente 21 pazienti (17,3%) di cui 18 (14,8%) per decesso avvenuto nel corso del

ricovero e 3 (2,5%) per perdita al follow-up (Figura 3). Alla fine, la coorte è costituita da 100 pazienti

(48 uomini, 52 donne) con un’età mediana di 87 anni (IQR=79,75-90,25).

Nella Tabella XII sono riportate le caratteristiche dei pazienti inclusi nella coorte di sviluppo

suddivisi per dati anagrafici, clinici, terapeutici e numero di PPI rilevate al momento del ricovero. Il

valore dell’MPI registrato all’ingresso è pari a 0,72 (IQR=0,56-0,81) mentre il numero di farmaci

assunti dal paziente a domicilio è di 6 (IQR=4-8). Le diagnosi di più frequente riscontro sono state la

presenza di ipertensione arteriosa (68%), aritmia (37%), cardiopatia ischemica (35%) e demenza

(32%). La terapia farmacologica prescritta a domicilio riflette la tipologia delle patologie sopraccitate;

il 79% dei soggetti è in terapia con uno o più antipertensivi, il 76% con un agente antitrombotico e il

58% con un inibitore della pompa protonica. Elevata è anche la frequenza dei farmaci che agiscono

sul SNC con particolare riguardo a benzodiazepine (23%), antidepressivi (18%) e neurolettici (13%).

I 2/3 dei pazienti presenta almeno una prescrizione inappropriata nella terapia: nel 53% dei casi è

stata riscontrata la presenza di almeno un criterio di STOPP e nel 38% di almeno una DDI

clinicamente rilevante.

Sulla base delle numerose caratteristiche cliniche, anagrafiche e farmacologiche, tre variabili

sono state identificate nella coorte di sviluppo quali predittori indipendenti della presenza di PPI

nella terapia di un paziente (Tabella XIII). In particolare, un regime di politerapia inteso come

assunzione di ≥ 5 farmaci cronici, comporta un rischio 2,5 superiore di rilevare una PPI rispetto ai

soggetti in terapia con meno di cinque medicinali (RR=2,48; IC95%=1,44-4,27). Un rischio doppio di

presentare una PPI è associato anche la presenza di antidepressivi/neurolettici (RR=2,00; IC95%=1,03-

3,86) o di farmaci antitrombotici (RR=2,06; IC95%=1,17-3,61).

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50

Figura 3. Selezione dei pazienti nella “coorte di sviluppo”

4.1.2 Caratteristiche della coorte di validazione

Nel corso del periodo di arruolamento della coorte di validazione, 507 pazienti sono stati

consecutivamente ricoverati presso l’UO di Geriatria dell’Ospedale S. Antonio. Dall'analisi sono stati

esclusi complessivamente 58 pazienti (11,4%) di cui 49 (9,6%) per decesso intraospedaliero e 9 (1,8%)

per perdita al follow-up (Figura 4). Alla fine, la coorte risulta composta da 449 pazienti (178 uomini,

271 donne) con un’età mediana di 86 anni (IQR=81-90).

Come riportato nella Tabella XII, la popolazione afferente alla coorte di validazione presenta una

mediana di MPI pari a 0,69 (IQR=0,50-0,81) e un numero di medicinali cronici di 6 (IQR=4-8).

In analogia alla coorte di sviluppo, le patologie maggiormente presenti nella coorte di validazione

sono quelle a carico del sistema cardiovascolare (ipertensione, 72,2%; cardiopatia ischemica, 28,7%;

ictus/TIA, 20,5%) e le patologie psichiatriche (demenza, 42,1%; depressione, 11,1%). Per quanto

riguarda i farmaci prescritti al momento del ricovero, il 77,3% dei soggetti è in trattamento con

antitrombotici, il 72,8% con antipertensivi, il 59,2% con inibitori di pompa e il 25,4% con

benzodiazepine.

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51

Il riscontro di almeno una inappropriatezza prescrittiva è stata rilevata nel 69,9% dei pazienti: in

particolare, nel 54,3% dei soggetti è stata registrata la presenza di almeno un criterio di STOPP e nel

37,2% di almeno una DDI clinicamente rilevante.

Come si evince dalla Tabella XIII, anche nella coorte di validazione, le variabili associate alla

presenza di PPI sono state le stesse rilevate nella coorte di sviluppo, ossia: presenza di un regime di

politerapia (RR=3,01; IC95%=2,30-3,94) e prescrizione di antidepressivi/neurolettici (RR=1,84;

IC95%=1,37-2,47) o di farmaci antitrombotici (RR=2,34; IC95%=1,77-3,09).

Figura 4. Selezione dei pazienti nella “coorte di validazione”

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52

4.1.3 Analisi di confronto tra coorte di sviluppo e coorte di validazione

Come riportato nella Tabella XII, le due coorti sono risultate essere sovrapponibili sia per le

caratteristiche anagrafiche (sesso ed età) sia per l’indice di fragilità rilevato all’MPI e il numero di

medicinali prescritti al momento del ricovero. Anche a riguardo alle diagnosi concernenti le patologie

croniche e la tipologia di farmaci non si registra alcuna differenza statisticamente significativa tra la

coorte di sviluppo e quella di validazione.

Relativamente alle prescrizioni segnalate come potenzialmente inappropriate, il CPOE-WIS ha

permesso di identificare, rispettivamente nella coorte di sviluppo e in quella di validazione, la

presenza di almeno un criterio di STOPP nel 53% e nel 54,3% dei pazienti (p>0,05) e una frequenza

del 38% e del 37,2% per quanto riguarda le DDIs identificate da Drug-Reax (p>0,05).

Complessivamente, in entrambe le coorti, sono risultati avere almeno una PPI al momento

dell’ingresso in ospedale i 2/3 dei pazienti.

Infine, l’analisi multivariata ha evidenziato, sia nella coorte di sviluppo che in quella di validazione

come fattori predittori di PPI le seguenti variabili: presenza di una politerapia maggiore (≥ 5 farmaci),

prescrizione di antitrombotici e/o di neurolettici/antidepressivi (Tabella XIII).

Le succitate variabili indipendenti sono state quindi analizzate attraverso una regressione lineare

multipla effettuata con metodo “stepwise” per valutare la significatività statistica di ciascun

predittore di PPI all’interno del modello. Come mostrato nella Tabella XIV, l’analisi ha evidenziato

una correlazione significativa tra numero di PPI e numero di farmaci assunti in entrambe le coorti.

Una correlazione per la presenza di antidepressivi nella terapia è stata invece riscontrata nella corte

di validazione ma non nella coorte di sviluppo.

Come si evince dalla Figura 5, al momento del ricovero non è stata riscontrata alcuna differenza

tra le due coorti in termini di punteggio MAI complessivo tra i pazienti con almeno una PPI. In

particolare, è stato registrato rispettivamente un punteggio MAI pari a 4 (IQR=1-5) nella coorte di

sviluppo e di 3 (IQR=1-5) nella coorte di validazione (p>0,05). Anche per quanto riguarda il punteggio

MAI complessivo rilevato alla dimissione ospedaliera (Figura 6) le due coorti sono risultate

esattamente sovrapponibili [2 (IQR=0-4); p>0,05].

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53

Tabella XII. Confronto delle caratteristiche dei pazienti al momento del ricovero (coorte di sviluppo vs coorte di validazione)

Coorte di sviluppo

(n=100)

Coorte di validazione

(n=449) p value

Maschi (n, %) 48 (48.0%) 178 (39.6%)

Femmine (n, %) 52 (52.0%) 271 (60.4%) 0.125

Età [anni, mediana (IQR)] 87 (79.75-90.25) 86 (81-90) 0.843

MPI [score, mediana (IQR)] 0.72 (0.56-0.81) 0.69 (0.50-0.81) 0.059

N. di farmaci all’ingresso [mediana (IQR)] 6 (4-8) 6 (4-8) 0.969

Diagnosi (n, %)

Ipertensione 68 (68.0%) 324 (72.2%) 0.405

Demenza 32 (32.0%) 189 (42.1%) 0.063

Disturbi della conduzione cardiaca 37 (37.0%) 161 (35.9%) 0.829

Cardiopatia ischemica 35 (35.0%) 129 (28.7%) 0.215

Diabete 21 (21.0%) 106 (23.6%) 0.576

Ictus/attacco ischemico transitorio (TIA) 14 (14.0%) 92 (20.5%) 0.137

Broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO) 22 (22.0%) 88 (19.6%) 0.587

Insufficienza renale cronica 14 (14.0%) 82 (18.3%) 0.310

Parkinson 6 (6.0%) 53 (11.8%) 0.090

Depressione 12 (12.0%) 50 (11.1%) 0.805

Farmaci - codice ATC (n, %)

Antitrombotici (B01) 76 (76.0%) 347 (77.3%) 0.783

Antipertensivi (C02, C03A, C03B, C03C, C07, C08C, C09)

79 (79.0%) 327 (72.8%) 0.203

Inibitori di pompa (A02BC) 58 (58.0%) 266 (59.2%) 0.819

Benzodiazepine (N05B, N05C) 23 (23.0%) 114 (25.4%) 0.617

Antidepressivi (N06A) 18 (18.0%) 102 (22.7%) 0.302

Neurolettici (N05A) 13 (13.0%) 92 (20.5%) 0.085

Antidiabetici (A10) 17 (17.0%) 89 (19.8%) 0.518

Ipolipemizzanti (C10) 22 (22.0%) 65 (14.5%) 0.062

Glicosidi cardioattivi (C01A) 13 (13.0%) 49 (10.9%) 0.551

Oppioidi (N02A) 10 (10.0%) 36 (8.0%) 0.518

FANS (M01A) 2 (2.0%) 20 (4.5%) 0.258

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Tabella XII. Confronto delle caratteristiche dei pazienti al momento del ricovero (coorte di sviluppo vs coorte di validazione)

Coorte di sviluppo

(n=100)

Coorte di validazione

(n=449) p value

PPI

N. pazienti con almeno un criterio di STOPP 53 (53.0%) 244 (54.3%) 0.825

N. pazienti con almeno una DDI maggiore 38 (38.0%) 167 (37.2%) 0.909

N. pazienti con almeno una PPI(*)

67 (67.0%) 314 (69.9%) 0.551

(*) i soggetti che presentano contemporaneamente nella terapia domiciliare almeno un criterio di STOPP e

almeno una DDI sono conteggiati una singola volta.

Tabella XIII. Analisi multivariata delle variabili indipendentemente associate a PPI al momento del ricovero (RR, IC95%): variabili anagrafiche, grado di politerapia e MPI, diagnosi e farmaci

Coorte di sviluppo

(n=100)

Coorte di validazione

(n=449)

Sesso (maschi vs femmine) 1.02 (0.58-1.79) 0.81 (0.60-1.09)

Età (65-75 anni vs ≥ 80 anni) 1.71 (0.96-3.05) 0.94 (0.66-1.34)

Politerapia (0-4 farmaci vs ≥ 5 farmaci) 2.48 (1.44-4.27) *

3.01 (2.30-3.94) *

Grado MPI (MPI 1 vs MPI 2-3) 1.11 (0.56-2.20) 1.43 (1.00-2.04)

Diagnosi

Broncopneumopatia cronico-ostruttiva 0.75 (0.40-1.41) 1.49 (0.99-2.23)

Cardiopatia ischemica 1.70 (0.91-3.18) 0.89 (0.66-1.21)

Ictus/attacco ischemico transitorio (TIA) 0.73 (0.35-1.51) 0.98 (0.70-1.40)

Diabete 0.99 (0.50-1.96) 1.08 (0.77-1.52)

Insufficienza renale cronica 1.63 (0.62-4.28) 1.28 (0.86-1.80)

Ipertensione 1.21 (0.62-2.17) 1.34 (1.00-1.80)

Demenza 1.08 (0.59-2.93) 1.03 (0.70-1.52)

Farmaci (codice ATC)

Antidiabetici (A10) 0.76 (0.38-1.51) 0.94 (0.67-1.34)

Antitrombotici (B01) 2.06 (1.17-3.61) * 2.34 (1.77-3.09) *

Glicosidi cardioattivi (C01A) 1.49 (0.57-3.94) 1.38 (0.83-2.31)

Antipertensivi (C02, C03A, C03B, C03C, C07, C08C, C09)

1.31 (0.66-2.61) 1.34 (1.00-1.80)

Ipolipemizzanti (C10) 1.27 (0.61-2.62) 1.35 (0.87-2.12)

FANS (M01A) 0.99 (0.19-5.09) 2.07 (0.81-5.27)

Oppioidi(N02A) 0.81 (0.34-1.90) 1.87 (0.96-3.68)

Neurolettici (N05A)/antidepressivi (N06A) 2.00 (1.03-3.86) * 1.84 (1.37-2.47) *

* predittori positivi di PPI rilevati all’analisi statistica

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Tabella XIV. Analisi dei predittori associati a PPI mediante un modello lineare di regressione multipla “stepwise” (*)

Coorte di sviluppo

(n=100)

Coorte di validazione

(n=449)

Stima p-value Stima p-value

N. farmaci ingresso 0.299 < 0.001 0.263 <0.001

Farmaci antitrombotici 0.418 0,222 0.258 0.117

Farmaci antidepressivi -0.008 0.981 0.545 <0.001

Farmaci antipsicotici 0.347 0.934 0.293 0.077

Modello lineare (dopo analisi stepwise)

[n.PPI] = 0.32 [n.farmaci] -0.51 [n.PPI] = 0.28 [n.farmaci] + 0.58 [antidepressivi] -0.36

(*) LinearModel.stepwise: [n. PPI] = [n. farmaci ingresso] + [antitrombotici] + [antidepressivi] + [antipsicotici]

Figura 5. Punteggio MAI (Appropriateness Medication Index) complessivo rilevato al momento del ricovero ospedaliero(*): coorte di sviluppo [4 (IQR=1-5)] vs coorte di validazione [3 (IQR=1-5); p>0,05]

(*)

Punteggio calcolato nei pazienti con almeno una PPI rilevata al momento del ricovero ospedaliero

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Figura 6. Punteggio MAI (Appropriateness Medication Index) complessivo rilevato alla dimissione ospedaliera(*): coorte di sviluppo [2 (IQR=0-4)] vs coorte di validazione [2 (IQR=0-4)]; p>0,05

(*)

Punteggio calcolato nei pazienti con almeno una PPI rilevata al momento del ricovero ospedaliero

4.2 Risultati del progetto SAFE in ambito ospedaliero

4.2.1 Caratteristiche della popolazione

Nella Tabella XV sono riportati le caratteristiche di tutti i pazienti ricoverati presso l’UO di

Geriatria dell’Ospedale S. Antonio nel periodo 01.04.2012 - 31.12.2012 (n=549). Nella popolazione

esaminata, il sesso femminile risulta essere più rappresentato rispetto a quello maschile (58,8%

donne vs 41,2% maschi). Dal punto di vista anagrafico, l'età mediana dei pazienti è di 87 anni (IQR =

81-90) mentre, dal punto di vista clinico, il punteggio MPI rilevato all'ingresso evidenzia un elevato

indice di fragilità tra i soggetti ricoverati. Infatti, l'86% degli assistiti presenta un rischio di mortalità

ad un anno definibile come "medio-alto" (classe MPI=2-3).

Le patologie rilevate all'ingresso sono quelle tipiche dell'età senile avanzata; in particolare, il

71,4% dei pazienti è affetto da ipertensione, il 40,3% da demenza, il 36,1% da disturbi del ritmo

cardiaco e il 29,9% da ischemia cardiaca e/o da pregresso IMA.

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La mediana dei farmaci assunti a domicilio è pari a 6 (IQR = 4-8) e il 58,1% dei soggetti presenta

un elevato grado di politerapia, inteso come assunzione di 5 o più medicinali cronici.

Come si evince dalla Tabella XVI, che riporta le principali categorie di farmaci utilizzati al

momento del ricovero, i 3/4 della popolazione è in terapia con un antitrombotico (ASA, eparine o

warfarin) e/o un antipertensivo e oltre la metà dei soggetti utilizza cronicamente un inibitore di

pompa protonica. Elevata è anche l’esposizione a farmaci che agiscono sul SNC: le benzodiazepine

sono utilizzate dal 25% dei pazienti mentre antidepressivi e antipsicotici rispettivamente dal 21,9% e

19,1% dei soggetti.

Tabella XV. Caratteristiche dei pazienti rilevate in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

Caratteristiche anagrafiche

Maschi (n, %) 226 41,2%

Femmine (n, %) 323 58,8%

Età [anni, mediana (IQR)] 87 (81-90)

65-74 anni (n, %) 48 8,7%

75-84 anni 169 30,8%

≥ 85 anni 332 60,5%

Classe MPI

MPI [score, mediana (IQR)] 0,69 (0,5-0,81)

Classe MPI 1 78 14,2%

Classe MPI 2 175 31,9%

Classe MPI 3 296 53,9%

Utilizzo di farmaci

N. di farmaci [mediana (IQR)] 6 (4-8)

Pazienti con <5 farmaci (n, %) 230 41,9%

Pazienti con ≥ 5 farmaci (n, %) 319 58,1%

Principali diagnosi (n, %)

Ipertensione 392 71,4%

Demenza 221 40,3%

Disturbi della conduzione cardiaca 198 36,1%

Cardiopatia ischemica 164 29,9%

Diabete 127 23,1%

Ictus/attacco ischemico transitorio (TIA) 106 19,3%

Broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO) 110 20,0%

Insufficienza renale cronica 96 17,5%

Parkinson 59 10,7%

Depressione 62 11,3%

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Tabella XVI. Principali classi di farmaci rilevate in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

Gruppo Terapeutico (codice ATC) N. pazienti %

Antitrombotici (B01) 423 77,0% Antipertensivi (C02, C03A, C03B, C03C, C07, C08C, C09) 406 74,0% Inibitori di pompa (A02BC) 324 59,0% Benzodiazepine (N05B, N05C) 137 25,0% Antidepressivi (N06A) 120 21,9% Neurolettici (N05A) 105 19,1% Antidiabetici (A10) 106 19,3% Ipolipemizzanti (C10) 87 15,8% Glicosidi cardioattivi (C01A) 62 11,3% Oppioidi (N02A) 46 8,4% FANS (M01A) 22 4,0%

4.2.2 Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento

L’analisi dei dati di prescrizione effettuata con il CPOE-WIS ha permesso rilevare all'ingresso in

reparto, su un totale di 3.374 prescrizioni, la presenza di 954 (28,3%) PPI definite come tali secondo i

criteri di STOPP o secondo la banca dati Drug-Reax. Come evidenziato nella Tabella XVII, in due

pazienti su tre (n=381; 69,4%) è stata rilevata al momento del ricovero almeno una PPI.

Relativamente a questi assistiti, il valore mediano del punteggio MAI complessivo per persona è

risultato essere pari a 3 (IQR = 2-5). In particolare, oltre la metà dei pazienti (54,1%) presenta nella

propria terapia almeno un criterio di STOPP e 1/3 (37,3%) una o più interazioni clinicamente rilevanti.

Il punteggio MAI/paziente non è risultato significativamente diverso quando è stato calcolato in

funzione del sesso (p=0,83) e della classe MPI (p=0,13).

Come si evince dalla Tabella XVIII, che riporta i criteri di STOPP rilevati al momento del ricovero, il

15,7% dei pazienti è in terapia con ASA a basse dosi senza però avere in anamnesi una storia di

vasculopatia ischemica, il 7,1% presenta la prescrizione di un calcio-antagonista pur in presenza di

una diagnosi di stipsi cronica mentre il 6,9% utilizza inibitori della pompa protonica ad alto dosaggio

da più di quattro settimane consecutive. Le sopramenzionate PPI, associate alla duplicazione di

ipnotico-sedativi e all'impiego di diltiazem/verapamile nello scompenso cardiaco di classe NYHA III/IV,

costituiscono quasi la metà dei criteri di STOPP rilevati nella popolazione in esame.

Relativamente alle prescrizioni in grado di determinare potenziali ADRs dovute ad interazioni tra

farmaci, l'uso di Drug-Reax ha permesso di evidenziare la presenza di 115 associazioni associate al

rischio di fenomeni emorragici, prevalentemente correlati all'associazione di antiaggreganti e/o

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anticoagulanti oppure di un antiaggregante/anticoagulante associato ad un SSRI (Tabella XIX).

Numerosi sono inoltre le interazioni che potenzialmente possono causare eventi cardiaci a causa

dell'interazione tra farmaci in grado di determinare iperkaliemia (n=55), effetti cardiotossici (n=39) o

alterazioni del ritmo (n=38). Il 50% dei farmaci maggiormente coinvolti nella genesi di potenziali DDIs

sono risultati essere gli antidepressivi (15%), gli antiaggreganti (12%), i risparmiatori di potassio (11%),

gli ACE-inibitori (9%) e il warfarin (7%).

Tabella XVII. PPI rilevate in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

N. pazienti con almeno un criterio di STOPP n (%) 297 (54,1%)

N. pazienti con almeno una DDI maggiore n (%) 205 (37,3%)

N. pazienti con almeno una PPI (criterio di STOPP e/o DDI maggiore) n (%) 381 (69,4%)

Punteggio MAI per paziente (*)

mediana (IQR) 3 (2-5)

(*) Punteggio calcolato nei pazienti con almeno una PPI rilevata prima dell’intervento.

Tabella XVIII. Criteri di STOPP rilevati in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

Criteri di STOPP N. pazienti* %

Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

86 15,7%

Calcio-antagonisti in stipsi cronica 39 7,1%

PPI a pieno dosaggio terapeutico per un tempo >8 settimane 38 6,9%

Aspirina, clopidogrel e warfarin con malattie emorragiche concomitanti 26 4,7%

Duplicazione di sedativi/ipnotici benzodiazepinici 22 4,0%

Uso di diltiazem o verapamil in scompenso cardiaci di classe NYHA III o IV 16 2,9%

Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

16 2,9%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici come ipnotici a lunga durata d’azione

16 2,9%

Uso di benzodiazepine in pazienti con recenti cadute 16 2,9%

Alfa-bloccanti con catetere urinario in situ a lungo termine (> 2 mesi) 16 2,9%

Farmaci antimuscarinici per la vescica con demenza 15 2,7%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici in Parkinson 15 2,7%

Duplicazione di neurolettici 14 2,6%

FANS in ipertensione da moderata a grave 14 2,6%

Farmaci antimuscarinici in stipsi cronica 13 2,4%

Corticosteroidi per via sistemica invece di corticosteroidi per via inalatoria per il mantenimento della terapia in BPCO

13 2,4%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di benzodiazepine a lunga durata d’azione 9 1,6%

Farmaci antimuscarinici in patologie prostatiche 9 1,6%

Associazione di FANS e warfarin 8 1,5%

Uso di neurolettici in pazienti con recenti cadute 7 1,3%

Duplicazioni di ACE-inibitori o sartani 6 1,1%

Uso di ASA ad alte dosi (>150 mg/die) 6 1,1%

FANS in scompenso cardiaco 5 0,9%

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Tabella XVIII. Criteri di STOPP rilevati in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

Criteri di STOPP N. pazienti* %

Alfa-bloccanti in maschi con frequente incontinenza urinaria 5 0,9%

Warfarin come primo trattamento in TVPcomplicate per una durata maggiore di 6 mesi

5 0,9%

Duplicazione di due antiacidi 5 0,9%

Duplicazione di diuretici dell'ansa 4 0,7%

Uso di ASA e warfarin in associazione senza PPI o anti-H2 4 0,7%

Corticosteroidi a lungo-termine (> 3 mesi) in monoterapia in artriti reumatoidi e osteoartriti

3 0,5%

Antidepressivi triciclici in stipsi cronica 3 0,5%

FANS a lungo termine in paziente con IRC 3 0,5%

Antidepressivi triciclici con oppiacei e Ca-antagonisti 3 0,5%

Uso regolare di oppiacei per > 2 settimane senza uso di lassativi 3 0,5%

Beta-bloccanti non cardioselettivi con BPCO 2 0,4%

Farmaci antimuscarinici in glaucoma 2 0,4%

Warfarin come primo trattamento in embolie polmonari non complicate per una durata maggiore di 12 mesi

2 0,4%

Uso di ASA in paziente con anamnesi di pregressa ulcera peptica senza PPI o anti-H2

2 0,4%

Antidepressivi triciclici in paziente con alterazioni della conduzione cardiaca 2 0,4%

Duplicazione di calcio-antagonisti 1 0,2%

Diuretici tiazidici in pazienti con storia clinica di gotta 1 0,2%

Ipratropio in soluzione da nebulizzare in pazienti con glaucoma 1 0,2%

Difenossilato, loperamide o codeina per il trattamento di diarrea di origine sconosciuta

1 0,2%

Fenotiazine in pazienti con epilessia 1 0,2%

Uso a lungo termine di FANS o colchicina per il trattamento cronico della gotta

1 0,2%

Antidepressivi triciclici in pazienti con demenza 1 0,2%

Antidepressivi SSRI in pazienti con anamnesi di iponatriemia clinicamente significativa

1 0,2%

Totale 481

Un paziente può avere nella terapia più di un criterio di STOPP

Tabella XIX. Rischio associato a DDIs in ambito ospedaliero prima dell’intervento (n=549)

Rischio associato all’interazione N.

interazioni

N.

pazienti*

%

pazienti

Emorragia 115 91 16,6% Iperkaliemia 55 50 9,1% Cardiotossicità 39 37 6,7% Alterazioni del ritmo (prolungamento QTc, bradicardia, etc.) 38 34 6,2% Miopatia/Rabdomiolisi 27 20 3,6% Farmaco inefficace 23 23 4,2% Sindrome serotoninergica 12 10 1,8% Depressione respiratoria 12 12 2,2% Altro 30 23 4,2% Totale 351 300

* Un paziente può avere nella terapia più di una DDI

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4.2.3 Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento

Nella Figura 7 è riportato il numero assoluto di PPI suddivise in base alla tipologia di

inappropriatezza, rilevate prima e dopo l'intervento. Nel complesso, il numero di PPI secondo i criteri

di STOPP si è ridotto del 43%; in particolare, le duplicazioni terapeutiche e le inappropriatezze legate

alla durata della terapia si sono ridotte rispettivamente del 73% e del 53%, mentre le problematiche

relative all'indicazione d'uso e alla presenza di DDSI sono diminuite del 40% e del 49%. Anche il

numero di potenziali DDIs rilevate da Drug-Reax si è dimezzato, passando dalle 351 DDIs rilevate

prima dell'intervento alle 179 osservate dopo la consegna del report (-49%).

Come si evince dalla Tabella XX, dei 381 pazienti con almeno una PPI rilevata al momento del

ricovero, il 62% (n=236) ha registrato una diminuzione del punteggio MAI rispetto all'ingresso,

mentre il 38% (n=145) non ha migliorato tale punteggio.

Per quanto riguarda i criteri di STOPP, le principali riduzioni si sono osservate nei seguenti casi

(Tabella XXI): impiego di ASA senza anamnesi di eventi occlusivi cardio-cerebrovascolari (-21%), uso

di calcio-antagonisti in soggetti affetti da stipsi cronica (-41%), utilizzo di inibitori di pompa protonica

ad alto dosaggio nel lungo termine (-55%), uso di antiaggreganti/anticoagulanti in pazienti con

recenti eventi emorragici (-38%) e associazioni di farmaci ad azione ipnotico-sedativa (-73%).

In merito alle variazioni apportate sulle DDIs clinicamente rilevanti, dalla Tabella XXII si evince

che, attraverso la comunicazione fornita dal farmacista al medico, si è ottenuta una riduzione delle

associazioni di medicinali in grado di determinare eventi emorragici (-54%), cardiotossicità (-41%) o

allungamento dell'intervallo QT (-37%). Il rischio di iperkaliemia rappresenta l'unica interazione che,

alla dimissione, è risultata aumentata a seguito dell'associazione di ACE-i/sartani e risparmiatori di

potassio/integratori di sali di potassio (+20%).

Il miglioramento complessivo dell'appropriatezza prescrittiva è stato ulteriormente confermato

dall'analisi non parametrica, confrontando l'indice MAI all'ingresso e alla dimissione (Figura 8). In

seguito all'intervento del farmacista tale indice ha registrato una riduzione, passando da un valore

mediano di 3 (IQR=2-5) a un valore di 2 (IQR=0-4), con una significatività statistica pari a p<0,001.

Infine, come si evince dalla Tabella XXIII, l’impiego del CPOE-WIS ha permesso l’identificazione di

un maggior numero di PPI rispetto all’impiego di soli criteri espliciti o di Drug-Reax. In particolare,

l’utilizzo del software ha individuato complessivamente 828 PPI che interessano il 69,4% dei pazienti,

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rispetto a quanto rilevato dall’applicazione dei soli criteri di STOPP (54,1%) o dalla banca dati

Micromedex (37,3%).

Figura 7. Variazioni delle PPI prima vs dopo l’intervento in ambito ospedaliero (n=381)

Tabella XX. Criteri di STOPP, DDIs e punteggio MAI prima vs dopo l'intervento in ambito ospedaliero

Criteri di STOPP

(n=297)

Interazioni maggiori

(n=205)

Punteggio MAI

(n=381)

N° pazienti (%) con miglioramento 169 (57%) 134 (65%) 236 (62%)

N° pazienti (%) senza variazione 111 (37%) 59 (29%) 89 (23%)

Numero pazienti (%) con peggioramento

17 (6%) 12 (6%) 56 (15%)

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Tabella XXI. Criteri di STOPP rilevati prima vs dopo l'intervento in ambito ospedaliero

Criterio STOPP Prima

intervento

Dopo

intervento Diff. %

ASA senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi 86 68 -21%

Calcio-antagonisti in paziente con stipsi cronica 39 23 -41%

PPI per ulcera peptica a pieno dosaggio terapeutico per un tempo > 8 settimane 38 17 -55%

ASA, clopidogrel, prasugrel e warfarin con malattie emorragiche concomitanti e/o pregresse 26 16 -38%

Associazione di due ipnotici e/o farmaci sedativi 22 6 -73%

Diuretici dell'ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco 16 20 25%

Uso di diltiazem o verapamile in scompenso cardiaco di classe NYHA III o IV 16 13 -19%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici come ipnotici a lunga durata d'azione

16 12 -25%

Alfa-bloccanti in paziente portatore di catetere urinario a lungo termine (> 2 mesi) 16 8 -50%

Benzodiazepine in paziente con ricorrenti cadute 16 8 -50%

Altri criteri di STOPP 186 106 -43%

Totale 477 297 -38%

Tabella XXII. Variazioni del numero di DDI prima vs dopo l'intervento in ambito ospedaliero

Rischio associato all'interazione Prima intervento Dopo intervento Diff %

Emorragia 115 53 -54%

Iperkaliemia 55 66 +20%

Cardiotossicità 39 23 -41%

Allungamento QTc 38 24 -37%

Rabdomiolisi 27 12 -56%

Farmaco inefficace 23 12 -48%

Altre interazioni 54 29 -46%

Totale 351 219 -38%

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Figura 8. Variazione dell’indice MAI prima vs dopo l’intervento in ambito ospedaliero (n=381)

Tabella XXIII. Identificazione PPI da parte del CPOE-WIS in ambito ospedaliero (n=549)

Metodo N° assoluto

di PPI

Diff.% vs

CPOE-WIS

N° pazienti con

almeno 1 PPI (%)

Diff.% vs

CPOE-WIS

Criteri di STOPP 477 -42,4% 297 (54,1%) -40,8%

Drug-Reax di Micromedex 351 -57,6% 205 (37,3%) -59,2%

CPOE-WIS 828 381 (69,4%)

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65

4.3 Risultati del progetto SAFE in ambito residenziale

4.3.1 Caratteristiche della popolazione

Nel corso del periodo di arruolamento sono state valutate le prescrizioni di 89 pazienti ospiti

della casa di riposo di Noventa Padovana. Sono stati esclusi dall’analisi finale complessivamente 11

pazienti (12,3%) di cui 6 (6,7%) per decesso e rispettivamente 2 (2,2%) e 3 (3,3%) per mancanza della

scheda di terapia all’atto della rivalutazione e per ricovero ospedaliero avvenuto nel corso del follow-

up (Figura 9). Alla fine, la coorte risulta composta da 78 pazienti.

Figura 9. Selezione dei pazienti ospiti nella Residenza Sanitaria Assistita (RSA)

Come riportato nella Tabella XXIV, che descrive le caratteristiche della popolazione esaminata, il

sesso femminile risulta essere più rappresentato rispetto a quello maschile (86% donne vs 14%

maschi). Dal punto di vista anagrafico, l'età mediana dei pazienti è di 87 anni (IQR = 82-90). Le

patologie più frequentemente rilevate sono quelle correlate a disturbi neuropsichiatrici quali la

demenza (78,2%) e la depressione (37,2%). Di frequente riscontro sono anche i disturbi a carico del

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66

sistema cardiocircolatorio come l’ipertensione (75,6%), l’ictus/TIA (33,3%) e lo scompenso cardiaco

(26,9%).

La popolazione residenziale esaminata presenta un elevato grado di politerapia. In particolare, la

mediana dei farmaci cronicamente assunti è pari a 8 (IQR = 5-10) e nel 69% dei casi sono prescritti 5

o più medicinali.

La Tabella XXV, riporta le principali categorie di farmaci utilizzati dagli anziani ospiti della RSA.

Quattro pazienti su cinque sono in terapia con un farmaco antitrombotico (82,1%) e tre su quattro

con almeno un antiipertensivo (76,9%). In questo ambito assistenziale è molto elevata anche la

prescrizione di farmaci del SNC; in particolare i 2/3 dei pazienti sono in trattamento con una

benzodiazepina (69,2%), il 60,3% con un neurolettico e il 37,2% con un antidepressivo.

Tabella XXIV. Caratteristiche dei pazienti rilevate in RSA prima dell’intervento (n=78)

Caratteristiche anagrafiche

Maschi (n, %) 11 14%

Femmine (n, %) 67 86%

Età [anni, mediana (IQR)] 87 (82-90)

65-74 anni (n, %) 4 5,1%

75-84 anni 21 26,9%

≥ 85 anni 53 68,0%

Utilizzo di farmaci

N. di farmaci [mediana (IQR)] 8 (5-10)

Pazienti con <5 farmaci (n, %) 24 31,0%

Pazienti con ≥ 5 farmaci (n, %) 54 69,0%

Principali diagnosi (n, %)

Osteoartrite 64 82,1%

Demenza 61 78,2%

Ipertensione 59 75,6%

Depressione 29 37.2%

Ictus/attacco ischemico transitorio (TIA) 26 33,3%

Scompenso cardiaco (classe NYHA III-IV) 21 26,9%

Diabete 21 26,9%

Cardiopatia ischemica 19 24,4%

Disturbi della conduzione cardiaca 17 21,8%

Parkinson 11 14,1%

Broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO) 9 11,5%

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Tabella XXV. Principali classi di farmaci rilevate nella RSA prima dell’intervento (n=78)

Gruppo Terapeutico (codice ATC) N. pazienti %

Antitrombotici (B01) 64 82,1% Antipertensivi (C02, C03A, C03B, C03C, C07, C08C, C09) 60 76,9% Benzodiazepine (N05B, N05C) 54 69,2% Inibitori di pompa (A02BC) 53 67,9% Neurolettici (N05A) 47 60,3% Antidepressivi (N06A) 29 37,2% Preparati a base di sali di ferro (B03A) 23 29,5% Oppioidi (N02A) 14 17,9%

4.3.2 Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento

Come evidenziato nella Tabella XXVI, in tre pazienti su quattro (n=58; 74,3%) è stata rilevata

prima dell’intervento almeno una PPI. Riguardo a questi assistiti, il valore mediano del punteggio MAI

complessivo per persona è risultato essere pari a 4 (IQR = 2-8). In particolare, la metà dei pazienti

(51,2%) presenta nella propria terapia almeno un criterio di STOPP e/o una o più interazioni

clinicamente rilevanti (47,4%).

Come si evince dalla Tabella XXVII, che riporta i criteri di STOPP rilevati al momento del ricovero,

11 pazienti (14,1%) utilizzano neurolettici nonostante una diagnosi di Parkinson, 9 (11,5%) sono in

terapia con un antiaggregante o warfarin in presenza di una patologia emorragica in atto e ad un

analogo numero di pazienti affetti da demenza sono prescritti farmaci antimuscarinici. Frequenti

sono le inappropriatezze correlate all’uso di farmaci ad azione ipnotico-sedativa: 7 pazienti (8,9%)

utilizzano due benzodiazepine contemporaneamente, 6 usano questi farmaci nonostante presentino

in anamnesi una recente caduta e a 3 soggetti (3,8%) viene prescritta una benzodiazepina a lunga

durata d’azione da più di un mese. Anche per quanto riguarda i neurolettici si riscontrano diverse PPI

correlate alla presenza di duplicazioni (7,7%) o al loro impiego in soggetti con recenti cadute (5,1%).

Relativamente alle prescrizioni a rischio di potenziali ADRs dovute ad associazioni farmacologiche

sono state identificate 59 interazioni clinicamente rilevanti (Tabella XXVIII). 20 sono le interazioni

potenzialmente correlate ad un rischio aritmogeno e che interessano complessivamente 16 assistiti.

Queste interazioni sono determinate soprattutto da associazioni di antidepressivi e antipsicotici

(n=10) o dall’impiego contemporaneo di citalopram e lansoprazolo (n=8). 17 sono invece le

interazioni potenzialmente in grado di determinare fenomeni emorragici che interessano 14 pazienti.

Nella quasi totalità dei casi l’interazione è dovuta all’associazione di un inibitore del reuptake della

serotonina (SSRI) con un antiaggregante piastrinico o un’eparina.

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Tabella XXVI. PPI rilevate in RSA prima dell’intervento (n=78)

N. pazienti con almeno un criterio di STOPP n (%) 40 (51,2%)

N. pazienti con almeno una DDI maggiore n (%) 37 (47,4%)

N. pazienti con almeno una PPI (criterio di STOPP e/o DDI maggiore) n (%) 58 (74,3%)

Punteggio MAI per paziente (*)

mediana (IQR) 4 (2-8)

(*) Punteggio calcolato nei pazienti con almeno una PPI rilevata prima dell’intervento

Tabella XXVII. Criteri di STOPP rilevati in RSA prima dell’intervento (n=78)

Criteri di STOPP N. pazienti* %

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici in Parkinson 11 14,1%

Aspirina, clopidogrel e warfarin con malattie emorragiche concomitanti 9 11,5%

Farmaci antimuscarinici in pazienti con demenza 9 11,5%

Duplicazione di sedativi/ipnotici benzodiazepinici 7 8,9%

Duplicazione di neurolettici 6 7,7%

Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

6 7,7%

Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

6 7,7%

Uso di benzodiazepine in pazienti con recenti cadute 6 7,7%

Calcio-antagonisti in stipsi cronica 6 7,7%

Farmaci antimuscarinici in stipsi cronica 6 7,7%

Uso di neurolettici in pazienti con recenti cadute 4 5,1%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di benzodiazepine a lunga durata d’azione 3 3,8%

Uso di diltiazem o verapamil in scompenso cardiaci di classe NYHA III o IV 2 2,6%

PPI a pieno dosaggio terapeutico per un tempo >8 settimane 2 2,6%

FANS in ipertensione da moderata a grave 2 2,6%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici come ipnotici a lunga durata d’azione

2 2,6%

Alfa-bloccanti in maschi con frequente incontinenza urinaria 1 1,3%

Farmaci antimuscarinici in patologie prostatiche 1 1,3%

Alfa-bloccanti con catetere urinario in situ a lungo termine (> 2 mesi) 1,3%

Warfarin come primo trattamento in embolie polmonari non complicate per una durata maggiore di 12 mesi

1 1,3%

Corticosteroidi per via sistemica invece di corticosteroidi per via inalatoria per il mantenimento della terapia in BPCO

1 1,3%

Uso di ASA in paziente con anamnesi di pregressa ulcera peptica senza PPI o anti-H2

1 1,3%

Antidepressivi triciclici in stipsi cronica 1 1,3%

Antidepressivi triciclici in pazienti con demenza 1 1,3%

Antidepressivi SSRI in pazienti con anamnesi di iponatriemia clinicamente significativa

1 1,3%

Totale 95

* Un paziente può avere nella terapia più di un criterio di STOPP

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Tabella XXVIII. Rischio associato a DDIs in RSA prima dell’intervento (n=78)

Rischio associato all’interazione N.

interazioni

N.

Pazienti*

%

pazienti

Alterazioni del ritmo (prolungamento QTc, bradicardia, etc.) 20 16 20,5% Emorragia 17 14 17,9% Depressione respiratoria 7 7 9,0% Iperkaliemia 4 4 5,1% Miopatia/Rabdomiolisi 3 2 2,6% Insufficienza renale 2 2 2,6% Altre interazioni 6 6 7,7% Totale 59 51

* Un paziente può avere nella terapia più di una DDI

4.3.3 Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento

Nella Figura 10 è riportato il numero assoluto di PPI suddivise in base alla tipologia di

inappropriatezza, rilevate prima e dopo l'intervento. Nel complesso, le duplicazioni terapeutiche e le

inappropriatezze legate alla durata della terapia si sono ridotte rispettivamente del 38,5% e del

26,3%, mentre le problematiche relative all'indicazione d'uso e alla presenza di interazioni farmaco-

patologia sono diminuite del 28,6% e del 30,6%. Anche il numero di potenziali DDIs si è quasi

dimezzato, passando dalle 59 DDIs rilevate prima dell'intervento alle 32 osservate dopo la consegna

del report (-45,8%).

Come si evince dalla Tabella XXIX, dei 58 pazienti con almeno una PPI rilevata prima

dell’intervento, il 51,7% (n=30) ha registrato una diminuzione del punteggio MAI, mentre il 48,3%

(n=28) non ha migliorato tale punteggio.

Per quanto riguarda i criteri di STOPP, le principali riduzioni si sono osservate nei seguenti casi

(Tabella XXX): uso a lungo termine di neurolettici i soggetti affetti da morbo di Parkinson (-18%), uso

di antiaggreganti o anticoagulanti in pazienti con anamnesi di emorragie recenti (-44%), utilizzo di

antimuscarinici in demenza (-67%) e duplicazione di benzodiazepine (-57%) o neurolettici (-17%).

In merito alle variazioni apportate sulle DDIs clinicamente rilevanti, dalla Tabella XXXI si evince

che, attraverso la comunicazione fornita dal farmacista al medico, si è ottenuta una riduzione delle

associazioni di medicinali in grado di determinare alterazioni del ritmo (-60%), emorragia (-41%) o

depressione respiratoria (-43%).

Il miglioramento complessivo dell'appropriatezza prescrittiva è stato ulteriormente confermato

confrontando l'indice MAI prima e dopo l’intervento (Figura 11). In seguito alla comunicazione fornita

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70

al medico dal farmacista, tale indice ha registrato una riduzione, passando da un valore mediano di 4

(IQR=2-7,75) a un valore di 2 (IQR=1-4), con una significatività statistica pari a p<0,001.

Infine, come si evince dalla Tabella XXXII, l’impiego del CPOE-WIS ha permesso l’identificazione di

un maggior numero di PPI rispetto all’impiego di soli criteri espliciti o di Drug-Reax. In particolare,

l’utilizzo del software ha individuato complessivamente 154 PPI che interessano il 74,4% dei pazienti,

rispetto a quanto rilevato dall’applicazione dei soli criteri di STOPP (51,3%) o dalla banca dati Drug-

Reax (47,4%).

Figura 10. Variazioni delle PPI prima vs dopo l’intervento in RSA (n=58)

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71

Tabella XXIX. Criteri di STOPP, DDIs e punteggio MAI prima vs dopo l'intervento in RSA

Criteri di STOPP

(n=43)

Interazioni maggiori

(n=37)

Punteggio MAI

(n=58)

N° pazienti (%) con miglioramento 24 (55,8%) 17 (45,9%) 30 (51,7%)

N° pazienti (%) senza variazione 17 (39,5%) 20 (54,1%) 24 (41,4%)

Numero pazienti (%) con peggioramento

2 (4,7%) 0 (0,0%) 4 (6,9%)

Tabella XXX. Criteri di STOPP rilevati in RSA prima vs dopo l’intervento

Criteri di STOPP Prima

intervento

Dopo

intervento Diff. %

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici in Parkinson 11 9 -18,2%

Aspirina, clopidogrel e warfarin con malattie emorragiche concomitanti 9 5 -44,4%

Farmaci antimuscarinici in pazienti con demenza 9 3 -66,7%

Duplicazione di sedativi/ipnotici benzodiazepinici 7 3 -57,1%

Duplicazione di neurolettici 6 5 -16,7%

Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

6 6 0,0%

Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

6 3 -50,0%

Altro 41 32 -22,0%

Totale 95 66 -30,5%

Tabella XXXI. Variazioni del numero di DDI in RSA prima vs dopo l'intervento

Rischio associato all’interazione Prima

intervento

Dopo

intervento Diff. %

Alterazioni del ritmo (prolungamento QTc, bradicardia, etc.) 20 8 -60,0% Emorragia 17 10 -41,2% Depressione respiratoria 7 4 -42,9% Iperkaliemia 4 2 -50,0% Miopatia/Rabdomiolisi 3 3 0,0% Altro 8 5 -37,5%

Totale 59 32 -45,8%

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72

Figura 11. Variazione dell’indice MAI prima vs dopo l’intervento in RSA (n=58)

Tabella XXXII. Identificazione PPI da parte del CPOE-WIS in RSA (n=78)

Metodo N° assoluto

di PPI

Diff.% vs

CPOE-WIS

N° pazienti con

almeno 1 PPI (%)

Diff.% vs

CPOE-WIS

Criteri di STOPP 95 -38,3% 40 (51,3%) -31,0%

Drug-Reax di Micromedex 59 -61,7% 37 (47,4%) -36,2%

CPOE-WIS 154 58 (74,4%)

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73

4.4 Risultati del progetto SAFE in ambito di assistenza domiciliare (pazienti ADImed)

4.4.1 Caratteristiche della popolazione

Nel corso del periodo di arruolamento sono state valutate le prescrizioni di 87 pazienti inseriti

nell’ambito di un programma di assistenza domiciliare integrata (ADImed) afferenti al Distretto 1

dell’ULSS 16 di Padova. Sono stati esclusi dall’analisi finale complessivamente 15 pazienti (17,2%) di

cui 6 (6,9%) per decesso e rispettivamente 9 (10,3%) per mancanza della scheda di terapia all’atto

della rivalutazione (Figura 12). Alla fine, la coorte risulta composta da 72 pazienti.

Figura 12. Selezione dei pazienti ADImed

Come riportato nella Tabella XXXIII, che descrive le caratteristiche della popolazione esaminata, il

sesso femminile risulta essere più rappresentato rispetto a quello maschile (79,2% donne vs 20,8%

maschi). Dal punto di vista anagrafico, l'età mediana dei pazienti è di 86 anni (IQR = 81,75-89). Le

patologie più frequentemente rilevate nei pazienti sono quelle correlate a disturbi cardiocircolatori

quali l’ipertensione arteriosa (88,9%) e la cardiopatia ischemica (37,5%). Di frequente riscontro sono

anche i disturbi neuropsichiatrici come la demenza (37,5%) e la depressione (31,9%).

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La popolazione esaminata presenta un elevato grado di politerapia. In particolare, la mediana dei

farmaci cronicamente assunti è pari a 7 (IQR = 5-9) e nell’84,7% dei pazienti sono prescritti 5 o più

medicinali.

Come si evince dalla Tabella XXXIV, che riporta le principali categorie di farmaci utilizzati al

momento della rilevazione dei dati prima dell’intervento, l’86,1% della popolazione è in terapia con

almeno un antipertensivo e quasi 3 soggetti su 4 con un antitrombotico (73,6%) o un inibitore della

pompa protonica (72,2%). Elevata è anche l’esposizione a farmaci che agiscono sul SNC: le

benzodiazepine sono utilizzate dal 37,5% degli assistiti mentre antidepressivi e antipsicotici

rispettivamente dal 31,9% e 18,1% dei pazienti.

Tabella XXXIII. Caratteristiche dei pazienti rilevate in pazienti ADImed prima dell’intervento (n=72)

Caratteristiche anagrafiche

Maschi (n, %) 15 20,8%

Femmine (n, %) 57 79,2%

Età [anni, mediana (IQR)] 86 (81,75-89)

65-74 anni (n, %) 9 12,5%

75-84 anni 21 29,2%

≥ 85 anni 42 58,3%

Utilizzo di farmaci

N. di farmaci [mediana (IQR)] 7 (5-9)

Pazienti con <5 farmaci (n, %) 11 15,3%

Pazienti con ≥ 5 farmaci (n, %) 61 84,7%

Principali diagnosi (n, %)

Ipertensione 64 88,9%

Demenza 27 37,5%

Cardiopatia ischemica 27 37,5%

Scompenso cardiaco (classe NYHA III-IV) 25 34,7%

Osteoartrite 25 34,7%

Depressione 23 31,9%

Trombosi venosa profonda 20 27,8%

Ictus/attacco ischemico transitorio (TIA) 17 23,6%

Disturbi della conduzione cardiaca 16 22,2%

Diabete 16 22,2%

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Tabella XXXIV. Principali classi di farmaci rilevate in pazienti ADImed prima dell’intervento (n=72)

Gruppo Terapeutico (codice ATC) N. pazienti %

Antipertensivi (C02, C03A, C03B, C03C, C07, C08C, C09) 62 86,1% Antitrombotici (B01) 53 73,6% Inibitori di pompa (A02BC) 52 72,2% Benzodiazepine (N05B, N05C) 27 37,5% Antidepressivi (N06A) 23 31,9% Ipolipemizzanti (C10A) 16 22,2% Neurolettici (N05A) 13 18,1%

4.4.2 Frequenza e tipologia di PPI rilevate prima dell’intervento

L’impiego del CPOE-WIS ha permesso di rilevare prima dell’intervento la presenza di almeno una

PPI in quattro pazienti su cinque (n=59; 81,9%) (Tabella XXXV). Relativamente a questi assistiti, il

valore mediano del punteggio MAI complessivo per persona è risultato essere pari a 4 (IQR=2-6). In

particolare, il 70,8% dei pazienti presenta nella propria terapia almeno un criterio di STOPP e il 41,7%

una o più interazioni clinicamente rilevanti. Nei soggetti con almeno una PPI, il punteggio

MAI/paziente è risultato pari a 4 (IQR=2-6).

Come si evince dalla Tabella XXXVI, che riporta i criteri di STOPP rilevati prima dell’intervento, il

16,6% dei pazienti utilizza un calcio-antagonista pur in presenza di stipsi cronica, il 13,9% ha una

prescrizione di ASA in assenza di una patologia cardio-cerebrovascolare e il 12,5% utilizza diuretici

dell’ansa per il trattamento di un edema alle caviglie senza tuttavia presentare in anamnesi una

diagnosi di scompenso cardiaco. Anche le benzodiazepine sono oggetto di un riscontro frequente di

PPI: 8 soggetti (11,1%) assume questi farmaci nonostante la presenza di cadute recenti e un analogo

numero presenta una loro associazione contemporanea.

Relativamente alle PPI dovute ad interazioni tra farmaci, sono state rilevate 18 associazioni

correlate al rischio di manifestare fenomeni emorragici che hanno interessato 1 paziente su 5

(Tabella XXXVII). L’analisi ha evidenziato inoltre la presenza di interazioni che potenzialmente

possono determinare episodi di miopatia/rabdomiolisi (n=6) o la comparsa di un prolungamento

dell’intervallo QTc (n=6).

Tabella XXXV. PPI rilevate in pazienti ADImed prima dell’intervento (n=72)

N. pazienti con almeno un criterio di STOPP n (%) 51 (70,8%)

N. pazienti con almeno una DDI maggiore n (%) 30 (41,7%)

N. pazienti con almeno una PPI (criterio di STOPP e/o DDI maggiore) n (%) 59 (81,9%)

Punteggio MAI per paziente (*)

mediana (IQR) 4 (2-6)

(*) Punteggio calcolato nei pazienti con almeno una PPI rilevata prima dell’intervento

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Tabella XXXVI. Criteri di STOPP rilevati in pazienti ADImed prima dell’intervento (n=72)

Criteri di STOPP N. pazienti* %

Calcio-antagonisti in stipsi cronica 12 16,6%

Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

10 13,9%

Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

9 12,5%

Uso di benzodiazepine in pazienti con recenti cadute 8 11,1%

Duplicazione di sedativi/ipnotici benzodiazepinici 8 11,1%

PPI a pieno dosaggio terapeutico per un tempo >8 settimane 6 8,3%

Uso di neurolettici in pazienti con recenti cadute 6 8,3%

FANS in ipertensione da moderata a grave 5 6,9%

Duplicazione di neurolettici 4 5,5%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di benzodiazepine a lunga durata d’azione 4 5,5%

Aspirina, clopidogrel e warfarin con malattie emorragiche concomitanti 4 5,5%

Uso di diltiazem o verapamil in scompenso cardiaci di classe NYHA III o IV 3 4,2%

Duplicazione di diuretici dell’ansa 2 2,8%

Duplicazione di FANS 2 2,8%

Associazione di ACE-inibitore + sartano 2 2,8%

Farmaci antimuscarinici in stipsi cronica 2 2,8%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici in Parkinson 2 2,8%

Corticosteroidi per via sistemica invece di corticosteroidi per via inalatoria per il mantenimento della terapia in BPCO

2 2,8%

Farmaci antimuscarinici in pazienti con demenza 2

Corticosteroidi a lungo termine (> 3 mesi) in monoterapia in soggetti con artrite reumatoide o osteoartrite

2 2,8%

FANS in paziente con scompenso cardiaco 2 2,8%

Associazione di FANS e warfarin 2

Warfarin come primo trattamento in TVP non complicate per una durata maggiore di 6 mesi

2 2,8%

FANS in pazienti con storia clinica di ulcera peptica o emorragie GI, senza l'uso concomitante di anti-H2, inibitore di pompa o misoprostolo

1 1,4%

Beta-bloccanti in paziente con diabete mellito di tipo 2 con frequenti episodi di ipoglicemia (> 1 al mese)

1 1,4%

Glibenclamide o clorpropamide in paziente con diabete mellito di tipo 2 1 1,4%

Uso a lungo termine (> 1 mese) di neurolettici come ipnotici a lunga durata d’azione

1 1,4%

Alfa-bloccanti in maschi con frequente incontinenza urinaria 1 1,4%

Antidepressivi triciclici in pazienti con demenza 1 1,4%

Alfa-bloccanti con catetere urinario in situ a lungo termine (> 2 mesi) 1 1,4%

Farmaci antimuscarinici in patologie prostatiche 1 1,4%

Totale 109

* Un paziente può avere nella terapia più di un criterio di STOPP

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Tabella XXXVII. Rischio associato a DDIs in pazienti ADImed prima dell’intervento (n=72)

Rischio associato all’interazione N.

interazioni

N.

Pazienti*

%

pazienti

Emorragia 18 16 22,2% Miopatia/Rabdomiolisi 6 5 6,9% Alterazioni del ritmo (prolungamento QTc, bradicardia, etc.) 6 6 8,3% Farmaco inefficace 6 4 5,6% Sindrome serotoninergica 4 2 2,8% Iperkaliemia 3 3 4,2% Bradicardia 2 2 2,8% Sedazione 1 1 1,4%

Totale 46 39

* Un paziente può avere nella terapia più di una DDI

4.4.3 Modificazioni delle PPI in seguito all’intervento

Nella Figura 13 è riportato il numero assoluto di rilevate prima e dopo l'intervento. Nel

complesso, il numero di PPI secondo i criteri di STOPP si è ridotto del 15,6%; in particolare, le

inappropriatezze legate alla durata della terapia e all’indicazione d’uso si sono ridotte

rispettivamente del 47,1% e del 28,6%, mentre le problematiche relative alla presenza di interazioni

farmaco-patologia sono diminuite del 5,7%. Nessuna variazione è stata invece registrata per quanto

concerne le duplicazioni terapeutiche. Il numero di potenziali DDIs rilevate da Drug-Reax si è ridotto

del 21,7%, passando dalle 46 DDIs rilevate prima dell'intervento alle 36 osservate dopo la consegna

del report.

Come si evince dalla Tabella XXXVIII, dei 59 pazienti con almeno una PPI rilevata prima

dell’intervento, il 49,1% (n=29) ha registrato una diminuzione del punteggio MAI, mentre il 50,9%

(n=30) non ha migliorato tale punteggio.

Per quanto riguarda i criteri di STOPP, le principali riduzioni si sono osservate nei seguenti casi

(Tabella XXXIX): uso di ASA senza anamnesi di occlusioni vascolari (-30,0%), impiego di diuretici

dell’ansa per il solo trattamento dell’edema delle caviglie (-33,3%), prescrizioni a lungo termine di

inibitori di pompa a pieno dosaggio (-50,0%) e uso di neurolettici in soggetti con recenti cadute (-

66,7%).

In merito alle variazioni apportate sulle DDIs clinicamente rilevanti, dalla Tabella XL si evince che,

attraverso la comunicazione fornita dal farmacista al medico, si è ottenuta una riduzione delle

associazioni di medicinali in grado di determinare emorragia (-27,7%), aritmie (-33,3%) o l’insorgenza

di una sindrome serotoninergica (-100%).

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Il miglioramento complessivo dell'appropriatezza prescrittiva è stato ulteriormente confermato

confrontando l'indice MAI prima e dopo l’intervento (Figura 14). In seguito all'intervento del

farmacista tale indice ha registrato una riduzione, passando da un valore mediano di 4 (IQR=2-6) a un

valore di 3 (IQR=0-5), con una significatività statistica pari a p=0,003.

Infine, come si evince dalla Tabella XLI, l’impiego del CPOE-WIS ha permesso l’identificazione di

un maggior numero di PPI rispetto all’impiego di soli criteri espliciti o di Drug-Reax. In particolare,

l’utilizzo del software ha individuato complessivamente 155 PPI che interessano l’81,9% dei pazienti,

rispetto a quanto rilevato dall’applicazione dei soli criteri di STOPP (70,8%) o dalla banca dati

Micromedex (41,7%).

Figura 13. Variazioni delle PPI prima vs dopo l’intervento in pazienti ADImed (n=59)

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Tabella XXXVIII. Criteri di STOPP, DDIs e punteggio MAI prima vs dopo l'intervento in pazienti ADImed

Criteri di STOPP

(n=51)

Interazioni maggiori

(n=30)

Punteggio MAI

(n=59)

N° pazienti (%) con miglioramento 23 (45,1%) 8 (26,7%) 29 (49,1%)

N° pazienti (%) senza variazione 22 (43,1%) 22 (73,3%) 22 (37,3%)

Numero pazienti (%) con peggioramento

6 (11,8%) 0 8 (13,6%)

Tabella XXXIX. Criteri di STOPP rilevati in pazienti ADImed prima vs dopo l’intervento

Criteri di STOPP Prima

intervento

Dopo

intervento Diff. %

Calcio-antagonisti in stipsi cronica 12 12 0,0%

Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

10 7 -30%

Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

9 6 -33,3%

Uso di benzodiazepine in pazienti con recenti cadute 8 7 -12,5%

Duplicazione di sedativi/ipnotici benzodiazepinici 8 8 0,0%

PPI a pieno dosaggio terapeutico per un tempo >8 settimane 6 3 - 50,0%

Uso di neurolettici in pazienti con recenti cadute 6 2 -66,7%

FANS in ipertensione da moderata a grave 5 3 -40%

Altro 45 44 -2,2%

Totale 109 92 -15,6%

Tabella XL. Variazioni del numero di DDI in pazienti ADImed prima vs dopo l'intervento

Rischio associato all’interazione Prima

intervento

Dopo

intervento Diff. %

Emorragia 18 13 -27,7% Miopatia/Rabdomiolisi 6 6 0,0% Alterazioni del ritmo (prolungamento QTc, bradicardia, etc.) 6 4 -33,3% Farmaco inefficace 6 2 -66,7% Sindrome serotoninergica 4 0 -100,0% Iperkaliemia 3 4 33,3% Bradicardia 2 2 0,0% Sedazione 1 1 0,0% Altre interazioni 0 4 100%

Totale 46 36 -21,7%

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Figura 14. Variazione dell’indice MAI prima vs dopo l’intervento in pazienti ADImed (n=59)

Tabella XLI. Identificazione PPI da parte del CPOE-WIS in pazienti ADImed (n=72)

Metodo N° assoluto

di PPI

Diff.% vs

CPOE-WIS

N° pazienti con

almeno 1 PPI

Diff.% vs

CPOE-WIS

Criteri di STOPP 109 -29,7% 51 (70,8%) -13,5%

Drug-Reax di Micromedex 46 -70,3% 30 (41,7%) -49,1%

CPOE-WIS 155 59 (81,9%)

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Capitolo 5

5. DISCUSSIONE

Il presente studio si inserisce nell’ambito dei cosiddetti interventi di “riconciliazione terapeutica”

nei quali, partendo dall’analisi delle prescrizioni farmacologiche di ciascun paziente, vengono

evidenziate le eventuali discrepanze terapeutiche che potrebbero determinare la comparsa di

reazioni avverse. In particolare, questo studio si è proposto di sviluppare e validare un sistema

informatizzato della classe “Computer Prescriber Order Entry Warning Integrated System (CPOE-

WIS)” in grado di rilevare le PPI clinicamente significative nell’ambito di una popolazione geriatrica

seguita in tre diversi ambiti assistenziali: ospedale, residenza sanitaria assistita (RSA) e assistenza

domiciliare integrata (pazienti ADImed). Tale strumento è stato quindi utilizzato nel progetto pilota

SAFE (“Safety Alerts for Frail Elderly”) dove un farmacista ha discusso con i medici curanti le eventuali

PPI rilevate nei diversi pazienti.

Il CPOE-WIS è stato validato in ambito ospedaliero dal momento che, tale struttura, rappresenta

il luogo ideale per l’impostazione di uno studio volto alla riduzione delle PPI. In ospedale, infatti, i

pazienti sono monitorati giornalmente e la stessa struttura offre, per ciascun assistito, la possibilità di

recuperare informaticamente in breve tempo i dati anagrafici, clinici e terapeutici sia all’ingresso che

alla dimissione.

Le PPI sono state identificate integrando nel CPOE-WIS sia le inappropriatezze rilevate secondo i

criteri di STOPP sia le DDIs considerate “gravi” dalla banca dati Drug-Reax di Micromedex. A questo

proposito è doveroso precisare che, a nostra conoscenza, questo rappresenta il primo strumento

elettronico che integra PPI derivanti da criteri espliciti, validati da specifici RCT, e interazioni

farmacologiche clinicamente rilevanti.

Tra i diversi criteri espliciti disponibili, la scelta è ricaduta su quelli di STOPP in quanto, al

momento, sono gli unici che sono stati validati con uno specifico RCT [Hamilton H et al., 2011].

Inoltre, rispetto ai criteri di Beers del 2002, i criteri di STOPP individuano in misura maggiore il rischio

di ospedalizzazione per una patologia iatrogena in soggetti anziani [Gallagher P et al., 2008b] e,

secondo una recente revisione sistematica, presentano una maggior sensibilità nel rilevare il rischio

di reazioni avverse in questa fascia di età [Taylor BH et al., 2013]. In particolare, ciascuna PPI

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identificata dai criteri di STOPP sarebbe responsabile di un aumento del rischio di ADRs dell’85%

(OR=1,85; IC95%=1,51-2,26) mentre le PPI rilevate dai criteri di Beers del 2002 non sono state

associate ad un incremento di tale rischio (OR=1,27; IC95%=0,94-1,72). Si precisa infine che, al

momento, non sono disponibili studi di confronto tra i criteri di STOPP e quelli di Beers aggiornati nel

2012.

I criteri di STOPP risultano, tuttavia, poco utili nel rilevare DDIs dal momento che solamente 3 dei

65 indicatori considerano tali inaproppropriatezze prescrittive, frequentemente associate ad un

aumentato rischio di ADRs in età geriatrica (es. ipekaliemia causata da interazioni farmacologiche o

associazioni di farmaci che incremento la tossicità della digossina) [Juurlink DN et al., 2003]. A questo

proposito si evidenzia che, attualmente, non esiste una banca dati ideale per la rilevazione delle

DDIs: ciascun software/compendio presenta sia punti di forza che limitazioni intrinseche. Nel

presente studio è stata utilizzata la banca dati Drug-Reax di Micromedex in quanto rappresenta,

come riportato nel Capitolo 1, lo strumento dotato di migliore sensitività e specificità tra quelli

esistenti per identificare le DDIs clinicamente rilevanti [Barrons R et al., 2004]. Inoltre, Drug-Reax è

una delle poche banche dati in grado di fornire un’informazione strutturata riguardo alla frequenza,

alla gravità e alle modalità di prevenzione delle ADRs associate alle interazioni farmacologiche

[Knollmann BJ et al., 2005].

Il CPOE-WIS è stato sviluppato su una prima coorte di pazienti e, successivamente, validato su

una seconda coorte di soggetti consecutivamente ricoverati nel medesimo reparto per valutare la

riproducibilità dell’intervento. Entrambe le coorti sono risultate essere statisticamente sovrapponibili

per quanto riguarda età, sesso, punteggio MPI, numero di farmaci e di PPI rilevate al momento

dell’ingresso in ospedale.

Sia nella coorte di sviluppo che in quella di validazione il numero di PPI è stato associato alla

presenza di una politerapia, intesa come assunzione di cinque o più medicinali e alla prescrizione di

antitrombotici e/o di neurolettici/antidepressivi. La successiva analisi di regressione lineare multipla,

effettuata con metodo stepwise, ha permesso di individuare il modello matematico più adatto a

descrivere l’associazione tra PPI e le succitate variabili. Tale analisi ha evidenziato, in entrambe le

coorti, come predittore comune di PPI la sola presenza di una politerapia, da noi intesa come

prescrizione contemporanea di cinque o più medicinali diversi. A questo proposito è doveroso

sottolineare come il concetto di politerapia non sia attualmente ben definito nella letteratura

internazionale in quanto, a seconda di diversi Autori, il numero di farmaci assunti dal paziente per

considerarlo in politerapia può variare da tre a cinque. La nostra scelta di considerare in politerapia

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un paziente con almeno cinque medicinali diversi è in accordo con quanto rilevato nel recente studio

di Weng e coll. In tale indagine, che ha utilizzato i criteri di STOPP per rilevare le inappropriatezze

prescrittive, il rischio di rilevare una PPI in soggetti con un numero di farmaci ≥ 5 è risultato cinque

volte superiore rispetto a quelli che assumevano un numero di medicinali inferiore (OR=5,4;

IC95%=3,0-9,8) [Weng MC et al., 2013]. I dati da noi ottenuti, espressi in termini di odds ratio, risultano

esattamente sovrapponibili allo studio di Weng (OR=5,4; IC95%=3,0-9,8). Tuttavia, come specificato

nella sezione Materiali e Metodi, dal momento che le PPI presentano un’elevata frequenza nella

popolazione esaminata (>10%), si è preferito utilizzare la correzione proposta dal metodo di Zhang J

e Yu KF per una più precisa e conservativa stima dei rischi relativi [Zhang J et al., 1998]. In questo

caso, applicando la suddetta correzione, l’analisi dei dati nei pazienti ospedalizzati, ha evidenziato

che la presenza di una politerapia è associata ad un rischio quasi triplo di rilevare una PPI (RR=2,90;

IC95%=2,3-3,7).

I soggetti arruolati nei diversi ambiti assistenziali possono essere considerati rappresentativi della

categoria dei cosidetti “grandi anziani fragili” poiché, in media, quasi due assistiti su tre sono

ultraottantacinquenni, tre su quattro sono in terapia con cinque o più farmaci e almeno il 75% dei

pazienti presenta più patologie. Tali pazienti, pertanto, costituiscono proprio quella categoria di

soggetti che la letteratura definisce "ad alto rischio" di manifestare ADRs a causa della loro

vulnerabilità fisiologica correlata sia alla minor capacità di eliminare adeguatamente i farmaci che a

una maggiore sensibilità agli stessi [Budnitz D et al., 2011; Petrovic M, 2012].

In tutti gli ambiti assistenziali analizzati, si rileva un'elevata esposizione dei pazienti a PPI.

Tuttavia, i dati da noi rilevati non sono facilmente confrontabili con quanto descritto in letteratura a

causa dell’ampia variabilità di metodologie utilizzate per la loro definizione, come già ricordato nel

Capitolo 1. È doveroso tuttavia sottolineare che, nel presente studio, la prevalenza di

inappropriatezza prescrittiva rilevata in ambito ospedaliero è stata superiore a quanto registrato in

un’indagine multicentrica effettuata nel medesimo ambito assistenziale utilizzando i medesimi criteri

espliciti. Nello studio di Gallagher e coll., infatti, l’applicazione dei soli criteri di STOPP in sei diversi

ospedali europei ha permesso di evidenziare la presenza di almeno una PPI nel 51% dei pazienti

ricoverati. Nel presente studio l’integrazione delle DDIs, ritenute clinicamente rilevanti secondo la

banca dati Drug-Reax, ha consentito di individuare una prevalenza di PPI all’ingresso nel 69% dei

soggetti. In questo modo, il CPOE-WIS ha identificato una non trascurabile percentuale di pazienti

con PPI correlate a DDIs che non possono essere rilevate dall’applicazione dei soli criteri di STOPP e

che, comunque, rappresentano un’importante causa di ricovero ospedaliero. Lo studio di Tulner e

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coll., infatti, ha evidenziato che le DDIs sono responsabili della comparsa di una reazione avversa nel

25% dei soggetti anziani [Tulner LR et al., 2008] mentre una recente revisione di 17 studi ha rilevato

un’associazione positiva tra esposizione a DDIs e ricoveri ospedalieri in età geriatrica [Hines LE et al.,

2011].

Rispetto ai soggetti ospedalizzati, le PPI sono risultate più elevate tra i pazienti ospiti della RSA e

in quelli inseriti nell’ambito di una assistenza domiciliare ad alta intensità. In entrambe queste

popolazioni, la rilevazione di un’elevata frequenza di PPI è probabilmente da ascriversi al maggior

numero di farmaci prescritti per paziente e al riscontro di un’elevata percentuale di soggetti con

importanti regimi di politerapia. Inoltre, tra gli ospiti istituzionalizzati, è stata registrata una più

frequente prescrizione di farmaci antidepressivi, neurolettici e sedativo-ipnotici nonché la presenza

di numerosi soggetti affetti da deficit cognitivi, tutte condizioni che la letteratura indica correlate alla

presenza di potenziali DDIs o DDSIs. Pochi sono gli studi che hanno valutato le conseguenze delle PPI

in anziani istituzionalizzati. In una indagine longitudinale, condotta in 18 case di riposo, Gurwitz ha

rilevato che il 51% delle ADRs manifestate dai pazienti era prevenibile in quanto conseguenza di

errori nella richiesta o nel monitoraggio di farmaci, talvolta prescritti a dosaggio sbagliato, senza

considerare le potenziali interazioni o in modo completamente inappropriato. I farmaci

maggiormente coinvolti nella genesi di ADRs sono stati gli antipsicotici, gli antidepressivi, i

sedativo/ipnotici e gli anticoagulanti, cioè proprio quei farmaci maggiormente prescritti nella

popolazione residenziale da noi esaminata [Gurwitz JH et al., 2000].

Per quanto riguarda invece i pazienti ADImed, è doveroso precisare che il presente studio ha il

pregio di rilevare, per la prima volta, la prevalenza di PPI in una popolazione seguita in questo ambito

assistenziale. Infatti, limitatamente a questa tipologia di assistiti, non è stato possibile reperire una

stima di confronto in merito alla presenza di in appropriatezze prescrittive con altri studi in quanto la

peculiarità di questa popolazione, sottoposta ad una sorta di “ospedalizzazione domiciliare”, e

pertanto particolarmente grave, non è rappresentata nella letteratura internazionale. La nostra

indagine ha permesso di rilevare, in questa tipologia di pazienti, una prevalenza di inappropriatezza

prescrittiva simile a quella riscontrata tra i pazienti residenziali sia in termini prevalenza che di

punteggio MAI/paziente.

Nel merito della tipologia di PPI riscontrate con i criteri di STOPP, in tutti e tre gli ambiti

assistenziali analizzati, la più frequente inappropriatezza osservata è stata quella relativa all’impiego

di ASA a basse dosi in assistiti senza menzione di eventi occlusivi in anamnesi. Per quanto riguarda

l’uso di questo farmaco in prevenzione primaria è necessario precisare che, ad oggi, non sono

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presenti le stesse evidenze di letteratura esistenti nella prevenzione secondaria di eventi cardio-

cerebrovascolari dove, pertanto, la sua prescrizione risulta ampiamente giustificata. La mancanza di

specifici studi nella popolazione anziana rende particolarmente difficile stabilire se i possibili benefici

dell’impiego di ASA superino i rischi di sanguinamento gastrointestinale, notoriamente più elevato in

questa fascia di età. Tale rischio risulta essere inoltre più elevato in considerazione di una storia di

precedente sanguinamento e del concomitante utilizzo di FANS, diffusamente utilizzati in età senile

[Patrono C et al., 2005]. Sia tra i pazienti ricoverati in ospedale che in quelli seguiti in assistenza

domiciliare, si rileva un’elevata frequenza nella prescrizione di calcio-antogonisti in soggetti affetti da

stipsi cronica e l’impiego di PPI a pieno dosaggio per un periodo superiore a due mesi. In merito ai

calcio-antagonisti si precisa che, pur non rappresentando un pericolo per la manifestazione di serie

reazioni avverse, questi farmaci possono ridurre la qualità della vita dei pazienti con stipsi a causa del

peggioramento di tale situazione determinata da un rallentamento della peristalsi intestinale.

Relativamente all’impiego nel lungo termine di PPI a pieno dosaggio è doveroso sottolineare che le

principali linee internazionali sul trattamento delle ulcere gastro-duodenali sono in accordo nel

consigliare l'assunzione di un inibitore di pompa a pieno dosaggio per non più di 4-6 settimane per

proseguire, in presenza di ulteriori fattori di rischio, con il minimo dosaggio efficace.

Nell’ambito dei criteri di STOPP, in tutti gli ambiti assistenziali analizzati e particolarmente in

quello residenziale, si è osservata la presenza di numerose PPI correlate a farmaci che agiscono sul

SNC. In particolare, le associazioni di farmaci ad azione ipnotico-sedativa sono state prescritte nel

10% dei soggetti seguiti in RSA o in ADImed. Tali duplicazioni sono note in letteratura per essere negli

anziani un fattore di rischio per cadute, con conseguenze potenzialmente gravi come la frattura del

femore e il traumatismo cranico. In particolare, lo studio di van der Hooft e coll. ha evidenziato, in

soggetti anziani, un raddoppio del rischio di andare incontro ad una frattura a seguito di un uso

inappropriato di benzodiazepine sia per dosaggio (OR=1,80; IC95%= 2,16-2,78) che per durata

temporale, intesa come assunzione continuativa per 15-90 giorni (OR=2,15; IC95%= 1,14-4,08). [van

der Hooft CS et al., 2008].

La presenza di un antipsicotico, il cui impiego risulta essere molto diffuso nelle popolazioni

analizzate per il trattamento dei sintomi neuropsichiatrici associati a demenza, è risultata essere in

relazione con la presenza di PPI rilevate dai criteri di STOPP. A questo proposito è necessario

sottolineare che, nel corso degli ultimi anni, numerose indagini epidemiologiche hanno cercato di

approfondire il profilo di rischio di questi farmaci nella demenza, evidenziando un incremento della

mortalità associata soprattutto alla comparsa di eventi cerebrovascolari [Douglas IJ et al., 2008].

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Pertanto, alla luce di un profilo rischio-beneficio non favorevole per numerosi pazienti, una recente

metanalisi del gruppo Cochrane ha sottolineato che negli anziani con demenza può essere tentata

una sospensione graduale della terapia antipsicotica, senza tuttavia determinare un significativo

peggioramento della sintomatologia neuropsichiatrica [Declercq T et al., 2013].

In merito alle potenziali reazioni avverse determinate da interazioni farmacologiche, il rischio di

emorragia è stato quello rilevato con maggior frequenza in tutti e tre gli ambiti assistenziali. Si

precisa che proprio tale evento è stato identificato da Budnitz e coll. come la principale causa di

ricovero ospedaliero nella popolazione anziana statunitense [Budnitz D et al., 2011]. In numerosi casi

l’interazione coinvolge un inibitore del reuptake della serotonina (SSRI) associato ad un

antiaggregante piastrinico o a un anticoagulante. Il meccanismo sotteso all’interazione interessa per

l’appunto l’inibizione della ricaptazione della serotonina, indispensabile per l’attività pro-aggregante

piastrinica. A questo proposito, alcuni studi epidemiologici indicano che il rischio addizionale assoluto

di un sanguinamento del tratto gastrointestinale che necessiti di ricovero a seguito della

somministrazione di un SSRI in monoterapia è di 1 ogni 300 pazienti trattati per un anno. Se l’SSRI

viene invece prescritto in associazione con l’aspirina il rischio aumenta a 1 paziente per 200/anno,

mentre se si associa a un antiaggregante/anticoagulante il rischio di sviluppare un evento sale a 1

paziente per 80/anno [Patron C et al., 2005]. A questo proposito è doveroso precisare che il profilo

rischio-beneficio degli antidepressivi negli anziani risulta tutt’oggi poco noto a causa della loro bassa

rappresentatività negli studi clinici e al fatto che la maggior parte delle indagini presenta un breve

follow-up, con conseguente difficoltà nella corretta stima della tipologia e dell’incidenza di eventi

avversi in questo gruppo di pazienti. Lo studio di coorte di Coupland C e coll., condotto su oltre

54.000 pazienti anziani affetti da depressione, ha evidenziato che gli utilizzatori di SSRI presentano

inoltre un maggior rischio di incorrere in cadute (HR=1,66; IC95%=1,58-1,73) o fenomeni di

iponatriemia (HR=1,52; IC95%=1,33-1,75). Infine, nel succitato studio, il rischio assoluto ad un anno di

mortalità è stato del 7,0% per i pazienti che non assumevano antidepressivi, dell’8,1% per coloro che

assumevano antidepressivi triciclici e del 10,6% per gli assuntori di SSRI [Coupland C et al., 2011]. Alla

luce di tali dati, si rileva la necessità di una prescrizione più attenta di questi medicinali in età senile

che consideri il grado di fragilità del paziente, il numero di medicinali assunti e la possibilità di

intraprendere, dove possibile, un approccio di tipo psicologico-comportamentale in luogo di una

terapia farmacologica.

Non trascurabile è inoltre la presenza, soprattutto nei soggetti ospedalizzati, di associazioni tra

ACE-inibitori e risparmiatori di potassio in grado di determinare una potenziale iperkaliemia con

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conseguente comparsa di aritmie, talora fatali. A questo proposito si sottolinea che, nonostante il

beneficio dimostrato dell’impiego dei risparmiatori di potassio in soggetti affetti da scompenso

cardiaco evidenziato dallo studio RALES alla fine degli anni ’90, l’indagine di Juurlink D e coll., a fronte

di un incremento dell’impiego di questi farmaci negli anni successivi, ha evidenziato un improvviso

aumento di morti improvvise e di ospedalizzazioni associate a iperkaliemia in soggetti che

utilizzavano contemporaneamente un ACE-inibitore. In particolare, il tasso di ricoveri per

iperkaliemia è passato dai 2,4‰ del 1994 agli 11‰ del 2001 mentre la mortalità associata a tale

evento è passata dallo 0,3‰ al 2,0‰. Gli Autori stessi indicano come principale problematica

nell’impiego dei risparmiatori di potassio, la mancanza di un adeguato monitoraggio della

potassiemia che dovrebbe essere eseguita regolarmente nei soggetti che li utilizzano in associazione

con gli ACE-inibitori [Juurlink DN et al., 2004].

L’impiego di una metodologia integrata ha permesso di rilevare un maggior numero di

prescrizioni inappropriate rispetto al solo utilizzo di criteri espliciti o della sola banca dati Drug-Reax e

la loro discussione con i medici ha ridotto significativamente il punteggio MAI in tutti e tre gli ambiti

assistenziali considerati. A questo proposito è doveroso precisare che, in letteratura, esistono diversi

studi che si sono proposti di migliorare l’appropriatezza prescrittiva nel soggetto anziano attraverso i

cosiddetti interventi di “riconciliazione terapeutica” con risultati tuttavia discordanti e difficilmente

confrontabili. Le motivazioni di tale eterogeneità di esiti è da ascriversi alle diverse metodologie

utilizzate per la rilevazione e la comunicazione delle PPI e alla bassa numerosità campionaria degli

studi [Patterson SM et al., 2012]. In ogni caso, in ambito ospedaliero, numerosi interventi hanno

dimostrato l’utilità della revisione della terapia nel soggetto anziano. Tra i diversi studi disponibili, gli

unici che hanno utilizzato i criteri di STOPP nell’ambito di un RCT sono stati quelli di Gallagher e di

Gillespie; in entrambi gli studi, l’impiego di tali criteri ha permesso una significativa riduzione al

momento della dimissione delle PPI nel gruppo di intervento rispetto a quello di controllo [Gallagher

PF et al., 2011; Gillespie U et al., 2013]. Inoltre, nell’indagine di Gillespie, è stata rilevata

un’associazione positiva tra il numero di criteri di STOPP presenti alla dimissione e successive

riospedalizzazioni dovute a reazioni avverse. Per quanto riguarda gli interventi pratici di

riconciliazione terapeutica effettuata nei pazienti seguiti in strutture residenziali, la revisione

sistematica di Chhabra e coll. ha evidenziato una generale riduzione degli errori di terapia

sottolineando, tuttavia, l’impossibilità di trarre delle conclusioni definitive a causa della variabilità

degli interventi esaminati [Chhabra PT et al., 2012].

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Per quanto riguarda il presente studio è necessario evidenziare la presenza di alcuni limiti. Il

primo è da ascriversi alla mancata rilevazione dei farmaci utilizzati per patologie acute, quali

l’impiego di antimicrobici o di medicinali da banco (farmaci OTC), che potrebbero essere responsabili

di potenziali ADRs. In merito ai primi si deve tuttavia considerare che, generalmente, questi farmaci

sono responsabili di reazioni idiosincrasiche di tipo B (es. allergie) che, per definizione, non sono

prevedibili nella pratica clinica. In secondo luogo, potrebbe essere criticabile la decisione di segnalare

al medico curante solo le interazioni classificate come “controindicate” o “maggiori” dalla banca dati

Drug-Reax. A questo proposito è doveroso sottolineare che l’attuale assenza di criteri condivisi per

considerare “importante” un’interazione farmacologica ha portato allo sviluppo di programmi

informatizzati che segnalano al medico tutte le interazioni rilevate in una terapia,

indipendentemente dalla loro reale rilevanza clinica. Questo ha comportato, da parte dei medici,

un’incapacità di discernere le “alert” veramente importanti, con la conseguente sistematica

sottovalutazione di tutte le DDIs segnalate. Uno dei criteri attualmente suggeriti in letteratura per lo

sviluppo di validi CPOE, è quello di fornire al medico prescrittore l’indicazione della presenza in una

terapia delle sole interazioni severe [Phansalkar S et al., 2013]. Infine, un’ulteriore critica alla

presente indagine potrebbe essere riferita al fatto che la misurazione degli esiti sia stata eseguita su

un end-point surrogato (riduzione delle PPI). Da questo punto di vista è necessario tuttavia precisare

che alcuni studi indicano proprio nella diminuzione delle PPI un miglioramento dell’assistenza al

paziente, intesa come riduzione della mortalità e dei ricoveri correlati alle ADRs [Klarin I et al., 2005;

Lund BC et al. 2010; Hamilton H et al., 2011, Gillespie U et al., 2013]. Inoltre, i farmaci più

frequentemente correlati a PPI nella popolazione analizzata (warfarin, antiaggreganti e digossina)

sono gli stessi che sono responsabili della metà dei quasi 100.000 ricoveri da farmaci che ogni anno si

registrano in età geriatrica negli Stati Uniti [Budnitz DS et al., 2011].

Tre sono invece i punti di forza del presente studio. Per prima cosa è stato sviluppato e validato

con successo un nuovo CPOE in grado di integrare diversi aspetti di inappropriatezza prescrittiva

nell’anziano. Da quanto è noto in letteratura, al momento, non sono state reperite indagini volte al

miglioramento prescrittivo che abbiano utilizzato, contemporaneamente, sia le PPI individuate da

criteri espliciti validati che quelle rilevate da una specifica banca dati per le interazioni

farmacologiche. Il secondo punto di forza di questo studio riguarda il coinvolgimento, nel processo di

riconciliazione terapeutica, di pazienti fragili seguiti nell’ambito di una assistenza domiciliare

integrata, una casistica che attualmente non trova riscontro nella letteratura internazionale. Infine, il

terzo punto riguarda il coinvolgimento del farmacista nella discussione delle PPI individuate dal

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CPOE-WIS, ruolo che non si è limitato ad una “asettica” produzione di report ma ad un attivo

confronto con il clinico nella discussione delle criticità rilevate nella terapia del paziente.

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Capitolo 6

6. CONCLUSIONI

La presenza di PPI rappresenta un problema trasversale che interessa tutti gli ambiti assistenziali

analizzati ed è associato alla presenza di un’importante regime di politerapia. Questa

inappropriatezza prescrittiva interessa preferenzialmente i cosiddetti “anziani fragili”, ossia proprio

quei pazienti che sono sistematimaticamente esclusi dai trials clinici e che la letteratura

internazionale indica come soggetti ad alto rischio di manifestare ADRs clinicamente importanti.

Il presente studio ha permesso di rilevare che, in questa tipologia di assistiti, è possibile

migliorare l’appropriatezza prescrittiva adottando una strategia che preveda:

1. la validazione di un sistema informatizzato “integrato” (CPOE-WIS) in grado di rilevare, non solo

le potenziali interazioni farmacologiche ma anche tutte quelle inapropriatezze correlate alla

presenza di interazioni farmaco-patologia, di duplicazioni terapeutiche e di farmaci generalmente

considerati come “non appropriati” per indicazione clinica e/o dosaggio in età geriatrica;

2. un approccio multidisciplinare nella gestione della “riconciliazione terapeutica”, con il

coinvolgimento del farmacista nella discussione di specifici report che riportano i profili di rischio

dei farmaci assunti. Nella presente indagine, tale metodologia ha notevolmente facilitato i

sanitari soprattutto nel porre l’attenzione alle PPI, problema che spesso viene considerato

secondario nell’approccio clinico al paziente.

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97

Appendice 1.1. Criteri di STOPP

Screening Tool of Older People's potentially inappropriate Prescription

Le seguenti prescrizioni sono inappropriate in anziani con età superiore a 65 anni

A SISTEMA CARDIO VASCOLARE

1 Digossina a lungo termine a dosi >125 μg/dì in insufficienza renale

Aumentato rischio di tossicità

2 Diuretici dell’ansa in edema localizzato solo alle caviglie senza segni clinici di scompenso cardiaco

Nessuna evidenza di efficacia, la terapia compressiva è più appropriata

3 Diuretici dell’ansa come prima monoterapia per l’ipertensione

Sono disponibili alternative più sicure e più efficaci

4 Diuretici tiazidici in pazienti con storia clinica di gotta

Possono peggiorare la gotta

5 Beta-bloccanti non cardioselettivi con COPD Rischio di aumentato broncospasmo

6 Beta-bloccanti in associazione con verapamil Rischio di aritmia cardiaco sintomatica

7 Uso di diltiazem o verapamil in scompenso cardiaci di classe NYHA III o IV

Possono aggravare lo scompenso cardiaco

8 Bloccanti dei canali del calcio in stipsi cronica Possono peggiorare la stipsi

9 Uso di aspirina e warfarin in associazione senza antagonisti recettoriali anti-H2 (eccetto cimetidina a causa della sua interazione con warfarin) o inibitori di pompa protonica

Alto rischio di ulcere gastro-intestinali

10 Diripidamolo come monoterapia per la prevenzione cardiovascolare secondaria

Nessuna evidenza di efficacia

11 Aspirina con storia clinica passata di ulcera peptica senza antagonisti recettoriali anti-H2 o inibitori di pompa protonica

Rischio di emorragie

12 Aspirina a dosi >150mg/dì Aumentato rischio di emorragie; nessuna evidenza di aumentata efficacia

13 Aspirina senza storia clinica di sintomi vascolari coronarici, cerebrali o periferici o eventi occlusivi

Non indicata

14 Aspirina per il trattamento di vertigini non attribuite a disturbi cerebrovascolari

Non indicata

15 Warfarin come primo trattamento in trombosi venose profonde non complicate per una durata maggiore di sei mesi

Benefici non dimostrati

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Appendice 1.1. Criteri di STOPP

Screening Tool of Older People's potentially inappropriate Prescription

Le seguenti prescrizioni sono inappropriate in anziani con età superiore a 65 anni

17 Aspirina, clopidogrel, dipiridamolo e warfarin con malattie emorragiche concomitanti

Alto rischio di emorragie

B SISTEMA NERVOSO E FARMACI PSICOTROPI

1 Antidepressivi triciclici in demenza Rischio di peggioramento dei disordini cognitivi

2 Antidepressivi triciclici in glaucoma Probabile peggioramento del glaucoma

3 Antidepressivi triciclici in difetti di conduzione cardiaca

Effetti pro-aritmici

4 Antidepressivi triciclici in stipsi Probabile peggioramento della stipsi

5 Antidepressivi triciclici con oppiacei e bloccanti di canali del calcio

Rischio di stipsi grave

6 Antidepressivi triciclici in patologie prostatiche o storia clinica di ritenzione urinaria

Rischio di ritenzione urinaria

7 Uso a lungo termine (> un mese) di benzodiazepine a lunga durata d’azione (clordiazepossido, lurazapam, nitrazepam, clorazepato) e di benzodiazepine con metaboliti a lunga durata d’azione (diazepam)

Rischio di prolungata sedazione, confusione, disturbi dell’equilibrio e cadute

8 Uso a lungo termine (> un mese) di neurolettici come ipnotici a lunga durata d’azione

Rischio di confusione, ipotensione, effetti extrapiramidali, cadute

9 Uso a lungo termine (> un mese) di neurolettici in Parkinsonismo

Probabile peggioramento dei sintomi extrapiramidali

10 Fenotiazine in pazienti con epilessia Possono abbassare la soglia delle crisi epilettiche

11 Anticolinergici per trattare gli effetti collaterali extrapiramidali dei neurolettici

Rischio di tossicità anticolinergica

12 Inibitori selettivi della serotonina (SSRI) con una storia di iponatremia clinicamente significativa

Non iatrogenica se iponatremia nei due mesi precedenti è <130 mmol/l

13 Uso prolungato (> una settimana) di antistaminici di prima generazione (difenidramina, clorfeniramina, ciclizina, prometazina)

Rischio di sedazione e di effetti collaterali anticolinergici

C SISTEMA GASTRO-INTESTINALE

1 Difenossilato, loperamide o codeina fosfato per il trattamento di diarrea di causa sconosciuta

Rischio di diagnosi ritardata; possono peggiorare la stipsi; possono causare la sindrome del colon irritabile; possono ritardare il ricovero in gastroenteriti non riconosciute

2 Difenossilato, loperamide o codeina fosfato per il trattamento di gravi gastroenteriti infettive quali diarrea con sangue, febbre alta o grave

Rischio di peggioramento o del protrarsi dell’infezione

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Appendice 1.1. Criteri di STOPP

Screening Tool of Older People's potentially inappropriate Prescription

Le seguenti prescrizioni sono inappropriate in anziani con età superiore a 65 anni

tossicità sistemica

3 Proclorperazina o metoclopramide nel Parkinson

Rischio di peggioramento del Parkinson

C SISTEMA GASTRO-INTESTINALE continua

4 Inibitori di pompa protonica per ulcera peptica a pieno dosaggio terapeutico per un tempo > otto settimane

Indicata una riduzione di dose o una minor durata della terapia

5 Farmaci antispastici anticolinergici in stipsi cronica

Rischio di peggioramento della stipsi

D SISTEMA RESPIRATORIO

1 Teofillina come monoterapia per la COPD Esistono alternative più sicure e più efficaci; rischio di effetti collaterali dovuti al ristretto indice terapeutico

2 Corticosteroidi per via sistemica invece di corticosteroidi per via inalatoria per il mantenimento della terapia in COPD da moderata a severa

Esposizione non necessaria agli effetti collaterali dovuto all’uso a lungo termine di corticosteroidi per via sistemica

3 Ipratropio in soluzione da nebulizzare con glaucoma

Può peggiorare il glaucoma

E SISTEMA MUSCOLO-SCHELETRICO

1 Farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) con storia clinica di ulcera peptica o emorragie gastrointestinali, senza l’uso concomitante di antagonisti anti H2, inibitori di pompa protonica o misoprostolo

Rischio di ricaduta dell’ulcera peptica

2 FANS in ipertensione da moderata a grave Rischio di peggioramento dell’ipertensione

3 FANS in scompenso cardiaco Rischio di peggioramento dello scompenso cardiaco

4 Uso a lungo termine di FANS (> tre mesi) per sollievo dai sintomi in osteoartriti moderate

Preferibile l’uso di analgesici semplici di solito ugualmente efficaci nel sollievo dal dolore

5 Warfarin e FANS assieme Rischio di emorragie gastrointestinali

6 FANS con insufficienza renale cronica Rischio di deterioramento della funzione renale

7 Corticosteroidi a lungo-termine (> 3 mesi) in monoterapia in artriti reumatoidi e osteoartriti

Rischio di maggiori effetti avversi dovuti all’uso di corticosteroidi per via sistemica

8 Uso a lungo termine di FANS o colchicina per il trattamento cronico della gotta dove non c’è controindicazione all’uso di allopurinolo

L’allopurinolo è la prima scelta nel trattamento della gotta

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Appendice 1.1. Criteri di STOPP

Screening Tool of Older People's potentially inappropriate Prescription

Le seguenti prescrizioni sono inappropriate in anziani con età superiore a 65 anni

F SISTEMA URO-GENITALE

1 Farmaci antimuscarinici per la vescica con demenza

Rischio di aumento di confusione, agitazione

2 Farmaci antimuscarinici in glaucoma cronico Rischio di peggioramento acuto del glaucoma

3 Farmaci antimuscarinici in stipsi cronica Rischio di peggioramento della stipsi

4 Farmaci antimuscarinici in patologie prostatiche Rischio di ritenzione urinaria

5 Alfa-bloccanti in maschi con frequente incontinenza urinaria (uno o più episodi di incontinenza giornalieri)

Rischio di aumento della frequenza urinaria e peggioramento dell’incontinenza

6 Alfa-bloccanti con catetere urinario in situ a lungo termine (> due mesi)

Farmaci non indicati

G SISTEMA ENDOCRINO

1 Glibenclamide o clorpropamide con diabete mellito di tipo II

Rischio di prolungata ipoglicemia

2 Beta-bloccanti in diabete mellito con frequenti episodi di ipoglicemia (più di un episodio al mese)

Rischio di mascherare sintomi di ipoglicemia

3 Estrogeni con storia clinica di cancro al seno o di tromboembolismo venoso

Aumentato rischio di ricorrenza

4 Estrogeni senza progestinici in pazienti con utero intatto

Rischio di cancro all’endometrio

H FARMACI CHE POSSONO CAUSARE CADUTE

1 Benzodiazepine Sedative, possono causare riduzione della vigilanza e disturbi nell’equilibrio

2 Farmaci neurolettici Possono causare disprassia nei movimenti e Parkinson

3 Antistaminici di prima generazione Sedativi, possono causare disturbi nella vigilanza

4 Farmaci vasodilatatori con persistente ipotensione posturale (ricorrente caduta >20mmHg della pressione sistolica)

Rischio di sincope, cadute

5 Uso di oppiacei a lungo termine in chi ha ricorrenti cadute

Rischio di sonnolenza, ipotensione posturale e vertigini

I FARMACI ANALGESICI

1 Uso a lungo termine di potenti oppiacei (morfina o fentanile) come prima terapia in dolore da lieve a moderato

Non indicato dalla scala analgesica della WHO

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Appendice 1.1. Criteri di STOPP

Screening Tool of Older People's potentially inappropriate Prescription

Le seguenti prescrizioni sono inappropriate in anziani con età superiore a 65 anni

2 Uso regolare di oppiacei per più di due settimane in stipsi cronica senza concomitante uso di lassativi

Rischio di stipsi grave

3 Uso a lungo termine di oppiacei in demenze se non indicati per cure palliative o controllo di dolore da moderato a grave

Rischio di peggioramento dei disordini cognitivi

J ASSOCIAZIONE DI FARMACI DELLA STESSA CLASSE

1 Ogni associazione di farmaci della stessa classe come due oppiacei, FANS, SSRI, diuretici dell’ansa, ACE inibitori

Prima di considerare una nuova classe di farmaci, ottimizzare la monoterapia con un singolo farmaco

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Appendice 2.1 Scheda rilevazione dati

Letto n.

……………………… Medico

referente ……………………………………………………..

Paziente:

…………………..………………………………………..

Sesso: ���� M ���� F

Data nascita: ………………

Codice Fiscale:

Paziente con patologia neoplastica in fase attiva: ���� SI ���� NO

Patologie cerebro-cardiovascolari:

� edema caviglie � embolia polmonare � IMA (pregresso) � ictus/TIA (pregresso)

� cardiopatia ischemica � stenosi carotidea � TVP (attuale) � ipertensione

� aritmie (specificare tipo …………………………………) � scompenso cardiaco (classe NYHA …………….………)

Patologie gastro-intestinali:

� stipsi cronica � ulcera/emorragie gastrointestinali (anche pregresse) � diarrea (attuale)

Patologie SNC:

� depressione � parkinson � epilessia � vertigini � demenza

Patologie genito-urinarie/renali

� incontinenza � catetere � ritenzione urinar. � patol. prostatica � IRC

Patologie varie:

� diabete � ipoglicemia (> 1 mese) � cadute (≥ 1/3 mesi) � glaucoma

� iponatriemia (pregresso) � K seno (pregresso) � epatopatia (importante) � gotta (pregresso)

� BPCO � neurolettici usati come ipnotici (> 1 mese) � oppiacei senza lassativi

� osteoartrite/artrite reumatoide � steroidi in monoterapia per osteoartrite/art. reum.

� warfarin per embolia polmonare (uso > 12 mesi) � warfarin per TVP non complicata (uso > 6 mesi)

Farmaci utilizzati (Nome commerciale - Principio attivo – Posologia mg/die)

Nome commerciale Principio attivo Posol. Nome commerciale Principio attivo Posol.

1. 9.

2. 10.

3. 11.

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Valutazione MPI (Multidimensional Prognostic Index):

ADL (Activites of Dailing Living)

IADL (Instrumental Activities of Daily Living)

SPMSQ (Short Portable Mental Status Quest.)

MNA (Mini Nutritional Assessment)

ESS (Exton-Smith Scale)

CIRS (Cumulative Illness Rating Scale)

Numero farmaci cronici assunti:

Con chi vive ? (Famiglia=0; Istituto=0,5; Solo=1)

MPI: Score: � Lieve � Moderato � Severo

Codici criteri STOPP rilevati:

Codice STOPP Nome commerciale farmaco Annotazioni

Codici interazioni maggiori MicromedexTM rilevate:

Codice interazione Principio attivo 1 Principio attivo 2 Annotazioni

Perdita al follow up:

���� SI

motivo:

Altre annotazioni (allergie farmaci, situazione clinica particolare, ecc.):

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Appendice 3.2 Esempi di reportistica consegnate ai medici