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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA TESI DI LAUREA Analisi cinematica ed elettromiografica della dinamica della pedalata in differenti assetti Kinematic and electromyographic analysis of pedaling dynamics in different settings LAUREANDO RELATORE Giuseppe CAFUERI Dr. Alessandro MANELLI CORRELATORE Sig. Massimo STRAZZER Anno Accademico 2017/2018

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE

CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

TESI DI LAUREA

Analisi cinematica ed elettromiografica della dinamica

della pedalata in differenti assetti

Kinematic and electromyographic analysis of pedaling

dynamics in different settings

LAUREANDO RELATORE

Giuseppe CAFUERI Dr. Alessandro MANELLI

CORRELATORE

Sig. Massimo STRAZZER

Anno Accademico 2017/2018

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INDICE

1. RINGRAZIAMENTI 5

2. INTRODUZIONE 6

2.1. La biomeccanica della pedalata 7

2.2. Le quattro fasi della pedalata 7

2.3. I 4 diagrammi espressione del movimento 12

2.4. I muscoli coinvolti e la loro azione nella pedalata 13

2.5. Movimento dell'articolazione dell'anca 13

2.6. Movimento del ginocchio 15

2.7. Movimento della caviglia 16

2.8. Lavoro del tronco 17

2.9. Lavoro del capo e del collo 18

2.10. Lavoro degli arti superiori 18

2.11. Ulteriori elementi implicati nella pedalata classica 20

2.12. Sistemi alternativi alla pedalata attuale 21

2.13. Utilizzo della cyclette in riabilitazione 23

3. MATERIALE E METODO 24

3.1. Il cicloergometro JK Fitness 245 Professional 24

3.2. L’Osteobike 25

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3.3. Aspetti riguardanti l’esame cinematico, il Kinect 28

3.4. Aspetti riguardanti l’aspetto elettromiografico 34

3.5. Metodologia 48

3.6. Analisi statistica 49

4. RISULTATI 50

4.1. Risultati cinematici 50

4.2. Risultati elettromiografici 51

5. DISCUSSIONE 59

5.1. Commento sulla cinematica 59

5.2. Commento sulle elettromiografie 60

6. CONCLUSIONI 64

6.1. Introduzione nella riabilitazione 64

7. BIBLIGRAFIA 67

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1. RINGRAZIAMENTI

Ancora oggi mi chiedo se è stato più il coraggio o più la follia a farmi

decidere, poco più di tre anni fa, di cambiare radicalmente la mia vita, lasciare

il mio lavoro e la mia avviata carriera, la mia casa, gli amici e i familiari, per

intraprendere questo percorso di studi che mi porterà a poter praticare una

professione totalmente differente dalla precedente e quanto mai affascinante.

Quel che so per certo è che, se sono arrivato fino a qui, lo devo a lei, la mia

compagna Viviana, che ha sempre creduto in me, molto più di quanto lo abbia

mai fatto io. E’ stata lei dapprima a suggerirmi e poi ad esortarmi ad

iscrivermi a questa facoltà; è stata lei che mi ha sempre sostenuto e anche

molto spesso sopportato durante questi anni di studi.

Un ringraziamento e delle scuse vanno anche alle mie due bimbe, Giorgia e

Chiara, che molte volte hanno dovuto rinunciare alla mia presenza perché

dovevo studiare.

Un ringraziamento particolare al mio relatore dott. A. Manelli, il quale mi ha

proposto questo argomento di studio e mi aiutato nella stesura di questa tesi,

oltre che nella raccolta e nell’interpretazione dei dati, insieme al sempre

disponibile e preparatissimo correlatore Massimo Strazzer.

Ringrazio, inoltre, la prof.ssa Marcella Protasoni e la prof.ssa Marina

Reguzzoni per avermi aiutato nel reclutamento dei soggetti “volontari” da

analizzare presso l’università Insubria di Varese, nonché il prof. Andrea

Moriondo, per aver fornito lo spazio per ospitare l’Osteobike ed effettuare

parte delle prove, presso il suo laboratorio, oltre che materiale e supporto

tecnico per le rilevazioni elettromiografiche.

Ringrazio, infine, tutti i miei compagni di corso, i fisioterapisti e le

fisioterapiste della Palestra riabilitativa di Bussana e gli studenti

dell’università Insubria che si sono gentilmente prestati alle varie prove.

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2. INTRODUZIONE

Partendo dall’analisi degli studi eseguiti da biomeccanici e posturologi,

specializzati sul corretto posizionamento dei ciclisti agonisti ed amatori sulla

bicicletta (chiamato anche “fitting”), che hanno come scopo quello di ottenere

l’espressione della massima potenza e la riduzione del rischio di sviluppare

patologie da sovraccarico o “overuse”, si è cercato di capire quale parametro

sul settaggio avesse un’incidenza significativa in ambito riabilitativo, oltre

alla già ben nota regolazione dell’altezza del sella.

Questo studio si è posto come obbiettivo di verificare cinematicamente ed

elettromiograficamente l’incidenza di una pedalata “posteriorizzata” su di un

prototipo di bicicletta chiamato “Osteobike”, rispetto alle normali cyclette in

commercio o rispetto a qualsiasi altra tipologia di bicicletta.

A questo scopo, sono state eseguite numerose prove su di un campione di

persone di entrambi i sessi, molto vario per età, altezza e condizioni di

allenamento. Le prove eseguite nell’arco di sei mesi presso il laboratorio di

Fisiologia dell’Università Insubria di Varese e presso la palestra di

riabilitazione dell’Asl1 di Bussana di Sanremo.

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2.1. La biomeccanica della pedalata

Innanzitutto occorre posizionare i piedi sui pedali a sgancio rapido in modo

corretto rispettando la morfologia e la postura degli arti inferiori, solo dopo

sarà possibile analizzare le varie fasi che compongono l'azione di rotazione

bilaterale dei piedi, ovvero la pedalata. E' l'avampiede fissato al pedale che,

con la sua rivoluzione, definisce le fasi della pedalata su 360°. Le fasi sono 4

e si possono distinguere l'una dall'altra in base alle loro caratteristiche:

potremmo così parlare di due fasi attive (la fase I di spinta-appoggio anteriore

la fase III di trazione posteriore) e due fasi di passaggio (fase II e fase IV)

denominate punto morto inferiore (pmi) e punto morto superiore (pms) (5,6).

2.2. Le quattro fasi della pedalata

Fase I

E' quella che va da 20° dalla verticale (pms) a 145° circa; viene comunemente

denominata fase di spinta o di estensione dell'arto inferiore. Per permettere

una trasmissione ottimale delle forze sul perno pedale occorre che la

posizione del pedale sia più orizzontale possibile; inoltre per ottenere un buon

colpo di pedale e ed evitare problemi muscolari è opportuno che la tacchetta

sia regolata in modo che il centro della prima testa metatarsale, ovvero il

punto di massima spinta del piede, e il centro dell'asse del pedale siano sulla

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stessa linea verticale che interseca il piano orizzontale del pedale (Fig.1).

Fig.1 – Punto d'appoggio ottimale del piede.

A normali frequenze di pedalata, cioè 70-100 pedalate/minuto (rpm), con il

punto d'appoggio all'interno della calzatura lontano dall'asse del pedale, si

avrà una maggiore perdita d'energia meccanica.

Oltre a dare un maggior rendimento il pedale orizzontale in fase I garantisce

anche una dinamica meno traumatica per l'apparato osteo-muscolare dell'arto

inferiore: posizioni diverse da questa, ad esempio con pedale obliquo avanti,

favoriscono le patologie dell'apparato muscolo-tendineo estensore (tendinite

rotulea, stiramento dei muscoli vasto laterale e retto anteriore), mentre in

presenza di crollo del tallone, ovvero con pedale obliquo indietro, sono i

muscoli gemelli (gastrocnemio e soleo), ischio-crurali (bicipite femorale,

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semitendinoso, semimembranoso) ed il tendine del bicipite femorale a soffrire

maggiormente. Queste particolari dinamiche del piede sono causate da errato

posizionamento della sella (in altezza o arretramento) o della tacchetta

(metatarso arretrato o avanzato rispetto al perno pedale).

Fase II

La fase II o punto morto inferiore va da 145° a 215° ed è quella in cui il piatto

pedale diventa obliquo all'indietro ed orientato verso l'alto da 45° a 50° e in

cui vi è una transizione da una fase di appoggio o spinta a una fase di

trazione.

Fase III

In questa fase, che va da 215° a 325°, il piatto pedale resta obliquo in avanti

di circa 30° mentre la direzione delle forze di trazione arrivano a circa 90°;

alla fine di questa fase la posizione del piede è identica a quella d'inizio della

stessa. Le linee di forza tendono inoltre ad inarcare la volta plantare e a

deformare la tomaia della calzatura con un effetto ad “amaca rovesciata”: la

conseguenza è una perdita di energia che deve quindi essere ridotta al minimo

dalla qualità della calzatura.

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Fase IV

Mentre la fase II è la fase di passaggio tra quella di spinta e quella di trazione,

la fase IV, o punto morto superiore, rappresenta il passaggio da quella di

trazione a quella di spinta.

L'appoggio sul pedale passa da una fase obliqua fino a circa 325° alla

posizione orizzontale raggiunta a circa 20° dopo il passaggio della linea

verticale. Occorre sottolineare che le 4 fasi qui descritte si realizzano con un

ritmo di pedalata normale, 70-100 rpm; infatti, quando il ritmo aumenta, tra

100 e 120 rpm, la seconda e la quarta fase sono spesso saltate. Se

analizzassimo le forze trasmesse al pedale durante la pedalata noteremmo che

il 65% circa è rappresentato da forze di spinta-appoggio (fase I), il 12% circa

sono forze orizzontali all'indietro (fase II), il 17% circa sono forze di trazione

(fase III) e il 6% circa sono forze orizzontali verso l'avanti (fase IV).

Il ciclismo, a differenza di molti altri sport, rappresenta un esempio perfetto di

catena cinetica chiusa: questo perché i piedi, il bacino e le mani sono

praticamente fissi e i segmenti corporei devono muoversi attorno a questi

punti.

Osservando il gesto atletico del ciclista si possono così identificare 4

diagrammi che sono espressione dei movimenti:

A) dell'asse del pedale;

B) della caviglia;

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C) del ginocchio;

D) della testa femorale (articolazione femore-bacino) (Fig.2).

Fig.2 - Le quattro fasi della pedalata.

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2.3. I 4 diagrammi espressione del movimento

Diagramma A

E' un cerchio perfetto descritto dall'asse del pedale con una pedivella di 170

mm.

Diagramma B

E' definito dall'asse biomeccanico della caviglia. Ha una forma di uovo con la

punta rivolta verso il basso o in alto a seconda della statura dell'atleta e del

suo stile di pedalata.

Esaminando alcuni filmati di ciclisti in movimento ci si accorgerebbe dei

cambiamenti di forma di questo ovoide in relazione alle diverse fasi di corsa

(salita, discesa, falso piano, ecc.).

Diagramma C

E' quello formato dal movimento dell'asse biomeccanico del ginocchio

passante per i condili femorali. Ha forma di otto. Fino ad oggi si riteneva che

il ginocchio si muovesse lungo uno stesso asse, come fosse un pistone; invece

le geometrie disegnate, che variano da soggetto a soggetto, vanno da un

ovoide schiacciato a un triangolo allungato o a un otto come precedentemente

detto.

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Diagramma D

Rappresenta il movimento apparente del grande trocantere femorale a forma

di otto insaccato.

2.4. I muscoli coinvolti e la loro azione nella pedalata

Oggigiorno la tecnologia e le nuove apparecchiature che ne derivano

permettono di elaborare al computer tutte le varie fasi della pedalata

riuscendo così ad analizzare l'azione muscolare in ognuna di esse. Così

facendo si è potuto constatare che la pedalata è un movimento formato da una

successione di flesso-estensioni che coinvolgono le articolazioni di anca,

ginocchio e caviglia.

Oltre ai movimenti che compiono gli arti inferiori degni di nota sono anche il

lavoro del tronco, del capo, del collo e degli arti superiori.

2.5. Movimento dell'articolazione dell'anca

La coscia resta in flessione durante tutta la pedalata, non raggiunge mai

l'estensione completa. Ha un'ampiezza di movimenti modesta che va da 70°-

80° a 25°-35° (Fig.3 A e B); raggiunge la flessione massima in

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corrispondenza della verticale in alto (pms, fase IV) mentre l'estensione

massima è sulla verticale in basso (pmi, fase II). Se l'estensione della coscia,

assieme a quella della gamba, è molto potente e rappresenta il motore della

pedalata, questo è dovuto al muscolo grande gluteo aiutato dai muscoli medio

e piccolo gluteo, situati più profondamente rispetto ad esso; gli stessi muscoli

estensori sono flessori se la coscia è estesa.

Da tutto ciò deriva che, per favorire il lavoro di estensione dei glutei, la

colonna e il bacino devono essere il più possibile allungati e abbassati.

Altri muscoli estensori dell'anca sono gli ischio-crurali (bicipite femorale,

semimembranoso, semitendinoso)

che svolgono questa funzione

quando sono messi in tensione

dall'estensione del ginocchio. Per

quanto riguarda la flessione

dell'anca un solo muscolo è

veramente efficace in questo

compito ed è l'ileopsoas

(inserzioni sulle prime quattro

vertebre lombari e piccolo

trocantere femorale).

Fig.3:

A – massima estensione della coscia;

B – massima flessione della coscia;

C – massima estensione della gamba;

D – massima flessione della gamba

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2.6. Movimento del ginocchio

I movimenti che svolge questa articolazione, la più sottoposta a carichi di

lavoro, sono di grande ampiezza poiché l'angolo tra coscia e gamba varia di

circa 80°-90° (Fig.3 C e D). Il lavoro corretto del ginocchio viene garantito da

un'altezza di sella adeguata; quest'ultima infatti deve essere posizionata ad

una altezza tale da consentire un'estensione massima della gamba sulla coscia

di 150°-155° (Fig.4). L'angolo minimo invece, che oscilla tra i 70° e gli 80°

(Fig.3 B), dipende anche dalla lunghezza di pedivella adottata dall'atleta.

Il disturbo che dipende direttamente da questi fattori (altezza sella, lunghezza

pedivelle) è la condropatia femoro-rotulea.

Il muscolo principalmente coinvolto

nell'estensione della gamba è il

quadricipite femorale composto di

quattro ventri: vasto laterale, vasto

intermedio, vasto mediale e retto

femorale. La sua azione inizia nel

momento in cui, nella fase IV, il

ginocchio inizia a distendersi e

termina alla fine della fase I.

I muscoli coinvolti invece nella

flessione della gamba sono il

sartorio e il retto interno, i muscoli

Fig.4 - Regolazione dell'altezza della

sella in funzione dell'angolo di

lavoro ottimale coscia-gamba.

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ischio-crurali bi-articolari (bicipite femorale capo lungo, semitendinoso,

semimembranoso) e i muscoli mono-articolari del popliteo e capo breve del

bicipite femorale.

2.7. Movimento della caviglia

I muscoli che sono coinvolti nell'estensione del piede fanno parte del tricipite

della sura, detto comunemente polpaccio: il soleo, muscolo mono-articolare, e

i gemelli, muscoli bi-articolari; questi ultimi, oltre ad stendere il piede, sono

in gradi di flettere la gamba in sinergia con il bicipite femorale (Fig. 5).

Il tricipite surale, o polpaccio, è il muscolo che lavora per più tempo durante

la pedalata poiché estende il piede in fase I-II e inizio III e impedisce il

movimento di flessione altrimenti causato dalla pressione del ginocchio e

della coscia durante la fase di spinta-appoggio o fase I. Per tali motivi è uno

dei primi muscoli ad accusare fatica ed accumulo di acido lattico.

Fig.5:

A - Piede in posizione di

flessione dorsale;

B – Piede in posizione di

flessione plantare.

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2.8. Lavoro del tronco

Per tronco si definisce la parte del corpo costituita da torace, addome e

bacino; delle tre la più sottoposta a forze esterne è il bacino, a cui sono

ancorati gli arti inferiori, che deve essere mantenuto stabile per evitare

disturbi alla colonna vertebrale, in particolare a livello lombo-sacrale, e per

ottimizzare il rendimento muscolare.

I muscoli che evitano il basculamento del bacino causato dalla pedalata sono i

paravertebrali, i quali tendono a raddrizzare il tronco che è mantenuto flesso

dai muscoli degli arti superiori e dal gran dorsale che svolge un importante

ruolo di collegamento tra omero e bacino.

A non rendere stabile il bacino è l'azione dei muscoli addominali che tendono

ad arretrarlo durante la fase I; inoltre il grande gluteo provoca un

basculamento laterale contrastato però dal quadrato dei lombi e dal gran

dorsale. Da ciò risulta evidente che un rinforzo di quest'ultimi è fondamentale

per ottenere una buona postura ed evitare sintomi dolorosi quali la lombalgia.

Oltre all'azione del grande gluteo vi sono anche alcuni fattori posturali, quali

l'altezza e l'arretramento della sella e la lunghezza delle pedivelle, che

influenzano il bilanciamento laterale del bacino.

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2.9. Lavoro del capo e del collo

In posizione eretta i muscoli estensori del collo sono sempre in contrazione

poiché il centro di gravità della testa è posizionato davanti all'articolazione tra

l'osso occipitale (nuca) e colonna cervicale. In una posizione distesa come

quella del ciclista questo squilibrio gravitazionale non che essere accentuato.

Contrariamente a quanto si pensava finora, le razioni dei muscoli del collo

svolgono un compito importante anche dal punto di vista propulsivo e

possono essere paragonate a quelle del delfino. Le analisi biomeccaniche

hanno evidenziato movimenti complessi del cingolo scapolare e della colonna

cervicale con diverse componenti:

flesso-estensione della colonna durante le quattro fasi della pedalata;

movimenti oscillanti rispetto al piano longitudinale del telaio;

movimenti a bilanciere della nuca e del capo che producono energia

cinetica segmentaria.

2.10. Lavoro degli arti superiori

Come facilmente riscontrabile dall'osservazione di un ciclista in movimento,

gli arti superiori evitano la caduta in avanti del busto, guidati da informazioni

provenienti dagli organi sensoriali della vista e dell'equilibrio effettuano

manovre di direzionalità e hanno azione ammortizzante sulle vibrazioni

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trasmesse dall'avantreno.

Le mani appoggiate sul manubrio effettuano un'azione di trazione e spinta

alternato e sincrono con le fasi della pedalata, in particolar modo in salita.

Sono il bicipite e il tricipite omerale i muscoli maggiormente coinvolti in

questi movimenti ed esplicano il loro compito tramite la flessione ed

estensione di pochi gradi dell'articolazione del gomito.

Fin qui sono state descritte le varie azioni muscolari implicate nella pedalata

di un ciclista seduto sulla sella. Ma nella pedalata in fase di sprint sui pedali

come cambiano le azioni muscolari?

La pedalata in fase di sprint, denominata “en danseuse”, si differenzia da

quella classica innanzitutto perché il ciclista, come detto, non è seduto sulla

sella; un secondo motivo risiede nel fatto che il baricentro avanza e l'angolo

tra coscia e bacino subisce una notevole apertura; un terzo è l'uso diverso

degli arti superiori che effettuano una forte trazione alternata sul manubrio.

L'atleta porta tutto il suo peso sul pedale avanzato e spinge tanto più forte

quanto più tira sul braccio e sul pedale controlaterale; così facendo l'azione

muscolare degli arti inferiori viene effettuata quasi totalmente dal muscolo del

quadricipite lasciando in questo modo i glutei in scarico.

Per evitare lo sbilanciamento ritmico del tronco è la bicicletta in toto che si

inclina a destra e a sinistra in senso opposto alla spinta dei pedali.

Il quadricipite trasmette inoltre le forze determinate dal peso corporeo e dalla

trazione degli arti superiori, di conseguenza si può affaticare precocemente

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con un successivo accumulo di acido lattico che renderebbe la pedalata

dolorosa. Per queste ragioni l'azione sui pedali viene utilizzata solo nello

sprint finale, nei cambi di velocità o nei passaggi difficili in salita.

Data la forza d'inerzia delle masse in movimento più ampia ne fa le spese il

ritmo di pedalata, che risulta ridotto, e quindi l'atleta è costretto ad utilizzare

un rapporto più lungo.

2.11. Ulteriori elementi implicati nella pedalata classica

Oltre all'azione muscolare occorre far riferimento ad altri fattori che sono

fondamentali per determinare l'efficacia della pedalata; in effetti diverse forze

fisiche sono utili nel mantenimento di una pedalata redditizia nel corso del

tempo, parleremo quindi di:

energia cinetica;

energia potenziale;

forza di gravità;

forza centrifuga o inerziale.

Le prime due forze fisiche sono molto importanti per un ciclista e per

rendersene conto è sufficiente che l'atleta in questione raggiunga velocità

elevate in pianura: una volta giunto ad una velocità sostenuta potrebbe

arrestare la pedalata ma continuare ad avanzare per molte decine di metri. La

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quantità di energia cinetico-potenziale accumulata è proporzionale alla

velocità raggiunta e in percorsi pianeggianti favorisce i ciclisti più pesanti

rispetto ai più leggeri scalatori.

La forza di gravità si rivela di grande aiuto quanto, durante ripidi strappi in

salita, si aggiunge al peso corporeo che l'atleta carica sui pedali quando si alza

in piedi per aprire maggiormente l'articolazione del ginocchio e migliorare

l'efficienza dei quadricipiti precedentemente troppo affaticati. Questa è una

tecnica di compensazione che però può essere sostenuta solo per breve tempo

in quanto è poco redditizia dal punto di vista generale: infatti in questa fase si

verifica uno spostamento alternato del baricentro che impegna tutto l'apparato

muscolare.

La forza centrifuga o inerziale invece, a elevate frequenze di pedalata (90/110

rpm), aiuta il sollevamento degli arti inferiori innalzando il tallone e

inclinando in avanti e in basso il piatto pedale. Questa posizione viene assunta

soprattutto in azioni in pianura o in salita ripida, specie con mountain bike.

2.12. Sistemi alternativi alla pedalata attuale

L'energia muscolare degli arti inferiori viene trasferita a due leve di secondo

grado, le pedivelle. La misura delle pedivelle è stata dimensionata, per l'uomo

di statura media, a 170 mm di lunghezza ma questa standardizzazione delle

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pedivelle causa alcune problematiche di tipo dinamico, biomeccanico e

patologico; queste problematiche sono:

la diversità del gesto atletico tra le fasi di accelerazione o di variazione di

ritmo e l'andatura costante;

ridotta cadenza e rendimento naturale di pedalata in salita.

Negli altri sport terrestri, in particolare quelli a catena cinetica aperta (corsa,

calcio, basket) i movimenti si effettuano allo stesso modo sia che siano

compiuti a velocità costante o in accelerazione. Nel ciclismo invece l'atleta

che vuole accelerare deve alzarsi sui pedali eseguendo movimenti che però

possono durare solo per breve tempo dato l'ingente dispendio energetico.

Esistono però alcuni sistemi alternativi alla pedalata classica attuale che

cercano di far fronte a questi problemi; in particolare degna di nota è stata

l'idea, di diversi tecnici e produttori di componenti, di porre alcune modifiche

alle pedivelle: diversi brevetti riguardano sistemi meccanici che allungano la

pedivella di 20-40 mm in fase di appoggio e la accorciano in fase di trazione.

Subito l'allungamento durante la fase di spinta dà la sensazione di una

migliore spinta verso il basso e un aumento della velocità lineare e angolare

del ginocchio; in fase di trazione però si ha l'effetto opposto con conseguente

pedalata disomogenea, a stantuffo, priva di rotondità.

Alcune proposte riguardano anche l'ovalizzazione in orizzontale o verticale

delle corone dentate: sembravano dare buoni risultati con miglioramenti della

performance apprezzabili ma, in un certo numero di casi e a lungo andare,

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alcuni problemi muscolari conseguenti a questa pedalata disomogenea ne

hanno causato la ridotta diffusione sul mercato.

2.13. Utilizzo della cyclette in riabilitazione

In riabilitazione viene fatto largo uso della cyclette, essendo un esercizio in

catena cinetica chiusa con un movimento ripetitivo, controllato e con un

carico moderato e modificabile. Viene utilizzato soprattutto nei casi di

riabilitazione post intervento di protesi d’anca, di ginocchio, di fratture agli

arti inferiori trattate con mezzi di sintesi, di ricostruzione del legamento

crociato anteriore, ma anche nel trattamento conservativo di distorsioni di

ginocchio e caviglia, di fratture precedentemente trattate con doccia gessata o

tutore. Viene, insomma, sempre impiegata per stimolare il recupero muscolare

e migliorare l’articolarità del ginocchio in tutti i casi di ipotonia agli arti

inferiori, dovute ad immobilizzazione prolungata e, non per ultimo, come

attività aerobica nella riabilitazione cardiologica e respiratoria.

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3. MATERIALI E METODI

3.1. Cyclette JK Fitness Professional 245

La cyclette magnetica JK Fitness

Professional 245 (Fig. 6) ha

un volano dal peso di 7 Kg con una

trasmissione a cinghia, che garantisce

una movimento molto fluido, molto

scorrevole e silenzioso.

La resistenza è magnetica, regolabile

manualmente attraverso l'apposita

manopola posizionata sotto la

consolle su 8 differenti livelli, per variare la difficoltà e l'intensità

dell'allenamento a piacimento.

La sella è anatomica, regolabile verticalmente e orizzontalmente, è dotata

inoltre di un cuscino imbottito per garantire una corretta postura.

La cyclette Professional 245 è dotata di un display LCD dove si può avere un

feedback costante sul tempo, la distanza, la velocità, le calorie

consumate, l'odometro e le pulsazioni, rilevate attraverso i sensori manuali

Hand Grip.

Il manubrio è ergonomico, multiforme ed è regolabile a piacimento.

Fig 6: Cyclette JK Fitness Professional 245

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3.2. Osteobike

Fig. 7 - Osteobike – Modello fitness

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L’Osteobike è una bicicletta ideata e costruita, in versione fitness (Fig. 7) o in

versione stradale (Fig. 8), per avere una posizione in sella estremamente

differente da una bicicletta tradizionale. A differenza di queste ultime,

possiede un sellino flottante, che lascia liberi i movimenti del bacino, un

supporto addominale e una posizione dei pedali, ovviamente, molto arretrata

rispetto alla sella (7).

Fig. 8 - Osteobike – Modello stradale

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Il corretto posizionamento (Fig. 9) prevede che la posizione del tronco sia

inclinata in avanti con un angolo compreso tra i 50° e i 60° e che le braccia,

impugnando il manubrio, formino un angolo di 90° con esso. L’altezza della

sella deve essere regolata in modo che, nel pmi (punto morto inferiore), la

gamba sia totalmente estesa e la caviglia in leggera flessione plantare, mentre

nel pms (punto morto superiore) che il ginocchio arrivi a circa 90°. Il

supporto anteriore deve essere regolato, in altezza ed inclinazione, per un

sostegno in zona addominale, totalmente al di sotto delle coste.

Fig. 9 - Angolazione seduta e angoli postura

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3.3. Aspetti riguardanti l’esame cinematico, il Kinect

Il Microsoft Kinect (Fig. 9), inizialmente conosciuto con il nome Project

Natal, è un accessorio per Xbox 360 sensibile al movimento del corpo umano.

Esso rende il giocatore stesso controller della console senza l’uso di alcuno

strumento, a differenza dei concorrenti come Nintendo Wii o Sony

Playstation. Sebbene in origine il dispositivo Kinect fu pensato

esclusivamente per Xbox 360, Microsoft ha reso possibile l’utilizzo della

periferica ai PC dotati del nuovo sistema operativo Windows 8.

Durante l’estate 2011, Microsoft ha reso i driver ufficiali gratuiti, per poter

utilizzare Kinect nel proprio Personal Computer, dimostrando così di voler

portare la tecnologia di Kinect anche sui sistemi operativi Windows,

Fig. 9 - Immagine di un Microsoft Kinect per Xbox360

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favorendo lo sviluppo di varie applicazioni tra il mondo degli sviluppatori di

software.

Storia

Il Kinect è stato annunciato al pubblico il 1 giugno 2009 durante la

conferenza stampa della Microsoft all’E3 2009 (Electronic Entertainment

Expo) con il nome Project Natal, poi rinominato Kinect alla presentazione

ufficiale all’E3 2010. Il 13 giugno 2010 Microsoft ha rivelato per la prima

volta il vero nome del dispositivo, ovvero Kinect. Quest’ultimo e in vendita

dal 4 novembre 2010 in America e dal 10 novembre in Europa, ed e possibile

usarlo su un qualsiasi modello di XBOX 360. L’hardware di Kinect si basa su

tecnologie della 3DV, una compagnia israeliana specializzata in tecnologie di

riconoscimento dei movimenti tramite videocamere digitali che Microsoft ha

prima finanziato e poi acquisito nel 2009, e sul lavoro della israeliana

PrimeSense, che ha poi dato in licenza la tecnologia a Microsoft. Il software

di Kinect e stato, invece, sviluppato internamente ai Microsoft Game Studios

e, più precisamente, dai programmatori della Rare, la quale hanno dovuto

cancellare altri progetti migliori per dedicarsi interamente alla periferica.

L’uscita di Kinect ha provocato un grande sommovimento nella comunità di

sviluppo libero di software per PC e Mac. Una moltitudine di programmatori

e al lavoro sul reverse engineering sulla periferica, allo scopo di trovare nuove

modalità di utilizzo di un dispositivo che si configura come il primo di una

serie di sistemi che potrebbe davvero portarci ad un futuro alla Minority

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Report. Tra le tante applicazioni che dall’uscita di Kinect hanno visto

l’utilizzo non ludico della periferica Microsoft citiamo qui quella sviluppata

da due ricercatori dell’università di Berna (Svizzera). Questi hanno dimostrato

un sistema di controllo per la visualizzazione e l’analisi di radiografie e

tomografie che svincola i medici dall’uso delle mani e rende, grazie anche

all’uso delle capacità di riconoscimento vocale di Kinect, davvero immediata

la consultazione degli esami medici, anche durante un’operazione in corso.

Sono in sviluppo anche applicazioni di realtà virtuale, che vedono l’uso di

Kinect per controllare un personaggio che si muove in un ambiente 3D, che

viene visualizzato tramite un set di occhiali visori.

Hardware

Il Kinect è un dispositivo dotato di telecamera RGB, doppio sensore di

profondità a raggi infrarossi composto da un proiettore a infrarossi e da una

telecamera sensibile alla stessa banda. La telecamera RGB ha una risoluzione

di 640 x 480 pixel, mentre quella a infrarossi usa una matrice di 320 x 240

pixel. Kinect dispone anche di un array di microfoni utilizzato dal sistema per

la calibrazione dell’ambiente in cui ci si trova. Mediante l’analisi della

riflessione del suono sulle pareti e sull’arredamento infatti, per riconoscere

correttamente i comandi vocali, elimina i rumori di fondo e il riverbero

causato dai suoni del gioco.

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La barra del Kinect e motorizzata lungo l’asse verticale e segue i movimenti

dei giocatori, orientandosi nella posizione migliore per il riconoscimento dei

movimenti. Di fatto, la periferica permette all’utente di interagire con la

console senza l’uso di alcun controller da impugnare, ma solo attraverso i

movimenti del corpo, i comandi vocali o attraverso gli oggetti presenti

nell’ambiente. La tecnologia di Kinect riesce a codificare le informazioni che

le servono nel momento stesso in cui la luce viaggia, analizzando le

deformazioni incontrate nel suo percorso. Quello che ne deriva e una vera e

propria renderizzazione 3D dell’ambiente in tempo reale, molto più precisa

che in passato. Le eventuali persone presenti vengono poi rilevate attraverso

un chip, piazzato proprio all’interno della videocamera, il quale va alla ricerca

di qualsiasi cosa sembri di natura umana e ne calcola i relativi movimenti.

Sensore:

Lenti sensibili al colore e alla profondità;

Microfono;

Tilt motor per permettere alla periferica di spostarsi;

Compatibile con tutte le console Xbox 360;

Campo visivo:

Orizzontale: 57 Gradi;

Verticale: 43 Gradi;

Controller e Motion Tracker 27:

Capacita di spostamento della periferica: 27 gradi;

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Profondità: 1.2m - 3.5m;

Trasferimento dati:

320240 16-bit profondità @ 30 frames/sec;

640480 32-bit colore @ 30 frames/sec;

16-bit audio @ 16 kHz;

Tracking dello Scheletro:

Fino a 6 persone, inclusi 2 giocatori attivi;

Fino a 20 movimenti per ogni giocatore attivo;

Riconoscimento dell’Avatar dell’utente;

Audio:

Possibilità di effettuare le Chat Party;

Cancellazione dell’eco;

Riconoscimento vocale di più voci;

Utilizzo e posizionamento Kinect

Il dimensionamento della stanza controllata ha lo scopo di calcolare lo spazio

più grande all’interno del quale il dispositivo Kinect traccia per intero lo

scheletro di una persona. Il punto di partenza della raccolta dati e accedere ai

campi di visualizzazione delle coordinate di Kinect, inviare i valori di output

nell’area della finestra principale dedicata e procedere con la lettura dei valori

utilizzando il metodo di raccolta dei dati descritto nel prosieguo del paragrafo.

Secondo le informazioni raccolte da Internet (http://support.xbox.com/it-

it/pages/ kinect/more-topics/sensor-placement.aspx), l’altezza ideale di

posizionamento del dispositivo varia dai 60 centimetri ai 180 centimetri. Per

la raccolta dei nostri dati e per la costruzione della stanza virtuale, però,

l’altezza ottimale per il dispositivo è stata identificata a 0 con inclinazione

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verso l’alto di circa 30°. L’applicazione avrà inoltre in dotazione un metodo

per il controllo del motore interno al dispositivo Kinect per modificare

l’angolazione della visuale ed effettuare una calibrazione manuale. Decisa

un’altezza, non rimane che verificare lo spazio più grande nel quale viene

tracciato l’intero scheletro di un utente. Dopo un’attenta analisi sperimentale e

con riferimento alla scheda tecnica del paragrafo precedente, lo spazio

maggiore nel quale il dispositivo legge l’intero scheletro dell’utente equivale

ad una stanza di larghezza circa 200 centimetri, 200 centimetri di altezza e

soli 150 centimetri di profondità.

Si ottiene così un parallelepipedo virtuale di dimensioni 200 x 200 x 150

[cm], entro il quale viene tracciato lo scheletro completo dalla testa ai piedi di

una persona e viene effettuata la lettura delle coordinate del punto che

rappresenta la testa. Il passo successivo consiste nel rappresentare fisicamente

l’area di base della stanza, in modo da avere un riferimento visivo tangibile e

preciso sulla posizione dell’utente all’interno dello spazio controllato. È stato

dunque scelto di delimitare l’area del pavimento con del nastro, creando un

riferimento visibile per riscontrare la veridicità delle coordinate una volta

convertite e adeguate al sistema di riferimento con origine nel vertice

inferiore sinistro del parallelepipedo.

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3.3. Aspetti che riguardano l’elettromiografia

I dati dell’elettromiografia sono stati acquisiti con una tecnica doppio

differenziale, cioè con due elettrodi che acquisiscono il segnale mioelettrico

ed un terzo elettrodo posto su una parte di tessuto elettricamente inattivo. Gli

aspetti che riguardano la frequenza di acquisizione, il tipo di filtro, la banda

passante e la metodologia seguita per la normalizzazione dei dati grezzi sono

descritti di seguito.

Frequenza di acquisizione

Il segnale elettromiografico è composto da un elevato numero di onde di

carattere stocastico, ognuna delle quali possiede le tre caratteristiche

principali di una onda, cioè frequenza, ampiezza e fase. Il numero di queste

onde riconosciute nella digitalizzazione del segnale dipende dalla frequenza

di campionamento, dato che secondo il teorema di Nyquist non si possono

riconoscere onde di frequenza superiore alla metà della frequenza di

campionamento(46). In altre parole, se il segnale elettromiografico viene

campionato a 1000 Hz, non si possono individuare frequenze superiori a 500

Hz. Diversi autori hanno analizzato il segnale elettromiografico di superficie

nello spettro della frequenza: Farina e Merletti (1999)(21) segnalano che la

maggior parte (95%) della potenza del segnale EMG cade in un range di

frequenza da 10 a 350-400 Hz., mentre Merletti (2000)(42) accenna al fatto che

lo spettro arriva anche a 400-450 Hz. Gli standard della qualificata rivista

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Journal of Electromyography and Kinesiology affermano che lo spettro

dell’EMG contiene quasi tutta la sua potenza tra 5 e 500 Hz(1), mentre Bartlett

(1997)(3) offre un’indicazione un po’ più ristretta, dicendo che quasi tutto il

segnale EMG sta nel range da 20 a 200 Hz. In ogni caso, si può concludere

che la frequenza più alta che ci si aspetta nel sEMG è di 450 Hz. Osservando

il teorema di Nyquist si trova che la frequenza minima di acquisizione

nell’elettromiografia di superficie deve essere almeno di più del doppio di 450

Hz, cioè più di 900 Hz. Di conseguenza, Merletti (2000) (42) raccomanda che

non si acquisisca a frequenze inferiori ai 1000 Hz. Altri autori segnalano

inoltre che in elettromiografia non è necessario acquisire a frequenze molto

più alte dell’indispensabile (fenomeno conosciuto come oversampling), dato

che le differenze sono piccolissime o non significative(16,32).

Negli studi sull’elettromiografia del ciclismo la frequenza di acquisizione più

usata è precisamente quella di 1000 Hz(8, 15, 17, 38, 45, 49, 51, 52, 54), anche se altri

autori come Hull e Jorge (1985)(29) e MacIntosh e collaboratori (2000)(40)

scelgono una frequenza di 2000 Hz, e Von Tscharner (2002)(56) utilizza

addirittura una frequenza di 2500 Hz.

Dal momento che la nostra sperimentazione prevede registrazioni della durata

di circa 20 secondi è stato ritenuto opportuno scegliere una frequenza di

campionamento di 1000 Hz, anche per non dover gestire file di dati troppo

grandi.

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Tipo di filtro

Un filtro è un mezzo che permette di eliminare le parti non desiderate di un

segnale. Le parti cancellate vengono chiamate stopband, mentre quelle

conservate invece passband (dette anche passa-banda o banda passante)(14).

Nel caso dell’elettromiografia, ad esempio, si desidera che lo stopband sia

formato dagli artefatti del movimento dei cavi e dal rumore dello strumento, e

che il passa-banda sia costituito dal segnale prodotto dal muscolo. I filtri che

fanno passare le frequenze alte tagliando invece quelle basse vengono

chiamati filtri high-pass o passa-alto, mentre il filtri che funzionano in modo

contrario (ossia lasciando passare le frequenze basse e tagliando quelle alte) si

chiamano low-pass o passa-basso. Un’ulteriore classifica dei filtri è basata

nella loro costruzione e funzionamento e possiamo dire che ne esistono due

tipi principali: quelli analogici che utilizzano circuiti elettronici per produrre il

filtraggio desiderato, ed i filtri digitali, che usano un processore digitale per

effettuare calcoli numerici nei valori campionati del segnale(39).

Idealmente, un filtro dovrebbe attenuare al massimo l’ampiezza delle

frequenze dello stopband, cioè annullarle completamente, e far passare in

modo inalterato le frequenze della banda passante. Questa caratteristica viene

detta risposta di ampiezza (Figura 6a). Sarebbe altresì importante che il cut-

off o la transizione tra la banda passante e lo stopband fosse istantanea,

ovverosia, se mettessimo una frequenza di taglio (ft) di 50 Hz in un filtro

passa-alto l’armonica a 49 Hz dovrebbe venire eliminata e quella a 51 Hz

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passare intatta. In più, l’inevitabile ritardo temporale introdotto dovrebbe

essere indipendente della frequenza.

In altre parole, il filtro modificherebbe la fase di tutte le frequenze

esattamente allo stesso modo per non creare alcuna distorsione. Questa

caratteristica viene detta risposta di fase (Figura 10 b)(14).

Figura 10 - Risposta di ampiezza (a) e risposta di fase (b) di un filtro ideale.

Purtroppo questi filtri ideali sono solo teorici, e nella pratica sono stati

sviluppati diversi tipi di filtri con caratteristiche che assomigliano più o meno

alle caratteristiche di un filtro ideale. I filtri più adatti per ridurre le

interferenze in segnali di tipo biomedico ad esempio sono i filtri digitali come

il Butterworth, Chebyshev, ellittico, di Thompson o Bessel(39). Comunque non

è lo scopo di questo lavoro descrivere in profondità le caratteristiche di

ciascun tipo di filtro, pertanto è stato scelto di limitarsi a descrivere le

proprietà del filtro Butterworth(9) dal momento che è il più usato in

biomeccanica(50). La caratteristica che lo rende il miglior candidato per

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l’analisi elettromiografica è la piattezza della banda passante (3, 14, 50), cioè le

ampiezze delle frequenze non affette dal filtro passano inalterate

(Fig. 11 a). Comunque, questo filtro ha un cut-off poco accentuato, il che può

essere migliorato aumentando l’ordine del filtro (Figura 11 a). Così facendo

però viene introdotto uno sfasamento nella risposta di fase (Figura 11 b), e

quindi occorre trovare un ordine che soddisfi le due richieste. Questo ordine è

il quarto, perché rende il filtro Butterworth il più simile possibile ad un filtro

ideale, motivo per il quale è il filtro più usato in studi sull’elettromiografia.

Figura 11 - Risposta di ampiezza (a) e risposta di fase (b) di un filtro Butterworth di diversi ordini (N=1, 2, 4

e 8) ed un cut-off di 20 Hz. Si noti che la risposta di ampiezza migliora col aumentare dell’ordine, mentre la

risposta di fase invece peggiora (da De Luca, G., 2003)(14).

Banda passante

Come accennato sopra il dato elettromiografico grezzo può essere

contaminato da:

1) artefatti dovuti al movimento dei cavi e degli elettrodi sulla cute;

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2) rumore degli elettrodi.

I primi sono molto difficili da evitare in rilevazioni che coinvolgono

contrazioni dinamiche dal momento che provengono dal movimento stesso

dei cavi e degli elettrodi sulla cute. Questi artefatti sono caratterizzati da

componenti di bassa frequenza (da 0 a 10 Hz) ed alta potenza(3), e possono

sovrapporsi alla banda di informazione mioelettrica influenzando la corretta

valutazione di parametri quali l’ampiezza del segnale ed il timing delle

contrazioni muscolari(13). Sono comunque molto facili da riconoscere perché

caratterizzati da onde ampie e lente(22). In alcuni casi possono presentarsi dei

“picchi” provocati dai colpi dei cavi contro il pavimento od altre superfici,

soprattutto nella registrazione di salti o corsa a grande velocità. Tali picchi si

possono eliminare manualmente off line, tenendo presente però che alcuni

dati “buoni” di EMG andranno persi(22). In letteratura sono state presentate

diverse procedure per eliminare il problema 1) e 2) degli artefatti di bassa

frequenza, basate soprattutto sul filtraggio passa alto. Altri autori hanno

proposto metodi diversi quali la procedura della media e mediana mobile(12) o

l’analisi wavelet(13). Diventa dunque di importanza cruciale che gli elettrodi

siano fissati con molta cura alla cute e che i cavi non vadano a sbattere contro

superfici adiacenti.

La seconda fonte di inquinamento del segnale è dovuto al potenziale prodotto

dalla presenza di un gradiente elettrico nell’interfaccia elettrodo-elettrolito, e

dipende soprattutto dal materiale dei sensori e dalla preparazione della cute

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previa al fissaggio dell’elettrodo(10). Questo tipo di rumore è caratterizzato da

onde ad alta frequenza, di più di 500 Hz.

Per fortuna queste due interferenze si possono evitare in certo modo dato che

cadono agli estremi della banda di frequenza più significativa del segnale

elettromiografico. Come precedentemente accennato tale banda ha un range

da 10 a 400 Hz, essendo le frequenze più importanti quelle comprese tra 20 e

200 Hz. La banda passante del filtro dovrà dunque rispecchiare tali frequenze.

Negli studi elettromiografici sul ciclismo, come nel resto nella

elettromiografia in generale, si assiste ad una vasto range di bande passanti

per il filtraggio. Come esempi si possono citare il lavoro di Hautier e

collaboratori (2000)(26), che usano un bandpass di 6-600 Hz per studiare le

modificazioni nel ratio EMG/forza e nella cocontrazione di cinque muscoli

della gamba indotte dalla successione di tredici sprint di breve durata al

cicloergometro, oppure quello di Ryan e Gregor (1992)(51) che utilizzano una

banda passante di 30-300 Hz per monitorare la variabilità del segnale

elettromiografico a 250 watt e 90 pedalate al minuto. Gli standard della rivista

Journal of Electromyography and Kinesiology dichiarano che 10-350 Hz è la

loro scelta preferita per rilevazioni di superficie(1), motivo per il quale anche

per questo lavoro è stata scelta una banda passante di 10-350 Hz.

Normalizzazione dei dati

In elettromiografia è indispensabile mostrare i dati ottenuti come percentuale

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di una contrazione muscolare di riferimento che faciliti la loro

interpretazione(35, 43), dal momento che le rilevazioni dell’attività muscolare

non sono molto ripetibili nemmeno in attività standardizzate come la corsa al

nastro trasportatore(24). Inoltre tale normalizzazione (se effettuata nelle stesse

condizioni) consente la comparazione di dati dello stesso soggetto in sedute

diverse oppure tra soggetti e studi diversi (11, 35). Visto che in elettromiografia

del ciclismo esistono diversi metodi per la normalizzazione e che non esiste

ancora un consenso su quale è il più adeguato, in questo studio si propone un

test isocinetico massimale come nuova metodologia per la normalizzazione

dei dati elettromiografici nel ciclismo. Con questo test si ipotizza di ottenere

la massima attivazione mioelettrica possibile dei muscoli

coinvolti nella pedalata in cui i test successivi andranno svolti, allo scopo di

usarli come contrazioni di riferimento.

In letteratura, il metodo tradizionalmente più usato è quello di rilevare

l’ampiezza di una contrazione massimale ed esprimere l’ampiezza dei dati

elettromiografici come percentuale di essa. Questa contrazione massimale la

si ottiene principalmente con una contrazione isometrica massimale (Maximal

Voluntary Contraction o MVC) dello stesso muscolo e nelle stesse

condizioni(3). Poiché una posizione diversa dell’arto da esaminare

provoca uno slittamento tra gli elettrodi posti sulla cute ed il muscolo

(provocando dunque la rilevazione di altre unità motorie), il metodo risulta

specifico quando l’attivazione muscolare si produce non solo nello stesso

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muscolo, ma anche alla stessa angolazione articolare. Altri problemi nell’uso

della MVC riguardano la metodologia usata per produrre una contrazione

massima. Le raccomandazioni della rivista internazionale Journal of

Electromyography and Kinesiology segnalano che venga effettuato un

training preliminare alla registrazione, dal momento che la contrazione

isometrica non è un movimento abituale e quindi è molto probabile che non si

raggiunga l’attività massimale nei primi tentativi. E’ stato stimato che senza

questo allenamento, il MVC potrebbe essere anche del 20-40% in meno di

quello che si potrebbe raggiungere dopo un training specifico(1).

In definitiva, usare il MVC come riferimento per la normalizzazione in

attività dinamiche può portare a errori(18), anche se questo problema non ha

impedito che parecchi studi l’abbiano usato per normalizzare attività

dinamiche come la deambulazione(2, 57) e altre. Per quanto riguarda il ciclismo,

Mirka nel 1991(43) ha mostrato in modo specifico che normalizzare rispetto al

MVC non è un metodo appropriato, anche se questo non ha evitato che sia

stato probabilmente il metodo più utilizzato(19, 20, 26, 41, 45). Hunt et al. (2003)(30)

invece usano una modificazione del metodo per confrontare la biomeccanica

della pedalata tra soggetti con una deficienza unilaterale del legamento

crociato anteriore e soggetti normali. Prima di realizzare i test al

cicloergometro hanno eseguito un test di contrazione

isometrica sottomassimale a 75 N, ed hanno usato i valori così ottenuti come

standard per la normalizzazione dei dati.

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Tenendo conto della problematica che implica l’impiego del MVC in studi

con rilevazione elettromiografica, molti altri ricercatori hanno cercato di

proporre metodi alternativi per la normalizzazione dei dati EMG nel ciclismo.

Hug et al. (2004)(28) ad esempio misurano l’ampiezza del segnale

elettromiografico tramite la tecnica RMS del vasto laterale in un esercizio

incrementale al cicloergometro fino al esaurimento, e mostrano i risultati ad

ogni intensità come percentuale del RMS medio misurato a 40 W. Usano

questa intensità di lavoro perché, secondo loro, al di sotto di 40 watt è difficile

distinguere tra il segnale elettromiografico ed il rumore di base. Più

recentemente, Hug et al. (2004)(27) e Laplaud et al. (2006)(34) ad esempio

hanno misurato il RMS di otto muscoli durante un test incrementale al

cicloergometro con metodica molto simile, ma normalizzando i risultati

mostrandoli come percentuale del RMS massimo ottenuto. Come prevedibile,

tale massimo è stato ottenuto all’ultimo step del test, cioè alla

massima intensità di lavoro.

Takaishi et al. (1998)(54) hanno condotto una ricerca per chiarire i motivi per i

quali la frequenza di pedalata liberamente scelta dai soggetti ciclisti e non

ciclisti è diversa. Per fare ciò, realizzano una serie di test al cicloergometro a

diverse intensità e frequenze di pedalata, misurando l’ampiezza del segnale

elettromiografico mediante la tecnica dell’EMG integrato (iEMG) di tre

muscoli della coscia. Per normalizzare i dati, utilizzano l’iEMG ottenuto alla

frequenza di pedalata più bassa considerata, cioè 45 rpm.

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45

Duc et al. (2005)(15) hanno misurato la variazione dell’attività mioelettrica

totale di quattro muscoli durante una simulazione al cicloergometro di una

gara a cronometro della durata di trenta minuti. Ogni cinque minuti facevano

una registrazione di dieci secondi, e calcolavano la media del RMS di

ciascuna pedalata. Per normalizzare i dati hanno usato come riferimento i

valori registrati nei primi cinque minuti, esprimendo i valori successivi

come percentuale di questi. Così facendo, non hanno trovato alcuna differenza

significativa durante l’intero test, concludendo che i soggetti avevano portato

a termine la prova in regime muscolare di steady-stade.

Altri autori si limitano invece a presentare i dati considerando la massima

ampiezza del segnale mioelettrico registrato durante il test come il 100%

dell’attivazione mioelettrica.

Li e Caldwell (1998)(37) ad esempio hanno calcolato il linear envelope di sei

muscoli a 250 watt e frequenza di pedalata libera per analizzare l’effetto della

postura e l’inclinazione del terreno. Per ciascun muscolo esaminato, il picco

dell’envelope raggiunto in qualunque situazione viene considerato come il

100% dell’attivazione. Tale procedura consente loro di calcolare l’inizio e la

fine dell’attivazione mioelettrica usando una soglia del 25% rispetto alla

suddetta attivazione massimale.

Analogamente, Neptune e Herzog (2000)(44) normalizzano i dati rispetto al

valore massimo osservato per ciascun muscolo nelle diverse condizioni di

pedalata esperimentate. Più concretamente, hanno esaminato le differenze che

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46

vi sono nella pedalata a 200 watt con corone eccentriche o circolari. Questa

metodologia di normalizzazione è stata adottata da molti altri autori (4, 8, 33, 36,

38, 40, 49).

Tuttavia è molto probabile che il tentativo più accurato di risolvere questo

problema della normalizzazione dei dati nel ciclismo sia stato quello di

Hunter e collaboratori (2002)(31). Secondo loro, l’attività muscolare di

riferimento deve essere riproducibile, nonché pertinente con la contrazione da

confrontare. Il metodo del MVC soddisfa la prima richiesta, ma è chiaro che il

problema di usare una contrazione isometrica per normalizzarne una dinamica

rimane. Quindi hanno proposto delle nuove contrazioni di riferimento sulla

bicicletta, cercando una più alta specificità del gesto e facendo un confronto

tra loro. La prima è la classica contrazione isometrica massimale su una leg-

extension, con un angolo al ginocchio di 120°. Poi hanno provato a bloccare il

pedale di un cicloergometro con un blocco di legno in due posizioni: una

corrispondente ad un angolo al ginocchio di 120° e l’altra a 72°. Non

specificano l’angolo della pedivella dal momento che varia da un soggetto

al altro, ma fanno capire che si tratta sempre della fase di spinta della pedalata

(tra 0 e 180°).

Nell’ultimo metodo hanno invece usato un riferimento dinamico: il soggetto

partiva da seduto sul cicloergometro e con un angolo al ginocchio di 72°. Da

questa posizione doveva iniziare a compiere il massimo numero di pedalate

possibili contro una resistenza pari al 7 per cento del peso corporeo. Se il

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47

ciclista riusciva a compiere due pedalate veniva fermato ed il protocollo

veniva ripetuto successivamente con l’aggiunta di 0,05 kg/peso corporeo, fino

a quando il soggetto non riusciva più a compiere una pedalata completa. A

questo punto, venivano analizzati i dati dell’ultima pedalata integra

completata. Alla fine hanno trovato che tra queste quattro metodologie la

classica MVC sulla leg-extension produceva la maggiore attività iEMG in

confronto alle altre due contrazioni isometriche, dovuto probabilmente ad una

maggiore espressione di forza nella prima od un maggior coinvolgimento dei

muscoli sinergici nelle seconde. Anche l’iEMG della prova dinamica era

minore rispetto al MVC, ma non vi erano differenze significative nel rapporto

forza/EMG. Concludono indicando che è possibile usare il MVC come

procedura per la normalizzazione in attività ciclistiche dinamiche visto che

permette di raggiungere una maggior livello di EMG. Accennano anche al

fatto che un altro metodo potrebbe diventare protocollo di normalizzazione in

futuro, cioè i primi cinque secondi di un test di Wingate, ma ci vogliono altre

ricerche per verificarlo.

Infine, Taylor e Bronks (1995)(55) hanno usato un metodo simile a quello

proposto, per studiare la riproducibilità della cosiddetta “soglia

elettromiografica” durante un esercizio incrementale al cicloergometro.

Concretamente, hanno fatto pedalare i soggetti su un cicloergometro Monark

a 60 rpm mentre aumentavano velocemente la resistenza, fino a quando non

riuscivano più a mantenere la frequenza di pedalata stabilita. La

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48

normalizzazione è stata effettuata facendo la media delle cinque pedalate con

l’attivazione mioelettrica più elevata.

In sintesi le problematiche riferite alla normalizzazione dei dati in

elettromiografia si possono riassumere come segue:

1) una contrazione isometrica non è adeguata per normalizzare i dati

elettromiografici di una contrazione dinamica;

2) la contrazione dinamica di riferimento deve essere il più simile possibile

alla contrazione da analizzare ulteriormente, cioè si deve cercare la massima

specificità del gesto di riferimento;

3) il soggetto da valutare deve essere allenato nella contrazione di riferimento

affinché si abbia la certezza che raggiunga veramente il suo massimale;

4) normalizzare rispetto al MVC implica anche una prova diversa per ciascun

muscolo.

Si considera che la prova di normalizzazione proposta risolva questi problemi

dal momento che è una contrazione praticamente identica alla contrazione da

analizzare.

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3.5. Metodologia

I soggetti analizzati, di entrambi i sessi, sono stati sottoposti alle seguenti

prove:

- Analisi cinematica della dinamica della pedalata attraverso il Kinect su

cicloergometro JK Fitness 245 Professional;

- Analisi cinematica della dinamica della pedalata attraverso il Kinect su

Osteobike;

- Analisi elettromiografica del muscoli grande gluteo, quadricipite

femorale, bicipite femorale, gastrocnemio, tibiale anteriore,

paravertebrali a livello di L4-L5 e obliquo esterno su cicloergometro

JK Fitness 245 Professional;

- Analisi elettromiografica del muscolo grande gluteo, quadricipite

femorale, bicipite femorale, gastrocnemio, tibiale anteriore,

paravertebrali a livello di L4-L5 e obliquo esterno su Osteobike.

La resistenza del cicloergometro JK Fitness 245 Professional e della

Osteobike è stata tarata in modo che il carico di attivazione fosse equivalente

ad 1 kg con pedivella in posizione orizzontale.

La cadenza della pedalata che è stata richiesta di mantenere ai soggetti

durante tutte le prove è di 30 rpm, scelta considerando la cadenza che

mediamente viene utilizzata in fase riabilitativa dai pazienti debilitati.

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50

3.6. Analisi statistica

Analisi statistica eseguita con Microsoft Excel 2016, i dati sono stati trattati

con media e deviazione standard ed utilizzato il test t di Student per analizzare

le differenze della media. Si è considerato un valore di p=0.01 quindi si è

considerata vera la differenza della media se Alfa<=0.01.

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51

4. RISULATATI

4.1. Risultati cinematici

A livello del bacino si sono registrati valori di oscillazione sul piano coronale

per i soggetti maschi su cyclette compresi tra 4,3° 11,4° e su Osteobike tra

5,1° e 15,7°, mentre per le femmine su cyclette valori compresi tra i 6,5° e i

20,1° e su Osteobike tra i 12,6° e 31,6°.

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A livello della colonna si sono registrati valori di oscillazione sul piano

sagittale per i soggetti maschi su cyclette compresi tra 5,1° 6,4° e su

Osteobike tra 1,8° e 7,5°, mentre per le femmine su cyclette valori compresi

tra i 3,4° e i 12,8° e su Osteobike tra i 5,7° e 8°.

A livello della colonna si sono registrati valori di oscillazione sul piano

frontale per i soggetti maschi su cyclette compresi tra 3° 4,7° e su Osteobike

tra 1,9° e 13,5°, mentre per le femmine su cyclette valori compresi tra i 4,2° e

i 13,2° e su Osteobike tra i 3,8° e 16°.

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4.1. Risultati elettromiografici

Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 35,9 9,2 26,7

DG F 40,1 30,2 9,9

GP M 30,3 9,5 20,8

LS F 77,2 32,9 44,3

MA M 28,8 8,8 20

MK M 10,5 3,3 7,2

MO M 40,9 9,8 31,1

MM M 35,3 3,9 31,4

MG M 33,8 8,3 25,5

TC F 55,7 14,4 41,3

Media 38,85 13,03 25,82

MAX 77,2 32,9 44,3

Min 10,5 3,3 7,2

Mediana 35,6 9,35 26,1

Test t 0,000040 Valido per p<0.01

Validità confermata al 99 percentile

Le misurazioni effettuate con l’elettromiografo sull’attivazione dell’obliquo

esterno, hanno dato valori di attivazione maggiore sulla Osteobike con

differenza percentuale rispetto alla Cyclette tradizionale da un minimo di

7,2% ad un massimo di 44,3%, con un valore medio del 25,8%.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione obliquo esterno

Osteobike Cyclette Delta

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Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 30,8 24,8 6

DG F 31,8 12,7 19,1

GP M 14,7 8,9 5,8

LS F 19 30,2 -11,2

MA M 34,5 7 27,5

MK M 11,9 3,4 8,5

MO M 43,2 24,3 18,9

MM M 32,8 15,6 17,2

MG M 30,5 16,5 14

TC F 32,7 16,9 15,8

Media 28,19 16,03 12,16

MAX 43,2 30,2 27,5

Min 11,9 3,4 -11,2

Mediana 31,3 16,05 14,9

Test t 0,002731 Valido per p<0.01

Validità confermata al 99 percentile

Le misurazioni effettuate dell’attivazione dei paravertebrali a livello di L4-L5,

hanno dato valori di attivazione maggiore sulla Osteobike, tranne in un caso,

con differenza percentuale che vanno da un minimo di -11,2% ad un massimo

di 27,5%, con un valore medio del 12,1%.

-20

-10

0

10

20

30

40

50

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione paravertebrali L4-L5

Osteobike Cyclette Delta

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Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

AO F 67 16,2 50,8

AM F 50,2 30,5 19,7

BL M 63,6 37,5 26,1

BV F 71 37,8 33,2

BC F 85,3 29,2 56,1

BS F 14,5 3,8 10,7

CL F 11 6,8 4,2

MA M 40,4 11,9 28,5

MM M 36,1 11,2 24,9

MA M 41 9,5 31,5

PM F 81 21,7 59,3

Media 51,0090909 19,645455 31,36364

MAX 85,3 37,8 59,3

Min 11 3,8 4,2

Mediana 50,2 16,2 28,5

Test t 0,000080 Valido per p<0.01

Validità confermata al 99 percentile

Le misurazioni effettuate sull’attivazione del grande gluteo, hanno dato valori

di attivazione maggiore sulla Osteobike con differenza percentuale rispetto

alla Cyclette tradizionale che vanno da un minimo di 4,2% ad un massimo di

59,3%, con un valore medio del 31,4%.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione grande gluteo

Osteobike Cyclette Delta

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La misurazione dell’attivazione del quadricipite femorale, ha dato valori di

attivazione maggiore sulla Osteobike, con differenze sulle percentuali che

vanno da un minimo di -3,3% ad un massimo di 39,2%, con un valore medio

del 25,8%.

-10

0

10

20

30

40

50

60

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione quadricipite femorale

Osteobike Cyclette Delta

Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 9,1 12,4 -3,3

DG F 42 2,8 39,2

GP M 36,8 9,2 27,6

LS F 35,7 4,4 31,3

MA M 32,4 30,8 1,6

MK M 52 15,5 36,5

MO M 40,5 5,5 35

MM M 42,8 7,5 35,3

MG M 33,5 7,3 26,2

TC F 43,9 15,1 28,8

Media 36,87 11,05 25,82

MAX 52 30,8 39,2

Min 9,1 2,8 -3,3

Mediana 38,65 8,35 30,05

Test t 0,000177 Valido per p<0.01

Validità confermata al 99 percentile

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57

Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 9,6 20,9 -11,3

DG F 4,9 20,5 -15,6

GP M 38,9 24,6 14,3

LS F 15,9 28 -12,1

MA M 23,1 12,5 10,6

MK M 25,4 19,4 6

MO M 14,1 36,5 -22,4

MM M 10,6 22,7 -12,1

MG M 27,4 22,4 5

TC F 11,3 23,7 -12,4

Media 18,12 23,12 -5

MAX 38,9 36,5 14,3

Min 4,9 12,5 -22,4

Mediana 15 22,55 -11,7

Test t 0,121959 Non valido per p<0.01

confermata al 99 percentile

La misurazione sull’attivazione del bicipite femorale, ha dato valori di

attivazione più disomogenee tra i soggetti con percentuali che vanno da un

minimo di -22,4% ad un massimo di 14,3%, con un valore medio del -5%.

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione bicipite femorale

Osteobike Cyclette Delta

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Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 43,8 22,8 21

DG F 45,9 2,1 43,8

GP M 67,9 21 46,9

LS F 42,8 3,8 39

MA M 44,4 32,5 11,9

MK M 31,7 11,3 20,4

MO M 40,7 5,5 35,2

MM M 28,7 8,8 19,9

MG M 41,8 1,5 40,3

TC F 44,4 2 42,4

Media 43,21 11,13 32,08

MAX 67,9 32,5 46,9

Min 28,7 1,5 11,9

Mediana 43,3 7,15 37,1

Test t 0,000010 Valido per p<0.01

Validità confermata al 99 percentile

La misurazione dell’attivazione del tibiale anteriore, ha dato valori di

attivazione maggiore sulla Osteobike, con differenze sulle percentuali che

vanno da un minimo di 11,9% ad un massimo di 46,9%, con un valore medio

del 32%.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione tibiale anteriore

Osteobike Cyclette Delta

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Soggetto Sesso Osteobike Cyclette Delta

BC F 22,8 30,7 -7,9

DG F 30,5 11,8 18,7

GP M 20,2 23,9 -3,7

LS F 33,6 20,5 13,1

MA M 9,5 17 -7,5

MK M 38,6 26,5 12,1

MO M 16,8 38 -21,2

MM M 5,6 28 -22,4

MG M 18,6 31,1 -12,5

TC F 16 37,2 -21,2

Media 21,22 26,47 -5,25

MAX 38,6 38 18,7

Min 5,6 11,8 -22,4

Mediana 19,4 27,25 -7,7

Test t 0,151659 Non valido per p<0.01

confermata al 99 percentile

Anche la misurazione sull’attivazione del gastrocnemio, ha dato valori di

attivazione disomogenee tra i soggetti con percentuali che vanno da un

minimo di -22,4% ad un massimo di 18,7%, con un valore medio del -5,2%.

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

percentuali attivazione gastrocnemio

Osteobike Cyclette Delta

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60

5. DISCUSSIONE

5.1. Commento sulla cinematica

L’analisi cinematica eseguita, ha evidenziato che l’utilizzo della Osteobike, in

confronto ad una cyclette tradizionale, comporta, per quanto riguarda i

soggetti di sesso maschile, una maggiore mobilità del rachide, sia sul piano

frontale che sagittale.

Nei soggetti di sesso femminile, invece, la maggiore mobilità è stata

riscontrata a livello del bacino sul piano coronale.

Questa differenza di comportamento tra i due sessi può trovare giustificazione

in parte nelle diversità a livello di conformazione anatomica del bacino, ma

anche in un differente approccio alla pedalata sulla Osteobike, che, con una

sella che non vincola totalmente il bacino come una cyclette tradizionale,

necessita di una attivazione muscolare per stabilizzare il corpo a livello del

tronco e bacino e che, di conseguenza, porta a zone di mobilità differente.

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61

5.2. Commento sulle elettromiografie

L’analisi elettromiografica ha evidenziato che, nella totalità dei soggetti

sottoposti alle prove, c’è, durante la pedalata sulla Osteobike, una notevole

attivazione dei muscoli paravertebrali a livello di L4-L5 e dell’obliquo

esterno, del muscolo grande gluteo, del quadricipite femorale e del tibiale

anteriore, mentre, per quanto riguarda il bicipite femorale e il gastrocnemio,

l’attivazione è più soggettiva e disomogenea.

Di seguito sono riportati i grafici di confronto delle attivazioni dei muscoli

esaminati di uno dei soggetti del gruppo.

0

10

20

30

40

50

60

OST

EOB

IKE

00

:00

:00

.62

40

0:0

0:0

1.2

96

00

:00

:01

.96

80

0:0

0:0

2.6

40

00

:00

:03

.31

20

0:0

0:0

3.9

84

00

:00

:04

.65

60

0:0

0:0

5.3

28

00

:00

:06

.00

00

0:0

0:0

6.6

72

00

:00

:07

.34

40

0:0

0:0

8.0

16

00

:00

:08

.68

80

0:0

0:0

9.3

60

00

:00

:10

.03

20

0:0

0:1

0.7

04

00

:00

:11

.37

60

0:0

0:1

2.0

48

00

:00

:12

.72

00

0:0

0:1

3.3

92

00

:00

:14

.06

40

0:0

0:1

4.7

36

00

:00

:15

.40

80

0:0

0:1

6.0

80

00

:00

:16

.75

20

0:0

0:1

7.4

24

00

:00

:18

.09

60

0:0

0:1

8.7

68

00

:00

:19

.44

00

0:0

0:2

0.1

12

00

:00

:20

.78

40

0:0

0:2

1.4

56

00

:00

:22

.12

80

0:0

0:2

2.8

00

Obliquo esterno

Osteobike Cyclette

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62

0

1

2

3

4

5

6

7

8O

STEO

BIK

E0

0:0

0:0

0.6

24

00

:00

:01

.29

60

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12

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:00

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Paravertebrali L4-L5

Osteobike Cyclette

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OST

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.12

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0:2

2.8

00

Grande gluteo

Osteobike Cyclette

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140O

STEO

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0

Quadricipite Femorale

Osteobike Cyclette

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.12

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0:2

2.8

00Bicipite femorale

Osteobike Cyclette

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Tibiale anteriore

Serie1 Serie2

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2.8

00

Gastrocnemio mediale

Osteobike Cyclette

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6. CONCLUSIONI

6.1. Introduzione nella riabilitazione

Sulla base dei risultati cinematici ed elettromiografici ottenuti, si può

concludere che la possibilità di utilizzare in riabilitazione una cyclette che

abbia, oltre alle regolazioni presenti su tutte le cyclette in commercio, anche

la possibilità di variare l’arretramento dei pedali rispetto alla posizione della

sella e con la possibilità eventuale, come la previsto nel progetto Osteobike, di

un supporto addominale, porterebbe notevoli vantaggi in due grandi casistiche

di trattamenti.

La prima casistica riguarda tutti quei casi di dolori del rachide lombare e

lombo-sciatalgie di tipo funzionale/posturale, in cui non vi sia una causa

organica, e che ora, secondo svariate metodiche (Rieducazione Posturale

Globale concetto Souchard, Mèzieres, McKenzie, Kinetic Control, Maitland),

vengono spesso trattati attraverso il rinforzo dei muscoli stabilizzatori del

tronco, chiamati anche del “core”, come addominali profondi (trasverso ed

obliquo esterno) e, in alcuni casi dove necessario, dei paravertebrali, oltre che

con l’allungamento di muscoli come l’ileo-psoas, quadricipite femorale e

bicipite femorale. Spesso questo tipo di attività riabilitativa ha dei limiti di

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efficacia dati dalla notevole difficoltà che hanno alcuni pazienti nell’effettuare

alcuni esercizi e nel reclutamento segmentario di questi muscoli.

La seconda casistica riguarda tutti quei casi in qui vi sia ipotrofia e ipotonia

dei muscoli grande gluteo e quadricipite femorale necessari per il corretto

mantenimento della stazione eretta e la ripresa della deambulazione. Spesso

questa situazione si verifica nel trattamento degli esiti di intervento chirurgico

di protesi d’anca dovuta a coxoartrosi, dove, a differenza dei casi traumatici,

il tono e trofismo muscolare degli arti inferiori è notevolmente ridotto in

seguito a prolungata ipomobilità pre-intervento a causa del dolore al

movimento.

Parte del protocollo riabilitativo verte proprio sul recupero mirato di questi

muscoli, anche per un precoce svezzamento dagli ausili e per garantire una

migliore e più corretta deambulazione, proprio per l’effetto di controllo del

quadricipite femorale sul ginocchio nella fase di appoggio e carico.

Inoltre, l’attivazione del muscolo tibiale anteriore può essere utile proprio

nelle persone anziane che hanno una fisiologica tendenza all’ipomobilità

dell’articolazione tibio-tarsica, soprattutto in flessione dorsale, oltre che nei

casi di lesioni del sistema nervoso periferico con deficit di questo muscolo.

Inoltre, l’Osteobike, proprio per la peculiarità di far attivare maggiormente i

suddetti muscoli durante la pedalata, può trovare largo impiego nella

preparazione atletica dello sportivo.

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Alcuni esempi di impiego in questo ambito possono essere nei seguenti sport:

o Rugby: sessioni di potenziamento e trasferimento della forza fatta a

secco in sala macchine. Riscaldamento pre gara.

o Sci: sessioni di lavoro estivo ore preparazione invernale.

Riscaldamento pre allenamento e pre gara sui campi.

o Ciclismo strada / pista / Mtb: allenamento invernale bipodalico e

monopodalico per equilibrio posturo dinamico, associato a palestra e

lavoro in piscina. Riscaldamento pre gara.

o Calcio: sessioni di potenziamento e trasferimento della forza fatta in

sala macchine periodo estivo pre campionato. Riscaldamento pre gara.

o Canoa: lavoro pre stagionale posturale catena posteriore e inferiore.

o Atletica: allenamento pre stagionale catena posteriore ed inferiore.

o Vela: lavoro di potenziamento e resistenza. Riscaldamento pre gara.

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