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Umili Voci Anno LXXII • N. 1 Gennaio - Marzo 2019

Umili Voci · 2019. 4. 24. · 7 Umili Voci di alienarsi da sé o di allontanarsi dai propri fratelli, ma di vivere una intensa vita coraggiosa, umanizzante, e una esperienza (talvolta

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  • Umili Voci

    Anno LXXII • N. 1 Gennaio - Marzo 2019

  • Sommario

    in copertina:

    RIVISTATRIMESTRALEDI FORMAZIONEE INFORMAZIONE

    ANNO LXXII • N. 1

    Gennaio - Marzo 2019

    Redazione e indirizzo:

    Salesiane Oblate del Sacro Cuore

    Vicolo Ciaccia, 29

    00019 Tivoli (Roma)

    Tel. 0774.330962/3 - Fax 0774.336568

    E-mail: [email protected]

    Sito internet: salesianesosc.org

    Facebook: Salesiane Oblate Sosc

    Conto Corrente Postale n. 78125002

    Direttore Responsabile:

    Don Andrea Massalongo

    Parrocchia S. Giuseppe Artigiano

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    Registrazione del Tribunale di Tivoli

    n. 546/10VG del 14 aprile 2010

    Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in

    Abbonamento Postale - D.L. 353/2003

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    00010 Villa Adriana - Tivoli (Roma)

    Via Paterno, 29f - Tel. e Fax 0774.530340

    E-mail: [email protected]

    Primavera, umili fiori di campo. È l’umiltà che dà gloria a Dio!

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    La parola della Madre

    Strenna 2019“La Santità anche per te”

    Don Camillouna simpatica immagine cristiana

    La parola di Mons. Cognata

    Buona Pasqua

    Chiamati alla Santità

    SOSC

    Bova e le Suore Salesiane Oblate ricordano mons. Cognata

    Ti ho trovato in tanti posti

    ALOS:Convegno Nazionale

    Don Andrea Beltrami

    Notizie di famigliaVallelunga (CL)Bova (RC)Bolivia - Perù

  • Carissimi amici lettori,nel cammino di quaresima appena

    iniziato, che ci vede impegnati verso la gioia della Pasqua, la “festa della vita” e del “Cristo Risorto”, desidero propor-re qualche spunto di riflessione e con-divisione di un evento importante che vede impegnata la nostra Congregazio-ne: il Capitolo Generale XI, che affron-terà il seguente tema:

    Con Maria, vera oblata, scelte per essere sante e immacolate...inviate nel mondo per essere pro-fezia di gioia, speranza, carità.Mi sembra opportuno spiegare a

    voi, carissimi amici, in maniera molto sintetica, il significato e il perché di un Capitolo Generale.

    Ogni Istituto religioso vive il Van-gelo secondo un carisma determinato. Questo carisma è stato anzitutto, in genere, quello di un fondatore o di una fondatrice ed è stato ricevuto e assunto da un gruppo di discepoli che hanno for-mato la prima comunità di questo. In seguito, il carisma è stato continua-mente re-interpretato attraverso gli anni, o anche i secoli, in funzione di nuovi bisogni della Chiesa e della società e di nuove situazioni culturali. Questo carisma iniziale è il fondamen-to sul quale riposa tutto l’Istituto e ogni

    sforzo di rinnovamento non può essere che un ritorno a questo fondamento, dunque una rifondazione. Invitando tut-ti gli Istituti religiosi a intraprendere uno sforzo di rinnovamento, il Concilio Vaticano II ha designato l’istituzione secolare del Capitolo generale come strumento privilegiato per realizzare questo compito. Nel corso di un Capi-tolo generale un Istituto assume nuova-mente il suo carisma, ne fa una rilettura in funzione del contesto ecclesiale e cul-turale di oggi e prende le decisioni che si impongono per il suo inserimento rin-novato nella realtà sociale ed ecclesiale contemporanea.

    Un carisma non è dato, è affidato. Non appartiene alla persona o al grup-po che lo riceve, ma alla Chiesa. Così avviene del carisma di un Istituto reli-gioso. Benché gli sia proprio, non è tut-tavia di sua esclusiva proprietà. Que-sto carisma, per sua stessa natura, appartiene al Popolo di Dio tutto inte-ro e non alle centinaia o migliaia di membri che formano attualmente l’Istituto. Questi ultimi ne sono i guar-diani, ma non ne sono i proprietari. L’insieme del Popolo di Dio ha dun-que un diritto e un dovere di vigilanza su questa parte del suo patrimonio – diritto e dovere che esercita la gerar-

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    Umili Voci

    la parola della Madre

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    Umili Voci

    chia ecclesiastica, in nome del popolo di Dio, specialmente attraverso l’approvazione delle Costituzioni di ogni Istituto. Il Capitolo di un Istituto non è dunque un affare privato che con-cerne unicamente i suoi membri. Si tratta di un evento ecclesiale che inte-ressa la comunità cristiana tutta intera. Per un Istituto è l’occasione privile-giata di assumere una nuova coscienza dei suoi legami con la Chiesa, di cui esercita una parte della missione, e con il mondo, al quale è inviato da Cri-sto. È questo insieme che ha ormai la responsabilità di discernere collegial-mente la volontà di Dio su di esso. Il Capitolo è l’autorità suprema della Congregazione, esercitata in modo col-legiale e temporaneo, secondo le Costituzioni. Ha la funzione di appro-fondire il carisma dell’Istituto, di veri-ficare il cammino della Congregazio-ne, trattare i problemi generali e dare linee operative per il futuro. Il Capito-lo generale è un momento forte di que-sto discernimento. Si celebra ogni sei anni ed ha anche il compito di eleggere il Superiore/a generale e il Consiglio, che collabora nelle scelte e nelle deci-sioni che riguardano tutto l’Istituto.

    Viene offerto ad ogni comunità uno strumento di lavoro perché cia-scuna possa attraverso la preghiera, la riflessione, il dialogo e il confronto esprima liberamente quanto possa con-tribuire a dare risposte alle sfide della odierna società e soprattutto per attua-lizzare sempre meglio il Carisma dell’Oblazione, dono per l’umanità e a servizio della Chiesa.

    Il nostro Capitolo si aprirà il 6 luglio 2019 con la Celebrazione Euca-

    ristica presieduta dal Vescovo di Tivo-li-Palestrina mons. Mauro Parmeggia-ni. I lavori proseguiranno fino al 28 luglio p.v.

    Ed è in questo spirito, nella memo-ria grata della fedeltà del Signore alla promessa fatta a mons. Cognata e nel-la consapevolezza di dover cercare nel-la nostra storia quanto lo Spirito sug-gerisce per essere testimoni autentici dell’amore del Signore in questa società che vaga alla ricerca di valori e certezze, che chiedo a tutti voi di accompagnare il nostro Capitolo XI con la vostra preghiera.

    Concludo augurando a ciascuno di voi e alle vostre famiglie di vivere in pienezza questo tempo di conversione con la speranza di andare con gioia incontro all’annuncio pasquale: Alle-luia! Cristo è risorto!

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    Umili Voci

    1. Dio chiama tutti alla santità

    Immagino che non poche persone, forse anche tra noi e certamente tra i molti giovani che hanno ascoltato la chiamata del Papa, avranno avuto la sensazione che la parola “santità” suo-nasse un po’ estranea, in molti casi for-temente estranea e sconosciuta al lin-guaggio del mondo contemporaneo. Non è impensabile che ci siano blocchi culturali o anche interpretazioni che tendono a confondere il cammino della santità con una sorta di spiritualismo alienante che fugge dalla realtà. O for-se, al massimo, il termine “santità” è inteso come una parola applicata e applicabile solo a coloro che sono vene-rati nelle immagini delle nostre chiese.

    Quindi è degno di ammirazione e persino “audace” lo sforzo del Papa di

    presentare la perenne attualità della santità cristiana che, nella sua qualità di chiamata proveniente da Dio stesso nella sua Parola, è proposta come meta per il cammino di ogni persona. Dio stesso «ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» (GE, 1).

    La chiamata alla santità è familia-re alla nostra tradizione salesiana (san Francesco di Sales). L’appello di papa Francesco attira l’attenzione anzitutto per la forza e la determinazione con la quale egli sostiene che la santità è una chiamata rivolta a tutti, non solo a pochi, in quanto essa corrisponde al progetto fondamentale di Dio su di noi. È destinata dunque alla gente comune, alla gente che accompagnia-mo nella vita quotidiana ordinaria, fat-

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    ta di cose semplici, tipiche della gente comune.

    Non si tratta di una santità per pochi eroi o per persone eccezionali, ma di un modo ordinario di vivere l’ordinaria esistenza cristiana: un modo di vivere la vita cristiana incar-nata nel contesto attuale, con i rischi, le sfide e le opportunità che Dio ci offre nel cammino della vita.

    La Sacra Scrittura ci invita a essere santi: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); e: «Sia-te santi, perché io [il Signore] sono san-to» (Lev 11,44).

    C’è quindi un esplicito invito a spe-rimentare e a testimoniare la perfezio-ne dell’amore, che non è cosa differen-te dalla santità. La santità stessa, infat-ti, consiste nella perfezione del-l’amore; un amore che anzitutto si è fat-to carne in Cristo.

    Anche san Paolo, nella lettera agli Efesini, scrive, riferendosi al Padre: «In [Cristo il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1,4-6). Non più servi, dunque, ma amici (cf. Gv 15,15). Non più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio (cf. Ef 2,19). Pertanto tutti e ciascuno siamo chiamati alla san-tità: essa è la vita piena e riuscita, secondo il disegno di Dio, nella piena comunione con Lui e con i fratelli.

    Non si tratta dunque di una perfe-zione riservata a pochi, ma di una chia-

    mata destinata a tutti. Qualcosa di infi-nitamente prezioso e che tuttavia non è raro o estraneo ma fa parte della comu-ne vocazione dei credenti. È la bella proposta che Dio offre a ogni uomo e donna.

    Non un percorso di falsa spirituali-tà che allontana dalla pienezza della vita, ma pienezza di umanità, perfezio-nata dalla Grazia. La “vita in abbon-danza”, come promette Gesù.

    Non caratteristica omologante, banalizzante, irrigidente; ma risposta al soffio sempre nuovo dello Spirito, che crea comunione valorizzando le differenze – poiché è lo Spirito Santo che «sta all’origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell’umanità in cammino».

    Non si tratta di un insieme di valori astrattamente sottoscritti e formalisti-camente onorati, ma dell’armonia di tutte quelle virtù che incarnano i valori nella vita.

    Non mera capacità di respingere il male per attaccarsi al bene, ma atteg-giamento stabile, pronto e gioioso nel vivere bene il bene.

    Non una meta che si raggiunge in un istante, ma un cammino progressi-vo, secondo la pazienza e la benevo-lenza di Dio, che interpella la libertà e l’impegno personale.

    Non atteggiamento escludente nei confronti del diverso, bensì fonda-mentale esperienza del vero, del bene, del giusto e del bello. In definitiva, la santità è la vita secondo le beatitudini, per divenire sale e luce del mondo; cammino di profonda umanizzazione, come è ogni autentica esperienza spiri-tuale. Perciò diventare santi non esige

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    Umili Voci

    di alienarsi da sé o di allontanarsi dai propri fratelli, ma di vivere una intensa vita coraggiosa, umanizzante, e una esperienza (talvolta faticosa) di comu-nione e di relazione con gli altri.

    “Farsi santi” è il primo e il più urgente compito per un cristiano

    Sant’Agostino afferma: «Sarà vera vita la mia vita, tutta piena di te». È in Lui, cioè in Dio stesso, che sta la ragione della possibilità del cammino nella santità alla sequela di Cristo. Il cammino della santità è reso possibile al cristiano dal dono di Dio in Cristo: in Lui – di cui i santi, e anzitutto la Ver-gine Maria, sono meraviglioso riflesso – si rivela al contempo la pienezza del volto del Padre e il vero volto del-l’uomo.

    In Gesù Cristo il volto di Dio e il volto dell’uomo risplendono “insie-me”. In Gesù incontriamo l’uomo di Galilea e il volto del Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9).

    Gesù, Verbo fatto carne, è la piena e definitiva parola del Padre. Dal-l’istante dell’incarnazione, la volontà di Dio si incontra nella persona di Cri-

    sto. Egli ci mostra, nel-la sua vita, nelle sue parole e nei suoi silen-zi, nelle sue scelte e nel-le sue azioni, e soprat-tutto nella sua passione, morte e risurrezione, qual è il progetto di Dio per l’uomo e la donna, qual è la sua volontà e il modo di corrisponder-vi.

    Questo progetto di Dio per ciascuno di noi

    oggi è semplicemente la pienezza del-la vita cristiana che si misura sulla sta-tura che Cristo raggiunge in noi, e dal grado in cui, con la grazia dello Spiri-to Santo, modelliamo la nostra vita secondo quella di Gesù il Signore. Non significa, dunque, realizzare cose straordinarie ma vivere uniti al Signo-re, facendo nostri i suoi gesti, i suoi pensieri e comportamenti. Di fatto anche accostarsi all’Eucaristia signifi-ca esprimere e testimoniare che desi-deriamo assumere e fare nostro lo sti-le, il modo di vivere e la stessa missio-ne di Gesù Cristo.

    Lo stesso Concilio Vaticano II, nel-la Costituzione sulla Chiesa, ha pro-clamato con decisione la chiamata uni-versale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: «Nei vari generi di vita e nei vari compiti un’unica san-tità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Padre, camminano al segui-to del Cristo povero, umile e carico del-la croce, per meritare di essere parteci-pi della sua gloria» (LG, 41).

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    Chi non ha visto i film di Don Camillo? Se ci fosse dovrà rimediare a questo grave peccato...!

    Possiamo pensare che nei suoi dia-loghi schietti col Signore Crocifisso, questo semplice Pretino di provincia trovasse la forza della fede che si esprimeva nella serenità e laboriosità con cui si occupava del bene delle ani-me. Con gioia ed umorismo. Beato chi ha e coltiva questi due elementi della vita cristiana.

    La vita della Chiesa è contrasse-gnata dalla gioia! Sembra strano parla-re della gioia legata alla fede. Spesso molti hanno pensato – e alcuni lo pen-sano tutt’ora- che l’atteggiamento più confacente alla nostra situazione di peccatori sia quello della penitenza, di una conversione legata a pratiche forti, come se la gioia si contrapponesse alla nostra miseria davanti a Dio. Per cui già all’entrare in chiesa il capo chino in avanti, il volto triste e uno sguardo fisso verso il vuoto, fa ritenere ad alcu-ni che sia il miglior modo di essere gra-diti al Signore. Il santo – scrive Papa Francesco – è capace di vivere con gio-ia e senso dell’umorismo. Senza per-dere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza (Gaudete et exultate 122).

    Spesso la gioia è stata considerata come una conseguenza di ciò che è effi-mero, frutto di una vita mondana: la

    gioia dello sguardo, della carne, della sensualità, del gioco, del cibo... Così la gioia rischia di essere considerata estranea alla vita del cristiano.

    Eppure nella Sacra Scrittura la ritroviamo spesso: i Salmi ci insegna-no a ricercarla nella fedeltà alla legge del Signore, il popolo di Israele la scan-disce nel tempo con le varie feste sacre, persino l’angelo quando si pre-senta a Maria la invita a “rallegrarsi”, così San Paolo nelle sue lettere la richiama spesso esortando a ricercarla “rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora rallegratevi” (Fil 4,4) e la indica quale dono dello Spirito del Risorto (Gal 5,22).

    La Pasqua è la radice e la fonte del-la gioia: come disse alle donne l’uomo vestito di bianco nel tetro sepolcro: “non cercate tra i morti colui che è vivo” (cfr Lc 24,5). Così la Sequenza di Pasqua: «Raccontaci Maria, che hai visto sulla via? La tomba del Cristo vivente, la gioia del Cristo risorto e gli angeli suoi testimoni».

    Persino la Quaresima, nonostante il suo aspetto penitenziale, ha la IV domenica chiamata della gioia (Laeta-re), perché non si dimentichi che la conversione non è solo una forma di introspezione o occasione per correg-gere la vita di questo mondo, ma prima ancora è l’occasione propizia, “i gior-ni favorevoli” per riorientare la vita a

    Don Camillouna simpatica immagine cristiana

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    Umili Voci

    Gesù, ricentrarsi in lui che è, e rimane sempre, l’unico salvatore della nostra vita.

    I motivi della gioia del cristiano sono quindi essenzialmente tre: 1. Il Signore è risorto vincendo il pec-

    cato e la morte. 2. Ci è vicino al di là di nostri meriti o

    peccati. 3. Ci ha resi partecipi di questa sua

    vittoria offrendoci il perdono dei peccati qui in terra e la partecipa-zione della sua gloria divina in Cie-lo.Per noi cristiani la gioia è impor-

    tante: saremmo sicuramente più gra-devoli e interessanti. La nostra espe-rienza di fede, i valori evangelici che la Chiesa trasmette, il nostro frequen-tare la Comunità parrocchiale, se dan-no gioia sarebbero più ricercati. Tutto ciò appare drammaticamente urgente soprattutto nell’odierno contesto cat-

    tolico in cui siamo chiamati dal Magi-stero a evitare chiusure, mondanità spi-rituali, clericalismo e autoreferenzia-lità per aprirci alle sorprese dello Spi-rito e quindi all’umorismo di Dio. E siamo spronati, dallo stesso Papa Fran-cesco, a essere “amabili” (Amoris Lae-titia 99) e a guarire dalla malattia della “faccia funerea”.

    Aggressività, conflitti, dispute, liti-gi, pettegolezzi, la gente li trova già nel mondo, assieme a tanta tristezza, solitudine e rabbia. Il sorriso, l’umo-rismo e l’autoironia potremmo offrirli noi cristiani che abbiamo la sorgente della vera gioia Il sano umorismo è un .dono dello Spirito Santo.

    “Beati quelli che sanno ridere di se stessi, perché non finiranno mai di divertirsi”, una beatitudine evangelica riveduta e corretta da S. Tommaso Moro.

    Don Andrea Massalongo

  • Umili Voci

    Altra cosa è la vita contemplativa e altra cosa è la vita attiva, e ciascuna ha le sue esigenze e conseguenze: il segreto della riuscita in entrambe sta nella costanza.

    Ma, eccettuate alcune poche, pochissime vocazioni speciali, le per-sone, che vivono nel mondo, appunto perché vivono nel mondo, sono chia-mate alla vita attiva. Eppure qui sta l’inganno in cui ordinariamente si cade. Ci sono di quelli che vogliono rendere esclusivamente interiore la loro spiritualità, mentre tutta la loro attività esteriore è per il mondo ed essenzialmente mondana. Questa buo-na gente non ha affatto vita cristiana; e poiché le preghiere e la frequenza del-la chiesa non possono accordarsi con i passeggi e le partite di piacere, alla fine la devozione deve cedere e si tro-va costretta a deprezzare i suoi diritti con un vile concordato. Non si riesce a dare tutta la vita interiore a Dio e tut-ta la vita esteriore al mondo, perché

    tale divisione è contro natura. Non ci può essere affatto vita devota nel mon-do senza un po’ di attenzione ai pove-ri! Visitare gli infermi, promuovere l’insegnamento religioso, frequentare gli ospedali, interessarsi dei vari biso-gni spirituali e materiali degli emi-granti, delle cucine popolari: sotto queste cose si può nascondere il segreto della devozione e della perfe-zione nel mondo....

    La vita devota comunemente si fa consistere in messe, comunioni, medi-tazione, esame di coscienza, qualche piccola mortificazione e simili. Tutte cose eccellenti, ma si è chiamati a qualcosa di più, ad una vita cristiana di attività caritativa....

    Si può ritenere per certo che per le persone che vivono nel mondo le ope-re di misericordia sono sinonime del-la perseveranza nella devozione e l’avvicinare il povero è la presenza reale di Dio.

    Quale prodigio è mai questo che

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    La Parola dimons. Cognata

    Tutti possiamoamare Dio

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    Umili Voci

    Dio ami l’uomo! In sostanza, che c’è mai nell’uomo, che meriti tale amo-re?.... Ma poi, Dio mise più volte gli uomini alla prova ed essi Gli vennero sempre meno con tutte le circostanze della più sgarbata noncuranza che si possa immaginare. Vi fu prima l’Eden e la disobbedienza; sappiamo bene cosa avvenne colà! Il diluvio fu un ter-ribile giudizio, ma lo accompagnava la misericordia; eppure ben presto il devoto riconoscimento di Dio si restrinse ad una sola famiglia di Patriarchi. Vennero poi gli Ebrei. La pazienza di Giobbe è una debole immagine della longanimità di Dio col suo popolo. Egli li ricompensava ed essi lo spregiavano; Egli li puniva e loro indurivano il loro cuore. Mandò loro il suo Unigenito ed essi Lo croci-fissero! E guardiamo ora il mondo dopo la Crocifissione. Si direbbe che la Passione del nostro caro Signore sia stata un fallimento: così poco è cambiato l’aspetto del mondo! E anche noi cristiani offriamo uno spet-tacolo ben poco soddisfacente.

    L’amore di Dio verso gli uomini è proprio un portento! Ma che Egli si lasci amare dagli uomini è un porten-to ancora più grande....

    Oh, Signore buono...., Tu hai pian-to affinchè noi possiamo sorridere, Tu hai versato il tuo Sangue affinchè noi possiamo vivere sani, Tu hai tremato, anelato, sudato sangue affinchè noi possiamo tranquillarci riguardo ai nostri peccati e confidare per la nostra eternità.

    Ma il Signore nostro fa ancora di più; ha disposto ogni cosa in modo da

    adescarci al suo amore. E se Egli è così con noi sulla terra, che cosa farà per noi poi in cielo?... Per il sangue del nostro dolce Gesù noi confidiamo di conseguirlo: ma che cosa abbiamo fatto per meritarlo? È tutto per virtù di Gesù. Gesù è il segreto di ogni cosa. Gesù è l’interpretazione dei segreti di Dio. Quale Dio è il nostro! Oh, si pre-dichi ad ogni creatura sulla terra che tutti possiamo amare Dio quanto ci piace e in quanti modi possiamo immaginarci. Una concessione infini-ta di amare! Questo è lo Statuto delle creature!... Ma che cosa possiamo fare noi con questo mondo che non vuole amare Dio?.... Come potremmo trovarci in ogni parte del mondo? Si, lo possiamo! Con l’amore e lo spirito di riparazione. Oh, facciamo qualche cosa per l’amore di Gesù!

  • PasquaPasquaPasquaBuona Buona Buona

    «“Non abbiate paura. È risorto”,

    sono parole che vogliono raggiungere

    le nostre convinzioni e certezze più profonde,

    i nostri modi di giudicare

    e di affrontare gli avvenimenti quotidiani;

    specialmente il nostro modo di relazionarci con gli altri.

    La tomba vuota vuole sfidare, smuovere, interrogare,

    ma soprattutto vuole incoraggiarci a credere

    e ad aver fiducia che Dio “avviene”

    in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona,

    e che la sua luce può arrivare

    negli angoli più imprevedibili e più chiusi dell’esistenza.

    È risorto dalla morte, è risorto dal luogo da cui nessuno

    aspettava nulla e ci aspetta – come aspettava le donne –

    per renderci partecipi della sua opera di salvezza.

    (Papa Francesco)

    Umili Voci

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    Umili Voci

    Chiamati alla SantitàL’ultimo documento di Papa Fran-

    cesco – – è un Gaudete et exultaterichiamo a realizzare la santità e ci interpella tutti, ma come fare a farsi santi? Subito il nostro pensiero corre a tutti i santi conosciuti e ci sentiamo lontani da loro, ci sembra impossibile realizzare quell’imperativo che già troviamo nell’Antico Testamento: ‘Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo’ (Lv. 19,1).

    Per capire un po’ di più, faremo una breve riflessione partendo da due termini importanti – Santità e Tempio – e in tre passaggi vedremo dove ci porteranno.

    Nell’AT la parola ebraica qadòsh,che noi traduciamo con ‘santo’, deri-va da una radice che significa ‘taglia-re, separare’, che dice un’idea di sepa-razione dal profano.

    In genere l’aggettivo ‘santo’ non era applicato a Dio, di cui si ricono-sceva pur sempre la grande distanza dall’uomo, ma ricorre per la prima volta, e con forte significato, in un testo del profeta Isaia, che descrive la visione che egli ebbe nella sua voca-zione, quando vide la maestà divina che riempiva il tempio, mentre dei cherubini volavano attorno all’altare cantando ‘Santo, santo, santo il Signore degli eserciti’ ... (Is 6,3). Da quel testo in poi la santità di Dio viene

    esaltata e diventa santo tutto ciò che con Lui ha da fare: è santo il Nome, è santa la sua potenza, è santo anche il Tempio dove risiedeva la sua Maestà, ma nonostante questo rimane pur sem-pre lontano dall’uomo, tanto che pro-prio in quel luogo la separazione era evidente.

    Il Tempio, infatti, era diviso in tre parti: un portico, una zona dove si celebrava il culto giornaliero dell’in-censo e, in fondo, la parte più sacra, il Santo dei Santi, luogo coperto da uno spesso , dove poteva entrare solo veloil Sommo Sacerdote, solo una volta l’anno, nel giorno dell’espiazione, e pronunciare il nome di JHWH. Quin-di un Dio davvero separato e lontano.

    Nel Nuovo Testamento i due ter-mini si trasformano e si fanno umani-tà viva e pulsante in Gesù di Nazareth, che è il ‘ ’, ma anche il nuo-santo di Diovo Tempio.

    L’attributo ‘santo’ riferito a Gesù lo troviamo in Lc 4,34 quando egli si trova davanti un posseduto e il demo-nio lo riconosce: ‘Io so chi sei! Il san-to di Dio’, come dire che la santità stessa di Dio in Cristo si è incarnata.

    Per quanto riguarda il tempio, tro-viamo il riferimento in Gv 2,21, quan-do Gesù, scandalizzando tutti, prean-nuncia la distruzione del tempio e la sua ricostruzione in tre giorni e in que-

  • sto contesto l’evangelista dice: ‘...ma egli parlava del tempio del suo cor-po’, cioè adesso è Lui il luogo di incontro con la santità di Dio, e nes-sun altro. E quel velo di separazione del luogo santo? Facciamo un ulterio-re passo avanti.

    Quando Gesù muore sulla croce ‘dando il suo spirito’ (Gv 19,30), Mat-teo ci narra che ‘il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo’ (Mt 27,31), cioè viene tolto ciò che impe-diva di incontrare Dio, che da quel momento in poi è ormai a portata dell’uomo.

    Gesù, il nuovo tempio non fatto da mani d’uomo, è il punto di incontro con la santità di Dio e in Lui tutti noi possiamo fare esperienza di santità,

    perché formiamo non più l’antico tem-pio, ma la Chiesa, non quella fatta di mattoni, ma dalle pietre vive che sia-mo noi. Non per niente S. Paolo rivol-gendosi ai cristiani di Corinto dirà che ‘santo è il tempio di Dio, che siete voi’ (1Cor 3,17), riunendo, ancora una vol-ta, i due termini da cui siamo partiti, ma riferiti adesso ai cristiani.

    Da questa prima riflessione co-minciamo a capire che la santità, allo-ra, non è una meta da raggiungere, ma una realtà a portata di mano in cui sia-mo immersi, perché per la nostra sal-vezza Gesù ha fatto il 99%, ma rima-ne quell’1% che dobbiamo fare noi: in questo consiste la nostra santità.

    Annamaria Munafò

    Umili Voci

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    Il Tempio di Gerusalemme al tempo di Gesù

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    Bova e le SuoreSalesiane Oblate ricordano

    Monsignor Giuseppe CognataBova, comune gioiello d’Italia tra

    i cento borghi italiani più belli, ha ospitato una nutrita delegazione dell’istituto religioso “Salesiane Obla-te del Sacro Cuore di Gesù”, guidata dal postulatore generale don Pierluigi Cameroni, responsabile delle cause di beatificazione e canonizzazione, e del-la madre generale suor Graziella Ben-ghini della Casa Generalizia di Tivoli.

    Motivo della visita l’opera verso il riconoscimento dell’atto papale di

    pubblica venerazione di monsignor Giuseppe Cognata, il quale fu vesco-vo di Bova dal 1933 al 1940 e fonda-tore delle Suore Salesiane Oblate.

    «Il nostro è un piccolo borgo, capi-tale morale e culturale di una comuni-tà tra le più antiche del Mediterraneo, quella calabro greca. Monsignor Cognata è stata una figura storica per la nostra cittadina e noi bovesi non lo dimenticheremo – spiega il sindaco di Bova, Santo Casile – La Congrega-

    La Madre Generale con il Sindaco di Bova e Don Cameroni

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    Umili Voci

    zione delle Suore Salesiane Oblate sappia di contare sul nostro pieno appoggio. Molto presto sarà intitolata a questa santa figura una strada nei pressi del palazzo vescovile. Altre azioni sono in programma in dialogo e sinergia con gli istituti religiosi sale-siani».

    Il postulatore generale don Pierlu-igi Cameroni, rimasto affascinato dal-la ricchezza dell’immenso patrimo-nio architettonico religioso bovese, e dell’elevato stato di conservazione del medesimo grazie agli interventi ed alle attenzioni del Comune, ha auspicato la creazione di una colle-zione ecclesiastica dedicata alla vita di monsignor Cognata, se non proprio un piccolo museo diocesano, qualora il processo di beatificazione venisse

    approvato, da ospitarsi in una delle chiese della borgata. Fondamentale alla buona riuscita della visita le attenzioni della superiora della Casa provinciale di Pellaro, suor Maria Rita e delle suore Maria e Leonida del-la Casa di Bova Marina, assieme a suor Caterina della Casa di Ardore.

    Commovente è stato il ricordo per-sonale di Pietro Romeo, tra i più anziani del borgo e memoria storica della comunità bovese, il quale ha rac-contato come da bambino fosse rima-sto colpito da quel vescovo che a dor-so d’asino attraversava tutta la Valla-ta, impegnato con sacro ardore nell’a-dempiere agli uffici spirituali e nel portare i conforti religiosi ai più umili abitanti delle zone più irraggiungibili dell’entroterra aspromontano.

    I partecipanti del Convegno a Bova

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    Umili Voci

    Ti ho trovato in tanti posti, Signore.Ho sentito il battito del tuo cuorenella quiete perfetta dei campi,nel tabernacolo oscurodi una cattedrale vuota,nell’unità di cuore e di mentedi un’assemblea di persone che ti amano.Ti ho trovato nella gioia,dove ti cerco e spesso ti trovo.

    Ma sempre ti trovo nella sofferenza.La sofferenza è come il rintoccodella campana che chiamala sposa di Dio alla preghiera.

    Signore, ti ho trovato nella terribilegrandezza della sofferenza degli altri.Ti ho visto nella sublime accettazionee nell’inspiegabile gioiadi coloro la cui vitaè tormentata dal dolore.

    Ma non sono riuscito a trovartinei miei piccoli mali e neimiei banali dispiaceri.Nella mia fatica ho lasciatopassare inutilmente il dramma della tuapassione redentrice, e la vitalità gioiosadella tua Pasqua è soffocatadal grigiore della mia autocommiserazione.Signore io credo. Ma tu aiuta la mia fede.

    Ti ho trovatoin tanti posti

    (di Madre Teresa di Calcutta)

  • Dal 1 al 3 marzo a Bova, antica diocesi del vescovo salesiano mons. Cognata, fondatore delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore (1933-39) ed attuale sede delle stesse nell’ambito del-la Parrocchia tenuta dai Salesiani, confratelli del citato vescovo, si è tenuto un incontro sulla dimensione obla-tivo-vittimale nel carisma salesiano. Il relatore è stato don Pierluigi Camerone salesiano, attuale Postulatore generale delle Cause dei santi che ha seguito un percorso storico par-tendo dal “Da mihi animas cetera tolle” di Don Bosco ed attraversando le vite di parecchi testimoni salesiani ha rag-giunto la vita di mons. Giuseppe Cognata.

    È stato un percorso molto ricco di santità, di spiritualità profondamente salesiana e sconvolgente che invita ad una profonda riflessione e alla ricerca di una sincera conversione. Noi qui, ovviamente per necessità di spazio e spiacenti di non presentarlo completamente, la divideremo in tre parti:

    1. La passione del “Da mihi animas cetera tolle”

    2. Testimoni di oblatività-vittimale: Venerabile Andrea Beltrami, il capostipite

    3. 3.6 Mons. Giuseppe Cognata “Il Calvario di un vescovo”

    Così ci limiteremo a riportare alcu-ni passi che consideriamo sprazzi di luce sulla strada che porta all’Eterno Amore, Dio.

    ALOS

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    Umili Voci

    NazionaleNazionaleNazionale

    1-2-3 marzoBova

    CONVEGNO NAZIONALE ALOS 2019

    Il volto dellaSantità in Mons.

    Giuseppe Cognata“la santità anche per te”

    Convegno

  • 1. La passione del “Da mihi animas cetera tolle”

    L’espressione “Da mihi animas, cetera tolle” è la preghiera rivolta a Dio da chi, nella fatica, nell’impegno e nella sfida apostolica condotti nel Suo nome, rinuncia a tutto e vuol farsi carico di tutti. Proprio perché pre-ghiera, essa fa comprendere che la mis-sione non coincide con le iniziative e le attività pastorali. La missione è dono di Dio, più che compito apostolico; la sua realizzazione è preghiera in atto. In questo sta la base per superare l’attivismo e il rischio di essere “bru-ciati nell’azione”. Il programma di Don Bosco riecheggia, mi sembra, l’espressione «ho sete», che Gesù pro-nuncia sulla croce mentre sta conse-gnando la propria vita per realizzare il disegno del Padre (Gv 19,28). Chi fa propria questa invocazione di Gesù, impara a condividere la Sua passione apostolica “fino alla fine”. La parola di Gesù diventa un appello perché ognuno di noi ravvivi la sete per le ani-me e rinnovi la promessa fatta da Don Bosco ai suoi ragazzi: “Fino all’ul-timo respiro la mia vita sarà per voi

    giovani”. Il cuore del salesiano si ispi-ra perciò al cuore trafitto di Cristo.

    Il motto di Don Bosco è la sintesi della mistica e dell’ascetica salesiana, come viene espressa nel “sogno dei dieci diamanti”. Qui si intersecano due prospettive complementari: quel-la del volto visibile del salesiano, che manifesta la sua audacia, il suo corag-gio, la sua fede, la sua speranza, la sua consegna totale alla missione, e quella del suo cuore nascosto di consacrato, la cui nervatura è costituita dalle con-vinzioni profonde che lo portano a seguire Gesù nel suo stile di vita obbe-diente, povero e casto)... Il motto pro-grammatico di Don Bosco sintetizza la nostra spiritualità (cf. Cost. 4). Esso è valido per tutti i salesiani in ogni sta-gione della vita. Non solo per coloro che per età o salute si trovano pieni di energia, ma anche per gli anziani o gli ammalati. La passione del Da mihi ani-mas significa il fuoco della carità. Essa non si esprime solo nell’instan-cabile laboriosità educativa pastora-le, ma si manifesta pure nella pazienza e nella sofferenza, che nella croce di Cristo assumono valenza salvifica (ACG 394).

    La dimensione oblativo-vittimale nel carisma salesiano

    Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro1sarebbe stato per i miei poveri giovani .

    “Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, 2per voi sono disposto anche a dare la vita” .

    1 MB XVIII 258.2 Don Ruffino, Cronaca dell'Oratorio, ASC 110, quaderno 5, p. 10.

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  • 2. La spiritualità salesiana assume la dimensione oblativa come intima volontà di partecipazione al sacrificio redentore di Cristo per la salvezza dei giovani.

    Tutta la vita di don Bosco è stata accompagnata da tribolazioni, incom-prensioni (navigò in un mare di guai), sofferenze fisiche notevoli, che però non lo hanno mai scoraggiato, né indot-to a limitare il lavoro. Durante tali periodi di sofferenza e di malattia, com-preso quello degli ultimi tempi di vita, don Bosco non ha mai abbandonato il suo compito di apostolo e padre dei gio-vani. Per loro ha offerto, come Gesù per tutti gli uomini, la sua sofferenza e i suoi disagi. Egli aveva ben colto il valo-re salvifico del dolore unito alle soffe-renze di Cristo, comprendendo che è Gesù colui che redime, e la persona che unisce le proprie sofferenze alle sue ne diventa un segno efficace.

    La dimensione vittimale oblativa, che esprime la radice profonda del “Da mihi animas”, manifesta la fecondità e le esi-genze del “cetera tolle”. Guardando a Cristo Crocifisso e imitando don Bosco nel cammino del pergolato di rose, diversi membri della nostra Famiglia

    carismatica sono giunti a “desiderare” la croce e a raccoglierne gaudio interio-re. La morte in giovane età, la povertà e umiltà, l’esperienza della malattia, la spiritualità offertoriale e vittimale, la partecipazione alla Passione di Cristo e la centralità dell’Eucaristia sono tratti particolarmente profondi, che ne racco-mandano la proposta a tutti.

    Tale dimensione si esplica in molti modi:• la sofferenza fisica, l’immobilismo

    forzato (Beltrami, Alexandrina da Costa, Nino Baglieri...)

    • la separazione o l’allontanamento da dinamiche comunitarie (Variara, Bel-trami, Ferrando...)

    • l’incomprensione dei superiori (Va-riara, Zeman, Della Torre, ecc.)

    • l’impossibilità di attuare i propri pro-getti per vincoli esterni (Vicuña, Lozano...,) o di salute (Zatti, ecc.)

    • l’eredità sofferta delle proprie fami-glie d’origine (Laura Vicuña, Braga, Stuchlý che perde il papà in modo drammatico, ecc.)

    • l’esplicita partecipazione e confor-mazione alle sofferenze di Cristo (Alexandrina, Vera Grita, ecc.)

    • santità salesiana e contemplazione...

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    Umili Voci

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    Umili Voci

    Nacque ad Omegna (Novara) il 24 giugno 1870 da Antonio e da Cate-rina Beltrami. Il padre, un uomo di fede, era industriale, la madre donna di profonda pietà cristiana. Andrea era il primo di dieci fratelli, un ragaz-zo con un cuore molto sensibile anche se di indole vivacissima.

    I genitori, che leggevano il Bol-lettino salesiano, avevano una grande stima di don Bosco e decisero di man-darlo a studiare al collegio salesiano di Lanzo. Innamoratosi dello spirito salesiano Andrea decise di seguire don Bosco dalle cui mani a Foglizzo nel 1886 ricevette l’abito clericale.

    In seguito studiò al Liceo salesia-no Valsalice di Torino diplomandosi però al Liceo Classico Vincenzo Gio-berti. Era sempre il primo della clas-se. Si iscrisse poi alla Facoltà di Let-tere e Filosofia dell’Università di Torino.

    Fin dagli inizi della sua scelta di vita religiosa si era proposto un pro-gramma di santità: rinunciare sempre

    alla propria volontà per vivere l’ob-bedienza e la fede. Lo formulò così: Niente, mai, ciò che piace a me, tutto, sempre, ciò che piace al Signore.

    Il 2 ottobre 1887 emise i voti reli-giosi nelle mani di Don Bosco e assunse il motto di San Paolo: Ormai non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Come un presenti-mento che Cristo lo volesse con Lui sulla Croce.

    Appena laureato cominciò il suo impegno di professore, e continuò quello della carità che aveva da tem-po iniziato curando con solerte amore don Augusto Czartoryski, ammalato di petto, il principe polacco, ora bea-to, che gli era stato affidato.

    Ambedue erano in sintonia soprattutto nell’accettare la sofferen-za come partecipazione alla Croce di Cristo.

    Nel 1891 contrasse la tubercolosi e gli fu accordata da Benedetto XV una dispensa di diciotto mesi sull’età minima del sacerdozio. Nel 1893 fu

    DON ANDREA BELTRAMI

    Venerabile salesiano

  • ordinato sacerdote. Non chiedeva la guarigione, anzi non la voleva perché si era offerto vittima. La sua frase era: Né guarire né morire, ma vivere per soffrire. E soffrì molto, ma con gioia, come se fosse a una festa.

    IL 30 dicembre del 1897, dopo aver molto sofferto, don Andrea Bel-trami andò incontro al suo Dio amato a soli 27 anni di età.

    Nel 1966 Paolo VI lo proclamò venerabile.

    Nel Convegno Alos sulla spiritua-lità oblativo-vittimale Salesiana così disse don Cameroni di lui:

    Il Venerabile Andrea Beltrami è l’apripista di questa dimensione vit-timale-oblativa: “La missione che Dio mi affida è di pregare e di soffri-re”, diceva. “Né guarire né morire, ma vivere per soffrire”, fu il suo mot-to. Esattissimo nell’osservanza della Regola, ebbe un’apertura filiale con i superiori e un amore ardentissimo a don Bosco e alla Congregazione. Il suo letto diventerà altare e cattedra, in cui immolarsi insieme a Gesù e da cui insegnare come si ama, come si offre e come si soffre.

    La sua cameretta diventa tutto il suo mondo, da cui scrive e in cui cele-bra la sua cruenta Messa: “Mi offro vittima con Lui, per la santificazione dei sacerdoti, per gli uomini del mon-do intero”, ripete; ma la sua salesiani-tà lo spinge ad intrattenere anche rap-

    porti con il mondo esterno. Si offrì come vittima d’amore per la conver-sione dei peccatori e per la consola-zione dei sofferenti.

    Don Beltrami colse in pieno la dimensione sacrificale del carisma salesiano, voluta dal fondatore don Bosco. Il chierico salesiano Luigi Variara, allora studente di filosofia a Valsalice, fu intimamente colpito da don Andrea, e a lui si ispirò nella fon-dazione delle future Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria: vivere con gioia la vocazione vittimale insieme con Gesù.

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    Umili Voci

  • Notiziedi famiglia

    Festa di Don Bosco

    Il 31 gennaio 2019, dopo tanti anni nella nostra Parrocchia “Maria SS. di Loreto” in Vallelunga Pratameno (CL) si è festeggiata la giornata di San Gio-vanni Bosco, con una partecipazione davvero eccezionale, al di là del previ-sto, di bambini, ragazzi e adulti.

    La Santa Messa è stata officiata dal Parroco, Don Giuseppe Zuzzè, che nell’omelia ha messo a fuo-co i pensieri del Santo, ed è stata animata da tutti i ragazzi con i canti a Don a Bosco.

    Per i bambini e i ragazzi è stata una novità, che spe-riamo faccia intraprendere il cammino Salesiano.

    Per noi, ex allievi delle Suore Salesiane Oblate del Sacro Cuore, è stato un bel-lissimo ritorno al passato

    che ha suscitato grande emozione, che possa essere di sprone a riprendere da dove abbiamo lasciato.

    Alla fine della celebrazione, i bam-bini si sono radunati nel salone attiguo alla parrocchia, dove hanno condiviso il pane con la mortadella, preparato e offerto dalle Suore, che è stato una ghiottoneria e una gratificante innova-zione per questa comunità.

    E per concludere con una frase di Don Bosco dico che: “Chi sa di essere amato ama; e chi è amato ottiene tutto”.

    Ex allieva Concetta Muscarella

    Vallelunga (CL) 27

    Umili Voci

  • Mercatino di Natale

    Quest’anno nel periodo che precede il Natale, presso la Scuola dell’Infanzia Paritaria “Edmondo de Amicis” di Bova Marina si è tenuto un progetto denominato “Laboratorio creativo dei mercatini di Natale”.

    Per alcuni giorni gli insegnanti, i bambini ed i loro genitori si sono impe-gnati nella realizzazione di oggetti di vario genere come addobbi natalizi, por-ta candele, segnaposto, biglietti augurali.

    Con queste creazioni nei giorni 15 e 16 dicembre, presso i locali dell’Orato-rio Salesiano, a scopo benefico, sono stati allestiti degli stands creando un divertente percorso dove le famiglie hanno potuto apprezzare ed acquistare questi lavoretti, creati con amore dai bimbi e dai loro genitori.

    È stata un’esperienza bellissima, poter condividere insieme ai propri figli momenti di felicità apprezzando cosa, con tanto sacrificio e buona volontà, i bimbi sono riusciti a realizzare.

    Una parte del ricavato, tramite il dr Tito Squillaci, è stato devoluto all’orfa-notrofio di Kalongo; un’altra parte, tra-mite suor Margherita, ad una missione in Perù; un’altra parte ancora, alla cari-tas di Bova Marina.

    Si sa, il Natale è una delle feste più significative e coinvolgenti di tutto l’anno, non c’è modo migliore che coin-volgere i bambini in queste attività ricreative che uniscono oltre l’aspetto ludico anche quello benefico.

    Un ringraziamento particolare va a tutte le famiglie, alle insegnanti e alle suore dell’istituto che hanno reso pos-sibile la realizzazione di tale iniziativa.

    Melissa

    Bova (RC)

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  • Vivi in noi, Don Bosco...

    Il 31 Gennaio per le Case Salesiane è gran festa... in tutti gli Oratori, le Par-rocchie, le Scuole si onora il Santo dei Giovani, il padre e maestro della gio-ventù... il nostro Don Bosco. E anche quest’anno i festeggiamenti non sono mancati presso la nostra scuola “E. De Amicis” di Bova Marina guidata dalle SOSC. Ci siamo preparati a festeggiare Don Bosco con tre giorni di triduo, ini-ziando da lunedì 28 Gennaio con una presentazione della sua vita, della sua famiglia: di Mamma Margherita, del padre, dei due fratelli e della nonna. I bambini erano entusiasti di ascoltare questo meraviglioso racconto, di con-frontare la famiglia del Santo con la pro-pria. Il secondo giorno, invece, sono sta-ti proprio i bambini a mettersi in scena col racconto più bello e più significati-vo della sua vita, il racconto che molti di noi ascoltano ogni anno in questa ricor-renza, ma che vivono sempre con tanta emozione, e tanta meraviglia; a soli 9 anni Don Bosco sogna la Vergine Maria e suo figlio Gesù che con amore gli indicano la strada da seguire per diventare prete ma soprattutto per semi-nare lo stesso amore nel cuore di chi incro-cia la sua strada “non con le percosse ma

    con la mansuetudine e con la carità gua-dagnerai questi tuoi amici”. I bambini sono stati molto espressivi e hanno interpretato con grande emozione que-sto piccolo racconto, entusiasmando anche l’attenzione dei più piccolini. Il terzo giorno per coronare questa mera-vigliosa vita non poteva mancare il dono più grande che Don Bosco ha lasciato a tutti noi, i Salesiani e l’Oratorio, e proprio un salesiano è venuto a trovarci, si tratta del nostro

    Bova (RC)

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    Umili Voci

  • direttore dell’ Oratorio Don Rino Cari-gnano che ha condiviso la sua esperien-za di conoscenza di Don Bosco con i nostri piccoli, che erano così pieni di curiosità e di gioia nel sentire che il posto dove giocano, corrono, incontra-no i loro amici e fanno festa è stato volu-to proprio da Don Bosco. Per finire, nel giorno solenne della sua festa, i bambini hanno partecipato ad un momento cele-brativo insieme ai loro coetanei delle Scuole dell’Infanzia del Paese, indos-sando una maglia molto originale, ci sia-mo ritrovati direttamente al Tempio Don Bosco perché le temperature di quel giorno non ci hanno permesso di fare una passeggiata. Abbiamo ascolta-to una bellissima riflessione del nostro

    Parroco Don Vincenzo Longo, abbiamo intonato due canti della tradizione salesiana in onore del Santo e infine condiviso come vole-va lui il tradizionale panino. È stata un’esperienza molto significativa che ormai da 2 anni è diventata una tappa fondamentale anche della nostra programmazione didattica religiosa, far conoscere il Santo dei giovani ai nostri piccoli, che sono il

    futuro del nostro paese e che come dice-va Lui diventeranno sicuramente “Buo-ni cristiani e onesti cittadini”.

    Antonella Criseo

    Umili Voci

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    Umili Voci

    La madre generale delle Suore Sale-siane Oblate del Sacro Cuore, sr Gra-ziella Maria Benghini, ha visitato le missioni della Congregazione in Ame-rica Latina.

    Sempre con il suo abituale sorriso e la solita allegria ha mostrato la felicità di trovarsi tra le sue figliole sudameri-cane che l’hanno ricambiata con eguale felicità.

    Hanno dimostrato la loro gioia con una calda accoglienza: spettacoli, canti e danze folkloristiche.

    La madre, dopo aver visitato tutte le missioni, dalla Casa di formazione a Cochabamba fino all’ultima aperta l’anno scorso, ha riunito tutte le suore e le ha invitate a prepararsi per il capitolo generale XI, che sarà tenuto il prossimo luglio a Tivoli, nella Casa Generalizia con il tema:

    Con Maria, vera oblata, scelte per essere sante e immacolate... inviate nel mondo per essere profezia di gioia, spe-

    ranza, carità. Dopo l’incontro con le sorelle Boliviane la madre ha visitato la nuova missione Peruviana, Pucallpa. L’accoglienza delle suore e di tutti i gio-vani della Parrocchia è stata molto gio-iosa. Questi ultimi sono rimasti affasci-nati dalla sua allegria ed anch’essi, come quelli delle missioni Boliviane, tra canti e danze folkloristiche non han-no fatto altro che dimostrarle l’affetto suscitato in loro dalla sua simpatia.

    Crediamo che la madre non dimen-ticherà facilmente questo suo viaggio in America Latina.

    Bolivia - Perù

    La Madre in Bolivia

    La Madre a Pucallpa

  • Suore Salesiane Oblate del Sacro CuoreVICOLO CIACCIA, 29 - 00019 TIVOLI (ROMA) - TEL. 0774.330962/3

    Rivista Trimestrale di Formazione e InformazioneAnno LXXII • N. 1 • Gennaio - Marzo 2019

    Registrazione del Tribunale di Tivoli n. 546/10VG del 14 aprile 2010Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1 Comma 2 DCB - ROMA

    Stampato nel mese di Marzo 2019

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